XI Commissione - Resoconto di giovedì 17 dicembre 2009


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SEDE REFERENTE

Giovedì 17 dicembre 2009. - Presidenza del presidente Silvano MOFFA. - Interviene il sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche sociali, Pasquale Viespoli.

La seduta comincia alle 9.50.

Delega al Governo in materia di lavori usuranti e di riorganizzazione di enti, misure contro il lavoro sommerso e norme in tema di lavoro pubblico e di controversie di lavoro.
C. 1441-quater-B Governo, approvato dalla Camera e modificato dal Senato.
(Seguito dell'esame e rinvio).

La Commissione prosegue l'esame del provvedimento in titolo, rinviato nella seduta del 9 dicembre 2009.

Silvano MOFFA, presidente, avverte che nella riunione di ieri dell'ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, sono state ridefinite - a parziale modifica di quanto già comunicato nella precedente seduta - le modalità di organizzazione dei lavori della Commissione in relazione al provvedimento in titolo; in particolare, si è convenuto che l'esame preliminare proseguirà anche nella giornata di martedì 12 gennaio 2010 e si concluderà nella giornata di mercoledì 13 gennaio 2010, mentre il termine per la presentazione di emendamenti al disegno di legge sarà fissato dalla presidenza in una data compresa tra giovedì 14 e lunedì 18 gennaio 2010, sulla base delle determinazioni che saranno assunte oggi dalla Conferenza dei presidenti di gruppo in ordine al calendario dei lavori dell'Assemblea per il prossimo mese di gennaio.

Ivano MIGLIOLI (PD), ripercorrendo le recenti fasi di esame parlamentare dei documenti di bilancio, paventa il rischio che sul presente provvedimento si registri una completa indisponibilità al confronto


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da parte del Governo e della maggioranza, come avvenuto in occasione dell'esame del disegno di legge finanziaria per il 2010, durante il quale - a causa della presentazione di un unico maxi-emendamento presso la V Commissione - è stato impedito, di fatto, alla XI Commissione di entrare nel merito delle questioni di propria competenza, nonostante queste ultime incidessero in modo significativo su aspetti di enorme rilievo in materia di lavoro e previdenza sociale. Nello stigmatizzare, pertanto, il metodo di legiferare utilizzato dal Governo in carica, che lo stesso Presidente della Camera, a seguito dell'ennesima questione di fiducia posta, ha definito «deprecabile», si interroga sull'effettiva utilità della discussione odierna, facendo notare che lo stesso relatore, in una recente intervista resa agli organi di stampa, ha lasciato trapelare la volontà della maggioranza di procedere speditamente e senza ulteriori riflessioni lungo il suo percorso di approvazione del testo trasmesso dal Senato, alimentando in tal modo la preoccupazione che sul provvedimento possano risultare ristretti i margini di un confronto tra gli opposti schieramenti.
Pur esprimendo apprezzamento per la parziale revisione dei tempi di discussione avvenuta ieri in sede di Ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, ritiene che la delicatezza del provvedimento - peraltro largamente modificato e integrato nel corso del lungo esame svoltosi presso il Senato - richieda una migliore organizzazione dei lavori, che consenta gli adeguati approfondimenti e gli opportuni interventi di modifica, giudicando il testo, nella sua attuale formulazione, significativamente insufficiente, per motivi sia formali sia sostanziali. Infatti, ritiene che esso, oltre a presentare un contenuto dal carattere eccessivamente eterogeneo, sia affetto da rilevanti vizi di forma, ad esempio per quanto concerne, anzitutto, le terminologie utilizzate con riferimento al Ministero del lavoro (dal quale, di recente, è stato «scorporato» il dicastero della salute), nonché, in secondo luogo, il contenuto del comma 4 dell'articolo 50, che interviene a novellare una norma già precedentemente abrogata. Inoltre, sotto il profilo sostanziale, osserva che il testo in esame risulta molto peggiorato rispetto a quello approvato in prima lettura, rappresentando, peraltro, l'ennesima occasione persa da un Governo, che, sin dall'inizio della legislatura, è intervenuto in materia di diritto del lavoro con provvedimenti legati tra di loro da un unico «filo conduttore», rappresentato dalla volontà di rendere il mercato del lavoro meno sicuro per i lavoratori. Cita, in proposito, le norme contenute nel testo in materia di orario di lavoro, di contrattazione decentrata e di ammortizzatori sociali, per i quali, peraltro, si stabilisce esclusivamente una riapertura sine die della delega legislativa ormai scaduta, non prevedendosi né un'estensione ai lavoratori precari né un'adeguata riconversione professionale dei lavoratori alla scadenza del trattamento di integrazione salariale.
A suo avviso, altrettanto dannose appaiono le disposizioni in materia di processo del lavoro, anch'esse prive di un carattere riformatore (oltre che incostituzionali e suscettibili di alimentare il contenzioso) e gravemente lesive dei diritti del lavoratore, fortemente limitato nella sua azione in sede giurisdizionale, anche per quanto concerne l'obbligo di pagamento delle spese processuali e la possibilità di ricorrere agli strumenti di conciliazione. Fa notare che, mentre a livello internazionale, a fronte di una grave crisi economica, è in atto una profonda riflessione sul mercato del lavoro, nell'ottica di individuare nuovi strumenti di tutela per il soggetti più deboli della società, in Italia si assiste al processo opposto, ossia ad un percorso di deregolamentazione della materia, che mira a premiare i disonesti e i furbi (ad esempio, i datori di lavoro che compiono plurime violazioni delle norme in materia di orario di lavoro o i soggetti che fanno rientrare dall'estero i capitali illegittimamente esportati) e a punire gli onesti, sia imprenditori che lavoratori. Si è di fronte, a suo giudizio, ad una linea di azione dell'Esecutivo - assai lontana da quella del precedente Governo di centro


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sinistra - che sembra orientata ad «avvelenare i pozzi» della convivenza civile attraverso l'introduzione di disposizioni che, come quelle tese ad attenuare l'applicazione delle misure di contrasto al lavoro nero, pongono i soggetti economici e del mondo professionale gli uni contro gli altri, in un contesto di competizione largamente alterata e profondamente viziata da comportamenti irregolari, che non vengono sanzionati.
In conclusione, nel preannunciare l'intenzione del suo gruppo di presentare proposte di modifica al testo in esame, che consentano quanto meno di ridurre il danno potenzialmente derivabile dalla sua applicazione, auspica che la maggioranza dia finalmente ascolto alle voci di dissenso provenienti dai gruppi di minoranza e da talune parti del suo stesso schieramento, predisponendosi ad un dialogo serio e leale sul merito del provvedimento, in vista di un suo significativo miglioramento.

Cesare DAMIANO (PD) ritiene che il provvedimento in esame rappresenti la naturale prosecuzione di un'azione governativa tesa a demolire, in modo sistematico, pervicace ed accurato, l'impianto normativo delineato dal precedente Governo di centrosinistra, in materia di lavoro, con il «Protocollo sul Welfare». Ritiene, pertanto, che ci si trovi di fronte all'introduzione di una vera e propria «contro-riforma» del mercato del lavoro - testimoniata, ad esempio, dalla reintroduzione dell'istituto dello staff leasing, precedentemente abrogato - condotta sul piano della deregolamentazione e della definizione di un impianto normativo alternativo, penalizzante per i lavoratori e suscettibile di portare ad una riscrittura dei fondamenti giuridici posti alla base del diritto del lavoro, che individuano nella diversità di posizione tra lavoratore e datore di lavoro la ragione sostanziale delle norme poste a tutela della parte più debole di tale rapporto. Auspica che l'esame del provvedimento si svolga secondo congrue modalità di organizzazione dei lavori, che siano rispettose dei diritti delle minoranze, evitando, pertanto, che prevalgano logiche di «blindatura» - più volte assecondate dalla maggioranza di centrodestra (non da ultimo, in occasione della discussione dell'ultima legge finanziaria) - tese ad ostacolare un serio confronto di merito. Ricorda che proprio in queste ore si stanno discutendo in Assemblea diverse norme di diretto interesse della Commissione, contenute nel disegno di legge finanziaria, che segnano un evidente distacco tra l'azione politica del Governo in carica e quella dell'Esecutivo precedente: mentre il Governo Prodi si era lungamente impegnato per addivenire ad un'ampia intesa sul versante delle politiche attive per il lavoro, ricercando un confronto con le parti sociali e l'individuazione di soluzioni tese a garantire i lavoratori (ad esempio, in materia di TFR, attraverso una opportuna destinazione delle risorse allo scopo necessarie e una rivalutazione dei relativi trattamenti), la linea d'azione dell'Esecutivo in carica sembra rispondere solo a logiche di cassa e di semplificazione a vantaggio delle imprese.
Entrando nello specifico del provvedimento in questione, esprime profonde perplessità sull'articolo 50, comma 4, che, novellando una disposizione già abrogata e contenendo una vera e propria «aberrazione giuridica», giustificherebbe, da solo, un ritorno immediato del testo al Senato. Dopo aver segnalato la necessità di ampliare i principi e criteri direttivi della delega legislativa in materia di lavori usuranti, contenuta all'articolo 1, dando seguito ad un accordo raggiunto, al riguardo, in via informale tra i gruppi presso la XI Commissione, esprime la sua ferma contrarietà sull'articolo 8, comma 2, che interviene negativamente sul tema della rappresentatività sindacale, riconoscendo ai sindacati operanti sul piano territoriale la facoltà di introdurre deroghe alla contrattazione collettiva nazionale: si rischia, in tal modo, di porre i presupposti per la nascita di veri e propri sindacati di comodo, associazioni fittizie istituite per tutelare esclusivamente i datori di lavoro e per favorire la stipula di «contratti-pirata» al ribasso, anche al fine di giustificare odiose pratiche di dumping sociale


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attuate in un contesto di competizione sleale ed irregolare. Dopo aver rilevato la criticità delle disposizioni in materia di orario di lavoro, si sofferma sull'articolo 25 del provvedimento, secondo il quale le norme concernenti il diritto di riscatto per i periodi dei congedi di maternità o di paternità e dei congedi parentali si applicano solo qualora le relative domande siano presentate in costanza di rapporto di lavoro. Ritiene che dall'applicazione di tale disposizione, soprattutto se posta in relazione con la pratica delle «dimissioni in bianco» - il cui divieto è stato abrogato nel corso della corrente legislatura - possano derivare gravi conseguenze per le lavoratrici madri, nei cui confronti si registra la totale mancanza di attenzione da parte dell'Esecutivo. Soffermandosi, poi, sulla delega legislativa contenuta all'articolo 48, sottolinea la necessità di fissare principi e criteri direttivi in relazione al riordino della normativa in materia di servizi per l'impiego, di incentivi all'occupazione e di apprendistato, nonché con riferimento alla revisione della disciplina in materia di occupazione femminile, tuttora non indicati.
In conclusione, pur dichiarando la disponibilità ad accettare un confronto propositivo con la maggioranza al fine di apportare le necessarie modifiche al testo in esame, fa presente che il suo gruppo, in caso di «blindatura» del provvedimento, è pronto a lanciare nel Paese una sfida politica rigorosa in difesa dei diritti dei lavoratori e delle categorie più disagiate, al fine di contestare le decisioni sbagliate del Governo, assunte su tale terreno.

Silvano MOFFA, presidente, considerata l'esigenza di passare al successivo punto all'ordine del giorno e atteso che il dibattito di carattere generale sul provvedimento in titolo potrà proseguire anche alla ripresa dei lavori parlamentari dopo la prevista sospensione per le festività natalizie, ritiene opportuno concludere, con l'intervento appena svoltosi, l'odierna seduta in sede referente, fermo restando che il relatore e il rappresentante del Governo potranno replicare, rispetto al complesso delle questioni poste, al termine dell'esame preliminare.
Rinvia, quindi, il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 10.30.

SEDE CONSULTIVA

Giovedì 17 dicembre 2009 - Presidenza del presidente Silvano MOFFA. - Interviene il sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche sociali, Pasquale Viespoli.

La seduta comincia alle 10.30.

Norme in materia di cittadinanza.
Testo unificato C. 103 e abb.
(Parere alla I Commissione).
(Esame e conclusione - Parere favorevole).

La Commissione inizia l'esame del provvedimento in titolo.

Silvano MOFFA, presidente e relatore, osserva che è in corso di esame presso la I Commissione il testo unificato delle proposte di legge in titolo - di cui è imminente l'inizio dell'esame da parte dell'Assemblea - finalizzato ad introdurre talune modifiche alle vigenti disposizioni legislative in materia di cittadinanza, in particolare sotto il profilo dell'acquisto della cittadinanza medesima da parte di stranieri presenti sul territorio italiano da diversi anni: fa presente, pertanto, che ai fini dell'espressione del prescritto parere occorre fare riferimento al citato testo unificato, già adottato come testo base dalla Commissione di merito. Al riguardo, nel rilevare preliminarmente che tale provvedimento non reca disposizioni di diretta competenza della XI Commissione, fa notare che esso si incentra su un preciso «principio-cardine», per cui l'acquisto della cittadinanza non può rappresentare un meccanismo automatico a seguito della permanenza sul territorio italiano per un determinato numero di anni,


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ma deve costituire il riconoscimento di un'effettiva integrazione.
In questo contesto, segnala che l'articolo 1 del provvedimento - diretto a disciplinare l'acquisto del diritto da parte dei soggetti nati sul suolo italiano - chiarisce che, ai fini dell'acquisto della cittadinanza da parte dello straniero nato in Italia, occorre che la residenza fino al raggiungimento della maggiore età sia «senza interruzioni» e che lo straniero stesso abbia frequentato con profitto le scuole almeno fino all'assolvimento del diritto-dovere all'istruzione e alla formazione, con ciò ponendo due condizioni essenziali per l'acquisto di un'identità legata al territorio, oltre che di una manifestazione dell'effettiva volontà di essere italiani.
Al contempo, sottolinea che gli articoli 2 e 3 del testo unificato intervengono sul profilo dell'acquisto delle cittadinanza italiana da parte di stranieri che non siano nati in Italia, ma che vi soggiornino da un determinato periodo di tempo, mediante l'introduzione di un innovativo istituto, denominato «percorso di cittadinanza», che disciplina le modalità per avvicinare lo straniero all'acquisto della cittadinanza stessa. In tale ambito, osserva che, ai fini dell'acquisto della cittadinanza, non basta la permanenza nel territorio della Repubblica per almeno dieci anni, ma occorre, in primo luogo, che tale permanenza sia stabile, anche al fine di evitare che possa accedere alla cittadinanza lo straniero che, pur avendone la possibilità, non abbia chiesto il permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo, ma si sia avvalso invece di permessi di soggiorno temporanei. Rileva, inoltre, che le specifiche disposizioni di cui all'articolo 3 del testo unificato - fermo restando il principio generale appena illustrato - stabiliscono che per il riconoscimento del diritto occorrono: la frequentazione di un corso annuale, funzionale alla verifica del «percorso di cittadinanza», finalizzato all'approfondimento della storia e della cultura italiana ed europea, dell'educazione civica e dei principi della Costituzione italiana; l'acquisizione di un effettivo grado di integrazione sociale e il rispetto, anche in ambito familiare, delle leggi dello Stato e dei principi fondamentali della Costituzione; il rispetto degli obblighi fiscali. Fa notare, infine, che l'articolo 4 prevede il giuramento, da parte dello straniero, sia nel caso di acquisto della cittadinanza a seguito della maturazione dei presupposti di legge, sia nel caso di concessione della cittadinanza con decreto del Presidente della Repubblica; nella formula del giuramento è previsto, tra l'altro, un riferimento espresso anche al principio della pari dignità sociale di tutte le persone, che lo straniero che diventa cittadino italiano deve dunque impegnarsi a riconoscere.
Preso atto dell'equilibrio generale del testo - che cerca di contemperare le legittime esigenze di acquisto della cittadinanza da parte degli stranieri soggiornanti da lungo periodo con quelle di assicurare una loro effettiva assimilazione al contesto sociale e culturale italiano - e atteso anche che in esso non si rinvengono disposizioni di diretta e immediata competenza della XI Commissione, ritiene che ricorrano le condizioni per un orientamento positivo sul provvedimento in esame. Propone, pertanto, di esprimere parere favorevole sul testo unificato delle proposte di legge in titolo.

Giulio SANTAGATA (PD) dichiara anzitutto che su un argomento di civiltà, quale il tema dell'immigrazione, che risulta decisivo per le sorti del Paese, si sarebbe aspettato un'analisi più seria da parte della maggioranza, che invece si è limitata a trasformare le tematiche in discussione in un vero e proprio terreno di scontro politico contingente, peraltro caratterizzato da forti contrasti interni alle stesse forze politiche che sostengono il Governo. Pur condividendo l'interpretazione politica secondo cui la cittadinanza va intesa come un traguardo da raggiungere - e non un diritto naturale da acquisire in modo automatico - ritiene che il provvedimento in esame presenti un'impostazione di fondo inaccettabile, che nega a priori quel benefico rapporto di scambio che sottende ad ogni corretto


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processo di integrazione tra i popoli; al contrario, la maggioranza finisce per costringere l'immigrato in uno stato di precarietà perenne e di totale assenza di tutele.
Giudica, quindi, il testo in esame anacronistico e punitivo nei confronti degli stranieri, dal momento che, per il riconoscimento della loro cittadinanza, esso richiede il possesso di requisiti eccessivamente stringenti - in materia di istruzione, obblighi fiscali, costumi in ambito familiare - nonché il rispetto di quelle buone pratiche che si farebbe fatica ad individuare nel comportamento degli stessi cittadini italiani, peraltro non sottoposti alle difficoltà di ambientamento cui sono costretti gli immigrati stessi. Osserva che la maggioranza farebbe meglio a riconoscere che, al suo interno, prevale l'idea - di più facile presa politica - secondo cui è preferibile affrontare la tematica dell'immigrazione come mera questione emergenziale, anche al fine di contrastare lo stesso processo di integrazione sociale degli stranieri. Pur dichiarando di non essere aprioristicamente contrario a porre dei precisi «paletti» nell'ambito delle procedure rivolte al riconoscimento della cittadinanza, ritiene che i criteri previsti nella proposta normativa in esame non siano credibili e alimentino i motivi di scontro tra cittadini italiani e immigrati. Auspica, pertanto, una profonda revisione della filosofia che sta alla base di tale provvedimento, al fine di giungere, oltre che ad una modifica del testo in esame, anche ad un radicale mutamento delle politiche poste in essere dal Governo in tema di immigrazione.

Amalia SCHIRRU (PD) ritiene che il provvedimento in esame contenga disposizioni di legge profondamente sbagliate, dietro alle quali si cela la volontà della maggioranza di mantenere un profondo divario tra cittadini italiani e stranieri immigrati, attraverso la negazione a questi ultimi - già in difficoltà per questioni legate al processo di integrazione sociale - della stessa dignità personale. Nel ritenere che dall'applicazione di tale provvedimento possano derivare gravi problematiche, soprattutto rispetto a quegli stranieri nati e cresciuti in Italia, osserva che in esso sarebbe stato preferibile affrontare questioni ben più importanti, come quelle connesse all'esigenza di dare certezza alle procedure di identificazione dei minori fatti transitare negli appositi centri di accoglienza in vista del loro rimpatrio: fa notare che, in tali casi, vi è il rischio fondato che il minore, per la mancanza di documenti che ne certifichino l'età, venga rimpatriato al pari di un adulto ed entri successivamente nel circuito della criminalità organizzata.
In conclusione, invita la maggioranza a rivedere l'impostazione di un provvedimento che mira a costruire un complesso e burocratico «percorso ad ostacoli» in danno degli immigrati, disconoscendo qualsiasi forma di tutela nei loro confronti, soprattutto nelle situazioni a più elevato rischio di esclusione sociale, come nel caso di cessazione del rapporto di lavoro.

Elisabetta RAMPI (PD) osserva che il testo in esame rischia di recare un danno soprattutto ai tanti giovani di seconda generazione nati e cresciuti in Italia, che, nonostante siano già pienamente integrati nella società, potrebbero sentirsi esclusi e discriminati da uno Stato che tende a considerarli più un problema che una risorsa preziosa e utile alla collettività. Fa poi notare che tale provvedimento mira a subordinare il riconoscimento della cittadinanza al completamento di un difficile percorso, il quale, lungi dall'agevolare i processi di integrazione, potrebbe favorire il proliferare di nuove forme di identità prossime all'integralismo e alla criminalità, pericolose per la comunità, così come avvenuto in altri Paesi. Auspica, quindi, che nel prosieguo dell'esame del provvedimento si possa giungere ad una radicale modifica delle norme in esso contenute, nel segno del riconoscimento del contributo positivo offerto al Paese dallo straniero.

Teresio DELFINO (UdC), dopo aver osservato che la discussione sui processi


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migratori non può essere confinata entro gli ambiti nazionali, ma deve trovare una sua precisa collocazione a livello comunitario, osserva che il suo gruppo si è sempre battuto, nelle opportune sedi politiche, per l'integrazione degli stranieri immigrati, intesi come una risorsa per la collettività e non come un problema da risolvere. Sul merito del provvedimento in esame, preannuncia la presentazione di una serie di emendamenti in Assemblea, tesi a rafforzare il principio dello ius soli - soprattutto nel caso in cui vi sia un genitore già residente - oltre che a prevedere una riduzione del termine necessario per l'acquisizione della cittadinanza e ad implementare i percorsi di formazione per gli stranieri. Ritiene, altresì, necessario prestare la massima attenzione all'esigenza di rispettare, in ambito familiare, i principi fondamentali della Costituzione, soprattutto laddove sia in gioco la tutela delle pari opportunità tra uomini e donne.
Preannuncia, per tali ragioni, l'astensione del suo gruppo sulla proposta di parere formulata dal relatore, riservandosi di esprimere una posizione più articolata sull'argomento nel prosieguo del dibattito in Assemblea, il cui esame dovrà necessariamente portare a profondi miglioramenti del testo.

Giuliano CAZZOLA (PdL) intende innanzitutto rilevare che il comportamento degli esponenti del gruppo del Partito Democratico - teso più a demolire in modo generalizzato e strumentale il contenuto del testo in esame piuttosto che a formulare motivate e legittime proposte di modifica - appare sensibilmente diverso dalla posizione esposta, in modo efficace e pacato, dal gruppo dell'Unione di Centro, il quale ha anche introdotto interessanti elementi propositivi. Ritiene, infatti, puramente demagogico parlare di integrazione sociale senza porsi il problema di fissare regole e confini certi, attraverso i quali regolamentare e indirizzare i processi di una immigrazione che considera, a tutti gli effetti, una risorsa fondamentale per il Paese. A tale riguardo, ritiene necessario citare il caso degli Stati Uniti d'America, Paese che - pur disponendo di un grado di civiltà che non può essere messo in discussione - rappresenta comunque un esempio di rispetto rigoroso delle regole e dei criteri introdotti ai fini del riconoscimento della cittadinanza.

Antonino FOTI (PdL), nel dichiarare di condividere totalmente le considerazioni testé espresse dal deputato Cazzola, osserva che la citazione riferita agli Stati Uniti d'America appare molto opportuna e calzante, soprattutto alla luce della storia vissuta dai numerosi cittadini italiani che sono stati protagonisti di intensi fenomeni migratori verso l'intero Continente americano.

Maria Grazia GATTI (PD), intervenendo sulle modalità di organizzazione dei lavori della Commissione, fa presente che è imminente l'inizio della seduta dell'Assemblea. Prospetta, pertanto, l'opportunità di rinviare al pomeriggio di oggi il seguito dell'esame del provvedimento in titolo.

Silvano MOFFA, presidente e relatore, fa presente che l'inizio delle votazioni in Assemblea è previsto per le ore 11 e che la seduta dell'Aula, pertanto, non è ancora cominciata. Ricordato, peraltro, che nella riunione di ieri dell'Ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, si è convenuto di concludere la seduta della Commissione in sede consultiva nella mattinata di oggi, auspica che i gruppi di opposizione - che si sono diffusamente soffermati sui diversi profili recati dal testo in esame - vogliano consentire anche a quelli di maggioranza di esprimere le proprie valutazioni, sia pur sintetiche, sul provvedimento medesimo.

Antonino FOTI (PdL), riprendendo le riflessioni appena avviate, intende sottolineare che gli stessi cittadini italiani residenti all'estero, in molti casi (tra i quali cita quello dell'Argentina), non hanno ancora neanche il diritto di voto, pur essendo ormai integrati nei Paesi esteri da diverse generazioni ed avendo contribuito al benessere


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e alla crescita di tali Stati. Ritiene, dunque, che la proposta di legge in esame possa certamente essere migliorabile, con gradualità, ma abbia comunque una struttura condivisibile, ampiamente in grado di coniugare diritti e doveri degli stranieri che ambiscono all'acquisizione della cittadinanza italiana.
Preannuncia, quindi, il voto favorevole del suo gruppo sulla proposta di parere del relatore.

Silvano MOFFA, presidente e relatore, in relazione al complesso degli interventi sinora svolti, ricorda di avere precisato, nella sua relazione introduttiva, che il testo unificato in esame non reca profili di specifica competenza della XI Commissione, il cui compito odierno, pertanto, consiste soltanto nell'esprimere il proprio parere su un testo che, in prospettiva, appare ampiamente migliorabile. A suo avviso, ciò sarà possibile nel corso del dibattito in Assemblea, dove - se ne dichiara certo - sarà garantita a tutti i gruppi la massima apertura in termini di capacità di riflessione e di opportunità di apportare eventuali modifiche di merito al provvedimento.

Massimiliano FEDRIGA (LNP) preannuncia il voto favorevole del suo gruppo sulla proposta di parere del relatore, ringraziandolo per la relazione approfondita e dettagliata che ha voluto esporre alla Commissione, che è andata anche oltre i limiti di competenza della stessa. A suo avviso, infatti, il provvedimento in esame è teso ad assicurare una effettiva integrazione degli stranieri, poiché si muove nella direzione - che giudica corretta - di premiare esclusivamente gli immigrati onesti.

Cesare DAMIANO (PD), per le ragioni esposte in precedenza dai deputati Santagata, Schirru e Rampi, dichiara il voto contrario del suo gruppo sulla proposta di parere del relatore.

Nessun altro chiedendo di intervenire, la Commissione approva la proposta di parere favorevole formulata dal relatore.

La seduta termina alle 11.

COMITATO RISTRETTO

Giovedì 17 dicembre 2009.

Norme sul riconoscimento e sulla promozione del diritto alla formazione e allo sviluppo professionale.
C. 1079 Bobba, C. 2418 Cazzola, C. 2610 Delfino.

Il comitato ristretto si è riunito dalle 11 alle 11.10.