Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 179 del 28/6/2007


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PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE GIORGIA MELONI

La seduta comincia alle 9,05.

TEODORO BUONTEMPO, Segretario, legge il processo verbale della seduta di ieri.
(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Aprea, Bafile, Boato, Brugger, Capotosti, Casini, Donadi, Folena, Forgione, Galati, Meta, Pinotti e Sgobio sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente ottantotto, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.
Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Seguito della discussione delle mozioni Bondi ed altri n. 1-00170, Maroni ed altri n. 1-00185, Misiti ed altri n. 1-00192 e La Russa ed altri n. 1-00193, sulla gestione dell'emergenza rifiuti in Campania (ore 9,06).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione delle mozioni Bondi ed altri n. 1-00170, Maroni ed altri n. 1-00185, Misiti ed altri n. 1-00192 (Nuova formulazione) e La Russa ed altri n. 1-00193, sulla gestione dell'emergenza rifiuti in Campania (vedi l'allegato A - Mozioni sezione 1).
Ricordo che nella seduta di lunedì 25 giugno 2007 si è conclusa la discussione sulle linee generali delle mozioni presentate.

(Intervento e parere del Governo)

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il Sottosegretario di Stato per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali, Giampaolo Vittorio D'Andrea, che esprimerà altresì il parere sulle mozioni presentate.

GIAMPAOLO VITTORIO D'ANDREA, Sottosegretario di Stato per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali. Sulle mozioni Bondi ed altri n. 1-00170 e La Russa ed altri n. 1-00193, il parere del Governo è contrario, perché si ritiene di dover dare priorità assoluta alla vicenda della gestione dell'emergenza rifiuti in Campania con lo strumento che è all'esame della Camera, il decreto-legge 11 maggio 2007, n. 61, di cui è stata chiesta la conversione, che individua ulteriori obiettivi e compiti per il commissario delegato dal Governo dopo quelli definiti con il precedente decreto.
Le questioni sollevate dalle mozioni sono naturalmente anch'esse meritevoli di considerazione e di riflessione: alcune attengono alla più larga strategia di uscita dalle emergenze in altri settori che pure hanno un collegamento con la gestione dei rifiuti ma sono distinti dallo stesso; per altre evidentemente le risposte praticabili,


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secondo la valutazione del Governo, sono già contenute nel decreto-legge, nell'insieme delle ordinanze che il Presidente del Consiglio ha promosso e nelle altre iniziative che, sulla scorta della legislazione generale per l'emergenza e del decreto-legge, il commissario straordinario potrà adottare, con l'auspicio di riuscire ad ottenere il risultato di far cessare entro la fine dell'anno la fase di emergenza rifiuti in Campania.
Per quel che riguarda la mozione Maroni ed altri n. 1-00185, considerata anche la difficoltà di poterla trattare in Assemblea per l'assenza dei presentatori, e quindi senza gli elementi di dialettica e di approfondimento che ne potevano scaturire, esprimiamo un parere contrario nella speranza che alcuni di quei contenuti possano essere recuperati in sede di esame degli ordini del giorno connessi al decreto-legge in materia, eventualmente valutandoli in quella sede.
Invece, rivolgiamo un invito al ritiro all'onorevole Misiti, presentatore della mozione n. 1-00192 (Nuova formulazione), anche qui con l'idea, ove possibile da parte sua, di trasfondere il contenuto della mozione in un ordine del giorno che il Governo preferisce collegare all'approvazione del decreto, anche in maniera tale da rendere il mandato che si conferisce al commissario più forte, attraverso l'invito al sostegno contenuto nella mozione presentata dell'onorevole Misiti.

(Dichiarazioni di voto)

PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Pedulli. Ne ha facoltà.

GIULIANO PEDULLI. Signor Presidente, quando la vita politica e l'attività parlamentare sono caratterizzate più dallo scontro frontale - come accade continuamente nei dibattiti in Assemblea - che dal confronto competitivo, tutto è possibile.
È possibile anche trovarsi a discutere lo stesso argomento, con atti distinti, in successione l'uno con l'altro. Ciò è esattamente quello che sta accadendo, in questa fase, sulla grave emergenza rifiuti in Campania.
Lunedì scorso, si è svolta la discussione generale della mozione Bondi ed altri n. 1-00170; in seguito, è stata presentata anche la mozione La Russa ed altri n. 1-00193. Ieri, a tarda ora (abbiamo terminato alle 23,25), si è svolta la discussione generale sul decreto-legge 11 maggio 2007, n. 61, che il rappresentante del Governo ha richiamato come provvedimento che fornisce una serie di risposte concrete alle valutazioni proposte nelle varie mozioni. Tale decreto, infatti, affronta e indica gli interventi straordinari per contribuire a superare l'emergenza rifiuti in Campania.
Questa mattina, ad inizio di seduta, ci troviamo a svolgere le dichiarazioni di voto sulle quattro mozioni all'ordine del giorno. A seguire, inizieranno la fase di esame degli articoli e delle proposte emendative ad essi riferiti del decreto, la cui durata è al momento indefinita; tutti noi rischiamo di ripetere le stesse cose. La discussione di ieri sera è durata dalle 20 fino alle 23,25; tutti i gruppi hanno avuto modo di entrare, in maniera approfondita, sui temi emergenti nella realtà campana, proprio in rapporto al decreto.
Ritengo, quindi, che occorra chiedersi il motivo per cui accade ciò. Lo dicevo prima - e lo confermo - che, a mio avviso, ciò si verifica per una ragione prettamente politica. La situazione in Campania è sotto gli occhi di tutti ed è di una gravità estrema.
L'immagine di quei luoghi rischia seriamente di deturpare non solo la realtà campana, ma anche l'immagine nazionale. Le popolazioni sono esasperate, sia quelle che, ogni giorno, sono costrette a vivere in mezzo alle cataste di rifiuti abbandonati per le strade, sia quelle che vivono nei luoghi in cui sono individuati i siti per le discariche, in molti casi - occorre dirlo - in buona fede, in altri, in modo indotto anche sul piano politico.
Chi è oggi all'opposizione in quei territori, nella regione della Campania, in altre province, comuni e nel Paese, tenta


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di trarre qualche vantaggio politico attraverso la strumentalizzazione della situazione. Ritengo che, obiettivamente, si tratti di un calcolo sbagliato e miope proprio nei confronti dell'opinione pubblica, che non credo sia interessata molto alla polemica politica, quanto invece alla ricerca delle soluzioni concrete per superare quella situazione. Tale polemica politica, quindi, è tutta rivolta al passato. Come emerge anche nella mozione, essa è rivolta a cercare di individuare contraddizioni interne alla maggioranza, a evidenziare le difficoltà obiettive che ha incontrato il commissario, nella prima fase della sua attività. Le citate mozioni e tale taglio politico non forniscono, quindi, un reale contributo per uscire dall'emergenza.
Intervengo in merito alla nostra posizione sull'insieme dei problemi che riguardano la complessa e grave situazione esistente in Campania, la quale tende - sono notizie di questi giorni - a fare un ulteriore salto di qualità in negativo, con conseguenze dirette sulla salute dei cittadini; tale situazione, come sapete, è stata anche oggetto di interessamento da parte dell'Unione europea.
La nostra posizione, espressa in maniera molto precisa nella parte serale della seduta pomeridiana di ieri, è contenuta nel resoconto oggi distribuzione e potrei, quindi, limitarmi a rimandarvi ad esso; tuttavia, per rispetto dell'Assemblea e della serietà del tema e della discussione che deve svilupparsi, ribadirò in grande sintesi alcuni punti che richiamano le nostre valutazioni su tale situazione e sulle sue prospettive, a partire da un fatto: a differenza di quanto ho ascoltato nel dibattito di ieri sera (e che probabilmente sarà reiterato nella discussione di oggi) mi sembra che, dal suo insediamento, questo Governo e la sua maggioranza - nonostante la nota articolazione di posizioni su questo tema all'interno della stessa maggioranza - abbiano preso sul serio l'emergenza campana.
Si tratta di un'emergenza complessa e difficile in un contesto complesso e difficile. Ci preoccupano molto - dico ciò con grande nettezza - i riflessi igienico-sanitari di tale situazione sulle popolazioni di quei territori, sullo sviluppo di quella regione, in particolare per quanto riguarda le conseguenze sul turismo. Si pensi alla notizia di ieri relativa al fatto che la situazione sta precipitando anche nell'isola di Ischia.
Al di là di quanto contenuto nella premessa della mozione, la fiducia nei confronti del Commissario Bertolaso non è mai venuta meno da parte del Governo, dell'Ulivo e della maggioranza. Oggi confermiamo pienamente tale fiducia ed incoraggiamo il Commissario a completare il lavoro che ha avviato fino allo scadere del suo mandato e a contribuire a costruire le condizioni per la gestione ordinaria post-commissariale, ritenendo che egli, per l'esperienza generale che possiede e per quella che ha maturato sul campo, possa concretamente fornire un contributo in tale direzione.
I due decreti-legge emanati - quello con cui il dottor Bertolaso venne nominato Commissario e quello di oggi - si collocano nella stessa logica: tentare di rispondere all'acutezza dell'emergenza, la cui portata si è dimostrata difficile da superare e sicuramente più ostica anche rispetto alle previsioni fatte al momento dell'insediamento del Commissario.
Tali decreti-legge si sono resi necessari in quanto non vi sono ancora le condizioni territoriali, in Campania, per un'autonoma assunzione dei loro contenuti; penso, in particolare, alla puntuale individuazione dei quattro siti per le discariche, sottolineando - come previsto nel decreto-legge - che essi sono stati giustamente individuati in quattro province distinte, con limiti temporali per alcuni e misure adeguate per quanto riguarda la loro sicurezza e la loro bonifica.
Ritengo quindi che vi debba essere un impegno di tutti a ragionare in prospettiva, ma oggi la priorità assoluta è togliere i rifiuti in via definitiva dalle strade, per evitare che continuino ad accumularsi, e smaltirli in siti che offrono tutte le garanzie di sicurezza per i cittadini e l'ambiente.


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Nel dibattito di ieri ho sentito che sarebbe stata evidenziata una contraddizione tra quanto contenuto nel documento approvato dalla Commissione bicamerale e il decreto-legge 11 maggio 2007, n. 61.

PRESIDENTE. Onorevole Pedulli, concluda.

GIULIANO PEDULLI. Concludo, Presidente. Nella Commissione bicamerale era chiaramente indicato come, nella fase attuale, fosse necessario individuare le discariche.
Aggiungo che la scadenza del 31 dicembre costituisce un punto fermo per la cessazione definitiva del commissariamento e per la restituzione dei poteri agli enti ordinariamente competenti nell'ottica di piani integrati che puntino sull'autosufficienza degli ambiti provinciali.
Credo che per favorire il ritorno alla normalità sia utile fare riferimento al documento approvato a larga maggioranza dalla Commissione bicamerale il 13 giugno, al quale hanno dato un apporto concreto anche le opposizioni. In particolare ne abbiamo dato atto all'onorevole Paolo Russo. Ritengo che lavorando su quel documento si possa contribuire a costruire, dopo il 31 dicembre, una fase nuova post-commissariale.
Il nostro voto sulle mozioni Bondi ed altri n. 1-00170 e La Russa ed altri n. 1-00193 sarà contrario, ma confermo la disponibilità ad un dialogo e ad un confronto costruttivo per creare una nuova fase e un nuovo modo di affrontare le questioni in Campania.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Francescato. Ne ha facoltà.

GRAZIA FRANCESCATO. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, colleghe e colleghi, siamo ormai al paradosso. La frequenza spasmodica con cui ci stiamo occupando del tema dei rifiuti in Campania (ieri notte stavamo dibattendo sulla conversione in legge del decreto-legge 11 maggio 2007, n. 61, e poche ore dopo, stamattina, ci ritroviamo a discutere sulle mozioni del centrodestra sempre sui rifiuti in Campania) è direttamente proporzionale al vortice di guai, alla spirale di cattive notizie che ci danno ormai della Campania un'immagine inguardabile e devastante.
Apro una parentesi per dire che mi dispiace che sugli aspetti luminosi, sui molti lati positivi che esistono in questa regione che amiamo molto non ci si soffermi mai: si citano solo i lati negativi, quelli positivi vengono tralasciati.
Non so quanto tale alluvione di parole aiuti, anzi, ormai sento un rigetto, un «rifiuto» a parlare della questione dei rifiuti o meglio a parlarne in un certo modo.
Diceva Einstein: «I problemi non possono essere risolti dallo stesso atteggiamento mentale che li ha creati». Non andremo da nessuna parte se ognuno di noi continuerà a recitare secondo un copione.
Il centrodestra punta il dito sulle colpe del «cattivo» Bassolino e dimentica regolarmente che il piano regionale all'origine di tale disastro annunciato portava la firma di Rastrelli di Alleanza Nazionale e che il peccato mortale di Bassolino e della sua amministrazione è stato quello di prendere il piano e di portarlo a casa tale e quale, con una adozione acritica che poi ha generato i problemi che conosciamo.
Il centrosinistra difende la scelta del supercommissariamento e cerca, come stiamo facendo con questo ulteriore decreto-legge, di dargli man forte su una strada molto più in salita di quello che lo stesso Bertolaso si attendeva.
Noi del gruppo dei Verdi continuiamo a dire che ve l'avevamo detto e a suggerire ancora una volta, l'ennesima, una terapia che da decenni suggeriamo inascoltati, quella di ripartire dalle famose tre «r»: riduzione dei rifiuti all'origine, raccolta differenziata, riciclaggio e ovviamente recupero. Adesso basta, fermiamoci qui!
Uno dei motivi di fondo per cui voteremo contro le mozioni del centrodestra - oltre che per i contenuti su cui mi soffermerò in seguito - è che ci costringono


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a tornare indietro, ci obbligano ad un ritorno al passato, a rientrare nella spirale della ricerca delle colpe.
Noi del gruppo dei Verdi non vogliamo guardare indietro e ci rifiutiamo di ripercorrere il sentiero a ritroso della ricerca delle responsabilità, del «dito puntato», della polemica ossessiva spesso pretestuosa. È tempo di cambiare registro, di fare un salto di qualità, uno scatto in avanti fuori da questo pantano.
Queste mozioni ci costringono a impantanarci ancor di più in una discussione inutile, quando invece, proprio perché la situazione è disperata, tutte - e dico tutte - le nostre energie devono essere concentrate sulla via d'uscita, sull'exit strategy, che poi è la filosofia che ha ispirato la nostra scelta dell'affidamento a Bertolaso, che doveva e dovrebbe essere ancora, nelle nostre ormai consunte speranze, un passaggio chiave verso l'agognato ritorno alla normalità ed è la filosofia che ci ha portato alla conversione in legge del decreto-legge n. 61 del 2007.
Dobbiamo smetterla di rivangare il passato! Lo abbiamo già fatto mille volte e sappiamo ormai tutti di chi sono le responsabilità. Adesso è tempo di fare attenzione, di capire che fare e chi fa cosa, come stiamo tentando di fare con il decreto-legge 11 maggio 2007, n. 61, il quale, con tutti i suoi limiti e le sue lacune - chi le nega! - almeno ha il merito di rivedere e di correggere le regole del gioco. Non è detto che funzioni, certo, ma almeno ci proviamo.
La mozione Bondi n. 1-00170, invece, lungi dall'impegnarsi per cercare queste nuove strade, ci fa ripiombare nella logica del commissariamento, chiedendo, tra l'altro, di affidare ad un unico commissario la gestione dell'emergenza rifiuti, acque e bonifiche. Non si era detto fino alla nausea in quest'Assemblea - sembrava che su questo punto fossimo tutti d'accordo - che bisognava escludere ogni ipotesi di prolungamento del commissariamento? Che questa era l'ultima volta e che la volontà condivisa, l'obiettivo prioritario era un rientro graduale nella tanto sospirata normalità?
Troviamo invece in questa mozione, con un certo sbalordimento, la tendenza a sommare emergenza ad emergenza, creando così un mostro, una super super emergenza da affidare a un super super commissario: «superman» presumo, perché solo lui potrebbe far fronte ad un compito del genere, che sarebbe - diciamocelo - una mission impossible!
Si tratta di una richiesta, tra l'altro, intempestiva, perché, come sapete, siamo alle prese con i decreti correttivi del decreto legislativo n. 152 del 2006, il codice ambientale, che sta riscrivendo le regole relative a rifiuti, acque e bonifiche, senza contare che è in dirittura d'arrivo la normativa europea sui rifiuti, che ha ispirato il lavoro della Commissione ambiente nella formulazione del parere sullo schema di decreto correttivo del decreto n. 152 del 2006.
Insomma, si tratta una proposta che non sta né in cielo né in terra, fatta nei modi e nei tempi sbagliati.
Troviamo, inoltre, nella mozione Bondi n. 1-00170 la richiesta di escludere dall'individuazione dei siti i parchi e le aree protette. Poi, però, il centrodestra si è accanito nelle accuse agli ambientalisti, in particolare al Ministro dell'ambiente, proprio perché hanno difeso a spada tratta l'oasi WWF di Serre Persano, che è un ecosistema preziosissimo, una zona umida di importanza internazionale ai sensi della convenzione di Ramsar, definita di notevole interesse pubblico con decreto del 29 novembre 1993 dal Ministro Ronchey, oasi di protezione faunistica ai sensi della direttiva europea 92/43/CEE, a due passi da un SIC.
Insomma, si tratta di un'area protetta che più protetta non si può. Ebbene, noi non ci siamo limitati al «no», non siamo, come qualcuno ci definisce con stanca litania, il partito del «no». Abbiamo dato una mano a Bertolaso, abbiamo cercato un'alternativa. Il Ministero dell'ambiente l'ha trovata - badate bene - sempre nel territorio di Serre, con l'assenso di quella stessa popolazione «riottosa» contro cui si è puntato il dito, come se fosse stata affetta da «sindrome di Nimby».


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Invece, dato che questa popolazione e questo territorio avevano già ospitato due discariche, tutte e due che percolavano nel Sele, si capisce che non potevano certo fidarsi per la terza volta. Comunque, hanno accettato di aprire Macchia Soprana e dal 1o luglio si aprirà questo sito: una collina ricoperta di macchia mediterranea, alta sul Sele, bonificata e resa idonea a tempo di record. Questo è un dato positivo su cui non ci si sofferma abbastanza.
È un sito dove - guarda un po' - è stato trovato a sorpresa un fondo argilloso, argilla che, secondo Bertolaso, stava solo a Valle della Masseria. Questa era una delle motivazioni che avevano spinto alla scelta di quel sito. Sembra quindi che Macchia Soprana potrà ospitare fino a 700 mila tonnellate di rifiuti, la stessa quantità che avrebbe dovuto essere sversata nella tanto controversa Valle della Masseria.
Ripeto, quindi, che l'alternativa è stata trovata fuori dall'area protetta e così si è data risposta sia alle esigenze giuste della popolazione e del territorio, sia alle urgenze, ormai indifferibili, create dalla sempre più tragica emergenza regionale. Altro che mancato supporto all'azione di Bertolaso! Gli è stato dato, invece, un grande sostegno.
Ma non basta: a proposito del ritrovato protagonismo delle province, di cui si fa cenno anche nella mozione in esame, la provincia di Napoli sta portando avanti con tenacia, seppur tra incredibili difficoltà, il lavoro per la localizzazione degli impianti di compostaggio, e fa bene! Questo è un punto cruciale, perché, senza la separazione, lapalissiana, del secco dall'umido - primo passo di qualunque raccolta differenziata degna di questo nome -, non si va da nessuna parte. Ma si sta anche lavorando, in maniera capillare, ad un inventario delle cave del casertano, dove dovrebbe trovare sistemazione almeno una parte delle famigerate ecoballe, pare almeno 500.000 tonnellate.
Last but not least, presto entrerà in funzione la prima linea dell'impianto di Acerra. A proposito di tale impianto, vorrei nuovamente cogliere l'occasione per sfatare la diceria secondo la quale noi siamo contrari a tutti gli impianti. Certo, abbiamo detto mille volte perché siamo contrari agli inceneritori, i cosiddetti termovalorizzatori, che è un modo più «sexy» per dire la stessa cosa; ma non siamo sicuramente quelli che chiudono la porta a impianti davvero avanzati dal punto di vista tecnologico, di cui ormai abbiamo esempi anche in Italia oltre che in Europa. Non a caso, l'articolo 9 del decreto-legge n. 61 del 2007, della cui conversione in legge stavamo discutendo ieri sera, parla proprio di trattamento meccanico-biologico, che è uno dei suggerimenti che abbiamo sempre dato.
Tuttavia, ripeto ancora una volta che non vi è impianto che tenga se non si mette in moto dall'inizio un corretto ciclo, a partire dalle famose tre «r»: riduzione dei rifiuti all'origine, raccolta differenziata, riciclaggio.

PRESIDENTE. La invito a concludere.

GRAZIA FRANCESCATO. Questa formula funziona ovunque, basta volerlo, anche nella vituperata Campania.
Concludo, svolgendo un'ultima considerazione. Per quanto riguarda il ritorno alla normalità, vorrei fare riferimento alle pagine conclusive della relazione sulla Campania approvata il 13 giugno scorso dalla Commissione parlamentare d'inchiesta sul ciclo dei rifiuti; anch'io, come l'oratore precedente, mi riporto ad essa. Questo è il percorso che dobbiamo seguire, e proprio perché vogliamo guardare avanti e non indietro voteremo contro le mozioni del centrodestra.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Paolo Russo. Ne ha facoltà.

PAOLO RUSSO. Signor Presidente, confesso un certo imbarazzo per non aver compreso le ragioni della posizione del Governo rispetto alla mozione Bondi ed altri n. 1-00170, ed al riguardo vorrei chiarirne la parte dispositiva (immagino


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che, se il parere è negativo, il Governo non si vuole sentire impegnato su tali punti).
Tale mozione impegna il Governo a riaprire le discariche necessarie (immagino che, nella trattativa notturna che, in genere, si svolge a Palazzo Chigi - una volta si svolgeva a Santa Lucia, ma ora tale sede è, come dire, più pericolosa - qualche ministro abbia posto il veto sull'apertura delle discariche per togliere i rifiuti dalle strade); ad escludere dall'individuazione dei siti i parchi e le aree protette (immagino che il Governo non voglia escludere questi siti); a predisporre - così recita la mozione - un piano idoneo ad attivare il ciclo integrato dei rifiuti in ogni ambito territoriale, a cominciare dalla localizzazione di un impianto di trattamento finale dei rifiuti nella città di Napoli.
Questo è uno degli elementi centrali che abbiamo sempre posto all'attenzione: una grande città ha il dovere di contribuire allo smaltimento dei propri rifiuti, giacché ne produce circa un terzo di tutta la regione Campania. Non farlo sarebbe non solo una follia dal punto di vista di una organizzazione saggia in termini di politica industriale dei rifiuti, ma anche un'azione poco etica dal punto di vista ambientale: evidentemente il Governo non vuole ciò.
La mozione, inoltre, impegna il Governo ad alimentare una raccolta differenziata tarata sulle effettive esigenze del mercato del riuso: evidentemente, il Governo vuole alimentare, quando lo ritiene utile, una raccolta differenziata ideologica, inutile, quella che fanno i comuni «raccoglioni», non quella che consente ai comuni di raccogliere per poi riusare.
Ma la mozione impegna il Governo anche ad evitare che in Campania, attraverso l'aumento della Tarsu, si assista al paradosso del servizio peggiore del mondo, fornito al prezzo più alto in assoluto. Evidentemente, il Governo pretende che la Campania ottenga esattamente il risultato opposto, cioè il peggiore servizio al mondo, pagando la tassa più alta al mondo.
Inoltre, recependo una sollecitazione che proviene da più parti, anche dal direttore Bertolaso, occorre affidare ad un unico commissario la gestione delle varie emergenze. Nel dire ciò, mi rivolgo anche al collega Misiti, che, nel corso di trattative notturne, ha modificato la propria mozione, con riferimento alla necessità di unificare le gestioni dell'emergenza rifiuti, dell'emergenza bonifiche e dell'emergenza acqua. Il collega Misiti sa che oggi esse sono già collegate, ma inutilmente: il problema è che deve essere unificata la gestione. Capisco dunque l'imbarazzo che la sua mozione ha provocato nel centrosinistra, rendendo così necessario apportare una modifica che, però, rende inutile l'approvazione della sua mozione.
La mozione Bondi n. 1-00170, al contrario, afferma la necessità di affidare ad un unico commissario ciò che dovrebbe essere la condizione normale, cioè la gestione dell'emergenza rifiuti, acqua e bonifiche. Anche alla luce non dico delle prime pagine dei giornali campani, ma delle notizie che giungono dalla Campania, credo che sarebbe utile garantire con certezza elementi, percorsi e suggerimenti di assoluta chiarezza.
Mi pare che, in questo senso, la mozione Bondi sopra richiamata possa dare un contributo significativo, forte ed alto alla soluzione dell'emergenza rifiuti in Campania, occupandosi non più di individuare le responsabilità del passato - le responsabilità mi pare stiano emergendo in maniera fin troppo lampante - ma di delineare le vostre responsabilità, quelle relative cioè alla gestione degli ultimi anni, nonché le soluzioni necessarie al fine di modificare l'azione oggi in corso, precisando con chiarezza i passi che sarebbe necessario compiere da parte del Governo per affrontare compiutamente questo problema.
Vorrei peraltro ricordare alla collega Francescato che il piano di Rastrelli era un piano buono ed apprezzato: esso prevedeva cinque impianti di trattamento finale. Fu un ministro dei Verdi, l'allora Ministro Ronchi, che, per logiche di bottega puramente ambientaliste, ridusse da cinque a due gli impianti di trattamento finale: così facendo, si avviò la distruzione del piano, determinandosi la prima condizione


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emergenziale. Da quella prima iniziativa si passò a ben altre, tutte peggiori, che produssero il disastro di una regione che ormai è amministrata, come si può vedere, fra cumuli di rifiuti.
È per queste ragioni che preannunziamo il nostro voto favorevole sulle mozioni presentate dai colleghi del centrodestra.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Giuditta. Ne ha facoltà.

PASQUALINO GIUDITTA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, rappresentante del Governo, noi del gruppo Popolari-Udeur condividiamo solo in parte lo spirito delle mozioni presentate dall'onorevole Bondi e da altri colleghi deputati; peraltro, tali mozioni intervengono in una fase già avanzata del dibattito politico in materia di rifiuti.
Certamente, è condivisibile l'ulteriore sforzo di mettere in luce ancora una volta la disperata condizione in cui versa la regione Campania a seguito della perdurante inerzia e del fallimento della gestione commissariale di questi anni. A tale proposito, devo dire però che mi ha lasciato perplesso e ci appare quasi anacronistica la proposta di coloro che puntano al conferimento esclusivo di tutti i poteri al Commissario nella gestione dell'emergenza, in totale autonomia rispetto al Ministro dell'ambiente, al presidente della giunta regionale della Campania e alle altre istituzioni locali.
Ed è proprio per queste ragioni che daremo il nostro convinto contributo alla conversione in legge del decreto-legge in materia che proprio in questi giorni è all'esame di questa Assemblea. Tale provvedimento rappresenta, infatti, per noi l'impegno concreto del Governo e del Parlamento, mentre le mozioni rimangono una sia pur lodevole dichiarazione di intenti. Superare l'emergenza rifiuti in Campania significa mettere in campo strumenti operativi lungimiranti, frutto di una programmazione seria, chiara e definita.
Con la discussione di tale decreto-legge, a mio avviso, si creano le condizioni per il superamento della fase emergenziale e per la fine dell'esperienza commissariale: un'esperienza che, ormai, non può più considerarsi attuale, considerati i risultati di 14 anni durante i quali non si è riusciti a realizzare alcun avanzamento rispetto allo stato di crisi (anzi, si registra addirittura un peggioramento della situazione).
Si deve puntare, dunque, ad una nuova fase in cui gli attori principali dovranno necessariamente essere le istituzioni locali, iniziando da subito anche una fase di concertazione tra regione, provincia e comuni, tenendo conto soprattutto delle istanze delle popolazioni campane, alle cui esigenze noi Popolari e UDEUR siamo da sempre particolarmente attenti.
La nuova fase deve anche avviarsi su un terreno di solidarietà nell'ambito del territorio regionale, tenendo presente la città di Napoli e la sua provincia, per la sua enorme densità demografica.
Riteniamo anche opportuno il superamento degli ATO provinciali, previsti dalla legge regionale, perché il codice dell'ambiente, nella sua versione definitiva, potrebbe attribuire le competenze in capo alle province, evitando così una inutile e dannosa sovrapposizione di attribuzioni e prevedendo un modello di gestione chiaro e definito. Il passaggio del superamento della gestione commissariale deve essere graduale ed è quindi necessario, da subito, accompagnare le istituzioni locali verso una gestione ordinaria, prevista dal 1o gennaio 2008. Tuttavia, per garantire l'effettivo superamento dell'emergenza, è necessario monitorare e contrastare anche le interferenze delle organizzazioni criminali in questo settore, che trovano vantaggiosa una condizione di perenne difficoltà nella gestione del sistema integrato dei rifiuti. Pertanto, non appaiono opportune le proposte presentate nella varie mozioni.
Il nostro sforzo è finalizzato esclusivamente alla conversione del decreto-legge n. 61 del 2007, per consentire la sua definitiva attuazione. Tale attuazione darà il pieno supporto al Commissario straordinario e responsabilizzerà appieno le istituzioni locali competenti.


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PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Stradella. Ne ha facoltà.

FRANCO STRADELLA. Signor Presidente, è veramente incomprensibile come il Governo, di fronte ad una situazione ormai incancrenita da anni di inefficienza, di errori e di incapacità a risolvere il problema, non abbia tenuto in considerazione le giuste ed equilibrate richieste contenute nella mozione Bondi e altri n. 1-00170.
Credo che, per fornire un contributo di chiarezza e di obiettività, si possano leggere alcuni passi della relazione della Commissione di inchiesta sul ciclo dei rifiuti, che non è un'organizzazione dell'opposizione con una preconcetta ostilità nei confronti del Governo, ma una Commissione bicamerale, presieduta da un rappresentante della maggioranza. Nella suddetta relazione si afferma che l'ingorgo di competenze istituzionali e di inadempienze di alcune istituzioni locali hanno ormai determinato in alcune realtà territoriali una sostanziale paralisi istituzionale e gestionale. La conseguenza è che sul piano delle strategie gestionali si assiste alla realizzazione di interventi del commissariato della presidenza della regione, tuttora responsabile per l'attività di bonifica, spesso rispondenti ad obiettivi non sinergici e talvolta sottoposti a censura da parte della giurisdizione ordinaria e amministrativa. Si afferma, inoltre, che discorrere di un'emergenza che si protrae ormai da 14 anni costituisce un evidente ossimoro.
Prendere atto di questa contraddizione di fondo significa, in primo luogo, affrontare la situazione dei rifiuti in Campania nella consapevolezza del carattere strutturale della crisi. Parlare di emergenza rifiuti è evidentemente una forzatura, poiché sono 14 anni che questa situazione si ripete ed è da 14 anni che si commettono gli stessi errori.
Poste tali premesse, ogni ragionamento sull'uscita dalla crisi postula, da un lato, la necessità di una verifica di sistema - e ciò è quanto è contenuto nella mozione dei colleghi del centrodestra - che non si limiti alla istituzione commissariale, ma comprenda tutte le altre istituzioni, locali e centrali, e ciò nella prospettiva della ricerca non delle responsabilità, bensì dei possibili percorsi che coniughino la necessità di interventi immediati con l'inevitabile avvio di un processo di rientro dell'ordinario.
In questi anni si è assistito ad un singolare caso di simulazione istituzionale. Apparentemente, l'istituzione commissariale si è presentata come il soggetto titolare di competenze decisionali e gestionali, tali da governare tutte le fasi del ciclo dei rifiuti. Nella realtà, invece, si è trattato di un potere condiviso. Se i rappresentanti del Governo leggessero con attenzione quanto contenuto nella relazione che ho riassunto e letto soltanto per gli aspetti che maggiormente interessano il problema all'esame questa mattina, non potrebbero che accettare i consigli e le indicazioni che, con grandissimo senso di responsabilità, vengono suggerite nella mozione Bondi n. 1-00170.
Pensare che la soluzione al grave problema dell'emergenza rifiuti passi attraverso la mediazione e il concerto con il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare si è dimostrato, anche recentemente, uno dei nodi che maggiormente ha impedito che gli interventi sortissero gli effetti desiderati.
La politica delle discariche, della chiusura e dell'impedimento ad arrivare all'incenerimento dei rifiuti determina una sorta di «incenerimento fai-da-te» per le strade di Napoli che, certamente, non avrà l'impatto di un fabbricato destinato a tale scopo, ma avrà effetti sulla salute molto più gravi dell'incenerimento regolato e controllato in modo scientifico.
È evidente che verrebbe il desiderio, come conseguenza del comportamento del Governo, di lasciare tutto come è per evitare contrasti con le amministrazioni locali, per evitare discussioni e di essere considerati dalle popolazioni interessate a tali impianti come coloro che vogliono avvelenare l'aria. Un'informazione continuamente sbagliata e rivolta a scatenare la


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paura e il timore su impianti che sono funzionanti in tutto il mondo e che hanno dimostrato di assolvere egregiamente il loro compito determina la conseguenza dell'abbandono per le strade e per le campagne di una quantità ormai insopportabile di rifiuti.
Credo che il Governo non cambierà opinione sulla mozione presentata dai colleghi del centrodestra; ritengo però che lo stesso debba tenere presente la responsabilità che si assume nel non volere analizzare in modo equilibrato il problema, nel non volere stimare quali possano essere i danni di un comportamento così poco responsabile, che rende il commissario Bertolaso un ostaggio nelle mani, a volte, del presidente della regione, altre volte del sindaco di Napoli e altre volte ancora delle popolazioni o delle associazioni dei sindaci, e che gli impedisce di svolgere la sua funzione e di prestare, come funzionario dello Stato responsabile e intelligente quale egli è, quel servizio che lo stesso vorrebbe fornire alle popolazioni della Campania.
Non considerare tali aspetti, non valutare quali siano le drammatiche conseguenze, a volte addirittura irreversibili, per il territorio significa non avere a cuore il problema dell'emergenza rifiuti in Campania, mostrare superficialità di giudizio e, nella sostanza, mantenere lo status quo per compiacere qualche potere forte della regione e, soprattutto, per non mettere sotto accusa il comportamento irresponsabile e, forse, penalmente perseguibile, del presidente della regione e dei sindaci che si oppongono alla soluzione del problema.
Mi appello ancora al Governo perché cambi parere sulla nostra mozione, pur sapendo che tale appello cade nel vuoto e che è del tutto inutile farlo.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Di Gioia. Ne ha facoltà.

LELLO DI GIOIA. Signor Presidente, noi crediamo che, in questo particolare momento, le mozioni di cui stiamo discutendo - mi riferisco sia a quelle del centrodestra, sia a quella del centrosinistra - avrebbero dovuto essere ritirate.
Nelle Commissioni di merito, infatti, stiamo discutendo, con serenità e grande responsabilità da parte della maggioranza e dell'opposizione, una serie di proposte, tra cui una di modifica del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, in materia ambientale, al fine di verificare come poter intervenire sui rifiuti, sul sistema delle acque e delle bonifiche.
Ieri sera, in quest'aula, è iniziata la discussione sulle linee generali del disegno di legge di conversione del decreto-legge riguardante l'emergenza campana. Utilizzo un pò eufemisticamente la parola «emergenza», per il semplice motivo che, come hanno già sottolineato diversi colleghi in questa discussione, non si può parlare di emergenza quando questa si protrae oramai da 14 anni. Tanto meno, possiamo addebitarci reciprocamente le responsabilità, per il semplice motivo che sappiamo benissimo che tale emergenza è nata nel 1994, cioè quando la regione era guidata da una giunta di centrodestra.
Abbiamo, quindi, delle responsabilità generali, che riguardano sia il centrodestra sia il centrosinistra. Abbiamo però il dovere politico nei riguardi dei cittadini della Campania di intervenire con determinazione, affinché questo problema possa essere portato a soluzione, al fine di ridare dignità ad una regione ed ai suoi cittadini. Dobbiamo, infatti, fare in modo che nel mondo si possa ridare visibilità a quel territorio e ricostruire un tessuto economico, collegato soprattutto alle bellezze ambientali, paesaggistiche e alle coste presenti in quella realtà. Tali bellezze sono direttamente collegate allo sviluppo turistico e oggi, come sottolineano con grande puntualità le categorie interessate, sono fortemente messe a rischio.
Dobbiamo operare insieme perché quello dell'emergenza rifiuti in Campania non è un problema di centrosinistra, né di centrodestra, ma riguarda tutti. Tanto meno dobbiamo e possiamo addebitare


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molto semplicisticamente responsabilità ad una parte politica che guida oggi le istituzioni.
Colleghi, fare in modo che si insinuino delle responsabilità e, quindi, che si accaniscano interventi nei riguardi delle istituzioni determina semplicemente una condizione di difficoltà. Si possono, infatti, determinare situazioni, che oggettivamente si stanno creando, riguardanti questioni e persone che hanno interessi all'interno di quella realtà campana, affinché tale problema non venga risolto.
Tutti sappiamo quanto l'ecomafia incida su tale sistema, quali siano i forti affari che la stessa ha all'interno del sistema dei rifiuti. Sappiamo bene quali sono gli interventi che vengono realizzati e che sono stati attuati anche prima, quando all'interno di quel territorio venivano scaricati rifiuti nocivi da parte di quegli imprenditori sicuramente scellerati che dal nord trasferivano i rifiuti in Campania.
Credo che il problema sia di tutti e lo dobbiamo affrontare con determinazione. Per questo motivo il Governo ha preparato un decreto-legge, contestabile sotto certi aspetti, ma che comunque dà delle risposte immediate per fare in modo che si possa iniziare un percorso per eliminare questa emergenza ormai decennale presente in quel territorio. Con esso si definisce l'apertura di discariche, si individuano nuovi siti per l'apertura di nuove discariche, si costruisce un sistema per determinare le condizioni attraverso le quali si possa arrivare ad un ciclo completo dei rifiuti.
Noi dobbiamo incoraggiare e assecondare un percorso che consenta di risolvere i problemi che esistono in quella realtà. Tutti sappiamo che vi sono delle responsabilità che sicuramente fanno capo agli enti locali, ai sindaci, agli amministratori locali. Però è anche vero che, in questa fase, ci sono stati anche degli amministratori oculati; mi riferisco, ad esempio, al sindaco di Salerno e al presidente della provincia di Caserta, che hanno avuto la capacità di affrontare i problemi e di porre all'attenzione delle comunità la questione di come risolvere il problema dell'emergenza rifiuti in quelle realtà.
Abbiamo dato il nostro sostegno al Commissario dottor Bertolaso, e lo abbiamo dato convintamente sapendo che egli sta operando per il bene della regione Campania. Ritengo, inoltre, che in alcune circostanze si debbano anche stemperare i toni e soprattutto si devono evitare dichiarazioni fatte con troppa facilità, che mettono in difficoltà il rapporto con gli enti locali, in generale con la gestione pubblica, e quindi creano difficoltà nel rapporto con lo stesso Commissario. Bisogna essere molto più cauti ed avere la capacità di comprendere e di portare avanti il progetto che ci si è determinati ad intraprendere, vale a dire la soluzione del problema dei rifiuti in quella realtà.
Come hanno ripetuto vari colleghi, voglio riprendere questo concetto; abbiamo iniziato, e la continueremo, una discussione seria in seno alla Commissione bicamerale sul ciclo dei rifiuti e sulle attività illecite ad esso connesse. Siamo arrivati, qualche giorno fa, a votare un documento a larghissima maggioranza, con l'apporto anche dell'opposizione, che detta le linee guida e che crea il presupposto necessario per uscire dall'emergenza del commissariato, costruendo un sistema di alleanze - l'abbiamo definita un'intesa di programma - con tutte le istituzioni (Governo, regioni e province) affinché si possa arrivare rapidamente ad alleviare le questioni che oggi investono quella regione e a fare in modo di poter governare la fase successiva dell'emergenza.
Abbiamo discusso, nella giornata di ieri, di come continuare il processo per la risoluzione dei problemi dei rifiuti in Campania. Credo che questo debba essere lo spirito con cui ci dobbiamo approcciare ai problemi importanti che sono bipartisan, non sono di una sola parte politica, perché investono i cittadini di quella realtà che oggi sono fortemente esasperati da una situazione che non è più gestibile. Questo è il motivo per cui dobbiamo andare avanti con determinazione.


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Ritengo che questo decreto-legge, come dicevo in precedenza, non fornisca tutte le risposte, però costituisce un primo passo al fine di sbloccare la condizione emergenziale di quel territorio.
Bisogna costruire il futuro! E lo dobbiamo costruire insieme, dando supporto alle amministrazioni locali perché possano, successivamente, governare il processo a valle.
Credo sia questo ciò che noi dobbiamo fare, ed è per tale ragione che noi, come gruppo della Rosa nel Pugno, riteniamo di non votare le mozioni del centrodestra e, come giustamente ha fatto il rappresentante del Governo, invitiamo i presentatori a ritirare la mozione Misiti ed altri n. 1-00192 (Nuova formulazione) (Applausi dei deputati del gruppo La Rosa nel Pugno).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Fasolino. Ne ha facoltà.

GAETANO FASOLINO. Signor Presidente, l'impennata subita dalle indagini della magistratura penale sulla vicenda dei rifiuti a Napoli merita una doverosa attenzione da parte dell'Assemblea di Montecitorio, perché sembra che finalmente sia caduto il muro delle omertà e delle connivenze che, fino ad oggi, hanno reso possibile lo sperpero del pubblico danaro a Napoli e nella regione Campania.
Noi plaudiamo alle decisioni della magistratura e ci attendiamo che la pentola venga completamente scoperchiata in maniera da definire le responsabilità specifiche degli individui e dei gruppi politici che sono stati alla base di tale disastro. Un plauso quindi alla magistratura e un incoraggiamento ad andare avanti, perché è chiaro che il malaffare, se non vi è l'intervento degli organi dello Stato preposti ai controlli, rischia di diventare cronico e integrato nelle trame più profonde del tessuto connettivo di un Paese.
Ci aspettiamo già da oggi che il centrosinistra, a Napoli e nella regione Campania, inizi a trarne le conclusioni. Quali conclusioni? Quelle che il centrosinistra ha richiesto sempre agli uomini politici e agli amministratori di centrodestra, anche soltanto all'inizio delle indagini che li riguardavano! Noi chiediamo, quindi, le dimissioni immediate della giunta Bassolino, perché è questo il primo vero segnale per invertire la rotta nella regione Campania!
Passo ora ad esaminare nel merito la nostra mozione. Desidero fare una prima chiosa sulla vicenda di Serre: in tale località vi è stata una danza macabra, che è stata ritmata sulle spalle e sugli interessi della popolazione locale. Sia Valle della Masseria sia Macchia Soprana, così come tutto il territorio di Serre, ricadono in una delle aree ecologicamente più significative dell'Italia meridionale. Siamo vicini all'oasi di Persano e siamo appena a qualche centinaio di metri sopra il corso del Sele. Studi svolti in questa area hanno certificato come sia incombente il rischio di inquinamento della falda freatica e, quindi, di tutti i canali che portano acqua a tale fiume.
Inquinare il corso del Sele significa portare l'inquinamento in tutta la sua valle, una delle aree ad agricoltura più avanzata non solo dell'Italia, ma dell'Europa e del mondo. Quindi, non poteva essere effettuata scelta peggiore. Inoltre si corre il rischio che i conferimenti promessi possano essere ulteriormente aumentati. Non è possibile scherzare con la dignità e con la buona fede dei cittadini, per cui già da oggi rappresento a quest'Assemblea e alle forze di Governo e della maggioranza che saremo attentissimi su tale situazione perché nulla, oltre quanto è stato già stabilito, venga ad aggiungersi contro l'ambiente di quella cittadina e di quel territorio eccezionale e perché da subito venga varata una proposta alternativa.
C'è un altro aspetto sul quale desidero ancora trarre delle conclusioni e, soprattutto, accentuare l'attenzione di quest'Assemblea. Ieri sera abbiamo svolto anche la discussione generale sul provvedimento, ma eravamo pochissimi; oggi, invece, siamo qualcuno in più. Dunque, mi rivolgo ai presenti. Ci aspettiamo che la maggioranza intervenga e, inoltre, prima che cali


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il maxiemendamento e la questione di fiducia, che anche voi, dai banchi della maggioranza, possiate dare un contributo, non dico all'eliminazione completa di tale decreto-legge - non mi aspetto tanto - ma perlomeno al suo miglioramento.
La partita che più mi interessa riguarda l'articolo 2, che sostituisce il comma 2 dell'articolo 3 della legge istitutiva del commissariamento nella regione Campania. In occasione del dibattito tenutosi nell'autunno scorso, rappresentammo come tale articolo ledeva i diritti delle imprese, configurando un interesse privato e il superamento delle leggi che regolano gli appalti.
Personalmente chiamai in causa il Ministro Di Pietro, così attento ai problemi della morale e della legalità. Penso che forse qualcosa sia arrivata all'orecchio del Governo, in quanto almeno il comma 2 dell'articolo 3 è stato sostituito dall'articolo 2 ma - guarda caso - si continua a parlare di affidamenti diretti a soggetti diversi dalle attuali società affidatarie del servizio. Lo ripeto: affidamenti diretti, ossia la peggiore rappresentazione della prima Repubblica, del clientelismo e delle tangenti. Perché affidamenti diretti e perché con la somma urgenza? Perché non si possono effettuare affidamenti attraverso le gare internazionali ed europee nei tempi normali degli appalti?
Ho ricoperto la carica di assessore alle opere marittime della regione Campania e, quando il mare provocava qualche disastro, organizzavamo una gara di urgenza limitata ad otto giorni di intervento e, successivamente, si indiceva una gara definitiva per l'opera.
Anche quegli otto giorni di urgenza erano regolati non da affidamenti diretti, ma da gare urgenti, nelle quali si poteva creare il confronto tra le imprese ed eliminare il male oscuro che ha portato alla «pseudo-fine» della prima Repubblica, ossia le tangenti. Sembra, però, che queste ultime, uscite dalla finestra, comincino a rientrare dalla porta, o meglio non siano mai uscite dalle stanze della politica.
Amici del centrosinistra, voi che fate della battaglia morale una bandiera sulla quale spendere la vostra esistenza politica, leggete bene l'articolo 2 e prestate attenzione alla proposta del Governo!

PRESIDENTE. Onorevole Fasolino, concluda.

GAETANO FASOLINO. Il fatto che il disegno di legge sia firmato solo dal Presidente Prodi e dal Ministro Padoa Schioppa - che sono gli «strumenti inermi» di turno - e non dai Ministri Antonio Di Pietro e Pecoraro Scanio, deve attivare un minimo di sospetto. Termino il mio intervento con un'altra considerazione, che riguarda l'articolo 4. Da più parti si dice - e i Verdi lo dicono sempre...

PRESIDENTE. Onorevole Fasolino, deve concludere.

GAETANO FASOLINO. Concludo, Presidente. Non si può affidare ai consorzi di bacino la gestione della raccolta differenziata. Se il modo per superare l'emergenza rifiuti in Campania è attivare anche la raccolta differenziata, questa dovrebbe essere effettuata da società tecnologicamente adeguate che abbiano vinto la commessa attraverso una regolare gara di appalto (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Misiti. Ne ha facoltà.

AURELIO SALVATORE MISITI. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, interverrò sulla mozione da me presentata e anche sulle altre.
Con riferimento agli avvenimenti di questi giorni in Campania, vi è un fatto nuovo, ossia l'intervento della magistratura, che riteniamo debba agire, nelle indagini in corso, nella massima serenità (e ne vedremo i risultati).
L'altro elemento nuovo è l'intervento della Commissione europea, che ha aperto una procedura di infrazione contro l'Italia per la situazione di crisi in Campania.


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Questi due avvenimenti cadono nel momento in cui il Governo ha già provveduto ad emanare un decreto-legge e il Parlamento tende a modificarlo e comunque a convertirlo in legge: si tratta di un momento particolarmente critico, nel quale gli occhi di tutti sono puntati verso la Campania e, soprattutto, verso la crisi che la classe dirigente campana sta affrontando.
Devo dare atto ai rappresentanti dell'VIII Commissione e ai rappresentanti dell'opposizione di aver cercato di collaborare in relazione sia alle proposte contenute nelle mozioni, sia alla discussione generale che si sta svolgendo sul decreto-legge del Governo. È chiaro che la collaborazione e l'atteggiamento costruttivo dell'opposizione, al di là della polemica - che può essere pure normale in un Parlamento democratico - ci facciano ben sperare.
Tanto è vero che le mozioni dell'opposizione, al di là delle premesse, che sono sempre di carattere generale, spesso hanno anche un senso critico nella parte che impegna il Governo, ma in gran parte esse possono essere considerate positive, sebbene vi siano sempre un paio di punti in contraddizione con la necessità di agire celermente. Affermo ciò con rispetto, dopo aver dato atto di questa collaborazione.
Per esempio, ho posto in un altro tipo di contesto la questione dell'unificazione della gestione dell'emergenza rifiuti con l'emergenza delle bonifiche dei siti inquinati e delle risorse idriche. Già nelle precedenti dichiarazioni, ho parlato proprio della necessità di uno stretto collegamento tra gli organismi tecnici e le amministrazioni che gestiscono tali questioni.
Diversa è la proposta di istituire un supercommissario, visto che già l'attuale Commissario per l'emergenza rifiuti è tale. Credo, quindi, che la previsione di un commissario con poteri speciali per le bonifiche e per le risorse idriche complicherebbe la situazione e allungherebbe i tempi. Non credo che in questo momento vi sia questa necessità.
Ciò premesso, ritengo che le responsabilità del passato siano nette e chiare. Esse sono di tutti, del centrodestra e del centrosinistra. Tutti hanno gestito la regione Campania e, quindi, non vi possono essere distinzioni all'interno della classe politica. Vi è una responsabilità collettiva, che evidentemente deve essere assunta.
La dilazione dei tempi per il superamento dell'emergenza non rientra nelle responsabilità del Parlamento. Il Parlamento e il Governo, anzi, hanno tentato di tutto e stanno cercando in tutti i modi di fare fronte a questa situazione.
Credo che lo stesso prolungamento dell'emergenza per oltre tredici anni dimostri che ci troviamo di fronte a un caso straordinario di grave crisi, in una regione che dobbiamo aiutare con il necessario sentimento di solidarietà. Sono stati commessi degli errori in questo campo e, purtroppo, in Italia vi sono altre regioni dove si sta cadendo negli stessi errori, nelle quali ci auguriamo che non si verifichi la stessa situazione della Campania.
È stato sottovalutato, quindi, il degrado al quale si andava incontro nella regione, a causa della mancata attuazione del principio in base al quale ogni provincia, ogni ATO, deve smaltire i propri rifiuti.
Vi è stata anche una sottovalutazione, a mio avviso, della possibilità di infiltrazione della camorra nella gestione caotica dello smaltimento dei rifiuti. Se, infatti, la gestione è caotica, è più facile l'infiltrazione dei poteri criminali.
Oggi, invece, sappiamo che per sconfiggere questi poteri è necessario, in primo luogo, avere la capacità di effettuare una razionale organizzazione, basata sulla professionalità del settore, per gestire i rifiuti in una regione come la Campania.
Questo è il motivo per il quale ho presentato la mia mozione, perché mi sembra che il decreto-legge in esame, che è in vigore da quarantasei giorni, non sia sufficiente, ma che vada accompagnato anche da altri provvedimenti.
In particolare, nel provvedimento, nel testo approvato dal Senato non in quello varato dal Governo, vi è una parte che ci deve far riflettere, ossia quella che lega la


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possibilità di elaborare il piano stralcio del piano regionale dei rifiuti da parte del Commissario, di concerto con il Ministero dell'ambiente: non «sentito» il Ministero, ma «di concerto».
Comprendete che non si tratta del concerto di un Ministro, ma di un Ministero, cioè di una struttura burocratica, che evidentemente farà perdere tempo. Questo mi ha preoccupato.
Credo che su questo aspetto sia necessario raccomandare al Governo la previsione che il Commissario, in pochissimo tempo, nel giro di una settimana o dieci giorni, possa approvare questo progetto stralcio per procedere alla realizzazione degli impianti, altrimenti non può proseguire.
Ecco perché affermo che bisogna assolutamente sostenere il difficile lavoro del Commissario straordinario, fornendogli tutti gli strumenti indispensabili per completare, senza intralci, la sua opera.
Occorre, quindi, sostenere il Commissario in quel lavoro, ma bisogna attuare, a mio avviso - sono pronto a scriverlo - quanto stabilito nelle conclusioni della relazione della Commissione bicamerale sui rifiuti: si tratterebbe di un modo per accompagnare l'uscita dall'emergenza verso la normalità.
Il Governo mi ha invitato al ritiro della presente mozione. Ha assicurato - lo hanno assicurato anche i colleghi della maggioranza - che i contenuti di tale mozione possono far parte di un ordine del giorno che li comprenda tutti e venga sostenuto da tutto il centrosinistra. A queste condizioni, posso accettare la proposta del Governo e agire di conseguenza, in modo tale da collegare il contenuto della mia mozione alla conversione del decreto-legge, comunque avvenga, sia con la modifica - che io auspicherei - di togliere l'intesa con il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sia senza tale modifica.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Lomaglio. Ne ha facoltà.

ANGELO MARIA ROSARIO LOMAGLIO. Signor Presidente, annuncio il voto contrario alle mozioni presentate dai gruppi del centrodestra sulla cosiddetta emergenza rifiuti in Campania.
Non possiamo che chiamarla «cosiddetta emergenza» perché è chiaro che - come ha affermato giustamente la Commissione parlamentare di inchiesta sul ciclo dei rifiuti e sulle attività illecite ad esso connesse quando, con la relazione territoriale stralcio sulla Campania, ha realizzato uno sforzo di analisi e di approfondimento e anche di proposta su ciò che accade in Campania - è un ossimoro un'emergenza che dura dal 1994 e che è nata con un'amministrazione regionale che aveva un segno politico diverso da quello attuale.
Pertanto è chiaro che responsabilità politiche gravi vi sono state da diverse parti. Vi sono responsabilità che peraltro sono adesso al vaglio delle iniziative della magistratura e che hanno comportato l'avvio della procedura di infrazione da parte dell'Unione europea.
A fronte di tale situazione vi è l'esigenza - che tutti ribadiamo - che la magistratura possa compiere fino in fondo la sua parte e possa verificare responsabilità individuali e collettive legate alla situazione di sfascio e al mancato raggiungimento degli obiettivi in tanti anni di gestione commissariale.
La relazione della Corte dei conti sulle gestioni commissariali in Italia (non solo in Campania, ma anche in Sicilia, Puglia e Calabria) dimostra che si tratta di uno strumento da superare: è uno strumento che rischia di produrre più guasti di quanti ne riesca a riparare.
Questa situazione ci induce a pensare che dobbiamo rapidamente votare a favore del decreto-legge proposto dal Governo.
Infatti, è veramente paradossale che adesso molti colleghi del centrodestra propongano sostanzialmente - questo è anche il senso delle mozioni presentate - il conferimento esclusivo di tutti i poteri al Commissario, escludendo il ruolo del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Infatti, nella relazione


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della Commissione bicamerale (che le forze di centrodestra hanno votato, mentre noi ci siamo astenuti), al contrario si legge che ogni ragionamento sull'uscita dalla crisi postula la necessità di una verifica di sistema, che non si limiti all'istituzione commissariale, ma che comprenda tutte le altre istituzioni locali e centrali dello Stato.
In tale contesto, è necessario definire gli elementi di certezza in riferimento alle attribuzioni delle diverse autorità di governo, ed individuare e garantire meccanismi che assicurino il raccordo reciproco e la cooperazione istituzionale per raggiungere gli obiettivi necessari ed ottenere davvero la fuoruscita dalla cosiddetta emergenza.
Alla luce di queste valutazioni, credo che, se si vuole davvero ricostruire, ridefinire e realizzare un ciclo non più centrato sulle discariche e contrario alle direttive comunitarie, ma invece avviare un percorso di natura industriale, che ridefinisca un ciclo integrato di rifiuti, che abbia una qualità al suo interno e che eviti e contrasti le forme di inquinamento di natura camorristica e criminale, dobbiamo perderci un po' meno in diatribe che hanno una caratteristica evidentemente politica e di contrapposizione e lavorare affinché ognuno faccia fino in fondo la propria parte.
Credo che vada in tale direzione la proposta, contenuta nei decreti e anche nella relazione stralcio sulla Campania, del coinvolgimento delle province e della linea di continuità nell'ottica del decreto-legge n. 61 del 2007, ovverosia dell'attribuzione alle province di un ruolo di decisione più accentuato, anche per sfavorire un giudizio che spesso e volentieri accomuna comuni virtuosi e province, che hanno lavorato nel loro ruolo di coordinamento ad altri che hanno lavorato male.
Ritengo infatti che bisogna lavorare per decentrare a favore delle province competenze e capacità decisionali e per favorire il fatto - a tale risultato sono diretti i detti decreti - che il meccanismo di fuoriuscita dall'emergenza avvenga per aree territoriali.
Deve essere questo il senso del nostro lavoro. Le mozioni in esame non vanno nella direzione di un impegno delle istituzioni per risolvere il problema, così come ci è richiesto dalle famiglie e dalle imprese della Campania (come di altre regioni del sud del Paese), ma invece con esse ci si attarda in contrapposizioni politiche che vanno superate.
Pertanto, il nostro voto è contrario alle mozioni presentate dal centrodestra.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Nespoli. Ne ha facoltà.

VINCENZO NESPOLI. Signor Presidente, la discussione sulle mozioni in esame, presentate da diversi gruppi parlamentari, che si inserisce anche nell'ambito della discussione sul decreto-legge, l'ennesimo, sull'emergenza rifiuti in Campania e dei provvedimenti assunti ieri sul piano giudiziario dalla magistratura napoletana, nonché dell'avvio - sul piano comunitario - della procedura d'infrazione nei confronti dell'Italia per disastro ambientale relativa alla situazione della Campania, avrebbe perlomeno dovuto sollecitare il Ministro competente ad essere in quest'aula, considerato che è campano e napoletano e che conosce questa problematica. Infatti, non è necessario tanto discutere ancora una volta dell'emergenza campana, ma quanto invece discutere con il Governo, nella sua massima espressione, con chi in questi mesi, nella soluzione di tali problemi, ha condotto una personale battaglia personale contro il Commissario delegato.
Dobbiamo chiamare i fatti con il loro nome perché, anche all'interno del detto decreto, con le modifiche apportate, si pongono ulteriori paletti alla gestione del Commissario. Su tale aspetto, dobbiamo chiarirci: mi chiedo se vogliamo che il Commissario disponga di poteri adeguati per superare l'emergenza, oppure che lo stesso rappresenti una «foglia di fico», come si è osservato dal modo in cui ha svolto i suoi compiti in questi mesi, tant'è che in due occasioni Bertolaso si è dimesso,


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sempre per contrasti con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare.
Quando ascoltavo, poco fa, i colleghi del centrosinistra che si arrampicavano sugli specchi per giustificare la loro posizione, al fine di considerare le proposte avanzate da parte del centrodestra, nelle mozioni ma anche negli emendamenti presentati al decreto-legge, come proposte di natura ostruzionistica, tendenti a dilatare la questione, mi sono meravigliato della pochezza delle argomentazioni che il centrosinistra avanza, perché chiaramente diventa difficile giustificare l'ingiustificabile, anche quando si continua a ricercare un terreno di responsabilità comune ai due schieramenti, che non esiste.
Dovete smettere di continuare a sostenere che ci sono responsabilità comuni al centrodestra e al centrosinistra. Come è stato detto poco fa, qualcuno del centrosinistra ha la faccia tosta di sostenere che il centrodestra e il centrosinistra, avendo governato la regione Campania, hanno identiche responsabilità sulla gestione dell'emergenza. Non è vero! Non è così! Per l'ennesima volta lo precisiamo, indicando le date, i fatti, le responsabilità.
Il governo regionale di centrodestra, a guida Rastrelli, ha avuto l'unico merito di approvare il piano dei rifiuti, poi messo a gara dal presidente della regione Losco, esempio del trasformismo italico, sostenuto dal centrosinistra che aveva perso le elezioni, oggi parlamentare europeo dell'Ulivo. Colui che ha sottoscritto il contratto per la filiera dei rifiuti era il presidente Bassolino. Questi atti indicano come è nata l'emergenza, chi l'ha gestita e di chi sono le responsabilità.
Abbiate la compiacenza, abbiate la decenza di dire la verità e smettetela di accomunare tutti quanti sul terreno delle responsabilità, che sono solo del centrosinistra, che amministra la regione Campania da quando è stata avviata la filiera del ciclo dei rifiuti, da quando è stato individuato il gestore unico, da quando i contratti sono stati sottoscritti da Bassolino nella sua doppia veste di presidente e di Commissario delegato. Così anche la magistratura sta accertando e ha messo in evidenza in questi giorni come miliardi e miliardi, migliaia di miliardi delle vecchie lire sono stati regalati o sono stati distratti dai fondi pubblici per finalità che non erano quelle di combattere l'emergenza rifiuti in Campania.
Se le responsabilità vanno in questa direzione, mi meraviglia ancora di più il collega dell'Ulivo che dice che vogliamo far diventare Bertolaso supercommissario, che gli vogliamo affidare anche le bonifiche e le acque. Ma il collega dell'Ulivo, evidentemente, non essendo campano, non sa che, per anni, tutte queste funzioni insieme (commissario ai rifiuti, commissario alle bonifiche, commissario sulle acque, commissario sul sottosuolo) sono state in capo al presidente della regione Bassolino, e abbiamo visto i risultati.
Chi è stato delegato nell'emergenza ad avere poteri commissariali straordinari non ha saputo dare le risposte che ci attendevamo e che sono sotto gli occhi di tutti, fallendo in questo obiettivo. Ora si punta tutto sul riordino del commissariato ai rifiuti, intervenendo a più riprese in Parlamento e, se abbiamo detto mesi fa che il decreto-legge da voi presentato non risolveva il problema perché legava il commissario straordinario, oggi è ancora peggio. Quando richiediamo la presenza del Ministro Pecoraro Scanio, lo facciamo solo per impegnarlo su certe cose e saremmo tentati di dire che, se fosse presente il Ministro, potremmo ritirare la mozione in cambio di impegni da parte sua.
Vorremmo avere dal Ministro Pecoraro Scanio e dal Governo - anticipo uno degli argomenti che affronteremo, ahimé, nella fase degli interventi sul complesso degli emendamenti, unico momento che ci rimane per discutere sul decreto, visto che il Governo si appresta a chiedere la fiducia, evidentemente per coprire ancora una volta le responsabilità del centrosinistra e di Bassolino in Campania - un'assicurazione chiara, netta, ad esempio, sull'utilizzo della discarica di Terzigno, perché nel decreto-legge è scritto a chiare lettere che quella discarica deve essere utilizzata unicamente al fine della ricomposizione


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morfologica all'interno di un piano di recupero della stessa, posizionando il sovvalle, il prodotto di scarto del CDR, che non è il rifiuto tal quale.
Se questa è la destinazione della discarica di Terzigno, qualcuno dovrebbe spiegare, in quest'aula, quale possibilità ha Bertolaso di risolvere l'emergenza, non avendo a disposizione nessuna discarica.
Qualcuno prima citava uno stralcio della relazione della Commissione d'inchiesta sul ciclo dei rifiuti, all'interno della quale sono indicati, in maniera chiarissima, i percorsi per uscire dall'emergenza; in essa, è scritto altresì in maniera chiara che, per affrontare tale emergenza, servono le discariche.
Nel decreto che avete approvato e che non ci farete discutere, perché chiederete la fiducia, sono indicate le discariche che possono essere utilizzate e per quanto tempo. Lo abbiamo letto sui giornali: ad Ariano Irpino per 20 giorni, a Serre per alcuni giorni in più, qualche altra discarica già è stata chiusa.
Quindi, tutti i rifiuti dovrebbero essere sversati a Terzigno, dove però si dice che non può andare il tal quale, ma solo il sovvalle. Dove mettiamo tutta questa immondizia? La risposta nel decreto non c'è! State ancora una volta prendendo in giro la popolazione campana, perché non indicate il modo per uscire dalla crisi. L'unico modo, infatti, è avere a disposizione delle discariche, che non ci sono!
Ieri, si è aperta anche la questione giudiziaria, con il provvedimento contro la Fibe, che è l'impresa - lo voglio ricordare - che sta portando a compimento la costruzione dell'unico impianto di cui potremmo disporre - se è vero - tra qualche mese, il termovalorizzatore di Acerra.
Vorrei porre, inoltre, un altro interrogativo al Governo, al Ministro, che non è presente...

PRESIDENTE. Onorevole Nespoli, concluda.

VINCENZO NESPOLI. Se la Fibe è stata interdetta nel rapporto con la pubblica amministrazione, come potrà portare a compimento la costruzione del termovalorizzatore? Esiste, quindi, anche il pericolo che esso non possa essere «messo a regime» nei tempi previsti, ossia all'inizio dell'anno prossimo. Senza il termovalorizzatore, altro che emergenza, saremmo proprio alla crisi più drammatica!
Per tale motivo, le ragioni del sostegno alle mozioni sono dirette a «svegliare» questo Governo, che si limita a produrre decreti-legge, che non danno soluzione al problema. Quindi, impegnare l'Assemblea sull'emergenza rifiuti in Campania, che è diventata una questione internazionale europea, rappresenta un atto di responsabilità da parte di chi, in questo momento, dall'opposizione vuole sollecitare soluzioni, che sono indicate nelle nostre mozioni.
Rispetto a questo dato, il Governo non solo è silente, ma, ancora una volta, sta venendo meno alle aspettative di soluzione che il popolo campano aspetta e sollecita (Applausi dei deputati del gruppo Alleanza Nazionale).

PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto.

Preavviso di votazioni elettroniche (ore 10,45).

PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta potranno aver luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di cinque e venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del regolamento.
Per consentire il decorso del termine regolamentare di preavviso, sospendo la seduta, che riprenderà alle 11,05 con immediate votazioni.

La seduta, sospesa alle 10,45, è ripresa alle 11,10.

Si riprende la discussione.

(Votazioni)

PRESIDENTE. Alla Presidenza risulta che la mozione Misiti ed altri n. 1-00192


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(Nuova formulazione) è stata ritirata dal presentatore, che si riserva di presentare un ordine del giorno al disegno di legge di conversione, con modificazioni, del decreto-legge 11 maggio 2007, n. 61, recante interventi straordinari per superare l'emergenza nel settore dello smaltimento dei rifiuti nella regione Campania e per garantire l'esercizio dei propri poteri agli enti ordinariamente competenti.
Onorevole Misiti, conferma il ritiro della sua mozione?

AURELIO SALVATORE MISITI. Sì, signor Presidente.

PRESIDENTE. Sta bene.
Avverto che è stata chiesta la votazione nominale mediante procedimento elettronico.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Bondi ed altri n. 1-00170, non accettata dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti e votanti 400
Maggioranza 201
Hanno votato
174
Hanno votato
no 226).

Prendo atto che i deputati Mura, Maran, Balducci e Lumia hanno segnalato che non sono riusciti a votare.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Maroni ed altri n. 1-00185, non accettata dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 404
Votanti 249
Astenuti 155
Maggioranza 125
Hanno votato
20
Hanno votato
no 229).

Prendo atto che i deputati Mura, Balducci, Testoni, Bono e Lumia hanno segnalato che non sono riusciti a votare.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione La Russa ed altri n. 1-00193, non accettata dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti e votanti 406
Maggioranza 204
Hanno votato
176
Hanno votato
no 230).

Prendo atto che i deputati Balducci, Testoni e Lumia hanno segnalato che non sono riusciti a votare.

Sull'ordine dei lavori (ore 11,12).

PRESIDENTE. Comunico che, a seguito dell'odierna riunione della Conferenza dei presidenti di gruppo, nella giornata odierna avrà luogo lo svolgimento degli interventi sul complesso degli emendamenti riferiti al decreto-legge recante interventi straordinari per superare l'emergenza nel settore dello smaltimento dei rifiuti nella regione Campania e per garantire l'esercizio dei propri poteri agli enti ordinariamente competenti (Approvato dal Senato - scadenza: 10 luglio 2007) (A.C. 2826).
L'esame del disegno di legge di conversione n. 2826 riprenderà lunedì 2 luglio (dalle ore 11,30 e pomeridiana, con eventuale prosecuzione notturna) (con votazioni) e proseguirà nei giorni successivi.


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In sede di Conferenza dei presidenti di gruppo si è unanimemente convenuto di fissare la data di conclusione dell'esame del disegno di legge di conversione n. 2826 a mercoledì 4 luglio (pomeridiana), prevedendo la ripresa televisiva diretta delle dichiarazioni di voto finale dei rappresentanti dei gruppi e delle componenti politiche del gruppo Misto. Tali dichiarazioni di voto avranno inizio alle ore 14 di mercoledì 4 luglio ed il voto finale avrà luogo attorno alle ore 16,30 del medesimo giorno.
Sempre nella prossima settimana, lo svolgimento delle interrogazioni a risposta immediata (question time) è rinviato alla seduta di giovedì.
Per quanto riguarda i lavori nella giornata di domani, venerdì 29 giugno, si è unanimemente convenuto di procedere alla discussione sulle linee generali del disegno di legge n. 1762, recante Delega al Governo per il riordino della normativa sulla tassazione dei redditi di capitale, sulla riscossione e accertamento dei tributi erariali, sul sistema estimativo del catasto fabricati, nonché per la redazione di testi unici delle disposizioni sui tributi statali (antimeridiana e pomeridiana, con eventuale prosecuzione notturna).

Seguito della discussione del disegno di legge: S. 1566 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 11 maggio 2007, n. 61, recante interventi straordinari per superare l'emergenza nel settore dello smaltimento dei rifiuti nella regione Campania e per garantire l'esercizio dei propri poteri agli enti ordinariamente competenti (Approvato dal Senato) (A.C. 2826) (ore 11,14).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato: Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 11 maggio 2007, n. 61, recante interventi straordinari per superare l'emergenza nel settore dello smaltimento dei rifiuti nella regione Campania e per garantire l'esercizio dei propri poteri agli enti ordinariamente competenti.
Ricordo che nella seduta di ieri si è conclusa la discussione sulle linee generali.
Al fine di consentire alla Commissione bilancio di esprimere il parere di competenza, sospendo la seduta, che riprenderà alle ore 11,40.

La seduta, sospesa alle 11,15, è ripresa alle 11,55.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE PIERLUIGI CASTAGNETTI

(Esame dell'articolo unico - A.C. 2826)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo unico del disegno di legge di conversione (vedi l'allegato A - A.C. 2826 sezione 3), nel testo recante le modificazioni apportate dal Senato (vedi l'allegato A - A.C. 2826 sezione 4).
Avverto che le proposte emendative presentate sono riferite agli articoli del decreto-legge, nel testo recante le modificazioni apportate dal Senato (vedi l'allegato A - A.C. 2826 sezione 5).
Avverto altresì che le Commissioni I (Affari costituzionali) e V (Bilancio) hanno espresso i prescritti pareri, che sono distribuiti in fotocopia (vedi l'allegato A - A.C. 2826 sezioni 1 e 2).
Passiamo agli interventi sul complesso delle proposte emendative presentate.
Ha chiesto di parlare il deputato Scotto. Ne ha facoltà.

ARTURO SCOTTO. Signor Presidente, signori deputati, siamo arrivati alla discussione definitiva su questo decreto, che è nato sull'onda di una ripresa dell'emergenza rifiuti e di un acuirsi della crisi, che, detto in maniera molto chiara e netta, è tutt'altro che superata.
Ci troviamo di fronte ad un passaggio delicatissimo per le popolazioni campane: i cumuli di immondizia che popolano le strade sono la fotografia di una stagione politica ed amministrativa che ha segnato il passo, da un lato, perché non è riuscita a superare l'emergenza ed a portare alla


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Campania un moderno ciclo dei rifiuti, dall'altro lato, perché oggi è oggetto, da parte di tutto il mondo, di un insieme di critiche e di recriminazioni molto forte.
Si tratta di una crisi che ha attraversato in maniera permanente la vita quotidiana dei campani, di una vicenda drammatica che ha fatto il giro del pianeta, per la quale la politica non riesce a trovare una soluzione definitiva, chiara ed evidente rispetto alla disperazione dei cittadini napoletani e al disincanto di tanta gente, che da tanto tempo si è abituata a vivere questa condizione.
Questo decreto tenta, sicuramente con i limiti di un provvedimento costruito sulla base di un'emergenza - voglio far notare che è il secondo decreto-legge che si occupa dell'emergenza rifiuti in questa legislatura, che ha meno di un anno -, di mettere un punto su una questione: rimuovere la situazione di emergenza e permettere di rientrare rapidamente nell'ordinario.
Indubbiamente, ci sono dei passaggi che non condividiamo come Sinistra Democratica per il Socialismo europeo. Non si tratta esclusivamente di una questione di principio, e cioè il rifiuto dell'idea del commissariamento. Il primo punto - ne abbiamo segnalati quattro e pensiamo di presentare anche degli ordini del giorno in ordine a tale aspetto - è rappresentato dal fatto che, nel decreto-legge 11 maggio 2007, n. 61, è attribuita al Commissario delegato la facoltà di utilizzare, anche tramite requisizione, gli impianti, le cave dismesse o abbandonate e le discariche, anche quando siano sottoposti a provvedimenti di tipo cautelare. Non si tratta soltanto del mantenimento del principio costituzionale della separazione dei poteri e del rispetto delle prerogative della magistratura.
Si tratta della necessità di tener conto che in Campania vi sono indagini in corso sulla gestione dei siti di sversamento, sulla qualità e la quantità dei rifiuti che sono stati messi in tali sversatoi, in tali discariche. È di ieri una notizia che penso popolerà le pagine dei giornali anche nelle prossime settimane: la magistratura napoletana ha deciso di emettere un provvedimento nei confronti delle società che hanno gestito gli impianti CDR e che stanno procedendo alla costruzione del termovalorizzatore di Acerra, Impregilo, Fisia e Fibe Campania, con cui si interdicono tali società da qualsiasi rapporto con la pubblica amministrazione. Tale interdizione e il sequestro di 750 milioni di euro in disponibilità delle richiamate società delinea un quadro pesante: il quadro di un'omissione dei controlli da parte di chi doveva controllare la pubblica amministrazione, la politica dei governi nei confronti di scelte assunte in maniera sbagliata ed impianti che non avevano fatto quello che dovevano fare e che non erano a norma.
È chiaro che quando diciamo, in ordine al primo punto che segnaliamo, che vi è un limite rispetto alla possibilità di devoluzione dei poteri al commissariato, financo la possibilità di scavalcare la magistratura, è perché parliamo di un contesto delicatissimo. Ed è un contesto in cui il tema dei rifiuti e delle discariche non sempre, ma molto spesso, sfiora interessi di tipo criminale e camorristico.
Occorre tener conto che in Campania vi è da sempre un'attiva e pervasiva presenza della camorra in tutte le attività connesse al ciclo dei rifiuti, sia nello smaltimento di quelli urbani sia nello smaltimento di quelli speciali e la presenza della malavita organizzata ha riguardato anche e soprattutto quei siti. Da tale punto di vista, questa scelta rischia di creare un precedente estremamente pericoloso.
Il secondo punto è costituito dal fatto che il decreto-legge in esame continua ad assegnare una funzione centrale ai consorzi tra comuni, costituiti ai sensi dell'articolo 6 della legge regionale n. 10 del 1993. A parte il fatto che il Consiglio regionale della Campania ha approvato una recente legge, la n. 4 del 28 marzo 2007, che prevede l'istituzione degli ATO, gli ambiti territoriali ottimali, e che è un passo fondamentale verso il superamento della stagione commissariale, che dura ormai da troppo tempo, da quattordici anni.


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Il decreto-legge, nello stabilire l'obbligo per i comuni di avvalersi in via esclusiva di tali strutture per la raccolta differenziata, assegna al commissario delegato la facoltà di proporre alla regione l'accorpamento dei consorzi, il che va bene, ovvero lo scioglimento, proprio per superare le incrostazioni negative che in tali strutture si sono annidate. Tali incrostazioni negative hanno determinato molto spesso impalcature clientelari che si sono perpetrate, senza alcun tipo di risultato per i cittadini. L'istituzione degli ATO è importante, così come è importante progressivamente superare i consorzi di bonifica, dove si sono annidati sprechi, beneficenze, prebende ed errori clamorosi.
Il terzo punto è costituito dalla previsione, all'articolo 6 del decreto-legge, della nomina a sub-commissari dei presidenti delle province. Questi ultimi sono rappresentanti di enti che, in base al Titolo V della Costituzione, concorrono alla formazione dello Stato democratico su un piano paritario rispetto agli altri soggetti costitutivi. Dobbiamo inaugurare anche in Campania una nuova stagione di democrazia e la stagione di democrazia passa attraverso la gestione autosufficiente dei rifiuti da parte degli enti preposti, cioè da parte delle assemblee elettive, da parte dei consigli provinciali e da parte dei sindaci.
I sindaci e presidenti delle province debbono dunque diventare veri e propri «commissari ordinari»: tali compiti debbono infatti essere affidati a coloro che rispondono davanti ai cittadini delle scelte rispetto al problema del ciclo dei rifiuti, un tema che fa parte di un sistema economico moderno e della vita delle persone. Il fatto di aver deresponsabilizzato per tanti anni gli operatori del territorio, cioè coloro che governano le comunità locali ha prodotto assai spesso situazioni drammatiche: si è infatti dato vita ad un vero e proprio corto circuito nel rapporto fra cittadini ed istituzioni.
Lo dimostra il fatto che oggi, al riaprire di talune discariche che erano state chiuse nei mesi scorsi - e di cui si era detto che non sarebbero state riaperte: mi riferisco a Parapoti ed Ariano Irpino - a causa della drammatica emergenza, ci siamo trovati di fronte a risposte disperate da parte dei cittadini. Certo, si tratta di risposte spesso incontrollate, sbagliate e al limite della violenza; pure, ciò accade soprattutto perché le scelte non sono partecipate e condivise: là dove si interrompe il meccanismo di confronto democratico si rischia infatti un corto circuito pesante. Questo è un aspetto non secondario, poiché la vicenda dei rifiuti in Campania è emblematica e non attiene semplicemente ad un segmento di una piccola parte del Mezzogiorno d'Italia: riguarda il Paese, il suo modo di concepire il rapporto fra l'uomo e l'ambiente, il tema della partecipazione alla democrazia e della necessità di un rapporto moderno fra i cittadini e le istituzioni.
Si tratta di vicende che si sono drammaticamente avvitate, e penso in particolare alla vicenda di Acerra, dove si è deciso di costruire il termovalorizzatore più grande d'Europa, per scelta esclusiva di quelle stesse aziende che oggi vengono interdette dalla magistratura. Acerra, da questo punto di vista, fa parte di un'area fortemente condizionata sotto il profilo ambientale. Non è una scoperta quella che emerge dal rapporto dell'Organizzazione mondiale della sanità per cui in quel triangolo - il «triangolo della morte» di Acerra, Giugliano, Qualiano e Villaricca - siamo di fronte alla incidenza tumorale sui feti più grande d'Europa: l'80 per cento! È evidente che le scelte dirigistiche non hanno funzionato: è una ricetta che ha fallito!
Allo stesso modo, occorre prestare attenzione al dramma delle popolazioni di Qualiano, con le quali abbiamo parlato nei giorni scorsi: a tale proposito domandiamo al Ministero dell'ambiente e alla Commissione ambiente di effettuare un'ispezione. Non è infatti possibile che le discariche, in quella realtà, vengano incendiate, sprigionando rifiuti tossici che vanno ad incidere sulla compatibilità ambientale, sulla natura, sullo stile di vita e sulla condizione di tanti uomini. Giriamo dunque per le strade della Campania: ci renderemo conto, leggendo i manifesti funerari, di


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quante donne e quanti uomini muoiono in un'età troppo prematura, a causa dei tumori, e di quanto il disastro ambientale - poiché di ciò si tratta - abbia inciso sulla vita di queste persone. Vi è bisogno di una svolta.
Il quarto punto che intendiamo segnalare e su cui il provvedimento non ci convince - anche se naturalmente lo voteremo - attiene alla vicenda delle tariffe. Mi riferisco alla previsione, di cui all'articolo 7, secondo la quale, «a decorrere dal 1o gennaio 2008 e per un periodo di cinque anni», i comuni dovranno applicare «misure tariffarie per garantire la copertura integrale dei costi del servizio di gestione dei rifiuti».
In base a tale formulazione, dovranno essere scaricati sui cittadini - sia attraverso la tassa di smaltimento dei rifiuti solidi urbani (Tarsu), sia attraverso la tariffa igiene ambientale (TIA) - i costi dell'emergenza, ivi compresi quelli derivanti dagli sprechi accertati e dall'eccesso di personale attribuito alle strutture per l'emergenza. Ebbene, non v'è dubbio che i cittadini ed i comuni debbono sostenere il costo della gestione ordinaria: chi deve pagare paghi!
Sarebbe però un'insopportabile beffa per i cittadini che, a causa della grave crisi in atto, oltre ad essere tempestati di rifiuti e a rischio di malattie, debbano subire un progressivo e repentino aumento delle tasse sull'immondizia. Su tale problema bisogna intervenire.
Concludo dicendo che il prossimo mercoledì voteremo a favore della conversione del decreto-legge in esame, ma chiediamo che esso sia l'ultimo che proroga il commissariamento. Dal 2008 vogliamo il ripristino della gestione ordinaria e che la politica si riappropri del proprio potere di scelta, che essa si assuma le proprie responsabilità e affermi qual è la situazione di fronte cittadini. Il commissariato è stato anche un grande alibi, una grande occasione per ricostruire impalcature burocratiche che molto spesso sfioravano l'inefficienza amministrativa: impasti burocratici e impasti clientelari.
Chiediamo che la politica riprenda la parola attraverso la gestione ordinaria e seria dei rifiuti, perché non è possibile che i tassi di raccolta differenziata siano così bassi, i più bassi d'Italia. Non è possibile che gli impianti debbano essere i più grandi d'Italia, né che in una situazione del genere tra due o tre mesi ci ritroviamo a parlare di nuovo dell'emergenza rifiuti. Quell'emergenza è diventata sistema e, come tale, dovrebbe essere svuotato o quanto meno superato.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Mario Pepe. Ne ha facoltà.

MARIO PEPE. Signor Presidente, onorevoli colleghi, l'ennesimo decreto-legge sull'emergenza rifiuti in Campania arriva oggi all'attenzione dell'Assemblea e credo che non sarà l'ultimo, perché esso sposta in avanti il problema solo di pochi giorni. Ormai la normalizzazione dell'emergenza rifiuti non è più un rischio, ma una realtà amara.
Il decreto-legge in esame individua nuove discariche e ne apre delle vecchie, mentre in Europa esse non esistono più da trent'anni. Ed è stata proprio la Commissione europea ad avviare una procedura di infrazione nei confronti dell'Italia per come il nostro Paese ha gestito l'emergenza dei rifiuti in Campania.
Napoli è diventata una discarica a cielo aperto, i cassonetti bruciano in provincia, a Pozzuoli, a San Giorgio a Cremano, bruciano anche in città, al centro di Napoli, a via Toledo, ai Camaldoli, e il fumo acre, che si sprigiona dai cassonetti in fiamme, rende l'aria della città irrespirabile. Come non ricordare, di fronte a questo inferno dantesco, le parole di Goethe? Nel suo libro Viaggio in Italia, egli afferma che Napoli è una città schiacciata fra Dio e Satana, laddove Dio è la bellezza dei luoghi, l'incanto del mare, la mitezza del clima; Satana è il vulcano che minaccia la città con lingue di fuoco e che scarica lapilli. Se oggi Goethe tornasse a Napoli, quella città che ha il volto di Dio e il volto di Satana, non avrebbe dubbi nel dare un nome e cognome a Satana: Antonio


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Bassolino! Il potente governatore della Campania, simbolo della politica che spreca e che non decide, della politica che spende, ma che non risolve i problemi dei cittadini, simbolo della politica che occupa il potere e basta!
Non si tratta soltanto dell'emergenza rifiuti, ma di responsabilità più gravi. In Campania esiste il problema della criminalità, dell'occupazione, si registra il più alto indice di rapine e il più basso di consumi culturali. In Campania vi è il crollo delle attività produttive, la crisi del turismo, tanto che dalle pagine del quotidiano Corriere del Mezzogiorno il giornalista Demarco lancia un grido disperato: «Fate qualcosa, chiedete aiuto. Stiamo annegando nell'immondizia. Bassolino e la Jervolino dovrebbero presentarsi nei programmi televisivi e lanciare un appello al Paese. Aiutateci!». Ma non lo faranno, tanto c'è il commissario Bertolaso, poi Napolitano, Prodi e il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare.
Questo scarico di responsabilità ormai dura da 14 anni, al punto tale che in tutta la Campania Forza Italia ha preso l'iniziativa di presentare una petizione popolare per chiedere le dimissioni di Bassolino e la sospensione della Tarsu. A causa dell'inefficienza della giunta Bassolino, l'emergenza rifiuti si è trasformata in un grande affare per pochi e in un disastro per la maggior parte dei cittadini della Campania.
I numeri del disastro sono i seguenti: 5 milioni di tonnellate di ecoballe, 30 milioni di euro spesi in progetti che non hanno prodotto nessun elaborato e di cui Bassolino non conosce nulla, 300 milioni di euro buttati al vento per incentivare la raccolta differenziata, 2300 persone assunte con identico scopo mai utilizzate, 250 mila persone intossicate.
La mancanza di responsabilità da parte degli artefici del disastro e, in primo luogo, del presidente della regione, appare grottesca. Per questo chiediamo a Bassolino di rassegnare le dimissioni da presidente della regione e a Prodi un provvedimento finalizzato alla sospensione del pagamento della Tarsu in Campania, fino al ripristino della condizione della normalità. Invece, il decreto-legge in esame, paradossalmente, aumenta la Tarsu!
Concludo il mio intervento rivolgendo un invito sia al Governo ad accogliere gli emendamenti presentati dall'opposizione che riducono in parte il danno, sia al governatore Bassolino a dimettersi. Quando all'emergenza rifiuti si aggiungerà l'emergenza sanitaria, nei prossimi giorni (già vi sono trentotto casi di epatite a Napoli), lo cacceranno i cittadini, come cacciarono il governatore di Milano ai tempi della peste al grido: «Via la fame, via la carestia, via la peste». Bassolino sarà cacciato al grido: «Via la monnezza da Napoli e dalla Campania» (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Martusciello. Ne ha facoltà.

ANTONIO MARTUSCIELLO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, ancora una volta ci troviamo a dover discutere di una cronica emergenza che riguarda la nostra regione: l'emergenza rifiuti.
Tale emergenza si è determinata per l'impossibilità di individuare siti nei quali costruire discariche dove poter smaltire i rifiuti solidi urbani, per la mancanza di termovalorizzazioni, per l'insufficiente capacità delle popolazioni della nostra regione di realizzare in maniera adeguata e, comunque, nella media italiana, la raccolta differenziata.
Il commissario Guido Bertolaso, più di una volta, si è purtroppo dispiaciuto per l'isolamento di cui è stato fatto oggetto da parte delle istituzioni locali, soprattutto rispetto ad una necessità, da parte delle comunità, di farsi carico del problema in termini generali.
Troppe volte abbiamo visto assumere, anche da parte di esponenti parlamentari dell'attuale maggioranza, posizioni assolutamente demagogiche rispetto alla necessità o meno di localizzare in alcuni comuni discariche che costituiscono uno degli elementi necessari, ma evidentemente non sufficienti, per attivare il ciclo dei


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rifiuti, il quale si articola in più fasi: nella raccolta differenziata (che, lo ripeto, purtroppo all'interno della nostra regione non raggiunge neanche la media dell'Italia meridionale), nella selezione del rifiuto, nel compostaggio e, da ultimo, nella collocazione all'interno del termovalorizzatore per produrre energia.
Il commissario Bertolaso, come dicevo, ha indicato alcune soluzioni operative nel corso dei mesi della propria attività: provincializzazione della raccolta dei rifiuti, discariche e termovalorizzatori. È necessario ragionare su tali fasi se vogliamo affrontare finalmente e definitivamente il problema. Inoltre, dobbiamo farlo avendo un quadro generale, quello costituito dall'Italia e dall'Unione europea.
Vorrei fornire alcuni dati, confrontando la Campania con due nazioni europee che sono simili per numero di abitanti. In Svizzera, ad esempio, a fronte di una produzione di rifiuti che è pari a 13 milioni di tonnellate, vi sono 52 discariche e 29 termovalorizzatori, mentre nella Repubblica Ceca, per smaltire 28 milioni di tonnellate di rifiuti, vengono impiegate 380 discariche e tre inceneritori. Nella nostra regione, per gli stessi quantitativi di rifiuti, non abbiamo ancora un termovalorizzatore e combattiamo quotidianamente con l'apertura o con la chiusura delle discariche, che costituiscono una delle fasi del processo dei rifiuti, ma non quella risolutiva.
Penso che tali numeri siano sufficienti per esprimere un giudizio estremamente negativo nei confronti di chi ha amministrato fino ad ora, avendo poteri straordinari e risorse. Su questo punto, vale anche la pena di citare alcuni dati, che hanno caratterizzato in maniera negativa l'operato del presidente della regione, nonché commissario straordinario.
In quest'aula, abbiamo il dovere di recriminare sull'ingente danno economico che tutta la vicenda dei rifiuti ha determinato, non soltanto sull'immagine della nostra regione e del nostro Paese a livello internazionale, ma anche sul danno economico che si è prodotto rispetto alle attività proprie della nostra regione, innanzitutto per quanto riguarda il fatturato turistico. La Federalberghi ha, infatti, denunciato un calo quasi del dieci per cento delle prenotazioni alberghiere nell'intera regione Campania. Ciò significa che la questione dei rifiuti e l'immagine negativa che in termini generali si ha negli altri Paesi, nonché il riverbero assolutamente negativo sulla stampa internazionale, producono una flessione delle prenotazioni alberghiere e, quindi, un calo del fatturato turistico, che rappresenta certamente un asset economico della nostra regione.
Purtroppo, si dibatte ancora in questi giorni in maniera poco responsabile, ma molto demagogica, sull'utilizzo, o meno, e sull'utilità, o meno, dell'impatto ambientale dei termovalorizzatori, mentre tutte le altre nazioni europee e le altre regioni italiane hanno da anni avviato questi impianti, assolutamente efficienti e produttivi, che, alla fine, hanno incenerito anche i nostri rifiuti. Dobbiamo, infatti, ricordare ancora una volta che già due anni fa la regione Campania dovette chiedere alla Germania di accogliere i nostri rifiuti pagando un costo di oltre cento euro per tonnellata. Tutto ciò ha provocato il doppio danno non soltanto di pagare il trasporto, ma di consentire poi che gli stessi rifiuti fossero utilizzati all'interno di un termovalorizzatore e, pertanto, producessero energia. Quindi, un doppio danno per la comunità campana e, invece, un doppio vantaggio per la popolazione tedesca.
Recentemente, la Romania ha invece rifiutato di accettare i rifiuti della Campania, tanto è vero che ci siamo trovati in una situazione di straordinaria emergenza e, in questo momento, abbiamo oltre un milione e mezzo di tonnellate di rifiuti che giace per le strade della Campania. Ecco perché lascia davvero sconcertati che - cito soltanto un caso clamoroso, quello dell'Austria -, mentre in altri Paesi si è riusciti a collocare termovalorizzatori nel centro delle città, come a Vienna, invece in Italia si dibatte ancora se costruire o meno il termovalorizzatore ad Acerra. Comunque, le popolazioni non hanno ancora la consapevolezza che quello stabilimento,


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nel momento in cui sarà attivo, non avrà certamente un impatto ambientale negativo nei confronti delle popolazioni.
Tutto ciò è avvenuto perché, nel corso degli anni, non si è avuta la capacità di stabilire una corretta comunicazione nei confronti delle popolazioni; né, d'altra parte, soprattutto rispetto alla comunità di Acerra, si è avuta l'intelligenza politica e la sensibilità di trattare con tale comunità rispetto ad un risarcimento in termini ambientali. La comunità di Acerra, infatti, ha vissuto nel corso degli anni una storia molto travagliata dal punto di vista ambientale. Ad Acerra vi era l'impianto industriale di Montefibre che, notoriamente, ha prodotto diossina e che ha evidentemente inquinato il territorio. Giustamente, la popolazione di Acerra è preoccupata e aveva la necessità di essere risarcita da un punto di vista ambientale. Il presidente Bassolino, pur avendo i poteri straordinari anche per quanto riguarda la bonifica e risorse cospicue, nel corso degli anni non ha avuto la capacità, l'intelligenza e la sensibilità di individuare Acerra come sito utile per la bonifica da diossina. Se ciò fosse avvenuto, si sarebbe probabilmente avuta una sorta di compensazione su quel territorio, che avrebbe tranquillizzato la popolazione acerrana.
L'aspetto della comunicazione su queste vicende è fondamentale. Voglio citare una questione che riguarda, ancora una volta, il termovalorizzatore di Vienna. Quando si decise di costruire il nuovo termovalorizzatore, l'amministrazione comunale di Vienna chiamò come architetto un noto ambientalista, che, solo qualche tempo prima, aveva manifestato con decisione contro una centrale elettrica. Alla fine, dopo attenti studi sulle tecnologie e sui processi industriali, l'architetto Hundertwasser decise di accettare l'incarico e si lanciò nell'impresa di realizzare quella che poi definì addirittura un'opera d'amore per la sua città, e lo fece senza compenso alcuno.
Gli abitanti del quartiere, che pure avevano protestato contro il nuovo impianto che temevano inquinante, furono in un certo senso garantiti dall'autorevolezza della prestigiosa firma «verde» e superarono quelle perplessità. Tanto è vero che oggi, a distanza di 15 anni, convivono con il termovalorizzatore, infinitamente più sicuro rispetto alle emissioni dei fumi.
La stessa cosa, d'altra parte, è avvenuta in tante altre città d'Italia. A Brescia, abbiamo un termovalorizzatore che consente un risparmio di 510 milioni di kilowattora all'anno e che produce energia per 170 mila abitanti; quest'anno ha ricevuto il premio come termovalorizzatore più sicuro del mondo (a certificarlo è stato il Waste-to-Energy Research and Technology Council, un organismo indipendente).
Abbiamo citato dei casi scientifici per testimoniare, ancora una volta, che è necessario svolgere nei confronti delle popolazioni locali un'attività di comunicazione che serva, in qualche misura, a tranquillizzare le popolazioni.
Un termovalorizzatore, non dimentichiamolo, aggiunge al trattamento termico dei rifiuti la funzione di produzione di energia e consente il raggiungimento di due risultati: il trattamento dei rifiuti e la produzione di energia utile, vale a dire l'energia elettrica e il calore (laddove è possibile utilizzare anche il calore, ad esempio, per il teleriscaldamento). Pertanto, con questo sistema si risparmiano anche risorse energetiche non rinnovabili, come il metano, il petrolio e il carbone, che oggi vengono utilizzati per produrre l'80 per cento dell'energia che consumiamo.
Nel corso di questi anni, sono stati commessi una serie di errori nei confronti delle popolazioni, tanto è vero che rispetto a questo problema c'è stata, il più delle volte, una vera e propria sommossa, molto spesso cavalcata da «masanielli» improvvisati che hanno portato avanti, purtroppo, una contestazione avente finalità diverse da quelle propriamente ambientali. Il più delle volte, si è trattato di una contestazione politica, che ha finito con l'avvalorare tesi che vedono nell'incapacità di risolvere l'emergenza rifiuti una necessità che consente all'industria eco-criminale di prosperare.


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Purtroppo, il dato che dobbiamo registrare quest'anno è assolutamente drammatico. Legambiente, nel 2006, ha comunicato un dato inquietante: 23 miliardi di euro, a tanto ammonta il fatturato dell'eco-criminalità in Italia. Lo smaltimento di rifiuti illegali che transitano in tutta Italia, in maniera precipua all'interno della nostra regione, supera i 26 milioni di tonnellate. Si tratta di una montagna di rifiuti alta 2600 metri. Questi sono i dati straordinariamente inquietanti che riguardano, purtroppo, il nostro territorio e con i quali i carabinieri, la Polizia e la Guardia di finanza devono continuamente confrontarsi per cercare di contrastare un fenomeno inquietante come questo.
Ecco perché alla dell'emergenza rifiuti va data finalmente una risposta definitiva e non più transitoria. Non soltanto perché bisogna risolvere un'emergenza ambientale, in questi giorni diventata anche un'emergenza sanitaria, ma anche perché nella risoluzione di un contesto complesso, quale il ciclo dei rifiuti, non c'è dubbio che si finirebbe col determinare un ostacolo continuo a tutte quelle fasi che, in questo momento, sono gestite da attività criminali e non da organismi a ciò preposti.
Desidero svolgere un'ultima considerazione in relazione alle risorse che sono state destinate, nel corso di questi anni, all'emergenza rifiuti. Proprio ieri, l'Unione europea ha avviato una procedura di contestazione nei confronti delle spese, oltre un miliardo e 800 milioni di euro, che hanno riguardato il Commissario per l'emergenza rifiuti.
Vi sono stati tredici anni di gestione del problema con queste cifre, nonché assunzioni di tutti i tipi: vorrei ricordare che prima delle elezioni regionali del 2000, per la raccolta differenziata, furono assunti quasi duemila lavoratori socialmente utili, che poi - lo testimoniano i dati - non hanno consentito alla nostra regione di allinearsi ai dati italiani. Napoli, infatti, ha una raccolta differenziata che si attesta intorno al 5 per cento e la regione Campania è più o meno intorno al 13 per cento; la media dell'Italia meridionale è inferiore al 20 per cento, mentre le regioni del Nord sono abbondantemente attestate intorno al 40 per cento.
Quindi, vi sono state assunzioni clientelari, ma soprattutto vi è stato uno sperpero di risorse pubbliche in attività che non sono coerenti con la missione del commissariato per l'emergenza rifiuti, che è appunto quella di risolvere la cronica emergenza, e attività di tipo clientelare che hanno riguardato consulenze molte volte non pertinenti rispetto alla funzione stessa del Commissario straordinario.
La Corte dei conti, in una relazione inerente al caso Campania, annota l'esistenza di significative discrepanze nel rapporto fra le ingenti risorse assegnate, quelle utilizzate e le voci di spesa relative al funzionamento dell'organizzazione. Inoltre, in un altro documento si dichiara espressamente che notevoli sono risultati gli sprechi e le disfunzioni.
Questi sono i dati rilevati dalla Corte dei conti: fra il 2004 e il 2005 il Commissario ha assegnato ben ventiquattro incarichi intuitu personae; il costo sostenuto per gli affitti degli immobili adibiti a sedi del commissariato - tre fino al gennaio 2004, cui se ne è aggiunta un'altra di recente, costituita a viale Gramsci - ammontano ad oltre un milione di euro.
Ecco perché, signor Presidente, onorevoli colleghi, ci troviamo di fronte ad una realtà che definire cronica è ormai un eufemismo. Dobbiamo avere il coraggio di assumerci le nostre responsabilità...

PRESIDENTE. La prego di concludere.

ANTONIO MARTUSCIELLO. ... e dobbiamo chiudere questa fase emergenziale con uno spirito di collaborazione e con una capacità che ci deve vedere tutti uniti rispetto ad un problema che non riguarda più, purtroppo, soltanto la regione Campania, ma l'intero Paese (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Fasolino. Ne ha facoltà.

GAETANO FASOLINO. Signor Presidente, l'esame di questo decreto-legge sta


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procedendo per comparti e segmenti perché, l'incombente minaccia - e forse non è solo una minaccia! - della questione di fiducia, in pratica strozza il dibattito. Ne conseguirà che le proposte avanzate nel corso dei vari interventi dell'opposizione non potranno avere un seguito; né troveranno risposta i vari interrogativi che tutti ci siamo posti sulla necessità di modificare questo decreto-legge che è si inutile e pleonastico, ma che nasconde al suo interno un lato oscuro di cui si afferrano solo malamente i contorni.
Inoltre, vi è un'atmosfera nuova, determinata da quanto sta trapelando dagli organi di stampa sullo stato delle indagini che la magistratura penale conduce a Napoli da tempo e che pare oggi siano pervenute ad una svolta significativa. Desidero riportare qualche titolo: «Per il governatore è pronta la richiesta di rinvio giudizio»; Bassolino per il PM «non impediva, realizzava e consentiva la perpetua violazione degli obblighi contrattuali assunti dall'ATI affidataria in relazione alla gestione del ciclo dei rifiuti solidi urbani in Campania».
«Bassolino», inoltre, «ometteva di promuovere e sollecitare iniziative volte a garantire il rispetto dell'obbligo contrattuale e tralasciava, ancora, di intraprendere iniziative dirette a contestare e, comunque, ad impedire le accertate violazioni contrattuali delle società affidatarie».
Sono frasi che, in realtà, rappresentano veri e propri macigni su una politica e su un'immagine. Dunque, la prima questione che pongo all'Assemblea e al centrosinistra è di ricordarvi i tempi di Antonio Di Pietro, quando era sufficente che un politico fosse colpito da un semplice avviso di garanzia, o che venisse iscritto nel registro degli indagati, perché subito la grande stampa, in concerto mediatico imponesse al malcapitato di abbandonare la carica.
Qualcuno si è anche ucciso in difesa della propria dignità.
Sono un campano e, quindi, so che Bassolino, a quell'epoca, era uno dei più attivi a sollecitare gli uomini politici colpiti da avvisi di garanzia, o comunque indagati, a rimettere i loro mandati e a tornare a casa. È giusto ora chiedere a Bassolino di comportarsi allo stesso modo. Ne prenda atto l'intero centrosinistra!
Ricordo un episodio che risale all'epoca in cui Claudio Martelli era il Ministro di grazia e giustizia. Dopo aver appreso un bel mattino, da un giornale, di solito ben informato, che nella famosa «procura del sole» si preparava o era già pronto un avviso di garanzia nei suoi confronti telefonò a Borrelli che, con callida e dispiaciuta compunzione, rispose che, purtroppo, l'avviso di garanzia c'era, anche se andava considerato una difesa dei diritti dell'indagato. Quell'avviso di garanzia, invece, rappresentava l'atto di morte di un'esperienza politica.
Amici del centrosinistra, noto che i banchi della sinistra radicale sono pressoché vuoti: evidentemente la Campania interessa solo quando bisogna sollevare polveroni e proteste. Mi rivolgo a questa sinistra, chiedendo se non ritiene, oggi, che sia suo dovere imporre ai suoi uomini, che siedono nella giunta regionale, di andarsene a casa e, inoltre, di imporre a Bassolino di togliere il disturbo, in nome della difesa di un principio e di una etica politica. O forse pensate che Bassolino vi possa fare ancora comodo, perchè rappresenta tuttora il vostro alibi? Non avete capito che Bassolino è finito, un'epoca è tramontata, e se voi approverete il decreto-legge, così come licenziato dal Governo e dal Senato, ne diventerete complici e responsabili e domani sarete voi nel banco degli imputati.
L'articolo 2, che sostituisce il comma 2 del «famigerato» articolo 3 della legge commissariale e che sarà, a mio parere, la fonte di incassi di tangenti miliardarie, parla, comunque, di affidamenti di somma urgenza e di affidamenti diretti. Ho affermato anche ieri che sono stato amministratore. Ebbene, con il mio ufficio tecnico concordavo anche per le urgenze sempre una gara regolare. Anche la ditta chiamata ad intervenire di notte per un ponte che crollava su un fiume non era mai sola: ve n'erano


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almeno cinque! Quindi, quali affidamenti diretti? Ci sono anche le gare della somma urgenza!
Passata l'urgenza, si procedeva poi ad un affidamento ulteriore con bando di gara.
Cancellate l'articolo 2: è una vergogna! Del resto, dovreste preoccuparvi, perché sul provvedimento non vi è più la firma del Ministro Di Pietro, che conosce tante cose, ha anche un certo intuito e ha capito che intorno al decreto-legge non spira un'aria buona!
Probabilmente lunedì presenterete un maxiemendamento sul quale porrete la fiducia. Passando all'articolo 4, ritenete possibile risolvere la raccolta differenziata in Campania ricorrendo ai consorzi di bacino? I consorzi sono un'autentica vergogna, l'immagine deteriore e più deleteria della regione Campania e spesso non sono in grado neanche di svolgere servizi ordinari. Immaginiamo cosa succederebbe se la raccolta differenziata, secondo i «grandi» canoni dei Verdi e della sinistra, venisse affidata ai consorzi di bacino! I pochi comuni nei quali la raccolta differenziata sta procedendo bene, in Campania, sono quelli che hanno affidato il servizio - così come prevede la legge, così come Dio comanda e come sostengono i vecchi segretari comunali - con regolari gare d'appalto.
Chiudo l'intervento - sperando di aver rispettato i tempi - con la questione della Tarsu: vi sarebbero tante cose da dire al riguardo, ma possiamo mai aumentarla nel momento in cui le strade sono invase da rifiuti? Se vogliamo aiutare il ritorno alla normalità, dobbiamo prima cominciare a risolvere il problema dello smaltimento e solo dopo adeguare i canoni.
Non siamo, tanto per intenderci, per l'abolizione della tassa del macinato, ma per avviare bene la fase virtuosa; ai Comuni serve un iniziale sostegno finanziario da parte del Governo.
L'augurio mio e del gruppo di Forza Italia è che il relatore, gli amici della maggioranza seduti su questi banchi, che ci ascoltano, e il Governo, che è presente, possano recepire le nostre indicazioni, volte a migliorare un decreto che, se resta nei termini in cui è stato proposto, può far diventare ancora più drammatica l'emergenza rifiuti della regione Campania.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Mazzoni. Ne ha facoltà.

ERMINIA MAZZONI. Signor Presidente, colleghi, il gruppo UDC ha presentato, per essere coerenti con la posizione di contrarietà al provvedimento in esame, un numero abbastanza consistente di emendamenti soppressivi, parzialmente soppressivi e correttivi del decreto-legge, al fine di indicare la strada che per noi sarebbe da percorrere.
Si tratta di emendamenti integralmente soppressivi, perché riteniamo che il decreto-legge dovrebbe essere totalmente ripensato dal Governo; di emendamenti parzialmente soppressivi, perché almeno le parti più scandalose, quelle che sono evidentemente illegittime, se non addirittura incostituzionali, andrebbero eliminate, per riuscire a tornare nei ranghi della responsabilità istituzionale che dovremmo tutti i giorni interpretare; e di emendamenti modificativi e correttivi, che cercano, nei limiti del possibile, ma con poche speranze, di correggere e migliorare il testo del provvedimento in esame.
Svolgerò sicuramente alcune considerazioni aggiuntive rispetto a quanto ho già detto ieri sera in sede di discussione generale, ma prima di sviluppare queste considerazioni, alle quali non intendo sottrarmi, vorrei rivolgere alcune domande alla Presidenza, immaginando che le risposte mi possano pervenire in un momento successivo: quanto costa una seduta come quella che stiamo tenendo oggi? Che danno ulteriore arreca al nostro sistema, già così oneroso e onerato?
Noi dell'UDC, e gli altri colleghi che sono intervenuti, siamo qui a discutere responsabilmente, ancora una volta, per tentare di sviluppare quella forma di dialogo costruttivo che dovrebbe svolgersi quotidianamente all'interno delle aule parlamentari, ma in realtà stiamo partecipando


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ad una farsa e lo sappiamo tutti. Questa seduta è inutile, come la Presidenza ed il rappresentante del Governo sanno. Sono costi inutili, perché sappiamo che lunedì il Governo ha già deciso di porre la questione di fiducia sul provvedimento, l'ennesima questione di fiducia su un ennesimo decreto-legge, che è profondamente contestabile.
Vorrei saperlo, quindi, per fornire ai cittadini un'ulteriore cifra con la quale cercare di fare due conti rispetto all'incapacità di buona amministrazione che il Governo sta dimostrando.
Gli emendamenti soppressivi che abbiamo presentato sono rivolti sicuramente all'articolo 1. Riteniamo, infatti, che l'articolo 1, definito ieri sera dal collega Margiotta come il pilastro del provvedimento in esame - sia la parte più deprecabile del decreto-legge e sicuramente da cancellare.
Vi è un'indicazione dei siti per decreto-legge. Era necessario un atto amministrativo, che era di competenza della regione, ovvero del Commissario, ma, in presenza di un'incapacità a provvedere ad un normale atto di esecuzione amministrativa, interviene addirittura il Governo con un decreto-legge, individuando alcuni siti senza motivazione e senza alcun tipo di valutazione di merito, tecnica o scientifica.
Si tratta, peraltro, sempre degli stessi siti, già saturi, già utilizzati, addirittura sottoposti a provvedimenti giudiziari di sequestro, a rischio per la salute dei cittadini.
L'articolo 1 contiene una previsione che riteniamo incostituzionale, perché, tra l'altro, il decreto-legge immagina di portarla a compimento superando i limiti imposti dalla legge.
È espressamente previsto nell'articolo 1 che le azioni, le iniziative, gli atti del commissario potranno essere realizzati in deroga alla normativa paesaggistica e alla normativa in materia di tutela della salute e dell'integrità dei cittadini. Pertanto, è una norma sicuramente incostituzionale, che in prima battuta vorremmo fosse soppressa: vorremmo che ritornassero al di Commissario - per il tempo che gli residua, fino al 31 dicembre - i compiti di individuazione, secondo quei criteri di concertazione e di cognizione che producono una conoscenza del territorio, indispensabile all'individuazione più opportuna dei siti di discarica.
Per quanto riguarda l'articolo 2, abbiamo presentato alcune proposte emendative. L'articolo 2 in questione decreto prevede la possibilità che il commissario proceda all'affidamento del servizio di gestione dei rifiuti, in deroga alla normativa europea e nazionale sulle gare, quindi con affidamenti diretti, incontrollati, con la sola salvaguardia della regolarità delle certificazioni antimafia, ma è poca cosa rispetto alle tante nebulose che si addensano oggi su questo sistema di affidamento dei lavori.
Proprio oggi, è su tutti i giornali la vicenda che riguarda la società che in questi anni ha gestito e continua a gestire il comparto dei rifiuti in Campania, l'Impregilo - che con le sue società collegate (la FIBE, la FIBE Campania, la FIBE Impianti) ha gestito in maniera incontrollata i rifiuti in Campania -, addirittura incaricata dal presidente Bassolino di redigere il piano per la gestione ordinaria dei rifiuti nella nostra regione. Intanto, noi continuiamo ad incaricare con decreto il commissario di continuare ad affidare a soggetti terzi, senza alcun controllo, questo delicatissimo settore. Pertanto, chiediamo che questa parte venga soppressa.
Sempre nell'articolo 2, è prevista l'attribuzione al Commissario del potere di requisire i siti, in dispregio della normativa vigente sulla requisizione dei siti e della conseguente previsione del procedimento per indennizzare i proprietari dei siti stessi. Da ultimo, sempre nell'articolo 2, viene previsto il superamento anche dei vincoli posti dall'autorità giudiziaria. Le nostre proposte emendative tendono a sanare queste forme gravi di illegittimità e che speriamo comunque che trovino ascolto da parte dei rappresentanti del Governo.
All'articolo 4 riteniamo, con le nostre proposte emendative, di introdurre l'indispensabile previsione di condizioni per


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l'affidamento del servizio di raccolta differenziata ai consorzi, perché nello stesso articolo il presente decreto stabilisce l'obbligo, da parte dei comuni, di avvalersi esclusivamente dei consorzi per la gestione del servizio di raccolta differenziata. Questa obbligatorietà, in assenza della previsione di condizioni per la regolazione del rapporto tra il comune e il consorzio, è sicuramente un gravissimo limite e un gravissimo rischio, perché non si possono rendere i comuni ostaggio di tali strutture (le quali peraltro non hanno funzionato, sono state commissariate e quindi non sono sicuramente l'interlocutore migliore al quale consegnare le nostre già disagiate amministrazioni comunali).
Inoltre, si aggiungono delle previsioni che tendono a ristabilire una gestione combinata della raccolta differenziata con quella indifferenziata, partendo da una vicenda che si è verificata in queste ultime settimane in Campania e che ha dimostrato la fragilità delle disposizioni contenute nel decreto in esame. Si tratta di una vicenda verificatasi nel comune di Caserta: in occasione del bando di gara per la raccolta e per la gestione dei rifiuti non differenziati, non si è presentato nessuno, non ha partecipato nessuno. Infatti, è evidente che la raccolta indifferenziata, quindi del tal quale, è antieconomica se non è combinata alla possibilità per una qualunque società o impresa privata di gestire anche il settore del rifiuto differenziato. Si tratta, insomma, di emendamenti correttivi e migliorativi del testo che ci viene proposto.
Per quanto riguarda l'articolo 6, non abbiamo presentato emendamenti perché riteniamo che la disposizione in questione rappresenti la parte buona del provvedimento in esame, ed è quanto avevamo proposto, come UDC, anche in occasione della discussione del precedente decreto, ovverosia la possibilità di coinvolgere direttamente i presidenti delle province. Si tratta di un modo per ridurre i costi della gestione commissariale e per consentire, senza sprechi di denaro in consulenze, una conoscenza diretta ed immediata dei territori sui quali intervenire per la pianificazione della gestione dei rifiuti. Riteniamo pertanto che finalmente si sia giunti, con tale articolo, a coinvolgere in maniera diretta i presidenti delle province, anticipando il percorso di «provincializzazione» della gestione ordinaria.
Nell'articolo 7, su cui abbiamo tentato al Senato una battaglia, che non abbiamo vinto, si stabilisce la possibilità e si indica all'amministratore regionale la strada dell'aumento della tassa per lo smaltimento dei rifiuti, per coprire finanziariamente tutte le previsioni contenute negli articoli precedenti del decreto in esame; in altre parole, per coprire tutte le inefficienze che si sono registrate e alle quali il Governo ritiene di rispondere con questa disciplina straordinaria, esonerando quindi gli amministratori regionali dalle responsabilità più che evidenti, anche se purtroppo non ancora accertate in maniera definitiva.
La tassa è a carico dei cittadini, i quali quindi dovranno pagare anche di più di quanto hanno pagato fino ad oggi per un servizio che non hanno mai ottenuto: dal mio punto di vista, anche questa norma, pur non essendo stato rilevato nelle pregiudiziali di costituzionalità, è incostituzionale, perché la tassa è un onere che può essere caricato sulle spalle del cittadino solo se direttamente relazionato all'erogazione di un servizio. In questo caso non abbiamo mai avuto l'erogazione di un servizio né avremo sicuramente, di qui ai prossimi mesi, l'erogazione di quel servizio alle condizioni e con le modalità con le quali dovrebbe essere reso in un sistema civile e in un sistema-paese normale.
Noi speriamo che il Governo presti attenzione ai nostri emendamenti e al nostro sforzo di collaborazione, che in questo modo rappresentiamo in Assemblea.
Comprendo la posizione dei colleghi della maggioranza, e ricordo al collega Scotto, il quale suggeriva la strada del ritorno all'ordinario dopo questa ennesima proroga, che non è mai consigliabile rinviare a domani quello che si può fare oggi. Da diversi anni, noi chiediamo il ritorno all'ordinario e riteniamo che sia l'unica strada percorribile per tentare di rientrare


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nei ranghi, nella regione Campania. Eppure, ancora oggi, in quest'aula, una richiesta assolutamente inaccoglibile del Governo, formulata con il decreto in esame, secondo la quale si realizzerà - ancora una volta domani - il detto ritorno alla gestione ordinaria.
Non credo che «domani», alla scadenza del 31 dicembre 2007, si vedrà finalmente realizzare l'obiettivo di buona e sana amministrazione, perché sono convinta che, visto come è impostata la linea di gestione del Governo in questo decreto-legge, il 31 dicembre 2007 saremo ancora in quest'Assemblea a discutere di un'eventuale ennesima proroga nei confronti di questo o di altro Commissario per la gestione dei rifiuti in Campania.
Credo che per tali fatti dovrebbe pagare chi ha mancato di esercitare le proprie funzioni, che le responsabilità dovrebbero essere accertate e dovrebbero emergere.

PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole Mazzoni.

ERMINIA MAZZONI. Purtroppo, dobbiamo rivolgerci alla magistratura e sperare che essa svolga questo compito, perché una responsabilità politica, morale ed etica fino ad oggi non si è registrata. Nessuno ha avuto il coraggio, come avviene nei Paesi civili, di fare un passo indietro rispetto al disastro nel quale è stata condotta la nostra regione.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Laurini. Ne ha facoltà.

GIANCARLO LAURINI. Signor Presidente, mentre oggi, in un'aula ormai deserta e in un'atmosfera che non esito a definire kafkiana, continuiamo stoicamente a fare denunce forti ma inutili, riflessioni profonde ma assolutamente inascoltate dalla maggioranza, proiettata oramai verso la questione di fiducia che il Governo porrà la prossima settimana con un maxiemendamento, la questione emergenza rifiuti in Campania ha avuto, oggi, un ulteriore sussulto mediatico.
Infatti, da un lato, è «rimbalzata» da Bruxelles la notizia che la Commissione europea, preoccupata della grave situazione in Campania, prospetta l'avvio di una procedura di infrazione a carico dell'Italia per il mancato rispetto della direttiva sui rifiuti, in un'epoca in cui gli strumenti e i sistemi per risolvere il problema sono ormai noti, diffusi, utilizzati in tutto il mondo. Dall'altro lato, si è appresa la notizia del precipitare della vicenda giudiziaria napoletana per fatti gravissimi, connessi all'intreccio tra politica e malaffare nel settore dello smaltimento dei rifiuti, con il rinvio a giudizio di esponenti del più alto livello politico-istituzionale regionale.
In questa situazione, nella quale i parlamentari campani si sono visti respingere la mozione Bondi ed altri n. 1-00170, che impegnava il Governo su punti fondamentali e, direi, minimali, per cominciare a uscire dall'emergenza, è utile per tutti completare il quadro e lo sfondo nel quale si colloca l'attuale emergenza, che affonda le sue radici negli anni Settanta, quando la regione Campania, alla sua prima legislatura, approvò il 19 novembre 1973 la legge n. 23, intitolata «Finanziamenti regionali per la costruzione, ampliamento e completamento di impianti per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani».
La regione Campania, allora a guida pentapartitica, fu tra le prime in Italia a varare un'organica normativa in questo delicato settore, in un periodo in cui il problema del corretto smaltimento dei rifiuti cominciava già a porsi. La legge fu approvata da quel consiglio regionale, nel quale era stato eletto per la prima volta, ad Avellino, l'allora giovane funzionario del partito comunista Antonio Bassolino, destinato poi a divenire, prima, sindaco di Napoli e, poi, governatore e Commissario straordinario per lo smaltimento di rifiuti.
Oggi, a distanza di trentaquattro anni, dobbiamo con profonda amarezza rilevare che, se quei tredici articoli approvati dal legislatore regionale del 1973 fossero stati applicati puntualmente, la comunità campana avrebbe evitato di vivere in questi anni drammaticamente tra i rifiuti. Sarebbero


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stati evitati enormi sprechi di risorse locali e nazionali e si sarebbe evitata una grande vergogna, ribaltata sugli organi di comunicazione di tutto il mondo, con comprensibili ed enormi danni al turismo e all'immagine del nostro Paese e di una città che, dall'essere la più grande e importante capitale europea, con il suo centro storico patrimonio dell'umanità protetto dall'Unesco, è degradata ad uno dei luoghi più infrequentabili del mondo.
È necessario guardare un momento al passato, anche solo un attimo, a ciò che è avvenuto negli ultimi trent'anni. Richiamandomi alla citazione di Goethe - fatta da Mario Pepe in ricordo di Ernest Renan - il quale scrisse che «i veri uomini di progresso sono quelli che sanno guardare al passato», aggiungo che guardare al passato aiuta a individuare negligenze e responsabilità politiche, amministrative e penali, senza fare superficialmente di ogni erba un fascio, come ricordato anche questa mattina. Fare un cocktail di tutte queste cose, infatti, non aiuta ad uscire dall'emergenza, come non aiuta affatto il decreto-legge di cui discutiamo, che è assolutamente inadeguato. Esso, infatti, ripete errori tragici sulla filosofia e sulle modalità dell'intervento, annacquando ancora una volta poteri e responsabilità, paralizzati e confusi, tra i diversi livelli, impedendo al commissario di operare con l'autonomia e la prontezza indispensabili.
Il giudizio, quindi, non può che essere del tutto negativo. Resta la speranza che, all'ultimo momento, la maggioranza e, soprattutto, il Governo cambino rotta. È il nostro augurio.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Tortoli. Ne ha facoltà.

ROBERTO TORTOLI. Signor Presidente, siamo di fronte ad un disastro ambientale, sanitario, finanziario, di legalità e di credibilità politica. Di fronte a tutti questi disastri, ci troviamo a ripetere un inutile rituale.
L'ultima volta che è stato convertito un decreto-legge sull'emergenza Campania è stato sei mesi fa; sono tredici anni che si parla di emergenza rifiuti in Campania. La politica non ha trovato il sistema di risolvere l'emergenza ed essa si è vendicata diventando «sistema».
Non mi addentrerò sulle proposte emendative, né sul complesso del provvedimento in esame, perché esso, dopo tredici anni dall'inizio dell'emergenza, è già sbagliato per come viene partorito dalla maggioranza. Essa sembra non rendersi conto dei citati disastri, che sono sotto gli occhi non solo di tutti gli italiani, ma di tutti gli europei e, probabilmente, anche di tutto il mondo.
Il provvedimento in esame, minimale, inutile, ripetitivo, probabilmente anche peggiorato - perché si è diminuita la responsabilità di alcuni attori che devono gestire l'emergenza -, è figlio dell'incapacità di chi governa il Paese di capire che siamo arrivati a un momento drammatico, in cui non è più credibile rimandare per altri sei mesi o, comunque, ripetere gli stessi errori commessi nel passato.
Che il disastro ambientale sia reale e complesso, lo denunciano tutti i fatti che si verificano ogni giorno; ne è dimostrazione la disperazione della popolazione, che finisce per fare a se stessa danni ulteriori, rispetto a quelli che già esistono.
La regione è incapace di uscire da un disastro ecologico sempre più vasto, che non vede fine; nella migliore delle ipotesi, il giorno in cui si dovesse trovare il bandolo della matassa, essa avrà di fronte a sé anni e anni ancora, prima di poter chiudere la fase di emergenza.
Ci troviamo, inoltre, di fronte a un disastro sanitario che peggiora ancora di più quello ambientale e che non si limita a danneggiare la popolazione, ad inquietare, a peggiorare la condizione di qualità della vita di un'intera popolazione regionale.
Se si considera che il nostro è il settimo, l'ottavo Paese industrializzato del mondo e che, all'inizio del terzo millennio, dovrebbe essere in grado di garantire ai propri cittadini un livello di qualità della vita notevole, oggi viviamo il dramma di una popolazione - come quella di Napoli


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e della Campania in genere - alla quale, invece, affidiamo una qualità della vita ridotta.
La soluzione di tale problema non è più procrastinabile. Si tratta di un disastro sanitario che va a toccare, probabilmente, anche i prodotti tipici di quella regione e noi seguitiamo nel balletto rituale di rinvio, di proroga di questo minimale provvedimento.
Per non parlare del disastro finanziario! Milleottocento miliardi spesi per l'emergenza Campania! Milleottocento miliardi spesi male! La Corte dei conti sottolinea che il 21 per cento di tale somma è stato speso in stipendi, quindi in qualcosa di assolutamente non strutturale per risolvere il problema.
È un disastro finanziario che il nostro Paese non si può permettere di prorogare, se non con obiettivi che portino alla soluzione del disastro ambientale. Ma non si vede assolutamente alcuna possibilità di soluzione, se non si riesce a fare un piano organico per quanto riguarda la gestione dei rifiuti in quella regione, con la difficoltà e l'impossibilità di aprire nuove discariche, con la mancanza degli impianti necessari a chiudere il ciclo dei rifiuti, con la raccolta differenziata che non presenta quelle caratteristiche necessarie a risolvere il problema e che, comunque, non risolverebbe il problema laddove non si fosse capaci - come dicevo - di chiudere il cerchio della gestione dello smaltimento dei rifiuti.
Vi è anche un disastro di legalità che, ogni giorno, appare sempre più evidente, con la magistratura che comincia ad allargarsi nelle sue inchieste sempre più mirate e precise, che stanno facendo venire alla luce, in maniera palese e sempre di più, l'ingerenza della politica e la commistione tra politica, affari, problemi dell'ambiente e gestione dei rifiuti.
Si tratta di un'illegalità diffusa che peggiora ulteriormente l'immagine di un territorio come quello intorno a Napoli, che deve essere, invece, tutelato sempre di più dalla politica locale e anche da quella nazionale.
Tuttavia, probabilmente, il più grande disastro è quello della credibilità politica.
Per tale motivo, ritengo particolarmente grave l'incapacità di questa maggioranza di ascoltare l'opposizione, di sedersi ad un tavolo a riflettere su come uscire veramente, una volta per tutte, da questa emergenza.
Il disastro della credibilità politica è l'aspetto più grave. L'altro giorno Bertolaso è stato aggredito dalla popolazione, ma Bertolaso rappresentava noi. Siamo stati noi, in qualità di istituzione centrale, ad aver conferito a Bertolaso il compito di risolvere il problema dell'emergenza in Campania e, pertanto, hanno aggredito noi! Chi aggrediva, in un certo senso, era stato istigato da noi! Per anni abbiamo raccontato delle bugie ad una popolazione che oggi è disperata e che, quindi, giustamente si ribella, perché non ha capito né le cause né gli effetti del disastro, né dove si va, né come si può risolvere il problema.
Quindi, siamo stati noi gli aggressori e gli aggrediti, ma dirò di più, lo saremo ancora, se non usciamo dall'equivoco e dall'incapacità di affrontare seriamente un disastro vero, non fittizio, enorme, che deteriora l'immagine del nostro Paese nel mondo!
Una volta ci sentivamo derisi, quando l'Italia era rappresentata con «spaghetti e mandolino» o Napoli con la «pizza»; il rischio è che d'ora in avanti saremo rappresentati con i rifiuti, e quei cumuli di immondizia che devastano la Campania sono un monumento alla politica!
Mi meraviglio che Pecoraro Scanio stia ancora negli uffici del Ministero dell'ambiente: se ne dovrebbe andare a Napoli e non tornare a Roma fino a che non abbia trovato una soluzione al problema della sua regione.
Ieri, da fonti Ansa, ho appreso che il Ministro Pecoraro Scanio ha parlato di tutto: ha ritirato fuori l'elettrosmog, ha parlato del 20 per cento di erosione delle coste in Sicilia, ha parlato di acque, di aria, di «aria fritta».
Pecoraro Scanio dovrebbe recarsi a Napoli, nella sua regione, per risolvere il problema dell'emergenza rifiuti in Campania,


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senza ripetere qui questo inutile rituale! Dovrebbe sentire sulla sua pelle la vergogna della sua regione, che non riesce a uscire da tale impasse drammatico che ne inquina l'immagine. Dovrebbe rimanere, ripeto, a Napoli - non a Roma - per risolvere il problema, perché quei cumuli di immondizia, se sono il monumento che si merita una politica con la «p» minuscola in campo ambientale, ma non solo, sono, in particolare, il monumento di questo Ministro del gruppo dei Verdi che non si deve nemmeno permettere di parlare di problemi ambientali diversi da quelli dell'emergenza rifiuti in Campania. Risolva tale emergenza e chieda a tutti di partecipare alla soluzione del problema! Tutti dobbiamo assumerci le nostre responsabilità!
Non mi riferisco né a Bassolino né alla gestione della sinistra in Campania: quando in un Paese nascono problemi di tale portata, la responsabilità è di tutti!
È anche troppo facile attribuire la responsabilità a qualcuno; probabilmente qualcuno ce l'ha: anche la magistratura sta indagando su questo «qualcuno», ma si tratta di responsabilità più specifiche. La responsabilità è politica in un Paese che non riesce a risolvere problemi ambientali che sono stati risolti in tutti i Paesi del mondo e che sono stati risolti anche in alcune parti d'Italia come a Brescia, per esempio.
Brescia è considerata la città che ha l'impianto di termovalorizzazione più efficiente del mondo; è il migliore in senso assoluto, per efficienza e per immissioni nell'aria.
Contemporaneamente siamo di fronte allo scandalo dell'emergenza rifiuti in Campania, che cerchiamo di risolvere in tutte le maniere, inviandoli in Romania, pagando la Germania, perché li prenda, con il nord che, a questo punto, si rifiuta di collaborare, dopo tredici anni di mancanza di soluzione del problema.
La responsabilità è di tutti; è un disastro reale della nostra immagine politica! Quando si parla di casta, si parla di questo: non si ha più la capacità di risolvere i problemi. La politica ha bisogno di un sistema binario: «sì» o «no», in mezzo non vi è nulla. Non vi sono le fantasie o i tentativi disperati di mediazione o di aggiungere responsabilità a responsabilità che non ci sono. Quando abbiamo conferito a Bertolaso l'incarico di Commissario in Campania, abbiamo giocato l'ultima disperata carta, perché in ordine a Bertolaso c'era da parte di tutti la condivisione sul fatto che ci trovavamo di fronte a un personaggio capace che ci rappresentava.
È un anno che Bertolaso - ma siamo noi a farlo, non è lui, perché Bertolaso rappresenta noi - racconta favole: l'anno scorso ha affermato che, in dieci giorni, si sarebbe risolto il problema. Un paio di settimane fa ha ripetuto che il problema della Campania sarà risolto tra venti giorni. Ora si lamenta perché non ha i poteri per svolgere il suo ruolo.
Questo è il vero disastro: la nostra incapacità di guardarci negli occhi, anche tra maggioranza ed opposizione, per affrontare un problema che è di tutti, del nostro Paese, risolvendolo in una maniera seria, anche perché in questo modo gli italiani non concederanno mai la loro fiducia né a voi né a noi!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Paolo Russo. Ne ha facoltà.

PAOLO RUSSO. Signor Presidente, tenterei pacatamente di cercare di comprendere a cosa serva, non il dibattito che stiamo svolgendo, ma il provvedimento sul quale stiamo ragionando.
Esso serve più o meno a quello a cui serviva il decreto-legge dell'ottobre scorso, quello dell'ottobre 2006. Quindi, in buona sostanza, questo provvedimento non serve a nulla. Quel decreto-legge a nulla serviva, lo dicemmo, e a nulla è servito: non è stato utilizzato per un'azione di sensibilità ambientale o per fare impianti, non è stato utilizzato per fare nulla!
Questo provvedimento non serve a niente perché, se fosse stato funzionale all'emergenza, appena approvato dal Consiglio dei ministri e quindi vigente, avrebbero consentito l'esercizio di alcune attività,


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per esempio la realizzazione delle quattro discariche indicate nell'articolo 1. Che vergogna! Un Governo nazionale, un Parlamento che si deve preoccupare di attività che, in genere, vengono svolte sui territori: indicare i luoghi dove smaltire i rifiuti!
Ebbene, ormai questo decreto-legge, è in vigore da quarantotto giorni e da quarantotto giorni non una, dico non una, delle quattro discariche interessate dall'articolo 1 è stata allestita, messa in programmazione o organizzata, né mai saranno utilizzate. Nessuna delle quattro discariche!
A nulla, quindi, serve il decreto-legge, la cui conversione è in esame: è una sorta di pannicello caldo che rappresenta più un tentativo di catarsi, di pulizia della propria anima, come se si volesse dimostrare che qualche cosa si è fatto, anche se male ed inutilmente.
Questo per quanto riguarda l'inutilità del decreto. Il provvedimento risulta poi dannoso, perché presenta alcuni riferimenti incomprensibili ed illogici che non hanno alcuna attinenza con lo stato dei luoghi e dell'arte. Mi riferisco ad uno in particolare: si vuole, attraverso il decreto, individuare una soluzione per il trattamento delle ecoballe prodotte, chissà perché, a partire dal 15 dicembre 2005; come se quelle prodotte il 14 dicembre, prodotte oggi o prodotte domani avessero un loro destino! La verità è che, senza una ragione propria, si tenta di fare altri pasticci, cercando di individuare improbabili soluzioni, il più delle volte costose, con lauti appalti; speriamo che la norma presente nel decreto e che consente l'affidamento attraverso la somma urgenza non verrà mai utilizzata, altrimenti alle sollecitazioni che provengono dall'Unione europea per la grave crisi sanitaria e ambientale che abbiamo determinato si aggiungeranno ulteriori sollecitazioni derivanti dalla scarsa trasparenza delle nostre procedure di affidamento.
Una soluzione va individuata per le ecoballe, ma deve essere una soluzione ad alta tecnologia che davvero costi poco. Per quanto riguarda le ecoballe, credo che ormai viaggiamo sul numero di circa 6 milioni di tonnellate: ragioniamo insomma di numeri epocali.
Se solo volessimo spostare tali ecoballe per trattarle, come dicono alcuni scienziati, o additivizzarle, come dicono altri ambientalisti, occorrerebbe qualcosa come 300 mila automezzi. Un'opera ciclopica, una delle più grandi opere mai realizzate dal punto di vista del risanamento ambientale; passeremmo alla storia per un'opera del genere, come i costruttori della muraglia cinese, un'opera che non ha dimensioni corrispondenti nella storia moderna. Eppure, vi è qualcuno che ancora crede a questa possibilità.
Il decreto-legge è anche incostituzionale. Addirittura prevede la possibilità di utilizzare discariche sottoposte a sequestro da parte dell'autorità giudiziaria. Voglio soltanto che riflettiate su un dato: perché quelle aree, quelle discariche erano state sequestrate? Immagino perché è in corso un'indagine della magistratura. Voi pensate che oggi non vi sia una condizione di inquinamento delle prove, se venissero utilizzate impropriamente quelle discariche? Non avremmo reso un servigio o, meglio, non avreste reso un servigio agli inquinatori di professione? Credo di sì.
Il Governo e la maggioranza sempre più diventano complici di ecocriminali ed ecoinquinatori, intervenendo in via d'urgenza e determinando guasti su guasti.
Ma non parliamo delle responsabilità passate. Vorrei essere molto chiaro: è evidente che le responsabilità politiche sono di Bassolino e del centrosinistra, mentre le responsabilità penali vengono individuate in altra sede. Vorrei, invece, ragionare sulle responsabilità attribuibili alla maggioranza di Governo ed al Governo nell'ultimo anno.
Mi spiegate cosa avete fatto nell'ultimo anno, quale passo in avanti è stato compiuto, cosa si è fatto in più negli ultimi dodici mesi? Altra cosa, lo ripeto, è la responsabilità politica del presidente Bassolino. Spiegatemi voi quali sono gli indirizzi, le indicazioni, cosa avete consentito che il direttore Bertolaso facesse!


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Si è forse individuato un piano regionale o un qualche piano provinciale? Avete forse consigliato a qualche grande città - i cui amministratori, peraltro, sono tutti vostri colleghi ed amici di partito, illuminati esponenti dei nuovi partiti che stanno nascendo - di mettere in piedi una saggia raccolta differenziata e uno straccio di piano? Avete forse consigliato alla città di Napoli di fare qualcosa? O pensava, quel sindaco, che il problema potesse essere risolto trasferendo - magari nottetempo, come ebbe a fare nel caso dei Rom - i rifiuti in Romania? Nessuno di voi ha spiegato a quel sindaco che l'etica ambientale imporrebbe saggiamente di non trasferire i rifiuti nei Paesi la cui sensibilità ambientale non è elevata?
Si ha dunque la sensazione che, in qualche modo, siate in competizione con la criminalità organizzata, poiché essa fa la stessa cosa: trasferisce flussi di rifiuti speciali nei Paesi a minore sensibilità ambientale (le ultime rotte sono verso il sud-est asiatico). Questa è l'unica grande invenzione che è giunta dal mondo della politica del centrosinistra campano!
Il centrodestra ed io vi avevamo già avvisato, dieci mesi fa, che la triarchia non funziona: non funziona in condizioni ordinarie, figurarsi in condizioni emergenziali! Dicemmo che non funzionava e non poteva funzionare: ed ovviamente essa ha prodotto risultati che sono sotto gli occhi di tutti. Dunque - immagino sollecitati dai campanelli che giungevano tempestivamente alle vostre orecchie dalle procure campane -, avete trasformato la triarchia in diarchia. Ma la musica non cambierà: resterà il consueto braccio di ferro.
In questi mesi, abbiamo assistito ad un combattimento permanente fra Bertolaso ed un ministro. Addirittura, il Presidente del Consiglio ha dovuto più volte - a Napoli, a Caserta, e poi a palazzo Chigi - incontrare il direttore Bertolaso per convincerlo a stare tranquillo, perché aveva l'appoggio di tutti, perché quel ministro contava e non contava, e vi sarebbe stata una soluzione politica. Ma la soluzione politica che è poi giunta non ha reso ragione alla gravità della situazione: essa ha di fatto prodotto una condizione di paralisi assoluta e totale.
Mi chiedo dunque: essendo sommersi dai rifiuti, cosa ci si potrebbe aspettare da un Governo non imbambolato, com'è questo, dai veti e dai diktat delle varie anime della maggioranza? Io mi aspetterei un sussulto di orgoglio e di amore per quelle terre. Rafforzare Bertolaso, riducendo eventualmente la durata temporale della sua azione: così si affrontano le emergenze. Si sarebbe dovuto dire: «Faccia tutto quel che è necessario e presto restituisca i poteri alla gestione ordinaria!»; così si opera normalmente nel mondo. Voi, invece, adoperate un metodo esattamente opposto: strumentalizzate la grande professionalità di un funzionario dello Stato, spalmando la sua azione nel corso del tempo e attribuendogli una serie di poteri, ma subordinandoli sempre alla frequentazione ed al via libera dei santuari della politica campana, quegli stessi santuari che sono i responsabili delle emergenze in corso.
Il risultato è che ormai i rifiuti hanno raggiunto le centinaia di migliaia di tonnellate e sono sparsi ovunque, e ancora oggi, al cospetto di tale gravità, presentate un provvedimento con il quale lo si imbriglia, lo si ammanetta, lo si imbavaglia, lo si frena e, di fatto, lo si paralizza. Costringendolo, pertanto, a fare cosa? Esternazioni sui giornali. Le avete lette? «Io vivo alla giornata», ha detto, «navigo a vista», «il mio piano è stato fermato». Ma fermato da chi? Dai veti, dai diktat, dalle consorterie politiche. Egli pietisce con il cappello in mano un consenso che evidentemente non c'era, non c'è stato e non potrà esserci.
Non poteva funzionare tale sistema, voi lo sapevate. Ciononostante, colpevolmente siete andati avanti su questa strada e ciecamente perseverate in questo errore. Non vorrei apparire in controtendenza rispetto a tutte le dichiarazioni che ho ascoltato a proposito della vile aggressione di Ariano Irpino al Commissario Bertolaso, ma essa è figlia del primo e del secondo decreto-legge, i quali non forniscono


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autorevolezza e autonomia al Commissario Bertolaso. Pertanto, era evidente che il segnale che si dava era di tale genere: «ecco il capro espiatorio, prendetevela con lui!»
Per questa ragione, gli emendamenti da noi presentati cercano di modificare la sostanza di questo provvedimento al fine di renderlo più capace di rispondere direttamente ai bisogni dei cittadini campani: togliere i rifiuti dalla strada ed essere trattati in modo civile.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Carfagna. Ne ha facoltà.

MARIA ROSARIA CARFAGNA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, con questo ennesimo decreto-legge si prosegue con la logica dell'emergenza, senza riuscire ad individuare il vero obiettivo per il superamento della questione rifiuti. Questo modo di confrontarsi con un disastro simile elimina anche quella sottile speranza che ancora qualcuno, in Campania e in Italia, nutre riguardo alla soluzione di un dramma nel quale ormai viviamo da troppo tempo.
Forse i rappresentanti del Governo, anziché continuare a litigare e a sprecare tempo per cercare di trovare un equilibrio all'interno di una coalizione che ha posizioni tra loro inconciliabili, bene farebbero a venire in Campania, a rendersi conto, a toccare con mano, a verificare una realtà invivibile e delle condizioni di vita che ormai generano una situazione che è gravemente dannosa per l'ambiente, ma soprattutto per la salute dei cittadini.
La Campania, purtroppo, non ha risolto e non risolverà in tempi brevi questo annoso problema, perché chi l'ha governata ha preferito gestire il potere quotidiano, fatto di nomine, di consulenze, di assunzioni, di viaggi di rappresentanza e di sedi all'estero che costano una somma enorme, anziché governare pensando al futuro, predisponendo e attuando dei progetti necessari per il riscatto di una regione condannata ad uno stato di agonia.
L'emergenza rifiuti si risolve e deve essere risolta con l'adozione di due misure: da un lato, la costruzione di impianti di termovalorizzazione e, dall'altro, l'incentivazione della raccolta differenziata. Su questi due punti - è sotto gli occhi di tutti, purtroppo - il centrosinistra, in Campania, ha fallito del tutto. Gli impianti di termovalorizzazione, che il centrodestra aveva progettato, sono stati sopraffatti dalla logica delle discariche, dove si annidano affarismo e criminalità organizzata.
Quanto alla raccolta differenziata, in Campania siamo tra l'8 e il 10 per cento, mentre in Italia si è al 24 per cento. Ciò è accaduto perché non si è fatto leva sulla coscienza civica dei cittadini, che vanno incentivati alla raccolta differenziata con sconti consistenti sulla tassa dei rifiuti, come è accaduto in un comune del salernitano che costituisce una sorta di oasi felice in Campania. Mi riferisco al comune di Mercato San Severino, dove il sindaco la pensa in maniera diversa, ha avviato una raccolta differenziata, per strada non ci sono rifiuti e i cittadini respirano sicuramente un'aria migliore rispetto a quella che i cittadini campani sono costretti a respirare nel resto del territorio campano.
Allora, anziché parlare ai cittadini per convincerli a separare, per esempio, l'umido dal vetro, la plastica dalla carta, il vostro amato Bassolino ha ben pensato di darsi al clientelismo, una attività in cui, bisogna ammetterlo, è imbattibile. Ha assunto ben 2316 persone formalmente per la raccolta differenziata ma che, sostanzialmente, fanno ben altro, visto che la raccolta differenziata in Campania ha raggiunto livelli percentuali bassissimi. Non fanno nulla, percepiscono uno stipendio in cambio del loro voto, di quello della loro famiglia, dei loro amici e degli amici degli amici.
Prima di chiedere al Parlamento di votare il disegno di legge di conversione di questo decreto-legge, credo che il Governo abbia il dovere di spiegare come sono stati spesi in Campania quei due miliardi di euro destinati, a quanto pare solo formalmente, all'emergenza rifiuti. Prima di votare questo decreto-legge, abbiamo il diritto di sapere - vogliamo sapere - come


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pensate di smaltire tutti i rifiuti che al momento sono stoccati in vari siti nelle cosiddette ecoballe.
I problemi che abbiamo davanti credo siano di due tipi: uno di medio periodo, se così si può dire, ed uno di lungo periodo.
Per ciò che riguarda il problema di medio periodo, lo smaltimento dei rifiuti accantonati e di quelli che verranno prodotti, siamo convinti che ci vorranno almeno 5-10 anni per risolverlo. Pertanto, serve chiarezza e sincerità da parte del Governo. È opportuno spiegare ai cittadini che il problema non si risolverà mai, se non verranno costruiti numerosi termovalorizzatori e se non sarà incrementata contestualmente la raccolta differenziata. Allora, dovete dirci quanti impianti intendete costruire, dove e soprattutto in quanto tempo.
Il secondo problema a cui facevo riferimento, quello di lungo periodo e, per certi versi, anche quello di maggiore gravità, riguarda il disastro ambientale e sanitario che questa situazione ha determinato. Le falde acquifere campane sono ormai inquinate, i terreni agricoli sono a rischio, la presenza di diossina nell'aria è elevatissima, i ricoveri per problemi respiratori sono al di sopra della media nazionale, le malformazioni infantili sono pari all'84 per cento in più rispetto al dato italiano, la percentuale di cittadini colpiti da cancro è in vertiginoso aumento. Questi sono dati di fatto spaventosi, ma che voi continuate a nascondere dietro l'assenza di conferme scientifiche di quanto purtroppo emerge.
Quando, tra qualche anno, statistiche e scienza ci confermeranno il danno che avete prodotto sull'ambiente e sulla salute dei cittadini, più che un decreto-legge come quello in esame forse sarà necessaria e più appropriata una risoluzione dell'ONU che condanni Bassolino e gli altri responsabili per crimini contro l'umanità.
Concludo facendovi notare che quello che doveva essere un modello di buon governo della sinistra in Italia si sta rivelando, in realtà, il peggiore sistema clientelare italiano. Il fatto che, ad ogni elezione, in Campania il centrosinistra continui a prendere tanti voti dimostra che non c'è libertà di voto, che il consenso viene estorto, contrattato e che fa leva non sulla libera scelta, ma su prebende, nomine, consulenze e assunzioni.
Quanto sia sempre più grave e delicata la questione in Campania ce lo dice anche una notizia Ansa di ieri sera, relativa ad un provvedimento giudiziario dal quale emerge che Bassolino sarebbe vicino al rinvio a giudizio per truffa relativa al ciclo sullo smaltimento dei rifiuti. Per evidenziare la gravità di queste accuse, leggo soltanto un brevissimo passo di tale agenzia: «Bassolino, come è sottolineato nell'ordinanza del gip Saraceno in riferimento alle imputazioni formulate dai pm, aveva i poteri di sovraintendere e assicurare "la cura e l'attuazione della corretta gestione dello smaltimento dei rifiuti solidi urbani assimilabili e speciali".
Bassolino, tuttavia, per i pm "non impediva, realizzava e consentiva la perpetua violazione degli obblighi contrattuali assunti dall'ATI, affidataria, in relazione alla gestione del ciclo dei rifiuti solidi urbani in Campania". Omettendo, inoltre, di "promuovere e sollecitare iniziative volte a garantire il rispetto dell'obbligo contrattuale" di ricezione da parte dell'ATI di tutti i rifiuti solidi urbani, e omettendo di "intraprendere iniziative dirette a contestare e comunque impedire le accertate violazioni contrattuali da parte delle società affidatarie"».
La gravità di tali accuse indurrebbe una persona normale e responsabile alle dimissioni spontanee. Bassolino, invece, come ha sempre fatto, se ne infischia, fa finta di nulla o, peggio, non se ne rende conto, anche perché passa le sue giornate immerso in una Napoli che appartiene, purtroppo, soltanto ad una ristretta e più fortunata minoranza. Noi, invece, abbiamo a cuore la Napoli di tutti napoletani e pertanto, oltre ad esprimere la nostra ferma e convinta contrarietà al decreto-legge in esame, esprimiamo, a nome della Campania per bene ed onesta, l'auspicio che, quanto prima, Bassolino e la Jervolino si dimettano per far spazio a chi non ama il potere gestionale, ma sogna e spera


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in un futuro migliore per una delle più belle e più grandi regioni d'Italia (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).

PRESIDENTE. Nessun altro chiedendo di parlare, invito il relatore ad esprimere il parere delle Commissioni.

SALVATORE MARGIOTTA, Relatore. Signor Presidente, mi corre innanzitutto l'obbligo di ricordare il parere espresso dalla V Commissione (Bilancio), di cui ieri non avevo dato conto nel corso della mia relazione in quanto lo stesso non era ancora pervenuto. Tale parere è favorevole (nulla osta).
Alla luce delle valutazioni espresse ieri, riteniamo che si debba accelerare il più possibile l'iter del provvedimento e, quindi, evitare un nuovo passaggio al Senato.
La Commissione, pertanto, invita i presentatori a ritirare tutte le proposte emendative presentate, esprimendo, altrimenti, parere contrario.

PRESIDENTE. Il Governo?

GIAMPAOLO VITTORIO D'ANDREA, Sottosegretario di Stato per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali. Il Governo esprime parere conforme a quello del relatore.

PRESIDENTE. Secondo le intese intercorse tra i gruppi, il seguito dell'esame è rinviato ad altra seduta.
Sospendo la seduta, che riprenderà alle ore 15 con lo svolgimento di interpellanze urgenti.

La seduta, sospesa alle 13,45, è ripresa alle 15.

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Brugger, Casini, De Simone, Donadi, Giovanardi, La Malfa ed Elio Vito sono in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente ottantotto, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Svolgimento di interpellanze urgenti (ore 15,01).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interpellanze urgenti.

(Iniziative per garantire la possibilità per i consumatori di cambiare operatore di telefonia mobile nel caso di aumenti tariffari - n. 2-00607)

PRESIDENTE. L'onorevole Fogliardi ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00607 (vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 1), concernente iniziative per garantire la possibilità per i consumatori di cambiare operatore di telefonia mobile nel caso di aumenti tariffari.

GIAMPAOLO FOGLIARDI. Signor Presidente, signor sottosegretario, mi rivolgo a lei anche a nome degli altri parlamentari firmatari dell'interpellanza.
L'articolo 1 del decreto-legge 31 gennaio 2007, n. 7 (il cosiddetto «pacchetto liberalizzazioni»), convertito dalla legge 2 aprile 2007, n. 40, ha disposto la cosiddetta «abolizione dei costi di ricarica», al fine di consentire una maggiore trasparenza tariffaria e permettere al cittadino-consumatore di conoscere l'effettivo costo del servizio. Il costo di ricarica incideva sull'importo ricaricato con un'incidenza inversamente proporzionale al taglio scelto (20 per cento per i tagli da 10, 20 e 25 euro, 10 per cento per i tagli da 50 euro, 5 per cento per i tagli da 100 euro).
Precedentemente, Wind, operatore di telefonia mobile, ha provveduto ad aumentare le proprie tariffe, modificando anche quelle dei vecchi clienti. In primo luogo, con decorrenza 1o maggio 2007, il piano telefonico «Wind10» è stato rimodulato per tutti i vecchi clienti, divenendo


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«Wind12»; oltre all'aumento dello scatto alla risposta, si è registrato un aumento del costo delle chiamate voce nazionali (+20 per cento) e degli SMS (+50 per cento). In secondo luogo, con decorrenza 15 maggio 2007, il piano telefonico «sempre light» è stato trasformato d'ufficio nel nuovo profilo «senza scatto new», con un deciso aumento (+40 per cento) della tariffa per le telefonate con durata superiore ai 3 minuti.
In data 31 maggio 2007, si è appreso da più fonti che anche l'operatore 3-H3G ha informato la propria rete commerciale che, con decorrenza 1o agosto 2007, avrebbe effettuato una modifica peggiorativa di tutti gli impianti telefonici prepagati in commercio. In particolare, il rincaro medio riguarda sia lo scatto alla risposta, sia la tariffa al minuto (+20 per cento), sia il costo degli SMS (+20 per cento). Oltre a questo, sarebbe stata introdotta un'ulteriore modifica peggiorativa in riferimento alla riduzione dell'importo corrisposto come autoricarica (-50 per cento), oltre all'introduzione di limiti alla fruizione del credito derivante da autoricarica. Anche in questo caso, pertanto, gli aumenti introdotti paiono superare di gran lunga i mancati introiti dovuti all'abolizione dei costi di ricarica.
Il codice delle comunicazioni elettroniche, all'articolo 70, comma 4, prevede la possibilità del cliente di recedere dal contratto in caso di modifiche peggiorative della propria tariffa. Nel caso della rimodulazione annunciata dall'operatore 3-H3G, tuttavia, la possibilità di recedere tramite richiesta di cambio operatore con mantenimento del numero è fortemente limitata, per due differenti motivi. In primo luogo, il credito presente sulla scheda, derivante da ricarica o da autoricarica, andrebbe perso. In secondo luogo, i telefonini cosiddetti sim-lock, acquistati da larga parte dei clienti di 3-H3G insieme alla scheda telefonica, diverrebbero inutilizzabili.
Alla luce di tutto ciò, si chiede come si valuti il comportamento che i gestori di telefonia mobile hanno assunto a seguito della nuova normativa proposta dal Governo, con atti che solo formalmente possono essere giustificati da un intervento normativo che aveva come finalità quella di introdurre maggiore trasparenza sul mercato. Inoltre, se si intenda intervenire al fine di ottenere un intervento normativo volto a garantire più concretamente la libera possibilità per i cittadini-consumatori di cambiare operatore qualora il proprio gestore di telefonia mobile proceda ad arbitrari aumenti tariffari, in particolare, al fine di ottenere la previsione di un possibile cambiamento di operatore, mantenendo il credito residuo e/o prevedendo la possibilità di monetizzarlo, e al fine di ottenere la previsione di un'assoluta equiparazione tra il credito derivante da ricarica e il credito derivante da autoricarica, nonché al fine di poter richiedere gratuitamente la rimozione del sim-lock, nel caso in cui il proprio gestore introduca modifiche tariffarie peggiorative.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico, Marco Stradiotto, ha facoltà di rispondere.

MARCO STRADIOTTO, Sottosegretario per lo sviluppo economico. Signor Presidente, in risposta all'interpellanza urgente presentata dall'onorevole Fogliardi ed altri, faccio presente che l'articolo 1 del decreto-legge 31 gennaio 2007, n. 7, nel testo risultante dalla legge di conversione 2 aprile 2007, n. 40, stabilisce il divieto, da parte degli operatori di telefonia, di reti televisive e di comunicazioni elettroniche, di applicare costi fissi e contributi per la ricarica di carte prepagate.
Scopo della norma è favorire la concorrenza e la trasparenza delle tariffe, garantire ai consumatori un adeguato livello di conoscenza sugli effettivi prezzi del servizio e facilitare il confronto tra le offerte presenti sul mercato. In particolare, in merito alle presunte violazioni della citata disposizione normativa, numerose sono state le segnalazioni pervenute da parte di molti consumatori e di associazioni dei consumatori, che hanno evidenziato la modifica unilaterale dei piani tariffari e di singole voci di costo ad opera di alcuni operatori di telefonia mobile.


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Nell'ambito dell'attività di monitoraggio svolta dall'amministrazione, tali segnalazioni sono state tempestivamente trasmesse all'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni che, in qualità di organo competente ai sensi del comma 4 dell'articolo 1 della legge n. 40 del 2007, svolge il compito di vigilare sull'attuazione dell'articolo 1 e anche del comma 2, relativo alla trasparenza, nell'offerta commerciale, dell'indicazione delle voci di costo che compongono la stessa, comminando inoltre le sanzioni in caso di violazione della normativa.
Si segnala, tra l'altro, che la stessa legge istitutiva dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, la n. 249 del 1997, affida, fra gli altri, il compito di regolare le relazioni fra i gestori di telefonia e gli utilizzatori dei servizi nei limiti dell'autonomia contrattuale delle parti.
Va altresì osservato che, in una prospettiva di mercato, il costo fisso di ricarica costituiva, anteriormente al decreto-legge n. 7 del 2007, una componente di prezzo di un servizio esclusa da logiche concorrenziali e che, invece, in conseguenza della predetta norma, tale componente riacquista influenza nelle decisione di acquisto del servizio di telefonia da parte dei consumatori.
Il Ministero, quindi, non è deputato a valutare i comportamenti dei singoli operatori, né intende peraltro basare il proprio monitoraggio su detti comportamenti (nuove offerte commerciali, variazioni di profili tariffari); per cui, ove gli stessi operatori ritengano di variare i profili tariffari offerti ai consumatori, lo faranno tenendo conto che in un mercato concorrenziale, com'è noto, il prezzo non è una variabile ininfluente nelle decisioni di acquisto. Compito del Ministero è, bensì, osservare e analizzare gli effetti complessivi sui consumatori dell'eliminazione dei costi di ricarica e delle altre misure legislative adottate al fine di aumentare la trasparenza e la concorrenza nei settori della telefonia fissa e mobile.
A questo fine, come per altri settori oggetto di misure di liberalizzazione, l'attività di monitoraggio del Ministero avrà un continuo riferimento sull'andamento dell'indice Istat, che costituisce un indicatore generale, mese per mese, dell'evoluzione dei prezzi anche nel settore dei servizi telefonici. Infatti, lo stesso indice ha già rilevato gli effetti positivi dell'applicazione della disposizione sui costi ricarica. Sin dal mese di marzo, secondo l'Istat, i prezzi nei servizi di telefonia mobile hanno registrato complessivamente un ribasso del 14,4 per cento.
A maggio la variazione tendenziale corrisponde ad un abbassamento del prezzo di quattordici punti. Saranno le rivelazioni effettuate dall'ISTAT sul costo della vita a fornire elementi di chiarezza circa l'impatto di eventuali rincari nei servizi di telefonia mobile e non il comportamento commerciale dei singoli operatori difficilmente valutabile in termini di impatto generale.
L'articolo 1 del decreto-legge 31 gennaio 2007, n. 7, nel testo risultante dalla legge di conversione del 2 aprile 2007, n. 40, stabilisce inoltre il divieto della previsione di termini temporali massimi di utilizzo del traffico o del servizio acquistato, e la facoltà di trasferire le utenze presso altro operatore senza vincoli temporali o ritardi non giustificati e senza spese non giustificate da costi dell'operatore.
Sulle presunte violazioni poste in essere dall'operatore 3-H3G, numerose sono state le segnalazioni pervenute da parte di molti consumatori e di associazioni dei consumatori. Anche tali segnalazioni sono state tempestivamente trasmesse all'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, cui spetta la vigilanza sulla corretta applicazione delle disposizioni, con i maggiori poteri introdotti con la legge 2 aprile 2007, n. 40. Infatti, per quanto riguarda alcuni comportamenti di operatori riferiti dagli onorevoli interroganti, si evidenzia, secondo le informazioni fornite dal Ministero delle comunicazioni, che la stessa Autorità ha recentemente adottato le seguenti misure. In primo luogo, con riguardo alle modifiche unilaterali delle condizioni contrattuali messe in atto dall'operatore di telefonia mobile Wind a


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seguito della legge n. 40 del 2007, si fa presente che l'Autorità ha già adottato gli opportuni provvedimenti e, in particolare, con riguardo alla modifica del piano tariffario, nota come «Wind 10-Wind 12», è in corso un procedimento sanzionatorio a carico dell'operatore mobile al quale, in data 10 maggio 2007, è stato notificato un atto di contestazione. A tale riguardo, si fa presente che il termine massimo ordinario di conclusione del procedimento sanzionatorio è di centocinquanta giorni dalla notifica della contestazione. Sempre nei confronti di Wind, anche con riferimento alla trasformazione del piano «sempre light» in « senza scatto new», è stato avviato un analogo procedimento sanzionatorio.
Più in generale, si precisa che le offerte di piani tariffari a condizioni più costose rientrano nella piena disponibilità degli operatori - anche secondo l'Autorità garante per la concorrenza e il mercato offrire nuovi e più costosi piani tariffari rientra nella disponibilità delle imprese -, essendo il mercato retail dei servizi telefonici mobili un mercato non compreso tra i diciotto mercati rilevanti per i quali, secondo la Commissione europea, si possono adottare misure ex ante, in quanto tale mercato al dettaglio è un mercato vivace sotto il profilo concorrenziale e, quindi, sottratto a remedies particolari, in base al quadro regolamentare comunitario vigente nel settore delle comunicazioni elettroniche. Tale facoltà di modifica delle condizioni nei contratti per adesione, tuttavia, non esime l'operatore che intenda esercitarla dal rispetto degli obblighi di trasparenza di cui all'articolo 70, comma 4, del codice delle comunicazioni elettroniche, né esonera la condotta posta in essere dall'operatore dall'esercizio di azioni inibitorie promosse dagli utenti o dalle associazioni dei consumatori innanzi l'autorità giudiziaria, ai sensi del codice del consumo.
In secondo luogo, con riferimento alla «modifica peggiorativa» di tutti i piani telefonici prepagati di 3-H3G a partire dal mese di agosto, che tale operatore avrebbe comunicato alla propria rete commerciale, l'Autorità fa presente che, ai sensi dell'articolo 70, comma 4, del codice delle comunicazioni elettroniche, tale modifica, completa di tutti i dettagli, dovrà essere comunicata alla stessa con almeno 30 giorni di anticipo rispetto alla relativa decorrenza. Al momento, in mancanza della prescritta comunicazione da parte dell'operatore in questione, l'Autorità non disporre di elementi sufficienti a valutare l'opportunità di un intervento; comunque l'Autorità segnala che nei confronti di 3-H3G è in corso un'attività pre-istruttoria con riguardo ad altri profili sempre attinenti la trasparenza dei prezzi.
In terzo luogo, sul tema della portabilità dei numeri mobili, l'Autorità è intervenuta con la delibera 17/06/CIR, imponendo, tra l'altro, una quota più elevata di lavorazioni giornaliere. Per quanto riguarda la possibilità di prevedere un regime speciale di portabilità per quegli utenti che abbiano subito una modifica in peius delle condizioni tariffarie, l'Autorità rileva che tale soluzione sarebbe discriminante nei confronti di quegli utenti già «in coda», che hanno deciso di richiedere la portabilità per motivi diversi (ad esempio per la maggiore convenienza di una nuova offerta di un altro gestore) con effetti distorsivi per le regole della concorrenza.
In ogni caso, non risulta che al momento vi sia alcun backlog per il passaggio da 3-H3G ad altri operatori mobili.
In quarto luogo, in merito alla questione del credito residuo, è in corso l'elaborazione, da parte dell'Autorità, di un'interpretazione del combinato disposto dei commi 1 e 3 dell'articolo 1 della legge n. 40 del 2007, al fine di stabilire se, dopo l'entrata in vigore della suddetta legge, sussista il diritto degli utenti al riconoscimento del credito residuo, sotto forma di restituzione in denaro in caso di recesso o di trasferibilità nell'ipotesi di portabilità del numero.
In quinto luogo, l'Autorità è già intervenuta, a suo tempo, sul tema dell'assoluta equiparazione tra il credito derivante da ricarica e quello derivante da autoricarica, con la delibera n. 7/02/CIR. Con essa, al fine di garantire condizioni trasparenti


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alle offerte promozionali, si impone ai gestori di servizi mobili di evidenziare, nelle carte dei servizi, le eventuali restrizioni alla restituzione del credito accumulato in virtù di tali offerte.
In sesto luogo, con riguardo, infine, alla questione della rimozione gratuita del sim-lock in caso di modifica in peius delle condizioni contrattuali, l'Autorità ha già disciplinato la materia con la delibera n. 9/06/CIR, recante disposizioni regolamentari in tema di sblocco di terminali mobili, introducendo un duplice orizzonte temporale per lo sblocco, cui afferiscono differenti condizioni economiche per l'utente. Riconosciuta la legittimità del sistema sim-lock - laddove esso consente ai consumatori di accedere all'acquisto di un terminale mobile ad un prezzo inferiore rispetto a quello di mercato - quale forma di compensazione per l'operatore che effettua la promozione, l'articolo 5 della delibera citata ha previsto la possibilità di sblocco del terminale con vincolo, su richiesta dell'utente, dopo nove mesi dall'acquisto, a fronte del pagamento di un corrispettivo non superiore al 50 per cento del sussidio ricevuto per l'acquisto del telefono. Trascorso il periodo massimo di diciotto mesi, invece, il terminale viene sbloccato gratuitamente da parte del fornitore di servizi. Non sembra possibile pertanto che l'operatore non riconosca, in caso di recesso anticipato da parte dell'utente a seguito di una modifica unilaterale del piano tariffario - ancorché essa sia effettuata con i dovuti requisiti di trasparenza - le medesime condizioni che la delibera n. 9/06/CIR prevede per il caso di recesso ordinario e, dunque, anche nell'ipotesi in cui esso abbia luogo prima dello scadere dei suddetti due termini di nove e diciotto mesi dall'acquisto.

PRESIDENTE. L'onorevole Fogliardi ha facoltà di replicare.

GIAMPAOLO FOGLIARDI. Signor Presidente, mi dichiaro molto soddisfatto perché credo che l'articolata risposta fornita dal sottosegretario Stradiotto - che ringrazio - metta in risalto la pertinenza degli argomenti e degli aspetti trattati.
Come ho avuto modo di affermare nell'illustrare l'interpellanza urgente in esame, oggi è necessario ottenere chiarezza e bloccare atti che minano le finalità fondamentali che persegue il provvedimento sulle liberalizzazioni proposto dal Ministro Bersani, le quali sono volte ad introdurre una maggiore trasparenza nel mercato.
Come è stato evidenziato nella risposta del sottosegretario, in cui si fa riferimento anche all'avvio di vari procedimenti, la questione di cui si discute è stata ampiamente sollecitata da alcune unioni di consumatori e da molte categorie di soggetti, forse le più deboli, le meno abbienti, le meno protette, quelle che ogni giorno si sentono sole, derise, gabbate e, soprattutto, stanche di sentirsi dire che, «fatta la legge, trovato l'inganno». Tale situazione mi è stata evidenziata anche da molti studenti universitari i quali si trovano già ora a far fronte, con le loro paghette mensili e i loro piccoli risparmi, i costi quotidiani e, conseguentemente, non hanno bisogno di essere presi in giro anche da tali «giochi».
Signor sottosegretario, penso che dare risposte chiare rientri in un'ottica volta a fare fronte, prima che a necessità finanziarie, ad un'esigenza etica che in questo Paese spesso sembra sia dimenticata e che, invece, abbiamo il dovere di salvaguardare.
Per questo motivo la ringrazio ancora.

(Iniziative per prevedere l'equipollenza delle lauree di scienze e tecnologie alimentari e di scienza della nutrizione umana alle lauree in biologia e chimica ai fini dell'ammissione ai pubblici concorsi - n. 2-00511)

PRESIDENTE. L'onorevole Barani ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00511 (vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 2), concernente iniziative per prevedere l'equipollenza delle lauree di scienze e tecnologie alimentari e di scienza della nutrizione umana alle lauree in biologia e chimica ai fini dell'ammissione ai pubblici concorsi.


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Sottosegretario Stradiotto, la prego di rimanere in aula finché non arriva il suo collega.

LUCIO BARANI. Signor Presidente, credo di dover illustrare la mia interpellanza, anche per attendere l'arrivo del sottosegretario Modica, il quale dovrebbe rispondermi.
Nella mia interpellanza, si parla della laurea in scienze e tecnologie alimentari e della laurea in scienze della nutrizione umana, che sono sistematicamente e irrazionalmente ignorate come titolo di ammissione a quasi tutti i concorsi pubblici, nonché ad alcune classi di concorso per l'insegnamento, addirittura in materie attinenti alle scienze dell'alimentazione e della nutrizione umana, previste in molti istituti professionali.
Tale esclusione è quasi sempre determinata da semplice dimenticanza o da mancata conoscenza dell'esistenza di tali lauree. Ciò che colpisce molto, ovviamente, è che il Ministero dell'università e della ricerca non sappia dell'esistenza di tali corsi di laurea, che esso stesso ha previsto tra i corsi universitari.
Ovviamente, il danno per i laureati in queste discipline e per le loro famiglie, impossibilitati a confrontarsi con quelli di altre facoltà scientifiche, risulta grave ed ingiusto. Non dimentichiamo che gli studenti conseguono un titolo di laurea, portano avanti il loro impegno scolastico e sopportano sacrifici, anche economici, come le loro famiglie, che vengono poi vanificati dalla «ignoranza», intesa come mancanza di conoscenza e di attenzione da parte del Ministero, dei vari enti che bandiscono concorsi pubblici e della scuola.
I laureati in scienze e tecnologie alimentari e in scienza della nutrizione umana non possono addirittura essere ammessi alle borse di studio del Consiglio nazionale delle ricerche (CNR), ai concorsi in quasi tutte le aziende sanitarie locali, a quelli indetti dall'Istituto superiore della sanità - cosa ancora più grave - e a tutti i concorsi statali, regionali e comunali per i quali è richiesta la laurea in biologia o chimica.
Il corso di laurea, così com'è strutturato ed organizzato, con un piano di studi ben preciso, fornisce tutte le conoscenze di base e l'adeguata preparazione scientifica di carattere biochimico che ne permetterebbero l'equipollenza.
Quindi, chiedo al Ministro interpellato quali iniziative intenda assumere per ovviare a questa situazione, ritenuta ormai insostenibile e ingiusta, affinché sia possibile prevedere l'equipollenza della laurea in scienze e tecnologie alimentari e della laurea in scienza della nutrizione umana alle lauree in biologia e in chimica ai fini dell'ammissione a qualsiasi concorso pubblico o per l'insegnamento di tali materie.

PRESIDENTE. Sospendo brevemente la seduta.

La seduta, sospesa alle 15,25, è ripresa alle 15,30.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'università e la ricerca, Luciano Modica, ha facoltà di rispondere.

LUCIANO MODICA, Sottosegretario di Stato per l'università e la ricerca. Signor Presidente, chiedo scusa per il ritardo, ma mi trovavo presso l'aula della VII Commissione nella quale era in corso una seduta.
In relazione alla questione posta dall'onorevole interpellante, ritengo opportuno ricordare la normativa che disciplina i requisiti di partecipazione ai pubblici concorsi.
Per quanto riguarda i titoli di studio richiesti dalle amministrazioni che emanano i bandi per la copertura dei posti disponibili, la competenza sul coordinamento dei concorsi pubblici nonché il compito di comunicare agli enti le tipologie dei titoli utili per la partecipazione ai concorsi stessi spetta al Dipartimento riforme e innovazioni nella pubblica amministrazione. Il predetto ufficio, con la


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direttiva del 3 novembre 2005, ha in particolare sottolineato che gli enti che bandiscono i concorsi hanno piena discrezionalità sulla scelta dei requisiti che ritengono più adatti alle professionalità di cui hanno bisogno.
In ogni caso si precisa che, a seguito della definizione dei nuovi ordinamenti didattici, ai sensi dei decreti ministeriali n. 509 del 1999 e n. 270 del 2004, questo Ministero provvede ogni anno a pubblicare tutta l'offerta formativa degli atenei, con riferimento sia ai corsi di laurea, sia a quelli di laurea magistrale, attraverso l'aggiornamento annuale della guida universitaria ai corsi di studio e alle professioni - disponibile e consultabile sul sito ufficiale del Ministero - e la «banca dati offerta formativa», contenente l'elenco e gli ordinamenti di tutti i corsi di laurea attivati dalle università nel territorio nazionale.
Ai sensi della normativa vigente, per quanto riguarda l'equipollenza tra due lauree, i cui percorsi di studio presentino affinità, la dichiarazione di equipollenza è nella competenza del Ministero dell'università e della ricerca - di concerto con il Dipartimento riforme e innovazioni nella pubblica amministrazione - che si pronuncia su domanda dei soggetti interessati, dopo avere acquisito il parere del Consiglio universitario nazionale, che provvederà ad esprimersi esaminando il curriculum formativo delle lauree in questione.
Al termine del procedimento, se l'istruttoria è favorevole, viene emanato un provvedimento che dichiara l'equipollenza tra le due lauree ai fini della partecipazione ai pubblici concorsi.
Una procedura analoga è prevista per il riconoscimento di un titolo accademico ai fini dell'accesso all'insegnamento. Il provvedimento viene predisposto con decreto del Ministro della pubblica istruzione, sentito il parere del Consiglio nazionale della pubblica istruzione, a seguito di una specifica richiesta documentata, inoltrata da un ateneo, che dimostri l'affinità tra il corso di studio per il quale si richiede l'accesso ad una classe di insegnamento e quelli già riconosciuti idonei a tal fine.
Solo a seguito di tale iter procedurale sarà possibile riconoscere validità alla laurea in scienze e tecnologie alimentari e alla laurea in scienze della nutrizione umana, ai fini dell'insegnamento nella scuola secondaria.
Si deve aggiungere, per completezza, che la nuova normativa sull'autonomia didattica universitaria, varata dai decreti ministeriali già citati, introduce le classi di corsi di laurea e di laurea specialistica/magistrale, per cui corsi di laurea o di laurea specialistica/magistrale appartenenti alla medesima classe sono equipollenti a tutti gli effetti senza bisogno di ulteriori provvedimenti.
Ne segue che, in futuro, occorrerà armonizzare la normativa della dichiarazione di equipollenza con quella delle classi di corsi di laurea, ritenendosi per varie ragioni logiche che l'equipollenza sia da stabilirsi, eventualmente, tra classi di corsi di laurea e non tra singoli corsi di laurea. Nel caso particolare prospettato dall'interpellante, si segnala, a puro scopo informativo, che i corsi di laurea e di laurea specialistica/magistrale in scienze e tecnologie alimentari, in biologia e in chimica appartengono a differenti classi.

PRESIDENTE. L'onorevole Barani ha facoltà di replicare.

LUCIO BARANI. Signor Presidente, ringrazio il sottosegretario. Ovviamente dovrà capire che non posso essere soddisfatto dalla lettura dello scritto che le hanno predisposto, ma credo che neanche lei, che è stato rettore della prestigiosa università di Pisa, da cui ho avuto il piacere e l'onore di uscire come medico, possa condividerlo.
Infatti lei stesso, da rettore, ha attuato questi corsi di laurea specifici in scienze e tecnologie alimentari e in scienze della nutrizione umana e sa che i laureati in tali discipline - che fanno sacrifici per arrivare alla laurea, studiando le materie che sono, di fatto, quasi le stesse dei corsi di biologia e di chimica - non possono insegnare nelle scuole secondarie materie


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quali scienze della nutrizione e scienze alimentari: lo possono fare solo i chimici e i biologi e non chi è provvisto della laurea specifica.
È un'assurdità, una dimenticanza. Sicuramente il dipartimento riforme e istituzioni ha altro cui pensare, senza tenere conto che vi sono studenti che percorrono un iter formativo e che si impegnano - non sono dei lavativi - arrivando a conseguire una laurea con l'impegno economico delle loro famiglie, pur sapendo che tale laurea non servirà a nulla. Infatti, questi studenti non verranno ammessi con tale titolo di studio neanche ai concorsi del Consiglio nazionale delle ricerche - nella mia interpellanza ciò è ben specificato, ma ovviamente chi le ha scritto la risposta non ha capito, perché ignora quello che volevo chiederle - né a quelli dell'Istituto superiore della sanità e nemmeno a quelli delle aziende sanitarie locali.
Insomma, abbiamo creato dei corsi di laurea, abbiamo dato dei titoli di laurea, inducendo dei giovani ad intraprendere quel tipo di studi, ma poi precludiamo loro qualsiasi sbocco lavorativo per semplice dimenticanza o per mancanza di conoscenza dell'esistenza di tale laurea, tanto che non verranno ammessi neanche ai concorsi delle regioni, dei comuni e delle province.
La invitiamo, onorevole sottosegretario Modica, insieme al Ministro Mussi, a fare in modo che tale dimenticanza, tale «ignoranza», tale mancanza di conoscenza venga superata con il riconoscimento dell'equipollenza determinata con legge o con una circolare ministeriale, in modo da facilitare anche ai laureati in tali materie l'accesso ad un'attività lavorativa. Ritengo che ciò sia necessario, perché si tratta di un diritto degli studenti, un diritto delle loro famiglie e, ancor più, un diritto della collettività a veder premiati gli studenti meritevoli.
Tale dimenticanza si inserisce in un momento drammatico. In questi giorni - come lei saprà perfettamente - i neolaureati in medicina di tutte le università, anche della nostra di Pisa, dovranno sostenere l'esame di Stato per le scuole di specializzazione il 18 luglio e hanno dovuto presentare le domande entro il 4 giugno. Non è stata però prevista - per una dimenticanza, perché forse il Ministro Mussi era più impegnato a creare la «cosa rossa», piuttosto che a creare gli sbocchi lavorativi che servono - una quota di riserva nei bandi, in modo che il titolo sussistesse al momento di apertura delle scuole di specializzazione, ossia al 30 luglio, come sempre è successo in Italia e nel mondo.
Pertanto, dei neolaureati in medicina dovranno perdere un anno per legge, ossia non per mancanza di capacità o di impegno, ma solamente per una lacuna e per una negligenza del Ministero, che non ha previsto una norma di salvaguardia per gli studenti e per le famiglie che si sono sacrificate per farli studiare. Parliamo del corso di medicina di sei anni e delle scuole di specializzazione di ulteriore durata di cinque, per un totale di undici anni. Tali studenti entreranno nel mondo del lavoro un anno più tardi per la sola responsabilità del suo Ministero.

(Iniziative in favore della deputata afgana Malalai Joya - n. 2-00622)

PRESIDENTE. L'onorevole Venier ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00622 (vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 3), concernente iniziative in favore della deputata afgana Malalai Joya.

IACOPO VENIER. Signor Presidente, sottosegretario Di Santo, siamo stati costretti a presentare questa interpellanza urgente per la risposta del tutto insufficiente che abbiamo ottenuto dal sottosegretario Giovanni Vernetti ad un atto di sindacato ispettivo presentato in Commissione affari esteri la scorsa settimana. Spero davvero che oggi il Governo voglia dare una risposta diversa a ciò che sottoponiamo, attraverso questo atto parlamentare, alle istituzioni, al nostro Esecutivo e all'intero Paese.


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Bisogna ricordare chi è Malalai Joya: si tratta di una deputata, la più giovane del Parlamento afgano, di una militante per i diritti civili, una donna coraggiosa impegnata nell'organizzazione della società civile afgana, la quale ha avuto un ruolo, con la sua organizzazione, nella denuncia della situazione terrificante e mostruosa delle donne, degli uomini e dei diritti civili in Afghanistan, ben prima che la comunità internazionale, sulla spinta degli Stati Uniti, aprisse gli occhi e intervenisse - anche in modo così sbagliato - in tale Paese.
Le donne in Afghanistan si sono battute, da decenni, contro tutti i fondamentalismi e hanno continuato a farlo contro le ipocrisie della cosiddetta esportazione della democrazia e dei suoi alleati in Afghanistan.
Malalai Joya è stata minacciata di stupro all'interno dell'aula del Parlamento afgano. Malalai Joya, che è una deputata, è stata espulsa e cacciata dallo stesso Parlamento perché si è permessa di ricordare come in quella sede - come riportano tutte le agenzie dei diritti umani e tutte le strutture che si occupano dell'Afghanistan - siedano criminali di guerra, macellai della propria popolazione, trafficanti di droga, ex talebani, ossia signori che si sono votati da soli - per sé - l'amnistia dalla responsabilità - come ha detto Malalai Joya - di aver abusato e strumentalizzato il termine jihad per realizzare un macello nel loro Paese e per trasformarlo in un inferno.
Insomma, siamo di fronte ad una personalità che dovrebbe rappresentare il punto di riferimento per chiunque abbia a cuore i diritti umani, lo sviluppo della democrazia e la crescita di una società civile; eppure questa espulsione da quella che è utilizzata come istituzione che formalmente legittima il Governo Karzai - il Parlamento afgano - non ha dato scandalo e, addirittura, il nostro stesso Governo, come ho avuto modo di dire e di replicare al sottosegretario Vernetti, ne ha dato una lettura minimalista, quasi che fosse un problema legato alla divisione dei poteri in Afghanistan.
Noi siamo a pochi giorni, sottosegretario Di Santo, dall'apertura qui a Roma di una conferenza internazionale proprio sull'Afghanistan e sulla situazione dello Stato di diritto e del bilancio dell'azione dell'Italia, la quale si è candidata in Afghanistan proprio per un ruolo nella costruzione di un sistema giuridico; quelle poche risorse che il nostro Stato non dedica all'intervento militare dichiara di investire proprio nella costruzione di un percorso che deve portare al primato della legge e dello Stato di diritto in Afghanistan.
In Afghanistan, in questi ultimi giorni, abbiamo avuto il sequestro, la detenzione senza processo, la probabile tortura e il rilascio - anche nelle forme in cui è avvenuto - di Abdullah Hanefi, uomo fondamentale per la soluzione del caso Mastrogiacomo, il quale è stato detenuto senza alcuna garanzia nelle carceri afgane, che tutte le agenzie indipendenti ci descrivono come luoghi dell'orrore e della violazione sistematica dei diritti fondamentali della persona e dell'umanità.
Abbiamo avuto, sottosegretario, stragi terrificanti operate dalle strutture militari della NATO, anche in zone sotto comando italiano, con operazioni che avevano quale motivazione quella di colpire organizzazioni terroristiche o criminali di guerra che, però, in forma diversa, siedono, come ho già detto, all'interno delle stesse strutture istituzionali del Governo afgano.
Abbiamo inoltre avuto - ed il caso è oggetto, appunto, dell'interpellanza in esame - l'espulsione di un membro del Parlamento per il semplice fatto di essersi permessa di denunciare questa situazione, di portare una critica politica, etica, morale alla situazione delle istituzioni afgane, di non essersi piegata ad essere portavoce degli interessi di questi tipi di organizzazioni criminali o degli interessi multinazionali, internazionali che agiscono in Afghanistan. Per tali motivi ci aspettiamo che il nostro Governo possa intervenire in modo diretto e molto deciso sulle autorità afgane, perché Malalai Joya possa tornare a svolgere la sua azione all'interno del Parlamento, ma, soprattutto, perché la


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società civile sia il nostro interlocutore in Afghanistan, perché queste donne coraggiose sentano di essere loro lo strumento della costruzione di ogni ipotesi di democrazia, non certo questi personaggi che si sono riciclati, che hanno cambiato il colore del loro turbante e che oggi siedono nelle istituzioni cosiddette dell'Afghanistan.
Se noi faremo mancare il nostro appoggio a questa realtà, avremo davvero mancato di ogni efficacia nell'affrontare una situazione che è disperata non perché manchino interlocutori in Afghanistan ma perché gli interlocutori sono stati abbandonati per decenni secondo la logica degli interessi geopolitici che portavano gli Stati Uniti, prima ad armare quella jihad contro i russi, poi a sostenere, attraverso il loro alleato pakistano, la vittoria dei talebani e infine, in seguito, ad abbattere coloro che fino a pochi mesi prima erano agenti della CIA, come Bin Laden, per instaurare un nuovo regime, che ben poco si differenzia, come ci dicono gli osservatori indipendenti, da quelli precedenti.
Per tutte queste ragioni, siamo a fianco di Malalai, delle organizzazioni che la sostengono e vorremmo prendessero questa posizione anche il nostro Paese e il nostro Governo.
Mi riservo di replicare alla risposta che fornirà il Governo; però, ribadisco che l'iniziativa parlamentare e istituzionale non può piegarsi, non può essere subordinata ad alcuna azione di tipo militare. Guai se il nostro Paese non sapesse vedere la realtà di ciò che sta avvenendo e confondesse dei criminali con degli interlocutori!

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per gli affari esteri, Donato Di Santo, ha facoltà di rispondere.

DONATO DI SANTO, Sottosegretario di Stato per gli affari esteri. Signor Presidente, il tema sollevato dall'interpellanza è stato già oggetto di un'interrogazione a risposta immediata in Commissione, il 7 giugno scorso. Ricapitolo i fatti. Lo scorso 21 maggio, alla Camera bassa del Parlamento afgano, si è votato, per alzata di mano e senza conteggio dei voti, sull'espulsione della deputata Malalai Joya. La procedura è stata avviata in applicazione dell'articolo 70 del regolamento parlamentare, che proibisce ai deputati di insultarsi reciprocamente, dopo che, in un'intervista, la deputata aveva espresso opinioni gravemente offensive nei confronti dei colleghi.
L'onorevole Malalai Joya ha ora fatto appello alla Corte suprema afgana. La sua posizione si basa non solo su un'interpretazione del regolamento parlamentare diversa da quella portata avanti dall'istituzione, ma soprattutto sull'articolo 101 della Costituzione afgana, che stabilisce che nessun membro dell'Assemblea nazionale è perseguibile per le opinioni espresse nell'esercizio delle proprie funzioni. Il rango di tale norma dovrebbe porla al di sopra di ogni altra fonte legislativa.
In questo momento non è chiaro quale possa essere l'esito della vicenda, anche perché in questo momento il Parlamento afgano è chiuso e riaprirà solo a metà luglio. È tuttavia fin d'ora possibile affermare che una parola definitiva di chiarezza potrà essere data dalla Corte suprema afgana.
La questione riguarda quindi, in questa fase, i rapporti fra due poteri della Repubblica afgana - la Corte suprema e il Parlamento - le cui prerogative sono chiaramente stabilite dalla Costituzione di quel Paese.
In questo contesto un intervento sul Governo afgano rischierebbe di apparire quantomeno contraddittorio.
Proprio noi abbiamo incoraggiato e incoraggiamo l'Afghanistan, nel quadro delle attività di assistenza alle operazioni di institution building, ad adottare una piena separazione fra i poteri esecutivo, legislativo e giudiziario.
Sarebbe quindi difficile giustificare un intervento sul Governo afgano per modificare una decisione che il Parlamento afgano ha adottato sulla base del proprio regolamento interno e che è attualmente al vaglio della massima istanza giudiziaria del Paese.


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E questo, torno a ripetere, indipendentemente dalla valutazione di merito sulla vicenda menzionata dall'onorevole interpellante.
Ciò che potrebbe essere fatto, semmai, è individuare forme di interazione paritaria fra Parlamenti che consentano ai nostri rappresentanti di far pervenire ai colleghi afgani le proprie opinioni, in attesa che la Corte di giustizia afgana si esprima sulla vicenda e di avviare, se del caso, forme proficue di collaborazione e di cooperazione interparlamentare.
Vorrei comunque aggiungere alcune valutazioni di carattere generale sulla tutela dei diritti umani e sul rispetto dei principi dello Stato di diritto in Afghanistan.
L'Italia, come noto, è fortemente impegnata nella stabilizzazione e nella ricostituzione dell'Afghanistan e, dal 2001, coordina lo sforzo internazionale nel settore della giustizia e dello stato di diritto, nella convinzione del ruolo fondamentale che la giustizia ed i principi dello Stato di diritto possono svolgere nel quadro complessivo della ricostruzione del Paese: senza giustizia infatti non si può avere sicurezza, democrazia, diritti umani e sviluppo economico.
In tal senso ci si è sempre espressi nei frequenti contatti intrattenuti ai più alti livelli delle istituzioni afgane. E proprio nella direzione di tale sforzo si colloca l'organizzazione della conferenza Rule of law in Afghanistan, che si terrà a Roma i prossimi 2 e 3 luglio.
Purtroppo la situazione in Afghanistan - a causa anche delle tormentate vicende storiche attraversate da quel Paese, poc'anzi richiamate dall'onorevole Venier - rimane a livelli ben lontani da quegli standard necessari per ogni sistema basato su di un reale Stato di diritto, sul pieno rispetto dei diritti umani e delle libertà individuali. Proprio tale situazione è d'altronde all'origine del poderoso impegno intrapreso dalla comunità internazionale, nel quale l'Italia svolge un ruolo importante, per avviare quel processo di formazione e sostituzione di un sistema compatibile con i principi di uno Stato di diritto. Tale processo, come ho appena ricordato - ma giova ribadirlo ed averlo sempre bene a mente - è estremamente lungo e complesso.
Va detto, al tempo stesso, che peraltro l'Afghanistan è parte di alcuni strumenti in materia di salvaguardia dei diritti umani: la Convenzione contro la tortura, la Convenzione sull'eliminazione di tutte le forme di discriminazione contro le donne e la Convenzione per i diritti del fanciullo. Il Paese ha inoltre firmato - ma non ancora ratificato - il Patto internazionale sui diritti economici, sociali e culturali, la Convenzione sull'eliminazione di tutte le forme di discriminazione razziale ed i Protocolli opzionali alla Convenzione sui diritti del fanciullo (il primo riguardante il diritto dei bambini coinvolti nei conflitti armati e il secondo la vendita dei bambini e la pedo-pornografia), ed ha ratificato lo Statuto di Roma della Corte penale internazionale, a dimostrazione che l'azione internazionale gradualmente inizia dare i suoi frutti.
Siamo, dunque, consapevoli delle mancanze che, certamente, ancora persistono nel sistema dello Stato di diritto afgano e il caso della parlamentare Malalai Joya ne è l'ennesima prova. Il Governo ritiene, tuttavia, che pur fra infinite difficoltà e con tempi certamente lunghi si possa dire che, con lo sforzo congiunto della comunità internazionale, a livello di Stati e organizzazioni internazionali, e con l'appoggio della società civile, oltre che con l'impegno dello stesso Governo afgano, ci si sia avviati sulla strada del ristabilimento delle condizioni minime di uno Stato di diritto.

PRESIDENTE. L'onorevole Venier ha facoltà di replicare.

IACOPO VENIER. Mi dispiace, sottosegretario Di Santo, non poter assolutamente dichiararmi soddisfatto della «seconda» risposta da parte del nostro Governo su tale caso.
Nascondersi dietro una presunta divisione dei poteri, in un Paese dove il Presidente Karzai rappresenta poco più che l'autorità sulla capitale e dove chiunque


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si batta per i diritti civili - anzitutto, le donne per le loro libertà - rischia la vita e paga con la vita questo impegno; nascondersi dietro questo presunto ruolo delle istituzioni afgane, che sono ancora oggi strumenti nelle mani di organizzazioni legate al narcotraffico e di uomini che hanno commesso orrendi crimini contro le proprie popolazioni (criminali che ancora oggi controllano parti del proprio Paese con le loro bande armate); ebbene, condursi in tal modo, significa abbandonare tale persona e anteporre il presunto interesse dello Stato alla propria collocazione in quel contesto ai veri interlocutori che potrebbero fare crescere un'alternativa in quel Paese. Significa non mandare un messaggio chiaro alla società civile di quel Paese, che faticosamente e difficilmente tenta di trovare una sua strada attraverso le interlocuzioni internazionali.
È tutta qui la nostra critica al doppio standard seguito che ci ha fatto scegliere una via militare, e non politica, nella relazione con quel Paese: faremo una conferenza sul ruolo della legge mentre non sappiamo dire una parola decisa e ferma sul fatto che la legge, il luogo stesso della legge, in Afghanistan vengono violati (e ne viene travolto il significato) proprio attraverso l'espulsione di una donna ovvero di quell'elemento femminile che, secondo le comuni affermazioni, giustificava, più di altri, l'azione e l'intervento militare. L'espulsione di tale voce dal luogo della legge! In nome di cosa? In nome del fatto che tale donna ha avuto il coraggio di affermare ciò che sappiamo tutti e che facciamo finta di non dire, ovvero il ruolo che ancora oggi il traffico di droga, i signori della guerra e le bande criminali che controllano quei luoghi hanno nella spartizione delle istituzioni di quel Paese.
Quali passi avanti potremo compiere mascherandoci dietro tale tipo di formalismi? Ritengo che qui vi sia un punto politico da affrontare subito, perché ovviamente vi è un nesso tra tutto ciò e il modo in cui il nostro Paese è situato in quel contesto.
Come già affermato, noi abbiamo approvato il rifinanziamento della missione militare in Afghanistan nel quadro di una stabilizzazione e di una conferenza di pace che devono portare ad un ruolo diverso la nostra presenza: non militare, ma costruita intorno ad un progetto delle Nazioni Unite. Qui si misurano gli insuccessi della nostra presenza!
Non riusciamo ad ottenere la conferenza di pace e le istituzioni afgane vengono trasformate, anche attraverso atti di questo tipo, in istituzioni che legalizzano, che concedono l'amnistia a quanti sono stati (e sono ancora) protagonisti della tragedia della guerra civile in Afghanistan. Guerra che ha visto contrapposti fondamentalismi opposti sul piano militare, ma coerenti nel negare i diritti di quel popolo.
Ecco perché non possiamo essere soddisfatti della risposta del rappresentante del Governo; certo, svilupperemo un'azione parlamentare, ma il nostro Governo non sta in Afghanistan come un osservatore neutro, è parte della legittimità stessa di quelle istituzioni che, senza l'appoggio del nostro Paese, crollerebbero come un castello di carte.
Pertanto, lo ripeto, torneremo ad agire politicamente nei confronti del Governo italiano; però, si tratta di un fatto, di un passaggio che ci segna politicamente. Se non riusciamo ad affermare posizioni come queste, sarà sempre meno accettabile e comprensibile dare un sostegno a quella che da alcuni, anche dentro la maggioranza, viene ancora considerata una missione in grado di contribuire ad una evoluzione positiva di quel Paese. In realtà, invece, tale missione rischia di tradursi semplicemente in una sostituzione di regime senza alcuna modifica strutturale delle relazioni civili e della qualità dello Stato di diritto, dell'affermazione dei diritti di quelle popolazioni.
Per tutte queste ragioni, non siamo soddisfatti e penso vi sia la necessità che nel nostro Governo si apra una riflessione ancora più profonda su quali possano essere le conseguenze di giustificazioni molto formali, molto burocratiche, ma che cambiano la natura politica dei mandati che abbiamo conferito.


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(Eventuali responsabilità di Trenitalia nella gestione di eventi che comportano il trasporto di persone in occasione di manifestazioni di massa - 2-00612).

PRESIDENTE. L'onorevole Cannavò ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00612 (vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 4), concernente eventuali responsabilità di Trenitalia nella gestione di eventi che comportano il trasporto di persone in occasione di manifestazioni di massa.

SALVATORE CANNAVÒ. Signor Presidente, la ringrazio e ringrazio anche il sottosegretario Naccarato qui presente, anche se nel rispetto del suo ruolo e della sua funzione non posso non rilevare il fatto che, per il tipo di interpellanza presentata, sarebbe stata più appropriata la presenza di rappresentanti di ministeri più interessati al problema, in particolare il Ministero dei trasporti o quello dell'interno.
L'interpellanza infatti viene motivata in particolare dalle vicende occorse durante la manifestazione del 9 giugno, in occasione della presenza in Italia del Presidente degli Stati Uniti Bush.
Si tratta di una questione che è stata «toccata» dall'informativa urgente svolta in Assemblea dal Viceministro Minniti, ma solamente in parte, e soprattutto non ne è stato affrontato un aspetto che rischia di generare un problema strutturale nella gestione dell'ordine pubblico e, in particolar modo, con riferimento alla possibilità ed alla libertà di manifestare in questo Paese.
Prima di arrivare ai tre quesiti posti con l'interpellanza, vorrei focalizzare brevemente il problema: si è detto e scritto molto sulla manifestazione e molto di quello che si è scritto, tra l'altro, ha oscurato alcuni aspetti importanti e positivi della manifestazione stessa, al di là della sua partecipazione.
Intanto, quella manifestazione è stata organizzata e gestita da parte degli organizzatori con un rapporto costruttivo e positivo con le autorità preposte all'ordine pubblico, un rapporto che ha permesso uno svolgimento sostanzialmente positivo della manifestazione, che è stato del resto riconosciuto dalle stesse autorità di cui abbiamo parlato. Gli organizzatori si sono ben preoccupati di allertare le autorità e di costruire con loro un clima positivo nello svolgimento della manifestazione.
Non è stato invece possibile costruire alcun rapporto con un'azienda che è privata, ma che comunque è ancora a nomina pubblica - Trenitalia - per garantire un aspetto non indifferente nella gestione delle manifestazioni stesse, cioè il trasporto dei manifestanti per raggiungere la sede propria, in questo caso la capitale, al fine di poter svolgere la manifestazione.
Ciò ha prodotto ricadute pesantissime sull'ordine pubblico, e soprattutto sia sull'incolumità di alcuni manifestanti sia sullo stress che le stesse forze di polizia hanno dovuto subire in una giornata peraltro molto faticosa per la presenza di Bush in Italia. L'ampiezza e la dimensione della manifestazione erano ampiamente previste, le autorità erano perfettamente a conoscenza delle modalità di trasporto e delle possibilità di arrivo a Roma di manifestanti, soprattutto da città del Nord. Eppure nella gestione di tale trasporto ci si è trovati di fronte a una situazione di assoluta indisponibilità a consentirne la fruibilità da parte di gente che doveva partecipare semplicemente a una manifestazione, e non certamente fare una gita fuori porta.
La posizione di Trenitalia, che dice che c'è un tariffario e che quello deve essere utilizzabile per situazioni di questo tipo, è una posizione comprensibile dal punto di vista aziendale, ma non corrisponde invece a nessuna concretezza quando si tratta di gestire una situazione che ha a che fare non solo con l'ordine pubblico, ma anche con l'espletamento effettivo di diritti civili e con la possibilità di una dialettica democratica come quella della manifestazione, in quel caso una manifestazione contro la guerra.
In quella giornata ci si è trovati in una condizione di presidio militare di importanti stazioni del Nord, con ricadute pesanti


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sul servizio stesso, e quindi, in qualche modo, le inflessibilità di Trenitalia hanno provocato un maggior danno e un maggiore disservizio al trasporto. Si è determinato un confronto tra manifestanti e forze di polizia che poteva essere tranquillamente evitato: mi riferisco agli incidenti avvenuti nella fase finale della manifestazione, quando essa si era sostanzialmente conclusa senza disordini significativi, e agli incidenti provocati in larga misura dall'eccessivo presidio della stazione di Roma Tiburtina, che hanno determinato un accumulo di tensione che si è scaricato anche sulle forze di polizia, ma soprattutto sui manifestanti stessi, che poi sono stati messi in condizione di raggiungere la loro destinazione grazie all'intervento del Dipartimento della pubblica sicurezza. Tale intervento è giunto tra le ore 24 e le ore 1, dopo che il problema era noto ed evidente nella sua ampiezza e nelle sue dimensioni già alle 18. L'intervento, alla fine, è stato necessario, ma se fosse stato governato e pianificato si sarebbe garantita a tutti, forze di polizia e manifestanti, una gestione più serena della giornata.
Concludo sottolineando che le questioni sono sostanzialmente tre. In primo luogo, come garantiamo il diritto a manifestare, che è anche un diritto alla mobilità e alla possibilità di raggiungere i luoghi delle manifestazioni? Si badi bene: non si sta sostenendo la tesi per cui bisogna garantire la gratuità del trasporto, ma semplicemente la possibilità di concordare una modalità fruibile per chi manifesta, per chiunque manifesta; stiamo infatti parlando di diritti da garantire non soltanto ad alcune forze sociali rispetto ad altre, ma a forze sociali che vogliono esprimere una normale dialettica. La domanda è molto semplice: è possibile che per partecipare a una manifestazione a Roma si debbano spendere 100 euro? Credo si tratti di un problema che attiene alla libertà di manifestare e alla tensione che si accumula sui binari delle stazioni.
Inoltre, il Governo pensa di demandare a Trenitalia la gestione dell'ordine pubblico di questo Paese? Ovviamente no, la domanda è retorica; tuttavia, Trenitalia viene caricata di una responsabilità molto forte, quella di garantire o meno la possibilità di manifestare. Stiamo parlando di spostamenti consistenti: non di decine di persone che fanno una gita fuori porta, ma di migliaia di persone che in modo prevedibile si spostano in giro per l'Italia, e che di fronte a un diniego e all'impossibilità da parte di Trenitalia di costruire una mediazione e di concordare il trasporto, provocano evidentemente un problema di ordine pubblico. L'ordine pubblico, da quel punto di vista, viene quindi demandato alle scelte che Trenitalia compie semplicemente rispondendo ai suoi meccanismi di bilancio. Ma Trenitalia deve anche fornire un servizio, in questo caso un servizio democratico.
Il terzo quesito invece sottintende una proposta, e spero che il sottosegretario possa impegnarsi o comunque possa offrire una possibilità di dialogo su questo punto.
Il Governo è in grado ed ha la volontà di affrontare la questione in termini politici, come si conviene in questa situazione, e quindi di costruire un orientamento - anche insieme alle organizzazioni sociali, le più disparate e le più ampie possibili - per trovare una modalità condivisa nella gestione di avvenimenti di tale portata, in modo da eliminare alla radice tutti i problemi e tutti i disservizi che possono essere provocati da giornate così tese?
Si tratta semplicemente di predisporre un meccanismo che peraltro aiuterebbe probabilmente la stessa azienda dei trasporti. Infatti, una volta concordate tariffe abbordabili e orari di spostamento per i manifestanti che siano compatibili con gli orari commerciali dell'azienda, si consentirebbe un sereno e naturale svolgimento delle manifestazioni, impedendo, ad esempio, che quel che non si verifica, in termini di ordine pubblico, nella città destinataria della manifestazione si verifichi invece nelle città di partenza, che rischiano di divenire il vero avvio della manifestazione, anche in termini di conflittualità, di problemi e di tensioni.


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Credo si tratti di una questione che il Governo può porsi e su cui può ragionevolmente impegnarsi: è su questo che verte il quesito fondamentale dell'interpellanza in esame.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali, Paolo Naccarato, ha facoltà di rispondere.

PAOLO NACCARATO, Sottosegretario di Stato per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali. Signor Presidente, ringrazio l'onorevole Cannavò per la cortesia ed il garbo con i quali ha testé illustrato la sua interpellanza. Desidero inoltre chiarire preliminarmente che risponde il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei ministri - e non, come l'onorevole Cannavò avrebbe preferito, un collega del Ministero dei trasporti o del Ministero dell'interno - solo perché l'interpellanza è rivolta in primo luogo al Presidente del Consiglio dei ministri, e dunque, proprio per maggiore rispetto nei confronti dell'onorevole interpellante, abbiamo ritenuto che fosse la stessa Presidenza del Consiglio a dover rispondere.
Nel pomeriggio del 9 giugno, a Roma, in occasione della visita in Italia del Presidente degli Stati Uniti d'America, si sono svolte due manifestazioni pubbliche: una a Piazza del Popolo, promossa dalla FIOM-CGIL e da altre associazioni, con la partecipazione di circa 500 persone, ed un'altra promossa dal Comitato 9 giugno. Quest'ultima si è articolata in un corteo da Piazza della Repubblica a Piazza Navona con la partecipazione di circa 10 mila persone, molte delle quali gravitanti nell'area antagonista e no global, con una significativa partecipazione dei centri sociali del nord Italia.
Al termine della manifestazione, circa 300 persone sono giunte presso la stazione ferroviaria di Roma Tiburtina, presidiata da contingenti delle forze dell'ordine, manifestando l'intenzione di ottenere una riduzione del biglietto per il rientro a Milano. Dopo lunghe trattative con Trenitalia e numerosi atti di protesta da parte dei manifestanti, in occasione dei quali sono intervenute le forze di polizia, si è organizzato il deflusso ed il rientro nei luoghi di origine dei partecipanti ai cortei. Infine, alle ore 1,30 circa, i manifestanti sono partiti a bordo dei due treni speciali messi a disposizione da Trenitalia su richiesta del Dipartimento della pubblica sicurezza per evidenti e gravi ragioni di ordine pubblico.
Quanto agli episodi avvenuti nelle stazioni di partenza, la mattina del 9 giugno si sono radunate circa 80 persone presso la stazione di Padova, per lo più appartenenti al centro sociale Pedro ed al collettivo di scienze politiche Laboratorio Fuo.Co., che hanno tentato di contrattare con il personale di Trenitalia condizioni di favore per il viaggio in treno fino a Roma. Successivamente, tramite le biglietterie automatiche, alcuni leader del gruppo hanno acquistato, per tutti i partecipanti al corteo, i titoli di viaggio per la tratta Padova-Monselice, avendo così accesso ai binari della stazione, dove si sono ricongiunti con circa 60 altri manifestanti provenienti da Vicenza e muniti di biglietto per la tratta Vicenza-Padova. Anche in questo caso, dopo ulteriori forme di protesta e l'occupazione dei binari, sono iniziate trattative fra i responsabili locali di Trenitalia ed i rappresentanti dei manifestanti; tali trattative si sono concluse intorno alle ore 12 con l'accordo sul pagamento del biglietto ridotto per comitive ordinarie per la tratta Padova-Roma.
Si precisa, comunque, che nessun manifestante è giunto a Roma gratuitamente, nella scrupolosa osservanza di una pratica consolidata e rispettosa della legge e dei regolamenti ferroviari che si ripete in occasione di eventi che si svolgono a Roma.
In proposito, va precisato che Trenitalia, in relazione alle strategie utilizzate per garantire gli spostamenti dei partecipanti alle manifestazioni, come nel caso specifico della manifestazione del 9 giugno, predispone, anticipatamente, un programma di gestione per questo tipo di eventi che comportano un forte afflusso di viaggiatori.


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Al riguardo, vengono effettuate, con sufficiente anticipo, apposite riunioni - sia a livello centrale che territoriale - con il Ministero dell'interno per valutare il probabile flusso dei manifestanti e viene predisposto un piano organizzativo finalizzato a gestire sia il volume di traffico passeggeri aggiunto prevedibile, sia i possibili disservizi determinati da eventuali situazioni di emergenza, quali disordini, occupazioni di binari e via dicendo. Nell'ambito di tale piano, si provvede all'individuazione delle aree più critiche e dei referenti territoriali responsabili per ciascuna di esse, nonché dei treni potenzialmente a rischio di criticità. Nelle aree maggiormente interessate dai possibili flussi vengono predisposti anche servizi sostitutivi, come i bus, da utilizzare, se necessario, nel caso di saturazione dei treni o di interruzione della circolazione ferroviaria.
Le associazioni promotrici di questi eventi hanno come punto di riferimento la struttura di assistenza e vendita di Trenitalia, la cui organizzazione è strutturata attraverso articolazioni che coprono l'intero territorio nazionale. Attraverso tale struttura è possibile acquisire ogni utile informazione circa i servizi programmati e le tariffe previste e approfondire ogni altro aspetto commerciale, come, ad esempio, la possibilità di acquistare treni charter.
Per l'accertamento di eventuali responsabilità nella gestione di qualsiasi attività propria dell'azienda di trasporto è prevista nell'organizzazione di Trenitalia una specifica struttura di audit, avente il compito di verificare la corretta esecuzione delle azioni connesse all'espletamento dei compiti di ciascuna struttura aziendale.
Attualmente la politica commerciale adottata da Trenitalia non prevede la stipula di convenzioni che comportino riduzioni tariffarie particolari. La normativa tariffaria vigente, infatti, prevede già un'offerta commerciale per gruppi di viaggiatori di almeno dieci persone, cosiddetta «comitive ordinarie». Inoltre, c'è la possibilità di acquistare treni completi a tariffe prestabilite e valide per chiunque ne faccia richiesta, come, peraltro, è già avvenuto in diverse occasioni. D'altronde, la valutazione delle finalità del viaggio e dell'evento connesso non compete all'impresa di trasporto, il cui compito è quello di garantire la mobilità a prezzi di mercato, assicurando il medesimo trattamento e condizioni a tutta la clientela.

PRESIDENTE. L'onorevole Cannavò ha facoltà di replicare.

SALVATORE CANNAVÒ. Signor Presidente, ringrazio molto il sottosegretario Naccarato per l'impegno che ha assunto in questa sede a nome della Presidenza del Consiglio, come è giusto che sia. Desidero, quindi, valorizzare molto questa sua disponibilità, perché ovviamente quella di oggi sarà solo la prima di una lunga serie di atti di sindacato ispettivo, dal momento che la risposta mi trova del tutto insoddisfatto per una ragione di fondo. Mi si propone, infatti, una risposta sostanzialmente basata sui tabellari commerciali di Trenitalia e quindi si evade, in parte, il senso politico dell'interpellanza stessa.
I tabellari sono ben conosciuti, e rappresentano il primo contatto che chiunque voglia organizzare una qualsiasi iniziativa che preveda trasporti prende con l'azienda. Ovviamente, però, non sono qui in discussione i tabellari, né le regole per accedere ai treni, a tutti ben note. Stiamo parlando, invece, di qualcosa di più importante e serio, ed inviterei il Governo a considerare molto più seriamente la questione, perché ogni mese circa si produce un problema di ordine pubblico che, tra l'altro, non riguarda più solamente i manifestanti.
È accaduto infatti, qualche giorno fa, un fatto abbastanza inquietante, che dovrebbe far riflettere il Governo: alcuni pendolari non riescono più a sostenere il peso di un biglietto di 75 euro che devono sborsare ogni settimana per muoversi, per ragioni di lavoro, da Salerno a Milano - e già dovrebbe far riflettere la circostanza che in Italia vi siano pendolari tra Salerno e Milano - con ricadute pesantissime sullo stesso servizio.


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Se consideriamo la ricostruzione che il Governo ha proposto in questa sede, notiamo in primo luogo un elemento che conferma quanto avevo già sottolineato in sede di illustrazione.
Da parte dei manifestanti vi è sempre stata la volontà di contrattare, con la società Trenitalia, lo spostamento, e quindi di non esigere un trasporto gratuito. Infatti, lei stesso, signor sottosegretario, ha affermato che più volte le situazioni si sono sbloccate proprio a causa di accordi intervenuti nel corso delle proteste. Che il problema non sia solo di natura commerciale e di tabellari, è dimostrato anche dal fatto che per quel tipo di occupazione, del tutto pacifica e senza nessuno scontro con le forze dell'ordine, quei manifestanti stanno però subendo alcune inchieste giudiziarie; pertanto, non si tratta di una questione di tabellari commerciali.
Ma, se vogliamo stare al tema della sua risposta, il «nocciolo» è abbastanza smontabile da questa semplice constatazione: al fine di consentire l'accordo conclusivo con i manifestanti, Trenitalia, quella mattina, ha compiuto un gesto molto semplice: ha declassato i treni, cioè ha deciso d'arbitrio, quindi con un atto unilaterale, che il treno intercity non fosse più tale, ma diventasse un interregionale. Declassando i treni, ha abbassato il costo complessivo del servizio, facendo in modo tale che la riduzione commerciale, così come da lei descritta, potesse essere alla portata anche dei manifestanti. Pertanto, ha compiuto una scelta politica. Perciò, è possibile compiere delle scelte politiche, e non solo di natura aziendale, ovviamente in relazione al problema da affrontare in quel giorno. L'idea che Trenitalia debba rispondere solo a logiche di bilancio e aziendali è smontata dagli stessi fatti.
Inoltre, la questione del rapporto tra Trenitalia e le forze di polizia, per garantire solo il deflusso, è controversa; se si tratta esclusivamente di garantire il deflusso, perché manifestanti muniti di biglietto si trovano di fronte a stazioni ferroviarie fortemente presidiate, creando situazioni che generano, all'inizio stesso della giornata, una tensione che potrebbe essere tranquillamente evitata?
Forse il Governo non sa che il 19 maggio, a Napoli, si è svolta una manifestazione e che in occasione del rientro a Roma di alcuni manifestanti muniti di regolare biglietto, che dunque hanno pagato, Trenitalia ha comunque deciso la soppressione del treno, lasciando nella stazione di Napoli cento persone, che avrebbero potuto incendiare cassonetti, bloccare i binari, fare di tutto e che invece non hanno fatto niente, perché sono persone responsabili. Trenitalia si è assunta così una responsabilità enorme dal punto di vista dell'ordine pubblico, e a fronte dell'intervento di un parlamentare la stessa società si è sentita in diritto di poter dire: dell'intervento di un parlamentare non mi importa nulla, io sopprimo il treno, chiudo la stazione e poi se la veda la questura di Napoli.
Siamo arrivati a un punto tale che l'azienda di trasporti, che comunque è di proprietà dello Stato, può permettersi di gestire in questo modo problemi così scottanti, come quello del trasporto dei manifestanti? Cito i fatti, perché sono i fatti che generano i disordini e i problemi che tutti noi vogliamo evitare. Il senso di questa interpellanza è quello di contribuire ad evitare problemi che invece, a quanto pare, dalle risposte che fornisce il Governo, sono del tutto trascurati e non considerati.
Per tali ragioni mi ritengo fortemente insoddisfatto e preannuncio al Governo, da parte mia e di altri deputati interessati al problema, la presentazione di ulteriori atti di sindacato ispettivo. Il Governo deve anche sapere che il problema dello spostamento di manifestanti, in occasione di importanti eventi, sarà una questione politica con cui si dovrà cimentare - nelle sedi e nelle forme dovute - e che genererà problemi al Governo stesso, ovviamente di natura politica, perché non è possibile che la risposta possa essere così amministrativa e distante dalla vera natura del problema stesso.


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(Mancata applicazione da parte dell'Istat delle disposizioni normative che prevedono sanzioni pecuniarie a carico di cittadini ed imprese che non rispondono alle indagini statistiche - n. 2-00621)

PRESIDENTE. L'onorevole Carta ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00621 (vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 5) concernente la mancata applicazione da parte dell'Istat delle disposizioni normative che prevedono sanzioni pecuniarie a carico di cittadini ed imprese che non rispondono alle indagini statistiche.

GIORGIO CARTA. Signor Presidente, intendo illustrare l'interpellanza urgente da me presentata e il mio intervento sarà anche abbastanza breve.
Il settimanale Panorama del 14 giugno ha pubblicato un articolo, a firma di Donatella Marino, dove si pone in evidenza che, nonostante le disposizioni contenute negli articoli 7 e 11 del decreto legislativo n. 322 del 1989, che prevedono sanzioni pecuniarie a carico di cittadini ed imprese che non rispondono alle indagini statistiche (da un minimo di 200 ad un massimo di 2 mila euro per i cittadini e da 500 a 5 mila per le imprese), per stessa ammissione dell'Istat, vi è un numero di questionari non compilati all'anno che ammonta a circa 350 mila.
Secondo il dato sindacale l'erario avrebbe perso, nell'arco di cinque anni (considerando solo i termini relativi alla prescrizione) da un minimo di 775 milioni di euro ad un massimo di 3 miliardi di euro.
Tali ingenti risorse, con un Governo che cerca di raschiare il barile per risolvere le mille richieste dei vari «tesori e tesoretti», se questi dati corrispondono al vero, costituiscono una quota enorme.
Pertanto, qualora tali dati risultassero esatti - e non v'è dubbio perché provengono non solo dall'indagine giornalistica, ma da un'ammissione dell'Istat - chiediamo al Governo quali provvedimenti intenda adottare per verificarne la fondatezza e, nel caso in cui trovasse conferma, cosa intenda fare per superare ciò che sarebbe da considerarsi una grave omissione da parte degli organismi dirigenti, tenuto conto che il sindacato ha anche presentato una denuncia alla Corte dei conti.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali, Paolo Naccarato, ha facoltà di rispondere.

PAOLO NACCARATO, Sottosegretario di Stato per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali. Signor Presidente, ringrazio molto gli onorevoli interpellanti e l'onorevole Carta che ha illustrato la sua interpellanza urgente perché consente al Governo di chiarire tale circostanza.
In riferimento all'atto ispettivo presentato si fa presente che è del tutto priva di riscontro la stima del cosiddetto «tesoretto», termine con cui si definisce l'importo economico complessivo che l'erario non avrebbe riscosso a seguito della mancata applicazione delle sanzioni previste nei confronti dei soggetti che violano l'obbligo di risposta alle indagini statistiche (ce l'hanno comunicato formalmente gli uffici preposti).
Tale importo, valutato con una fantasiosa approssimazione tra i 775 milioni e i 7,5 miliardi di euro, scaturisce da un calcolo che assimila a rifiuti tutte le circa 350 mila mancate risposte di un anno alle rilevazioni statistiche.
In realtà, l'accertamento dell'effettiva intenzionalità di ogni singola risposta non fornita richiede una complessa e onerosa procedura di verifica che coinvolgerebbe le prefetture, comportando costi di attuazione rilevanti e di incerto esito in termini di individuazione dei comportamenti sanzionabili. Inoltre, avrebbe sicuramente l'effetto di aggravare ulteriormente le attività già congestionata delle prefetture.
Per quanto riguarda la responsabilità per la mancata applicazione delle sanzioni, essa riguarda tutti soggetti titolari di rilevazioni con obbligo di risposta inserite nel programma statistico nazionale (organismi


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centrali e amministrazioni periferiche). Per il triennio 2006-2008 ci sono state 216 rilevazioni dell'Istat e ben 246 di altri soggetti del Sistan, cioè del Sistema statistico nazionale.
Si precisa, inoltre, che la scarsa propensione a collaborare alla produzione di informazioni statistiche rappresenta un fenomeno di vasta portata e dalle molteplici cause, con cui la comunità nazionale e internazionale degli statistici ufficiali è sempre più chiamata a confrontarsi.
Una recente ricognizione effettuata dall'istituto nazionale di statistica in ambito europeo non ha rilevato casi di ricorso sistematico e generalizzato allo strumento sanzionatorio da parte degli istituti nazionali di statistica.
Alla radice di tale cauto atteggiamento vi è la comune consapevolezza che, ai fini della produzione di statistiche complete e affidabili, occorrono informazioni di base adeguate per quantità, ma soprattutto veritiere. Lo strumento repressivo, sebbene rappresenti un efficace deterrente, non esaurisce la molteplicità e la complessità degli interventi per assicurare ai titolari della funzione statistica la fiducia dei rispondenti e, di conseguenza, una partecipazione leale, consapevole e motivata alle rilevazioni.
Si tratta, in primo luogo, di far comprendere ai cittadini, alle famiglie, alle imprese ed alle istituzioni l'importanza dell'apporto che ciascuno può fornire alla statistica ufficiale attraverso la propria collaborazione. L'esperienza dimostra che un approccio persuasivo può rivelarsi risolutivo, anche in situazioni di iniziale inerzia o scetticismo.
In riferimento alla situazione italiana, gli articoli 7 e 11 del decreto legislativo 6 settembre 1989, n. 322, istitutivo del Sistema statistico nazionale (Sistan), composto dall'insieme dei soggetti pubblici e privati, ai quali è affidato il compito di produrre e fornire al Paese e agli organismi internazionali l'informazione statistica ufficiale, riproducono la disciplina di cui all'articolo 18 del regio decreto-legge 27 maggio 1929, n. 1285, avente ad oggetto l'ordinamento dell'Istituto centrale di statistica, che prevedeva la comminazione di ammende (depenalizzate a partire del 1975) per violazione dell'obbligo di fornire le notizie richieste nell'ambito di rilevazioni statistiche ufficiali.
A ciò va aggiunto che la vigente disciplina normativa presenta lacune e carenze tali da rendere estremamente difficoltoso, non soltanto per l'Istat, ma anche per gli altri soggetti titolari di indagine comprese nel programma statistico nazionale che stabilisce, con riferimento ad un periodo di tre anni, le rilevazioni statistiche di interesse pubblico affidate al Sistan e gli obiettivi dallo stesso perseguiti, la corretta instaurazione del procedimento sanzionatorio, anche alla luce del rapido cambiamento delle tecniche e delle metodologie di conduzione delle rilevazioni statistiche. In particolare, risulta problematica la definizione della condotta che integra la violazione dell'obbligo di risposta.
L'articolo 7 del decreto legislativo 6 settembre 1989, n. 322 si limita a stabilire che chiunque non fornisca, o fornisca intenzionalmente errati, i dati e le notizie che gli vengono richiesti per la realizzazione di rilevazioni previste dal programma statistico nazionale o, soggetti privati, richiesti dall'apposito elenco approvato con decreto del Presidente della Repubblica, è soggetto all'applicazione delle sanzioni amministrative pecuniarie previste dall'articolo 11 del medesimo decreto legislativo.
Tale disposizione istituisce, dunque, un collegamento diretto ed automatico tra la mancata fornitura dei dati richiesti e l'attivazione del procedimento di accertamento. Di fatto, essa non consente agli enti e agli uffici di statistica competenti ad accertare la violazione di considerare gli elementi e le circostanze che possono, in concreto, aver determinato la mancata risposta, nonché di valutarne la rilevanza, anche in riferimento all'effettivo conseguimento degli obiettivi conoscitivi di volta in volta perseguiti dalla singola rilevazione.
Inoltre, la norma sembra presupporre che sia sempre in concreto possibile verificare, in maniera univoca, certa ed immediata, che il soggetto tenuto all'obbligo


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di risposta vi abbia o meno adempiuto ed in quali circostanze di tempo e di luogo. Ciò può realizzarsi parzialmente con le rilevazioni che gli enti ed uffici del Sistan svolgono attraverso interviste dirette che implicano il contatto «faccia a faccia» tra rispondente e rilevatore.
Diversamente, la possibilità di verifica può non sussistere nelle rilevazioni svolte con altre tecniche di indagine come, ad esempio, nelle interviste effettuate mediante telefono o attraverso collegamento telematico o quando l'invio del questionario avviene per posta ordinaria.
Il consiglio dell'Istat, nel 2006, ha invitato a porre la questione in sede di comitato di indirizzo e coordinamento dell'informazione statistica (Comstat), organo collegiale rappresentativo delle diverse componenti del Sistan, avente il compito di adottare direttive e atti di indirizzo nei confronti dei soggetti del Sistema statistico nazionale e di deliberare il programma statistico nazionale e, nel corso del febbraio 2007, ha inviato al Ministro per l'innovazione tecnologica nella pubblica amministrazione una proposta per apportare le necessarie modifiche ai predetti articoli 7 e 11 del decreto legislativo n. 322 del 1989, da inserire nei successivi provvedimenti legislativi.
L'obiettivo è quello di definire le attività che i soggetti del Sistan devono porre in essere per individuare in maniera certa, tra le mancate risposte, quelle che, per la volontarietà della condotta, configurano una effettiva violazione dell'obbligo di risposta.
Allo stesso tempo si mira a ridurre l'onerosità di dette attività e, più in generale, il forte impatto che esse determinano sul complessivo funzionamento del Sistema statistico nazionale, fino a mettere a rischio, paradossalmente, la stessa qualità delle statistiche.

PRESIDENTE. L'onorevole Carta ha facoltà di replicare.

GIORGIO CARTA. Signor Presidente, apprezzo molto l'impegno del sottosegretario e nutro il massimo rispetto per la persona e per l'istituzione che rappresenta. Tuttavia, mi pare che la risposta fornita dagli uffici, apparentemente articolata, sia non solo insoddisfacente, ma oserei dire stravagante. Ciò per due motivi.
Il primo quesito che viene posto attiene all'accertamento del numero delle infrazioni. Vale a dire, se arrivano 350 mila mancate risposte, 350 mila mancate risposte devono essere passibili di sanzioni. Se si attende l'analisi per capire quali di esse possano incidere o meno sul dato statistico, diventa un problema completamente diverso.
Capisco la complessità della rilevazione statistica, difficoltà dovuta anche ai diversi soggetti sottoposti alla rilevazione, tuttavia vorrei porre una domanda al Governo: è possibile che la difficoltà della rilevazione possa mettere in non cale norme che prevedono delle sanzioni? Non entro oggi nel merito dell'entità effettiva del tesoro o «tesoretto», mi fermo alla prima parte. Un Governo deve essere in condizione di far rispettare le norme, altrimenti, se esse non servono, si devono cambiare.
Signor sottosegretario, l'unica parte della risposta che può essere accettata è quella in cui si dice che il Governo sottopone al Ministro per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione il problema di trovare un sistema di rilevazione efficiente. Ma ciò sta a significare che, essendoci queste inadempienze, per ammissione dello stesso Istat, neanche la validità delle statistiche è una cosa seria.
C'è un altro aspetto. Al di là della validità della statistica che, ripeto, in questo caso altera il problema, il dato statistico riferito a soggetti e a imprese costituisce l'elemento base (anche se i dati sono spesso riservati) per un sistema di controllo incrociato anche al fine di combattere l'evasione fiscale. Infatti, uno degli elementi fondamentali del contrasto all'evasione fiscale è la conoscenza. Non importa se anche altri soggetti, nazionali ed esteri, non applicano le sanzioni. Ciò costituisce una grave inadempienza della parte organizzativa dell'istituto, una grave inadempienza da parte degli organi di


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controllo e una grave inadempienza del Governo che risponde in maniera evasiva. L'unica piccola parte di soddisfazione deriva dall'augurio, nel nuovo clima che si è creato da ieri, che avvengano delle soluzioni «per magia» e che l'istituto del Ministro per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione possa dare una risposta.
Noi seguiremo questa vicenda che apparentemente può sembrare banale, ma così non è, signor sottosegretario. Questi dati si pongono alla base di conoscenze utili al Parlamento e al Paese. Ecco perché, con molto dispiacere, non posso che considerarmi insoddisfatto; se l'insoddisfazione potesse misurarsi per gradi, direi che lo sono al più alto grado per la risposta.

(Misure per contrastare le offese al sentimento religioso ed alle confessioni religiose - n. 2-00624)

PRESIDENTE. L'onorevole Capitanio Santolini ha facoltà di illustrare l'interpellanza Volontè n. 2-00624 (vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 6), di cui è cofirmataria, concernente misure per contrastare le offese al sentimento religioso ed alle confessioni religiose.

LUISA CAPITANIO SANTOLINI. Signor Presidente, illustrerò molto brevemente la nostra interpellanza perché devo confessare che mi imbarazza perfino parlarne. Sono profondamente indignata del fatto che siamo costretti, come parlamentari, a rivolgere al Governo questo tipo di domande e a interrogare le istituzioni su quello che sta avvenendo nel Paese, che, a nostro avviso, è qualcosa di estremamente grave, che non va semplicemente stigmatizzato, ma va fermato. Il che è tutta un'altra cosa!
Nella nostra interpellanza denunciamo due episodi ugualmente gravi; uno derivante da un finanziamento dello Stato e, quindi, da un'attività pubblica riconosciuta e riconoscibile; un altro invece, riconducibile ad un'attività che forse esula da un controllo, ma che denuncia anche un'assenza di controllo e di prese di posizioni conseguenti alla gravità di quello che è accaduto.
Mi riferisco, in particolare, a quanto sta avvenendo in questi giorni alla Biennale di Venezia, ossia ad uno spettacolo pornografico, Messiah Game, che definire osceno è dir poco, per le scene - irripetibili - che si svolgono ai piedi di una croce. Ripeto: mi imbarazza perfino dover parlare di tali questioni in quest'aula per la quale, com'è noto, nutro un grande rispetto. Mi imbarazza dover sottolineare questi aspetti perché vuol dire che siamo scesi veramente molto in basso.
Mi riferisco, inoltre, alla presentazione di un gioco, chiamato Operazione pretofilia, che si può tranquillamente scaricare da un portale - noi lo abbiamo scaricato e chiunque può farlo senza alcuna difficoltà - in cui, per l'ennesima volta, vi è un attacco furibondo rivolto al Vaticano sull'onda di trasmissioni televisive in cui si è condotto il tentativo - poi non riuscito - di dimostrare che il Vaticano sarebbe connivente con la pedofilia praticata dai sacerdoti e intenderebbe soffocare e, in qualche modo, mettere a tacere tutti gli episodi, veri o presunti che siano, occorsi tempo addietro.
Sull'onda di questa ormai inarrestabile moda, viene fatto scaricare un gioco che è l'ennesima dimostrazione del crescente attacco alle religioni e al sentimento religioso di tutte le confessioni, ma in particolare di quella cattolica. Peraltro, non oso pensare a ciò che sarebbe successo, probabilmente anche in quest'aula, se vi fossero stati attacchi analoghi ad altre religioni. Non oso pensare quanta solidarietà e quanta indignazione sarebbero state manifestate probabilmente da questi banchi se si fosse trattato di altre religioni.
Dato che si tratta della religione cattolica siamo costretti a presentare un'interrogazione al Governo per sapere cosa intenda fare nei confronti del denaro pubblico che viene speso per tali manifestazioni oscene, e che cosa intenda fare in


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ordine a tali giochi che vengono tranquillamente scaricati dai siti Internet e nei confronti dell'autorità giudiziaria.
La risposta ci interessa molto perché darà la misura di qual è l'impegno del Governo in una situazione così drammatica e così seria.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali, Paolo Naccarato, ha facoltà di rispondere.

PAOLO NACCARATO, Sottosegretario di Stato per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali. Signor Presidente, il consiglio di amministrazione della fondazione La Biennale di Venezia, lo scorso 20 giugno, ha deciso di confermare lo spettacolo Messiah Game nel programma del 5o Festival di danza.
La fondazione ha comunicato che le proprie scelte, cito testualmente, «debbono conformarsi al primo scopo statutario della Biennale di Venezia, che è quello di assicurare piena libertà di idee e di forme espressive». Al riguardo, si precisa che le valutazioni artistiche operate in piena autonomia dalla fondazione esulano dal potere di vigilanza spettante al Ministero per i beni e le attività culturali che, invece, ai sensi del decreto legislativo n. 19 del 1998, si esplica esclusivamente sulla gestione economico-contabile della fondazione. Inoltre, gli spettacoli teatrali non sono soggetti a nulla osta da parte delle commissioni di revisione, come invece è previsto per gli spettacoli cinematografici.
In relazione al sito che ha pubblicato il gioco in questione, quest'ultimo è già da alcuni giorni all'attenzione del servizio postale e delle comunicazioni del Ministero dell'interno ed, in proposito, è stata informata l'autorità giudiziaria di Catania, poiché la prima segnalazione del predetto sito è stata raccolta dal servizio di polizia postale di tale città. Nel contempo, si sta cercando di rimuovere la pagina web del server dove la stessa è ospitata, server che, dai primi accertamenti, risulta collocato negli Stati Uniti d'America.
In via generale, per contrastare il fenomeno dello sfruttamento sessuale dei bambini e la pedopornografia anche a mezzo Internet, è stato istituito, presso l'organo per la sicurezza e la regolarità dei servizi di telecomunicazione, il Centro nazionale per il contrasto della pedopornografia sulla rete Internet.
Le attuali norme impongono l'obbligo, per i fornitori dei servizi resi attraverso reti di comunicazione elettronica, di segnalare al predetto Centro, qualora ne vengano a conoscenza, le imprese o i soggetti che, a qualunque titolo, diffondono, distribuiscono o fanno commercio, anche in via telematica, di materiale pedopornografico, nonché a comunicare, su richiesta, informazioni relative ai contratti con tali imprese o soggetti. È stata, quindi, attribuita al Ministero delle comunicazioni una competenza sanzionatoria da 50 mila a 250 mila euro per la violazione degli obblighi di segnalazione per il mancato utilizzo, da parte dei fornitori di connettività, degli strumenti di filtraggio.
Il Ministro delle comunicazioni, di concerto con il Ministro per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione, ha adottato, in attuazione dell'articolo 14-quater della legge n. 269 del 1998, integrata dalla legge n. 38 del 2006, il decreto 8 gennaio 2007, con il quale sono stati individuati i requisiti tecnici degli strumenti di filtraggio che i fornitori di connettività alla rete Internet devono utilizzare, al fine di impedire l'accesso ai siti segnalati dal Centro nazionale per il contrasto alla pedopornografia.
Il decreto prevede che il Centro comunichi ai fornitori di connettività alla rete Internet la lista dei siti cui applicare gli strumenti di filtraggio, in maniera da garantire l'integrità, la riservatezza e la certezza del mittente del dato trasmesso. I fornitori sono tenuti a procedere alle inibizioni entro sei ore dalla comunicazione. Inoltre, in esecuzione di quanto prescritto dall'articolo 8, comma 2, del predetto decreto, il Ministero delle comunicazioni ha già avviato il tavolo tecnico per la verifica delle attività in corso e per garantire il coordinamento interno tra Polizia, Internet service provider e Ministero.


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La diffusione delle nuove tecnologie di trasmissione e lo sviluppo della convergenza delle piattaforme e dei media hanno notevolmente ampliato le possibilità di circolazione dei contenuti (programmi televisivi, immagini, audiovideo, chat, giochi e simili) determinando maggiori rischi per i minori.
I videogiochi, infatti, sono strumento dalle molteplici potenzialità che, oltre alla funzione ludica e allo sviluppo della coordinazione e della memoria, possono avere caratteristiche diseducative, in quanto incitano a comportamenti aggressivi, diminuiscono la capacità di cooperazione e trasmettono messaggi volgari, violenti o erotici. Come è noto, l'intrattenimento con i videogiochi ha ottenuto una straordinaria divulgazione determinando lo sviluppo dell'offerta di contenuti per giocatori adulti e da ciò deriva la necessità di prevedere forme di tutela idonee a preservare i minori.
In tale contesto, la Commissione europea, dal 1999, con il Safer Internet Action Plan e, dal 2005, con il programma Safer Internet Plus, promuove iniziative e finanzia progetti che coinvolgono gli Stati membri e gli operatori dei settori interessati, a completa tutela del minore nel suo approccio ad Internet e alle nuove tecnologie on line.
Di fronte alla difficoltà di impedire o limitare la produzione e la distribuzione dei prodotti in argomento e consapevoli dell'inefficacia di misure semplicemente interdittive, è necessario fornire un sostegno alle famiglie, finalizzato a valorizzare il carattere positivo dei videogiochi e, nel contempo, a vigilare per impedire il verificarsi di situazioni potenzialmente pericolose. Pertanto, è utile ed importante favorire la conoscenza e l'utilizzo, da parte dei consumatori-utenti, del sistema di classificazione PEGI (Pan european game information) - un sistema europeo di classificazione dei videogiochi in base al contenuto e all'idoneità all'utilizzo da parte dei soggetti appartenenti alle diverse fasce di età -, nato su iniziativa dell'Associazione europea degli editori di software interattivo ed utilizzato, dal 2003, in sedici Paesi europei.
Da parte sua, il Governo, ed in particolare il Ministro delle comunicazioni, ha ospitato, il 15 gennaio 2007, il PEGI Advisory Board ed a seguito della riunione, su sollecitazione del membro italiano in rappresentanza del Ministero, è stato avviato un lavoro di revisione del sistema, per migliorarne l'efficacia, renderlo più facilmente comprensibile alle famiglie e diffonderne la conoscenza, anche attraverso campagne informative.
A tal fine, il Governo ha anche attivato un tavolo di lavoro presso il Dipartimento per le politiche giovanili e le attività sportive della Presidenza del Consiglio dei ministri, che ha lo scopo di concordare, con i distributori di videogiochi presenti sul territorio nazionale, una serie di azioni e di programmi di informazione per genitori e adulti, volti a promuovere un acquisto consapevole dei prodotti, in rapporto alla formazione del minore utilizzatore finale.
In merito, inoltre, agli attacchi alle istituzioni religiose citate nell'interpellanza dell'onorevole Volontè, va precisato che, con l'accordo di revisione del Concordato Lateranense, firmato il 18 febbraio del 1984, è stato riaffermato e concretamente articolato il principio costituzionale dell'assoluta distinzione, indipendenza ed autonomia dei due ordini della Chiesa e dello Stato, che si impegnano ad una reciproca collaborazione per la promozione dell'uomo e il bene del Paese.
A ciò si aggiunge, nel Protocollo addizionale, il venir meno del principio, originariamente richiamato dai Patti Lateranensi, della religione cattolica come religione dello Stato, in conformità al dettato della Costituzione, ispirata al principio supremo della laicità dello Stato. L'azione del Governo sì è costantemente attenuta, di fronte al libero esplicarsi del fenomeno religioso, a tale principio, alla luce dell'interpretazione data dalla Corte costituzionale, la quale afferma che la laicità dello Stato «implica non indifferenza nei confronti della religione, ma garanzia dello


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Stato stesso per la tutela della libertà religiosa in un regime di pluralismo confessionale e culturale».
La non indifferenza dello Stato dinanzi alle religioni, secondo la Corte costituzionale, giustificherebbe «interventi legislativi a protezione della libertà religiosa», tra i quali la Corte stessa annovera «la protezione del sentimento religioso», che «è venuta ad assumere il significato di corollario del diritto costituzionale di libertà di religione, corollario che, naturalmente, deve abbracciare allo stesso modo l'esperienza religiosa di tutti coloro che la vivono, nella sua dimensione individuale e comunitaria, indipendentemente dai diversi contenuti di fede delle diverse confessioni».
Da quanto enunciato dalla Corte costituzionale, sembra quindi che si possa affermare che il diritto di espressione, garantito dall'articolo 21 della Costituzione, così come la libertà dell'arte, sancita dall'articolo 33, debbano comunque rispettare il sentimento religioso, sia dei cattolici sia dei fedeli delle altre confessioni religiose. Nel codice penale sono oggetto della tutela del sentimento religioso sia la religione cattolica, sia i culti «ammessi» nello Stato.
La recente legge 24 febbraio 2006, n. 85, recante «Modifiche al codice penale in materia di reati di opinione», ha provveduto ad una riformulazione dei principali delitti in materia, stabilendo, in particolare, per il reato di cui all'articolo 403 del codice penale (offese a una confessione religiosa mediante vilipendio di persone), la pena della multa da 1.000 euro a 5.000 euro a carico di chi pubblicamente offende una confessione religiosa mediante vilipendio di chi la professa, e quella della multa da 2.000 euro a 6.000 euro nel caso in cui l'offesa ad una confessione religiosa sia arrecata, invece, mediante vilipendio di un ministro del culto.
La scelta di limitare alla sola pena pecuniaria le sanzioni penali nell'ipotesi di vilipendio non deriva, tuttavia, dalla sentenza n. 168 del 2005 della Corte costituzionale, che aveva dichiarato l'illegittimità costituzionale del predetto articolo 403 sotto il profilo della violazione del principio di eguaglianza, non potendo l'offesa alla religione cattolica essere sanzionata più gravemente rispetto ad analoghe offese riguardanti culti diversi da quello cattolico. È, quindi, possibile per il legislatore conservare la pena della reclusione per le ipotesi di vilipendio più gravi, laddove comunque riferite a qualunque confessione religiosa.
Quanto alla delimitazione dell'ambito di applicazione del reato di vilipendio, secondo una consolidata giurisprudenza integrano il fatto di reato «la contumelia, lo scherno, l'offesa fine a se stessa, che costituisce ad un tempo ingiuria al credente (e perciò lesione della sua personalità) e oltraggio ai valori etici di cui si sostanzia ed alimenta il fenomeno religioso, oggettivamente riguardato».
Spetta, naturalmente, all'autorità giudiziaria, sulla base di una denuncia che può essere presentata da chiunque ritenga sussistere un'ipotesi di vilipendio, valutare l'effettiva sussistenza dei reati, individuare i responsabili e procedere al relativo eventuale giudizio.

PRESIDENTE. L'onorevole Capitanio Santolini ha facoltà di replicare.

LUISA CAPITANIO SANTOLINI. Signor Presidente, non mi pare di potermi dichiarare soddisfatta, anzi non lo sono affatto e cercherò brevemente di spiegare perché le risposte fornite dal sottosegretario non possono soddisfare una denuncia così grave. Vorrei, se possibile, dividere l'intervento del sottosegretario in tre parti e di ognuna di esse vorrei fare un breve commento, perché rimanga comunque a futura memoria una critica fondata e fondamentale ad un modo di approcciare questi temi che mi sembra veramente non accettabile.
Il sottosegretario, nella sua risposta, ha liquidato il problema della Biennale con pochissime parole, dicendo che le valutazioni artistiche esulano dalla competenza del Ministero per i beni e le attività culturali e che per le attività di spettacolo non esiste la censura, al contrario di


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quanto avviene nella cinematografia, e che, quindi, praticamente non c'è nulla da fare. Quindi, con l'alibi di una manifestazione artistica, qualunque essa possa essere, sedicenti artisti, pornografi che si definiscono artisti, possono inscenare qualunque cosa, perché, se queste sono le logiche, e ciò ci viene raccontato, significa che per il cittadino non esiste possibilità alcuna di essere difeso. La Biennale di Venezia può tranquillamente, quindi, mettere in scena un'opera blasfema, offensiva e oscena, artisticamente assolutamente risibile, perché qualcuno, in particolare il consiglio di amministrazione e gli organi preposti alla Biennale di Venezia, ha deciso che va bene così. Siamo al libero arbitrio più assoluto, cioè non ci sono regole, né possibilità di contrasto!
Vi è, quindi, la dichiarazione di impotenza del Governo, del Parlamento e delle istituzioni, perché di fronte alla decisione di quattro, cinque od otto persone di mettere in scena uno spettacolo come quello in questione le istituzioni si dichiarano assolutamente impotenti ed impossibilitate ad intervenire.
Il Governo, in questa legislatura fa poco, anzi pochissimo, ma avrebbe potuto - e potrebbe, tuttora - preparare un disegno di legge, un provvedimento che saremmo tutti pronti a discutere subito, magari anche appassionatamente (non penso che siano tutti d'accordo con noi, ma comunque non siamo soli, siamo in buona compagnia), e si potrebbe cercare il modo di impedire tutto ciò, perché il fatto che si chiami Biennale di Venezia non ha alcuna importanza, dal momento che si offende la sensibilità religiosa. Questa dichiarazione di impotenza è di estrema gravità, si liquida il discorso affermando che il Ministero per i beni e le attività culturali non è competente, non ha possibilità di agire, non vi è censura e quindi va bene così.
Vi è un secondo aspetto: sulla questione dei siti pornografici il sottosegretario si è soffermato moltissimo, ha svolto un intervento lungo e molto articolato, affermando che vi sono tavoli, centri, tavoli tecnici, tavoli di lavoro, coordinamenti, iniziative europee, italiane, locali ed altro. È stato un lungo discorso, in cui il sottosegretario ha parlato di iniziative e di altre attività che sono state poste in essere o che si sta cercando di porre in essere (il sottosegretario ha detto letteralmente «si sta cercando», quindi, evidentemente, non si è ancora trovata la soluzione). Alla fine di tutta questa lunga elencazione di iniziative, emerge che vi è un'oggettiva difficoltà per impedire la diffusione dei siti Internet menzionati. Vi è un elenco degli aspetti negativi di questi videogiochi, che peraltro conosciamo tutti, e, alla fine, si cerca di risolvere tale inefficacia coinvolgendo il sostegno alle famiglie, cercando di favorire un modo corretto di gestire e di usare Internet, mezzo di comunicazione che può essere effettivamente molto pericoloso. Se la situazione non fosse grave e molto seria, verrebbe da sorridere. Infatti, finora ciò che abbiamo constatato, signor Presidente, sul tema del sostegno alle famiglie, sono alcuni spot mandati in onda - li avremo visti tutti, credo, in televisione - a cura della Presidenza del Consiglio e del Ministero delle comunicazioni, in cui si dice: quando tuo figlio va su Internet non lo lasciare solo. Ciò, credo, neanche sfiori una famiglia che ha altri problemi e che, magari, non è in condizione di capire la gravità di ciò che cela il fenomeno richiamato.
In realtà, per il sostegno alle famiglie non si sta facendo nulla. Le famiglie non si accorgono neanche di questi spot, che forse servono a mettere in pace la coscienza di qualcuno. Il risultato finale è che i siti di cui si tratta dilagano, continuano ad esistere malgrado le leggi, malgrado tutto e, alla fine, non si riesce ad intervenire - non si vuole o non si può - e certamente è complicato chiudere questi siti e comminare sanzioni o cercare, in qualche modo, di porre in essere un contrasto serio ad essi. Ciò è complicato, ma evidentemente non basta - e la contraddizione è palese - aprire centri, controcentri, tavoli e tavolini, per cercare di fermare un fenomeno che è in espansione esponenziale.


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Affronto un terzo aspetto dell'intervento del sottosegretario e concludo: il lungo intervento sulla laicità dello Stato, sulla religione cattolica che non è la religione di Stato, sul fatto che vada riconosciuto il rispetto a tutte le religioni, sulla tutela della libertà religiosa (che non è indifferenza dello Stato, perché la laicità dello Stato non è indifferenza dello Stato), sulla tutela del sentimento religioso, è un discorso molto bello, molto giusto e ringraziamo per questa lezione sul concetto di laicità (che, tra l'altro, sarebbe stato bene che qualche collega della maggioranza avesse ascoltato, perché non possiamo che condividerlo), al termine di tutto questo ragionamento - in cui si ammette che, appunto, l'articolo 21 della Costituzione non consente che non si rispetti il sentimento religioso delle persone -, dopo aver parlato di pene pecuniarie o, addirittura, della pena della reclusione, alla fine, anche in questo caso, vi è una rassegnata dichiarazione di impotenza: è l'autorità giudiziaria che deve pensarci, questo si dice.
Dopodiché, si è fatta la propria parte, si è risposto all'interrogazione: spetta all'autorità competente decidere se metterli in prigione o meno, se fargli pagare delle multe e, con tale lezione sulla laicità dello Stato, si è concluso il proprio compito. Mi sembra molto poco, visto quanto sta succedendo. Non solo la Chiesa ma tutti noi siamo sottoposti ad un attacco a tenaglia, quotidiano e costante, da parte di istituzioni e di spettacoli che non hanno nulla di edificante. Ritengo che bisognerebbe davvero fare in modo che non ci siano più atti di sindacato ispettivo su tali argomenti e mi sarei aspettata una presa di posizione molto più incisiva, molto più immediata, molto più forte e molto più responsabile da parte del Governo che evidentemente è occupato su tantissimi altri versanti - come discutere con i sindacati o con la sinistra massimalista - ma di tali temi evidentemente non intende occuparsene perché probabilmente si tratta di questioni difficili che creano contrasti anche all'interno della maggioranza.

(Rinvio dell'interpellanza urgente La Loggia n. 2-00568)

PRESIDENTE. Avverto che, su richiesta dei presentatori e con il consenso del Governo, lo svolgimento dell'interpellanza urgente La Loggia n. 2-00568, concernente opere infrastrutturali da realizzare in Sicilia con le risorse originariamente destinate alla realizzazione del ponte sullo Stretto di Messina, è rinviato ad altra seduta.

(Rinvio dell'interpellanza urgente Frias n. 2-00623)

PRESIDENTE. Avverto che, su richiesta del Governo e con il consenso dei presentatori, lo svolgimento dell'interpellanza urgente Frias n. 2-00623, concernente il rispetto dei diritti umani dei migranti da parte dei Paesi di provenienza e transito che ricevono finanziamenti dall'Unione europea, è rinviato ad altra seduta.

(Incidente ferroviario verificatosi in Sardegna il 15 giugno 2007 - n. 2-00616)

PRESIDENTE. L'onorevole Schirru ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00616 (vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 7) concernente l'incidente ferroviario verificatosi in Sardegna il 15 giugno 2007.

AMALIA SCHIRRU. Signor Presidente, anche a nome dei colleghi che hanno sottoscritto l'interpellanza rivolta al Ministro dei trasporti, intervengo per sapere quali verifiche si intendano avviare per migliorare il livello di sicurezza di tutta la rete ferroviaria italiana e in particolare di quella tratta che è stata oggetto di un grave incidente avvenuto il 15 giugno quando si è verificato un grave scontro ferroviario, a circa 30 chilometri da Nuoro, tra due treni delle Ferrovie complementari della Sardegna. Il primo, composto


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da una motricelittorina passeggeri; il secondo, da una motrice e un vagone merci. Tale incidente ha causato tre morti (il macchinista di Macomer Cosimo Serra, il disabile di Silanus Bachisio Arca e la turista inglese Elizabeth Beever) e otto feriti, di cui quattro ancora gravi. Sul posto sono intervenuti i vigili del fuoco, le ambulanze del 118, i carabinieri, la Polizia di Stato e sono accorsi anche il prefetto e il questore di Nuoro, a cui voglio rivolgere il nostro ringraziamento per il loro pronto intervento. Vorrei anche ringraziare le amministrazioni comunali che hanno offerto assistenza alle famiglie.
Sulla base delle prime ricostruzioni sulle cause del disastro, lo scontro sarebbe avvenuto in un tratto a binario unico a scartamento ridotto che viene utilizzato dalle Ferrovie complementari della Sardegna per il collegamento tra la zona industriale di Nuoro e Macomer.
Si tratta di una linea ferroviaria tracciata più di due secoli fa, costruita tra il 1886 ed il 1894; gli investimenti per il suo miglioramento risalgono agli anni Cinquanta e quelli di ammodernamento della linea, per le carrozze e così via, agli anni Novanta.
Tuttavia, la sicurezza su tale linea è interamente affidata all'attenzione del macchinista, secondo un sistema abbastanza arretrato, ancora in uso anche sulla rete ferroviaria nazionale.
Sulla linea dove è avvenuto l'incidente sono del tutto assenti sistemi di controllo automatizzato del traffico, ed il treno ha viaggiato per circa cinquanta chilometri senza incontrare alcun controllo intermedio per verificare l'esattezza delle prescrizioni imposte. Dall'analisi delle cedole orarie dei due treni, ora sotto sequestro, sarebbe già emerso come alla base della tragedia vi sia stato un errore umano. Può infatti essere realmente accaduto; può essere mancata l'informazione o comunque è possibile che si sia verificato un anticipo di orario.
Fatto sta che o il macchinista fermava quel treno oppure non vi sarebbe stata altra alternativa per impedire l'incidente, il quale è l'ennesimo e - noi speriamo - l'ultimo, in ordine cronologico, di una serie di incidenti che il trasporto ferroviario italiano ha fatto registrare negli ultimi tempi, e che impone quindi un'attenzione particolare da parte del Governo, soprattutto per quanto riguarda la questione della sicurezza del trasporto ferroviario.
Si tratta inoltre di una situazione di disagio, aggravata tra l'altro dalle continue riduzioni di organico, e da turni di lavoro abbastanza massacranti per gli operatori, i quali sono costretti a turni straordinari per riuscire a garantire il servizio. Tra l'altro, soprattutto in Sardegna, il personale è in età avanzata e fa fatica, di conseguenza ha difficoltà ad assicurare un livello qualitativo del servizio: ci risulta infatti una riduzione del personale dipendente da 2200 unità nel 1997 alle attuali 1300, ed è un fenomeno che ha determinato anche la riduzione di corse, fatto che è stato prontamente sottolineato attraverso un'interrogazione di un anno fa.
In attesa delle risposte sulle cause del disastro - a tal fine saranno molto importanti i risultati delle commissioni d'inchiesta prontamente disposte dal Ministro dei trasporti e dalle Ferrovie dello Stato, insieme alle conclusioni cui perverrà l'indagine avviata dalla magistratura - chiediamo di capire quali verifiche s'intendano avviare per assicurare un livello di sicurezza di tutta la rete ferroviaria italiana ed, in particolare, della rete ferroviaria sarda, che è stata oggetto del grave incidente.
Voglio concludere soprattutto considerando che si tratta di una rete che, in base al decreto legislativo n. 422 del 1997 in materia di trasporti, dovrebbe essere presto trasferita alla regione previo accordo con la stessa regione Sardegna, la quale nel 2005 ha varato la legge regionale n. 21. Però, all'articolo 42 di tale legge, la regione ha subordinato il passaggio della gestione alla certezza delle risorse finanziarie, che devono essere predisposte, sia dallo Stato, sia dalla regione, per il risanamento tecnico e finanziario delle ferrovie sarde,


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attualmente in gestione di un commissario del Governo.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per i trasporti, Raffaele Gentile, ha facoltà di rispondere.

RAFFAELE GENTILE, Sottosegretario di Stato per i trasporti. Signor Presidente, come è noto, sull'incidente ferroviario di cui all'atto ispettivo il Governo ha già reso una comunicazione presso la IX Commissione trasporti della Camera in data 27 giugno 2007.
Il tragico incidente, avvenuto in data 15 giugno all'altezza del chilometro 7,558 della linea ferroviaria Macomer-Nuoro, fra il treno speciale Macomer-Iscra e il treno ordinario AT622, ha causato la morte di tre passeggeri e il ferimento di altri otto.
A causa dell'incidente la linea ferroviaria Macomer-Nuoro è stata interrotta al suddetto chilometro 7,558 e il servizio ferroviario è stato assicurato da autocorse sostitutive.
Subito dopo l'incidente sono accorsi sul posto i vigili del fuoco di stanza a Macomer, il personale aziendale, agenti della polizia ferroviaria di Macomer, il servizio 118 e le forze dell'ordine di stanza a Macomer e Nuoro.
Si è provveduto immediatamente alla evacuazione dei feriti ed alla messa in sicurezza del materiale rotabile incidentato. Sul posto è intervenuta anche l'autorità giudiziaria competente per territorio che ha effettuato rilievi e gli adempimenti di legge. In seguito a ciò, i mezzi coinvolti nell'incidente, nonché il tratto di linea ferroviaria interessata, venivano sottoposti a sequestro giudiziario.
Intorno alle ore 15 del 15 giugno 2007, eseguiti i rilievi dell'autorità giudiziaria, sono iniziati i lavori di rimozione del materiale rotabile incidentato che si sono protratti sino alle ore 20,30 circa del medesimo giorno e sono ripresi alle ore 7 del giorno successivo.
Relativamente alla ricerca delle cause che hanno determinato l'incidente, sono state istituite due commissioni di inchiesta, già ricordate, una da parte dell'azienda ferroviaria ed un'altra da parte di questo Ministero. Ambedue le commissioni si sono già insediate e una volta acquisiti dall'autorità giudiziaria, titolare delle indagini, gli elementi necessari, esse dovranno pronunciarsi entro sessanta giorni.
La direzione di esercizio di Macomer gestisce circa 57 chilometri di linea ferroviaria Macomer-Nuoro, dove transitano quotidianamente (esclusa la domenica) quindici treni nel periodo invernale e tredici nel periodo estivo. La linea a binario unico, come è stato ricordato, presenta un andamento plano-altimetrico molto tortuoso, con numerose curve di modesto raggio unite da brevissimi tratti rettilinei. La circolazione avviene con distanziamento a tempo e l'esercizio con dirigente locale nelle stazioni abilitate.
Il sistema di protezione delle stazioni è costituito da semafori azionati dagli agenti in servizio presso le stesse, quindi negli impianti impresenziati sono spenti. Il regolamento di circolazione dei treni dà disposizioni al personale di scorta e di condotta in presenza di semafori spenti.
Sulle linee a semplice binario, oltre alla necessità di distanziare i treni che viaggiano nello stesso senso e di assicurare la possibilità di precedenze, si presenta anche l'esigenza di disciplinare l'inoltro dei convogli in senso opposto di marcia.
Tale disciplina è dettata dai regolamenti di esercizio, complesso di norme e precauzioni atte, in definitiva, a garantire che un convoglio si inoltri su di un determinato tratto di binario solo quando il tracciato da percorrere sia libero da altri treni, o manovre, ed a garantire altresì che, mentre il treno considerato lo percorre, il tratto stesso di binario non possa essere impegnato da altri treni in moto od in manovra.
L'esistenza delle condizioni di libertà della via da percorrere, accertata dallo stesso guidatore nella normale circolazione stradale, non può essere accertata dal macchinista del convoglio ferroviario, tenuto conto tanto della velocità da raggiungere e delle corrispondenti lunghe distanze di frenatura quanto del fatto che


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il macchinista non avrebbe possibilità alcuna di deviare dal proprio percorso in presenza di un ostacolo che improvvisamente gli si presentasse davanti. È quindi indispensabile che sia il personale a terra, che segue la circolazione, ad accertare lo stato di libertà della via e a darne tempestiva informazione al macchinista. Ed è allo stesso personale a terra che è affidato il compito di impedire, sempre a mezzo di informazioni, che altri treni o manovre possano effettuarsi nel binario su cui il treno considerato si sta muovendo.
Per quanto riguarda il materiale rotabile, si fa presente che oltre il 50 per cento dei locomotori diesel elettrici (LDE) immessi in servizio alla fine degli anni Cinquanta è stato sottoposto a revisione generale e/o manutenzione straordinaria; in particolare sugli LDE 601 e LDE 602 la manutenzione straordinaria ha interessato l'impianto ad aria compressa per il sistema di frenatura con la sostituzione integrale dei rubinetti del freno diretto e continuo, valvole ed altri componenti pneumatici.
Questo intervento ha consentito un miglioramento in termini di comfort, di maggiore accessibilità e riduzione dei tempi per l'approvvigionamento dei pezzi di ricambio, fermo restando i vincoli tecnico-strutturali che sono alla base della configurazione d'assieme del rotabile.
Per quanto riguarda le automotrici diesel-elettriche, immesse in servizio anch'esse nello stesso precedente periodo, la situazione delle revisioni generali e/o manutenzioni straordinarie evidenzia un minore coinvolgimento in termini impiantistici. Invero, salvo interventi di manutenzione correttiva - se si fa eccezione all'ADE 03 che ha visto il rifacimento degli impianti elettrici di trazione ed ausiliari - gli impianti elettrici ad aria compressa per la frenatura sono quelli risalenti alla loro costruzione, con rilevanti problemi relativi alla quasi totale impossibilità di reperimento dei pezzi di ricambio, poiché ormai fuori produzione (vedasi motori diesel, motori di trazione, dinamo, rubinetti freno, contattori di trazione, combinatori comando, ecc.).
Con voto della commissione interministeriale 1221 dell'11 novembre 1993 sono stati avviati gli interventi di ammodernamento ex lege n. 910 del 1986 relativamente ad opere civili ed armamento.
I lavori, iniziati nel 1994, sono stati completati nel 2001.
A seguito degli interventi di ammodernamento la linea è passata da una lunghezza complessiva di 61.220 metri ed una lunghezza di 57.700 metri. Sono state realizzate varianti di tracciato, sono state acquisite due nuove automotrici climatizzate capaci di una velocità massima di 100 chilometri orari, si è provveduto al risanamento delle tratte armate con rotaie 27 UNI, con rotaie RA 36 su traverse in legno e di alcune altre con rotaie 36 UNI, su traverse in calcestruzzo del tipo biblocco, oltre che un tratto sperimentale con traverse in calcestruzzo tipo monoblocco e attacco Vossloh SKL14.
In alcune tratte soggette a variante è stato possibile innalzare le velocità massime tra i 75 ed i 90 chilometri orari limitatamente alle nuove automotrici.
Attualmente la linea ferroviaria, esclusi i piazzali delle stazioni e delle assuntorie, è armata con binari 36 UNI su traverse in calcestruzzo esclusi 25.000 metri circa armati con binari RA 36 su traverse di legno.
Si sottolinea, inoltre, che la gestione governativa ferrovie della Sardegna gestisce, complessivamente, 614 chilometri di linea ferroviaria la cui costruzione risale alla fine dell'Ottocento ed opera in un bacino territoriale che si sviluppa nelle principali province della Sardegna (Cagliari, Sassari e Nuoro) oltre a servizi automobilistici e tranviari.
Nel corso degli anni in gestione governativa per l'ammodernamento ed il miglioramento degli standard di sicurezza non si sono rese disponibili altre risorse oltre quelle messe a disposizione dalla legge n. 910 del 1986 ed agli stanziamenti annuali della legge n. 297 del 1978.


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Relativamente alla situazione del personale, a causa del blocco del turn-over, le unità lavorative sono passate da 2.140 al primo gennaio 1997 a 1.350 al 30 maggio 2007, con una riduzione del 36 per cento, mantenendo nel contempo lo stesso livello di servizi erogati dall'azienda.
Proprio alla luce di quanto delineato, in sede di predisposizione del piano di riparto fra le gestioni commissariali governative e le ferrovie di proprietà di questo dicastero, delle disponibilità derivanti dal comma 1038 della legge finanziaria per il 2007, finalizzate al conseguimento di un maggiore livello di sicurezza della circolazione, particolare attenzione è stata posta alla situazione della gestione commissariale governativa delle Ferrovie della Sardegna.
Per quanto riguarda, infine, il livello di sicurezza di tutta la rete ferroviaria italiana giova ricordare che allo stato attuale sull'intera rete ferroviaria sono in corso d'installazione tecnologie per la protezione della marcia dei treni.
In particolare sulla rete in concessione a Rete ferroviaria italiana (RFI), tutte le tratte attivate del sistema alta velocità- alta capacità sono attrezzate con il sistema radio ERTMS, mentre sulle tratte della rete fondamentale (oltre 11.000 km) è in corso di installazione il sistema SCMT (sistema controllo marcia treno), già realizzato per circa il 70 per cento, e sulle tratte della rete complementare (circa 5.500 chilometri) è in corso di installazione il sistema SSC (sistema di supporto alla condotta), già realizzato in Sardegna ed in parte in Sicilia.
Per l'installazione di tali sistemi sulla rete sono già stati garantiti i necessari finanziamenti ed i programmi di installazione prevedono il completamento entro la fine del 2007, con la copertura dell'intera rete.
Tali sistemi, per poter essere utilizzati, necessitano della installazione di apparecchiature a bordo dei rotabili in grado di interagire con il sistema di terra.
Con due direttive ministeriali (9 marzo 2006 e 20 ottobre 2006), in primo luogo è stato imposto al gestore dell'infrastruttura il rispetto dei tempi di installazione sulle singole linee sulla base di un progressivo programma che si concluderà, come detto, entro la fine del 2007 e che, allo stato attuale, risulta rispettato; in secondo luogo, è stato imposto alle imprese ferroviarie il progressivo attrezzaggio dei rotabili in coerenza con il programma dell'attrezzaggio di terra fissando il termine ultimo nel giugno del 2008 e prevedendo un monitoraggio mensile da parte del gestore dell'infrastruttura verso le imprese ferroviarie, non solo affinché sia garantito il rispetto dei tempi, ma anche per conseguire una ottimizzazione dell'utilizzo del materiale rotabile attrezzato sulle linee attrezzate; infine, è stato richiesto al gestore dell'infrastruttura di introdurre accorgimenti atti a favorire la transizione verso le nuove tecnologie, in relazione ai moduli di condotta, ai requisiti e compiti del secondo agente, all'impiego del dispositivo vigilante ed all'eventuale introduzione di ulteriori vincoli e-o limitazioni di esercizio per i treni non attrezzati.
Per quanto concerne l'attrezzaggio a bordo dei rotabili, che rappresenta la vera criticità soprattutto per quanto concerne Trenitalia, allo stato attuale è stato attrezzato oltre il 40 per cento su un totale di 4.600 chilometri rotabili. Su tale aspetto in particolare, il Ministero ha ritenuto non del tutto soddisfacenti i programmi presentati dalle imprese ferroviarie ed ha richiesto a RFI una più dettagliata analisi degli stessi, finalizzata a monitorare non solo il rispetto dei tempi di installazione, ma anche la ottimizzazione dell'utilizzo dei rotabili attrezzati sulle linee attrezzate.

PRESIDENTE. L'onorevole Schirru ha facoltà di replicare.

AMALIA SCHIRRU. Signor Presidente, signor sottosegretario, la risposta fornita non mi trova del tutto soddisfatta, sebbene compia una radiografia della situazione. Si intravede comunque la volontà, da parte del Governo, di lavorare per risolvere tali problemi. D'altronde, sono comprensibili le difficoltà che presenta la materia. Comunque, vorrei esprimere la mia soddisfazione


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per la tempestività della risposta e formulare anche una raccomandazione.
È vero che sono stati effettuati interventi, con la legge finanziaria per il 2007, finalizzati a rispondere agli impegni per il trasferimento delle funzioni dallo Stato alla regione. Tuttavia, tali finanziamenti, attualmente, soprattutto per la realtà sarda, risultano insufficienti, anche perché è necessario, come lei stesso ha sostenuto, lavorare ancora per migliorare le infrastrutture e, soprattutto, rafforzare l'organico occorrente per assicurare un buon servizio e, ancor di più, la sicurezza per i lavoratori e gli utenti.
La ringrazio comunque per l'impegno assunto mediante la risposta fornita.

(Progetto di realizzazione di un edificio in piazza Montanelli a Fucecchio (Firenze) - n. 2-00464)

PRESIDENTE. L'onorevole Barani ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00464 (vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 8) concernente il progetto di realizzazione di un edificio in piazza Montanelli a Fucecchio (Firenze).

LUCIO BARANI. Signor Presidente, come lei stesso ha detto nel concedermi la parola, si sta parlando di una piazza nel paese di Indro Montanelli. In tale paese, è in atto la costruzione di un mostro edilizio, nella seicentesca piazza intitolata proprio allo stesso Montanelli, posta nel centro di Fucecchio.
Il mostro attualmente in costruzione, grande 8 mila metri cubi, è stato realizzato in surroga del precedente teatro ottocentesco, demolito, che aveva una cubatura di 5 mila metri cubi. Il mostro, oltre ad essere decisamente più voluminoso del precedente edificio, invade anche una superficie di appoggio difforme dalla precedente, al punto che l'amministrazione comunale ha dovuto vendere, ai nuovi proprietari dell'immobile, 408 metri quadrati di piazza.
La destinazione d'uso di tale mostro è puramente pleonastica: vorrebbero collocarvi una banca, una sala auditorium/cinema/teatro con capienza di 240 posti e alcuni uffici comunali. Si precisa che la banca ha già una sede a pochi metri da piazza Montanelli, che Fucecchio dispone di sei auditorium, di un cinema/teatro della capienza di 950 posti a 70 metri di distanza da piazza Montanelli e di un'altra sala cinema/teatro con capienza di 150 posti distante 150 metri dalla piazza suddetta. Pertanto, vi è una densità di cinema molto sospetta.
A Fucecchio, ovviamente, si è costituito un comitato, con lo scopo di salvaguardare l'integrità della piazza. L'iniziativa ha il solo scopo di realizzare il sogno di tante generazioni di fucecchiesi, vale a dire allargare la piazza, che è sempre stata lì. Il mostro edilizio, secondo questo comitato, deve essere abbattuto.
La domanda è cosa intenda fare il Governo per bloccare tale scellerato progetto e restituire la piazza libera da aggressioni architettoniche ai veri fruitori della stessa, che ne sono ovviamente i proprietari, i cittadini di Fucecchio.

PRESIDENTE. Il Sottosegretario di Stato per i trasporti, Raffaele Gentile, ha facoltà di rispondere.

RAFFAELE GENTILE, Sottosegretario di Stato per i trasporti. Signor Presidente, la piazza è stata ed è tutelata con decreto emesso in data 4 marzo 2003 (provvedimento di tutela indiretta, ai sensi dell'articolo 49 del testo unico n. 490 del 1999), notificato al comune di Fucecchio in data 13 marzo 2003 ed alla proprietà in data 14 marzo 2003.
La competente soprintendenza per i beni architettonici e per il paesaggio per le province di Firenze, Pistoia e Prato ha rilasciato due nulla osta alla realizzazione di un edificio polivalente in piazza Giuseppe Montanelli, dettando una serie di prescrizioni, secondo quanto suggerito dalla direzione generale per i beni architettonici e paesaggistici e dal comitato tecnico scientifico di settore, «con il fine


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di mantenere gli ingombri del nuovo fabbricato il più aderente possibile alla sagoma preesistente, di indicare il numero massimo dei piani, le distanze minime dagli edifici esistenti, garantire coni visivi importanti, la gamma dei materiali non consigliabili e particolari soluzioni di disegno».
Il primo nulla osta, in data 21 aprile 2004, è stato rilasciato nella considerazione della necessità di acquisire ulteriori indicazioni progettuali, anche in corso d'opera, con particolare riferimento ai seguenti elementi: «la soluzione della copertura sia riproposta attraverso una specifica variante - senza apportare incrementi al volume geometrico complessivo, ma solo eventuali diminuzioni, con l'impiego di un appropriato materiale di finitura e/o rivestimento - illustrata attraverso gli opportuni elaborati grafici, comprensivi anche di simulazioni prospettiche e fotopiani; i collegamenti verticali esterni siano eliminati, individuando una soluzione alternativa negli spazi interni, o in ogni modo definiti in maniera diversa, in termini formali, strutturali e materici, ed illustrati con apposita variante; il materiale lapideo previsto nelle finiture esterne sia adeguatamente specificato, prima della posa in opera, mediante opportuna documentazione; le superfici esterne intonacate siano preliminarmente illustrate nelle specificazioni qualitative, con particolare riferimento alla valenza estetica; gli infissi esterni nelle varie caratteristiche siano concordati preliminarmente con la soprintendenza; ogni altro elemento di rifinitura esterna, di decoro, degli apparati tecnologici o impiantistici, non espressamente indicato nel progetto, ma in rapporto con l'aspetto esteriore del manufatto, sia preliminarmente documentato e coordinato con la soprintendenza: le connotazioni cromatiche di materiali impiegati nelle tinteggiature siano, in ogni modo, concordati sul posto con la soprintendenza, previa esecuzione di campionature di colore; le sistemazioni dell'area esterna circostante la nuova costruzione siano specificate attraverso adeguata documentazione - elaborati grafici e relazione tecnica - negli aspetti generali e di dettaglio; ogni altra eventuale variazione o precisazione attinente all'impiego di materiali ed alle tecniche esecutive sia comunicata preventivamente alla soprintendenza ed eventualmente verificata attraverso un sopralluogo congiunto».
La soprintendenza si è riservata di fornire in corso d'opera tutte quelle prescrizioni (oltre quelle già fornite) ritenute opportune per una corretta conduzione delle opere progettate, con particolare riferimento all'aspetto esteriore del nuovo manufatto. Il secondo nulla osta, in data 22 luglio 2005, riguardante il progetto di variante, ha confermato e ribadito le condizioni contenute nel primo nulla osta e ha dettato le seguenti ulteriori prescrizioni: «non sia realizzata la pensilina indicata negli elaborati grafici tra il piano terreno ed il primo sul prospetto est; siano specificati i materiali previsti nel rivestimento di quelle porzioni di copertura piana non ricoperte dagli elementi in rame; sia valutata la possibilità di definire la zona della copertura interessata dalla centrale termica con un manufatto di forma quadrilatera; ogni eventuale variazione e/o precisazione attinente all'impiego di materiali o alle tecniche esecutive, per quanto già definito, sia comunicata preventivamente alla soprintendenza e eventualmente verificata attraverso un sopralluogo congiunto». La soprintendenza si è, anche in questi, casi riservata di fornire in corso d'opera tutte quelle prescrizioni ritenute opportune per una corretta conduzione dei lavori di restauro.
Si sottolinea che la materia urbanistica ed edilizia è comunque di pertinenza delle amministrazioni locali.
Nel caso specifico, le eventuali difformità riguardanti le concessioni edilizie non risultano interagire, allo stato attuale dei lavori, con quanto previsto dall'articolo 45 del decreto legislativo n. 42 del 2004. La Sovrintendenza ha assicurato inoltre che continuerà ad adoperarsi per il controllo e la sorveglianza dei lavori in corso di esecuzione.


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PRESIDENTE. L'onorevole Barani ha facoltà di replicare.

LUCIO BARANI. Signor Presidente, invito il sottosegretario e il Ministro Rutelli a fare un sopralluogo e ad andare in questa piazza che fa sicuramente rivoltare nella tomba il grande giornalista Indro Montanelli. È la sua piazza, il suo centro.
Mentre leggeva la risposta, che sono convinto non condivida nemmeno lei, mi veniva in mente un film comico del grande Totò, quando ha venduto la Fontana di Trevi. Nel paese di Fucecchio è successa la stessa cosa: c'è stato un Totò, ma non in un film comico bensì in un dramma per la comunità e per la collettività di quel comune, un'amministrazione che si è venduta la Piazza Montanelli, realizzata fin dalla seconda metà del XVI secolo, e in cui esisteva dal 1800 un fabbricato, il Teatro Pacini, di proprietà privata, in stato di completo degrado. La piazza, di impianto seicentesco, fatta realizzare dai granduchi medicei, è caratterizzata da presenze monumentali notevoli: i palazzi Aleotti e Baschieri, il ciclo liberty, il monumento a Giuseppe Montanelli, e, soprattutto la chiesa della Madonna delle Vedute, recentemente restaurata, e risalente nell'attuale consistenza ai primi anni del Settecento. Tali beni sono tutti soggetti a vincolo ex articolo 49 del decreto-legislativo n. 490 del 1999.
Allo scopo di evidenziare la singolare commistione di interessi pubblici e privati che caratterizza la vicenda e di agevolare il giudizio sulla presenza degli uni ovvero degli altri, occorre brevemente ricostruire gli abusi e i soprusi effettuati.
Innanzitutto vi è l'anomalia della vendita ai privati di una porzione di piazza Montanelli, e quindi di un bene demaniale avente attuale destinazione ad uso pubblico, per di più ad un prezzo della cui congruità non vi è prova.
Secondo: la mancata retrocessione, in favore del comune e del demanio comunale, della porzione della piazza venduta alla società acquirente dell'ex teatro Pacini, pur essendo scaduto il termine per la realizzazione dell'edificio secondo quanto pattuito dal contratto di vendita.
Terzo: l'anomalia del pagamento di un canone di leasing da parte del comune, effettuato senza garanzia e prima ancora dell'esistenza del fabbricato oggetto del leasing.
Quarto: l'illegittimità della variante al piano strutturale per contrasto con le norme limitative degli usi del centro storico.
Quinto: la difformità dell'edificio in corso di costruzione rispetto alla concessione edilizia (realizzazione della chiusura di una scala esterna e chiusura a mo' di chiostrina eseguita nell'ottobre 2005).
Sesto: il mancato rispetto della legge n. 122 del 1989, nota come «legge Tognoli», relativamente ai parcheggi.
Settimo: il mancato rispetto della legge n. 13 del 1989, relativamente alle uscite di sicurezza per le persone con ridotte ed impedite capacità motorie dai locali di pubblico spettacolo.
È questo, in sintesi, quello che si evince dall'esame della situazione relativa a tale «eco-mostro» voluto dall'amministrazione. In proposito, viene spontaneo pensare ad un altro film con Totò, quello che contiene il famoso «Vota Antonio! Vota Antonio!».
Avendo dedicato questa mia interpellanza urgente al grande giornalista Indro Montanelli, che lo merita, concludo con la citazione di una frase che egli era solito pronunciare: non ci rimane che redimere (come era solito dire, anziché redigere) querele. Citando dunque questa espressione che Montanelli era solito utilizzare, concludo la mia replica affermando, signor sottosegretario, che non siamo assolutamente soddisfatti della sua risposta.

PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interpellanze urgenti all'ordine del giorno.


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Ordine del giorno della seduta di domani.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.

Venerdì 29 giugno 2007, alle 9,30:

Discussione del disegno di legge:
Deleghe al Governo per la modifica delle normative in materia di redditi di capitale, di riscossione, di accertamento, di catasto dei fabbricati e di imposta di registro, per l'introduzione di detrazioni dall'imposta comunale sugli immobili e dall'imposta sul reddito delle persone fisiche per l'abitazione principale, nonché per la redazione di testi unici delle disposizioni sui tributi statali. Norme concernenti la gestione di crediti e beni derivanti dalle attività di giustizia (1762-A).
- Relatore: Mungo.

La seduta termina alle 17,40.