Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 160 del 29/5/2007


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PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE
GIORGIA MELONI

La seduta comincia alle 9,35.

SILVANA MURA, Segretario, legge il processo verbale della seduta del 16 maggio 2007.
(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati, Albonetti, Amato, Aprea, Bersani, Bindi, Boco, Bonelli, Bonino, Brugger, Capodicasa, Cento, Chiti, Colucci, Cordoni, D'Alema, D'Antoni, Damiano, De Castro, De Piccoli, Del Mese, Di Pietro, Duilio, Evangelisti, Fabris, Fioroni, Folena, Forgione, Franceschini, Galante, Galati, Gentiloni Silveri, La Malfa, Landolfi, Lanzillotta, Letta, Levi, Marcenaro, Maroni, Mazzocchi, Melandri, Meta, Migliore, Minniti, Morrone, Mussi, Oliva, Leoluca Orlando, Parisi, Paroli, Pecoraro Scanio, Pinotti, Piscitello, Pisicchio, Pollastrini, Prodi, Realacci, Rutelli, Santagata, Scajola, Sgobio, Tremonti, Violante, Visco ed Elio Vito sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente sessantasei, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Annunzio della presentazione di un disegno di legge di conversione e sua assegnazione a Commissione in sede referente.

PRESIDENTE. Il Presidente del Consiglio dei ministri ha presentato alla Presidenza, con lettera in data 28 maggio 2007, il seguente disegno di legge, che è stato assegnato, ai sensi dell'articolo 96-bis, comma 1, del Regolamento, in sede referente, alla VI Commissione (Finanze):
«Conversione in legge del decreto-legge 28 maggio 2007, n. 67, recante misure urgenti in materia fiscale» (2695) - Parere delle Commissioni I, V, X, XI, XIV e Commissione parlamentare per le questioni regionali.

Il suddetto disegno di legge, ai fini dell'espressione del parere previsto dal comma 1 del predetto articolo 96-bis, è stato altresì assegnato al Comitato per la legislazione.

Comunicazione, ai sensi dell'articolo 17 della legge n. 801 del 1977, della conferma dell'opposizione del segreto di Stato.

PRESIDENTE. Comunico che in data 24 maggio 2007 il Presidente del Consiglio dei ministri ha inviato la seguente comunicazione, ai sensi dell'articolo 17 della legge n. 801 del 1977, della conferma dell'opposizione del segreto di Stato:
«Con lettera pervenuta in data 15 marzo 2007, il procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Roma ha chiesto al Presidente del Consiglio dei ministri la conferma del vincolo di segretezza,


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motivato da ragioni di Stato, in relazione alle vicende riguardanti la cittadina italiana Giuliana Sgrena e verificatesi in Iraq.
Ciò premesso, a norma dell'articolo 17 della legge n. 801 del 1977, comunico che alla richiesta del procuratore della Repubblica è stata data risposta, sentiti i Servizi di informazione e sicurezza, nel senso della conferma della sussistenza del segreto di Stato derivante dalle previsioni contenute nella direttiva 30 luglio 1985 del medesimo Presidente, in particolare per quanto attiene «alla dislocazione e all'impiego», «alle operazioni ed alle attività informative», nonché «alle modalità e tecniche operative» dei Servizi di informazione e sicurezza. Firmato: Romano Prodi».

In morte dell'onorevole Aristide Tesini.

PRESIDENTE. Comunico che il giorno 19 maggio è deceduto l'onorevole Aristide Tesini, già membro della Camera dei deputati nella settima e ottava legislatura.
La Presidenza della Camera ha già fatto pervenire ai familiari le espressioni della più sentita partecipazione al loro dolore, che desidera ora rinnovare anche a nome dell'Assemblea.

Discussione del disegno di legge: Misure per il cittadino consumatore e per agevolare le attività produttive e commerciali, nonché interventi in settori di rilevanza nazionale (Testo risultante dallo stralcio degli articoli 28, 29, 30 e 31 del disegno di legge n. 2272, deliberato dall'Assemblea il 17 aprile 2007) (A.C. 2272-bis-A) (ore 9,42).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge: Misure per il cittadino consumatore e per agevolare le attività produttive e commerciali, nonché interventi in settori di rilevanza nazionale.
Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (vedi calendario).

(Discussione sulle linee generali - A.C. 2272-bis-A)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Avverto che i presidenti dei gruppi parlamentari Forza Italia e L'Ulivo ne hanno chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del regolamento.
Avverto, altresì, che la X Commissione (Attività produttive) si intende autorizzata a riferire oralmente.
L'onorevole Lulli ha facoltà di svolgere la relazione.

ANDREA LULLI, Relatore. Signor Presidente, onorevoli colleghi, ci accingiamo a discutere questo provvedimento dopo il successo e la comprovata efficacia delle misure del «pacchetto» del cittadino consumatore di luglio e le disposizioni introdotte dal decreto-legge n. 7 del 2007, approvato recentemente dal Parlamento.
La Commissione, in piena coerenza con gli obbiettivi del disegno di legge presentato dal Governo, ha introdotto modifiche e integrazioni che danno ulteriori contributi all'apertura del mercato alla concorrenza, alla semplificazione amministrativa delle attività economiche.
L'interesse economico delle misure proposte non è connesso solo ai vantaggi derivanti dall'eliminazione di ostacoli alla concorrenza. Molte norme consentono di ridurre drasticamente o di evitare gli oneri amministrativi non giustificati dalla tutela di alcun interesse pubblico primario. Mediante l'abbattimento o la riduzione delle barriere all'entrata di nuovi mestieri o professioni aumenta il numero degli operatori sul mercato, si accelera la nascita e lo svolgimento di nuove attività, favorendo la realizzazione di insediamenti produttivi nel pieno rispetto dell'ambiente rafforzando,


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ove necessario, la tutela degli utenti di beni e di servizi di grande rilevanza collettiva.
Nell'intento di semplificare, si riducono all'essenziale gli adempimenti amministrativi; in questo modo non solo si limitano i cosiddetti costi di transazione, ma si liberano le risorse umane, organizzative e finanziarie oggi impegnate dalle procedure amministrative di interdizione o di selezione e che determinano un accesso limitato alle attività economiche e di servizi. La pubblica amministrazione, non più oberata da innumerevoli adempimenti burocratici, può così concentrarsi nelle funzioni strategiche di programmazione e di controllo degli operatori di mercato, nonché in funzioni innovative.
Il Governo, in questi mesi, ha dato un contenuto concreto all'espressione «sviluppo sostenibile». Fare sviluppo sostenibile, secondo il quadro normativo delineato dal provvedimento al nostro esame, significa non solo intervenire per sostenere l'economia attraverso le tradizionali politiche di crescita, come il finanziamento delle infrastrutture - sappiamo quanto ve ne sia bisogno - e gli incentivi alle attività produttive, ma anche promuovere lo sviluppo e la qualificazione del capitale umano, liberare energie professionali frenate dai vincoli alla concorrenza, proteggere e risparmiare le risorse ambientali, riconoscere e tutelare i diritti dei cittadini consumatori, valorizzare i beni culturali, rilanciare il turismo.
Questa iniezione di fiducia sta dando risultati incoraggianti. Inoltre, a proposito di chi polemizza su liberalizzazioni di facciata o false, vorrei innanzitutto ricordare una affermazione che, in una recente intervista, ha fatto il dottor Riccardo Ruggiero, amministratore delegato di Telecom Italia riguardo al provvedimento normativo sui costi di ricarica e sulle altre questioni legate alla telefonia mobile. Egli ha detto quanto segue: «È evidente che ha portato una certa turbolenza sul mercato. Per la Telecom, esso avrà un impatto di 350, 400 milioni di euro a livello di margine operativo lordo in un anno; ma ci ha anche spinto ad una operazione di trasparenza sui servizi che offriamo e, come risposta, abbiamo visto crescere i volumi di vendita».
Così come ci aspettavamo, così come avevo delineato nella mia relazione al decreto-legge in questione, possiamo tutti dare di più e non scaricare tutto sulle fasce più deboli della società. Interessante sarebbe capire quale effetto redistributivo produrranno le norme sulla responsabilità civile auto, oppure quelle sui mutui bancari a vantaggio delle famiglie, e non solo.
A mio avviso, tali misure avranno un impatto superiore a tutte le manovre fiscali degli ultimi sette od otto anni e ciò comporterà sicuramente un beneficio rilevante non solo sul potere di acquisto delle famiglie, ma anche sullo sviluppo della nostra economia; ed è evidente quali stimoli ad innovare abbiano già dato e abbiano già rappresentato queste stesse norme e tante altre ancora per aumentare la crescita e promuovere un cambiamento culturale in direzione della qualità dello sviluppo, di cui il nostro Paese ha un grande bisogno.
La politica, sempre più sotto accusa per i costi e le mancate decisioni, ha tuttavia dimostrato quanto possa essere rilevante il proprio ruolo se affronta con decisione, nelle sedi istituzionali, in primo luogo in Parlamento, i nodi che bloccano la società italiana prima ancora che la stessa economia. La sfida delle liberalizzazioni è questa e ha l'ambizioso obiettivo di cambiare l'Italia, non solo per renderla più competitiva, ma anche più giusta socialmente.
Soprattutto negli ultimi mesi vi è stata una accelerazione della crescita complessiva del Paese: maggiori esportazioni, un rallentamento dell'inflazione, una evoluzione particolarmente favorevole dell'occupazione: un insieme di circostanze che ha senz'altro favorito un significativo miglioramento dei conti pubblici grazie all'incremento delle entrate tributarie e contributive ed a un migliore controllo delle spese.
Tutti dobbiamo sapere che è possibile ridare slancio all'economia cominciando dal risanamento del bilancio pubblico. Chi


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pensa che il debito pubblico possa aumentare ed essere, allo stesso tempo, un problema non primario da affrontare, afferma falsità nell'interesse di pochi ceti privilegiati, in cui si annidano le speculazioni e le corporazioni, certamente non facendo l'interesse generale del Paese, né quello delle aziende, né quello dei giovani, né delle prospettive di civiltà del Paese.
Gli emendamenti approvati in Commissione sono stati numerosi ed hanno integrato il provvedimento con disposizioni che rafforzano la strategia del Governo: semplificare la vita di tutti i giorni e rendere più facile intraprendere e sviluppare un'attività produttiva e di servizi, eliminare le barriere all'accesso dei giovani alle attività economiche, dare impulso alla crescita economica e alla competitività, dare concorrenza e riconoscere che le norme a tutela del cittadino consumatore seguono un orientamento comunitario e tengono conto delle segnalazioni dei risultati cui sono giunte molte indagini conoscitive dell'Antitrust in materia di eliminazione degli ostacoli alla concorrenza.
Quello svolto in Commissione è stato un lavoro proficuo, a cui hanno partecipato tutti i gruppi politici e non soltanto quelli della maggioranza. Considerato il tempo a mia disposizione, voglio semplicemente porre in evidenza alcuni elementi che abbiamo affrontato e modificato in Commissione, riservandomi di consegnare il testo scritto del mio intervento.
All'articolo 1 gli emendamenti approvati in Commissione hanno chiarito che le nuove disposizioni hanno l'obiettivo di garantire la concorrenza e il corretto funzionamento del mercato mediante la rimozione di vincoli ed ostacoli, non soltanto alle attività commerciali, ma anche alla prestazione di servizi.
La Commissione ha disposto che sia confermata la vigenza anche delle norme tributarie in materia di accisa, nonché quelle a tutela della salute pubblica e della pubblica sicurezza, ed anche la vigenza delle disposizioni in materia di disciplina stradale, ambientale e di prevenzione degli incendi.
In una formulazione più chiara, il testo adottato dalla Commissione disciplina la questione concernente gli impianti di distribuzione carburanti su cui credo che l'Assemblea potrà soffermarsi in seguito, migliorandolo ulteriormente.
Nel testo approvato è stato rafforzato anche il ruolo delle regioni nel corretto ed uniforme funzionamento dei mercati e nel rispetto delle normative costituzionali.
Con l'articolo 3 abbiamo impostato un ragionamento mirante a dare maggiore facilità di accesso alla professione per molte categorie di lavoro autonomo. Credo che ciò sia un altro punto essenziale della manovra. Non dobbiamo pensare che il superamento delle pastoie amministrative e dei ruoli significhi l'abbandono delle professionalità, dei requisiti professionali, delle capacità e della qualità del lavoro: tutt'altro! Credo che la semplificazione e la facilitazione all'accesso debbano stimolare, mantenendo i requisiti professionali come elemento necessario dell'accesso alle professioni, la selezione ed indicare sempre più la strada della qualità e del rapporto trasparente con i consumatori e con il mercato.
All'articolo 4 sono state soppresse alcune norme antistoriche, che stabilivano limiti di trasferimento all'attività di farmacia.
Vi sono anche altri articoli (6 e 7) che tralascio e su cui, ovviamente, avremo modo di discutere nel prosieguo della seduta.
È noto, poi, che una parte degli articoli presenti nell'iniziale disegno di legge sono stati trasfusi nella proposta di legge avente quale primo firmatario l'onorevole Capezzone: si trattava di disposizioni molto importanti.
All'articolo 14 ed all'articolo 15 sono rimaste due deleghe molto importanti che disciplinano, anch'esse, un regime di semplificazione dell'accesso per le politiche industriali e per la vita stessa delle imprese. Anche su tale aspetto abbiamo svolto un ragionamento importante.
Vi sono state norme modificate attraverso emendamenti presentati anche dai


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gruppi di opposizione e credo che nel dibattito in Assemblea potremo migliorare ulteriormente il testo.
Tra le misure di semplificazione delle imprese abbiamo introdotto, all'articolo 22, la norma che obbliga le pubbliche amministrazioni ad erogare incentivi pubblici alle imprese nei termini previsti dalle normative in base alle quali tali incentivi sono concessi, con lo scopo di evitare l'inaccettabile allungamento dei tempi di erogazione.
Si introduce, all'articolo 27, la possibilità per le imprese di sostituire con autocertificazioni le certificazioni dovute per l'ottenimento di un'autorizzazione o concessione da parte della pubblica amministrazione o dei concessionari di servizi pubblici e la partecipazione a procedure di evidenza pubblica.
L'articolo 28 introduce, inoltre, una modifica volta ad escludere le micro-imprese dagli obblighi della cosiddetta legislazione sulla privacy, che spesso è un impedimento molto serio per la vita stessa delle imprese.
Nel testo esaminato in X Commissione sono state introdotte queste e molte altre semplificazioni. Non le elencherò, ovviamente, tutte, ma voglio ricordare che, nel campo della semplificazione informatica e digitale, l'articolo 26 prevede che il Governo, le regioni e gli enti locali promuovano intese o concludano accordi affinché la pubblicazione degli atti nell'albo pretorio sia eseguita anche in via informatica. All'articolo 29, inoltre, si prevede una modifica del codice civile in materia di rappresentanza dell'imprenditore nei confronti della pubblica amministrazione e di compimento di operazioni telematiche.
In materia di adempimento di operazioni in formato elettronico la X Commissione ha approvato due nuove norme. La prima è quella prevista dall'articolo 30, che ha lo scopo di imprimere uno sviluppo celere all'utilizzo della posta elettronica certificata tra imprese, professionisti e pubblica amministrazione, che credo potrà rappresentare un rilevante risparmio di tempo ed economico. La seconda è quella prevista dall'articolo 31, che riguarda la conservazione ottica sostitutiva di documenti originali unici da parte delle imprese e degli iscritti agli ordini professionali.
In campo fiscale, la X Commissione ha inserito l'articolo 17, che introduce un regime fiscale agevolato per i prodotti del commercio equo e solidale che rispettano i criteri previsti dalle organizzazioni di certificazione del fair trade e, allo stesso tempo, le indicazioni della Comunità europea.
Per la capitalizzazione delle imprese abbiamo introdotto, all'articolo 20, la delega al Governo ad adottare uno o più decreti legislativi recanti norme dirette a favorire l'intervento da parte di organismi di investimento collettivo in valori mobiliari nel capitale di rischio delle società, nonché a favorire l'ammissione dei titoli di partecipazione alla quotazione nei mercati regolamentati dall'Unione europea o dai Paesi aderenti allo spazio economico europeo. I principi della delega saranno certamente oggetto di grande discussione e, spero, di una celere adozione da parte del Governo dei decreti legislativi. Con tale delega, in sostanza, si cerca di rendere più importante il ruolo della capitalizzazione delle imprese. Ottenere maggiori risorse da investire nelle imprese e un maggiore rafforzamento delle imprese stesse significa guardare alla sfida dei mercati internazionali ed eliminare quello che spesso è stato uno dei vizi del nostro capitalismo: imprese povere e padroni ricchi.
Gli interventi per la mobilità del settore dei trasporti sono importanti: tra le misure di liberalizzazione abbiamo inserito le questioni che riguardano la componentistica delle automobili. È un settore molto importante, in cui l'Italia ha numerose aziende leader a livello internazionale. Vi è, soprattutto, da considerare un mondo imprenditoriale giovane che vuole rilanciarsi, competere, dare spazio alla propria creatività, al proprio sapere, nella consapevolezza che ciò può produrre un momento importante nello sviluppo economico del nostro Paese e rappresentare anche un orizzonte di impegno per tante giovani generazioni, per tanti tecnici, per


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tanti laureati, per tante persone che hanno una passione importante in tale ambito.
Con riferimento alla trasparenza delle tariffe nel settore dei trasporti, la X Commissione ha inserito una norma, all'articolo 9, che obbliga le compagnie ad indicare chiaramente il prezzo finale dei biglietti, comprensivo dei supplementi, il numero dei posti disponibili in offerta e la durata dell'offerta stessa. Non si può continuare ad ingannare il pubblico...

PRESIDENTE. Onorevole Lulli, la invito a concludere.

ANDREA LULLI, Relatore. Concludo, Signor Presidente. Infine, vi è la questione legata alla soppressione del pubblico registro automobilistico su cui si svilupperà la discussione in Assemblea e, poi, vi è un aspetto molto importante riguardante l'introduzione della legge annuale per la promozione della concorrenza e della tutela dei consumatori.
Sono convinto che se riusciremo a sviluppare un confronto importante, come in parte è stato già fatto durante il dibattito in X Commissione, e se sapremo sfidarci, in quest'Assemblea, al fine di incentivare la concorrenza e la liberalizzazione e di lanciare un messaggio di fiducia ai cittadini italiani, alle imprese ed ai giovani, renderemo un grande servizio al Paese, alle istituzioni e alla loro capacità di essere all'altezza della sfida di oggi.
Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale della mia relazione.

PRESIDENTE. Onorevole Lulli, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
Ha facoltà di parlare il rappresentante del Governo.

LUIGI GIUSEPPE MEDURI, Sottosegretario di Stato per le infrastrutture. Mi riservo di intervenire nel prosieguo del dibattito.

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Mura. Ne ha facoltà.

SILVANA MURA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il provvedimento che stiamo discutendo rappresenta un ulteriore passo avanti sul piano dell'apertura dei mercati, delle pari opportunità tra i cittadini, della difesa dei consumatori, a tutto vantaggio della concorrenza e, quindi, della diminuzione dei prezzi nei settori coinvolti.
Effetto non secondario del provvedimento in esame è la creazione di nuovi posti di lavoro attraverso il più facile accesso alle professioni e l'aumento di attività imprenditoriali e professionali. Il processo di adeguamento dei mercati alle normative europee riporta l'Italia economica a condizioni di parità con i nostri maggiori partner internazionali, consentendo quell'aumento di efficienza che permette al nostro Paese di competere in ambito europeo. Il basso livello di produttività del nostro Paese dipende anche dalla scarsa mobilità dei fattori, dall'invecchiamento delle imprese e da mercati ingessati da regole pratiche frutto di un passato lobbistico.
Una parte importante del processo di ammodernamento della nostra economia dipende in maniera cruciale dalle regole che le pubbliche amministrazioni stesse si daranno per regolare lo sviluppo. A questo proposito, l'aver eliminato tutta la parte relativa agli adempimenti amministrativi per la costituzione e l'ampliamento di nuove imprese costituisce uno dei punti qualificanti dei provvedimenti di liberalizzazione votati all'unanimità dall'intero Parlamento, con il consenso dell'opinione pubblica, delle categorie e dei singoli cittadini.
La completa liberalizzazione del commercio, individuando soltanto due settori merceologici - l'alimentare e il non-alimentare - e comprendendo per la prima volta anche i prodotti petroliferi, porta a compimento il processo di liberalizzazione delle licenze commerciali, iniziato quasi dieci anni fa sempre ad opera dell'allora Ministro Bersani.
Questo provvedimento consentirà di ridurre i costi della distribuzione, che in Italia sono mediamente molto più alti che


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nel resto d'Europa, comprendendo tra le cause di tale diseconomia una rete commerciale non paragonabile, in molte regioni soprattutto del Sud, ai Paesi più avanzati. In particolare, la liberalizzazione degli impianti di distribuzione dei carburanti sarà utile non solo all'ammodernamento della rete, ma anche ad un più puntuale adeguamento dei prezzi dei carburanti all'andamento dei prezzi internazionali dei prodotti petroliferi.
Per quanto riguarda la creazione di nuove opportunità di lavoro per i nostri giovani, l'articolo 3, semplificando e facilitando l'accesso alle attività di intermediazione, offrirà nuove opportunità lavorative in questi settori.
Non voglio nemmeno trascurare il settore della componentistica per i veicoli a motore, dal momento che esso rappresenta un settore importante dell'economia italiana, tra i pochi in cui l'Italia ha un ruolo di leadership a livello europeo, e dove la normativa vigente penalizza maggiormente le imprese e i consumatori.
Nell'ambito dei trasporti, il nostro Paese è, ancora una volta, tra i più arretrati per quanto riguarda le ferrovie. Quindi, la liberalizzazione della rete ferroviaria, garantendo l'accesso della rete stessa a soggetti pubblici e privati per il trasporto di merci e persone, è uno dei provvedimenti indispensabili per il rilancio del trasporto su ferro. L'entrata in esercizio dell'alta velocità aumenterà finalmente l'offerta della rete ferroviaria, mettendo a disposizione nuove opportunità e nuovi servizi a più operatori nel mercato, a tutto vantaggio della concorrenza, dei consumatori e soprattutto dell'ambiente.
Uno dei criteri ispiratori dell'intero provvedimento è costituito da un'apertura di credito della pubblica amministrazione nei confronti dei cittadini, siano essi imprese, professionisti o contribuenti. In molte parti del testo in discussione è previsto il ricorso all'autocertificazione e all'autodichiarazione, con la possibilità di verifica con controlli ex post da parte dei soggetti pubblici, come dimostrazione di un nuovo approccio nel rapporto tra Governo e cittadini.
Un altro elemento importante è costituito dal ricorso a procedure informatizzate che velocizzano, facilitano e rendono più trasparenti le decisioni delle pubbliche amministrazioni, oltre a semplificare l'amministrazione interna delle imprese, il loro rapporto con i professionisti e le procedure di delega e di rappresentanza dell'imprenditore.
Un aspetto strategico che viene affrontato dall'articolo 20 riguarda la capitalizzazione delle nostre imprese, favorendo altresì la quotazione dei loro titoli nel mercato borsistico, come premessa indispensabile del loro rafforzamento finanziario. La ragione di questa proposta è la struttura particolare delle nostre imprese, che è in gran parte di piccole e medie dimensioni. Esse, come è evidenziato in tutte le indagini, soffrono di una cronica sottocapitalizzazione, condizione questa che certamente non permette loro di competere alla pari a livello internazionale.
Va dato atto al Governo di aver opportunamente inserito, anche alla luce del trasferimento di controllo di Telecom, un articolo che demanda all'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, l'assunzione di provvedimenti che garantiscono la corretta gestione della rete, elemento strategico di qualunque Paese moderno.
È evidente che la separazione funzionale della rete dalle imprese che gestiscono il servizio telefonico serve a garantire parità di accesso alla rete stessa per tutti gli operatori, l'effettiva concorrenza, la diminuzione dei prezzi e il miglioramento dei servizi, condizioni indispensabili per la competitività del sistema Italia.
Un provvedimento che affronta le questioni del mercato non può non contemplare misure a favore dei cittadini consumatori, che rappresentano la componente fondamentale del mercato stesso. In particolare, si prevede l'eliminazione della clausola di massimo scoperto addebitata - a mio parere ingiustamente - da parte del sistema creditizio, cosa che succede solo in Italia. Si dà finalmente trasparenza, inoltre, agli addebiti per interessi di mora dovuti al mancato o ritardato pagamento di pubblici servizi, ponendo il limite massimo


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di due punti percentuali sotto il tasso pronti contro termine fissato dalla Banca centrale europea. Gli incentivi all'utilizzo della moneta elettronica non solo servono ad avvicinare il nostro Paese al resto d'Europa, ma questo tipo di pagamento contrasta l'evasione fiscale e i pagamenti illeciti.
Da ultimo, ma non ultimo, l'area di inefficienza e di spreco della pubblica amministrazione dipende in gran parte da una legislazione obsoleta, che mantiene pratiche doppie ed inutili; una di queste, eclatante, è il pubblico registro automobilistico, istituito nel lontano 1927 con regio decreto. L'Italia è l'unico Paese in Europa ad averlo conservato fino ad oggi, dal momento che tutte le informazioni relative agli autoveicoli sono giustamente registrate e conservate nell'archivio nazionale dei veicoli tenuto presso il Ministero dei trasporti.
Alla luce di tali considerazioni, sul provvedimento in discussione il gruppo dell'Italia dei Valori conferma un giudizio complessivamente positivo.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Raisi. Ne ha facoltà.

ENZO RAISI. Signor Presidente, colleghi, devo dire che sono rimasto sorpreso dal fatto che, di fronte ad un provvedimento così importante, anche da parte del Parlamento non mi sembra che vi sia una forte attenzione, a cominciare dalla maggioranza, che latitata in questo dibattito.
Vorrei entrare nel merito e cercare di chiarire alcuni equivoci che credo siano emersi. Si sta continuando a parlare impropriamente e in modo generico di liberalizzazioni, facendo confusione tra il tema della liberalizzazione di alcuni settori chiave del Paese, la giusta tutela del consumatore - che è un'altra cosa - e la semplificazione amministrativa. Separo i tre aspetti perché ritengo che proprio in virtù di questa diversità vada espresso il giudizio finale sul provvedimento che stiamo esaminando.
Parliamo del passato: mi dispiace per il relatore, ma noi ribadiamo, anche in questa sede, che i decreti-legge sino ad oggi presentati dal Ministro Bersani non parlavano di liberalizzazione, ma, in realtà, camuffavano altri tipi di interventi (ad esempio, una controriforma della riforma Moratti, per citare un elemento che a noi ha dato molto fastidio e dispiacere), con alcuni provvedimenti - per carità, giustissimi: penso a quello relativo alla ricarica del telefonino - che, però, riguardavano meramente questioni di giusta trasparenza e tutela del consumatore, ma non certamente di liberalizzazione. Allo stesso modo, non vorrei rimarcare in questa sede la querelle sui taxi, dove per i problemi di due grandi comuni, come Milano e Roma, si è creato un caso nazionale in un settore e in una categoria su cui si dovrebbe discutere.
Il primo tema che pongo all'attenzione del Parlamento - ho già detto in Commissione e riprendo in questa sede un pensiero, da me condiviso, del professore Ichino - è quello della liberalizzazione delle professioni e delle categorie, che, in linea di massima, non ci vede contrari: è giusto - lo diceva prima la collega Mura - garantire l'accesso ai giovani ad opportunità di lavoro, mi sembra strano però che, come al solito, si colpiscano determinate categorie e non altre.
Questo è uno dei problemi che stanno a monte della politica del Ministro Bersani sui processi di liberalizzazione, di trasparenza e di tutela dei consumatori che sta portando avanti nel suo incarico di Governo.
Quando il Ministro venne in Commissione - non mi stancherò mai di ripeterlo - ci disse che si sarebbe fatto carico di una serie di provvedimenti volti in qualche modo a colmare quelle lacune che sia l'Unione europea, sia l'Authority sulla concorrenza avevano imputato al nostro sistema economico-produttivo in tema di liberalizzazioni.
Io dissi allora - e lo ripeto in quest'aula - che forse si trattava di un pensiero condivisibile ma che, per coerenza, egli avrebbe dovuto sia indicare quali fossero i settori su cui si intendeva intervenire in ottemperanza a quanto disposto


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dall'Unione europea e dall'authority, sia, soprattutto, indicare al Parlamento le priorità.
Abbiamo assistito, invece, ad una serie di provvedimenti alquanto confusi, non muniti di una linea di condotta generale, e, soprattutto - lo rimarcherò nella parte finale del mio intervento, quando dovremo spiegare alcuni emendamenti proposti - ispirati al non intervento assoluto su alcune tematiche, alcuni settori e alcune categorie chiave dell'economia nazionale che, probabilmente, la sinistra non ha voluto toccare in quanto rappresentano anche un bacino di consenso elettorale.
Mi dispiace doverlo rimarcare in questa sede, ma credo che, probabilmente, se ci fossero stati principi chiari e una trasparenza nelle linee di condotta del Governo sui settori in cui si intendeva intervenire, anche nel processo di liberalizzazione, avremmo avuto meno conflittualità anche in termini di rapporto con le categorie.
È vero che questo è il Paese delle corporazioni; è vero che questo è il Paese delle lobby; però, è anche vero che, quando una categoria si sente colpita e non vede colpite in modo uguale e con gli stessi criteri le categorie analoghe, indubbiamente il pensiero o il retropensiero che si tratti di una punizione, che si sta attuando nel momento in cui si vanno a prendere certi provvedimenti contro quella categoria, credo sia quanto meno giustificato.
Noi, dunque, abbiamo chiesto fin dall'inizio a questo Governo e al Ministro Bersani di essere più chiari sulle linee di condotta che intendevano adottare: mai abbiamo avuto risposta in tal senso.
Sottolineo che, dopo i due decreti-legge, su cui abbiamo dato battaglia anche in termini di condotta parlamentare, con un forte ostruzionismo, sul disegno di legge Bersani, il mio gruppo, il gruppo di Alleanza Nazionale, ha effettuato una scelta diversa: ha rilanciato, proponendo alcuni emendamenti chiave, sui quali tornerò nella parte finale del mio intervento, sul tema della liberalizzazione, andando a toccare alcuni di quei settori che oggi sono bloccati e che noi riteniamo fondamentali per lo sviluppo dell'economia del nostro Paese.
Il provvedimento, nel suo complesso, ha senza dubbio alcune parti condivisibili. Debbo sottilineare, però, che al 90 per cento si tratta di deleghe al Governo. Vengono stabiliti dei principi, cui seguono delle deleghe che, di fatto, espropriano questo Parlamento su temi chiave.
Il relatore spera - lo spero anche io con lui - che presto il Parlamento potrà discutere sui principi di tali deleghe che conferiremo al Governo. Oggi, di fatto, stiamo attribuendo delle deleghe in bianco ad un Governo che, fino ad oggi, non si è dimostrato particolarmente favorevole ad un dialogo consultivo con il Parlamento, anche perché spesso, avendo delle difficoltà di numeri, soprattutto al Senato, cerca di evitare il confronto con il Parlamento.
Posso capire che, indubbiamente, la scelta delle deleghe al Governo sia obbligatoria per una maggioranza che stenta ad avere i numeri, soprattutto in un ramo del Parlamento, ma sicuramente tale aspetto ci pone delle difficoltà nell'esprimere un giudizio reale quando questo Governo si occupa di temi così importanti.
Vi è, poi, un problema, a nostro parere, non di poco conto, nel momento in cui si va a toccare un settore importante e strategico come quello della distribuzione dei carburanti. In Commissione ho avuto modo di interloquire, sia con il Governo, sia con il relatore, sul fatto che si dia la possibilità di aprire nuovi distributori di carburante, ma non si colga l'occasione per cercare di incentivare tali aperture (sono d'accordo con il relatore quando si inalberò dicendo che non possiamo vincolare nessuno).
Certo, diamo al mercato e alle cooperative di consumo l'opportunità di avere una stazione di servizio laddove c'è un ipermercato, ma almeno cerchiamo di essere coerenti con un Governo che chiede una maggiore diffusione dei carburanti alternativi ed ecologici e chiediamo che le stazioni di servizio prestino un'attenzione


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particolare sul tema. Mi sembra, purtroppo, che tale aspetto non sia stato colto.
Ho trovato abbastanza strano anche l'accanirsi su un tema particolare come quello del GPL. In un settore in cui, effettivamente, devono essere analizzate alcune ipotesi di speculazione - che si sono verificate anche in tema di prezzi e, quindi, di trasparenza sul costo finale al consumatore - il GPL è sicuramente, tra i carburanti, quello che si è mantenuto a più basso costo; ha avuto addirittura una diminuzione della vendita, negli ultimi quattro anni, del 50 per cento: credo che sia l'unico che ha mantenuto un segno negativo rispetto ai livelli UE periodicamente rilevati, ovvero quel «delta prezzo» che rincorriamo con la liberalizzazione. Eppure, nonostante ciò, nel provvedimento ci si è accaniti sul GPL.
Ribadisco il tono iniziale del mio intervento: se ci fossero dati dei principi generali da perseguire, probabilmente anche un intervento di questo tipo sarebbe stato visto in un'ottica diversa. Mi sembra che abbiamo a che fare con una lobby, quella dei distributori di GPL, meno potente di altre che hanno ricevuto sicuramente meno attenzione da parte del Governo. Allora, anche questo è un problema, perché si va a scardinare, come dicevo prima, un sistema di corporazioni, senza però creare un nuovo sistema; si rischia, così, di aprire delle falle, che poi diventano dei boomerang.
Ecco perché, nel momento in cui si è intervenuti sulla distribuzione del GPL, si poteva pensare ad incentivi che aumentassero l'apertura di nuovi distributori di GPL nelle zone più disagiate e meno facili da coprire. Questa sarebbe stata una soluzione, per cercare innanzitutto di essere coerenti con quella che dovrebbe essere la politica del vostro Governo, ossia - se non ho letto male - una politica di agevolazione dei carburanti meno inquinanti. Dall'altra parte, si sarebbero in qualche modo controbilanciati quegli interventi che sicuramente non sono stati favorevoli agli attuali distributori di GPL. Spero che il relatore voglia prendere in esame questa nota, anche nel momento della votazione di eventuali emendamenti.
Ci sono alcuni aspetti sicuramente ideologici del provvedimento. Devo dire la verità: sull'articolo 17 sono abbastanza neutrale. Noto che vi è una forte attenzione sui prodotti del commercio equo e solidale e mi fa piacere, ma non vorrei che, da una parte, liberalizziamo e, dall'altra parte, ancora una volta, creiamo corsie privilegiate. Diventerebbe strano un sistema nel quale andiamo a toccare - lo ribadisco - alcuni settori, che probabilmente andavano toccati, e, dall'altra parte, non solo non ne tocchiamo altri, ma addirittura creiamo nuove corsie preferenziali, come, ad esempio, quella sui prodotti equo-solidali.
Probabilmente, si paga il dazio ad una sinistra radicale che, con il contentino dell'articolo 17, ha assunto anche alcune decisioni sulle quali, probabilmente, non era tanto d'accordo.
Veniamo al tema della semplificazione, che ci vede sicuramente attenti. Abbiamo partecipato attivamente, dando il nostro voto favorevole, alla stesura del provvedimento che prende il nome dal presidente della nostra Commissione, l'onorevole Capezzone.
Crediamo che quello della semplificazione sia un tema chiave per il nostro Paese. Riteniamo, però, che - attenzione: lo dico anche per la mia esperienza di amministratore locale - esso sia un po' più complesso rispetto a quanto proponiamo in questa sede, anche perché vi sono rapporti tra le diverse istituzioni pubbliche locali e nazionali che andrebbero rivisti in un quadro normativo più generale. Ecco perché insisto nel dire che queste «lenzuolate» rischiano poi di scontrarsi con una realtà che di fatto non produce l'effetto che tutti quanti noi forse auspichiamo, ad esempio, nel campo della pubblica amministrazione.
Probabilmente, su questo punto andrebbe affrontato un discorso più globale e generale, e il Parlamento dovrebbe avere più coraggio. Ciò perché, quando si parla dei costi della politica, tanto per toccare


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un tema tanto caro ad alcuni quotidiani in questi giorni, che rappresentano interessi ben chiari anche del mondo economico nel nostro Paese, ci riferiamo soprattutto al fatto che il cittadino paga molto per la politica e non trova nel rapporto con la pubblica amministrazione quelle risposte che un'amministrazione efficiente dovrebbe dare a chi lavora in un sistema che si chiama Europa, che ha delle regole uguali per tutti (dalla Finlandia alla Spagna, all'Italia), che tuttavia nel nostro Paese, nel momento in cui vengono applicate, creano difficoltà rispetto al rapporto tra cittadino e Stato.
Credo che, probabilmente, questo sia oggi uno dei grandi motivi della disaffezione alla politica. Ecco perché, ad esempio, anche tra i nostri provvedimenti, abbiamo cercato di eliminare alcuni corpi intermedi completamente inutili. Sicuramente, uno dei temi che abbiamo voluto porre all'attenzione della Commissione è l'eliminazione delle province, che però avrebbe portato alla questione della riforma costituzionale, per cui è stata da noi in qualche modo momentaneamente accantonata. Abbiamo proposto, però, l'eliminazione delle comunità montane, perché sicuramente rappresentano un altro esempio di enti intermedi che diventano odiosi per il cittadino nel momento in cui hanno un alto costo di gestione e, in realtà, costituiscono solo una complicazione e non certamente un'agevolazione nel rapporto tra cittadino e Stato.
Rispetto al tema vero della liberalizzazione, aggiungerei che nel nostro Paese si sta verificando un fatto particolare che ormai si è sviluppato solo e unicamente nella realtà italiana: da una parte, si porta avanti almeno idealmente il tema delle liberalizzazioni e, dall'altra parte, ci accorgiamo che a livello locale, su settori chiave per il Paese, come ad esempio l'energia o la gestione degli acquedotti e delle risorse idriche, il grande petrolio del futuro, si moltiplicano in modo esponenziale le utility locali, anche in questo caso con la malsana idea di un rapporto perverso tra il mondo della politica e i costi della gestione, anche del settore pubblico.
È chiaro che le utility locali - lo so bene poiché vivo in Emilia Romagna, ossia una regione che guarda caso ha visto esplodere il fenomeno delle utility locali - significano controllo dell'economia, controllo del consenso sociale, possibilità di collocare quella parte della politica che viene espulsa dalle assemblee elettive e tutta una serie di altri fattori; pertanto, il sistema politico ha pensato, nel momento in cui Roma sostiene che vuole le liberalizzazioni, di sviluppare in modo esponenziale le utility che vengono controllate dagli enti locali.
Questo è un tema su cui abbiamo posto l'attenzione in uno dei nostri emendamenti e rispetto al quale verificheremo la reale volontà di questo Governo di perseguire realmente una politica liberalizzatrice del settore economico-produttivo nel nostro Paese.
Il Ministro Bersani ci ha più volte insultato dicendo che eravamo dei falsi liberalizzatori.
Abbiamo accettato la sfida, andando a toccare alcuni aspetti sicuramente importanti per quanti credono - come chi parla e chi ha presentato queste proposte emendative - ad un necessario processo di modernizzazione e liberalizzazione nel nostro Paese. Lo abbiamo fatto anche parlando, ad esempio, di Sviluppo Italia; lo abbiamo fatto cercando in qualche modo di porre rimedio all'«affondamento» che si sta compiendo in questo momento al Senato sul cosiddetto disegno di legge Lanzillotta, relativo al tema della gestione del servizio idrico; lo abbiamo fatto parlando dei sindacati, altra corporazione che in questo Paese mantiene fermi alcuni privilegi, che si attarda ormai esclusivamente a consolidare i propri benefici e l'autoreferenzialità. Ciò ha portato, non a caso, la stragrande maggioranza dei sindacati ad avere tra i tesserati solo pensionati. È un'anomalia che esiste solamente in Italia: la maggioranza degli iscritti ai sindacati sono pensionati e non sono inseriti nel mondo produttivo del lavoro. Abbiamo presentato una proposta emendativa sui CAF; lo abbiamo fatto - visto che anche voi avete parlato di cooperative -


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cercando ancora una volta di chiarire un'anomalia italiana. Ciò perché quando si parla di libera concorrenza, quest'ultima deve essere a trecentosessanta gradi, signori miei!
Non si può pensare di continuare a mantenere un elemento che distorce la libera concorrenza nel mercato. Ormai è chiaro che nel nostro Paese vi sono delle cooperative che ancora mantengono i principi della mutualità sociale per i quali sono nate e che sono fondamentali anche per il ruolo sociale che compiono; ma è indubbio che alcune realtà ormai denotano addirittura situazioni di monopolio: pensiamo alla distribuzione alimentare. La distribuzione alimentare in questo Paese registra dei monopoli che si chiamano, ad esempio, cooperative di consumatori o Legacoop: in alcune regioni è quasi impossibile entrare nella distribuzione alimentare; addirittura adesso, sollevando la questione della bandiera nazionale, si cerca in qualche modo di arginare anche l'ingresso della grande distribuzione europea. Eppure, tale tipo di aziende, che sono vere e proprie multinazionali (nel mio territorio ve ne sono tante) godono ancora di privilegi dovuti al fatto che mantengono la ragione sociale di cooperativa.
Credo che in un Paese serio, che parla di liberalizzazioni, che si prefigge di uscire da quel sistema di lobby e corporazioni che in qualche modo incatena il mercato, tale tema debba essere affrontato in Parlamento senza pregiudiziali ideologiche, ma con chiarezza.
Non si vuole uccidere il mondo della cooperazione; al contrario, si vuole dare risalto alla funzione importantissima della cooperazione sociale e inserirla nel mercato, considerando che ormai è diventata anche protagonista del mondo della finanza e del sistema bancario. Credo che sia un passaggio importante, su cui ci misureremo nel momento della votazione finale.
Nel concludere il mio intervento voglio ribadire che da parte di Alleanza Nazionale - credo che lo abbiamo dimostrato anche nel dibattito in Commissione - vi sia stata la volontà di svolgere un ruolo attivo e da protagonista, nel momento in cui è stato presentato il disegno di legge relativo alle liberalizzazioni, su cui abbiamo voluto creare un confronto sereno. Abbiamo però anche voluto misurare la maggioranza sulla reale disponibilità e volontà di confronto, così tante volte ventilata.
Do atto al relatore di aver prestato attenzione in taluni passaggi anche ad alcune nostre richieste. Non riteniamo però ciò sufficiente, perché vi sono alcuni aspetti chiave - che ho illustrato anche nel mio intervento - che giudichiamo indispensabili per esprimere un voto favorevole da parte del nostro gruppo.
Pertanto, in questo momento sospendiamo il giudizio, nonostante le critiche negative che abbiamo mosso anche nel corso del dibattito in Commissione.
Riteniamo - lo ribadisco - che vi sia un'impostazione di fondo sbagliata da parte del Ministro Bersani nell'affrontare questi temi. Ci misureremo sugli emendamenti per capire quale sia la sua disponibilità, se siamo noi i falsi liberalizzatori o se è Bersani che ci propina una falsa liberalizzazione. Lo faremo con la massima chiarezza.
Ci sono alcuni temi, su cui poi interverrà anche il collega Urso, importanti nell'ambito del mondo energetico: mi domando perché non parlare del nucleare che credo sia un altro aspetto interessante nel momento in cui chiediamo di riaprire la competitività su alcuni settori chiave del mondo della produzione.
Quando comprenderemo le reali intenzioni del Governo e del relatore sui nostri emendamenti (lo consideriamo un punto nodale anche per creare un disegno strategico su un reale intervento di liberalizzazione del processo produttivo ed economico del nostro Paese), quando sarà finalmente chiara la volontà del Governo, in quel momento sicuramente anche noi faremo le nostre scelte.
In questo momento le nostre considerazioni sono sicuramente fortemente critiche, anche se alcuni passaggi - come, ad esempio, quello sulla trasparenza amministrativa - sono stati accolti e, anzi, ci


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hanno visti protagonisti nel momento in cui è stato stralciato il cosiddetto provvedimento Capezzone.
Su questi temi abbiamo sfidato il Governo e lo sfidiamo anche in questa sede, nel voto in Assemblea, con le nostre proposte presentate sotto forma di emendamenti: sono convinto che siano proposte serie, credibili, importanti, che procedono, queste sì, nel solco di una vera liberalizzazione necessaria per il nostro Paese. Una modernizzazione che anche noi vogliamo, che auspichiamo, ma che deve essere realizzata su basi serie, senza creare figli e figliastri e, se veramente si vuole essere credibili, senza mantenere alcun privilegio in settori che possono rappresentare una base di consenso elettorale per la sinistra, ma che sicuramente sono da ostacolo per una vera liberalizzazione del nostro Paese (Applausi dei deputati del gruppo Alleanza Nazionale).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Pagliarini. Ne ha facoltà.

GIANNI PAGLIARINI. Signor Presidente, il disegno di legge in discussione, recante misure per il cittadino consumatore e per agevolare le attività produttive e commerciali, nonché interventi in settori di rilevanza nazionale, si pone l'obiettivo di promuovere la competitività del sistema produttivo e, quindi, lo sviluppo economico del Paese intervenendo in tre settori tra loro collegati: l'apertura del mercato alla concorrenza, la tutela dei consumatori e la riduzione e la semplificazione degli adempimenti amministrativi a carico delle imprese.
Si tratta di interventi già presenti nel programma di Governo su cui il Documento di programmazione economico-finanziaria 2007-2011 si è meglio soffermato.
Un primo intervento è stato realizzato con la legge n. 248 del 2006: stiamo parlando di una legge che ha dato un primo segnale significativo di snellimento dei vincoli amministrativi eliminando diverse restrizioni alla concorrenza poste all'attenzione dell'Antitrust. Le norme adottate rappresentano una novità sul piano politico, culturale e sociale, vanno ad aumentare la competitività in settori che incidono quotidianamente sulla vita dei cittadini, andando a creare nuove opportunità sul piano dei costi e dell'efficienza. È stato così, ad esempio, riguardo ai conti correnti bancari, alla vendita dei farmaci, alle polizze assicurative per la responsabilità civile e per tanti altri aspetti.
Il provvedimento in discussione in continuità con l'intervento precedentemente descritto si cimenta con la necessità di compiere un ulteriore importante passo al fine di combattere le pratiche anticoncorrenziali e di rendita presenti nella nostra economia determinate da interessi corporativi e particolaristici, riducendo o eliminando i costi non giustificati dalla tutela di alcun interesse pubblico prevalente. L'obiettivo è quello di favorire la nascita di nuove attività che rendano più ampia l'offerta produttiva e, conseguentemente, creare i presupposti per nuove opportunità occupazionali.
Se fin qui mi sono soffermato sulla parte che riguarda l'aumento delle opportunità, più complesso si presenta il quadro entrando nel merito del tema delle semplificazioni - mi riferisco al titolo II del provvedimento intitolato «Impresa più facile» - e delle misure volte ad eliminare o a semplificare alcune procedure che appaiono ormai superate e, quindi, che gravano le imprese di adempimenti burocratici sproporzionati rispetto allo scopo di garantire standard di idoneità.
Segnalo, però, che alcune delle disposizioni in esame, pur inserendosi in un quadro di finalità sostanzialmente positive, appaiono inopportune e inadeguate dal momento che, per semplificare certi adempimenti, si rischia concretamente di far venire meno alcune tutele relative alla salute e alla sicurezza dei lavoratori e più in generale dei cittadini.
Basti pensare a quanto dispone l'articolo 16 riguardo alla semplificazione della procedura di verifica degli impianti a pressione e degli apparecchi di sollevamento


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mediante il ricorso all'autocertificazione dell'interessato assicurata da un professionista indipendente.
Vediamo nel dettaglio cosa prevede tale procedura. Il comma 1 stabilisce che l'installazione di un impianto a pressione sia comunicata all'ASL territorialmente competente dal proprietario e dal gestore dell'impianto. Il proprietario e il gestore dell'impianto attestano sotto la propria responsabilità che l'impianto è installato a regola d'arte e in conformità con la normativa vigente, e che sono state effettuate le verifiche e le prove obbligatorie, e allegano sia la conforme attestazione di un professionista o di un ente tecnico abilitato, sia la certificazione dei componenti utilizzati.
Il comma 2 prevede poi l'attestazione da parte di proprietari, gestori, professionisti o rappresentanti degli enti tecnici abilitati dell'effettuazione delle prove e delle verifiche e il relativo esito, nonché dell'assenza di qualunque collegamento contrattuale, professionale o economico diretto o indiretto del professionista o dell'ente tecnico abilitato con il fabbricante, il distributore, l'installatore e il gestore dell'impianto.
Il comma 3 si sofferma sulle verifiche dell'azienda sanitaria locale: a tal proposito l'ASL effettua verifiche tecniche a campione, senza preavviso, degli impianti anche mediante convenzione con soggetti pubblici indipendenti e privi di collegamenti contrattuali, professionali, economici, diretti o indiretti con gli operatori interessati, e muniti di adeguata competenza tecnica. In caso di esito negativo sottopone a verifica tutti gli altri impianti gestiti o verificati dai medesimi soggetti.
È importante segnalare che il comma 5 estende l'applicazione delle procedure in questione alle verifiche periodiche degli apparecchi di sollevamento. In tal caso la comunicazione è effettuata all'ASL o al diverso ente individuato dalla legge regionale in materia di prevenzione degli infortuni.
A mio avviso tale procedura rischia di non essere adeguata a garantire le necessarie condizioni di sicurezza perché non sempre la semplificazione di una procedura amministrativa si coniuga con il rispetto della salute e della sicurezza. È questo il caso del meccanismo dell'autocertificazione per la verifica degli impianti a pressione e degli apparecchi di sollevamento, che, nel nome della semplificazione burocratica, non garantisce affatto adeguate tutele sul piano della sicurezza e della salute nei luoghi di lavoro. Si tratta di un argomento di estrema attualità, sul quale sono intervenute ripetutamente le più alte cariche dello Stato, che hanno invitato il Parlamento a legiferare con attenzione riguardo al tema della sicurezza.
Vale certamente la pena di ricordare la drammaticità dei numeri delle morti bianche in Italia, in termini generali e specificatamente nei settori in questione.
Il nostro Paese si colloca, infatti, in cima alla classifica europea per i decessi sul lavoro: ogni giorno contiamo in media tre vittime; nel 2006 i morti sono stati complessivamente 1.280 con un aumento dell'11 per cento rispetto all'anno precedente e dal 1o gennaio al 28 maggio 2007, scorrendo le prime statistiche disponibili, si contano altri 425 morti sul lavoro, una cifra che si accompagna a quelle dei 425.338 infortuni e dei 10.633 nuovi invalidi.
L'INAIL conferma, peraltro, una tendenza preoccupante lungo tutto l'ultimo quinquennio: se è vero che tra il 2001 e il 2005 gli incidenti sul lavoro in Italia sono scesi da 1.023.000 del 2001 a 939.566 del 2005, è vero anche che quelli mortali sono aumentati e sono colpiti in particolare i lavoratori tra i diciotto e i quarantanove anni, vale a dire quelli appena avviati al lavoro o quelli a metà della carriera. L'anno scorso, soltanto nel settore dell'edilizia le vittime sono state 280 e la principale causa di morte nei cantieri edili è da collegare all'uso di gru o di ruspe. Gli operai che vengono travolti rappresentano il 15,4 per cento del totale degli incidenti mortali.
Proprio in virtù di una situazione così grave e preoccupante rappresenterebbe un errore semplificare, rendendola più blanda


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e meno incisiva, l'attuale disciplina. Sia per quanto riguarda gli impianti a pressione sia per quanto riguarda gli impianti di sollevamento non comprendo il motivo per cui s'intenda incidere su un impianto normativo che già contemperava nella giusta misura la volontà di non gravare troppo sulle esigenze produttive rispetto alla tutela della sicurezza e dell'incolumità dei lavoratori e più in generale dei cittadini.
Segnalo, inoltre, che questo aspetto è stato evidenziato dalla Commissione lavoro, che, nell'esprimersi sul provvedimento in esame, ha condizionato il parere favorevole alla soppressione dell'articolo in merito. Tale aspetto è stato condiviso sostanzialmente all'unanimità da tutta la Commissione, poiché anche coloro che si sono astenuti sul parere, per quanto riguarda il punto in questione sono stati concordi sull'opportunità della soppressione. Dico ciò anche in considerazione del fatto che le procedure per la verifica degli impianti a pressione e degli apparecchi di sollevamento potrebbero più opportunamente essere affrontate nell'ambito dell'esame del disegno di legge di delega relativo al testo unico di riforma della normativa in materia di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro in discussione al Senato. Peraltro, anche il sottosegretario per il lavoro e la previdenza sociale, Montagnino, intervenendo in qualità di rappresentante del Governo presso la Commissione che presiedo, ha dichiarato di condividere le osservazioni emerse nel corso del dibattito in merito al profilo in esame, rispondenti - come lui diceva - all'esigenza di evitare che il perseguimento dell'obiettivo della semplificazione abbia effetti non sempre positivi sul piano della sicurezza sui luoghi di lavoro. Per tutte le motivazioni che ho richiamato ritengo quindi opportuna la soppressione dell'articolo 16.
Desidero anche esprimere le mie perplessità, nell'ambito dell'abolizione del pubblico registro automobilistico, sulle disposizioni di cui all'articolo 52, che, come conseguenza di quell'abolizione, dispone che al personale dell'Automobile Club d'Italia, già adibito al funzionamento del pubblico registro automobilistico, si applicano le disposizioni previste per i lavoratori del pubblico impiego in materia di eccedenza di personale. Tali norme prevedono, in primo luogo, che sia attivata un'apposita procedura volta a raggiungere un accordo con le organizzazioni sindacali per ricollocare almeno parzialmente il personale in esubero nell'ambito della medesima amministrazione o presso altra amministrazione, il cosiddetto accordo di mobilità. Al termine di tale procedura, il personale eccedente di cui non è stata possibile la ricollocazione lavorativa, viene messo in disponibilità e quindi, oltre a percepire un'indennità, viene iscritto in appositi elenchi da cui le pubbliche amministrazioni che necessitano di personale sono obbligate ad attingere prima di poter avviare le procedure per nuove assunzioni. Decorso il termine massimo di ventiquattro mesi dal collocamento in disponibilità, in mancanza di ricollocazione presso altra amministrazione, il rapporto di lavoro si intende definitivamente risolto di diritto.
Il provvedimento in esame non reca alcuna garanzia in merito alla sicura ricollocazione del personale in questione presso altre pubbliche amministrazioni. C'è il rischio che, decorso il periodo massimo di collocamento in disponibilità, ventiquattro mesi, per tali lavoratori, se ancora non assorbiti da altra amministrazione, si determini la cessazione del rapporto di pubblico impiego. Peraltro, durante il periodo di messa in disponibilità, il lavoratore subirebbe comunque un danno economico perché avrebbe diritto solamente ad un'indennità pari all'80 per cento dello stipendio e dell'indennità integrativa speciale, con esclusione di qualsiasi altro emolumento retributivo.
È ovvio che la disciplina che ho menzionato è stata concepita per intervenire in situazioni che si verificano di fatto, a seguito dell'evolversi del contesto delle attività nelle pubbliche amministrazioni. Nel caso dell'abolizione del PRA, ci troviamo di fronte alla soppressione ope legis di una struttura amministrativa. Conseguentemente, il legislatore ha l'obbligo di


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farsi carico, nel momento in cui propone una riforma, anche del mantenimento dei livelli occupazionali.
Per tutte queste ragioni, ritengo inadeguate ad affrontare la problematica occupazionale del personale del PRA le disposizioni di cui all'articolo 52. Anche per tale motivo, la Commissione lavoro ha condizionato il parere favorevole sul provvedimento in esame alla soppressione del medesimo articolo.
Desidero inoltre evidenziare che il provvedimento disciplina solamente gli esuberi riguardanti il personale con contratto di lavoro pubblicistico, impiegato nel PRA, senza tener conto in modo adeguato degli altri lavoratori con contratto di tipo privatistico, che lavorano nelle società collegate all'attività del pubblico registro automobilistico. Si tratta di oltre 3300 lavoratori che vedrebbero messa in discussione la loro professionalità e la loro speranza occupazionale, che, sommati a quelli del PRA, diventano seimila lavoratori che hanno incertezza per il loro futuro occupazionale.
In conclusione, desidero aggiungere ulteriori considerazioni sul provvedimento in esame. Nel complesso, stiamo parlando di un insieme di norme dal tratto positivo, ma che rischia di essere fortemente compromesso dai contenuti e dalle opzioni indicate nell'articolo 16, relativo alla semplificazione della procedura per la verifica degli impianti a pressione e degli apparecchi di sollevamento, e nell'articolo 52, relativo al personale del pubblico registro automobilistico in ordine alle problematiche connesse alla gestione delle eccedenze di personale a seguito dell'abolizione del PRA.
In merito all'articolo 16, penso che in quest'Assemblea si debba aprire una riflessione riguardo al nesso esistente tra consumatore, cittadino e lavoratore: là dove finiscono i diritti del consumatore, iniziano quelli del lavoratore e viceversa. Potrà sembrare una banalità, ma se non si affronta questo nodo, si rischia di ingenerare una grave confusione, perché, signor Presidente, un conto è prevedere l'autocertificazione dei dati anagrafici sotto la propria responsabilità, ben altra cosa è varare l'autocertificazione dell'idoneità e della messa in sicurezza di una macchina o di un'attrezzatura da lavoro, fatta autorizzare, poi, dai lavoratori. Non possiamo commettere un simile errore in un Paese che già paga un altissimo tributo agli infortuni sul lavoro. Una presunta semplificazione contribuirebbe, al contrario, ad acuire un dramma sociale vissuto quotidianamente da troppi lavoratori e dalle loro famiglie.
Per quanto riguarda, invece, l'articolo 52, sono convinto che qualsiasi riforma debba misurarsi con l'impatto sociale che determina. Personalmente, un intervento che lascia troppe ombre sul futuro e sul destino di oltre seimila lavoratori, oggi impiegati a vario titolo nel PRA, non può essere considerata una buona riforma.
Per tali motivi, signor Presidente, invito il relatore ed il Governo a rendersi disponibili a rivedere il provvedimento, in particolare gli articoli 16 e 52. A tale riguardo, come gruppo dei Comunisti italiani, abbiamo anche presentato degli appositi emendamenti. Se non si dovesse provvedere a rivedere il testo in esame nella direzione da noi auspicata segnalo, fin da ora, le perplessità del mio gruppo a votare a favore di tale provvedimento.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Lazzari. Ne ha facoltà.

LUIGI LAZZARI. Signor Presidente, il disegno di legge Bersani rappresenta la replica dei due provvedimenti di cosiddetta liberalizzazione, già varati dal Governo Prodi, volgarmente denominati «lenzuolate». Come quelle che l'hanno preceduta, anche tale stesura - un'ulteriore «lenzuolata» - riteniamo faccia assumere al provvedimento una natura essenzialmente propagandistica; non a caso il suo iter parlamentare è stato accelerato in vista delle elezioni amministrative parziali e, dati i risultati, mi sembra, senza grande costrutto.
Anche in questo caso ci troviamo di fronte ad un provvedimento del tutto eterogeneo e privo di una qualsiasi logica di


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fondo. Non a caso, infatti, i pareri, ovviamente favorevoli, espressi dalle Commissioni permanenti in sede consultiva, sono pieni di osservazioni e rilievi anche molto incisivi. Con il disegno di legge in esame si colpiscono molte categorie professionali e molti operatori economici, senza che da ciò derivi un significativo vantaggio per i cittadini utenti. In sostanza, si fanno danni, si crea confusione e non si apportano vantaggi significativi per i consumatori!
Il carattere eterogeneo del provvedimento ha avuto, come primo effetto, lo stralcio di alcuni articoli del tutto estranei alla materia del disegno di legge, i quali riguardavano norme generali in materia di istruzione tecnico-professionale (mi riferisco all'articolo 28), la delega al Governo in materia di organi collegiali delle istituzioni scolastiche, il Fondo perequativo presso il Ministero della pubblica istruzione ed alcune disposizioni conseguenti, sempre in materia scolastica. Tutto ciò la dice lunga sui pessimi criteri di ordine logico con cui è stato costruito tale provvedimento.
I parlamentari di Forza Italia, nella Commissione, pur di fronte a un tale guazzabuglio, si sono posti con animo costruttivo per cercare di introdurre qualcosa di buono in questo insieme variegato. Abbiamo presentato emendamenti solo di sostanza, alcuni dei quali sono stati accolti, e abbiamo ripresentato un altro robusto pacchetto di proposte emendative per l'Assemblea.
A differenza di quanto ha fatto il Governo, le nostre proposte emendative rispondono ad una logica ben precisa di semplificazione e di tutela degli interessi dei cittadini consumatori e delle imprese.
Desidero, innanzitutto, porre in rilievo il notevole significato degli emendamenti già approvati in Commissione. Uno di essi si riferisce all'articolo 15, comma 1, lettera b), in cui si dispone l'individuazione di tempi certi ed inderogabili per lo svolgimento degli adempimenti che fanno capo alle pubbliche amministrazioni. Un altro di tali emendamenti si riferisce all'articolo 22, il quale dispone, leggo testualmente, che «L'erogazione degli incentivi pubblici di qualsiasi tipo e natura alle imprese deve essere effettuata agli aventi diritto nei termini previsti dalle normative in base alle quali questi vengono concessi, decorrenti dall'emanazione del titolo di liquidazione. In assenza di termini precisi e perentori, tale erogazione deve essere effettuata entro e non oltre novanta giorni dal completamento, opportunamente documentato, delle iniziative che beneficiano dell'incentivo, termine elevabile a non oltre centottanta giorni».
Si tratta di norme che, probabilmente, non sono di grande impatto, ma significative, soprattutto quest'ultima perché consentirà di ridurre drasticamente l'attesa infinita che, spesso, devono subire le imprese che hanno titolo per ricevere incentivi pubblici. In tal modo, si sostengono realmente le imprese e si determina un rapporto più trasparente tra amministrazioni pubbliche ed attività produttive.
Tra gli emendamenti presentati per l'esame in Assemblea, quelli più significativi riguardano l'impiego di una parte del cosiddetto «tesoretto» - questa è una nostra proposta - per finanziare l'abolizione dell'ICI sulla prima casa. Tale misura, tanto attesa dai cittadini, si può attuare applicando una precisa disposizione contenuta nell'articolo 1, comma 4, della legge 27 dicembre 2006 n. 296 (legge finanziaria per il 2007), il quale prevede la destinazione delle maggiori entrate derivanti dalla lotta all'evasione fiscale anche alla riduzione della pressione fiscale. Con tale emendamento intendiamo porre fine, una volta per tutte, alle intollerabili e, francamente, indecorose dispute fra ministri sull'accaparramento del cosiddetto «tesoretto», restituendo in tal modo risorse e potere d'acquisto ai cittadini contribuenti. Può sembrare una provocazione, tuttavia essa costituisce una proposta concreta che, forse, potrebbe togliere d'impaccio anche la maggioranza in ordine ai «bisticci» in essere tra le varie anime che la compongono.
Altri emendamenti sono diretti a rendere onerosa, per le regioni e gli enti locali, l'opposizione a opere o infrastrutture di preminente interesse nazionale che


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abbiano già superato le procedure autorizzative di localizzazione. Mi riferisco, in particolare, all'indecente situazione che si è determinata in Campania a causa dei ritardi inconcepibili per la realizzazione dei termovalorizzatori e di alcune nuove discariche, indispensabili dati gli insufficienti progressi della raccolta differenziata dei rifiuti, di cui sono responsabili gli stessi enti locali di quella regione.
Ogni comune che si opporrà, in maniera non motivata e non legittima, ad un termovalorizzatore o ad una discarica, dovrà essere penalizzato in termini di trasferimenti pubblici e di tassa sui rifiuti, in maniera che non sia più indolore per gli amministratori locali «cavalcare la tigre» della protesta popolare ai fini di un facile consenso.
È indecente ed inconcepibile che in Campania non si riesca a localizzare una discarica o un termovalorizzatore e che i rifiuti siano spediti all'estero a caro prezzo! A nostro avviso, ogni territorio deve farsi carico dello smaltimento dei propri rifiuti.
Inoltre, sempre secondo questo emendamento, lo stesso trattamento sarebbe applicato per quegli enti locali e regioni che si oppongono alla realizzazione delle centrali termoelettriche, a gas o a carbone, come quelle di Civitavecchia o di Porto Tolle e, persino, il rigassificatore di Brindisi. Tale opposizione tardiva, da parte delle regioni ed enti locali, a questi indispensabili insediamenti produttivi, già debitamente autorizzati, non deve essere indolore sotto il profilo finanziario.
Ancora più drammatico, per noi, è il caso della TAV Torino-Lione, in Val di Susa, a causa delle resistenze di un movimento estremistico ed irrazionale cavalcato irresponsabilmente da alcuni sindaci della valle. Se l'Italia non si deciderà entro due o tre mesi, rischia sia di perdere svariati miliardi di euro di finanziamenti europei sia di essere tagliata fuori dal Corridoio n. 5, Lisbona-Kiev, che dovrebbe passare, per colpa di alcuni sindaci dei comuni della Val di Susa, a nord delle Alpi. Anche in questa eventualità, secondo noi, i comuni responsabili devono essere in qualche modo penalizzati in sede finanziaria.
Un altro emendamento di grande rilievo è quello denominato «impresa in un giorno », presentato dall'onorevole La Loggia, che rappresenta un notevole miglioramento delle norme contenute nella cosiddetta legge Capezzone, già licenziata dall'Assemblea, in quanto con esso si prevedono, proprio perché non si tratta di concedere una delega al Governo, norme immediatamente applicative e più incisive.
Altri emendamenti significativi riguardano la piena liberalizzazione dei servizi pubblici locali, per eliminare le rendite di posizione e l'inefficienza; la liberalizzazione della grande distribuzione commerciale al fine di favorire i consumatori, i quali hanno tutto l'interesse che la concorrenza aumenti. Abbiamo previsto anche un limite anticoncentrazione; in particolare, secondo la nostra proposta, nessun marchio di grande distribuzione potrà detenere più del 50 per cento delle superfici commerciali in una singola provincia. Ciò, ovviamente, al fine di impedire la creazione di posizioni dominanti nel mercato che, naturalmente, recano detrimento ai consumatori.
Noi proponiamo la piena liberalizzazione dei punti di vendita dei giornali e dei periodici, la compensazione dei crediti di fornitura e la sottoposizione alle regole della metrologia legale di tutti i contatori di luce, gas, telefono e degli autovelox, che oggi sfuggono a tale elementare principio di garanzia per i consumatori.
Non so se il relatore e il rappresentante del Governo abbiano intenzione di valutare nel concreto tali nostre proposte, nonostante l'attualità degli argomenti trattati. Mi riferisco, ad esempio, ai problemi della metrologia legale, mai così attuali, viste le notizie che abbiamo appreso stamattina dagli organi di stampa. Si tratta di un esempio fondamentale di ciò che intendiamo per difesa dei consumatori dallo strapotere, sia delle imprese che erogano servizi sia delle pubbliche amministrazioni, che devono essere sempre a servizio


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dei cittadini e non viceversa, come purtroppo avviene spesso nella realtà di tutti i giorni.
A tale proposito, un nostro ulteriore emendamento è diretto a correggere una vera e propria persecuzione attuata da molti comuni nei confronti degli automobilisti attraverso la disseminazione eccessiva di autovelox, non con la finalità di migliorare la sicurezza della circolazione stradale, ma per «fare cassa», tanto che i proventi delle contravvenzioni stanno diventando un'entrata molto importante per numerosi comuni. Per riportare nel proprio alveo tale fenomeno, noi proponiamo che i comuni siano obbligati a destinare i proventi delle multe soltanto al miglioramento della viabilità e della sicurezza stradale e non ad altre finalità.
Come si vede, la filosofia delle nostre proposte emendative è ben precisa ed è rivolta in modo coerente a favore dei cittadini e delle imprese e si configura, in sostanza, come un provvedimento alternativo all'ennesima «lenzuolata elettoralistica» che il ministro Bersani ci ha regalato. Noi, parlamentari di Forza Italia, vogliamo dimostrare che siamo realmene a favore delle liberalizzazioni, della tutela dei consumatori e del miglioramento complessivo della funzionalità della pubblica amministrazione i cui ritardi e le inefficienze pesano negativamente sulla competitività del nostro sistema Paese e sulla qualità della vita dei cittadini.
Per tali ragioni chiediamo che le nostre proposte emendative siano esaminate senza pregiudizi anche dai colleghi della maggioranza, nell'interesse dei cittadini che deve prevalere sempre e comunque su una qualsiasi logica di schieramento.
È chiaro che aspettiamo anche di vedere quale sarà l'atteggiamento tenuto dal relatore, dalla maggioranza e dal Governo nei confronti delle nostre proposte per decidere, di conseguenza, il nostro comportamento da tenere in Assemblea nei confronti del disegno di legge in esame.
Probabilmente, le nostre proposte non saranno valutate nel loro reale significato o lo saranno in misura insufficiente. Comunque, noi di Forza Italia avremo fatto il nostro dovere, tentando di contribuire, con precise proposte costruttive, a cambiare il volto di questo provvedimento, che così com'è attualmente non è di alcuna utilità per i cittadini, per le imprese e per l'economia italiana nel suo complesso.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole D'Elpidio. Ne ha facoltà.

DANTE D'ELPIDIO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il provvedimento che ci accingiamo a discutere non è una misura episodica, ma si inserisce nell'ambito di un percorso virtuoso più ampio di politica e di tutela degli interessi del consumatore e di liberalizzazione, avviato dal Governo con il decreto-legge del luglio scorso e proseguito successivamente con numerosi altri provvedimenti che, nel loro insieme, hanno inteso perseguire l'obiettivo di un più ampio sviluppo dell'economia e di un più efficiente funzionamento dei servizi offerti al cittadino. Queste iniziative costituiscono un passaggio decisivo per la promozione della cultura della concorrenza in Italia.
Si tratta di un passaggio meditato: il DPEF 2007-2011 ne ha rappresentato, infatti, il testo guida, nella parte dedicata alle politiche della crescita ed a quelle della concorrenza, proponendo criteri metodologici concreti per la realizzazione di una politica organica e strutturale, con l'indicazione di precise responsabilità politiche per le liberalizzazioni.
Le «lenzuolate liberalizzatrici» hanno così operato nel solco tracciato dal DPEF, intervenendo su una serie di situazioni che restringevano la concorrenza, ponendo al centro delle politiche il consumatore e l'interesse generale. Si sta così realizzando un aiuto concreto per le nuove generazioni, abbattendo le barriere per l'accesso al mercato e le tutele corporative, stimolando il talento e la meritocrazia.
Tutti sappiamo come l'Italia fosse in ritardo, rispetto agli altri paesi europei, nell'apertura del mercato interno ad una piena e concreta competizione per le merci ed i servizi. Ora stiamo cercando di colmare questo gap e possiamo già vedere


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i primi riscontri positivi: abbiamo, infatti, recentemente ricevuto il plauso della Commissione europea che, per bocca del commissario per la salute e la tutela dei consumatori, Markos Kyprianou, ha sottolineato che l'Italia si sta muovendo rapidamente, in materia di liberalizzazioni, per tenere il passo degli altri Stati membri, che il Governo italiano ha dimostrato impegno nel promuovere le politiche rivolte ai consumatori e che le sue politiche si muovono nella direzione di coniugare liberalizzazioni e tutela dei consumatori, secondo le linee guida dettate dall'Unione europea.
È importante sottolineare che il nostro impegno non finisce qui: sono già in discussione, presso i due rami del Parlamento, altri provvedimenti che, in armonia con quello oggi in discussione, porteranno ulteriori miglioramenti alla modernizzazione ed all'efficienza del nostro Paese. La discussione sul disegno di legge riguardante la liberalizzazione del trasporto pubblico locale è infatti in una fase avanzata al Senato. È iniziato l'iter in Assemblea del testo relativo al mercato dell'energia elettrica e del gas, mentre prossimamente approderanno in quest'aula i due disegni di legge sulla class action e sulle professioni. Tutti questi provvedimenti mirano a rianimare e a dare nuovo impulso all'economia, a creare nuovi posti di lavoro e a favorire una maggiore giustizia sociale.
Crescita e concorrenza non sono affatto in competizione, anzi, lo sviluppo economico e sociale è strettamente legato al livello di apertura del mercato. L'Italia aveva bisogno di una terapia intensiva per liberalizzare i settori protetti e siamo, finalmente, sulla buona strada.
Nel merito, il provvedimento affronta una serie di questioni sulla linea di quanto già fatto con i due provvedimenti precedenti. L'obiettivo che ci si pone è quello di garantire la libertà di concorrenza secondo condizioni di pari opportunità sul territorio nazionale ed il corretto ed uniforme funzionamento del mercato, nonché di assicurare ai consumatori finali migliori condizioni di accessibilità all'acquisto di prodotti e servizi sul territorio nazionale ed alle attività di distribuzione commerciale e di servizio.
Queste sono alcune delle misure contenute nel disegno di legge che ci apprestiamo a discutere: procedure più facili per gli indennizzi alle famiglie con invalidi civili minori, libera concorrenza nella distribuzione del GPL, semplificazione per l'avvio di impianti produttivi, semplificazioni delle procedure per le piccole cooperative, agevolazioni per le imprese dello spettacolo, riordino degli incentivi in materia di imprese nel settore del gas, interventi per il trasporto pubblico innovativo, interventi per potenziare il risparmio energetico negli edifici, riordino degli incentivi per l'autotrasporto merci, interventi in materia di trasporto ferroviario, estensione dei pagamenti con sistemi elettronici.
Su tutti questi punti, a nome del gruppo Popolari-Udeur, esprimo un giudizio complessivamente positivo, anche se abbiamo presentato una serie di proposte correttive volte a migliorare l'impianto complessivo del provvedimento, a renderlo più efficace e ad eliminare quelle imprecisioni che ne potrebbero minare l'efficacia e la piena realizzazione. Ritengo che la disponibilità offerta dal relatore a discutere di ulteriori modifiche e miglioramenti nel corso del dibattito in Assemblea, se troverà conferma, possa essere la prova migliore dello spirito costruttivo che anima questa Assemblea.
Resta solo un punto di forte criticità nel provvedimento in esame, criticità che abbiamo già espresso con forza durante i lavori in Commissione, e che ora ribadiamo, nella speranza che il relatore o il Governo intendano apportare i giusti correttivi. Siamo infatti molto preoccupati per come è stato impostato il titolo V del disegno di legge, relativo alla immatricolazione e circolazione dei veicoli ed, in particolare, sulle nuove competenze e la relativa trasformazione del pubblico registro automobilistico. Come dicevo, siamo già intervenuti in Commissione per proporre la soppressione di tale titolo, forti anche dei pareri espressi in tal senso dalla


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Commissione finanze e delle sollecitazioni che sono pervenute nel dibattito che si è svolto nelle altre Commissioni. Come Popolari-Udeur abbiamo così ripresentato in aula emendamenti volti a sopprimere il titolo ricordato, o, in alternativa, a riorganizzare la materia. Il nostro auspicio è che essi vengano presi nella giusta considerazione, durante i lavori dell'Assemblea, così da apportare gli opportuni miglioramenti ad un provvedimento che, senza sacrificare il dibattito democratico e, quindi, il confronto sugli emendamenti, ponga finalmente le premesse per uno Stato più moderno ed efficiente.

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Rossi Gasparrini. Ne ha facoltà.

FEDERICA ROSSI GASPARRINI. Signor Presidente, il disegno di legge n. 2272-bis in effetti è volto a promuovere la competitività del sistema produttivo e quindi del sistema economico nazionale, intervenendo in tre settori fra loro connessi: apertura del mercato alla concorrenza, tutela dei consumatori e riduzione e semplificazione degli adempimenti amministrativi a carico delle imprese.
È evidente che su tali tematiche generali non può esserci che l'apprezzamento del gruppo Popolari-Udeur, anche perché gli interventi erano presenti nel programma di Governo e oggi vengono proposti all'attenzione del Parlamento in modo corretto. Apprezziamo anche, in particolare, l'articolo 34, che dispone alcune semplificazioni in ordine agli adempimenti concernenti la concessione di indennità per le famiglie di invalidi civili minori, in particolare la disposizione che inserisce un comma 3-bis all'articolo 2 della legge 11 ottobre 1990, n. 289, relativo all'indennità mensile di frequenza concessa a mutilati e invalidi civili minori di anni 18 che frequentano scuole pubbliche o private di ogni in ordine grado a partire dalla scuola materna, nonché centri di formazione e addestramento professionale finalizzato al reinserimento sociale dei soggetti stessi. Il nuovo comma 3-bis del citato articolo 2, nel semplificare la procedura per il conseguimento di tali indennità, stabilisce che non è necessario il rinnovo annuale della domanda.
Esistono tuttavia due punti di criticità molto pesanti, che sono stati evidenziati nel corso dell'esame del provvedimento in Commissione lavoro.
Mi riferisco all'articolo 16, che reca disposizioni volte a semplificare la procedura per la verifica degli impianti a pressione e degli impianti di sollevamento, mediante il ricorso all'autocertificazione del proprietario e del gestore dell'impianto, previa attestazione di un professionista o di un ente tecnico abilitato, salva comunque la possibilità di successive verifiche tecniche a campione da parte della ASL. Il meccanismo dell'autocertificazione, per la verifica degli impianti a pressione degli apparecchi di sollevamento, può essere condivisibile sotto il profilo dell'obiettivo della semplificazione burocratica, ma non consente affatto adeguate garanzie sul piano della sicurezza e della salute dei luoghi di lavoro; ne sono testimonianza, nelle ultime settimane, i drammatici incidenti a causa di non corrette impostazioni degli impianti di pressione.
Occorre considerare e ricordare che è all'esame del Senato il disegno di legge recante la delega al Governo per l'emanazione di un testo unico per il riassetto e la riforma della normativa in materia di tutela e sicurezza sul lavoro, nel cui ambito potrebbero trovare una opportuna collocazione le disposizioni in materia di autocertificazione per la verifica di impianti a pressione e sollevamento, e che sta proseguendo il suo iter in modo anche abbastanza veloce.
Pertanto, anche prendendo atto delle dichiarazioni rese dello stesso rappresentante del Governo in Commissione lavoro in ordine all'opportunità della soppressione dell'articolo 16, ribadiamo con forza la richiesta della sua eliminazione e reputiamo molto idoneo il testo di legge all'esame del Senato.
Condividiamo la stessa preoccupazione per l'articolo 51 e, a seguire, per gli articoli


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dal 52 al 56 di cui sia la Commissione sia il gruppo parlamentare Popolari-Udeur chiedono la soppressione. Infatti, pur apprezzando la volontà di semplificazione, ricordiamo che la proposta non comporta alcun risparmio economico per i cittadini, né semplifica alcunché, in quanto già oggi lo sportello telematico ha permesso una semplificazione delle azioni; inoltre, riduce i punti di accesso al servizio e ne fa aumentare i costi, determinando la creazione ex novo di un sistema ibrido di registrazioni, con minori certezze per i cittadini e maggiori oneri per lo Stato. In un momento di grande difficoltà per il Paese, soprattutto occupazionale, e di stabilità dei posti di lavoro, laddove obiettivo di questo Governo è la salvaguardia dell'occupazione - in particolare quella stabile -, vogliamo ricordare che con l'articolo 51 e, a seguire, con gli articoli 52 e 56, si mettono a rischio 6.500 posti di lavoro e, con certezza, 3.500. Infatti, l'articolo che reca l'abolizione del pubblico registro automobilistico dispone che il personale dell'ACI, già adibito al funzionamento del PRA, conserva comunque il rapporto di lavoro; pertanto devono essere applicate le disposizioni di cui agli articoli 33, 34 e 34-bis del decreto legislativo 30 marzo 2001 n. 165, in materia di eccedenza di personale, di mobilità collettiva e collocamento in disponibilità del personale delle pubbliche amministrazioni. Ma, le spese del personale ACI gravano sul bilancio autonomo dell'ente, che non figura fra quelli che concorrono a formare il bilancio consolidato dello Stato.
Pertanto, proprio alla luce dell'autonomia del bilancio dell'ente, le procedure di mobilità di cui agli articoli 33, 34 e 34-bis del decreto legislativo n. 165 precedentemente citato non sono applicabili al personale ACI e le assunzioni verrebbero considerate nuove assunzioni, con conseguente onere per la finanza pubblica.
Pertanto, come gruppo dei Popolari-Udeur, esprimiamo l'approvazione per i principi generali che ispirano il provvedimento, ma riguardo alla soppressione dell'articolo 16, dell'articolo 51 e, a seguire, dell'articolo 56 (modifiche che abbiamo presentato per salvaguardare i posti di lavoro), dovremo verificare l'opportunità di esprimere un giudizio favorevole al provvedimento perché reputiamo che la sicurezza sul luogo di lavoro e la certezza del lavoro siano priorità assolute che, al momento presente, non possono essere messe assolutamente in discussione.

PRESIDENTE. Sospendo brevemente la seduta.

La seduta, sospesa alle 11,15, è ripresa alle 11,30.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Allasia. Ne ha facoltà.

STEFANO ALLASIA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, le diverse norme che sono raccolte nel disegno di legge in esame riguardano la vendita della benzina negli ipermercati, gli sgravi fiscali per favorire la capitalizzazione delle imprese, la semplificazione per gli adempimenti degli impianti produttivi, l'introduzione dello sportello unico per le imprese. Esse riguardano, inoltre, l'abolizione del PRA e lo snellimento delle procedure per l'immatricolazione e i passaggi di proprietà. Sono introdotte anche norme che aboliscono la clausola di massimo scoperto nei contratti di conto corrente, nonché disposizioni concernenti il servizio di trasporto locale innovativo, la liberalizzazione dei servizi a terra degli aeroporti civili per il trasporto ferroviario e la riorganizzazione degli incentivi per le imprese che operano nel settore del gas naturale.
Durante i lavori in Commissione, il Governo si è visto costretto ad eliminare dal testo le parti relative alla scuola e allo sportello unico delle imprese, inserendo le norme concernenti lo sportello unico nell'A.C. 1428 ed abbinata (ex proposta di legge Capezzone), ora unificata al testo proposto dal gruppo Lega Nord Padania. In seguito alle modifiche che sono state apportate, abbiamo manifestato enormi perplessità in ordine al possibile conflitto tra enti locali e aziende private.


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Il provvedimento ora posto all'esame dell'Assemblea è sostanzialmente diverso da quello originario. Gli stralci e le modifiche approvati in Commissione, pur mantenendo il profilo modesto degli interventi da sempre proposti nei vari decreti Bersani, hanno certificato la confusione nella quale opera il Governo. Presteremo particolare attenzione, ove venga presentato in Assemblea, ad un emendamento del Governo sulle reti idriche con cui si proponga il reinserimento della parte stralciata dal famigerato disegno di legge Lanzillotta in discussione al Senato.
Questa è la terza parte dell'impegno del Ministro Bersani in merito alle liberalizzazioni. Il provvedimento in esame segue il solco tracciato dal precedente decreto-legge, nel senso che continua con iniziative populiste, ma, a differenza del precedente, inizia ad affrontare temi un po' più concreti, come, per esempio, le liberalizzazioni nel comparto ferroviario, gli incentivi all'aggregazione tra aziende, tra le quali le municipalizzate, che operino nel settore del gas, la riforma del PRA e il massimo scoperto bancario e finanche l'istruzione, come se si potesse liberalizzare la scuola.
È possibile ritenere che, come con il precedente provvedimento, il Governo confonda le giuste semplificazioni burocratiche con le liberalizzazioni. La Lega Nord è sempre stata favorevole ad ottenere una vera ed effettiva liberalizzazione in tutti i campi della società, ma, come evidenziato nell'attività svolta sia in Commissione sia in Assemblea sul provvedimento precedente, si è battuta per ovviare ai problemi enormi che le presunte liberalizzazioni stanno creando, non solo alle categorie interessate, ma soprattutto ai cittadini.
Entro nel merito del provvedimento in esame, che è lungo ed intersecato da questioni completamente differenti l'una dall'altra. L'articolo 1 interviene per eliminare limitazioni allo svolgimento di attività commerciali tra loro complementari in forma integrata, tra cui quella per la distribuzione di carburanti. L'intervento qui proposto dal Governo, per il quale la competenza legislativa statale è garantita dai principi comunitari in materia di libertà economiche e dalle disposizioni costituzionali concernenti la tutela della concorrenza e dei consumatori, è finalizzato ad escludere che l'apertura di nuovi impianti sia subordinata a parametri numerici o di distanza minima. L'imposizione di tali vincoli, infatti, si traduce nella predeterminazione di un numero massimo di operatori e ostacola di fatto l'apertura di nuovi punti vendita caratterizzati da strutture moderne e automatizzate.
L'articolo 2 del testo originario riguarda l'attività di intermediazione commerciale e di affari. La normativa comunitaria del 1986 esclude, per l'esercizio di tali professioni, la necessità di iscriversi in ruoli. Con la sentenza della Corte di giustizia del 6 marzo 2003 è stato sancito in ambito comunitario che l'iscrizione dell'agente di commercio nel ruolo non può essere ritenuta condizione di validità dei contratti di agenzia conclusi dall'agente stesso con il suo proponente.
Il presente articolo, da un lato, unifica i profili professionali di agente di affari in mediazione, agente immobiliare, agente d'affari, agente e rappresentante di commercio, mediatore marittimo, spedizioniere e raccomandatario marittimo nella nuova categoria degli intermediari commerciali e di affari. Dall'altro lato, esso richiede per l'esercizio della relativa attività unicamente una dichiarazione di inizio attività da presentare alla Camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura competente per territorio e, per conseguenza, alla questura. Tale dichiarazione dovrà essere corredata dalle autocertificazioni e dalle certificazione attestante il possesso dei requisiti soggettivi, morali, professionali, tecnici e finanziari, ove previsto dalla legislazione vigente. Dalla medesima dichiarazione consegue, dopo aver verificato il possesso dei requisiti, l'iscrizione nel repertorio delle notizie economiche e amministrative (REA), tenuto presso le Camere di commercio, e la contestuale attribuzione della qualifica.
L'articolo 3 del testo originario attiene alla materia relativa alla componentistica dei veicoli a motore. Con la presente


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disposizione si intende incidere esclusivamente sulle modifiche al veicolo successive all'omologazione del primo equipaggiamento e che riguardano non i singoli pezzi di ricambio (il cui regime è già ampiamente liberalizzato), ma singoli componenti o sistemi di componenti finalizzati ad aumentare le prestazioni, la comodità e la sicurezza del veicolo che non sono stati previsti dalla casa costruttrice in sede di omologazione e che, quindi, non sono originariamente in dotazione.
L'articolo 6 prevede una misura di apertura nel mercato della distribuzione del GPL, assicurando all'utente la facoltà di acquistare il gas liberamente sul mercato, senza essere legato per il suo rifornimento all'impresa che, oggi, dà in comodato il serbatoio imponendo il rifornimento solo presso di essa e che, con la norma in esame, invece, dovrà dare in locazione il medesimo serbatoio, lasciando al consumatore la libertà di scelta del fornitore.
L'articolo 8 intende promuovere l'effettiva liberalizzazione dei servizi a terra degli aereoporti situati nel territorio nazionale. All'esito del monitoraggio, il Ministero dei trasporti, qualora risulti insufficiente il grado di concorrenza del mercato, indicherà le misure e i correttivi concreti.
L'articolo 10 prevede talune misure in materia di trasporto ferroviario, favorendo la prosecuzione del processo di apertura del mercato già avviato nel settore dei trasporti di persone e di merci per ferrovia, come appare evidente già dal comma 1, dove vengono sanciti i seguenti principi ispiratori: separazione fra autorità regolatrice e gestore della rete; efficiente gestione della rete, anche attraverso l'allocazione non discriminatoria della capacità di rete e dei terminali delle merci e dei passeggeri; professionalità e capacità organizzativa degli operatori privati che intendono prestare il servizio di trasporto; destinazione di quota parte dei proventi dei contratti di servizio relativi all'utilizzo della rete ferroviaria alla manutenzione del materiale rotabile.
L'articolo 11 promuove lo sviluppo di nuovi servizi di trasporto pubblico, individuale e collettivo, all'interno delle città e, soprattutto, delle grandi aree urbane, anche al fine di accrescere l'attrattività di mezzi di trasporto alternativi all'auto privata.
L'articolo 12 prevede il riordino degli incentivi non fiscali in favore delle imprese di distribuzione operanti nel settore del gas naturale. Con la disposizione in esame si stabilisce di riordinare il sistema di incentivi in favore delle imprese attualmente operanti nel settore del gas naturale mediante un regolamento di delegificazione da adottare entro quattro mesi dalla data di entrata in vigore della legge, con l'intento di favorire la crescita dimensionale degli operatori e la loro aggregazione.
L'articolo 16 tende a semplificare l'attività di verifica degli impianti a pressione: ciò comporta una dose di pericolosità, visti gli incrementi delle morti bianche.
L'articolo 19 delega il Governo ad introdurre procedure semplificate per il rilascio del certificato di prevenzione incendi.
L'articolo 20 delega il Governo ad adottare provvedimenti diretti a garantire, nel rispetto della disciplina comunitaria in materia di aiuti di Stato, il raggiungimento del duplice obiettivo di incentivare le società italiane ad intervenire nell'assetto proprietario di investitori indipendenti qualificati e di favorire l'accesso di nuovi titoli nella negoziazione dei mercati borsistici. A tal fine, con il primo principio e criterio direttivo della delega, viene prevista una misura agevolativa nei confronti sia delle società non quotate, sia di quelle quotate, consistente nella riduzione dell'aliquota di imposta sul reddito della società (IRES) applicabile alla parte imponibile corrispondente al capitale di nuova formazione, sottoscritto da organismi di investimento collettivo in valori immobiliari, ovvero da società da essi appositamente creati.
Si deve sottolineare che, affinché operi il meccanismo agevolativo, gli organismi di investimento devono rispondere a determinati requisiti di composizione del proprio


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attivo e che, inoltre, è in facoltà del legislatore delegato porre anche un limite, sia in termini percentuali, sia in termini assoluti, all'ammontare massimo di capitale sottoscritto, quale che sia il meccanismo che il legislatore delegato intende adottare.
È peraltro stabilito che il risparmio di imposta derivante per la società non potrà comunque eccedere, in ciascun periodo di imposta, un determinato limite massimo. Ciò servirà, evidentemente, ad evitare che nei confronti delle società di grandi dimensioni l'agevolazione possa raggiungere un ammontare sproporzionato.
L'articolo 21 delega il Governo ad adottare un decreto legislativo per favorire l'acquisto di immobili alberghieri da parte di soggetti che li gestiranno per almeno cinque anni.
L'articolo 23 reca misure di semplificazione in materia di cooperazione, prevedendo un'integrazione all'articolo 2545-octies del codice civile, mediante la quale è sospesa, per il biennio successivo, la perdita del requisito della mutualità prevalente da parte della cooperativa; l'obbligo di redigere l'apposito bilancio determinerà il valore attivo da imputare alle riserve individuali.
L'articolo 24 detta nuove disposizioni per le imprese cooperative e fissa le operazioni necessarie perché esse possano svolgere la propria attività.
L'articolo 25 è volto a sanare una disparità di trattamento con riferimento all'impossibilità, per le imprese di spettacolo, di usufruire di agevolazioni al pari delle imprese operanti in altri settori economici.
L'articolo 26 del testo della Commissione, corrispondente all'articolo 24 del testo originario, prescrive che il Governo, le regioni e gli enti locali, attraverso le modalità di cooperazione amministrativa previste nel decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, raggiungano intese o accordi che prevedano la pubblicazione degli atti nell'albo pretorio, anche in via informatica, al fine di garantire una maggiore celerità e diffusione della pubblicità degli atti stessi e la trasparenza della comunicazione amministrativa.
L'articolo 25 del testo originario prevede l'abolizione di alcune certificazioni dovute dalle imprese: il meccanismo delineato è quello di un'autocertificazione con contestuale autorizzazione per le pubbliche amministrazioni a reperire, direttamente presso le proprie banche-dati, le necessarie informazioni.
L'articolo 29 reca alcune misure in materia di rappresentanza dell'imprenditore e di compimento di atti telematici; in particolare, il comma 1 concerne la pubblicità della nomina di procuratori, semplificando l'attuale disciplina, ai sensi della quale, in tutti i casi di nomina di un procuratore, è comunque necessaria la redazione di una procura notarile con firma autentica del rappresentato, e consentendo di depositare direttamente il verbale della delibera di conferimento di poteri. I commi 2 e 3 semplificano le modalità di produzione di procure speciali per il compimento di determinati atti nei confronti della pubblica amministrazione.
L'articolo 32, in materia di tenuta dei libri obbligatori ed elenco dei soci nelle società a responsabilità limitata, sostituisce il primo e il secondo comma dell'articolo 2470 del codice civile, conferendo efficacia costitutiva all'iscrizione del trasferimento di proprietà delle quote di società a responsabilità limitata nel registro delle imprese. La nuova disciplina prevede che tale iscrizione abbia efficacia dirimente rispetto a più acquisti successivi, stabilendo che prevale sugli altri acquirenti colui che per primo abbia iscritto l'atto presso il registro.
Il titolo III, nel testo originario, riguardava la materia dell'istruzione tecnico-professionale, riordinata e potenziata, finalizzando l'istruzione all'immediato inserimento nel mondo produttivo.
L'articolo 34 riguarda la nullità della clausola di massimo scoperto. La commissione di massimo scoperto ha carattere di corrispettivo dell'obbligo della banca di tenere a disposizione del cliente una determinata somma per un tempo stabilito.


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Pertanto, essa va calcolata sull'intera somma messa a disposizione dalla banca ovvero sulla somma rimasta disponibile in quel dato momento e non utilizzata dal cliente. La banca, infatti, nel momento in cui assume l'obbligo di tenere a disposizione del cliente una determinata somma di denaro, la destina all'utente per la durata dell'affidamento, a prescindere dalla sua effettiva utilizzazione.
L'articolo 38 prevede che siano applicate le stesse condizioni alle operazioni di mutuo finalizzate all'estinzione di mutui stipulati per l'acquisto della prima casa poste in essere da enti, istituti, fondi e casse per i propri dipendenti o iscritti.
L'articolo 41 delega il Governo a modernizzare l'attuale sistema dei pagamenti, caratterizzato da un uso eccessivo di strumenti materiali, come denaro contante e assegni. La norma, pertanto, detta i principi ai quali il Governo dovrà attenersi per delineare un nuovo quadro normativo che conduca alla progressiva estensione di un sistema di pagamento caratterizzato dall'utilizzo di strumenti elettronici.
L'articolo 43 prevede che non sia più necessario rinnovare ogni anno la domanda per ottenere l'indennità mensile di frequenza a beneficio degli invalidi civili minori che frequentino scuole pubbliche o private di ogni ordine e grado. Si prevede il solo obbligo, a carico del legale rappresentante del minore, di comunicare all'INPS (Istituto nazionale della previdenza sociale) l'eventuale cessazione della frequenza.
Il titolo V del testo originario del disegno di legge disciplina la semplificazione della circolazione giuridica dei veicoli.
L'articolo 50 del testo della Commissione reca disposizioni in materia di regime delle targhe automobilistiche. La norma prevede che, a decorrere dalla data di entrata in vigore del disegno di legge, sia istituito, nel rispetto delle finalità di sicurezza, di ordine pubblico e di certezza delle situazioni giuridiche, il regime personale della targa dei veicoli, che consente il collegamento permanente della targa con il relativo titolare, nonché l'identificazione del proprietario del veicolo.
Le disposizioni successive ricordano come in Italia sia ancora applicato, ai veicoli stradali, il regime giuridico del bene mobile registrato, che non trova riscontro in alcun Paese membro dell'Unione europea. Negli altri Paesi europei, infatti, non esiste un pubblico registro automobilistico appositamente costituito per tali beni.
L'articolo 51 dispone, in relazione ai veicoli stradali, il superamento del regime giuridico previsto dal codice civile per i beni mobili registrati. Conseguentemente, è abolito il pubblico registro automobilistico presso l'Automobile club d'Italia, che è sostituito in tutti i riferimenti normativi dall'archivio nazionale dei veicoli, già esistente presso il Ministero dei trasporti.
L'articolo 52 salvaguarda il mantenimento del rapporto di pubblico impiego del personale dell'Automobile Club d'Italia addetto al pubblico registro automobilistico e potrà essere in vigore anche nel vigente regime della mobilità.
L'articolo 56 dispone la modificazione e l'abrogazione delle norme del codice civile che prevedono l'applicazione dell'istituto giuridico del bene mobile registrato ai veicoli stradali.
Ribadisco che il sostegno dell'intera sinistra al provvedimento è scontato. Rimane da vedere quale sarà l'atteggiamento che terrà la compagine di Governo quando dovranno essere trattate le vere liberalizzazioni, intese come servizi pubblici locali e gas.
Nella filosofia del Ministro Bersani la centralità è occupata dalla grande distribuzione, di cui le cooperative costituiscono larga parte, dimenticando che le vere liberalizzazioni esistono se tutti possono vendere tutto. Dopo le farmacie si è arrivati ai distributori di carburante. La valutazione da compiere riguarda il ruolo dell'Autorità per la concorrenza: non credo sia difficile pensare, visti i fatti, che stia dettando i provvedimenti al Governo, come i sindacati hanno dettato la legge finanziaria.
Le difficoltà nel trovare l'intesa su alcuni argomenti ha costretto la maggioranza a fare in modo che il lavoro in Commissione si incentrasse nello stravolgimento


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del testo originario, attraverso l'approvazione di alcuni emendamenti che hanno contribuito alla formazione del testo che, anche con alcuni stralci, è stato presentato all'Assemblea. Tale testo sarà integrato dal Governo e dal relatore con degli altri emendamenti, tra i quali quello pluriannunciato sui servizi idrici, stralciato dal cosiddetto disegno di legge Lanzillotta al Senato e che verrà inserito in questo provvedimento.
Il lavoro in Commissione, come ho accennato, ha stravolto il testo originario e le integrazioni non sono assolutamente in linea con le aspettative e le necessità del Paese.
La Lega Nord ha presentato emendamenti per migliorare il testo, eliminando gli effetti burocratici dell'attività di intermediazione commerciale e di affari.
Viene inoltre richiesta la soppressione della norma relativa ai vincoli di chiusura domenicale dei panifici: passi la necessità dei consumatori di avere il pane tutti i giorni, ma anche i panificatori hanno la necessità dei riposi settimanali.
Viene richiesta la soppressione dell'articolo sull'autocertificazione di conformità degli impianti di sollevamento, nell'ottica di non aggravare il già triste primato di morti bianche. Stessa sorte chiediamo per la liberalizzazione dei servizi a terra degli aeroporti civili.
La Lega Nord chiede che, in materia di trasporto innovativo, vengano esclusi i taxi e le auto con conducente, visto che si prevede che con questo nuovo sistema vengano aggirate le quote relative alle licenze dei taxi.

PRESIDENTE. Saluto gli studenti e i professori dell'Istituto alberghiero IPSSAR di Termoli (Campobasso) e dell'Istituto Tersilla Fenoglio di Acilia (Roma), che stanno assistendo ai nostri lavori dalle tribune (Applausi).
È iscritta a parlare l'onorevole Pelino. Ne ha facoltà.

PAOLA PELINO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, mi limito a esporre solo alcuni punti di criticità del provvedimento in esame.
Inizio il mio intervento - visto che, in tal senso, sono intervenuta nella XI Commissione, di cui faccio parte, in sede consultiva, nelle materie di stretta competenza della stessa - dall'analisi delle norme contenute nel titolo IV del testo della Commissione del disegno di legge n. 2272-bis, la cui rubrica reca «Semplificazione del regime della circolazione giuridica dei veicoli», che non avrebbe subito modificazioni sostanziali di sorta a seguito della fase emendativa, mantenendo i già segnalati punti di criticità.
L'articolo 51 interviene sul regime giuridico degli autoveicoli, motoveicoli e rimorchi con l'adozione di un nuovo regime giuridico e la conseguente abolizione (prevista dal terzo comma) del pubblico registro automobilistico, dalla data di entrata in vigore dei regolamenti di attuazione di cui all'articolo 54 del disegno di legge in esame, che devono essere emanati garantendo l'invarianza del gettito. A parte il connotato, presente in detti provvedimenti liberalizzatori, del ricorso eccessivo alla decretazione successiva - tale da realizzare una sorta di norma in bianco, che rende ancora più arduo l'esame e la votazione di un provvedimento, non solo viziato da profili di illogicità manifesta, ma anche da attuazione parzialmente differita - critico l'abolizione del pubblico registro automobilistico, tenuto dall'Automobile Club d'Italia, quale ente pubblico non economico preposto a detta tenuta, che non solo si autofinanzia, ma svolge sostanziali funzioni e finalità nel vigente sistema in campo automobilistico.
Il provvedimento abrogativo del pubblico registro automobilistico, proterviamente mantenuto dalla X Commissione, nonostante gli emendamenti presentati, nascerebbe dalla stessa natura dell'istituto giuridico derivante dalla qualificazione di bene mobile registrato, che si va ad eliminare e la quale impone, ai fini di opponibilità ai terzi, la successiva trascrizione di un atto contrattuale già perfetto ed efficace fra le parti, oltretutto oggi sottoposto a verifica notarile con i conseguenti relativi oneri finanziari, ma limitatamente all'accertamento dell'identità del solo


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venditore. Risulterebbero, secondo l'articolato in esame, ampiamente superati sia il regime giuridico di circolazione, sia il pubblico registro automobilistico, mediante l'abrogazione delle relative disposizioni del codice civile e delle altre disposizioni di legge che finora impongono l'iscrizione e la trascrizione nel pubblico registro automobilistico. Ciò in danno della certezza delle informazioni fondamentali che sono indispensabili alle forze dell'ordine, all'autorità giudiziaria, alle agenzie fiscali e alle pubbliche amministrazioni. La formulazione dell'articolo 51, comma secondo, che prevede il richiamo di funzioni all'archivio nazionale dei veicoli, istituito ai sensi degli articoli 225 e 226 del codice della strada, di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, dovrebbe oltretutto essere integrata affinché l'ambito di applicazione delle disposizioni ricomprenda in modo esplicito tutte quelle ipotesi non riconducibili alle sole fattispecie del trasferimento di proprietà e dei diritti di garanzia ma che incidono sulla natura giuridica e sull'esatta individuazione dell'effettivo proprietario o utilizzatore del veicolo, affinché possa continuare ad essere assicurata la certezza delle responsabilità civilistiche, amministrative e tributarie, anche con riferimento alla regolare notifica delle violazioni.
Inoltre, l'attuale articolo 52 del provvedimento, intitolato «Personale del pubblico registro automobilistico», nel prevedere che al personale dell'Automobile Club d'Italia, già adibito al funzionamento del pubblico registro automobilistico, si applichino le disposizioni di cui agli articoli 33, 34, 34-bis del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, in materia di mobilità del personale in esubero delle pubbliche amministrazioni, non solo non tiene conto dell'elevata professionalità da sempre riconosciuta ai lavoratori addetti al pubblico registro automobilistico, ma non ha minimamente considerato l'esigenza di prevedere una diversa modalità di ricollocazione di tale personale che potrebbe essere trasferito, nei limiti dei posti disponibili in organico, al Ministero dei trasporti - in primo luogo presso il dipartimento dei trasporti terrestri - ovvero ad altri ministeri o ad amministrazioni pubbliche, garantendo in ogni caso l'equipollenza delle mansioni svolte e assicurandone l'assegnazione a strutture operanti nella provincia in cui hanno sede gli uffici dell'Automobile Club d'Italia di rispettiva provenienza.
Invece, permane la illogica incongruenza del provvedimento nell'applicare le disposizioni di cui agli articoli citati del decreto legislativo n. 165 del 2001 e successive modificazioni, in materia di pubblico impiego. Dico «incongruenze e illogicità» perché gli articoli richiamati riguardano fattispecie di mobilità conseguenti ad eccedenze rilevate dalla pubblica amministrazione e non, come nel caso di specie, derivanti da disposizioni di legge, sicché si nota una forzatura giuridica sotto forma di ius superveniens.
Dovremo ora seriamente preoccuparci della sorte di seimila lavoratori ACI, che rischiano la messa in mobilità. Talché, ci si pone il dubbio sul profilo dell'adeguatezza tra detti interventi ipotizzati e gli obiettivi dichiarati, che rischiano di arrecare maggiori danni dei benefici paventati.
L'articolo 54, nel disporre l'emanazione dei regolamenti di attuazione delle disposizioni recate dall'articolo 51, comma 2, e dall'articolo 52 del provvedimento, non specifica tuttavia che tale attività normativa secondaria dovrebbe ricomprendere anche una ricognizione delle tariffe applicabili per lo svolgimento di tutte le formalità conseguenti all'introduzione dei nuovi regimi di targa personale dei veicoli, quali beni mobili comuni, nonché la previsione dei criteri volti a contrastare efficacemente le intestazioni fittizie dei veicoli e ogni tentativo di sottrarsi alle responsabilità derivanti dal possesso e dalla circolazione dei veicoli.
Peraltro, lo stesso articolo 54, al primo comma, si limita a prevedere solo un adeguamento del regolamento recante norme per la semplificazione del procedimento relativo all'immatricolazione, ai passaggi di proprietà e alla reimmatricolazione degli autoveicoli, dei motoveicoli e dei rimorchi, di cui al decreto del Presidente


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della Repubblica 19 settembre 2000, n. 358, laddove parrebbe invece necessario raccordare le novelle introdotte dal titolo IV anche con il decreto del Presidente della Repubblica 16 dicembre 1992, n. 495, recante regolamento di esecuzione ed attuazione del codice della strada.
Data la delicatezza della materia della circolazione giuridica dei veicoli, che ha evidenti riflessi di ordine pubblico e di tutela dei diritti, appare inoltre opportuno esplicitare, sempre con riferimento all'articolo 54, il principio in base al quale l'erogazione dei servizi relativi al regime giuridico dei veicoli - procedura cui partecipano anche i privati attraverso il citato sportello telematico dell'automobilista - debba comunque avvenire in una cornice di imparzialità e indipendenza e, quindi, nel rispetto dei principi di cui all'articolo 97 della Costituzione, in analogia a quanto già previsto dall'articolo 27, comma 8, lettera a), della legge 16 gennaio 2003, n. 3 recante «Disposizioni ordinamentali in materia di pubblica amministrazione», con riguardo all'erogazione da parte della pubblica amministrazione di servizi telematici ai cittadini e alle imprese.
Concludo, perciò, sulla assoluta censurabilità del provvedimento, che provoca simili pesanti ricadute nel tessuto sociale, conseguenti alle disposizioni ereditate dalla precedente stesura. Si rileva che, nell'attuale stesura, ci si va a preoccupare delle introdotte agevolazioni per i prodotti del commercio equo e solidale, di cui all'articolo 17, degli interventi per le piccole imprese, di cui agli articoli 28 e 33, del certificato di chiusa inchiesta, di cui all'articolo 48, ma anche di modificare per inciso importanti disposizioni del recente codice del consumo (decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206).
Ciò in concomitanza con gli interventi abrogativi a svantaggio della collettività e dei lavoratori, sicché verrebbe eliminato l'attuale regime di concorrenza fra pubblico e privato, sottraendo il polo pubblico di accesso al servizio, con oltre cento uffici provinciali del PRA, che svolge una funzione calmieratrice dei costi delle pratiche a vantaggio dei consumatori automobilistici. Verrebbe eliminato un registro pubblico perfettamente aggiornato e informatizzato per sostituirlo con un sistema ibrido, non valido ai fini certificativi.
Per evitare la rinuncia ad un cospicuo gettito fiscale, inoltre, il provvedimento, dopo aver abrogato le predette disposizioni, stravolgendo il sistema giuridico dei beni circolanti, va, di contro, con l'articolo 53, a conservare l'applicazione dell'articolo 56 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, connesso alla imposta provinciale di trascrizione (IPT), agli atti che trasferiscono, modificano o estinguono il diritto di proprietà, i diritti reali, anche di garanzia, la locazione con facoltà di acquisto, il sequestro conservativo ed il pignoramento.
Detto tributo rappresenta, e purtroppo continuerà a rappresentare, una rilevante parte di esborso economico a carico del consumatore acquirente. Per non parlare dell'imposta di bollo.
Preciso poi che, da fonte ACI, i costi delle pratiche automobilistiche sono rappresentati grandemente dal carico fiscale e non certo dagli importi destinati al PRA.
Si introdurrebbe la targa personale, di cui all'articolo 50 del provvedimento, legando la stessa non all'autoveicolo, ma alla persona proprietaria, il che non tutelerebbe i consumatori dall'utilizzo improprio del veicolo, realizzando un collegamento diretto tra la targa stessa e il titolare e sostituendo la vigente normativa, che collega la targa all'autoveicolo e ne segue le vicende.
La norma precisa che tale innovazione deve avvenire nel rispetto delle finalità di sicurezza, ordine pubblico e certezza delle situazioni giuridiche. Visto che, salvo eclatanti smentite da parte della maggioranza, non si ravvisano elementi di rispetto di dette finalità nei provvedimenti che ho evidenziato, posso concludere con la nota locuzione excusatio non petita, accusatio manifesta (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Burgio. Ne ha facoltà.


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ALBERTO BURGIO. Signor Presidente, colleghi, oggetto di questo dibattito è un provvedimento indubbiamente rilevante e ambizioso, per mezzo del quale il Governo intende dare attuazione agli orientamenti più volte espressi in materia di rilancio dell'apparato produttivo e dell'attività economica del Paese.
Di tale rilevanza è riflesso la complessità, l'articolazione del provvedimento, che associa a misure volte a favorire la concorrenza tra soggetti imprenditoriali e a colpire posizioni dominanti e di monopolio, misure concernenti la semplificazione delle procedure. Ciò può essere effettivamente considerato una condivisibile facilitazione, per quanti incontrano difficoltà a causa di una eccessiva complessità e rigidità degli adempimenti burocratici, ma talora - occorre riconoscerlo e porvi la massima attenzione - rischia di risolversi in una riduzione dei controlli in materie molto delicate, come la tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori e la prevenzione contro infortuni, spesso anche mortali, che il Paese, anche in questi mesi, è stato frequentemente costretto a registrare.
Rispetto a quest'ultima considerazione non posso non considerare, in premessa, che essa ha probabilmente stretta relazione con l'ottica sottesa al provvedimento che stiamo discutendo, laddove esso privilegia, da una parte, le attività produttive e commerciali (cioè l'impresa) e dall'altra il cittadino consumatore. Contemplare tale privilegio comporta, infatti, il pericolo che vengano trascurate o scarsamente considerate altre figure, che pure meritano pari considerazione, in quanto titolari di interessi legittimi e di diritti fondamentali. Alludo in primo luogo ai semplici cittadini, che non sono in quanto tali riducibili alla figura del consumatore, ma hanno, per esempio, la sfortuna di trovarsi nelle vicinanze di un impianto di sollevamento mal concepito o male installato o privo di dispositivi di sicurezza, e sono pertanto vittime di incidenti mortali (come è accaduto di recente a Sorrento, dove una donna è rimasta vittima della caduta di una gru priva del limitatore di portata, che avrebbe bloccato il braccio per eccesso di carico). E alludo, ancora e in particolare, al cittadino lavoratore, gli interessi e i diritti del quale si trovano assai spesso in contrasto con quelli dell'impresa e con quelli del mercato di consumo, poiché nessuno è ancora riuscito a spiegare come, in assenza di un abbassamento significativo dei tassi di interesse, si possa determinare una significativa diminuzione dei prezzi al consumo, se non attraverso la riduzione secca dei salari. Esattamente, ciò che documentano tutte le statistiche degli ultimi vent'anni, da quando, cioè, la filosofia delle liberalizzazioni è divenuta motivo ispiratore della politica economica in tutto il mondo occidentale.
Cercherò di procedere con ordine nell'esame del complesso provvedimento in discussione, soffermandomi sugli aspetti di maggiore rilevanza, rispetto ai quali sussistono tanto motivi di consenso e di soddisfazione, quanto ragioni di perplessità e di critica.
Comincio dai primi, e in particolare da quanto il provvedimento dispone all'articolo 6, in materia di misure per la distribuzione del GPL. A tale riguardo, ho apprezzato la decisione del relatore, il collega Lulli, di proporre alla Commissione - che lo ha approvato - l'accoglimento di una nostra proposta emendativa sostitutiva dell'articolo originario, che a nostro parere ha indubbiamente migliorato il testo del disegno di legge del Governo, in aspetti assolutamente rilevanti.
Il testo precedente era carente per diversi motivi: paradossalmente limitava, senza ragione, la libertà del consumatore in ordine alla definizione contrattuale delle modalità di utilizzo del serbatoio e di approvvigionamento del gas; inoltre, ciò che era più grave, il testo originario avrebbe rischiato di favorire comportamenti illeciti e pericolosi per la sicurezza privata e pubblica, nella misura in cui rischiava di legittimare il riempimento abusivo di serbatoi altrui.
Il testo licenziato dalla Commissione che riprende la proposta di riformulazione dell'articolo 6, approvata all'unanimità


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dalle regioni e presentata alla Conferenza unificata del 15 marzo del 2007, sana tali lacune introducendo in particolare miglioramenti determinanti sotto il profilo della sicurezza.
Analoga soddisfazione riteniamo di poter esprimere per il recepimento di un altro rilevante emendamento da noi proposto in materia di trasporto innovativo. Questo emendamento evita l'apertura indiscriminata del settore prevista dal testo originario del disegno di legge che si sarebbe risolta, a nostro giudizio, nella deregolazione del trasporto locale e in un ingovernabile aumento del traffico automobilistico cittadino, con conseguenze particolarmente negative nei centri urbani e metropolitani, già gravati da tali problematiche con seri contraccolpi sul piano ambientale.
Un discorso particolare concerne la questione degli affidamenti di gestione dei servizi idrici, materia non contemplata dal testo del Governo, ma a parere nostro e di importanti realtà della società civile, del mondo dell'associazionismo, dei movimenti, del sindacato non eludibile in questo contesto. Noi siamo firmatari di un emendamento che raccoglie e rielabora suggerimenti avanzati con decisione da molti soggetti quali l'ARCI, la CGIL-funzione pubblica, il Contratto nazionale dell'acqua, il Forum italiano dei movimenti per l'acqua. Dico questo perché lo considero un punto qualificante a sostegno di una posizione che si articola in due momenti chiave.
Il primo concerne la necessità di impedire che l'acqua sia oggetto di privatizzazione secondo quanto del resto formalmente sancito nel programma elettorale e politico della coalizione di maggioranza. A questo fine, che è dunque un fine condiviso da tutte le forze che sostengono il Governo, il nostro emendamento prevede una moratoria di tutte le procedure in corso e, a maggior ragione, di nuovi eventuali affidamenti fino all'emanazione delle disposizioni integrative e correttive del decreto legislativo del 3 aprile 2006, n. 152, concernenti la revisione della disciplina della gestione delle risorse idriche e dei servizi idrici integrati. Sulla esigenza di tale moratoria anche il relatore ha dichiarato di convenire e di ciò gli diamo volentieri atto, perché cogliamo in tale suo orientamento il segno della condivisione dei nostri giudizi circa l'urgenza di un provvedimento sulla materia.
Il secondo elemento qualificante del nostro emendamento riguarda lo strumento specifico che, a nostro modo di vedere, garantisce tempestività ed efficacia agli interventi volti ad evitare che su questa delicatissima materia prevalgano ottiche mercantili e particolaristiche a detrimento del patrimonio idrico pubblico, dell'equilibrio biologico delle acque, del diritto inalienabile di ciascuno di disporre di un bene essenziale quale è appunto l'acqua.
Riteniamo, di intesa con le soggettività sociali che abbiamo poc'anzi ricordato, che lo strumento più idoneo a questo fine sia l'istituzione di un commissario straordinario incaricato di verificare entro 60 giorni dalla sua nomina che tutte le procedure di affidamento in corso siano state indette secondo parametri di tutela ambientale, di garanzia del controllo pubblico sulla gestione del servizio secondo una logica sociale nella determinazione delle tariffe e in forme favorevoli al rinnovo della risorsa idrica pubblica.
Come si è visto abbiamo registrato nell'esame in Commissione convergenze e significativi passi avanti verso posizioni condivise che ci auguriamo l'esame dell'Assemblea possa ulteriormente favorire. A fronte di tutto ciò non possiamo tuttavia non rilevare che su altre importanti materie l'orientamento prevalente nella maggioranza è ancora diverso dal nostro.
Sugli articoli 51 e 52, che riguardano il regime giuridico degli autoveicoli, dei motoveicoli, dei rimorchi e il personale del PRA, il disegno di legge del Governo prevede misure drastiche che incidono, a nostro modo di vedere, in un settore di grande importanza e complessità quale è quello del pubblico registro automobilistico, sin qui gestito dall'ACI, con il rischio di determinare contraccolpi non solo sugli attuali livelli occupazionali, ma anche


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sulla branca dell'amministrazione pubblica (la motorizzazione civile) alla quale le funzioni oggi assolte dal PRA dovrebbero essere trasferite. Basti pensare che, ad oggi, gli sportelli telematici dell'automobilista attivati dalla motorizzazione svolgono appena il 7 per cento delle pratiche effettuate presso gli sportelli pubblici contro il 93 per cento amministrato dagli sportelli attivati dall'ACI.
Un altro elemento che non ci persuade è quanto previsto al comma 1 dell'articolo 51 che stabilisce che gli autoveicoli, i motoveicoli e i rimorchi cessino di essere sottoposti alle disposizioni riguardanti i beni mobili registrati. Tale misura entra, a nostro giudizio, in contrasto con la necessità di individuare in ogni momento il titolare del diritto di proprietà sul veicolo, che risponde ad un interesse generale. Si pensi al crescente fenomeno dell'infortunistica stradale e agli aspetti tributari connessi alle risultanze del pubblico registro.
In conclusione, condividendo orientamenti già espressi dai colleghi Pagliarini e Rossi Gasparrini, riteniamo che su questa materia, rispetto alla quale non esprimiamo una contrarietà di principio nei confronti di un organico intervento riformatore, sarebbe preferibile un provvedimento organico separato da quello oggi in discussione.
Vengo infine ai motivi di maggiore preoccupazione che concernono un tema al quale ho fatto riferimento in apertura del mio intervento: la sicurezza e la salute dei lavoratori, tema sul quale tornerà fra breve, dopo di me, l'onorevole Rocchi.
Il provvedimento in esame contiene alcune norme che ci preoccupano, soprattutto per quanto disposto dagli articoli 16, 19 e 27. La semplificazione delle procedure di verifica degli impianti a pressione e degli apparecchi di sollevamento che dovrebbe sostituire i controlli, oggi affidati all'ISPESL e alle ASL, con l'autocertificazione da parte del proprietario e del gestore degli impianti, limitando la funzione ispettiva dell'ASL a semplici verifiche a campione, va in direzione opposta, a nostro giudizio, a quel potenziamento dell'attività ispettiva e di controllo pubblica che il continuo aumento di infortuni mortali, a giudizio unanime, al contrario richiede.
Non è un caso - vogliamo sottolinearlo perché ci sembra un fatto di grande significato istituzionale e politico - che la Commissione lavoro della Camera abbia condizionato il proprio parere favorevole al provvedimento in esame alla soppressione di questo articolo. Né è un caso che la stessa richiesta sia stata avanzata da autorevoli esponenti dello stesso Governo, a cominciare dal sottosegretario alla salute Gian Paolo Patta, il quale ha recentemente dichiarato di aver più volte richiesto lo stralcio dell'articolo 16, ritenendo inaccettabile che la competenza del pubblico nelle attività di controllo in materia di sicurezza del lavoro venga mescolata ai temi delle liberalizzazioni, determinando la privatizzazione di funzioni nevralgiche ai fini della sicurezza.
Non mi dilungherò sull'articolo 19, relativo alla semplificazione delle procedure per il rilascio del certificato di prevenzione di incendi giacché le critiche sarebbero nella sostanza le medesime appena svolte nei confronti dell'articolo 16. L'articolo 27 prevede analoghe misure di semplificazione di procedure e certificazioni, oggi dovute dalle imprese, e soggiace - secondo noi - a critiche non meno serie. Già oggi, è possibile aprire un'impresa - mi riferisco per esempio al settore edile nel quale incidenti e morti bianche sono particolarmente diffusi - con due semplici passaggi: l'indicazione della partita IVA e l'iscrizione al registro delle imprese presso una camera di commercio. Proprio questa semplicità incoraggia, come tutti sappiamo, il fenomeno del caporalato nei cantieri, dove decine di imprese individuali nate appunto senza alcun controllo sulle capacità tecnico-organizzative e d'impresa, sulla formazione, sulla conoscenza tecnica, su quella delle leggi e delle norme che regolano il lavoro, svolgono la propria attività in violazione delle regole più elementari a difesa della sicurezza e naturalmente in condizione di assoluto sfruttamento sul piano salariale.


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Non è di una malintesa semplificazione che si avrebbe bisogno ma al contrario di più seri controlli e di percorsi efficaci di certificazione, per ridurre la frequenza di incidenti spesso mortali sui quali, nel corso di questi mesi, sono stati ripetuti e assai vibranti gli interventi del Presidente della Camera e dello stesso Capo dello Stato.
In conclusione, su questa materia ci sembra sbagliato che, invece di mettere ispettori ed enti preposti alla prevenzione in condizione di porre effettivamente in essere tutte le misure preventive necessarie a garantire la salute e la sicurezza dei lavoratori e ad attuare in modo effettivo e compiuto il principio di precauzione al quale tutta la normativa italiana negli ultimi quarant'anni si è ispirata, il Governo intenda muoversi adottando il criterio iperliberista e assai negativo dei cosiddetti requisiti minimi di sicurezza, affidando di fatto alla buona fede, alla buona volontà o alla buona coscienza del privato verifiche che oggettivamente confliggono con il suo interesse economico.
Ci pare altrettanto discutibile, per quanto concerne specificamente l'articolo 16, che ciò avvenga attraverso la reiterazione di un tentativo già invano compiuto due volte dal Governo, in occasione della discussione sulla legge finanziaria e in occasione della discussione del decreto-legge del 27 dicembre 2006, n. 297.
Signor Presidente, il provvedimento che stiamo discutendo non si presta ad una valutazione sommaria ed univoca, data la sua ampiezza e complessità. Ci è parso in questo momento ben più utile esprimere una valutazione articolata, non solo per manifestare un giudizio ma anche per favorire una discussione approfondita, meditata, quale quella che questa complessa materia richiede.
Da parte nostra teniamo un atteggiamento interlocutorio, aperto, com'è giusto all'inizio di un confronto parlamentare vero tra posizioni non in tutto coincidenti. Restiamo in attesa di verificare la disponibilità reciproca delle forze di maggioranza ad ascoltarsi e a cercare insieme un punto di convergenza sulle materie cruciali che registrano ancora talune diversità di giudizi.
Signor Presidente, chiedo, infine, che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale del mio intervento.

PRESIDENTE. Onorevole Burgio, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
È iscritto a parlare l'onorevole Attili. Ne ha facoltà.

ANTONIO ATTILI. Il provvedimento in discussione è sicuramente di rilevante importanza. Rappresenta non solo una esemplificazione della vita dei cittadini e, quindi, un miglioramento qualitativo della stessa ma anche un contributo alla politica di rilancio economico del Paese.
Il testo del presente provvedimento, peraltro già profondamente emendato nella X Commissione, consente di recuperare il forte ritardo accumulato dall'Italia rispetto agli altri Paesi europei. Riteniamo, però, necessario un confronto di merito con il Governo su molti aspetti.
Il nostro è un giudizio positivo sull'impianto del provvedimento ma critico su alcune questioni specifiche. Diciamo ciò perché noi abbiamo a cuore la trasformazione del Paese, il miglioramento della vita di cittadini, ma anche l'obiettivo di predisporre norme effettivamente incisive, chiare ed applicabili. Per tale motivo, solleviamo dubbi e perplessità su alcuni articoli del provvedimento che consideriamo rilevanti.
Tutto il titolo V ed altri articoli, che poi analizzerò in dettaglio, riguardano il settore dei trasporti. Nella IX Commissione avevamo chiesto lo stralcio di questi articoli, proprio per procedere ad un approfondimento di merito, vista la delicatezza e la complessità delle questioni trattate. Purtroppo, questa nostra richiesta non è stata accolta. Ci siamo allora impegnati in un confronto con le categorie interessate e con gli enti specialistici del settore, che ha portato ad un notevole approfondimento della materia, riversato


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nel parere espresso dalla IX Commissione, approvato peraltro all'unanimità. Devo, però, dire con una certa amarezza che, di questo parere, tranne, al momento, sull'ex articolo 5, relativo alla verifica della liberalizzazione dei servizi a terra negli aeroporti civili, che è stato completamente riscritto - di questo ringrazio il relatore e il Governo, perché era assolutamente insostenibile - non è stato recepito assolutamente nulla.
Tuttavia, ripeto, si tratta di questioni rilevanti sulle quali riteniamo che la chiusura del Governo sia assolutamente inaccettabile! Siamo ancora in tempo per continuare il discorso e mi auguro che il Governo e il relatore prendano in considerazione il contributo che cerchiamo di dare, nell'esclusivo interesse del miglioramento del testo.
Desidero richiamare l'attenzione su alcune proposte emendative che abbiamo presentato: si tratta di un corpus consistente, ma alcune di esse ci sembrano particolarmente rilevanti per le problematiche che trattano. Innanzitutto, l'articolo 5 (ex articolo 3) contiene una previsione normativa importante, che consente le modifiche delle caratteristiche costruttive e funzionali dei veicoli a motore, senza un preventivo nulla osta delle case costruttrici e senza una visita e una prova presso i competenti uffici della Direzione generale per la motorizzazione. Si tratta, in sostanza, di consentire l'installazione di kit autorizzati, senza che le strutture pubbliche possano dire nulla e senza che le case costruttrici esprimano la loro opinione! Stiamo parlando, lo ricordo, di interventi strutturali su autoveicoli che ne possono mettere in discussione l'affidabilità! Comprendo questo desiderio di liberalizzare e di andare incontro alle esigenze e alle richieste dei cittadini, ma ciò non può avvenire a scapito della sicurezza! Con la nostra proposta emendativa, pertanto, cerchiamo di ridimensionare in qualche modo la portata della previsione normativa contenuta nel testo e, senza contrastare il progetto di liberalizzazione, chiediamo tuttavia una particolare attenzione alla rilevantissima questione del sistema della sicurezza! In questo settore, infatti, registriamo, purtroppo, un incremento di incidenti, dovuti a tante cause, che fanno del nostro Paese uno di quelli più a rischio a livello europeo. Credo, pertanto, che una riflessione su questo aspetto sia assolutamente necessaria!
Tutto l'originario titolo V (mi riferisco agli articoli che, nella versione attuale del testo, vanno dal 50 al 55) tratta, anch'esso, di questioni molto delicate. Tra gli articoli menzionati, il primo - l'articolo 50 - riguarda l'istituzione del regime personale della targa dei veicoli. Condividiamo tale misura, tuttavia auspichiamo che, nell'attuazione regolamentare di tale norma, ci si soffermi su alcuni aspetti di dettaglio, che consentano la sua effettiva applicabilità ed un controllo, da parte del pubblico, su un regime che cambia radicalmente (in quanto la targa non è più legata all'autoveicolo, ma al proprietario stesso). Ciò crea tutta una serie di conseguenze. Si tratta, pertanto, di disciplinare, mediante regolamento, questioni di dettaglio, come l'abbinamento della targa al proprietario, la dismissione della targa, i casi di furto e smarrimento: sono tutte questioni che vanno chiarite, al fine di evitare, poi, conseguenze spiacevoli, pur nell'ambito di un provvedimento che giudichiamo positivamente e che condividiamo.
Si può dire lo stesso, come è stato anche accennato dai colleghi che mi hanno preceduto, per l'articolo successivo, riguardo agli atti relativi ai diritti di proprietà registrati nell'archivio nazionale dei veicoli che, a nostro avviso, dovrebbe essere integrato in modo da comprendere tutte le ipotesi che incidono sulla natura giuridica e sull'individuazione del proprietario effettivo del veicolo. Non possiamo lasciare un vuoto in una materia così delicata, per le conseguenze che l'incertezza nell'individuazione del proprietario effettivo del veicolo potrebbe avere nel campo della responsabilità civilistica, amministrativa e tributaria, che finirebbe per aprire, di conseguenza, una serie di possibili contenziosi da cui non si saprebbe bene come uscire.


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Tali aggiustamenti non comportano blocchi di alcun genere ma servono ad apportare un miglioramento al testo del provvedimento in discussione.
Un altro articolo molto delicato è quello che riguarda il personale del PRA (il pubblico registro automobilistico). Riteniamo matura la scelta del Governo e, pertanto, la condividiamo. Anche nella scorsa legislatura era stata presentata, da parte del centrodestra, una proposta di legge (A.C. 5636) che si muoveva nella stessa direzione, ma di cui però non si è fatto più nulla. Adesso il problema è stato ripreso e si tratta di una semplificazione importante apportata al settore. Tuttavia, si pone il problema relativo ai dipendenti del PRA. Questi ultimi non possono essere considerati degli esuberi o dei pesi da sistemare in qualche modo. Riteniamo, inoltre, che non si possa risolvere tutto estendendo le disposizioni di cui al decreto legislativo n. 165 del 2001, che fa riferimento alla mobilità del personale in esubero nelle pubbliche amministrazioni. Occorre fare qualcosa di diverso. Pertanto, abbiamo presentato un apposito emendamento che tiene in debita considerazione che trattasi di personale altamente specializzato che può essere utilmente reimpiegato per migliorare i servizi resi al cittadino in questo delicato e importante settore. Si tratta, pertanto, di un emendamento che, a nostro avviso, assume un rilievo centrale. Aspettiamo che dal Governo provenga una risposta positiva in questa direzione, nell'interesse sia dei lavoratori sia dei cittadini e della pubblica amministrazione, la quale non può perdere professionalità così importanti e già operative. Il nostro intento è quello di semplificare, ma riteniamo che ciò debba avvenire non contro qualcuno ma insieme a qualcuno e che i lavoratori del PRA vadano considerati una risorsa e non un ingombro.
Abbiamo presentato anche un'altra serie di emendamenti importanti; in particolare, quelli relativi all'articolo 16, che sono stati firmati da tutti i deputati del nuovo gruppo Sinistra Democratica. Per il Socialismo europeo, a nome del quale sto effettuando il mio intervento. Tali emendamenti riguardano la procedura di autocertificazione prevista per gli impianti a pressione e gli apparecchi di sollevamento; procedura che non condividiamo in quanto questi impianti e questi apparecchi possono mettere a rischio la sicurezza dei lavoratori. Condivido in pieno, quindi, quanto a tale riguardo è stato detto dall'onorevole Burgio. Si tratta di un emendamento con il quale si prevede di non lasciare all'autocertificazione delle imprese la verifica di tali impianti e apparecchi che invece a nostro avviso deve rimanere oggetto di controllo pubblico. Si verificano troppi incidenti sul lavoro! Nel momento in cui, finalmente, mediante misure che sono state previste insieme, anche nella legge finanziaria per il 2007, ha avuto inizio una seria operazione di contrasto all'abusivismo e ai rischi nel campo del lavoro, anche con l'aumento del numero degli ispettori, non possiamo cancellare, con un colpo di spugna, questa linea di condotta che condividiamo per tornare ad una posizione assolutamente pericolosa, tenuto conto della delicatezza e della potenziale pericolosità degli impianti.
Anche in relazione all'articolo 19, che condividiamo, chiediamo una misura di semplificazione importante che, tuttavia, non diminuisca l'attenzione che deve essere prestata in relazione al profilo della sicurezza dei lavoratori e dei cittadini. Mi riferisco alla prevenzione degli incendi, settore in cui occorre mantenere elevati livelli di sicurezza.
Il terzo emendamento, firmato da parte di tutto il mio gruppo, è volto ad assicurare la tracciabilità dei veicoli a fine vita. Si ritiene di dover coordinare questa norma con la direttiva comunitaria emanata in materia e con il decreto legislativo n. 201 del 2003. La fine vita del veicolo costituisce un momento molto importante, in quanto in questa fase si realizzano problemi di smaltimento, di riciclo dei veicoli, di smaltimento delle sostanze potenzialmente inquinanti e del recupero di materiali. In tal modo, si potrebbe monitorare e controllare il fenomeno


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dell'abbandono dei veicoli stessi. Necessita, a questo fine, una norma precisa e incisiva.
Inoltre, vi è l'articolo 58, che è estremamente importante e che chiediamo di potenziare. Condividiamo, infatti, l'adozione della legge annuale per la promozione della concorrenza e della tutela dei consumatori, al fine di recepire segnalazioni, pareri e indicazioni dell'autorità garante. Chiediamo, però, di estendere questa fattispecie affinché contempli anche la possibilità di recepire le segnalazioni dell'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici dei lavori, servizi e forniture, al fine di tutelare la concorrenza anche in questo specifico segmento di mercato.
Come si può constatare, il giudizio che diamo è positivo, però riteniamo anche che ci sia ancora molto da lavorare per migliorare il provvedimento. Pensiamo che ci sia ancora tempo e che il Governo possa - e debba - dare segnali sugli emendamenti che riteniamo importanti, anzi cruciali. L'atteggiamento del Governo, inoltre, deve essere di apertura sul merito delle questioni, non ci deve essere alcun pregiudizio, ma un confronto sul merito che può portare a un ulteriore miglioramento del testo. Ciò perché vogliamo un testo che dia certezze giuridiche, garanzie, che innalzi i livelli di sicurezza per i lavoratori e per tutti cittadini. Quindi, una riflessione serena è possibile, si può giungere rapidamente alla conclusione dell'iter parlamentare di un provvedimento che intendiamo sostenere.
Tuttavia, lo dico con franchezza, ci aspettiamo che l'atteggiamento del Governo rispetto agli importanti problemi che poniamo sia positivo, perché altrimenti rischieremmo di dover fare valutazioni politiche che speriamo, al momento, di non dover fare. Quindi, riapriamo un confronto e andiamo nella direzione giusta al fine di varare una legge in linea con la più avanzata normativa europea, in grado di sviluppare l'economia, creare nuovi posti di lavoro e migliorare la qualità della vita dei cittadini (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Democratica. Per il Socialismo europeo).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Armosino. Ne ha facoltà.

MARIA TERESA ARMOSINO. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, colleghi, il provvedimento oggi al nostro esame ha un titolo ed un oggetto molto suggestivi: «Misure per il cittadino consumatore e per agevolare le attività produttive e commerciali (...)». Ciò dovrebbe farci presupporre un insieme di norme volte a liberare le imprese e i cittadini, sia come consumatori che come imprenditori o soggetti prestatori di servizi, da legami, lacci e lacciuoli.
Già dalla prima parte della discussione emergono con chiarezza quali siano, all'interno della stessa coalizione di maggioranza, le differenze di interpretazione sulla finalità che si vorrebbe raggiungere.
Per chi ha uno spirito un po' più liberale, la lettura del corposo provvedimento in esame dà invece un'altra triste sensazione, ossia che si tratti di un'ulteriore limitazione di libertà. A nostro parere, la tutela del consumatore deve essere realizzata garantendo una possibilità di scelta che sia la più ampia possibile, all'interno della più ampia gamma esperibile.
Ebbene, non ci pare che questo Governo stia operando in tal senso. Forse taluni esempi, molto semplici, potranno illustrare questa situazione.
Con precedenti provvedimenti si è creata una guerra fra poveri: si è deciso di intervenire sui taxi e sui distributori di benzina che, come è noto, possono ora essere installati, a prescindere da ulteriori vincoli, laddove vi siano grandi superfici di vendita. Ma allora voi, proprio voi che volete tutelare il consumatore, offrendogli servizi più specializzati al minor costo - e ciò può essere fatto con la concorrenza -, che dite, ad esempio, delle grandi superfici di vendita che, in talune regioni, sono «monocolori»?
Credo che tra queste norme, in ragione delle buone intenzioni che vi dovrebbero


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governare, ci dovrebbe essere anche la previsione che in ogni regione le superfici di vendita di una marca non possano essere superiori ad una certa percentuale. Onorevoli colleghi, non sto parlando di fatturati - questi ultimi dipendono dalla bravura e dalla competitività dell'imprenditore -, ma non è pensabile che in talune regioni l'offerta sia fatta da esercizi monomarca. E, guarda caso, in tali esercizi, con i vostri provvedimenti, adesso si può vendere anche la benzina.
A noi sta bene la sfida, ma vi proporremo di indicare una percentuale massima di superfici di una marca e, laddove ci venisse detto che tale previsione è in violazione del Titolo V della Costituzione, la nostra risposta sarà che con questo provvedimento, e con gli altri precedenti, ne avete commesse di ben più gravi.
Un altro esempio banale, che attiene alla vita dei cittadini, è ciò che è stato fatto con una «lenzuolata» precedente: il costo di ricarica dei telefonini. Ma non è questa la vera misura di tutela del consumatore (abbiamo e avete visto che può portare a un aumento dei costi di utenza)!
Il vero problema, che non avete neanche pensato di eliminare, è un altro: l'abolizione delle tasse di concessione governativa. Questa è una misura di liberalizzazione, nell'interesse del consumatore, che non è così sprovveduto e disattento!
Ciò che è successo ieri e l'altro ieri dovrebbe ulteriormente avervi, non dico insegnato - perché non ho la presunzione che siate in grado di capire così rapidamente - ma almeno messo sull'allerta in merito ad una situazione che non è assolutamente condivisa e non viene percepita per quello che voi tentate di rappresentare.
Che dire degli interventi relativi a tutte le vicende che interessano la vita di un cittadino nei rapporti con le banche? Che dire dell'intervento sull'utilizzabilità e computabilità del massimo scoperto, solo nelle ipotesi in cui effettivamente la somma venga destinata? Su ciò è evidente che siamo assolutamente tutti d'accordo.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE PIERLUIGI CASTAGNETTI (ore 12,40).

MARIA TERESA ARMOSINO. Ma tale aspetto si colloca nell'ambito del rapporto più complessivo con il sistema del credito, rispetto al quale non ci pare di comprendere, nella sua completezza, quale sia la vostra posizione di coalizione; questo è un intervento, ma il Paese e i suoi cittadini (siano essi utenti, fruitori, privati o imprese) hanno bisogno di una politica che nei confronti del sistema bancario eserciti la sua funzione e non ne diventi invece un presupposto stesso di esistenza.
Vi sfido su un altro aspetto: volete semplificare, ma spiegatemi perché, da quando siete al Governo, un soggetto non può più ottenere automaticamente l'attribuzione della partita IVA, ma ci deve essere un altro soggetto che verifica se esso abbia titolo o no per averla.
Queste sono alcune prove banali - ne potremmo portare a centinaia - della non credibilità di quanto viene proposto. Passando ad un esempio completamente diverso, parliamo di quanto è accaduto, sempre mentre il vostro Governo è in carica, a proposito dell'utilizzo della cannabis e dell'introduzione di dosi minime, quando poi mandate i cani e i NAS nelle scuole. Credo che dobbiate chiarire, al vostro interno, qual è il quadro di azione che volete proporre al Paese. Altrimenti, siamo di fronte a misure a proposito delle quali singolarmente si può forse anche convenire, ma che, nel complesso, nulla fanno e nulla modificano.
Da ultimo, ma non ultimo: l'abolizione della «moneta», fatta - credo - su suggerimento del vostro Viceministro dell'economia e finanze (non lo nomino a caso) Visco, che resiste imperterrito a uno scandalo che è noto da tempo e per il quale mi risulta che il Governo non abbia ancora deciso di rispondere in Assemblea, relativo a un intervento pesante sulla Guardia di finanza.
Credo che l'abolizione della carta moneta, che volete proporre per tutelare il cittadino, corrisponda invece a una misura diversa, che non sia, cioè, quel controllo


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dello Stato nei confronti del cittadino per vedere che correttamente esplichi i suoi doveri rispetto allo Stato stesso, ma prosegua invece quanto già state introducendo, vale a dire che oggi le banche possono anche non erogarti un mutuo perché accedono al tuo conto corrente, osservano quali sono le tue spese, e decidono, secondo un giudizio terzo, se in relazione al tipo di spese che sostieni potrai o meno permetterti di pagare il mutuo, quindi, non sulla base della valutazione della tua capacità di reddito e di distribuzione, ma con una scelta più pesante, di eccessiva ingerenza nella vita del cittadino.
Abbiamo parlato spesso in quest'aula di un «grande fratello» che è alle spalle del cittadino. Ci avete sempre risposto che saremmo i difensori degli evasori e di coloro che non vogliono avere rapporti corretti con il fisco. Vi rispondiamo, come già abbiamo fatto, che siete riusciti a incrementare il livello di tassazione dei soggetti che già pagavano le tasse e non avete scoperto, invece, altri fenomeni di evasione; su ciò è sufficiente leggere le dichiarazioni rese in Commissione dal responsabile della nostra riscossione Publitalia - evidentemente, vi piacciono i nomi - per capire quanto produce l'attività di accertamento.

PRESIDENTE. La invito a concludere.

MARIA TERESA ARMOSINO. Questa, e una serie di altre argomentazioni che affronteranno i colleghi del mio gruppo, a proposito delle quali sono stati presentati anche alcuni emendamenti, sono le ragioni per le quali forse potremo votare a favore di talune proposte emendative, se le modifiche che abbiamo proposto verranno accolte, ma nel complesso ritengo che il provvedimento in esame non risolve i problemi connessi con la tutela del cittadino, né migliora le attività produttive e commerciali.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Sanga. Ne ha facoltà.

GIOVANNI SANGA. Signor Presidente, colleghi, il disegno di legge oggi alla nostra attenzione è il risultato di un confronto aperto e ricco di contributi e sollecitazioni che si sono svolti nell'ambito della Commissione attività produttive.
È un provvedimento - ne sono convinto - destinato a raccogliere le numerose indicazioni ed apporti che verranno dalla discussione in Assemblea. Mi sembra di aver compreso che vi sia, da parte della maggioranza e dell'opposizione, un atteggiamento di attenzione e una condivisione su molti punti: ciò porterà a svolgere un buon lavoro, nell'interesse del Paese.
Del resto, già i provvedimenti meglio conosciuti come «Bersani uno», del luglio scorso, «Bersani due», del marzo scorso e, quindi, il presente - che mi permetto di chiamare «Bersani tre» - hanno trovato un grande riscontro nel Paese, nell'opinione pubblica e fra i cittadini. Si tratta di provvedimenti che toccano da vicino i consumatori, le famiglie e le imprese. Infatti, è largamente diffusa la convinzione che queste scelte abbiano inciso positivamente sulla riduzione del prezzo dei farmaci, sull'indennizzo diretto delle assicurazioni, sulla riduzione dei costi di ricarica dei telefoni mobili, bancari e del passaggio di proprietà degli autoveicoli.
È questa la strada per far sentire più intenso il legame fra il cittadino, le istituzioni e la politica. Infatti, con questi provvedimenti si apre, per così dire, una sorta di dialogo privilegiato, di confronto sulle cose concrete, destinato a lasciare un'impronta e costruire le premesse anche per una rinnovata collaborazione - mi auguro - tra maggioranza e opposizione, proprio nell'interesse del Paese.
Ma, approfondendo il merito del provvedimento e affrontando, ad esempio, la questione dei rapporti fra imprese e professioni più libere, vi è una richiesta forte, che proviene dal mondo di chi produce, di semplificare e rendere più facile la vita quotidiana, liberare le imprese - come affermava l'onorevole Armosino - da tanti condizionamenti inutili, dalle procedure e dagli adempimenti.


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Si tratta di fronteggiare un problema di tempo e di costi; di tempo da restituire all'attività aziendale anziché da dedicare alle pratiche burocratiche, e di costi se si riflette sul fatto che il costo della burocrazia è stimato in circa 15 miliardi di euro: sono cifre che debbono indurre a riflettere, sono costi sui quali già abbiamo inciso con le scelte legislative compiute nei mesi scorsi, ma che ancora richiamano la nostra attenzione.
Ma vi è un altro aspetto rilevante, che non possiamo dimenticare. Accanto alla semplificazione, con questi provvedimenti vogliamo aprire al mercato, alla concorrenza, abbattere i sovrapprezzi, la scarsa trasparenza, favorire il nostro sistema paese per essere più competitivo, liberarlo dai vincoli, consentendo a chi ha capacità di intrapresa, creatività, voglia di innovare, di esprimere il meglio di se, di poter gareggiare in un mercato sempre più globale e concorrenziale.
L'Autorità garante della concorrenza e del mercato ci ha più volte espressamente richiamati alla necessità di intervenire, riformare, cambiare la nostra legislazione in senso favorevole alla concorrenza.
Poniamo la nostra attenzione all'articolo 1 di questo disegno di legge, che ha proprio l'obiettivo di superare ed abbattere i vincoli che di fatto ostacolano l'apertura di nuovi punti di vendita. I consumatori potranno più facilmente accedere all'acquisto di beni e servizi, anche perché verranno meno le limitazioni di vendita di prodotti o servizi complementari rispetto a quelli accessori.
Riflettiamo sul contenuto dell'articolo 3, che attiene all'attività di intermediazione commerciale. Non vi è più ragione di mantenere in essere autorizzazioni e marchingegni vari per l'esercizio dell'attività di agente, rappresentante e mediatore. Da un lato, vengono così unificati profili professionali; dall'altro, per esercitare le suddette attività sarà sufficiente una dichiarazione corredata dalle relative autocertificazioni, da presentarsi alle competenti camere di commercio, superando l'iscrizione in ruolo, su cui già si era pronunciata la Corte di giustizia.
È chiaro che saranno mantenuti, invece, i necessari requisiti soggettivi: morali, professionali, tecnici e finanziari. Vi sono, pertanto, semplificazione, trasparenza, concorrenza, ma anche garanzie di professionalità.
L'articolo 5, sulla componentistica dei veicoli a motore, è finalizzato alla liberalizzazione di un mercato oggi ancora caratterizzato da una regolamentazione costosa e obsoleta che ne limita lo sviluppo nel nostro Paese.
L'articolo 6, sull'apertura del mercato della distribuzione del GPL, assegna all'utente la possibilità di acquistare liberamente il gas sul mercato.
Potrei proseguire a lungo per ciò che concerne l'articolo 8 e la verifica, da parte del Ministero dei trasporti, sulla liberalizzazione dei servizi a terra nei nostri aeroporti ed anche per quanto attiene agli articoli 10 e 11, in materia di trasporto ferroviario e di trasporto innovativo.
Come già è avvenuto nel settore dei trasporti di persone e di merci, anche per il trasporto ferroviario si prosegue nel processo di apertura del mercato con un controllo adeguato di chi è chiamato a gestire la rete e della professionalità e capacità organizzativa degli operatori privati che prestano il servizio.
L'articolo 11, sul trasporto innovativo, merita sicuramente una riflessione più puntuale, anche perché è stato oggetto di un costruttivo confronto in Commissione, soprattutto per le implicazioni che tale norma comporterà. Per trasporto pubblico locale innovativo si intende la diffusione di servizi collettivi con tariffe differenziate. Si vogliono favorire nuovi servizi di trasporto nelle nostre città e nelle aree urbane come alternativa all'auto privata.
È necessario far crescere questa tipologia di servizi, liberalizzando l'offerta e sollecitando i comuni ad intervenire con forme di incentivazione che possano aumentare questa straordinaria opportunità, anche con riconoscimenti finanziari e sostegni agli stessi enti locali.
Quanto possa incidere questa scelta sulla nostra vita di cittadini del XXI secolo, che vivono le questioni del traffico,


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dell'inquinamento e dei loro riflessi di natura climatica e, quindi, sulla nostra salute, è facile da immaginare.
Dobbiamo dare un impulso forte all'uso di veicoli ecologici per le tante ragioni che conosciamo. Si tratta, quindi, di proseguire con alcune delle scelte innovative e strategiche che già abbiamo compiuto nella legge finanziaria per il 2007 e che avranno un forte riflesso, anche di mercato, per le nuove iniziative produttive che si potranno mettere in campo, recuperando il divario che ci separa da altri Paesi europei.
I comuni, inoltre, consultando le associazioni di rappresentanza, saranno tenuti a predisporre una carta dei servizi dei trasporti innovativi e ciò soprattutto per una maggiore tutela dei diritti dei cittadini.
Deve essere ricordato, inoltre, il titolo relativo ai rapporti tra i cittadini consumatori e il complesso dei rapporti con lo Stato e con gli enti. Tali questioni, che definirei nodali, vengono affrontate nel titolo III, con forte impatto sulla vita dei cittadini, come ho già detto, ma anche sui bilanci familiari; si pensi all'abolizione della commissione di massimo scoperto, un onere gravoso per il cittadino titolare di conti correnti ed improprio, a mio avviso, anche per come viene calcolato.
Ricordiamo anche l'abbattimento dei costi di natura sia tributaria, sia finanziaria, per alcune operazioni relative a mutui e finanziamenti.
L'articolo 35, inoltre, pone un limite agli oneri che possono essere addebitati agli utenti del servizio pubblico, obblighi di trasparenza delle condizioni contrattuali, riduzione di costi per i nuclei familiari e così potremmo proseguire per quanto riguarda la semplificazione e la modernizzazione delle modalità di pagamento e la necessità, quindi, di introdurre nuove formule.
Si tratta di un provvedimento ampio, che investe positivamente la vita dei cittadini e delle famiglie, toccando tanti aspetti della nostra quotidianità e che troverà, nel corso del dibattito in aula, la possibilità di arricchirsi di contributi importanti.
Signor Presidente, mi auguro - mi rivolgo a tutti i colleghi - che veramente ci possa essere nel merito, proprio per le implicazioni che questo provvedimento comporta, una larga condivisione (Applausi dei deputati del gruppo L'Ulivo).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Valducci. Ne ha facoltà.

MARIO VALDUCCI. Signor Presidente, signor sottosegretario, siamo giunti alla terza puntata della saga, che personalmente mi auguro termini, dei disegni di legge proposti dal Governo in tema di liberalizzazione e di modernizzazione di questo Paese.
Il vero obiettivo del primo provvedimento era quello di creare uno Stato di polizia sul controllo dei nostri conti correnti bancari e sulla circolazione della moneta. Il secondo provvedimento, di fatto, è stata la saga del discredito rispetto a contratti sottoscritti tra società private e persone giuridiche terze. Mi riferisco al tema dell'alta velocità, dove con un colpo di spugna si sono cancellati i contratti tra soggetti privati, che dovrebbero essere tutelati dal nostro ordinamento, contro i quali il legislatore non dovrebbe intervenire con tali modalità.
Questa terza - mi auguro ultima - puntata, invece, segue il filo conduttore predominante delle altre due, ovvero quello di cercare di colpire in modo chirurgico tutte quelle attività imprenditoriali della nostra società (dai commercianti, agli artigiani e agli industriali), che sono convinto costituiscono il vero patrimonio e la vera ricchezza del mondo produttivo del nostro Paese.
In questa occasione, voi sottolineate ancora una volta la vostra volontà di tutelare coloro i quali hanno posizioni di sicurezza già garantite. Mi riferisco al contratto con il pubblico impiego che avete sottoscritto in tarda notte per evitare uno sciopero, senza, peraltro, chiedere almeno la contropartita minima di meritocrazia,


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di efficienza e di produttività. Tali contropartite dovrebbero essere richieste ad un lavoratore che, nel mercato globale dell'economia moderna, avendo già la grande tutela della sicurezza del posto di lavoro, dovrebbe perlomeno garantire una serie di operatività, di operosità e di produttività del proprio lavoro, contrariamente a quanto accade attualmente.
Quindi, ancora una volta, sotto il titolo di questo provvedimento non sono prefigurate le condizioni per rendere il nostro Paese più competitivo, più moderno e più libero nelle conduzioni di mercato. In alcuni settori, ovvero in quelli che non sono di vostro interesse o di vostra tutela politico-economica, addirittura create norme simili al far west e alla giungla. Mi riferisco ad aperture indiscriminate, alla possibilità di commercializzare le più variegate specie di prodotti e ai distributori di carburante. A tale proposito, nel nostro Paese abbiamo assistito al fatto che nel 1998 lo stesso ministro di oggi aveva già cercato di razionalizzare la rete dei distributori. Sappiamo che nel nostro Paese il numero di questi esercizi commerciali è sovrabbondante, ma conosciamo anche le condizioni particolari in cui l'Italia vive, con un tessuto produttivo fatto di piccole e medie imprese. Queste caratteristiche della nostra economia e della nostra società, come, per esempio, il numero dei comuni, difficilmente si possono cancellare a colpi di norme legislative.
Pertanto, a fronte di quella prima razionalizzazione della rete distributiva, oggi invece modifichiamo quelle norme per favorire il sistema delle cooperative e della grande distribuzione e del commercio. Solo per tali finalità, si eliminano i parametri minimi di vicinanza, che peraltro ritengo fondamentali e necessari nel nostro Paese. Infatti, non si apre una pizzeria, ma un distributore di carburanti, per il quale è necessario porre in essere le opportune precauzioni dal punto di vista ambientale e della sicurezza, su cui dimostrate molta sensibilità a corrente alternata.
Noi pensiamo che questa liberalizzazione contribuirà assai poco a rendere più moderno il nostro Paese. Crediamo che le cose che lo rendono più moderno e competitivo siano altre: ad esempio, le infrastrutture.
Penso che il voto, nelle due ultime giornate, dei cittadini italiani abbia anche voluto significare l'incapacità di decidere di questo Governo. In tema di infrastrutture, tra pochi giorni sarete chiamati a dare la risposta finale sull'alta velocità nel tratto Lione-Torino. In proposito ci avevate criticato dicendo che non eravamo in grado di colloquiare con le comunità locali affinché si realizzassero, nel nostro Paese, queste infrastrutture necessarie. Ebbene, non mi sembra che voi abbiate fatto passi in avanti, né sul tema dell'alta velocità - anzi, sicuramente avete fatto passi indietro con il secondo provvedimento Bersani - né su quello delle infrastrutture energetiche.
Vi sono enti locali governati dalla sinistra che ancora oggi mettono in discussione la trasformazione della centrale elettrica di Civitavecchia, dove lo stato di avanzamento dei lavori è al 70 per cento, che costituisce una trasformazione necessaria per avere un costo dell'energia elettrica più competitivo e più vicino a quello degli altri Paesi. Ebbene, voi mettete in discussione queste grandi opere, che sono fondamentali per il nostro Paese.
Noi pensiamo che queste siano le risposte che i cittadini italiani e la nostra società si aspettano, non certo il contenuto del provvedimento che nei prossimi giorni voteremo. Quando affermo che siete strabici, nel senso che non seguite un principio di vera libertà economica, è perché mi domando come mai non avete pensato alla liberalizzazione vera nella materia della distribuzione commerciale dei giornali e dei periodici. Abbiamo presentato un emendamento al provvedimento che va nella direzione di liberalizzare anche questo settore. Non capiamo perché la volontà di liberalizzare e di eliminare quelle che voi definite posizioni di rendita da parte di tassisti, di commercianti, di notai e di avvocati non possa essere diffusa anche in senso lato all'intera economia.


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Abbiamo presentato anche un emendamento per cercare di scardinare il monopolio della distribuzione commerciale di grandi dimensioni. Sappiamo tutti benissimo che avete posizioni dominanti con il sistema delle cooperative di consumo in alcune aree geografiche del Paese, con fatturati che coprono il 50-70 per cento dell'acquisto di beni di largo consumo. Anche su questo argomento c'è la nostra contestazione: chiediamo che si verifichi, attraverso l'Antitrust, se ci siano effettivamente posizioni dominanti da parte di un attore monopolista in un ambito territoriale come quello provinciale, e che, in tal caso, si proceda affinché il monopolio venga scardinato per andare incontro al cittadino consumatore, il quale sicuramente in alcune aree geografiche del nostro territorio (Piemonte, Lombardia e Veneto) ha la possibilità di scegliere tra tante insegne commerciali della grande distribuzione e, purtroppo, quando vuole andare in un ipermercato di 6 mila metri quadrati in Emilia Romagna, in Toscana o in Umbria, ha difficoltà a trovare altrettante insegne.
Queste sono le liberalizzazioni serie a 360 gradi, non quelle che prevedono - come fate con una norma in questo provvedimento - lunghi periodi di transizione per le cooperative che non rispondono più ai requisiti del nostro codice civile in tema di mutualità. Ma quali due anni? Bisogna procedere immediatamente. Chi non possiede più i requisiti previsti deve essere considerato, in quanto persona giuridica privata, al pari degli altri e deve pagare le imposizioni fiscali e i contributi sociali, senza agevolazioni nella raccolta del denaro dai propri cooperatori soci, entrando nella competizione naturale di un mercato moderno, come dovrebbe essere il mercato italiano.
Quindi, abbiamo anche presentato una norma che prevede una vera competizione e liberalizzazione dei servizi pubblici locali. Vedete, voi al Senato state facendo passi indietro: avete reinserito le aziende speciali e - non solo sull'acqua, ma anche su altri argomenti importanti dei servizi pubblici locali - avete previsto nuovamente la possibilità per i comuni di operare in economia; insomma, per voi è molto lontano quel concetto di sussidiarietà orizzontale che dovrebbe essere proprio di un Paese moderno, anche nell'obiettivo di cercare di ridurre un problema di grande attualità, ossia il problema dei costi della politica.
Noi ci siamo su questi argomenti! Sappiamo che su tali argomenti una parte della maggioranza non c'è ma, se vogliamo modernizzare il Paese, noi ci siamo: votiamoli, una parte del vostro schieramento non li voterà, ma non possiamo morire di «vetocrazia», non possiamo morire con piccoli partiti che condizionano le maggioranze di governo e che bloccano e non rendono moderno il nostro Paese. Dobbiamo uscire da queste sabbie mobili.
Così, vi diamo la sponda su un altro argomento di grande attualità: l'ICI sulla prima casa. Abbiamo presentato un emendamento per eliminarla. Avete il tesoretto per farlo. L'ICI sulla prima casa non riguarda i ricchi, ma le fasce sociali medie e basse del Paese...

PRESIDENTE. La invito a concludere.

MARIO VALDUCCI. Siamo pronti, lo votiamo insieme a voi, a quella parte di maggioranza che vorrà votarlo insieme a noi.
Insomma, noi siamo pronti a fare la nostra parte per rendere l'Italia più moderna e competitiva e lo faremo anche nei confronti dei costi della politica. Certo, non si può mantenere in vita un Governo con il veto di alcune componenti della maggioranza politica, che non permettono di rendere il Paese più moderno e più competitivo, né tanto meno di eliminare gli sprechi che sono all'ordine del giorno dell'attualità politica di oggi.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Rocchi. Ne ha facoltà.

AUGUSTO ROCCHI. Signor Presidente, colleghi e colleghe, l'onorevole Burgio ha svolto prima di me un intervento di valutazione complessiva del provvedimento


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in esame. Quindi, visto che lui ha già ampiamente dato una valutazione a nome del gruppo, mi soffermerò sostanzialmente su due aspetti che riguardano il provvedimento e che sono stati oggetto di lunga discussione anche in Commissione lavoro e che sono, dal mio punto di vista, di particolare rilevanza per i temi che trattano.
Tengo a sottolineare che i due aspetti su cui interverrò sono in qualche modo dirimenti per il valore che hanno rispetto ad una valutazione di insieme. Quindi, non ripeterò i giudizi già espressi sull'impianto complessivo, ma mi soffermerò su due temi specifici: quello della sicurezza sul lavoro è il primo.
Abbiamo sentito e, finalmente, abbiamo visto ricomparire sugli organi di stampa quel dramma che si consuma, purtroppo quotidianamente, nel nostro Paese e che spesso in tutti questi anni è stato oscurato e non ha costituito una notizia da dare ai cittadini: il dramma delle morti e degli infortuni sul lavoro.
Sicuramente il richiamo delle alte cariche istituzionali - il Presidente della Repubblica, il Presidente della Camera e il Presidente del Senato - e il fatto che continuamente si sia posta l'attenzione su questi fatti hanno contribuito a ridare visibilità a tali drammi, tanto che si è lavorato e si sta lavorando - è aperta la discussione al Senato, che poi arriverà alla Camera - su un testo unico sulla sicurezza sul lavoro.
Il testo affronta i nodi significativi: non solo e non tanto il problema di un'aggiunta di nuovi strumenti legislativi, ma la capacità di intervenire sui punti qualificanti e sui limiti dell'azione che in questi anni si è sviluppata sul tema.
Nel provvedimento in esame si affronta tale questione, dal punto di vista della facilitazione e della nascita di impresa, in un modo inaccettabile. Il tema della sicurezza sul lavoro non può essere subordinato ad un'idea di procedure di facilitazione e di nascita di imprese.
Quando parliamo, nell'articolo 19 del disegno di legge, degli impianti a pressione e degli apparecchi di sollevamento ci riferiamo a due tipologie di impianti in cui, in base alle statistiche sugli infortuni sul lavoro, si concentra un alto numero di incidenti, a volte gravi fino alla morte.
Pensare di arrivare, per la realizzazione di questi impianti, all'autocertificazione da parte di chi li realizza, senza alcuna possibilità di verifica da parte dell'ISPESL e di altri organi, quindi di organismi pubblici che, effettuate le prove, certifichino le idoneità dell'impianto in coerenza con le norme di sicurezza, significa effettuare una scelta totalmente contraria ai principi ispiratori del rilancio di una lotta tenace, serrata e precisa sul tema della sicurezza del lavoro.
Potremmo dire, infatti, che, più in generale, in materie come quella in esame - che è particolarmente «esposta» - se si svolgesse un ragionamento in cui prevale inevitabilmente (perché così è già avvenuto rispetto ad altre questioni anche di minore rilevanza) una logica di puro mercato rispetto ad un ragionamento sulla sicurezza e sugli impianti, si determinerebbero delle conseguenze gravissime.
Ciò vale anche per la questione degli impianti antincendio, affrontati nell'articolo successivo. In tale materia la verifica che oggi, con le normative vigenti, viene sottoposta preventivamente all'esame e alla certificazione di idoneità da parte dei vigili del fuoco, è un elemento di sicurezza. Molti degli incidenti, anche mortali, si verificano a causa di meccanismi e di problemi legati agli incendi nei luoghi di lavoro e a causa della non idoneità di impianti antincendio e di piani di evacuazione delle imprese.
La sicurezza sul lavoro non può essere vista né come un orpello per l'impresa né come un costo, ma deve costituire un punto centrale per chi vuole ridare dignità al lavoro e alla sua sicurezza. Oltretutto, si introdurrebbero, anche per questa via, degli elementi di concorrenza sleale nelle imprese. Infatti, un'impresa che, invece, correttamente affrontasse i costi e le scelte che derivano dalla realizzazione di impianti in totale sicurezza, subirebbe anche in questo campo, e non solo sul terreno del lavoro nero e delle altre forme di


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illegalità, la concorrenza da parte di quelle imprese che non si atterrebbero a tali norme.
La soluzione è una sola: abrogare questi due articoli. Non si tratta di riscrivere o di agire in altro modo, ma di predisporre il testo unico sulla sicurezza sul lavoro: se bisognerà apportare correzioni, miglioramenti e modifiche (ma non penso che rispetto a questi temi trattati nel provvedimento in esame ci sia bisogno modificare le norme vigenti), esse forse saranno volte a potenziare e a qualificare maggiormente gli strumenti pubblici di controllo e di intervento.
L'altro tema riguarda la questione del PRA e mi riferisco all'articolo 52 del provvedimento. Un primo problema centrale attiene alle garanzie occupazionali. Vorrei ricordare che gli strumenti che si possono prevedere a tal fine sono quelli che contrattualmente o per legge sono previsti in casi di processi oggettivi. In questo caso, invece, il disegno di legge interviene ad abrogare una funzione oggi esistente, e quindi è necessario risolvere preventivamente il problema delle garanzie occupazionali che altrimenti non sono garantite dai meccanismi delle altre procedure.
Detto questo - che è un problema centrale - vorrei soffermarmi anche sul ruolo e sulla funzione. Non perché io sia contrario, in linea di principio, al superamento e alla semplificazione di norme che oggi, molte volte, costringono il cittadino a passare da un ente ad un altro per procedure che riguardano un'autovettura: non è questo il problema. Mi preoccupano alcune funzioni del PRA, che, in un provvedimento ad hoc, anche riorganizzativo, potrebbero essere in grado di sistemare e dare uno sviluppo positivo a ciò che il provvedimento in esame si propone. Mi riferisco al fatto che, ad esempio, la mera soppressione del PRA non produrrebbe, di per sé, effetti positivi per la collettività, dal momento che verrebbe eliminato di fatto l'attuale regime di concorrenza tra pubblico e privato e verrebbe sottratto agli utenti un accesso al servizio tramite una struttura pubblica, ossia gli uffici provinciali del PRA: ciò farebbe venir meno, da questo punto di vista, la funzione calmieratrice, anche rispetto al mercato, che tale soggetto, nei fatti, determina.
Dall'altra parte, il PRA ha anche un archivio di dati e di conoscenze, che, sia dal punto di vista della sicurezza pubblica, sia dal punto di vista della quantità di dati oggi a disposizione, costituiscono una risorsa importantissima: se permettete, ho qualche perplessità sul fatto che un corposo sistema di dati così significativi - riguardanti i cittadini e le loro proprietà, come le autovetture o i veicoli in generale - possa essere semplicemente affidato a settori privati.
Quindi, probabilmente, l'idea di sopprimere la norma che si riferisce al PRA e di emanare un provvedimento organico, anche attraverso un confronto del Governo con le organizzazioni sindacali che porti, da una parte, a dare garanzie occupazionali effettive e, dall'altra, ad un progetto di riorganizzazione dell'insieme di questo servizio, permetterebbe di sopperire anche alle disfunzioni organizzative che deriverebbero dalla semplice cancellazione, dalla sera alla mattina, delle funzioni che oggi il PRA svolge.
Signor Presidente, onorevoli colleghi, come vedete, mi sono soffermato solo su due punti e non ho ampliato le argomentazioni finora affrontate anche da altri colleghi e colleghe nel dibattito generale. Si tratta, però, di punti significativi; se l'insieme del provvedimento si ispira, in continuità con provvedimenti già adottati, alla tutela del cittadino consumatore o alla facilitazione di elementi di crescita dello sviluppo, il modo in cui ciò avviene, attraverso un'alta qualità di tutela sociale dei lavoratori e delle lavoratrici, è un architrave di sostanziale differenza tra il centrosinistra e il centrodestra in merito all'idea di società e di modo di governare i processi.
Non a caso, anche nel dibattito del centrodestra, vi sono sollecitazioni opposte a quelle che ho evidenziato, e cioè l'idea un po' strana (bisognerebbe approfondire, ma avremo altre occasioni di dibattito) che sembra racchiudere, più che un pensiero


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liberale, un'esaltazione neo-liberista che in nessun modo tiene conto di vincoli sociali e di tutele sociali.
Da parte della Commissione, del relatore e del Governo penso che ci sia, come mi è parso, una disponibilità al dibattito, allo sviluppo del confronto e alla ricerca delle soluzioni. Lo voglio dire e ripetere con molta serenità, ma anche con molta chiarezza: la qualità dell'ascolto e delle soluzioni che troveremo ai problemi posti pesa non poco, anzi in modo determinante, nel giudizio e nel nostro voto finale.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Saglia. Ne ha facoltà.

STEFANO SAGLIA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il provvedimento che stiamo esaminando è certamente importante. In Commissione, è stato svolto un lavoro non banale, grazie anche alla disponibilità del relatore Lulli, che ringrazio, e del Governo. Sono state apportate modifiche che venivano sollecitate anche da parte dell'opposizione. Si tratta, quindi, di un provvedimento che, seppur parziale, perché enfatizzato nei suoi contenuti (intendo dire che rivolgersi ancora una volta al cittadino consumatore e ritenere che questo provvedimento possa davvero semplificare la vita alle imprese è un'ambizione più che una reale circostanza), ha fatto riscontrare un clima positivo all'interno della Commissione.
Ciò ha consentito anche di accogliere alcuni emendamenti proposti dalla minoranza e, quindi, di migliorare il testo che il Governo aveva proposto. Mi riferisco, innanzitutto, al tema di cui all'articolo 1, relativo alla liberalizzazione dei distributori di benzina, che sta provocando proteste nel Paese. In merito, almeno la parte politica che rappresento ha cercato di contribuire affinché si segnasse un «più uno», cioè non ci si limitasse a modificare parzialmente la normativa vigente, ma si creasse davvero un circuito di liberalizzazione che consentisse di realizzare un'effettiva concorrenza tra gli impianti di distribuzione.
Sul tema della benzina, però, dobbiamo essere onesti nei confronti dei cittadini, perché il Ministro Bersani, molto abile dal punto di vista comunicativo, va dicendo spesso che questa misura farà ridurre il prezzo al litro della benzina. Ciò è vero parzialmente. Si tratta di pochissimi punti percentuale, perché il reale problema del prezzo della benzina al consumatore è determinato dalle accise, cioè dalle tasse. Allora, il concetto che il centrodestra ha cercato di esprimere in Commissione, e che continuerà ad esprimere in Assemblea, è che la vera grande liberalizzazione è quella dal prelievo fiscale. Quando un Governo incrementa in maniera assolutamente incredibile il peso fiscale nei confronti delle imprese e dei cittadini, ne ha ben donde poi di andare a creare delle piccole liberalizzazioni! Non guardiamo, però, il pelo nell'uovo e collaboriamo anche alla stesura di un testo più efficace, perché vi sia una effettiva concorrenza, senza favorire naturalmente le grandi superfici di vendita, ma cercando di creare un equilibrio tra il tema della distribuzione dei carburanti ed i centri commerciali.
Ciò detto, delle norme che seguono, le più significative sono state soppresse. Anche sull'argomento dell'impresa più facile, enfatizzato anche nel provvedimento in esame, la Commissione attività produttive è riuscita, grazie a un lavoro bipartisan guidato dal presidente Capezzone, a creare un disegno di legge, oggi all'esame del Senato, che effettivamente va a semplificare la vita di coloro che vogliono avviare una nuova impresa.
Allora, il risultato positivo è stato raggiunto grazie al lavoro comune tra maggioranza e opposizione, e ciò la dice lunga sul fatto che, purtroppo, il Ministro Bersani molto spesso annuncia sulla stampa, o attraverso altri mezzi di comunicazione, grandi riforme, grandi rivoluzioni, senza consultare preventivamente le categorie e senza, soprattutto, tener conto che anche il Parlamento potrebbe apportare dei contributi positivi.
In particolare, sulla questione della cosiddetta impresa in sette giorni siamo convinti che l'Italia abbia bisogno di fare un passo avanti e proprio per questo


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motivo abbiamo collaborato alla costruzione del citato provvedimento, che è ispirato ad un principio molto semplice: i controlli devono avvenire successivamente all'avvio delle imprese e non essere invece antecedenti. Ciò perché in Italia succede una cosa molto simpatica: all'imprenditore che intende avviare un'impresa sono richieste oltre sessanta autorizzazioni preventive!
Naturalmente, siamo convinti che i controlli debbano essere effettuati, ma crediamo altresì che ciò non debba ostacolare l'avvio di un'impresa. Proprio per questo motivo la ratio che sta al fondo dell'impresa in sette giorni, del provvedimento che abbiamo contribuito a stendere, è stata estrapolata dal disegno di legge in esame ed ha un suo percorso parlamentare.
Le novità poi, onestamente, diventano poche. Innanzitutto, contestiamo tutta la parte relativa all'abolizione del PRA. In proposito, ho ascoltato in precedenza il collega di rifondazione comunista.
Anche su tale punto abbiamo apprezzato la dichiarazione del relatore riferita ad una riscrittura della parte in questione. Al di là del fatto che su tale argomento sono stati presentati disegni di legge che andrebbero esaminati, magari separatamente (e, quindi, la parte di cui si tratta potrebbe essere stralciata), è importante trovare un punto di equilibrio. Infatti, poiché sappiamo perfettamente che vi sono convenzioni per il servizio fornito dal PRA e dall'Automobile Club Italiano e vi sono ovviamente agenzie private che competono con l'ACI nel servizio ai cittadini e agli automobilisti, credo che vada trovato un equilibrio, senza colpire come una mannaia un settore che, in alcune parti del Paese, ha portato risultati positivi.
Cosa manca nel provvedimento in esame? Noi abbiamo cercato di proporre un'azione emendativa che non fosse solo soppressiva di passaggi, che peraltro critichiamo: uno per tutti - apro una parentesi - è quello relativo, ancora una volta, alla vicenda dei tassisti. Infatti, con l'articolo 8 e con l'articolo 11 si vuole nuovamente riaprire il fronte del conflitto con tale categoria. Siamo perfettamente consapevoli che è necessario avere un trasporto pubblico più innovativo all'interno delle città e che vi deve essere un aumento delle licenze. Tuttavia, siamo di nuovo in una situazione nella quale vi sarà uno sciopero dei tassisti, il Ministero non riceverà le categorie e i sindacati dei tassisti, ci ritroveremo di nuovo con una conflittualità fortissima nel Paese e non avremo risolto un problema che, purtroppo, il legislatore nazionale difficilmente potrà risolvere, perché si tratta comunque di materia che rientra nella diretta competenza di regioni e comuni. Anche in ciò vi è un «accanimento terapeutico» che francamente non porta alcun beneficio al cittadino consumatore.
Ma che cosa manca? Secondo noi innanzitutto dovrebbero essere affrontate due reali questioni concernenti il tema della liberalizzazione, riguardanti l'energia elettrica, il gas e i servizi pubblici locali.
Su tale punto abbiamo presentato proposte emendative e in particolare articoli aggiuntivi al provvedimento in esame. La maggioranza ci ha risposto che, per rispetto nei confronti del Senato, tali argomenti non sarebbero stati affrontati in Commissione, proprio perché al Senato, quanto meno, il disegno di legge delega sull'energia è approdato in Assemblea: siamo d'accordo, però restano dei problemi seri. Ad esempio, sull'energia elettrica: il 1o luglio del 2007 tutti i cittadini, tutti i singoli utenti, potranno scegliere liberamente il loro fornitore. Il Governo, ad oggi, non è ancora riuscito a realizzare un provvedimento che affronti il problema.
Cosa succederà il 1o luglio 2007, se non vi sarà un provvedimento legislativo? Una cosa molto semplice: la liberalizzazione non vi sarà e nessun cittadino sarà nelle condizioni di cambiare il fornitore di energia elettrica.
Noi, che abbiamo l'orgoglio di avere introdotto il riferimento a tale data, che è in linea con le scadenze di liberalizzazione di tutti i mercati europei (lo abbiamo fatto nel 2003, all'interno della cosiddetta legge Marzano n. 239) siamo stupiti del fatto


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che ad oggi il Governo non abbia ancora predisposto un provvedimento, che possa affrontare tale scadenza.
Pertanto, o vi è incuria o vi è in qualche modo un'asimmetria di comportamenti. In altri termini, si liberalizza l'attività dei parrucchieri, ma non ci si rende conto che vi è un problema, una scadenza impellente: se essa non verrà affrontata con le regole necessarie non vi sarà alcun beneficio per il consumatore ed anzi - sulla base della segnalazione che l'Autorità per l'energia elettrica e il gas ha inviato al Parlamento e al Governo - vi è addirittura un rischio di aumento delle tariffe.
Qui si inserisce un'ulteriore considerazione: stupisce come una certa sinistra, cosiddetta radicale, dichiari di essere vicina alle fasce deboli e non si accorga che non vi è più neppure la tariffa sociale a tutela delle fasce disagiate.
Mi chiedo, allora, perché il Ministro Damiano, invece di preoccuparsi di riforme che non vi saranno mai, non opera almeno l'unica vera riforma, cioè quella di stabilire quali sono gli scaglioni, le fasce di povertà, le fasce di bisogno, quali sono le famiglie che vanno aiutate: così, almeno sulle tariffe elettriche ed energetiche, il provvedimento in esame avrebbe un ritorno per le famiglie.
Anche qui, di cosa si tratta? Consociativismo, rispetto di determinati interessi, grandi interessi, o semplicemente incuria? Nell'un caso e nell'altro, certamente non è un bene per il Governo.
Veramente siamo stupiti di tutto questo. Lo stesso stupore che ci viene quando leggiamo il cosiddetto disegno di legge Lanzillotta sulla liberalizzazione dei servizi pubblici locali che - altro che liberalizzazioni! - ci fa fare quattro passi indietro. Anche in questo caso ci viene detto di non trattare quell'argomento nel provvedimento attuale perché è il Senato che se ne sta occupando: ma se ne sta occupando male! L'accordo di maggioranza tra l'Ulivo e la sinistra radicale porta non solo alla ripubblicizzazione dell'acqua - quindi nessuna concorrenza nel settore dell'acqua - ma mira addirittura alla reintroduzione delle aziende speciali, cioè torniamo indietro di dieci anni.
Tra un po' nel settore dei servizi pubblici locali assisteremo alla penalizzazione delle società che si sono quotate in Borsa, che si sono aperte al mercato e che hanno tentato quanto meno di anticipare gli avvenimenti della liberalizzazione. Credo, quindi, che questa maggioranza non possa continuare a dichiarare pubblicamente che è a favore delle liberalizzazioni, per poi realizzare quelle piccole e non quelle grandi e, per di più, compiendo su queste ultime dei passi indietro. È necessario, quindi, un chiarimento su tali aspetti. Per conto nostro, abbiamo presentato a tale riguardo alcuni articoli aggiuntivi.
Un aspetto che vogliamo sottolineare in maniera particolare è quello relativo alle disposizioni sulla trasparenza delle tariffe telefoniche. Nel precedente provvedimento c'eravamo occupati delle ricariche telefoniche; nel presente provvedimento abbiamo formulato una proposta, contenuta in un articolo aggiuntivo, in merito al divieto di fornire servizi non richiesti dall'utente in tema di telefonia mobile. Dal punto di vista legislativo, sembrerebbe una cosa superflua, ma invece è una cosa seria perché capita ad ognuno di noi, a chi possiede un telefonino, di ritrovarsi con dei servizi che vengono forniti senza averli richiesti all'operatore telefonico. Pertanto, è necessaria una norma chiara che preveda una sanzione per gli operatori telefonici.
Noi siamo disponibili al dialogo, sebbene manifestiamo un giudizio di insufficienza sulle norme previste in questo provvedimento. Siamo convinti che su alcune questioni, che rappresentano problemi veri, vi sia bisogno di migliorare il testo, come ad esempio in tema di commissioni di massimo scoperto. In tema di risparmio credo che tante potrebbero essere le proposte che si dovrebbero avanzare e probabilmente la principale dovrebbe essere quella del capitale della Banca d'Italia. Non è quello in esame il provvedimento giusto, lo sarà sicuramente la riforma delle authority, ma già quando


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discutemmo della legge sul risparmio ponemmo la questione del conflitto di interessi enorme esistente tra grandi istituti bancari e Banca d'Italia. La Banca centrale - oggi riformata finalmente con un Governatore che lascia agire il mercato pur senza rinunciare non solo ad esprimere una sua opinione, ma anche ad imprimere un indirizzo incentrato su una logica di mercato degli istituti di credito - non può più rimanere ostaggio delle banche sue azioniste. Si tratta di un tema posto in rilievo in maniera significativa da osservatori importanti sulle pagine dei quotidiani più autorevoli e che ritengo vada affrontato quanto prima.
Voglio concludere il mio intervento soffermandomi su una questione che attualmente riempie le cronache dei giornali. Debbo ringraziare ancora una volta il relatore per non essersi mostrato ostile ad una proposta proveniente dall'opposizione in tema di contatori del gas. Abbiamo letto sui giornali che importanti manager e importanti aziende sono al momento oggetto di indagini da parte della magistratura proprio in tema di contatori del gas. Al di là di queste indagini che seguiranno il loro corso, possiamo dire con orgoglio che la Commissione attività produttive, prima che tutto ciò accadesse, aveva rilevato che su questo argomento vi era una vacatio legis enorme, dato che praticamente da un secolo mancano regole in tema di misurazione dei contatori del gas. Anche su questo aspetto siamo andati incontro al consumatore e temo che anche questa indagine della magistratura - arrivata questa volta dopo un'iniziativa parlamentare positiva - determinerà una caccia alle streghe non giustificata dai fatti. Oggi, lo ripeto, ci troviamo purtroppo in una situazione - non essendo questo testo ancora legge - di assenza di una disciplina normativa e, conseguentemente, le aziende si sono dovute arrangiare come meglio potevano.
In conclusione, credo sia giusto sottolineare come sia importante il confronto parlamentare e come finalmente vi sia un disegno di legge, per il quale è stata deliberata una procedura d'urgenza (che ovviamente non ci trova d'accordo perché avremmo preferito tempi parlamentari diversi), che presenta alcuni «punti di caduta» rispetto ai quali però non vanno perduti di vista i grandi temi, quali quello dell'energia, dei servizi pubblici locali, dei trasporti pubblici e della concorrenza all'interno del sistema bancario. Per quanto riguarda tale ultimo aspetto, riteniamo importanti per il sistema Paese le grandi aggregazioni bancarie e le grandi operazioni perché esse aiuteranno le piccole e medie imprese ad internazionalizzarsi, ma vorremmo però anche cominciare a vedere benefici per i risparmiatori e i correntisti.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Testa. Ne ha facoltà.

FEDERICO TESTA. Signor Presidente, colleghe e colleghi, la volontà da parte del Governo Prodi di intraprendere politiche di liberalizzazione è stata chiara sin dal luglio dello scorso anno, con la presentazione del primo «pacchetto Bersani». Si trattava di una serie di interventi sul fronte delle liberalizzazioni finalizzati a rilanciare la crescita della nostra economia e a modificare la stessa composizione sociale del Paese attraverso la limitazione delle posizioni corporative e di rendita.
Il Governo, con quel decreto-legge, ha dato un primo parziale, ma deciso, segnale di apertura del mercato e di abbattimento dei vincoli amministrativi, eliminando numerose restrizioni alla concorrenza segnalate dall'Autorità garante per la concorrenza ed il mercato. Le misure di luglio hanno rappresentato una rilevante discontinuità politico-culturale, molto apprezzata dalla maggioranza degli italiani, toccando settori che nel loro insieme assumono rilevanza sul versante della competitività e dell'impatto sulla vita quotidiana dei cittadini: le libere professioni e la distribuzione commerciale, i panifici e i conti correnti bancari, i tassisti e la vendita dei farmaci, i notai e le polizze assicurative per la responsabilità civile, i trasporti locali e i prezzi di prodotti alimentari, gli apparati pubblici locali.
Dopo il primo provvedimento di liberalizzazione, il Ministro dello sviluppo


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economico ha proposto ulteriori misure in linea con gli obiettivi definiti prioritari per la crescita del Paese, quali il decreto-legge 31 gennaio 2007, n. 7, recante misure urgenti per la tutela dei consumatori, la promozione della concorrenza, lo sviluppo di attività economiche e la nascita di nuove imprese, convertito nella legge 2 aprile 2007, n. 40, in cui sono previste disposizioni per la tutela dei consumatori (servizi di telefonia, mutui, assicurazioni), lo sviluppo imprenditoriale e la promozione della concorrenza (liberalizzazione di alcune attività economiche, sviluppo del mercato del gas ed altro).
Il disegno di legge oggi in esame è finalizzato a promuovere lo sviluppo economico del Paese, intervenendo su tre ambiti tra loro connessi: l'apertura del mercato alla concorrenza, la tutela dei consumatori, in particolare nelle condizioni di mercato asimmetriche e di fronte ai poteri economici forti, e la riduzione e la semplificazione degli adempimenti amministrativi a carico delle imprese, al fine di accrescere la competitività del sistema produttivo nazionale e di contribuire alla crescita economica.
Dalle misure proposte conseguono effetti a favore dello sviluppo di un mercato concorrenziale, nonché esternalità positive connesse sia alla drastica riduzione degli oneri amministrativi non giustificati dalla tutela di alcun interesse pubblico primario, sia all'abbattimento ed alla riduzione delle barriere all'accesso a nuovi mestieri e professioni, con un aumento degli operatori sul mercato. Inoltre, la nuova filosofia delineata per la nascita e lo svolgimento di attività produttive, che coniuga una notevole riduzione degli oneri amministrativi con un quadro certo di diritti e doveri a tutela del benessere collettivo di tutti i soggetti coinvolti, riduce i costi di transazione e libera le risorse umane, organizzative e finanziarie oggi impegnate dalle pubbliche amministrazioni in procedure amministrative di interdizione o di selezione per assicurare l'accesso limitato alle attività, con grande beneficio potenziale per l'operato della pubblica amministrazione stessa che può così concentrarsi sulle funzioni strategiche di programmazione e di controllo degli operatori di mercato, controllo che, a differenza di quanto succede oggi, proseguirà per tutto il ciclo della attività e non sarà limitato solo all'inizio.
I «pacchetti Bersani» vanno dunque valutati come asse strategico per stimolare la crescita aumentando il livello di attività e la concorrenza nei settori liberalizzati e abbassando i costi per le famiglie e le imprese. In questo modo sarà possibile perseguire una duplice finalità: da una parte, combattere le pratiche anticoncorrenziali diffuse nell'economia e nella società italiane, che sono determinate dalla difesa di interessi particolaristici, corporativi e localistici, ed eliminare gli oneri amministrativi non giustificati dalla tutela di alcun interesse pubblico, di cui sono emblematici gli attuali obblighi di rispetto di contingenti numerici e di distanze tra esercizi, volti in realtà a chiudere il mercato a nuovi operatori; dall'altra, arricchire di nuovi operatori l'economia italiana, accelerare la nascita e lo svolgimento di nuove attività e favorire la realizzazione di insediamenti che concretino nuove occasioni di lavoro nel pieno rispetto dell'ambiente, rafforzando, ove necessario, la tutela degli utenti di beni e di servizi di grande rilevanza collettiva. Tutto ciò si tradurrà in consistenti vantaggi per i cittadini.
Per perseguire questi ambiziosi obiettivi di ordine economico e sociale, il presente disegno di legge si ispira all'idea di una democrazia che collega la trasparenza e la partecipazione alla certezza delle decisioni, abbandonando la logica statalistica e burocratica dell'imposizione, per una logica della responsabilità tanto per gli operatori economici quanto per i pubblici poteri, che sono chiamati a ridurre all'essenziale l'attività di intermediazione dell'amministrazione e a concentrare la loro attività nelle funzioni strategiche di programmazione e di costante e severo controllo della veridicità delle attestazioni fornite dagli operatori di mercato.
I «pacchetti Bersani», peraltro, non esauriscono la politica di liberalizzazione


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del Governo, che si è sostanziata in un blocco molto più ampio di provvedimenti, tra i quali vanno senz'altro ricordati i seguenti: il disegno di legge per completare la liberalizzazione dei settori dell'energia elettrica e del gas naturale e per il rilancio del risparmio energetico e delle fonti rinnovabili; il disegno di legge per il riordino dei servizi pubblici locali; il disegno di legge volto all'introduzione dell'azione collettiva risarcitoria a tutela dei consumatori; il disegno di legge che prevede una delega al Governo in materia di professioni intellettuali; il disegno di legge in materia di regolazione e vigilanza sui mercati e di funzionamento delle Autorità indipendenti preposte ai medesimi; il decreto-legge recante norme in materia di modernizzazione, efficienza delle amministrazioni pubbliche e riduzione degli oneri burocratici per i cittadini e per le imprese, attualmente all'esame della Camera.
Così delineato il quadro complessivo in cui si inserisce il provvedimento oggi in esame, vorrei chiudere il mio intervento con alcune sintetiche considerazioni più generali.
La prima riguarda il fatto che nel 2007 il prodotto interno lordo dell'Italia crescerà al ritmo più alto degli ultimi sette anni e dimezzerà il ritardo rispetto alla media dei Paesi dell'area euro, come afferma la Commissione europea con le sue previsioni intermedie diffuse nei mesi scorsi. L'euro ha infatti obbligato le imprese che operano in una situazione concorrenziale ad un difficile percorso di ristrutturazione, di cui probabilmente oggi si colgono i primi frutti. Le misure di liberalizzazione adottate o annunciate dovrebbero contribuire significativamente a far diminuire i prezzi, aumentando così la domanda interna delle famiglie e delle imprese, stimolando la crescita, aumentando l'attività e la concorrenza nei settori che vengono liberalizzati. Restano, invece, in gran parte ancora protetti settori ampi dei servizi, laddove la concorrenza non opera e il mancato processo di ristrutturazione produce costi elevati che si riversano su famiglie e imprese. Lavorare per un'apertura di questi mercati significa sostenere quella domanda interna che è fondamentale per la crescita e lo sviluppo dei Paesi ricchi e sviluppati. Come ha più volte sottolineato anche il Governatore Draghi, si tratta di recuperare il ritardo accumulato negli anni trascorsi. È quindi necessario non fermarsi qui, ma intervenire con decisione per l'apertura dei mercati anche in settori quale quello dell'energia e dei servizi pubblici locali, individuando soluzioni che coniughino la tutela della natura pubblica dei bisogni soddisfatti da questi servizi con la necessità di perseguire fine in fondo efficienza nei processi di erogazione e qualità dei servizi ai cittadini e alle imprese.
La seconda considerazione concerne il tema del doveroso operato del pubblico decisore a favore della trasparenza del mercato, che è condizione indispensabile perché si possa parlare di concorrenza. Le imprese, infatti, alla ricerca di una posizione di vantaggio competitivo, possono utilizzare a tal punto l'arma della differenziazione da non consentire più ai consumatori di apprezzare la valenza economica delle diverse offerte. In questo senso sta proprio al pubblico decisore, nel suo ruolo non più di produttore diretto, ma di regolatore, nel rispetto delle diverse competenze tra Esecutivo e Autorità di vigilanza, fare sì che non siano praticabili comportamenti tali da ledere la possibilità per i consumatori di orientarsi e scegliere fra le offerte alternative e quindi che il mercato sia trasparente, soprattutto laddove l'assenza di trasparenza finisce per pesare particolarmente sui soggetti economicamente più deboli. Di qui il rilievo strategico che assume la più generale partita relativa alle Autorità di regolazione, cui vanno garantiti indipendenza e strumenti idonei di intervento.
Infine, un'ultima riflessione: la nostra società si caratterizza, tra i Paesi maggiormente sviluppati, per il basso livello di mobilità sociale, che significa scarsa possibilità di recuperare posizioni nella scala sociale. Provvedimenti come questo, che puntano ad aprire il mercato eliminando gli ostacoli burocratici e, spesso, corporativi che si possono incontrare nell'apertura


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di nuove attività economiche, diffondendo una nuova imprenditorialità nei settori liberalizzati con l'ingresso di nuovi soggetti, possono essere di fondamentale aiuto alle nuove generazioni al fine di incentivare l'investimento su se stessi e la cultura del rischio imprenditoriale, nella costruzione di una società che, senza smettere di tutelare i più deboli, apra anche spazi sempre più ampi al riconoscimento del merito e dell'iniziativa del singolo (Applausi dei deputati del gruppo L'Ulivo).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Poretti. Ne ha facoltà.

DONATELLA PORETTI. Signor Presidente, il gruppo La Rosa nel Pugno voterà a favore delle misure contenute nel provvedimento in esame: esse rappresentano la giusta continuità di una politica di liberazione e liberalizzazione della nostra economia. Dal primo decreto-legge del luglio dell'anno scorso qualcosa è iniziato a cambiare: il consumatore, l'utente e anche l'imprenditore erano sempre stati soggetti economici a cui lo Stato concedeva una serie di opportunità, ma era pur sempre lo Stato a decidere come, quando e dove. Il metodo si è cominciato a invertire: questi tre soggetti (consumatore, utente e imprenditore), da passivi, stanno cominciando a diventare attivi e determinanti per l'assetto economico. Lo Stato ha iniziato a legiferare per mettersi a loro disposizione, in modo che siano essi stessi, con le proprie decisioni, a determinare ricchezza e povertà, scegliendo chi offre qualità, economicità e varietà.
Sono i preamboli di un libero mercato, per il quale c'è ancora molto da fare. Auspico che la liberazione di alcune attività di intermediazione commerciale e di affari sia un primo passo per mettere mano, in un secondo momento, anche alla liberazione delle professioni dagli albi professionali.
La liberazione dagli ostacoli per attività commerciali e servizi (tra cui spicca, notevolmente, quella della distribuzione dei carburanti), dovendosi poi, però, confrontare con quelle regioni e amministrazioni comunali che attuano i piani (spesso e purtroppo in negazione degli stessi), avrà bisogno di una forte determinazione.
Quanto è accaduto per la liberalizzazione dei taxi (tutt'altro che messa in atto nonostante i buoni propositi del primo decreto-legge Bersani), è una ferita che brucia ancora e che non ha ancora trovato una strada e una soluzione. Forse, è per tale motivo che giudico timide, anche se, al momento, opportune, le possibilità che gli enti hanno per l'istituzione del trasporto locale innovativo. Ed è proprio il fatto di prevedere una possibilità e non un dovere (e, quindi, un diritto per chi lo praticherebbe) a rendere timido questo disegno di legge che, invece, darà non poco aiuto alla liberazione delle nostre città dall'oppressione del traffico e dall'inquinamento. È bene che esso esista: è il primo passo su cui, poi, dovremo tornare, anche grazie agli esempi di quegli enti locali che avranno raccolto il segnale dell'importanza e lo avranno messo in atto.
Stiamo seminando, dobbiamo raccoglierne i frutti ed è con tale spirito che auspico che l'Assemblea sostenga la proposta emendativa del collega Sergio D'Elia, volta ad estendere le possibilità di vendita di tutti farmaci (tutti e non solo quelli da banco, senza cioè l'obbligo di prescrizione medica) ai nuovi presidi farmaceutici che in genere si trovano, e sono stati aperti, all'interno dei supermercati.
La filosofia è, appunto, quella di dare sempre più opportunità di scelta e di consumo, a vantaggio dei consumatori, degli imprenditori e dello Stato. È con questo spirito che andiamo, quindi, a sostenere tale provvedimento. Sappiamo anche quanto sia difficile, in Italia, proporre e portare avanti politiche di liberalizzazione, anche perché si vanno ad intaccare quelle fette di potere, gestite anche da corporazioni che spesso guardano alla loro sopravvivenza più che ai servizi offerti e, di conseguenza, alle necessità dei consumatori. Queste ultime, in teoria, dovrebbero vederci tutti d'accordo, dal momento che tutti siamo utenti e consumatori (Applausi dei deputati del gruppo La Rosa nel Pugno)!


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PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Trepiccione. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE TREPICCIONE. Signor Presidente, colleghi, il provvedimento in discussione costituisce un chiaro segno di continuità della politica economica intrapresa dal Governo in particolare con i precedenti decreti-legge promossi dal Ministro Bersani, che hanno avviato un processo virtuoso di correzione dei conti pubblici, liberalizzazione e più efficiente concorrenza nei mercati. Così come per le iniziative precedenti, si tratta di un provvedimento composito che interviene in molteplici settori economici. Esso rappresenta un nuovo tassello di un generale disegno di modernizzazione del nostro paese, nel quale si tenta con coraggio e pragmatismo una sintesi tra istanze liberali, sociali ed ecologiche; un tassello, quindi, di una imponente manovra strutturale.
Infatti, anche in questo provvedimento, non vi è alcun ricorso ad interventi una tantum, ma tutte le misure contenute incidono profondamente e durevolmente sul tessuto economico del nostro Paese. Benché fossero attese da molto tempo dalla stragrande maggioranza dei cittadini, in modo assolutamente trasversale, la maggior parte di tali misure ha carattere decisamente innovativo. Potremmo e dovremmo legittimamente chiederci perché, nonostante un generale consenso, seppur con normali e legittimi distinguo nei confronti di queste misure, molte delle quali appaiono a tutti essere di buonsenso, esse non abbiano visto la luce prima del Governo Prodi. Forse questo è un buon metro per misurare la serietà dell'attuale Governo e la sua volontà di non farsi condizionare, indebitamente, da ragioni di ordine corporativo.
Difatti, dal mondo del lavoro e produttivo, dagli utenti e dalle associazioni di difesa dei consumatori e, in generale, dalla pubblica opinione, i provvedimenti del Ministro Bersani sono stati già promossi dal Paese. Ciò deve spingere l'attuale maggioranza a perseverare in questa politica riformista. Noi Verdi, non possiamo sposare un riformismo che sacrifichi, sull'altare della crescita, la giustizia sociale e la tutela dell'ambiente e dei consumatori e che, favorendo l'apertura dei mercati a nuovi soggetti, non aiuti l'inserimento dei giovani nel mondo del lavoro. Basti pensare all'innovazione degli interventi in settori decisivi, come quello delle attività commerciali e delle prestazioni di servizi. Il Governo, con il disegno di legge in discussione, dimostra di voler mantenere saldo il timone su questa rotta, cercando di rimuovere, tra le altre, le ingiustificate restrizioni per l'esercizio di alcune attività professionali, di intermediazione commerciale e di affari, unificando da un lato i vari profili e, dall'altro, agevolando l'accesso e lo svolgimento di tali professioni.
Auspichiamo che, anche grazie al diffuso consenso nei confronti di queste politiche, il Governo sappia osare ancora di più, in particolare per quanto concerne le politiche ambientali ed energetiche, vero volano dello sviluppo economico ecosostenibile, di medio e lungo periodo. Inoltre, riteniamo doveroso valorizzare quanto è già stato fatto in questa direzione e quanto è previsto nel disegno di legge in discussione.
Particolare rilevanza viene attribuita alle misure per il trasporto pubblico individuale e collettivo, al fine di accrescere la presenza di mezzi di trasporto alternativi all'auto privata, prevedendo sistemi e tecnologie innovative allo scopo di migliorare il servizio, ampliando la gamma di offerte a favore dei cittadini e delle categorie disagiate. Si tratta di promuovere e diffondere un nuovo modello di trasporto ecologico, che preveda il ricorso all'uso multiplo ed alla condivisione dei veicoli, consentendo una riduzione sensibile del traffico, congestionato in moltissime città del nostro Paese, e riducendo l'emissione dei gas di scarico estremamente pericolosi per la nostra salute e l'ambiente. Come è noto, il problema della mobilità, specialmente nelle grandi città, è molto sentito dai cittadini e dall'opinione pubblica e questi interventi di liberalizzazione devono essere valutati come un primo passo, un inizio di soluzione. Nel prossimo futuro si


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dovrà probabilmente intervenire ancora, migliorarli, renderli più efficaci, ma certamente non si potrà né si dovrà tornare indietro.
Inoltre, valutiamo positivamente le misure relative alla trasparenza delle tariffe nel settore del trasporto: l'utente ha diritto all'individuazione esatta delle tariffe applicate dalle varie società che svolgono servizi di trasporto in modo da poter scegliere in base alle proprie esigenze ed al proprio portafoglio.
Nel disegno di legge trovano, altresì, spazio importanti interventi tesi a migliorare il funzionamento e la gestione del settore ferroviario. Infatti, è stabilita la separazione tra l'autorità regolatrice ed il gestore della rete. Tale separazione potrà garantire dalle ambiguità favorendo la professionalità e la capacità organizzativa degli operatori privati intenzionati a prestare il servizio di trasporto pubblico di passeggeri e di merci su rotaia.
Auspichiamo, vista e considerata l'impellenza di una nuova regolamentazione di un settore così delicato come quello dei servizi idrici che attiene ai bisogni primari, l'accoglimento, nel presente provvedimento, delle proposte emendative volte a valorizzare il suo carattere essenziale di servizio pubblico svincolato dalla logica del profitto.
Crediamo, poi, che misure più incisive ed efficaci debbano liberalizzare realmente l'esercizio delle farmacie, non solo aprendo il mercato, ma evitando le oligarchie di settore ed è per questo motivo che salutiamo positivamente la norma che semplifica la procedura di trasferimento di tali attività.
Il provvedimento in esame non poteva non prevedere incentivi ed agevolazioni in favore delle piccole e medie imprese, ma l'elemento di novità estremamente positivo riguarda la fruizione delle agevolazioni nazionali e comunitarie da parte delle imprese che operano nel campo dello spettacolo e della cultura. Tale intervento ha come obiettivo di evitare disuguaglianze di trattamento nel mondo dell'imprenditoria, valorizzando il settore dello spettacolo e della cultura, vero fulcro di una società moderna e civile.
Come Verdi segnaliamo con soddisfazione l'introduzione nell'articolo 17, durante l'esame del disegno di legge nella Commissione di merito, della norma da noi presentata e sostenuta che introduce un regime fiscale agevolato dei prodotti del commercio equo e solidale rispettosi dei criteri previsti dalle organizzazioni di certificazione del fair trade.
Il commercio equo e solidale promuove la giustizia sociale ed economica, lo sviluppo sostenibile, il rispetto per le persone e per l'ambiente attraverso il commercio, la crescita della consapevolezza dei consumatori, l'educazione e l'informazione. È fondamentale sostenerlo con un regime di agevolazioni fiscali che ne consentano uno sviluppo continuo e capillare essendo il suo scopo quello di riequilibrare i rapporti con i paesi economicamente meno sviluppati, migliorandone l'accesso al mercato e le condizioni di vita dei produttori svantaggiati attraverso una più equa distribuzione dei guadagni.
Per concludere, noi Verdi sosterremo tale disegno di legge pienamente inserito nel quadro indicato dal DPEF già approvato, nelle linee programmatiche del Governo e della coalizione che lo sostiene. Esso rappresenta un nuovo tangibile segnale di discontinuità rispetto alla politica del precedente Governo ed un vero e proprio cambiamento di rotta circa le priorità e gli obiettivi del rilancio della nostra economia.
Crescita economica più equa, razionalizzazione della spesa, liberalizzazione di varie attività e maggiore concorrenza: un nuovo corso che, ci auguriamo, non sia ostacolato dalle forze più restrittive interessate solamente a tutelare interessi di parte e incapaci di una vera visione strategica e che speriamo possa raccogliere consensi politici più ampi (Applausi dei deputati dei gruppi Verdi e La Rosa nel Pugno).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Turci. Ne ha facoltà.


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LANFRANCO TURCI. Signor Presidente, anch'io voglio ringraziare il collega Lulli per il prezioso lavoro svolto, di cui ci ha dato conto nella sua relazione e di cui dovrà continuare a darci conto perché non credo che sarà così facile il percorso che ancora ci aspetta, nelle prossime ore e nei prossimi giorni, al fine di portare a compimento l'esame della mole enorme di temi contenuti nel provvedimento.
In linea di massima, comunque, esprimo, come ha già fatto la collega Poretti, il giudizio positivo de La Rosa nel Pugno sulla filosofia del provvedimento in esame e sui suoi concreti contenuti.
Ci sono ulteriori disposizioni di vario genere di abbattimento delle misure limitatrici o di ostacolo della concorrenza, che riguardano l'allargamento delle gamme merceologiche nel commercio o la vexata quaestio dei distributori di benzina, questione che ci tiriamo dietro dalla scorsa legislatura.
Credo che sarebbe venuto il momento di guardare a questi aspetti con maturità e con senso di consapevolezza. Questa polemica secondo cui il provvedimento sarebbe mirato in particolare a favorire la grande distribuzione cooperativa non ha alcun fondamento, dal momento che la grande distribuzione in Italia è sia quella cooperativa sia quella privata, italiana e straniera, e dal momento che misure del genere vigono in altri paesi europei, a partire dalla Francia, da parecchi anni.
Ritengo importanti anche gli articoli che riguardano l'abolizione di ruoli ed elenchi con i relativi comitati di controllo e di governo degli stessi, che per molte figure rappresentavano, di fatto, misure di sbarramento all'ingresso nelle attività professionali.
Mi pare significativa anche la misura relativa alla componentistica nei veicoli a motore. Si tratta di una misura, credo, giusta, tanto più giustificata in un Paese come l'Italia che ha una fiorente industria componentistica, che rifornisce tutta l'industria automobilistica europea, e non solo europea; non si capisce perché non si debba aprire questa strada con il provvedimento in esame.
Ci sono tanti altri temi che sono stati ricordati nella relazione e in molti interventi: l'ulteriore liberalizzazione nel campo dei trasporti, la definizione di tempi certi per le imprese e anche la questione, su cui vedo che si è già aperto un dibattito nella stessa maggioranza, relativa ad un ricorso più facile all'autocertificazione da parte delle imprese. Credo che dovremmo approfondire questa parte del provvedimento durante la fase della discussione, nel merito, degli articoli e degli emendamenti sostenuti dai vari gruppi.
Tuttavia, vorrei invitare a non confidare in modo così dogmatico e così «statolatrico» - scusatemi se uso una parola impegnativa - sul fatto che il controllo a priori, che peraltro non si fa, sia più efficace di un'autocertificazione affidata ad organismi, anche privati, competenti e responsabili, sotto la responsabilità dell'imprenditore e con la possibilità, comunque, degli enti pubblici deputati a compiere i controlli che ritengono opportuni, a campione o in modo sistematico. Si porta il caso dell'ultimo incidente avvenuto qualche giorno fa in un paese del Mezzogiorno, relativo ad una gru che è precipitata in mezzo alla strada; ma la normativa c'era, nessuno impediva di fare i controlli, eppure quei controlli non sono stati fatti.
Stiamo attenti, pertanto, a non farci «incantare» dal valore delle carte bollate, perché questo è un vecchio riflesso di una sinistra conservatrice, che pensa di salvarsi la coscienza moltiplicando le leggi. Questo discorso vale, secondo me, anche per le norme antincendio.
Passando ad altri «capitoli» di questo provvedimento, ritengo molto rilevante una misura che, un po' fuori campo, è tuttavia importante facilitando la capitalizzazione delle piccole e medie imprese attraverso il ricorso ai capitali degli organismi di investimento collettivi in valori mobiliari. Si tratta di una misura che va nella direzione di dare più spessore al tessuto delle piccole e medie imprese italiane, incoraggiandole al ricorso al mercato dei capitali, perché tale è la via attraverso cui si supera anche una gestione


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puramente familiare, che spesso è stata il punto di forza dello sviluppo delle nostre imprese ma che ad un certo punto della crescita ne diventa anche il punto di freno.
Sulla clausola di massimo scoperto, immagino che si ripeterà in questa sede la discussione svoltasi sul penultimo provvedimento Bersani, quello riguardante i mutui prima casa e la possibilità di estinguere i mutui stessi; si sosterrà infatti che, in qualche modo, interferiamo nel rapporto tra clienti e banca. Ritengo, però, che si tratti di un'interferenza giustificata, sia perché non credo che sia un fattore di grande trasparenza l'introduzione della clausola di massimo scoperto sia perché non dobbiamo dimenticare - al di là dei compiti propri dell'Authority antitrust e della Banca d'Italia in materia di vigilanza bancaria - che, mentre, anche attraverso le fusioni di queste settimane, si rafforza il sistema finanziario e creditizio del Paese, le norme di tutela dei clienti delle banche e dei risparmiatori restano, invece, sempre più deboli.
Stiamo ancora scontando le «bruciature» delle grandi truffe che hanno riguardato Parmalat e Cirio e che hanno coinvolto decine e decine di banche. Credo che un occhio attento del legislatore, da questo punto di vista, sia giustificato.
Dedico ancora un momento al prestito vitalizio ipotecario, altra misura che si può ritenere un po' «fuori campo» rispetto all'impianto complessivo del provvedimento e che tuttavia ritengo molto importante. In sostanza, con tale istituto - e spero che col testo che approveremo riusciremo davvero a rendere accessibile lo strumento -, noi consentiremmo a centinaia di migliaia, per non dire milioni, di famiglie composte da persone anziane ultrasessantacinquenni di mobilitare il valore dei loro immobili. Abbiamo situazioni paradossali, in cui la famiglia, l'anziano, per non perdere la sicurezza del tetto sotto cui deve vivere fino alla fine dei suoi giorni, resta magari in case anche di grande valore e contemporaneamente è costretto a vivere con pensioni limitatissime, e non ha neppure le risorse per la badante, per l'assistenza domiciliare, per tutti gli aiuti che diventano sempre più necessari man mano che le persone invecchiano. La possibilità, con meccanismi adeguati, di ricorrere a tali prestiti vitalizi ipotecari - non solo, peraltro, per le necessità testé descritte ma anche per un'altra classica esigenza, quella di dare al figlio o al nipote un contributo per l'acquisto della prima casa - mi sembra un modo giusto di rendere più mobile il patrimonio immobiliare del nostro Paese, soprattutto a vantaggio delle persone e delle coppie più anziane.
Quanto alla questione relativa all'abolizione del registro automobilistico, a mio avviso se ne sta facendo una tragedia. Mi pare, invece, che la misura proposta dal Governo sia giustificata: togliamo un doppione, adottiamo naturalmente le misure necessarie per non scaricare gli oneri della riforma sui lavoratori addetti al PRA, ma credo - lo ripeto - che la norma sia più che giustificata.
Infine, mi pare giusta la proposta di ricorso alla legge annuale con cui, tenendo conto delle segnalazioni dell'Authority in materia di concorrenza e di trasparenza, si propongano annualmente da parte del Governo le misure necessarie. Intendiamoci, abbiamo già nella nostra normativa qualcosa del genere, le leggi annuali di semplificazione burocratica. Non sempre hanno funzionato bene e trovano fondamento nelle leggi Bassanini del primo Governo Prodi di quasi dieci anni fa. L'idea, tuttavia, di introdurre un provvedimento annuale che, rispondendo e dialogando con le sollecitazioni e le segnalazioni dell'Authority, salvo i casi urgenti in cui si debba intervenire con norma specifica, faccia il punto sui processi di liberalizzazione e, sulla base di valutazioni politiche ponderate, proponga al Parlamento le misure di riforma necessarie, mi pare, anche dal punto di vista della procedura, una misura saggia e giustificata.

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Formisano. Ne ha facoltà.

ANNA TERESA FORMISANO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, abbiamo già


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espresso la nostra posizione sull'argomento delle liberalizzazioni nel corso dell'esame di provvedimenti che hanno riguardato lo stesso argomento. Oggi come allora, siamo altrettanto fermi nel ribadire che occorre sempre valutare se conta di più, se incide di più la portata mediatica, l'«effetto annuncio», oppure il reale impatto delle riforme che il Ministro Bersani ha proposto.
Non a caso, infatti, secondo un sondaggio Ipsos-Sole 24 Ore, le misure introdotte sul fronte dell'apertura al mercato dei settori coinvolti dalle liberalizzazioni, pur riportando un alto tasso di popolarità, presentano un gradimento molto più articolato nella scomposizione del giudizio sulle singole misure. Gli esempi in questo campo non mancano. In queste settimane abbiamo assistito all'ennesimo sciopero dei tassisti contro le liberalizzazioni che hanno interessato il loro settore, e non credo che con l'arrivo della stagione turistica le cose miglioreranno su questo versante; inoltre, è già stata annunciata la serrata di benzinai fra il 6 e l'8 giugno.
A tale proposito una misura che otterrebbe senz'altro un effetto di contenimento dei costi potrebbe essere quella, avanzata dal collega D'Agrò, di sterilizzare l'aumento delle tasse connesso all'aumento di prezzo dei carburanti anziché puntare su disposizioni ancora una volta tese a ristrutturare la rete dei distributori.
Per non parlare, poi, della partita tuttora aperta su ricariche telefoniche e diritto di recesso, che ha già visto scendere pesantemente in campo l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, che ha segnalato la parziale applicazione dei provvedimenti per effetto delle revisioni dei piani tariffari da parte degli operatori.
È singolare, infine, che per i passaggi di proprietà delle autovetture, i cittadini ancora ricorrano al notaio, forse perché si sentono meglio tutelati e non si fidano del PRA, che il provvedimento al nostro esame sopprimerà e non sappiamo cosa succederà dopo l'abolizione dello stesso, cioè se il ricorso al notaio sarà ancor più giustificato di quanto lo sia oggi.
Tutto ciò per dire che le liberalizzazioni sono efficaci se veramente si pone affidamento su di esse e se vengono monitorate ed accompagnate nella loro applicazione. Inoltre, lo «spezzatino», che ci ha sottoposto il Ministro Bersani in questi mesi, mostra anche un'altra pecca, poiché si è proceduto senza una minima concertazione, sia all'interno di quest'aula sia all'esterno. Infatti, quando l'opposizione è stata coinvolta, i risultati sono stati lusinghieri. A tal proposito, voglio citare - per tutti - il progetto di legge di iniziativa dell'onorevole Capezzone, che è stato sostenuto dalle parti sociali e dall'opposizione, che ha contribuito così a migliorarlo e a farlo approvare. Quando invece la preoccupazione è costituita solo dal gradimento e dall'impatto mediatico, il rischio è o che si assista a false partenze o che le liberalizzazioni non partano affatto e che le relative proposte giacciano, come è avvenuto nel settore dei servizi pubblici locali, per mesi in Commissione, per partorire, alla fine, una soluzione che riporta indietro il nostro Paese di vent'anni. Infatti, il disegno di legge approvato dal Consiglio dei ministri su iniziativa del Ministro Lanzillotta, a cui avevamo guardato con favore, uscirà ridimensionato, figlio di un compromesso al ribasso, che ha visto un padre-padrone, Rifondazione Comunista, dettare un ultimatum che ha affondato il provvedimento.
L'annunciato emendamento del relatore Lulli, volto ad introdurre una moratoria per le gare nei servizi idrici, è l'ennesimo esempio di come la volontà di liberalizzare si pieghi ai vincoli di coalizione. Come è noto, la condizione posta da Rifondazione Comunista per dare il proprio avallo al Senato al cosiddetto provvedimento Lanzillotta era, ed è, proprio quella della moratoria, senza sapere se il congelamento degli affidamenti riguarderà anche le gare avviate e non concluse o solo quelle ancora da avviare.
È lodevole prendersi cura del lavoratore e del consumatore, ma questo non deve avvenire a discapito di altri soggetti che compongono i mercati moderni. Non si può, cioè, abbandonare categorie professionali


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ed imprese, le stesse imprese che costituiscono l'ossatura produttiva del nostro Paese e che il ministro Bersani sembra avere trascurato. Il fatto che il consenso tra i ricordati soggetti nei confronti del Governo superi di poco il 30 per cento è sintomatico e conferma la necessità di porre una maggiore attenzione a questi autori del mondo produttivo. Anche questo provvedimento, pur contenendo aspetti positivi, rappresenta l'espressione di un modo di fare politica che tende a «divinizzare» la norma, piuttosto che a tentare di riconoscere in modo pieno diritti certi ed esigibili ai consumatori.
Nel merito, esprimiamo forti perplessità circa le disposizioni riguardanti la chiusura del pubblico registro automobilistico di cui non si conoscono le garanzie per i dipendenti, sia pubblici sia privati, e ci chiediamo soprattutto se non fosse stato più logico inserire tale misura nei provvedimenti all'esame della IX Commissione o stralciarla, come già successo per gli articoli dal 28 al 31 del testo originario in materia di istruzione scolastica.
Tra l'altro, come segnalato dalla Commissione trasporti, il testo non risulta coordinato con il contenuto della direttiva 2000/53/CE e del decreto legislativo n. 149 del 2006, che si pongono il fine della tracciabilità dei veicoli a fine vita, per contrastare i fenomeni dell'abbandono nell'ambiente e per favorirne il corretto smaltimento.
Condividiamo le finalità della norma recante la nullità delle cosiddette clausole di massimo scoperto, ma riteniamo che il rapporto tra risparmiatori e sistema bancario sia ancora troppo squilibrato in favore del secondo e che siamo ancora lontani da standard di trasparenza delle condizioni contrattuali presenti negli altri Paesi europei.
Nel complesso, ci troviamo di fronte a norme che, motivate da buoni propositi, sembrano tenere in conto solo le positività immediate delle loro applicazioni, non prevedendo con sufficiente rigorosità le implicazioni negative sul piano della sicurezza sul lavoro, della tutela dell'ambiente, dell'occupazione, delle idoneità professionali dei soggetti interessati e degli eventuali oneri sulla finanza pubblica.
In definitiva, così come è successo nel passato, auspichiamo che si possa raggiungere, nel corso dell'esame in Assemblea, una convergenza di posizioni comuni all'interno delle diverse forze politiche ritenendo ancora possibile, saggio ed opportuno un confronto più aperto in aula.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Romagnoli. Ne ha facoltà.

MASSIMO ROMAGNOLI. Signor Presidente, signori del Governo, colleghe e colleghi, sembrerà forse scontata la constatazione elementare suscitata dal cosiddetto decreto Bersani sulle liberalizzazioni. È elementare, perché ha scontentato tutte le categorie da esso interessate. In un colpo solo si sono mobilitati interi settori della nostra economia, dei quali è stata messa in discussione, in maniera discriminante e perniciosa, ogni libertà intesa come mercato e come libera impresa.
Eppure, signor Presidente, signori del Governo, colleghe e colleghi, proprio da questi banchi, ma non dai vostri, si predica - da tempi non sospetti - la benefica ondata di liberalizzazioni di mercato, ma non nel modo che voi avete proposto, anzi imposto, né per il bene delle categorie oggetto delle modifiche, né nel loro interesse, ma stroncandone gli aspetti di sviluppo tipici e sinonimi di incremento. Tutti i professionisti, signor Presidente - si pensi agli avvocati e agli ingegneri - hanno mostrato sconcerto ed indignazione per le iniziative del Governo, che con un tratto di penna, o piuttosto senza alcuna consultazione con le categorie interessate, ha stravolto l'intero sistema delle libere professioni.
Voi, signori della maggioranza, che tanto predicate il confronto dialettico e politico e che dall'alto della vostra speciale democrazia andate predicando la necessità della consultazione, facendone una bandiera elettorale, proprio voi, avete disatteso le aspettative di quanti vi hanno


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votato. In questi giorni, signor Presidente, con il risultato elettorale alla mano, ne abbiamo la conferma!
Signori del Governo, è necessario che ci diciate dove è rintanato il vostro Presidente del Consiglio quest'oggi, se non altro per potergli chiedere: signor Presidente Prodi, ma non è stato lei a dire, in piena campagna elettorale, durante l'incontro di Bologna, che avrebbe aperto un confronto con le categorie professionali? Che cosa ha aperto, invece, signor Presidente Prodi? Noi tutti speriamo, vivamente, che lei abbia aperto, piuttosto, la porta che condurrà lei e il suo Governo a casa, prima che il suo Esecutivo si appresti ad operare nuovi sfaceli.
Questo Governo, onorevoli colleghi, non ha dimenticato nessuno: avvocati, tassisti, notai, veterinari, autoscuole, dentisti, farmacisti, ingegneri, architetti. Persino i carrozzieri si sono ribellati! Tutte queste categorie ed altre ancora sono state danneggiate e tradite da una politica «bulgara», che di democratico non ha mostrato e salvato neanche le apparenze. Siete stati capaci, signori della maggioranza, di fare scendere in piazza proprio tutti, perché non avete mai coltivato il genere di privatizzazione che agevola ed incrementa il mercato.
Voi, signori della maggioranza, voi dell'attuale Governo, avete solo puntato il dito indice contro intere categorie che, con una dialettica becera e strumentale, avete definito «lobby di potere».
Vi siete accaniti contro i lavoratori danneggiando anche il loro lavoro e la loro organizzazione di impresa e li avete lusingati, cercando di convincerli della bontà delle vostre decisioni. Certamente, non è così che noi, una volta al Governo del Paese, porteremo a termine un processo, vero, di liberalizzazioni di mercato.
Ricordate, signori del Governo, signor Presidente, onorevoli colleghi: vi siete appropriati troppo tardi di una logica politica che non vi appartiene ed il disappunto del Paese lo dimostra. Questa è stata una proposizione demagogica ed antiliberale, che nasconde ben altre mire, ovvero quelle tensioni populiste che fanno parte del vostro DNA.

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche del relatore e del Governo - A.C. 2272-bis-A)

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il relatore, onorevole Lulli.

ANDREA LULLI, Relatore. Signor Presidente, rinuncio alla replica.

PRESIDENTE. Prendo atto che il rappresentante del Governo rinuncia alla replica.
Il seguito del dibattito è quindi rinviato al prosieguo della seduta. I lavori riprenderanno alle 15, con la discussione sulle linee generali delle mozioni previste all'ordine del giorno.
Sospendo, pertanto, la seduta.

La seduta, sospesa alle 14,20, è ripresa alle 15,05.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE GIORGIA MELONI

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Buontempo, Catone, De Simone, Giovanardi e Rigoni sono in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente settantuno, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.


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Discussione della mozione Gibelli ed altri n. 1-00024 sulla riorganizzazione del sistema scolastico italiano in relazione al fenomeno dell'immigrazione (ore 15,06).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della mozione Gibelli ed altri n. 1-00024 sulla riorganizzazione del sistema scolastico italiano in relazione al fenomeno dell'immigrazione (vedi l'allegato A - Mozioni sezione 1).
Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi riservati alla discussione della mozione è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (vedi calendario).
Avverto che sono state altresì presentate le mozioni Sgobio ed altri n. 1-00164, Capitanio Santolini e Volontè n. 1-00165, Frias ed altri n. 1-00166, Froner ed altri n. 1-00167 e Bertolini ed altri n. 1-00168 (vedi l'allegato A - Mozioni sezione 1) i cui testi sono in distribuzione, che, vertendo sullo stesso argomento, saranno discusse congiuntamente.

(Discussione sulle linee generali)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali delle mozioni.
È iscritto a parlare l'onorevole Gibelli, che illustrerà anche la sua mozione n. 1-00024. Ne ha facoltà.

ANDREA GIBELLI. Signor Presidente, devo ammettere che la calendarizzazione di questa mozione, a ridosso della campagna elettorale che si è appena conclusa, dà un sapore diverso e meno incerto - lo devo ammettere - alle tante considerazioni che un progetto di legge che porta la mia firma, sia nella passata legislatura che in questa (un'iniziativa che non ha nulla di provocatorio, ma che è assolutamente pragmatica), aveva suscitato.
Ritengo che il fatto che l'Assemblea ne discuta costituisce anche un modo per rompere un tabù di natura ideologica e politica, soprattutto per una sinistra sconfitta, un centrosinistra che al nord ha visto la sua Caporetto politica per un motivo tra tanti - lo testimonia anche la distinzione geografica così netta che anche i principali quotidiani oggi in edicola non hanno potuto non evidenziare - dovuto sostanzialmente a ciò: non solo dove c'è la Lega Nord si vince, ma anche dove ci sono i temi della Lega Nord.
Quando viene banalizzato il fatto che il nostro movimento politico sostenne, in maniera molto forte, una politica molto pragmatica e anche dura su certi aspetti in tema di immigrazione, si trascura però che poi la Lega Nord ha avanzato delle proposte concrete, che possono essere discusse. Ho notato il tono polemico delle mozioni dei colleghi del centrosinistra e della sinistra - di Rifondazione Comunista e dei Comunisti italiani in maniera molto polemica - i quali si sono richiamati alla Carta dei diritti dell'uomo e quant'altro. Mi spiace, lo spirito che anima questa mozione è quello di un atteggiamento assolutamente pragmatico.
Questa mozione non è contro gli immigrati, mi dispiace dirlo. Mi rendo conto che la vostra è una tesi ideologica: è nelle vostre mozioni l'idea di una scuola dove non si impara, ma ci si incontra, dove le materie vengono poste in maniera interdisciplinare e multiculturale, come se la storia non avesse un punto di vista. Mantenere un punto di vista serve a confrontarsi con tutte le altre storie, non per avere la verità in tasca, ma come punto di vista. Un'interpretazione storica è la somma di una serie di valori che hanno portato la nostra società ad essere quella che è, nel bene e nel male, con gli errori che ci sono stati.
Il fatto che uno di questi elementi sia legato al test di ingresso per i figli degli extracomunitari nelle nostre scuole è stato giudicato, verrà giudicato ed è già scritto nelle mozioni come una sorta di tentativo di apartheid, un tentativo di isolazionismo, una sorta di segregazione razziale, avvalorato dal secondo punto che abbiamo voluto nella mozione, dove abbiamo chiesto - vivaddio! - l'introduzione nel nostro


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ordinamento delle classi di inserimento temporaneo, non definitivo. Abbiamo chiesto ciò per tre motivi, perché è prassi costante, e le scuole del nord lo dimostrano, il grandissimo disagio sociale.
Ci sono tre ordini di problemi. Il primo è che spesso i figli degli immigrati non conoscono una parola di italiano e, quindi, vedono la scuola come un luogo altro, dove non c'è relazione, e il numero elevato delle presenze di bambini extracomunitari nelle nostre scuole non permette un'integrazione.
Seconda questione: i nostri figli non imparano nulla, vi sono ritardi nella formazione (basta parlare con i genitori, non è necessario essere dei sociologi).
Terzo: gli insegnanti vivono in una babele linguistica e culturale e, alla faccia del multiculturalismo, non si riesce ad insegnare.
Allora, abbiamo fatto una prova: la prova dei cuginetti che vengono dal Marocco, dove il padre di uno di questi bimbi è una persona che viene a lavorare in Italia, che ha capito che qui c'è una cultura di riferimento, e che mantenendo la propria identità, crea le condizioni - magari nelle scuole materne o d'obbligo - per aiutare il figlio a relazionarsi con i propri vicini di casa in maniera da imparare qualcosa di italiano; magari, questo bambino marocchino arriverà a sei anni sapendo un numero sufficiente di parole, e riuscirà a confrontarsi nella lingua del Paese che lo ospita entrando automaticamente, con un brevissimo e semplicissimo test, nelle scuole insieme agli altri.
Il cuginetto, invece, magari è figlio di un invasato integralista islamico il quale afferma che non c'è nulla da imparare dalla cultura di questo Paese e non gli insegna una parola di italiano; magari lui lavora in Italia da venti o trent'anni e conosce l'italiano, ma non insegna niente della seconda lingua al proprio figlio e magari sono parenti con il bambino di prima. Questo secondo bambino andrà in una classe di inserimento temporaneo - nel nostro progetto di legge la durata è di due anni - dove verranno rimodulate semplicemente le materie, dove semplicemente si affronterà maggiormente l'attitudine alla lingua e alla comprensione, alla lettura e alla scrittura concentrando l'attenzione in maniera molto più forzata sull'italiano rispetto agli aspetti minimali nozionistici, per poi entrare nella terza classe insieme a tutti gli altri.
Questo non è apartheid e consente di mettere alla prova gli immigrati e di valutare la volontà di integrarsi nella nostra società. Si dà loro uno strumento ad hoc, per un tempo determinato, e vi assicuro che abbiamo pensato molto a questo titolo: classi di inserimento temporaneo; non tutto il corso degli studi isolati dal corpo scolastico, anche perché, come sapete, noi siamo contrari alle scuole coraniche, alle scuole madrase. Siamo per l'insegnamento comunque nelle scuole pubbliche o private e sicuramente mi auguro che in futuro ci siano sempre più scuole private. Ma qui c'è una cultura di riferimento e a quella bisogna far luogo.
Quindi, la mozione che presentiamo tenta di superare un problema molto serio nelle scuole soprattutto del nord, dove molti genitori esasperati dalla scarsa formazione dei loro figli decidono magari di trasferirli in altre scuole perché non imparano nulla, perché c'è questa babele linguistica e culturale, perché molti genitori ritengono che la scuola sia un luogo sì di incontro, ma soprattutto un luogo dove si apprende. È una scuola di vita, naturalmente, un momento di incontro con gli altri, ma è un posto dove si inizia a imparare qualcosa. Ciò - le assicuro rappresentante del Governo - non accade in molte scuole e sarà sempre peggio con le leggi che approverete, attraverso le quali in maniera ideologica volete costruire una società a tavolino. Lo si capisce dalle mozioni del centrosinistra, lo si capisce dalla definizione di scuola come luogo di incontro, e dalle materie, ad esempio la storia. Mi deve spiegare cosa si intende per «nozioni multiculturali». Ad esempio, la battaglia di Lepanto viene posta da venticinque punti di vista diversi, dove tutto deve essere visto in maniera asettica; lo stesso vale per l'assedio di Vienna ed altro. Ma lo sa, rappresentante del Governo, che


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i nostri figli - ed è uno scandalo per la storia di questo Paese - sanno tutto magari di Giovanna d'Arco, non sanno nulla di padre Marco d'Aviano? Non sanno nulla di tanti momenti della nostra storia, in ragione dei quali magari anche il nostro mondo e la nostra società non sarebbero quelli che sono.
E noi che cosa facciamo? Per evitare di offendere qualcun altro, con un'altra cultura, dimentichiamo la nostra storia, la cancelliamo e raccontiamo, come si apprende parlando con gli insegnanti e i genitori, le favole. Questa è la fine dell'identità dell'Occidente e del nostro Paese.
Quindi, temo di comprendere quale sarà il giudizio sulla mozione in esame, però invito il Governo a effettuare una lunga riflessione senza tabù.
Nella passata legislatura, sul problema della tossicodipendenza ne abbiamo sentite di tutti i colori. Oggi, il Ministro Turco riesce a sorprendere anche il centrodestra con le sue posizioni: se noi ci fossimo comportati allo stesso modo, avreste portato milioni di persone in piazza a protestare rispetto a una tale deriva plebiscitaria del centrodestra - o della destra - con tutte le vostre definizioni, come, ad esempio quella del collega Diliberto che ci chiama semplicemente «destre», anche se ciò viene sconfessato dai fatti perché al nord la Lega, che non è né di destra né di sinistra ma affronta i problemi, vince indipendentemente dalle etichette.
Quindi, invito il Governo a svolgere una seria riflessione su tale opportunità. La mozione ha una connotazione politica, e mi auguro che non ci si trinceri dietro l'aumento dei costi, il potenziamento del mediatore culturale (come ho sentito dire da qualcuno) e il rafforzamento dei tutor.
Bisogna considerare che un conto è avere uno, due o tre studenti di lingue diverse in una scuola, un conto è averne, come succede, in numero superiore al 15, 20 o 30 per cento (non sono ancora la maggioranza, ma in alcuni istituti potrebbero diventarlo).
Se si valutasse la possibilità, solo ed esclusivamente per due anni, di istituire classi di inserimento temporaneo, faremmo un grande favore ai nostri figli, ai genitori dei bambini (che pretendono che la scuola sia un luogo di insegnamento) e, paradossalmente, anche ai figli degli immigrati, in quanto si darebbero loro gli strumenti per capire che in questa società c'è una cultura di riferimento, e che il non comprendere la lingua non è un buon motivo per bivaccare in una scuola ritenendola solo un luogo di incontro.
I luoghi dell'incontro possono essere anche tantissimi, e ci devono essere. Dico ciò in quanto ho visto figli di immigrati iscritti regolarmente alle scuole pubbliche, ad esempio nella città di Cremona, ma poi sottratti dai loro genitori, perché troppo occidentali, troppo legati ad una cultura alla quale loro non appartengono, e quindi iscritti regolarmente a delle madrase, naturalmente clandestine.
Questo è il rovescio della medaglia che dimostra come, in questo Paese, ci sia una forza del centrosinistra che non vuole una cultura di riferimento.
Io mi auguro che il Governo prenda spunto da questa mozione per svolgere un servizio ai nostri concittadini e anche a quegli immigrati che si vogliono misurare con la nostra cultura, e non (come ci capita molto spesso di registrare) a chi invece si autoghettizza, a chi crea società nelle società o crea un isolazionismo voluto e pensa di essere a Teheran, al Cairo o a Baghdad, mentre è al centro delle nostre città. Ciò accade perché qualche imam gli dice, nella loro lingua madre, che è tutto male l'Occidente. Invece, c'è anche qualcosa di buono: la democrazia, la solidarietà ed il capire, in maniera pragmatica, anche i problemi degli altri.
Con tale mozione vogliamo mettere alla prova il Parlamento sulla volontà, senza tabù e senza ideologie preconfezionate, di risolvere un problema che è fortemente sentito al nord e rischia, con la vostra politica sull'immigrazione, di diventare una questione irrinunciabile, nei prossimi anni, nelle nostre scuole (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Capitanio Santolini che illustrerà


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anche la sua mozione n. 1-00165. Ne ha facoltà.

LUISA CAPITANIO SANTOLINI. Signor Presidente, si parla molto di scuola in questo periodo, e non solo in questo periodo, perché effettivamente la scuola è al centro di molti problemi, di molte contraddizioni e di grandi difficoltà in cui versa da anni, per riforme e controriforme non attuate, per il tentativo costante di cercare la migliore soluzione possibile che, se è dettata da ideologie di varia natura, non viene trovata.
Dunque, la discussione sul problema degli immigrati e della presenza di bambini immigrati nelle scuole mi sembra di grande attualità e mi auguro che sia motivo di particolare attenzione da parte delle forze politiche.
Il fatto che in quest'aula siamo in pochi e siano presenti solo coloro che illustrano le mozioni non significa che l'argomento non sia cruciale per il Paese, perché è da tali questioni che si misura il grado di civiltà e il modo con cui un intero Paese reagisce alle sfide che ha davanti.
Credo che occorra affrontare seriamente il problema, fuori dalle ideologie, fuori da una «pre-comprensione» dei fatti e da un «pre-giudizio», che è prima culturale, poi diventa politico e poi, eventualmente, economico, per trovare le risorse. Dobbiamo affrontare la questione, quindi, in maniera certamente pragmatica, ma anche nutrita di quei valori e di quei principi di cui il Paese non può fare a meno.
Certamente il problema degli immigrati è più recente in Italia rispetto ad altri Paesi europei, dove il fenomeno migratorio è in atto da molti anni: il nostro Paese, in qualche modo, arriva ultimo rispetto al resto dell'Europa, ma riscontra una crescita di stranieri estremamente più rapida rispetto al resto dell'Europa e vede le scuole riempirsi di bambini stranieri in termini rapidissimi. Non è un fatto a priori negativo, da stigmatizzare o da vedere con paura o con sfiducia. Il problema è regolare, regolamentare e dare un senso a questa presenza.
Gli studenti di cittadinanza non italiana, in questi ultimi anni, sono praticamente più che raddoppiati: siamo arrivati a 430 mila presenze negli anni 2005-2006 e ricordo che, soprattutto in alcune città del nord, i bambini stranieri rappresentano più del 50 per cento degli alunni in una classe.
Trasmissioni televisive alle quali molti di noi hanno assistito riportavano testimonianze di mamme italiane che si sentivano addirittura in minoranza rispetto alla presenza massiccia di bambini stranieri nella classe. Il fenomeno, in costante ascesa, non può essere, nel modo più assoluto, rimosso o ignorato, soprattutto dal Governo, dal Ministero della pubblica istruzione e da coloro che hanno la responsabilità di dare risposte ai bambini immigrati e alle loro famiglie, ai bambini italiani e alle loro famiglie. Ci sono tanti soggetti che stanno discutendo sulla questione, che non è solamente un problema da Assemblee parlamentari.
Il ruolo della scuola è decisivo, perché le aule scolastiche sono il primo luogo di integrazione, dove si può in qualche modo cercare di creare quel clima positivo che poi si riverbera nell'intero Paese. La scuola deve garantire a tutti il diritto all'istruzione: non è poco, perché essa ha, da questo punto di vista, un compito assolutamente straordinario. Le famiglie degli immigrati o le famiglie italiane, da sole, non ce la faranno mai a creare un clima positivo di integrazione: lo desideriamo tutti, ma vorremmo che ciò si realizzasse in un modo corretto, che non crei tensioni, paure, sospetti e rifiuti. Invece, se lasciamo andare alla deriva un problema del genere, il rischio è molto alto.
La scuola deve, inoltre, garantire non solo il diritto all'istruzione, ma anche la minore dispersione scolastica possibile, che rappresenta una piaga del nostro Paese e non solamente dei bambini stranieri: purtroppo, il fenomeno del drop out interessa anche i bambini italiani, e bisogna recuperare l'entusiasmo e la voglia di imparare non solo dei bambini italiani, ma anche di quelli stranieri.


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Non si può immaginare di abbandonare il sistema scolastico italiano sia alla pressione esercitata dai bambini extracomunitari, o comunque di bambini stranieri, sia a risposte assolutamente diversificate. È vero che le scuole sono autonome e, come tali possono decidere in maniera autonoma in quanto hanno ampi margini garantiti dalla legge e possono agire come meglio credono, ma è altrettanto vero che bisogna dare un quadro generale di indicazioni affinché le scuole non creino in alcuni luoghi dei ghetti o modi sbagliati di fare integrazione.
Credo che il sistema dell'istruzione debba dare delle risposte. Soprattutto, dobbiamo superare i dislivelli linguistici, di cui si parla troppo poco. Il Ministero della pubblica istruzione ha preso molte decisioni - che contesto e critico - ma le problematiche relative ai dislivelli linguistici e alle difficoltà di integrazione dei ragazzi stranieri non mi pare siano state oggetto di grande impegno da parte del Ministero in questo ultimo anno. Sicuramente, qualche misura sarà stata adottata, ma non ci possiamo accontentare.
Non si può negare che moltissime volte l'integrazione segua la logica dell'emergenza, che cioè non vi è una reale innovazione del sistema scolastico, ma si procede con schemi vecchi, superati, che non risolvono i problemi e, quindi, non si riesce a dare risposte a questi bambini, che possono davvero diventare fautori o vittime di violenza. Credo, pertanto, che dobbiamo tutti prendere atto dell'esistenza di questo problema. È vero che la scuola, ripeto, va rinnovata e incentivata in tutti i modi, dandole anche le risorse necessarie.
Si parla di riforme, ma il Ministero della pubblica istruzione, senza avere il coraggio di passare per le aule parlamentari - quindi, senza dibattito parlamentare - ha praticamente smontato la riforma Moratti e ne ha fatto un'altra cosa (sono state cambiate moltissime cose di quella riforma). Quello seguito è un metodo che contesto; la nuova maggioranza può avere il diritto di cambiare le riforme in atto, ma dovrebbe avere anche il coraggio di riconoscere il ruolo del Parlamento, cosa che in questo anno non è stata fatta. Infatti, abbiamo potuto osservare riforme della scuola transitare attraverso liberalizzazioni e «lenzuolate» di liberalizzazioni di Bersani, attraverso la legge finanziaria e moltissimi altri strumenti, ma non si è mai svolto quest'anno un serio dibattito sulla scuola, di cui invece sarebbe valsa la pena (i nostri figli avrebbero meritato un impegno in questo senso).
Tutto ciò premesso, quello della scuola non si esaurisce certo col problema degli immigrati, ma è una tematica estremamente attuale ed importante. Non si può lasciare, quindi, la scuola ad una specie di fai da te, per cui ogni preside risponde e decide come vuole e ogni insegnante ha la licenza di fare quello che crede.
Chiediamo, e lo chiediamo con convinzione, che il tema della scuola venga affrontato in maniera responsabile sia da parte del Governo sia da parte del Parlamento, che è poi chiamato ad esprimersi. Chiediamo anche che venga fatto un confronto con ciò che su questo tema si sta facendo negli altri Paesi europei, come ad esempio in Francia e in Germania.
Vi sono Paesi che hanno affrontato il problema dell'integrazione scolastica degli immigrati da moltissimo tempo. Noi, invece, siamo decisamente indietro. Bisogna cercare delle nuove figure che, all'interno della scuola, possano aiutare a realizzare una maggiore integrazione.
Allora, occorre un mediatore interculturale che possa agire di concerto con le strutture della scuola (per strutture intendo ovviamente i consigli di classe, i consigli dei docenti, tutta l'organizzazione di ogni scuola); una figura che possa garantire un passaggio graduale, non traumatico, di questi ragazzi nelle nostre scuole, attraverso un percorso formativo per il personale della scuola.
Non possiamo ignorare il fatto che il nostro personale della scuola è impreparato ad affrontare tali problemi e non è possibile inventarsi risposte estemporanee, secondo le sensibilità o secondo le idee di ognuno. Questo problema nelle nostre scuole è una novità, si sta intensificando ed è in rapida ascesa: dobbiamo anticipare


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i problemi fornendo al personale della scuola gli strumenti per capire i fenomeni, interpretarli e agire di conseguenza. Pertanto, auspichiamo una scuola che abbia il coraggio di intraprendere percorsi innovativi nei confronti del problema in esame, formando il personale - sia quello docente sia quello non docente - nel modo più adeguato possibile.
Infine, bisogna cercare di sostenere l'integrazione linguistica, ma anche culturale, perché questi giovani stranieri devono sentirsi accolti in Italia, devono sentirsi capiti e bisogna ripristinare - so che per il Governo la cosa potrebbe essere non gradita, ma credo che invece la scuola ne trarrebbe un grande vantaggio - la figura del tutor che non si capisce per quale ragione l'attuale maggioranza ha eliminato. Quella del tutor era una delle pochissime figure che garantiva un raccordo costante tra la scuola e le famiglie degli alunni. Il tutor è stato eliminato ed è una figura che non esiste più. Si potrebbe cercare di ripristinarlo, affinché operi con i ragazzi - per un'integrazione linguistica fatta come si deve - e soprattutto con le loro famiglie. Non capisco perché si parla tanto di immigrati, si parla tanto dei loro problemi e non si distingue mai il fatto che tali immigrati sono costituiti da famiglie. Abbiamo tutti l'esperienza di bambini che vanno a scuola e magari imparano in fretta (perché i giovani hanno la straordinaria abilità di imparare in fretta) e le mamme restano escluse invece da tale apprendimento, perché nessuno le accompagna, perché nessuno le aiuta, e vi sono delle buone signore, magari nel condominio o in qualche associazione, che si prendono in carico le mamme, che altrimenti restano tagliate fuori da un dialogo nella scuola, perché non imparano la lingua. Vogliamo allora impegnarci anche a dare una mano alle famiglie, alle mamme, affinché non si sentano perennemente straniere e vengano accolte nelle nostre scuole, dicendo loro che sono in un Paese che li accoglie volentieri, ma a condizione che accettino le regole di questo Paese, che accettino la cultura, la lingua? Un'integrazione vera si realizza quando queste persone si sentono veramente appartenenti all'Italia e a quello di cui l'Italia è portatrice. Occorre una figura che faccia da raccordo tra le famiglie e la scuola, altrimenti rischiamo che queste famiglie vengano abbandonate a se stesse e non si rendano neanche conto dei pericoli che corrono. Secondo l'indagine conoscitiva che abbiamo effettuato in XII Commissione, il problema dei bambini abbandonati e che girano nelle nostre città è enorme e lo riscontriamo in tutte le città. Ebbene, la scuola può risolvere, può dare delle risposte a questi bambini che sono in stato di abbandono; famiglie che a volte non si rendono conto di ciò che sta succedendo e quindi si verificano degli autentici drammi familiari, con bambini che non si ritrovano o che comunque sono dei drop out, che cioè abbandonano i percorsi scolastici.
Mi auguro davvero che la nostra mozione - ma non solo la nostra - sia accolta con il dovuto senso di responsabilità e che da questa sede esca una risposta per tutti quegli immigrati e per tutti quegli italiani che si aspettano da noi delle indicazioni precise.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Tranfaglia, che illustrerà anche la mozione Sgobio n. 1-00164, di cui è cofirmatario. Ne ha facoltà.

NICOLA TRANFAGLIA. Signor Presidente, dai discorsi che abbiamo finora ascoltato mi sembra che su alcuni aspetti i punti di vista delle diverse forze parlamentari non siano lontani tra loro, nel senso che effettivamente si sente l'esigenza di destinare, di fronte ai fatti che avvengono, maggiori fondi alla scuola. Su ciò siamo d'accordo anche noi. Il problema è sul modo di affrontare il problema.
Prima di tutto riteniamo che i principi della Costituzione repubblicana, così come quelli della Dichiarazione universale dei diritti umani e della Convenzione sui diritti dell'infanzia, che è stata già ratificata dall'Italia e che quindi fa parte in qualche modo della nostra legislazione, sono tutte ragioni che ci fanno pensare che il problema


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di cui si discute non possa essere risolto dalla sola mozione presentata dal gruppo della Lega Nord Padania. Al contrario, si tratta, da una parte, di salvare questi principi di fondo della nostra convivenza civile e quindi puntare ad un'effettiva integrazione degli studenti stranieri, dall'altra di trovare le forme perché questo possa realizzarsi.
In primo luogo, si tratta di puntare a un maggiore finanziamento delle risorse destinate al Fondo per l'inclusione sociale degli immigrati previsto al comma 1267 della legge del 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria per il 2007), al fine prima di tutto di potenziare la figura professionale del mediatore culturale, il cui intervento dovrà essere obbligatorio nelle scuole di ogni ordine e grado dove risulti la presenza di studenti stranieri. Questo è il primo punto importante. In effetti, nelle scuole italiane, a differenza di quello che succede in altre scuole europee, non ci sono mediatori culturali, cioè persone che abbiano fatto studi e pratiche necessarie per affrontare i problemi che nascono dalla presenza di studenti stranieri, il cui numero è notevole dal punto vista quantitativo, sebbene bisogna anche ricordare che alcuni studenti stranieri sono già integrati e frequentano le scuole di secondo grado o addirittura l'università.
Il secondo punto riguarda l'organico dei docenti. È, infatti, importante che dove ci sono studenti stranieri il numero di studenti in ogni classe sia minore in modo da favorire meglio questa integrazione e permettere ai docenti di intervenire efficacemente sui problemi di lingua come su altri problemi culturali o di comportamento che possono nascere dalla presenza di una sempre più ampia società multietnica.
Inoltre, a mio avviso, occorre che lo Stato collabori con gli enti locali in quanto questi ultimi possono svolgere un'opera positiva ai fini di questa integrazione. A me risulta che già esistono degli esperimenti in questa direzione svolti in molte scuole dell'Italia del centro e del nord. Abbiamo davanti l'occasione per intervenire in uno dei campi più importanti e più significativi, senza nascondere il problema e senza fare finta che i problemi non esistano, ma invece cercando di intervenire in modo efficace.
Riteniamo necessario sia l'intervento dei mediatori culturali, sia quello volto a fare sì che il numero dei docenti, in molte scuole, sia adeguato alle particolari esigenze di questa situazione, sia l'intervento diretto a valorizzare il riconoscimento dei titoli di studio non europei, in maniera tale che si favorisca la libertà degli stranieri che in futuro arriveranno in Italia dopo aver compiuto i propri studi in altri Paesi.
Poiché apparteniamo ad un Paese democratico, con una Costituzione repubblicana coerente sia con la Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo sia con la Convenzione per i diritti dell'infanzia sia con un atteggiamento aperto nei confronti di chi vuole vivere in Italia, dobbiamo svolgere un'opera positiva piuttosto che negativa o repressiva o separativa tra italiani e stranieri, in modo che si possa cominciare a realizzare l'integrazione e fare in modo che la società italiana cresca in modo più armonico, evitando che contrasti o discriminazioni possano generare quei frutti negativi che costituirebbero una strada assolutamente contraria al nostro ordinamento.
Noi sosteniamo pertanto una mozione che affronta il problema e cerca di predisporre le risorse necessarie affinché lo stesso possa essere affrontato. Mettiamo da parte qualunque discriminazione e ci battiamo affinché chi arrivi in Italia e voglia studiare almeno fino ai diciotto anni - è un altro punto per cui noi ci battiamo, proseguendo la politica iniziata dall'attuale maggioranza - possa effettivamente diventare, a poco a poco, cittadino italiano.

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Frias, che illustrerà anche la sua mozione n. 1-00166. Ne ha facoltà.

MERCEDES LOURDES FRIAS. Signor Presidente, penso che nessuno qui stasera - nessuno di noi lo ha fatto - neghi che vi siano dei problemi da risolvere per


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quanto riguarda l'inserimento dei figli di immigrati nelle scuole.
L'onorevole Gibelli ha parlato di polemiche, facendo riferimento alla nostra proposta. Non ci sono posizioni neutre quando si tratta di persone, di bambine e bambini, di scuole e di istituzioni. Possiamo concordare nell'analisi del problema fino ad un certo punto, però la lettura che ognuno di noi offre di tali problemi riflette la propria ideologia: non sono ideologici solo gli altri. Soprattutto le risposte che noi diamo ed il modo in cui ci attrezziamo a dare quelle risposte esprimono la cultura, anche quella politica, che noi abbiamo. La proposta che sto per illustrare riflette il nostro pensiero per quanto riguarda l'inserimento dei ragazzi stranieri nella scuola, e non è soltanto riferita alla scuola ma all'intera società.
Desidero far notare che probabilmente si è verificato un errore di battitura nel testo della mozione Gibelli ed altri n. 1-00024 nella parte in cui si fa riferimento alla crescita di alunni stranieri registrata nell'anno scolastico 2005-2006, che non è, a mio avviso, pari a 500 mila studenti. Quest'ultimo è il numero complessivo cui si è arrivati e rappresenta effettivamente il 5 per cento della popolazione scolare, così come gli immigrati in Italia rappresentano il 5 per cento della popolazione totale.
La distribuzione territoriale per cui in alcune zone ci sono più bambini stranieri, rispetto ad altre, riflette anch'essa la distribuzione della popolazione immigrata, che - lo voglio dire - è costituita da lavoratori e lavoratrici che contribuiscono all'economia nazionale e allo sviluppo delle imprese (stiamo parlando dei figli dei lavoratori). Poiché non stiamo parlando soltanto di «braccia», esiste anche il diritto alla riunione familiare e, considerato che si tratta di una popolazione demograficamente in età produttiva (e di conseguenza anche in quella riproduttiva), c'è il diritto alla riunione familiare e dunque anche quello allo studio per gli studenti che fanno parte di tali famiglie.
Ma non è soltanto una dichiarazione di principio sull'eguaglianza estesa a tutti. Penso che anche le modalità con le quali si arriva a declinare questo diritto facciano la differenza determinando gli sviluppi successivi. Affermo questo perché decidere una politica che potremmo definire di quarantena - come accadeva a Ellis Island negli Stati Uniti dove gli emigranti (anche tanti italiani), quando arrivavano, venivano disinfettati in un certo modo - desiderare che si faccia una politica simile per quanto riguarda i ragazzi è sbagliato sia per i ragazzi stranieri sia per i ragazzi italiani che sono nelle scuole. Penso che sia un fatto particolarmente delicato e grave attribuire ai ragazzini stranieri, come è stato fatto qui oggi, la responsabilità dell'insuccesso scolastico delle classi e dei figli degli italiani perché ciò equivale ad identificare i minorenni stranieri come capro espiatorio, quasi si dicesse: «Per colpa vostra, i nostri figli non vanno avanti».
Ci sono alcune questioni che è importante sottolineare alla luce del vigore della Dichiarazione dei diritti del fanciullo, della Convenzione internazionale sui diritti del fanciullo, di raccomandazioni e direttive europee nonché della legislazione nazionale che ha recepito sia la Convenzione sia le direttive europee in materia. Anche la normativa sull'immigrazione e anche la modifica introdotta dalla legge Bossi-Fini non hanno modificato la procedura di ingresso dei ragazzi nella scuola. Infatti si è verificato nel corso degli anni che questo è il percorso logico da seguire, cioè rispettare che i ragazzi entrino in qualsiasi momento dell'anno. Il problema, infatti, non si può ricondurre alla responsabilità dei genitori di questi ragazzi ma è collegato alle modalità di rilascio del visto da parte dell'autorità consolare: su ciò possiamo chiedere al Governo di intervenire ma non si possono lasciare i ragazzi a scuola perché arrivano dopo. Comprendiamo che si crea una situazione di difficoltà quando arrivano, ma vediamo però di affrontarla in modo adeguato.
Mettere in correlazione la presenza e il numero degli alunni immigrati con il rendimento, con il profitto scolastico dei figli dei nativi è un'operazione scientificamente sbagliata. Dico «scientificamente» perché


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sono stato citate delle ricerche per affermare questo. È sbagliato scientificamente perché la complessità del fenomeno non consente che tale circostanza sia validamente presa come variabile fissa. Ciò non può essere; si tratta piuttosto di un ragionamento culturalmente classista. Penso che il dato politico importante consista proprio in questo aspetto, con la conseguenza di condurre, anche se non vogliamo sentire tale parola, ad una politica di apartheid.
Voglio citare Jacques Derrida che, parlando dello straniero, diceva: «È uno che pone una domanda». Quindi: è uno che rende evidente le crepe del sistema, è uno che mette in luce le inadeguatezze. Ecco, penso che la presenza di ragazzi stranieri faccia questo, riveli quanto inadeguato sia, non soltanto per gli stranieri ma anche e soprattutto per i nativi, il sistema complessivamente.
Allora, come ci attrezziamo per dare risposta a tale domanda, posta da questa popolazione? Penso che dagli strumenti usati dipenda il successo, dipenda il risultato delle decisioni prese. L'Italia è riuscita ad affrontare la questione delle differenze dentro le classi in un modo ottimo negli anni. Penso che oggi nessuno, ad esempio, si sognerebbe di prendere i ragazzini portatori di handicap e metterli, anche transitoriamente, in una classe separata per evitare che arretrino quelli che non hanno tali problemi: questo non si fa. La scuola si è attrezzata, attraverso l'insegnante di sostegno, attraverso l'abbattimento delle barriere architettoniche. Ha trovato lo strumento per l'inserimento dignitoso di questi ragazzi, che non funziona, che va potenziato, certo, però così si è intervenuti. Penso che nessuno possa dire di essere stato penalizzato per il fatto che nella classe dove è cresciuto c'erano ragazzini portatori di handicap.
Si tratta di un parallelismo improprio, ma necessario. Un discorso analogo si può riferire agli alunni stranieri, i quali, non portatori di handicap né analfabeti, sono invece portatori di differenti competenze linguistiche, il che è cosa diversa!
Scientificamente è stato dimostrato che la seconda lingua si impara soprattutto con la socializzazione tra pari. In questo caso, pertanto, è importante che vi sia un programma di formazione dell'insegnante all'insegnamento dell'italiano come seconda lingua - non un programma di alfabetizzazione ma, ripeto, di insegnamento dell'italiano come seconda lingua! - e che vi sia, soprattutto, lo spazio per la socializzazione tra pari! Se invece si mettono insieme in una classe transitoria alunni tutti diversi, che sanno l'italiano approssimativamente e che comunicano tra loro in una lingua comune, quale sviluppo linguistico conosceranno? Lo sviluppo linguistico avviene attraverso il rapporto e il lavoro costante e quotidiano, nonché attraverso l'insegnamento delle varie materie nella lingua del paese in cui si è arrivati.
Vi è un'ulteriore questione: lei diceva, nel suo intervento, che bisogna dimostrare la volontà di integrarsi. Io credo, tuttavia, che non si possa dare una tale responsabilità ai ragazzi e che non occorra dimostrare niente, perché è nell'interesse di ognuno la possibilità di accedere all'istruzione, che è un diritto, ma che è, soprattutto, uno strumento che lo Stato mette a disposizione di tutti.
Dunque, l'esperienza di altri Paesi - l'Italia, infatti, giunge per ultima ad interessarsi della questione - ci dice che la politica dell'«eternamente ospite» penalizza, alla lunga. Esistono Paesi dove la terza generazione di immigrati compie un atto di regressione alla cultura di origine, dei nonni, per questo sistematico rifiuto indotto attraverso misure come quelle che state proponendo. Dobbiamo evitare che ciò accada!
Vi sono alcune società, ad esempio la Francia, dove esistono queste classi di inserimento transitorio e dove però il destino di questi ragazzi si determina per sempre! In questo modo si creano cittadini di serie B, che imparano subito qual è il ruolo che la società attribuisce loro, cosa dovranno fare da grandi e nei quali,


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soprattutto, si crea e si annida il risentimento nei confronti di una società che li tratta in questa maniera.
Per tale motivo proponiamo che il Governo destini maggiori risorse alla formazione dei docenti - insisto sul punto - all'insegnamento della lingua italiana come seconda lingua; che sviluppi una politica volta, soprattutto, ad evitare o fermare l'abbandono scolastico da parte dei figli e delle figlie degli immigrati (molto elevato rispetto agli italiani, anche per mancanza di risposte); che inoltre si predisponga a fornire risposte in ordine al rapporto tra la scuola e le famiglie. Riteniamo, infatti, che avere i figli a scuola sia uno strumento importante di integrazione, perché obbliga i genitori ad entrare, in qualche modo, in contatto con la società complessivamente intesa ed anche, in particolare, con le istituzioni.
Chiediamo, inoltre, che il Governo faccia in modo che le ambasciate rilascino i visti affinché i ricongiungimenti familiari possano avvenire prima dell'inizio dell'anno scolastico, perché essere inseriti ad anno avanzato è un problema, soprattutto all'inizio, per questi ragazzi, i quali già arrivano disorientati e, poi, vengono inseriti in questo modo. Siamo pertanto noi, semmai, che dobbiamo attrezzarci per dare altre risposte!
Termino il mio intervento con una citazione tratta dal libro L'educazione interculturale di Elisabetta Nigris, la quale parte da una considerazione della professoressa Chini (che fa riferimento specificamente a tale questione). L'insegnamento della lingua 2 deve assecondare il processo e l'ordine naturale dell'acquisizione, ponendo un buon input - e per input si intende lo spazio della socializzazione tra pari - in lingua 2, ricco e comprensibile, cercando le condizioni che favoriscano l'abbassamento del filtro effettivo e l'instaurarsi di scambi comunicativi reali e significativi, senza escludere riflessioni grammaticali e metalinguistiche.
Non si tratta di «multiculturalismo del cous cous» o del «raccontiamoci le fiabe»; si tratta piuttosto di riconoscere pari opportunità ed evitare ulteriori discriminazioni. I ragazzi imparano stando con gli altri ragazzi e si devono fornire strumenti e formazione agli insegnanti affinché possano svolgere il lavoro al quale sono chiamati. In tal modo, quello che sembra un problema insormontabile può diventare una risorsa, che va a beneficio non soltanto dei ragazzi stranieri ma del sistema scolastico complessivo (Applausi dei deputati dei gruppi Rifondazione Comunista-Sinistra Europea e L'Ulivo).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Froner, che illustrerà anche la sua mozione n. 1-00167. Ne ha facoltà.

LAURA FRONER. Signor Presidente, alcune delle considerazioni che mi accingo a svolgere sono già state illustrate, in particolare, dalla collega Mercedes Lourdes Frias che mi ha preceduto. Tuttavia, mi preme puntualizzare, in particolare, alcuni passaggi. L'integrazione degli stranieri nel nostro tessuto sociale ed economico è un obiettivo cruciale sul quale è necessario impegnarsi con grande forza ed onestà di intenti, cercando di dare peso alla gravità del problema e non alle posizioni di parte o alla strumentalizzazione politica.
Un'integrazione che abbia come primo delicato terreno di confronto la scuola - perché partendo dalla prima formazione, in particolare, possono essere costruite le condizioni per una integrazione fondata sul reciproco rispetto - e che abbia come obiettivi primari la valorizzazione di potenzialità umane, quelle degli stranieri, indispensabili per ridurre gli squilibri generazionali tra popolazione giovane e anziana è la risposta ad una domanda di manodopera essenziale per dare fiato alle nostre imprese e alla nostra economia. Si tratta, quindi, di promuovere un'azione organica che coinvolga tutti i soggetti interessati: gli alunni, in primo luogo, ma anche i genitori, gli insegnanti e tutti i soggetti che concorrono a fare della nostra scuola la struttura portante della formazione dei futuri cittadini che provengono da altre nazionalità. Tale azione deve evitare rischi quali la creazione di una


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sorta di classi differenziali destinata a formare cittadini di serie B anziché realmente partecipi della vita nazionale, tali che condividano con pienezza i diritti e i doveri che formano in modo inscindibile il concetto di cittadinanza.
Proprio per questa esigenza di massima attenzione, mi preoccupano due punti della proposta dell'onorevole Gibelli con riguardo all'accesso degli stranieri alla scuola. Mi riferisco, in particolare, alla proposta di rivedere il sistema di accesso degli studenti stranieri alla scuola dell'obbligo, autorizzando il loro ingresso previo superamento di test e specifiche prove di valutazione. Faccio riferimento, altresì, all'istituzione di classi di inserimento temporaneo che consentano agli studenti stranieri che non superano tali prove e test di frequentare corsi di apprendimento della lingua italiana e gli insegnamenti di base previsti dai vigenti programmi scolastici, preparatori e propedeutici all'ingresso nelle classi permanenti. È evidente che queste due disposizioni prefigurano un doppio regime di cittadinanza che finirebbe con l'accentuare le discriminazioni ed i conflitti, anziché prevenirli ed evitarli.
Pertanto, la strada da intraprendere è diversa. Ciò è quanto si è voluto fare con un'apposita mozione, che affronta il problema dell'integrazione e della formazione linguistica in modo più sereno e, soprattutto, proteso a realizzare le condizioni essenziali per dare ad una società sempre più multietnica quei caratteri di apertura, responsabilità e rispetto reciproco di cui l'Italia di oggi, e soprattutto quella del futuro, ha assoluto e urgente bisogno.
La mozione che mi appresto ad illustrare sottolinea un dato di fatto incontrovertibile, come è già stato ricordato, cioè che la presenza di alunni stranieri, seppure in percentuale inferiore a quella di altri Paesi, è un dato strutturale del nostro sistema scolastico ed è in progressivo aumento.
Si calcola che, nel corrente anno scolastico, il numero di allievi non italiani si avvicini a 500 mila, con un'incidenza di circa il 5 per cento della popolazione scolastica complessiva.
Alla luce di questi dati occorre richiamare l'attenzione su due caratteristiche proprie della situazione italiana. La prima è che la presenza di alunni stranieri è molto disomogenea e differenziata sul territorio nazionale. Si va dalle percentuali più consistenti riscontrate in Emilia Romagna (circa il 10 per cento), nella Lombardia (circa l'8 per cento), nel Veneto e nelle Marche, fino alla percentuale minima della Campania che si avvicina all'1 per cento.
L'area geografica del Paese con l'incidenza maggiore è, come sappiamo, il nord-est con l'8,4 per cento. Per quanto riguarda la provenienza degli alunni stranieri, si registra una molteplicità di cittadinanze: ne contiamo 191 su 194 Stati, con un aumento significativo dell'incidenza di quelle dei paesi dell'est europeo.
La seconda caratteristica è la rapidità del cambiamento e la mobilità delle varie cittadinanze sul nostro territorio che portano a situazioni di concentrazione di alunni stranieri in singole scuole o territori, fenomeno di fronte al quale si pone il problema di un'equilibrata distribuzione delle presenze, raggiungibile, però, attraverso un'intesa fra scuole e reti di scuole, in collaborazione con gli enti locali.
La costruzione di reti e coordinamenti è utile anche per la costruzione di un'offerta formativa che riduca le disuguaglianze ed i rischi di esclusione.
È, inoltre, opportuno ricordare che fin dal principio l'Italia ha scelto la piena integrazione di tutti nella scuola, ivi compresi i minori stranieri presenti nel territorio dello Stato, attraverso lo strumento dell'educazione interculturale per la cui realizzazione sono necessari specifici interventi per l'apprendimento della lingua, per l'adeguamento dei programmi, per la formulazione di contenuti e stili educativi interculturali, per il ricorso ai mediatori linguistici e culturali, in caso di necessità, nell'ambito di un'adeguata programmazione.
In tale quadro non vi è dubbio che il problema dell'inserimento linguistico rappresenti il nodo primario, seppure non l'unico, dinanzi al crescere delle classi


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multietniche. A tale proposito, le risorse alle quali i singoli istituti scolastici possono ricorrere per i servizi di mediazione linguistico-culturale sono regionali e vengono trasferite ai comuni su richiesta e consultandosi con i dirigenti scolastici del territorio.
L'educazione interculturale, inoltre, con particolare riguardo alla didattica dell'italiano come lingua seconda, richiede indubbiamente una continua crescita professionale di tutto il personale della scuola.
Ricordo, infine, che la sistematizzazione degli interventi per una coerente opera di inserimento nel sistema scolastico di alunni di provenienza straniera è offerta dalle linee guida per l'accoglienza e l'integrazione degli alunni stranieri del 1o marzo del 2006.
La nostra mozione, quindi, impegna il Governo, in primo luogo, a investire risorse dedicate di personale docente, utilizzando gli insegnanti che in gran parte sono già stati formati per l'insegnamento di italiano come seconda lingua. Ciò potrà avvenire, sia distaccandoli, in parte o totalmente, dagli alunni e dall'orario di insegnamento nella propria classe, sia trasformandoli in insegnanti facilitatori linguistici e di integrazione all'interno del proprio istituto o in coordinamenti di scuole, di reti, come dicevo prima, utilizzando e stimolando la formazione di reti ed il coordinamento di più istituzioni scolastiche presenti su uno stesso territorio.
In secondo luogo, la nostra mozione impegna il Governo a prevedere, nella prossima legge finanziaria, stanziamenti aggiuntivi per la formazione diffusa di dirigenti scolastici e di insegnanti, finalizzati a promuovere ulteriormente l'educazione interculturale ed in particolare la possibilità di disporre di risorse di personale dedicato per la facilitazione linguistica e l'integrazione, soprattutto in quei contesti, a cui si è fatto riferimento in più testi di mozione, a forte concentrazione di alunni stranieri (Applausi dei deputati del gruppo L'Ulivo).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Paoletti Tangheroni, che illustrerà anche la mozione Bertolini n. 1-00168, di cui è cofirmataria. Ne ha facoltà.

PATRIZIA PAOLETTI TANGHERONI. Signor Presidente, stiamo affrontando un tema estremamente delicato che si inserisce nella grande scommessa che ci accingiamo a compiere: quella sull'integrazione culturale. Molto correttamente la collega Frias ha spiegato che, se ci troviamo a parlare di tale argomento, è perché questa situazione costituisce un problema da affrontare. Ringrazio la collega per la chiarezza, perché è vero: esistono situazioni che pongono diversi problemi.
Credo anch'io che vi sia un refuso nella mozione Gibelli: come notava anche la collega Frias, non vi è stato un aumento di 500 mila ragazzi in un anno. Tuttavia, è vero che, dal 1996 al 2006, siamo passati da 50 mila a 500 mila ragazzi stranieri: ragazzi che, peraltro, provengono da 191 Paesi diversi, con realtà, esigenze e situazioni che non sono omologabili. Ciò complica il problema, poiché non si possono fornire risposte standardizzate.
Quel che è certo è che non possiamo far finta di non vedere il problema che si determina quando in una classe di insegnanti, che non è attrezzata, vi sono quattro o cinque bambini che non sanno parlare italiano. In tale caso, l'insegnante si trova a dover affrontare la problematica, mentre fornisce il servizio per il quale - non dimentichiamolo - paghiamo le tasse (poiché si pagano le tasse per fornire un servizio ai ragazzi, siano essi stranieri o no, in quanto la legge prevede l'obbligo di formazione): le difficoltà di questi insegnanti non sono certamente trascurabili.
È anche vero che questi bambini, per integrarsi devono apprendere la nostra lingua e la nostra cultura, con serenità e senza essere ghettizzati. Se è vero che le classi differenziali con un percorso fisso, a parte, discriminano e ghettizzano, è anche vero che partecipare ad una classe senza comprendere e senza capire toglie sicurezza: anche questa è una forma di ghettizzazione molto pericolosa, tanto più in


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una situazione di crisi della scuola che ci costringe ad assistere ogni giorno (questo è un problema che affronteremo certamente in un'altra sede) a fenomeni di bullismo e di discriminazione. Tali fenomeni potrebbero, infatti, verificarsi proprio ai danni di questi bambini che si troverebbero in una situazione di fatto discriminata. Il problema deve, dunque, essere affrontato anche da questo punto di vista.
Diceva la carissima collega Frias che, alla fine, ciascuno ha la propria ideologia; a tale riguardo, credo che non bisogna cadere nella tentazione di ideologizzare un problema che può non essere ideologizzato, poiché abbiamo a disposizione un faro che ci guida nelle scelte migliori per i bambini e per le loro famiglie. Dunque - dice giustamente Frias - non si deve attribuire ai bambini e ai ragazzi stranieri la responsabilità di rallentare le lezioni. Ciò è verissimo: però, vi è il problema che veramente le lezioni vengono rallentate, il percorso didattico non scorre fluidamente per nessuno, e si rischiano discriminazioni proprio per quei bambini che non hanno gli strumenti di base.
Bisogna dunque rispondere a questa effettiva difficoltà: certamente la risposta non va cercata nella burocratizzazione del fenomeno di integrazione. Non credo che la figura del mediatore culturale nelle scuole sia una risposta: può esserlo in casi estremi; ma preferirei percorrere, se possibile, la strada di offrire ai tre soggetti che entrano in gioco in questo fenomeno di integrazione - gli allievi, le loro famiglie e gli insegnanti - gli strumenti per la mediazione culturale, e non formare una figura «altra», poiché, altrimenti, non si declina mai una vera integrazione culturale.
Essa deve entrare a far parte della professionalità degli insegnanti, delle risorse e delle possibilità dei genitori e, soprattutto, deve diventare una prassi scontata per il ragazzo che viene integrato e che si ritrova così al proprio fianco genitori in grado di comprendere i suoi problemi ed insegnanti che ne hanno la capacità.
La nostra mozione, quindi, intende riconoscere il valore da attribuire alle famiglie e agli insegnanti in qualità di veri mediatori culturali, di assistenza alla mediazione culturale, la quale deve realizzarsi nelle famiglie.
Perciò, crediamo si debbano prevedere appositi corsi di sostegno anche per le famiglie; a tal riguardo, quando suggeriamo nella nostra mozione di favorire i processi di integrazione, non proponiamo soltanto di limitarsi ai percorsi scolastici intesi come classi frequentate dagli allievi, ma anche di sostenere le famiglie e, soprattutto, di aiutare gli insegnanti a svolgere il loro ruolo di mediazione e di facilitazione alla socializzazione in senso lato.
Se la socializzazione deve avvenire tra bambini di culture e mondi diversi, è evidente che la loro diventa, precipuamente, un'azione di mediazione culturale.
Desidero, però, richiamare l'attenzione dell'Assemblea sul soggetto «allievo», il quale non domanda di meglio che di integrarsi il prima possibile, ma per farlo deve disporre di alcuni strumenti di base, in primo luogo la lingua.
Quindi, non pensiamo a percorsi, a classi differenziali, ma certamente occorre prevedere corsi integrativi, corsi transitori di inserimento forti, nei quali si abbia la certezza che non avvenga quel fenomeno di discriminazione per cui, all'origine, si orienta il ragazzo che proviene da lontano a certi mestieri e professioni.
Ma credo che, se l'insegnante è preparato e, soprattutto, se i genitori sono messi nelle condizioni di verificare quanto viene proposto ed insegnato ai ragazzi, questo pericolo possa essere scongiurato.
Mi ero preparata alcuni dati, ma non intendo annoiare l'Assemblea con la lettura di statistiche che pure sono interessanti, perché forniscono, soprattutto, raffronti con altri Paesi che hanno tentato l'integrazione culturale, ma che certamente non rappresentano modelli per noi.
La Francia, ad esempio, non ha vinto la scommessa dell'integrazione culturale, come abbiamo visto, e non l'ha vinta


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neppure l'Inghilterra, che aveva tutto un altro meccanismo di integrazione culturale.
La Francia, infatti, aveva «ghettizzato» (se mi si passa il termine nel suo senso migliore), aveva isolato, mentre l'Inghilterra aveva delegato, adottando un modello del tipo: «fate quello che volete, io mi riferisco a un vostro capo, ad un vostro referente, poi all'interno di ciò fate come volete», assicurando quindi una assoluta libertà all'interno delle strutture, ma ugualmente, questo modello non ha funzionato.
Credo, allora, che dobbiamo individuare una via diversa, ed è una via che passa attraverso l'integrazione non solo dei bambini, ma di tutti i soggetti implicati, e quindi, ripeto, le famiglie.
Se espropriamo le famiglie della funzione principale di mediare per i loro bambini con il mondo esterno, attraverso le figure burocratiche di mediatori culturali rappresentate da dipendenti, da personale docente o non docente, se espropriamo, inoltre, l'insegnante del suo ruolo di favorire la socializzazione all'interno della classe, rischieremo di perdere questa scommessa che è molto importante e che non possiamo permetterci di perdere.
Credo che, al di là della lettera delle mozioni presentate - e mi rivolgo al Governo -, si debba prendere in considerazione l'intenzione di affrontare il problema con lo scopo di risolverlo.
Allora, cerchiamo di valutare un'opportuna distribuzione delle risorse esistenti nel mondo della scuola per scongiurare i rischi che potrebbero derivare da un'allocazione negativa delle stesse (essa si pone all'origine dell'integrazione nel mondo dei ragazzi), perché ciò può rappresentare veramente un danno gravissimo che non ci possiamo permettere.
Allochiamole bene, sin da ora, cercando di capire quali sono le scelte migliori per i ragazzi, per la loro reale integrazione, mettendo da parte i timori - non mi riferisco a nessuno, ma questo è il rischio - ed i pregiudizi che potrebbero essere ideologici, ponendo al centro delle nostre scelte il bene dei ragazzi e, soprattutto, individuando in essi la possibilità di scongiurare la xenofobia, nonché i fenomeni di rifiuto, vincendo così la grande scommessa rappresentata da un'integrazione che può verificarsi solo se vi è serenità fra tutte le parti coinvolte.

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Sasso. Ne ha facoltà.

ALBA SASSO. Signor Presidente, riprendo alcuni dei temi che le colleghe che mi hanno preceduto hanno già illustrato, partendo dalla considerazione che, negli ultimi anni, si è registrato un aumento consistente di alunni stranieri. Nell'ultimo anno scolastico si riscontra la cifra di circa 500 mila, mentre nella maggior parte dei paesi dell'Unione europea la percentuale della popolazione straniera varia dal 2 al 9 per cento. Questa forte crescita ha riguardato in Italia soprattutto la scuola materna e la scuola elementare e, per quanto riguarda la distribuzione geografica, particolarmente le regioni del centro-nord.
Vi è stato anche un cambio di presenza degli immigrati: vi sono sempre più figli di immigrati che nascono in Italia e che contribuiscono anche alla crescita demografica italiana. Inoltre, vi sono numerosi ricongiungimenti familiari e, quindi, si determina quel fenomeno che si può definire radicamento dell'immigrazione: si passa da un'immigrazione a tempo, a scopo determinato, per motivi lavorativi, per esempio, ad una che si pone l'obiettivo dell'insediamento delle famiglie migranti in Italia. Questo aspetto, lo sostenevo prima, determina un forte aumento del numero dei bambini figli di migranti che sono distribuiti - lo ricordavano già alcune colleghe - con percentuali assai differenti nel nostro Paese. Vi è una presenza più significativa nelle regioni economicamente più sviluppate, dotate di un mercato del lavoro più ricettivo, come l'Emilia-Romagna, l'Umbria, le Marche, la Lombardia e il Veneto, mentre agli ultimi posti si attestano regioni come la Puglia, la Calabria e la Sicilia, ossia i luoghi dello sbarco e del transito.


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La scuola italiana, sin dall'inizio, ha saputo accogliere bambini stranieri e ha saputo riflettere sui temi dell'intercultura. Esperienze assai significative si sono diffuse sul territorio e si sono realizzate nel tempo anche con l'aiuto di avvertiti enti locali e con l'iniziativa di singole scuole. Tuttavia, l'impegno generoso della scuola o dei singoli non basta!
La scuola italiana - permettetemi questo giudizio - è sempre straordinaria nell'emergenza. I problemi cominciano quando occorre dare qualche elemento di stabilità normativa, di risorse, di completezza giuridica rispetto ai compiti da svolgere.
Allora, vorrei ricordare che nel corso di questi anni - lo ribadisco anche al collega Gibelli e agli altri colleghi che sono intervenuti - la scuola italiana su questo terreno non parte da zero. Già ha dato e ha fatto molto, utilizzando strumenti di vario tipo, per esempio l'insegnamento dell'italiano come seconda lingua, ritenuta ovviamente una competenza essenziale per la comunicazione in primo luogo e anche come strumento di apprendimento per le nozioni.
Analogamente sono stati attivati corsi di formazione per i docenti, mentre per gli allievi sono stati creati laboratori linguistici e testi mirati in relazione alle lingue straniere più diffuse tra gli immigrati. Sono state inoltre individuate figure specifiche quali i mediatori linguistici e figure professionali capaci di dialogare con le famiglie e aiutare i ragazzi nella padronanza della lingua.
Purtroppo, lo dobbiamo dire, negli ultimi anni ci sono stati molti «tagli» rispetto a queste esperienze: sono stati tagliati risorse per i mediatori linguistici, in una delle leggi finanziarie dello scorso quinquennio, e sono stati tagliati i fondi all'autonomia scolastica, che è sempre stata lo strumento per articolare percorsi e per promuovere progetti. Pertanto, di fronte ad una situazione di ristrettezza, comincia a diventare pesante anche la situazione del rendimento scolastico per queste bambine e per questi bambini.
Molte sono le variabili che influenzano il rendimento scolastico. Non si tratta solo della mancata conoscenza della lingua. Il problema, infatti, è più complesso: si tratta di difficoltà di ordine economico, psicologico, affettivo. Si tratta anche, spesso, ed è stato ricordato, di atteggiamenti dei genitori oscillanti tra la voglia di radicarsi e la nostalgia della loro terra. Tutti questi elementi si proiettano sui bambini ed influenzano in maniera profonda il loro percorso di integrazione con i coetanei.
Lo ripeto, non si tratta solo di problemi didattici: la riuscita o il fallimento della scolarità dei bambini migranti riguarda anche aspetti psicologici ed affettivi. Per esempio, il «bambino altro» subisce inevitabilmente una maggiore attenzione da parte dei suoi coetanei, così come da parte degli adulti, e tutto questo lo fa sentire al centro di un'attenzione non sempre benevola. Percepisce la differenza, e su questa percezione imposta i pilastri della propria personalità e della propria appartenenza. La collega Mercedes Frias parlava della sindrome dell'eterno ospite.
Vi è anche qualcos'altro: spesso è problematico il passaggio delle comunicazioni dalla scuola alla famiglia. Ricordo, per amore di cronaca, che nella scorsa legislatura alcuni colleghi della Lega presentarono un'interrogazione sull'esperienza di una scuola di Lucca che aveva proposto di fornire le comunicazioni scuola-famiglia non sono in lingua italiana, ma anche nella lingua d'origine delle famiglie. Tale esperienza fu ritenuta sbagliata. Credo, invece, che si sia trattato di una proposta giusta, perché agire sui genitori, come ha ricordato la collega Paoletti Tangheroni, è molto importante per rendere più familiare ai ragazzi la nuova situazione in cui si trovano a vivere.
Devono imparare a conoscere la nuova scuola, le sue regole, la sua disciplina, devono imparare l'italiano per comunicare con gli altri, per giocare e per studiare: è una lingua non solo per parlare, ma anche per esprimere idee, concetti, astrazioni, una lingua per pensare.
Vogliamo renderci conto dell'enorme sforzo che questi bambini, questi ragazzi,


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queste famiglie compiono per cercare di inserire al meglio se stessi ed i propri figli nel contesto italiano, ma nel contempo per conservare la propria lingua e le tradizioni dei Paesi di provenienza? Ritengo sia necessario fare dei passi in avanti, o meglio fare dei passi diversi. Non si tratta solo della politica della scuola. Occorre affrontare il problema nella sua complessità, dalle politiche dell'emigrazione alle politiche sociali e alle politiche della giustizia, che devono avere tutte lo stesso obiettivo: l'uguaglianza delle opportunità, per gli individui e per le comunità, in modo che le differenze non si trasformino in disuguaglianze.
Un bellissimo rapporto europeo di qualche anno fa trattava proprio di questo: valorizzare le differenze, combattere le diseguaglianze.
Credo che la presenza di alunni stranieri, di figli di migranti, richieda anche uno sforzo di decentramento e di ripensamento dell'asse formativo della nostra scuola. Non possiamo limitarci a far calare la nostra cultura dall'alto su questi ragazzi. Vi è la necessità di rivedere i programmi, di ripensare gli spazi e i tempi, di connettere i percorsi formativi dei diversi ordini di scuola. Questo riguarda anche l'università, perché ci sono tanti figli di migranti che frequentano l'università e hanno bisogno di supporti per acquisire il possesso pieno della lingua, e via dicendo.
Si tratta allora di superare una situazione statica, multiculturale di fatto, a favore di un processo basato sull'incontro-confronto, sulla reciprocità, sul dialogo tra i valori proposti da persone diverse, prima ancora che da diverse culture. Stiamo ragionando sulla risposta a bisogni specifici di ragazze e ragazzi immigrati a scuola, ma stiamo facendo anche i conti con nuove esigenze di una società sempre più multietnica e multiculturale.
C'è bisogno di innovazione, diceva la collega Capitanio Santolini. C'è bisogno di considerare finita l'emergenza e di progettare interventi continuativi e specifici con investimenti in termini di risorse umane ed economiche, che rendano possibile, per esempio, la creazione, in tutte le scuole dell'obbligo, di laboratori di alfabetizzazione a più livelli per gli alunni non italofoni, gestiti da insegnanti formati e competenti, con il riconoscimento di distacchi orari in base alle effettive esigenze di ogni realtà scolastica. Ma tutto ciò potrà forse accadere nel momento in cui impareremo ad accogliere le differenze come parte necessaria della complessità, e a riconoscere che lo sguardo che diamo all'altro torna indietro e ci comunica qualcosa di nuovo anche su noi stessi. E dobbiamo sapere che non tutta la scuola accetta questa prospettiva educativa non basata sulla separazione o sulla giustapposizione, ma su reciprocità e convinzione profonda di molti, perché il problema non è tanto di preparare la scuola, ma di preparare la società.
Credo che oggi la sfida della multiculturalità sia sempre più complessa e difficile. La globalizzazione del pianeta accorcia le distanze, ma crea più paure e più arroccamenti e genera fondamentalismi, la paura dell'altro e la difesa della propria cultura. Bisogna sparigliare, sapere, pur nell'immediatezza dei problemi, che occorre lavorare in tempi lunghi, come per ogni questione che esige un cambio di mentalità.
Quello a cui non mi posso rassegnare - è un punto non negoziabile - è che l'integrazione possa avvenire per separazione. L'hanno provato in Francia: non ce la si fa! Anche l'idea di classi separate, in cui mettere insieme tutti i bambini che hanno difficoltà, non funziona; non ha funzionato neanche con l'inserimento dei bambini diversamente abili. In Italia abbiamo una scuola che è riuscita a fare progressi straordinari su questo terreno, nell'inserimento dei primi bambini «diversi» che sono entrati nella nostra scuola, e i nostri bambini hanno livelli di recupero di abilità strumentali enormi perché stanno insieme agli altri. È questo il messaggio che dobbiamo portare avanti: tenerli insieme, creando classi aperte, momenti in cui si lavora tutti insieme e


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momenti in cui si lavora per gruppi separati, rafforzando le competenze di alcuni, migliorando quelle di altri.
Non mi convince l'idea dello stare accanto come dei separati in casa.

PRESIDENTE. Onorevole Sasso, la prego di concludere.

ALBA SASSO. Concludo, signor Presidente. Non è in questa direzione che ha lavorato la scuola italiana in questi anni. A Mazara del Vallo, ad esempio, i bambini tunisini della scuola italiana incontrano anche la propria cultura e la propria religione. A Milano, con pazienza, gruppi di insegnanti ammorbidiscono le resistenze dei genitori migranti e la loro paura ad entrare nella scuola di un Paese che sembra respingere, e in alcuni casi respinge, la loro cultura.
La verità è che questa vicenda è la punta di un iceberg che parla di noi, del sapere della scuola spesso ad una dimensione, degli arroccamenti identitari, della paura di doversi confrontare ed esporsi alla conoscenza dell'altro da sé, della difficoltà di sapersi arricchire della cultura degli altri. Sono pensieri deboli? Non lo so, forse sono pensieri lungimiranti, perché costruire l'uguaglianza significa liberare le differenze, ed essere capaci di ascoltare domande e desideri significa saper progettare e costruire risposte insieme alla scuola, da parte della scuola: quelle che servono qui e ora, e quelle che possono servire per costruire il futuro (Applausi dei deputati dei gruppi Sinistra Democratica. Per il Socialismo europeo, L'Ulivo e Rifondazione Comunista-Sinistra Europea).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Frassinetti. Ne ha facoltà.

PAOLA FRASSINETTI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, nell'annunciare che anche Alleanza Nazionale presenterà una mozione su questo argomento, è indubbio che la discussione di oggi è stata costruttiva e stimolante. È evidente che tutti i Paesi stanno cercando soluzioni, delineando e concretizzando specifiche politiche sociali, con l'obiettivo principale dell'integrazione piena degli immigrati, attraverso la previsione di diritti e di doveri, tanto per gli immigrati ma anche per la società che li accoglie.
In questo contesto il ruolo della scuola è strategico, come è stato detto da più parti. La scuola, nella sua funzione pubblica, è un soggetto qualificato proprio in quanto è nella scuola che si costruiscono i valori, è nella scuola che il bambino, il ragazzo ha il suo primo impatto con la socialità, è nella scuola che viene esplicato il percorso di crescita umano e culturale.
Sono dunque determinanti le attività che vengono svolte nelle scuole per costruire, condividere e dare delle regole comuni agli studenti stranieri. E ciò deve avvenire nella vita quotidiana, per indurli a conoscere le nostre regole e la nostra storia: la conoscenza di quest'ultima è molto importante, a mio avviso, perché il concetto di reciprocità, tanto oggi declamato, venga poi concretizzato. Non ci potrà mai essere inserimento senza la conoscenza della storia del Paese nel quale questi ragazzi sono ospitati, senza rispetto, senza cultura delle identità, un'identità aperta ma sempre un'identità di appartenenza.
Un inserimento positivo, quindi, all'interno di percorsi educativi e formativi di bambini e ragazzi di cittadinanza straniera, di cui però deve essere valutata la complessità. Va preso in considerazione il fattore numerico: esiste una profonda disomogeneità di concentrazione territoriale, questo è indubbio; esiste una frammentazione, è banale parlare senza analizzare le differenze etniche degli studenti stranieri che comportano quasi sempre la presenza contemporanea nelle classi di alunni provenienti da paesi di lingua e cultura profondamente diverse tra di loro. Un grande ostacolo, che va superato, è quello di un contesto linguistico spesso totalmente sconosciuto.
Dal rapporto pubblicato dal Ministero della pubblica istruzione nel dicembre 2006 intitolato «Alunni con cittadinanza non italiana - Scuole statali e non statali»


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risulta che nell'anno scolastico 2005-2006 gli alunni di cittadinanza non italiana erano 424.683, con un incremento rispetto all'anno precedente pari al 17,5 per cento. Per l'anno in corso 2006-2007 il numero stimato è di 485.706, mentre per il 2010-2011 se ne prevedono 747.678.
È inutile in questa sede continuare l'approfondimento sui numeri e sui dettagli tecnici, ma è importante, per avere una visione di insieme, sapere che le scuole con incidenza più elevata sono le elementari e che l'area del Paese con incidenza più elevata è sicuramente il nord-est.
La provincia con l'incidenza più elevata è quella di Mantova, e il comune capoluogo è quello di Milano. I dati ci segnalano una concentrazione di alunni stranieri nei singoli territori e, nell'ambito di questi territori, nelle singole scuole. La presenza di tali studenti è destinata ad aumentare sempre di più - è un dato indubbio - in considerazione del fatto che le donne straniere, come risulta dal recentissimo rapporto ISTAT del maggio 2007, hanno una propensione ad avere figli doppia rispetto a quelle italiane. Quindi i bambini di origine straniera che nascono in Italia rappresentano, ormai, quasi il 10 per cento del totale delle nascite.
Si tratta di dati sui quali confrontarci. Oltre alla presenza numerica degli alunni stranieri che frequentano la scuola, va considerato poi, come un ulteriore dato di complessità, il ritardo scolastico, inteso quale frequenza di una o più classi inferiori rispetto a quelle previste dall'età anagrafica. È evidente che l'inserimento di studenti che hanno altre età in classi per loro disomogenee può creare dei problemi anche per quanto riguarda lo spirito di aggregazione che viene a crearsi nelle classi stesse, soprattutto nelle scuole primarie. Tali dati dimostrano ancora di più quanto sia critico e delicato per l'intera classe, quindi anche per gli studenti italiani, il momento dell'ingresso di un alunno straniero nella scuola, soprattutto se è un adolescente e arriva ad anno scolastico già iniziato.
La presenza di alunni stranieri è un dato strutturale. Al di là di tanti discorsi fatti, delle buone pratiche e delle singole iniziative di integrazione da parte delle scuole, queste ultime appaiono sempre più sole. Si tratta, a mio avviso, di una grande preoccupazione che dovremmo avere. La scuola non va lasciata sola, l'autonomia non significa solitudine e troppo spesso, invece, le scuole vengono abbandonate, lasciate in solitudine. L'accoglienza deve essere un sistema dotato di strumenti, di risorse idonee messe a disposizione delle scuole, con una convergenza di diversi soggetti istituzionali, per evitare che vi sia un inserimento tout court, e venga così affievolito il diritto formativo di un'intera classe. Quindi è necessaria la tutela anche degli studenti italiani che hanno la volontà di raggiungere l'eccellenza e, nello stesso tempo, la tutela del diritto all'accoglienza.
Occorre, dunque, una fattiva interazione tra i soggetti istituzionali coinvolti, mirata alla predisposizione di misure finalizzate a dare indirizzi alle scuole, e un concreto appoggio con risorse aggiuntive e con un'assegnazione equilibrata delle stesse, tenendo conto della specificità territoriale.
L'intervento non può essere generalizzato, burocratizzato e centralizzato, ma bisogna tenere conto delle differenze territoriali e sostenere ed implementare la collaborazione dei centri territoriali permanenti dell'educazione degli adulti. Al riguardo vi è un appunto da muovere al Governo, in quanto l'articolo 1, comma 632, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria per il 2007), prevedeva la costituzione di tali centri territoriali permanenti: ogni provincia avrebbe dovuto avere un centro permanente in modo che anche gli studenti, soprattutto quelli in età adolescenziale, dai sedici anni in avanti, potessero insieme alle famiglie e agli adulti affinare il loro apprendimento della lingua. Ma a questa norma della legge finanziaria non è seguito da parte del Governo un effettivo impegno.
È quindi inutile, anche da parte della maggioranza, auspicare un impegno di risorse quando non si riesce nemmeno ad


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attuare le misure concrete introdotte pochi mesi fa dalla legge finanziaria. Questo è sicuramente un brutto modo di interpretare quella che è una procedura difficile, ma sicuramente necessaria, per cercare di inserire ragazzi più grandi, di oltre sedici anni, in corsi che dovrebbero avere un organico dedicato e organizzato, con una previsione di risorse integrate per la realizzazione di un sistema di corsi di italiano, propedeutici alla frequenza scolastica.
La lingua è importantissima, e deve essere insegnata sia per agganciare gli stranieri a un'identità e al rispetto delle nostre tradizioni, delle nostre leggi, della nostra storia, della nostra religione, sia per dare loro l'opportunità di accelerare i percorsi di apprendimento didattico all'interno della scuola.
Questo sicuramente è uno dei passaggi cruciali senza il quale non si potrà avere quella integrazione e quel salto di qualità del mondo della scuola. Senza un forte intervento, senza una decisiva volontà politica si continuerà solo a parlare di uguaglianza ma, nella realtà, si fabbricheranno solo ineguaglianze.
Speriamo che non sia così, ma osservando quello che il Governo ha realizzato in questi mesi non c'è da essere soddisfatti e neanche molto ottimisti per il futuro che ci aspetta (Applausi dei deputati dei gruppi Alleanza Nazionale e Forza Italia).

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali delle mozioni.

(Intervento del Governo)

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il sottosegretario di Stato per la pubblica istruzione, Maria Letizia De Torre.

MARIA LETIZIA DE TORRE, Sottosegretario di Stato per la pubblica istruzione. Signor Presidente, sono molto soddisfatta di questo momento di confronto che si è creato in Assemblea.
Alcuni mesi fa avevo proposto alla Commissione cultura di confrontarci sul problema degli alunni di origine non italiana. Ciò non è stato ancora possibile ma credo che l'attuale discussione sulle linee generali delle mozioni abbia risposto molto bene all'esigenza che il Governo ha - e io in particolare - di confrontarci per operare le scelte migliori.
Ci sarebbe molto da dire ma cercherò di impiegare pochi minuti per rispondere alle esigenze che avete espresso. Ritengo ciò un inizio per poi continuare su questa strada.
Quando abbiamo iniziato il lavoro, ormai un anno fa, abbiamo trovato un importantissimo documento del precedente Governo, datato 1o marzo 2006, le linee guida per l'integrazione degli alunni stranieri, che rimane, ancora oggi, il testo su cui ci rapportiamo per il nostro lavoro.
Insieme a ciò ci siamo resi conto che, come qualcuno di voi ha sottolineato, essendo ormai la presenza di alunni di origine non italiana strutturale nella scuola, non erano sufficienti (lo ha precisato l'onorevole Capitanio Santolini) le buone esperienze maturate nella scuola dell'autonomia. Occorreva che vi fosse un lavoro globale, occorreva che il Ministero svolgesse il suo compito strutturale di accompagnamento.
Questo è stato il lavoro a cui ci siamo dedicati nel corso di quest'anno. Lo abbiamo svolto istituendo immediatamente un osservatorio che ha un triplice compito: quello di avere un supporto scientifico con le migliori risorse del Paese; quello di avere un confronto con tutte le realtà che operano nel Paese; quello di mettere il Ministero e i ministeri in condizione di lavorare in rete.
I punti delle mozioni che voi avete illustrato sono, come è stato già precisato dall'onorevole Tranfaglia, per molti versi molto simili e anche questo mi sembra un aspetto positivo. Ho cercato di comporli in un quadro sinottico e ho trovato elementi simili. Quindi, brevemente, rispondendo alle vostre esigenze, cercherò di illustrare per titoli quello che stiamo facendo.


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Tutte le mozioni, o quasi tutte, parlano di accoglienza, come di accoglienza si parla a fondo anche nelle linee guida del precedente Governo. Ritengo che questa sia una delle azioni più importanti, in quanto comporta che la presenza degli alunni stranieri nelle classi si realizzi in modo efficace.
Non credo che dobbiamo temere di aver espresso tale concetto in maniera diversa, perché raccontandovi l'esperienza di un comune italiano, precisamente Firenze, dimostrerò come, anche quanto espresso dalla Lega Nord sia utile. Il comune di Firenze ha, per le scuole dell'obbligo, cinque centri in città in cui confluiscono tutte le scuole dove i ragazzi imparano l'italiano quando arrivano, soprattutto quando arrivano in corso d'anno, sono adolescenti, e non conoscono la nostra lingua. Ovviamente essi vengono destinati alla loro classe, nel quartiere in cui abitano, nella loro scuola e poi, per un tempo che è definito dai test di ingresso linguistici, sono accompagnati in tali centri dove per un mese, due mesi, sei mesi (il periodo può essere anche prorogato), imparano la lingua italiana. Ritengo che ciò sia un elemento importante.
Analogamente, avete parlato dell'accoglienza delle famiglie: proprio alle famiglie il Ministro stesso ha dedicato gran parte del lavoro dei centri territoriali che adesso si stanno ristrutturando e che si impegneranno in modo particolare nell'apprendimento dell'italiano per i genitori o anche nell'apprendimento di cultura generale.
Qualcuno di voi, penso l'esponente di Forza Italia, ha parlato anche dell'importanza di recarsi nelle famiglie. Ebbene, anche questa iniziativa è avviata: il comune di Pordenone, ad esempio, attraverso personale pagato di un'associazione, di una cooperativa, accoglie gli alunni e manda nelle famiglie gli operatori, che fanno da mediatori non solo con la scuola, ma anche con la squadra di calcio, con le attività libere, con il quartiere. Anche questo è importante. Penso, quindi, che possano essere accolte tutte le osservazioni che sono state espresse in Assemblea riguardo all'importanza di un'accoglienza corretta e dell'apprendimento della lingua italiana.
Sicuramente occorrono risorse aggiuntive, come è stato detto in tutti i vostri interventi. Devo dire che, negli anni passati, sono stati formati, per l'insegnamento dell'italiano come seconda lingua, oltre 700 docenti, più di 300 dei quali hanno conseguito il titolo del corso, che si è svolto insieme alle università di Venezia, di Pisa e di Urbino. Gli altri docenti devono terminare il percorso per il conseguimento del titolo. Sarebbe importante, come ha detto l'onorevole Froner, che questi docenti potessero essere distaccati, per una parte o per la totalità del loro orario, per servire non solo la propria scuola, ma anche la rete delle scuole che afferisce all'istituto dove essi insegnano.
È assolutamente importante - e io lo prendo come un impegno dell'intero arco delle forze politiche per la prossima legge finanziaria - destinare una quota delle risorse al fine di svolgere sempre meglio il compito dell'insegnamento della lingua, perché, come ha detto l'onorevole Capitanio Santolini, occorre superare i livelli linguistici, che sono l'unica barriera che si frappone tra questi ragazzi ed i ragazzi nati in Italia. Certamente ci sono anche barriere della cultura di origine che ciascuno si porta dietro, ma ciò avviene anche nel nostro Paese. Penso, dunque, che ci dobbiamo dedicare in modo particolare a tale obiettivo.
In qualche mozione si chiede di accrescere il fondo per l'inclusione sociale: colgo l'occasione per dire che, come Ministero della pubblica istruzione, stiamo lavorando insieme al Ministero della solidarietà sociale ed abbiamo lavorato, proprio negli ultimi tempi, per dare un orientamento alla destinazione dei fondi che si attribuiscono agli enti locali.
Sono proprio gli enti locali che mettono a disposizione delle scuole i mediatori culturali. È vero quello che è stato detto: la scuola, oltre ad essere un'esperienza, deve pensare a trasmettere dei saperi, e


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quindi si farà carico dei mediatori linguistici, cioè del compito di oltrepassare la barriera linguistica.
Con riferimento all'aggiornamento del personale, concordo assolutamente con la sottolineatura dell'importanza dell'aggiornamento dei dirigenti scolastici. Il 17, il 18 e il 19 maggio è stato tenuto un corso di aggiornamento di tre giorni per i dirigenti scolastici che hanno alunni stranieri in misura superiore al 30 per cento. Avere molti alunni stranieri non è, di per sé, una difficoltà: molti dirigenti ci hanno detto che non incontrano particolari problemi, perché gli alunni sono figli di stranieri nati in Italia, che dunque conoscono benissimo la lingua. Ma una scuola multiculturale, come quella di oggi, richiede certamente nuove competenze, in modo particolare nei dirigenti, ma anche in tutti i docenti.
È stato da voi sottolineato, inoltre, che è bene coordinarsi con gli enti locali: sono assolutamente d'accordo e stiamo cercando di farlo. Per il prossimo autunno, è in cantiere un seminario - che terremo insieme con l'ANCI e con l'aiuto dell'Istituto degli innocenti di Firenze - sugli alunni stranieri, per vedere come scuole ed enti locali possano collaborare.
Si è molto parlato, poi, del modello ed è certamente importante che l'Italia, oltre ad aver scelto l'interculturalità, trovi un suo modello. In ottobre, si terrà un seminario a livello nazionale, ma di valenza europea, che metterà a confronto il nostro modello, che stiamo elaborando con l'aiuto del comitato scientifico, con quello degli altri Paesi europei. Ci sono stati, però, diversi convegni a Padova, a Rimini, a Milano, a Ragusa, che hanno già confrontato la nostra esperienza con quella francese, anzi con le esperienze francofone anche del Canada oltre che della Francia, con le esperienze inglesi e dell'Europa centrale. I risultati di questo lavoro verranno esposti nel seminario previsto per il prossimo autunno.
Sicuramente, affrontiamo problemi per la presenza di alunni che non conoscono l'italiano o appartengono da un'altra cultura. Da qualche tempo, arrivano in Italia anche ragazzi completamente analfabeti. Abbiamo, inoltre, il problema del riconoscimento dei titoli di studio, del ricongiungimento, come avete affermato, dei contenuti. Immaginate, ad esempio, i libri di geografia che non contengono i Paesi da cui questi ragazzi provengono. Il cantiere che si è messo in piedi, però, credo che ci dia speranze e la sicurezza di poter vincere questa sfida.
Vorrei chiudere dicendo che siamo convinti di due cose. La prima convinzione è che, anche se non vi fossero alunni stranieri nelle nostre scuole, anche se non vi fossero alunni immigrati, la scuola italiana sarebbe ugualmente, ed è, una scuola inserita in un mondo multiculturale. Inoltre, il compito della scuola italiana di trasformarsi e di saper formare ragazzi che sappiano «leggere» il mondo globalizzato di oggi e cogliere gli aspetti positivi del mondo globalizzato e interculturale, sarebbe ugualmente, ed è, un nostro compito.
L'altra convinzione viene anche dalle buone prassi, dagli studi che vengono condotti, da ultimo quello guidato dall'università cattolica di Milano, che attestano che non necessariamente una classe con alunni stranieri fa più fatica nell'apprendimento. E ciò vale anche per i ragazzi italiani. Occorrono, certamente, le condizioni, le buone prassi che voi avete indicato, ma diverse ricerche provano che la presenza di alunni stranieri, laddove ci sono buone prassi, è uno stimolo e che anche i ragazzi italiani apprendono meglio.
Siamo convinti, dunque, che l'occasione per la scuola italiana di passare dall'essere omogenea ad una scuola multiculturale sarà un'occasione per migliorare la nostra scuola, per tutti i ragazzi, anche per quelli italiani in Italia da sempre. Grazie, quindi, e spero che questo confronto possa continuare.

PRESIDENTE. Il seguito della discussione è rinviato a dopo l'esame del disegno di legge in materia di liberalizzazione. Sospendo brevemente la seduta, che riprenderà con l'esame del disegno di legge in materia di liberalizzazione.


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La seduta, sospesa alle 16,55, è ripresa alle 17,20.

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE FAUSTO BERTINOTTI

Missioni.

PRESIDENTE. Ad integrazione di quanto già comunicato alla ripresa della seduta, comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, la deputata Mura è in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente settantadue, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Seguito della discussione del disegno di legge: Misure per il cittadino consumatore e per agevolare le attività produttive e commerciali, nonché interventi in settori di rilevanza nazionale (Testo risultante dallo stralcio degli articoli 28, 29, 30 e 31 del disegno di legge n. 2272, deliberato dall'Assemblea il 17 aprile 2007) (A.C. 2272-bis-A) (ore 17,22).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge n. 2272-bis-A: Misure per il cittadino consumatore e per agevolare le attività produttive e commerciali, nonché interventi in settori di rilevanza nazionale.
Ricordo che nella parte antimeridiana della seduta si è svolta la discussione sulle linee generali.

(Esame degli articoli - A.C 2272-bis-A)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame degli articoli del disegno di legge nel testo della Commissione.
Ricordo che le Commissioni I (Affari costituzionali) e V (Bilancio) hanno espresso i prescritti pareri, che sono distribuiti in fotocopia (vedi l'allegato A - A.C. 2272-bis sezioni 1 e 2).
Avverto che sono state ritirate dai presentatori, prima dell'inizio della seduta, le seguenti proposte emendative: Pedica 1.4, Saglia 6.1, 6.03, 6.06, 6.07, 6.08, Mazzocchi 13.201 e Burchiellaro, 17.0200.
Avverto, altresì, che è in distribuzione la nuova formulazione degli emendamenti Turco 42.052 e Mantini 13.206.
La Commissione ha presentato alcune proposte emendative, il cui testo è distribuzione. Il termine per la presentazione di subemendamenti è fissato alle ore 19.
Ai sensi degli articoli 86, comma 1, e 89 del Regolamento, la Presidenza non ritiene ammissibili le seguenti proposte emendative non previamente presentate in Commissione: Urso 7.0202 e 7.0203 (pagine 41, 42, 43 e 44 del fascicolo n. 1 degli emendamenti), che recano disposizioni volte alla definizione di un piano energetico nazionale e per la realizzazione di impianti nucleari; Valducci 8.0200 (pagine 45 e 46), volto a introdurre sanzioni per gli enti territoriali che ostacolino la realizzazione di opere dichiarate di pubblica utilità; Folena 25.0201 (pagina 86), recante disposizioni concernenti i lavoratori operanti nel restauro di beni culturali; Stradella 27.0200 (pagine 88 e 89), recante disposizioni in materia di interventi di manutenzione nell'alveo dei fiumi; Stradella 27.0201 (pagina 89), volto a escludere dagli obblighi di assunzione dei lavoratori disabili i datori di lavoro del settore edile; Angelo Piazza 33.0200 (pagina 91), recante misure in materia di concordato nelle procedure di liquidazione coatta amministrativa; Urso 33.0201 (pagina 92), che modifica la disciplina dell'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, incidendo sul limite dimensionale delle imprese, ai fini dell'applicazione della normativa sul reintegro dei lavoratori; Della Vedova 34.0200 (pagina 94), concernente la possibilità di permanenza in servizio dei dipendenti pubblici fino a settanta anni; Trepiccione 35.0200


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(pagina 101), che disciplina gli accordi di programma per l'incentivazione della raccolta differenziata; Romagnoli 36.0202, Valducci 36.0200 e 36.0201 (pagine 103, 104 e 105), che introducono nuove fattispecie di esenzione dal pagamento dell'ICI; Cancrini 37.0204 (pagina 106), che introduce un divieto di pubblicità per i superalcolici; Chicchi 56.207 (pagine 155 e 156), recante eccezioni all'obbligo del possesso della patente nautica per condurre moto d'acqua; Gianfranco Conte 56.0201 e 56.0202 (pagine 162 e 163), volti a introdurre modifiche al codice della strada rispettivamente in tema di servizi di polizia stradale e di limiti all'utilizzo di apparecchiature per la rilevazione della velocità; Stradella 57.0200 (pagine 163 e 164), che prevede esenzioni per l'utilizzo del casco di protezione; Gianfranco Conte 57.0202 (pagina 164) recante modifiche al codice della strada in tema di utilizzo delle risorse derivanti dalle sanzioni per il superamento dei limiti di velocità; infine, Stradella 57.0201 (pagina 164), relativo alle convenzioni stipulate dalle pubbliche amministrazioni con le aziende agricole per i servizi di manutenzione del territorio.
La Presidenza si riserva di comunicare ulteriori inammissibilità nel prosieguo dell'esame del provvedimento.

ANTONIO BORGHESI. Chiedo di parlare. Sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANTONIO BORGHESI. Signor Presidente, intanto la ringrazio perché ad un certo punto lei ha rallentato molto permettendo di seguire meglio...

PRESIDENTE. Quando l'ho vista che protestava.

ANTONIO BORGHESI... Sì, però è la terza volta che intervengo su questo punto per chiedere gentilmente agli uffici se nel prepararle il testo le facessero indicare prima la pagina e dopo l'emendamento; per noi infatti, seguire sarebbe molto più rapido e molto più semplice. La ringrazio, Presidente.

PRESIDENTE. La ringrazio a mia volta. La raccomandazione sarà accolta.

LUIGI LAZZARI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LUIGI LAZZARI. Signor Presidente, le chiedo uno spostamento del termine fissato per la presentazione di eventuali subemendamenti; credo al riguardo di interpretare l'esigenza di diversi gruppi, non solo dell'opposizione. Infatti, signor Presidente, il termine delle ore 19 non tiene conto del fatto che noi siamo impegnati in Aula a seguire il provvedimento.

PRESIDENTE. Possiamo fissare il termine alle 19,30; le va bene?

LUIGI LAZZARI. No, signor Presidente, abbiamo l'assoluta esigenza di arrivare a domani mattina.

PRESIDENTE. Chiedo al relatore se sia d'accordo sul proseguimento dell'esame del provvedimento sino all'articolo 6.

ANDREA LULLI, Relatore. Concordo, signor Presidente.

PRESIDENTE. Allora il termine per la presentazione di subemendamenti alle ulteriori proposte emendative presentate dalla Commissione è fissato per domani mattina.

ANTONIO BORGHESI. A che ora?

PRESIDENTE. Alle ore 9.

(Esame dell'articolo 1 - A.C. 2272-bis-A)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 1 e delle proposte emendative ad esso presentate (vedi l'allegato A - A.C. 2272-bis sezione 3).


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Preavviso di votazioni elettroniche (ore 17,36).

PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta potranno aver luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di cinque e venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del regolamento.

Si riprende la discussione.

(Ripresa esame dell'articolo 1 - A.C. 2272-bis-A)

PRESIDENTE. Nessun chiedendo di parlare, invito il relatore ad esprimere il parere della Commissione.

ANDREA LULLI, Relatore. Signor Presidente, la Commissione esprime parere contrario sugli emendamenti Fava 1.13, Di Centa 1.204, Giuditta 1.221, Mazzocchi 1.63, nonché sugli identici emendamenti D'Agrò 1.25 e Germontani 1.213.
Il parere è altresì contrario sugli emendamenti Mazzocchi 1.2, Mazzocchi 1.3, mentre è favorevole sull'emendamento Sanga 1.222. La Commissione esprime parere contrario sugli emendamenti Valducci 1.203, Lazzari 1.205 e 1.30, Giudice 1.20 e 1.21, sugli identici emendamenti Pedica 1.4 e Affronti 1.217, nonché sull'emendamento Greco 1.26, mentre l'emendamento Fava 1.14 di fatto sarebbe assorbito a seguito del parere favorevole che la Commissione esprime sull'emendamento Sanga 1.222.
La Commissione esprime parere contrario sull'emendamento Affronti 1.220, mentre invita al ritiro dell'emendamento Valducci 1.206.
Il parere è altresì contrario sugli identici emendamenti Mazzocchi 1.5 e Burgio 1.6, nonché sugli emendamenti Fava 1.15 e 1.16, mentre la Commissione invita al ritiro dell'emendamento Saglia 1.212.
La Commissione esprime parere favorevole sull'emendamento Bernardo 1.207 mentre esprime parere contrario sugli emendamenti Giudice 1.218, Milanato 1.51 e Fava 1.17.
La Commissione invita al ritiro dell'emendamento Bonelli 1.223 - in parte, peraltro, sarebbe assorbito a seguito del parere favorevole espresso sull'emendamento Sanga 1.222 - mentre esprime parere contrario sull'emendamento Saglia 1.8.
La Commissione invita al ritiro dell'emendamento Saglia 1.9, mentre esprime parere contrario sugli identici emendamenti Saglia 1.10 e Franzoso 1.208.
Il parere è, altresì, contrario sugli emendamenti Saglia 1.11, D'agrò 1.56, Saglia 1.150, Giudice 1.219, Lazzari 1.50, D'Agrò 1.27, Valducci 1.209 e 1.210, Giuditta 1.224, Lazzari 1.200, Saglia 1.55, Lazzari 1.201 Giuditta 1.218.
La Commissione invita al ritiro gli identici emendamenti Realacci 1.210, Saglia 1.211, D'Agrò 1.216, e Fava 1.225 anche in considerazione del fatto che esprime parere favorevole sull'emendamento Germontani 1.214, che sostanzialmente, accoglie quanto previsto dai richiamati emendamenti.
La Commissione esprime parere favorevole sull'articolo aggiuntivo D'Elia 1.01, a condizione che venga riformulato in senso restrittivo.
La Commissione formula un invito al ritiro sull'articolo aggiuntivo Tomaselli 1.057 e sugli identici articoli aggiuntivi D'Agrò 1.02, Fava 1.05, Mazzocchi 1.053, Valducci 1.0200 e Affronti 1.0204.
La Commissione esprime parere contrario sull'articolo aggiuntivo Fallica 1.0215 e parere favorevole sull'articolo aggiuntivo Tomaselli 1.0206.
La Commissione esprime parere contrario sugli identici articoli aggiuntivi Fava 1.04, Mazzocchi 1.055, Milanato 1.0201 e Affronti 1.0203 nonché sull'articolo aggiuntivo Valducci 1.0202.
La Commissione chiede, inoltre, l'accantonamento dell'esame dell'articolo aggiuntivo Nannicini 1.0205.


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PRESIDENTE. Il Governo?

FILIPPO BUBBICO, Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico. Il parere del Governo è conforme a quello espresso dal relatore con le seguenti eccezioni. Esprime parere favorevole sull'emendamento Bernardo 1.207 a condizione che venga riformulato; per quanto riguarda, invece, l'articolo aggiuntivo D'Elia 1.01, il Governo si rimette all'Assemblea.

PRESIDENTE. Il rappresentante del Governo che propone una riformulazione dell'emendamento Bernardo 1.207, dovrebbe però esplicitare i termini di tale riformulazione perché se ne possa tenere conto.

FILIPPO BUBBICO, Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico. Il testo che risulterebbe dalla riformulazione dell'emendamento dovrebbe essere il seguente: «Al comma 2, dopo le parole: «tra impianti», aggiungere le seguenti: «e fra impianti ed esercizi».

PRESIDENTE. Avverto che è stata chiesta la votazione nominale mediante procedimento elettronico.
Per consentire l'ulteriore decorso del termine regolamentare di preavviso, sospendo la seduta, che riprenderà alle 17,55.

La seduta, sospesa alle 17,40, è ripresa alle 17,55.

PRESIDENTE. Avverto che l'emendamento Di Centa 1.204 è stato ritirato dalla presentatrice.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Fava 1.13.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Allasia. Ne ha facoltà.

STEFANO ALLASIA. Signor Presidente, l'articolo 1 che interviene per eliminare limitazioni allo svolgimento di attività commerciali tra loro complementari in forma integrata (tra cui quella della distribuzione di carburanti) ed il relativo emendamento che la Lega Nord Padania propone, con primo firmatario Fava, servono esclusivamente ad aumentare la possibilità che i commercianti possano sviluppare e vendere altri prodotti. Manteniamo, pertanto, tale emendamento in quanto, a nostro avviso, anche questo rappresenta un buon sistema di legalizzazione.
Abbiamo visto, in questa prima parte dell'esame dell'articolo 1, che la Commissione e il Governo hanno espresso parere favorevole nei confronti di pochissimi emendamenti. Continueremo, pertanto, a mantenere tutti gli emendamenti riferiti all'articolo 1 e successivi, in quanto non ci sembra possibile un'apertura di questa maggioranza verso le proposte concrete che la minoranza sta facendo. Pertanto, su tale emendamento, proposto dalla Lega Nord Padania, che è assolutamente liberale e liberalistico, chiediamo l'appoggio di tutta la maggioranza e della minoranza.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Raisi. Ne ha facoltà.

ENZO RAISI. Signor Presidente, trovo strano il parere contrario reso sia dal relatore sia dal Governo su tale emendamento che, onestamente, interviene in uno dei settori più monopolizzati del nostro Paese: quello della distribuzione dei giornali, dei quotidiani e dei periodici. È vero che il Governo si accinge a preparare un provvedimento sull'editoria, però ritengo che il disegno di legge in esame avrebbe potuto contenere una scelta di questo tipo, in coerenza, tra l'altro, con quanto già il ministro Bersani fece in un precedente Governo (tentando, a suo tempo, in qualche modo, di riaprire un processo di liberalizzazione in questo settore, consentendo di vendere quotidiani e periodici anche fuori dalle edicole). Quindi, onestamente, ritengo veramente incongruente, non coerente la scelta del Governo di dire "no" all'emendamento; analoga considerazione vale con riferimento al relatore che sicuramente su questo tema avrebbe potuto compiere uno sforzo. Pertanto, dichiaro


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il voto favorevole del gruppo di Alleanza Nazionale.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Fava 1.13, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 438
Votanti 329
Astenuti 109
Maggioranza 165
Hanno votato
86
Hanno votato
no 243).

Prendo atto che i deputati Latteri, Dato e Simeone non sono riusciti ad esprimere il voto.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Giuditta 1.221, non accettato dalla Commissione né dal Governo e sul quale la V Commissione (Bilancio) ha espresso parere contrario.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 447
Votanti 432
Astenuti 15
Maggioranza 217
Hanno votato
90
Hanno votato
no 342).

Prendo atto che la deputata Dato non è riuscita ad esprimere il voto.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Mazzocchi 1.63.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mazzocchi. Ne ha facoltà.

ANTONIO MAZZOCCHI. Signor Presidente, sicuramente, dopo i due provvedimenti Bersani, il relatore avrà un premio per lo slalom perché riesce ad aggirare, di volta in volta, gli ostacoli, talvolta però buttando giù paletti che non dovrebbe buttar giù! Non a caso, interverrò su quattro emendamenti, da me presentati, che sono stati poi accettati dal relatore e fatti suoi nella nuova formulazione del testo del disegno di legge.
Il relatore ha espresso parere contrario sui miei emendamenti 1.63, 1.2, 1.3 e 1.5, ma gli stessi risultano assorbiti dal nuovo testo presentato dalla Commissione.
Signor Presidente, capisco che lei sia impegnato, ma ci tengo che ciò risulti agli atti. Ci troviamo nella situazione per cui il relatore ha espresso parere contrario su quattro miei emendamenti che, invece, sono stati fatti propri dalla Commissione nel nuovo testo. Pertanto, inviterei il relatore a non esprimere parere contrario, bensì a dire che sono stati assorbiti o eventualmente a formulare un invito al ritiro.

PRESIDENTE. Chiedo al relatore di esprimersi al riguardo.

ANDREA LULLI, Relatore. Signor Presidente, non direi che risultano assorbiti! Vi è una certa differenza. Tuttavia, modificando il parere precedentemente espresso, potrei formulare un invito al ritiro degli emendamenti Mazzocchi 1.63, 1.2, 1.3 e 1.5 perché si tratta di emendamenti che, in qualche modo, hanno contribuito a determinare una posizione.

PRESIDENTE. Prendo atto che il Governo si associa al parere espresso dal relatore.
Prendo inoltre atto che gli emendamenti Mazzocchi 1.63, 1.2, 1.3 e 1.5 sono stati ritirati dal presentatore.
Passiamo agli identici emendamenti D'Agrò 1.25 e Germontani 1.213.

LUIGI D'AGRÒ. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.


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LUIGI D'AGRÒ. Signor Presidente, ritiro l'emendamento.

PRESIDENTE. Sta bene.
Deputata Germontani, anche lei intende ritirare il suo emendamento 1.213?

MARIA IDA GERMONTANI. Si, signor Presidente, ritiro l'emendamento.

PRESIDENTE. Sta bene, gli identici emendamenti D'Agro 1.25 e Germontani 1.213 sono ritirati.
Ricordo che gli emendamenti Mazzocchi 1.2 e 1.3, su sollecitazione della Commissione e del Governo, sono stati ritirati.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Sanga 1.222.

ANDREA LULLI, Relatore. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANDREA LULLI, Relatore. Signor Presidente, vorrei proporre una riformulazione dell'emendamento Sanga 1.222. Alla fine del testo, dopo la parola: «impianti» si dovrebbero aggiungere le parole: «nonché i criteri per la regolamentazione degli orari».

PRESIDENTE. A cosa si riferisce?

ANDREA LULLI, Relatore. Mi riferisco alla parte in cui sono elencate le materie demandate alle regioni per la programmazione.

PRESIDENTE. Prendo atto che il Governo si associa alla riformulazione avanzata dal relatore e che i presentatori accettano la riformulazione dell'emendamento Sanga 1.222.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Sanga 1.222, nel testo riformulato, accettato dalla Commissione e dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 459
Votanti 389
Astenuti 70
Maggioranza 195
Hanno votato
387
Hanno votato
no 2).

Prendo atto che la deputata Dato non è riuscita a votare.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Valducci 1.203, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 454
Votanti 433
Astenuti 21
Maggioranza 217
Hanno votato
185
Hanno votato
no 248).

Prendo atto che la deputata Dato non è riuscita a votare.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Lazzari 1.205.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Lazzari. Ne ha facoltà.

LUIGI LAZZARI. Signor Presidente, l'emendamento in esame potrebbe sembrare quasi provocatorio rispetto alla filosofia complessiva di questo disegno di legge. Mi permetto, invece, di definirlo un emendamento verità. Dico questo in quanto l'articolo 1 sembra quasi in contraddizione con ciò che il Governo di centrosinistra ha fatto nell'altra legislatura. Un analogo provvedimento sulla materia dei distributori di carburanti aveva provocato la chiusura di circa duemila impianti di distribuzione. Pensiamo che questo articolo possa provocare, viceversa,


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la riapertura di altrettanti distributori di carburante. Pertanto, nasce una contraddizione palese tra ciò che si è fatto prima e ciò che si fa adesso.
Abbiamo motivo di pensare che la ragione profonda che sottende l'articolo 1 non sia tanto quella di consentire una maggiore concorrenza e, di fatto, un abbattimento dei prezzi dei carburanti quanto, invece, quella di far nascere accanto, dentro, vicino alla grande distribuzione commerciale nuovi impianti di distribuzione. Pertanto, abbiamo presentato un emendamento provocatorio - se ci consentite il termine - in cui diciamo ciò che il Governo impudicamente non ha avuto il coraggio di dire. Infatti, invece di parlare di liberalizzazione degli impianti di distribuzione dei carburanti, sarebbe stato meglio parlare di un'apertura di nuovi impianti laddove esiste la grande distribuzione. È stato già espresso parere contrario sull'emendamento in esame, ma lo abbiamo presentato non tanto perché crediamo nel merito di quello che c'è scritto, quanto perché abbiamo voluto evidenziare a chi ci ascolta, all'Assemblea, a tutti i parlamentari il motivo reale per cui l'articolo 1 è stato presentato dal Governo all'interno di questo disegno di legge. Vogliamo fare emergere, per essere ancora più chiari, e chiudo, i reali interessi sottesi all'articolo 1 del provvedimento in esame.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Lazzari 1.205, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 456
Votanti 455
Astenuti 1
Maggioranza 228
Hanno votato
206
Hanno votato
no 249).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Lazzari 1.30, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 460
Votanti 388
Astenuti 72
Maggioranza 195
Hanno votato
133
Hanno votato
no 255).

Prendo atto che la deputata Dato non è riuscita a votare.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Giudice 1.20.
Ha chiesto di parlare, per dichiarazione di voto, il deputato Giudice. Ne ha facoltà.

GASPARE GIUDICE. Signor Presidente, onorevoli colleghi, la previsione del comma 1 ha evidenti finalità commerciali. Poiché i servizi pubblici hanno riflessi sulla tutela dei diritti, sulla sicurezza, nonché sull'ordine pubblico, l'emendamento da me presentato, proprio al fine di evitare equivoci e pericolose strumentalizzazioni, nonché rischi per i cittadini e le imprese, circoscrive meglio la portata della previsione unificatrice, escludendo la valenza dei servizi.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Lazzari. Ne ha facoltà.

LUIGI LAZZARI. Signor Presidente, vorrei esprimere alcune considerazioni sul mio emendamento 1.30 appena respinto, affinché resti agli atti il significato dello stesso. Abbiamo compreso il disegno complessivo del Governo; avevamo pertanto presentato un emendamento che fosse, in qualche misura, riparatore dei danni che il provvedimento in discussione provocherà ai piccoli distributori. Ad essi avevamo


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previsto di consentire, almeno a quelli presenti nei piccoli centri, di abbinare alla distribuzione dei carburanti anche una maggiore apertura rispetto alle merci e ai prodotti che possono essere venduti. Comprendo che l'emendamento è stato già respinto - ciò non è in discussione -, ma vorrei che restasse agli atti che ci siamo preoccupati dei piccoli distributori, mentre non credo che il Governo lo abbia fatto.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, la deputata Di Centa. Ne ha facoltà.

MANUELA DI CENTA. Signor Presidente, vorrei intervenire sull'emendamento del collega Lazzari per ribadire l'attenzione del gruppo di Forza Italia nei confronti dei piccoli centri abitati, cioè soprattutto delle aree, a volte di grandi dimensioni, con pochi abitanti, in particolare le aree montane o le grandi valli.
Ritenevamo e riteniamo importantissimo porre l'attenzione sul tipo di necessità che, secondo noi, deve soddisfare un impianto nelle zone sopra citate. Quindi, vorrei esporre all'Assemblea la considerazione che, in zone dove gli abitanti sono pochi, l'attenzione deve invece essere maggiore.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Giudice 1.20, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 459
Votanti 385
Astenuti 74
Maggioranza 193
Hanno votato
130
Hanno votato
no 255).

Passiamo alla votazione dell'emendamento Giudice 1.21.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Giudice. Ne ha facoltà.

GASPARE GIUDICE. Signor Presidente, con questo ulteriore emendamento si provvede ad esplicitare un aspetto che risulterebbe in effetti scontato. Ciò si rende però necessario per sgombrare il campo da fraintendimenti, salvaguardando nel contempo l'affidamento dei fruitori di servizi pubblici e scongiurando commistioni che si possono prestare anche a scopi fraudolenti. Diversamente, non si potrebbero mantenere i criteri di imparzialità ed equidistanza che caratterizzano l'azione erogata dal pubblico, nonché dai privati investiti o incaricati di funzioni amministrative. È dunque importante che questo emendamento venga accolto dall'Assemblea (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Giudice 1.21, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 469
Votanti 388
Astenuti 81
Maggioranza 195
Hanno votato
131
Hanno votato
no 257).

Prendo atto che l'emendamento Pedica 1.4 è stato ritirato.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Affronti 1.217, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).


Pag. 88

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 469
Votanti 360
Astenuti 109
Maggioranza 181
Hanno votato
104
Hanno votato
no 256).

Passiamo all'emendamento Greco 1.26.

LUIGI D'AGRÒ. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LUIGI D'AGRÒ. Signor Presidente, a nome del presentatore, ritiro anche questo emendamento.

PRESIDENTE. Sta bene.
Passiamo dunque all'emendamento Fava 1.14.
La Commissione ha sostenuto che tale emendamento è assorbito dall'accoglimento dell'emendamento Sanga 1.222. Devo considerare dunque tale posizione come un invito al ritiro?

ANDREA LULLI, Relatore. Sì, signor Presidente.

PRESIDENTE. Sta bene.
Prendo atto che i presentatori dell'emendamento Fava 1.14 accedono all'invito al ritiro.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Affronti 1.220, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 466
Votanti 390
Astenuti 76
Maggioranza 196
Hanno votato
135
Hanno votato
no 255).

Passiamo alla votazione dell'emendamento Valducci 1.206.
Chiedo ai presentatori se accedano all'invito al ritiro formulato dal relatore.

GIANFRANCO CONTE. Signor Presidente, a nome dei presentatori, insisto per la votazione e chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIANFRANCO CONTE. Signor Presidente, non accettiamo l'invito al ritiro, poiché il senso di questo emendamento dovrebbe essere considerato meglio dalla maggioranza. Noi stiamo assistendo ad una liberalizzazione del sistema della distribuzione dei carburanti, ma non ci poniamo un problema che sta interessando la stampa specializzata americana: quello della concentrazione della grande distribuzione.
Se, infatti, non vi devono essere limiti per l'installazione di un distributore di carburante, a maggior ragione non devono esservi limiti per l'installazione di un impianto di grande distribuzione. Come si è potuto vedere, in America vi è un grande dibattito: la Walmart, il gruppo di distribuzione più forte sul mercato americano, sta tentando di comprimere il mercato stesso e, quindi, di uscire da una vera concorrenza, aprendo impianti e centri di grande distribuzione laddove essa già ne possiede, allo scopo di impedire che altri contender internazionali possano inserirsi in mercati che invece la Walmart vuole mantenere tutti per sé.
In Italia stiamo assistendo allo stesso fenomeno, tant'è che vi sono regioni nelle quali impianti di grande distribuzione commerciale sono sostanzialmente tutti in mano a categorie ben definite e gruppi imprenditoriali specifici. Vorremmo, dunque, che si aprisse anche quel mercato, per creare una vera concorrenza, poiché il risultato che si ha oggi è quello che pochi gruppi gestiscono i territori, impedendo a tutti gli altri di entrarvi per aprire una concorrenza vera e che può essere di beneficio per i consumatori.


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PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Valducci 1.206, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 464
Votanti 463
Astenuti 1
Maggioranza 232
Hanno votato
212
Hanno votato
no 251).

Passiamo alla votazione degli identici emendamenti Mazzocchi 1.5 e Burgio 1.6.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Burgio. Ne ha facoltà.

ALBERTO BURGIO. Signor Presidente, intervengo per esplicitare un punto di principio che sottende al mio emendamento. Crediamo, infatti, che l'esigenza di promuovere lo sviluppo economico non debba essere assolutizzata e, in particolare, non dovrebbe tradursi in una deregolazione dell'attività commerciale che provocherebbe contraccolpi gravi sul piano ambientale e, in questo caso, sul piano della sicurezza stradale ed antincendio.
In questo senso, esorterei il relatore ed il resto della maggioranza a riconsiderare l'emendamento al nostro esame, perché esso non è contrario ad uno sviluppo del numero dei distributori di carburante, ma semplicemente chiede che l'installazione di nuovi distributori rientri in una regolamentazione di carattere urbanistico-ambientale e di sicurezza da parte delle regioni e degli altri enti locali. Quindi, chiedo che l'emendamento da me presentato venga votato favorevolmente.

ANDREA LULLI, Relatore. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANDREA LULLI, Relatore. Signor Presidente, chiederei per il momento l'accantonamento degli identici emendamenti Mazzocchi 1.5 e Burgio 1.6.

PRESIDENTE. Sta bene.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Fava 1.15.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Allasia. Ne ha facoltà.

STEFANO ALLASIA. Signor Presidente, l'emendamento in esame è atto a garantire una regolamentazione di ciò che lo stesso articolo 1 deregola, individuando criteri per una liberalizzazione selettiva e non selvaggia della materia interessata dall'articolo stesso. Si tratta di criteri anche di sicurezza (ricordo che non stiamo parlando di panificatori o di barbieri, ma di distributori di benzina): vi è, infatti, il rischio che, effettivamente, con la liberalizzazione selvaggia dei distributori di benzina si abbassi il livello di sicurezza. Il mio emendamento si propone di innalzare i livelli di sicurezza, e ne chiedo, pertanto, l'approvazione.

PRESIDENTE. Deputato Allasia, lei è intervenuto sull'emendamento Fava 1.15. Tuttavia, la Presidenza stava verificando quali conseguenze comportasse l'accantonamento degli identici emendamenti Burgio 1.6 e Mazzocchi 1.5.
Pertanto, avverto che devono conseguentemente intendersi accantonati gli emendamenti Fava 1.15 e 1.16, Saglia 1.212, Bernardo 1.207, Giudice 1.218, Milanato 1.51, Fava 1.17 e Bonelli 1.223. Inoltre, poiché tra gli emendamenti accantonati risulta ricompresa anche la questione della distribuzione di carburanti, dobbiamo procedere ad accantonare fino all'emendamento Franzoso 1.208.
Passiamo all'emendamento Saglia 1.11.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Saglia 1.11, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).


Pag. 90

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti e votanti 463
Maggioranza 232
Hanno votato
212
Hanno votato
no 251).

Passiamo alla votazione dell'emendamento D'Agrò 1.56
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato D'Agrò. Ne ha facoltà.

LUIGI D'AGRÒ. Signor Presidente, non ho bisogno di ricordare al Governo, né tanto meno al relatore, i propositi iniziali fatti in questa legislatura per il contenimento dei costi del carburante per autotrazione. Mi limito a ricordare quanto ebbe a dire il ministro Bersani, non soltanto in dichiarazioni giornalistiche, allorché affermò che uno degli aspetti importanti per ritornare in un alveo di controllo del costo del carburante era quello di sterilizzare le accise.
È trascorso circa un anno, e ciò sarebbe l'unico intervento possibile e utile da parte del Governo per trovare la possibilità di bloccare una vergognosa rincorsa del costo del carburante, che ha toccato livelli impensabili fino ad un anno fa. Il tema diventa estremamente interessante se si riflette sul fatto che una volta ci dicevano che l'aumento era determinato dalla variazione del costo del barile, visto che dovevamo pagare in dollari. Oggi che il valore dell'euro è pari a 1,34 rispetto al dollaro, ci accorgiamo che il costo del barile e il prezzo della benzina alla pompa invece di diminuire continuano ad aumentare.
Mi pare che bloccare le accise sui futuri aumenti, visto il livello al quale siamo arrivati, sarebbe non soltanto un'azione di buonsenso da parte del Governo, ma finalmente un atto concreto in cui lo stesso settore pubblico, la realtà pubblica, si gioca la faccia. Continuare a raccontare che una volta è colpa dei petrolieri, un'altra volta è colpa dei distributori di carburante e quant'altro, evidenzia come non vi sia l'essenziale convinzione di mettere al centro, anche di questo provvedimento, il consumatore.
Il relatore ha sostenuto che ci potrebbero essere dei problemi relativi alla copertura: ciò mi fa sorridere, perché il dato è che le accise prossime venture sono riferibili esclusivamente agli aumenti, quindi in questo momento non vi è la necessità di prevedere una copertura di alcun tipo.
Si tratta di fare in modo che i futuri aumenti non determinino quello che il Governo intende ottenere, vale a dire ulteriori accise. Mi pare ciò risponda a una logica esclusivamente di buonsenso, e non capisco perché questo Governo non accetti quanto aveva proposto all'inizio della legislatura (Applausi dei deputati dei gruppi UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro), Forza Italia e Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Armani. Ne ha facoltà.

PIETRO ARMANI. Signor Presidente, intervengo per associarmi alle considerazioni svolte dal collega D'Agrò. Non possiamo pensare, anche dal punto di vista dell'etica del mercato, che lo Stato, attraverso il gettito fiscale, possa arricchirsi in conseguenza di un fenomeno di carattere internazionale, che dipende da come si alza la mattina il ministro saudita del petrolio o il ministro dell'energia russo!
Credo che dal punto di vista dell'etica fiscale di un Governo serio, che è appena stato condannato dalla recente tornata di elezioni amministrative, il modo per poter avere credibilità di fronte ai contribuenti e all'opinione pubblica sia quello di prendere atto che quando cresce il prezzo del petrolio per ragioni internazionali, visto che non possiamo modificare l'IVA perché è un'imposta di carattere comunitario, dobbiamo intervenire almeno sull'accisa, tanto più che il collega D'Agrò propone addirittura un'imposta di bollo in misura fissa elevata da 1,81 a 2,50 euro.
Pertanto, mi sembra si tratti di una misura di comune buon senso. Tra l'altro,


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vorrei ricordare che quando nella XIII legislatura era al Governo il centrosinistra, il Ministro dell'industria dell'epoca, anzi i Ministri dell'industria dell'epoca, perché sono stati due, sono intervenuti proprio in questo senso: quindi, repetita iuvant. (Applausi dei deputati del gruppo Alleanza Nazionale).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il relatore, deputato Lulli. Ne ha facoltà.

ANDREA LULLI, Relatore. Signor Presidente, intervengo per confermare il parere contrario sull'emendamento D'Agrò 1.56, anche perché vorrei far rilevare che per intervenire sulle accise si aumenta l'imposta di bollo in misura fissa. Ciò comporta, di fatto, un aggravio per chi consuma di meno, e magari per le famiglie o per gli anziani. D'altra parte, la volontà della maggioranza è di affrontare tale questione, per cui, modificando il parere precedentemente espresso, annuncio il parere favorevole sull'articolo aggiuntivo Nannicini 1.0205, che interviene sulle accise. Si tratta di una misura importante, che attribuisce al Governo strumenti per regolare l'intervento sulle accise sulla benzina in relazione all'aumento dell'inflazione.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Zacchera. Ne ha facoltà.

MARCO ZACCHERA. Signor Presidente, intervengo per sottoscrivere il precedente emendamento che era in esame, anche perché il prezzo dei carburanti non ha nulla a che vedere con il tasso di inflazione. Proprio nei giorni in cui apprendiamo che sono stati perfino «taroccati» i contatori, secondo un'indagine della Guardia di finanza (ci si riferisce al gas, ma le aziende sono le stesse)...

PRESIDENTE. Mi scusi, ma lei può sottoscrivere l'emendamento in esame, non il precedente.

MARCO ZACCHERA. Quello in discussione, perché il relatore ha fatto riferimento anche ad un'altra proposta emendativa.

PRESIDENTE. Le ricordo che è in discussione l'emendamento D'Agrò 1.56.

MARCO ZACCHERA. È ad esso che mi riferisco. Dal momento che il relatore ha citato un successivo articolo aggiuntivo, ritorno sull'emendamento in discussione, che sottoscrivo, per sottolineare che ritengo indispensabile la sua approvazione. È infatti necessario mettere un punto fermo all'incremento del costo del carburante, che non ha nulla a che vedere con il tasso di inflazione. A tal fine stavo citando alcuni esempi.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Gianfranco Conte. Ne ha facoltà.

GIANFRANCO CONTE. Signor Presidente, devo dire la verità: ho molto apprezzato l'intervento del collega Lulli, perché ha centrato il cuore della questione.
L'emendamento D'Agrò 1.56, che nelle sue finalità è assolutamente condivisibile, pone tuttavia delle questioni di disallineamento fiscale, perché saranno poche persone a pagare un vantaggio che andrebbe a tanti, ai consumatori in generale. Mi riferisco alla questione dell'elevazione dell'imposta di bollo da 1,81 a 2,50 euro.
Se si dovesse affrontare l'argomento in maniera seria, come fa l'articolo aggiuntivo Nannicini 1.0205, si introdurrebbe una vera liberalizzazione. Ho letto velocemente tale articolo aggiuntivo; ritengo che vi siano alcuni problemi, ma invito il relatore, dopo aver espresso parere contrario sull'emendamento D'Agrò 1.56, ad accantonare questa vicenda e a compiere un approfondimento sull'articolo aggiuntivo Nannicini 1.0205.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto a titolo personale il deputato Saglia. Ne ha facoltà.


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STEFANO SAGLIA. Non so se a questo punto il mio intervento è in dissenso dal gruppo, in ogni caso, l'emendamento D'Agrò 1.56 pone una questione vera, vale a dire il fatto che, nel momento in cui ci sono fluttuazioni del prezzo del greggio, non vi sia un'interessenza, un interesse conseguente da parte dello Stato, che vede aumentare le accise, con effetti negativi per i consumatori. Tuttavia, annuncio l'apposizione della mia firma al successivo articolo aggiuntivo Nannicini 1.0205, perché mi sembra che vada nella direzione giusta, e mi riservo di formulare ulteriori considerazioni quando si passerà al suo esame.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Allasia. Ne ha facoltà.

STEFANO ALLASIA. Condividiamo, nella sua forma e nella sua semplicità, l'emendamento D'Agro 1.56, ma siamo assolutamente contrari all'aumento dell'imposta di bollo. Pertanto, ci asterremo nella votazione su di esso, mentre appoggeremo sicuramente, anche se lo riteniamo troppo arzigogolato e complicato, l'articolo aggiuntivo Nannicini 1.0205, anche perché, con la stessa semplicità dell'emendamento D'Agrò 1.56, fornisce un'indicazione ben precisa. Non vorremmo, tuttavia, che l'articolo aggiuntivo Nannicini 1.0205 dicesse tanto e poi non dicesse nulla e, soprattutto, non risolvesse il problema dell'accisa, di cui il gruppo della Lega Nord chiede da quindici anni l'eliminazione totale.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

LUIGI D'AGRÒ. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Lei è già intervenuto sull'emendamento in esame.
Passiamo dunque ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento D'Agrò 1.56, non accettato dalla Commissione né dal Governo e sul quale la V Commissione (Bilancio) ha espresso parere contrario.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 458
Votanti 432
Astenuti 26
Maggioranza 217
Hanno votato
41
Hanno votato
no 391).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Saglia 1.150, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 457
Votanti 456
Astenuti 1
Maggioranza 229
Hanno votato
207
Hanno votato
no 249).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Giudice 1.219, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti e votanti 456
Maggioranza 229
Hanno votato
206
Hanno votato
no 250).

Passiamo alla votazione dell'emendamento Lazzari 1.50.


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Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Lazzari. Ne ha facoltà.

LUIGI LAZZARI. Signor Presidente, è strano che sull'emendamento in esame sia il relatore sia il Governo esprimano un parere negativo. L'intento è realmente costruttivo. Se, infatti, si vuole incidere sulla dinamica dei prezzi dei carburanti, l'emendamento mira al cuore del problema, abolendo l'esclusiva che alcune aziende erogatrici di carburante hanno sui distributori, consentendo così agli stessi di avere più prodotti di diversi marchi nello stesso esercizio commerciale.
Deve, infatti, essere chiaro un principio. È vero che se ci sarà l'apertura di distributori nella grande distribuzione è immaginabile che, in quelle rivendite, il prezzo dei carburanti possa essere più basso, perché il potere di acquisto della grande distribuzione e dei grandi distributori sarà sicuramente tale da poter acquisire carburanti a prezzi bassi e da poter far arrivare al consumatore un prezzo sicuramente più basso. Con l'emendamento in esame proponiamo qualcosa di analogo. Se, infatti, aboliamo il vincolo di esclusiva che alcune aziende hanno sui distributori, consentiamo anche ai piccoli rivenditori di accedere al mercato libero, restituiamo libertà di acquisto e, probabilmente, i piccoli uniti potrebbero costituire nuovi soggetti capaci di accedere all'acquisizione dei carburanti a prezzi ragionevolmente più bassi.
Con l'emendamento in esame intendiamo liberare i piccoli distributori, in modo da consentire loro di diventare grandi soggetti e di poter accedere a prezzi all'ingrosso molto più vantaggiosi. Chi beneficerà di ciò sarà il consumatore finale, che vedrà scendere il prezzo dei carburanti. Questo è lo spirito della proposta: ci chiediamo perché la maggioranza, il relatore e il Governo la respingano.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato D'Agrò. Ne ha facoltà.

LUIGI D'AGRÒ. Signor Presidente, intendo aggiungere un'ulteriore considerazione a quelle svolte dal collega Lazzari. Ho la sensazione che i gestori di carburante siano, in qualche modo, «taglieggiati» - utilizzo un termine forse brutale - dalle grandi compagnie, proprio perché non è loro data la possibilità, fino in fondo, di poter essere liberi nel mercato di scegliere diverse marche. Se così fosse, ci troveremmo nelle condizioni in cui, probabilmente, il prezzo alla pompa diminuirebbe. Altrimenti, invece, il cartello che, in qualche misura, è già stato evidenziato dalle authority, continuerà.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Lazzari 1.50, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 456
Votanti 455
Astenuti 1
Maggioranza 228
Hanno votato
199
Hanno votato
no 256).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento D'Agrò 1.27, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti e votanti 460
Maggioranza 231
Hanno votato
206
Hanno votato
no 254).

Prendo atto che il deputato Volontè non è riuscito a votare.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Valducci 1.209.


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Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Lazzari. Ne ha facoltà.

LUIGI LAZZARI. Signor Presidente, con l'emendamento in esame dimostriamo quali siano le reali intenzioni del Governo e della maggioranza, perché proponiamo di introdurre un principio che, sul piano degli effetti, avrebbe sicuramente una conseguenza straordinaria dal punto di vista della concorrenza dei prezzi, soprattutto per quanto riguarda le merci che entrano nella grande distribuzione.
Comprendiamo che stiamo toccando un argomento tabù per la maggioranza, che ogni qual volta si parla di grande distribuzione arma le saracinesche sulle quali non ci è mai consentito di dialogare e di costruire qualcosa di buono, ma avanziamo ugualmente le nostre proposte, che poi boccerete, assumendovene la responsabilità, e andremo avanti ugualmente.
Proponiamo, in sostanza, una misura piuttosto importante: in qualsiasi provincia d'Italia - questo è il senso dell'emendamento in esame - le superfici di vendita della grande distribuzione, anche in franchising, non possono superare per nessun marchio il 50 per cento della superficie occupata dal complesso delle medesime strutture. Perché proponiamo ciò? Osservate la realtà, andate a chiedere in giro, come abbiamo fatto noi, e vi renderete conto che ci sono province all'interno delle quali i prezzi della grande distribuzione, di fatto, sono monopolistici e non incidono minimamente sul risparmio delle famiglie, e basta spostarsi di 50 o di 100 chilometri ed entrare in un'altra regione o in un'altra provincia per trovare che la concorrenza tra i marchi produce l'abbattimento dei prezzi e un guadagno per i consumatori. Siccome mi pare che la filosofia di fondo di questo disegno di legge dovrebbe essere - dico «dovrebbe» a tutti i colleghi della sinistra - quella di favorire i consumatori finali, ci chiediamo e vi chiediamo perché mai un emendamento di questo tipo viene immediatamente cancellato, respinto, non discusso, non approfondito: forse perché tocchiamo uno dei «santuari» su cui a noi non è mai consentito di discutere. Proponiamo che nessun marchio, in ambito provinciale, superi il 50 per cento della superficie della grande distribuzione consentita.
Ovviamente chiediamo anche che ci sia un rientro nelle situazioni in cui la quota del 50 per cento è stata superata o persino abbondantemente superata. Vorremmo avere il conforto di una risposta da parte di qualche esponente della maggioranza in quanto capiamo di toccare interessi straordinariamente vivi. Siccome voi, però, avete sempre detto che i conflitti di interesse stanno tutti da questo lato, se qualcuno ci spiega la situazione, siamo pronti ad ascoltare (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Mazzocchi. Ne ha facoltà.

ANTONIO MAZZOCCHI. Signor Presidente, intervengo soltanto per sottoscrivere l'emendamento in esame che ancora una volta dimostra come, a parole, la sinistra sia contro la grande distribuzione, ma poi nei fatti, come giustamente diceva il collega, difenda la grande distribuzione.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Gianfranco Conte. Ne ha facoltà.

GIANFRANCO CONTE. Signor Presidente, anche per questo emendamento naturalmente vale il ragionamento che avevo fatto poc'anzi sulla concentrazione della grande distribuzione.
È necessario considerare che in questi giorni si parla molto, per esempio, della concentrazione degli sportelli bancari a seguito delle fusioni. Anche a tal riguardo si pone il problema dei consumatori, ovvero coloro che si trovano ad operare in un settore o in una zona in cui sono presenti solo alcuni istituti bancari.
Con la grande distribuzione ci comportiamo ugualmente. Nel momento in cui si ha una concentrazione di un marchio, i


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prodotti tendono ad assumere la stessa linea di costo e quindi non si ha vera concorrenza.
L'emendamento proposto dai colleghi Valducci e Lazzari è assolutamente ragionevole, quindi non capiamo perché questa maggioranza non voglia aderire all'emendamento, che garantirebbe una vera concorrenza sui territori.

ANDREA LULLI, Relatore. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANDREA LULLI, Relatore. Signor Presidente, il parere contrario, che confermo, ha un fondamento, perché l'emendamento interviene in materie che sono di competenza delle regioni e in materie che sono di competenza dell'Antitrust. Se vi è un marchio che, ovviamente, egemonizza un mercato, l'intervento è nelle mani dell'authority. Naturalmente le regioni possono poi regolamentare come hanno fatto e come stanno facendo.
Quindi, a mio modesto avviso, la ratio dell'emendamento non è accoglibile perché lesiva delle competenze regionali e di quelle dell'authority.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato D'Agrò. Ne ha facoltà.

LUIGI D'AGRÒ. Signor Presidente, è molto strano che si parli di azioni lesive dell'azione dell'authority quando sappiamo perfettamente che nel provvedimento precedente, ovvero nel cosiddetto primo decreto-legge Bersani, operazioni che potevano essere in qualche modo governate direttamente per atto amministrativo dell'authority hanno visto l'intervento del Governo in termini normativi.
Ho capito che ci sono sempre due pesi e due misure: quando fa comodo si invoca l'authority, quando bisogna fare degli spot l'authority è superata.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Valducci 1.209, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 458
Votanti 453
Astenuti 5
Maggioranza 227
Hanno votato
203
Hanno votato
no 250).

Prendo atto che la deputata Dato non è riuscita a votare.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Valducci 1.210, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 454
Votanti 452
Astenuti 2
Maggioranza 227
Hanno votato
207
Hanno votato
no 245).

Prendo atto che la deputata Dato non è riuscita a votare.
Avverto che l'emendamento Giuditta 1.224 è precluso dall'approvazione dell'emendamento Sanga 1.222.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Lazzari 1.200, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).


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Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti e votanti 460
Maggioranza 231
Hanno votato
211
Hanno votato
no 249).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Saglia 1.55, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti e votanti 453
Maggioranza 227
Hanno votato
207
Hanno votato
no 246).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Lazzari 1.201, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti e votanti 458
Maggioranza 230
Hanno votato
209
Hanno votato
no 249).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Giuditta 1.218, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti e votanti 466
Maggioranza 234
Hanno votato
212
Hanno votato
no 254).

Avverto che a seguito dell'accantonamento degli identici emendamenti Mazzocchi 1.5 e Burgio 1.6 debbono conseguentemente essere accantonati anche l'emendamento Lazzari 1.202, gli identici emendamenti Realacci 1.210, Saglia 1.211, D'Agrò 1.216 e Fava 1.225 e l'emendamento Germontani 1.214. Dunque non possiamo procedere alla votazione dell'articolo 1.
Passiamo allora alla votazione dell'articolo aggiuntivo D'Elia 1.01, su cui ricordo che il Governo si rimette all'Assemblea. Chiedo al relatore di precisare la riformulazione proposta.

ANDREA LULLI, Relatore. Signor Presidente, propongo la riformulazione dell'articolo aggiuntivo D'Elia 1.01 nel senso di sostituire al comma 3 le parole «lettere a), b) e c)» con le seguenti: «lettera c)».

PRESIDENTE. Chiedo al deputato D'Elia se accetti la riformulazione proposta dal relatore.

SERGIO D'ELIA. Signor Presidente, accetto la formulazione, anche se essa limita moltissimo l'effetto di liberalizzazione che l'articolo aggiuntivo avrebbe prodotto nella vendita dei farmaci, anche nei luoghi non necessariamente convenzionati, le cosiddette farmacie convenzionate con lo Stato. Semmai interverrò successivamente, in sede di dichiarazione di voto, ma intanto confermo l'accettazione della riformulazione.

PRESIDENTE. Chiedo al Governo se, a fronte della riformulazione, confermi di rimettersi all'Assemblea.

FILIPPO BUBBICO, Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico. Signor Presidente, confermo.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Ulivi. Ne ha facoltà. Invito i colleghi situati davanti al deputato Ulivi a consentirci di ascoltare il suo intervento.

ROBERTO ULIVI. Signor Presidente, vorrei chiedere al relatore, prima di esprimere


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un voto, cosa intenda con il richiamo alla sola lettera c), perché, se si elimina la possibilità che i farmaci non convenzionati con il Servizio sanitario nazionale siano vendibili in alcuni tipi di negozi, in modo particolare i supermercati o la grande distribuzione, ciò ha un significato. Il discorso delle eventuali distanze ne può avere un altro. Non ho seguito bene: è colpa mia e me ne scuso. Chiedo al relatore Lulli di precisare quali farmaci possano essere venduti, secondo la riformulazione proposta dell'emendamento in esame, nella grande distribuzione. La ringrazio e mi riservo di intervenire eventualmente in un secondo momento.

PRESIDENTE. Il relatore ha qualcosa da aggiungere?

ANDREA LULLI, Relatore. Non si fa riferimento tanto alla grande distribuzione, quanto alle cosiddette parafarmacie, alle quali si consente la vendita dei farmaci che non sono convenzionati con il Servizio sanitario nazionale.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Moroni. Ne ha facoltà.

CHIARA MORONI. Presidente, le faccio presente che con l'articolo aggiuntivo in esame si è avverato esattamente quello che noi avevamo previsto con il primo decreto Bersani, nel quale, come avevamo affermato, si prevede lo spostamento dei farmaci da banco presso la grande distribuzione. Infatti, di grande distribuzione si tratta, in particolare di coop, diciamolo chiaramente anche in quest'aula; si tratta di spostare gradualmente tutti i farmaci fuori dal canale delle farmacie dentro la grande distribuzione.
Certamente, è una posizione legittima, ma bisogna dire esattamente di cosa stiamo parlando, perché gradualmente vengono spostati nella grande distribuzione, e quindi ovviamente fuori dal canale delle farmacie, che è comunque una garanzia di tutela della salute pubblica, non solo i farmaci da banco, che sono di libero accesso, ma anche i farmaci di fascia C, che certamente sono farmaci non convenzionati con il Servizio sanitario nazionale e non a prezzo contrattato, ma che richiedono la ricetta medica.
Si realizza, quindi, gradualmente lo spostamento dei farmaci al di fuori della farmacia, senza dichiararne l'intento, e la modifica completa della distribuzione del farmaco nel nostro Paese. Possiamo discutere se sia un bene o un male, ma il centrosinistra dovrebbe almeno assumersi la responsabilità di dire esattamente qual è la vera intenzione, anziché spostare gradualmente, e di fatto di mettere in discussione, un canale di distribuzione, senza peraltro offrire un'alternativa credibile dal punto di vista della tutela della salute pubblica, ma semplicemente regalando i farmaci alle coop (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).

PRESIDENTE. Hanno chiesto di parlare per dichiarazione di voto i deputati Ulivi e D'Elia. Come loro sanno, si può intervenire una sola volta nella discussione, ma siccome il deputato Ulivi ha soltanto avanzato una richiesta di chiarimento e il deputato D'Elia si è semplicemente pronunciato per l'accettazione della riformulazione del suo articolo aggiuntivo, darò la parola ad entrambi per dichiarazione di voto e vorrei che tenessero conto dell'eccezionalità.
Prego, deputato Ulivi, ha facoltà di parlare.

ROBERTO ULIVI. La ringrazio, signor Presidente, anche della sua comprensione, perché questo è un problema veramente importante.
Come ha giustamente affermato la collega che mi ha preceduto, i farmaci di fascia C comprendono anche i farmaci non coperti dal Servizio sanitario nazionale, il che vuol dire, come è stato già rilevato, che ci sono farmaci molto importanti erogati solo dietro presentazione di ricetta medica. La ricetta medica, tra l'altro, va anche trattenuta per un dato periodo, per cui questi diventerebbero effettivamente farmaci di fascia E.


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Mi limito a ricordare che, quando abbiamo discusso la norma che ha consentito alla grande distribuzione, ma non solo a questa, la vendita dei farmaci cosiddetti da banco, ma in realtà di fascia C, come si diceva prima, il Ministro Bersani e il Ministro Turco in questa sede avevano assicurato che tali punti vendita non sarebbero mai diventati farmacie.
Credo che l'articolo aggiuntivo in esame sia un escamotage per trasformarli in farmacia, per cui riconfermo il giudizio espresso allora, cioè che si trattava solo di pagare cambiali alle grande distribuzione e, in modo particolare, alle coop. Evidentemente, il mio voto è contrario (Applausi dei deputati del gruppo Alleanza Nazionale).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato D'Elia. Ne ha facoltà.

SERGIO D'ELIA. Signor Presidente, vorrei dire alla collega Moroni che l'articolo aggiuntivo in esame non trasferisce dalle farmacie alla grande distribuzione, o persino - che scandalo - anche alle coop, la possibilità di vendere farmaci, purtroppo ora sono quelli della cosiddetta fascia C. Nell'articolo aggiuntivo a mia firma, ho proposto una liberalizzazione ancora più forte, relativa cioè anche ai farmaci trattati dal Servizio sanitario nazionale.
Con questo articolo aggiuntivo, si vuole semplicemente legare la vendita del farmaco non al luogo fisico della sua distribuzione, ma alla persona, al professionista laureato, abilitato in farmacia, che la legge autorizza a dispensare il farmaco.
In Italia abbiamo 70.000 farmacisti. Ebbene, di questi 70.000 solo 16.000 sono proprietari di farmacie. Questi 16.000 operano in una situazione di monopolio.
Collega Moroni, un minimo di solidarietà (Commenti del deputato Moroni), un minimo di simpatia nei confronti dei colleghi di questi 16.000 farmacisti proprietari, che invece non sono «nobilitati» - dalla laurea che hanno ricevuto, dall'abilitazione, eccetera - per cui a loro non è consentito dispensare il farmaco.
Non vi sono soltanto i supermercati, può trattarsi anche di piccoli esercizi, le cosiddette «parafarmacie» che si stanno aprendo.
In ogni situazione di vendita, anche con l'approvazione di questo articolo aggiuntivo, sarà sempre un farmacista a dispensare il farmaco. Non si verificherà che nei supermercati o nelle coop saranno addette a tali vendite le commesse: titolare della dispensazione di un farmaco rimane sempre il farmacista, che è laureato e abilitato - lui soltanto - a farlo. Quindi è questo il senso dell'articolo aggiuntivo. Avrei voluto che si andasse oltre, più avanti, che il Governo accettasse - e il relatore anche - la possibilità di liberalizzare la vendita dei farmaci della fascia A e B, ma è un segnale, comunque, che va nella direzione giusta e in questa direzione noi opereremo.
Un'ultima considerazione, Presidente: è dimostrato che quanto più aumentano i luoghi di vendita di farmaci, tanto più diminuisce la spesa sanitaria nazionale (Commenti dei deputati dei gruppi di opposizione).

PRESIDENTE. La invito a concludere.

SERGIO D'ELIA. Questo è dimostrato, quindi siamo al di sotto di una media accettabile per quanto riguarda il rapporto abitanti-farmacie. Forse con questo articolo aggiuntivo si possono aprire più esercizi, che io considero anche delle farmacie (Applausi dei deputati del gruppo La Rosa nel Pugno).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Marinello. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE FRANCESCO MARIA MARINELLO. Presidente, si sta facendo la solita confusione. Il provvedimento in esame riguarda misure per il cittadino consumatore. Qui si sta paragonando un fatto etico - perché il farmaco è un prodotto etico - a un prodotto di largo consumo; quindi, stiamo bene attenti. Tra l'altro, il presente disegno di legge non è


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firmato, non è sottoscritto dal Ministro della salute: ciò non è cosa da poco.
Credo che il collega D'Elia, al di là delle sue intenzioni, condivisibili o meno, stia trascurando un fatto importantissimo.
Per concludere, visto che il tempo è veramente poco essendo un intervento a titolo personale: è dimostrato, in tutte le statistiche dell'Organizzazione mondiale della sanità, che allorquando si allarga la rete di accesso al farmaco, aumentano le malattie iatrogene.

PRESIDENTE. La invito a concludere.

GIUSEPPE FRANCESCO MARIA MARINELLO. Aumenta la patologia da farmaco.

PRESIDENTE. Deve concludere.

GIUSEPPE FRANCESCO MARIA MARINELLO. È un fatto fondamentale. Questo Parlamento e questa maggioranza e anche l'onorevole D'Elia, con le sue argomentazioni, creano le premesse per le malattie da farmaco.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo aggiuntivo D'Elia 1.01, nel testo riformulato, accettato dalla Commissione e sul quale il Governo si rimette all'Assemblea
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 453
Votanti 448
Astenuti 5
Maggioranza 225
Hanno votato
247
Hanno votato
no 201).

Prendo atto che i deputati Minasso, Raisi e Martinelli hanno erroneamente espresso un voto favorevole mentre avrebbero voluto esprimerne uno contrario.
Prendo atto che il presentatore dell'articolo aggiuntivo Tomaselli 1.057 accede all'invito al ritiro formulato dal relatore.
Chiedo ai rispettivi presentatori se accedano all'invito al ritiro degli identici articoli aggiuntivi D'Agrò 1.02, Fava 1.05, Mazzocchi 1.053, Valducci 1.0200 e Affronti 1.0204 formulato dal relatore.

LUIGI LAZZARI. No, signor Presidente, insisto per la votazione e chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LUIGI LAZZARI. Signor Presidente, intervengo per chiedere al relatore di rivedere il suo giudizio perché ha espresso un parere favorevole sull'articolo aggiuntivo Tomaselli 1.0206, che non è molto differente dal punto di vista dei contenuti, per cui, tutto al più, ci dovrebbe rivolgere un invito al ritiro perché di fatto gli articoli aggiuntivi verrebbero assorbiti.
Chiederei invece al relatore di esprimere parere favorevole su uno dei richiamati quattro articoli aggiuntivi, qualsiasi esso sia, perché mi sembra che siano più dettagliati. Anche sul piano squisitamente formale, mentre nell'articolo aggiuntivo Tomaselli 1.0206 si dice che «non può essere vietata» - e non mi pare una formulazione corretta sul piano giuridico - gli altri stabiliscono che «è consentita» l'attività di vendita, ed è una formulazione sicuramente più corretta. Inoltre, gli articoli aggiuntivi in esame apprestano anche le garanzie di ordine igienico-sanitario utili nel momento in cui si tratta di consentire la vendita diretta delle produzioni e anche dei prodotti trasformati. Chiedo pertanto al relatore se può riconsiderare il proprio avviso, esprimendo parere favorevole su uno qualsiasi di tali articoli aggiuntivi, dal momento che sono identici.

LUIGI D'AGRÒ. Anch'io, Presidente, insisto per la votazione e chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.


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LUIGI D'AGRÒ. Signor Presidente, il collega Lazzari ha fatto una valutazione di ordine comparativo con l'articolo aggiuntivo Tomaselli 1.0206. Mi fermo con il mio intervento alla sostanza dell'articolo aggiuntivo; per quanto riguarda la ratio, si tratta soltanto di estendere coerentemente la facoltà prevista da una identica norma recata dal decreto-legge n. 223 del 2006, convertito nella legge n. 248 del 2006, con riferimento alla panificazione e ad altri prodotti agroalimentari anche a situazioni di piccola e media azienda artigiana che in qualche modo attengono ad aspetti di trasformazione e produzione alimentare.
Non so quale sia il migliore degli articoli aggiuntivi ma ritengo che la ratio sottostante sia la stessa: l'articolo aggiuntivo Tomaselli fa un riferimento tecnico forse puntuale ma non fortemente dichiarativo, quello invece a firma Fava, il nostro e quelli a firma Mazzocchi e Valducci sono più descrittivi e quindi più consoni a quanto ho detto con riguardo alla ratio del provvedimento.

ANTONIO MAZZOCCHI. Anch'io, Presidente, insisto per la votazione e chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANTONIO MAZZOCCHI. Signor Presidente, qui nessuno ha il coraggio di dire che innanzitutto il Parlamento dovrebbe prima o poi varare una riforma sulle lobby. Vede, non mi meraviglio che qualche lobby faccia pressione su questo o quell'emendamento. D'altra parte quarantasei anni fa circa, quaranta deputati che rappresentavano l'agricoltura in questo nostro Paese dettero vita a una delle più grosse riforme del settore; quindi, è anche positivo talvolta aderire ad una lobby.
Questa volta vorrei rivolgere la seguente considerazione al collega Lazzari, che poco fa parlava di grande distribuzione: caro collega Lazzari, questo articolo aggiuntivo viene respinto soltanto per un motivo, perché attraverso questa proposta si dà la possibilità a dei poveri cittadini che non riescono ad arrivare alla fine del mese, anziché di andare a comprare presso la grande distribuzione, di andare direttamente da un artigiano che fa produzione agroalimentare, per comprare al 30 per cento in meno i prodotti. La sinistra sappia queste cose! La sinistra che spesso dice che vuol difendere i consumatori! Mentre approvate la proposta emendativa sui panificatori che possono vendere il pane giustamente in loco, create una disparità. Dei piccoli artigiani che producono formaggio, salame ed altro, non possono non solo farlo consumare - come i panettieri ed altri possono invece fare consumare in loco i propri prodotti - ma neppure vendere a privati cittadini quei prodotti.
E perché? Perché è chiaro - collega Lazzari - che si vuole difendere la grande distribuzione.
Allora se si respingono questi articoli aggiuntivi, chi vota contro gli stessi sappia che vota contro quei cittadini che oggi non riescono ad arrivare alla quarta settimana del mese, ma soprattutto vota a favore della grande distribuzione.

ANDREA LULLI, Relatore. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANDREA LULLI, Relatore. Signor Presidente, stimo sinceramente i colleghi che sono intervenuti, e devo dire che non posso accettare tali affermazioni, perché in realtà il relatore aveva espresso un parere favorevole sull'articolo aggiuntivo Tomaselli 1.0206, il quale non è identico agli articoli aggiuntivi in esame ma ne recepisce la sostanza. Tuttavia, siccome non vorrei che ci fosse l'idea di un pregiudizio nei confronti delle proposte che vengono dall'opposizione, modifico il parere dianzi reso ed esprimo parere favorevole sugli identici articoli aggiuntivi in esame, ovviamente intendendo assorbiti i successivi due (compreso quello sul quale avevo già dato parere favorevole) che trattano lo stesso argomento.

PRESIDENTE. Il Governo...? Vorrei l'attenzione del Governo, per favore! Il


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Governo deve ascoltare, per favore! Il Governo deve ascoltare (Proteste dei deputati dei gruppi Forza Italia e Alleanza Nazionale)! Il Governo deve ascoltare! (Commenti)... Scusate, per favore, basta uno, non c'è bisogno...
Il relatore ha modificato il proprio avviso e invece dell'invito al ritiro ha espresso parere favorevole sugli articoli aggiuntivi in esame, considerando assorbibili i due successivi. Chiedo al Governo di chiarire la propria posizione al riguardo.

FILIPPO BUBBICO, Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico. Le chiedo scusa, Presidente. Il parere del Governo è conforme a quello modificato dal relatore.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sugli identici articoli aggiuntivi D'Agrò 1.02, Fava 1.05, Mazzocchi 1.053, Valducci 1.0200 e Affronti 1.0204, accettati dalla Commissione e dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti e votanti 445
Maggioranza 223
Hanno votato
441
Hanno votato
no 4).

Prendo atto che la deputata Balducci non è riuscita a votare.
Avverto che i successivi articoli aggiuntivi Fallica 1.0215 e Tomaselli 1.0206 sono assorbiti.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sugli identici articoli aggiuntivi Fava 1.04, Mazzocchi 1.055, Milanato 1.0201 e Affronti 1.0203, non accettati dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 451
Votanti 450
Astenuti 1
Maggioranza 226
Hanno votato
204
Hanno votato
no 246).

Passiamo alla votazione dell'articolo aggiuntivo Valducci 1.0202.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Della Vedova. Ne ha facoltà.

BENEDETTO DELLA VEDOVA. Signor Presidente, richiamo l'attenzione dei colleghi sull'articolo aggiuntivo in esame che, a tutti gli effetti, comporta la liberalizzazione della vendita di prodotti editoriali, compresi i giornali e le riviste nell'ambito degli esercizi commerciali.
Si fa più volte riferimento agli altri Paesi europei, e peraltro tale articolo aggiuntivo và incontro a ripetuti richiami dell'Autorità antitrust. Si tratta di un provvedimento che renderebbe più disponibile, ovunque, quotidiani e riviste e quindi non riesco a comprendere, onorevole Lulli, il parere negativo da parte del relatore e tanto meno da parte del Governo.
Quindi invito i colleghi a considerare che l'articolo in esame comporterebbe la liberalizzazione della vendita dei giornali e riviste, rendendoli accessibili il più possibile al pubblico, considerato che, tra l'altro, l'Italia è un Paese in cui si legge molto poco e si vendono pochi quotidiani.
È incomprensibile l'idea invece di mantenere il monopolio sostanziale delle edicole nella vendita dei quotidiani o di aprire solo alle grandissime superfici; qui si tratta di consentire anche alle medie e piccole superfici di vendere quotidiani e riviste. Per questo invito tutti i colleghi a votare a favore di questa misura di liberalizzazione, come si è soliti dire, nell'interesse dei consumatori.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.


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Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo aggiuntivo Valducci 1.0202, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 457
Votanti 454
Astenuti 3
Maggioranza 228
Hanno votato
208
Hanno votato
no 246).

Passiamo all'articolo aggiuntivo Nannicini 1.0205.

ANDREA LULLI, Relatore. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANDREA LULLI, Relatore. Signor Presidente, poiché sono stati rivolti degli inviti anche da parte dei colleghi dell'opposizione, confermando il mio parere favorevole, e poiché vi è una valutazione negativa da parte della Commissione bilancio, chiederei a tale Commissione di riconsiderare il parere, perché, a mio modesto avviso, l'articolo aggiuntivo, così com'è congegnato, non genera oneri a carico della pubblica amministrazione, in quanto vi è un meccanismo che in qualche modo cerca di ottemperare da una parte al rispetto delle normative europee e, dall'altra, al rispetto del gettito IVA, offrendo inoltre al Governo la possibilità, entro certi limiti di aumento del costo della vita, di moderare l'entità delle accise. Quindi, in questo modo, si può ipotizzare, ovviamente, una frenata dell'indicizzazione fiscale a carico dei carburanti che tuttavia non comporterebbe una eliminazione di risorse a carico del bilancio dello Stato. Naturalmente, non sono un tecnico, non sono un'economista; però ritengo che su queste valutazioni si debba maggiormente riflettere perché ritengo fondamentale questo emendamento per dare un segnale importante al Paese.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato D'Agrò. Ne ha facoltà.

LUIGI D'AGRÒ. Signor Presidente, riprendo il dibattito che avevamo cominciato....

PRESIDENTE. Non può intervenire sul merito perché il relatore ha proposto l'accantonamento.

LUIGI D'AGRÒ. Perfetto, allora sentiamo qual è il risultato della Commissione...

PRESIDENTE. Sta bene. Non essendoci obiezioni, l'articolo aggiuntivo Nannicini 1.0205 deve intendersi quindi accantonato.

GIANFRANCO CONTE. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. A che titolo?

GIANFRANCO CONTE. Sull'accantonamento.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIANFRANCO CONTE. Naturalmente le ragioni che avevo espresso prima a favore della proposta emendativa Nannicini e l'idea di chiederne l'accantonamento era anche determinata dalle perplessità che aveva espresso la Commissione bilancio. Però, Presidente, approfitterei anche dell'occasione per capire se il Governo ha lo stesso orientamento del relatore.

PRESIDENTE. Non avendo mosso obiezioni, si è stabilito l'accantonamento.

ANDREA LULLI, Relatore. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.


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ANDREA LULLI, Relatore. Signor Presidente, ho chiesto il riesame alla Commissione bilancio...

PRESIDENTE. Certo, abbiamo sentito bene, per tale motivo si è proceduto all'accantonamento.

ROLANDO NANNICINI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Non è possibile in quanto la proposta emendativa è stata accantonata; quando tornerà in discussione avrà la parola.

(Esame dell'articolo 2- A.C. 2272-bis-A)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 2 e dell'unica proposta emendativa soppressiva ad esso presentata (vedi l'allegato A - A.C. 2272-bis sezione 4).
Nessuno chiedendo di parlare, invito il relatore ad esprimere il parere della Commissione.

ANDREA LULLI, Relatore. La Commissione esprime parere contrario sull'emendamento Fava 2.200.

PRESIDENTE. Il Governo?

FILIPPO BUBBICO, Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico. Il parere del Governo è conforme a quello espresso dal relatore.

PRESIDENTE. Avverto che, trattandosi di una proposta interamente soppressiva dell'articolo, porrò in votazione il mantenimento dello stesso.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Allasia. Ne ha facoltà.

STEFANO ALLASIA. Signor Presidente, per quanto riguarda l'articolo 2, chiediamo la soppressione totale dell'obbligo dell'apertura domenicale dei panettieri, in quanto ci sembra troppo elusivo ed anche in contraddizione con la bocciatura di varie proposte emendative riferite all'articolo 1, presentate dalla Lega Nord Padania, relative all'ampliamento di orari e giornate lavorative. In una situazione analoga, viene fatta una richiesta ben specifica su un'attività come i panificatori.
Non vorremmo mai che il Governo introducesse l'obbligo per i lavoratori di lavorare anche la domenica o qualsiasi altro giorno della settimana. Non vorremmo che si tirasse il collo agli artigiani - quella parte produttiva del Paese che manda avanti, come si suol dire, la baracca! - anche perché, realisticamente, se i suddetti soggetti si dovessero fermare, ciò sarebbe gravoso per lo stesso Governo. Vorremmo evitare, pertanto, che il Governo tirasse il collo e cercasse il suicidio di questi poveri artigiani che si vuole quasi obbligare a lavorare la domenica.
Anche se riconosciamo che, vivendo in un'area molto produttiva come la Padania, questi stessi artigiani (come i panificatori) lavorano sette giorni su sette, tuttavia riteniamo che imporre un obbligo sulla gestione dei tempi liberi e dei tempi lavorativi sia una proposta un po' aberrante. Chiediamo, pertanto, la soppressione dell'articolo in questione, che appare in evidente contraddizione con tutte le proposte emendative che la Lega Nord Padania ha presentato all'articolo 1 e che sia il Governo, sia la Commissione, hanno bocciato sistematicamente.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Fava. Ne ha facoltà.

GIOVANNI FAVA. Signor Presidente, non so quanti parlamentari presenti in aula abbiano la minima percezione di quella che è l'attività di panificazione nel nostro Paese. Non so quanti abbiano cognizione di quali siano gli orari ai quali viene, normalmente, obbligato un panettiere nella sua vita e quale sia il livello di usura. Quello del panettiere è un lavoro usurante a pieno titolo! Si tratta di gente che, nella maggior parte dei casi, si alza alle due o alle tre di mattina per produrre il pane, senza avere tempo libero a disposizione né durante la settimana, né durante


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la giornata! Mi chiedo con quale logica si debba imporre un principio per il quale anche la domenica debba diventare un giorno in cui questi signori debbano assoggettarsi agli stessi ritmi. Nella maggior parte dei casi, ripeto, si tratta di artigiani...

PRESIDENTE. La prego di concludere.

GIOVANNI FAVA. Concludo, Presidente. Credo che sia una questione anche di diritti del lavoro (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania)!

ANDREA LULLI, Relatore. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANDREA LULLI, Relatore. Signor Presidente, per amor di verità, vorrei dire che non si tratta di obbligo al lavoro domenicale, ma dell'eliminazione dei vincoli alla chiusura domenicale che, ovviamente, diventa facoltativa. Si tratta, peraltro, di una richiesta che proviene da quel mondo, perché - come tutti sappiamo - la grande distribuzione può vendere il pane anche nei giorni festivi (anche se si tratta di pane precotto) e, quindi diamo l'opportunità, a chi vuole usufruirne, di lavorare anche la domenica.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul mantenimento dell'articolo 2.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 438
Votanti 431
Astenuti 7
Maggioranza 216
Hanno votato
294
Hanno votato
no 137).

(Esame dell'articolo 3 - A.C. 2272-bis-A)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 3 e delle proposte emendative ad esso presentate (vedi l'allegato A - A.C. 2272-bis sezione 5).
Nessuno chiedendo di parlare, invito il relatore ad esprimere il parere della Commissione.
Avverto, altresì che gli articoli aggiuntivi Merloni 4.0200 e 4.0201, vertendo su materia concernente le imprese di spedizione, debbono intendersi ricollocati all'articolo 3 e, precisamente, a pagina 23 del fascicolo degli emendamenti. Le predette proposte emendative sono quindi rinumerate, rispettivamente, come 3.0201 e 3.0202, e saranno poste in votazione dopo l'articolo aggiuntivo Galante 3.0200. Chiedo pertanto al relatore e, poi, al Governo di pronunciarsi anche su tali articoli aggiuntivi.
Prego, relatore, ha facoltà di esprimere il parere della Commissione.

ANDREA LULLI, Relatore. Signor Presidente, il parere è favorevole sugli identici emendamenti D'Agrò 3.202 e Merloni 3.203, mentre è contrario sugli identici emendamenti Mazzocchi 3.1 e La loggia 3.7; il parere è contrario sugli emendamenti Pedrini 3.200, Mazzocchi 3.4, Fava 3.204, Campa 3.206, mentre la Commissione invita a ritirare l'emendamento Affronti 3.9. Esprimo, inoltre, parere contrario sugli emendamenti Mazzocchi 3.3, Fava 3.205 ed invito al ritiro dell'emendamento Fava 3.207. Esprimo, altresì, parere contrario sull'emendamento Fava 3.208, mentre invito a ritirare l'emendamento Fava 3.209; il parere è favorevole sugli identici emendamenti Saglia 3.50, Lazzari 3.8 e D'agrò 3.201. Infine, esprimo parere contrario sugli emendamenti Mazzocchi 3.5 e sull'articolo aggiuntivo Galante 3.0200; esprimo parere favorevole sull'articolo aggiuntivo Merloni 3.0201, mentre la Commissione invita al ritiro dell'articolo aggiuntivo Merloni 3.0202, in quanto vi è il parere contrario della Commissione bilancio.


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PRESIDENTE. Il Governo?

FILIPPO BUBBICO, Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico. Signor Presidente, esprimo parere conforme a quello del relatore.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti
Indico la votazione nominale, mediante procedimento elettronico sugli identici emendamenti D'Agrò 3.202 e Merloni 3.203, accettati dalla Commissione e dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 444
Votanti 443
Astenuti 1
Maggioranza 222
Hanno votato
443).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sugli identici emendamenti Mazzocchi 3.1 e La loggia 3.7, non accettati dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti e votanti 446
Maggioranza 224
Hanno votato
195
Hanno votato
no 251).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Pedrini 3.200, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti e votanti 446
Maggioranza 224
Hanno votato
195
Hanno votato
no 251).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Mazzocchi 3.4, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 450
Votanti 449
Astenuti 1
Maggioranza 225
Hanno votato
196
Hanno votato
no 253).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Fava 3.204, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 447
Votanti 445
Astenuti 2
Maggioranza 223
Hanno votato
194
Hanno votato
no 251).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Campa 3.206, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).


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(Presenti e votanti 453
Maggioranza 227
Hanno votato
198
Hanno votato
no 255).

Passiamo all'emendamento Affronti 3.9.
Chiedo ai presentatori se accedano all'invito al ritiro formulato dalla Commissione e dal Governo.

DANTE D'ELPIDIO. Signor Presidente, accedo all'invito al ritiro.

PRESIDENTE. Sta bene.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Mazzocchi 3.3, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti e votanti 448
Maggioranza 225
Hanno votato
196
Hanno votato
no 252).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Fava 3.205, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 442
Votanti 441
Astenuti 1
Maggioranza 221
Hanno votato
192
Hanno votato
no 249).

Passiamo all'emendamento Fava 3.207. Chiedo ai presentatori se accedano all'invito al ritiro.

STEFANO ALLASIA. Signor Presidente, non accedo all'invito al ritiro, perché tutti gli emendamenti proposti dalla Lega Nord, dei quali è primo firmatario l'onorevole Fava, erano volti esclusivamente a migliorare il testo, eliminando alcuni obblighi, come la presentazione di documentazione per l'iscrizione a ruolo e disciplinando la richiesta di registrazione negli albi. Pertanto, il gruppo della Lega Nord Padania assume una posizione decisamente contraria sull'articolato in esame e, pertanto, ne auspica una modifica esclusivamente a favore degli intermediatori.
Manteniamo perciò gli emendamenti presentati e la nostra posizione su tutto l'articolato in esame. Le proposte presentate sono in contraddizione con quanto realmente il Paese richiede in merito agli agenti e, pertanto, intendono modificare l'articolo stesso. Coerentemente con la politica che la Lega sta portando avanti da sempre sul tema in questione, continuiamo a mantenere la nostra posizione favorevole sugli emendamenti presentati.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Fava 3.207, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 448
Votanti 447
Astenuti 1
Maggioranza 224
Hanno votato
195
Hanno votato
no 252).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Fava 3.208, non accettato dalla Commissione né dal Governo e sul quale la V Commissione (Bilancio) ha espresso parere contrario.
(Segue la votazione).


Pag. 107

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti e votanti 453
Maggioranza 227
Hanno votato
199
Hanno votato
no 254).

Passiamo alla votazione dell'emendamento Fava 3.209.
Chiedo ai presentatori se accedano all'invito al ritiro formulato dal relatore.

STEFANO ALLASIA. No, signor Presidente, insisto per la votazione e chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

STEFANO ALLASIA. Signor Presidente ci pare evidente che sia relatore, sia il Governo continuino a fare orecchie da mercante sulle proposte della Lega Nord di modifica dell'articolo che, come i successivi articoli dell'intero provvedimento, sono volti esclusivamente a favorire, non tanto la grande distribuzione, ma i sistemi cooperativistici. Tali sistemi non sono assolutamente della stessa natura di quelli della Casa della Libertà o della Lega; sono piuttosto più vicini a voi e potranno agevolare la vostra politica e la vostra economia che è molto labile, nell'ultimo periodo, considerati i risultati elettorali dell'ultimo weekend.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Fava 3.209, non accettato dalla Commissione né dal Governo e sul quale la V Commissione (Bilancio) ha espresso parere contrario.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti e votanti 447
Maggioranza 224
Hanno votato
191
Hanno votato
no 256).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sugli identici emendamenti Saglia 3.50, Lazzari 3.8 e D'Agrò 3.201, accettati dalla Commissione e dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 451
Votanti 450
Astenuti 1
Maggioranza 226
Hanno votato
446
Hanno votato
no 4).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Mazzocchi 3.5, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 446
Votanti 445
Astenuti 1
Maggioranza 223
Hanno votato
196
Hanno votato
no 249).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 3, nel testo emendato.
(Segue la votazione).


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Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 453
Votanti 446
Astenuti 7
Maggioranza 224
Hanno votato
394
Hanno votato
no 52).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo aggiuntivo Galante 3.0200, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 454
Votanti 432
Astenuti 22
Maggioranza 217
Hanno votato
38
Hanno votato
no 394).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo aggiuntivo Merloni 3.0201, accettato dalla Commissione e dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 448
Votanti 356
Astenuti 92
Maggioranza 179
Hanno votato
354
Hanno votato
no 2).

Passiamo all'articolo aggiuntivo Merloni 3.0202.
Chiedo ai presentatori se accedano all'invito al ritiro formulato dal relatore, poiché la V Commissione ha espresso parere contrario.

MARIA PAOLA MERLONI. Si, signor Presidente, accedo all'invito al ritiro.

(Esame dell'articolo 4 - A.C. 2272-bis-A)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 4 e delle proposte emendative ad esso presentate (vedi l'allegato A - A.C. 2272-bis-A sezione 6).
Nessuno chiedendo di parlare, invito il relatore ad esprimere il parere della Commissione.

ANDREA LULLI, Relatore. Signor Presidente, la Commissione esprime parere contrario sull'emendamento Antonio Pepe 4.200...

PRESIDENTE. Avverto che il presentatore ha ritirato l'emendamento Antonio Pepe 4.200.

ANDREA LULLI, Relatore. Il parere è, inoltre, contrario sugli emendamenti Valducci 4.205 e 4.203, mentre è favorevole sull'emendamento Pellegrino 4.201.
La Commissione formula, inoltre, un invito al ritiro sugli emendamenti Pellegrino 4.204 e Ulivi 4.202.

PRESIDENTE. Il Governo?

FILIPPO BUBBICO, Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico. Signor Presidente, il parere del Governo è conforme a quello espresso dal relatore.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Valducci 4.205, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti e votanti 444
Maggioranza 223
Hanno votato
194
Hanno votato
no 250).


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Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Valducci 4.203, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 446
Votanti 443
Astenuti 3
Maggioranza 222
Hanno votato
191
Hanno votato
no 252).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Pellegrino 4.201, accettato dalla Commissione e dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 444
Votanti 432
Astenuti 12
Maggioranza 217
Hanno votato
425
Hanno votato
no 7).

Prendo atto che i presentatori dell'emendamento Pellegrino 4.204 accedono all'invito al ritiro.
Passiamo all'emendamento Ulivi 4.202.
Chiedo ai presentatori se accedano all'invito al ritiro formulato dal relatore.

ROBERTO ULIVI. Signor Presidente, con questo emendamento si vuole sostituire, al dodicesimo comma dell'articolo 12 della legge n. 475 del 1968 e successive modificazioni, le parole «un anno» con le parole «due anni». Il citato comma 12 prevede che gli eredi possano gestire per un anno la farmacia ereditata: tale termine risulta, tuttavia, in contrasto con il termine di due anni per la gestione ereditaria delle farmacie che è stato previsto dalla legge Bersani (cioè dall'articolo 5 della legge n. 248 del 2006). Non capisco, dunque, la motivazione per la quale il relatore non ha ritenuto opportuno di accogliere questo emendamento, che a me parrebbe ovvio, anche perché si potrebbe altrimenti creare un contenzioso notevole.

PRESIDENTE. Il relatore?

ANDREA LULLI, Relatore. Signor Presidente, comprendo le ragioni esposte dall'onorevole Ulivi. Pertanto, modificando il parere precedentemente espresso, esprimo parere favorevole sull'emendamento Ulivi 4.202.

PRESIDENTE. Il Governo?

FILIPPO BUBBICO, Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico. Il parere del Governo è conforme a quello espresso dal relatore.

PRESIDENTE. Passiamo dunque ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Ulivi 4.202, accettato dalla Commissione e dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 439
Votanti 435
Astenuti 4
Maggioranza 218
Hanno votato
435).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 4, nel testo emendato.
(Segue la votazione).


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Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 441
Votanti 428
Astenuti 13
Maggioranza 215
Hanno votato
422
Hanno votato
no 6).

Dovremmo ora passare all'esame dell'articolo 5 e delle proposte emendative ad esso presentate.

ANDREA LULLI, Relatore. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANDREA LULLI, Relatore. Signor Presidente, formulerei la richiesta di accantonare l'articolo 5.
Inoltre, per quanto riguarda l'articolo 6, dal momento che è stato presentato un articolo aggiuntivo della Commissione, cui è stata data la possibilità di presentare subemendamenti, non so se possiamo procedere all'esame di tale articolo.

PRESIDENTE. Lei chiede dunque l'accantonamento dell'esame dell'articolo 5?

ANDREA LULLI, Relatore. Sì, signor Presidente.

PRESIDENTE. Sta bene. L'esame dell'articolo 5 deve pertanto intendersi accantonato. Quanto all'articolo 6, il Comitato dei nove si è pronunciato?

ANDREA LULLI, Relatore. No, signor Presidente.

PRESIDENTE. È dunque necessario che il Comitato dei nove si riunisca, altrimenti non possiamo procedere.

ANDREA LULLI, Relatore. Il Comitato dei nove può anche riunirsi, ma poiché vi è un articolo aggiuntivo della Commissione all'articolo 6 sui servizi idrici, chiedo se si possa procedere.

PRESIDENTE. Scusate, mi pare che questa sia la situazione: siamo arrivati con i lavori del Comitato dei nove fino all'articolo 5; quanto all'articolo 6, il Comitato non si è ancora pronunciato, neanche dunque sull'articolo aggiuntivo della Commissione.
Pertanto, a questo punto, possiamo soltanto sospendere la seduta e consentire al Comitato dei nove di riunirsi, oppure rinviare il seguito dell'esame del provvedimento alla seduta di domani.

ANDREA LULLI, Relatore. Signor Presidente, ritengo opportuno rinviare il seguito dell'esame alla seduta di domani.

PRESIDENTE. Il seguito del dibattito è dunque rinviato alla seduta di domani.
Sospendiamo la seduta, che riprenderà alle 20.

La seduta, sospesa alle 19,40, è ripresa alle 20.

Informativa urgente del Governo sui recenti sviluppi dell'emergenza rifiuti in Campania.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento dell'informativa urgente del Governo sui recenti sviluppi dell'emergenza rifiuti in Campania.
Secondo quanto stabilito a seguito della riunione della Conferenza dei presidenti di gruppo del 25 maggio 2007, dopo l'intervento del rappresentante del Governo interverranno i rappresentanti dei gruppi in ordine decrescente, secondo la rispettiva consistenza numerica, per otto minuti ciascuno. Un tempo aggiuntivo è attribuito al gruppo Misto.


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(Intervento del Viceministro dell'interno)

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il Viceministro dell'interno, Marco Minniti.

MARCO MINNITI, Viceministro dell'interno. Signor Presidente, onorevoli colleghi, vorrei all'inizio di questo mio intervento precisare che questa comunicazione viene svolta su incarico della Presidenza del Consiglio. Non sfugge infatti a nessuno che siamo di fronte ad un problema molto complesso che, come è noto, coinvolge le competenze di più ministeri e più dipartimenti.
Ricordo anche che il Governo ha già ripetutamente affrontato questo tema, che da tempo è all'attenzione del Parlamento e dell'opinione pubblica. Ciò è anche peraltro dimostrato dal fatto che di questa vicenda maturata in Campania si sia direttamente interessato il Consiglio dei ministri, che è intervenuto anche recentemente con il decreto-legge 11 maggio 2007, n. 61, con gli obiettivi di tutelare la salute pubblica, evitare l'insorgere di tensioni e problemi di ordine pubblico, alleggerire l'emergenza creatasi a partire dai primi di maggio e affrontare insieme le questioni di prospettiva.
Il provvedimento si è imposto per la difficoltà di individuare siti di smaltimento dei rifiuti in ambito regionale e per la mancanza di alternative per lo smaltimento fuori dalla regione. Con il decreto-legge, attualmente all'esame del Senato per la conversione, vengono individuati in via normativa i siti da destinare a discarica per le province interessate dall'emergenza, indicati in Serre per la provincia di Salerno, Savignano Irpino per quella di Avellino, Terzigno per la provincia di Napoli e Sant'Arcangelo Trimonte per la provincia di Benevento. Caserta, come è noto, non è contemplata dal decreto perché già dotata di una discarica attiva in località Lo Uttaro. Vengono poi attraverso il decreto previste misure compensative di natura ambientale, nonché il divieto di utilizzare nella scelta dei siti le zone già in passato interessate dallo stesso smaltimento di rifiuti.
Sono individuate misure nei confronti dei consorzi di bacino e dei comuni per implementare la raccolta differenziata. I consorzi per la raccolta dei rifiuti sono obbligati ad adottare le misure necessarie per un incremento significativo della raccolta differenziata, pena - come previsto dall'articolo 4 - qualora non ottemperino, l'accorpamento degli stessi consorzi o il loro scioglimento da parte del Commissario delegato. I comuni della regione Campania, per cinque anni a decorrere dal 1o gennaio 2008, devono deliberare, come previsto dall'articolo 7, le misure tariffarie in modo tale da garantire la copertura integrale dei costi di gestione del servizio di smaltimento dei rifiuti. Ai comuni che non provvedano nei termini previsti, si applicano le disposizioni di cui all'articolo 141, comma 1, lettera a) del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267: in sostanza, lo scioglimento dei consigli comunali. Infine, sono individuate misure volte a favorire un maggiore coinvolgimento nel ciclo di gestione e smaltimento nella regione da parte dei presidenti delle province e dei prefetti. Il provvedimento è stato adottato in un momento particolarmente delicato: la fase coincidente con l'aggravamento della difficoltà nel prelevamento del percolato, che ha comportato il fermo sostanziale della discarica di Villaricca, l'unica in quel momento funzionante in Campania. Non si tratta qui di fare la disamina di merito del decreto. Questa Camera avrà modo di affrontarla nel corso dell'iter di conversione. Ne ho richiamato i punti principali e le decisioni immediatamente conseguenti perché sono strettamente connessi alla fase che stiamo esaminando.
Le gravissime difficoltà nel servizio di smaltimento dei rifiuti si sono trasformate in una vera e propria paralisi dell'intero ciclo - raccolta e smaltimento - per la protesta della popolazione del comprensorio Giugliano, Quagliano, Villaricca, che ha immediatamente reagito, con continue manifestazioni, alle voci di un possibile utilizzo di siti in quella zona per ulteriore deposito di rifiuti, sia sotto forma di


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pretrattato, le cosiddette «ecoballe», sia in forma originaria, il cosiddetto «tal quale».
La stessa provincializzazione dello smaltimento della spazzatura (ogni provincia ha un sito per smaltire i propri rifiuti), che pure si presenta come scelta strategica per avviare a soluzione la questione, ha inizialmente provocato un inasprimento delle tensioni, specialmente nelle province di Napoli e Salerno e in primo luogo nel comune di Serre, la cui cittadinanza ha fortemente avversato l'ipotesi dell'utilizzo, quale discarica, di un'ex cava di argilla in località nota come Valle della Masseria, originariamente individuata dal Commissario anche come un sito che, in tempi rapidi, poteva contribuire ad alleggerire la situazione.
Proprio a Serre, già precedentemente all'emanazione del decreto-legge, sin dal momento della requisizione dei terreni dell'ex cava vi erano state manifestazioni di protesta per impedire l'ingresso in quell'area dei tecnici incaricati delle operazioni preliminari alla messa in opera della discarica. La forte opposizione al progetto aveva determinato, per ben due volte, il rinvio delle operazioni tecniche, poi riavviate dopo un accordo intervenuto tra il Commissario delegato e il comune per affidare ad una commissione tecnica congiunta la valutazione dei risultati degli esami effettuati.
Dopo l'adozione del decreto-legge n. 61 del 2007, l'opposizione alla realizzazione della discarica di Valle della Masseria è proseguita anche attraverso alcune azioni legali avviate dall'amministrazione comunale di Serre, che adottava un'ordinanza di sospensione dei lavori perché ritenuti abusivi, nonché un provvedimento di sequestro del cantiere e dei mezzi ivi presenti che, peraltro, non è stato convalidato dall'autorità giudiziaria. Per sbloccare la situazione, dopo aver recintato l'area indicata nel decreto, è stata avviata una complessa fase di confronto delle amministrazioni interessate con i prefetti di Napoli e Salerno, il Commissario delegato e le amministrazioni provinciali. In questo ambito, il 13 maggio, è stata emessa la proposta dell'amministrazione provinciale di Salerno - il cui presidente con il decreto viene individuato come subcommissario, così come gli altri presidenti delle province campane - di non dare corso alla localizzazione della discarica in Valle della Masseria e di valutare, in alternativa, altri siti ove localizzare o riattivare una discarica, tra i quali quello di Parapoti nel comune di Montecorvino Pugliano.
Dopo un ulteriore incontro tenutosi presso la prefettura di Napoli nel pomeriggio del 14 maggio, seguito da un sopralluogo congiunto in località Macchia Soprana, il 17 maggio la Presidenza del Consiglio dei Ministri ha sciolto la riserva, confermando di avere localizzato, nel sito di Macchia Soprana, l'unica discarica da realizzare nel comune di Serre, rinviando all'adozione di un'apposita ordinanza la precisazione circa le relative modalità di esecuzione.
L'ordinanza, con l'articolo 1, comma 8, dispone che, nel caso in cui, a seguito della chiusura della discarica del comune di Villaricca e ove non siano fruibili altri siti per le occorrenti discariche, lo imponga l'aggravarsi della situazione di emergenza dello smaltimento di rifiuti nella regione Campania, il Commissario delegato è autorizzato all'uso, con decorrenza dal 1o luglio 2007, del sito di località Valle di Masseria del comune di Serre, da adibire a stoccaggio temporaneo dei rifiuti. Tale decisione, in parte, ha rasserenato gli animi nel comune di Serre.
Manifestazioni di protesta si sono analogamente svolte nella città di Napoli fin dal 12 maggio e sono stati inscenati sit in sotto il palazzo del governo per contestare le modalità con cui sono state individuate le discariche. Anche a Tersigno le iniziative di dissenso sono divenute, nel tempo, sempre più numerose, coinvolgendo persino i candidati alle scorse consultazioni amministrative di quel comune con blocchi della circolazione ferroviaria e stradale.
Altre proteste si sono registrate in diversi altri centri della Campania, tra cui Nocera Superiore, per impedire lo sversamento del percolato proveniente da Villa


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ricca. Il momento più delicato, tuttavia, si è raggiunto quando sono state appiccate le fiamme a numerosi cassonetti ed ai cumuli di rifiuti non raccolti nelle strade di Napoli e di comuni della provincia, talvolta incendi veri e propri, provocati dalla popolazione esasperata per il mancato prelievo dei rifiuti, con conseguenze ancor più dannose per la salute pubblica.
Si pensi che il numero medio degli interventi dei vigili del fuoco è passato dai 35 nei primi quattro mesi dell'anno ai 70 verificatisi nella prima decade di maggio, arrivando a 150 interventi tra l'11 e il 25 maggio. Gli incendi hanno riguardato grandi quantitativi di materiale che, in alcuni casi, hanno coinvolto automezzi, minacciato fabbricati e interessato materiali di vario genere, anche bombole di gas e rifiuti ospedalieri, la cui combustione produce sostanze evidentemente tossiche.
Al fine di scongiurare le gravi conseguenze della situazione divenuta più critica con il passare dei giorni, al punto da indurre alcune amministrazioni locali a sospendere le attività scolastiche, il prefetto di Napoli, d'intesa con il commissario, ha avviato una fitta serie di incontri per stemperare la tensione e, parallelamente, individuare soluzioni concrete per attivare lo smaltimento dei rifiuti nel più breve tempo possibile.
Nella giornata del 24 maggio sono stati concordati interventi per la rimozione dei rifiuti accumulati soprattutto nella provincia di Napoli, circa 15 mila tonnellate, e per realizzare le discariche previste dal decreto-legge n. 61 del 2007. Ciò è stato possibile, in primo luogo, per la disponibilità di un sito ad Acerra, nelle piazzole adiacenti il costruendo impianto di termovalorizzazione e, in secondo luogo, di un altro sito ricavato da un complesso di capannoni industriali in territorio del comune di Nusco, in provincia di Avellino, da adibire a deposito temporaneo di ecoballe. Nell'ultimo vertice, svoltosi sempre a Napoli nella giornata del 24 maggio, è stato delineato un programma parallelo per le operazioni immediate di rimozione straordinaria dei rifiuti accumulatisi lungo le strade e per la predisposizione delle discariche temporanee, in attesa dell'attivazione di quelle provinciali previste dal decreto-legge n. 61 del 2007.
Il piano approvato in quella sede ha delineato le seguenti soluzioni. In primo luogo, fermo restando l'imminente trasferimento di ecoballe nei capannoni a Nusco, si è deciso di avviare lo stoccaggio provvisorio dei rifiuti solidi urbani giacenti, avvalendosi a tal fine del sito di Acerra. In tale sito si conta di depositare tra le 25 mila e le 30 mila tonnellate circa in tempi ragionevolmente brevi, al fine di poter superare la gravissima situazione, in particolare nella provincia di Napoli.
In secondo luogo, preso atto della necessità di dover procedere dal 26 maggio alla chiusura della discarica di Villaricca, finora unica regionale, si è deciso di realizzare, temporaneamente e per un periodo massimo di venti giorni, in sua sostituzione il sito di Parapoti per il conferimento di frazione organica stabilizzata (FOS), proveniente dagli impianti di combustibile derivato dai rifiuti.
Quanto alle altre discariche indicate dal decreto-legge n. 61 del 2007, si è stabilito di procedere all'attivazione, per la fine del prossimo mese di luglio, di quella di Terzigno, nonché all'immediata attivazione dei siti di Sant'Arcangelo Trimonte e Savignano Irpino, il cui allestimento richiederà nelle previsioni, rispettivamente, circa tre o quattro mesi.
Per quanto riguarda il sito di Macchia Soprana di Serre, si è stabilito di procedere all'attivazione della discarica entro i sessanta giorni previsti dall'ordinanza di attuazione del decreto-legge n. 61 del 2007. Si è convenuto, infine, di verificare la possibilità di trasferire altre quote di rifiuti fuori dalla regione. Nelle scorse settimane, come è noto, sono state inviate in altre regioni italiane (Calabria, Marche, Emilia Romagna, Lombardia, Sicilia, Liguria, Piemonte e Toscana), nel quadro di una solidale assunzione di responsabilità, circa 140 mila tonnellate di rifiuti. Inoltre, in Germania ne sono state inviate 10 mila.
Successivamente, il 26 maggio scorso presso la prefettura di Napoli si è tenuto un incontro tra il Commissario straordinario


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per l'emergenza dei rifiuti e i presidenti delle province subcommissari. Presenti i prefetti della regione, in tale riunione sono state delineate le procedure rapide per l'attuazione concertata degli interventi previsti e per avviare un percorso solidale fra tutte le province in questa delicata fase di attuazione dell'apertura delle discariche previste dal decreto-legge n. 61 del 2007. Le autorità partecipanti all'incontro hanno poi deciso di costituirsi in un tavolo di unità di crisi permanente, pronto a risolvere congiuntamente i problemi di volta in volta emergenti.
Nonostante l'impegno per la ricerca di soluzioni condivise, come vi è noto, sono continuate manifestazioni di diversa intensità a Terzigno, Acerra, Montecorvino Pugliano, Boscoreale, Boscotrecase. Nella giornata di domenica, in opposizione alla scelta di Parapoti, le proteste sono proseguite con un blocco stradale e ferroviario in località Pagliarone, sulla strada provinciale n. 173, in corrispondenza di un passaggio a livello ferroviario, con un blocco della linea ferroviaria che dal sud porta al nord del paese. Dopo circa tre ore, tuttavia, nel primo pomeriggio di domenica i manifestanti hanno rimosso i blocchi dopo che il sindaco di Montecorvino Pugliano ha comunicato di avere ricevuto telefonicamente dal Presidente della Repubblica diretta conferma sulla temporalità dell'apertura della discarica. Voglio approfittare di questa occasione per ringraziare il Presidente Napolitano per la costante e spesso risolutiva attenzione.

ITALO BOCCHINO. Confermi l'impegno per i venti giorni!

PRESIDENTE. Per favore, le chiedo di non interrompere.

MARCO MINNITI, Viceministro dell'interno. L'ho già confermato precedentemente. Nella mia informativa era chiaro: confermo l'impegno per i venti giorni.
Onorevoli colleghi, in conclusione vorrei rilevare che l'iniziativa del Governo ha un duplice obiettivo: il primo è affrontare la difficilissima situazione di emergenza e l'altro è cercare di prospettare una soluzione definitiva ad un problema talmente incancrenitosi nel tempo da apparire, a volte, irrisolvibile.
I due punti, l'emergenza e la soluzione di prospettiva, sono strettamente connessi ed è per questo che, mentre da un lato si va decisamente verso la provincializzazione dei siti - infatti ogni provincia avrà nel proprio territorio il proprio sito - dall'altro si mette in campo una strategia capace di promuovere la raccolta differenziata dei rifiuti, ritenuta da tutti gli esperti condizione senza la quale diventa impossibile dare soluzione al problema. Tenendo insieme emergenza e progetto si può affrontare, e forse risolvere, la drammatica situazione che abbiamo oggi di fronte in Campania e nella città di Napoli.

(Interventi)

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Iannuzzi. Ne ha facoltà.

TINO IANNUZZI. Signor Presidente, abbiamo ascoltato la relazione puntuale e precisa, con la ricostruzione degli eventi e gli impegni ivi contenuti, del Viceministro Minniti che apprezziamo e condividiamo.
L'emergenza rifiuti in Campania costituisce una situazione obiettiva di estrema gravità che giustifica, anzi impone e motiva, il ricorso a procedure straordinarie. Non c'è dubbio che la storia dell'emergenza dei rifiuti in Campania, che si protrae da troppo tempo, è caratterizzata da continui rinvii, da pesanti ritardi, da assenza prolungata di decisioni, da un commissariamento ormai infinito che si trascina negli anni e che non è riuscito complessivamente a risolvere le questioni sul tappeto, con lo svuotamento sostanziale del ruolo ma anche la deresponsabilizzazione delle istituzioni locali. Questa lunga storia, senza dubbio, chiama in causa tutte le istituzioni pubbliche e la politica in Campania, senza eccezioni, di ogni schieramento e di ogni coalizione, nell'oggi e nella considerazione del passato.


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Ma noi vogliamo dire con grande chiarezza che è l'ora di un'assunzione di responsabilità chiare, nette, forti e precise, sulla scia dell'appello così alto e autorevole che a più riprese ha lanciato il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. Questa è l'ora delle decisioni e della loro rapida ed integrale attuazione. Vanno, invece, respinti i tentativi, pur ricorrenti, di strumentalizzazioni politiche che non hanno fondamento, faziose e che sono soltanto inutilmente dannose.
Occorre affrontare con energia e con determinazione questa fase di particolare e accentuata drammatica emergenza, a fianco del Commissario straordinario che è stato giustamente nominato dal Governo Prodi, ricorrendo all'autorevolezza e ad una figura di servitore dello Stato, di dirigente di così alto profilo come il capo della Protezione civile, dottor Bertolaso, che sta operando in proficua intesa con la regione.
In questo senso è intervenuto il decreto-legge n. 263 del 2006, convertito dalla legge n. 290 del 2006, e da ultimo il decreto-legge n. 61 del 2007, in via di conversione. È necessario procedere nella direzione indicata da questi provvedimenti, con il rispetto delle indicazioni ivi contenute per i siti, per le discariche e tutti gli impianti necessari per affrontare la condizione di particolare e accentuata emergenza, quella che si definisce l'emergenza nell'emergenza, per affrontare, quindi, con immediatezza soluzioni provvisorie non procrastinabili per arginare questa condizione.
Naturalmente bisogna andare avanti anche nella definizione degli interventi e degli impianti capaci di dare una soluzione strutturale all'intera vicenda: un progetto complessivo per definire finalmente un ciclo integrato e coordinato di gestione, di raccolta, di smaltimento e di riuso dei rifiuti nella regione Campania, procedendo con celerità nei lavori per il termovalorizzatore di Acerra, per le procedure relative al termovalorizzatore di Santa Maria La Fossa e anche istruendo con rapidità e integralmente le richieste che sono pervenute da alcuni territori, come la città di Salerno, per nuovi impianti di termovalorizzazione di cui si riconosce la necessità e l'esigenza.
Noi sappiamo che dobbiamo operare tra il superamento, con responsabilità, determinazione e coraggio, dell'emergenza che abbiamo innanzi e il superamento definitivo di questa situazione al 31 dicembre 2007, con la restituzione di tutti i ruoli al sistema ordinario delle competenze.
Da questo punto di vista, i decreti-legge voluti dal Governo hanno compiuto scelte importanti che vanno in questa direzione, e positiva è stata anche la nuova legge sui rifiuti varata dal consiglio regionale della Campania. Si tratta di arrivare a un sistema istituzionale ordinario, normale e funzionante delle competenze in questo campo, che sia basato su un principio di leale e solidale cooperazione tra tutti i soggetti istituzionali e i diversi livelli di Governo, con una chiara delimitazione delle competenze e dei ruoli affidati a ciascun soggetto pubblico.
Da questo punto di vista, è fondamentale l'affermazione del principio di provincializzazione della gestione dei rifiuti per l'attribuzione alla provincia, come istituzione, di un potere, ma di una responsabilità, di una competenza, ma di un dovere preciso, in ordine alla identificazione e alla localizzazione dei siti per tutte le strutture e gli impianti necessari per realizzare, finalmente, un ciclo moderno e funzionale di gestione dei rifiuti in chiave coordinata e integrata nella regione Campania.
Naturalmente, occorre con determinazione e decisione - come per la verità già fanno numerosi enti locali della Campania - accelerare e spingere sul tassello dell'incentivazione della raccolta differenziata, che è indispensabile e presuppone e postula una serie di interventi decisi sugli enti competenti chiamati a rendere appieno le percentuali che la legislazione nazionale affida alla raccolta differenziata, per dare un contributo all'alleggerimento e alla risoluzione della questione dell'emergenza rifiuti.


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È quindi questo il momento di una precisa e forte rivendicazione della responsabilità che deve interessare tutti i soggetti politici istituzionali operanti in Campania. Noi ci rendiamo anche conto che nel passaggio dalla fase transitoria e dell'emergenza immediata alla fase di definizione, che porrà la parola fine alla gestione commissariale e, quindi, segnerà il ritorno al circuito ordinario e istituzionale delle competenze, occorreranno forti e qualificate iniziative.
In tal senso riteniamo che lo Stato e la regione debbano attivarsi per preparare e predisporre questa fase, particolarmente delicata e rilevante, che si attende, anche con il ricorso ad un'intesa istituzionale, ad un accordo di programma ad hoc tra lo Stato, la regione, le cinque province campane e i cinque capoluoghi, che fissi con chiarezza, in maniera contestuale e precisa, gli interventi e gli impianti da realizzare, i tempi, le modalità e le fonti di finanziamento. Ciò anche tenendo conto che l'utilizzazione dei fondi dell'Unione europea può e deve rappresentare un'occasione fondamentale e importante per la risoluzione di una vicenda così rilevante che, per tanti versi, è all'incrocio tra problemi di ordine pubblico, di sanità e di sicurezza dell'incolumità dei cittadini e delle comunità di così grande importanza.
Ecco perché riteniamo che in questa direzione siamo tutti, con forza e determinazione, impegnati; siamo a fianco del Commissario straordinario, siamo a fianco delle iniziative e delle decisioni del Governo e siamo decisi ad andare avanti perché siamo convinti che, affrontando con risolutezza il nodo così drammatico, stringente e attuale dell'emergenza, potremmo porre tutte le condizioni per realizzare un ciclo di gestione dei rifiuti finalmente moderno e funzionante di cui la Campania ha bisogno e che l'intera comunità nazionale attende (Applausi dei deputati del gruppo L'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Paolo Russo. Ne ha facoltà.

PAOLO RUSSO. Signor Presidente, ringrazio il Governo che ci ha fornito sostanzialmente una sorta di nutrita rassegna stampa, ma nessun elemento di profondità rispetto alla questione che andiamo ad esaminare. Il concetto della politica responsabile della vicenda è un'altra delle fandonie dell'emergenza rifiuti.
Non è la politica responsabile, ma chi è titolare della responsabilità. Nella fattispecie è responsabile il presidente della regione, il commissario per conto del Paese, chi, nell'ottobre del 2000, grazie ad un furore ideologico, volle chiudere le discariche facendo credere che si sarebbe risolto ogni problema e, soprattutto, si sarebbe reciso ogni collegamento con la criminalità organizzata.
Era evidente che quel furore ideologico era falso, ed è ancora più evidente che si riaprono le discariche perché immotivatamente furono chiuse. Si riaprono, oggi, quelle discariche che sono la vergogna di un Governo «rosso-verde» costretto a smaltire i rifiuti, in una regione, nel modo più desueto, più arcaico, più antitecnologico e sicuramente più dannoso che esista al mondo. Eppure è costretto a farlo.
Vi avevamo avvertito che il decreto-legge dello scorso ottobre era fatto male. Vi abbiamo avvertito in quest'aula e vi abbiamo anche detto il perché. Un motivo tra tutti: era un decreto senza risorse. Ma ciò non rileva in quanto sarà la tassa sui rifiuti dei cittadini campani ad aiutare la baracca dell'emergenza rifiuti. Vi avevamo anche detto che non funzionava la gestione di un'emergenza quando la catena di comando non era affidata ad un solo uomo. Avete chiamato il dottor Bertolaso, funzionario di grande prestigio, ma non gli avete consentito di governare il fenomeno perché lo avete costretto ad un concerto permanente tra Ministro dell'ambiente e presidente della regione.
Se quel concerto fosse stato a monte, probabilmente la questione emergenziale sarebbe stata risolta, mentre era evidente che l'esatto contrario del concerto, ovvero un braccio di ferro permanente, avrebbe causato negli ultimi sei mesi la paralisi di qualunque iniziativa e azione. E proprio quella paralisi è la responsabile dell'emergenza di queste ore.


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Ministro, non ci interessa sapere la storia dell'emergenza rifiuti. Negli ultimi sei mesi cosa si è fatto sulla raccolta differenziata? Quanti impianti per il compostaggio sono stati programmati, realizzati, ideati, inventati, finanziati? Cosa si è fatto di concreto negli ultimi sei mesi (non parliamo degli ultimi anni)?
Inoltre, ci sono alcune questioni nodali. Avete scelto, peraltro con decreto (era nella potestà di Bertolaso), come discarica Valle della Masseria. Poi avete fatto marcia indietro. Cosa è accaduto: è stata una valutazione tecnica? Sarebbe gravissimo se fosse così perché significherebbe che tutte le straordinarie strutture del Paese avevano sbagliato valutazione. Oppure vi sono valutazioni di carattere politico? E se sono valutazioni di carattere politico vuol dire che, di volta in volta, ci sarà un presidente di commissione, un ministro, un viceministro, un deputato influente, qualcuno che modificherà le scelte e che renderà le vostre scelte incredibili sui territori! Ecco perché ci sono le proteste! Perché quelle scelte vengono ritenute non tecniche, ma scelte geopolitiche.
In questo senso vi dovete aspettare, legittimamente, che i territori difendano la loro autonomia e la loro salute.
Ma non solo avete fatto ciò. Mi spiegate in quale modo volete che si contribuisca al sistema del ciclo integrato industriale dei rifiuti della regione Campania e in che modo le grandi città, ad iniziare da Napoli, partecipano a questo percorso? Trovando delle straordinarie soluzioni, come quella, che il sindaco di Napoli ha fornito, di portare i rifiuti in Romania? È etica ambientale questa? Per fortuna la Romania è un paese serio e non ha accettato i rifiuti.
È un Paese serio, il nostro, che si permette addirittura di ipotizzare una soluzione del genere, eticamente non compatibile, ovvero di portare i rifiuti, come la camorra, verso le realtà periferiche del nostro sistema planetario? Prima nell'Europa dell'est, poi arriverà il sindaco di turno che suggerirà di portarle verso il sud-est asiatico. Qual è la differenza tra un Paese presuntivamente legale e la criminalità organizzata che suggerisce le stesse soluzioni, in competizione?
Questa è la condizione nella quale ci ha portato il Governo negli ultimi sei mesi. Non parlo della responsabilità degli ultimi dieci anni della sinistra nella regione Campania, ma parlo degli ultimi sei mesi: pasticci continui, bracci di ferro, il tentativo di mediazione all'interno del Consiglio dei Ministri, il «povero» Bertolaso che si è dovuto dimettere, per ora, due volte, e vedremo ancora quante volte accadrà.
E poi, signor Viceministro, consentitemi un'altra osservazione: c'è un comune importante, quello di Salerno, che vuole realizzare il termovalorizzatore; pare, bontà sua, che qualcuno lo abbia consentito, dicendo che è possibile contribuire attraverso i lavori e i contributi del CIP 6.
I Verdi lo sanno? Il Ministro Pecoraro Scanio ne è consapevole o assisteremo a un altro balletto interno al Consiglio dei Ministri e alla maggioranza di centrosinistra? Questa è la vera condizione per la quale non riuscite a fare un passo in avanti e, soprattutto, non riuscite a far fare un passo in avanti a quella regione.
Il richiamo del Presidente Napolitano è uno schiaffo nei vostri confronti, una sorta di «super commissario»: sono stati commissariati il presidente della regione, il bravo Bertolaso, il Consiglio dei Ministri ed il Presidente Prodi, che cercava in qualche modo di infilarsi nella vicenda, nel disperato tentativo di mettere d'accordo cose inconciliabili.
La vicenda campana è la testimonianza della ragione per la quale non potete governare: non potete governare perché non la pensate allo stesso modo su questioni strategiche! È evidente: c'è chi pensa alle discariche e chi pensa al CIP 6, chi pensa ai termovalorizzatori tradizionali e chi, invece, ai gassificatori; chi pensa alla raccolta differenziata e non fa il resto.

PRESIDENTE. Deputato Russo, concluda.

PAOLO RUSSO. Concludo, Presidente. C'è chi (e proviene dalla stessa regione


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Campania) sostiene anche altro e probabilmente lo ascolteremo anche in quest'aula. L'articolo 1 della legge regionale afferma che ci si ispira alla politica «rifiuti zero». Grande cosa! Ci portassero, però, a vedere dove si fa questa politica, in ragione soprattutto del fatto che oggi vi sono tanti rifiuti per strada che «ammorbano» quella regione: la responsabilità ricade tutta sul Governo nazionale e su quello regionale [Applausi dei deputati dei gruppi Forza Italia e UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro)]!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Bocchino. Ne ha facoltà.

ITALO BOCCHINO. Onorevole Presidente, mi dispiace che oggi il Governo sia rappresentato dal Viceministro Minniti, che è persona intelligente ed elegante e quindi sa bene che quell'appunto, preparato dalla burocrazia governativa, sostanzialmente mente al Paese.
Collega Minniti, nella sua informativa lei doveva dire al Parlamento due cose: in primo luogo che ci troviamo in una situazione di emergenza e che vi sono delle responsabilità, perché il Governo ha anche il dovere di spiegare cosa è successo e di chi è la responsabilità. In secondo luogo, che cosa accadrà nei prossimi mesi e nei prossimi anni di quella massa di rifiuti in Campania.
Non è riuscito a fare né l'una né l'altra cosa. Sappiamo che la responsabilità non è sua, perché lei non può dire quello che pensa e legge un appunto della burocrazia governativa, che è inutile: bastava leggere anche le più piacevoli righe dei resoconti giornalistici per sentire le stesse cose, almeno preparate, però, in un italiano meno burocratico e meno noioso.
La responsabilità, caro Viceministro, ha una paternità politica, quella del centrosinistra campano, ed un nome ed un cognome, quello di Antonio Bassolino. Credo che il Governo, anche a sua tutela, abbia il dovere di dirlo all'interno delle Assemblee parlamentari.
Lei avrebbe dovuto dire che dal 1995 al 1997 si tentò di dare vita ad un progetto per costruire numerosi termovalorizzatori in Campania e che poi, cambiato il colore politico della giunta regionale, quel processo si bloccò, senza prevedere un'alternativa. Si decise, cioè, di non dar vita ai termovalorizzatori, tranne quello di Acerra, ma non si decise che cosa fare: è evidente che la situazione provocò un blocco che poi ci ha portato a questo disastro, non semplicemente e linearmente, ma dopo una girandola di sprechi.
Avrei voluto sentir dire da lei che si è privilegiata troppo la logica delle discariche e degli affari non sempre onesti che vi sono intorno alle discariche e al trasporto dei rifiuti e che si sono fatte 2316 assunzioni su chiamata diretta, Viceministro Minniti.
Vorrei che lei avesse citato l'audizione di un sindacalista della CGIL dinanzi alla Commissione parlamentare antimafia, che ha affermato che alla CGIL risultava che i suddetti 2316 dipendenti sono stati assunti in base a graduatorie tratte da liste di disoccupati e di cooperative di ex detenuti, che per entrare in queste cooperative e in queste liste hanno dovuto pagare 8 milioni a persona.
È tutto agli atti del Parlamento, Viceministro Minniti, è nel resoconto di un'audizione di un uomo della CGIL. Questo vogliamo sentir dire dal Governo, non l'appunto burocratico. Vorremmo sapere perché la raccolta differenziata, nonostante 2316 assunzioni fatte da Bassolino negli ultimi anni, è tra l'8 e il 10 per cento, quando in Italia è al 24 per cento. In un solo comune della Campania, Mercato San Severino, è al 60 per cento, perché c'è un sindaco che la pensa diversamente, che ha tolto i cassonetti dalla strada e ha dato i sacchetti a casa per la raccolta differenziata. Vanno a ritirare i rifiuti a casa due volte a settimana, i rifiuti solidi urbani, e per questo sacrificio dei cittadini non fa pagare la TARSU.
Questo è quello che lei doveva venirci a dire, Viceministro Minniti. Invece, non ci ha detto neanche che paghiamo la più alta TARSU d'Italia, che c'è stato un incremento dei carcinoma in Campania negli ultimi dieci anni, anche a causa della


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dispersione di diossina per i roghi di immondizia; non ci ha detto che negli ultimi giorni sono quintuplicati i ricoveri per problemi respiratori nella città di Napoli e in Campania. Questo non glielo hanno scritto i burocrati del Ministero. Non le hanno scritto, Viceministro Minniti, che il 43 per cento dell'inquinamento nazionale è rappresentato dalla Campania, che come territorio dovrebbe rappresentare invece solo il 12 per cento del Paese.
Non ci ha detto che, negli ultimi dieci anni, in Campania c'è stato un incremento dell'84 per cento delle malformazioni infantili e che si pensa che possa essere una conseguenza proprio di questa situazione. Non ci ha detto che sono stati spesi, in tredici anni, due miliardi di euro, che non si sa dove sono finiti. Non ci ha detto che il Commissariato, che quando c'era Rastrelli costava 16 mila euro all'anno, è costato nell'ultimo anno di gestione Bassolino un milione 140 mila euro. Non ci ha detto che la Corte dei conti ha segnalato anche al Governo che, non si sa come, sono stati spesi 2 miliardi di euro e che 9 milioni di euro sono stati spesi per consulenze date a 500 persone di cui non si trova alcuna documentazione.
Tutto ciò è agli atti della Corte dei conti. Allora, vede, noi vogliamo sapere qualcosa di più di quell'«appuntino» e vogliamo anche sapere che cosa accadrà.
Lei purtroppo ha dovuto mentire. Non ha detto ciò che i cittadini devono sapere: che la situazione non sarà risolta se non prima di cinque-dieci anni. Lei, infatti, ci ha detto che prendiamo l'immondizia dalla città di Napoli e la portiamo nel piazzale vicino al termovalorizzatore di Acerra. Bene, poi che facciamo? La riportiamo da un'altra parte? E poi la rispostiamo? La mettiamo nelle ecoballe da una tonnellata? Le mandiamo in Germania? La Germania le può termovalorizzare o le rimanderà indietro un giorno? Lei non ha spiegato che stiamo costruendo un solo termovalorizzatore, quello di Acerra, e che se destinassimo, quando e se sarà pronto, tutte le ecoballe che abbiamo stoccato in Campania a quel termovalorizzatore, quest'ultimo avrebbe bisogno dai 46 ai 53 anni per smaltire tutte le ecoballe che abbiamo messo da parte.
Perché non viene a spiegarci questo in Parlamento? Abbiamo diritto di saperlo. Il decreto-legge che avete varato non risolve il problema, anzi lo peggiora. Nel decreto-legge, avete previsto il trasferimento dei lavoratori presso gli enti locali, che dovranno pagarseli e dovranno aumentare le tasse ai cittadini.
Eppure noi produciamo minore immondizia di quanta se ne produca in altre parti d'Italia. La Campania produce il 10 per cento in meno pro capite, perché nelle regioni meridionali vi è un reddito più basso ed uno stile di vita meno consumistico. Allora, lei ci deve dire dove finiranno in futuro queste 7.200 tonnellate di rifiuti al giorno che si producono nella regione Campania. Faremo delle ecoballe? E dove andranno le ecoballe? Non ce l'ha detto. In Romania? In Germania? Le prenderanno? Non le prenderanno? Le stoccheranno per poi rimandarcele indietro e le dovremo termovalorizzare? Faremo noi la divisione dei vari rifiuti o non la faremo come non è stata fatta fino ad oggi? Oppure acceleriamo la raccolta differenziata? Ma come facciamo ad accelerarla se abbiamo abituato per cinque anni 2316 persone a prendere lo stipendio e a non lavorare? Quando è stato chiesto il perché alla regione, è stato risposto che sussiste anche un problema di assistenza sociale.
Allora ditecelo, che non siete in grado di gestire la situazione! Troviamo una soluzione diversa, come Governo!
Per la discarica di Parapoti il Governo aveva preso un impegno a non riaprirla, era stata messa in sicurezza. L'avete riaperta, ed è dovuto intervenire il Presidente della Repubblica, di fatto commissariandovi, con un atto eccezionale, a dare la garanzia che sarà aperta solo venti giorni.
Allora l'emergenza non solo non è finita, Viceministro Minniti, ma voi dovete avere il coraggio di dire ai cittadini campani e agli italiani che di questo passo non finirà mai.
Il Commissario che è stato nominato, Bertolaso, è forse il meglio che si potesse


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trovare nel Paese, ma ha già gettato la spugna due volte; gli avete chiesto una cortesia e vi sta dando la terza ed ultima possibilità.

PRESIDENTE. La invito a concludere.

ITALO BOCCHINO. Sono convinto che purtroppo Bertolaso dovrà gettare la spugna ancora una volta e o sarà veramente Napolitano a commissariare la regione Campania oppure davvero saremo in condizioni di non vedere una via d'uscita per questo disastro [Applausi dei deputati dei gruppi Alleanza Nazionale, Forza Italia e UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro)].

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato De Cristofaro. Ne ha facoltà.

PEPPE DE CRISTOFARO. Presidente, devo dire che concordo con le conclusioni del Viceministro Minniti e credo anch'io che oggi la politica e le istituzioni debbano non soltanto rincorrere l'emergenza, ma soprattutto ragionare su un piano strutturale, anche perché temo che altrimenti rischiamo di trovarci, tra qualche mese, nella stessa situazione in cui versiamo in questi giorni.
Peraltro vorrei ricordare un dato a tutti noto: l'emergenza rifiuti che viviamo in Campania da tredici anni, più che un'emergenza è un vero e proprio sistema, che la politica non è riuscita a fronteggiare e che nel corso degli anni ha visto coinvolti poteri criminali, multinazionali, imprenditori senza scrupoli.
Così oggi siamo di fronte ad un pericoloso e drammatico effetto tenaglia: da una parte le rivendicazioni - secondo me sacrosante - di tanti cittadini (in realtà di tutta la regione) assediati dai rifiuti, dall'altra però l'altrettanto giusta rivendicazione delle popolazioni di quelle città scelte come sede delle discariche: Serre, Acerra per ultima, terra peraltro martoriata da molti anni, come riporta uno studio dell'Organizzazione mondiale della sanità (a tal proposito vorrei chiedere al Viceministro un impegno preciso del Governo per avviare un'indagine epidemiologica sui morti e i malati di cancro in queste terre).
Insomma credo che il problema di fondo che la politica deve porsi oggi sia questo: come sottrarsi a tale tenaglia, come si fa a non dover stare necessariamente dalla parte delle comunità in lotta oppure dalla parte dei cittadini che chiedono di liberare le strade?
Qualcuno ha detto, nel corso delle ultime settimane, che la causa del problema è la mancata realizzazione del termovalorizzatore, accusando i movimenti di questi anni e indicandoli come responsabili della crisi. Anche soltanto citando per un attimo una questione peraltro di fondo, vale a dire la gara vinta dalla Fibe, cioè dalla FIAT di Montezemolo, non sulla qualità ma sul massimo ribasso, vorrei ricordare dati che dimostrano il contrario di tali affermazioni.
Diciamo con grande chiarezza che senza raccolta differenziata e senza ecoballe a norma, gli stessi inceneritori sono inutili, perché possono bruciare soltanto il 10 per cento dei rifiuti prodotti, cioè quelli trasformati in CDR dall'unico impianto dei sette, cioè quello di Tufino, abilitato a farlo. Oggi la politica dovrebbe partire da un'altra domanda e dovrebbe operare una scelta di fondo, cioè capire se è più utile aprire discariche o costruire inceneritori o piuttosto provare a ridurre a monte la produzione dei rifiuti inorganici.
Devo dire che in tutti questi anni nel nostro Paese si è palesemente optato per una scelta, mentre invece in molti Paesi europei si è fatto il contrario. Basta guardare i dati - li allegherò, non li voglio recitare -, basta dire semplicemente che la percentuale di rifiuti che oggi in Italia va in discarica e in incenerimento è nettamente più alta della media dei Paesi europei.
Inoltre, come dimostra il caso di Brescia, la pratica dell'incenerimento non risolve il problema perché, tanto per dirne una, aumenta in maniera vertiginosa la produzione pro capite dei rifiuti.
In Campania - per tornare a quanto è stato detto oggi - nel 1994, come sapete,


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viene istituito il Commissariato di Governo. Lo sapete qual è il primo provvedimento del Commissario di Governo? È esattamente aprire dieci «megadiscariche».
Oggi, tredici anni dopo, si risponde alla crisi aprendo cinque discariche - che peraltro, come è stato detto, vengono individuate in alcuni territori che andrebbero salvaguardati - invece di ragionare, per esempio, su una cosa che sarebbe molto utile, cioè se e come utilizzare le oltre duecento discariche sequestrate alla camorra nel corso di questi anni.
Tra il 1996 e il 2000 viene approvato un piano che prevede la costituzione di due inceneritori, proponendo di arrivare ad avere un terzo dei rifiuti in inceneritori, un terzo in discarica, un terzo riciclato. Invece oggi la Campania ha il 93 per cento dei rifiuti che dovrebbe andare in discarica. Ritengo che questa situazione si sia determinata anche per la scarsa valorizzazione della politica della differenziazione. Tanto per dirne una: perché oggi i poteri commissariali non si usano anche per aprire i siti di compostaggio? Perché il decreto-legge n. 61 dell'11 maggio 2007 non individua dieci siti dove realizzare isole ecologiche e impianti di compostaggio per la frazione organica da raccolta differenziata? Una volta realizzati questi impianti alternativi si può stimare che il problema potrebbe essere risolto per il 70 per cento; il 70 per cento di rifiuti potrebbe essere recuperato. Qui è il vero fallimento di questi anni!
Oggi siamo costretti - e dobbiamo farlo - a mandare i rifiuti all'estero, nelle discariche. Domani se non vogliamo ripetere lo stesso disastro non basta semplicemente che la politica e le istituzioni - come pure dovrebbero fare - chiedano scusa. Occorre soprattutto una svolta sui problemi di fondo, ritornando alla gestione ordinaria - ha ragione chi lo ha detto - per uscire in maniera definitiva dall'emergenza rifiuti ma anche e soprattutto per cominciare a contrastare seriamente il «sistema rifiuti» (Applausi dei deputati dei gruppi Rifondazione Comunista-Sinistra Europea, L'Ulivo e Sinistra Democratica. Per il Socialismo europeo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Erminia Mazzoni. Ne ha facoltà.

ERMINIA MAZZONI. Signor Presidente, ho sentito già dagli altri colleghi i garbati appunti nei confronti del Viceministro Minniti. Mi unisco al coro, non me ne vorrà il Viceministro, ma in effetti sono rimasta colpita non piacevolmente dalla lettura commentata - perché non può essere definita diversamente - dell'ultimo decreto-legge che il rappresentante del Governo ha offerto all'Assemblea.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE
PIERLUIGI CASTAGNETTI (ore 20,47)

ERMINIA MAZZONI. Abbiamo ascoltato a mio avviso un'interpretazione esageratamente o forse gravemente burocratica di un'informativa urgente alle Camere ed è una dimostrazione dell'incapacità del Governo di comprendere la gravità del problema che stiamo cercando di affrontare.
Questo modo di confrontarsi con un simile disastro sicuramente impoverisce le coscienze ed elimina quel barlume di speranza che ancora qualcuno in Campania e in Italia nutre rispetto alla risoluzione di questo dramma nel quale viviamo ormai da troppi anni. Forse i rappresentanti del Governo dovrebbero venire, come fa il Presidente Napolitano, a «toccare con mano», dovrebbero verificare, condividere una vita in realtà maleodoranti e gravemente dannose per la salute dei cittadini, per coloro che respirano quell'aria. Ma hanno ben altre cose da fare, ben altri litigi sui quali concentrare le loro ore giornaliere.
Il Governo continua da oltre un anno ad interferire malamente con la questione campana, entra nella vicenda della gestione dei rifiuti mosso più che altro dalla preoccupazione di coprire responsabilità e non utilizza la decretazione d'urgenza per dare una risposta alle situazioni con le


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quali si confronta ma la utilizza - come abbiamo visto con quest'ultimo «decreto commentato» - solo per offrire strumenti autoritari al Commissario e per garantire poi anche, quel che è più grave, la inoppugnabilità degli atti del Commissario di Governo davanti all'autorità giudiziaria.
La pratica dell'affannosa ricerca dei siti che sta consumando questo Governo da più di un anno è accompagnata da una deprecabile critica nei confronti dei cittadini che protestano. Mi permetto di aprire una piccola parentesi: quella che il Viceministro ha chiamato la protesta dei cittadini andrebbe letta in maniera diversa, perché è un grido da parte di comunità che non si sentono rappresentate, un grido verso un risveglio della democrazia, un recupero di partecipazione democratica verso chi governa questa comunità regionale, da cui non sembra venire nessun accenno di gestione democratica.
Quindi riscontriamo la pratica di ricercare siti e di contestare le popolazioni che difendono i diritti da troppo tempo calpestati, e tale pratica è un modo ulteriore per mascherare qualcosa di diverso, molto più grave della questione, pur gravissima, dello smaltimento delle ingenti quantità di rifiuti che si sono accumulati negli anni.
Cito al riguardo una dichiarazione, che forse è più giusto definire denuncia, del professor Giovan Battista de Medici - incaricato, qualche tempo fa, di prestare un parere alla struttura del Commissario Bertolaso - il quale afferma con molto candore di aver suggerito, già tempo addietro, alla struttura del commissariato di Governo l'individuazione precisa di aree utilizzabili, perché indicate come aree argillose, prive di urbanizzazione, di coltivazioni pregiate, di circolazione idrica sotterranea di rilievo, ben collegate da reti stradali e con potenzialità di inquinamento ridotte al minimo. Il professore si chiede come mai questa indicazione dettagliata e precisa di siti utilizzabili con basso danno per i cittadini della Campania non sia stata presa in considerazione.
Non è stata presa in considerazione perché a questo disastro che si vive in Campania non si vuole dare una risposta. Si tratta di una vera calamità, però non può essere definita naturale in quanto si tratta di una calamità innaturale, poiché l'agente provocatore di questo fenomeno calamitoso è l'essere umano, è «l'uomo-amministratore» di questo territorio devastato, che con grande negligenza - per non dire altro - ha lasciato che il territorio stesso andasse in rovina.
Le cifre che si citano e che vengono ripetute sono terrificanti, e alle stesse è difficile dare spiegazioni razionali - è questa l'unica difficoltà del Governo che riesco a comprendere - perché è difficile spiegare quattordici anni di commissariamento, quattordici anni di gestione emergenziale.
È difficile spiegare un miliardo 800 milioni e più di euro, spesi in questi anni!
È difficile dar conto di 2300 precari senza mansioni che vengono stipendiati ma non lavorano!
È difficile chiarire perché sono stati pagati per anni oltre centotrenta tra consulenti e funzionari di questa struttura commissariale!
È difficile spiegare perché vi sono denunce, con le quali si dichiara esservi all'interno della struttura infiltrazioni della criminalità organizzata, che rimangono senza risposta, e si continua ad andare avanti.
I danni che si sono prodotti ai diritti fondamentali dei cittadini ormai non sono più quantificabili. I decreti-legge sono un'ammissione di colpa evidente perché è l'ammissione di un'incapacità di gestire sia l'ordinario sia lo straordinario. In effetti non avevamo bisogno di ulteriori prove per capire che questo governo regionale non è capace di gestire neanche l'ordinario, perché non si tratta solo dell'emergenza-rifiuti che assilla la vita dei cittadini, ma riscontriamo anche un'emergenza sanitaria, una occupazionale, una infrastrutturale, una economica. C'è un'emergenza complessiva nella regione Campania, affidata ormai da quasi tredici anni alla gestione di questo Governo di centrosinistra.
Qual è la prospettiva? Qual è il progetto che il Governo ci propone? Non ho


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letto il progetto nel decreto-legge 11 maggio 2007, n. 61 - l'ennesimo decreto-legge - e mi aspettavo di poterlo sentire dalle parole del Viceministro, ma non sono riuscita ad ottenere questa risposta. Il decreto-legge è infatti un'elencazione di siti, scelti peraltro secondo logiche più economiche che sociali, secondo logiche di potere e non di governo del territorio. È un provvedimento che introduce un'altra gravissima preoccupazione, perché affida al commissario straordinario anche il compito di gestire l'ordinario, attraverso la redazione del piano di gestione dei rifiuti in Campania.
Cosa si fa con tale provvedimento? Si converte il ciclo dei rifiuti, immaginato fino a qualche tempo fa come ciclo integrato di rifiuti, in ciclo di gestione industriale dei rifiuti. Quindi non si tratta più della riduzione della produzione dei rifiuti ed il contenimento dello smaltimento degli stessi, ma invece della proliferazione di impianti, che non si sa a cosa possano servire.
Siamo stati sanzionati di recente, condannati dalla Corte di giustizia europea a pagare perché non abbiamo ottemperato alle direttive europee.....

PRESIDENTE. Onorevole Mazzoni, la prego di concludere.

ERMINIA MAZZONI. ...che vanno proprio nella direzione della riduzione della produzione di rifiuti, e siamo ancora qui a confrontarci con un approccio burocratico e non risolutivo, con un Governo che non credo ci possa offrire grandi speranze di soluzione della crisi in Campania, che dovrebbe invece essere risolta, come ho sentito dire da tanti altri colleghi, ritornando finalmente alla gestione ordinaria, perché ritornare alla gestione ordinaria vuol dire offrire ai cittadini strumenti trasparenti di gestione [Applausi dei deputati del gruppo UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro)].

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Dussin. Ne ha facoltà.

GUIDO DUSSIN. Cosa c'entra il Viceministro Minniti? Poco, secondo noi. Lo dico non per ripetermi, non per fare delle battute, ma è lapalissiano. Credo che sarebbe stato giusto, corretto e importante avere un'ordinarietà in quest'aula, con la presenza del ministro competente sui rifiuti.
Le premesse stesse del decreto-legge 11 maggio 2007, n. 61, sono sbagliate, perché si è scritto che si interviene per problemi di pubblica sicurezza: si deve intervenire per smaltire rifiuti. Cosa c'entra la Lega con i rifiuti della Campania? La Lega con i rifiuti della Campania non c'entrerebbe proprio un bel nulla, perché la Lega nelle sue regioni e nelle sue province ha attuato i piani regionali di smaltimento e i piani provinciali, ha attivato la raccolta differenziata e i dati sono eclatanti: Legambiente riferisce che i comuni della provincia di Treviso superano il 70 per cento (strana maggioranza!); in particolar modo, dei tre bacini, il TV2 e il TV3 sono a valori molto alti (in modo particolare il TV2, il Priula), e da essi avete pescato quel tecnico, tale Pierobon, che è venuto tre mesi in Campania e adesso è fuggito dalla stessa Campania proprio per una preoccupazione sua personale. Mi dispiace per davvero, un bravissimo tecnico del bacino TV3 che è venuto giù, convinto di dare un apporto, ma la situazione è molto difficile. Starei quindi attento come Ministero dell'interno a questa situazione, a queste persone in modo particolare.
Siamo preoccupati perché si parla di smaltire i rifiuti fuori regione: per questo interveniamo nel dibattito. I rifiuti della Campania poi vengono portati nelle nostre regioni, nelle nostre realtà, laddove stiamo facendo uno sforzo non indifferente. Siamo preoccupati per il fatto che viene chiesto ulteriormente un contributo da parte di tutti per lo smaltimento dei rifiuti in Campania. Noi non vogliamo mettere i soldi per questi scopi. Ogni regione paghi il suo dazio e la sua tassa, vale a dire paghi il costo dello smaltimento. Condivido pienamente l'idea di andare verso la raccolta differenziata, il porta a porta, e via dicendo; però è chiaro che realizzare


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la raccolta differenziata vuol dire creare ulteriori discariche, risparmiando soltanto conferimento di rifiuto.
Il decreto-legge n. 61 del 2007 è dunque sbagliato nelle premesse, perché interviene per motivi di ordine pubblico. Sarebbe stato invece auspicabile che si parlasse dell'apporto che può dare la regione. In Commissione, quando venne nominato il Commissario Bertolaso, si chiedeva di ripristinare la normalità in brevissimo tempo, quindi che fosse coinvolta direttamente anche la stessa regione il più presto possibile. Con l'articolo 6 invece sono stati coinvolti i prefetti e le province per la nomina dei subcommissari dei commissari. Credo che anche la politica debba intervenire a fianco di queste scelte, perché, se non interviene la politica, c'è una delega che fa comodo provvisoriamente a tutti, ma il problema non viene risolto. La risposta che lei ci ha dato parla di venti giorni, ha citato qua e là alcuni temi, ma non ha parlato di soluzioni.
Mi riferisco, ad esempio, al termovalorizzatore di Acerra: sappiamo come è stato costruito, e quindi ci saranno i problemi della messa in uso, molto probabilmente. Ci piaceva sapere se esso funziona, che tempi si prevedono nel medio e lungo termine, perché parlare solo dei venti giorni non fornisce una soluzione importante per questo grande, grandissimo problema!
È chiaro che bisognava entrare nella logica di decidere come smaltire i rifiuti (non solamente quelli che sono in strada, ma anche quelli che verranno prodotti nei prossimi giorni) e come intervenire a livello di incentivazione (per quanto riguarda la separazione dei rifiuti stessi). Si potevano fare ragionamenti importanti, tuttavia non ho sentito da parte sua, o che gli sia stato preparato, alcun ragionamento in tal senso.
La Lega diventa così un testimone reale di come, invece, ci si comporta con senso civico: è questo che dobbiamo dire. In questi ultimi giorni di campagna elettorale, abbiamo ricordato ai nostri elettori che bisogna avere un senso civico, che la cosa pubblica è importante - è nostra - e che quindi vogliamo gestirla al meglio. I rifiuti fanno parte di questo concetto. In questo modo la gente ci capisce: quando andiamo a promuovere impianti sul territorio che vanno a differenziare e a smaltire ulteriori risorse - perché non sono più rifiuti, ma risorse - con tecnologie innovative, riusciamo a portare la raccolta differenziata, che è già al 70, 75 per cento, in alcuni casi anche al 90 per cento (come nel caso dell'ultimo impianto del bacino TV1 della provincia di Treviso, che porto quale esempio, perché non vorrei limitarmi a parlare solamente del termovalorizzazione di Brescia). Voi capite che, arrivando al 90 per cento, come facciamo noi con un monocolore leghista (e ad alcuni di voi potrà anche non piacere), andiamo verso questa strada: con presidenti di bacino leghisti, con presidenti di provincia leghisti e con un comune leghista, arriviamo al 90 per cento!
Questi sono esempi reali che vogliamo portare come contributo, senza scagliarci contro nessuno, ma a testimonianza dell'affermazione di un comportamento che denota un senso civico molto importante, nella vita collettiva e nella vita politica. L'impegno, infatti, deve essere anche politico e non può essere delegato solo ed esclusivamente ai commissari (Applausi dei deputati dei gruppi Lega Nord Padania, Forza Italia e Alleanza Nazionale).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Scotto. Ne ha facoltà.

ARTURO SCOTTO. Signor Presidente, signori deputati, siamo in Campania, oggi, nel pieno di un'acuta crisi in materia di rifiuti. Si tratta di una crisi, per la verità, da tempo prevista e abbondantemente annunciata. Al fine di prevenirla e mitigarla, erano stati accresciuti, con il provvedimento di proroga del commissariato, i poteri di Bertolaso. Nulla, però, appare oggi definito per approntare soluzioni in grado di non far precipitare l'intera regione nell'emergenza in atto, che è stata definita tragica dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano.
Qualche settimana fa, il Commissario straordinario ha parlato di grave rischio


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sanitario e del possibile insorgere di epidemie che hanno, oggi, un carattere estremamente pericoloso e dannoso per la popolazione. Adesso che i rifiuti ingombrano le strade delle città e dei paesi, che il percolato sgocciola nelle fogne e nelle falde acquifere, che i cumuli di immondizia si trasformano in roghi permanenti da cui si sprigiona diossina, tutti parlano della necessità che ciascuno sia chiamato ad assumersi le proprie responsabilità. Ci troviamo, in sostanza, direbbe Antonio Gramsci, in una situazione di equilibrio costante, un'emergenza, che dura da oltre tredici anni e che ha origine nel commissariato del 1994, a prospettiva catastrofica, se non si interviene nell'immediato.
Il rischio evidente è la riproduzione di squilibri ambientali. Come detto dai colleghi che mi hanno preceduto, occorre sventare, nell'imminenza, una crisi igienico-sanitaria pericolosa, rimuovendo, come si sta facendo in queste ore, i cumuli di immondizia che rendono la nostra regione uno sversatoio a cielo aperto, e riaprendo le discariche, anche se ciò può risultare doloroso e inaccettabile per molte comunità locali. A questo proposito vorrei ricordare, in particolare a Paolo Russo, che non mi stupisce il fatto che si utilizzi il dialogo e la politica per evitare che alcuni drammi si trasformino in tragedia. Certo, l'emergenza è divenuta uno stimolo, è divenuta un sistema, qualcosa di profondamente sbagliato e che va corretto, immediatamente, nel corso dei prossimi mesi. Ma come? Cambiando i protagonisti della scena!
Non è immaginabile e non è corretto puntare l'indice, un giorno sì e l'altro pure, su sindaci e presidenti di provincia, per responsabilità e poteri che sono stati demandati al commissariato dal 1994 ad oggi. I sindaci, utilizzerei questa metafora, devono diventare commissari ordinari nella gestione dei rifiuti, perché sono l'istituzione più vicina ai cittadini e più immediatamente percepibile, quella che, in qualche modo, assume su di sé la responsabilità, molto spesso impropria, degli errori di questi anni.
In questi giorni è stata resa nota la relazione della Corte dei conti sul commissariamento dei rifiuti non soltanto in Campania, ma nelle regioni del Mezzogiorno. Si tratta di un duro atto d'accusa nei confronti di questi istituti, i quali sono venuti meno proprio nelle funzioni per cui erano stati concepiti e non sono riusciti ad ottenere risultati apprezzabili né nella costruzione delle soluzioni impiantistiche previste, né ai fini di un effettivo decollo della raccolta differenziata. Inoltre, non hanno conseguito una più efficace applicazione della disciplina ambientale, né hanno garantito, nell'affidamento degli appalti, il rispetto delle norme della concorrenza, né hanno costituito, molto spesso, una barriera impenetrabile nei confronti della criminalità organizzata, come dimostrano gli arresti avvenuti nei mesi scorsi anche nella regione Campania.
Molto spesso si è trattato di strutture inefficienti, che hanno vissuto solo nella logica della perpetuazione dell'emergenza. Indubbiamente c'è una responsabilità nell'istituto del commissariato, alla quale è necessario porre rimedio. Occorre uscire dall'emergenza in atto realizzando, come ha ricordato poc'anzi il Viceministro Minniti, i siti di sversamento e fornendo certezze alla popolazione campana, circa i tempi dell'attuazione del piano regionale rifiuti e dell'approntamento delle soluzioni definitive.
Certamente, la voce del Presidente Napolitano garantisce molto, consentendo finalmente l'avvio di un'efficiente raccolta differenziata. Vorrei ricordare, molto sommessamente, a chi ne ha parlato poc'anzi e, in particolare, all'onorevole Bocchino, che il disastro di questi ultimi anni, probabilmente risale, in parte, al piano Rastrelli, il quale ha privilegiato soltanto le soluzioni impiantistiche, senza ricordare che il tema di un corretto ciclo integrato dei rifiuti prevedeva la raccolta differenziata. Certamente, in seguito si sono accumulati ritardi ed errori. Tuttavia, tutto il limite di questa vicenda deriva da lì e, partendo da lì, bisogna considerare anche gli errori commessi, in una gara piena di limiti, nell'affidamento dell'appalto alla società


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Fibe Spa, che ancor oggi è al proprio posto, nonostante la rescissione del contratto.
Infine, bisogna immaginare il superamento dei vari consorzi e delle varie strutture locali e provvedere concretamente, affinché il superamento della gestione commissariale comporti una nuova stagione del ciclo integrato dei rifiuti. Per questo motivo, il decreto-legge 11 maggio 2007, n. 61, dovrà essere corretto in Parlamento.
In esso si continua a fare riferimento alla legge regionale n. 10 del 1993 e alle strutture consortili che ne derivano, e si ignora completamente la nuova legge regionale, di recente approvata, che è una buona legge e che prevede la costituzione degli ATO provinciali. Anche in tal caso, si pone il tema della responsabilità agli enti locali, alle strutture democraticamente preposte a garantire l'autosufficienza dei rifiuti. Si tratta di strutture imprescindibili per il passaggio all'ordinario, e solo in questa direzione può avere senso l'attribuzione di poteri sub-commissariali ai presidenti della provincia. Il costo dell'emergenza e dell'approntamento di soluzioni necessarie al suo superamento non può essere scaricato sui cittadini attraverso un aumento consistente, pari ad oltre il 25 per cento, e straordinario, per i prossimi cinque anni, della tassa per lo smaltimento dei rifiuti.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

ARTURO SCOTTO. Concludo, Signor Presidente. I cittadini ne risulterebbero doppiamente penalizzati perché, a causa della crisi in atto, sarebbero privati del servizio di smaltimento e costretti a pagare di più. Occorre voltare pagina, operare una svolta, realizzare le condizioni affinchè si costruisca un più corretto e partecipato rapporto tra cittadini e istituzioni.
Vorrei, infine, ricordare al collega della Lega, anche qui pacatamente, che non è vero che la questione dei rifiuti in Campania è un problema strettamente provinciale e localistico: si tratta di una grande questione nazionale.
Vorrei ricordare che per un cinquantennio ....

PRESIDENTE. La invito a concludere.

ARTURO SCOTTO.... e questo lo sanno bene tutti, la Campania è stato lo sversatoio di materiali tossici da parte delle aziende del Nord, ed è un tema sul quale bisognerà riflettere anche in futuro, quando si parlerà di tali questioni (Applausi dei deputati dei gruppi Sinistra Democratica. Per il Socialismo Europeo e Comunisti Italiani).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Misiti. Ne ha facoltà.

AURELIO SALVATORE MISITI. Signor Presidente, signor Viceministro, la questione da lei trattata è molto importante, e purtroppo si riferisce ad una regione sfortunata, in questo momento, come la Campania, ma è un problema che sicuramente si può estendere ad altre regioni, e non solo del Mezzogiorno. Ma in questa sede dobbiamo trattare della regione Campania, del problema posto e della soluzione che deve essere data.
La ringrazio, signor Viceministro, per la tempestività della sua relazione e anche per le proposte in essa contenute. L'illustrazione del decreto-legge n. 61 del 2007 ci ha fornito ulteriori dettagli, che vanno approfonditi in modo tale da giungere ad un'approvazione in cui si possano apportare anche correzioni e miglioramenti.
Un aspetto che mi preme sottolineare è che la crisi campana proviene da lontano, ha più di quattordici anni, e ciò significa che non ha colore politico. Di conseguenza tutte le amministrazioni e i governi che si sono succeduti da quindici anni hanno evidentemente una parte di responsabilità, non solo a livello regionale, ma anche ad altri livelli istituzionali. Un'emergenza che dura da quattordici anni dissuade gli amministratori, anzi fa sì che essi si disabituino a svolgere il proprio compito, e ciò rappresenta uno degli handicap del ritorno alla normalità, anche se la legge prevede


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che il 31 dicembre debba ritenersi esaurita la funzione del commissario. Un commissario delegato, non un commissario straordinario, il che significa che in questi anni, compresi gli ultimi, si è assistito ad un singolare caso di simulazione istituzionale.
L'istituzione commissariale è stata presentata come titolare di competenze decisionali e gestionali tali da governare tutte le fasi del ciclo dei rifiuti; nella sostanza, invece, il commissario doveva sempre fare i conti con un potere condiviso, poiché il Ministero dell'ambiente, la presidenza della regione, e così via, avevano le loro competenze. Pensate che ancora oggi sono attribuite alle regioni talune competenze in materia di recupero dei siti inquinati; invece, il problema del recupero dei siti inquinati non può essere scisso da quello della creazione di discariche controllate (attenzione: dico «controllate» perché la ribellione degli abitanti è dovuta soprattutto al fatto che le discariche sono state realizzate in modo un poco «casereccio», per dir chiaro).
In proposito, sapete benissimo che ci troviamo in una grande città che, pur avendo un piano regionale dei rifiuti sin dal 1986, non è ancora riuscita a completare l'impiantistica necessaria ed indispensabile per completare il ciclo (anche se vi è una raccolta differenziata ampia, poiché la differenziazione si può svolgere sia nella raccolta sia negli impianti). Ancor oggi, dalla città di Roma inviamo quotidianamente 3.400, 3.500 tonnellate di rifiuti tal quali alla discarica di Malagrotta: se non vi fosse quella, ci troveremmo nella stessa situazione di Napoli. Occorre dunque prestare grande attenzione: si deve andare in Campania e considerare che alla fine dell'anno - poiché le norme europee prevedono che le discariche si abbandonino adesso, non quando lo ha fatto in modo un poco utopistico la Campania - si potrebbero presentare problemi molto gravi.
Vi è stata dunque una sovrapposizione di competenze fra gli enti che sono delegati per legge a risolvere il problema; e vi sono, di conseguenza, cause che nessuno può attribuire agli altri. Personalmente, le attribuisco alla diffusione sul territorio - non solo in Campania, ma in tutto il Paese - di una «pseudo-cultura» ambientalista. L'ambientalismo, beninteso, è importantissimo, se è fondato sulla scienza e sulla ricerca; se però non c'è questo supporto, l'ambientalismo non è tale. Il rischio è infatti che si tenda ad inserire nella mente della gente - anche dei sindaci e degli amministratori - l'idea che qualunque impianto sia un mostro e che possa generare malattie e quant'altro. Ho ascoltato perfino primari che si esponevano a raccontare falsità su questi argomenti.
Ritengo invece che sia necessario affrontare non il problema della raccolta differenziata, non il problema del «termovalorizzato», ma quello del ciclo integrato, che va dalla raccolta allo smaltimento finale. Se non si affrontano questi problemi, è chiaro che si tende ad ideologizzare: da un lato, coloro che vogliono solo i termovalorizzatori; dall'altro, coloro che vogliono solo la raccolta differenziata. Qualcuno osservava che il 90 per cento di quello che noi differenziamo nella raccolta, poiché non si sa cosa farne, mancando il mercato e l'impiantistica necessaria, viene rimandato in discarica: lo rimandiamo in discarica dopo avere investito i fondi per la differenziazione. È questa, purtroppo, la situazione. È questa pseudo-cultura che determina l'ostilità dei sindaci, degli amministratori e dei partiti (alcuni partiti che sono diventati tutti ambientalisti «a-scientifici»), che alla fine si lamentano per quel che accade. Poiché molti di coloro che oggi gridano allo scandalo per la Campania hanno contribuito a creare il clima ostile a tutte le soluzioni razionali che si possono praticare in quella regione.

PRESIDENTE. La invito a concludere.

AURELIO SALVATORE MISITI. Credo che ci siano le possibilità di intervento, e quelle indicate dal decreto-legge sono necessarie ed indispensabili. Noi, come Italia dei Valori, appoggeremo il decreto-legge, anche se proporremo le nostre modifiche per migliorarlo ed, eventualmente, approvarlo nel più breve tempo possibile.


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Ma la cosa più importante è che si arrivi rapidamente alla normalità, e non si tenti il 31 dicembre di continuare il commissariamento, perché ciò sarebbe deleterio e significherebbe continuare nell'errore in cui siamo caduti in questi ultimi anni (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Di Gioia. Ne ha facoltà.

LELLO DI GIOIA. Grazie, signor Presidente, e grazie anche a lei, signor Viceministro, per la rapidità con cui è venuto qui alla Camera a parlare di quella che è, oggettivamente, una grande emergenza, all'interno di una realtà importante del nostro Paese e del Mezzogiorno d'Italia.
Mi rendo perfettamente conto che, nel momento in cui si parla di un problema così importante, si sia tentato, da parte dell'opposizione, di affrontare con determinazione una questione di carattere politico.
Credo che in materia di rifiuti non si possa parlare di destra o di sinistra perché i rifiuti sono bipartisan. Pensavo che quest'oggi dovessimo parlare esclusivamente degli interventi di urgenza e di emergenza che il Governo ha adottato nel tentativo di risolvere un problema importante e serio di quella realtà.
E così doveva essere; a mio avviso, infatti, nel momento in cui vi è un'informativa urgente da parte del Governo, bisogna discutere di ciò. Non siamo, oggi, abilitati a discutere di tutto e, di tutto, di più: ciò, per il semplice fatto che il decreto ancora non giunge all'esame dell'Assemblea; per il semplice fatto che non siamo certamente noi a definire quelli che saranno gli aspetti operativi per risolvere ex post il problema dei rifiuti in quella realtà; per la ragione, infine, che non siamo noi, obiettivamente, a definire i percorsi che si dovranno stabilire a livello regionale, nel momento in cui l'emergenza sarà eliminata.
Sono profondamente convinto che il Governo ha fatto bene, non per una questione di parte, ma semplicemente perché è intervenuto, con grande rapidità e tempestività, su un problema che affligge quella realtà regionale certamente non da oggi ma, come giustamente si sottolineava, da oltre quattordici anni.
E ha fatto bene il Governo, a intervenire con grande rapidità e anche con grande determinazione; a tale riguardo, mi soffermo un attimo per ringraziare il Presidente della Repubblica, che ha avuto l'accortezza di guardare a quella che, oggettivamente, è una grossa difficoltà in quell'area, sollecitando garanzie adeguate. Su questo punto, per esempio, credo che ci dobbiamo soffermare con più pacatezza, per capire le difficoltà esistenti e l'allontanamento della gente dalle istituzioni.
Oggi, obiettivamente, vi è una grande distanza tra la gente e le istituzioni locali e regionali. Non vi è più, infatti, fiducia, come stiamo verificando in tutti i campi della nostra vita sociale e politica.
Bisogna fare in modo di recuperare tale fiducia. In questo senso, l'intervento del Governo ha determinato anche un ripristino di fiducia e di legalità all'interno di un'area che è stata fortemente lacerata da tensioni e difficoltà, nonché da infiltrazioni sistematiche di mafia e camorra, e quindi di criminalità organizzata.
Il Governo ha operato bene, è intervenuto rapidamente, ha determinato una condizione per evitare che in quella realtà, in questi giorni, si potessero creare condizioni di grave situazione ambientale, ed anche di gravi conseguenze che potevano e possono investire la salute della gente.
Credo che oggi avevamo la necessità di discutere questo argomento, cioè la tempestività del Governo ad intervenire su un problema di così ampia portata e fare in modo di determinare anche gli interventi rapidi da realizzare, in modo da restaurare, nel giro di pochissimo tempo, condizioni di stabilità e anche di programmare nell'ambito delle responsabilità del commissario, che può risolvere un problema in prospettiva.
Certamente bisognerà discutere del ciclo integrato dei rifiuti, porre in rapida ripresa la questione del termovalorizzatore di Acerra, intervenire sulle definizioni


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degli ambiti provinciali come già oggi è stato fatto, realizzare un piano che verrà attuato con le amministrazioni locali, con gli interventi regionali per ripristinare una condizione di stabilità e di normalità all'interno di quell'area.
Ma non è certamente responsabilità del Governo, poiché non si possono addebitare delle responsabilità al Governo per quello che è accaduto all'interno di una realtà difficile, complessa, con le questioni sociali e politiche che vi sono nell'area campana. Il Governo ha agito rapidamente per eliminare un problema che poteva degenerare da tutti i punti di vista.
Credo che di ciò vada dato atto con grande convinzione, con grande chiarezza perché quanto riferito dal Viceministro Minniti non riguarda la competenza di un ministero particolare; si tratta di un problema che pertiene al Governo ed il Viceministro Minniti lo rappresenta, soprattutto nel momento in cui si parla di ordine pubblico. In questa circostanza è l'ordine pubblico che viene ad essere messo in discussione ed è giusto che a rappresentare il Governo venga il Viceministro dell'interno Minniti.
Credo che non si possa fare polemica su queste faccende. Il problema dell'emergenza rifiuti è serio, investe le popolazioni locali e le coscienze politiche di ognuno di noi. Dobbiamo operare con grande determinazione e anche con grande coesione per fare in modo che le scelte che devono essere compiute in quell'ambito possano essere realizzate rapidamente per riportare normalità, serenità e anche giustizia all'interno di quella realtà (Applausi dei deputati del gruppo La Rosa nel Pugno).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole De Angelis. Ne ha facoltà.

GIACOMO DE ANGELIS. Signor Presidente, signor Viceministro, vorrei cominciare con una considerazione. È vero, come sostenuto anche dal collega pochi istanti fa, che occorre ringraziare il Governo per la velocità con cui è venuto a riferire in aula. Inoltre esprimo accordo rispetto a quanto affermato dall'onorevole Minniti. Tuttavia va riconosciuto, signor Viceministro, che l'immagine di chi ascolta, di chi guarda, di chi leggerà i resoconti di questa seduta sia sbagliata, perché stiamo dando l'idea che il problema della Campania sia di ordine pubblico: ciò invece è errato. Solo su questo punto, credo, vi è una diversità di opinione con alcuni colleghi. Questa immagine è sbagliata.
Mi soffermerò anche su un argomento particolare della sua dettagliata relazione, perché non ho percepito la conseguenzialità delle cose che ha affermato.
Lei ha parlato di disordini o comunque di resistenze che vi sono state in diversi luoghi. Le chiedo, ritenendo che questa sia una discussione che valga per tutti in Parlamento: perché quelle popolazioni si sono ribellate, signor Viceministro?
Perché fanno resistenza quelle popolazioni? È paradossale il fatto che sia bastata una sola telefonata del Presidente della Repubblica perché togliessero il blocco ferroviario e ad Acerra si fermasse il blocco al cantiere. Su questo dobbiamo interrogarci, ed è un ragionamento - faceva bene a dirlo qualcuno prima - che non riguarda soltanto noi di centrosinistra e le forze di Governo, ma l'intero Parlamento e la politica in generale.
Oggi si registra una fortissima disaffezione delle popolazioni - soprattutto delle nostre popolazioni -, le quali non si fidano più di noi, di noi tutti, perché vedono che ogni volta che si fa una promessa non viene mantenuta. So da chi è partita l'idea, caro Viceministro, ma come è possibile pensare che nei confronti di una popolazione come quella di Acerra, che lei ben conosce, che per anni si è ribellata alla costruzione di un termovalorizzatore, si faccia la scelta - che definirei sciagurata - di portare nel cantiere dell'impianto tonnellate di rifiuti non trattati? Credo che una simile scelta sia stata uno schiaffo violento a quella popolazione, caro Viceministro, e che sia stata sbagliata, e lo stesso ragionamento vale anche per altre realtà che noi ben conosciamo in Campania.


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In merito al decreto-legge, di cui molti hanno parlato, voglio dire subito che non mi convince. Il gruppo ne discuterà e credo che lavoreremo per modificarne sostanzialmente il testo, perché se rimarrà così e non sarà modificato nella sostanza, signor Viceministro, come gruppo Comunisti Italiani avremo molte difficoltà a votarlo.
Pertanto credo che debba essere compiuto un attento lavoro per smussare alcuni aspetti e cercare di trovare una soluzione in grado di farci guardare avanti, per cui quando affronteremo la discussione (che al Senato è già iniziata e che successivamente si svolgerà anche alla Camera) lavoreremo in modo costruttivo, come è sempre stato, ma sicuramente anche con la volontà di essere ascoltati.
Con riferimento alla seconda questione sollevata, bisogna smetterla di ripetere sempre la stessa storia: è la quarta o quinta volta che ne discutiamo in Parlamento, caro Viceministro. Ogni volta devo ascoltare da parte del centrodestra - che svolge ovviamente il ruolo che gli compete - sempre le stesse questioni. Io credo che siano chiare a tutti. Esiste un fallimento complessivo, che viene da lontano, sull'intero sistema dei rifiuti in Campania. Questo è il vero punto, quindi ritornarci sopra ogni volta credo che non aiuti.
Ho letto un'intervista fatta due giorni fa dal Presidente della regione Campania in cui ha dichiarato che se il ciclo non si è chiuso è colpa dei facinorosi che hanno impedito la costruzione del termovalorizzatore ad Acerra. Ciò è sbagliato perché significa non assumersi la responsabilità, anche insieme a tanti altri, del fallimento complessivo. Credo che lei sappia meglio di me, ma è giusto che lo sappia anche chi ascolta la presente discussione, che quel termovalorizzatore forse non andrà mai in funzione. Cosa dovremmo mettere dentro al termovalorizzatore?
Vorrei dire a chi critica certe impostazioni, che addirittura ho sentito definire di natura «ideologica» - un'affermazione grave -, che i CDR non funzionano, come ha detto anche Bertolaso. Dagli impianti di CDR esce fuori un prodotto che ha bassa caloria e umidità molto alta e non può andare in quel sistema di impianto e quindi dovrebbe addirittura essere ritrattato per poter essere poi smaltito nell'impianto generale di Acerra.
L'intero sistema è sbagliato. L'avevamo detto in tempi non sospetti, in una battaglia che abbiamo portato avanti e che non era di natura ideologica. Abbiamo proposto di valutare quali potessero essere le tecniche più utili per andare avanti, e sicuramente la tecnica utilizzata per quel termovalorizzatore è vecchia. Addirittura il sindaco di Salerno, in un'intervista rilasciata oggi, dichiara che utilizzerà a Salerno tecniche modernissime e sicuramente non le tecniche utilizzate ad Acerra.

PRESIDENTE. Onorevole De Angelis, la prego di concludere.

GIACOMO DE ANGELIS. Concludo, Signor Presidente. Vorrei porre brevemente al Viceministro tre domande (ovviamente questa discussione dovrà proseguire). In primo luogo, qualcuno dovrà pur spiegarci un giorno perché la raccolta differenziata in Campania non parte, al di là di qualche esempio che è stato citato. Infatti, caro Viceministro, se non parte a Napoli, che produce il 60 per cento di tutti i rifiuti della Campania, la raccolta differenziata non comincia affatto. In secondo luogo - questo è anche un problema di natura giuridica - vi è la questione delle bonifiche.

PRESIDENTE. Onorevole De Angelis, la prego di concludere!

GIACOMO DE ANGELIS. Concludo, Signor Presidente. Non è ancora iniziata la bonifica, promessa e mai compiuta, di interi territori. Infine, perché non utilizzare le cave sequestrate alla camorra? Non si riesce a comprendere la ragione di questo mancato utilizzo. Queste, infatti, potrebbero essere le prime risposte che dovremmo dare. Ringrazio, ovviamente, il Viceministro per quello che ci ha riferito e spero che proseguiremo questa discussione.


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PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Francescato. Ne ha facoltà.

GRAZIA FRANCESCATO. Signor Presidente, signori rappresentanti del Governo, onorevoli colleghi, vorrei in primo luogo ringraziare il Viceministro per questa relazione molto dettagliata e tempestiva, che anche noi abbiamo apprezzato. Quando nell'inverno scorso abbiamo varato il «supercommissariamento» in Campania, sapevamo che sarebbero in questo periodo arrivati al pettine tutti i nodi - e che nodi! - di questa storia di ordinaria follia, catalogata sotto l'etichetta di «emergenza rifiuti in Campania». La storia di un disastro annunciato che noi Verdi tra i primi, già decenni fa, avevamo previsto e che, purtroppo, si è puntualmente verificato. Abbiamo fatto notare un anno fa, e lo ripetiamo oggi, che un ulteriore commissariamento in una regione già commissariata per tredici anni era, in primis, una dichiarazione di fallimento e di sconfitta, di cui portano responsabilità sia il centrodestra che il centrosinistra. Il gruppo dei Verdi, che ha sempre avversato il piano regionale dei rifiuti, sia quando portava la griffe di Rastrelli (esponente di Alleanza nazionale), sia quando recava la firma di Bassolino, ne ha subito denunciato il vizio d'origine, ovvero il mancato rispetto della famigerata regola delle «tre erre», vale a dire riduzione dei rifiuti all'origine, raccolta differenziata e riciclo. Tale regola fa la differenza tra un ciclo di smaltimento che funziona e uno che fallisce.
Non è un caso se proprio questa è la filosofia ispiratrice della normativa comunitaria in materia, basata sull'imperativo categorico di seguire il rifiuto dalla culla alla tomba. Tale normativa è contenuta nella direttiva quadro 75/442/CEE, recentemente aggiornata, e nella strategia per la prevenzione e il riciclo dei rifiuti presentata dalla Commissione europea il 21 dicembre 2005. Peraltro, tali direttive in Italia sono spesso bellamente ignorate. Quando abbiamo ereditato il Governo, infatti, su 244 procedure di infrazione avviate dall'Unione europea contro l'Italia, ben 69 riguardavano l'ambiente e, in testa alla hit parade, c'erano ovviamente i rifiuti, con ben 19 infrazioni. Nel caso della Campania, oltre al buco nero delle «tre erre» negate, nessun anello della catena di smaltimento ha funzionato, come ben sappiamo. Pensiamo agli impianti di CDR, che sfornano l'unico combustibile al mondo che non brucia (i famigerati 5 milioni di ecoballe), e alla mancanza di un impianto che utilizzi tecnologie avanzate.
A questo punto vorrei rispondere all'affermazione del collega Misiti, secondo il quale siamo ideologicamente contrari agli impianti. Non è vero.
Non siamo contrari agli impianti di avanguardia, siamo contrari agli inceneritori che qualcuno chiama con l'etichetta presumibilmente più sexy di termovalorizzatori perché, oltre ai motivi già ricordati da Rifondazione Comunista, una tonnellata di rifiuti - ricordo, una tonnellata di rifiuti bruciati - produce 300 chilogrammi di ceneri e 20 chilogrammi di polveri sottili. Insomma, lungi dal farla finita con i rifiuti, ne produce altri.
Quindi, per uscire da questo circuito vizioso dell'emergenza, legata a doppio filo - non lo si ripete mai abbastanza - alla criminalità organizzata, ci sembrava che l'ultima ratio potesse essere il sostegno al decreto, visto non come un ennesimo capitolo di questa telenovela horror, ma come un reale punto di svolta, una exit strategy, che potesse avviare un percorso di ritorno alla tanto sospirata normalità.
In questa ottica noi Verdi abbiamo, sin dall'inizio, dato a Bertolaso il nostro contributo fattivo per individuare i siti adatti o le destinazione a cui inviare i rifiuti, anche fuori dalla Campania, sollecitando la solidarietà delle altre regioni. Per inciso, fatemi dire invece che per quanto riguarda la Romania ci si rizzano i capelli in testa: non possiamo assolutamente risolvere il problema in questo modo, noi Verdi siamo sempre stati contrari a questo tipo di colonizzazione di paesi deboli o del terzo mondo. Quindi, dicevo, abbiamo dato il nostro contributo a Bertolaso, ma non


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abbiamo condiviso, non potevamo farlo, la scelta rispetto al sito di Valle della Masseria.
Su ben 665 aree estrattive dismesse o abbandonate in Campania si è puntato da subito, purtroppo, su una zona di grande valore naturalistico, ambientale e paesaggistico, dichiarata oasi di protezione faunistica, come da direttiva europea 43/92; zona umida di importanza internazionale ai sensi della Convenzione di Ramsar; ancora, di notevole interesse pubblico, con decreto del 29 novembre 1993 del ministro Ronchey; ancora, a due passi da un SIC e dall'oasi WWF istituita trent'anni fa, che conosco benissimo, e che protegge un ecosistema fluviale di eccezionale importanza (tra l'altro è uno dei pochi habitat dove rimane la lontra, un animale rarissimo).
Il sito di Serre, proprio perché dotato di queste caratteristiche straordinarie, rientra, tra l'altro, nelle tipologie di aree escluse a priori per motivi ambientali dallo stesso Commissario. Non solo, rientra anche nelle aree escluse, sempre da Bertolaso medesimo, per motivi antropici in quanto Serre Persano è già sede di ben due discariche: Macchia Soprana e Basso dell'Olmo. Ambedue, ahinoi, percolano nel Sele, nonostante le reiterate rassicurazioni fornite alle popolazioni locali che si sarebbe trattato di discariche perfette e che non avrebbero prodotto inquinamento. Invece, e noi le abbiamo visitate, rigagnoli neri scendono a inquinare il fiume Sele, il quale oltre a rappresentare un habitat naturale prezioso è anche fonte di irrigazione per tutta la valle omonima, e dunque la sua salvaguardia è vitale per l'agricoltura e l'economia di tutta la zona.
Di fronte a due esperienze di questo genere, come potevano le popolazioni fidarsi per la terza volta? Tanto più che gli impianti di inertizzazione che avrebbero bloccato il percolato sono ormai chiusi da tre anni, anche per colpa della camorra. Altro che sindrome di Nimby! La popolazione di Serre Persano, il popolo del presidio di Valle della Masseria che con tanta tenacia ha difeso il suo territorio, non l'ha fatto solo per motivazioni localistiche, ma anche per tutelare gli interessi, oltre che dell'ambiente, di un'intera collettività.
Per questo i Verdi hanno sostenuto la loro battaglia, per questo il Ministro dell'ambiente si è adoperato per trovare un sito alternativo, una soluzione che potesse da un lato venire incontro alle giuste esigenze degli abitanti di Serre e tutelare un habitat unico, e dall'altro non mettere a repentaglio la mission di Bertolaso in Campania. Altro che, come diceva Bocchino, braccio di ferro tra Ministro dell'ambiente e super-commissario: cosa doveva fare un Ministro dell'ambiente degno di questo nome se non cercare, con senso di responsabilità, una via di uscita per non scaricare un ennesimo impatto ambientale negativo su un'area protetta? Che Ministro dell'ambiente sarebbe se non difendesse almeno, e in primis, le aree protette? E pensiamo anche a Terzinio, nel parco del Vesuvio, oltre che al sito di Serre. Quindi il Ministro dell'ambiente ha fatto il suo dovere, tenendo presenti entrambi gli obiettivi: difendere un ecosistema prezioso e offrire alternative, cosa che è stata fatta indicando nel decreto dell'11 maggio l'adiacente sito di Massa Soprana.
Potrei fare la storia degli altri siti ma non ne ho tempo. Tuttavia vorrei dire che anche per quanto riguarda le battaglie negli altri siti non c'è soltanto la sindrome di Nimby in ballo. Per quanto riguarda il Ministero dell'ambiente, ricordo anche che uno dei primi atti compiuti dal Ministro Pecoraro Scanio è stato l'insediamento di una struttura di coordinamento a sostegno dei commissari...

PRESIDENTE. Onorevole Francescato, la prego di concludere.

GRAZIA FRANCESCATO. ... proprio per facilitare il ritorno alle procedure ordinarie e far ripartire un corretto ciclo di smaltimento. Laddove i Verdi hanno governato contribuendo alla buona amministrazione, dai piccoli centri come Grumo Nevano, che ha raggiunto il 65 per cento della raccolta differenziata, a Roma dove ormai sono al 20 per cento, abbiamo fatto dovunque la nostra parte.


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Certo, dispiace dirlo, ma se fossimo stati ascoltati prima, non ci troveremmo oggi di fronte a questo spinosissimo problema alla cui soluzione, comunque, ci siamo impegnati e continueremo a impegnarci con necessario vigore e rigore (Applausi dei deputati del gruppo Verdi).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Del Mese. Ne ha facoltà.

PAOLO DEL MESE. Signor Presidente, desidero innanzitutto ringraziare il Governo per la puntuale elencazione e descrizione della situazione di fatto ad oggi che, naturalmente, non poteva non essere un elenco preciso, come quello fatto dal Viceministro. Questa, però, è una situazione di fatto e normativa particolarmente intricata e difficile e, da cittadino comune, mi sono sempre interrogato più volte sulla seguente questione: è mai possibile che, ormai da quattordici anni, non si trovi una soluzione? È mai possibile che da quattordici anni siamo qui a discutere circa le soluzioni da adottare, facendo sì che l'emergenza sia diventata strutturale? Quella attuale, infatti, è un'emergenza immanente rispetto alla quale è ancora lontano il periodo della risoluzione finale.
Non è il caso di elencare o indicare responsabilità individuali o collettive, però alla domanda una risposta bisogna pur darla, seguendo criteri razionali che vanno al di là delle strumentalizzazioni politiche e di parte. Non v'è dubbio che è un problema annoso per i suoi risvolti sulla salute del cittadino e per le motivazioni di ordine pubblico che preoccupano e che non vanno sottovalutate (perché se la situazione dovesse continuare così, e quindi aggravarsi, non so cosa ci potremmo trovare ad affrontare nei prossimi mesi, considerando che si avvicina il periodo estivo e che la spazzatura è estremamente dannosa) e, quindi, si evidenzia in tutte le sue difficoltà una situazione che richiede coraggio e assunzione di responsabilità ben precise e definite.
Signor Viceministro, vi è una paralisi istituzionale e gestionale; vi è un intreccio di competenze istituzionali e un conflitto, ormai quasi evidente, tra le varie autorità che intervengono nel settore e vi è un'attività gestionale che è sottoposta - in questi ultimi anni l'abbiamo constatato - a continue verifiche giurisdizionali che, anziché contribuire a sgombrare il campo dalle difficoltà, le accrescono in maniera notevole.
Al di là delle capacità eccezionali di Bertolaso, che sono fuori discussione, vi è una struttura commissariale nel suo complesso fortemente inadeguata alle necessità del caso. Vi è l'assenza completa di un ciclo industriale integrato dei rifiuti - forse questo è il punto più dolente - e la stessa discussione di stasera, signor Presidente, mi ha convinto che siamo ben lontani dall'aver valutato nella sua complessità e nella sua gravità il problema, perché si cerca di dare giustificazione a questo o a quell'intervento, a questo o a quel decreto.
Un dato di fatto è però confortante: l'ultimo decreto-legge del Governo ha cercato di mettere ordine nella materia, soprattutto attribuendo competenze specifiche e diversificate ai vari enti che si interessano dei rifiuti, contribuendo in tal modo a dare inizio a un processo evolutivo che può portare al passaggio dall'emergenza alla gestione ordinaria. Ma per far questo il 31 dicembre 2007, onorevole Viceministro, non è poi così lontano, è vicino; allora vi sarà la proroga dell'attuale commissario Bertolaso? Io non lo so, mi auguro che ciò non debba avvenire, però è ugualmente un dato di fatto che dobbiamo preoccuparci di assicurare il passaggio dall'emergenza alla normalità. Come farlo? Adottando degli strumenti legislativi (intese di programmi), e tenendo conto che, ad esempio, la spesa complessiva del settore, secondo i dati del Ministero dell'economia, ammonta a 780 milioni di euro l'anno per la spesa corrente e 29 milioni di euro per le spese infrastrutturali.
Quindi, alla fine, noi avvertiamo anche la necessità di razionalizzare tale settore.
Al di là delle strumentalizzazioni, però, si ha una spesa eccessiva rispetto alla


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quale è necessario mettere ordine per cercare, anche in questo campo, di pervenire alla normalità.
Quando le popolazioni si ribellano, è frutto dell'incertezza e dell'inadeguatezza degli strumenti di gestione. Io, ad esempio, vivo in una località, Ponte Cagnano, a 9 chilometri da Salerno, dove nell'area di un chilometro, in linea d'aria, si ha la discarica di Sardone, la discarica di Parapoti, la centrale termoelettrica, un cementificio e un depuratore. L'aria è irrespirabile. Gli ultimi dati riguardo all'incidenza tumorale di questi impianti industriali dimostrano che si ha un aumento crescente di tale malattia e, rispetto a ciò, è giusto che le popolazioni insorgano.
Vorrei vedere se, da parte vostra, possa essere avanzata qualche eccezione rispetto alla necessità ed alla correttezza di questi comportamenti. Tuttavia non si fa nulla, si rimane fermi ed impassibili.
Deve essere il sindaco di Salerno, De Luca, a proporre, ancora una volta, di fronte all'incertezza delle iniziative e delle proposte risolutive, di realizzare il termovalorizzatore a Salerno.
Naturalmente non si può essere contrari: la spazzatura la produciamo noi e quindi dobbiamo risolvere il problema. Il problema vero è che, anche in questo caso, con tutta la buona volontà da parte del sindaco di Salerno, occorre coinvolgere, nelle decisioni finali, gli enti territoriali interessati e quindi evitare che possa sorgere una nuova guerra tra poveri, tesa soltanto ad incrementare le difficoltà e a non fornire alcun contributo per risolvere il problema.
Noi dobbiamo porci con serietà il problema. Ripeto: l'interrogativo è inspiegabile, non si può dare una risposta, se non negativa, ovvero che questo sistema ha consentito l'infiltrazione camorristica anche a livello gestionale con connivenze rispetto alle quali è giunto il momento di dire «basta»: basta alle proroghe dei contratti, basta alla ricerca disperata di continue discariche nuove! Ormai l'unico problema nella gestione di rifiuti in Campania è la ricerca continua di nuove discariche. Vi sembra un modo serio di affrontare il problema e di cercare di risolverlo?
Dobbiamo invece utilizzare tutti gli strumenti legislativi, giuridici, idonei per cercare di far sì che l'intervento dello Stato e delle regioni non sia più di gestione diretta ma di ausilio agli enti locali che devono essere gli unici veri gestori di questo problema (Applausi dei deputati del gruppo Popolari-Udeur).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Barani. Ne ha facoltà.

LUCIO BARANI. Signor Presidente, signor Viceministro, in questo momento le sono vicino, in quanto è toccato a lei venire in Parlamento proprio in un giorno non felice, dopo i risultati elettorali che l'hanno vista soccombere anche nella sua città. È stato costretto a venire per sentire i miei colleghi che fanno risalire addirittura a Cavour, al ventennio fascista, la responsabilità della situazione dell'emergenza rifiuti in Campania. È vero il detto «vedi Napoli e poi muori», sia per la bellezza di quella città sia, adesso, per i veleni che si diffondono da roghi, a centinaia per sera, che divampano in quella città. Non possiamo certamente dar la colpa ai cittadini; non possiamo certamente dare la colpa a chi, ovviamente, deve assistere in maniera indifesa a questo scempio.
È vero: la camorra si è infiltrata nelle pubbliche amministrazioni a Napoli, e nel governo regionale, controllando e facendo affari con i rifiuti.
Allora si capisce perché i nostri vigili del fuoco siano costretti a 150, 160 interventi a sera e si comprende il grido di allarme che, anche da quest'Assemblea, viene sottovalutato e sottaciuto, quello della denuncia dell'aumento di malformazioni, di neoplasie, di malattie invalidanti respiratorie. Ma dove siamo? Eppure siamo in una delle terre «baciate da Dio» per la bellezza, per l'ambiente, in cui


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cittadini incolpevoli si ritrovano amministratori che fanno di tutto per sciupare quanto di bello c'è stato.
E «viva Dio» che non si continuino a dare i numeri della raccolta differenziata: siamo partiti dal 18 per cento e siamo arrivati al 90 per cento: rimaneva sentir parlare del 120-150 per cento e sarebbe stato come nel famoso film delle virgole, dei punti e dei punti e virgola di Totò e De Filippo.
La raccolta differenziata è certamente importantissima, ma non può essere fine a se stessa. Il rifiuto deve essere per forza riconvertito ed il riciclaggio deve essere garantito, altrimenti succede, come sta avvenendo, che anche quel poco di raccolta differenziata che effettuiamo - lei lo saprà sicuramente - viene rimesso in discarica. Bisogna portare avanti una politica seria con i sindaci e non dare ascolto a questo Bassolino, presidente della giunta regionale, che se la prende anche con i cittadini e con i sindaci e dà loro la responsabilità di quello che sta succedendo.
Una regione seria, in un'ottica seria, riesce in una programmazione del ciclo integrato dei rifiuti: prevede, sì, la raccolta differenziata, ma anche la produzione del CDR per gassificatori, inceneritori, cementifici e discariche. Non possiamo mangiare il rifiuto: anche una minima parte va collocata nelle discariche, che vanno individuate, regolarizzate e garantite sulla sicurezza. Non possiamo continuare a sentir dire che bisogna utilizzare le discariche o le cave sequestrate alla mafia o alla camorra: sembra che la panacea e la soluzione della questione napoletana venga appunto dai sequestri di camorra.
Non possiamo, come gruppo socialista, essere d'accordo o sentire solamente dire da lei che 10 mila tonnellate di rifiuti sono andate in Germania. La collega dei Verdi ha detto che non è giustificato portare i rifiuti in Romania, perché sono poveri, mentre è giustificato portarli in Germania, perché, invece, sono ricchi. Non ci siamo, anche perché Ministro dell'ambiente è un certo Pecoraro Scanio, che sta all'ambiente come Dracula sta alla presidenza dell'Avis. È uno dei responsabili di questa situazione, che sta impedendo, con un'influenza negativa, a Bertolaso, di portare avanti il suo progetto. Allo stesso modo il presidente della giunta regionale, in capo al quale è rimasta la gestione dei siti inquinati, sta impedendo al capo della Protezione civile di risolvere o di cercare di risolvere la situazione.
Non si può dare un colpo al cerchio e uno alla botte: è un detto popolare al quale non è possibile, in tal caso, dare applicazione. Bisogna mettere in mano ad un amministratore, ad un commissario serio - e solo a lui - la gestione totale del ciclo dei rifiuti: siamo sicuri che i cittadini e i sindaci, collaborando con l'amministratore straordinario, risolveranno il problema.
Quindi bisogna accantonare l'amministrazione regionale e quella comunale di Napoli e le altre amministrazioni provinciali. In questo momento i subcommissari sono un problema, un ostacolo: bisogna ritornare al governo della città e ridarlo ai sindaci, che sono gli unici rappresentanti che riescono a dialogare, perché sono al fronte con i cittadini.
Non a caso il nostro Presidente della Repubblica, che queste cose le sa, ha parlato a un sindaco, non a Bassolino o a un presidente di provincia, ma al sindaco di un piccolo comune, che è a contatto con i cittadini. Quindi, signor Presidente, riteniamo che la responsabilità di questa situazione sia soprattutto, in questo momento, del Governo nazionale e del governo regionale campano. Riteniamo che quel territorio, per la sua bellezza, non meriti sicuramente il trattamento che tali amministrazioni, il Governo nazionale e l'amministrazione regionale, gli stanno riservando. I cittadini avranno capito che è ora veramente di cambiare e di tornare ad essere rappresentati da amministratori competenti e capaci, che sappiano, come fa il buon medico...


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PRESIDENTE. Onorevole Barani, la prego di concludere.

LUCIO BARANI. ...curare i mali del territorio, poiché la responsabilità non è solamente della camorra, ma anche delle cattive amministrazioni uliviste e dell'Unione, che stanno imperversando in quella zona.

PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento dell'informativa urgente del Governo.

Integrazione nella composizione dell'ufficio di presidenza di un gruppo parlamentare e affidamento dei poteri attribuiti dal Regolamento nell'ambito dell'ufficio di presidenza del medesimo gruppo parlamentare.

PRESIDENTE. Comunico che, con lettera pervenuta in data odierna, il presidente del gruppo parlamentare «Sinistra democratica. Per il Socialismo europeo» ha reso noto che l'assemblea del gruppo ha provveduto all'elezione del comitato direttivo che risulta così composto: Presidente: Titti di Salvo; Vicepresidente: Valdo Spini; Segretario: Luciano Pettinari.
Al vicepresidente Valdo Spini e al segretario Luciano Pettinari è stato inoltre affidato l'esercizio dei poteri attribuiti in caso di assenza o impedimento del presidente, secondo quanto previsto dall'articolo 15, comma 2, del Regolamento della Camera.

Annunzio della convocazione del Parlamento in seduta comune.

PRESIDENTE. Ricordo che alle ore 14 di domani, mercoledì 30 maggio 2007, è convocato il Parlamento in seduta comune per l'elezione di un giudice della Corte costituzionale. La chiama avrà inizio dai senatori.

Ordine del giorno della seduta di domani.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.

Mercoledì 30 maggio 2007, alle 10:

(ore 10 e al termine della riunione del Parlamento in seduta comune)

1. - Discussione di documenti in materia di insindacabilità ai sensi dell'articolo 68, primo comma, della Costituzione:
Richiesta di deliberazione in materia di insindacabilità, ai sensi dell'articolo 68, primo comma, della Costituzione, nell'ambito di un procedimento penale nei confronti di Vittorio Sgarbi, deputato all'epoca dei fatti. (Doc. IV-ter, n. 1-A)
-Relatore: Vacca.

Applicabilità dell'articolo 68, primo comma, della Costituzione, nell'ambito di un procedimento penale nei confronti di Ugo Parolo, deputato all'epoca dei fatti. (Doc. IV-quater, n. 7)
-Relatore: Buemi.

Applicabilità dell'articolo 68, primo comma, della Costituzione, nell'ambito di un procedimento civile nei confronti di Gianfranco Micciché, deputato all'epoca dei fatti. (Doc. IV-quater, n. 12)
-Relatore: Antonio Pepe.

Applicabilità dell'articolo 68, primo comma, della Costituzione, nell'ambito di un procedimento penale nei confronti di Vittorio Sgarbi, deputato all'epoca dei fatti. (Doc. IV-quater, n. 13)
-Relatore: Amici.

Applicabilità dell'articolo 68, primo comma, della Costituzione, nell'ambito di un procedimento civile nei confronti del deputato Cicchitto. (Doc. IV-quater, n. 14)
-Relatore: Vacca.


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Applicabilità dell'articolo 68, primo comma, della Costituzione, nell'ambito di un procedimento penale nei confronti del deputato Ronconi. (Doc. IV-quater, n. 16)
-Relatore: Daniele Farina.

2. - Discussione di un documento ai sensi dell'articolo 68, terzo comma, della Costituzione:
Domanda di autorizzazione all'utilizzazione di intercettazioni di conversazioni nei confronti di Michele Ranieli, deputato all'epoca delle intercettazioni. (Doc. IV, n. 6-A)
-Relatore: Tenaglia.

3. - Seguito della discussione del disegno di legge:
Misure per il cittadino consumatore e per agevolare le attività produttive e commerciali, nonché interventi in settori di rilevanza nazionale (Testo risultante dallo stralcio degli articoli 28, 29, 30 e 31 del disegno di legge n. 2272, deliberato dall'Assemblea il 17 aprile 2007). (2272-bis-A)
-Relatore: Lulli.

4. - Seguito della discussione delle mozioni Gibelli ed altri n. 1-00024, Sgobio ed altri n. 1-00164, Capitanio Santolini e Volontè n. 1-00165, Frias ed altri n. 1-00166, Froner ed altri n. 1-00167, Bertolini ed altri n. 1-00168 e Frassinetti ed altri n. 1-00169 sulla riorganizzazione del sistema scolastico italiano in relazione al fenomeno dell'immigrazione.

5. - Seguito della discussione dei disegni di legge:
Ratifica ed esecuzione della Convenzione consolare tra la Repubblica italiana e la Repubblica di Cuba, fatta a Roma il 12 marzo 2001. (1874-A)
-Relatore: Marcenaro.

Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica dello Yemen sulla promozione e protezione degli investimenti, fatto a Roma il 25 novembre 2004. (2069)
-Relatore: Paoletti Tangheroni.

Ratifica ed esecuzione dell'Accordo di coproduzione audiovisiva tra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo della Repubblica dell'India, fatto a Roma il 13 maggio 2005. (2071-A)
-Relatore: Mattarella.

6. - Seguito della discussione del disegno di legge:
Differimento del termine per l'esercizio della delega di cui all'articolo 4 della legge 1o febbraio 2006, n. 43, recante istituzione degli Ordini delle professioni sanitarie infermieristiche, ostetriche, riabilitative, tecnico-sanitarie e della prevenzione. (1609)
-Relatore: Grassi.

(al termine delle votazioni)

7. - Informativa urgente del Governo sugli episodi di omofobia che si registrano nel Paese e sulle azioni di contrasto che il Governo intende intraprendere.

La seduta termina alle 22,05.

TESTO INTEGRALE DELLA RELAZIONE DEL DEPUTATO ANDREA LULLI SUL DISEGNO DI LEGGE N. 2272-BIS-A

ANDREA LULLI, Relatore. Dopo il successo e la comprovata efficacia delle misure del «pacchetto per il cittadino consumatore» di luglio e le disposizioni introdotte, con urgenza, dal decreto-legge n. 7 del 2007, la Commissione, in piena coerenza con gli obiettivi del disegno di legge presentato dal Governo, ha introdotto modifiche ed integrazioni che danno ulteriori contributi all'apertura del mercato, alla concorrenza e alla semplificazione amministrativa delle attività economiche.


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L'interesse economico delle misure proposte non è connesso solo ai vantaggi derivanti dall'eliminazione degli ostacoli alla concorrenza; molte norme consentono di ridurre drasticamente o di evitare gli oneri amministrativi non giustificati dalla tutela di alcun interesse pubblico primario (emblematici, a questo proposito, gli attuali obblighi di rispetto di contingenti numerici e di distanze fra esercizi, volti in realtà a chiudere il mercato a nuovi operatori).
Mediante l'abbattimento o la riduzione delle barriere all'entrata di nuovi mestieri o professioni aumenta il numero degli operatori sul mercato (con benefici effetti sulla concorrenza) e si accelera la nascita e lo svolgimento di nuove attività, favorendo la realizzazione di insediamenti produttivi nel pieno rispetto dell'ambiente, rafforzando, ove necessario, la tutela degli utenti di beni e di servizi di grande rilevanza collettiva.
Nell'intento di semplificare, si riducono all'essenziale gli adempimenti amministrativi; non solo così si riducono i cosiddetti «costi di transazione» ma si liberano le risorse umane, organizzative e finanziarie oggi impegnate dalle procedure amministrative di interdizione o di selezione che determinano un accesso limitato alle attività economiche e di servizi.
La pubblica amministrazione, non più oberata dai innumerevoli adempimenti burocratici, può così concentrarsi sulle funzioni strategiche di programmazione e di controllo degli operatori di mercato.
Il Governo in questi mesi ha dato un contenuto concreto all'espressione «sviluppo sostenibile»: fare sviluppo «sostenibile» secondo il quadro normativo delineato dal provvedimento al nostro esame, significa non solo intervenire per sostenere l'economia attraverso «tradizionali» politiche di crescita (come il finanziamento delle infrastrutture, gli incentivi alle attività produttive), ma promuovere lo sviluppo e la qualificazione del capitale umano, «liberare» energie professionali frenate dai vincoli alla concorrenza, proteggere e risparmiare le risorse ambientali, riconoscere e tutelare i diritti dei cittadini-consumatori, valorizzare i beni culturali, rilanciare il turismo.
Questa «iniezione di fiducia» sta dando risultati incoraggianti.
A proposito di «liberalizzazioni di facciata», Riccardo Ruggero, l'amministratore delegato di Telecom Italia, ha così risposto su quanto ha pesato il taglio dei costi di ricarica: «È evidente che ha portato una certa turbolenza sul mercato. Per noi avrà un impatto di 350-400 milioni di euro a livello di margine operativo lordo in un anno. Ma ci ha anche spinto a una operazione di trasparenza sui servizi che offriamo. E come risposta, abbiamo visto crescere i volumi di vendita.».
Così come ci aspettavamo: possiamo tutti dare di più e non scaricare tutto sulle fasce più deboli della società.
Interessante sarebbe capire quale effetto redistributivo produrranno le norme sulle RCAuto oppure quelle sui mutui bancari a vantaggio delle famiglie. A mio avviso, saranno superiori a tutte le manovre fiscali degli ultimi 7-8 anni in termini di benefici reali.
E quali stimoli a innovare abbiano già rappresentato queste stesse norme e tanti altri ancora per favorire la crescita e promuovere un cambiamento culturale in direzione della qualità di cui il nostro Paese ha un grande bisogno e la politica, sempre più sotto accusa per i costi e la non decisione, ha dimostrato quanto possa essere rilevante il proprio ruolo se affronta con decisione nelle sede istituzionali, in primo luogo il Parlamento, i nodi che bloccano la società italiana, prima ancora che l'economia.
La sfida nelle liberalizzazioni è questa, e ha l'ambizioso obiettivo di cambiare l'Italia rendendola non solo più competitiva ma anche più giusta socialmente.
Soprattutto negli ultimi mesi, c'è stata un'accelerazione della crescita complessiva del Paese, maggiori esportazioni, un rallentamento dell'inflazione, un'evoluzione particolarmente favorevole dell'occupazione: un insieme di circostanze che ha senz'altro favorito un significativo miglioramento dei conti pubblici, grazie all'incremento


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delle entrate tributarie e contributive e ad un migliore controllo delle spese.
Gli emendamenti approvati in Commissione hanno integrato il provvedimento con disposizioni che «rafforzano» la strategia del Governo: semplificare la vita di tutti i giorni e rendere più facile intraprendere e sviluppare un'attività produttiva e di servizi, eliminare le barriere all'accesso dei giovani alle attività economiche, dare impulso alla crescita economica e alla competitività, riconoscere e dare dignità ai diritti dei cittadini-consumatori. Sia le misure per sviluppare la concorrenza che le norme a tutela del cittadino-consumatore seguono l'orientamento comunitario e tengono conto delle segnalazioni e dei risultati cui sono giunte molte indagini conoscitive dell'Antitrust in materia di eliminazione degli ostacoli alla concorrenza.
Per quanto riguarda l'eliminazione di ostacoli per alcune attività delle imprese e delle professioni, all'articolo 1, gli emendamenti approvati in Commissione hanno chiarito che le nuove disposizioni hanno l'obiettivo di garantire la concorrenza e il corretto funzionamento del mercato mediante la rimozione di vincoli e di ostacoli non solo alle attività commerciali ma anche alla prestazione di servizi.
È pertanto vietata qualsiasi limitazione all'abbinamento nello stesso locale o nella medesima area della vendita di prodotti ma anche di servizi complementari e accessori rispetto a quelli principali.
L'eliminazione di ostacoli alle attività commerciali e di servizi attuata dal provvedimento in esame è realizzata nel pieno rispetto delle norme in materia urbanistica, edilizia, igienico-sanitaria e di sicurezza in ambito lavorativo, come pure della distinzione tra settore merceologico alimentare e non alimentare; la Commissione ha disposto che sia confermata la vigenza anche delle norme tributarie in materia di accisa, nonché di quelle a tutela della salute pubblica e della pubblica sicurezza, nonché delle disposizioni in materia di disciplina stradale, ambientale, e di prevenzione degli incendi. In una formulazione più chiara, il testo modificato dalla Commissione precisa che l'installazione e l'attività di un impianto di distribuzione carburanti non può essere subordinata al rispetto del criterio della distanza minima tra impianti ed a contingentamenti numerici. Nel testo approvato, è stato rafforzato anche il ruolo delle regioni nel corretto e uniforme funzionamento dei mercati: nell'ambito dei poteri di programmazione ad esse attribuiti e nel rispetto del nuovo quadro normativo nazionale, le regioni individueranno i criteri per garantire la promozione della concorrenza sul territorio, per favorire la riqualificazione e l'ammodernamento della rete di distribuzione dei carburanti ed una maggiore possibilità di accesso a prodotti e servizi da parte del consumatore. Per agevolare l'utilizzo del gas metano per autotrazione, un comma aggiuntivo all'articolo 1 ha stabilito che l'Autorità per l'energia elettrica ed il gas, con delibera da adottare entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del provvedimento all'esame, determini i criteri di vettoriamento attraverso le reti di trasporto e distribuzione del gas naturale utilizzato come carburante, tenendo conto della sua specificità.
Per favorire la concorrenza nel settore della panificazione, e un più facile accesso dei consumatori ai prodotti, l'articolo 2 elimina i vincoli in materia di chiusura domenicale e festiva per le attività di panificazione.
L'articolo 3 disciplina, unificandoli nella nuova categoria degli intermediari commerciali e di affari, i profili professionali di agente di affari in mediazione; agente immobiliare; agente di affari; agente e rappresentante di commercio; mediatore marittimo; lo spedizioniere e raccomandatario marittimo. Provvede, inoltre, alla soppressione dei relativi ruoli ed elenchi, alla cui iscrizione è attualmente subordinato il loro esercizio.
All'articolo 4, sono state soppresse le norme che stabilivano limiti al trasferimento dell'attività di farmacia.
L'articolo 6 del testo della Commissione, che prevede misure per la distribuzione


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del Gas da Petrolio Liquefatto (GPL) è stato integralmente riformulato. Nel testo presentato dal Governo le aziende distributrici erano tenute a concedere in locazione i serbatoi di GPL; gli utenti avevano facoltà di acquistare il gas liberamente sul mercato senza dover sottostare all'obbligo di rifornirsi presso l'azienda che aveva fornito in comodato il serbatoio di GPL (il GPL fino ad oggi non è fornito in rete ma mediante capienti serbatoi oggi installati dai rivenditori di GPL che obbligano chi ha ricevuto «in uso gratuito» il serbatoio ad acquistare GPL solo dagli installatori).
Il nuovo testo approvato in Commissione introduce ulteriori misure di liberalizzazione del mercato della distribuzione di gas di petrolio liquefatto (GPL) e offre agli utenti più opportunità di scelta nell'approvvigionamento di GPL. Si prevede infatti che i contratti, stipulati dalle aziende distributrici di gas di petrolio liquefatto (GPL) per la fornitura di prodotto in serbatoi per uso civile, industriale o agricolo debbano prevedere modalità alternative di offerta del serbatoio, consentendo l'opzione tra l'acquisto, la locazione ed il comodato dello stesso, senza peraltro vincolare gli utenti all'acquisto di quantità di prodotto contrattualmente determinate. I medesimi contratti dovranno prevedere, alla scadenza, la facoltà per l'utente di modificare l'opzione inizialmente prescelta, e di acquisire in locazione o riscattare il serbatoio, alle stesse condizioni indicate al momento della stipula, nel rispetto dei parametri massimi fissati dall'Autorità per l'energia elettrica e il gas. Nel caso di locazione o comodato del serbatoio, è stato espressamente previsto che le aziende distributrici debbano assicurare i servizi di installazione e manutenzione dei serbatoi riforniti secondo le tempistiche indicate dalla normativa tecnica di riferimento e con il rilascio di apposita certificazione, ai sensi della legge 5 marzo 1990, n. 46. È questa una novità particolarmente importante in tema di sicurezza, che obbliga le aziende distributrici ad effettuare un servizio di installazione e di regolare manutenzione, a norma delle leggi vigenti: è stato infatti stabilito che le aziende che riforniscono serbatoi privi della certificazione di legge o con certificazione scaduta siano punite con la sanzione amministrativa da diecimila a cinquantamila euro.
Al fine di assicurare la tutela dei clienti finali direttamente connessi alla rete nazionale e regionale di trasporto del gas naturale, la Commissione ha disposto, con l'articolo 7, che il Ministro dello sviluppo economico, entro 180 giorni dall'entrata in vigore del provvedimento in esame, sentita l'Autorità per l'energia elettrica e il gas, provveda ad emanare uno o più decreti per aggiornare i criteri per l'esecuzione dei controlli metrologici legali su sistemi di misura dei punti di riconsegna del gas naturale agli stessi clienti finali; sono previsti cinque anni per l'adeguamento alle disposizioni in materia di metrologia legale dei sistemi di misura in servizio alla data di entrata in vigore del provvedimento in esame.
Impresa più facile: il disegno di legge n. 2272 ed il progetto di legge n. 1428-A «Modifiche alla normativa sullo sportello unico per le imprese e in materia di dichiarazione di inizio attività».
Gli articoli da 9 a 18 del testo inizialmente presentato dal Governo sono stati stralciati e inseriti nel progetto di legge n. 1428-A «Modifiche alla normativa sullo sportello unico per le imprese e in materia di dichiarazione di inizio attività». Gli interventi in materia di qualità della regolazione e di semplificazione sono ormai ritenuti strategici per il rilancio della competitività e per la certezza dell'esercizio dei diritti di cittadinanza.
«Impresa più facile» è l'insieme di misure che il Governo ha deciso di frazionare in due distinti provvedimenti: un decreto-legge (7/2007 ora legge 40/2007) che contiene le misure relative allo start up delle imprese ed un disegno di legge, 1'A.C. 2272 al nostro esame, che dispone, tra l'altro, misure per la realizzazione e la modificazione degli impianti produttivi. Poiché quest'ultimo profilo è stato contestualmente approfondito anche in sede parlamentare, in particolare con il progetto


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di legge A.C 1428, che delega il Governo al riordino della materia, le norme del disegno di legge governativo relative alla realizzazione degli impianti produttivi hanno trovato in quel provvedimento occasione di integrazione e di elaborazione normativa.
Nel disegno di legge Bersani sono rimaste alcune deleghe: enti tecnici accreditati indipendenti; riassetto normativo delle prescrizioni e degli adempimenti procedurali applicabili alle imprese (articoli 14 e 15).
L'articolo 14 delega il Governo ad adottare, entro 6 mesi (nel testo iniziale, 4 mesi) dalla data di entrata in vigore del provvedimento all'esame, uno o più decreti legislativi per disciplinare i requisiti tecnici, di affidabilità e di indipendenza necessari per accreditare gli enti privati cui potrà rivolgersi l'imprenditore per la certificazione dei propri progetti. La Commissione ha meglio precisato i principi e i criteri direttivi della delega. I decreti legislativi dovranno disciplinare l'organizzazione e la gestione del riconoscimento degli enti tecnici accreditati da organismi nazionali o comunitari facenti parte dell'European Cooperation for Accreditation (EA) e degli organismi competenti ad effettuare determinate valutazioni; promuovere la convergenza delle valutazioni di conformità in armonia con la normativa comunitaria e con gli accordi internazionali, e disciplinare i requisiti degli enti tecnici; rivedere le disposizioni che regolano i rapporti convenzionali e negoziali fra le pubbliche amministrazioni e gli altri soggetti, anche per garantire la trasparenza, la competenza e l'imparzialità; stabilire le disposizioni in materia di vigilanza del mercato e controlli sui prodotti. Al fine di un più efficace coordinamento delle attività in materia di normativa tecnica, accreditamento, certificazione e dichiarazioni di conformità, di vigilanza sul mercato e della legale commercializzazione dei prodotti, la Commissione ha previsto l'istituzione, presso il Ministero dello sviluppo economico, di un comitato consultivo.
La delega al Governo di cui all'articolo 15 attiene al riassetto normativo delle prescrizioni e degli adempimenti procedurali applicabili alle imprese, prevedendo che il Governo adotti decreti legislativi in materia, anche modificativi di quelli emanati in attuazione dell'articolo 5 della legge 246/2005 (legge di semplificazione per il 2005). La Commissione ha integrato il dispositivo di delega allo scopo di prevedere nei decreti delegati norme per l'individuazione di tempi certi ed inderogabili per lo svolgimento degli adempimenti che fanno capo alle pubbliche amministrazioni.
Nel campo della semplificazione, l'articolo 16 introduce l'autocertificazione per le attività di verifica degli impianti a pressione, delle gru e degli apparecchi di sollevamento di portata superiore a 200 chilogrammi.
La X Commissione ha apportato significative modifiche al testo originario per meglio garantire che l'installazione di tali impianti avvenga in condizione di massima sicurezza, sotto la piena responsabilità del proprietario e del gestore dell'impianto oltre che dei soggetti certificatori.
Con l'articolo 19 il Governo è delegato ad adottare uno o più decreti legislativi per semplificare le procedure per il rilascio del certificato di prevenzione incendi nel rispetto del mantenimento dei livelli di sicurezza per la collettività e della tutela dell'ambiente.
È stato poi introdotto dalla Commissione l'articolo 22, che obbliga le pubbliche amministrazioni ad erogare gli incentivi pubblici alle imprese nei termini previsti dalle normative in base alle quali questi incentivi sono concessi, con lo scopo di evitare l'inaccettabile allungamento dei tempi di erogazione.
Si introduce, con l'articolo 27, la possibilità per le imprese di sostituire con autocertificazioni, le certificazioni dovute per l'ottenimento di un'autorizzazione o concessione da parte della pubblica amministrazione o dei concessionari di servizi pubblici e la partecipazione a procedure di evidenza pubblica.


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L'articolo 28 introduce inoltre una modifica tesa ad escludere le microimprese dagli obblighi della cosiddetta legislazione sulla privacy.
Le disposizioni contenute nell'articolo 32 eliminano invece l'obbligo di tenuta del libro dei soci delle società a responsabilità limitata (Srl) e l'obbligo di deposito presso il registro delle imprese dell'elenco dei soci delle stesse società.
La Commissione ha approvato inoltre l'articolo 33 che istituisce presso il Ministero dello sviluppo economico il Fondo per l'incentivazione di servizi associati per lo sviluppo delle piccole imprese che operano nel campo delle biotecnologie, della biologia avanzata e che utilizzano piattaforme tecnologiche dei centri di ricerca pubblici, con una dotazione finanziaria per l'anno 2007 pari a 5,5 milioni di euro.
Per quanto riguarda il turismo, la Commissione ha inserito alcune norme specifiche: la prima, contenuta nell'articolo 18, amplia e specifica ulteriormente le disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia per semplificare l'attività delle strutture turistico ricettive all'aria aperta; la seconda, all'articolo 21, ha lo scopo di favorire l'acquisto di immobili alberghieri da parte dei gestori in affitto da almeno cinque anni.
In materia di semplificazione per le imprese cooperative, la Commissione ha approvato gli articoli 23 e 24. L'obbligo di redigere un apposito bilancio e di sottoporlo a verifica da parte di una società di revisione, sarà d'ora in poi imposto solo alle cooperative che hanno emesso strumenti finanziari o alle cooperative che optino intenzionalmente per una modifica delle previsioni statutarie riguardanti la «prevalenza mutualistica». Inoltre per tutte le società cooperative l'iscrizione nel registro delle imprese comporterà automaticamente l'iscrizione nell'Albo delle cooperative. Si sostituisce al deposito integrale dei bilanci la trasmissione telematica di alcuni limitati dati significativi della gestione dell'esercizio.
Con l'articolo 25, anche le imprese dello spettacolo comprese quelle cinematografiche e le associazioni culturali costituite in forma di impresa, saranno considerate piccole e medie imprese secondo la disciplina comunitaria e saranno quindi destinatarie di contributi e finanziamenti agevolati. Le competenze in materia di attività circensi e di spettacoli viaggianti, sono trasferite al Ministero dello sviluppo economico e sono aboliti l'autorizzazione ministeriale per la costituzione di compagnie teatrali di professionisti e dilettanti e il nulla osta per numeri isolati di arte varia.
Nel campo della semplificazione informatica e digitale l'articolo 26 prevede che il Governo, le regioni e gli enti locali promuovano intese o concludano accordi affinché la pubblicazione degli atti nell'albo pretorio sia eseguita anche in via informatica.
È stato modificato, con l'articolo 29, il codice civile in materia di rappresentanza dell'imprenditore nei confronti della pubblica amministrazione e di compimento di operazioni telematiche.
In materia di adempimenti ed operazioni in formato elettronico, la Commissione ha approvato due nuove norme. L'articolo 30 che ha lo scopo di imprimere uno sviluppo celere all'utilizzo della «posta elettronica certificata» tra imprese, professionisti e pubbliche amministrazioni. L'articolo 31 che riguarda la «conservazione ottica sostitutiva» di documenti originali unici da parte delle imprese e degli iscritti agli ordini professionali.
In campo fiscale la Commissione ha inserito l'articolo 17 che introduce un regime fiscale agevolato dei prodotti del commercio equo e solidale che rispettano i criteri previsti dalle organizzazioni di certificazione del fair trade e l'articolo 36 grazie al quale, a partire dall'anno d'imposta 2006, gli oneri deducibili e le detrazioni per oneri possono essere dedotti dall'Irpef nell'anno in cui sono stati sostenuti e nei due anni successivi.
L'articolo 49, introdotto dalla Commissione, chiarisce che le stazioni sperimentali per l'industria, svolgendo istituzionalmente attività di ricerca, sono assimilabili agli «Enti di ricerca» e pertanto non sono


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sottoposte al taglio delle spese di funzionamento del 20 per cento, previsto dalla legge finanziaria per il 2007.
Per quanto riguarda la capitalizzazione delle imprese, l'articolo 20 delega il Governo ad adottare uno o più decreti legislativi recanti norme dirette a favorire l'intervento da parte di organismi di investimento collettivo in valori mobiliari (OICVM) nel capitale di rischio delle società, nonché a favorire l'ammissione dei titoli di partecipazione alla quotazione nei mercati regolamentati dell'Unione europea o dei Paesi aderenti allo Spazio economico europeo. I principi di delega delineano complessivamente un sistema di agevolazioni fiscali volte a favorire la capitalizzazione delle imprese in conformità alla disciplina comunitaria in materia di aiuti di Stato. Sono previste agevolazioni fiscali consistenti in una riduzione dell'aliquota IRES (il testo inizialmente presentato dal Governo prevedeva che in ogni caso l'aliquota fosse non inferiore al 20 per cento; la modifica approvata in Commissione ha ora disposto che tale aliquota sia non superiore al 20 per cento) qualora la società provveda ad un aumento di capitale o alla quotazione in mercati regolamentati, ma nella sola ipotesi che tale aumento di capitale ovvero l'acquisto delle azioni in occasione della quotazione sia finanziato da OICVM. Alternativamente alla riduzione dell'aliquota sarà possibile la deduzione dal reddito imponibile della società partecipata di una quota degli utili formatisi successivamente all'ingresso degli OICVM nel capitale e ad essi corrisposti. I decreti delegati potranno inoltre prevedere un sostegno alle società per azioni che provvedano a quotarsi sui mercati regolamentati, consentendo la deduzione, in aggiunta a quella già spettante in base alle ordinarie regole dell'imposizione sul reddito d'impresa, delle spese sostenute per l'ammissione alla quotazione in mercati regolamentati.
Riguardo agli interventi per la mobilità e per il settore dei trasporti; tra le misure per favorire le liberalizzazioni è stata inserita una norma che riguarda il settore della componentistica dei veicoli a motore (articolo 5). Attualmente per modificare o sostituire componenti, pur se omologati e conformi agli standard comunitari, sono necessarie una visita e una prova presso la motorizzazione e il rilascio da parte della casa costruttrice di un nulla osta. Con la modifica proposta questi obblighi, limitatamente ai veicoli a due o tre ruote, ai veicoli a quattro ruote con capienza di massimo 8 persone e ai veicoli per trasporto merci di massa inferiore a 3,5 tonnellate, sono cancellati.
L'articolo 8, in materia di liberalizzazione dei servizi a terra negli aeroporti civili è stato integralmente riscritto, anche in linea con quanto suggerito nel parere della Commissione trasporti, prevedendo una relazione semestrale presentata dal Ministro dei trasporti alle competenti Commissioni parlamentari. Tale relazione dovrà riferirsi in particolare al mercato dei servizi aeroportuali, ai rapporti fra scali aeroportuali, trasporti intermodali, infrastrutture di trasporto e territorio, nonché alle misure già adottate o da intraprendere per un'effettiva liberalizzazione nel settore.
Riguardo alla trasparenza delle tariffe nel settore dei trasporti, la Commissione ha inserito una norma (articolo 9) che obbliga le compagnie a indicare chiaramente il prezzo finale dei biglietti, comprensivo dei supplementi, il numero dei posti disponibili in offerta e la durata dell'offerta stessa.
Quanto al trasporto ferroviario, l'articolo 10, è finalizzato a favorire la prosecuzione del processo di apertura del mercato in materia di trasporto ferroviario, indicando tra i principi ispiratori la separazione fra autorità regolatrice e gestore della rete, l'efficiente gestione della rete, anche attraverso l'allocazione non discriminatoria della capacità di rete e dei terminali delle merci e dei passeggeri, la professionalità e capacità organizzativa degli operatori, nonché la destinazione alla manutenzione del materiale rotabile dei proventi dei contratti di servizio relativi all'utilizzo della rete ferroviaria.
È stato completamente sostituito dalla Commissione l'articolo 11, recante misure


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in materia di trasporto innovativo. Si è mantenuto l'obiettivo di fondo della liberalizzazione dando maggior peso agli aspetti ecologici. Gli enti locali potranno rilasciare autorizzazioni per prestazioni di trasporto innovativo, ossia servizi collettivi e condivisi diretti a specifiche categorie d'utenti, con obblighi di servizio e tariffe differenziate. I comuni dovranno favorire l'alternativa all'automobile con l'utilizzo di mezzi pubblici ecologici, la sostituzione dei veicoli per servizio ad uso multiplo con mezzi ecologici, il trasporto per categorie disagiate, la condivisione dei veicoli ecologici. Inoltre, i comuni dovranno predisporre una carta dei servizi dei trasporti le cui prescrizioni i prestatori di servizi dovranno osservare.
Semplificazioni per la circolazione giuridica dei veicoli e soppressione del PRA.
Sulla materia trattata dagli articoli da 50 a 56, come preannunciato in Commissione ho presentato un emendamento secondo i seguenti principi: assegnazione del personale dell'ACI al Ministero dei trasporti, semplificazione delle banche dati e dei documenti di circolazione, riforma dell'ACI sulla base della creazione di una società di diritto privato che si occuperà anche di sicurezza stradale e di educazione stradale. Di conseguenza sono stati respinti tutti gli emendamenti riferiti ai suddetti articoli.
Riguardo alle autoscuole, l'articolo 57 aumenta il tetto della sanzione amministrativa del pagamento di 15.000 euro a 40.000 euro per chi gestisce un'autoscuola senza la dichiarazione di inizio attività o i requisiti prescritti e per chi esercita abusivamente l'attività di autoscuola, specificando che non configura esercizio abusivo dell'attività di autoscuola prendere a noleggio veicoli muniti di doppi comandi da parte di persone fisiche a fini non professionali. Viene eliminato, inoltre, il requisito di esperienza di guida almeno biennale, a seguito di abilitazione quale insegnante di teoria e istruttore di giuda, per chi voglia gestire un'autoscuola.
Il disegno di legge Bersani, nella versione presentata alle Camere, comprendeva un nutrito capitolo, gli articoli dal 28 al 31, relativi al settore della scuola, riguardanti agevolazioni fiscali a favore delle istituzioni scolastiche e il potenziamento dell'area tecnico professionale della scuola superiore. La Commissione attività produttive, in seguito alla richiesta avanzata dal Ministro Fioroni, ha stralciato la parte relativa alla scuola predisponendo uno specifico disegno di legge (Ac 2272-ter), denominato «Scuola, imprese e società», assegnato alla Commissione cultura.
Molte le modifiche apportate dalla Commissione nell'ambito delle politiche a favore del cittadino e consumatore. In primo luogo, con l'articolo 58, è stata introdotta una novità importante: la legge annuale per la promozione della concorrenza e della tutela dei consumatori che ha lo scopo di recepire nell'ordinamento le indicazioni, le raccomandazioni, le decisioni dell'Antitrust e garantire un maggior tasso di concorrenza nei mercati. Inoltre la Commissione con l'articolo 37 ha confermato il Ministero dello sviluppo economico quale autorità competente per la cooperazione in materia di tutela dei consumatori, ai sensi dell'articolo 3, paragrafo 1, lettera c), del regolamento CE 2006/2004).
Nel campo delle assicurazioni, con l'articolo 13 si stabiliscono clausole anticoncorrenziali in tema di responsabilità civile auto. È sancita la libertà nella scelta, da parte del danneggiato, di imprese di autoriparazione abilitate di propria fiducia.
L'articolo 44, inoltre, stabilisce la validità per un periodo di cinque anni dell'ultimo attestato di rischio conseguito in caso di cessazione del contratto di assicurazione. Le imprese di assicurazione non potranno assegnare al contratto una classe di merito più sfavorevole rispetto a quella risultante dall'ultimo attestato di rischio conseguito sul veicolo già assicurato.
Infine, l'articolo 48 abolisce l'obbligo per l'assicurato di esibire il certificato di chiusa inchiesta inserita nelle polizze assicurative di furto e incendio, tranne nei procedimenti giudiziari nei quali si procede per il reato di fraudolento danneggiamento dei beni assicurati.


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Molte anche le norme che si occupano di mutui e prestiti. In primo luogo l'articolo 34 stabilisce la nullità delle cosiddette clausole di massimo scoperto ed in generale delle clausole che prevedono una remunerazione alla banca per la sola messa a disposizione di fondi a favore del cliente, indipendentemente dall'effettivo prelevamento della somma e dall'effettiva durata dell'utilizzazione dei fondi da parte del cliente. Gli interessi, le commissioni e le provvigioni che prevedono una remunerazione, a favore della banca, sono inoltre sottoposte alla normativa in materia di interessi usurari.
L'articolo 38, reca a sua volta, disposizioni in materia di mutui e operazioni di finanziamento, fornendo un orientamento interpretativo in tema di estinzione anticipata del rapporto di finanziamento su richiesta del soggetto «finanziato», anche per evitare che difficoltà applicative e difformità comportamentali da parte degli uffici periferici sottopongano il cittadino debitore a recuperi o a rimborsi di imposta.
Si è reso inoltre necessario introdurre, con l'articolo 39, un'interpretazione autentica della norma che prevede la facoltà del debitore di recedere in ogni momento dal rapporto di mutuo, chiarendo la durata delle operazioni di finanziamento ai fini di una univoca individuazione della disciplina fiscale.
In materia di prestiti vitalizi ipotecari, l'articolo 40 definisce le modalità operative e le tutele per i soggetti interessati affinché lo strumento possa svilupparsi pienamente. I principali ambiti dell'intervento legislativo riguardano l'estensione delle agevolazioni esistenti per i mutui tradizionali, la tutela dei mandatari e degli eredi, la tutela del terzo acquirente degli immobili venduti dopo il decesso dei mutuatari.
La Commissione ha inserito inoltre l'articolo 42 che intende assicurare la massima diffusione dei dati ipotecari e catastali. L'Agenzia del territorio fornirà i servizi denominati «ricerca continuativa per via telematica» e «elenco soggetti presenti nelle formalità di un determinato giorno», gratuitamente e in via istituzionale. L'articolo 42 si occupa anche di semplificare gli adempimenti previsti per i condomini quali sostituti d'imposta. La norma introdotta dalla Commissione stabilisce che l'obbligo di versamento della ritenuta resta sospeso fino al raggiungimento di un importo «pari o inferiore a 200 euro».
L'articolo 46, introdotto dalla Commissione, integra le disposizioni dei commi da 344 a 348 dell'articolo 1 della legge finanziaria per il 2007 (legge 27 dicembre 2006, n. 296) che contengono alcune agevolazioni fiscali, sotto forma di detrazione dall'imposta lorda, per interventi di adeguamento degli edifici volti a garantire migliori risultati in termini di risparmio energetico. In particolare è prevista la detrazione IRPEF, entro determinati limiti, del 55 per cento delle spese sostenute per la riduzione di perdite di energia attraverso pareti, pavimenti, solai e finestre, per la promozione del solare termico e per la promozione della costruzione di nuovi edifici ad elevati standard energetici. La norma mira ad evitare che per la medesima spesa il contribuente possa beneficiare contemporaneamente di più agevolazioni fiscali.
L'articolo 47, invece, corregge un errore materiale nella compilazione della tabella 3 della legge 27 dicembre 2006, n. 296, «finanziaria per il 2007», in materia di valori di trasmittanza termica, un errore che non è stato possibile correggere né in sede di esame parlamentare per l'approvazione della legge finanziaria né con l'apposita procedura di rettifica presso la Camera e il Senato.
Le aziende di pubblici servizi, a seguito dell'approvazione dell'articolo 35, dovranno indicare nelle bollette gli interessi, in ragione annua, dovuti dagli utenti in caso di ritardato o mancato pagamento, i quali non potranno essere superiori a una determinata soglia. Le aziende non potranno addebitare spese di qualsiasi altra natura anche inerenti alla predisposizione, spedizione o riscossione della bolletta. Il subentro o la voltura tra componenti dello stesso nucleo familiare dovrà avvenire a titolo non oneroso. D'altro canto, si stabilisce


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il vincolo di solidarietà nel pagamento tra i componenti del nucleo familiare o tra coloro che beneficiano degli stessi servizi.
L'articolo 41 conferisce una delega legislativa al Governo finalizzata a favorire la modernizzazione degli strumenti di pagamento, riducendo i costi finanziari e amministrativi derivanti dalla gestione del denaro contante e dei titoli di credito cartacei, prevedendo fra l'altro la progressiva introduzione, a carico delle pubbliche amministrazioni e senza ulteriori oneri, dell'obbligo di accettare pagamenti tramite moneta elettronica.
Con l'articolo 45 in materia di comunicazioni si integra l'articolo 45 del codice delle comunicazione definendo con maggior chiarezza e precisione non solo l'ambito della discrezionalità affidata all'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni per ciò che riguarda gli assetti delle rete, ma anche un preciso iter procedimentale per raggiungere tale scopo, nel rispetto del quadro normativo comunitario e della legislazione nazionale.
Come annunciato in Commissione, in qualità di relatore ho preparato alcuni emendamenti che saranno esaminati dal Comitato dei nove al fine di presentarli alla discussione in Aula: moratoria servizi idrici; articolo 10 sulla liberalizzazione del trasporto ferroviario, l'ACI ente pubblico non economico con nuove funzioni con diversificazione del ruolo associativo che è funzione privata tenga conto dei problemi occupazionali.
Mi auguro si possa sviluppare un confronto aperto che possa migliorare ulteriormente il testo ed esaltare la positiva funzione dell'Assemblea della Camera.

TESTO INTEGRALE DELL'INTERVENTO DEL DEPUTATO ALBERTO BURGIO IN SEDE DI DISCUSSIONE SULLE LINEE GENERALI DEL DISEGNO DI LEGGE N. 2272-BIS-A

ALBERTO BURGIO. Signor Presidente, colleghi, oggetto di questa discussione è un provvedimento indubbiamente rilevante e ambizioso, per mezzo del quale il Governo intende dare attuazione agli orientamenti più volte espressi in materia di rilancio dell'apparato produttivo e dell'attività economica del Paese.
Di questa rilevanza è riflesso la complessità, l'articolazione del provvedimento, che associa a misure volte a favorire la concorrenza tra soggetti imprenditoriali e a colpire posizioni dominanti e di monopolio, misure concernenti la semplificazione delle procedure che può essere effettivamente considerata una condivisibile facilitazione per quanti incontrano difficoltà a causa di una eccessiva complessità o rigidità di adempimenti burocratici, anche se talora - occorre riconoscerlo e porvi la massima attenzione - rischia di risolversi in una riduzione dei controlli in materie molto delicate come la tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori e la prevenzione contro infortuni spesso mortali, che il Paese anche in questi mesi è stato frequentemente costretto a registrare.
Rispetto a quest'ultima considerazione non posso non considerare in premessa che essa ha probabilmente stretta relazione con l'ottica sottesa al provvedimento che stiamo discutendo, laddove si privilegiano da una parte le attività produttive e commerciali, cioè l'impresa, dall'altra il «cittadino-consumatore». Privilegiare tali soggetti, comporta infatti il pericolo che vengano trascurate o scarsamente considerate altre figure che, pure, meritano pari attenzione in quanto titolari di interessi legittimi e di diritti fondamentali.
Alludo in primo luogo ai semplici cittadini, che non sono in quanto tali riducibili alla figura del consumatore ma hanno magari la sfortuna di trovarsi nelle vicinanze di un impianto di sollevamento mal concepito o male installato o privo di dispositivi di sicurezza, e sono pertanto vittime di incidenti mortali, come è accaduto di recente a Sorrento, dove una donna è rimasta vittima della caduta di una gru priva del limitatore di portata che avrebbe bloccato il braccio per eccesso di carico. E alludo, ancora e in particolare, al cittadino lavoratore, gli interessi ed i diritti


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del quale si trovano assai spesso in contrasto con quelli dell'impresa e con quelli del mercato di consumo, poiché nessuno è ancora riuscito a spiegare come, in assenza di un abbassamento significativo dei tassi di interesse, si possa determinare una significativa diminuzione dei prezzi al consumo se non attraverso la riduzione secca dei salari: esattamente ciò che documentano tutte le statistiche degli ultimi vent'anni, da quando cioè la filosofia delle liberalizzazioni è divenuta motivo ispiratore della politica economica in tutto il mondo occidentale.
Cercherò di andare con ordine nell'esame di questo complesso provvedimento, soffermandomi sugli aspetti di maggior rilevanza, rispetto ai quali sussistono tanto motivi di consenso e di soddisfazione quanto ragioni di perplessità e di critica.
Comincio dai primi e in particolare da quanto il provvedimento dispone all'articolo 6 in materia di misure per la distribuzione del GPL. A questo riguardo, ho apprezzato la decisione del relatore, collega Lulli, di proporre alla Commissione, che lo ha approvato, l'accoglimento di un nostro emendamento sostitutivo dell'articolo originario, che ha a nostro parere indubbiamente migliorato il testo del disegno di legge del Governo in aspetti assolutamente rilevanti. Il testo precedente era infatti carente per diversi motivi: paradossalmente, limitava senza ragione la libertà del consumatore in ordine alla definizione contrattuale delle modalità di utilizzo del serbatoio e di approvvigionamento del gas. Ma, ciò che era più grave, il testo originario avrebbe rischiato di favorire comportamenti illeciti e pericolosi per la sicurezza privata e pubblica nella misura in cui rischiava di legittimare il riempimento abusivo di serbatoi altrui.
Il testo licenziato dalla Commissione, che riprende la proposta di riformulazione dell'articolo 6 approvata all'unanimità dalle regioni e presentata alla Conferenza unificata del 15 marzo 2007, sana tali lacune.
In primo luogo, i commi 1 e 2 dell'articolo 16-bis che l'articolo 6 riformulato dalla Commissione inserisce nel decreto legislativo 22 febbraio 2006, n. 128, per ciò che riguarda la libertà contrattuale delle parti, contemplano le diverse ipotesi di vendita del serbatoio, di locazione e di comodato d'uso.
In secondo luogo, sulla questione essenziale della sicurezza, il comma 7 dell'articolo 16-bis previsto nell'attuale riformulazione dell'articolo 6 prevede obblighi tassativi in relazione a verifiche periodiche e alla manutenzione dei serbatoi. In particolare, nel caso di comodato d'uso, prevede che le verifiche periodiche della manutenzione ordinaria spettino al proprietario del serbatoio, che è altresì il fornitore del gas; nel caso di locazione o di serbatoio di proprietà dell'utilizzatore finale, prevede che verifiche periodiche e interventi di manutenzione vengano operati obbligatoriamente da parte dell'utilizzatore.
Come è facile notare, si tratta di miglioramenti determinanti sotto il profilo della sicurezza. Positivo è, infine, anche il fatto che il comma 5 dell'articolo 16-bis, così come da noi proposto e accolto dalla Commissione, introduce, per ciò che attiene il rinnovo dei contratti e la loro eventuale disdetta, termini brevi a favore del consumatore finale, stabilendo altresì che le spese per l'eventuale rimozione del serbatoio siano a carico della ditta proprietaria dell'apparecchio.
Analoga soddisfazione riteniamo di dover esprimere per il recepimento di un altro rilevante emendamento da noi proposto in materia di trasporto innovativo (articolo 11). Questo emendamento evita l'apertura indiscriminata del settore prevista dal testo originario del disegno di legge, che si sarebbe risolta, a nostro giudizio, nella de-regolazione del trasporto locale e in un ingovernabile aumento del traffico automobilistico cittadino, con conseguenze particolarmente negative nei centri urbani e metropolitani già gravati da tali problematiche, con seri contraccolpi sul piano ambientale. A noi pare che il testo accolto dalla Commissione stabilisca un giusto equilibrio tra le esigenze dei lavoratori del settore del trasporto locale,


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le esigenze di sviluppo ordinato e regolato da parte dei comuni, la necessità di preservare l'ambiente e, da ultimo ma non per ultimo, le esigenze di particolari categorie di utenti a cominciare dalle categorie disagiate.
Un discorso particolare concerne la questione degli affidamenti di gestione dei servizi idrici, materia non contemplata dal testo del Governo, ma a parere nostro e di importanti realtà della società civile, del mondo dell'associazionismo, dei movimenti, del sindacato, non eludibile in questo contesto. Noi siamo firmatari di un emendamento che raccoglie e rielabora suggerimenti avanzati con decisione da molti soggetti quali l'Arci, la Cgil Funzione pubblica, il Contratto nazionale dell'acqua, il Forum italiano dei movimenti per l'acqua. Dico questo perché lo considero un punto qualificante a sostegno di una posizione che si articola in due momenti chiave: il primo concerne la necessità di impedire che l'acqua sia oggetto di privatizzazione, secondo quanto, del resto, formalmente sancito nel programma elettorale e politico della coalizione di maggioranza.
A questo fine, che è dunque un fine condiviso da tutte le forze che sostengono il Governo, il nostro emendamento prevede una moratoria di tutte le procedure in corso e, a maggior ragione, di nuovi eventuali affidamenti, fino alla emanazione delle disposizioni in attuazione della legge 15 dicembre 2004, n. 308, integrative e correttive del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, concernenti la revisione della disciplina della gestione delle risorse idriche e dei servizi idrici integrati.
Sulla esigenza di tale moratoria anche il relatore ha dichiarato di convenire e gliene diamo volentieri atto, poiché cogliamo in tale suo orientamento il segno della condivisione dei nostri giudizi circa l'urgenza di un provvedimento sulla materia.
Il secondo elemento qualificante del nostro emendamento riguarda lo strumento specifico, che a nostro modo di vedere garantisce tempestività ed efficacia agli interventi volti ad evitare che su questa delicatissima materia prevalgano ottiche mercantili e particolaristiche a detrimento del patrimonio idrico pubblico, dell'equilibrio biologico delle acque, del diritto inalienabile di ciascuno a disporre di un bene essenziale qual è appunto l'acqua. Riteniamo - d'intesa con le soggettività sociali che abbiamo poc'anzi ricordato - che lo strumento più idoneo a questo fine sia l'istituzione di un Commissario straordinario incaricato di verificare entro sessanta giorni dalla sua nomina che tutte le procedure di affidamento siano conformi a parametri di tutela ambientale, di garanzia del controllo pubblico sulla gestione del servizio, secondo una logica sociale nella determinazione delle tariffe e in forme favorevoli al rinnovo della risorsa idrica pubblica.
Come si è visto, abbiamo registrato nell'esame in Commissione convergenze e significativi passi avanti verso posizioni condivise, che ci auguriamo l'esame dell'Aula possa ulteriormente favorire. A fronte di tutto ciò non possiamo tuttavia non rilevare che su altre importanti materie l'orientamento prevalente nella maggioranza è ancora diverso dal nostro. Ciò è vero già per quanto concerne la disciplina del trasporto ferroviario, riguardo alla quale riteniamo che qualsiasi intervento di liberalizzazione non debba oltrepassare la soglia della ulteriore privatizzazione del traffico passeggeri, così come riteniamo indispensabile - e a tal fine abbiamo ripresentato nostri emendamenti - vincolare l'impiego dei profitti privati derivanti dalla liberalizzazione del traffico ferroviario ad investimenti migliorativi della rete in termini di manutenzione ed ampliamento. In un'ottica pubblica che declini in modo corretto l'attenzione al cittadino-consumatore così come definito nel titolo del provvedimento che stiamo discutendo, abbiamo infine ritenuto di proporre un emendamento che preveda, sempre in materia di trasporto ferroviario, esenzioni e agevolazioni tariffarie a favore delle fasce più deboli.
Sugli articoli 51 e 52, che riguardano il regime giuridico di autoveicoli, motoveicoli e rimorchi e il personale del PRA, il


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disegno di legge del Governo prevede misure drastiche che incidono a nostro modo di vedere in un settore di grande importanza e complessità qual è quello del pubblico registro automobilistico, sin qui gestito dall'ACI, con il rischio di determinare contraccolpi non solo sugli attuali livelli occupazionali, ma anche sulla branca dell'amministrazione pubblica, la Motorizzazione civile, alla quale le funzioni oggi assolte dal PRA dovrebbero essere trasferite. Basti pensare che, ad oggi, gli sportelli telematici dell'automobilista attivati dalla Motorizzazione svolgono appena il 7 per cento delle pratiche effettuate presso gli sportelli pubblici contro il 93 per cento amministrato dagli sportelli attivati dall'ACI.
Un altro elemento che non ci persuade è quanto previsto al comma 1 dell'articolo 51, che stabilisce che gli autoveicoli, i motoveicoli e i rimorchi cessino di essere sottoposti alle disposizioni riguardanti i beni mobili registrati. Tale misura entra, a nostro giudizio, in contrasto con la necessità di potere individuare in ogni momento il titolare del diritto di proprietà sul veicolo, che risponde ad un interesse generale: si pensi al crescente fenomeno dell'infortunistica stradale e agli aspetti tributari connessi alle risultanze del pubblico registro.
In conclusione, condividendo l'orientamento espresso dai colleghi Pagliarini e Rossi Gasparrini, riteniamo che su questa materia, rispetto alla quale non esprimiamo una contrarietà di principio nei confronti di un intervento riformatore che conferisca alla pubblica amministrazione le funzioni oggi svolte dal Pubblico registro automobilistico, sarebbe preferibile un provvedimento organico separato da quello oggi in discussione.
Vengo infine ai motivi di maggiore preoccupazione, che concernono un tema al quale ho fatto riferimento in apertura e sul quale tornerà dopo di me l'onorevole Rocchi: la sicurezza e la salute dei lavoratori. Materia sulla quale, peraltro, è in corso una discussione nell'altro ramo del Parlamento in vista della delega al Governo per l'elaborazione di un testo unico che sistematizzi la legislazione in materia: ragione di più, a nostro modo di vedere, perché su questo terreno così sensibile il Governo e tutta la maggioranza che lo sostiene riflettano con senso di responsabilità.
Questo provvedimento contiene alcune norme che ci preoccupano. Già il primo articolo relativo alla liberalizzazione di attività commerciali anche dedite alla distribuzione dei carburanti (comma 2) appare insufficientemente attento alle esigenze della sicurezza nella misura in cui non prevede alcuna forma di controllo da parte degli enti locali in materia territoriale, urbanistica, ambientale, di sicurezza stradale, di prevenzione degli incendi e di regolamentazione della viabilità, ai fini dell'installazione di nuovi impianti.
Analogo ragionamento concerne l'articolo 5, relativo alla componentistica dei veicoli a motore, che prevede una certificazione non sottoposta al giudizio di congruità da parte delle case costruttrici dei veicoli, rischiando di determinare conseguenze negative per la sicurezza dei veicoli e situazioni di potenziale irresponsabilità.
Ma è soprattutto quanto disposto dagli articoli 16, 19 e 27 che ci sembra decisamente grave. La «semplificazione» delle procedure di verifica degli impianti a pressione e degli apparecchi di sollevamento che dovrebbe sostituire i controlli oggi affidati all'Ispesl e alle Asl con l'autocertificazione da parte del proprietario e del gestore degli impianti, limitando la funzione ispettiva dell'Asl a semplici verifiche a campione, va in direzione opposta a quel potenziamento dell'attività ispettiva e di controllo che il continuo aumento di infortuni mortali, a giudizio unanime, al contrario, richiede. Non è un caso - e vogliamo sottolinearlo, perché ci sembra un fatto di grande significato istituzionale e politico - che la Commissione lavoro di questa Camera abbia condizionato il proprio parere favorevole alla soppressione dell'articolo 16. Né è un caso che questa stessa richiesta sia stata avanzata da autorevoli esponenti dello stesso Governo, a cominciare dal sottosegretario alla salute Giampaolo Patta, il quale ha recentemente


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dichiarato di aver più volte richiesto lo stralcio di questo articolo e di ritenere inaccettabile che la competenza del pubblico nelle attività di controllo in materia di sicurezza venga mescolata ai temi delle liberalizzazioni, determinando la privatizzazione di funzioni nevralgiche ai fini della sicurezza.
Ci sembra sbagliato che, invece di mettere ispettori ed enti preposti alla prevenzione in condizione di porre effettivamente in essere tutte le misure preventive necessarie a garantire la salute e la sicurezza dei lavoratori e ad attuare in modo effettivo e compiuto il principio di precauzione al quale tutta la normativa italiana degli ultimi quarant'anni si è ispirata, il Governo intenda muoversi adottando il criterio iperliberista e assai negativo dei cosiddetti «requisiti minimi di sicurezza», affidando di fatto alla buona fede, alla buona volontà o alla buona coscienza del privato verifiche che oggettivamente confliggono con il suo interesse economico. E ci pare altrettanto discutibile che ciò avvenga attraverso la reiterazione di un tentativo invano compiuto già ben due volte da parte del Governo (in occasione della discussione sulla finanziaria e in occasione della discussione sul decreto-legge n. 297 del 2006, con il cosiddetto «emendamento Bonino»).
Non mi dilungherò sull'articolo 19 relativo alla semplificazione delle procedure per il rilascio del certificato di prevenzione incendi, giacché le critiche sarebbero nella sostanza le medesime.
Aggiungo solo, per quanto concerne l'articolo 19, che dissentiamo anche per una ragione di metodo e di carattere istituzionale e costituzionale rispetto a quanto disposto nel comma 2, secondo il quale i decreti legislativi adottati dal Governo in attuazione della delega concessagli in base all'articolo che stiamo discutendo dovrebbero essere emanati anche in mancanza dei pareri delle Commissioni parlamentari competenti dopo trenta giorni dalla loro trasmissione, una norma che conferma una tendenza negativa, da tempo in atto, a emarginare il Parlamento dal processo di formazione della decisione legislativa.
L'articolo 27 prevede analoghe misure di semplificazione di procedure e certificazioni oggi dovute dalle imprese e soggiace, secondo noi, a critiche non meno serie. Già oggi è possibile aprire un'impresa - e mi riferisco per esempio al settore edile, nel quale incidenti e morti bianche sono particolarmente diffusi - con due semplici passaggi: l'indicazione della partita I.V.A. e l'iscrizione al Registro delle imprese presso una camera di commercio. E proprio questa semplicità incoraggia, come tutti sappiamo, il fenomeno del caporalato nei cantieri, dove decine di imprese individuali, nate appunto senza alcun controllo sulle capacità tecnico-organizzative e di imprese, sulla formazione, sulla conoscenza tecnica, sulla conoscenza delle leggi e delle norme che regolano il lavoro, svolgono il proprio lavoro in violazione delle norme più elementari a difesa della sicurezza e naturalmente in condizioni di assoluto sfruttamento sul piano salariale.
Non è di una malintesa semplificazione che si avrebbe bisogno, ma al contrario di più seri controlli e di percorsi efficaci di certificazione per ridurre la frequenza di incidenti spesso mortali sui quali, nel corso di questi mesi, sono stati ripetuti e assai vibranti gli interventi del Presidente della Camera e dello stesso Capo dello Stato.
Chiudo davvero, segnalando infine un emendamento aggiuntivo che mira ad estendere la possibilità di acquisire la qualifica di restauratore di beni culturali prevista dal Codice dei beni culturali e del paesaggio (decreto legislativo n. 42 del 2004) anche a quanti abbiano acquisito la qualifica di collaboratore restauratore di beni culturali e, in conformità con quanto previsto nella finanziaria vigente ai fini della stabilizzazione dei lavoratori precari nella pubblica amministrazione, abbiano svolto attività di restauro dei beni culturali per un periodo pari ad almeno tre anni e


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possano esibire regolare certificazione rilasciata dall'autorità preposta alla tutela dei beni culturali.
Come ho già detto, signor Presidente, il provvedimento che stiamo discutendo non si presta ad una valutazione sommaria e univoca, data la sua complessità. Ci è parso in questo momento ben più utile esprimere una valutazione articolata, non solo per manifestare un giudizio, ma anche per favorire una discussione approfondita, meditata, quale quella che questa complessa materia richiede. Da parte nostra teniamo un atteggiamento interlocutorio, aperto, come è giusto all'inizio di un confronto vero tra posizioni non in tutto coincidenti, in attesa di verificare la disponibilità reciproca delle forze di maggioranza ad ascoltarsi e a cercare insieme un punto di convergenza sulle materie cruciali che registrano ancora talune diversità di giudizio.