Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 88 del 19/12/2006


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PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE CARLO LEONI

La seduta comincia alle 11,05.

RENZO LUSETTI, Segretario, legge il processo verbale della seduta del 14 dicembre 2006.
(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del regolamento, i deputati Albonetti, Amato, Bersani, Bimbi, Bindi, Bocchino, Boco, Bonino, Brugger, Capodicasa, Castagnetti, Catone, Cento, Chiti, Colucci, Cordoni, D'Alema, Damiano, D'Antoni, De Castro, De Piccoli, Del Mese, Di Pietro, Donadi, Duilio, Fabris, Fallica, Fioroni, Folena, Forgione, Franceschini, Galante, Galati, Gentiloni Silveri, Landolfi, Lanzillotta, Letta, Levi, Marcenaro, Maroni, Mazzocchi, Melandri, Meta, Migliore, Minniti, Morrone, Mura, Mussi, Oliva, Parisi, Pecoraro Scanio, Pinotti, Piscitello, Pollastrini, Prodi, Ranieri, Realacci, Reina, Rigoni, Romano, Rutelli, Santagata, Scajola, Sgobio, Stucchi, Tremonti, Villetti, Violante, Visco e Zacchera sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
Pertanto i deputati complessivamente in missione sono settantadue, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Seguito della discussione del disegno di legge: Interventi per la riduzione del disagio abitativo per particolari categorie sociali (A.C. 1955) (ore 11,08).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge: Interventi per la riduzione del disagio abitativo per particolari categorie sociali.
Ricordo che nella seduta del 13 dicembre 2006 si è conclusa la discussione sulle linee generali.
Avverto che per un mero errore tipografico nell'emendamento Bocci 3.11 a pagina 9 compaiono, in fine, le parole «per il finanziamento» che, invece, non costituiscono parte dell'emendamento e pertanto devono ritenersi espunte dal testo dello stesso.
Avverto, altresì, che le Commissioni I (Affari costituzionali) e V (Bilancio) hanno espresso i prescritti pareri (vedi l'allegato A - A.C. 1955 sezioni 1 e 2).

Preavviso di votazioni elettroniche (ore 11,09).

PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta potranno aver luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di cinque e venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del regolamento.
Per consentire il decorso del termine regolamentare di preavviso, sospendo la seduta, che riprenderà alle 11,30.


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La seduta, sospesa alle 11,10, è ripresa alle 11,30.

Si riprende la discussione.

(Esame degli articoli - A.C. 1955)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame degli articoli del disegno di legge, nel testo della Commissione.
Avverto che la Presidenza non ritiene ammissibili, ai sensi dell'articolo 89, comma 1, del regolamento, in quanto estranee all'oggetto del provvedimento in esame, le seguenti proposte emendative, per le quali in Commissione erano già stati rilevati profili di problematicità: l'articolo aggiuntivo Lomaglio 4.02, relativo a programmi di recupero urbano; l'articolo aggiuntivo Dussin 4.06, volto a rideterminare le aliquote applicabili ai redditi derivanti da contratti di locazione di immobili. La Presidenza si riserva di comunicare ulteriori inammissibilità nel prosieguo dell'esame del provvedimento.
Avverto, altresì, che prima dell'inizio della seduta sono stati ritirati gli articoli aggiuntivi Lupi 4.04 e 4.05 e Stradella 4.060 e che gli emendamenti Stradella 1.60, 1.61 e 3.60 devono intendersi sottoscritti anche dal deputato Foti.

(Esame dell'articolo 1 - A.C. 1955)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 1 e delle proposte emendative ad esso presentate (vedi l'allegato A - A.C. 1955 sezione 3).
Nessuno chiedendo di parlare, invito la relatrice ad esprimere il parere della Commissione.

GIUSEPPINA FASCIANI, Relatore. Signor Presidente, il parere è favorevole sugli emendamenti Stradella 1.60 e Iannuzzi 1.62, il quale assorbe l'emendamento Foti 1.1, che si invita a riformulare nel senso di renderlo identico all'emendamento Iannuzzi 1.62.
Il parere è altresì favorevole sugli identici emendamenti Foti 1.9 e Dussin 1.30 e sull'emendamento Stradella 1.61.
Per quanto riguarda i restanti emendamenti, invito i presentatori a ritirarli.

PRESIDENTE. Il Governo?

FRANCA DONAGGIO, Sottosegretario di Stato per la solidarietà sociale. Il Governo concorda con il relatore.

PRESIDENTE. Onorevole relatrice, l'emendamento 1.1 Foti non è assorbito?

GIUSEPPINA FASCIANI, Relatore. Sì, Presidente, e ne ho chiesto una riformulazione per renderlo identico all'emendamento Iannuzzi 1.62.

PRESIDENTE. Onorevole Foti, accetta la riformulazione proposta dalla relatrice?

TOMMASO FOTI. Sì, signor Presidente.

PRESIDENTE. Sta bene.
Ricordo che, ove i presentatori non accedano all'invito a ritirare le rispettive proposte emendative, queste ultime saranno poste in votazione con il parere contrario della Commissione e del Governo.
Avverto che è stata chiesta la votazione nominale mediante procedimento elettronico.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Dussin 1.19, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).


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(Presenti e votanti 368
Maggioranza 185
Hanno votato
149
Hanno votato
no 219).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Dussin 1.22, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti e votanti 362
Maggioranza 182
Hanno votato
147
Hanno votato
no 215).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Dussin 1.21, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti e votanti 371
Maggioranza 186
Hanno votato
149
Hanno votato
no 222).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Dussin 1.25, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti e votanti 376
Maggioranza 189
Hanno votato
152
Hanno votato
no 224).

Prendo atto che il deputato Realacci non è riuscito ad esprimere il proprio voto.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Stradella 1.60, accettato dalla Commissione e dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti e votanti 384
Maggioranza 193
Hanno votato
382
Hanno votato
no 2).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sugli identici emendamenti Foti 1.3 e Dussin 1.24, non accettati dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti e votanti 386
Maggioranza 194
Hanno votato
163
Hanno votato
no 223).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Foti 1.4, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 387
Votanti 386
Astenuti 1
Maggioranza 194
Hanno votato
164
Hanno votato
no 222).


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Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Dussin 1.23, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti e votanti 390
Maggioranza 196
Hanno votato
164
Hanno votato
no 226).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Bocci 1.15, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 391
Votanti 389
Astenuti 2
Maggioranza 195
Hanno votato
128
Hanno votato
no 261).

Prendo atto che il deputato Leoluca Orlando non è riuscito a votare e che avrebbe voluto esprimere voto contrario.
Prendo altresì atto che la deputata Germontani non è riuscita ad esprimere il proprio voto.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Dussin 1.27, non accettato dalla Commissione né dal Governo e sul quale la V Commissione (Bilancio) ha espresso parere contrario.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti e votanti 393
Maggioranza 197
Hanno votato
167
Hanno votato
no 226).

Prendo atto che il deputato Leoluca Orlando non è riuscito a votare e che avrebbe voluto esprimere voto contrario.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Costa 1.67, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti e votanti 393
Maggioranza 197
Hanno votato
166
Hanno votato
no 227).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sugli identici emendamenti Foti 1.7 e Dussin 1.28, non accettati dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 391
Votanti 390
Astenuti 1
Maggioranza 196
Hanno votato
163
Hanno votato
no 227).

Prendo atto che il deputato Leoluca Orlando non è riuscito a votare e che avrebbe voluto esprimere voto contrario.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Dussin 1.26, non accettato dalla Commissione né dal Governo e sul quale


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la V Commissione (Bilancio) ha espresso parere contrario.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti e votanti 393
Maggioranza 197
Hanno votato
167
Hanno votato
no 226).

Prendo atto che le deputate Nicchi e Buffo non sono riuscite a votare e che avrebbero voluto esprimere voto contrario.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Longhi 1.40, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 396
Votanti 393
Astenuti 3
Maggioranza 197
Hanno votato
49
Hanno votato
no 344).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Dussin 1.29, non accettato dalla Commissione né dal Governo e sul quale la V Commissione (Bilancio) ha espresso parere contrario.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti e votanti 392
Maggioranza 197
Hanno votato
167
Hanno votato
no 225).

Prendo atto che le deputate Nicchi e Buffo non sono riuscite a votare.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Dussin 1.31, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 402
Votanti 401
Astenuti 1
Maggioranza 201
Hanno votato
169
Hanno votato
no 232).

Passiamo alla votazione degli identici emendamenti Foti 1.1 e Iannuzzi 1.62.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Foti. Ne ha facoltà.

TOMMASO FOTI. Signor Presidente, a me pare che l'emendamento Iannuzzi 1.62, il quale assorbe il mio emendamento 1.1 a firma anche dei colleghi Stradella, Lupi, Rampelli e Mereu (che abbiamo riformulato e reso identico all'emendamento Iannuzzi 1.62), serva innanzitutto a ristabilire un principio giuridico in ordine al quale la dichiarazione di autocertificazione deve essere resa nelle forme previste dalla legge. In realtà, il testo che ci aveva presentato il Governo lasciava uno spazio di ambiguità. Do atto alla relatrice e alla maggioranza di avere accolto questa indicazione, già formulata in Commissione, diretta anche a dare un quadro preciso di riferimento ad un testo che abbiamo contribuito a modificare largamente in Commissione, ma che presentava, come dimostrano i pareri resi, alcune discrasie da risolvere anche in Assemblea e che nel prosieguo dei nostri lavori mi auguro possano essere risolte. In tal modo si sarebbe certezza sul rispetto della norma, che si vuole generale ed astratta, a coloro che vorranno adire il giudice o a coloro che vorranno risolvere privatamente controversie che diversamente avrebbero avuto


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degli sbocchi paradossali, in quanto la norma si prestava ad interpretazioni quantomeno equivoche.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sugli identici emendamenti Foti 1.1, nel testo riformulato, e Iannuzzi 1.62, accettati dalla Commissione e dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti e votanti 400
Maggioranza 201
Hanno votato
395
Hanno votato
no 5).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sugli identici emendamenti Foti 1.9 e Dussin 1.30, accettati dalla Commissione e dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 398
Votanti 397
Astenuti 1
Maggioranza 199
Hanno votato
396
Hanno votato
no 1).

Prendo atto che il deputato Belisario non è riuscito a votare.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Longhi 1.14, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 407
Votanti 406
Astenuti 1
Maggioranza 204
Hanno votato
178
Hanno votato
no 228).

Passiamo alla votazione dell'emendamento Buontempo 1.68.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Buontempo. Ne ha facoltà.

TEODORO BUONTEMPO. Signor Presidente, non so se il Governo abbia compreso il significato di questo emendamento. In tal caso, infatti, non si danneggia nessun proprietario, perché ci riferiamo alle case degli enti dove abitano persone che non hanno fatto violenza alcuna, i cosiddetti senza titolo, cioè coloro che vivono in quegli appartamenti in quanto figli o nipoti di coloro che avevano il contratto. Queste persone abitano in quelle case da anni, pagando quanto viene loro richiesto dagli enti, ma non avendo un regolare contratto sono escluse nella vendita di quegli immobili e vengono sfrattate, nonostante due risoluzioni della Camera e un ordine del giorno approvati a maggioranza.
In questo modo si crea una situazione di grande... Signor Presidente, io pregherei... non so chi rappresenta il Governo per questo provvedimento...

PRESIDENTE. La sottosegretaria Donaggio.

TEODORO BUONTEMPO. Signor Presidente, neanche la vedo.
Mi perdoni, ma sto sottolineando un aspetto perché, visto come è formulato l'emendamento, se non si conosce la materia non si riesce a capire di cosa stiamo parlando.
Queste sono proprietà pubbliche per le quali la Camera ha già votato più di un atto affinché queste persone abbiano la possibilità di acquistare la casa. Nel frattempo,


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invece, gli enti vendono gli immobili ad altri soggetti e queste persone vengono sfrattate.
Con questo emendamento, quindi, si chiede che, in attesa che la Camera si pronunci definitivamente sulla sorte dei senza titolo, vengano bloccati gli sfratti anche per queste persone. Mi sembra che questa sia una disposizione di grande buon senso.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Cirielli. Ne ha facoltà.

EDMONDO CIRIELLI. Signor Presidente, colleghi, io capisco che, magari a stretto rigore, l'emendamento del collega Buontempo potrebbe non sembrare materia connessa alla specificità dell'intervento del Governo; però, atteso che il titolo del provvedimento reca «Interventi per la riduzione del disagio abitativo per particolari categorie sociali», credo che, sia dal punto di vista politico sia per quanto approvato ripetutamente dal Parlamento ed in particolare dalla Camera dei deputati, questa proposta emendativa meriti un'attenzione maggiore. Infatti, mi sembra che ci sia una certa superficialità su un tema reale che si ripercuote sulla pelle di particolari categorie di cittadini. Auspico quindi una maggiore sensibilità da parte degli amici della maggioranza e soprattutto da parte del Governo.

ERMETE REALACCI, Presidente della VIII Commissione. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ERMETE REALACCI, Presidente della VIII Commissione. Signor Presidente, la questione che il collega Buontempo pone ha delle motivazioni sociali importanti; vorrei tuttavia precisare che su questo emendamento la V Commissione ha espresso parere contrario perché è molto oneroso. Invito pertanto il collega Buontempo a ritirare questo emendamento e a trasfonderne il contenuto in un ordine del giorno, in quanto esiste l'impegno dei colleghi della Commissione ad esaminare la questione affinché possa essere risolta con la dovuta istruzione in un'altra sede.

PRESIDENTE. Deputato Buontempo, accede all'invito al ritiro?

TEODORO BUONTEMPO. Signor Presidente, a me interessa risolvere il problema, non un contrasto. Tuttavia, vorrei far presente al collega Realacci - e mi rimetto alla sua onestà intellettuale - che questa Assemblea si è già pronunciata più volte su questa materia. Dunque, non semplicemente rispetto ad una legge o un emendamento, ma in più occasioni la Camera ha affrontato questo problema sostenendo che deve essere risolto con equità.
In caso contrario, mentre noi seguiamo quella strada, onorevole Realacci, gli sfratti rischiano di fioccare. Ribadisco che a me sta benissimo l'approvazione di un ulteriore ordine del giorno. Infatti, anche nel contrasto in via giudiziale, un pezzo di carta può servire.
Il vero problema è che gli enti sono in difetto: non si può chiedere per dieci anni che i cittadini paghino quella «occupazione» per poi dire loro che non hanno nessun diritto e scegliere di vendere a Pirelli, alle banche e alle finanziarie.

PRESIDENTE. Deputato Buontempo, deve concludere.

TEODORO BUONTEMPO. Preannunzio comunque la presentazione di un ordine del giorno di analogo contenuto e, pertanto, ritiro l'emendamento 1.68.

PRESIDENTE. Sta bene.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Stradella 1.61, accettato dalla Commissione e dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.


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Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti e votanti 419
Maggioranza 210
Hanno votato
414
Hanno votato
no 5).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Dussin 1.32, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 414
Votanti 413
Astenuti 1
Maggioranza 207
Hanno votato
179
Hanno votato
no 234).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sugli identici emendamenti Foti 1.11 e Dussin 1.33, non accettati dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti e votanti 422
Maggioranza 212
Hanno votato
179
Hanno votato
no 243).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 1, nel testo emendato.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 421
Votanti 298
Astenuti 123
Maggioranza 150
Hanno votato
287
Hanno votato
no 11).

(Esame dell'articolo 2 - A.C 1955)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 2 e delle proposte emendative ad esso presentate (vedi l'allegato A - A.C. 1955 sezione 4).
Nessuno chiedendo di parlare, invito la relatrice ad esprimere il parere della Commissione.

GIUSEPPINA FASCIANI, Relatore. Formulo un invito al ritiro di tutti gli emendamenti riferiti all'articolo 2.

PRESIDENTE. Il Governo?

FRANCA DONAGGIO, Sottosegretario di Stato per la solidarietà sociale. Concordo con il parere espresso dalla relatrice.

ERMETE REALACCI, Presidente della VIII Commissione. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ERMETE REALACCI, Presidente della VIII Commissione. Approfitto di questa occasione per chiedere, considerato anche che il lavoro svolto dai colleghi della V Commissione è stato intenso, che la Commissione Bilancio si riunisca di nuovo ad un certo punto dei lavori per esaminare nuovamente l'emendamento Bocci 4.62 e l'articolo aggiuntivo De Corato 4.01, sui quali al momento è stato espresso parere contrario. Infatti, bisogna capire se sia possibile affrontare le relative questioni in maniera diversa. Per ora intendo solo preannunciare che quando arriveremo a quel punto chiederò una sospensione dei lavori.

PRESIDENTE. Sta bene, onorevole Realacci.


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Prendo atto che i presentatori non accedono all'invito al ritiro degli identici emendamenti Dussin 2.2 e Costa 2.60 formulato dal relatore e dal Governo.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sugli identici emendamenti Dussin 2.2 e Costa 2.60, non accettati dalla Commissione né dal Governo e sui quali la V Commissione (Bilancio) ha espresso parere contrario.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 420
Votanti 419
Astenuti 1
Maggioranza 210
Hanno votato
177
Hanno votato
no 242).

Prendo atto che i deputati Velo, Belisario, Balducci e Piro non sono riusciti a votare ed avrebbero voluto esprimere voto contrario.
Chiedo al deputato Longhi se accede all'invito al ritiro del suo emendamento 2.40.

ALEANDRO LONGHI. Sì, signor Presidente, lo ritiro.

PRESIDENTE. Sta bene. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 2.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 424
Votanti 320
Astenuti 104
Maggioranza 161
Hanno votato
317
Hanno votato
no 3).

Prendo atto che il deputato Satta non è riuscito ad esprimere il proprio voto.

(Esame dell'articolo 3 - A.C. 1955)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 3 e delle proposte emendative ad esso presentate (vedi l'allegato A - A.C. 1955 sezione 5).
Nessuno chiedendo di parlare, invito il relatore ad esprimere il parere della Commissione.

GIUSEPPINA FASCIANI, Relatore. Signor Presidente, la Commissione esprime parere favorevole sugli emendamenti Bocci 3.11 e Stradella 3.60 ed invita al ritiro dei restanti emendamenti relativi all'articolo 3.

PRESIDENTE. Il Governo?

FRANCA DONAGGIO, Sottosegretario di Stato per la solidarietà sociale. Signor Presidente, il parere del Governo è conforme a quello espresso dal relatore.

PRESIDENTE. Ricordo che, ove i presentatori non accedano all'invito a ritirare le rispettive proposte emendative, queste ultime saranno poste in votazione con il parere contrario della Commissione e del Governo.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Bocci 3.11, accettato dalla Commissione e dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti e votanti 426
Maggioranza 214
Hanno votato
425
Hanno votato
no 1).

Prendo atto che l'onorevole Lumia ha erroneamente espresso un voto contrario mentre avrebbe voluto esprimerne uno favorevole.


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Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Foti 3.9, non accettato dalla Commissione né dal Governo e sul quale la V Commissione (Bilancio) ha espresso parere contrario.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 427
Votanti 426
Astenuti 1
Maggioranza 214
Hanno votato
184
Hanno votato
no 242).

Prendo atto che il deputato Tocci ha erroneamente espresso voto favorevole mentre avrebbe voluto esprimerne uno contrario.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sugli identici emendamenti Foti 3.8 e Dussin 3.18, non accettati dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge. (Vedi votazioni).

(Presenti e votanti 424
Maggioranza 213
Hanno votato
183
Hanno votato
no 241).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Foti 3.10, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge. (Vedi votazioni).

(Presenti e votanti 420
Maggioranza 211
Hanno votato
179
Hanno votato
no 241).

Prendo atto che la deputata Germanà non è riuscita ad esprimere il proprio voto.
Prendo altresì atto che la deputata Bandoli avrebbe voluto esprimere un voto contrario.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Stradella 3.60.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Foti. Ne ha facoltà.

TOMMASO FOTI. Signor Presidente, il disegno di legge in esame reintroduce le commissioni per la graduazione degli sfratti. Penso di poter dire che l'articolo 3, per come è stato poi riformulato dalla Commissione e con l'accoglimento di questo emendamento, se non altro esprime dei principi chiari rispetto ad un andamento confuso dei lavori in Commissione che emerge invece dal testo del disegno di legge, tant'è che non si sapeva neppure chi fosse il soggetto giuridico chiamato a convocare le commissioni.
Voglio soltanto far osservare che in un successivo emendamento, il 3.1, sul quale la relatrice e il Governo hanno espresso parere contrario, si ipotizza che le commissioni debbano esprimersi all'unanimità. Queste sono state le testuali parole pronunciate dal ministro Ferrero dinanzi alla Commissione ambiente della Camera, dopo di che è legittimo ricredersi sulle proprie opinioni, ma è altrettanto legittimo far rilevare come in Commissione si esprima un parere mentre in Assemblea si disconosce il parere pronunciato poche ore prima.
Essendo comunque questo emendamento utile a garantire il passaggio da casa a casa e non soltanto una graduazione degli sfratti, penso che la sua approvazione servirà a rendere operativo un disegno di legge che fino a pochi minuti fa appariva monco, per il semplice fatto che nemmeno si sapeva chi dovesse convocare queste commissioni.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Stradella 3.60, accettato dalla Commissione e dal Governo.
(Segue la votazione).


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Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 433
Votanti 432
Astenuti 1
Maggioranza 217
Hanno votato
432).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Foti 3.1, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 432
Votanti 430
Astenuti 2
Maggioranza 216
Hanno votato
187
Hanno votato
no 243).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Dussin 3.19, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 430
Votanti 429
Astenuti 1
Maggioranza 215
Hanno votato
188
Hanno votato
no 241).

Prendo atto che la deputata Schirru non è riuscita ad esprimere il proprio voto.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 3, nel testo emendato.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 434
Votanti 285
Astenuti 149
Maggioranza 143
Hanno votato
281
Hanno votato
no 4).

Colleghi, come aveva già preannunciato, il presidente della VIII Commissione ha chiesto una sospensione dei lavori prima di passare all'esame dell'articolo 4. La Presidenza ritiene quindi opportuno sospendere la seduta per 30 minuti per consentire alla Commissione Bilancio di riunirsi.
Sospendo pertanto la seduta, che riprenderà alle 12,30.

La seduta, sospesa alle 12, è ripresa alle 12,30.

PRESIDENTE. Avverto che la Commissione Bilancio, testé riunitasi, ha revocato il parere contrario precedentemente espresso sull'articolo aggiuntivo De Corato 4.01. Avverto altresì che la Presidenza ha ritenuto di ammettere al voto tale articolo aggiuntivo, che pure presenterebbe profili di inammissibilità, poiché, secondo quanto risulta alla Presidenza, su di esso si è registrato il consenso unanime dei gruppi parlamentari.
La Commissione Bilancio ha altresì revocato il parere contrario sull'emendamento Bocci 4.62, esprimendo su di esso parere favorevole a condizione che sia sostituita la lettera d) nei termini precisati dallo stesso parere (vedi l'allegato A - A.C. 1955 sezione 2).

(Esame dell'articolo 4 - A.C. 1955)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 4 e delle proposte emendative ad esso presentate (vedi l'allegato A - A.C. 1955 sezione 6).
Ha chiesto di parlare il deputato Lupi. Ne ha facoltà.


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MAURIZIO ENZO LUPI. Signor Presidente, intervengo sul complesso degli emendamenti riferiti all'articolo 4 perché esso rappresenta la «copertura» di questo provvedimento.
Noi tutti conosciamo la genesi di questo disegno di legge, che segue all'impossibilità di convertire in legge il decreto sugli sfratti. Proprio per questo motivo il Governo, non potendo reiterare un disegno di legge avente il medesimo contenuto di un decreto, ha dovuto costruire una «camicia» attorno al provvedimento rappresentato dal decreto-legge sugli sfratti.
Nel costruire questa «camicia» si è aggiunto l'articolo 4, la cui rubrica è molto esemplificativa poiché mette in evidenza non solo la limitatezza di contenuto del provvedimento stesso, ma anche la limitatezza culturale e programmatica attraverso cui si vuole affrontare il bisogno nel suo complesso.
La rubrica dell'articolo 4 così recita: «Programma nazionale di edilizia residenziale pubblica». Se tale dicitura non fosse stata stampata e fatta oggetto di esame da parte della Camera dei deputati, tutti avremmo pensato di essere tornati indietro di decenni: mi riferisco ad un periodo in cui nel nostro paese si parlava di piano casa, di legge n. 167 e così via.
In pratica è come se in Italia, dal punto di vista legislativo, non fosse accaduto nulla riguardo al tentativo di rispondere al bisogno di abitazione. Tra l'altro, il problema non può essere risolto attraverso una risposta specifica, ma solo per mezzo di un provvedimento complessivo concernente un piano di recupero delle aree urbane, interventi nei grandi centri, qualità nel progettare e nel costruire.
Sembra quasi che l'estensore di questo articolo 4 - in Commissione maggioranza ed opposizione si sono confrontate e su questo punto si è registrata ampia convergenza -, forse ispirato da estremismi ideologici, non sia cosciente circa quanto è avvenuto con la riforma del Titolo V della Costituzione, tra l'altro approvata dal centrosinistra. Infatti, in questa materia le competenze esclusive appartengono alle regioni; pertanto non si può indicare un obiettivo - anche se lo si fa solo per coprire una deficienza dell'attuale maggioranza, dell'attuale Governo - volto a far a approvare da parte del Parlamento un programma nazionale di edilizia residenziale pubblica.
Questa prima osservazione non è solo formale, ma di merito. La delega alle regioni aveva senso per dare una risposta al disagio abitativo; stiamo parlando dell'ente più vicino alla realtà territoriale regionale, che individua meglio il bisogno abitativo ed è capace di fornire risposte puntuali. Infatti, l'esigenza della Lombardia può essere diversa da quella dell'Umbria, della Sicilia e di qualsiasi altra regione.
La seconda osservazione è di merito e fa riferimento alle proposte emendative presentate da Forza Italia e da tutta l'opposizione. Dato per acquisito - credo, comunque, che le proposte emendative presentate dal collega Bocci e da qualche altro collega risolvano almeno formalmente il problema da me sollevato - che bisognava coprire il tutto attraverso un cappello programmatico-strategico, il tema vero è rappresentato dalla povertà di contenuto dell'articolo 4.
Ritorna il vecchio modello centralistico, ritorna il vecchio modello ideologico secondo cui si affronta il problema del disagio abitativo considerandolo isolato da tutto il resto e non si toccano le uniche due leve che possono permettere, con la competenza dello Stato, di rispondere al bisogno abitativo nel nostro paese.
La prima leva è quella di una legge complessiva che affronti il tema della riqualificazione urbana non dal punto di vista delle risorse, ma innanzitutto dal punto di vista degli strumenti: si tratta di permettere semplificazione e capacità immediata di intervento riguardo alle leggi in essere per la riqualificazione del territorio, facendo agire i diversi soggetti.
La seconda leva - tale intervento era compreso in un emendamento da noi presentato -, mai utilizzata prima, è quella fiscale. Di questo problema ci siamo riempiti la bocca tutti: in campagna elettorale il centrodestra lo ha sostenuto con


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forza, così come il centrosinistra con Rutelli e Prodi. Il Presidente Berlusconi aveva presentato una proposta specifica riguardo al tema dell'utilizzo della leva fiscale per la risposta all'emergenza abitativa. Oggi, però, non si ha il coraggio di entrare immediatamente nel merito. Discuteremo la legge finanziaria e Bersani ci ha più volte annunciato che sarebbe stata introdotta un'aliquota unica del 20 per cento sugli affitti: ancora una volta, non avete avuto il coraggio di inserire tale aliquota nella legge finanziaria, e la questione era sempre quella della copertura. Tutto ciò, non sapendo che un'aliquota unica avrebbe permesso non solo l'implemento del mercato degli affitti ma, contemporaneamente, l'emersione del mercato nero.
Un altro passaggio riguarda la possibilità, prevista nell'articolo aggiuntivo 4.05 da me presentato assieme al collega Stradella, per chi paga l'affitto di detrarre la quota dell'affitto dal proprio reddito, in particolare con un'agevolazione iniziale per i redditi più bassi. Si tratta di un provvedimento fondamentale che permette di dare una risposta concreta, se vogliamo seriamente affrontare l'emergenza abitazione. Solo attraverso l'utilizzo doppio della leva legislativa e del rapporto istituzioni locali-privati si può realizzare un disegno più ampio dove non si costruiscono le case popolari, i ghetti, o quant'altro, ma si costruisce residenza di qualità e al tema dell'abitazione non si dà solo una risposta quantitativa, bensì qualitativa.
D'altra parte, se non utilizziamo la leva fiscale come strumento fondamentale della pianificazione urbanistica e della riqualificazione del territorio facciamo venire meno l'elemento più importante: quello del protagonismo dei diversi soggetti presenti nella società. L'abitazione non va considerata come una ricchezza per il cittadino, ma come un bene primario e, pertanto, è una risposta primaria ad un bisogno che appartiene al cittadino: come tale deve essere considerata anche da un punto di vista fiscale. Già per chi acquista la casa con un mutuo è possibile detrarre l'interesse del mutuo dal proprio reddito. Deve essere data la possibilità, iniziando dai ceti più deboli, di detrarre il costo dell'affitto dal proprio reddito proprio perché è una risposta essenziale che si dà ad un bene primario.
Visto che il Governo e la maggioranza hanno dovuto introdurre l'articolo 4 per ammantare di dignità il provvedimento in esame, credo che il Parlamento debba avere il coraggio di intraprendere decisamente queste due strade. Altre strade, come quella proposta, appartengono al passato, non tengono conto della realtà, delle modifiche alla Costituzione e, ancora di più, del fatto che se il problema viene affrontato solo nel singolo caso non avrà mai una risposta giusta e complessiva (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Buontempo. Ne ha facoltà.

TEODORO BUONTEMPO. Presidente, ho scorso le pagine del provvedimento e ne ho letto più volte il testo, nel tentativo di trovarne la copertura finanziaria. Considerato che viene previsto un programma di edilizia pubblica, la prima verifica da compiere riguarda la somma stanziata per l'intervento. Ebbene, non so se i colleghi siano informati della circostanza che, per quanto sembri paradossale, in questo provvedimento, dal titolo «Interventi per la riduzione del disagio abitativo per particolari categorie sociali», non si è previsto di stanziare un solo euro per costruire nuove abitazioni. Lo faccio notare perché poi, in occasione di assemblee pubbliche con i cittadini, si finisce per mentire e per sostenere che finalmente il Governo ha varato un piano di edilizia pubblica per risolvere l'emergenza abitativa, a tutela specialmente delle categorie con maggiore disagio. Ci si deve al riguardo domandare quante case si costruiranno e quante risorse investa il Governo.
Ebbene, chiedo anche alla Presidenza ed agli uffici della Camera se sia ammissibile l'esame da parte dell'Assemblea di un provvedimento che, recando il titolo «Interventi per la riduzione del disagio


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abitativo per particolari categorie sociali», preveda un programma di edilizia pubblica senza alcuna copertura finanziaria. Non doveva essere preliminarmente osservato che bisognava quantificare la copertura del provvedimento? Un provvedimento di legge, infatti, non può rimanere allo stato di desiderio, il che, invece, può anche verificarsi con riferimento ad altri atti quali un ordine del giorno, una risoluzione ovvero una mozione, ma non un provvedimento di legge.
Inoltre, cari colleghi, vorrei far osservare che l'edilizia pubblica così concepita presenta poi un enorme costo di manutenzione ordinaria mentre, poiché solitamente non si effettuano le manutenzioni straordinarie, i cittadini finiscono per vivere in case fatiscenti che nessuno cura.
Dunque, la soluzione non può consistere nel ripercorrere la strada dei «carrozzoni» dell'edilizia pubblica, che determinano solo sperpero di denaro e disagio per chi abita in quegli appartamenti. La strada deve essere un'altra, quella, ad esempio, di consentire al Parlamento di varare una nuova legge anche sui canoni di affitto; vorrei ricordare ai colleghi che fu proprio il centrosinistra ad abolire la legge sull'equo canone senza fissare paletti a difesa dei ceti più deboli. Dobbiamo ricordarlo perché, altrimenti, tra una manifestazione e l'altra, si dimentica chi ha avuto la responsabilità di abrogare la legge sull'equo canone senza creare una nuova legislazione capace di intervenire in una situazione difficile, complessa ed articolata.
Dunque, con l'abbattimento degli interessi sui mutui e con il credito agevolato, si deve seguire la strada di favorire l'acquisto della casa (Commenti)... Se l'Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro, oltre ad essere centrale e centrista, stesse anche un po' in silenzio nel rispetto dell'Assemblea, probabilmente avrebbe maggior successo politico.
Ritengo, onorevole Presidente - ma interverrò successivamente al riguardo -, che la previsione di un programma di edilizia per 8 mila comuni, sia per quanti hanno una situazione di emergenza abitativa sia per coloro per i quali non si pone questo problema, si rivelerà, alla fine, un'ulteriore illusione. Piuttosto, i comuni devono definire le aree dell'autocostruzione, approvando i progetti in modo che anche chi non può pagare gli interessi a quel sistema di strozzinaggio bancario che vige in Italia possa costruirsi la casa senza determinare disagio per il territorio e sulla base di progetti definiti dai comuni stessi. Perché, dunque, i comuni - procedendo, quindi, città per città - non stabiliscono quale sia l'area dell'autocostruzione in modo che anche chi vorrebbe costruire da sé, magari nei giorni festivi, la propria abitazione possa farlo?
Nel momento in cui si parla di nuova edilizia abitativa, mi dite voi come faranno le regioni o i comuni che hanno creato situazioni davvero drammatiche? Per quanto riguarda il patrimonio del comune di Roma, si è stati costretti a spendere oltre 60 miliardi di lire solo per conoscere l'entità delle sue proprietà! Lo sapete in quale stato di abbandono si trovano le case dell'ex IACP? Degrado, abbandono, zone verdi non curate, fognature che scoppiano.
Un provvedimento di emergenza deve individuare in modo specifico i luoghi e le categorie interessate, ma da quell'emergenza, poi, come avveniva in passato, si deve passare al recupero del capitale investito, più gli interessi, di modo che anche chi vive al di sotto di un certo reddito possa diventare proprietario di una casa.
La politica del Governo deve stimolare ad accedere alla proprietà anche chi ha uno stipendio modesto. Inoltre, è necessario che ci sia una nuova legge che regolamenti gli affitti. Nelle grandi città, ormai, c'è l'affitto selvaggio: addirittura in periferia, per avere 80 mq, occorrono dai 700 euro in su. Quindi, non è con un piano senza copertura finanziaria che affrontiamo queste problematiche. Questa è una cortina fumogena! E mi meraviglio che l'estrema sinistra, quella sinistra antagonista che pure scende in piazza per problemi così urgenti, stando al Governo, consenta questa mistificazione, che acceca


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i cittadini dicendo che si costruirà per l'emergenza abitativa, senza che ci sia un solo euro a copertura.
Mi auguro che, in questa legislatura, si possa approvare una legge organica sulla casa a protezione, non più solo, come è doveroso, dei ceti più deboli, ma anche del ceto medio che deve ricorrere al mercato degli affitti. Mi dite come si fa con 1.500 o 2 mila euro al mese a vivere in una grande città se bisogna pagare il canone d'affitto?
Voglio precisare che voterò a favore, ma non voglio partecipare all'inganno. Voterò a favore perché non si dica: O Dio, la destra non vuole che si costruiscano le case per la povera gente.
Ho il dovere denunciare che questa è aria fritta! Questo è un inganno e un mascheramento dell'impotenza di questa maggioranza nei confronti dei ceti più deboli! Non è possibile che, di fronte alle migliaia e migliaia di sfratti previsti nei prossimi mesi, voi vogliate far pagare solo i proprietari. La politica, in tal modo, scarica l'emergenza abitativa su quel cittadino proprietario di una casa che, magari, aspetta che si liberi per darla ai propri figli, essendo stata questa la sua intenzione al momento dell'acquisto. Credo che la maggioranza si debba fare carico di queste problematiche e che l'opposizione debba operare non in semplice contrasto con essa, ma nella ricerca di un punto di equilibrio, affinché la casa sia un bene di diritto, non un privilegio, e venga garantita a tutti, per smettere di sperperare miliardi e miliardi di euro per una edilizia fatiscente, indegna di un paese civile, e, ancora, per smettere di pagare i cosiddetti residence, migliaia e migliaia di miliardi per tenere le persone dentro pochi mq dove i comuni pagano dai 700 di euro in su.
Dovete avere il coraggio di una nuova politica sulla casa e dovete smetterla di ingannare i cittadini: dopo che sarà stato approvato il provvedimento in esame, ci vorranno almeno cinque anni prima che veda la luce un solo metro quadro di costruzione!
Quanto al blocco degli sfratti, esso rende giustizia da una parte, ma crea profonde ingiustizie dall'altra. Grazie (Applausi di deputati del gruppo Alleanza Nazionale).

PRESIDENTE. Nessun altro chiedendo di parlare sull'articolo 4 e sulle proposte emendative ad esso presentate, invito il relatore ad esprimere il parere della Commissione.

GIUSEPPINA FASCIANI, Relatore. Signor Presidente, la Commissione esprime parere favorevole sugli emendamenti Foti 4.60 e Tocci 4.63 e raccomanda l'approvazione del subemendamento della Commissione 0.4.62.1, che è in distribuzione.

PRESIDENTE. Stavo appunto per annunciarne l'avvenuta presentazione: poiché l'ha fatto lei, la ringrazio.

GIUSEPPINA FASCIANI, Relatore. Il testo del subemendamento è il seguente: «All'emendamento 4.62 Bocci, sostituire la lettera d) con la seguente: d) la stima delle risorse finanziarie necessarie per l'attuazione del programma nell'ambito degli stanziamenti già disponibili a legislazione vigente e senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica».
Infine, la Commissione esprime parere favorevole sull'emendamento Bocci 4.62, come riformulato dal subemendamento della Commissione 0.4.62.1, ed invita al ritiro di tutti i restanti emendamenti presentati all'articolo 4.

PRESIDENTE. Il Governo?

FRANCA DONAGGIO, Sottosegretario di Stato per la solidarietà sociale. Signor Presidente, il parere del Governo è conforme a quello espresso dal relatore.

PRESIDENTE. Sta bene; ove dunque i presentatori non accedano all'invito a ritirare le rispettive proposte emendative, queste ultime saranno poste in votazione con il parere contrario della Commissione e del Governo.


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TEODORO BUONTEMPO. Chiedo di parlare per un richiamo al regolamento.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

TEODORO BUONTEMPO. Signor Presidente, il mio precedente intervento è stato un po' accalorato in ragione dell'importanza della questione che stiamo affrontando, ma desidererei comunque avere dalla Presidenza una risposta riguardo alla copertura finanziaria.
È previsto un impegno di spesa per quanto riguarda gli sgravi fiscali, ma per quanto riguarda l'obiettivo del provvedimento - vale a dire, la nuova edilizia residenziale pubblica - non trovo nel testo una copertura finanziaria. Quindi, signor Presidente, gradirei una risposta da lei, dal presidente della Commissione bilancio, ovvero da chi lei ritenga di chiamare in causa.

PRESIDENTE. Come ha potuto constatare, onorevole Buontempo, sin dall'inizio della seduta abbiamo dato conto del lavoro molto accurato svolto dalla Presidenza, con riferimento al vaglio di ammissibilità delle proposte emendative presentate, e dalla Commissione bilancio, in sede di espressione del parere sui singoli emendamenti e del parere conclusivo, contenente una condizione che si intende presentata come emendamento ai sensi dell'articolo 86, comma 4-bis, del regolamento.
Pertanto, ad avviso della Presidenza, il controllo da parte della Camera sulla copertura finanziaria è stato accurato, come avviene, del resto, con riferimento a tutti i provvedimenti legislativi al nostro esame.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Dussin 4.64.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato D'Ulizia. Ne ha facoltà.

LUCIANO D'ULIZIA. Signor Presidente, colleghi, desidero spiegare che la presentazione del mio emendamento 4.18 era finalizzata esclusivamente a ricordare al Parlamento italiano che vi è una legge unica che...

PRESIDENTE. Le chiedo scusa, onorevole D'Ulizia, ma siamo passati alla votazione dell'emendamento Dussin 4.64.

LUCIANO D'ULIZIA. Signor Presidente, avevo chiesto di parlare sul complesso degli emendamenti.

PRESIDENTE. Essendo stati espressi i pareri dal relatore e dal rappresentante del Governo, non era più possibile intervenire sul complesso degli emendamenti. Se lo desidera, onorevole D'Ulizia, potrà intervenire per dichiarazione di voto quando passeremo alla votazione del suo emendamento 4.18.

LUCIANO D'ULIZIA. In tal caso, signor Presidente, interverrò in seguito sul mio emendamento. Mi scusi, signor Presidente.

PRESIDENTE. Sta bene.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Dussin. Ne ha facoltà.

GUIDO DUSSIN. Signor Presidente, noi chiediamo di sopprimere l'articolo 4 perché interviene in materia di edilizia residenziale pubblica, materia attribuita integralmente alle regioni dalla riforma Bassanini e, in particolare, dal decreto legislativo n. 112 del 1998.
Al Senato abbiamo apportato alcuni miglioramenti al testo in esame rispetto a quello del decreto-legge decaduto, recependo il contenuto dell'emendamento presentato in quella sede dalla Lega Nord. Tuttavia, si ritiene che a costituzione vigente resti impossibile definire un programma nazionale di edilizia residenziale pubblica senza intromettersi nelle prerogative regionali. È un aspetto che vorrei sottolineare in quanto con l'articolo 4 del testo all'esame si intende istituire un programma nazionale di edilizia residenziale pubblica scavalcando le vere competenze già a suo tempo assegnate alle regioni e ormai consolidate.
Vorrei inoltre intervenire su alcune dichiarazioni svolte dai colleghi durante la discussione sul complesso degli emendamenti


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relativamente all'articolo 4, cogliendo l'opportunità di parlare dell'emendamento a mia firma 4.64.
Ritengo sia giusto fare leva sulla questione fiscale di cui parlava prima l'onorevole Lupi, con cui concordo, visto che abbiamo proposto anche un articolo aggiuntivo in tal senso.
Per quanto riguarda la riqualificazione urbana, però, mi è sembrato di cogliere fra le righe dell'intervento del collega, che egli vorrebbe ritornare ad un incentivo avente carattere nazionale. Credo che, per coerenza, come è ormai acquisito il fatto che l'edilizia residenziale pubblica sia una materia di competenza esclusiva regionale, anche quella urbanistica sia tale. Se pensiamo di farci sostenere dallo Stato con contributi a pioggia ogni volta che occorre, sbagliamo proprio la politica, che per essere «giusta» dovrebbe mantenere le risorse a livello regionale e sviluppare il nostro programma.
Pensiamo dunque che sia giusto e corretto mantenere le risorse e creare - così come dovrebbe essere il federalismo fiscale - quelle gestioni oculate che partano dal territorio. Si tratta di un'operazione che il territorio regionale può essere benissimo in grado di gestire, operazione da non intendersi come una realizzazione di esclusiva mano pubblica e con alloggi esclusivamente pubblici.
Visto che tra i banchi del Governo vi sono illustri rappresentanti, penso che si possa intervenire sul saggio di interesse che favorisca le giovani coppie e che sia importante dare un sostegno a quelle di esse che realizzano i loro fabbricati con le capacità consone alla provincia. Con il provvedimento in esame si pensa di intervenire per i comuni fino a diecimila abitanti: abbiamo detto che non va bene, che tale operazione sarà infruttuosa e che con essa ci confronteremo fra uno o due anni quando vedremo che non si sarà realizzato nulla di tutto ciò. Sarebbe utile dare un sostegno alle giovani coppie aiutandole rispetto a quel saggio di interesse che oggi è cresciuto a livello europeo e che non aiuta, anzi crea difficoltà quando devono prendere decisioni per la loro vita e per il loro futuro.
Oltre a quella descritta, vi sono anche altre situazioni di disagio che vanno sostenute, creando una grande offerta di immobili attraverso uno sgravio fiscale per chi è proprietario affinché possano essere immessi sul mercato, per sostenere chi potrà usufruirne, e dando risposte all'intera domanda.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Foti. Ne ha facoltà.

TOMMASO FOTI. Interverrò molto brevemente, signor Presidente. Prima il collega Buontempo le ha rivolto una domanda di ordine tecnico, che in realtà - e non le può sfuggire - aveva un significato prettamente politico. Al di là di come pomposamente possa essere definito l'articolo 4, esso rappresenta soltanto la cartina di tornasole per poter prorogare gli sfratti, facendo finta che si metta in moto qualcosa sotto il profilo dell'edilizia residenziale pubblica.
Già prima il collega Dussin asseriva correttamente che la materia è disciplinata secondo la costituzione vigente e che è materia di esclusiva competenza regionale. Mi permetto di fare soltanto una osservazione rispetto al fatto che, se non verrà modificato l'attuale testo del disegno di legge, così come mi sembra la relatrice abbia prospettato, accettando un emendamento che verrà presentato, allo stato, si tratterebbe di un programma e di una raccolta di programmi da parte dello Stato centrale destinati soltanto a fare muffa nei cassetti del Ministero delle infrastrutture.
Ritengo che un programma ambizioso di edilizia residenziale pubblica - che, giustamente, deve partire dalle regioni - dovrebbe avere dallo Stato tuttalpiù un incentivo anche sotto il profilo dei termini entro i quali questi programmi devono essere adottati. Invece, in questo caso - ed è il motivo per cui non avete voluto stanziare un euro - vi accontentate soltanto di raccogliere della carta: evidentemente,


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non pensate a case di cemento, ma di cartapesta.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Dussin 4.64, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 460
Votanti 459
Astenuti 1
Maggioranza 230
Hanno votato
208
Hanno votato
no 251).

Prendo atto che il deputato Rampelli non è riuscito ad esprimere il proprio voto.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Foti 4.2, non accettato dalla Commissione né dal Governo e sul quale la V Commissione (Bilancio) ha espresso parere contrario.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 467
Votanti 466
Astenuti 1
Maggioranza 234
Hanno votato
207
Hanno votato
no 259).

Passiamo all'emendamento D'Ulizia 4.18.
Ha chiesto di parlare il deputato D'Ulizia. Ne ha facoltà.

LUCIANO D'ULIZIA. Signor Presidente, colleghi, già nel corso della discussione sulle linee generali dissi di apprezzare il disegno di legge perché, di fatto, dava una soluzione organica al problema dell'emergenza abitativa. Tuttavia, ricordai a lei e a tutti noi che la cooperazione edilizia aveva avuto un ruolo fondamentale nel dare risposte abitative ai ceti meno abbienti, tanto è vero che, se oggi l'80 per cento degli italiani può dirsi proprietario di un'abitazione, per larga parte ciò è dovuto all'iniziativa cooperativa, ovvero alle cooperative edilizie. Allora, dichiaro di ritirare l'emendamento che ho presentato, ma voglio spiegare i motivi della sua presentazione e, dal momento che il Governo e la relatrice non hanno accolto la mia iniziativa, quanto poteva essere utile.
Oggi, nel nostro sistema legislativo, le strutture codificate da una legge hanno la rappresentanza delle imprese cooperative: solo quelle possono rappresentare, cioè, le associazioni di rappresentanza, assistenza e tutela del movimento cooperativo. Con una codificazione - come è stata proposta nel disegno di legge - lasciamo, invece, una rappresentanza indefinita. Quindi, il mio emendamento voleva intanto essere coerente con la legislazione italiana, che attribuisce solo a quelle associazioni la rappresentanza, e chiarire il ruolo delle imprese cooperative nella fattispecie dell'emergenza abitativa. Si trattava, quindi, di un contributo di chiarezza e coerenza con la legislazione, che ho visto, purtroppo, non essere apprezzato. Di conseguenza, signor Presidente, ritiro il mio emendamento 4.18.

PRESIDENTE. L'emendamento D'Ulizia 4.18 è quindi ritirato.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Dussin 4.65.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Buontempo. Ne ha facoltà.

TEODORO BUONTEMPO. Colgo l'occasione di questo emendamento per riferirmi anche all'emendamento che è stato ritirato. Onorevole Presidente, la maggioranza di centrodestra, il Governo Berlusconi, è stato costretto a varare una legge di grande buonsenso: fu la legge a tutela


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dei cittadini che aderiscono a cooperative edilizie.
Il sistema delle cooperative non è stato soltanto un bene per il cittadino, che aveva bisogno della casa, è stato anche un male, perché in questo paese ci sono stati 300 mila cittadini che avevano già pagato il dovuto alle cooperative, facendo sacrifici incredibili, mentre le case venivano messe all'asta. Infatti, quelle cooperative attingevano alle casse pubbliche e non versavano i soldi alle banche. Per cui il cittadino entrava nella cooperativa, pagava la propria quota, pagava i ratei dovuti, pagava mensilmente quanto veniva richiesto nel contratto, però non era proprietario della casa che abitava, che in alcuni casi aveva già pagato per il 70-80 per cento.
Dov'erano queste rappresentanze nazionali delle cooperative (a cominciare dal Lazio)? Qualcuno è finito in galera e ci sono ancora molte inchieste aperte! Dove erano i rappresentanti nazionali delle cooperative quando avveniva tutto questo? Noi abbiamo dovuto approvare una legge a protezione di quegli inquilini che pagavano, in modo da garantirgli che la casa non potesse essere loro sottratta.
Quando si vuole dare rappresentanza e si vuole stare nei luoghi decisionali, occorre che anche la cultura della responsabilità si faccia strada a tutela del cittadino più debole, il quale, quando viene truffato da un cooperativa, non ha santi in paradiso, non ha soldi per gli avvocati, non ha strumenti per tutelare i suoi diritti; oltretutto, c'è un sistema bancario che, spesso d'accordo con i truffatori delle cooperative, ha messo in ginocchio migliaia e migliaia di famiglie del nostro paese.
Concludo Presidente, augurandomi che questo nuovo sistema costruito sull'acqua e, ripeto, senza copertura finanziaria, non sia un nuovo carrozzone per chi sulla emergenza abitativa, anche nella vendita del patrimonio immobiliare pubblico, ha fatto affari - e che affari! - spesso non trasparenti (Applausi dei deputati del gruppo Alleanza Nazionale).

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Dussin 4.65, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti e votanti 467
Maggioranza 234
Hanno votato
206
Hanno votato
no 261).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Dussin 4.66, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti e votanti 460
Maggioranza 231
Hanno votato
210
Hanno votato
no 250).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Buontempo 4.67, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 457
Votanti 453
Astenuti 4
Maggioranza 227
Hanno votato
186
Hanno votato
no 267).


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Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Foti 4.60, accettato dalla Commissione e dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 472
Votanti 468
Astenuti 4
Maggioranza 235
Hanno votato
449
Hanno votato
no 19).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Dussin 4.11, non accettato dalla Commissione né dal Governo e sul quale la V Commissione (Bilancio) ha espresso parere contrario.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 477
Votanti 476
Astenuti 1
Maggioranza 239
Hanno votato
216
Hanno votato
no 260).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Tocci 4.63, accettato dalla Commissione e dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 476
Votanti 469
Astenuti 7
Maggioranza 235
Hanno votato
459
Hanno votato
no 10).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul subemendamento 0.4.62.1 della Commissione, accettato dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 479
Votanti 416
Astenuti 63
Maggioranza 209
Hanno votato
412
Hanno votato
no 4).

GIUSEPPINA FASCIANI, Relatore. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIUSEPPINA FASCIANI, Relatore. Signor Presidente, ricordo che rispetto all'emendamento Bocci 4.62, si intendono assorbiti i due successivi, ossia gli emendamenti Bocci 4.3 e 4.61.

PRESIDENTE. No, deputata Fasciani, sono assorbiti tali emendamenti, ma lei deve invitare il presentatore al ritiro.

GIANPIERO BOCCI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIANPIERO BOCCI. Signor Presidente, ritiro i miei due emendamenti che sono stati testé richiamati.

PRESIDENTE. Sta bene, onorevole Bocci. Avverto che, a seguito dell'approvazione


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del subemendamento 0.4.62.1 della Commissione, il parere della Commissione bilancio sull'emendamento Bocci 4.62 deve intendersi favorevole.
Passiamo dunque ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Bocci 4.62 (nuova formulazione), accettato dalla Commissione e dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 470
Votanti 350
Astenuti 120
Maggioranza 176
Hanno votato
332
Hanno votato
no 18).

Ricordo che gli emendamenti Bocci 4.3 e 4.61 sono stati ritirati.
Passiamo pertanto alla votazione dell'articolo 4.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 4, nel testo emendato.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 479
Votanti 293
Astenuti 186
Maggioranza 147
Hanno votato
272
Hanno votato
no 21).

Ricordo che gli articoli aggiuntivi Lupi 4.04 e 4.05 sono stati ritirati e che l'articolo aggiuntivo Lomaglio 4.02 è inammissibile, al pari dell'articolo aggiuntivo Dussin 4.06.
Invito pertanto il relatore ad esprimere il parere della Commissione sui rimanenti articoli aggiuntivi.

GIUSEPPINA FASCIANI, Relatore. Signor Presidente, la Commissione esprime parere favorevole sugli articoli aggiuntivi Chianale 4.020, Chianale 4.03 e De Corato 4.01.

PRESIDENTE. Prendo atto che il parere del Governo è conforme a quello espresso dal relatore.
Passiamo dunque ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo aggiuntivo Chianale 4.020, accettato dalla Commissione e dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 470
Votanti 270
Astenuti 200
Maggioranza 136
Hanno votato
269
Hanno votato
no 1).

Prendo atto che l'onorevole Realacci non è riuscito a votare e che avrebbe voluto esprimere voto favorevole.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo aggiuntivo Chianale 4.03, accettato dalla Commissione e dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 471
Votanti 266
Astenuti 205
Maggioranza 134
Hanno votato
266).

Passiamo alla votazione dell'articolo aggiuntivo De Corato 4.01.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato La Russa. Ne ha facoltà.


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IGNAZIO LA RUSSA. Signor Presidente, questo articolo aggiuntivo, presentato da me assieme all'onorevole De Corato e ad altri deputati, che è stato accettato - e ringrazio di ciò - dalla Commissione e dal Governo, tende a raggiungere l'obiettivo di salvaguardare i luoghi in cui si svolgono le attività teatrali, ossia i teatri che, specie nei centri delle città, stanno subendo da tempo un tentativo di «annullamento». Infatti, diventa più facile operare in locali così strutturati affinché le attività che vi si possano svolgere siano altre, magari più redditizie. Quindi, la sensibilità dimostrata dal Governo e dalla Commissione sulla nostra proposta emendativa, la voglio rilevare ancora ringraziando, e preannunzio il voto favorevole del gruppo di Alleanza Nazionale - e mi auguro anche degli altri gruppi della Casa delle Libertà - affinché si raggiunga un obiettivo serio. Ciò, ad esempio - parlo della mia città, Milano - significa, e non è poco, che il Teatro Nuovo, in Piazza San Babila, non dovrà chiudere, e questa è una vittoria per l'Italia e per Milano.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo aggiuntivo De Corato 4.01, accettato dalla Commissione e dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 466
Votanti 459
Astenuti 7
Maggioranza 230
Hanno votato
458
Hanno votato
no 1).

(Esame dell'articolo 5 - A.C. 1955)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 5 (vedi l'allegato A - A.C. 1955 sezione 7), al quale non sono state presentate proposte emendative.
Passiamo dunque ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 5.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 472
Votanti 289
Astenuti 183
Maggioranza 145
Hanno votato
287
Hanno votato
no 2).

(Esame dell'articolo 6 - A.C. 1955)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 6 e dell'unica proposta emendativa ad esso presentata (vedi l'allegato A - A.C. 1955 sezione 8).
Nessuno chiedendo di parlare, invito il relatore ad esprimere il parere della Commissione.

GIUSEPPINA FASCIANI, Relatore. Signor Presidente, la Commissione esprime parere favorevole sull'emendamento 6.1 (da votare ai sensi dell'articolo 86, comma 4-bis, del regolamento).

PRESIDENTE. Il Governo?

FRANCA DONAGGIO, Sottosegretario di Stato per la solidarietà sociale. Signor Presidente, il parere del Governo è conforme a quello espresso dal relatore.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 6.1, da votare ai sensi dell'articolo 86, comma 4-bis, del regolamento, accettato dalla Commissione e dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).


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(Presenti 476
Votanti 267
Astenuti 209
Maggioranza 134
Hanno votato
266
Hanno votato
no 1).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 6, nel testo emendato.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 472
Votanti 262
Astenuti 210
Maggioranza 132
Hanno votato
262).

(Esame dell'articolo 7 - A.C. 1955)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 7 (vedi l'allegato A - A.C. 1955 sezione 9), al quale non sono state presentate proposte emendative.
Passiamo, dunque, ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 7
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 476
Votanti 262
Astenuti 214
Maggioranza 132
Hanno votato
262).

(Esame degli ordini del giorno - A.C. 1955)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame degli ordini del giorno presentati (vedi l'allegato A - A.C. 1955 sezione 10).
Qual è il parere del Governo?

FRANCA DONAGGIO, Sottosegretario di Stato per la solidarietà sociale. Il Governo accetta gli ordini del giorno Stradella n. 9/1955/1 e Lo Maglio n. 9/1955/3, non accetta, invece, l'ordine del giorno Buontempo n. 9/1955/2.

TOMMASO FOTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. A che titolo?

TOMMASO FOTI. Per un chiarimento.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

TOMMASO FOTI. Signor Presidente, ho chiesto di intervenire per avere un chiarimento sul parere espresso dal rappresentante del Governo sull'ordine del giorno Buontempo n. 9/1955/2 che rispecchia nel contenuto, lo ricordo, l'emendamento Buontempo 1.68 ritirato dal presentatore, e sul quale vi era il consenso unanime della Commissione ambiente.

PRESIDENTE. Invito, dunque, il rappresentante del Governo a chiarire il proprio parere sull'ordine del giorno in questione. A tale riguardo, faccio presente che il Presidente della VIII Commissione aveva invitato il deputato Buontempo a ritirare il suo emendamento 1.68, sul quale la Commissione bilancio aveva espresso parere contrario, e a trasfonderne il contenuto in un ordine del giorno sul quale vi era un consenso di massima della VIII Commissione.

FRANCA DONAGGIO, Sottosegretario di Stato per la solidarietà sociale. Presidente, chiedo scusa, evidentemente non ci siamo intesi con il presidente della Commissione ambiente. Modifico, pertanto, il parere precedentemente espresso sull'ordine del giorno Buontempo n. 9/1955/2 che viene, quindi, accettato dal Governo.

PRESIDENTE. Sta bene.
Prendo atto che i presentatori non insistono per la votazione dei rispettivi


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ordini del giorno Stradella n. 9/1955/1, Buontempo n. 9/1955/2 e Lo Maglio n. 9/1955/3, accettati dal Governo.

(Dichiarazioni di voto finale - A.C. 1955)

PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto sul complesso del provvedimento.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Misiti. Ne ha facoltà.

AURELIO SALVATORE MISITI. Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale della mia dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Deputato Misiti, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Francescato. Ne ha facoltà.

GRAZIA FRANCESCATO. Signor Presidente, nell'annunziare il voto favorevole del gruppo dei Verdi chiedo che la Presidenza autorizzi l'eventuale pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale della mia dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Deputata Francescato, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Cacciari. Ne ha facoltà.

PAOLO CACCIARI. Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale della mia dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Deputato Cacciari, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Di Gioia. Ne ha facoltà.

LELLO DI GIOIA. Signor Presidente, preannuncio, a nome del gruppo della Rosa nel Pugno, il voto favorevole sul provvedimento e chiedo, inoltre, che la Presidenza autorizzi l'eventuale pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale della mia dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Deputato Di Gioia, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato D'Elpidio. Ne ha facoltà.

DANTE D'ELPIDIO. Signor Presidente, preannuncio, a nome del gruppo Popolari-Udeur, il voto favorevole sul provvedimento e chiedo, inoltre, che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale della mia dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Deputato D'Elpidio, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Rampelli. Ne ha facoltà.

FABIO RAMPELLI. Signor Presidente, preannuncio, a nome del gruppo di Alleanza Nazionale, il voto di astensione sul provvedimento in esame e chiedo, inoltre, che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale della mia dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Deputato Rampelli, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Chianale. Ne ha facoltà.

MAURO CHIANALE. Signor Presidente, preannuncio, a nome del gruppo dell'Ulivo, il voto favorevole sul provvedimento in esame e chiedo, inoltre, che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale della mia dichiarazione di voto.


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PRESIDENTE. Deputato Chianale, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Barani. Ne ha facoltà.

LUCIO BARANI. Signor Presidente, preannuncio il voto di astensione sul provvedimento in esame e chiedo, inoltre, che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale della mia dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Deputato Barani, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Adolfo. Ne ha facoltà.

VITTORIO ADOLFO. Signor Presidente, preannuncio, a nome del gruppo UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro), il voto di astensione sul provvedimento in esame e chiedo, inoltre, che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale della mia dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Deputato Adolfo, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione voto l'onorevole Stradella. Ne ha facoltà.

FRANCO STRADELLA. Preannuncio il voto di astensione del gruppo di Forza Italia per le ragioni già svolte questa mattina dall'onorevole Lupi.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Dussin. Ne ha facoltà.

GUIDO DUSSIN. Il nostro voto sarà convintamente contrario, invece, proprio in ragione di questo programma nazionalistico di edilizia pubblica. Anch'io, inoltre, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale della mia dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Deputato Dussin, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.

(Correzioni di forma - A.C. 1955)

GIUSEPPINA FASCIANI, Relatore. Chiedo di parlare ai sensi dell'articolo 90, comma 1, del regolamento.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIUSEPPINA FASCIANI, Relatore. Signor Presidente, innanzitutto, vorrei ringraziare tutti i colleghi della Commissione VIII per il lavoro svolto. È stato un lavoro condiviso, di miglioramento del testo e di precisazione delle norme. Un sentito ringraziamento va quindi a tutti i colleghi, di opposizione e di maggioranza. Ringrazio anche gli uffici, in particolare i due consiglieri responsabili per loro altissima competenza e i tre collaboratori della segreteria per la loro grande disponibilità.
Ai fini del coordinamento formale delle disposizioni contenute nel disegno di legge A.C. 1955, propongo le seguenti correzioni di forma: all'articolo 1, comma 6, dopo le parole: «e successive modificazioni» occorre sopprimere la parola «e»; al medesimo articolo 1, comma 6, dopo le parole «della medesima legge», occorre aggiungere, in fine, le seguenti parole: «n. 431 del 1998»; all'articolo 3, comma 2, dopo le parole «nell'articolo 1», occorre aggiungere le seguenti: «comma 1»; all'articolo 4, comma 2, occorre sopprimere le parole «del presente articolo»; al medesimo articolo 4, comma 2, dopo le parole «Conferenza unificata», occorre aggiungere le seguenti: «di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281» ed


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occorre sostituire le parole «il programma nazionale» con le seguenti: «un programma nazionale».

PRESIDENTE. Se non vi sono obiezioni, le correzioni di forma proposte dal relatore si intendono approvate.
(Così rimane stabilito).

ERMETE REALACCI, Presidente dell'VIII Commissione. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ERMETE REALACCI, Presidente dell'VIII Commissione. Signor Presidente, vorrei innanzitutto ringraziare la relatrice e gli uffici. Rivolgendomi agli altri colleghi, invece, vorrei ribadire che è stato compiuto un lavoro difficile su un provvedimento che ripropone una necessaria proroga degli sfratti per ragioni sociali, cercando di accogliere tutti i contributi che sono intervenuti, anche dall'opposizione.
Il presidente La Russa ha avuto modo di sottolineare un importante contributo riguardante la vicenda di alcuni enti teatrali. È chiaro che una parte di questo provvedimento, come è stato da più parti ricordato, quella parte, per così dire, in positivo sull'edilizia del futuro, sulla necessità di risposte in positivo ai fabbisogni abitativi, non è adeguatamente risolta dal provvedimento in questione e su questo punto il Parlamento, ma in particolar modo la nostra Commissione, si impegna a far sì che in futuro, i temi oggi sottolineati nel provvedimento - giustamente - siano al centro dell'attività della Camera dei deputati (Applausi).

(Coordinamento formale - A.C. 1955)

PRESIDENTE. Prima di passare alla votazione finale, chiedo che la Presidenza sia autorizzata a procedere al coordinamento formale del testo approvato.
Se non vi sono obiezioni, rimane così stabilito.
(Così rimane stabilito).

(Votazione finale ed approvazione - A.C. 1955)

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione finale.
Indìco la votazione nominale finale, mediante procedimento elettronico, sul disegno di legge n. 1955, di cui si è testé concluso l'esame.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione:
«Interventi per la riduzione del disagio abitativo per particolari categorie sociali» (A.C. 1955):

Presenti 471
Votanti 281
Astenuti 190
Maggioranza 141
Hanno votato 263
Hanno votato no 18

Prendo atto che il deputato Alessandri avrebbe voluto esprimere un voto contrario.
Prendo altresì atto che il deputato Bianco si è erroneamente astenuto mentre avrebbe voluto esprimere voto favorevole.
Prendo infine atto che il deputato Lupi ha erroneamente espresso voto favorevole mentre avrebbe voluto astenersi.
(La Camera approva - Vedi votazioni).

Sull'ordine dei lavori e per la risposta ad uno strumento del sindacato ispettivo.

FRANCO GRILLINI. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FRANCO GRILLINI. Signor Presidente, vorrei richiamare l'attenzione della Presidenza su un grave fatto avvenuto l'11 dicembre proprio davanti alla Camera dei deputati. L'agenzia ANSA ci informa che una trentina di aderenti al gruppo chiamato «Movimento Nazionale» ha manifestato in piazza Montecitorio nei pressi


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della Camera dei deputati dalle 15 alle 17 per protestare contro i PACS e contro la deputata di Rifondazione comunista Vladimir Luxuria. Stando a quanto riportato dall'agenzia, i manifestanti sventolavano bandiere con croci celtiche ed esponevano un grande striscione con la scritta «Né PACS né transessuali, cultura cristiana valori tradizionali».
Sul sedicente movimento si hanno poche notizie, si tratterebbe di un gruppetto fuoriuscito da Forza Nuova. Voglio ricordare che su alcuni gruppi locali di quest'ultimo movimento pendono delle accuse molto gravi riguardanti la ricostituzione del disciolto Partito fascista. Il responsabile di questo gruppetto, tale Federico Bonafaccia, ha dichiarato testualmente all'ANSA: «Ci siamo portati anche sei chili di banane che volevamo tirare contro Luxuria nel caso fosse uscito dalla Camera dei deputati, la polizia ci ha invece impedito di lasciarle davanti all'ingresso». Da questo punto di vista, va il mio plauso alle forze dell'ordine. «Se passassero i PACS - continua la dichiarazione di questo signore - non rispetteremmo più la legge dello Stato, ma solo la legge di Dio».
Signor Presidente, ciò che è avvenuto rappresenta un fatto di estrema gravità! Che davanti alla Camera dei deputati si presenti qualcuno o un gruppo a minacciare di violenza un parlamentare, a qualunque partito o schieramento appartenga, e a minacciare di violenza l'intero Parlamento qualora venga approvata una determinata legge, va da sé che rappresenti un fatto di grande rilievo e gravità. Quello che si è consumato è un assurdo atto di intimidazione, di minaccia aggravata, contro il quale la Presidenza dovrebbe intraprendere tutte le azioni indispensabili a salvaguardare la dignità del Parlamento e l'onorabilità dei suoi membri. Chiedo che la Presidenza valuti l'opportunità di rivolgersi alla magistratura affinché si verifichi se questa tristissima vicenda non integri gli estremi di qualche reato, in modo che gli eventuali colpevoli vengano perseguiti e puniti. Si fa riferimento in questo caso all'articolo 612 del codice penale, comma secondo, riguardante la minaccia aggravata: chiunque minaccia ad altri un ingiusto danno è punito d'ufficio e non a querela di parte se la minaccia è aggravata, cioè se è commessa da più persone riunite o in modo simbolico, avvalendosi della forza intimidatrice derivante da segrete associazioni esistenti o supposte, con la reclusione fino ad un anno.
Alla fine di questo mio intervento vorrei esprimere innanzitutto la mia piena solidarietà alla collega Vladimir Luxuria e penso che la Presidenza e gli altri colleghi dovrebbero fare altrettanto, anzi mi auguro che facciano altrettanto (Applausi).

EGIDIO ENRICO PEDRINI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

EGIDIO ENRICO PEDRINI. Signor Presidente, intervengo su un'argomento diverso.
Oggi non è la prima volta che sono costretto a sollecitare la risposta ad una interrogazione del 22 settembre 2006 n. 4-01039 a cui il Governo continua a non dare risposta. Chiedo, pertanto, che codesta Presidenza si faccia interprete di questa mia sollecitazione.
L'interrogazione riguarda la vicenda della bimba della Bielorussia, argomento tornato di grande attualità in seguito all'atteggiamento assunto dal Governo della Bielorussia nei confronti delle nostre istituzioni.

PRESIDENTE. Assicuro che riferirò al Presidente della Camera affinchè solleciti nuovamente il Governo nel senso da lei richiesto.

TITTI DE SIMONE. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

TITTI DE SIMONE. Signor Presidente, il collega Grillini si è fatto interprete - e lo ringraziamo per questo - di una preoccupazione che ci coinvolge profondamente non soltanto perché Vladimir Luxuria è una nostra collega, una nostra compagna,


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una nostra deputata, ma anche perché noi da settimane, da mesi denunciamo - e non da soli, naturalmente - un clima pesante di intolleranza, di pregiudizio, di offesa nei confronti delle persone omosessuali e transessuali che vivono in questo paese; infatti, purtroppo registriamo, da molti mesi, una recrudescenza delle aggressioni nei confronti delle sedi delle associazioni e delle organizzazioni omosessuali, registrando in generale un uso anche politico dell'odio, del pregiudizio e della discriminazione contro le persone omosessuali e transessuali che è diventato un fatto da censurare.
Io credo che tutto il Parlamento, al di là delle posizioni - tutte legittime - che possono esserci sul tema dei diritti di cittadinanza, del riconoscimento dei diritti alle coppie omosessuali, non può non unirsi verso un comune senso di rifiuto e di censura, verso qualsiasi forma di violenza che venga esercitata verbalmente o materialmente nei confronti di omosessuali e transessuali nel nostro paese. Questo è un fatto di civiltà che deve distinguere l'operato delle istituzioni democratiche, e noi, come deputati e deputate, abbiamo una responsabilità in più, un dovere morale in più, non in meno, rispetto al paese.
Dunque, mi auguro che questo breve dibattito serva a creare innanzi tutto un clima diverso anche attorno a discussioni importanti che ci impegneranno nelle prossime settimane e nei prossimi mesi, e a guardare la realtà delle persone in carne ed ossa e la loro dignità, perché questo deve essere un valore condiviso e centrale. Pertanto penso che ci possiamo anche unire nel sollecitare il Governo affinché provvedimenti legislativi urgenti, come ad esempio l'estensione della legge Mancino ai reati motivati dall'odio omofonico o transfobico, che sono purtroppo una realtà che deve preoccupare tutta la collettività e tutta la società, vengano portati al più presto all'attenzione del Consiglio dei ministri e dunque all'approvazione di questo Parlamento; infatti, il paese ha bisogno di fare un passo avanti di civiltà nel rispetto dei diritti fondamentali delle persone (Applausi dei deputati dei gruppi Rifondazione Comunista-Sinistra Europea, L'Ulivo e La Rosa nel Pugno).

MAURO DEL BUE. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MAURO DEL BUE. Ho preso atto, signor Presidente, con stupore e con rammarico delle parole pronunciate poco fa dall'onorevole Grillini e voglio associarmi anch'io alla denuncia di questo atto di violenza, esprimendo solidarietà all'onorevole Guadagno, detto Luxuria, che personalmente conosco in quanto frequenta come me la Commissione cultura della Camera dei deputati. Ho avuto modo di apprezzarne la serietà e l'impegno.
Personalmente, sono contro qualsiasi forma di violenza e di sopraffazione. Ritengo che una violenza messa in atto contro la libera scelta di tendenza sessuale sia tra le violenze più inaccettabili. Mi spiace che questo fenomeno cada in un momento particolarmente delicato in cui tutti siamo impegnati in un confronto e, a volte, in uno scontro su temi fondamentali come quelli della laicità dello Stato e dei diritti della persona.
Dunque, massima solidarietà per chi è stato aggredito verbalmente e alla persona che è stata minacciata di violenze fisiche solo per la propria libera scelta di tendenze, la quale, a mio giudizio, va rispettata al pari di tutte le scelte individuali, a prescindere dalla religione, dalla cultura, dal sesso. La libertà delle persone è un bene intangibile e va sempre difeso, con tutti i nostri mezzi, ma soprattutto con una cultura della laicità e della tolleranza della quale noi tutti dobbiamo essere fortemente impregnati.

TEODORO BUONTEMPO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

TEODORO BUONTEMPO. Signor Presidente, io non ho motivo di ritenere che l'onorevole Grillini abbia esagerato ed enfatizzato nel riferire gli slogan e le cose che sono accadute. Se ci fossero state delle minacce, mi pare giusto e sacrosanto che la Camera le condanni al pari delle aggressioni,


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esprimendo il proprio sdegno. Tuttavia, a mio avviso non è accettabile - in proposito sentivo la collega De Simone - l'estensione della legge Mancino, vale a dire l'applicazione della legge di emergenza, non è accettabile che si possano creare dei tabù e degli argomenti sui quali non si può manifestare, che si vogliano mettere dei paletti per dire quando, chi e per che cosa si possa manifestare. Questo non è condivisibile, onorevoli colleghi.
Il diritto di manifestare va garantito a tutti coloro che esprimono le proprie idee, sia che ci piacciano sia che non ci piacciano. Le forze dell'ordine - come sempre davanti alla Camera - compiono il loro dovere e io credo che la Presidenza possa anche chiedere che le autorità preposte riferiscano. Tuttavia, vorrei ricordare anche che, davanti alla Camera, è accaduto di tutto, onorevole Grillini, anche - come lei sa - fin sopra i gradini di Montecitorio. Chi le parla è stato aggredito fisicamente davanti a Montecitorio da gruppi che lei ben conosce.
Con questo voglio dire che, per prima cosa, non possiamo decidere chi deve e chi non deve manifestare, ma possiamo solo condannare o apprezzare ciò che si dice in una manifestazione.
In secondo luogo, è veramente pericoloso che si possa pensare ad una legislazione d'emergenza sui diritti civili. Infatti, questo significherebbe uno scontro nel paese molto più pernicioso di eventuali slogan sbagliati che siano stati pronunciati.

GERARDO BIANCO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GERARDO BIANCO. Signor Presidente, io vorrei richiamare un altro argomento che mi sta particolarmente a cuore e che riguarda la modalità di procedura con la quale la Camera approva i suoi provvedimenti. Naturalmente, posso solo dire en passant che, in questo momento, i rilievi mossi interessano direttamente il Governo e sarebbe perciò opportuno che la Presidenza della Camera chiedesse al Governo di aspettare fino alla conclusione dei lavori dell'Assemblea per - eventualmente - ricevere le sollecitazioni e anche i richiami da parte dei parlamentari.
Il mio rilievo è soltanto questo: penso che bisognerebbe avere una particolarissima attenzione nel momento in cui si provvede al coordinamento formale del testo, affinchè non si introducano delle forme o delle aggiunte che sembrano addirittura dar vita ad articoli con un contenuto diverso. Chiedo che nella valutazione di certi elementi vi sia una particolarissima attenzione. Sappiamo bene come, nei testi legislativi, sia sufficiente lo spostamento di una virgola, di un punto e virgola, di un comma o di una modifica, per determinare dei veri e propri mutamenti della legge e della volontà legislativa della Camera dei deputati. Mi permetto soltanto di chiedere un'attenzione molto scrupolosa sul cosiddetto coordinamento formale del testo, che alcune volte finisce per includere degli elementi che non sono stati votati.

PRESIDENTE. Lei, come al solito, ha fatto un'osservazione molto puntuale. La Presidenza ha valutato con grande scrupolo e attenzione le proposte di coordinamento formale che prima sono state avanzate. Abbiamo appurato che si trattava effettivamente soltanto di correzioni di forma. Comunque, la ringrazio ancora e accolgo il sollecito che ha fatto precedentemente perché il Governo possa ascoltare anche la parte finale delle sedute, che spesso contengono delle indicazioni e delle sollecitazioni che sarebbe bene che il Governo ascoltasse in presa diretta.

SERGIO D'ELIA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SERGIO D'ELIA. Presidente, noi della Rosa nel pugno ci associamo alle parole del collega Grillini. Qui non è in discussione la libertà di associazione, di riunione o di espressione del pensiero, anche quando questo pensiero è il più brutto, il più gretto e il più inaccettabile da un punto di vista culturale, civile e politico.


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Ciò che davvero non può essere accettato - e in questo senso va tutta la solidarietà e la stima dei deputati della Rosa nel pugno per il lavoro parlamentare del deputato Vladimir Luxuria - è che nei confronti di un deputato ci sia un tipo di aggressione davvero così violenta sul piano della dignità della persona, attraverso le ingiurie, le aggressioni verbali, le offese al deputato Vladimir Luxuria. C'è molta solidarietà nei confronti di questo nostro collega, senza mettere in discussione la libertà di associazione, di pensiero e di riunione davanti alla Camera (Applausi dei deputati del gruppo La Rosa nel Pugno).

GIORGIO LA MALFA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIORGIO LA MALFA. L'onorevole Grillini ha fatto bene a sollevare questo problema e se vi sono state minacce ad un nostro collega egli ha non soltanto titolo a chiedere solidarietà ma anche a pretenderla da parte dell'Assemblea.
I temi dei diritti civili sono delicatissimi. Su tali temi l'onorevole Buontempo ha sottolineato la necessità di ritenere legittima la libertà di manifestazione, senza però giungere alla minaccia fisica, a prescindere dal fatto che la vittima sia o meno un parlamentare. Nei prossimi mesi avremo la necessità di affrontare i grandi temi dei diritti civili e sarebbe bene che tutte le parti politiche esercitassero il massimo di moderazione e di invito alla responsabilità. Si tratta di temi altissimi, che investono la libertà dell'individuo, le grandi questioni etiche e morali e bisognerebbe far sì che questa discussione si potesse svolgere, specialmente in Parlamento, ma non solo, in un clima di ascolto e di rispetto reciproco, condizioni per poter fare dei passi avanti condivisi nella legislazione del nostro paese.

VITO LI CAUSI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

VITO LI CAUSI. Grazie, Presidente. Ritengo che non ci sia stata alcuna enfasi su quanto è stato poc'anzi dichiarato in quest'aula.
Se tutto ciò è accaduto, come pare che sia, ritengo di essere indignato sia a titolo personale, sia a nome e per conto dei Popolari-Udeur.
Esprimo, quindi, tutta la mia solidarietà alla collega Luxuria, perché il rispetto delle persone, anche della sfera personale, viene prima di ogni altra cosa, a maggior ragione - mi sia concesso di dire - se si tratta di un deputato della Repubblica italiana.
Personalmente, conosco la deputata Vladimir Luxuria perché fa parte della Commissione cultura, scienza e istruzione, dove io giornalmente mi trovo ad operare con altri colleghi. È una deputata sempre presente, che fa sempre il suo lavoro e che ha dimostrato pienamente le sue capacità, anche culturali.
Quindi, il mio atto di solidarietà vuole essere grande e forte, perché siamo contrari a qualsiasi forma di violenza, maggiormente quando si tratta - come dicevo poc'anzi - della sfera personale degli individui. Qualsiasi forma di attacco alle istituzioni, anche indirettamente, non può essere tollerata e, quindi, ritengo che non ci sia assolutamente niente che non possa far dire, in modo chiaro e forte, che siamo profondamente dispiaciuti.

MARCO BOATO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MARCO BOATO. Signor Presidente, ha fatto bene il collega Grillini a porre la questione in quest'aula e apprezzo anche il modo in cui lo ha fatto.
Per quanto riguarda me ed il mio gruppo, ci associamo pienamente alle sue parole. Non avremmo neanche ritenuto necessario che molti di noi intervenissero dopo il collega Grillini ma, poiché esponenti di vari gruppi lo hanno fatto, a questo punto, sia pur brevissimamente, devo intervenire, perché il silenzio da parte mia e da parte dei Verdi avrebbe


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avuto un significato che non ha, dal momento che abbiamo applaudito l'intervento del collega Grillini.
Quindi, mi associo alla denuncia che è stata fatta e, ovviamente, confermo ciò che hanno detto altri colleghi, da ultimo il collega D'Elia, sul fatto che non sono in discussione la libertà di manifestazione, anche davanti alla Camera, e la libertà di pensiero, ma sono in discussione la minaccia, l'aggressione e le forme di razzismo e di stigmatizzazione omofobica, che sono assolutamente inaccettabili e, in alcuni casi, costituiscono esplicite violazioni del codice penale, nei termini in cui è stato ricordato.
A nome dei Verdi e a nome mio personale, quindi, vorrei esprimere solidarietà all'onorevole Guadagno Luxuria e condivisione degli interventi che ho ascoltato.
Forse, questo mio intervento può essere utile, perché vorrei aggiungere, come segnalazione alla Presidenza, un altro aspetto che riguarda un altro deputato.
Poco fa - questo mi ha fatto piacere - è intervenuto, in solidarietà dell'onorevole Luxuria, il collega D'Elia, del gruppo della Rosa nel pugno. Egli non lo ha detto, ma io vorrei far notare, non perché ciò faccia onore a me, ma perché si tratta di un dovere dal punto di vista politico, che da molto tempo è in atto una sistematica campagna di intimidazione politica e, a volte, anche personale nei confronti del collega D'Elia, al di fuori di qualunque regola dello Stato di diritto.
Oggi o ieri, nel quotidiano Libero, è stata pubblicata una foto del collega D'Elia contenente minacce nei suoi confronti, da parte di una sorta di sindacato di Polizia, che credo si chiami SAP, per i dibattiti tenuti a Torino. Lo stesso è successo anche in Toscana e altrove. C'è una campagna di intimidazione nei confronti del collega D'Elia.
Colgo l'occasione di questo dibattito - svoltosi per manifestare solidarietà all'onorevole Wladimiro Guadagno, detto Vladimir Luxuria, che in questo momento è entrata in aula - per dire che un altro collega viene sottoposto - non episodicamente, ma sistematicamente - ad una campagna di aggressione e intimidazione che va denunciata con forza.
La ringrazio, signor Presidente.

PRESIDENTE. Naturalmente, la Presidenza si unisce ai sentimenti di solidarietà espressi da molti colleghi nei confronti dell'onorevole Wladimiro Guadagno, detto Vladimir Luxuria.
La Presidenza, rispetto all'episodio citato dal deputato Grillini, acquisirà senz'altro elementi d'informazione e, naturalmente, se vi fossero profili di rilevanza penale, questi potranno essere valutati dall'autorità giudiziaria nelle forme previste dalla legge.
Per quanto ci riguarda, noi, come rappresentanti della Camera dei deputati, non possiamo accettare aggressioni, minacce, atteggiamenti intimidatori - ne ha parlato poco fa il collega Boato, a proposito di un altro collega parlamentare - nei confronti di deputate e deputati del Parlamento.
La Costituzione vincola tutti noi e le istituzioni repubblicane a principi di libertà, di rispetto della persona, di uguaglianza e a rigettare ogni forma di discriminazione, tanto più se espressa con violenza e comportamenti aggressivi.
Lo ripeto: la Presidenza acquisirà senz'altro gli elementi informativi a proposito dell'episodio richiamato dal deputato Grillini, che ringrazio per questo.
Sospendo la seduta, che riprenderà alle 15,30.

La seduta, sospesa alle 13,55, è ripresa alle 15,35.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE GIORGIA MELONI

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del regolamento, i deputati Brugger, Donadi, Letta, Lucà, Meta, Migliore, Leoluca Orlando, Pagliarini,


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Pisicchio e Realacci sono in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta.
Pertanto i deputati complessivamente in missione sono settantaquattro, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Seguito della discussione del disegno di legge: S. 960 - Disposizioni in materia di esami di Stato conclusivi dei corsi di studio di istruzione secondaria superiore e delega al Governo in materia di raccordo tra la scuola e le università (Approvato dal Senato) (A.C. 1961); e delle abbinate proposte di legge Angela Napoli; Aprea ed altri (A.C. 1399-1614).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato: Disposizioni in materia di esami di Stato conclusivi dei corsi di studio di istruzione secondaria superiore e delega al Governo in materia di raccordo tra la scuola e le università; e delle abbinate proposte di legge di iniziativa dei deputati Angela Napoli; Aprea ed altri.
Ricordo che nella seduta del 13 dicembre 2006 si è conclusa la discussione sulle linee generali.

(Esame degli articoli - A.C. 1961 ed abbinate)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame degli articoli del disegno di legge.
Avverto che le Commissioni I (Affari costituzionali) e V (Bilancio) hanno espresso i prescritti pareri (vedi l'allegato A - A.C. 1961 ed abbinate sezioni 1 e 2).
Informo l'Assemblea che, in relazione al numero di emendamenti presentati, la Presidenza applicherà l'articolo 85-bis del regolamento, procedendo in particolare a votazioni per principi o riassuntive, ai sensi dell'articolo 85, comma 8, ultimo periodo, ferma restando l'applicazione dell'ordinario regime delle preclusioni e delle votazioni a scalare.
A tal fine il gruppo Lega Nord Padania è stato invitato a segnalare gli emendamenti da porre comunque in votazione.

(Esame dell'articolo 1 - A.C. 1961 ed abbinate)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 1 e delle proposte emendative ad esso presentate (vedi l'allegato A - A.C. 1961 ed abbinate sezione 3).
Ha chiesto di parlare l'onorevole Angela Napoli. Ne ha facoltà.

ANGELA NAPOLI. Signor Presidente, intervengo sul complesso degli emendamenti presentati all'articolo 1 perché sottoscrittrice di alcuni emendamenti e perché presentatrice di una proposta di legge abbinata al provvedimento in esame. La proposta presentata dal Governo con l'intento di modificare la disciplina dell'esame di Stato conclusivo dei corsi di istruzione secondaria superiore finisce solo col novellare alcuni punti della legge n. 425 del 1997. È bene precisare fin da subito che si tratta della legge Berlinguer e, quindi, di una legge varata da un Governo di centrosinistra. L'intento governativo sembra essere soprattutto quello di modificare comunque tutto ciò che può rimanere legato alla riforma del sistema nazionale di istruzione e formazione proposta e varata dal Governo Berlusconi, piuttosto che quello di tentare di apportare le modifiche utili per la qualità del sistema stesso. Affermo ciò innanzitutto perché mi appare priva di senso qualsiasi modifica dell'esame di Stato non collegata con la riforma dell'intero ordinamento didattico, bloccata - guarda caso - dall'attuale Governo. Ancora una volta, c'è l'intendimento di parlare di modifiche del sistema di istruzione partendo dal tetto e senza prevedere le adeguate modifiche necessarie per la costruzione dell'intero sistema di istruzione e di formazione.
Trovo quindi inammissibile che con la modifica legislativa apprestata con il progetto di legge in discussione non si ripristini pienamente la serietà di un esame


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che, segnando il momento conclusivo di un lungo percorso di studi, dovrebbe avere come unico obiettivo la verifica seria del grado di preparazione raggiunto dai candidati rispetto agli obiettivi didattici e formativi propri degli indirizzi di studio seguiti, nonché la verifica della personalità complessiva di ciascuno dei candidati stessi rispetto alle ulteriori scelte da compiere.
Una revisione della normativa vigente in materia dovrebbe puntare alla modifica dei maggiori punti critici (peraltro già da me evidenziati nella proposta di legge a mia firma); tali punti critici, a mio parere, sono essenzialmente tre. Anzitutto, la struttura, il numero e la qualità delle prove di esame; quindi, la composizione delle commissioni esaminatrici; infine, la valutazione delle prove.
A me non sembra che il disegno di legge di iniziativa del ministro Fioroni, pur con le modifiche apportate dal Senato, affronti in profondità i citati punti critici, né mi sembra che il provvedimento possa conferire all'esame la serietà e la selettività richieste dalla sua natura di esame di Stato. Comprendo la difficoltà che incontra il Governo nel dover novellare - pur di perseguire intenti (certamente da me non condivisibili) di annientamento del lavoro prodotto in termini di istruzione e formazione da un Governo di altra coalizione politica (quello della Casa delle libertà) - provvedimenti varati nel 1997 da ministri appartenenti alla coalizione di centrosinistra.
Ma le difficoltà incontrate dall'attuale Governo non mi consentono certo di condividere i tentativi di mediazione che sono sottesi al disegno di legge di iniziativa del ministro Fioroni; tali tentativi non produrranno certamente la soluzione delle maggiori criticità che oggi contribuiscono a rendere l'attuale esame di Stato poco serio e non selettivo.
Tale è il motivo che mi ha portato a sottoscrivere alcune proposte emendative e che induce il gruppo di Alleanza Nazionale a presentarne poche ma certamente costruttive. Da parte nostra, infatti, non vi è alcun intento ostruzionistico; vi è, piuttosto, la mera consapevolezza di dovere contribuire a dare ai nostri giovani una scuola in grado non solo di fornire loro una formazione europea ma anche di garantire qualità, obiettività e serenità di valutazione. Elementi, questi - mi si lasci dire, cari colleghi - che non traspaiono dal provvedimento in esame e che potrebbero, comunque, emergere in parte dall'approvazione di alcune proposte emendative presentate dai deputati della Casa delle libertà.
Al di là della valutazione che in VII Commissione (Cultura, scienza e istruzione) è stata condotta sul merito delle varie proposte emendative presentate, noi in Assemblea dobbiamo esprimere un nostro giudizio sull'intero provvedimento e mi auguro che tanto il rappresentante del Governo quanto la maggioranza dei colleghi dell'Assemblea, a prescindere dall'appartenenza politica, vogliano esprimere una valutazione sul contenuto delle proposte emendative. Ribadisco che la nostra posizione non è assolutamente ostruzionistica ma punta finalmente alla qualità della scuola, che dev'essere considerata con la «S» maiuscola e deve tornare davvero ad essere un punto di riferimento per i nostri giovani.
Questo è l'intendimento con il quale Alleanza Nazionale si appresta a questo esame, pur ribadendo che non possiamo che prendere atto della costante volontà distruttiva da parte dell'attuale Governo di un lavoro certamente propositivo e qualificato che era stato varato dal precedente Governo Berlusconi e dalla maggioranza del Parlamento italiano nella precedente legislatura (Applausi dei deputati dei gruppi Alleanza Nazionale e Forza Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Del Bue. Ne ha facoltà.

MAURO DEL BUE. Anche io, come chi mi ha preceduto, parlando sul complesso degli emendamenti all'articolo 1 del provvedimento in esame, vorrei porre un interrogativo di carattere generale e sviluppare alcune riflessioni sugli emendamenti presentati.


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Il primo provvedimento legislativo che ci propone il Ministero della pubblica istruzione, oggi scorporato da quello dell'università, riguarda la riforma dell'esame di Stato. Mi chiedo se, effettivamente, vi sia un'emergenza tale da indurre il ministro a presentare alle Camere un provvedimento che, per la quarta volta nel giro di un paio di decenni, modifica la natura di questo esame, tra l'altro cambiando la composizione delle commissioni esaminatrici. Sarebbe stato meglio che il Ministero della pubblica istruzione ci avesse detto, in realtà, cosa pensa della riforma organica varata dal Ministero che lo ha preceduto, visto che sono state sospese le sperimentazioni previste dalla vecchia legge e, più specificatamente, cosa della stessa intende salvare e modificare, ovvero che il medesimo Dicastero avesse presentato alle Camere una riflessione di carattere generale sulla scuola del futuro.
Siamo, invece, ancora di fronte ad un tentativo di correggere quella che, in realtà, è una sovrastruttura scolastica, appunto l'esame di Stato, modificando la composizione della commissioni esaminatrici che, già nel 1997, furono riformate dal ministro Berlinguer. Rispetto al mondo della scuola, nei confronti sia degli studenti sia dei docenti, dovremmo dire parole certe. Non vorrei che, a forza di cambiare l'esame di Stato, si perdesse il filo del discorso riformatore sulla scuola e ci si limitasse a cambiare, caso del tutto italiano, l'unico aspetto della scuola che più volte è stato riformato negli anni precedenti; una scorciatoia, un diversivo, dunque, assolutamente discutibile.
L'articolo 1 prevede che le commissioni degli esami di Stato siano composte, per il 50 per cento, da commissari interni e, per il restante 50 per cento, da commissari esterni. Dicendosi da più parti che questa prova deve essere resa più severa, è giusto proporre l'ingresso, o il reingresso, visto che una volta era così, dei commissari esterni ed una limitazione di quelli interni. Mi chiedo, però, se, nel giudizio sui ragazzi, dobbiamo avere più fiducia di coloro che non li hanno mai conosciuti e che provengono da altre esperienze e da altre scuole e meno fiducia in coloro che, invece, li hanno frequentati e possono esprimere un giudizio, non solo sulla base di una prova che, a volte, è anche traumatica per uno studente, ma soprattutto sulla base di una conoscenza di anni di studio, nella frequentazione delle diverse classi degli istituti.
Sono contrario all'ingresso dei commissari esterni, come ho già detto in altra occasione. Non mi convince l'idea che, per rendere più severa la prova, dobbiamo delegare il giudizio a chi ha meno conoscenza degli studenti, mentre mi convince di più che, per esprimere un giudizio sugli studenti, sia necessario fare riferimento non già ad una singola prova, ma alla conoscenza del passato.
Chiedo anche, se possibile, che il rappresentante del Governo ascolti una voce che rappresenta un piccolo gruppo politico, ma comunque in grado di fare riflessioni a tutto campo, senza pregiudizi nei confronti del Governo, con argomentazioni che dovrebbero essere rispettate. Vedo che, invece, il rappresentante del Governo continua a dialogare con due esponenti certamente autorevoli dell'Assemblea e si rifiuta di prendere atto delle annotazioni che sto facendo sul provvedimento in esame. Non mi sembra corretto. Prendo atto che il rappresentante del Governo non si accorge neanche di ciò che sto dicendo. Allora mi fermo perché non voglio parlare a vuoto. Vorrei evitare di parlare solo per il resoconto stenografico, pubblicato il giorno seguente, e svolgere, invece, ragionamenti che possano essere recepiti correttamente dal Governo.
Vorrei che il viceministro, che è persona assolutamente sensibile ed in genere ascolta le annotazioni sia positive sia critiche svolte nella Commissione cultura ed in Assemblea, abbia la compiacenza di ascoltare anche le mie osservazioni sul disegno di legge che oggi il Governo propone all'approvazione della Camera dei deputati.
Stavo dicendo che non mi convince l'idea che, per rendere più attendibile e più «pesante» il giudizio della prova, sia necessario ricorrere all'apporto dei commissari


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esterni, come se fossero dei demiurghi in grado di giudicare con maggiore severità di quanto non sia consentito ai commissari interni, che hanno conosciuto gli studenti, li hanno frequentati e, quindi, sono in grado di giudicarli meglio di qualsiasi altro.
Forse, si tratta di un'osservazione che può apparire - se mi è consentito il termine - più a sinistra del provvedimento, se per «sinistra» si intende una maggiore aderenza a principi ed idee di equità e di giustizia. Mi sembra, però, un'annotazione fondamentale. Ritengo un'assoluta falsità pensare che i commissari esterni possano giudicare gli studenti meglio di quanto non possano fare i commissari interni, una falsità che è alla base del provvedimento.
Il provvedimento è stato predisposto perché una serie di docenti, probabilmente collegati al Governo attraverso i sindacati, lo hanno richiesto. Si tratta di una norma che non è che una riforma di una riforma, realizzata oltretutto, come è stato ricordato dall'oratore precedente, da un Governo di centrosinistra e dall'allora ministro Berlinguer. Su questo aspetto, gli emendamenti proposti da alcuni partiti della minoranza colgono nel segno.
La seconda questione che mi stupisce è l'abbreviazione di un anno per merito riconosciuto ad alcuni studenti alla fine del quarto anno. Se uno studente ha conseguito non meno di otto in tutte le materie nello scrutinio finale del quarto anno e non meno di sette nei due anni precedenti il penultimo, può saltare l'ultimo anno e prepararsi per l'esame di Stato. Signor sottosegretario, colleghi parlamentari, presento un esempio concreto, quello di uno studente che, avendo imparato benissimo la storia fino al quarto anno di un liceo, potrebbe saltare il quinto anno e presentarsi all'esame di maturità. Ciò significa che, poiché conosce benissimo la storia fino alla fine dell'Ottocento, fino al Risorgimento italiano, gli si permette di saltare il Novecento e presentarsi all'esame di maturità ove abbia conseguito la media dell'otto in tutte le materie. Mi chiedo se questo aspetto della riforma abbia senso. Ritengo, invece, che anche coloro che hanno conseguito tale media debbano frequentare l'ultimo anno scolastico imparando tutto ciò che si studia nell'ultimo anno, senza «bypassarlo» per meriti acquisiti sul campo.
Una terza osservazione che si può svolgere sull'articolo in esame, che è la chiave di tutto il provvedimento legislativo, concerne l'accentramento delle decisioni relative alle due prove scritte di carattere generale da parte del preposto Ministero della pubblica istruzione. Si ritorna alla vecchia legge Gentile del 1923, cioè si dà al Ministero il potere di entrare nel merito delle scelte da compiere riguardo alle prove scritte e ai temi di italiano, matematica, latino e greco, quando invece una intuizione, secondo me valida, della vecchia riforma Moratti, adesso relegata in soffitta, era proprio quella di dare questo potere all'Istituto nazionale di valutazione (INVALSI), un ente terzo rispetto al potere scolastico e a quello ministeriale. A tale proposito, le integrazioni contenute negli emendamenti proposti da una parte della minoranza mi trovano, anche da questo punto di vista, assolutamente favorevole.
Il mio intervento è dunque critico riguardo al provvedimento in esame, che, senza voler negare la validità di alcuni aspetti del disegno di legge presentato dal Governo, evidenzia la mancanza di un quadro di riforma complessiva in questo settore, intervenendo solo su un aspetto che non è assolutamente emergenziale, quale quello dell'esame di Stato. Nel provvedimento - ripeto - sono presenti un paio di ambiguità e - a mio giudizio - di errori gravi, quale la promozione di un anno per titoli acquisiti fino al penultimo e la centralizzazione delle decisioni per quanto riguarda le prove scritte in capo al Ministero della pubblica istruzione (Applausi dei deputati dei gruppi Democrazia Cristiana-Partito Socialista, Forza Italia e di deputati del gruppo La Rosa nel Pugno).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Ciocchetti. Ne ha facoltà.

LUCIANO CIOCCHETTI. Signor presidente, colleghi, rappresentanti del Governo,


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intervengo sul complesso degli emendamenti che sono stati presentati dal gruppo cui appartengo e anche da altri colleghi dell'opposizione.
Credo che il provvedimento in esame, come emerge anche dal dibattito fin qui svolto in quest'aula e da quello che si è svolto presso il Senato, si contraddistingua per un intervento «arruffato» e confuso, su cui probabilmente occorreva maggiore tempo per confrontarsi e discutere, poiché il tema della riorganizzazione degli esami di Stato avrebbe avuto bisogno di una riflessione che non fosse soltanto legata al desiderio di parte della maggioranza di cancellare tutto quello che è stato fatto nella passata legislatura.
Credo che intervenire durante l'anno scolastico, quando ormai è quasi terminato il primo quadrimestre, con un intervento che in qualche modo va ad incidere direttamente già nel corso dell'anno stesso, sia sbagliato. Voi avete sempre parlato di programmazione, avete sempre spiegato a questo paese, alle scuole, al sistema scolastico, ai professori, agli studenti, che occorre programmare, che non si debbono porre in essere interventi che cambino le condizioni mentre è in corso l'attività. Nel caso specifico si interviene proprio durante l'anno scolastico, con un provvedimento che cambia sostanzialmente e che fa tornare indietro rispetto alle scelte adottate negli anni passati, attraverso una logica soltanto ideologica e dirigistica, che in qualche modo lede anche l'autonomia scolastica di cui più volte avete parlato, portandola avanti con slogan e interventi di questo tipo.
Ritengo che l'intervento legislativo in discussione avrebbe avuto bisogno di una riflessione più attenta, di un ragionamento che coinvolgesse il sistema scolastico di questo paese, che potesse in qualche modo far comprendere anche il tipo di rapporto con cui legare il momento della valutazione con l'attività e il corso di studio effettuato dagli studenti. Si parla tanto anche dell'abolizione del valore legale dei titoli di studio e si reintroduce, in qualche modo, un insieme di norme che rende o tenta di rendere più complesso il lavoro per i nostri studenti. Comunque, avremmo preferito che, pur in presenza di un provvedimento di questo genere, fosse stato possibile - i nostri emendamenti ne parlano - che lo stesso non entrasse in vigore nell'attuale anno scolastico, ma, eventualmente, potesse avere un riflesso sui successivi anni, lasciando per ora in vigore quindi un sistema che è già applicato da qualche anno e che ha svolto una funzione positiva. Gli emendamenti che sono stati presentati dall'opposizione tendono a far prevalere questo tipo di interesse sottolineando soprattutto la necessità di procrastinare l'entrata in vigore delle norme previste da questo intervento legislativo in modo che le stesse non siano applicate nel corso dell'anno scolastico già iniziato.
Facciamo appello anche al relatore e alla sensibilità di parti della maggioranza affinché possano considerare questa attenzione e questa necessità. Sulla scuola per troppo tempo c'è stato un conflitto ideologico: credo che ciò sia sbagliato perché la scuola è di tutti e non soltanto di una parte del Parlamento o del paese. Il futuro di questo paese deve legarsi necessariamente alla possibilità di avere un corso scolastico che sia in grado di dare futuro, opportunità, speranza e di mettere i nostri giovani allo stesso livello di quelli degli altri paesi europei e occidentali. Credo che la sistematica demolizione che state facendo degli interventi di riforma - sistematica ma frettolosa, confusa, non organica e che non affronta i nodi che, comunque, erano da sciogliere in quella riforma - porti ad un risultato negativo a fronte dell'attenzione che, invece, potrebbe mettere veramente lo studente al centro del sistema scolastico di questo paese.
Gli emendamenti che l'opposizione ha presentato e che noi sosterremo vanno verso questo obiettivo: quello di una maggiore riflessione sulle scelte che sono state fatte, soprattutto nel tentativo di limitare almeno i danni di un intervento legislativo che, in modo errato, dà una risposta nel corso dell'anno scolastico e, oltretutto, attraverso un sistema di deleghe che consente al Governo di intervenire in maniera significativa al di fuori di un esame e di un


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confronto parlamentare aperto su materie che oggi non sono previste all'interno del provvedimento legislativo in esame (Applausi dei deputati dei gruppi UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro), Forza Italia e Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Fava. Ne ha facoltà.

GIOVANNI FAVA. Signor Presidente, ci ritroviamo ad inizio legislatura, come già è successo in passato, a discutere di un provvedimento che attiene alla struttura propria della scuola, e anche stavolta si parte prevalentemente dalle norme che regolamentano la stessa e che, fino ad ora, non hanno trovato una necessaria ed adeguata conformazione ai tempi che cambiano. Noi stiamo discutendo della normativa che attiene alla gestione e alla regolamentazione degli esami di Stato, in un contesto in cui gli stessi, di fatto, ancora oggi si svolgono sulla base di un meccanismo e di una struttura che risale al 1925. Da allora ad oggi non sono stati fatti molti progressi, anche perché - come ci è stato ricordato negli interventi precedenti, ma soprattutto come si evince dai testi della Commissione - l'unico dato che depone a favore della bontà o meno dell'applicazione della vecchia norma esistente è commisurato alla percentuale di studenti che raggiungono il livello minimo che permette loro la promozione.
Questi livelli si sono di fatto incrementati a dismisura, da allora; dal 1925 ad oggi, abbiamo assistito ad una evoluzione scolastica che ci dice che, allo stato attuale, il numero dei promossi è all'incirca il 98 per cento dei soggetti che prendono parte alla prova d'esame. Questo potrebbe essere considerato un elemento forte di civiltà, un elemento positivo, stante il fatto che potrebbe essere il sintomo di ciò che è avvenuto nel nostro paese, cioè di una crescita culturale e sociale che configura un modello scolastico nell'ambito del quale gli studenti, maturando all'interno della propria società, riescono ad ottenere risultati soddisfacenti.
Sappiamo però che questo non è vero, perché le scuole dimostrano sempre più carenza di strutture e ancora di più carenza di cultura. Il dato è in controtendenza. La riforma Berlinguer del 1997 ha addirittura incrementato il numero dei soggetti che superano le prove di esame e lo ha fatto in maniera determinante e significativa, con un meccanismo che non ci appartiene, perché prescinde da qualsiasi forma di meritocrazia. Oggi, i nostri studenti sono sempre più oggetto di valutazioni benevole e bonarie, che vengono da una impostazione ideologica che non è la nostra, una impostazione per la quale in modo orizzontale si premiano tutti senza fare particolari distinzioni. È un meccanismo che poi provoca problemi e disagio nelle fasi successive della vita dell'alunno, perché poi - i dati sono lì a dimostrarlo - con il passaggio dalle scuole dell'obbligo fino all'università l'abbandono scolastico è sempre più frequente e il numero degli iscritti all'università che riescono poi ad arrivare ad una laurea è assolutamente esiguo e in controtendenza rispetto al dato comunitario e rispetto alle medie dei paesi occidentali ai quali ci ispiriamo.
Speravamo, quindi, che il Governo e il Parlamento oggi avessero la volontà di dare un colpo di reni, di compiere una svolta decisa e definita, soprattutto per quanto riguarda la composizione delle commissioni d'esame.
Qualcosa si è mosso, ad onor del vero, qualcosa è cambiato rispetto al testo originario e credo che questo sia apprezzato dal mondo della scuola; rimane però quella parte, che noi riteniamo assolutamente non esplorata, che attiene al merito dello studente, a prescindere da quei meccanismi un po' arzigogolati che sono previsti dal decreto Berlinguer, che parlano di crediti, di debiti, in modo molto astratto, e che hanno prodotto una ulteriore confusione nel mondo della scuola.
Credo che esista la volontà da parte di tutto il Parlamento di disciplinare una volta per tutte questo strumento in modo che possa essere efficace e al passo con i tempi.


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Ci dovremo uniformare alla disciplina alla quale conviene ispirarsi, quella dei paesi anglosassoni, del mondo occidentale, una disciplina molto dura, molto rigida e molto selettiva. Non dobbiamo avere paura che qualche nostro studente venga bocciato, non dobbiamo cadere in questo tranello ideologico per il quale siamo tutti uguali. Dobbiamo uscire da questa mentalità sessantottina, per la quale tutti debbono essere premiati allo stesso modo, in quanto soggetti appartenenti alla comunità. Ci sono soggetti che meritano e soggetti che non meritano. Questa deve essere un'assoluta priorità di un paese occidentale: i soggetti che meritano vanno valutati per quello che sono. Non mi preoccuperei del fatto che possano esserci dei contraccolpi, cioè che la percentuale dei promossi possa calare nei prossimi anni. Non ce ne saranno, perché la scuola deve tornare ad essere un elemento nell'ambito del quale ci si misura, come ci si misura nella vita. La scuola deve essere scuola di vita, deve essere un luogo dove si educano i nostri figli, dove i ragazzi ottengono una buona educazione, ma credo che sia anche un luogo all'interno del quale si deve cominciare a scegliere tra chi ha la voglia, la volontà, la disponibilità di capire e di apprendere, tra chi fa fatica e chi, invece, semplicemente è un fannullone. Questa è la verità. Abbiamo premiato, finora, la terza di tali categorie. Abbiamo premiato coloro che, in questi anni, sono stati promossi per inerzia. Dobbiamo uscire da questa logica, dobbiamo assolutamente arrivare ad una definizione di un concetto di commissioni d'esame che siano al passo con i tempi e che possano premiare, lo ripeto, i meriti degli studenti e possano darci una scuola più moderna ed efficiente (Applausi dei deputati dei gruppi Lega Nord Padania e Alleanza Nazionale).

PRESIDENTE. Nessun altro chiedendo di parlare sull'articolo 1 e sulle proposte emendative ad esso presentate, invito il relatore ad esprimere il parere della Commissione.

ANTONIO RUSCONI, Relatore. Signor Presidente, questi emendamenti, che sono stati già esaminati in Commissione, vanno in due direzioni: una è in coerenza con l'obiettivo di questo provvedimento, così come delle analoghe proposte di legge presentate dagli onorevoli Angela Napoli e Aprea, ossia quello di una maggiore serietà e giustizia dell'esame di Stato, cui viene restituito un significato. Tuttavia, formalmente, sono in gran parte emendamenti che non si differenziano molto. Quindi, da parte del relatore vi è un invito ai presentatori al loro ritiro, altrimenti il parere è contrario. Sugli gli altri emendamenti che riguardano il ruolo delle scuole paritarie, devo riaffermare in quest'aula che la funzione pubblica di tali scuole è evidente sin dalla legge n. 62 del 2000. Per cui, ribadisco che la Commissione invita i presentatori di tutti gli emendamenti riferiti all'articolo 1 a ritirarli, altrimenti il parere sugli stessi è contrario.

PRESIDENTE. Il Governo?

MARIANGELA BASTICO, Viceministro della pubblica istruzione. Il parere del Governo è conforme a quello espresso dal relatore.

PRESIDENTE. Sta bene. Ove, quindi, i presentatori non accedano all'invito al ritiro formulato dal relatore e dal rappresentante del Governo, si intende che insistano per la votazione della rispettive proposte emendative.

ELIO VITO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. A che titolo, onorevole Elio Vito?

ELIO VITO. Sull'ordine lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ELIO VITO. Signor Presidente, abbiamo acceduto a trattare con una certa urgenza questo provvedimento, come richiesto dal Governo, sapendo che i tempi contingentati, di fatto, avrebbero posto l'Assemblea


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in condizione di poterlo esaminare anche prima dell'esame del disegno di legge finanziaria. Ora, vi è, come abbiamo constatato, un atteggiamento da parte del Governo e della maggioranza di assoluta chiusura rispetto ai nostri emendamenti. Riteniamo ingiustificato e politicamente grave tale atteggiamento perché questo è un tema sul quale si poteva, e si doveva, cercare anche il consenso delle forze di opposizione ed il loro coinvolgimento e contributo. Si tratta di una scelta della quale si assumeranno tutta la responsabilità - anche rispetto al paese, alle famiglie ed agli studenti - il Governo e la maggioranza.
Signor Presidente, la inviterei a sospendere la seduta o, comunque, a considerare la mia proposta di attendere, per l'esame degli emendamenti, che quantomeno giunga in aula il ministro Fioroni (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia). Riteniamo, infatti, che un provvedimento così importante, quale la riforma degli esami di maturità, per il cui esame il Governo ha chiesto una corsia privilegiata, richiesta a cui, in qualche modo, abbiamo acceduto, debba essere seguito dal ministro competente - senza voler, con ciò, offendere la sensibilità e la professionalità del viceministro - e che debba essere il ministro Fioroni in persona a motivare politicamente la decisione di non accogliere i nostri emendamenti.
Credo, signor Presidente, che ciò potrebbe essere un contributo anche a rendere più celere il seguito dell'esame del provvedimento. Ci risulta che il ministro è a Roma, a Trastevere, nella sede del Ministero. Credo che la sua presenza in aula, dopo aver sollecitato l'esame del provvedimento, sarebbe anche una forma di rispetto nei confronti di questo ramo del Parlamento, proprio nel momento in cui il ministro stesso chiede alla Camera di non modificare il provvedimento licenziato dal Senato. Dunque, se non dobbiamo modificare il testo in esame, almeno il ministro venga a spiegarne il perché (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).

PRESIDENTE. Onorevole Elio Vito, ovviamente lei sa che il Governo sceglie come essere rappresentato in assemblea. È presente in quest'aula il viceministro competente, quindi non credo che l'assenza del ministro sia motivo sufficiente per sospendere la seduta.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Aprea 1.16.
Chiedo al presentatore se acceda all'invito al ritiro formulato dal relatore.

VALENTINA APREA. Signor Presidente, naturalmente non accedo all'invito al ritiro e chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

VALENTINA APREA. Signor Presidente, viceministro Bastico, colleghe e colleghi, innanzitutto mi associo alla richiesta dell'onorevole Elio Vito. Il viceministro Bastico sa quanto io la stimi, ma si tratta di un fatto politico. Tra l'altro, vi era un accordo in tal senso con il ministro: abbiamo convenuto di accettare la procedura d'urgenza per consentire al ministro di rendere effettiva questa legge già da quest'anno scolastico. Il ministro Fioroni ha ormai vinto la scommessa, ma almeno venga in quest'aula a discutere con noi ed a concordare un percorso di attuazione della legge che diamo già per approvata!
Perché riformare ancora gli esami di Stato? Anche il ministro Fioroni, come il ministro Berlinguer ed il ministro Moratti, si trova a dover modificare - è il suo primo atto - la procedura concernente gli esami conclusivi della scuola secondaria superiore.
Cosa colpisce l'opinione pubblica? Sicuramente ricorderete che, a partire dall'inizio della legislatura e dal primo provvedimento che tratta solo questioni tecniche, di fatto, si avviò nel paese un certo dibattito sul fatto che, da tempo, due elementi colpiscono l'opinione pubblica: la composizione della commissione e l'alta percentuale di promossi. Da questi due elementi si dedurrebbe che l'esame non è più serio come una volta.


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La prima questione che dovrebbe fare da cornice a tutto il dibattito è la seguente: gli esami di Stato, dopo questa legge, saranno più seri e più rigorosi? Cosa consentiranno di certificare? Che tipo di valore aggiunto potranno dare agli studenti? Rispetto alla responsabilità delle scuole e degli studenti riuscirà a centrare l'obiettivo della serietà, del rigore e della certificazione?
Le novità introdotte in questo provvedimento francamente non ci sembrano tali da consentire di centrare questi obiettivi, ed è questo il motivo per cui il gruppo di Forza Italia ha presentato tale emendamento, e ringrazio il viceministro Bastico perché è molto attenta alle questioni sollevate.
Sicuramente, gli schemi contenuti in questo provvedimento sono già conosciuti e sperimentati (ne abbiamo già sperimentato il fallimento). Quindi, non ci aspettiamo nulla di buono; se poi le novità concernono la reintroduzione dello scrutinio di ammissione o il fatto che, per l'ammissione agli esami, dovranno essere saldati i debiti scolastici, nutriamo delle perplessità.
Con riferimento alla reintroduzione dello scrutinio di ammissione, vorrei ricordare, perché rimanga agli atti, che, dopo il fatidico ventennio, gli anni di sperimentazione, di contestazione, dal sessantotto in poi, gli esami sperimentali e via seguitando, nel 1997... Saluto il ministro Fioroni che è appena entrato in aula. Ha un po' di affanno, quindi avrà raggiunto l'aula di corsa! Benvenuto!

GIUSEPPE FIORONI, Ministro della pubblica istruzione. È il peso!

VALENTINA APREA. Su questo non possiamo aiutarla! Benvenuto! Avevamo sollecitato la sua presenza in aula, perché lei ha già vinto la scommessa. Lei porterà a casa la legge! Lei riuscirà sicuramente a modificare gli esami di Stato da quest'anno, ma, quanto meno, vogliamo concordare con lei un processo di attuazione e verificare queste novità che noi non riscontriamo. La reintroduzione dello scrutinio di ammissione è giusta, ministro Fioroni e viceministro Bastico, peccato che sia già legge. Infatti, il decreto legislativo n. 226 del 2005, relativo alla riforma del secondo ciclo e varato nella scorsa legislatura, aveva già colmato questa lacuna, modificando anzi una scelta. Il ministro Berlinguer aveva abolito quel tipo di esame, pensando di fare una cosa buona e di rendere più seria la prova finale con l'introduzione dell'esame su tutte le discipline e con l'abolizione dello sbarramento. Abbiamo visto che tutto questo non funziona...

PRESIDENTE. Onorevole Aprea, la invito a concludere.

VALENTINA APREA. Noi lo avevamo fatto nel corso della precedente legislatura; ora tutto questo ritorna, ma è già legge. Se poi la novità consiste nel fatto che i ragazzi devono saldare i debiti scolastici, siamo di fronte ad un rigore «fasullo» e demagogico. È giusto puntare su un maggior rigore ed infatti anche noi abbiamo agito in questo senso. Tuttavia, signor ministro, non è giusto introdurre un esame finale più rigoroso senza modificare i meccanismi di valutazione di tutto il percorso precedente.

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Aprea...

VALENTINA APREA. Per questo motivo, i ragazzi dovrebbero avere sei decimi in tutte le materie e saldato i debiti con certificazione pregressa.

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Aprea.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Frassinetti. Ne ha facoltà.

PAOLA FRASSINETTI. Signor Presidente, anche il gruppo di Alleanza Nazionale ha sottoscritto l'emendamento in esame. Esso è conseguente a tutta l'azione svolta dall'opposizione, anche in sede di Commissione, sul provvedimento in


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discussione. Sarebbe assurdo ed incongruente non aggiungere e non inserire la precisazione di almeno sei decimi in ciascuna disciplina, perché si renderebbe vacua e vana la modifica. Una delle critiche più congrue riferite al provvedimento in esame è proprio la mancanza di coraggio. Si vuole riformare l'esame di Stato con la presunzione di introdurre criteri di serietà e meritocrazia e poi invece, in concreto, siamo di fronte ad una riforma approssimativa che manca di coraggio nell'attuare svolte importanti per dar vita ad un esame di Stato qualificante per i nostri studenti.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Barbieri. Ne ha facoltà.

EMERENZIO BARBIERI. Signor Presidente, viceministro Bastico e relatore di maggioranza, cosa lamentiamo in merito a questo provvedimento? In Commissione - e presumo che andrà così anche nel corso di questo pomeriggio - non ci è stato mai detto che i nostri emendamenti sono sbagliati per i motivi A, B, C e D. In sostanza, fin dall'inizio, avete spiegato che non era possibile modificare una sola virgola perché non siete in condizione di far ritornare il provvedimento al Senato.
Viceministro Bastico, su un'altra questione, ovvero sul bilancio interno della Camera, ho avuto occasione di dire che, se il bicameralismo in Italia continua a rimanere perfetto, dovete trarne le conseguenze e pagarne lo scotto. Non è immaginabile che una Camera formata da 630 deputati esamini questo provvedimento con la sola preoccupazione di non essere nella condizione di poter cambiare una virgola. Così si riduce il nostro confronto a poco più di un'esercitazione teorica, perché non siamo in grado di sviluppare nel merito alcun tipo di dialogo con il Governo e con la maggioranza. Se vi foste mossi in altro modo, avreste avuto la possibilità di portare a casa risultati diversi da quelli che otterrete alla Camera su questo provvedimento.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Aprea 1.16, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 442
Votanti 439
Astenuti 3
Maggioranza 220
Hanno votato
190
Hanno votato
no 249).

Prendo atto che il deputato Pedica non è riuscito a votare e che avrebbe voluto esprimere voto contrario.
Prendo atto, altresì, che i deputati Bianchi e Satta non sono riusciti ad esprimere il proprio voto.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Goisis 1.28.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Goisis. Ne ha facoltà.

PAOLA GOISIS. Signor Presidente, abbiamo presentato l'emendamento in esame sempre in riferimento ai criteri di serietà e qualità applicati alla scuola.
Noi abbiamo già detto in Commissione che non si può fare la riforma della scuola partendo dal tetto, ma dalle fondamenta. Ormai, visto che ci troviamo in questa situazione, cerchiamo perlomeno di fornire suggerimenti validi. In questo emendamento prevediamo - come fa anche il Governo - di poter ammettere agli esami gli alunni degli istituti statali, paritari, pareggiati o legalmente riconosciuti, gli studenti che abbiano compiuto il diciottesimo anno d'età alla data di inizio delle prove di esame, quindi non nell'anno solare, e abbiano comunque assolto l'obbligo dell'istruzione sia in scuole italiane sia in scuole appartenenti a paesi dell'Unione europea. Naturalmente, però, proprio in nome della serietà, chiediamo che tutti i candidati debbano svolgere una prova preliminare


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intesa ad accertare il grado di preparazione posseduta. È inutile, come è accaduto fino a qualche tempo fa, ammettere agli esami chi non ha tutte le sufficienze e magari ha anche delle gravi lacune. Riteniamo che il grado di preparazione rappresenti una condizione fondamentale per poter accedere agli esami di maturità.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Goisis 1.28, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 459
Votanti 455
Astenuti 4
Maggioranza 228
Hanno votato
195
Hanno votato
no 260).

Prendo atto che i deputati Rampelli e Buontempo non sono riusciti ad esprimere il proprio voto.
Passiamo alla votazione dell'emendamento De Simone 1.1.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole De Simone. Ne ha facoltà.

TITTI DE SIMONE. Grazie Presidente. Noi apprezziamo questo provvedimento, lo abbiamo già detto in Commissione e anche durante la discussione sulle linee generali in Assemblea. Lo apprezziamo per due ragioni molto semplici: perché riteniamo che contrasti efficacemente la pratica dei diplomifici e la tendenza europea - ormai spinta prepotentemente anche in Italia per via delle politiche neoliberiste - ad abolire il valore legale del titolo di studio. Sono due elementi fondanti della scuola pubblica all'interno di un processo democratico.
Dunque, teniamo molto al provvedimento in quanto pensiamo contrasti questi due problemi introdotti dalla riforma del Governo precedente. Tuttavia, riteniamo che il testo sia da considerarsi perfettibile in alcuni punti e su uno, in particolare, dobbiamo manifestare la mancata condivisione da parte nostra. Non lo abbiamo condiviso allora e non lo condividiamo oggi. Esso attiene alla condizione di parità prevista per legge. Continuiamo a nutrire delle riserve su quella legge che, del resto, non approvammo. Devo dire che questo aspetto non assume un valore specifico soltanto per noi e non è neanche l'amore per la laicità dello Stato, che pure nutriamo e che è molto forte in noi, a spingerci a considerare il primato dell'istruzione pubblica statale su quella privata, ma è qualcosa, colleghi, di molto più complesso e significativo dal punto di vista proprio della tenuta del sistema democratico ed efficiente per tutti che possa garantire ad ognuno gli stessi diritti e le stesse opportunità. Pensiamo, quindi, che in nessun caso si possa dire che la scuola privata paritaria sia identica alla scuola pubblica statale. Lo sosteniamo per una serie di ragioni, anche perché sappiamo, ad esempio, che nell'ambito di questi due settori vi è un diverso sistema di reclutamento degli insegnanti. E non è vero che ciò non ha niente a che fare poi con il sistema di valutazione finale, persino quello che comprende l'esame di maturità; quindi, noi avremmo certamente preferito che questo provvedimento, su un aspetto importante che incide sul tentativo di scoraggiare i «diplomifici» e di ridare serietà all'esame conclusivo, avesse previsto la presentazione dei così detti esterni esclusivamente nella scuola pubblica statale e non anche nelle scuole private paritarie come questo provvedimento permette.
Dunque, è per queste ragioni che noi abbiamo voluto presentare questo emendamento che per noi ha valore simbolico e questo è evidente; infatti, abbiamo mantenuto


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soltanto questo emendamento per la discussione in Assemblea, mentre in Commissione ne avevamo presentati anche altri, perché per noi questo emendamento ha un valore simbolico per le ragioni che ho fin qui espresso e che - ripeto - sono le ragioni che attengono fondamentalmente ad un punto che io credo sia un principio fondante del nostro patto costituzionale, cioè il primato di una scuola pubblica statale che è garanzia di tenuta di un sistema democratico che offre a tutti pari diritti e pari opportunità.
Per questo motivo vi invitiamo a votare questo emendamento (Applausi dei deputati del gruppo Rifondazione Comunista-Sinistra Europea).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Nucara. Ne ha facoltà.

FRANCESCO NUCARA. Signor Presidente, intervengo solo per dichiarare che i repubblicani voteranno a favore di questo emendamento.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Garagnani. Ne ha facoltà.

FABIO GARAGNANI. Signor Presidente, intervengo solo per dichiarare la mia netta contrarietà a questo emendamento che dimostra la sostanziale latitanza e, soprattutto, sudditanza culturale della sinistra a certi schemi che mi auguravo superati nel XXI secolo.
Non si può parlare ancora delle scuole paritarie come scuole che non svolgono una funzione pubblica. C'è una legge dello Stato che, pur con limiti obiettivi, che noi di Forza Italia abbiamo evidenziato, riconosce la funzione pubblica delle scuole paritarie che contribuiscono a quel pluralismo educativo e formativo essenziale al nostro paese sia a livello di scuola secondaria sia a livello di università.
Cari amici e colleghi, è bene che, una volta per tutte, si chiarisca questo aspetto: l'Italia è l'unico paese d'Europa, assieme alla Grecia, che non riconosce una pari dignità alle scuole paritarie, alla libertà di scelta dei genitori e delle famiglie perché permane ancora una opinione giacobina, cioè un'opinione di fatto intollerante che riserva il monopolio pubblico allo Stato. Quelle stesse persone che giustamente anche all'interno del centrosinistra, attuandole in modo sbagliato, si preoccupano di evidenziare le privatizzazioni nel settore economico sociale, dovrebbero essere così coerenti di riconoscere la dignità di una libera scelta, di una competizione tra sistemi formativi diversi all'interno di un contesto pubblico anche in Italia per contribuire a rendere il nostro paese, dal punto di vista formativo, culturale e scolastico tout-cour, al livello delle principali realtà europee. Una certa grettezza e chiusura, viziate da ideologie che ormai consideravo superate, credo debba essere lasciata alle proprie spalle.
In questo modo ho voluto motivare il nostro giudizio negativo nei confronti di questo emendamento, perché sa veramente di patetico déjà vue (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Barbieri. Ne ha facoltà.

EMERENZIO BARBIERI. Signor Presidente, per quanto riguarda l'UDC, dire che noi siamo contrari a questo emendamento è dire una cosa, per alcuni versi, ovvia e per altri banale, dato che riteniamo di essere gli eredi della migliore tradizione democristiana; quindi, è ovvio che siamo contrari a questo emendamento.
Voglio però ricordare all'Assemblea - che forse non lo sa - che un emendamento analogo a quello dell'onorevole De Simone, la quale ha quanto meno la coerenza di portarlo fino in fondo, era stato presentato in Commissione anche dalla collega Sasso, a testimonianza del fatto che su tali questioni la coesione della maggioranza, caro ministro, è debolissima. Su queste vicende la maggioranza ha i piedi d'argilla perché tra la posizione seria, rigorosa e coerente di alcuni dei deputati della Margherita che siedono in


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quest'aula, e quella dell'estrema sinistra, questo tipo di pregiudizio nei confronti della scuola paritaria vi è - ed è forte - in una parte del gruppo dell'Ulivo, e mi riferisco in modo prevalente ed esclusivo ai diessini.
Poi, che per ragioni di convenienza, ministro Fioroni - più che per ragioni di convinzione -, si trovi una maggioranza ampia che vota contro questo emendamento, è un problema, onorevole De Simone, che riguarda anche Rifondazione Comunista. Io non ho capito per quale motivo, a fronte di un'esposizione logica e coerente delle sue tesi, una volta che le medesime vengono messe «sotto» da un voto di quest'Aula, lei non ne tragga alcun tipo di conseguenza politica.
Mi pare che questo emendamento sia dettato dalla voglia di far sapere, fuori di quest'aula, che Rifondazione Comunista si è mossa da questa linea più che dalla convinzione di poter fare una battaglia seria. La verità, onorevole De Simone, lei la sa: voi siete una maggioranza che su alcune questioni di fondo - che peraltro arriveranno a gennaio e febbraio - è profondamente divisa (Applausi dei deputati dei gruppi UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro) e Forza Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Frassinetti. Ne ha facoltà.

PAOLA FRASSINETTI. Signor Presidente, intervengo per dichiarare il voto contrario di Alleanza Nazionale su questo emendamento. Il collega Barbieri parlava di tradizione. Alleanza Nazionale, nella sua tradizione, ha sicuramente la valorizzazione della scuola pubblica; tuttavia in questo emendamento negherebbe la pari dignità delle scuole paritarie, annullando una scelta di libertà.

LUCA VOLONTÈ. È demagogia!

PAOLA FRASSINETTI. Dunque, in ossequio ad un sistema scolastico che deve vedere le scuole paritarie e le scuole statali equiparate con pari dignità, voteremo contro l'emendamento in esame.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Goisis. Ne ha facoltà.

PAOLA GOISIS. Signor Presidente, intervengo per dire che siamo profondamente contrari a questo emendamento. Infatti, si sono invocate la credibilità degli esami di Stato e la qualità e serietà della scuola, ma non è certamente combattendo contro le scuole paritarie che si ottiene questa qualità e questa serietà.
Sappiamo quanto sia grande il merito delle scuole, in prevalenza cattoliche. Nella nostra Italia gran parte dell'istruzione e della formazione è offerta proprio da quel tipo di scuole.
Andare a combattere le scuole paritarie in nome della scuola pubblica è una grande ipocrisia che voglio qui stigmatizzare, proprio perché riconosco l'importanza ed il valore delle scuole paritarie cattoliche nella difesa dei nostri valori, della nostra storia e tradizione.
Sicuramente, nelle scuole paritarie cattoliche si fa ancora il presepio, non ci si vergogna di pronunciare il nome di Gesù, e non lo si sostituisce con altre parole quali, ad esempio, «virtù». Dunque, in nome della credibilità e della serietà della scuola italiana, voteremo contro questo emendamento (Applausi dei deputati dei gruppi Lega Nord Padania, UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro) e Forza Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il ministro della pubblica istruzione, Giuseppe Fioroni. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE FIORONI, Ministro della pubblica istruzione. Signor Presidente, intervengo soltanto per svolgere due rapide considerazioni affinché in questo dibattito, che appare sereno ma anche molto franco, si faccia uno sforzo per dire sempre ciò che pensiamo, collegandolo con ciò che facciamo. Infatti, se dovessimo accorgerci


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di dire ciò che pensiamo ma di non fare né ciò che abbiamo detto né ciò che abbiamo pensato, ci comporteremmo nel modo sbagliato.
Come voi sapete, abbiamo da poco approvato in quest'aula, in prima lettura, il disegno di legge finanziaria, che aveva come oggetto uno degli elementi principali di preoccupazione che la maggioranza, nel suo complesso, dimostrando una straordinaria coesione, pur nella pluralità di opinioni, ha ritenuto di dover ripristinare, correggendo un danno enorme, pari solo alla distanza che esiste tra ciò che viene detto e ciò che viene fatto.
La Carta costituzionale, quando affida al Governo e alle regioni l'obbligo di garantire l'istruzione dei nostri ragazzi, prescindendo dai soldi che hanno in tasca, dalla fortuna legata al loro luogo di nascita, ci richiama a garantire una appropriata offerta formativa su tutto il territorio nazionale, laddove occorre, declinandola anche con i criteri della sussidiarietà, per assicurare il diritto principale e fondante del ragazzo ad accedere all'istruzione in ogni ordine e grado.
Ebbene, credo che le scuole paritarie, così come previste dalla legge approvata dal Governo di centro sinistra, riconosciute come sistema integrato nel nostro paese, svolgano un ruolo importante e sostanziale (10.892 di queste scuole, com'è stato ricordato da alcuni autorevoli colleghi, garantiscono il diritto all'istruzione per l'infanzia, attraverso le scuole comunali e le scuole paritarie, prevalentemente cattoliche, soprattutto nei piccoli comuni, anche montani, di questo paese).
Dopo una così forte difesa delle scuole paritarie, mi sarei aspettato di trovare una grande attenzione per queste scuole, negli ultimi anni, da parte del precedente Governo, al fine di garantire loro la possibilità di rendere operativo il diritto all'istruzione. Abbiamo faticato perché l'unica forma di attenzione, al di là dei programmi, da parte del Governo precedente sembra essere stata il taglio secco di 167 milioni di euro, che soltanto in buona parte con la legge finanziaria per il 2007 riusciremo a colmare, nell'interesse non della sussidiarietà delle scuole paritarie, ma della funzione che la scuola paritaria rappresenta, per garantire al 48 per cento dei nostri bambini il diritto alla scuola dell'infanzia.
Credo che questa sia la dimostrazione più chiara e tangibile di come non solo il Governo, ma anche l'intera maggioranza stiano cercando di rimediare al danno arrecato alle scuole paritarie del nostro paese con il taglio dei fondi che metteva in ginocchio, con relativo rischio di chiusura, 10.892 scuole, che rappresentano la quasi totalità delle scuole del nostro paese.
In merito a questo emendamento, sul quale il Governo esprime parere contrario, tendo a sottolineare un fatto: credo che dovreste apprezzare come all'interno di questo disegno di legge, che spero diventi presto legge, sia stato affermato un criterio di serietà, ponendo attenzione sia alla scuola pubblica che a quella paritaria, sulla materia degli esami (nessuno pensa che l'esame possa essere bypassato o comunque reso più semplice o addirittura evitato con artifici, a prescindere dal merito).
I dati sono dati di fatto: appena arrivato, ho ispezionato l'ultimo esame di maturità che si è svolto, potenziando anche i pochi poteri ispettivi rimasti in capo al Ministero (i numeri non si commentano). Di certo non abbiamo parlato di scuole paritarie cattoliche, ma tenere alta la vigilanza affinché il diploma sia frutto del merito dei ragazzi e del loro lavoro svolto all'interno di una scuola seria, sia pubblica che privata, deve essere un impegno fondante di questo Governo, di questa maggioranza, ma anche dell'intero Parlamento, nel rispetto della Costituzione. Purtroppo i numeri, che sono abituato a leggere e a non commentare, dimostrano che esistono delle scuole che conferiscono il diploma come fossero dei «diplomifici», fatto che va verificato e condannato, nell'interesse dei nostri ragazzi e della serietà dei loro studi (Applausi dei deputati del gruppo L'Ulivo).


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PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Aprea. Ne ha facoltà.

VALENTINA APREA. Grazie, ministro, per il suo intervento; grazie Presidente. Le difficoltà che abbiamo avuto rispetto al finanziamento delle scuole paritarie sono una verità, come lei ha ricordato.
Ma noi, al contrario di ciò che lei ha iniziato a fare in questa legislatura, abbiamo posto sullo stesso piano le scuole paritarie e le scuole statali, quando le prime sono state riconosciute a tutti gli effetti quali scuole del sistema pubblico nazionale.
Noi non possiamo accettare che ci siano delle fasi in cui questo principio vale, ossia quando si procede ad accertamenti e alla valutazione dei requisiti per il riconoscimento giuridico ed economico delle scuole, e fasi, come quella dell'esame di Stato, in cui la scuola di parità è la «Cenerentola» del sistema e non può svolgere, nella propria sede, gli esami di Stato ai suoi alunni, che fanno parte, a pieno titolo, del sistema pubblico nazionale.
Non possiamo giocare con le parole. Certamente, esiste un discorso di parità piena che, forse - anzi, sicuramente -, neanche nella scorsa legislatura è andato avanti, soprattutto sul piano economico. Ma non possiamo accettare che lei oggi venga a dire che sta facendo di più per le scuole paritarie, quando questa legge mette in un angolo e mortifica, per esempio, tutti i docenti e i dirigenti delle scuole paritarie, che assolutamente non potranno mai svolgere esami in altre scuole che non siano le loro e che, soprattutto, dovranno ricevere i commissari esterni statali per le valutazioni; in questa ottica, tutto diventa un vero e proprio processo alle intenzioni e, quindi, una inquisizione nei confronti di tali scuole, come se non svolgessero fino in fondo il loro servizio pubblico.
Ministro, se lei vuol far fare passi in avanti alla parità e al sistema pubblico nazionale, in tutte le sue componenti, noi saremo al suo fianco ma, quando venderà fumo alle scuole paritarie e, in sostanza, a Rifondazione Comunista, noi saremo distanti da lei (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bosi. Ne ha facoltà.

FRANCESCO BOSI. Signor Presidente, credo che il ministro Fioroni, quando è intervenuto rivendicando quasi un suo particolare impegno a favore delle scuole cosiddette di parità, non avesse bene in mente la serie di emendamenti, di iniziative e di dichiarazioni che va sostenendo la maggioranza che esprime il Governo che lo ha nominato ministro della pubblica istruzione.
Ministro Fioroni, lei non può venire in quest'aula a parlare di principi generali ed astratti, a prescindere dal contesto, non immaginario e non creato dagli interventi dei colleghi dell'opposizione, e che si esprime attraverso emendamenti, come ricordava la collega Aprea, che tendono a togliere alla scuola di parità i diritti sacrosanti che le appartengono e che le sono sempre appartenuti. Sarebbe bene che il ministro Fioroni riservasse queste dichiarazioni ad un contesto diverso, non certo alla Camera dei deputati, dove - vivaddio! - conosciamo bene l'iter delle leggi, così come conosciamo bene i soggetti che predicano una discriminazione radicale e forte fra la scuola pubblica e la scuola di parità.
Questo, signor ministro, credo che lei dovesse dire, altrimenti saremmo in un'aula nella quale si parla di cose immaginarie, il «vorrei, ma non posso». Forse è questo che lei voleva comunicare all'Assemblea.
Se il ministro Fioroni è a favore di una parificazione tra i diritti degli alunni della scuola pubblica e quelli della scuola di parità, dichiari che il Governo è contrario all'emendamento di cui stiamo discutendo.
Altrimenti, signor ministro, non so di cosa lei stia parlando e a chi si riferisca; il che, francamente, crea un problema, di non poco conto, fra la sua persona, il Governo, l'Assemblea parlamentare e il


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popolo italiano che noi intendiamo rappresentare.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento De Simone 1.1, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 471
Votanti 464
Astenuti 7
Maggioranza 233
Hanno votato
78
Hanno votato
no 386).

Prendo atto che il deputato Grillini ha espresso erroneamente un voto contrario, mentre avrebbe voluto esprimerne uno favorevole. Prendo altresì atto che i deputati Osvaldo Napoli, Stradella, Berruti e Paolo Russo hanno erroneamente espresso un voto favorevole mentre avrebbero voluto esprimerne uno contrario.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Barbieri 1.50.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Barbieri. Ne ha facoltà.

EMERENZIO BARBIERI. Signor Presidente, debbo dire che, considerate tutte le proposte emendative sulle quali il relatore ed il Governo hanno espresso parere contrario, non ho capito, a tutt'oggi, il motivo per cui è stato espresso parere contrario anche sul mio emendamento 1.50.
Stamattina, con grande correttezza, il relatore ha dichiarato che il suo era un parere negativo espresso da un professore, riservando a noi un giudizio sul piano politico.
Noi tentiamo di spiegare ai colleghi deputati che ci sembra di grande buon senso affermare che il credito scolastico per i candidati esterni non deve essere attribuito dal consiglio di classe, ma dalla commissione d'esame davanti alla quale essi sostengono l'esame preliminare. Infatti, non ha alcun senso logico che il consiglio di una classe non frequentata dai candidati esterni dia giudizi di merito.
Quindi, mi appello al relatore, onorevole Antonio Rusconi, persona di buon senso, e al rappresentante del Governo, viceministro Bastico, affinché rivedano il loro parere nei confronti di questo emendamento che - lo ripeto - è caratterizzato solo da una logica di grande buon senso.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Barbieri 1.50, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 485
Votanti 484
Astenuti 1
Maggioranza 243
Hanno votato
218
Hanno votato
no 266).

Passiamo alla votazione dell'emendamento Garagnani 1.14.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Garagnani. Ne ha facoltà.

FABIO GARAGNANI. Signor Presidente, mi pare che il mio emendamento 1.14 rappresenti quanto di più ovvio si possa proporre in questa sede. Esso si riferisce all'ammissione dei candidati non appartenenti all'Unione europea e chiede che questi ultimi dimostrino la conoscenza della lingua italiana e dei principi fondamentali della storia e della cultura di questo nostro paese.
Come già chiarito in Commissione, non è detto che il maturando conosca la nostra lingua, ma visto che vuole sostenere un esame presso le scuole di Stato per divenire,


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presumibilmente, cittadino italiano, ci pare ovvio che egli dimostri di aver appreso gli elementi basilari della storia e della cultura del nostro paese. Tutto ciò, in nome del principio d'integrazione richiamato ormai da tutti; in ogni caso, vi può essere integrazione soltanto riconoscendo diritti e doveri.
Gli studenti extracomunitari, nel momento in cui chiedono di sostenere determinati esami e di acquisire determinati diritti all'interno di una collettività, debbono contemporaneamente essere a conoscenza degli elementi basilari che la caratterizzano.
Da qui nasce l'emendamento, che non è pleonastico, in quanto fa riferimento anche a quanto accade quotidianamente in molte scuole italiane, nelle quali non è assolutamente acquisita la conoscenza della lingua italiana da parte degli studenti extracomunitari e nelle quali settori minoritari, ma incisivi, del corpo docente prescindono completamente da una valutazione di merito di tale impostazione, che invece ritengo essenziale per favorire quella politica dell'accoglienza e dell'integrazione che considero indispensabile in ogni Stato moderno. Tutto ciò al fine di evitare quei fenomeni di razzismo e di xenofobia ai quali tutti noi siamo contrari.
Tuttavia, per raggiungere tale obiettivo occorre che il candidato conosca i principi essenziali della nostra civiltà.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Frassinetti. Ne ha facoltà.

PAOLA FRASSINETTI. Signor Presidente, in primo luogo dichiaro di voler sottoscrivere l'emendamento Garagnani 1.14, preannunciando sullo stesso il voto favorevole del gruppo di Alleanza Nazionale.
Anche per gli studenti stranieri un momento assai rilevante è quando essi cominciano ad avere una propria vita scolastica. Pertanto, funzione primaria della scuola deve essere quella di far sì che tale integrazione sia effettiva e che non determini problemi nel prosieguo della vita dello studente straniero.
La lingua, ovviamente, è lo strumento primario di raccordo sociale con i compagni di classe, con il mondo, con la società circostante. E ancor più importante è sapere di dover rispettare la cultura del paese ospitante.
Attraverso il presente emendamento si può davvero dar vita ad una svolta, garantendo un'integrazione vera e concreta.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Campa. Ne ha facoltà.

CESARE CAMPA. Signor Presidente, intendo sottoscrivere con convinzione l'emendamento in esame che, giustamente, pone alla nostra attenzione la necessità che studenti non italiani - che intendono avere un titolo di studio legalmente riconosciuto nel nostro paese - conoscano almeno la lingua italiana e i principi fondamentali della storia e della cultura italiane.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Goisis. Ne ha facoltà.

PAOLA GOISIS. Signor Presidente, anche a nome dei colleghi del gruppo Lega Nord Padania, intendo sottoscrivere l'emendamento presentato dall'onorevole Garagnani, in quanto ritengo che esso sia estremamente consono alla nostra visione della realtà.
Molto spesso, quando si parla di integrazione, ci si lascia andare ad ipocrisie; infatti, non si può parlare di integrazione soltanto assegnando case o attraverso atti di solidarietà privi di rilevanza. Vi è vera integrazione quando coloro che vengono nel nostro paese sono posti nella condizione di divenire parti integranti della nostra storia.
Per tale motivo chiediamo che, per ottenere la cittadinanza italiana o certificati legali in Italia, debba sussistere almeno la conoscenza della lingua, della storia, della letteratura, dell'arte e di tutto ciò che rappresenta il nostro mondo, al quale non dobbiamo rinunciare in nome


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di altre culture. Semmai, le culture ospiti nel nostro paese dovranno conoscere la nostra realtà, anche traendo da ciò un arricchimento.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Garagnani 1.14, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 483
Votanti 482
Astenuti 1
Maggioranza 242
Hanno votato
217
Hanno votato
no 265).

Passiamo alla votazione dell'emendamento Aprea 1.17.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Aprea. Ne ha facoltà.

VALENTINA APREA. Signor Presidente, ministro e viceministro, stiamo ora esaminando le disposizioni relative alle prove di esame; non so se i colleghi hanno avuto modo di leggere il testo, ma in realtà lo schema proposto dal ministro Fioroni è quello classico: si prevedono due prove scritte ministeriali mentre la terza resta di istituto, come già stabiliva la norma introdotta dalla legge cosiddetta Berlinguer n. 425 del 1997. Questo schema è anacronistico ed autoreferenziale; delle prove labotariali abbiamo già discusso in Commissione, come ha rilevato anche il relatore Rusconi. Dunque, l'unica novità si riferisce ad una modifica introdotta con la legge di riforma approvata nella scorsa legislatura.
Veniamo al dunque. Vorrei al riguardo, però, dal ministro, una maggiore attenzione; ministro, è possibile? Si tratta di un punto cruciale, ci tengo...

GIUSEPPE FIORONI, Ministro della pubblica istruzione. Io ascolto!

VALENTINA APREA. La ringrazio.
Ministro Fioroni, deve venire più spesso perché è molto ricercato dal Parlamento!
Eh, no... mi fermo... abbiate pazienza!

EMERENZIO BARBIERI. Presidente, non può sedere al banco del Governo chi non ne sia un rappresentante!

PRESIDENTE. Colleghi, per cortesia, evitate di disturbare il Governo.
Prosegua pure, onorevole Aprea.

VALENTINA APREA. La ringrazio, Presidente.
Il ministro decide ancora una volta di riconsegnare a se stesso ed alla burocrazia ministeriale l'elaborazione e la scelta delle prove di esame, caso unico in Europa; ne viene fuori un nuovo Giovanni Gentile, la cui ombra politica ed ideologica resta evidentemente per il centrosinistra - e, per la verità, anche per la Democrazia Cristiana, in tutti questi anni (ma forse non cambia molto per il ministro Fioroni!) -, l'unico modello di riferimento.
Ma proseguiamo nell'esame dei problemi sollevati da tale disposizione; ebbene, allora, negli anni Venti, Gentile doveva scegliere solo quattro prove scritte - italiano, latino, greco e matematica - sulle quali era facile, per un uomo della sua cultura, dimostrare pieno controllo e competenza. Oggi, invece, il ministro dovrebbe confezionare e scegliere una decina di prove per l'esame di italiano e più di cinquecento per la seconda prova scritta; con tutto il rispetto per la cultura del ministro pro tempore, non crediamo che sia più il caso di avere un ministro che metta il sigillo sulle prove di esame degli studenti.
Ma allora, qual è il problema? La verità è che ci troviamo di fronte ad una scuola che ha compiuto il processo di scolarizzazione di massa già dagli anni Settanta; quindi, il problema dell'accertamento della competenza finale non risiede più in una questione di selezione fine a se


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stessa. Non dobbiamo scandalizzarci se sono tanti i promossi dopo tredici anni di scolarità, dopo, quindi, tanti momenti in cui la scuola ha potuto selezionare, verificare e rinviare anche a nuovo esame e a nuovo controllo la competenza dei ragazzi. Né può valere ancora la questione del valore legale del titolo di studio; infatti, anche riconoscendo che i titoli conferiti dagli istituti superiori continuano ad avere valore legale in quanto producono effetti giuridici e consentono la prosecuzione degli studi o l'inserimento nel mondo del lavoro, il vero problema oggi è la qualità delle conoscenze possedute dagli studenti affinché producano competenze certificabili e spendibili per un'efficace prosecuzione degli studi o per l'inserimento attivo nel mondo del lavoro.
Né, ministro Fioroni, possiamo fare finta che, dall'epoca Berlinguer ad oggi, non sia cambiato nulla; sono trascorsi dieci anni, dieci anni significativi anche per il sistema educativo. Intanto, è stato istituito un servizio nazionale di valutazione del sistema nazionale affidato all'Invalsi.

PRESIDENTE. Deve concludere...

VALENTINA APREA. Il processo avviato con l'agenda di Lisbona impegna gli Stati membri dell'Unione europea a promuovere interventi volti al miglioramento della qualità dei sistemi educativi per garantire la trasferibilità e l'equiparazione dei titoli e delle qualifiche.
L'Unione europea ha indicato otto competenze chiave per lo sviluppo della cittadinanza europea e noi dobbiamo sapere se i nostri ragazzi, dopo tredici anni di scuola, tali competenze, le hanno raggiunte o meno. Le comparazioni internazionali - e, tanto per citare l'indagine più famosa al riguardo, richiamo quella OCSE-Pisa - misurano l'efficacia dei sistemi educativi con processi di valutazione che si riferiscono alle competenze conseguite durante e al termine dei percorsi di studio.
La valutazione degli apprendimenti degli studenti nella scuola italiana è tuttora esclusivamente interna alle istituzioni scolastiche, priva di accountability per le scuole. Insomma, ministro, per gli studenti, più che una commissione esterna, delle prove del ministro e di un voto finale, occorre entrare in possesso di una certificazione delle competenze conseguite, riconosciute a livello nazionale, che, in aggiunta al valore legale del titolo di studio...

PRESIDENTE. Onorevole Aprea, deve concludere.

VALENTINA APREA. ...sia spendibile per la prosecuzione degli studi o per l'accreditamento professionale.
Ministro, possiamo discutere su una sperimentazione, visto che non avete voluto sperimentare quello che era previsto nel cosiddetto decreto Moratti e che, magari, può essere una strada giusta. Non abbiamo la verità in tasca, ma possiamo, almeno, chiederle una sperimentazione in aggiunta alle prove che lei prevede.

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Aprea.

VALENTINA APREA. Attendo una risposta su questo da parte del Governo.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Frassinetti. Ne ha facoltà.

PAOLA FRASSINETTI. Signor ministro, questo è un emendamento fondamentale e, su tale questione, abbiamo dibattuto a lungo anche in Commissione. Alleanza Nazionale, che si aspetta l'accoglimento di questo emendamento, crede che la terza prova debba essere una prova oggettiva con caratteri di valutazione omogenea su tutto il territorio nazionale, altrimenti, ci sarebbe uno svilimento. C'è stato un cambiamento negli anni; prima si parlava di Giovanni Gentile, sicuramente un grande ministro, che ha effettuato una grande riforma, ma i tempi ora sono cambiati ed ora è emblematico che, senza dare all'Invalsi un ruolo di ente di terzietà oggettiva, ci sarebbe uno svilimento. D'altronde, la


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sinistra ha già tentato di abolirlo, ma non ha senso tenere in vita questo ente depotenziato. Chi ha una concezione moderna della scuola, che presuppone la responsabilizzazione, perché dovrebbe aver paura di una valutazione esterna? Da qui nasce poi la problematica relativa all'impreparazione di molti nostri studenti, che non riescono a stare al passo con i ritmi europei. Alleanza Nazionale si schiera a favore di questo emendamento, il cui esito sarà dirimente per la votazione finale sul provvedimento.

GIUSEPPE FIORONI, Ministro della pubblica istruzione. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE FIORONI, Ministro della pubblica istruzione. Grazie, signor Presidente. Vorrei svolgere alcune considerazione di carattere generale su questo tema, che è stato già oggetto di un notevole dibattito ed approfondimento al Senato, con il coinvolgimento delle forze politiche, sia di maggioranza che di opposizione, come anche nel paese.
Anzitutto, all'Invalsi affidiamo il compito di individuare dei modelli da affidare all'autonomia scolastica, per quanto riguarda la terza elaborazione. Ciò deriva da una convinzione di fondo, che reputo estremamente importante; abbiamo tutti esaltato il significato e l'importanza dell'autonomia scolastica in questo paese, a tal punto che, qualche volta, in questi mesi, mi è venuto il sospetto che, come spesso capita in politica, quando tutti parlano bene di una cosa, il rischio reale è che serva a poco e che non sia mai stata applicata. In questo caso, ho optato per la considerazione che non sia stata mai data all'autonomia scolastica la facoltà di potersi esprimere al meglio. L'autonomia scolastica, oltre a consentire ai docenti di accettare la scommessa di educare i nostri figli, li induce ad educarli in base alle proprie professionalità e capacità. Ebbene, un elemento importante perché questa scommessa possa essere vinta è che i docenti, all'interno dell'autonomia scolastica, abbiano la possibilità e la capacità di rivolgersi allo studente che hanno di fronte, figlio di quella famiglia, di quell'autonomia locale e di quel quartiere.
Sarebbe grave se «relazionassi» alla mia esperienza professionale l'ipotesi che i medici, invece di curare il malato, curassero la malattia, pensando che la malattia, così come è stata studiata sui libri di testo, valga per tutti. Molti rischierebbero di morire. Lo stesso vale per la scuola. Dobbiamo avere la possibilità di fornire molti supporti, ma dobbiamo lasciare la capacità di saper scegliere ciò che occorre per testare e valutare al meglio ciascuno studente figlio della propria realtà. Non tutte le scuole e non tutti i ragazzi sono uguali. Il rione Sanità non è lo stesso dei Parioli, ma le opportunità e gli strumenti debbono essere gli stessi. Le valutazioni su come far rendere il massimo ad ogni ragazzo competono all'autonomia ed al supporto che all'autonomia sappiamo fornire. Questo è il significato di ciò che abbiamo realizzato.
È anche estremamente importante avere introdotto all'interno della normativa la valutazione, da parte dell'Invalsi, sull'elaborazione delle prove dell'esame di Stato ed anche un quadro delle competenze, dei saperi e degli apprendimenti che la scuola trasmette ai ragazzi. Credo si tratti di un elemento che possa far superare un modo di funzionamento dell'Invalsi, in cui la somministrazione, senza somministrazione esterna, dava ai ragazzi la sensazione di fare un compito di matematica con l'insegnante che tornava alla fine della lezione. Sicuramente, quel compito non era serio e ciò che si valutava non era il merito o le capacità del singolo, ma il frutto di un lavoro svolto in «cooperativa» e, ripeto, non serio.
Tutto è migliorabile, ma ritengo che si possa trattare di un primo, significativo passo in avanti, per aiutare a svolgere una riflessione sulla qualità e su come coniugarla con l'autonomia. In questi anni, ciò sarà portato avanti con il nostro impegno e con quello dell'intero Parlamento (Applausi dei deputati del gruppo L'Ulivo).


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VALENTINA APREA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

VALENTINA APREA. La ringrazio ministro, ma non ha detto se accetta la mia proposta.

GIUSEPPE FIORONI, Ministro della pubblica istruzione. Il parere sull'emendamento è stato già espresso.

VALENTINA APREA. No, signor ministro, sto parlando di una sperimentazione. Mi aspettavo un invito al ritiro ed un impegno per l'accoglimento di un ordine del giorno che introduca una sperimentazione in aggiunta alle prove che prevedete per tutti con la certificazione delle competenze affidate all'Invalsi.

MARIANGELA BASTICO, Viceministro della pubblica istruzione. Presenti un ordine del giorno.

VALENTINA APREA. Parlo di una sperimentazione che sia affidata all'Invalsi, in aggiunta alle prove. È tutto da stabilire. Parlo della predisposizione e della valutazione di prove nazionali, fino all'entrata in vigore dei nuovi ordinamenti, al fine di certificare le competenze in uscita per ciascuno studente. È una sperimentazione che non andrebbe a modificare il testo, perché tutti farebbero, comunque, quanto previsto dalla norma.

GIUSEPPE FIORONI, Ministro della pubblica istruzione. Presenti un ordine del giorno.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Aprea 1.17, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 479
Votanti 478
Astenuti 1
Maggioranza 240
Hanno votato
211
Hanno votato
no 267).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Garagnani 1.10, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 484
Votanti 481
Astenuti 3
Maggioranza 241
Hanno votato
221
Hanno votato
no 260).

Prendo atto che gli onorevoli Volontè e Germontani non sono riusciti ad esprimere il proprio voto.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Garagnani 1.11.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Garagnani. Ne ha facoltà.

FABIO GARAGNANI. Signor Presidente, l'emendamento in esame è, a mio modo di vedere, fondamentale in merito alla conoscenza che gli studenti debbono avere per essere dichiarati «maturi» all'esame di maturità.
Mi riferisco innanzitutto al contenuto dell'esame di Stato, laddove si fa riferimento alla conoscenza, alle competenze acquisite nell'ultimo anno e agli obiettivi generali dell'istruzione.
L'emendamento da me proposto, relativamente alle basi culturali generali, fa


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specifico riferimento alla conoscenza degli elementi fondamentali della tradizione culturale ed identitaria italiana.
Il punto essenziale è proprio questo: uno studente, che ha diciotto o diciannove anni, che entra nel mondo del lavoro o si accinge a iscriversi all'università, non può prescindere dalla conoscenza della propria storia, delle proprie radici, della propria civiltà. Proprio perché siamo in presenza di una cultura che tende a dissacrare, a delegittimare ogni riferimento alla nostra storia passata, ritengo che, fra gli elementi essenziali che i docenti devono richiedere al maturando, vi sia la conoscenza di questi aspetti fondamentali della nostra cultura, del nostro essere, la peculiarità, la ragione per cui noi siamo italiani, il significato di duemila anni di storia cristiana nell'arte, nella storia, nel costume. Un popolo che dimentica le proprie radici non ha prospettive - io credo e sono sommamente convinto di questo - e mi preoccupa l'indifferenza, se non l'ostilità, del centrosinistra di fronte ad una cosa che mi pare estremamente logica. Soprattutto oggi, in un momento di sbandamento generale, in tutta Europa vi è il riappropriarsi delle proprie origini, non per rivendicarle in modo esclusivo o per demonizzare altri, ma proprio perché si vedono gli effetti devastanti di una cultura che tende a negare tutta la storia passata. E la maggior parte di responsabilità risiede in una parte del corpo docente che, all'interno delle scuole di Stato, si è trasformata da educatore in agitatore politico - questo è il fatto grave! - o che, peggio, si è trasformata in una sorta di classe docente - e mi riferisco, sia ben chiaro, ad una minoranza estremamente politicizzata - che tende a delegittimare ogni fatto della storia del popolo italiano.
Gli episodi di questi giorni lo dimostrano: di fronte ad una maggioranza della popolazione scolastica, vediamo qualche dirigente scolastico, insegnanti, che tendono a negare la realtà del presepe per ciò che significa nella realtà italiana, che tendono a negare elementi basilari della nostra storia e cultura.
Allora è semplicemente (Commenti di deputati dei gruppi Forza Italia e Alleanza Nazionale)...

ELIO VITO. Presidente, il ministro...

LUCA VOLONTÈ. Presidente, il ministro...

PRESIDENTE. Ministro, cortesemente... Se potesse farci la cortesia di ascoltare... Vada avanti, onorevole Garagnani (Commenti di deputati dei gruppi Forza Italia e Alleanza Nazionale)...! Colleghi, per cortesia! Prosegua, onorevole Garagnani!

FABIO GARAGNANI. Signor Presidente e ministro, che fa riferimento a valori comuni, credo che non considerare questa preoccupante situazione in cui versano la popolazione scolastica, e parte del corpo docente e, al di là della polemica, non valutare l'opportunità di richiedere agli studenti, previo insegnamento, la conoscenza di questi elementi fondanti, culturali, anche spirituali - lo dico in senso laico -, ma prima di tutto culturali, che hanno fatto grande la storia del nostro paese e che ci rendono orgogliosi di essere italiani, sia un atto veramente grave, perpetrato nei confronti di tutto il paese.
Veramente, non mi so spiegare l'ostilità del centrosinistra verso ciò che aggiunge qualcosa, casomai, alla conoscenza degli studenti.
In conclusione, Presidente, non è tanto importante la conoscenza della matematica, della fisica, della storia, della filosofia, del latino e del greco: se lo studente non sa a quale riferimento culturale deve ricondurre la propria vita, se non sa da dove viene, dove vuole arrivare, se non sa di che cosa si nutra la sua vita e il suo spirito, quello studente potrà essere anche maturato con il massimo dei voti, ma non avrà acquisito una maturità civile e democratica in grado di renderlo cittadino cosciente e partecipe della vita del proprio paese.
Scusi l'enfasi, ma credo veramente che siamo ad un punto di non ritorno in cui si misura la concezione della scuola e della


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vita del centrodestra e del centrosinistra (Applausi dei deputati dei gruppi Forza Italia, Alleanza Nazionale e UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro)).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Frassinetti. Ne ha facoltà.

PAOLA FRASSINETTI. Signor Presidente, intendo sottoscrivere l'emendamento Garagnani 1.11 e aggiungere qualche riflessione, dopo avere ascoltato l'accorato intervento del presentatore. Da sempre, Alleanza Nazionale si fa portatrice dei valori della tradizione e dell'identità. Non bisogna spaventarsi per queste parole, per questi concetti: identità significa conoscenza e amore per le proprie tradizioni culturali e artistiche, che hanno origini lontane. Credo che, in un'epoca di globalizzazione come quella che stiamo vivendo, importante sia proprio non perdere le radici. Quale momento più consono, se non quello dell'esame finale del ciclo scolastico, a seguito del quale lo studente lascia la scuola superiore per approdare all'università, per effettuare una verifica e un confronto critico riguardo alla acquisizione di un bagaglio culturale che egli porterà con sé per tutta la vita? Nella precedente legislatura, a proposito della cosiddetta riforma Moratti, ci si riferiva alle tre «i», che stavano ad indicare inglese, impresa e Internet. A queste, dobbiamo aggiungere una quarta «i», la più importante, quella che si riferisce alla identità.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Salerno. Ne ha facoltà.

ROBERTO SALERNO. Signor Presidente, vorrei sottoscrivere, a mia volta, l'emendamento Garagnani 1.11. Rivolgo al collega presentatore un sentito ringraziamento per il livello e per il contenuto del suo intervento. Trovo assolutamente scandaloso che il ministro della pubblica istruzione non presti la minima attenzione a questi interventi. Vorrei suggerirgli - dato che si parla di scuola - di ascoltarli, perché potrebbe imparare qualcosa (Commenti dei deputati del gruppo L'Ulivo)!

PRESIDENTE. Onorevole Salerno, questa è una competenza che spetta alla Presidenza.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Campa. Ne ha facoltà.

CESARE CAMPA. Signor Presidente, intervengo per sottoscrivere l'emendamento Garagnani 1.11 e per invitare l'Assemblea a non essere sorda al richiamo che il presentatore le ha rivolto, in maniera puntuale, precisa e accorata. A questo riguardo, desidero unire agli altri ringraziamenti anche il mio personale, per avere suscitato - in me come, credo, in ciascuno di noi - un grande sentimento. Esprimere voto contrario sull'emendamento Garagnani 1.11 significa non riconoscere i grandi valori che il presentatore ha sottolineato a ciascuno di noi. Perciò, faccio appello non solamente all'intelligenza, ma anche al buon cuore della maggioranza perché questa proposta emendativa sia approvata.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Goisis. Ne ha facoltà.

PAOLA GOISIS. Signor Presidente, mi associo, ovviamente, a questo emendamento, sia personalmente sia a nome del gruppo parlamentare al quale appartengo, anche per un altro motivo che, finora, non è stato sottolineato. Da molto tempo, purtroppo, soprattutto negli istituti tecnici e professionali, si tende a sminuire il valore delle materie letterarie quali l'italiano, la storia e l'arte e delle materie culturali in genere, sostenendo che la letteratura non è utile a un geometra, ad un ingegnere o a un architetto. È evidente che, in questo modo, si sottraggono capacità e possibilità ai nostri studenti, su sottrae loro, cioè, la conoscenza di qualcosa che è parte del nostro patrimonio e che noi dobbiamo


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trasmettere. Ho fatto rilevare questa circostanza già molte volte nelle scuole in cui esercito la professione di insegnante, da molti anni.
Il collega Garagnani, ha affermato di non riuscire a comprendere l'ostilità del centrosinistra nei confronti della sua proposta emendativa e del valore dei due contenuti che in essa sono sottolineati. Invece, noi lo abbiamo capito molto bene e da molto tempo. Da parte della sinistra, infatti, c'è la volontà di omologare tutti perché - è chiaro - laddove non c'è una chiara e forte identità è molto più facile la penetrazione di altre forze e di altre culture.
Voglio sottolineare che si parla spesso di rispetto nei confronti delle popolazioni che accettiamo nel nostro paese; per rispettare gli altri, però, prima di tutto bisogna rispettare sé stessi! Questo emendamento, a mio avviso, si muove lungo questa strada. Esso, infatti, intende promuovere fortemente il rispetto della nostra identità e della nostra cultura, che noi dobbiamo difendere in tutti i modi, al fine di evitare la deriva verso l'omologazione e la globalizzazione!
Ricordo che si parlava, tempo fa, del rispetto della diversità culturale; tuttavia, non si può rispettare la diversità culturale se prima, da parte nostra, non vi è una fortissima identità. Bisogna difendere innanzitutto la nostra cultura: dopo di che, saremo in grado di rispettare anche quelle altrui!
Ciò, naturalmente, senza farci mettere in secondo piano: come detto anche prima, infatti, purtroppo stiamo assistendo al fatto che, nelle nostre scuole, si tende a privilegiare le culture altrui abdicando alla nostra! Sembra quasi che ci si vergogni della nostra cultura, della nostra arte e della nostra realtà!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Carlucci. Ne ha facoltà.

GABRIELLA CARLUCCI. Signor Presidente, intervengo per sottoscrivere l'emendamento in esame. Desidero ringraziare anch'io l'onorevole Garagnani, anche perché vorrei sapere se avete letto bene il contenuto di tale proposta emendativa (Commenti dei deputati del gruppo L'Ulivo)!
Vorrei osservare che, attraverso l'emendamento Garagnani 1.11, si opera un richiamo alla cultura generale che ogni studente (nonché ciascuno di noi) dovrebbe poter sfoggiare durante l'esame che lo condurrà all'università. Quindi, vi invito a valutare bene l'emendamento al nostro esame e ad approvarlo, per favore!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bosi. Ne ha facoltà.

FRANCESCO BOSI. Signor Presidente, voglio aggiungere anch'io la mia firma all'emendamento Garagnani 1.11 e desidero richiamare, ancora una volta, la «questione identitaria». Essa, infatti, risulta essere sempre più importante nel momento in cui il nostro paese è coinvolto in un processo di mondializzazzione, nell'ambito del quale si devono confrontare identità e culture diverse.
Non insistere sulla questione identitaria e sulle radici della nostra tradizione e della nostra storia, a mio avviso, ci priverà anche di un elemento credibile di confronto con le altre culture e le altre storie che, nell'ambito di un processo di modernizzazione e di integrazione multietnica, multirazziale e multireligiosa, dovessero giungere nel nostro paese.
È questo il motivo, dunque, per cui desidero apporre la mia firma all'emendamento in esame, ringraziando anche il collega, che su tale questione conduce una battaglia giusta e condivisa.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE CARLO LEONI (ore 17,30)

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Guadagno. Ne ha facoltà.

WLADIMIRO GUADAGNO detto VLADIMIR LUXURIA. Signor Presidente, nell'annunciare il voto contrario del gruppo


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Rifondazione Comunista-Sinistra Europea sull'emendamento in esame, voglio semplicemente ricordare che le culture interagiscono. Una persona che ama la cultura, infatti, vuole conoscere l'altro da sé e non usa l'italianità come una corazza impenetrabile. Chiunque studi l'architettura siciliana, ad esempio, scopre un insieme di influenze italiane, arabe e normanne.
Vorrei rilevare che l'italiano si impara a scuola, e deve essere considerato non una barriera insormontabile da superare, ma un'opportunità che viene data a tutti. Dobbiamo registrare, infatti, soprattutto il trend positivo di tanti migranti che mandano i propri figli a scuola.
Dobbiamo accogliere favorevolmente, infine, la pur tardiva riscoperta dell'italianità da parte di una forza politica come la Lega Nord (Applausi dei deputati dei gruppi Rifondazione Comunista-Sinistra Europea e L'Ulivo - Una voce: Vergogna!)!

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Garagnani 1.11, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni - Commenti dei deputati del gruppo Alleanza Nazionale).

(Presenti 465
Votanti 462
Astenuti 3
Maggioranza 232
Hanno votato
211
Hanno votato
no 251).

ROBERTO SALERNO. Vergogna!

PRESIDENTE. Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Goisis 1.35, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 467
Votanti 466
Astenuti 1
Maggioranza 234
Hanno votato
209
Hanno votato
no 257).

Passiamo alla votazione dell'emendamento Goisis 1.32.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Goisis. Ne ha facoltà.

PAOLA GOISIS. Signor Presidente, stiamo trattando del colloquio. Noi vogliamo sostituire la formulazione originaria con quella proposta perché attribuiamo un'importanza particolare al colloquio, che deve servire ad appurare la capacità critica dello studente ed è finalizzato ad integrare, appunto, il risultato delle prove scritte. Noi chiediamo, altresì, che una di tali prove scritte venga scelta dallo studente, in modo tale da potersi esprimere liberamente, di poter dare prova delle proprie capacità e, soprattutto, della propria creatività. Ecco perché abbiamo presentato questo emendamento.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Goisis 1.32, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 475
Votanti 474
Astenuti 1
Maggioranza 238
Hanno votato
216
Hanno votato
no 258).


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Prendo atto che l'onorevole Rampelli non è riuscito ad esprimere il proprio voto.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Garagnani 1.12, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 478
Votanti 476
Astenuti 2
Maggioranza 239
Hanno votato
214
Hanno votato
no 262).

Prendo atto che l'onorevole Rampelli non è riuscito ad esprimere il proprio voto.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Garagnani 1.13, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 481
Votanti 478
Astenuti 3
Maggioranza 240
Hanno votato
214
Hanno votato
no 264).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Garagnani 1.15, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

FABIO GARAGNANI. Signor Presidente...

PRESIDENTE. Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 470
Votanti 468
Astenuti 2
Maggioranza 235
Hanno votato
215
Hanno votato
no 253).

FABIO GARAGNANI. Signor Presidente, avevo chiesto di intervenire!

PRESIDENTE. Onorevole Garagnani, le posso dare la parola sul successivo emendamento Aprea 1.18. Lei aveva chiesto di parlare in ritardo. Le ricordo che lei è firmatario anche dell'emendamento Aprea 1.18.

FABIO GARAGNANI. Guardi anche a destra!

PRESIDENTE. Guardo solo a destra...
Passiamo alla votazione dell'emendamento Aprea 1.18.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Aprea. Ne ha facoltà.

VALENTINA APREA. Signor ministro, siamo giunti all'emendamento che affronta la questione dei crediti e dei punteggi. È un'altra questione spinosa, come lei sa, che abbiamo ereditato, come scuola italiana, dalla legge Berlinguer, nel senso che vi è una supervalutazione della prova orale. Se rileggete tale parte della legge, constaterete che per ogni prova scritta la commissione ha a disposizione 15 punti e le prove scritte sono tre; invece, per la prova orale, è un colloquio, i punti sono 30. Dal 2000, dalla prima verifica che il professor Vertecchi, presidente dell'Invalsi, fece per conto del Governo dell'epoca, risultò che tale punteggio, in realtà, annulla tutto il rigore e la serietà possibili degli esami, nel senso che vi è tale «pacchetto» di punti che la commissione esaminatrice utilizza soprattutto per far quadrare i conti quando le prove scritte vanno


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male. In buona sostanza, anche un ragazzo che dovesse consegnare le prove scritte in bianco, alla fine, potrebbe superare l'esame di Stato. Infatti, tra il credito scolastico e tale supervalutazione del colloquio, in ogni caso, la farebbe franca.
Noi abbiamo posto tale questione in Commissione, al relatore ed alla maggioranza. Sono tutti consapevoli di ciò, ma alla fine, «cuore di mamma», tutti i ragazzi devono essere comunque promossi, per un'alchimia numerica. Non credo che sia giusto. I ragazzi non hanno bisogno di queste forme esagerate di buonismo. I ragazzi sono in gamba e quando sono in gamba vogliono superare gli esami, perché meritano di superarli, non perché una commissione esaminatrice si mette a far pastrocchi ed ingiustizie. Infatti, chi invece studia e merita vuole anche che gli sia riconosciuta la differenza rispetto a chi, comunque, non ce l'ha fatta alle prove d'esame. Mi raccomando, dunque, al ministro e chiedo Parlamento di valutare attentamente la questione dei punteggi che, lo abbiamo sperimentato, dal 1997 alterano gli equilibri numerici delle prove di esame e, di fatto, condurranno, ancora una volta e senza neppure la certificazione delle competenze, al 99 per cento di promossi, che non mi pare sia gradito né al Parlamento né al popolo italiano.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Del Bue. Ne ha facoltà.

MAURO DEL BUE. Signor Presidente, vorrei, in primo luogo, sottoscrivere l'emendamento Aprea 1.18 (devo dire che avrei voluto sottoscrivere anche l'emendamento Aprea 1.17). Si tratta di un emendamento importante, poiché concerne questioni fondamentali del disegno di legge oggi all'approvazione della Camera dei deputati. Si afferma che bisogna superare il «diplomificio» e lo si fa, prevedendo, per il 50 per cento, l'introduzione di commissari esterni nella commissione esaminatrice ed irrobustendo la prova di esame, considerandola «prova del fuoco». Concetti come selezione, rigore, bocciatura, che, una volta, colleghi della maggioranza, non rappresentavano le parole d'ordine, nel campo dell'istruzione, della sinistra italiana, oggi sono le motivazioni che si pongono alla base di alcuni punti fondamentali di questo disegno di legge.
Vorrei che rifletteste insieme, in modo mite e pacato, su tale aspetto, in occasione dell'illustrazione del presente emendamento.
Penso che la scuola oggi abbia bisogno di maggiore formazione, che debba formare meglio non solo gli studenti, ma anche gli insegnanti, che debba avere più risorse, che debba utilizzare meglio le nuove tecnologie. È paradossale: poniamo tanta attenzione su una selezione effettuata esclusivamente attraverso una prova di esame, ma non prevediamo nel corso delle prove l'utilizzo delle nuove tecnologie, come il computer ed Internet, mentre la memoria individuale cede il passo alla memoria artificiale! Noi identifichiamo una prova di stile ottocentesco nella scuola del 2000 e mi pare assolutamente sbagliato, inadeguato ed arretrato! Vorrei che riflettessimo insieme su tale aspetto.
Vorrei svolgere un ragionamento, assolutamente pacato, in Assemblea di fronte al ministro, che non mi ascolta, ma non importa, di fronte al viceministro, che non mi ascolta, perché parla con il ministro, ma non importa, di fronte alla maggioranza che, in parte, mi ascolta e la ringrazio, mentre altri telefonano e non ascoltano, ma non importa...!
Stiamo esprimendo il voto - vorrei che fosse chiaro - su alcune riforme che influiranno sulla vita dei nostri figli, dei ragazzi del 2000, della scuola del futuro! Vorrei, pertanto, che vi fosse un atteggiamento di maggiore responsabilità da parte di tutti! Ecco perché, signor ministro, signor viceministro, colleghi, colleghi della maggioranza in particolare, lego l'emendamento Aprea 1.17 all'emendamento Aprea 1.18! Perché, da un lato, si richiede la presenza di commissari esterni per garantire maggiore rigore e selezione, superare il «diplomificio», con più bocciature e, dall'altro, si attribuisce al cosiddetto credito scolastico, cioè a ciò che lo


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studente ha fatto durante gli anni, un punteggio pari al 25 per cento del totale.
Coerentemente all'idea che l'esame debba tornare ad essere la «prova del fuoco» dello studente, mentre ciò che ha fatto precedentemente deve contare molto poco, ci si assicura che i commissari che devono giudicare gli studenti in questa prova del fuoco siano almeno al 50 per cento degli esterni e che coloro che hanno seguito lo studente per cinque anni possano contare poco (in fondo lo hanno conosciuto e ciò potrebbe anche rappresentare un elemento di vantaggio nel giudizio finale, ma potrebbero avere dei legami affettivi con lui).
Quindi, si prevedono commissari esterni per giudicare, semplicemente sulla base di una prova del fuoco, lo studente, mentre attribuiamo al rendimento scolastico soltanto il 25 per cento del punteggio globale ed il 30 per cento, cioè il 5 per cento in più, lo attribuiamo al colloquio effettuato al 50 per cento con i commissari esterni.
Mi chiedo se questo modo di giudicare gli studenti e la scuola, così come definito dalla riforma, non sia superato fin dall'anno 2000 e non da fatti contingenti. Si tratta di strumenti superati dall'evoluzione delle tecnologie e del rapporto che deve esistere tra chi giudica e chi è giudicato.
A mio giudizio si tratta di una proposta arretrata. Pensateci bene prima di votare questi emendamenti. Pensateci bene, perché si tratta di una votazione decisiva per il futuro della scuola italiana e per quello dei nostri e dei vostri figli (Applausi dei deputati del gruppo Democrazia Cristiana-Partito Socialista)!

PRESIDENTE. Chiedo all'onorevole Garagnani se intenda parlare sull'emendamento Aprea 1.18. In questo caso, il suo intervento sarebbe a titolo personale.

FABIO GARAGNANI. Sì, signor Presidente.

PRESIDENTE. Ne ha dunque facoltà.

FABIO GARAGNANI. Signor Presidente, il mio intervento è effettivamente a titolo personale per ribadire, visto che ho apposto la mia firma, il mio pieno consenso all'emendamento presentato dalla collega Aprea e sottoscritto dai colleghi Garagnani, Frassinetti e Barbieri.
Signor Presidente, vorrei inoltre invitarla a porre maggiore attenzione alle richieste di dichiarazione di voto e ad attivare in modo esaustivo i suoi collaboratori. Avrei voluto intervenire sui miei emendamenti 1.12, 1.13 e 1.15. Pertanto, mi sono affacciato e sbracciato dalla mia postazione per manifestare la volontà di intervenire. I colleghi ne sono testimoni. Quindi, prima di procedere con una certa fretta alle operazioni di voto, la prego di verificare, lei o i suoi collaboratori, se vi è l'intenzione di intervenire su emendamenti a cui attribuiamo significativa importanza ai fini del dibattito.
In ogni caso, resta il fatto che sugli emendamenti precedenti, che costituiscono il perno di quelli da me presentati, non ho avuto la possibilità di intervenire, nonostante avessi manifestato esplicitamente l'intenzione di prendere la parola. Credo che occorra procedere tenendo conto della volontà espressa, visto che non esiste la possibilità di attivare strumenti per richiamare l'attenzione della Presidenza.

PRESIDENTE. Deputato Garagnani, per quanto riguarda il sottoscritto, le chiedo scusa. Tuttavia, le assicuro che i miei collaboratori - o per meglio dire il personale del Servizio Assemblea - sono attivi ed attentissimi.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Campa. Ne ha facoltà.

CESARE CAMPA. Signor Presidente, lei si è già scusato con il collega Garagnani. Pertanto, ritengo di aver diritto anch'io alle sue scuse in quanto avevo chiesto di prendere la parola sugli emendamenti Garagnani 1.13 e 1.15. Vorrei che rimanesse agli atti che è sembrato quasi non si volesse discutere l'emendamento Garagnani 1.13, volto a precisare che la lingua di insegnamento deve essere quella italiana. Siamo in Italia e quindi non precisare


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che la lingua di insegnamento deve essere quella italiana mi sembra cosa molto strana. Mi è inoltre sembrato molto strano il fatto di non aver potuto discutere l'emendamento Garagnani 1.15. Rimanga agli atti che avrei voluto apporre la mia firma, anche se ora non è più possibile, visto che si è verificato questo disguido.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Aprea 1.18, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 472
Votanti 471
Astenuti 1
Maggioranza 236
Hanno votato
214
Hanno votato
no 257).

Passiamo alla votazione dell'emendamento Barbieri 1.51.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Barbieri. Ne ha facoltà.

EMERENZIO BARBIERI. Signor Presidente, chiederei un po' di attenzione da parte del relatore Rusconi e del Governo, ministro o viceministro non importa. Data la delicatezza della materia, non capisco come si possa esprimere parere contrario sul mio emendamento 1.51. La norma in vigore recita: «gli esami degli alunni con handicap sono disciplinati in coerenza con la legge 5 febbraio 1992, n. 104». Peccato che dal 1992 ad oggi siano passati 14 anni e che questo Parlamento di altri provvedimenti a favore degli handicappati ne abbia approvati molti. Allora, con quale ratio ci si rifiuta di sostituire le parole «sono disciplinati»? In proposito, faccio notare che anche dal punto di vista della lingua italiana questa locuzione suona malissimo perché non è vero che la legge disciplina il tipo di esame svolto dagli alunni portatori di handicap. Quindi, è meglio dire: «si svolgono nel rispetto della legge n. 104».
Aggiungiamo, quindi: «di ogni altra disposizione vigente in materia di integrazione scolastica e diritto allo studio degli alunni con disabilità». Come faccia il centrosinistra a rifiutarsi di votare a favore di questo emendamento è veramente inspiegabile. Capirei se l'emendamento andasse nella direzione di togliere dei diritti agli alunni disabili, ma esso va nella direzione opposta, cercando infatti di tutelarli anche con leggi e norme approvate dopo il 1992. Chiedo pertanto al ministro di riflettere sulla questione.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il ministro della pubblica istruzione, Giuseppe Fioroni. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE FIORONI, Ministro della pubblica istruzione. Credo che nel merito e, soprattutto nello spirito, l'onorevole Barbieri abbia ragione. Lo inviterei pertanto a ritirare questo emendamento, perché egli sa meglio di me che le leggi si rispettano comunque senza bisogno di ricordarle. Se intende poi trasfondere i contenuti dell'emendamento in un ordine del giorno, mi impegno personalmente ad inserire la dizione esatta nella circolare di indirizzo per gli esami di Stato.

PRESIDENTE. Chiedo al presentatore se acceda all'invito al ritiro dell'emendamento Barbieri 1. 51 testé formulato dal ministro.

EMERENZIO BARBIERI. Aderisco all'invito del ministro. Quando nel ministro prevale la «scuola andreottiana», si riescono anche a trovare delle convergenze; è quando prevale la scuola della sinistra che non si trovano.

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento Aprea 1.19.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Aprea. Ne ha facoltà.


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VALENTINA APREA. Intervengo solo per ribadire che questo emendamento ripropone la commissione interna integrale. Peraltro, la commissione mista, composta per metà da interni e per metà da esterni è stata già provata nel nostro paese. Si tratta di uno schema che non ha mutato né risolto i problemi degli esami di Stato, rivelandosi inefficace e costoso. Non so perché, anche di fronte a fallimenti conclamati, torniamo indietro.
Il nostro emendamento nel lessico parlamentare potrebbe essere qualificato come «di bandiera», ma ribadiamo che nella scuola dell'autonomia occorrerebbe responsabilizzare ancora di più le scuole, anche rispetto agli esiti finali e approfondire invece le certificazioni e la valutazioni esterne. Ma di questo abbiamo già parlato, quindi rinvio al dibattito precedente.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Frassinetti. Ne ha facoltà.

PAOLA FRASSINETTI. Grazie, Presidente. Intervengo per spiegare il voto contrario di Alleanza Nazionale su questo emendamento. Il mio gruppo crede che sia giusta la reintroduzione dei commissari esterni. Anche nel dibattito tenutosi al Senato è emerso questo orientamento. La commissione sarebbe stata accettata da noi qualora vi fosse stata una compensazione della certificazione esterna, della quale abbiamo già discusso nell'emendamento precedente. Riteniamo che per la serietà dell'esame una valutazione del membro esterno sia comunque molto più congrua per l'alunno e rappresenti un incentivo, un impegno ed uno stimolo didattico. Anche dal punto vista psicologico, sarebbe auspicabile come modalità per affrontare meglio il mondo esterno. Per questo Alleanza Nazionale voterà contro questo emendamento.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Aprea 1.19, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 472
Votanti 470
Astenuti 2
Maggioranza 236
Hanno votato
214
Hanno votato
no 256).

Prendo atto che il deputato Satta non è riuscito ad esprimere il proprio voto.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Goisis 1.20.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Goisis. Ne ha facoltà.

PAOLA GOISIS. In base a quanto detto in precedenza, noi sosteniamo questo emendamento affinché la commissione d'esame sia composta dagli insegnanti delle materie di esame della classe dei candidati per tutti gli istituti di istruzione secondaria (statali e paritari) e presieduta da un membro esterno.
Ciò perché riteniamo che non sia la composizione della commissione a garantire la serietà della scuola.
La serietà della scuola si costruisce lungo tutto il corso di studi, durante i cinque anni della scuola di istruzione secondaria superiore e anche nei tre anni della scuola media.
Purtroppo, come ho già affermato in quest'aula, la difficoltà sta proprio qui: una riforma importante dovrebbe partire dalle fondamenta. E noi riteniamo che le fondamenta stiano proprio nella scuola primaria, ossia nella scuola media. Purtroppo, il fatto che la scuola dell'obbligo sia stata interpretata malamente - ossia, in quanto tale, come scuola della promozione per tutti - determina una serie di difficoltà, che si trascinano nel biennio e nel triennio delle superiori, nonché nell'esame finale.


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Pertanto, la riforma - lo ripeto - non dovrebbe riguardare le commissioni di esame. In passato, abbiamo già constatato come le commissioni di esame esterne abbiano rappresentato un fortissimo e pesantissimo onere per lo Stato. Peraltro, molto spesso, per tanti insegnanti diventano uno strumento per fare vacanza, e non certo un elemento di serietà.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Goisis 1.20, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 466
Votanti 465
Astenuti 1
Maggioranza 233
Hanno votato
200
Hanno votato
no 265).

Prendo atto che il deputato Viola non è riuscito ad esprimere il proprio voto.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Barbieri 1.52.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Barbieri. Ne ha facoltà.

EMERENZIO BARBIERI. Signor Presidente, vorrei richiamare l'attenzione della viceministra Bastico e del relatore anche sull'emendamento in esame. La norma che proponiamo di emendare stabilisce che la commissione di esame di Stato sia composta da non più di sei commissari.
Allora, tale espressione, nella lingua italiana (che io ho imparato e che credo sia la stessa che ha imparato la viceministra Bastico), significa che i commissari potrebbero essere sei, cinque, quattro o tre.
Il mio emendamento 1.52, che mi pare di assoluto buon senso, propone che, con decreto di natura non regolamentare del ministro della pubblica istruzione, si provveda alla determinazione del numero dei componenti della commissione d'esame.
Per quale motivo dobbiamo «impiccarci» a stabilire che il numero non debba essere maggiore di sei? Noi, paradossalmente, proponiamo che sia il ministro, con suo decreto, a stabilire il numero dei componenti la commissione d'esame. In tal modo, si potranno prevedere commissioni composte da tre o quattro membri. Ma che senso ha porre, come tetto, un numero di sei membri? Proprio per motivi legati alle risorse disponibili, credo che ben difficilmente il ministro possa pensare di prevedere una commissione d'esame composta da più di sei persone.
Viceministra Bastico, l'emendamento in esame ha il solo significato di dare al ministro la responsabilità che gli compete, senza fissare un tetto, perché sarà il ministro stesso a decidere di quanti membri dovrà essere composta la commissione d'esame. Che anche su questo emendamento abbiate espresso un parere negativo, francamente, è qualcosa di sconfortante!

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Barbieri 1.52, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 475
Votanti 467
Astenuti 8
Maggioranza 234
Hanno votato
218
Hanno votato
no 249).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Frassinetti 1.43, non accettato dalla Commissione né dal Governo, e sul quale la V Commissione (Bilancio) ha espresso parere contrario.
(Segue la votazione).


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Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 475
Votanti 429
Astenuti 46
Maggioranza 215
Hanno votato
174
Hanno votato
no 255).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Frassinetti 1.46, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 465
Votanti 463
Astenuti 2
Maggioranza 232
Hanno votato
212
Hanno votato
no 251).

Passiamo alla votazione dell'emendamento Frassinetti 1.45.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Frassinetti. Ne ha facoltà.

PAOLA FRASSINETTI. Questi emendamenti riguardano l'esclusione dei docenti delle scuole paritarie dalle commissioni d'esame. Già prima, parlando dell'emendamento presentato da Rifondazione Comunista, abbiamo trattato il problema delle scuole paritarie. Penso, signor ministro, che la mancata inclusione dei docenti delle scuole paritarie nelle commissioni d'esame sia una grave discriminazione. La legge n. 62 del 2000, infatti, ha istituito il sistema nazionale d'istruzione che prevede che le scuole statali e paritarie siano sullo stesso piano. Nel presente disegno di legge, invece, vi è questo paradosso: i docenti delle scuole paritarie possono svolgere il ruolo di membri interni, ma non quello di membri esterni. Votando questo emendamento, si impedisce l'esistenza di una norma sicuramente discriminatoria che pregiudica immotivatamente, per ragioni di carattere ideologico, politico e culturale, alla base di questa norma da emendare, gli insegnanti delle scuole paritarie. Per tale motivo, ho presentato l'emendamento 1.45 sul quale Alleanza Nazionale voterà a favore.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Aprea. Ne ha facoltà.

VALENTINA APREA. Signor Presidente, intervengo per aggiungere la mia firma all'emendamento Frassinetti 1.45, perché, come l'onorevole Garagnani ha dimostrato anche con i suoi emendamenti, noi e tutta Forza Italia crediamo che la pari dignità debba valere anche per le scuole non statali nei confronti delle scuole statali, se si tratta delle scuole statali del sistema pubblico nazionale. Mi piace ricordare - ma il ministro lo sa bene perché ha tutte le certificazioni in tal senso - come con il ministro Moratti avevamo iniziato un'operazione di pulizia (che non dubito possa essere portata avanti anche dal ministro Fioroni) rispetto ai «diplomifici». Questi ultimi non sono scuole e non sono quindi scuole paritarie, così come questo Parlamento e le leggi nazionali intendono quando si riferiscono a scuole non statali. Quindi, è giusto colpire i «diplomifici», ma non è giusto fare differenze tra insegnanti delle scuole statali e insegnanti delle scuole paritarie che ricevono finanziamenti pubblici. Infatti essi svolgono un servizio pubblico e devono a tutti gli effetti essere utilizzati anche per funzioni come quelle degli esami di Stato.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Frassinetti 1.45, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).


Pag. 64

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 479
Votanti 478
Astenuti 1
Maggioranza 240
Hanno votato
219
Hanno votato
no 259).

Passiamo alla votazione dell'emendamento Goisis 1.22.

PAOLA GOISIS. Grazie, Presidente...

PRESIDENTE. Onorevole Goisis, la prego di alzare la mano quando chiede di intervenire. Lo dico solo perché in questo modo la Presidenza non sbaglia nel dare la parola.
Ha facoltà di parlare.

PAOLA GOISIS. Va bene; grazie Presidente. L'emendamento in esame prevede che alle parole del comma 1, capoverso Art. 4, comma 3, lettera c), dopo le parole: «secondaria superiore statali» si aggiungano anche le parole «e paritari legalmente riconosciuti». Le motivazioni sono nel dibattito che stiamo portando avanti durante tutto questo pomeriggio. Infatti, per prima cosa, noi della Lega Nord stiamo osservando come, molto spesso, in quest'aula si opera una discriminazione nei confronti delle popolazioni del nord che, in particolar modo si rivolgono alle scuole paritarie che esercitano un ruolo molto importante. In tanti paesi del nord, molti ragazzi sono raccolti dalla strada e tolti dalla delinquenza e dalla droga proprio dalle scuole paritarie e cattoliche, come dicevamo prima.
Ma direi di più, rifacendomi all'affermazione del ministro Fioroni, secondo il quale le scuole statali vogliono dare una risposta anche a coloro che non hanno i soldi in tasca.
Vi assicuro che nel nord questo compito viene assolto egregiamente delle scuole paritarie, in modo particolare dalle scuole cattoliche. Insisto quindi caldamente su questo emendamento che aggiunge le scuole paritarie o legalmente riconosciute, per consentire a questi insegnanti che non hanno nulla di meno rispetto agli insegnanti delle scuole statali di far parte delle commissioni di esame di maturità.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Garagnani. Ne ha facoltà.

FABIO GARAGNANI. Anch'io condivido questo emendamento. Voglio solo ribadire che, al di là delle affermazioni di principio del ministro che si è richiamato alla funzione pubblica delle scuole paritarie e del loro apporto, in particolare nel settore della scuola materna, rimane il fatto che quando si parla si accostano indirettamente i «diplomifici» alle scuole paritarie. Credo che sia opportuno precisare una volta per tutte che se ci basiamo sulla severità degli studi non possiamo dare un giudizio di eccellenza assoluta alle scuole di Stato. In molti istituti superiori non si boccia più per timore di toccare l'organico dei docenti, per timore di sopprimere determinate classi e questo in funzione del mantenimento di determinati equilibri.
Non vorrei che l'intenzione dichiarata e conclamata in questa disposizione, che di fatto penalizza i docenti delle scuole paritarie - che fanno da sempre parte delle commissioni, ed allora bisognerebbe rivedere l'intero impianto legislativo - sia una sorta di punizione non dichiarata ma effettiva verso una presenza così essenziale e preziosa, che dà un minimo di pluralismo ad un sistema scolastico statale fossilizzato, chiuso, molto spesso permeato da luoghi comuni e anche da concezioni ideologiche che vengono trasmesse agli alunni. Di fronte a ciò, credo che un'ulteriore precisazione ed una verifica della necessaria severità, che non è così diffusa nelle scuole di Stato, sia più che mai opportuna, perché se il fenomeno dei «diplomifici» è aberrante e da evitare allora va detto che i «diplomifici» statali sono diffusi più di quanto non si


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pensi, proprio in ragione delle motivazioni che prima ho esposto.
Credo che sia arrivato il momento della chiarezza - so benissimo qual è la volontà della maggioranza - di esplicitare in maniera più significativa e comprensibile le reali intenzioni di questa maggioranza, che non ha il coraggio di dichiarare apertamente ciò che di fatto attua ed esercita in modo indiretto, con un provvedimento come questo, che di fatto penalizza gli insegnanti delle scuole paritarie, contraddicendo lo spirito e la forma della legge n. 62 del 2000, alla quale voi colleghi del centrosinistra fate continuamente riferimento (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Brigandì. Ne ha facoltà.

MATTEO BRIGANDÌ. Grazie, signor Presidente. Credo che sarebbe ora di finirla con il considerare questo ramo del Parlamento subordinato all'altro e quindi rigettare qualunque tipo di novità intervenga in quest'Assemblea. L'emendamento che stiamo discutendo è importante ed essenziale per un motivo semplice: la libertà di insegnamento è tutelata a livello costituzionale. Evidentemente discriminare un lavoratore rispetto ad un altro per il fatto che insegna in una scuola piuttosto che in un'altra, a parità di titoli, di formazione, di esami è un fatto che non è accettabile da alcun tipo di logica. Credo quindi che occorra votare a favore di questo emendamento.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Goisis 1.22, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 463
Votanti 462
Astenuti 1
Maggioranza 232
Hanno votato
207
Hanno votato
no 255).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Frassinetti 1.44, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 474
Votanti 471
Astenuti 3
Maggioranza 236
Hanno votato
210
Hanno votato
no 261).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Frassinetti 1.53, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 478
Votanti 475
Astenuti 3
Maggioranza 238
Hanno votato
212
Hanno votato
no 263).

Prendo atto che la deputata Balducci non è riuscita ad esprimere il proprio voto.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Frassinetti 1.42, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).


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Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 477
Votanti 474
Astenuti 3
Maggioranza 238
Hanno votato
213
Hanno votato
no 261).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Frassinetti 1.41, non accettato dalla Commissione né dal Governo e sul quale la V Commissione (Bilancio) ha espresso parere contrario.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 481
Votanti 479
Astenuti 2
Maggioranza 240
Hanno votato
211
Hanno votato
no 268).

Passiamo alla votazione dell'emendamento Barbieri 1.9.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Barbieri. Ne ha facoltà.

EMERENZIO BARBIERI. Signor Presidente, anche qui non riesco a capire perché si debba esprimere un parere contrario. Mi pare di capire, signor ministro, che dopo l'approvazione di questa legge, bisognerà modificare il decreto del Presidente della Repubblica n. 323 del 1998. Ciò è acclarato. Bisogna anche modificare la legge 10 dicembre 1997, n. 425.
Noi, con questo emendamento, già con questa legge, onorevole relatore, vogliamo fare in modo che gli italiani possano comprendere immediatamente cosa abbiamo fatto con questo provvedimento.
Non riesco a capire per quale motivo ci si debba ostinare a dire di no. Si aiuterebbe il Governo, perché l'emendamento prevede che il Governo è autorizzato a modificare il regolamento. Senza questa clausola, il Governo, per modificare il decreto del Presidente della Repubblica, deve tornare presso le Commissioni parlamentari e in aula. Non capisco perché, nel momento in cui vogliamo aiutare a snellire e a delegificare, evitando passaggi inutili, ci venga risposto di no. Quello che sta accadendo è paradossale.
Quindi, viceministro Bastico, riflettete bene prima di dire di no a questo emendamento, perché esso va nella direzione di autorizzare voi a fare alcune cose, senza che si debba tornare nelle aule parlamentari.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Barbieri 1.9, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 478
Votanti 477
Astenuti 1
Maggioranza 239
Hanno votato
217
Hanno votato
no 260).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 1.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 479
Votanti 478
Astenuti 1
Maggioranza 240
Hanno votato
270
Hanno votato
no 208).


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Prendo atto che il deputato Cannavò non è riuscito ad esprimere il proprio voto.

(Esame dell'articolo 2 - A.C. 1961 ed abbinate)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 2 e delle proposte emendative ad esso presentate (vedi l'allegato A - A.C. 1961 ed abbinate sezione 4).
Nessuno chiedendo di parlare, invito il relatore ad esprimere il parere della Commissione.

ANTONIO RUSCONI, Relatore. Signor Presidente, per le motivazioni già espresse in riferimento all'articolo 1, la Commissione formula un invito al ritiro - altrimenti il parere è contrario - su tutte le proposte emendative riferite all'articolo 2.

PRESIDENTE. Il Governo?

MARIANGELA BASTICO, Viceministro della pubblica istruzione. Signor Presidente, il parere del Governo è conforme a quello espresso dal relatore: invito al ritiro di tutte le proposte emendative, altrimenti il parere è contrario.

PRESIDENTE. Sta bene. Ove, quindi, i presentatori non accedano all'invito al ritiro, si intende che insistano per la votazione delle rispettive proposte emendative.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Barbieri 2.1.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Barbieri. Ne ha facoltà.

EMERENZIO BARBIERI. Signor Presidente, credo che non sfugga a nessuno - lo dico soprattutto ai colleghi della maggioranza, in questo caso, e non al Governo -, un fatto: l'emendamento dell'UDC non va contro ciò che è scritto all'articolo 2, ma si limita a cancellare la delega al Governo sulla base di un ragionamento che mi pare elementare.
A parte il fatto che non riesco a capire per quale motivo ci si debba far prendere dal sacro furore quando si conferiscono deleghe al Governo da parte del Parlamento; noi, con il mio emendamento 2.1, consentiamo di mettere per iscritto, nella legge, quello che, invece, nel provvedimento trasmesso dal Senato viene sottoposto a delega del Governo.
Poiché nel merito siamo d'accordo, non capisco per quale motivo il Governo desideri una delega, alla quale potrebbe proficuamente rinunciare e trovare invece una larga convergenza parlamentare in quest'aula.
È un altro dei motivi misteriosi, per nulla chiariti, di questo provvedimento.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Barbieri 2.1, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 475
Votanti 474
Astenuti 1
Maggioranza 238
Hanno votato
215
Hanno votato
no 259).

Passiamo alla votazione dell'emendamento Aprea 2.3.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Aprea. Ne ha facoltà.

VALENTINA APREA. Signor Presidente, ministro, siamo passati all'esame del qualificante articolo 2, poiché tratta del raccordo scuola-università.
Bisogna comprendere come limitare la «mortalità» universitaria poiché, oltre ai problemi della scuola, dati dalla dispersione scolastica e formativa, registriamo anche una dispersione universitaria; quindi, è giusto preoccuparsi di questo raccordo.


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Chiedo, comunque, un intervento del ministro poiché credo che il quinto anno dei percorsi d'istruzione secondaria superiore debba sicuramente avere le prioritarie finalità del completamento del percorso disciplinare scelto, dell'approfondimento delle competenze e delle abilità caratterizzanti il profilo culturale e professionale del corso di studi. In ogni caso, se vogliamo rafforzare l'orientamento alla prosecuzione degli studi o all'eventuale inserimento nel mondo del lavoro, non possiamo affidarci a corsi aggiuntivi o a presenze estemporanee - o temporanee - di universitari, docenti universitari nella scuola o a professori di licei che vanno con gli studenti nelle università; abbiamo già verificato tutto questo, non siamo all'anno zero rispetto a queste forme di orientamento e di raccordo che non funzionano.
Tra l'altro, attraverso i test delle università non si riescono a canalizzare né le intelligenze migliori verso le facoltà prescelte, né gli studenti con particolari attitudini verso alcuni percorsi universitari; sono ancora troppi gli studenti che non riescono ad accedere ai percorsi universitari prescelti, pur in presenza di conoscenze adeguate ed attitudini specifiche.
Soprattutto - desidererei per un attimo l'attenzione dell'Assemblea -, gli alunni che frequentano l'ultimo anno delle superiori, come sapete, sono, di fatto, maggiorenni, hanno già compiuto i diciotto anni, quindi sono in grado di scegliere sia il proprio progetto formativo sia quello professionale; siamo una delle poche scuole europee e del mondo che mantiene ancora i ragazzi tra i diciotto e i diciannove anni.
Desidererei tanto che il Governo comprendesse queste ragioni di buon senso - che appartengono alla pedagogia, agli studi e alle statistiche più recenti - e, nel quadro delle iniziative che favoriscono questo raccordo, che potesse autorizzare, per il quinto anno degli istituti secondari superiori, forme di flessibilità curricolari che consentano agli studenti, nell'ambito dell'autonomia scolastica, di approfondire discipline coerenti con il percorso di studi universitario o di alta formazione che intendono scegliere dopo gli esami di Stato, i cui esiti potrebbero essere quantificati e riconosciuti come credito per l'accesso all'università e ai percorsi formativi, previ naturalmente specifici accordi tra le istituzioni scolastiche, le università e gli istituti per l'alta formazione tecnica e professionale.
Bisogna responsabilizzare di più gli studenti rispetto al proprio futuro, responsabilizzare le scuole e creare un vero link, un collegamento tra scuola ed università, basato sui curricola, sui crediti e sulle competenze, e non su progetti che poi, alla fine, non incidono realmente sul percorso degli studi personali degli studenti.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Frassinetti. Ne ha facoltà.

PAOLA FRASSINETTI. Signor Presidente, l'emendamento in esame avvicina la scuola all'università e - come affermato dall'onorevole Aprea - riteniamo che l'ultimo anno sia determinante, in quanto gli studenti hanno già l'opportunità di avere un orientamento sui loro studi futuri. Conseguentemente, evitando selezioni che spesso non danno il polso della situazione relativamente alla preparazione degli studenti, credo che una flessibilità curricolare più armonica, che accompagni lo studente durante l'ultimo anno, possa essere rilevante per la preparazione universitaria, ma anche per la successiva introduzione nel mondo del lavoro.

GIUSEPPE FIORONI, Ministro della pubblica istruzione. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE FIORONI, Ministro della pubblica istruzione. Signor Presidente, approfitto di questo emendamento e degli interventi svolti sullo stesso per evidenziare che con il presente provvedimento si compie un significativo passo in avanti per far sì che, dal punto di vista sia dell'orientamento - completandolo anche con gli aspetti che riguardano l'alta formazione


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tecnica e professionale - sia dell'università, si possa consentire ai nostri ragazzi un orientamento non solo sulle qualità - prevalentemente ricettive e di indirizzo - di ciò che sceglieranno, ma anche in ordine alle aspettative, alle competenze e ai saperi cui tendono, verificandoli contestualmente all'espletamento dell'ultimo anno.
Ritengo che, nel complesso, l'articolo 2 sia quello che più di ogni altro dia nuovamente serietà e dignità ai nostri ragazzi.
Un percorso di scuola media superiore che, ai fini dell'ingresso nelle università a numero chiuso, non è riconosciuto né nel voto di maturità, né nel curriculum degli ultimi tre anni, né nei voti di base delle materie fondanti dei percorsi universitari a numero chiuso che vengono scelti, né nell'individuazione dei quiz sulla base dei programmi svolti nelle scuole medie superiori, costituisce una situazione insostenibile.
Attraverso il provvedimento in esame assicuriamo ai nostri ragazzi non solo un esame più serio, ma anche la possibilità che questo, così come il curriculum scolastico, le materie fondanti e i programmi, costituiscano l'elemento che genera la certezza che il merito sia tale anche per accedere all'università.
Un paese nel quale le università per prime non riconoscono la validità dei percorsi svolti precedentemente non solo non è un paese normale, ma non è un paese serio. Dunque, rendiamo prima serio il nostro esame e poi, con l'università, rendiamo seria anche la valutazione degli sforzi compiuti dai nostri ragazzi.
D'altronde, è difficile chiedere ai ragazzi di accettare un cambiamento degli esami di maturità in corso d'opera - come accade con il testo in esame -, se non legandolo ad una prospettiva non solo di serietà, ma anche di indubbio riconoscimento del lavoro e degli sforzi compiuti. Si tratta di un modo per dar vita ad un esame serio, ma anche per riconoscere ai nostri ragazzi un premio per la loro serietà.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Laurini. Ne ha facoltà.

GIANCARLO LAURINI. Signor Presidente, chiedo di poter sottoscrivere l'emendamento in esame, anche dopo l'intervento del ministro, in quanto non mi pare che la presente proposta emendativa - che prevede, appunto, la possibilità di approfondire nell'ultimo anno discipline coerenti con il percorso di studi universitario prescelto - sia in contrasto con le finalità che l'onorevole ministro ha indicato quali elementi basilari di questo provvedimento.
Mi pare, invece, che tale flessibilità sia estremamente interessante ed utile proprio se si vuole creare un ponte di passaggio più forte tra l'istruzione - sia essa quella scolastica di grado secondario (come nel caso di specie) ovvero quella universitaria - e l'immissione poi nel mondo del lavoro. È un percorso che va facilitato, anche consentendo agli studenti di godere di tale flessibilità nei curricula, in quanto è certamente utile a tale fine.
Quindi, anche dopo avere ascoltato l'intervento del ministro, desidero sottoscrivere l'emendamento in esame.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Garagnani. Ne ha facoltà.

FABIO GARAGNANI. Signor Presidente, intervengo perché la risposta del ministro mi ha lasciato sconcertato essendo un esempio di doroteismo fine a se stesso; il ministro, infatti, prospetta elementi in sé contraddittori pur vantando la bontà dell'esame. Se vi è una tendenza di questo Governo che mi preoccupa è tale sostanziale schizofrenia che lo porta per certi aspetti ad imprimere una direttrice di marcia estremamente centralista - per cui lo Stato si riappropria di determinate competenze negando all'autonomia scolastica la possibilità di decollare - e per altri, invece, a non intervenire quando dovrebbe farlo, soprattutto per una vera applicazione della legge. Per certi aspetti,


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è in corso, di fatto, una controriforma della legislazione scolastica; come si fa ad ignorare la bontà e l'urgenza di approvare un emendamento come questo, illustrato dalle colleghe Aprea e Frassinetti? Un emendamento che, per così dire, pone il dito sulla piaga ovvero sull'insufficiente formazione degli iscritti all'università, soprattutto alle facoltà scientifiche, nonché sulla necessità di diversificare l'approccio all'università facilitando per gli studenti la possibilità di seguire percorsi scolastici che favoriscano la conoscenza di determinate discipline.

PRESIDENTE. Deve concludere...

FABIO GARAGNANI. L'emendamento si fa carico di tale esigenza; non a caso il ministro Mussi dichiara che l'università registra una pericolosa carenza di iscritti alle facoltà scientifiche; l'abbandono scolastico...

PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole!

FABIO GARAGNANI. Concludo per ribadire la bontà di questo emendamento e per sollecitare il Governo a dare una risposta più precisa in merito.

VALENTINA APREA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

VALENTINA APREA. Con riferimento all'intervento del ministro Fioroni, ritengo di avere compreso - però vorrei una conferma, ministro - che ritirando l'emendamento e trasfondendone il contenuto in un ordine del giorno...

GIUSEPPE FIORONI, Ministro della pubblica istruzione. Se lei lo ritira, il Governo accoglierà l'ordine del giorno.

VALENTINA APREA. Quindi, se sarà accolto un ordine del giorno su tale ipotesi di sperimentazione di raccordi attraverso una flessibilità curricolare, ritirerei l'emendamento, se il ministro è d'accordo.

GIUSEPPE FIORONI, Ministro della pubblica istruzione. D'accordo.

VALENTINA APREA. Dunque, ritiro il mio emendamento 2.3.

PRESIDENTE. Sta bene.
Naturalmente, le ulteriori richieste di intervento per dichiarazione di voto non avranno seguito essendo stato testé ritirato l'emendamento.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Goisis 2.7.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Goisis. Ne ha facoltà.

PAOLA GOISIS. Signor Presidente, la disposizione concerne il tema della valorizzazione dei risultati conseguiti; noi abbiamo presentato questo emendamento perché chiediamo che non venga considerata per l'ammissione ai corsi universitari solo una quota dei risultati validamente raggiunti. Vogliamo piuttosto che tutti i risultati scolastici eccellenti, anche relativi agli ultimi due anni del corso di studi delle superiori, vengano per l'appunto valorizzati «ai fini dell'accesso ai benefici connessi al diritto allo studio» per quanto riguarda l'università. Vogliamo infatti «rompere» con le lobby di potere che purtroppo continuano ad esistere, in modo particolare nelle università del nord; si tratta di lobby ormai cristallizzate, lobby di notai, di dentisti, di avvocati che provengono da altre regioni e vengono al nord vantando altre conoscenze, amicizie o paternità sicché i nostri studenti sono penalizzati.
Quindi, questo emendamento è teso proprio alla valorizzazione degli studenti del nord in modo che possano accedere alle università senza scontare il fatto di essere del nord (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Del Bue. Ne ha facoltà.

MAURO DEL BUE. Signor Presidente, intervengo brevemente su questo emendamento. Mi ero iscritto a parlare su quello


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precedente, ma questo al nostro esame consente di svolgere analoghe considerazioni. Si è scelto di lavorare in una zona di confine, come l'esame di Stato tra la scuola superiore e l'università e l'articolo 2 del provvedimento sconfina nella dimensione universitaria. Il ministro ha fatto un ragionamento che, secondo me, aggrava ancora la posizione del Governo e della maggioranza con riferimento a questo provvedimento legislativo, quando ha affermato che gli studenti si convinceranno della bontà di questo provvedimento, in quanto il risultato ottenuto varrà anche ai fini della quotazione nella dimensione universitaria. Allora, questo è ancora più grave, perché il punteggio ottenuto in questo esame, (la «prova del fuoco», di cui parlavo), soltanto con valutazioni dei commissari esterni all'esame di Stato, varrà anche dopo; si dice esattamente (ma l'onorevole Goisis propone di cassarlo): «valorizzare la qualità dei risultati scolastici degli studenti ai fini dell'ammissione ai corsi di laurea universitari di cui alla legge 2 agosto 1999, n. 264». Ecco perché, a mio giudizio, le dichiarazioni del ministro e questo articolo 2 rendono ancora più importante quella valutazione dell'esame, inteso come «prova del fuoco» con i commissari esterni, contro la quale, personalmente, mi sono battuto e continuo a battermi.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Goisis 2.7, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 474
Votanti 472
Astenuti 2
Maggioranza 237
Hanno votato
208
Hanno votato
no 264).

Prendo atto che gli onorevoli Viola e Dato non sono riusciti ad esprimere il proprio voto.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Garagnani 2.2.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Garagnani. Ne ha facoltà.

FABIO GARAGNANI. Signor Presidente, il mio emendamento fa riferimento a quanto detto da alcuni colleghi della minoranza in relazione all'eccesso di deleghe che il Governo ha assunto e, soprattutto, sul ruolo, direi, di presa d'atto della Commissione e del Parlamento. Questo è, purtroppo, un atteggiamento che caratterizza vari momenti della vita del Parlamento e del Governo, ovvero quando l'Esecutivo tende ad agire, a prescindere e disinvoltamente, da quelle che sono le competenze delle Assemblee legislative e delle Commissioni, che ne sono parte integrante.
Allora, stante l'importanza dell'argomento e la validità di quello che la maggioranza dice, ovvero che la nostra è una democrazia rappresentativa, ritengo opportuno, facendo riferimento anche ad un'esigenza espressa da tanti colleghi, ribadire che gli schemi di decreti legislativi di cui al comma 1 devono essere trasmessi alle Camere, ai fini dell'espressione del prescritto parere, non oltre il decimo mese dall'entrata in vigore della presente legge; questo per evitare arbitri, per consentire alle Camere di esprimere le proprie valutazioni determinanti e per consentire di influire, in un certo qual modo, se possibile e se è ancora concepita, da parte di questo Governo e di questa maggioranza, con la logica del confronto, su quelle che sono le determinazioni finali in ordine a questo provvedimento.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Garagnani 2.2, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).


Pag. 72

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti e votanti 473
Maggioranza 237
Hanno votato
208
Hanno votato
no 265).

Prendo atto che l'onorevole Dato non è riuscita ad esprimere il proprio voto.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 2.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 482
Votanti 481
Astenuti 1
Maggioranza 241
Hanno votato
268
Hanno votato
no 213).

Prendo atto che l'onorevole Forlani non è riuscito a votare e che avrebbe voluto esprimere voto contrario.
Prendo atto altresì che l'onorevole Dato non è riuscita ad esprimere il proprio voto.

(Esame dell'articolo 3 - A.C. 1961 ed abbinate)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 3 e delle proposte emendative ad esso presentate (vedi l'allegato A - A.C. 1961 ed abbinate sezione 5).
Nessuno chiedendo di parlare, invito il relatore ad esprimere il parere della Commissione.

ANTONIO RUSCONI, Relatore. Signor Presidente, anche in questo caso, per le motivazioni esposte all'inizio e per il confronto che vi è stato in Commissione, la Commissione formula un invito al ritiro - altrimenti il parere è contrario - su tutte le proposte emendative presentate.

PRESIDENTE. Il Governo?

MARIANGELA BASTICO, Viceministro della pubblica istruzione. Anche il Governo formula un invito al ritiro, altrimenti il parere è contrario, su tutti gli emendamenti.

PRESIDENTE. Ove quindi i presentatori non accedano all'invito rivolto loro, si intende che insistano per la votazione delle rispettive proposte emendative.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Ciocchetti 3.1.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Ciocchetti 3.1, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti e votanti 470
Maggioranza 236
Hanno votato
210
Hanno votato
no 260).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Ciocchetti 3.3, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 468
Votanti 467
Astenuti 1
Maggioranza 234
Hanno votato
218
Hanno votato
no 249).


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Passiamo alla votazione dell'emendamento Goisis 3.4.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Goisis. Ne ha facoltà.

PAOLA GOISIS. Signor Presidente, con l'emendamento in esame chiediamo che per l'anno scolastico attuale, 2006-2007, continuino ad applicarsi, per quanto riguarda la valutazione dei debiti formativi e l'attribuzione del punteggio per il credito scolastico, le norme vigenti. Non si capisce per quale motivo, già a metà anno, debbano essere cambiate le disposizioni.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Goisis 3.4, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 467
Votanti 466
Astenuti 1
Maggioranza 234
Hanno votato
215
Hanno votato
no 251).

Prendo atto che gli onorevoli Pini e Grassi non sono riusciti ad esprimere il proprio voto.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Barbieri 3.50, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti e votanti 466
Maggioranza 234
Hanno votato
209
Hanno votato
no 257).

Prendo atto che l'onorevole Viola non è riuscito ad esprimere il proprio voto.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 3.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 482
Votanti 481
Astenuti 1
Maggioranza 241
Hanno votato
272
Hanno votato
no 209).

Prendo atto che l'onorevole Bimbi non è riuscita ad esprimere il proprio voto ed avrebbe voluto esprimerne uno favorevole.

(Esame degli ordini del giorno - A.C. 1961 ed abbinate)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame degli ordini del giorno presentati (vedi l'allegato A - A.C. 1961 ed abbinate sezione 6).
Invito il rappresentante del Governo ad esprimere il parere sugli ordini del giorno presentati.

MARIANGELA BASTICO, Viceministro della pubblica istruzione. Il Governo accoglie come raccomandazione l'ordine del giorno Garagnani n. 9/1961/1, mentre per l'ordine del giorno Beltrandi n. 9/1961/2 invita i proponenti a disapplicare la terza delle premesse espungendola, in quanto contiene elementi di valutazione non condivisibili. Accoglie, comunque, come raccomandazione l'ordine del giorno.

PRESIDENTE. Mi scusi, ma le chiedo un chiarimento.

MARIANGELA BASTICO, Viceministro della pubblica istruzione. Il Governo accoglie come raccomandazione l'ordine del giorno Beltrandi n. 9/1961/2, a condizione che sia accettata la riformulazione proposta.


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Inoltre, il Governo accetta gli ordini del giorno Verro n. 9/1961/3, Ceccuzzi n. 9/1961/4, Sasso n. 9/1961/5, Rusconi n. 9/1961/6, Barbieri n. 9/1961/7, Aprea n. 9/1961/8 e Palmieri n. 9/1961/9.

PRESIDENTE. Prendo atto che l'onorevole Garagnani non insiste per la votazione del suo ordine del giorno n. 9/1961/1.
Deputato Beltrandi, accetta la riformulazione proposta dal Governo del suo ordine del giorno n. 9/1961/2?

MARCO BELTRANDI. Sì, signor Presidente e non insisto per la votazione.

PRESIDENTE. Prendo atto che i presentatori degli ordini del giorno da Verro n. 9/1961/3 a Palmieri n. 9/1961/9, accettati dal Governo, non insistono per la votazione dei rispettivi documenti di indirizzo.

(Dichiarazioni di voto finale - A.C. 1961 ed abbinate)

PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto finale.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Schietroma. Ne ha facoltà.

GIAN FRANCO SCHIETROMA. Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale della mia dichiarazione di voto (Applausi).

PRESIDENTE. Deputato Schietroma, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Costantini. Ne ha facoltà.

CARLO COSTANTINI. Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale della mia dichiarazione di voto (Applausi).

PRESIDENTE. Onorevole Costantini, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Balducci. Ne ha facoltà.

PAOLA BALDUCCI. Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale della mia dichiarazione di voto (Applausi).

PRESIDENTE. Deputata Balducci, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Li Causi. Ne ha facoltà.

VITO LI CAUSI. Signor Presidente, anch'io chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale della mia dichiarazione di voto (Applausi).

PRESIDENTE. Deputato Li Causi, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Del Bue. Ne ha facoltà.

MAURO DEL BUE. Signor Presidente, non sono in condizioni di consegnare il testo della mia dichiarazione di voto, perché non ho scritto nulla, ma non svolgerò il mio intervento se i colleghi mi faranno un applauso (Applausi)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Frassinetti. Ne ha facoltà.

PAOLA FRASSINETTI. Signor Presidente, intervengo solo per dichiarare il voto contrario del gruppo di Alleanza Nazionale.


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PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Aprea. Ne ha facoltà.

VALENTINA APREA. Signor Presidente, intervengo per dichiarare il voto contrario del gruppo di Forza Italia, che si giustifica alla luce del dibattito che si è svolto. Vorrei anche ringraziare il Governo e il ministro Fioroni per aver accettato due importanti ordini del giorno (Commenti dei deputati dei gruppi Forza Italia, Alleanza Nazionale e UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro)) e il viceministro Bastico che ha svolto l'istruttoria. Tutto questo apre una prospettiva di sperimentazione.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Sasso. Ne ha facoltà.

ALBA SASSO. Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale della mia dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Onorevole Sasso, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata De Simone. Ne ha facoltà.

TITTI DE SIMONE. Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale della mia dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Onorevole De Simone, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Goisis. Ne ha facoltà.

PAOLA GOISIS. Signor Presidente, alla luce del dibattito che si è svolto nel corso del pomeriggio, il voto del gruppo della Lega Nord Padania non può che essere contrario. D'altra parte, il Governo non ha dimostrato alcun riguardo e ha espresso parere contrario sui nostri emendamenti. Perciò, non possiamo fare altro che esprimere voto contrario (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Volontè. Ne ha facoltà.

LUCA VOLONTÈ. Signor Presidente, non mi dilungherò. Desidero dichiarare il voto contrario anche del gruppo dell'UDC. Gli onorevoli Barbieri e Ciocchetti già ne hanno illustrato le ragioni, che saranno confermate dal voto. Ci dispiace per il ministro Fioroni.

ANTONIO RUSCONI, Relatore. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANTONIO RUSCONI, Relatore. Signor Presidente, intervengo molto brevemente. Mi sembra corretto ringraziare tutti i componenti la VII Commissione, vale a dire il presidente ed i rappresentanti della maggioranza e dell'opposizione, per la passione e la competenza dimostrate. Ringrazio, inoltre, il ministro Fioroni e la viceministro Bastico, per la loro continua presenza, e i rappresentanti del mondo della scuola i quali, pur essendo stati convocati in fretta, hanno partecipato a tutte le audizioni.
Auspico che una attenzione al mondo della scuola, agli studenti, ai docenti, alle famiglie ed ai dirigenti sia rivolta non soltanto nel corso dell'esame dei provvedimenti che li riguardano ma che rappresenti una priorità per il Governo e per il Parlamento tutto.
Ringrazio, infine, per il valore del dibattito che si è svolto (Applausi dei deputati del gruppo L'Ulivo).

PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto finale.


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(Votazione finale ed approvazione - A.C. 1961 ed abbinate)

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione finale.
Indìco la votazione nominale finale, mediante procedimento elettronico, sul disegno di legge n. 1961, di cui si è testé concluso l'esame.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione:
S. 960 - «Disposizioni in materia di esami di Stato conclusivi dei corsi di studio di istruzione secondaria superiore e delega al Governo in materia di raccordo tra la scuola e le università» (Approvato dal Senato) (1961):

Presenti e votanti 495
Maggioranza 248
Hanno votato 275
Hanno votato no 220
(La Camera approva - Vedi votazioni - Applausi dei deputati del gruppo L'Ulivo).
Prendo atto che l'onorevole Bodega avrebbe voluto esprimere un voto contrario e che l'onorevole Nicola Rossi avrebbe voluto esprimere un voto favorevole.
Sono così assorbite le abbinate proposte di legge nn. 1399 e 1614.

Sull'ordine dei lavori (ore 18,38).

MARINA SERENI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MARINA SERENI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, intervengo per chiedere alla Presidenza di svolgere una riflessione sui fatti molto gravi, accaduti nei giorni scorsi, che hanno riguardato una nostra collega deputata, l'onorevole Laganà Fortugno. Avrete appreso dai giornali, infatti, che vi è stato un attentato e vi sono state intimidazioni e lettere di minaccia.
Chiederei alla Presidenza della Camera, pertanto, di compiere una valutazione e di prendere in considerazione l'adozione delle iniziative più opportune per tutelare questa nostra collega (Applausi dei deputati dei gruppi L'Ulivo, Italia dei Valori e La Rosa nel Pugno).

PRESIDENTE. La ringrazio: naturalmente, riferirò il suo richiamo al Presidente della Camera, il quale è stato già informato della questione. Voglio dire subito, tuttavia, che la Presidenza esprime tutta la propria solidarietà alla collega Laganà Fortugno.

Ordine del giorno della seduta di domani.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.

Mercoledì 20 dicembre 2006, alle 9:

1. - Discussione congiunta dei disegni di legge (per la discussione sulle linee generali):
Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2007) (1746-bis-B).
Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2007 e bilancio pluriennale per il triennio 2007-2009 (e relative note di variazioni) (Approvati dalla Camera e modificati dal Senato) (1747-B).
- Relatori: Ventura, sul disegno di legge 1746-bis-B e Piro sul disegno di legge 1747-B.

2. - Seguito della discussione del disegno di legge:
Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2007 e bilancio pluriennale per il triennio 2007-2009 (e relative note di variazioni) (Approvato dalla Camera e modificato dal Senato) (1747-B).
- Relatore: Piro.


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3. - Seguito della discussione del disegno di legge:
Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2007) (Approvato dalla Camera e modificato dal Senato) (1746-bis-B).
- Relatore: Ventura.

La seduta termina alle 18,40.

TESTO INTEGRALE DELLE DICHIARAZIONI DI VOTO FINALE DEI DEPUTATI AURELIO SALVATORE MISITI, PAOLO CACCIARI, DANTE D'ELPIDIO, FABIO RAMPELLI, MAURO CHIANALE, LUCIO BARANI, VITTORIO ADOLFO E GUIDO DUSSIN SUL DISEGNO DI LEGGE N. 1955.

AURELIO SALVATORE MISITI. Onorevole Presidente, onorevoli colleghi, rappresentanti del Governo, già nella discussione generale nel nostro intervento mettevamo in evidenza i grandi sacrifici delle famiglie italiane per comprare una abitazione.
Oltre l'80 per cento degli italiani abita in case di proprietà. È anche vero che una parte di quelli che non sono proprietari non lo sono perché hanno deciso di utilizzare i propri soldi per vivere con minori sacrifici. Sappiamo bene però che un'altra parte consistente di popolazione non ha avuto le possibilità economiche per acquistare il bene casa.
Di questi una parte più fortunata ha ottenuto in fitto una abitazione di un ente pubblico o degli ex istituti case popolari.
I più sfortunati sono conduttori di appartamenti di privati cittadini, che spesso hanno gli stessi problemi dei locatori.
I conduttori sfrattati per finita locazione sono obbligati alla consegna dell'appartamento. Il disegno di legge in esame tende a evitare gravi disagi a particolari categorie sociali. Non è quindi la solita legge di blocco indiscriminato degli sfratti ma un tentativo di introdurre delle buone innovazioni nella nostra legislazione, per avviare il superamento della solita normativa sugli sfratti.
Nel disegno di legge ci sono le seguenti importanti novità: il blocco è selettivo e riguarda solo conduttori con reddito annuo lordo complessivo familiare inferiore a 27.000 euro e in più abbiano nel nucleo familiare ultrasessantacinquenni, figli a carico, malati terminali o portatori di handicap con invalidità superiore al 66 per cento, non in possesso di adeguata abitazione nella regione di residenza.
Nel periodo della sospensione il conduttore corrisponde al locatore una maggiorazione del fitto (articolo 6, comma 6, legge n. 431 del 1998); il locatore che dimostri di trovarsi nelle stesse condizioni del conduttore deve rientrare in possesso della propria abitazione. I comuni possono prevedere anche benefici fiscali a favore dei locatori.
Il disegno di legge avvia un processo tendente a rispondere positivamente alle sollecitazioni europee sul diritto alla casa dei cittadini poveri.
Entro quarantacinque giorni i comuni capoluoghi di provincia e quelli limitrofi di oltre 10 mila abitanti dovranno predisporre un piano straordinario pluriennale di edilizia residenziale pubblica da inviare ai ministri competenti.
Entro due mesi il ministro delle infrastrutture convoca un tavolo di concertazione sulle politiche abitative che conclude i lavori in trenta giorni.
Constatato inoltre che l'impatto amministrativo della legge non è molto pesante per la pubblica amministrazione, Italia dei Valori, per le novità contenute nel disegno di legge che tendono ad affermare una politica organica e programmata per l'edilizia residenziale pubblica, vota a favore del disegno di legge.

PAOLO CACCIARI. Presidente, deputati, questa legge ha una duplice valenza: emergenziale e strutturale. Da una parte non si sottrae all'obbligo di «portare soccorso» (non saprei come altro definire la crudeltà dell'espulsione forzata dal proprio alloggio di famiglie particolarmente


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sfortunate - quelle appunto che posseggono i requisiti della presente legge: anziani a carico, portatori d'handicap e redditi inferiori ai 27.000 euro annui). Dall'altra indica un percorso di rilancio dell'edilizia pubblica.
Siamo sotto Natale e almeno per una volta all'anno sarebbe bene guardare la realtà in faccia e chiamarla con il suo nome: povertà. Il «disagio abitativo» è un eufemismo politicista, buono da scrivere nelle leggi, che suona un po' falso, non rende l'idea del dramma umano degli sfratti, delle masserizie in strada, dell'umiliazione dell'ufficiale giudiziario, quando non dell'intervento violento delle forze dell'ordine, delle code disperate negli uffici casa dei comuni, delle sistemazioni di fortuna..., di una precarietà abitativa che il più delle volte si aggiunge a quella lavorativa. Ma attenzione! Non fingiamo di non sapere che le emergenze sono molto più vaste dei casi che andiamo a risolvere con questa legge.
Per il Governo, la questione abitativa, il diritto all'alloggio deve rappresentare una grande questione di giustizia e di civiltà, capace di qualificare socialmente il proprio programma e la propria immagine. Per i responsabili dei dicasteri economici, poi, potrebbe essere una buona occasione di scuola per riflettere sui «fallimenti del mercato» e ripensare le politiche economiche liberiste che vanno per la maggiore. Con la legge n. 431 del 1998 che ha sostanzialmente liberalizzato le locazioni private (con i «patti in deroga», il doppio regime dei fitti, le incentivazioni fiscali che di fatto hanno favorito i fitti liberi, la fine dell'equo canone) e con l'azzeramento degli investimenti pubblici nel settore dell'edilizia, nel nostro paese si è scelta l'abdicazione del ruolo di intervento e regolamentazione dello Stato e la consegna del settore abitativo al mercato immobiliare e finanziario. I risultati sono sotto i nostri occhi. Le uniche «case di carta» (per riprendere l'ironia mal posta dell'onorevole Foti) che ho visto in questi anni sono quelle costruite sui debiti degli immobiliaristi d'assalto, sulle cedule di finanziarie off-shore, sulle speculazioni fondiarie messe in atto con amministrazioni comunali compiacenti. E voi vorreste continuare ad affidare a questo «mercato» la concretizzazione di un dettato costituzionale e la realizzazione di un bene primario? Senza accesso all'alloggio non c'è politica della famiglia che tenga, non c'è sicurezza e coesione sociale. Il mercato si è rivelato essere più attento a remunerare le rendite finanziarie che non a dare risposte ai bisogni della gente, che non ad offrire case alle fasce di domanda più bisognose (giovani coppie, residenze speciali a partire dagli anziani, migranti, lavoratori con forte mobilità) e non sto parlando solo di «poveri», di incapienti, di insolventi, ma penso a tante fasce di ceto medio urbano letteralmente «messo fuori mercato» dall'andamento dei prezzi. Negli ultimi anni il mercato immobiliare è schizzato alle stelle: più 40 per cento il valore medio degli immobili (ma nei centri urbani l'aumento è stato molto più alto); dal 50 al 90 per cento l'aumento dei canoni di locazione annui. Come ha ricordato la deputata Perugia nel dibattito generale, l'indebitamento delle famiglie con le banche per mutui è di 180 miliardi di euro. Si tratta, oltretutto, di una immobilizzazione di una enorme ricchezza nazionale. Molti analisti ci dicono che saremmo (come negli Stati Uniti) alla vigilia dell'esplosione di una bolla speculativa: cominciano a mancare gli acquirenti (l'invenduto è in aumento); la morosità è diventata la prima causa di sfratto. Le famiglie non ce la fanno più. Per sbloccare l'offerta non basta lavorare con incentivi (sgravi fiscali) a favore della proprietà e dei costruttori. Serve calmierare massicciamente il mercato immettendo un consistente stock di alloggi a canone sociale (da questo punto di vista la dismissione generalizzata, la cartolarizzazione, le aste, le svendite del patrimonio immobiliare pubblico sono state una politica miope). Bisogna invertire urgentemente una tendenza, del passato Governo, ma non solo. L'ultimo rapporto Eurispes (dati 1999-2003) ci dice che l'Italia è il paese che investe di meno nello Stato sociale: il 26,4 per cento del Pil contro un 28 per cento della Gran Bretagna,


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un 31 per cento di Francia e Germania, una media dell'Europa a 5 del 31,5 per cento. In particolare per le politiche abitative la Gran Bretagna spende 1' 1,5 per cento del Pil e la Francia quasi l'1 per cento. Noi abbiamo toccato il fondo; si pensi solo che nel 2004 (ultimo dato disponibile) nel nostro paese sono stati costruiti 1.900 alloggi pubblici. Praticamente niente. Per fare meglio di voi, onorevole Buontempo, che lamentava con tanto accoramento la scarsa dotazione finanziaria di questa legge, basterebbero davvero pochi spiccioli. Troppo facile superarvi! Ma noi domani voteremo una Finanziaria che per la prima volta dopo tanti anni ripropone un fondo per l'edilizia pubblica (30 milioni per il 2007 e altri 30 per il 2008).
L'idea forte del disegno di legge che stiamo votando è quindi il rilancio della politica sociale della casa. È il programma nazionale straordinario pluriennale per l'edilizia sovvenzionata e agevolata e pubblica che Governo e regioni dovranno predisporre in tempi brevissimi (cinque mesi) sulla base di censimenti, indicazioni e volontà dei comuni. Un impegno ambizioso per il Governo, ma anche uno stimolo forte nei riguardi di quelle regioni che pur titolate in questi anni non hanno dimostrato grande attenzione al problema. Infine, permettetemi, un ringraziamento al ministro Ferrero da tutto il gruppo di Rifondazione, per la determinazione e l'intelligenza con cui è riuscito anche a superare una situazione difficile che si era creata al Senato, quando le destre, in preda alla sindrome della spallata, negando l'approvazione dell'originario decreto, hanno arrecato ancora più disagi e angoscia alle famiglie sotto sfratto. Grazie.

DANTE D'ELPIDIO. Signor Presidente, con questo provvedimento il Governo si muove lungo una linea già ribadita negli anni passati, per dare attuazione ai principi affermati dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 155 del 2004. È un provvedimento che punta ad affrontare un'emergenza, il disagio abitativo, presente in alcune aree del paese che - diciamolo con franchezza - non è stata certo risolta dal Governo precedente, anzi è stata accentuata.
Nella passata legislatura il Governo Berlusconi ha fatto approvare al Parlamento tre decreti-legge di proroga degli sfratti: il n. 240 del 2004, il n.86 del 2005 e il n. 23 del 2006.
Abbiamo assistito ad una progressiva restrizione dei soggetti beneficiari (ridotti agli ultrasessantacinquenni e ai portatori di handicap gravi), a una restrizione dell'ambito geografico, dei centri urbani e delle città in cui è possibile beneficiare di queste limitatissime misure (con il decreto del 2005 erano state individuate le città con un numero di sfratti pendenti pari a 400, che erano tre o quattro in Italia, e con l'ultimo - approvato lo scorso febbraio - soltanto tre città italiane, le più grandi, Roma, Milano e Napoli), alla previsione di contributi progressivamente decrescenti e all'introduzione, nel passato, di una molteplicità di tipologie contrattuali, finalizzate ad assestare in modo diverso il rapporto contrattuale tra locatore e conduttore, che ha ingenerato disorientamento e quindi disapplicazione, sia tra i locatori sia tra i conduttori. Misure, queste, che si sono rivelate sostanzialmente inefficaci, laddove si pensi che il precedente decreto era stato applicato, secondo dati riferiti dal Governo medesimo, solo per venti contratti di locazione in tutto il nostro paese.
Il disegno di legge che ci apprestiamo ad approvare prevede invece dei criteri in parte diversi, rispetto a quelli previsti dai precedenti interventi in materia, per definire i beneficiari del provvedimento. In particolare, viene introdotto il limite del reddito annuo familiare lordo complessivo inferiore a 27.000 euro, del requisito della mancanza di un'altra abitazione nella regione di residenza, del riferimento ai figli a carico ed ai malati terminali, inoltre viene precisata la definizione di «handicap» utile ai fini dell'applicazione del provvedimento, che prima era genericamente previsto per «gli handicap gravi», mentre ora viene specificatamente indicato in superiore al 66 per cento. Per quanto


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riguarda l'ambito territoriale di riferimento, il disegno di legge si applica oltre che nei comuni ad alta tensione abitativa e nei comuni capoluoghi di provincia, anche nei comuni limitrofi con oltre 10.000 abitanti. Tale ultima categoria di comuni non era mai stata presa in considerazione dai precedenti provvedimenti di proroga degli sfratti. Vengono perciò meglio definiti i requisiti utili per l'ottenimento del beneficio e viene allargato l'ambito geografico interessato.
Inoltre questo provvedimento si differenzia molto rispetto al passato in quanto, per dare risposte a questo grave disagio sociale, prevede anche delle misure, di carattere fiscale, per alleviare gli oneri a carico dei locatori, seguendo così per la prima volta il principio sancito dalla sentenza della Corte costituzionale, in base al quale il costo sociale derivante dalle proroghe e comunque da un non normale svolgimento del rapporto contrattuale non può riversarsi sul solo proprietario dell'immobile, ma di esso si deve far carico la collettività.
Ci auguriamo che ciò rappresenti un primo passo verso una strutturale riforma delle politiche abitative, che porti finalmente l'Italia fuori dalla continua emergenza che ha caratterizzato il passato.
Per questo, signor Presidente, il giudizio dei Popolari Udeur sul provvedimento in esame è molto positivo ed esso incontrerà il nostro favore.

FABIO RAMPELLI. Signor Presidente, colleghi deputati, il disegno di legge sugli interventi necessari e urgenti per contenere il disagio abitativo di particolari categorie svantaggiate, in special modo nelle aree metropolitane, sta diventando una penosa tradizione di questo Parlamento, una ricorrente ammissione di incapacità della classe dirigente della nazione di risolvere quella che ormai è paradossalmente definita «emergenza abitativa». Paradossalmente perché non si è mai vista - tranne che in Italia - un'emergenza che dura anni e decenni. Ma noi ormai siamo diventati veri specialisti in questa poco nobile arte di trasformare i problemi in «emergenze» (ogni riferimento all'emergenza rifiuti in Campania è, ovviamente, voluto).
Siamo uomini e donne di responsabilità, con forte senso dello Stato e della socialità, quindi dico subito che non ostacoleremo il varo di questo provvedimento, così come non lo abbiamo ostacolato nel lavoro della Commissione dove la maggior parte degli emendamenti presentati da Alleanza nazionale e dal centrodestra - proprio per la loro natura migliorativa e costruttiva - sono stati accolti e sono diventati parte integrante del testo di legge. E mi sento di ringraziare l'onorevole Tommaso Foti per il lavoro prezioso e intelligente che ha svolto e per la competenza da sempre manifestata sulla materia, unitamente ai colleghi del centrodestra. Tuttavia continuano a non ricorrere le condizioni per esprimere un voto favorevole e il nostro gruppo si attesta su un'astensione motivata. Motivata da una capacità analitica parziale, che sospinge ancora la sinistra su una linea di demagogia, guardando un fenomeno così complesso in modo strabico e - a nostro avviso - senza fare un'adeguata autocritica culturale, prima che politica.
Sulla cosiddetta emergenza abitativa pesa certamente una scadente iniziativa da parte degli amministratori delle grandi città, spesso incapaci di utilizzare i fondi loro riservati dalle regioni per la realizzazione di nuovi quartieri di edilizia residenziale pubblica. C'è il caso emblematico del comune di Roma, governato prima dall'attuale ministro Rutelli e poi dall'ex ministro Veltroni. Bene, entrambi si sono completamente «dimenticati» di individuare le aree per le zone di edilizia sociale, pur avendo collaborato per dotare la capitale di un nuovo piano regolatore generale dopo 40 anni. Alla fine di un percorso lungo e faticoso dove sono stati previsti milioni di metri cubi di cemento in ex aree verdi e agricole ad appannaggio di note lobbies del mattone, si è assistito all'approvazione del nuovo strumento di pianificazione territoriale valido per i prossimi 30 anni senza la previsione di edilizia sociale. Incredibile, ma vero...! È


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stato questo un argomento critico dell'ultima campagna elettorale e, in seguito alle polemiche sviluppatesi, con il nuovo PRG già approvato, il consiglio comunale di Roma ha dovuto riaprire quel piano, cominciare a individuare le aree su cui sono in corso le indagini archeologiche per giungere a una variante generale a tempo di record che la dice lunga sulla serietà del lavoro svolto in questi anni e sulla reale portata innovatrice del disegno buonista veltroniano. Ci permettiamo di nutrire dubbi su chi scrive libri sulle sofferenze africane e non riesce a dare priorità, avendone tutti gli strumenti operativi, alla cessazione delle sofferenze dei cittadini che amministra, immigrati e africani compresi. Questo solo per sottolineare quanta poca sensibilità ci sia nei sindaci della sinistra, a Roma come in importanti città del sud.
Ma sappiamo anche che l'edilizia residenziale pubblica ha le armi spuntate per un'altra ragione, sempre scaturita dall'irresponsabilità di alcuni governanti: in alcune grandi città una percentuale oscillante tra il 50 e il 70 per cento del patrimonio disponibile è occupato da famiglie abusive, senza titolo o morose professionali. Per questa ragione sappiamo che la costruzione di nuovi alloggi di edilizia residenziale pubblica, che aiuterebbe anche il mercato degli affitti a rendersi più accessibile, potrebbe non essere sufficiente. Vanno infatti ricondotti ai canoni di una nazione civile la gestione e la manutenzione dei fabbricati. Devono essere mandati via quegli inquilini che hanno modificato il loro reddito e non sono più all'interno dei requisiti sociali richiesti per abitare in un alloggio popolare, occorre consentire il rispetto delle graduatorie per non far proliferare fenomeni illegali quali quello delle «buone uscite», quello delle occupazioni organizzate e del «racket» conseguente cui spesso le occupazioni sono legate, quello della politicizzazione delle occupazioni e del disagio abitativo.
Ma quello citato è solo un apice della vicenda, più simile a una catena montuosa che a una singola vetta. Se da un lato gli amministratori locali hanno lavorato per trovare aree per i costruttori ignorando le fasce sociali più deboli che attendevano l'edilizia popolare, dall'altro un diverso soggetto debole è stato colpito ripetutamente e con inaudito accanimento: la piccola proprietà. Ad essa in questi anni le istituzioni hanno sostanzialmente imposto di agire in regime di sussidiarietà, espropriandogli il diritto costituzionale - riconosciuto tanto quanto quello ad avere una casa - alla proprietà. Le continue proroghe degli sfratti hanno di fatto impoverito quella massa di quasi la metà di proprietari che non sono immobiliaristi né speculatori, ai quali non è stato possibile rientrare in possesso del proprio bene né alla necessità né a fine contratto, con l'assurda penalizzazione di una fiscalità erariale e comunale che incide per il 50-60 per cento circa, calcolata oltretutto sul valore della proprietà invece che sulla rendita. Finché la proprietà sarà tassata in modo iniquo e insopportabile temo non avremo mai in Italia un vero mercato degli affitti e, nelle grandi città, saremo costretti a subire l'anomalia di mutui bancari troppo spesso di valore inferiore al canone di locazione e a un canone di locazione troppo spesso eguale o superiore a uno stipendio medio.
Risulta evidente la necessità di lavorare fortemente e proficuamente sulle politiche per la casa, magari con una nuova legge quadro che sia capace di tenere sotto controllo gli spropositati appetiti che si sono manifestati in questo settore e che hanno fatto lievitare esponenzialmente i profitti delle grandi aziende, che sappia investire sull'allargamento delle opportunità come condizione per calmierare il mercato degli affitti e riportarlo a quantità accessibili, che elimini in maniera prescrittiva e perentoria l'Ici (che secondo noi andrebbe abrogata in via di principio per la prima casa) almeno per coloro che affittano il proprio immobile alle categorie svantaggiate, che sperimenti con maggiore convinzione lo strumento dei «buoni affitto». Ma occorre anche intervenire per introdurre delle penalità per quei comuni che non si dotano di piani credibili, che


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non utilizzano i finanziamenti nazionali e regionali per la costruzione di abitazioni di edilizia sociale, che non facciano rispettare le graduatorie per l'accesso alla casa popolare, che non siano capaci di affrontare con adeguata efficacia - collaborando con i prefetti e i questori - i fenomeni ormai endemici delle occupazioni ricorrenti che rischiano di far prevalere persone «protette» politicamente da persone che hanno semplicemente un diritto acclarato, ma non hanno «santi in paradiso» e non sono seguaci di gruppettari che organizzano le irruzioni negli immobili, pubblici e privati, adeguatamente segnalati da qualche «complice» annidato negli uffici casa delle amministrazioni locali. Il rischio illegalità non è più tale sul problema casa; sono i principali colpevoli della diffusione di questo dramma le cui conseguenze collaterali sono, come spesso capita, ciniche e deprimenti «guerre tra poveri».
Queste, in sintesi, le ragioni per le quali Alleanza nazionale si asterrà su questo disegno di legge, confermando la sua sensibilità verso le famiglie a «rischio sfratto» e, contemporaneamente, verso la martoriata piccola proprietà che paga per le demagogiche politiche fin qui volute dalla sinistra, che spesso l'ha equiparata a un vero e proprio «nemico sociale».

MAURO CHIANALE. Presidente, colleghi, tornare ad occuparsi di provvedimenti connessi al disagio abitativo per quelle categorie di particolare utenza, quali i soggetti svantaggiati, dà il segno della inefficacia degli interventi legislativi precedenti, nonostante che nella scorsa legislatura, praticamente una volta l'anno, il Parlamento, anzi più il Governo se ne sia occupato con provvedimenti d'urgenza.
Ben cinque sono stati i provvedimenti adottati comprese due leggi finanziarie: alcuni di mere proroghe, altri con più articolazioni normative di indubbia inefficacia, caratterizzati da macchinosità e complessità applicative. Gli effetti derivanti dalla mancanza di azioni convincenti in materia abitativa, assolutamente «cancellata» dal precedente Governo, hanno comportato ad oggi un aggravamento della situazione sia nelle aree metropolitane che nei centri medi, già ordinati in appositi elenchi che evidenziano la tensione del mercato immobiliare.
Questo provvedimento pone le premesse per una rinnovata politica della casa, anche se accenna ad alcuni processi che dovranno necessariamente divenire l'indirizzo di programmazione per questa materia, e così deve essere. Questo provvedimento di natura emergenziale necessariamente andrà contestualizzato in azioni più organiche future, ma non può rappresentare un disegno organizzativo più ampio che non può che essere previsto con la revisione, l'aggiornamento della legge fondamentale del 1998 n. 431. Sulle politiche della casa una discontinuità con il passato è d'obbligo, sia per cultura sia per efficacia, sia anche per le note obiezioni di incostituzionalità sulla adozione di una mera proroga degli sfratti.
Se nel passato si è semplicemente mascherato la proroga con la «creatività» di nuovi contratti, con sportelli emergenza sfratti, misure che non hanno, ahimè, conseguito alcun risultato, tanto è che siamo qui a discutere un nuovo ed ennesimo provvedimento, occorre sin da ora porre le azioni per conseguire l'obiettivo di far sì che questa emergenza possa rientrare via via nella normazione ordinaria, facendone fondamento delle azioni statali di sostegno alle competenze delegate alle regioni e ai comuni.
Di necessità occorre fare virtù e la comparazione tra le condizioni del conduttore e quelle del locatore - spesso paradossalmente invertite nel caso in cui il proprietario versi egli stesso in condizioni di disagio - diviene il minimo dovuto come azione di equità, prevedendo, come richiesto dalle sentenze della Corte costituzionale, misure congrue che facciano assumere alla collettività l'onere economico di protezione degli inquilini, alleviando il sacrificio del locatore, che si realizzano - a dire il vero come per i precedenti provvedimenti analoghi - con


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benefici fiscali a vantaggio dei proprietari, sia da parte dello Stato sia, lo auspichiamo, da parte dei comuni.
Il principio della sospensione dei provvedimenti esecutivi di sfratto, finalizzata alla attivazione di strumenti di programmazione delle azioni di competenza delle regioni e dei comuni, deve sicuramente essere perfezionato, ma, seppur perfezionabile, costituisce un primo passo verso la programmazione concertata, dove lo Stato deve determinare, secondo i dettati dell'articolo 117 della Costituzione i livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale; tale azione dovrà essere supportata dal sostegno alla locazione ricostituendo il fondo sociale ad esso finalizzato con importi annui congrui, tali da rendere efficace la funzione originaria di vero sostegno alla spesa, rilevantissima per le famiglie, quale è l'affitto.
Dai dati divulgati dal Ministero dell'interno, riportati nella relazione tecnica al disegno di legge, risulta che il numero totale di provvedimenti esecutivi di sfratto emessi nell'anno 2004 è pari a 43.892, di cui 12.249 per finita locazione, 28 per cento. Dagli stessi dati risulta inoltre che il numero di richieste di esecuzione presentate all'ufficiale giudiziario per lo stesso anno è pari a 74.755. Applicando a questo numero la percentuale degli sfratti per finita locazione, incrementata prudenzialmente al 40 per cento per tenere conto del fatto che i dati citati, come indicato dalla fonte stessa, sono incompleti, si ottiene una stima del numero di sfratti in esecuzione per finita locazione ancora pendenti pari a circa 30.000. Si stima, inoltre, che i conduttori con i requisisti di disagio di cui all'articolo l, comma 1, siano pari a 15.000, il 50 per cento, e il restante 50 per cento è rappresentato dai conduttori di cui all'articolo l comma 3.
La semplice lettura dei dati testè elencati, aggiunta alla valutazione della attuale domanda abitativa relativa agli affitti nel nostro paese che è in massima parte costituita da famiglie a più basso reddito, costituisce l'elemento di fondo del problema casa. La popolazione che abita in affitto è quantificata in circa cinque milioni di nuclei familiari, dei quali quasi un milione occupa alloggi pubblici, mentre gli altri hanno fatto ricorso al mercato.
Si tratta di un mercato nel quale, dopo la dismissione del patrimonio degli enti previdenziali attraverso la cartolarizzazione e la vendita quasi totale del patrimonio delle assicurazioni, le grandi proprietà sono ridotte al lumicino.
È evidente che il mercato non comporta solo una valutazione di natura prettamente unicamente sociale, quindi leggibile dal solo lato dei costi; parliamo di un comparto che, se preso a sé e trattato come una partita di bilancio autonoma, potrebbe autoalimentare, se supportato, la spesa necessaria alla fase emergenziale e cofinanaziare la produzione di patrimonio pubblico al fine di rendere strutturale la presenza della pubblica amministrazione nel mercato delle locazioni.
Oggi l'emergenza abitativa nel nostro paese è rappresentata dalle circa 600.000 famiglie situate nelle graduatorie comunali in attesa di ottenere un alloggio in edilizia residenziale pubblica; queste famiglie dispongono di un reddito complessivo dell'intero nucleo inferiore agli 11.000 euro: il fatto che ciò corrisponda alla realtà è accertato e certificato dai comuni; può addirittura darsi che il fabbisogno sia superiore a quanto rilevato, poiché effettivamente non tutti i comuni hanno censito con graduatorie recenti ed aggiornate le richieste di assegnazione di casa popolare. Nel frattempo si è accentuato il fenomeno migratorio; si è ampliato il numero delle coppie che si sono separate; il lavoro si è precarizzato e in molti nuclei familiari il reddito si è ridotto; sono aumentati i prezzi degli affitti e gli sfratti per morosità.
Una quota di queste famiglie non è e non sarà in grado di agganciare eventuali fasi di sviluppo; l'unica opportunità o meglio possibilità che questo gruppo sociale avrà di beneficiare dei conti in regola e della ripresa economica sarà la maggior capacità di spesa che lo Stato dovesse destinare alle politiche sociali della casa.


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Come dicevo, i comuni non aprono i bandi di accesso per le case popolari perché non hanno patrimonio da mettere a disposizione; in tal modo si apre la forbice della non conoscenza diretta dell'accertamento di bisogno, utile per programmare politiche abitative serie.
Ecco perché, anche se in maniera estemporanea, con questo provvedimento si promuove il piano ricognitivo a carico delle regioni e dei comuni, forse con più organicità, coinvolgendo di più il Parlamento e le Commissioni di merito che sia dalla attuale opposizione che dalla attuale maggioranza hanno acquisito, con l'esperienza sperimentale, cognizione comune su alcune modalità operative che potrebbero divenire la base di una nuova riforma della legge n. 431.
Ma così è e qualcosa si muove, quindi confidiamo in una maggiore considerazione futura.
Certo, le risorse investite negli ultimi 5 anni sono drasticamente diminuite: regioni e comuni hanno speso in media ogni anno un settimo delle risorse che venivano annualmente impiegate ai tempi della Gescal, e dopo la legge n. 21 del 2001 (quella sui contratti di quartiere, sulle riqualificazioni urbane), non è stato più stanziato un centesimo per le politiche abitative.
Per adesso questo Governo, che sosteniamo con convinzione, con il suo nuovo corso comincia ad affrontare l'emergenza sfratti: individua puntualmente i soggetti da tutelare; indica ai comuni lo strumento della programmazione pluriennale per l'intervento di emergenza; indica lo strumento di gestione per la regolazione degli sfratti e il passaggio da casa a casa prendendo ad esempio modalità in atto da parte dei comuni più importanti; semplifica e non complica le procedure per l'accesso alla tutela; delinea un indirizzo strategico attraverso il tavolo di concertazione nazionale con il compito di avviare il piano sulle politiche abitative. Occorrerà definire le proposte normative fiscali e strutturali per una normalizzazione in senso letterale del mercato immobiliare.
Mi auguro che questa proroga costituisca un passo in avanti; auspico che possa essere l'epilogo di una emergenza cronicizzata che di volta in volta diventa un atto di ingiustizia verso i proprietari, che rivendicano legittimamente il proprio appartamento; e il riproporsi del disagio, delle angosce di quei nuclei familiari già provati a cui si aggiunge, come se non bastasse, la paura della perdita della casa.
Voteremo convinti: il gruppo dell'Ulivo si esprimerà a favore di questo provvedimento con l'auspicio di ripercorrere qui in Parlamento, nella stagione delle riforme che tutti vogliamo, anche una nuova politica nazionale per la casa.
Dopo l'abolizione dei contributi Gescal a partire dal 1998 e l'esaurimento dei fondi del piano decennale con la delibera CIPE del 1994, è venuto meno il flusso strutturale di risorse che sosteneva le politiche sociali dell'abitare.
Il contenzioso tra Stato e regioni, generato dal totale trasferimento di competenze in materia di politiche abitative a queste ultime, senza individuarne le modalità di finanziamento, rimane uno dei tanti punti irrisolti del processo di decentramento.
Il tentativo messo in atto dal precedente Governo di centro sinistra di avviare una riforma strutturale del settore incardinata su tre punti - riforma dei canoni, fondo di sostegno alle locazioni, aumento dell'offerta di alloggi a canone calmierato con il cofinanziamento pubblico-privato - è stato vanificato con una azione di svuotamento di risorse e di ritardi attuativi da parte del successivo Governo di centro destra.
Il programma sperimentale 20.000 alloggi in affitto, finanziato con le leggi n. 388 del 2000 e n. 21 del 2001, che aveva il compito di avviare una sperimentazione che verificasse la possibilità di aumentare l'offerta di alloggi a canone calmierato, facendo ricorso al co-finanziamento pubblico-privato, non solo è partito con grandissimo ritardo, ma a procedure di programmazione concluse, le regioni si sono viste tagliare del 50 per cento gli stanziamenti a causa del cosiddetto «decreto Tremonti», lasciando così inattuati interventi per migliaia di alloggi, già dotati


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di aree, progetti e relative risorse aggiuntive messe a disposizione da cooperative e imprese.
Le stesse risorse per il fondo sociale di sostegno ai canoni sono state progressivamente ridotte ed erogate ai comuni con incertezza dei tempi.
È venuta così a mancare quell'offerta aggiuntiva di alloggi in locazione a canoni calmierati, che insieme agli incentivi fiscali per il canale concordato avrebbe potuto mitigare la crescita dei canoni di locazione, ed evitare quegli sfratti per morosità che oggi costringono nuovamente il legislatore ad intervenire in materia.
L'effetto combinato di diversi fattori ha creato le condizioni per una emergenza abitativa di lungo periodo: l'esaurimento dei fondi pubblici per le politiche abitative con scarsissime prospettive di stanziamento di fondi adeguati ai livelli del passato; un patrimonio pubblico che si riduce per effetto delle dismissioni e le cui condizioni sono pregiudicate dallo stato di conservazione e da fenomeni di morosità diffusa e di cattiva gestione; l'aumento del costo degli alloggi che insieme ad una nuova stagione di investimenti immobiliari spinge in alto il livello degli affitti; la mancanza di offerta di alloggi in locazione per le categorie più deboli; la difficoltà ad accedere ad un mutuo per le famiglie monoreddito e per quei lavoratori con contratti atipici o temporanei; la impossibilità di prorogare ulteriormente gli sfratti a seguito della sentenza della Corte costituzionale.
Il mercato si dimostra strutturalmente incapace di offrire soluzioni abitative economicamente sostenibili per larghe fasce di cittadini e di famiglie, in particolare per ciò che riguarda gli alloggi in locazione.
La corsa all'acquisto determina un immobilizzo di risorse finanziarie, riducendo la propensione all'investimento in impieghi che sostengano lo sviluppo e la crescita economica.
Le politiche dell'alloggio sociale« rappresentano un settore sempre più marginale, orientato soprattutto all'assistenza per le famiglie a più basso reddito.
La scarsità di investimenti pubblici connota il tema della casa come un grande problema privato: scarso è l'intervento regolatore sui meccanismi speculativi.
La larga diffusione della proprietà si associa alla sofferenza finanziaria delle famiglie ed al sovraffollamento ancora presente in parte del patrimonio abitativo; è causa anche della scarsa mobilità territoriale della popolazione e impedisce il razionale utilizzo del patrimonio abitativo.
La mancanza di alloggi a condizioni accessibili è di ostacolo al naturale e ordinato sviluppo della società: senza una casa non si formano nuove famiglie, non nascono figli, la società invecchia.
I temi nuovi sono l'invecchiamento della popolazione e la rilevante presenza di immigrati che nei prossimi anni sosterranno le dinamiche demografiche nel nostro paese.
Si tratta di due elementi demografici che saranno fortemente caratterizzati dal punto di vista della domanda abitativa, ponendo problemi di inclusione sociale e sostenibilità economica. Oggi l'attenzione si sposta dalla casa alla città: l'offerta di adeguate soluzioni abitative compatibili con l'ambiente diventa un fattore di attrazione dei sistemi urbani e li rende competitivi come sedi di crescita e di sviluppo.
Occorre tuttavia un quadro di riferimento innovativo e risorse adeguate: non è più rinviabile nel nostro paese, così come richiede l'agenda europea in tema di aiuti di Stato ai servizi di interesse economico generale, la definizione di »alloggio sociale« come settore articolato ma unitario meritevole di attenzione e di iniziative da parte della politica che insieme ad una legge di indirizzi per il governo del territorio ponga le basi affinché la questione abitativa non sia di freno ad un disegno di sviluppo.

LUCIO BARANI. Signor Presidente, onorevoli colleghi!
Il disegno di legge per la riduzione del disagio abitativo rimanda, con l'articolo 4,


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ad una ulteriore concertazione, per definire le politiche abitative di questo Governo.
Naturalmente sul tema del disagio abitativo noi socialisti ci aspetteremo in breve tempo questo mitico passaggio alla «fase 2», anche se il Presidente Prodi sembra non voglia sentirne parlare; valuteremo cioè se «Topolino» - (termine con cui Fassino ha mutato la definizione della fase 2) - dovrà essere un riformista o se rimarrà un personaggio dei fumetti.
La casa è un diritto affermato dalla «Carta universale dei diritti dell'uomo» e recepito come tale con una legge del 1976 dallo Stato italiano. Un diritto per i cittadini ha sempre o dovrebbe avere come conseguenza un «dovere-istituzionale» per chi governa. In tal senso la casa ha avuto una grande attenzione nelle politiche socialiste della cosìddetta «Prima Repubblica».
Dalla seconda metà degli anni '90, invece, i governi che si sono succeduti hanno di fatto eliminato o svuotato la legislazione precedente che almeno in parte garantiva tale diritto alle fasce di cittadini meno abbienti. Ed hanno delegato al mercato il soddisfacimento di questo fondamentale diritto.
Oggi, nelle grandi aeree urbane, soprattutto, è impossibile trovare un alloggio a prezzi sostenibili: esistono problemi di coabitazione, aumentano gli indebitamenti, i pignoramenti e le morosità per pagare fitti da usura. Si rendono precari molti settori sociali un tempo al riparo dalla crisi economica; si pensi alle recenti crisi produttive delle aziende del territorio piemontese che hanno reso e rendono gravoso e spesso impossibile pagare mutui e accedere al mercato della casa e quindi costruire una vita dignitosa e pianificare un futuro. Chi ha redditi troppo bassi o saltuari non riesce neppure ad accedere al mercato privato della casa.
Il tetto sulla testa agli italiani costa sempre di più. Secondo gli ultimi dati Nomisma (cito una fonte «imparziale», come potrà testimoniare il Presidente Prodi), nel 2004 i prezzi degli immobili sono lievitati del 10,8 per cento e nel 2006 sono destinati a un'ulteriore, anche se più attenuata, crescita del 5 per cento.
Le famiglie che vivono il «disagio abitativo» sono stimate in circa 2.180.000, pari a poco più del 10 per cento. Ma il 55 per cento degli italiani considera questo »un problema più diffuso di quanto si immagini«, e il 35 per cento «una questione rilevante per alcune particolari categorie sociali».
Innanzitutto gli anziani: circa 3 milioni di essi vivono soli, e la condizione di solitudine è di per sé un fattore di disagio abitativo. Inoltre il 20 per cento delle famiglie con capofamiglia anziano vive in affitto, e di queste il 70 per cento paga il canone ad un singolo proprietario privato (quindi, nella maggior parte dei casi, un canone di mercato); non stupisce dunque che quasi la metà degli anziani del nostro paese sia gravato da un canone che assorbe almeno il 40 per cento del reddito familiare. E facile quindi comprendere come circa 2.400.000 anziani si dichiarino «poco o per nulla soddisfatti» della propria abitazione.
Seguono i disabili, con circa 1.200.000 nuclei familiari che vivono quotidianamente il disagio abitativo di barriere domestiche o condominiali.
Ci sono poi i separati, costretti dalle vicende familiari a ricercare una nuova casa, il più delle volte in affitto, visti gli oneri economici che la separazione stessa comporta. L'incremento notevolissimo delle separazioni crea dunque nuove sacche di domanda debole.
Infine gli immigrati. Su un totale di 2.400.000 individui circa 1.450.000 sono in condizioni abitative stabili (100.000 in proprietà e 1.350.000 in affitto) ma più di 950.000 si trovano in condizioni di precariato abitativo di diversa natura; sommando a questi ultimi i lavoratori immigrati che abitano in affitto ma in condizioni di grave sovraffollamento (circa 540.000), l'area del disagio cresce fino a coinvolgere circa 1.500.000 immigrati (più del 60 per cento del totale). Inoltre gli immigrati non si avvicinano alle forme sociali più elementari di autotutela, come


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il sindacato degli inquilini, soprattutto perché, pur riconoscendone l'importanza, hanno paura a far valere i loro diritti. E la ragione è semplice: temono di perdere il lavoro, la casa e le opportunità che cercano nel nostro paese.
Il problema del disagio abitativo esiste ed è drammatico per chi lo vive in prima persona ma non è tale da non poter essere affrontato e risolto. È una questione di razionalizzazione e di ottimizzazione della risorsa casa che sul territorio dei comuni italiani è scandalosamente sottoutilizzata a tutto danno delle fasce più deboli della popolazione in generale e di quella immigrata in particolare.
Cosa fare per razionalizzare e ottimizzare in termini di politiche sociali adeguate una risorsa tanto sovrabbondante? Sono in atto da molti decenni in diversi paesi europei, e da anni anche in alcuni comuni italiani, iniziative che mirano a portare a soluzione almeno parziale il problema casa indotto anche dai flussi migratori. Si tenta di sostenere piani di sviluppo dei comuni limitrofi alle grandi aree urbane che frenino la concentrazione della popolazione: piani che non prevedono solo lo sviluppo abitativo ma che includono anche la creazione di nuove infrastrutture industriali o del trasferimento delle vecchie e di servizi ricreativi e commerciali decentrati.
Il problema della casa è centrale nel dibattito politico, così come il lavoro, la scuola e la sanità.
Di cose in questo campo se ne possono e se ne devono fare diverse, utilizzando tutti gli strumenti disponibili e differenziando gli interventi in relazione ai bisogni dei destinatari (giovani coppie, lavoratori in mobilità, donne sole, anziani, immigrati, eccetera). Usare la leva fiscale e dell'Ici per «premiare» il fitto a certe condizioni e «penalizzare» le case «sfitte» da tempo; promuovere la residenza temporanea «casa in cambio di accudimento» per proprietari soli ed anziani; riqualificare il patrimonio pubblico lasciato in disuso attraverso lavori di ristrutturazione e manutenzione di appartamenti che possono essere ancora vivibili e non lasciati al degrado.
In contesti come quello italiano in cui il mercato delle locazioni è bloccato dalla paura dell'inquilino che non paga, una iniziativa di grande rilievo è quella che vede i comuni farsi conduttori, titolari di contratti di locazione con i privati, per poi gestire gli appartamenti presi in affitto in maniera tale da garantire i proprietari. Questa misura ha consentito, dove è stata adottata, di ottenere in breve tempo la disponibilità di decine e decine di appartamenti.
Un'altra iniziativa rilevante potrebbe essere quella del recupero e adattamento di vecchie strutture comunitarie abbandonate: collegi, ex-seminari, ex-caserme, a residenze per lavoratori italiani e stranieri, con stanze singole o doppie e servizi di portineria, pulizia, mensa, lavanderia e socializzazione anche in relazione alle nuove esigenze di mobilità lavorativa.
Ma per questo occorrono risorse finanziarie che solo una politica lungimirante può ottenere dal sistema finanziario con mutui a 15-20 anni per un investimento sul futuro.
Tutti, con accenti più o meno forti sul ruolo dei comuni, riconoscono alle istituzioni un ruolo primario di progetto e coordinamento delle politiche abitative. Occorre dunque dare piena attuazione alla legge n. 21 sul disagio abitativo che, se finanziata ed attuata, può dare utili risultati secondo quattro direttrici da seguire: la prima indica un miglior utilizzo dei fondi per l'affitto, destinandone una quota agli affitti degli extracomunitari. La seconda è rivolta al Governo che deve essere incalzato fino ad ottenere nuovi stanziamenti per l'edilizia agevolata in affitto. La terza: le regioni devono anch'esse destinare risorse proprie all'abitazione. La quarta: sono da escludersi fondi finanziati dalle imprese per alloggi-ghetto, destinati ai propri dipendenti che subirebbero tra l'altro «la doppia dipendenza», sia come lavoratori che come inquilini, una strada vecchia, iniqua e non percorribile.


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Importanti invece le sinergie tra fondi immobiliari, fondazioni bancarie e fondi pensione. I fondi immobiliari, secondo il sindacato SUNIA, partiti in ritardo, investono solo in edilizia non residenziale: «è possibile costruire un percorso che coniughi redditività e bisogno sociale abitativo? Io penso di sì e l'affitto potrebbe confluire nel fondo». Le fondazioni bancarie potrebbero «indirizzare risorse là dove c'è fortissima richiesta di alloggi che, in questo senso, avrebbe i connotati di un bisogno sociale». Sui fondi pensione poi si potrebbe pensare di reinvestirne parte in fondi immobiliari per garantire loro maggior redditività. Queste sono le proposte che questo Governo dovrà trovare ai tavoli di concertazione.
E da queste risposte potremo valutare se la sinistra vuoi essere una forza riformista come noi auspichiamo.

VITTORIO ADOLFO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il provvedimento in esame riguarda 2.200.000 persone.
Tuttavia, la prevista proroga per gli sfratti a famiglie in forte disagio, con reddito annuo di 27 mila euro e con anziani, figli e portatori di handicap a carico per un periodo di otto mesi non risolve assolutamente il problema.
Manca una politica strategica di programmazione nonché le risorse finanziarie necessarie per dare a tutti una casa.
Pertanto annuncio il voto d'astensione del gruppo dell'UDC in considerazione del forte disagio sociale che vivono le categorie meno abbienti.

GUIDO DUSSIN. Pur riconoscendo la difficoltà di raggiungere un equilibrio fra interessi divergenti in un tema, come quello degli sfratti, con forti ripercussioni sociali, c'è da sottolineare che non si può continuare a penalizzare i piccoli proprietari «sfortunati» che hanno dato in affitto il proprio immobile ad inquilini ultrasessantacinquenni e che da anni aspettano di rientrare nel possesso del proprio immobile. Non è possibile far ricadere su di loro, all'infinito, i costi sociali.
Un tale comportamento del Governo contraddice i principi basilari della Costituzione sui diritti della proprietà privata.
Del resto la continua proroga degli sfratti per alcune categorie di cittadini blocca in realtà lo stesso mercato delle locazioni, creando dei precedenti che dissuadono i proprietari ad affittare i propri immobili a persone ultrassessantacinquenni o portatori di handicap, finendo per danneggiare proprio le categorie che dovrebbero essere tutelate. Il nostro gruppo, in più occasioni, ha sostenuto che, inevitabilmente, in futuro diverrà impossibile per tali categorie trovare un alloggio da affittare nel libero mercato. Infatti, quale proprietario vorrà mai affittare un appartamento alle categorie cosiddette «tutelate» sapendo che successivamente gli sarà impossibile o per lo meno alquanto difficile rientrare nel possesso del proprio immobile?
Occorre partire dal principio che un locatore, anche ai sensi della Costituzione (articoli 24, 42 e 102) deve poter disporre della sua proprietà privata non solo quando gli serve per assoluta necessità sua o della sua famiglia ma proprio alla scadenza del contratto di locazione. Non è pensabile obbligare i privati a sopperire alle attuali inefficienze della pubblica amministrazione in materia edilizia residenziale pubblica.
In merito alla costituzione di apposite commissioni presso le prefetture per la graduazione degli sfratti, riteniamo che occorre evitare di effettuare passi indietro alterando ancora una volta il normale corso dei procedimenti di sfratto. Oramai, le competenze in materia di sfratti sono state restituite alla magistratura ordinaria e il capitolo delle commissioni prefettizie dovrebbe essere chiuso per sempre. La Lega Nord, in passato, ha condotto vere battaglie contro le commissioni prefettizie, ossia contro l'introduzione di un organo politico di governo, il prefetto, in problematiche afferenti il processo civile. Si ricorda che in passato queste commissioni non hanno mai funzionato e sono state la causa di una serie di proroghe degli sfratti (e la prova evidente è il fatto che non hanno risolto la situazione ma hanno solo spostato il problema nel tempo).


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Infine, La Lega è contraria all'intromissione dello Stato in materie di competenza regionale, come quella dell'edilizia residenziale pubblica. Si tratta di un passo indietro che capovolge l'attuale decentramento in materia. Peraltro si ricorda che si tratta di competenze trasferite dallo Stato alle regioni con la «riforma Bassanini», del Governo di centro-sinistra (decreto legislativo 112/98).
Attualmente le regioni hanno già definito, con propria legge, gli obiettivi e gli indirizzi della programmazione dell'edilizia residenziale e i comuni hanno già recepito nei propri regolamenti tali criteri generali.
Si tratta di obiettivi e indirizzi che devono tenere conto delle peculiarità regionali e che non possono essere di nuovo accentrate a livello nazionale. Riteniamo impossibile definire un «programma nazionale di edilizia residenziale pubblica» senza intromettersi nelle prerogative regionali.
Il nostro gruppo voterà contro il presente provvedimento per i seguenti motivi: per l'ampliamento della platea dei beneficiari della proroga degli sfratti su tutto il territorio nazionale, che si presenta come un'inversione di marcia rispetto ai provvedimenti di proroga disposti dal Governo Berlusconi che hanno cercato di limitare, progressivamente, tale proroga ai casi più manifesti di crisi abitativa; per la riconsegna nelle mani del prefetto e di nuove «commissioni prefettizie» della graduazione delle azioni di rilascio degli alloggi; per l'invasione da parte dello Stato delle competenze delle regioni nella materia dell'edilizia residenziale pubblica, attraverso la prevista istituzione di un «programma nazionale di edilizia residenziale pubblica».
Il nostro gruppo è stato da sempre contrario alle proroghe dei termini di sospensione delle procedure esecutive di sfratto, proroghe che si rivelano pesanti soprattutto per i piccoli proprietari e finiscono di fatto per trasformarsi in veri e propri «espropri» della proprietà immobiliare scaricando sulle spalle dei privati cittadini le insufficienze dello Stato in materia di politica sociale.

TESTO INTEGRALE DELLE DICHIARAZIONI DI VOTO FINALE DEI DEPUTATI GIAN FRANCO SCHIETROMA, CARLO COSTANTINI, PAOLA BALDUCCI, VITO LI CAUSI, ALBA SASSO E TITTI DE SIMONE SUL DISEGNO DI LEGGE N. 1961 ED ABBINATE.

GIAN FRANCO SCHIETROMA. Signor Presidente, colleghi, a nome della Rosa nel Pugno, dichiaro il voto favorevole sul disegno di legge riguardante «disposizioni in materia di esami di Stato conclusivi dei corsi di studio di istruzione secondaria superiore e delega al Governo in materia di raccordo tra la scuola e le università».
Il nostro voto favorevole è fondato essenzialmente sul fatto che il disegno di legge in esame conferisce agli esami di Stato un'impronta di maggiore serietà e credibilità, anche e soprattutto attraverso l'inserimento nelle commissioni d'esame di una significativa presenza di componenti esterni. Anzi, va sottolineato il fatto che i componenti esterni, per effetto dell'approvazione di questo disegno di legge, sono in maggioranza nelle commissioni d'esame rispetto ai membri interni. Altrettanto importante è l'aspetto relativo alla delega al Governo in materia di raccordo tra la scuola e le università, un coordinamento questo quanto mai necessario e opportuno.
Considerato l'oggetto del disegno di legge, credo che questa sia un'occasione utile per ribadire l'esigenza fondamentale di raggiungere l'obiettivo primario di una scuola pubblica veramente di eccellenza, di una maggiore dignità professionale e di una migliore qualità per la vita dei docenti. La difficile situazione dei conti pubblici non ha ancora consentito di destinare al comparto scuola quelle risorse che l'importanza prioritaria di questo settore meriterebbe.
Il nostro gruppo parlamentare insiste affinché il Governo tenga sempre ben


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presente il fatto che destinare più risorse per la scuola pubblica, per le università e per la ricerca costituisce uno dei presupposti essenziali per assicurare prospettive di sicura crescita al nostro paese e certezze per l'avvenire dei nostri giovani.
Modernizzare la scuola è ormai un obiettivo imprescindibile. Per modernizzare veramente la scuola occorrono più risorse, ma innanzitutto un personale che sia veramente motivato. Il Governo dovrà necessariamente porsi il problema di una davvero giusta retribuzione per gli insegnanti, per i dirigenti scolastici e per il personale ATA.
Abbiamo apprezzato il fattivo e concreto impegno del ministro Fioroni a favore della soluzione dell'ampio e complesso problema del precariato. D'altra parte, se vogliamo sul serio che la scuola possa esercitare una funzione primaria nella nostra società, tutto il personale che opera nel settore deve avere un'adeguata considerazione e sufficienti certezze.
Il nostro gruppo parlamentare è fermamente convinto dell'importanza della definizione di sistemi di formazione delle risorse umane che, oltre a rispondere al grande obiettivo dell'occupazione, contribuiscano a facilitare lo sviluppo delle altre strutture portanti della società della conoscenza, e cioè la ricerca scientifica, da un lato, e la cultura tecnologica, dall'altro.
Un paese moderno e civile necessita di una scuola laica, atta a favorire integrazione, coesione e democrazia. I grandi mutamenti della nostra società conferiscono alla scuola un compito ancora più importante rispetto al passato perché essa dovrà essere sempre più il luogo d'incontro delle differenti culture, delle varie etnie e delle diverse religioni.
Siamo contrari ai finanziamenti alle scuole private non soltanto perché la Costituzione li vieta. Abbiamo ribadito con forza questa nostra convinzione politica, anche nel corso della discussione della legge finanziaria, per cui riteniamo che ogni risorsa disponibile debba essere destinata al potenziamento della scuola pubblica. Infatti, una scuola pubblica di qualità costituisce, a nostro avviso, la vera priorità assoluta, essendo l'unica a poter garantire uguaglianza e pari opportunità a tutti i ragazzi, compresi i figli di coloro che hanno minori possibilità economiche.
Per noi l'approvazione del disegno di legge in esame rappresenta un passo in avanti nella direzione giusta. Però, la scuola italiana e coloro che lavorano in questo delicato settore, con impegno e sacrificio, hanno bisogno di ben altri segnali di attenzione da parte delle istituzioni e delle forze politiche.
E con questo auspicio che voteremo a favore dell'odierno provvedimento.

CARLO COSTANTINI. Il gruppo dell'Italia dei Valori voterà a favore del disegno di legge all'esame dell'aula che incide sia sulla materia degli esami di Stato conclusivi dei corsi di istruzione secondaria superiore, che sulla materia del raccordo tra scuola ed università.
È opportuno operare questa sottolineatura per compensare una attenzione che - al di fuori del Parlamento - sembra aver interessato molto la riforma degli esami di Stato e meno la delega contenuta all'articolo 2, finalizzata alla costruzione di un sistema di norme idonee a determinare un effettivo ed efficace raccordo tra la scuola e l'università.
A mio parere, invece, ed anche di alcuni colleghi intervenuti, risultano molto più significativi in prospettiva gli obiettivi perseguiti con questa disposizione e le concrete modalità con cui il Governo eserciterà la delega rispetto alle pur indispensabili correzioni apportate all'esame di Stato con l'articolo 1.
Nel nostro paese si va via via affermando una anomalia, rispetto alla maggior parte dei paesi occidentali. In alcuni paesi i percorsi scolastici si concludono con esami di Stato simili al nostro. Di regola, però, dove esiste la maturità, non serve la prova di accesso alle università; dove non esiste la maturità, esistono test di ingresso all'università.
Solo in Italia continua ad esistere l'esame di maturità, in un contesto, però,


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in cui sempre più università, soprattutto le più prestigiose, prevedono un test di accesso.
È il sistema e l'assenza di rapporti funzionali tra scuola ed università che hanno nel corso degli anni determinato uno scadimento del valore dell'esame di Stato ed è questa la ragione per cui il contenuto dell'articolo 2 esprime un grande valore innovativo, ponendo al centro dell'attività legislativa un raccordo tra conclusione del percorso scolastico ed accesso all'università la cui carenza costituiva una anomalia tutta italiana.
Operata questa opportuna puntualizzazione, è evidente ed è stata largamente riconosciuta la necessità ed anche l'urgenza di operare un intervento idoneo a restituire dignità e valore legale all'esame di Stato.
Alcuni dati per comprendere cosa sia accaduto negli ultimi anni. Nel 1999 i promossi sono stati il 91,70 per cento; nel 2001 i promossi sono stati il 95 per cento, nell'ultimo degli anni con le commissioni miste; nel 2002 i promossi sono stati il 97 per cento e nel 2005 i promossi sono stati il 98 per cento.
A questi dati, sintomatici del progressivo scadimento del rigore e della stessa dignità legale degli esami di Stato, deve essere aggiunta la considerazione della mancanza di uno scrutinio finale, che nella sostanza ha determinato una sorta di ammissione d'ufficio agli esami di Stato.
Io non sono tra quelli che ritengono che il grado di preparazione degli studenti si misuri in base al numero dei bocciati.
È tuttavia indubbio che percentuali di promossi praticamente totalitarie possano nel tempo aver ingenerato negli studenti un calo degli stimoli, rispetto al livello di preparazione richiesto, sia nell'ultimo anno scolastico, che negli anni precedenti.
L'articolo 1 interviene esattamente dove era possibile intervenire.
Torna l'ammissione all'esame, per la quale occorre superare lo scrutinio finale, con l'obbligo di aver saldato i debiti contratti negli anni precedenti. Si ripristinano le commissioni miste con componenti esterni in eguale misura di quelli interni, oltre al presidente esterno. Aumenta il punteggio per il credito scolastico, per valorizzare l'intero percorso di studio dello studente e si riduce in egual misura il punteggio per il colloquio con l'evidente finalità di valorizzare il merito scolastico ed al tempo stesso di contenere la valenza delle espressioni di giudizio discrezionali. È introdotto il vincolo del possesso della residenza nella località dell'istituto scolastico scelto quale sede di esame per i candidati esterni.
Sull'articolo 2 ho già espresso le ragioni del consenso mio e del gruppo dell'Italia dei Valori.
Un decreto stabilirà una quota del punteggio degli esami di ammissione ai corsi universitari da assegnare agli studenti che abbiano conseguito risultati scolastici di particolare valore nell'ultimo triennio e nell'esame di Stato, anche in riferimento alle discipline più significative del corso di laurea prescelto.
Ed è indiscutibile quanto questo intervento incida sul piano della valorizzazione del merito scolastico, rendendolo un requisito importante per il futuro accesso ai corsi universitari.
Così come significativa sul piano della integrazione tra scuola ed università è la previsione di corsi di orientamento destinati agli studenti dell'ultimo anno, per renderli pienamente consapevoli delle proprie scelte.
Il disegno di legge contiene, in conclusione, tutto ciò che era possibile introdurre, proseguendo un percorso che a me pare ben avviato e che tende ormai evidentemente a superare la logica della contrapposizione tra riforme e controriforme e ad affermare un nuovo modo di procedere, fatto di piccole, ma significative innovazioni, ma anche di considerazione di ciò che ha dimostrato o potrebbe dimostrare di poter funzionare.
È questa la ragione per cui non ho compreso gli interventi di molti colleghi dell'opposizione, che hanno lamentato la mancanza di un quadro di riforma complessiva della scuola.
Non possiamo stupirci del fatto che il Governo operi esattamente in coerenza


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con quanto dichiarato ad inizio legislatura quando riferì con chiarezza e senza possibilità di equivoci che non avrebbe presentato l'ennesima riforma complessiva della riforma.
Avremmo, invece, dovuto stupirci del contrario.
Ed allora prendiamo atto di questo nuovo modo di procedere, che a mio parere potrebbe ulteriormente stimolare l'approccio collaborativo che alcuni colleghi hanno già iniziato a manifestare e che forse noi della maggioranza alla Camera, per l'urgenza di concludere l'iter, non abbiamo potuto valorizzare adeguatamente.

PAOLA BALDUCCI. Illustre Presidente, onorevoli colleghi, noi tutti crediamo che la qualità del sistema scolastico e una seria preparazione e formazione degli studenti avranno un ruolo fondamentale nel rilancio del paese nell'immediato futuro e per questo siamo convinti dell'improcrastinabilità della riforma proposta.
Una riforma che non può essere rinviata o disattesa, poiché oggi decidiamo non solo e non tanto del nuovo assetto degli esami di Stato, ma soprattutto sull'importanza di una adeguata formazione culturale dei nostri giovani.
Se vogliamo che la scuola torni ad essere il motore culturale e il centro pulsante del paese dobbiamo riportare la conoscenza e lo studio al centro del dibattito politico.
Lo Stato deve, però, tornare ad occuparsi seriamente dei problemi della scuola e ricominciare ad investire sulle risorse umane, cioè sui giovani, stavolta con maggiore attenzione e convinzione: per fare tutto ciò bisognerà puntare su un ambizioso disegno di riordino scolastico, ma anche su una ritrovata serietà nella verifica della preparazione degli studenti.
Il provvedimento in esame interesserà direttamente circa 480 mila ragazzi italiani a partire dal prossimo anno scolastico. Questo provvedimento propone una riforma seria ed equilibrata dell'esame di Stato ed è stato accolto positivamente dal mondo della scuola.
Negli ultimi anni la scuola pubblica è stata svalutata, sarei tentata di dire umiliata, e troppo spesso ridotta a un mero diplomificio. Le prove di maturità, in particolare, non avevano più le caratteristiche distintive tipiche di un serio esame di Stato, capace di coronare un importante percorso di studi.
L'intento del provvedimento, sul quale oggi dobbiamo pronunciarci è, anzitutto, quello di fermare la progressiva perdita di valore del titolo di studio registrata negli ultimi anni, restituendogli dignità e serietà.
A noi sembra che si vada nella direzione auspicata.
Positivo è senza dubbio il ritorno alle commissioni d'esame miste composte per metà da docenti esterni che favoriscono una maggiore indipendenza e imparzialità della commissione e altrettanto positive sono le nuove modalità di assegnazione del presidente, che era stato ridotto al ruolo di un semplice notaio, mentre oggi riacquista un'effettiva centralità nei lavori.
Non meno importante è la previsione di una delega al Governo in materia di orientamento ai successivi studi universitari e di accesso al mondo del lavoro che, assieme alle norme previste dalla finanziaria in materia di innalzamento dell'obbligo scolastico a sedici anni e per i centri di educazione degli adulti, conferma un più generale orientamento per la così detta formazione permanente, da tempo auspicata dai Verdi, e anche un ruolo centrale per la scuola pubblica. In tale contesto ci auguriamo che questo sia solo un primo passo di una più ampia collaborazione tra scuola superiore ed università.
La scuola, come ha rilevato l'onorevole Sasso, deve affrontare problemi molto difficili e complessi e mai come oggi è necessario che la società, le istituzioni le restituiscano l'autorevolezza di cui ha bisogno.
L'autorevolezza non deve riguardare solo insegnanti o dirigenti scolastici, perché l'autorevolezza del sistema scolastico è costituita dall'attenzione che la società, le istituzioni, le parti politiche ed il Governo rivolgono ad essa. Attenzione


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oggi spesso deviata dai mass media che parlano di scuola e giovani solo per parlare di tematiche quali «il bullismo».
Questa è una riforma capace di riavviare il sistema scolastico: un primo punto da cui ripartire e ridare slancio alle politiche per la scuola. Vogliamo una scuola che aiuti la formazione di persone sane nel corpo e nella mente; una scuola che dovrà essere finalmente luogo di progettazione per un futuro sostenibile.
Per questi motivi annunciamo il voto favorevole del gruppo dei Verdi.

VITO LI CAUSI. Signor Presidente, ministro Fioroni, viceministro Bastico, onorevoli colleghi, noi, Popolari-Udeur, esprimiamo un convinto sostegno al disegno di legge volto a modificare l'esame di Stato conclusivo dei corsi di istruzione secondaria, novellando alcuni articoli della legge 10 dicembre 1997 n. 425.
L'esame di Stato rappresenta un momento molto importante nella crescita umana dello studente, ed è giusto che lo Stato garantisca un apparato normativo affinché lo stesso diventi una prova formativa, un mezzo idoneo per accertarsi delle capacità scolastiche dello studente.
Il provvedimento, che oggi ci accingiamo a votare, prevede un esame di Stato dove si riconosce il merito degli studenti, si valorizza il talento, dove non ci si limita a registrare il mero apprendimento nozionistico, ma si valuta il ragionamento, il senso critico e la creatività dei nostri maturandi o diplomandi.
Insomma, un forte elemento di valutazione del merito scolastico.
Considero fondamentale l'istituzione delle commissioni miste composte di un 50 per cento di commissari interni ed un 50 per cento di commissari esterni, più un presidente esterno, al fine di riattribuire serietà all'esame, in quanto ritengo sia giusto che si differenzi la figura dell'insegnante che prepara lo studente durante il corso degli studi, dall'insegnante che in sede di esame di Stato ne deve giudicare la preparazione.
Inoltre, il confronto con un esaminatore esterno offre una prima prova di presentazione delle proprie capacità in vista di futuri colloqui sia universitari sia di lavoro dove in genere molti studenti giungono impreparati.
È pacifico che si debba restituire credibilità alla scuola, attraverso una riforma approfondita che trova in questo disegno di legge un primo passo verso un intervento molto più complesso del sistema scolastico che da anni impegna questo Parlamento.
Io da castelvetranese, cattolico-democratico di ispirazione cristiana, concittadino di Giovanni Gentile, ministro della pubblica istruzione dell'allora Governo, filosofo conosciuto in Italia e nel mondo, sono certo che per ora manda a dire dall'oltretomba, dopo ottantatré anni, che gli esami di Stato finalmente ridanno luce alla scuola italiana.
La scuola è la più importante istituzione del paese, perché è attraverso la comunità scolastica che si realizzano percorsi di crescita culturale ed umana, civile ed etica.
Creare un buon sistema scolastico non è un'impresa facile ma un impegno che occorre affrontare; non dobbiamo dimenticare, infatti, che la scuola, è l'anima laica della società, il luogo ideale dove imparare a porsi le domande giuste, dove trovare le risposte, dove imparare a misurarsi con le responsabilità e le prove della vita da adulti.
Noi crediamo, onorevole Aprea, che con questa legge daremo un valore aggiunto ai nostri studenti ecco perché il Governo e la maggioranza non hanno ritenuto di esprimersi favorevolmente agli emendamenti presentati dall'opposizione.
E poi, egregio onorevole Barbieri, visto che noi della maggioranza riteniamo e crediamo che questa legge sarà di grande vantaggio per la scuola italiana, la prego di approvarla anche lei.
Per tutti questi motivi, i Popolari Udeur voteranno convintamente a favore del provvedimento.

ALBA SASSO. Condividiamo questa legge e il nostro voto sarà un voto favorevole.


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È la seconda volta che in questa legislatura torniamo a parlare di esami di Stato. La prima è stata una riparazione (stanziare i soldi per pagare gli insegnanti), questa una modifica della loro struttura e del loro funzionamento richiesta in primo luogo dalla scuola stessa.
È un provvedimento saggio e utile quello che ci accingiamo ad approvare.
Saggio perché appunto ha saputo ascoltare l'esigenza della scuola stessa di ridare rigore e serietà all'esame finale. E mi riferisco tra l'altro a un documento della stessa federazione delle scuole paritarie che ha gettato un grido di allarme diciamo sulla correttezza, qualcuno dice sui fenomeni di illegalità, delle procedure di esame in questi ultimi anni. Basti un dato: il numero dei privatisti che sostenevano gli esami nelle scuole private è passato dallo 0,4 del 1999 al 26,9 della platea di riferimento.
Altrettanto alto e patologico il numero di coloro che anticipavano l'esame avendo avuto la media dell'otto nel penultimo anno. Sui fenomeni di illegalità indagherà la magistratura, anzi già lo sta facendo. A noi interessa salvaguardare gli esami e il voto finale di quei ragazzi che se lo sono guadagnato con studio e assiduità. E che sono la maggioranza, a fronte di coloro a cui la famiglia e la società hanno fatto credere che tutto si può comprare e vendere.
È un provvedimento utile perché restituisce senso all'esame. Si riprende un cammino avviato nel 1997 e bruscamente interrotto da quella legge finanziaria del 2001 che modificò, per motivi di risparmio, la composizione delle commissioni d'esame rendendole tutte interne.
Un percorso interrotto perché la legge del 1997, come ogni buona legge prevedeva un monitoraggio sulla sua applicazione per modifiche in corso d'opera e invece ha inaugurato lo stile «punto e a capo». Si riprende quel cammino con una consapevolezza nata anche da una verifica di quanto successo negli ultimi anni. Con la commissione esterna o in parte esterna la scuola si confronta con altre esperienze, si sottopone a un controllo esterno. E l'esame non finisce con l'essere uno stanco rituale ripetitivo dello scrutinio e i ragazzi, si sa, amano le sfide e non disdegnano la severità.
Consideriamo molto positivo che venga ridato valore al curriculum, al percorso di studi attraverso il ripristino dell'ammissione all'esame e la valutazione del percorso stesso nel voto finale. Un utile strumento per evidenziare il merito in aggiunta alla valutazione dell'esame stesso. È anche attraverso il rigoroso riconoscimento del merito che si aiutano i ragazzi socialmente più deboli. Sono misure che riteniamo potranno avere un positivo effetto di feed back sul percorso degli studi Un primo passo verso quel cambiamento dell'intero percorso di studi della secondaria superiore che è urgente predisporre nel più breve tempo possibile e di cui il primo atto, insieme a questo provvedimento, è l'elevamento dell'obbligo di istruzione previsto dalla finanziaria 2007.
Non voglio aggiungere molto a quanto già detto nel corso del dibattito in Commissione e in aula e di quanto fatto nell'aula del Senato anche con il positivo apporto dell'opposizione.
Mi preme però segnalare alcune questioni.
Gli esami di Stato sono un momento della vita della scuola, insieme alle vicende patologiche che la riguardano, in cui sulla scuola si accendono i riflettori dei mass media. L'accusa più frequente che si rivolge agli esami è che c'è un'alta, altissima percentuale di promossi.
Vorrei segnalare che l'esame è il suggello finale di un percorso scolastico ed è nel percorso che i ragazzi devono essere seguiti, valutati, promossi o non promossi. In Finlandia, paese in cima alle graduatorie dei paesi Ocse per la qualità del suo sistema scolastico, la percentuale di coloro che sono promossi rispetto a coloro che si iscrivono al primo anno è del '93. Un esame è valido non se boccia ma se è in grado di valutare competenze e conoscenze. Se è l'atto finale di un percorso nel quale i ragazzi siano accompagnati da attenzione e rigore. E il problema vero della scuola italiana non è l'alta percentuale


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di promossi ma la percentuale di coloro che la scuola perde (Don Milani). È lì il vero spreco, la vera disattenzione della scuola e oserei dire della società.
Si è detto anche da parte dell'onorevole Aprea della necessità di rendere più evidente, più trasparente la certificazione delle competenze. Anche noi ne siamo convinti. Perché lavorare in questa direzione significa anche garantire quel valore legale del titolo di studio come garanzia del percorso scolastico e delle conoscenze, capacità, competenze acquisite dagli studenti.
In questo disegno di legge si sottolinea attraverso una delega data ai ministri di scuola e università la necessità di un più forte raccordo tra scuola e università. Ridare peso anche al voto finale nelle prove d'accesso, garantire attenzione alle eccellenze, avere capacità di orientare le scelte degli studenti verso i percorsi di studio universitari, insomma rimettere in piedi una interlocuzione e una interazione spesso assente in questi ultimi anni.
Questo disegno di legge infine prevede una verifica periodica della sua attuazione. E questo ci sembra importante perché le leggi per la scuola, ma è un discorso che vale più in generale, hanno bisogno di aggiustamenti, di manutenzione continua, perché vanno a impattare con un corpo complesso, vivo, in continuo cambiamento. Le leggi devono guardare lontano, essere «presbiti» ma devono al tempo stesso calarsi nel presente, valutare passo passo la loro utilità e la loro efficacia.
Da ultimo vorrei tranquillizzare l'onorevole Garagnani.
Anch'io sono convinta che la scuola, ed è questa la grande scommessa formativa di oggi, debba essere luogo del sapere condiviso, quel sapere che una società costruisce nel confronto, nell'esposizione a culture altre, imparando a leggere e a non discriminare bisogni nuovi di cultura e formazione, ricercando ragioni, senso e significati, intercettando le forme nuove attraverso cui giovani ma anche adulti acquisiscono e consolidano le conoscenze. Sapere che deve convivere con la complessità, ma che deve riuscire a costruire identità, conoscenze e valori.
Tuttavia con l'esame di Stato il primo e più severo esame lo sostiene la scuola. Ministro, aiutiamola con la buona politica a superarlo.
Infine un augurio a tutti gli studenti che quest'anno sosterranno la nuova prova d'esame. L'augurio che questa sia una tappa serena nel loro percorso di crescita, premessa di nuove e più importanti prove sulle quali costruire il loro percorso di vita e di lavoro.

TITTI DE SIMONE. Confermando le valutazioni precedentemente svolte, votiamo a favore di questo provvedimento, che interviene sulla filosofia di fondo della riforma Moratti: ovvero l'idea che la conoscenza sia un bene da privatizzare, mercificare e destinare ad élites. Una concezione che ci divide perché la conoscenza non può essere soggetta a nessuna logica di mercato, non può essere soggetta ad interessi di parte, non può essere soggetta ad un'impostazione classista.
La conoscenza ha una funzione di promozione democratica nel momento in cui diventa un elemento di diffusione e di coesione sociale più forte.
Questi sono gli obiettivi della nostra azione di governo.


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ORGANIZZAZIONE DEI TEMPI DI ESAME DEI DOCUMENTI DI BILANCIO


Disegno di legge n. 1746-bis-B- Legge finanziaria e ddl n. 1747-B - bilancio di previsione dello stato

Discussione congiunta sulle linee generali: 10 ore e 30 minuti.

Relatori

30 minuti (complessivamente)

Governo

30 minuti

Richiami al regolamento

10 minuti

Interventi a titolo personale

1 ora e 35 minuti (con il limite massimo di 15 minuti per il complesso degli interventi per ciascun deputato)

Gruppi

7 ore e 45 minuti

L'Ulivo

34 minuti

Forza Italia

1 ora e 4 minuti

Alleanza Nazionale

48 minuti

Rifondazione Comunista-Sinistra Europea

31 minuti

UDC-Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro

40 minuti

Lega Nord Padania

36 minuti

Italia dei Valori

30 minuti

La Rosa nel Pugno

30 minuti

Comunisti Italiani

30 minuti

Verdi

30 minuti

Popolari-Udeur

30 minuti

Democrazia Cristiana-Partito Socialista

32 minuti

Misto

30 minuti
(Minoranze linguistiche: 15 minuti;
Movimento per l'Autonomia: 15 minuti)


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Ddl n. 1747-B - bilancio di previsione dello stato

Seguito dell'esame: 5 ore.

Relatori

15 minuti (complessivamente)

Governo

15 minuti

Richiami al regolamento

10 minuti

Tempi tecnici

10 minuti

Interventi a titolo personale

45 minuti (con il limite massimo di 4 minuti per il complesso degli interventi per ciascun deputato)

Gruppi

3 ore e 25 minuti

L'Ulivo

37 minuti

Forza Italia

34 minuti

Alleanza Nazionale

22 minuti

Rifondazione Comunista-Sinistra Europea

13 minuti

UDC-Unione dei democratici cristiani e dei democratici di centro

17 minuti

Lega Nord Padania

14 minuti

Italia dei Valori

10 minuti

La Rosa nel Pugno

10 minuti

Comunisti Italiani

9 minuti

Verdi

9 minuti

Popolari-Udeur

9 minuti

Democrazia Cristiana-Partito Socialista

11 minuti

Misto

10 minuti
(Minoranze linguistiche: 5 minuti;
Movimento per l'Autonomia: 5 minuti)


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Ddl n. 1746-bis-B- Legge finanziaria

Seguito dell'esame: 10 ore.

Relatori

15 minuti (complessivamente)

Governo

15 minuti

Richiami al regolamento

10 minuti

Tempi tecnici

2 ore e 30 minuti

Interventi a titolo personale

1 ora e 20 minuti (con il limite massimo di 7 minuti per il complesso degli interventi per ciascun deputato)

Gruppi

5 ore e 30 minuti

L'Ulivo

1 ora

Forza Italia

55 minuti

Alleanza Nazionale

37 minuti

Rifondazione Comunista-Sinistra Europea

20 minuti

UDC-Unione dei democratici cristiani e dei democratici di centro

27 minuti

Lega Nord Padania

23 minuti

Italia dei Valori

15 minuti

La Rosa nel Pugno

15 minuti

Comunisti Italiani

15 minuti

Verdi

15 minuti

Popolari-Udeur

14 minuti

Democrazia Cristiana-Partito Socialista

18 minuti

Misto

16 minuti
(Minoranze linguistiche: 8 minuti;
Movimento per l'Autonomia: 8 minuti)


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Nota di variazioni

Tempo complessivo: 2 ore.

Relatori

5 minuti

Governo

5 minuti

Richiami al regolamento

5 minuti

Tempi tecnici

5 minuti

Interventi a titolo personale

20 minuti (con il limite massimo di 2 minuti per il complesso degli interventi per ciascun deputato)

Gruppi

1 ora e 20 minuti

L'Ulivo

13 minuti

Forza Italia

13 minuti

Alleanza Nazionale

9 minuti

Rifondazione Comunista-Sinistra Europea

5 minuti

UDC-Unione dei democratici cristiani e dei democratici di centro

6 minuti

Lega Nord Padania

6 minuti

Italia dei Valori

4 minuti

La Rosa nel Pugno

4 minuti

Comunisti Italiani

4 minuti

Verdi

4 minuti

Popolari-Udeur

4 minuti

Democrazia Cristiana-Partito Socialista

4 minuti

Misto

4 minuti
(Minoranze linguistiche: 2 minuti;
Movimento per l'Autonomia: 2 minuti)