Resoconto stenografico dell'Assemblea
Seduta n. 83 del 6/12/2006
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(Iniziative volte a verificare eventuali anomalie poste in essere dai magistrati sul processo SME - n. 3-00454)

PRESIDENTE. L'onorevole Leone ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-00454 (vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 12).

ANTONIO LEONE. Signor ministro della giustizia, in questa nostra bella e strana Italia, succede che vi sono due sentenze - una del tribunale di Milano e una della corte d'appello - che condannano l'onorevole Previti e il giudice Squillante. Succede anche che durante i dieci anni di durata di questi due procedimenti gli imputati continuano a gridare la mancanza di competenza da parte di quei giudici; succede altresì che la Cassazione, pochi giorni or sono, annulla le due sentenze, buttando al macero dieci anni di lavoro dei giudici di Milano, in quanto il lavoro non doveva essere svolto da tali giudici. Inoltre, succede che il Presidente emerito della Cassazione, Marvulli, afferma che si era detto a quei giudici che non erano competenti e che questi ultimi ostinatamente hanno voluto continuare nel giudizio, ponendo nel nulla tutto il lavoro svolto.
È possibile che tutto questo, che ha sconvolto l'opinione pubblica, venga preso in considerazione, per capire cosa si possa fare nei confronti di chi ha sbagliato?

PRESIDENTE. Il ministro della giustizia, Clemente Mastella, ha facoltà di rispondere.

CLEMENTE MASTELLA, Ministro della giustizia. Devo dire, anzitutto, all'onorevole Leone, che nutro una grande stima - avendo avuto l'opportunità di lavorare con lui, per quello che è stato possibile, nell'ultima fase della sua esperienza, nell'esordio della mia - per il presidente Marvulli, cui esprimo, perché insigne magistrato, la mia solidarietà per quanto riguarda il suo magistero, dal punto di vista della disciplina delle risorse e della saggezza giuridica che ha dimostrato nel suo ruolo.
Tuttavia, devo anche dirle, con molta onestà, che l'essere ministro della giustizia stabilisce anche un rispetto ed un adempimento dovuto, nella distinzione dei compiti tra me e la magistratura, e, quindi, nel rispetto dell'autonomia del potere giudiziario, che mi impedisce evidentemente - in maniera non forzosa per me, in quanto forzoso è il piano della Costituzione - di entrare in alcun modo nel merito dei provvedimenti giurisdizionali, che anche io, come ministro, sono tenuto a rispettare, finché essi non si rivelino frutto di comportamenti dolosi o colposi - non mi pare che siamo in questa circostanza - o non violino regole della deontologia professionale o norma certificata. Quindi, nella specie non ho alcun elemento per ritenere che ricorra una situazione del genere in questa faccenda.
In particolare, voglio rilevare che, nel corso del processo, hanno ritenuto la competenza dei giudici milanesi i magistrati della procura, il giudice per le indagini preliminari, il giudice del tribunale in primo grado e il giudice della corte d'appello in secondo grado, nonché, in un momento iniziale, nella limitata sede del vaglio di legittimità dei provvedimenti cautelari, la stessa Corte suprema. Che quest'ultima, poi, investita del ricorso avverso la sentenza di appello, sia stata di diverso avviso rispetto ai magistrati milanesi, con sentenza la cui motivazione pare dovrebbe arrivare, non essendo ancora depositata - forse è arrivata proprio in questo momento -, rientra (lei lo sa bene, essendo molto più domestico di me in queste vicende) nella fisiologia del processo e non costituisce, quindi, materia di scandalo. Mi pare sia evidente che, tra gli stessi giudici, ricorrano difformità di vedute giuridiche. Assai spesso si tratta, in altre parole, di un'evidenza ordinaria anche frequente. È proprio per questo motivo e per pervenire


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a decisioni utili ed approfondite che l'ordinamento affronta più gradi di processo, fino al terzo, in modo tale che, alla fine, ci sia una sincera risposta nel giudizio di legittimità espresso dalla Corte di cassazione.
Devo constatare, infine, che la magistratura di Milano ha sempre svolto il proprio lavoro con impegno e dedizione, tra grandi difficoltà e sotto i riflettori di una sovraesposizione mediatica che sicuramente non fa bene al tranquillo fruire della giustizia. È come se il chirurgo operasse sempre e costantemente con lo zoom delle telecamere e questo crea o potrebbe creare una qualche incertezza. Va invece dato atto ai magistrati di aver fatto il loro lavoro con serenità; devo dirle che, per quanto mi riguarda, non esistono elementi in senso contrario e, ritenendo la buona fede e la capacità professionale dei magistrati di Milano, non mi sembra che tutto questo abbia leso il prestigio e la dignità delle nostre istituzioni democratiche.

PRESIDENTE. L'onorevole Leone ha facoltà di replicare.

ANTONIO LEONE. Signor Presidente, come si dice, una laurea in legge non si nega a nessuno e lei parla ad uno che è laureato in legge. Se, durante i miei studi universitari, avessi dovuto rispondere alla domanda su chi sia il giudice competente nel momento in cui gli imputati sono romani e i presunti reati sono stati commessi a Roma ed io avessi risposto Milano, non avrei mai conseguito la laurea in legge. La motivazione della Corte di cassazione, cui lei, signor ministro, alludeva prima, è proprio di una semplicità unica. È un caso di scuola: è accaduto tutto a Roma, ergo la competenza non potrà essere di Milano.
Allora, perché il presidente Marvulli ha detto che ostinatamente i giudici di Milano hanno ritenuto di dover continuare a giudicare nei confronti di Previti e di Squillante? Perché, evidentemente, non si volevano spogliare di un argomento che poteva portare, da un punto di vista non giuridico, ma politico - diciamo noi - ad una soluzione quale è stata. Altrimenti non ci sarebbe ragione della mia interrogazione nei suoi confronti, signor ministro. Non è con lei che ce l'abbiamo, ma, nel momento in cui viene a dire, in quest'aula, che, non essendoci il dolo ed essendoci buona fede, non si può fare nulla, mi sembra che vengano vanificati la distinzione dei poteri e il controllo che il ministro della giustizia dovrebbe avere su atti del genere.
Buttare al vento dieci anni di processo, significa anche buttare al vento risorse economiche dello Stato italiano che i cittadini pagano. Nel momento in cui si è visto che si è trattato solo e soltanto di uno sfizio dei giudici milanesi continuare quel processo che non potevano e non dovevano giudicare, il fatto che lei dica che la procura di Milano prima e il tribunale e la Corte d'appello dopo hanno ritenuto che si trattava di competenza da incardinare a Milano equivale chiaramente a scoprire l'acqua calda. Stiamo parlando proprio dei giudici di Milano.
Allora mi deve spiegare perché la Cassazione ha detto che non erano assolutamente competenti; perché c'è stata l'ostinazione dei giudici. Allora mi deve spiegare perché la giustizia deve essere usata in quel modo nei confronti di una parte politica ed a spese di tutti i cittadini. Questo è quello che non ho compreso, ma mi sembra che non l'abbia compreso neanche lei (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).

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