Resoconto stenografico dell'Assemblea
Seduta n. 36 del 2/8/2006

(Continuata nella giornata di giovedì 3 agosto 2006)

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(Esame degli ordini del giorno - A.C. 1475 )

PRESIDENTE. Passiamo all'esame degli ordini del giorno presentati (vedi l'allegato A - A.C. 1475 sezione 1).

ELIO VITO. Presidente, non c'è il Governo!

PRESIDENTE. Prego di chiamare i rappresentanti del Governo: attendiamo la loro presenza per riprendere i lavori (Commenti).


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ELIO VITO. Sospenda la seduta, Presidente! La Camera non può attendere!

PRESIDENTE. Deputato Vito, sono andati a chiamarli...
Non essendo presente in aula alcun rappresentante del Governo, sospendo la seduta per dieci minuti.

La seduta, sospesa alle 18,55, è ripresa alle 19,05.

PRESIDENTE. Avverto che l'ordine del giorno Marras n. 9/1475/109 deve intendersi sottoscritto anche dal deputato Cossiga, l'ordine del giorno Raisi n. 9/1475/150 deve intendersi sottoscritto dai deputati Cossiga e Cirielli, l'ordine del giorno Martinelli n. 9/1475/157 deve intendersi sottoscritto dal deputato Gasparri e che l'ordine del giorno Alberto Giorgetti n. 9/1475/169 deve intendersi sottoscritto dal deputato Minasso.
Avverto che la Presidenza non ritiene ammissibili, ai sensi dell'articolo 89, comma 1, del regolamento, in quanto relativi ad argomenti estranei all'oggetto del provvedimento al nostro esame, gli ordini del giorno: Crisafulli n. 9/1475/22, volto ad impegnare il Governo alla statalizzazione dei licei linguistici provinciali paritari; Minardo n. 9/1475/128, volto ad impegnare il Governo alla sospensione dei pagamenti e del fermo amministrativo derivanti dalle cartelle esattoriali emesse dall'INPS, nonché alla rateizzazione dei contributi dovuti al medesimo istituto; Campa n. 9/1475/137, volto ad impegnare il Governo al rifinanziamento degli interventi per la salvaguardia di Venezia; Di Cagno Abbrescia n. 9/1475/139, volto ad impegnare il Governo ad individuare iniziative per l'attuazione del protocollo di Kyoto; Lisi n. 9/1475/148, relativo all'esercizio della professione chiropratica.
Il deputato Airaghi ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1475/162.

MARCO AIRAGHI. Signor Presidente, l'articolo 15 di questo provvedimento reca una disposizione di proroga - peraltro emendata durante l'iter al Senato - con la quale si è rinviato di un anno il termine previsto per la cessazione delle concessioni rilasciate con procedure diverse dall'evidenza pubblica relativa al solo servizio idrico integrato.
Tuttavia, signor Presidente, il rinvio del termine è stato operato mediante una novella all'articolo 113 del testo unico sugli enti locali, che ha determinato una formulazione assolutamente poco chiara, in particolare con riferimento al comma 15-ter dell'articolo modificato. Tale scarsa chiarezza è stata persino evidenziata nelle schede di lettura predisposte dagli uffici della Camera dei deputati, dove a pagina 113 si evidenzia proprio che la formulazione della novella renderebbe addirittura poco comprensibile l'articolo. Questa sarebbe stata una motivazione palesemente chiara ed evidente per rendere necessaria l'approvazione di un emendamento ad hoc, volto a rettificare questo articolo, per renderlo facilmente interpretabile ed applicabile.
Purtroppo, per l'ennesima volta, la decisione improvvida e forzata di questa maggioranza di porre la questione di fiducia alla Camera su questo provvedimento ha di fatto impedito, sia alla maggioranza sia all'opposizione (seguendo il suggerimento previsto dalle schede di lettura), la presentazione di questo emendamento. Si è reso impossibile approvare in Assemblea questo emendamento, che avrebbe di fatto reso maggiormente interpretabile questo articolo.
Lo ripeto: la maggioranza ha deciso di espropriare, ancora una volta, i poteri del Parlamento. Si tratta di un vero esproprio di poteri, una sorta di commissariamento della nostra Camera, che ormai è palesemente svuotata di ogni potere. Infatti, o quest'ultima riceve testi già approvati in prima lettura dal Senato e, come tali, presentati dal Governo o dalla maggioranza come blindati, rendendosi di fatto inutile l'iter del provvedimento alla Camera; o, come in questo caso, si ricorre forzatamente ad un ennesimo voto di fiducia.


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Lo svilimento dei poteri di questa importante Camera è stato reso plasticamente ancora più evidente dal fatto gravissimo accaduto ieri in Assemblea. Ricordo al Presidente e agli onorevoli colleghi che il presidente della Commissione affari costituzionali, onorevole Violante, dall'alto della sua competenza politica, ha evidenziato una palese necessità di rettifica da parte di questa Assemblea del provvedimento in esame, con argomentazioni assolutamente puntuali, come sempre. Di fatto, sarebbe stato assolutamente necessario emendare questo provvedimento. Al contrario, il Governo, decidendo di porre un'altra volta la questione di fiducia, non ha ascoltato nemmeno le osservazioni del presidente Violante.
Di fatto, la scelta di questo Governo e di questa maggioranza - come sappiamo - non è necessitata dall'urgenza; tale scelta è assolutamente necessitata dalla totale impossibilità di questo Governo di gestire la maggioranza al Senato. Si riteneva, ovviamente, impossibile ricorrere ancora una volta alla precettazione militare dei senatori a vita - evidentemente difficile da ottenere nel mese di agosto - e ci si trovava nella difficoltà di riuscire a far tornare anche i senatori eletti all'estero nel caso di un'ulteriore lettura al Senato.
Paradossalmente, è stata proprio la scelta di porre la questione di fiducia che ha fatto sì che dovessi proporre questo ordine del giorno, che non è evidentemente dettato da ragioni di ostruzionismo, ma che, come ho spiegato prima, è assolutamente necessario. Esso, infatti, impegna il Governo ad adottare le opportune iniziative volte a introdurre una correzione della novella al comma 15-ter dell'articolo 113 del testo unico degli enti locali. Credo che questo non sia ostruzionismo, ma una necessità derivata dalla decisione di porre la questione di fiducia.
Mi auguro che, alla luce di queste mie considerazioni, la maggioranza e il Governo possano approvare l'ordine del giorno da me proposto (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale).

PRESIDENTE. La deputata Francescato ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1475/2.

GRAZIA FRANCESCATO. Signor Presidente, il mio ordine del giorno - sottoscritto non soltanto dai deputati Verdi, ma anche da altri dell'Unione - verte sulla necessità di consolidare la nostra rete di aree protette: la costellazione di 23 parchi nazionali, che coprono un milione e 300 mila ettari del nostro territorio e che, per una volta, permettono all'Italia di non essere il fanalino di coda in Europa in termini di quantità e qualità di tali aree tutelate, ma ci colloca, anzi, ai primi posti.
Sappiamo tutti che i parchi nazionali e le aree protette in generale non sono soltanto strumenti fondamentali di tutela di un patrimonio naturalistico unico (ricordo che sono circa 8 mila le specie animali e vegetali che vengono salvaguardate), ma rappresentano anche veri e propri laboratori di ecosviluppo, in cui si integrano le politiche ambientali, sociali ed economiche. Di più: sono delle vere e proprie aziende verdi, che danno centinaia di posti di lavoro qualificati.
Purtroppo, durante la scorsa legislatura, i finanziamenti al fondo nazionale per i parchi sono stati drasticamente ridotti, un vero e proprio colpo di scure: si è passati da uno stanziamento di circa 62 milioni di euro ad uno stanziamento di appena 49 milioni di euro.
Venendo al provvedimento in esame, debbo rilevare che, nella sua formulazione originaria, esso recava una norma, che è stata giustamente abrogata durante l'esame al Senato, con cui si disponeva un ulteriore taglio del 10 per cento al trasferimento per diverse voci di parte corrente a favore degli enti parco e che avrebbe comportato il rischio della paralisi per i nostri parchi nazionali.
Restano, però, la norma di cui all'articolo 27, che riduce di un ulteriore 10 per cento, rispetto al 50 per cento di tagli già predisposti dal precedente Governo, le spese annue che riguardano studi, relazioni pubbliche, convegni e tutta l'attività socioeconomica che un parco può promuovere,


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e quella di cui all'articolo 29, che introduce misure di ridimensionamento addirittura del 30 per cento delle spese per gli organi. Quindi, ciò potrebbe avere riflessi molto negativi per quanto riguarda il personale.
Considerando che i primi dati del Ministero dell'ambiente vanno nella direzione di rafforzare e valorizzare la tutela, noi chiediamo che il Governo s'impegni a dare un chiaro segnale di svolta rispetto al passato per quanto concerne le politiche di tutela delle aree protette e ad accrescere in maniera significativa, a partire dalla prossima legge finanziaria, le risorse economiche destinate alle spese di funzionamento degli enti di gestione delle aree protette di interesse nazionale. Si dovrebbe tornare, come minimo, ad un livello di trasferimento pari a quello del 2001.
Il parchi nazionali sono - non lo dimentichiamo - i nostri gioielli di famiglia: non possiamo permetterci il lusso di gettarli via. Grazie (Applausi dei deputati dei gruppi dei Verdi e de L'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare sull'ordine dei lavori il deputato Giachetti. Ne ha facoltà.

ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, siamo in presenza di un cospicuo numero di ordini del giorno presentati ed anche di un altrettanto cospicuo numero di deputati che, legittimamente, si sono iscritti a parlare per illustrarli. È del tutto evidente che è possibile verificare se poi effettivamente vi siano o meno intendimenti ostruzionistici. L'Unione, ad esempio, ha presentato un certo numero di ordini del giorno e, com'è facilmente riscontrabile, in sede di illustrazione è intervenuta l'onorevole Francescato e non vi saranno interventi a ripetizione. Invece, constatiamo con chiarezza, a conferma di quello che abbiamo cercato di spiegare in tutte queste ore, che è palese ed evidente un atteggiamento ostruzionistico da parte dell'opposizione.

ROBERTO MENIA. Ha detto che volevamo andare in ferie!

ROBERTO GIACHETTI. Visto anche, signor Presidente, quanto avevamo preannunciato nella Conferenza dei presidenti di gruppo di ieri, chiedo che l'Assemblea possa deliberare che la seduta prosegua ininterrottamente con l'esame del disegno di legge di conversione del decreto-legge n. 223 del 2006, sino alla votazione finale del provvedimento stesso.

PRESIDENTE. Il deputato Giachetti ha proposto all'Assemblea di deliberare che la seduta prosegua ininterrottamente nell'esame del disegno di legge di conversione del decreto legge n. 223 della 2006, sino alla votazione finale del provvedimento. Sulla richiesta avanzata dal deputato Giachetti di deliberare la seduta continuata nei termini indicati, ai sensi dell'articolo 41, comma 1, del regolamento, darò la parola ad un deputato contro e ad un deputato a favore.
Ha chiesto di parlare contro... Chi è contro? Non c'è nessun deputato che intende parlare contro (Commenti)?

ELIO VITO. Presidente, ohhh!

PRESIDENTE. L'urlo non è un «no»...
Il deputato Nespoli ha chiesto di parlare contro (Commenti del deputato La Russa)... Vorrei che vi accordaste per favore.

IGNAZIO LA RUSSA. Presidente, se mi può dare la parola glielo spiego!

PRESIDENTE. Do la parola a chi parla contro e poi a chi parla a favore, scusi.

IGNAZIO LA RUSSA. C'è un'altra proposta!

PRESIDENTE. Dopo aver votato questa proposta, semmai ne voteremo una ulteriore. Adesso, chi parla contro?

IGNAZIO LA RUSSA. Parlo a favore, Presidente! Se cerca chi parla contro, guardi di la!


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PRESIDENTE. Siccome il deputato Nespolo ha chiesto di parlare contro, ne ha facoltà. Prego, deputato Nespolo.

IGNAZIO LA RUSSA. Si è confuso, Presidente!

PRESIDENTE. No, non si è confuso: il deputato Nespolo è in grado di parlare! Il deputato Nespolo ha chiesto di parlare contro. Ne ha facoltà (Commenti dei deputati dei gruppi di Alleanza Nazionale, di Forza Italia e della Lega Nord Padania).

ELIO VITO. Oh, ma che fai...?

VINCENZO NESPOLI. Rinuncio a parlare.

PRESIDENTE. Deputato Vito! Per favore... Si può fare tutto, senza venire contro ad una deontologia. Come avete sentito, il deputato Nespolo, per sua ammissione, aveva chiesto la parola per parlare contro. Ha rinunciato.
Ha chiesto di parlare a favore il deputato La Russa. Ne ha facoltà.

IGNAZIO LA RUSSA. Presidente, non ho capito perché in ogni caso lei dovesse dare la parola per primo a chi parlava contro. Io avevo chiesto la parola per primo, a favore. Lei doveva avere la cortesia di darmi intanto la parola; solo successivamente Nespoli avrebbe rinunciato. Non capisco perché lei abbia insistito a dare la parola a Nespoli prima di me che l'avevo chiesta precedentemente: è veramente un mistero gaudioso, di quelli che lei ci spiegherà, magari con uno speech! E comunque è al plurale, il deputato si chiama Nespoli. Nespolo era quello di altra memoria (Commenti dei deputati dei gruppi de L'Ulivo e di Rifondazione Comunista-Sinistra Europea)...
Presidente, deciderà lei se parlo a favore o contro (Commenti)...

PRESIDENTE. No, questo deve deciderlo lei, per favore. A ognuno il suo!

IGNAZIO LA RUSSA. Ma mi lasci interloquire dialetticamente! Tre minuti zitto, Presidente! Ci lasci parlare quel poco che abbiamo da parlare. E, mamma mia (Commenti dei deputati del gruppo dell'Ulivo)!
Ho cinque minuti, mi lasci dire quello che voglio, qualunque fesseria mi giri per la testa! Non può essere un censore di qualunque frase noi si dica (Commenti dei deputati del gruppo de L'Ulivo). Deciderà l'aula, lei, se io, al di là del fatto formale che parlo a favore, sono nella direzione auspicata dal collega Giachetti che ha chiesto la seduta fiume.
Presidente, non abbiamo nessuna obiezione di principio a parlare, a lavorare, a discutere, a votare tutta la notte. Se qualcuno, però, immagina che la seduta fiume significhi che noi stiamo qui a votare, a parlare e a cantarcela da soli, per andarsene a dormire, e magari fra cinque minuti lei dice che non si voterà prima di domani mattina alle 9, lo dovete dire subito perché a questo noi non siamo disponibili (Commenti)!
Allora, veda Presidente: decida lei se il mio intervento è a favore di chi vuol lavorare qui tutta la notte per verificare se c'è qualcosa di buono negli ordini del giorno, che peraltro non sono solo nostri! Smettetela di parlare di ostruzionismo: ci sono 56 ordini del giorno presentati da deputati della maggioranza che, come noi, avvertono il disagio di non poter modificare questo provvedimento! Presidente, se lei prende l'impegno perché si voti quando noi esauriremo il dibattito sugli ordini del giorno - e le assicuro che non vi faremo stare qui tutta la notte e non ci saranno interventi ostruzionistici -, ci sarà la giusta necessità di affrontare i temi degli ordini del giorno. Bene, noi siamo a favore della seduta fiume, ma se si tratta di un modo per consentire un immeritato riposo a chi non ha messo nulla di positivo in questo decreto, non ci stiamo!

PRESIDENTE. Pongo solo una domanda, essendo ambigua la collocazione rispetto al voto... Se un altro deputato vuole parlare, ne ha facoltà; in caso contrario,


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si passa al voto. In questo momento, c'è solo una richiesta del deputato Giachetti di poter giungere sino alla votazione finale del provvedimento con seduta fiume.
Pongo in votazione, mediante procedimento elettronico, senza registrazione di nomi, la proposta formulata dal deputato Giachetti.
(È approvata).

Ha chiesto di parlare il deputato Elio Vito. Ne ha facoltà.

ELIO VITO. Presidente, intervengo sull'ordine dei lavori. Noi abbiamo votato - come annunciato dal presidente La Russa - a favore, perché riconosciamo le regole del gioco e quando ci sono tanti iscritti a parlare e tanti ordini del giorno, di maggioranza o di opposizione, è normale che si decida di procedere ad oltranza.
Però, Presidente, lei non ha colto, forse, la domanda del presidente La Russa. Queste sono le regole del gioco e abbiamo votato a favore della proposta del collega Giachetti: si procede ad oltranza, sino al voto finale del decreto. Forse un po' di prudenza avrebbe dovuto fare in modo che l'onorevole Giachetti proponesse di procedere ad oltranza sino al voto degli ordini del giorno, perchè non è detto che sulle dichiarazioni di voto ci sarebbero state tante richieste; magari questo è un modo per farlo, ma ognuno ha le sue idee.
Però, Presidente, il punto è questo: si va ad oltranza; questo l'Assemblea ha deliberato. Lei non può annunciare, decidere e comunicare null'altro (magari, può decidere di riunire la Conferenza dei presidenti di gruppo per regolare le pause tecniche, gli orari di sospensione, i turni), perché questo abbiamo deciso.
Sono convinto che la discussione, l'illustrazione e la votazione degli ordini del giorno durerà il tempo necessario, anche in base al parere che il Governo esprimerà sugli ordini del giorno. Non sappiamo se il Governo accetterà o no gli ordini del giorno, se accetterà solo quelli della maggioranza o se accetterà quelli della minoranza. Conseguentemente, non sappiamo quanti ordini del giorno saranno posti in votazione. Sugli ordini del giorno, siamo intenzionati ad avere quel dibattito che non ci è stato possibile svolgere sugli emendamenti.
Quindi, Presidente, credo che, se lei lo ritiene, potrebbe essere utile convocare la Conferenza dei presidenti di gruppo per deliberare come svolgere questa nuova fase, che l'Assemblea ha deciso, cioè la seduta fiume. Tuttavia, non è possibile, mettere paletti, date, orari all'interno di una fase che va ad oltranza, perché questo non lo accetteremmo. La maggioranza ha deciso questo? Bene, si esamineranno gli ordini del giorno; finiremo tra dieci minuti, tra un'ora, fa due ore, fra 12 ore e li voteremo, ma stabilire che, mentre qualcuno discute, gli altri dormono perché si vota ad una certa ora, credo non sarebbe accettabile. In questa situazione è assolutamente la prima volta! Quindi, Presidente la invito a rispettare il voto dell'Assemblea che, tra l'altro, è stato unanime.
Si procederà ad oltranza e credo potremo concludere il nostro lavoro sugli ordini del giorno (vedremo se sarà necessario per quanto riguarda il voto finale), rispettando quella che sembra essere l'unica effettiva esigenza della maggioranza e dei colleghi, vale a dire - diciamolo anche all'esterno - andarsene legittimamente in vacanza. Infatti, che ci state a fare in Parlamento, se non potete votare emendamenti, se non potete intervenire, se non potete fare dichiarazioni di voto o ordini del giorno (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia e di Alleanza Nazionale)? Tanto vale, come dice Giachetti, sbrigare la faccenda in dieci minuti ed andarcene tutti in vacanza.
Noi vi auguriamo di riposarvi e che quando tornate speriamo che la musica possa davvero cambiare (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia e di Alleanza Nazionale)?

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Franceschini. Ne ha facoltà.

DARIO FRANCESCHINI. Presidente, rinuncio.


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PRESIDENTE. Sta bene.
Deputato Vito, ho ascoltato con attenzione il suo intervento. Mi è sembrato di capirne il senso. In ogni caso, mi atterrò scrupolosamente al regolamento, secondo una prassi consolidata anche dai miei predecessori.
Procederemo all'illustrazione degli ordini del giorno. Se mi perverranno richieste, valuterò con attenzione il merito delle stesse e vi sarà disponibilità rispetto all'eventuale richiesta di convocare la Conferenza dei presidenti di gruppo.
Essendo stata approvata la proposta di seduta fiume nei termini sopra indicati, la seduta stessa proseguirà ininterrottamente fino al voto finale.
La Presidenza, secondo prassi - è stato effettuato un confronto con la seduta del 26 novembre 1997 - si riserva di stabilire le sospensioni di natura tecnica ritenute necessarie. Ricordo che, una volta deliberata la seduta continuativa, sono da ritenere inammissibili richieste volte a determinare con voto dell'Assemblea sospensioni a vario titolo della seduta stessa.
Il deputato Armani ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1475/164.

PIETRO ARMANI. Signor Presidente, il mio ordine del giorno affronta un tema di particolare rilevanza nell'ambito del decreto-legge, in quanto si rivolge ad alcune norme contenute nell'articolo 35 che riguardano, in particolare, le proprietà immobiliari e i trasferimenti delle stesse. Il problema riguarda in particolare le compravendite.
È noto che il testo approvato dal Senato prevede che le società possano scegliere se restare...

PRESIDENTE. Per favore, vi chiedo di lasciar svolgere al deputato Armani il suo intervento in una condizione possibile di ascolto.

PIETRO ARMANI. Tali società possono scegliere di restare nel regime IVA, come era previsto prima del decreto-legge. In tal caso, le relative compravendite di immobili saranno soggette alle imposte ipotecarie e catastali nella misura complessiva del 4 per cento. Tuttavia, per i fondi immobiliari, come per le società di leasing aggiunte successivamente, tale misura è ridotta alla metà, al 2 per cento. La mia preoccupazione è che questo favore concesso alle società di leasing e ai fondi immobiliari, determini una distorsione a danno della proprietà immobiliare ordinaria, la quale notoriamente è gravata da grossi oneri tributari, laddove, invece, i fondi immobiliari godono di un regime fiscale particolarmente di favore.
Allora chiedo al Governo, poiché non si comprende perché i fondi mobiliari favoriti nel regime fiscale debbano godere di un'ulteriore forte agevolazione con l'abbattimento delle ipotecarie catastali al 2 per cento, non si vede perché questa aliquota complessiva delle imposte ipotecarie catastali non possa essere estesa a tutta la proprietà immobiliare ordinaria, per evitare una discriminazione fiscale che, tra l'altro, determinerebbe una distorsione anche del mercato. Infatti, tutti i trasferimenti fatti attraverso società che gestiscono fondi immobiliari verrebbero favoriti rispetto ai trasferimenti fatti da normali società che gestiscono e possiedono immobili.
Con il mio ordine del giorno, chiedo ad Governo di impegnarsi ad adottare le opportune iniziative volte ad effettuare il coordinamento fra le due normative. Poiché il decreto-legge comprende anche pesanti norme fiscali che riguardano le locazioni immobiliari, non si vede per quale ragione, con riferimento ad un settore, che tra l'altro in una congiuntura economica non particolarmente brillante, ha dato luogo ad uno sviluppo del PIL consistente, si favoriscano le ristrutturazioni immobiliari riducendo l'IVA dal 20 al 10 per cento e si determini, in termini di imposte ipotecarie e catastali, una discriminazione tra i fondi mobiliari e le proprietà immobiliari ordinarie. Quindi, credo che questo ordine del giorno possa far riflettere il Governo affinché, nella


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legge finanziaria che discuteremo dal prossimo autunno, si introduca una norma che elimini questa distorsione.

PRESIDENTE. La deputata Ravetto ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1475/140. Ne ha facoltà.

LAURA RAVETTO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, parlo perché sia accolta la richiesta di soppressione dell'articolo 8 del decreto-legge.
Credo di parlare anche a nome del presidente dell'Autorità garante, che si è espresso con la medesima richiesta in sede di audizione al Senato l'11 luglio.
È stata chiesta la soppressione dell'articolo 8 perché, di fatto, esautora l'Autorità garante di ogni sua prerogativa di indagine e si pone in contrasto con la normativa comunitaria della concorrenza. L'articolo 8 introduce la nullità delle clausole di esclusiva nei contratti assicurativi RC auto. Questa norma, ovviamente, si pone in contrasto con ogni opportunità economica, in quanto, di fatto, espropria le agenzie e le compagnie assicurative dei propri agenti, ma è anche contraria al diritto comunitario della concorrenza, di cui il ministro Bersani si è detto voler essere rigoroso attuatore. È contraria perché, di fatto, il Governo ha erroneamente utilizzato un parere dell'Autorità garante di qualche anno fa che, sostanzialmente, si occupava del settore assicurativo. Nel tentare di trasporlo in questo articolo, ha commesso due clamorosi errori. Il primo, quello di aver dichiarato nulle di per sé le clausole di esclusiva, quando, in realtà, l'esclusiva per il diritto comunitario e per il diritto concorrenziale è assolutamente neutra, salvo demandare all'Autorità un'analisi, caso per caso, nel merito sui suoi eventuali effetti anticoncorrenziali. Secondariamente, ha fatto l'errore, probabilmente, di non leggere con attenzione l'intero parere dell'Autorità, il quale diceva che ogni intervento nei contratti assicurativi RC auto in Italia doveva essere collegato ad un concertato dibattito che ponesse in discussione e che rivedesse il riassetto della natura dei contratti agente-compagnia. Di fatto, il Governo ha disatteso totalmente questa indicazione, ha previsto la nullità di per sé di una clausola contrattuale e, così facendo, ha violato il regolamento n. 1 del 2003, che impedisce agli Stati membri di dichiarare illecite fattispecie che sono considerate neutre dal diritto comunitario. Chiedo pertanto la soppressione dell'articolo perché si tratta di una norma in palese violazione del Trattato, quando, lo ricordo ancora, questa maggioranza, con Prodi in testa, si diceva intenzionata a rispettare il diritto del Trattato e a riportare l'Italia in Europa.
Tengo anche a precisare che, se sono necessari dei riferimenti legislativi al Governo, essi sono individuabili nel regolamento generale del 1999 e nel regolamento comunitario RC auto, dove si può facilmente constatare che mai la norma comunitaria dichiara illecite queste clausole, ma anzi le dichiara lecite nei contratti stipulati da compagnie che non abbiano più del 30 per cento di quota di mercato e neutre, in alternativa al multimarca, nei contratti con quota superiore al 30 per cento, salvo naturalmente demandare all'Autorità antitrust un'analisi nel merito.
Ho posto la questione, Presidente, sia in aula che in Commissione al ministro Bersani. Il ministro ha risposto di sì e che, però, siamo in un paese dove i contratti assicurativi RC auto sono obbligatori e qualcosa si doveva sperimentare. Va bene, ma ci sentiamo di dire al ministro che si deve sperimentare nel rispetto del diritto perché ci troviamo, comunque, in un Stato di diritto.
Vorrei fare un'altra considerazione in merito. In sede di conversione, in questo articolo si è creato un ulteriore danno, cioè è stato aggiunto un comma che impone l'obbligatorietà per gli agenti di comunicazione delle commissioni percepite da tutte le compagnie assicurative per cui lavorano. A me pare che questa sia una potenziale violazione del diritto della concorrenza. Infatti, si parla di trasparenza di voci di costo: di fatto, si obbliga ad una comunicazione di voci di costo. Non più tardi di ieri l'Autorità garante ha messo in luce


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la possibile anticoncorrenzialità di norme di questo tipo e, pertanto, credo che, anche in sede di conversione, invece di uniformarsi al diritto, sia stata commessa un'ulteriore violazione (Applausi dei deputati del gruppo di Forza Italia).

PRESIDENTE. Il deputato Lo Presti ha facoltà di illustrare l'ordine del giorno Amoruso n. 9/1475/60, di cui è cofirmatario.

ANTONINO LO PRESTI. Signor Presidente, questo ordine del giorno ha un solo scopo, quello di chiarire se questo Governo intende mettere le mani anche sulle casse private, sulle casse previdenziali dei professionisti o meno. Partendo dal presupposto che il Governo, con l'articolo 22 del decreto-legge in esame, nell'ottica del contenimento della spesa pubblica, vuole ridurre le spese di funzionamento per enti ed organismi pubblici, con il collega Amoruso abbiamo articolato questo ordine del giorno per affermare un impegno, che brevemente riassumo: il Governo non può e non deve equiparare le casse private agli stessi enti o agli organismi pubblici non territoriali oggetto di questa indicazione normativa perché, se così fosse, noi temiamo a ragion veduta che il Governo e questa maggioranza potrebbero assestare un colpo mortale all'autonomia delle casse private. Allora, sia chiaro che le casse dei professionisti non si toccano! Le casse dei professionisti che sono in attivo non possono formare oggetto della voglia accaparratrice del ministro Visco. Sono soldi sudati dai professionisti e deve essere chiaro, signor Presidente, onorevoli colleghi, che questo patrimonio non si tocca!
Abbiamo formulato questo ordine del giorno proprio per svelare ancora una volta l'ipocrisia di fondo che c'è in tutta la normativa che oggi approverete con il ricorso al voto di fiducia. Il vostro voto di fiducia non dimostra, come ha sostenuto il presidente Fini, soltanto la vostra debolezza e arroganza, ma anche quanto siete ipocriti perché, strozzando il dibattito, avete impedito che emergessero tutte le ragioni della vostra ipocrisia. Io le documento perché basta leggere, signor Presidente, onorevoli colleghi, alcuni ordini giorno presentati da gruppi della vostra maggioranza per dimostrare che quello che dico è vero. Infatti, non si spiega come mai il gruppo dei Comunisti Italiani presenta l'ordine giorno Crapolicchio n. 9/1475/82 con il quale, udite udite cari colleghi, si «impegna il Governo a vigilare, in sede di attuazione degli strumenti e delle facoltà introdotti con il decreto-legge, sull'applicazione corretta delle norme in materia di pubblicità professionale» e, con il massimo dell'ipocrisia, si legge ancora «onde evitare che la stessa possa compromettere il decoro e la dignità delle professioni».
Allora voi, da un lato, colpite le professioni proponendo norme che abrogano un intero sistema che, fino a questo momento, le ha rette e sorrette, mentre con l'ordine del giorno vi pentite di averlo fatto e chiedete al Governo di fare attenzione perché, se abolissimo il divieto di pubblicità e le tariffe minime, rischieremmo di colpire al cuore le professioni e rischieremmo di colpire al cuore anche l'interesse dei cittadini ad avere dai professionisti prestazioni altamente qualificate. È questa l'ipocrisia che sottintende questo provvedimento, che si rintraccia anche in altre norme e dovreste vergognarvi per quello che avete fatto. Ne voglio indicare velocemente una per tutte, la più grave. Con l'articolo 36 del decreto-legge introducete norme importanti, che avremmo potuto anche condividere e sulle quali in Commissione lavoro abbiamo svolto un dibattito attento e approfondito, cioè le norme a tutela della sicurezza dei luoghi di lavoro. Si tratta di una norma condivisibile perché affronta, seppur non sistematicamente, il problema della sicurezza sui luoghi di lavoro. Però, nel momento stesso in cui proponete questa norma, qualche giorno fa avete votato per l'indulto, quell'indulto che scarcererà e porterà fuori decine di detenuti che sono in galera per aver violato queste norme, decine di persone responsabili della morte di decine e centinaia di lavoratori: ecco qual


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è la vostra ipocrisia, ecco qual è la ragione del vostro provvedimento così iniquo!

PRESIDENTE. La prego di concludere.

ANTONINO LO PRESTI. Gli italiani, grazie a questo dibattito, finalmente potranno comprendere fino a che punto si spinge il vostro cinismo e la vostra ipocrisia.

PRESIDENTE. Il deputato Barbieri ha facoltà di illustrare l'ordine del giorno D'Ulizia n. 9/1475/59.

EMERENZIO BARBIERI. Signor Presidente, anche lei, pur essendo un Presidente che evita di fare errori, a volte li fa... Avevo chiesto di parlare sul mio ordine del giorno n. 9/1475/194.

PRESIDENTE. Mi scusi, deputato Barbieri. Prego.

EMERENZIO BARBIERI. La ringrazio.
L'intelligente proposta del collega onorevole Giachetti, che, non a caso, proviene dall'esperienza dei radicali, ossia quella della seduta fiume, credo ci consenta di esaminare con grande tranquillità una serie di ordini del giorno molto importanti, che sono stati presentati, come, per la verità, è stato ricordato anche prima, dall'opposizione, ma anche dalla maggioranza.
Io non so a cosa mirasse l'onorevole Giachetti, che non è nuovo a sortite di questo genere, ma, essendo segretario del comitato romano della Margherita, non mi stupisco del fatto che improvvisi una serie di iniziative originali.
Il mio ordine del giorno tenta di porre un problema molto serio. Vedo che, dei tre sottosegretari presenti in aula, uno telefona, l'altro chiacchiera e spero che il terzo ascolti, Presidente, perché bisogna avere rispetto dei parlamentari. Non mi pare che, da questo punto di vista, il Governo stia dando un grande esempio (Applausi dei deputati dei gruppi dell'UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro), di Forza Italia e di Alleanza Nazionale)! Non è un grande esempio: uno è «stravaccato» a telefonare e non si capisce se chiama a casa sua o il suo ufficio; l'altro è impegnato a chiacchierare. Non mi pare un'attestazione di grande stima del Governo nei confronti del Parlamento!

PAOLO GIARETTA, Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico. Ci sono qua io!

EMERENZIO BARBIERI. Il senatore Giaretta non si capisce se passeggia o rappresenta il Governo...
Signor Presidente, l'articolo 22 del decreto-legge introduce disposizioni volte a ridurre gli stanziamenti di spesa per consumi intermedi previste nei bilanci dell'anno 2006 di enti e organismi pubblici non territoriali, nonché a contenere le previsioni di spesa nei bilanci 2007-2009. La nostra richiesta - signor Presidente, so che lei ascolta con assoluta attenzione e tutela le prerogative dei parlamentari rispetto all'assalto che singoli parlamentari fanno nei confronti del Governo - impegna il Governo a monitorare gli effetti applicativi delle disposizioni, al fine di valutare l'opportunità di escludere da tale riduzione i fondi necessari per la copertura delle spese non comprimibili del CNR, al fine di non penalizzarne la vitalità dimostrata in questi anni, anche in presenza di notevoli difficoltà, cui ha fatto fronte reperendo autonomamente ingenti somme finanziarie aggiuntive.
Fino a un po' di tempo fa era presente anche l'ineffabile ministro Mussi: bisogna che questo Governo ci dica se intende salvaguardare le prerogative del Consiglio nazionale per la ricerca oppure no. Non vorrei che si ripetesse, presidente Bertinotti, anche sul CNR l'operazione compiuta sulla riduzione degli stanziamenti per l'università, in cui il ministro Mussi dice che, se si riducono i finanziamenti, si dimette, ma, poi, naturalmente, nessun ministro, né Mussi, né di Pietro, si sogna di presentare le dimissioni! Se vengono ridotti gli stanziamenti, egli si dimette, ma la cosa non avviene mai. Bisogna che il Governo ci dica cosa intende fare riguardo


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al CNR (Applausi dei deputati dei gruppi dell'UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro), di Forza Italia e di Alleanza Nazionale).

PRESIDENTE. L'onorevole Buontempo ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1475/54.

TEODORO BUONTEMPO. Signor Presidente, la seduta probabilmente sarà lunga e, quindi, è giusto che i colleghi che non sono interessati escano dall'aula, perché dobbiamo compiere un dibattito serio.
Il mio ordine del giorno, signor Presidente, è un ordine del giorno di buon senso e rappresenta anche una denuncia del fatto che la Camera dei deputati, per ben cinque anni consecutivi, ha bocciato la possibilità che le slot machine e il gioco d'azzardo entrassero nelle sale bingo. Per ben cinque leggi finanziarie, la Camera ha votato contro questa possibilità.
Insieme al sottoscritto, che è il proponente, hanno votato anche molti colleghi del centrosinistra e nella Commissione finanze anche il ministro Visco votò contro questa possibilità. È grave, signor Presidente, immorale e indecente che, all'interno di questo decreto-legge, con poche parole, che i colleghi non capirebbero, si apra la possibilità di portare dentro le sale bingo il gioco d'azzardo e le slot machine, ma tali sale non sono state costituite per questo, tanto che è possibile anche l'accesso ai minori.
Denuncio in quest'aula che c'è una lobby di parlamentari legati al malaffare delle case da gioco in Italia (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale)!
Com'è possibile che, ad ogni provvedimento all'esame dell'aula, un gruppo di parlamentari venga a riproporre l'allargamento dei punti di gioco e di inserire nelle sale bingo le slot machine e il gioco d'azzardo? Questa Camera, per ben cinque volte, ha bocciato tale proposta.
Io mi sono battuto anche quando al Governo c'era il centrodestra. Ho cercato di capire, quindi, come sia possibile non solo lo Stato biscazziere, ma anche questa estensione, perché le sale bingo sono dentro alla città, ci vanno il pensionato, la massaia: non sono case da gioco e ci sono gli usurai, come tutte le inchieste della questura, del Ministero dell'interno e della magistratura stanno dimostrando.
Onorevole Presidente, ci sono anche due colleghi deputati in quest'aula - lo denuncio ufficialmente - che fanno parte di questa rete della diffusione delle slot machine e delle case da gioco (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale - Commenti dei deputati del gruppo de L'Ulivo)!

ANGELA NAPOLI. Bravo!

TEODORO BUONTEMPO. Signor Presidente, siccome non riuscivo a capire, ho cercato di ricostruire la mappa infame, signori del Governo, che vorrebbe diffondere, sulla pelle della povera gente, il gioco d'azzardo!
Quali sono queste società? La storia comincia da un certo Casale Vittorio. Lo conoscete? Casale Vittorio è legato alla società Arcobaleno, che è collegata all'immobiliare Porta Castello, che è collegata alla cooperativa edile Bastia, che è collegata alla federazione di Bologna del PDS (Applausi dei deputati dei gruppi di Alleanza Nazionale, di Forza Italia e della Lega Nord Padania).
Lo dico assumendomi, come sempre, ogni responsabilità! E se qualcuno ha dubbi, consulti il registro delle società per verificare ciò che sto affermando.
Signor Presidente, ho presentato un ordine del giorno nel quale invito il Governo a svolgere un attento esame, affinché si possa impedire tutto questo.

PRESIDENTE. Deputato Buontempo, deve concludere.

TEODORO BUONTEMPO. Presidente, se scampanella mi fa capire che il mio tempo è terminato.

PRESIDENTE. L'ho già fatto due volte!


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TEODORO BUONTEMPO. Riprenderò la parola in sede di dichiarazione di voto per evidenziare quante inchieste, in Italia e all'estero, e quanti collegamenti con la malavita internazionale sono frutto di questo provvedimento inserito nel decreto in esame (Applausi dei deputati dei gruppi di Alleanza Nazionale, di Forza Italia e della Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Il deputato D'Ulizia ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1475/59.

LUCIANO D'ULIZIA. Signor Presidente, colleghi, ho sentito più volte - ormai si tratta di una cantilena - prendere di mira le imprese cooperative. Poc'anzi, l'onorevole Berlusconi ha citato le cooperative come soggetti che ricevono favori da parte del Governo e della maggioranza.
Credo che gran parte dei deputati che siedono in quest'aula conoscano molto poco - non mi riferisco solo ai componenti della destra, ma anche a quelli della sinistra - la realtà e le funzioni del movimento cooperativo. In particolare, l'onorevole Berlusconi conosce pochissimo del sistema cooperativo.
La realtà della cooperazione nel nostro paese non è quella che una certa parte politica vuole rappresentare, individuandola come un retaggio dei partiti politici. La cooperazione ha salvato il paese dalla recessione, in presenza di una classe imprenditoriale capitalistica incapace. I dati lo dimostrano: nel 2005, le imprese cooperative hanno registrato un incremento del PIL pari al 5 per cento e hanno sollevato questo paese dalla recessione (Commenti del deputato Garagnani)!
Questa è la verità, mentre la destra considera le cooperative come strutture clientelari collegate ai partiti; ciò non è vero! L'assistenza sociale, nel nostro paese, è garantita solo dalle cooperative sociali e dal volontariato, in presenza di uno Stato completamente assente.
Quindi, il movimento cooperativo dovrebbe ottenere i plausi di questo Parlamento; invece, grazie all'azione della destra, veniamo additati di fronte all'opinione pubblica come strutture del malaffare che non meritano rispetto.
Signor Presidente, l'ordine del giorno in esame vuole mettere in luce la validità del movimento cooperativo italiano, che è stato sempre sottovalutato e disprezzato, soprattutto dalla destra e dall'onorevole Berlusconi. Abbiamo creato oltre un milione di posti di lavoro, che non sono quelli di cui parla l'onorevole Berlusconi, sono quelli veri (Commenti dei deputati dei gruppi di Alleanza Nazionale e di Forza Italia)!

PRESIDENTE. Per cortesia, sono state espresse opinioni altrettanto radicali.

LUCIANO D'ULIZIA. Abbiamo fornito risposte a chi non aveva una casa o un lavoro. E dalla destra riceviamo soltanto sberleffi, minacce e insulti. Non accettiamo più questo stato di fatto!
L'ordine del giorno in esame dimostra che, nel nostro paese, il movimento cooperativo ha sostituito una classe imprenditoriale incapace di rischiare e di fornire risposte ai problemi sociali. Quindi, abbiamo realizzato ciò che gli imprenditori capitalisti non hanno avuto il coraggio di realizzare e vogliamo che il Parlamento ce ne riconosca il merito (Commenti dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale).

ANTONIO GIUSEPPE MARIA VERRO. Basta con i comizi!

PRESIDENTE. Invito tutti ad avere un comportamento rispettoso nei confronti di coloro i quali stanno parlando. Dobbiamo ripristinare questa condizione, che si sta smarrendo colpevolmente. È un invito generale che rivolgo a tutti.
Avremo molto da lavorare; pertanto, vale la pena richiamarvi al vostro senso di responsabilità, individuale e collettivo, e consentire a tutti i colleghi di svolgere il loro intervento.
Prosegua pure, deputato D'Ulizia.

LUCIANO D'ULIZIA. Rivendico, quindi, la dignità dei lavoratori e dei dirigenti


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delle cooperative, che hanno fornito un contributo fondamentale per la crescita del nostro paese.
Non possiamo accettare di essere denigrati, vilipesi e di non ottenere il riconoscimento del Parlamento per il lavoro svolto. Pertanto, auspichiamo che il Governo accetti il nostro ordine del giorno.

PRESIDENTE. La deputata Cesini ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1475/90.

ROSALBA CESINI. Signor Presidente, poiché vedo che l'opposizione si lamenta per il fatto di avere pochissimo tempo a disposizione per intervenire, cederò una parte del mio tempo.
Pertanto, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo del mio intervento.

PRESIDENTE. Deputato Cesini, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
Il deputato Alessandri ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1475/47.

ANGELO ALESSANDRI. Signor Presidente, rappresentanti del Governo, colleghi, se l'onorevole Cesini volesse essere così gentile da cedere il tempo che aveva a disposizione al sottoscritto, posso anche utilizzare il suo tempo, ma non credo che ciò sia possibile.
Vorrei iniziare il mio intervento rispondendo all'onorevole D'Ulizia, anche perché ascoltarlo non è stata una delizia. È ora di smetterla di affermare che, all'interno del sistema cooperativo, tutto funziona, altrimenti si farebbe un torto ai problemi di tale sistema.
Provengo da una terra dove il sistema cooperativo lo si conosce da quando si è piccolini: ci sono aspetti storici positivi e ci sono storture e aspetti da cambiare nel presente. Infatti, è inutile nascondere che quanto accaduto con la cooperativa assicurativa Unipol non è un caso isolato, come non lo è il tentativo di alcune componenti politiche di usare le cooperative in commistione con le amministrazioni locali. In determinate regioni è la norma!
Credo sarebbe più giusto affermare che il sistema cooperativo, per come è nato, è utile - garantisce lavoro e sviluppo -, ma occorrerebbe sganciarlo dalla politica. E finché non capirete questo, il sistema cooperativo non potrà essere mai rivalutato e non potrà mai essere oggetto di un dibattito serio ed onesto.
Credo che, di fronte a ciò che avviene in questo periodo, con la finanza ed i grandi affari che passano sopra al settore sociale, alla povera gente, che, semplicemente, è quella che si trova fuori da questa sede, voi non abbiate voce in capitolo e non possiate oggi davvero dire di rappresentare una determinata categoria di lavoratori e di cittadini. Lo dico perché mi sembra che, attraverso il decreto Bersani, si tenti di costruire una sorta di «comunismo reale». Non ci siete riusciti in tutti questi anni dal punto di vista politico e, forse, adesso che siete al Governo, pensate di poterlo fare concretamente, utilizzando semplicemente le leve del potere.
In agricoltura parliamo di tracciabilità, riferendoci alla necessità di rintracciare la provenienza del prodotto, ma parliamo anche di tracciabilità dei cittadini che vengono messi sotto tutela, controllati, vessati e colpiti, e ciò accade soprattutto con riferimento ai nemici. Quando Stalin prese il posto di Lenin, di fatto, capì che la democrazia era un lusso, nel governare in maniera dittatoriale e, magari, pensò di fare ragionamenti come quelli che ho sentito fare questa sera dall'onorevole Franceschini.
Facciamo opposizione, usando le armi e gli strumenti a nostra disposizione per riuscire a contrastare questo Governo sub judice ed è proprio quello che ci chiedono i nostri concittadini, perché siamo all'opposizione. Franceschini dice che diamo fastidio (ha utilizzato questo termine). È fastidioso l'utilizzo degli strumenti ammissibili da parte dell'opposizione? Allora, ci dica, Franceschini, se questa Camera -


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non la Camera del popolo, come accennato da Bertinotti - deve diventare un politbureau, nel quale, mentre voi comandate, noi ci isoliamo, perché, a questo punto, non ci stiamo più! Noi ci troviamo in questa sede a rappresentare i cittadini che hanno votato, credendo nella democrazia! La democrazia ha un costo, un prezzo politico, ha dei tempi e se a voi costa fatica dover sopportare questi tempi politici perché non avete la maggioranza nel paese, e nemmeno, di fatto, al Senato (è necessario stravolgere le norme consolidate, per esempio facendo votare i pensionati, i senatori a vita), è un problema vostro e non può essere nostro!
Il nostro problema è quello di riuscire a mettervi in difficoltà prima possibile, perché, se il comunismo, quel muro cadde per terra nel 1989 e si cominciò a vedere finalmente un varco, noi quel muro di Berlino dobbiamo riuscire - è un impegno che abbiamo assunto - a farlo cadere prima possibile!
Il Presidente del Consiglio sub judice, Romano Prodi, aveva promesso che avrebbe dato ai cittadini la felicità. Mi viene allora una battuta: è come se, nel cercare di dare la felicità, ci avessero fatto vedere una rivista che si chiama «Mangiar e ber sani». Tuttavia, qui non si mangia né si beve bene! Fuori dalle lobby, dai poteri che voi difendete con il decreto Bersani, colpendo chi non vi ha votato, c'è il popolo che sta cercando di sopravvivere!

PRESIDENTE. Onorevole Alessandri, dovrebbe concludere.

ANGELO ALESSANDRI. Credo che ciò sia importante e, pertanto, invito il Governo, anche se non ascolta - è fuori dall'aula - ad eliminare qualche privilegio introdotto dalla legge...

PRESIDENTE. La prego, deve concludere.

ANGELO ALESSANDRI. Dico solo due parole.

PRESIDENTE. No, deve concludere! Non può dire due parole!

ANGELO ALESSANDRI. Questo è un vantaggio per i sindacalisti. Sarebbe ora di cominciare ad eliminare privilegi a favore della povera gente!

PRESIDENTE. Il deputato Bellotti ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1475/83.

LUCA BELLOTTI. Signor deputato Presidente, onorevoli colleghi, con l'ordine del giorno in esame si intende impegnare il Governo su un argomento particolarmente importante. Parliamo del pane, di un cibo primordiale, di un elemento che ha consentito lo sviluppo delle civiltà ed è all'origine di tutte le agricolture.
Il pane è rientrato nel simbolismo religioso, nel «Padre Nostro» (è un elemento importante di riflessione) e anche, in maniera simbolica, nella Bibbia. Entra nel senso comune; quando, ad esempio, parliamo della perdita dell'occupazione, del posto del lavoro, usiamo l'affermazione: perdere il pane quotidiano. Quando parliamo di modelli che riguardano la bontà, il modo di essere, anche delle persone, diciamo: «è buono come un pezzo di pane».
L'ordine del giorno in esame, purtroppo, anche se riguarda il pane, i panificatori, di certo non possiamo dire che è buono come un pezzo di pane.
Il decreto prevede all'articolo 4 l'adozione di disposizioni volte a liberalizzare l'attività di produzione del pane, anche se tale scelta è opinabile, dato che il settore, da quanto risulta da studi economici di mercato, negli ultimi cinque anni ha ottenuto un incremento significativo di 8,5 punti percentuali e, quindi, sicuramente non è da liberalizzare; caso mai, da fortificare, perché il pane rappresenta, insieme all'olio d'oliva ed al vino, uno dei cardini importanti, straordinari e fondamentali del made in Italy.
È dunque indispensabile che questo Governo accetti questo ordine del giorno, anche perché è frutto della richiesta, da


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parte del settore della panificazione, di istituire e selezionare corsi atti alla preparazione dei titolari di attività che si adoperano nella produzione del pane e di fare in modo di rendere obbligatorio il possesso per il responsabile di un'attività produttiva di panificazione di certificazione comprovante la frequentazione di un corso per panificatore che formi a determinate conoscenze: normative concernenti la produzione di pane, tipologie delle produzioni locali e relative modalità di preparazione, procedura di igiene e sicurezza da seguire nel processo di panificazione.
Sono consigli, indirizzi che provengono dal mondo della produzione, dai panificatori che spero il Governo accolga, altrimenti ci troveremo a consigliare ai panificatori, così come è avvenuto in conclusione dell'intervento in sede di discussione sulle linee generali, di produrre pane senza olio d'oliva.

PRESIDENTE. La deputata Aprea ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1475/114.

VALENTINA APREA. Signor Presidente, colleghe e colleghi, ho chiesto di illustrare questo ordine del giorno, che ha a che fare con le risorse finanziarie per il buon funzionamento delle università e della ricerca scientifica, perché vorrei esprimere solidarietà sincera e non formale al ministro Mussi.
Signor Presidente, due giorni prima dell'emanazione di questo decreto da parte del Consiglio dei ministri e della sua approvazione al Senato, il ministro Mussi aveva trascorso ore e ore in Commissione cultura (le colleghe ed i colleghi di maggioranza della Commissione se lo ricordano ed anche gli onorevoli Tocci e Tessitore presenti in aula). Abbiamo discusso ore e ore con il ministro Tocci... scusate, con il ministro Mussi...Tocci, è un lapsus freudiano: porta bene! In queste condizioni, comunque, non lo so se ti conviene prendere il posto di Mussi.
Il ministro Mussi era stato sincero soprattutto nella replica svolta in Commissione cultura, quando aveva detto di volersi impegnare con tutte le sue forze e con tutto il suo peso politico per garantire alle università e alla ricerca scientifica finanziamenti non solo ordinari ed in misura maggiore, ma anche straordinari, nel senso che prevedeva di investire molto di più di quanto non avessero fatto il Governo Berlusconi ed il ministro Moratti nella scorsa legislatura sulle università e sulla ricerca.
Per la verità, in quell'occasione, intervenendo nel dibattito successivo alla relazione del ministro Mussi, ricordai a quest'ultimo tutte le voci in aumento, che pure ci sono state, a favore delle università e della ricerca scientifica e, soprattutto, tutte quelle misure che noi abbiamo introdotto per far sì che, come avviene nei paesi più avanzati dell'Europa e, più in generale, del mondo occidentale, le risorse per questi settori non fossero esclusivamente di natura pubblica; dunque, una sinergia tra finanziamenti pubblici e privati.
Potete immaginare quale sia stata la reazione di una parte della maggioranza e, in particolare, del ministro Mussi, che, rispettivamente nel dibattito e nella replica, hanno ribadito che lo Stato, attraverso il finanziamento pubblico, avrebbe dovuto assolutamente trovare la forza per garantire più opportunità alle università e agli studenti universitari e più soldi alla ricerca pubblica, lasciando quindi in una condizione di marginalità la ricerca privata, la ricerca di base, la ricerca industriale.
Allora, noi cosa potevamo fare in quella circostanza? Abbiamo dovuto dare credito alle parole di un autorevole ministro di questo Governo, un ministro politico, un ministro che ha svolto un ruolo autorevole e determinante nel processo di cambiamento della sua forza politica e nei lavori di questo Parlamento e, dunque, abbiamo registrato la posizione del ministro Mussi e le richieste accorate della sua maggioranza.
Bene, cosa è successo? È successo che, nel giro di 24-48 ore, i sogni del ministro Mussi e della sua maggioranza sono svaniti. Il ministro si è dovuto bruscamente


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risvegliare e ha dovuto minacciare le dimissioni, neanche trascorsi 100 giorni di questo Governo, anzi molto prima dei 100 giorni, perché ha scoperto che il ministro dell'economia, Padoa Schioppa, gli aveva riservato una brutta sorpresa. Presidente, il taglio del 10 per cento riservato al Ministero dell'università, che peraltro va ad incidere sul funzionamento delle stesse università, è certamente una brutta notizia per il ministro Mussi, ma anche per le università, per le forze d'opposizione, per noi.
Noi reagiremo a queste provocazioni, visto che i nostri maggiori investimenti sono stati considerati poca cosa e sempre insufficienti. Quindi, saremo qui a vigilare (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia e di Alleanza Nazionale).

PIETRO ARMANI. Brava!

PRESIDENTE. Il deputato Capitanio Santolini ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1475/196.

LUISA CAPITANIO SANTOLINI. L'ordine del giorno che mi accingo ad illustrare vuole esprimere una grave preoccupazione; per questo lo abbiamo presentato.
Nel provvedimento al nostro esame si parla di liberalizzazioni e di competitività. Apparentemente, ciò non ha nulla a che fare con la famiglia e con i problemi delle famiglie in Italia. Tuttavia, in esso si parla anche di rilancio economico e sociale. Ci si interroga se le famiglie abbiano a che fare con il rilancio economico e sociale, ed effettivamente è così. Non è pensabile rilanciare l'economia di questo paese, se non si ricorre seriamente e con convinzione a politiche serie di sostegno delle famiglie che mettono al mondo i figli per il futuro di questo paese.
Nel provvedimento in esame, all'articolo 19, si parla con estrema prosopopea di interventi destinati alle politiche per la famiglia. È una buona notizia, così come l'istituzione del Ministero delle politiche per la famiglia, con a capo Rosy Bindi. Ma quando si legge l'articolo 19, si vede che i fondi per interventi per le politiche della famiglia sono pari a 3 milioni di euro per il 2006 e a 10 milioni di euro per il 2007. Briciole, signor Presidente! Assolutamente cifre offensive, visto il roboante titolo: «Interventi per le politiche delle famiglie». Con 3 milioni di euro non si fa assolutamente nulla. L'unica cosa che si può fare è mantenere un minimo di budget al ministro e rifinanziare l'Osservatorio sulla famiglia; ma, allora, bisognava cambiare il titolo e non parlare di interventi per le politiche della famiglia, per le politiche giovanili e per le pari opportunità!
Siamo quindi di fronte ad evidenti contraddizioni in termini. Da ciò, la richiesta al Governo di impegnarsi nella prossima legge finanziaria, evitando di prendere in giro le famiglie italiane con queste cifre ridicole e prevedendo in via prioritaria, lo sottolineo, uno stanziamento congruo ed opportuno per le politiche a favore dei soggetti deboli, delle famiglie numerose, dei giovani, degli anziani non autosufficienti, ma in generale delle famiglie che, mettendo al mondo dei figli, garantiscono il futuro di questo paese. L'inverno demografico non è un problema cattolico. Non è un problema che riguarda semplicemente qualcuno. L'inverno demografico riguarda il futuro dell'Europa, ma anche dell'Italia, e dipende dal fatto che nessuno più mette al mondo figli. Non si mettono al mondo i figli perché costano troppo, perché i tempi del lavoro e i tempi della famiglia non sono compatibili, perché non ci sono servizi.
Visto questo, vorremmo impegnare il Governo a stanziare nella prossima legge finanziaria delle congrue cifre e non semplicemente delle briciole, come avviene invece in questo provvedimento. Si tratta di avere coraggio, di non realizzare interventi di basso profilo che poi lasciano le famiglie con i loro problemi, nella loro povertà, nei loro bisogni. Le famiglie aspettano da decenni che si abbia il coraggio di intervenire. Poco è stato fatto in passato. Non abbiamo nessuna difficoltà a dire che è stato fatto poco anche nella precedente legislatura, ma non vorremmo sentirci dire per l'ennesima volta che non


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ci sono soldi, che i fondi sono scarsi, perché il problema delle famiglie è diventato davvero un problema prioritario di questo paese.
L'ordine del giorno da me presentato vorrebbe impegnare il Governo a dedicare un'attenzione del tutto particolare alle famiglie, anziché limitarsi semplicemente a degli annunci o a predisporre titoli importanti nei provvedimenti, ai quali poi non segue nessun tipo di investimento serio (Applausi dei deputati dei gruppi dell'UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro) e di Alleanza Nazionale).

PRESIDENTE. Il deputato Allasia ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1475/35.

STEFANO ALLASIA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il mio ordine del giorno vuole mettere in evidenza la parte del decreto riferita alla concorrenza sleale delle piccole e medie imprese. Le norme contenute nel decreto, pur comportando immediate e rilevanti modifiche sia delle regole concernenti lo svolgimento dell'attività d'impresa, sia delle regole fiscali, sono state introdotte senza nessuna forma di preliminare confronto e di discussione con le associazioni di impresa e, dunque, senza nessuna reale concertazione, fondata sul diritto-dovere delle parti sociali di recare il proprio contributo alla formazione di scelte rilevanti in materia economica e sociale, in ragione di ciò che esse rappresentano nell'economia reale del paese.
In particolare, per quanto concerne le regole generali di tutela della concorrenza nel settore della distribuzione commerciale, contenute nel provvedimento, rilevo che tale impostazione, pur traendo spunto dalle segnalazioni in merito a talune scelte operate dalle regioni in materia di disciplina del commercio, non è esente dal rischio dell'innescarsi di ricorsi alla Corte costituzionale da parte delle regioni, per violazione della loro competenza costituzionalmente stabilita in materia di commercio. Sarebbe stato piuttosto opportuno fare ricorso alla via dell'intesa interistituzionale tra Governo, regioni ed enti locali.
L'articolo 3 ha previsto che le attività economiche di distribuzione commerciale, ivi compresa la somministrazione di alimenti e bevande (bar e ristoranti), siano svolte senza l'iscrizione a registri abilitati e senza il possesso di requisiti professionali soggettivi, fatti salvi quelli riguardanti la tutela della salute e la tutela igienico-sanitaria degli alimenti. Conseguentemente, non è più richiesta l'iscrizione al REC ed è stato abolito il requisito del superamento dell'esame di idoneità; si cancellano i divieti per l'effettuazione di vendite promozionali scontate, senza autorizzazioni preventive e senza limitazioni di ordine temporale, tranne che nei periodi immediatamente precedenti i saldi di fine stagione, fatta eccezione per i saldi o le vendite sottocosto.
Sarà poi più facile aprire un esercizio commerciale, visto che non bisognerà più rispettare le distanze minime tra esercizi, né i requisiti professionali, con le conseguenze che tutti possiamo immaginare. La soppressione delle commissioni dà la possibilità a qualunque persona di inventarsi o improvvisarsi in una nuova professione; chiunque potrà fare il parrucchiere, aprire il proprio salone senza nessuna limitazione sulle distanze minime; sarà deregulation totale, senza nessuna sicurezza e tutela verso il cittadino.
Sono cinque i punti fermi indicati rivolti ad eliminare altrettante potenziali barriere: eliminazione dei requisiti professionali intesi a rendere più difficile l'accesso al mercato di nuove imprese; soppressione delle distanze minime tra esercizi commerciali; libertà di definire l'assortimento per evitare un ritorno alle tabelle merceologiche; eliminazione dei divieti e limitazioni di vario genere alle attività promozionali; divieti di fissare limitazioni alle quote di mercato a livello subregionale.
Va notato, in particolare, che l'effetto combinato del divieto di stabilire distanze minime e limitazioni di quote di mercato per aree subregionali rende di fatto im


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possibile stabilire contingenti per nuove aperture, pratica adottata da molte regioni. Se a ciò si aggiunge la libertà di assortimento, si toglie alla regione una parte molto rilevante degli strumenti che hanno usato per rallentare nuove aperture di grandi punti vendita. Sulla base delle regole stabilite dal decreto, la valutazione di nuovi investimenti commerciali non potrà che essere fatta su considerazioni di carattere urbanistico. È facile prevedere che le nuove norme, a cui gli enti locali dovranno adeguarsi entro il 1o gennaio 2007, porteranno alla creazione di contenziosi, anche per qualche ambiguità che può nascere dalla lettura del testo dello stesso decreto.
Ma un punto importante è stato stabilito: che lo Stato rivendica con forza la propria competenza in materia di tutela della concorrenza e del consumatore e stabilisce dei paletti per le regioni. Perciò, la Lega Nord chiede un impegno al Governo a prevedere un sistema di controllo a tutela del cittadino consumatore, una authority, che, in un'ottica di totale liberalizzazione del sistema di commercio al dettaglio, corre il serio rischio di incappare in attività o persone che improvvisano una professione senza averne i requisiti o l'esperienza per esercitarla (Applausi dei deputati del gruppo della Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Il deputato Benedetti Valentini ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1475/152.

DOMENICO BENEDETTI VALENTINI. Signor Presidente, questo decreto non ha soltanto violentato alcuni importanti principi costituzionali; non ha soltanto devastato l'ordinamento di molte importanti professioni, non ha soltanto creato dei gravi squilibri nel trattamento fiscale di categorie diverse; non ha soltanto spacciato per liberalizzazione un'aggressione, soprattutto con il maglio fiscale degli interessi legittimi di molte categorie professionali, del lavoro, della cultura, delle professioni, ma è altresì destinato a complicare la vita a moltissimi operatori professionali ed economici proprio nel momento in cui si intitola alla suggestiva, ma mendace parola della liberalizzazione.
Una volta, onorevoli colleghi, in anni ormai remoti, c'era un modo qualunquistico e falso di dire che in politica gli estremi si toccano; era quel qualunquismo per il quale si voleva sostenere che la destra più radicale e la sinistra più radicale finissero, in una sorte di circolarità geometrica, per toccarsi. Questo era falso: è più vero invece, alla luce degli eventi odierni, che si toccano gli estremi in materia di «reggimento» dell'economia (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale). Segnatevelo perché non vivrò per sempre...
Quando si smantellano tutte le regole in nome di un liberal liberismo estremo ed esasperato, ci si tocca con l'altro estremo, che è quello del collettivismo. Infatti, è stato dimostrato ampiamente in questa lunga discussione che il far venir meno tutte le regole, che presentarsi come i liberalizzatori ad oltranza, dissestando interi ordinamenti professionali, è l'anticamera della proletarizzazione di interi ambienti professionali, di mestieri, professioni e settori economici. Questo lo abbiamo dimostrato in concreto, per quanto concerne gli esercenti dell'attività di autotrasporto per le persone, per i tassisti; l'abbiamo dimostrato per categorie antiche ed illustri professioni, a cominciare da quella forense; lo abbiamo dimostrato per molti altri settori dell'artigianato e del commercio.
Ebbene, questo provvedimento ha fatto tutto questo violando principi costituzionali di fondamentale importanza. Mi permetto anche di dire che il Quirinale si limita in questa fase a dei nobili richiami di metodo e ad appelli alla conciliazione e all'armonia, ma confessatamente ricadendo nella inutilità dei propri appelli. Di fronte a questa situazione, ci si è chiusi anche a quei suggerimenti che essenzialmente tendevano ad introdurre meccanismi di garanzia e semplificazione e che sarebbero stati pur tecnicamente, anche sul piano del buonsenso, assolutamente accettabili. Con riferimento al settore particolare


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toccato da questo ordine del giorno a mia firma, il delicato settore della panificazione, si tratta sempre di conciliare due fondamentali esigenze del tempo moderno: la semplificazione amministrativa e, contemporaneamente, la garanzia per il consumatore. Molto spesso queste due esigenze sono difficilmente conciliabili, perché, se si introducono norme a garanzia dei consumatori, si introducono di solito norme che però complicano la vita di coloro che esercitano certe attività; se viceversa si vuole semplificare la vita a questi ultimi, si rischia di abbassare le soglie delle garanzie.
Ebbene, questo ordine del giorno cerca di impegnare il Governo in prospettiva a reintrodurre una normativa che era stata oggetto di emendamenti e di proposte assolutamente accettabili: nel momento in cui si voglia iniziare una attività di questo genere, nel presentare una dichiarazione di inizio attività al comune competente, ci deve essere anche il corredo dell'autorizzazione della Camera di commercio, perché questo è quel minimo di punto di sintesi e di caduta tra le garanzie per i consumatori, che devono aver visto superato il vaglio della Camera di commercio...

PRESIDENTE. La prego di concludere...

DOMENICO BENEDETTI VALENTINI. Nello stesso tempo, si dà certezza sul piano anche della competizione agli esercenti della stessa attività.
Quindi, l'ordine del giorno non può non essere accettato, perché è la riproposizione delle elementari esigenze che ho cercato di rappresentare (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale).

PRESIDENTE. Il deputato Ciocchetti ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1475/195.

LUCIANO CIOCCHETTI. Signor Presidente, colleghi, rappresentanti del Governo, siamo costretti ad illustrare una sequela di ordini del giorno perché il Governo e la maggioranza ci hanno impedito di discutere nel merito il decreto-legge in esame. Ce l'hanno impedito nelle Commissioni consultive e in quelle referenti, strozzando il dibattito, non dando la possibilità di aprire un dialogo, un confronto.
Ritengo che la stessa presentazione di oltre 59 ordini del giorno da parte di esponenti della maggioranza confermi il fatto che, anche all'interno di quest'ultima, si tratta di un problema sentito, che mette in discussione il ruolo stesso del Parlamento.
Quella del ruolo di quest'Assemblea è una questione centrale su cui, al di là del merito degli ordini del giorno, dobbiamo svolgere tutti una riflessione.
Lei, Presidente della Camera, quando si è insediato, nel suo discorso ha posto al centro il ruolo del Parlamento. Mi pare che questi primi tre mesi, da questo punto di vista, abbiano annullato totalmente tale ruolo, che non vi sia stata la possibilità di discutere, né il tempo per esaminare gli emendamenti, di entrare nel merito delle questioni, possibilità che, invece, i gruppi e i singoli parlamentari, nel loro diritto costituzionale, potevano e dovevano avere.
Per questo siamo qui costretti, a quest'ora, a discutere ancora chissà per quanto tempo ordini del giorno che, certamente, avrebbero potuto essere esaminati in modo diverso. Credo che lei, Presidente della Camera, debba porsi per primo questo problema.
Entrando nel merito dell'ordine del giorno da me presentato, il n. 9/1475/195, con esso si chiede al Governo un impegno particolare su una serie di questioni emerse anche dalle dichiarazioni del ministro dell'economia nel corso dell'audizione presso le Commissioni finanze, con specifico riferimento al fatto che, anche nel Dpef, si parla chiaramente di risparmi e della necessità di far funzionare meglio la macchina della pubblica amministrazione.
Chiediamo al Governo, nella predisposizione della prossima legge finanziaria, di porre in essere misure volte ad introdurre il controllo di gestione e la misurazione della produttività nella pubblica amministrazione, che è una macchina importante,


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che deve funzionare meglio, con l'obiettivo di strutturare una pubblica amministrazione vicina alla gente, che esamini e dia risposte alle questioni che interessano i cittadini, una pubblica amministrazione che porti avanti una condizione di risparmio, dando, al contempo, risposte migliori alle esigenze della gente.
Da anni si parla di controllo di gestione: in molte leggi finanziarie e in numerosi provvedimenti dei Governi succedutisi negli ultimi anni se ne è introdotto il concetto. Credo che vi siano ancora da fare molti passi in avanti e, a tale scopo, proponiamo al Governo di accogliere il mio ordine del giorno n. 9/1475/195, per dare la possibilità di svolgere una funzione di controllo, migliorando la produttività, rispondendo alle esigenze e ai problemi dei cittadini verso la pubblica amministrazione.
Auspico anche che possa essere introdotta una riflessione sul ruolo del Parlamento, dopo quello cui abbiamo assistito negli ultimi tre mesi e, soprattutto, dopo l'esame di questo decreto-legge, che è stato strozzato, e durante il quale non è stato consentito ai deputati, alle Commissioni e all'Assemblea di discutere nel merito (Applausi dei deputati del gruppo dell'UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro)).

PRESIDENTE. Il deputato Bodega ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1475/92.

LORENZO BODEGA. Signor Presidente, l'ordine del giorno che mi accingo ad illustrare, se sarà accolto, impegnerà il Governo per il futuro a non modificare i termini per gli adempimenti tributari mediante la decretazione d'urgenza, tema quest'ultimo ricorrente in questo inizio di legislatura.
In quest'aula è suonato forte il richiamo dei colleghi della Casa delle libertà contro questo sprazzo di democrazia, contro tale ricorso alla fiducia, poiché si teme il voto del Parlamento. È un Parlamento che il Governo, giorno per giorno, sta smontando, esautorandolo e facendolo diventare come lo studio di un notaio, con tutto il rispetto per i notai. È il segno di una debolezza che si coglie proprio qui alla Camera, dove pure il centrosinistra, grazie al premio di maggioranza ottenuto dalla legge elettorale così avversata, può contare su numeri che consentirebbero una vitale dialettica tra le forze politiche.
La verità è che, dietro al voto di fiducia, dietro la decretazione d'urgenza, si nascondono la confusione, la divisione, le divergenze che in ogni campo attraversano l'Unione.
E la fretta con la quale imponete procedure di emergenza, oltreché di urgenza, testimonia che si vuole arrivare non a soluzioni ponderate e confrontate, ma a provvedimenti imposti, quasi sempre inadeguati, come capita alle cose che si fanno in fretta e furia. Altro che voglia di vacanza! Qui vi è la volontà di minare le fondamenta democratiche del paese, soprattutto di non voler tener conto di una rappresentanza parlamentare che rappresenta la metà di esso!
Il ricorso al voto di fiducia, alle procedure d'urgenza va nella direzione opposta ai proclami che sollecitano, un giorno sì e un giorno no, il dialogo, e sui quali insiste tutti i giorni il Capo dello Stato, che la sinistra mostra di ascoltare solo quando gli fa comodo.
Di sicuro, il ministro Bersani ha trovato il modo di aggiudicarsi il «premio visibilità» del Governo Prodi in questo avvio stentato di legislatura; dietro la parola miracolistica «liberalizzazioni», si è consumato di tutto e di più: si è riusciti a far alleare gli avvocati con i tassisti, le carte da bollo con il tassametro, i notai con i farmacisti, i rogiti con l'aspirina, le professioni con i mestieri e le arti. L'esito è stato una confusione diffusa in tutto il paese e, soprattutto, il segno di una improvvida politica priva di strategia, come dimostrano poi le marce indietro fatte nei giorni successivi.
Tutto questo sotto il manto protettivo del sindacato che, in nome della sua autonomia, ha riservato al centrosinistra l'annunciato trattamento di favore. È ovviamente nel merito che ci si deve opporre


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complessivamente alla politica economica del Governo, costretto a mediare tra Confindustria e la sinistra radicale.
Ritengo che una politica ispirata alle liberalizzazioni non possa piacere ai comunisti e mi chiedo anche sino a quando, dalla politica estera a quella economica, sarà possibile procedere con i voti di fiducia e pretendere che si chini il capo su battaglie di principio, in nome del salvataggio del Governo Prodi e della sua maggioranza.
Il sindacato continua a manifestare la volontà di fare da cane da guardia degli interessi dei più deboli, ma poi di fatto si arrende al richiamo di una governabilità e di una instabilità che più instabile non si può, come si è già più volte verificato sia in Commissione sia in aula, soprattutto al Senato.
Il provvedimento, in generale, trova il nostro dissenso, perché segno di una navigazione a vista, l'esatto contrario di quanto promesso dal voluminoso programma dell'Unione, da quelle tante, troppe pagine scritte con la convinzione che la politica si misuri a peso e non a qualità, e magari anche per l'essenzialità delle proposte (Applausi dei deputati del gruppo della Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Il deputato Bocchino ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1475/159.

ITALO BOCCHINO. Signor Presidente, oggi illustriamo una serie di ordini del giorno che hanno come obiettivo quello di recuperare razionalità ad un provvedimento che, per scelta e per carattere del ministro Bersani da una parte, e per tecnica usata dal Governo con la posizione della questione di fiducia sia al Senato sia alla Camera, dall'altra, è transitato per questo ramo del Parlamento senza che nessun deputato potesse esercitare i poteri previsti dalla Costituzione di emendare il provvedimento prima del voto finale.
Questo provvedimento ha tra i suoi obiettivi, almeno secondo il ministro Bersani, il rilancio economico del nostro paese. Di un rilancio economico sicuramente il paese ha bisogno, ma questo doveva essere raggiunto portando avanti quel lavoro che il Governo di centrodestra in cinque anni ha fatto approvando numerose riforme che stanno cominciando a dare importanti risultati in termini economici. Certo, tutti sappiamo che in Italia serve l'aumento della produzione, così come sappiamo che per aumentare la produzione bisognerebbe diminuire le tasse. Molti anni fa fu proprio l'America, allora guidata da Reagan, a giocare la carta dell'abbassamento delle aliquote, nella convinzione che ciò avrebbe aumentato la base imponibile. L'esperimento riuscì negli Stati Uniti e nella scorsa legislatura avevamo tentato di abbassare le imposte con segnali rassicuranti. Infatti, i numeri di questi mesi sul gettito fiscale sono numeri positivi di cui vi state positivamente avvalendo voi.
Voi avete, ovviamente, intrapreso un percorso diametralmente opposto, ed un po' fa parte della vostra cultura voler aumentare le tasse, in particolare a quel ceto medio che considerate socialmente e politicamente a voi avverso. Lo avete fatto anche per dispetto: quella che voi chiamate discontinuità è il dispetto di chi non è in grado di mettere in campo un serio progetto di riforma del paese e non è in grado di farlo per l'eterogeneità della propria maggioranza, per l'incapacità di mettere d'accordo le troppe anime della maggioranza sui temi sui quali bisogna intervenire con le riforme. Ebbene, voi trovate quale unica strada percorribile quella della controriforma. Voi volete esclusivamente abolire le scelte fatte precedentemente anche se sapete che sono scelte utili al paese.
L'ultima critica non è certo di un uomo ascrivibile al centrodestra in questa fase, anzi. Credo che uno degli scontri più duri emersi nella campagna elettorale recente si verificò proprio durante la visita dell'allora Presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, all'assemblea degli industriali: si scontrò duramente con la logica di Montezemolo, sostenendo che c'era troppo pessimismo dai vertici dell'industria. Oggi


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quel pessimismo che doveva essere una vostra stampella, un vostro aiuto elettorale, che certo vi ha procurato quelle poche migliaia di voti che vi sono bastate per vincere le elezioni e per governare il paese, è già diventato un boomerang. Il presidente di Confindustria, Montezemolo, parlando non in una sede riservata a viale dell'Astronomia, ma ad uno dei più autorevoli giornali economici del mondo, se non il più autorevole, ha detto che l'ombra della ripresa non c'è e che, anzi, la prima cosa che avete fatto è stata quella di aumentare la tassazione per le imprese. Allora, come si può aumentare la produttività e la competitività se si comincia una legislatura aumentando la tassazione per le imprese?
I nostri primi passi erano stati, invece, orientati a favore di quel tessuto produttivo che spinge la locomotiva economica del paese. Certo, comprendiamo alcune ragioni di fondo della scelta che volevate fare, ma avete sbagliato tutto. Sicuramente l'Italia ha bisogno di liberalizzazione e di competitività, ma certo non si tratta di avere qualche taxi in più, che pure serve, o qualche panificatore in più, che pure può servire. Il problema è tutt'altro: dobbiamo liberarci dai monopoli. Perché non avete toccato l'energia? Perché l'ENEL continua a fare utili anziché diminuire le tariffe alle famiglie? Vorremmo risposte su questo. Purtroppo, le risposte non le abbiamo avute perché il Governo è venuto in questa sede e ha detto: prendere o lasciare...

PRESIDENTE. La prego...

ITALO BOCCHINO. ...dimenticando che siamo in un ramo del Parlamento. Ecco perché la nostra contrarietà a questo provvedimento è forte e siamo qui, nonostante ci fosse la possibilità di chiudere in anticipo il provvedimento accettando un solo nostro emendamento...

PRESIDENTE. La prego di concludere...

ITALO BOCCHINO. L'atteggiamento del Governo è stato tale che dovrete rispondere di questa rigidità di fronte agli italiani (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale)!

PRESIDENTE. La deputata Armosino ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1475/120.

MARIA TERESA ARMOSINO. Signor Presidente, signori rappresentanti del Governo, onorevoli colleghi, più che un'illustrazione del mio ordine del giorno, mi permetterò di svolgere alcune considerazioni sul complesso degli ordini del giorno che Forza Italia, ma non solo Forza Italia, ha portato all'esame del Governo. Intendo intervenire con particolare riguardo a quegli ordini del giorno che mirano ad ottenere un più proficuo rapporto tra opposizione e maggioranza.
Abbiamo visto - e non è stato taciuto neanche da colleghi della maggioranza - che la difficoltà derivante dai numeri di questa maggioranza, più che in quest'aula in quella del Senato, impedisce di fatto, quando un provvedimento viene portato prima all'esame del Senato e dopo all'esame della Camera, di intervenire in qualunque modo. Questo se da un lato ci legittima a ricordare la vostra strenua battaglia al momento del referendum nel non voler modificare un bicameralismo perfetto che, come stiamo constatando e constata il paese, non funziona, ci induce dall'altro a chiedere che vengano accolti quegli ordini del giorno che invitano il Governo a portare quantomeno i provvedimenti in prima lettura alla Camera dei deputati, ben sapendo che quando avviene il processo inverso questa Camera ha un ruolo notarile di ratifica di quanto deciso, e a volte lievemente modificato, in altri luoghi.
In secondo luogo, poiché voglio credere alla verità delle affermazioni che continuate a fare come maggioranza e come Governo, dato che lo strumento della fiducia è connaturato all'esiguità dei numeri di cui disponete, chiedo che vi sia un'attenzione vera all'utilizzo che state facendo dello strumento del decreto-legge. Non dovrà più accadere che il decreto-legge venga


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usato, come in questo caso, in assenza di presupposti di indifferibilità ed urgenza, posto che il decreto-legge Visco-Bersani comincerà a produrre denaro per le casse dello Stato solo a far data dal 2007.
Gli altri ordini del giorno, su cui credo, alla luce degli interventi svolti, che tutti potremmo trovarci d'accordo, sono quelli che impegnano il Governo a riportare alla dignità dovuta il cittadino contribuente, evitando quelle misure meramente persecutorie di polizia che non portano assolutamente nessun incremento per il gettito erariale. Il gettito erariale - occorre ricordarlo, e bene è stato detto prima - è argomento di tutti i giornali di oggi. Credo che per onestà intellettuale questa capacità di riduzione della spesa, da un lato, e di introito, dall'altro, non possa essere attribuita al vostro Governo ed al ministro Visco che da cento giorni sta adottando strumenti per incrementare la fiscalità. Credo che, invece, siano stati utili i provvedimenti, da un lato, di controllo delle spese e, dall'altro, di controllo serio delle entrate, ma anche un diverso rapporto con il cittadino, direi più amichevole e, sicuramente, meno stupidamente inquisitorio rispetto a quello che si vorrebbe reintrodurre in questo paese. Ciò in nome non di un beneficio, ma di una volontà di andare a colpire ceti che forse meno si identificano nella nostra maggioranza e che sicuramente non godono della protezione della triplice sindacale.
L'altro aspetto sul quale possiamo trovarci d'accordo - e chiudo Presidente - in un momento di liberalizzazioni è effettivamente quello di riduzione dei benefici fiscali di cui godono le cooperative, strumenti anch'essi di sviamento di una leale concorrenza nel mercato (Applausi dei deputati del gruppo di Forza Italia).

PRESIDENTE. Il deputato Compagnon ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1475/192.

ANGELO COMPAGNON. Signor Presidente, quello che mi accingo ad illustrare è un ordine del giorno di equità, tanto sbandierata in questo provvedimento da parte la maggioranza. Però, di solito, quando si arriva a discutere gli ordini del giorno, significa che si è arrivati alla fine dell'iter della discussione e al completamento del confronto e del dibattito, dopo una discussione generale, che delinea la filosofia delle posizioni, e dopo l'esame degli emendamenti, che solitamente servono a migliorare il provvedimento.
Alla fine di quel confronto che completa il rapporto fra maggioranza e opposizione, che è proprio di quest'Assemblea per il ruolo che i cittadini elettori le hanno dato, si discutono gli ordini del giorno; invece ora l'ordine del giorno che vado ad illustrare riscontra l'ennesima anomalia di questo inizio legislatura, perché noi di fatto non abbiamo potuto, sino ad oggi, discutere ed approfondire molte cose: il perché con questo provvedimento si incentiva il gioco d'azzardo, peraltro prima spiegato molto bene da un collega; il perché della retroattività fiscale, che secondo me è pericolosissima; il perché si introduce la cultura del sospetto; il perché un cittadino onesto in Italia - e quasi la totalità dei cittadini sono onesti - devono spiegare a Visco il perché sono onesti; oppure, come far fronte ai costi dell'impostazione della nuova disciplina sull'immigrazione.
Per questo e per tante altre motivazioni, era importante e lecito discutere ed era sicuramente opportuno per tutti che su questo provvedimento si fosse discusso. Era altresì importante capire perché non si è data una risposta al presidente Violante, che non appartiene certo alla nostra parte politica, il quale ha posto un problema vero, serio. Anche al riguardo si è glissato e credo che si debba veramente pensare a dove rischiamo di andare se continueremo in questo modo.
Tuttavia, quello che più mi dispiace e mi preoccupa è stata la replica del ministro Bersani. A tale replica eravamo presenti, perché lo siamo sempre e non facciamo ostruzionismo, ma intendiamo ricoprire il nostro ruolo costruttivo di opposizione. Infatti, se ci hanno mandato all'opposizione ci stiamo convintamente,


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certamente lavorando per tornare maggioranza. Ha preoccupato - dicevo - la replica di Bersani, il quale ha affermato di volere il confronto e di essere disponibile ad approfondire tutto: ma ci prende in giro, il ministro, dopo che il Governo ha fatto registrare il record negativo del numero delle fiducie in ordine di tempo e dei ministri e dei sottosegretari? Diciamo questo guardando l'articolo 36-ter di questo provvedimento, per dimostrare che abbiamo veramente un comportamento serio. Esso è passato grazie all'indicazione unanime espressa dalla XI Commissione, dove si è dimostrato che, approfondendo i problemi, si trovano indicazioni e suggerimenti utili anche per i provvedimenti di questa maggioranza.
Noi avremmo voluto che questo fosse stato l'iter, il nostro impegno, il contributo da dare a questo provvedimento, non nell'interesse dell'UDC o di questa opposizione, bensì nell'interesse del paese, in quanto ci stiamo rendendo conto dove il Governo sta mandando questo paese. In questa situazione e in questa anomalia, non ci rimane altro che illustrare e proporre qualche ordine del giorno che, probabilmente, lascerà il tempo che trova, ma che comunque noi, per serietà, proponiamo convintamente. Nessuno si permetta di tacciarci di ostruzionismo, quando agiamo in questo modo. Dunque, chiediamo l'impegno del Governo rispetto all'articolo 33 del decreto, che modifica la disciplina relativa alla possibilità per i dipendenti pubblici di restare in servizio oltre il limite di età, in modo che si possa valutare tale opportunità e che tale possibilità sia estesa anche a quei dipendenti la cui domanda sia stata già presentata alla data di entrata in vigore della legge in esame. È una cosa minima, ma io, in modo particolare, mi auguro che si possa discutere e che non si ripeta più questo comportamento. Grazie Presidente (Applausi dei deputati del gruppo dell'UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro)).

PRESIDENTE. Il deputato Bricolo ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1475/31.

FEDERICO BRICOLO. Signor Presidente, sembra evidente che con il nuovo Governo è cambiata completamente la politica economica in questo paese: quella sostenuta dalla Casa delle Libertà, basata sulla riduzione della pressione fiscale sui cittadini e sulle imprese e mirata ad innestare l'avvio di un ciclo produttivo e virtuoso, con potenzialità di investimenti e di crescita che genera nel medio periodo un aumento del gettito fiscale. Oggi si possono vedere gli effetti delle manovre varate dal passato Governo, in particolare l'ultima finanziaria per l'anno 2006, alla quale sono conseguiti incrementi di gettito fiscale, pari a circa 7 miliardi di euro, e un aumento della produttività nell'ordine del 12 per cento. È giusto dire che i moduli di riforma fiscale adottati dal passato Governo hanno creato più equità fra contribuenti e hanno ridotto il divario fiscale tra le famiglie.
Invece, la politica economica sostenuta da questo Governo Prodi è rappresentata dalla manovra inserita in questo decreto-legge, i cui effetti andranno a penalizzare pesantemente il motore economico del paese. E siamo solo all'inizio! Grazie al ricorso alla decretazione di urgenza il Governo Prodi ha imposto alle categorie produttive queste norme vessatorie senza nessuna concertazione. Questo è il primo scandalo, viste le accuse che ci venivano fatte nella passata legislatura da chi è ora maggioranza. Il decreto-legge Bersani dal punto di vista fiscale colpisce, con effetto immediato, quasi tutte le categorie economiche formate - evidentemente a loro modo di vedere - da probabili elettori del centrodestra.
Contravvenendo, per quanto attiene alle novità fiscali proposte, al rispetto dell'articolo 3 dello statuto del contribuente - divenuto ormai carta straccia -, che vieta l'adozione di norme con effetti retroattivi, il Governo, ai commi 8, 9 e 10 dell'articolo 35, ha stravolto completamente il settore immobiliare, modificando


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il regime fiscale dell'IVA, nel senso dell'esenzione totale delle locazioni e cessioni di immobili, con conseguente pretesa, a carico degli operatori del settore, della restituzione delle quote dell'IVA già detratte dai medesimi, con retroattività decennale.
L'intento di Rifondazione Comunista e dei Comunisti Italiani, nonché di altri gruppi appartenenti al centrosinistra, di introdurre la famosa tassa patrimoniale sugli immobili è stato, di fatto, realizzato. Il testo del decreto-legge prevede una tassazione pari al 10 per cento tra imposte di registro e imposte ipotecarie e catastali, che colpisce tutti i fabbricati, inclusi gli immobili anche ad uso abitativo.
Ciò si tradurrà sia in un maggiore prelievo sulla ricchezza immobiliare delle famiglie italiane e sui risparmi dei contribuenti che hanno investito nei fondi immobiliari sia sugli operatori nel settore immobiliare, nonché sulle imprese che acquistano o hanno in locazione beni strutturali.
Molto si è detto sui giornali circa l'inopportunità di tale repentina modifica, ma la risposta migliore incassata dal Governo è stato il crollo in borsa dei maggiori titoli di imprese immobiliari, un crollo che si può stimare in circa un miliardo di euro. Dunque, è evidente che solo l'annuncio di questo decreto-legge ha penalizzato alcuni settori produttivi del nostro paese.
Sono stati colpiti da una maggiore pressione fiscale tutti i contribuenti a seguito dell'aumento dell'aliquota IVA dal 10 al 20 per cento sulle fonti energetiche diverse da quelle rinnovabili. Ciò si tradurrà in un aumento dei costi per i consumi energetici delle famiglie italiane, oltre a quelli che già sopportano per il continuo aumento del prezzo del petrolio.
Che dire, poi, dell'aumento dell'IVA sulla cioccolata e i suoi derivati, teso a colpire una ben precisa schiera di imprese dolciarie del nostro paese? Fortunatamente, le proteste intervenute hanno indotto il Governo a sopprimere questa norma.
Altre norme che si segnalano a danno dei contribuenti sono le disposizioni dei commi 10-14 dell'articolo 37, con i quali il Governo chiede il versamento anticipato delle imposte. Dunque, non solo la pressione fiscale è aumentata ed è destinata ad aumentare, ma dobbiamo anche pagare in anticipo, a dispetto del fatto che gli esponenti del centrosinistra hanno più volte contestato al Governo precedente che le famiglie italiane non arrivavano a fine mese. A fronte di questo, dunque, che versino in anticipo le imposte, visto che comunque non possono arrivare a fine mese!

PRESIDENTE. La prego di concludere.

FEDERICO BRICOLO. Signor Presidente, mi avvio alla conclusione. Esprimeremo sicuramente un voto contrario su questo decreto-legge. Faremo la nostra battaglia tutta la notte e nella giornata di domani anche con le dichiarazioni di voto sugli ordini del giorno. Ma, purtroppo, saranno gli italiani a subire le conseguenze di questa manovra fiscale, che penalizzerà le imprese e le famiglie del nostro paese (Applausi dei deputati del gruppo della Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Il deputato Bono ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1475/165.

NICOLA BONO. Signor deputato Presidente, per tutta la durata dei cinque anni di Governo del centrodestra, uno dei tormentoni dell'opposizione è stata l'accusa di non aver a cuore gli interessi della cultura nazionale. Alle accuse pretestuose e strumentali della sinistra faceva puntualmente riscontro il coro degli operatori, più o meno politicamente organizzati, pronti a tirarsi i capelli, a strapparsi le vesti, nonché a manifestare contro un Governo così miope sul piano del doveroso sostegno alle esigenze più elementari del Ministero per i beni e le attività culturali.
Abbiamo visto cortei ed illustri personaggi del mondo dello spettacolo, della cultura e dell'arte, vibrate proteste di


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scrittori, poeti, accademici, ricercatori e storici che protestavano per i tagli al fondo unico dello spettacolo e per i tagli alle spese di funzionamento, che mettevano a rischio di chiusura biblioteche, archivi storici e perfino sovrintendenze, musei, aree archeologiche e paesaggistiche, auspicando la caduta del Governo della destra e l'avvento della sinistra, che avrebbe segnato il passaggio a una nuova età dell'oro, in cui la cultura sarebbe stata giustamente sostenuta e fortemente rilanciata.
Anche all'interno del mitico programma del centrosinistra vittorioso si assicurava un altissimo livello di attenzione alla cultura e, addirittura, si ipotizzava entro la legislatura il progressivo incremento delle risorse, fino al raggiungimento dell'1 per cento del PIL nazionale.
Si immagini, quindi, la delusione davanti al cosiddetto decreto-legge Visco-Bersani, allorquando si sono registrate intollerabili riduzioni delle spese di funzionamento per il Ministero per i beni e le attività culturali dell'ammontare di ben 11 milioni di euro, mettendo - ora davvero - a rischio di chiusura fondamentali strutture culturali.
Basti pensare, infatti, che vi è una riduzione di un milione di euro per il dipartimento della ricerca e innovazione e mancheranno circa tre milioni e mezzo di euro nelle casse del dipartimento dei beni culturali e paesaggistici, nonché della tutela e del restauro del patrimonio culturale; mentre mancheranno addirittura sei milioni e mezzo di euro al dipartimento per i beni archivistici e librari, quando è noto che molte strutture bibliotecarie ed archivistiche sono a rischio di chiusura.
Anche l'incremento del fondo unico dello spettacolo di 50 milioni di euro l'anno per il triennio 2006-2008 appare parzialmente congruo solo per l'anno in corso, mentre siamo del tutto lontani dalle reali esigenze dello spettacolo per gli anni 2007-2008. Mentre il Governo di centrodestra si era impegnato a recuperare già in sede di assestamento di bilancio le risorse mancanti del FUS in sede di legge finanziaria.
Grave, quindi, appare che la sinistra al Governo abbia adottato un provvedimento per negare allo spettacolo per legge ciò che rivendicava con veemenza nelle piazze appena 4 o 5 mesi or sono. Questa sì che è discontinuità, ma all'inverso, cioè in senso peggiorativo!
Il centrodestra, invece, ha dato allo spettacolo tantissimo, sia in termini di risorse sia in termini di nuove fonti di finanziamento. È stato il centrodestra a stabilire, attraverso l'opportuna riforma dei fondi lotto, la possibilità di utilizzarli anche per il sostegno allo spettacolo e alle attività culturali. Abbiamo, inoltre, istituito la società Arcus, che ha autorizzato fondi aggiuntivi per la cultura.
La sinistra di Governo, invece, dopo aver gridato contro il presunto oscurantismo della destra, dispone gravissime riduzioni delle risorse e pone realmente a rischio concreto di impossibilità di funzionamento le strutture ministeriali.
Per questo motivo, ho presentato questo ordine del giorno e invito tutti i settori del Parlamento ad approvarlo, perché chi ha a cuore davvero la cultura e il sostegno delle attività culturali non può non farlo.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

NICOLA BONO. Tale ordine del giorno impegna il Governo, intanto, a reintegrare per l'esercizio in corso i tagli operati nella dotazione finanziaria del Ministero per i beni e le attività culturali e, inoltre, a provvedere nella prossima legge finanziaria per il triennio 2007-2009 a integrare le dotazioni finanziarie del Ministero, in particolare quelle destinate al fondo unico per lo spettacolo, in una misura non inferiore annualmente alla dotazione finanziaria per l'esercizio 2005 (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale - Congratulazioni).

PRESIDENTE. Il deputato Baiamonte ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1475/136.

GIACOMO BAIAMONTE. Signor Presidente, la ringrazio per avermi dato la


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parola. Con questo ordine del giorno rivolto al Governo si ricorda che la legge finanziaria del 2006 e, precisamente, l'articolo 1 comma 293, prevede che l'Agenzia italiana del farmaco, in caso di superamento del tetto di spesa sanitaria, sia autorizzata a procedere ad una temporanea riduzione del prezzo dei farmaci comunque dispensati o impiegati dal Servizio sanitario nazionale nella misura del 60 per cento del costo totale.
Tra i farmaci dispensati direttamente dagli ospedali vi sono anche farmaci altamente innovativi. Mi riferisco ai farmaci per la cura del morbo di Parkinson, ai farmaci antiblastici, ossia antitumorali, ai farmaci che combattono la sclerosi multipla o l'Alzheimer, ai farmaci immunosoppressivi, ossia quelli contro il rigetto utilizzati nei centri per i trapianti, ai farmaci usati come fibrinolitici nei casi di infarto. L'importanza di questi farmaci è fondamentale.
Allora, vorremmo impegnare il Governo a valutare l'adozione di ulteriori e opportune iniziative, affinché l'intervento dell'Agenzia italiana del farmaco, volto ad assicurare il rispetto del tetto di spesa per l'assistenza farmaceutica, faccia salvi i farmaci altamente innovativi, ricorrendo ad altri mezzi.
Vedete, signori miei, cerchiamo di attirare l'attenzione del Governo su tale aspetto, perché ne scopriamo i programmi: con riferimento alla legge finanziaria per il 2007, il ministro Turco vorrebbe addirittura introdurre altri ticket, come, per esempio, nel caso del ricovero ospedaliero.
Signori miei, non è questo il sistema per risolvere il problema della spesa sanitaria! Voi sostenete che volevamo distruggere il Servizio sanitario nazionale, ma siete voi, con questo atteggiamento e con questo sistema ideologico, ad impostare senza razionalità la spesa sanitaria.
Oggi, il Governo spende il 6,7 per cento del PIL per la spesa sanitaria. Negli anni successivi, la spesa sanitaria lieviterà fino al 15, al 16 per cento del PIL. Signori miei, bisogna adottare altri sistemi, altri criteri, se non si vuole distruggere il Servizio sanitario nazionale! Bisogna trovare altre fonti innovative con cui si possa razionalizzare la spesa sanitaria. Ecco perché affermiamo che è giusto che l'indigente, il soggetto che ha bisogno, debba avere tutto gratuito. Non possiamo permettere che il povero cittadino, che vive con una pensione di mille euro al mese (bene che vada!), risolva i suoi problemi con il Servizio sanitario nazionale, specialmente se è una persona anziana, pagando i ticket per le medicine e, come previsto nel programma del Governo, per i ricoveri ospedalieri.
Signori miei, l'indigente, che vive di pensione, che ha un reddito basso, deve avere tutto gratuito da parte dello Stato! Non dobbiamo ragionare con i ticket. Essi non portano a nulla, signori miei! La spesa sanitaria deve trovare altri introiti, come, ad esempio, i sistemi assicurativi che possano portare denaro fresco, risorse che possano sovvenzionare realmente il Servizio sanitario nazionale. Non bisogna creare quei circuiti che poi sistematicamente le regioni contestano, perché la spesa sanitaria aumenta sempre di più! Questo Servizio sanitario non fa altro che accrescere sempre di più la spesa sanitaria.

PRESIDENTE. La prego...

GIACOMO BAIAMONTE. Signor Presidente, mi auguro che il Governo accolga almeno queste nostre preghiere, perché si possa risolvere realmente il problema della spesa sanitaria e essa possa essere integrata, come sperano i cittadini italiani.

PRESIDENTE. Il deputato D'Agrò ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1475/76.

LUIGI D'AGRÒ. Signor Presidente, prima di iniziare la discussione sugli ordini del giorno, ho assistito ad una situazione kafkiana: l'onorevole Airaghi, dopo aver sviluppato il suo primo intervento, è stato «seguitato» (si tratta di un brutto termine, ma me lo permetta) dall'onorevole Francescato. Successivamente, l'onorevole Giachetti ha detto: l'opposizione sta


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facendo ostruzionismo, quindi, dobbiamo fare modo di intervenire immediatamente.
Signor Presidente, non mi pare che l'onorevole Francescato faccia parte dell'opposizione e non vorrei che gli interventi venissero fatti per velina piuttosto che per ragionamento.
Ancora una volta, è stato insultato il Parlamento, con riferimento ad un aspetto importante, vale a dire un confronto sereno e serio. Proprio perché vorrei dimostrarle che non c'è alcun intendimento di carattere ostruzionistico, non utilizzerò tutti i cinque minuti che sono a mia disposizione. Proprio perché l'aspetto kafkiano di questa maggioranza è presente anche nella normativa che ormai, dopo l'approvazione del voto di fiducia, si pensa sarà approvata, vorrei far riferimento a ciò che è previsto all'articolo 36, comma 1, di questo provvedimento.
Il provvedimento ha come intento le liberalizzazioni e la stranezza è che esso si interessa anche di energia, non per liberalizzare, ma per metterci IVA in più, per fare in modo che il cittadino paghi ulteriori tassazioni in una realtà, quella del nostro paese, che è già molto «impegnativa» per le tasche dei cittadini.
Signor Presidente, questo è un ordine del giorno assolutamente provocatorio. Nella premessa, si ricorda che l'articolo 36, comma 1, nel testo originario, limitava l'applicazione dell'aliquota IVA del 10 per cento alle prestazioni relative al solo calore-energia derivante da fonti rinnovabili, escludendo dall'aliquota ridotta ogni prestazione ottenuta dall'impiego di idrocarburi, gas ed altro. So perfettamente che il ministro Bersani ha ritenuto di superare questa norma, perché gli è stato segnalato che la vecchietta che in montagna possiede la bombola a gas avrebbe avuto un supplemento di IVA del 10 per cento. Il ministro si è contrito ed ha ritenuto di dover tornare indietro. Bell'esempio! Sono perfettamente d'accordo sul fatto che abbia agito bene, tuttavia mi domando: le fonti rinnovabili in questo paese, il cui problema ci costringe a riflettere sulle tematiche del Protocollo di Kyoto, come vengono incentivate? Questo poteva essere uno strumento per cambiare, per favorire il nostro paese, anche per quanto riguarda l'acquisto di certificati verdi, guarda caso dalla Russia, per le emissioni in atmosfera di CO2 (purtroppo i limiti sono superiori a quelli previste dal protocollo di Kyoto).
La provocazione è chiara: vorremmo capire se il Governo, con la modifica introdotta nel testo originario, intenda monitorare effettivamente quanto ha previsto nella norma, affinché i cittadini, le aziende e quant'altro si innamorino delle fonti rinnovabili e le possano applicare utilmente, anche per metterci nelle condizioni di eliminare i costi del Protocollo di Kyoto e, mi consenta, signor Presidente, autorevoli esponenti del Governo, se intenda rivedere la normativa esistente in materia di contratti di energia, al fine di evitare che si utilizzi lo strumento della tassazione per fare cassa ancora una volta in un settore così delicato.

PRESIDENTE. Il deputato Briguglio ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1475/180.

CARMELO BRIGUGLIO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, anche questo ordine del giorno risponde all'esigenza complessiva che in questa circostanza ha manifestato il gruppo di Alleanza nazionale ed il centrodestra di denunciare il manifesto ideologico che il ministro Bersani, con il decreto-legge che oggi ci accingiamo a convertire in legge, ha lanciato non soltanto al Parlamento, ma anche al paese con un intento autoritario.
Infatti, siamo arrivati a questo decreto-legge senza la possibilità che le categorie potessero discutere, dialogare e concertare: ricordiamo bene che la concertazione era una parola che la sinistra politica e sindacale amava molto fino a qualche mese fa e, invece, oggi viene negata. Viene negato il dialogo sociale, ma anche quello parlamentare con la posizione della questione di fiducia su un provvedimento che per noi è importante perché ci fa capire qual è la natura profonda di questo manifesto ideologico della sinistra, che non ha precedenti


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nella storia repubblicana: una coalizione che nella democrazia bipolare vince una consultazione, l'indomani pratica la vendetta politica e sociale contro il blocco sociale che sostiene la coalizione che è stata sconfitta. Questo è un precedente nella storia politica della nostra Repubblica che rimarrà e che, prima o poi, farà in modo che chi l'ha attuato se ne pentirà.
La seconda riflessione che desidero fare nell'illustrare il mio ordine giorno è che il ministro Bersani ha voluto mettere in campo, oltre che una vendetta politica e sociale, in qualche modo l'attuazione di quella sorta di previsione di sparizione del ceto medio. Quest'ultimo non sparirà come d'incanto perché una nuova era in qualche modo lo imporrà, ma perché c'è un disegno preciso da parte di alcuni versanti del neocapitalismo italiano e del versante della sinistra che vorrebbero sostituire alle tute blu questa nuova massa - la classe di massa, così viene definita quella che dovrebbe prendere il posto della classe media - e che, in nome di una sorta di proletarizzazione diffusa, vorrebbe togliere qualunque spazio al ceto medio italiano, quello che in questi anni ha avuto una preferenza per i settori politici del centrodestra e della destra. Con questo provvedimento si vuole togliere qualunque spazio e si vogliono mettere nell'angolo, ai limiti di un vero e proprio ricatto politico e ideologico, tutte quelle categorie come i commercianti, gli artigiani, i tassisti, gli avvocati, coloro che hanno una sorta di vocazione all'autoimpresa e che si sono politicamente espressi, formando un blocco sociale ed anche la base sociale dell'alternanza al Governo del paese.
La sinistra ormai vorrebbe che tutti ci trasformassimo in una sorta di grande classe indistinta di consumatori tutti utenti delle città-mercato controllate dalla cooperazione organizzata, che ormai non ha più limiti ed entra nelle assicurazioni, nel settore sanitario, attraverso la vendita di farmaci da banco nei supermercati e attraverso le società che dovrebbero accomunare addirittura avvocati e clienti degli avvocati (è quanto hanno denunciato gli ordini forensi non soltanto a livello nazionale ma anche a livello europeo). Noi siamo contrari che nasca una sorta di classe sociale di massa indistinta perché intendiamo difendere la tradizione italiana anche dal punto di vista produttivo, che è il made in Italy, la tipicità, la differenziazione, anche la tipicità dei luoghi di produzione e di lavorazione, nonché la difesa dei lavoratori e degli stessi consumatori, che molto spesso vengono turlupinati con una pubblicità ingannevole.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

CARMELO BRIGUGLIO. Quindi, con questa opposizione al provvedimento in esame ed anche con questi ordini del giorno intendiamo proclamare, alta e forte, la difesa del ceto medio italiano (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale).

PRESIDENTE. Il deputato Baldelli ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1475/116.

SIMONE BALDELLI. Onorevole Presidente, l'ordine del giorno di cui sono primo firmatario ha per oggetto uno degli aumenti dell'IVA che sono inseriti all'interno del decreto Visco e, per conoscenza, Bersani. Riguarda in particolar modo l'aumento dell'IVA per le prime consumazioni nei locali da ballo, con un dispositivo che sconsiglia il Governo di continuare su questa strada e, anzi, di ravvedersi e di evitare provvedimenti del genere per il futuro perché l'unica conseguenza dell'aumento dell'IVA chiaramente sarà l'aumento del prezzo delle consumazioni per i locali: quindi, consumazioni più care per tutti.
Questo ordine giorno ci permette di svolgere una riflessione più ampia su questo provvedimento. L'aumento dell'IVA sulle consumazioni nei locali da ballo, così come sui prodotti del cacao - che ha spinto qualche nostro collega, in particolare il collega Grimoldi, ad assumere un'iniziativa molto simpatica e goliardica sulla costituzione dell'intergruppo degli


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amici della Nutella - o, ancora, sui prodotti dei francobolli da collezione, sono tutte materie su cui si è sbizzarrita la diabolica fantasia del viceministro Visco, che conferma, ancora una volta, la visione estremamente oppressiva del fisco che questa sinistra e questo Governo dimostrano in questo decreto-legge.
Il decreto-legge, oltre ad aumentare l'IVA in determinati settori, effettua tagli importanti. Sussistono diversi ordini del giorno, dei quali sono cofirmatario, che sottolineano anche dal punto di vista politico l'incongruenza sostanziale nel centrosinistra. L'Unione ha svolto una campagna elettorale all'insegna di alcune parole d'ordine ben chiare e precise riguardo all'istruzione e alla ricerca, cioè più soldi e più investimenti pubblici. E il Governo, nel primo provvedimento economico che si trova ad affrontare da quando è in carica, decide di fare subito retromarcia e di effettuare un taglio del 10 per cento dei fondi sulla ricerca e di tagliare 6 milioni di euro all'anno per il settore scolastico.
Allora, è evidente che perfino le pantomime che possono essere fatte in Consiglio dei ministri dal ministro Mussi sulla minaccia o meno di dimissioni somigliano tanto a quelle fatte dal ministro Di Pietro, quando si autosospendeva nel corso dell'indulto o ad altro genere di minacce portate avanti dal ministro Mastella sullo stesso provvedimento ma in direzione opposta. È evidente che, nei casi di Di Pietro e Mastella, ci sia un'invidia sostanziale di ciascuno nei confronti del Ministero dell'altro, ma è altrettanto evidente la situazione drammatica dal punto di vista politico in cui si trova questa maggioranza in occasione della conversione di questo decreto-legge perché, ancora una volta, si trova a porre la fiducia, a «strozzare» il dibattito e a mortificare il Parlamento nella sua interezza, nella maggioranza e nell'opposizione. Questo provvedimento, come oggi ha spiegato con grande chiarezza e capacità il presidente Berlusconi, non contiene liberalizzazioni in alcun modo. Anzi, a guardare bene la parte che riguarda le professioni, si potrebbe persino ammettere che c'è una certa tendenza ad intervenire nell'ambito delle libere professioni non tanto a fini di tutela del consumatore, quanto per ricondurre quell'alveo professionale ad un determinato genere di lavoro dipendente. Questa appare essere la visione di fondo, ma le liberalizzazioni sono altro.
Nelle società liberali ci sono principi che vanno difesi ancora di più, come quelli della meritocrazia e della tutela del cittadino contro il sopruso dello Stato e, guarda caso, proprio in questo provvedimento si mettono, invece, tasse e gabelle sui ricorsi del cittadino presso il TAR ed il Consiglio di Stato.
Tutto questo va esattamente nella direzione opposta: la costruzione di un impianto sostanzialmente investigativo, che presume la colpevolezza del contribuente evasore, la rottura del rapporto tra fisco e cittadino, che si basa su una fiducia, che dovrebbe essere reciproca, perché in Italia esiste il sistema della dichiarazione dei redditi, non della presunzione di evasione: questo sistema, in una società liberale, non esiste. State impostando la manovra fiscale sulla presunzione di colpevolezza del cittadino contribuente.

PRESIDENTE. La prego...

SIMONE BALDELLI. Mi avvio a concludere, Presidente.

PRESIDENTE. Deve proprio concludere, perché ha già superato il suo tempo.

SIMONE BALDELLI. Concludo, dicendo che l'unico pregio di questo decreto è che ha lasciato molto parlare di sé, nelle farmacie, nelle piazze e nelle strade. Dovevate concertare e avete ottenuto scioperi. Questo decreto ha fatto parlare di sé ovunque, meno che in Parlamento, l'unico posto in cui bisognava parlarne. Dovevate avere il coraggio di discutere e decidere. Questo coraggio non lo avete avuto e, per questo, dovreste avere vergogna di governare in questo modo (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia e della Lega Nord Padania).


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PRESIDENTE. Il deputato De Laurentiis ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1475/193.

RODOLFO DE LAURENTIIS. Signor Presidente, vorrei svolgere alcune riflessioni in merito all'ordine del giorno n. 193, che riguarda un tema importante nel decreto che stiamo esaminando, ossia l'articolo 12 in tema di trasporto pubblico locale. Si tratta di un settore di cui, nella precedente legislatura, questo Parlamento e la Commissione trasporti si sono occupati a lungo, affrontando un lavoro minuzioso e delicato, che ha visto anche una contrapposizione forte su alcuni principi generali. Si è cercato di definire un quadro di regole e di norme che fosse chiaro, organico e razionale e che andasse nel senso del sostegno allo sviluppo e alla concorrenzialità nel settore, che certamente costituisce un elemento di straordinario interesse, se vogliamo porci alcuni obiettivi strategici, come quello della riduzione dei costi e dell'aumento della qualità del servizio.
Devo confessare un senso di frustrazione, perché è evidente che l'illustrazione di questo ordine del giorno non può che costituire un aspetto residuale rispetto ad un tema strategico e che costituisce una voce importante di spesa degli italiani, rispetto al quale avremmo potuto e dovuto svolgere riflessioni più importanti e serie, anche con contributi emendativi.
È ovvio che sarebbe stato opportuno discutere in quest'aula di emendamenti seri, che andavano nel segno dello sviluppo e della crescita dell'intero settore, inteso come elemento fondamentale per rispondere al diritto della mobilità dei cittadini, costituzionalmente garantito.
Non voglio affrontare i temi e le riflessioni che sono già state fatte dai colleghi che mi hanno preceduto, però, credo che alcune precisazioni e puntualizzazioni, soprattutto nel merito, siano estremamente opportune e necessarie.
La prima considerazione è che il Governo - lo devo registrare in quest'aula - si è dimenticato che c'è un quadro normativo a monte, costruito nelle due legislature precedenti, che offriva una serie di norme verso la liberalizzazione dei servizi, la concorrenzialità e le procedure di affidamento dei servizi locali attraverso le gare.
Quindi, è chiaro che si pone un primo problema di armonizzazione di questa normativa, ossia quello di costruire un filo logico conduttore che unisca quei provvedimenti importanti, che allora aprirono il settore rispetto a quella ventata che derivava dalla competizione nel e per il settore e per il mercato, e li riconduca a questo provvedimento. Questo provvedimento, invece, si limita essenzialmente ad affrontare un tema del tutto marginale del trasporto pubblico locale, che vi incide minimamente. Peraltro, proprio rispetto alla normativa cui faccio riferimento (il decreto legislativo n. 422 del 1997, modificato nel 2000) e ai nostri provvedimenti inseriti nella scorsa finanziaria, probabilmente, ciò che è contenuto nell'articolo 12 poteva già essere stato fatto, perché era già competenza dei comuni provvedere in questo senso.
Ancora una volta, emerge il dato costante in questo decreto-legge, ossia quello di una serie di provvedimenti anonimi, superficiali, che non toccano il senso e la sostanza delle cose.
Se l'obiettivo, che sarebbe stato giusto porsi, è quello di un aumento della qualità del servizio pubblico, di una contestuale riduzione dei costi e una crescita della quota di mercato, attraverso la capacità di ripartire la domanda e l'offerta del trasporto pubblico per ottenere una maggiore soddisfazione dei cittadini, questa sarebbe stata l'occasione opportuna.

PRESIDENTE. La prego...

RODOLFO DE LAURENTIIS. Concludo, Presidente. Noi ci siamo limitati a precisare i requisiti tecnico-professionali che questi soggetti, cui i comuni possono affidare i servizi, debbono avere necessariamente per garantire serietà, professionalità e qualità dei servizi.


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PRESIDENTE. Il deputato Caparini ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1475/46.

DAVIDE CAPARINI. Signor Presidente, è evidente che ci troviamo di fronte un provvedimento che ha più i connotati di una vendetta nei confronti di alcune fasce sociali, che non di liberalizzazione, come è stato spacciato dal Governo e anche dai mass media accondiscendenti a questo Governo.
C'è una evidente compressione degli spazi di libertà, ancor più grave quando avviene in una società consumistica, che fa quindi del mercato il solo regolatore.
Un intervento come quello che è stato predisposto da parte di questo Governo, ossia la tracciabilità del consumatore, assume dei connotati preoccupanti. Infatti, siamo di fronte a una specie di Grande Fratello di orwelliana memoria, laddove, attraverso il controllo capillare degli abusi, delle abitudini e dei consumi, si può definire un profilo del cittadino e condizionarlo poi nelle future scelte.
È uno scenario agghiacciante, cui noi vogliamo opporci e lo stiamo facendo da parecchi giorni e da parecchi mesi, sia all'interno delle istituzioni, sia all'esterno.
È evidente che voi, con questo provvedimento, avete minato il rapporto tra cittadino e Stato. Questo dato, purtroppo, dobbiamo consegnarlo non solo al dibattito parlamentare, ma anche a un paese che è rassegnato di fronte a questi primi giorni di Governo e a questi atti, che hanno disorientato anche i vostri elettori.
L'allarme sui conti pubblici che avete lanciato allorquando vi siete insediati a palazzo Chigi è funzionale e strumentale a questa manovra.
Partendo da un presunto buco di bilancio - che, come tutti abbiamo avuto modo di verificare, non c'era - e dalla presunzione di un'economia in crisi - presunzione anche questa errata -, avete predisposto questo provvedimento che, come si evince dalla relazione tecnica, sembra teso ad individuare le risorse necessarie per realizzare il grande processo di infrastrutturazione del paese che la Casa delle libertà aveva messo in atto.
Abbiamo assistito al petulante ministro Di Pietro il quale, un giorno, minacciava le dimissioni e, l'altro giorno, piangeva per ottenere risorse dal ministro Padoa Schioppa; abbiamo assistito ad una resa incondizionata in ordine ad una visione strategica del piano infrastrutturale del nostro paese e abbiamo anche assistito ad una maggioranza che, quasi atterrita, certificava il fatto che la Casa delle libertà ha investito in infrastrutture e lo ha saputo fare in modo eccellente, soprattutto nel nord del paese. Ricordiamo che è proprio il nord che consente a questo paese di vivere, come evidenziato dal fatto che il 76 per cento delle grandi opere sono localizzate, appunto, al nord.
A fronte di tale dato, avete risposto con la chiusura dei cantieri, con l'assenza completa di una strategia, con l'azzeramento dei finanziamenti, tanto che, ad oggi, nella Commissione competente ancora non abbiamo contezza di quante siano le opere che intenderete realizzare. Non sappiamo quali di queste opere saranno finanziate e quando ciò avverrà.
Signor sottosegretario, la mancanza di una visione dello sviluppo del nostro paese è evidente nei primi atti di questo Governo. Ad oggi, non avete stilato una lista di opere fondamentali da finanziare e, soprattutto, non avete individuato dove reperire le risorse necessarie. Questa non è certamente la strada giusta per ammodernare lo Stato (Applausi dei deputati del gruppo della Lega Nord Padania)!

PRESIDENTE. La deputata Castiello ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1475/154.

GIUSEPPINA CASTIELLO. Signor Presidente, l'ordine del giorno deriva dalla necessità di una revisione della disciplina della successione mortis causa dei titolari delle farmacie, affinché possa essere coerente con la normativa vigente. Infatti, sussiste un contrasto tra le disposizioni contenute nel provvedimento e quello che, invece, è contenuto nell'articolo 9 della legge comunitaria, che in questi giorni


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abbiamo esaminato in Commissione. Mentre, da un lato, si prevede una riduzione dei termini della titolarità delle farmacie, dall'altro si evidenzia la continuità rispetto agli anni. Si tratta di una contraddizione che danneggia la categoria dei farmacisti, penalizzati anche dal fatto che, all'articolo 5 del decreto in esame, si prevede la vendita di alcuni farmaci negli esercizi commerciali, stabilendo anche sconti con riferimento ad alcuni farmaci da banco. Con ciò si opera una dequalificazione dei farmacisti, che vengono trattati alla stregua di semplici commercianti e non quali operatori della salute.
D'altro canto, il decreto favorisce la concorrenza sleale, stabilendo benefici per la grande distribuzione e danneggiando le farmacie che si vedono legate ad orari, turni e ad altre norme che non appaiono chiare.
Si tratta di una concezione marxista volta ad influire e a condizionare la società nonché le famiglie rispetto alla problematica relativa alla titolarità delle farmacie.
Siamo di fronte ad un Governo che ridiscute tutto e che lo fa in un silenzio che contrasta anche con il ruolo spettante alle regioni su alcune materie. Infatti, ci chiediamo come mai i presidenti delle regioni non siano scesi in campo per rivendicare le proprie competenze su alcune norme che, in base a quanto previsto dal Titolo V della Costituzione, sono di competenza regionale.
Con il provvedimento in esame si tenta soltanto di coprire alcune difficoltà politiche che questo Governo ha all'interno della sua maggioranza.
Si parla di liberalizzazione, ma occorrerebbe capire il vero significato politico che intendete dare a questo termine. Per un'intera legislatura avete evidenziato la necessità della concertazione, ma in occasione dell'esame di questo provvedimento vi siete soltanto riempiti la bocca e, solo dopo le manifestazioni dei tassisti, dei farmacisti, dei panettieri e degli avvocati, avete dovuto cedere su alcuni aspetti. In realtà, non sono stati spiegati alle categorie gli obiettivi che il Governo intende realizzare e le manifestazioni hanno colpito soprattutto i cittadini.
Si parla impropriamente di liberalizzazione, in quanto alla fine le questioni non vengono affrontate. Volete realizzare un blitz estivo, in quanto negare al Parlamento il diritto di discutere nei tempi giusti un decreto così importante è veramente assurdo e fuori da ogni regola di democrazia politica.
È vergognoso che il Governo inizi il suo percorso politico con una mancanza totale di confronto con gli interessi reali del paese e delegittimando il Parlamento.
Le vostre liberalizzazioni sono misure di competitività imperfetta e illiberale, in quanto il testo in esame è assolutamente frammentario e privo di qualsiasi concertazione con le categorie interessate e con le parti sociali.
State gettando il paese in un baratro e noi vi aspetteremo quando sarà discussa la legge finanziaria. Siamo convinti che non saremo noi a mandare a casa questo Governo, in quanto lo faranno i cittadini italiani (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale).

PRESIDENTE. Il deputato Pedrizzi ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1475/181.

RICCARDO PEDRIZZI. Onorevole Presidente, la ringrazio. Mi ostino a chiamarla onorevole, in quanto è deputato come tutti gli altri.
Sono intervenuto in sede di discussione sulle linee generali, dimostrando, insieme a tutti i colleghi di Alleanza Nazionale e della Casa delle libertà, che quelle previste nel testo in esame non sono vere liberalizzazioni, ma un vero e proprio attacco al ceto medio, agli ordini professionali, a categorie vicine al centrodestra.
Abbiamo anche dimostrato, con riferimento alla seconda parte della normativa, che si è determinato un aumento della pressione fiscale, perché è stata aumentata la base imponibile, come previsto nel provvedimento.
L'aumento della pressione fiscale e della base imponibile è una questione che


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si intende affrontare con l'ordine del giorno n. 9/1475/181 che, in particolare, riguarda il pagamento dell'ICI da parte della Chiesa cattolica, di tutte le confessioni religiose, di tutto il settore no profit e delle Onlus che tanto contribuiscono alla creazione della ricchezza del nostro paese.
In verità, onorevoli colleghi, signor Presidente, si tratta della dimostrazione che questo Governo è sempre più un Governo «ZapaProdi», ostaggio dei settori più laicisti ed anticlericali dell'ammucchiata dei settori di sinistra e di centro.
L'esenzione dell'ICI ribadita dalla Casa delle libertà non era, in effetti, una regalia alla Chiesa cattolica; si indirizzava, infatti, a tutte le confessioni religiose riconosciute dallo Stato e, soprattutto, alle Onlus, alle associazioni no profit, e a quelle di volontariato che svolgono un particolare servizio a favore dell'intera comunità: attività assistenziali, previdenziali, sanitarie, didattiche, ricettive, culturali, creative, ricreative e sportive.
Di questi servizi beneficiano le famiglie italiane e, soprattutto, chi ha bisogno, vale a dire le fasce più deboli della popolazione, i portatori di handicap.
Il centrodestra si era limitato a precisare la misura, chiarendo la giurisprudenza che aveva negato l'esenzione a favore della Chiesa, prevista, invece, dal Concordato e dalla dottrina unanimemente. Eravamo partiti proprio da lì per allargare l'esenzione a tutto il volontariato, settore molto importante che contribuisce con grandi percentuali al PIL nazionale.
Il Governo «ZapaProdi», invece, solo perché tale misura era indirizzata alla Chiesa, ha pensato bene di eliminarla, non capendo o, meglio, facendo finta di non capire che tutti gli edifici di proprietà ecclesiastica, che, in base alla norma confermata dalla Casa della libertà, non venivano assoggettati all'ICI, sono al servizio della collettività, al servizio, quindi, del bene comune.
Si tratta, infatti, di immobili utilizzati sempre e comunque per attività di assistenza, beneficenza, istruzione, educazione e cultura, anche laddove siano svolte in forma commerciale. Si tratta di esigenze sociali, quindi primarie, alle quali lo Stato spesso non riesce a far fronte.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE GIULIO TREMONTI (ore 21,55)

RICCARDO PEDRIZZI. Si pensi solamente alla carenza di scuole materne statali.
Per fortuna vi è chi, esplicando tali attività, mette in pratica il principio della sussidiarietà e svolge una preziosissima funzione sociale.
Del resto, la norma approvata dal centrodestra nulla aggiungeva e nulla toglieva rispetto alla situazione preesistente e cioè quanto stabilito dalla legge istitutiva dell'ICI, la n. 504 del 1992. Avevamo varato tale provvedimento solo ed esclusivamente per dare un'interpretazione autentica a ciò che è sancito in quella legge, considerato che la Corte di Cassazione intervenne a suo tempo, dando un'interpretazione indebitamente restrittiva di tale disposizione.
I comuni, perciò - lo dicemmo in sede di dibattito sulla legge finanziaria l'anno scorso al Senato -, con l'esenzione ribadita dal centrodestra non hanno perso alcuna risorsa e non perderanno alcuna risorsa qualora venisse eliminata, semplicemente perché non avevano mai percepito l'ICI sulla tipologia di immobili in questione.
Quella del Governo «ZapaProdi», dunque, è una misura meramente ed esclusivamente ideologica.
Per tali motivi, vorrei richiamare l'attenzione dei cattolici dell'Unione: spero che facciano sentire la propria voce in questa occasione per difendere non solamente la Chiesa cattolica, ma tutte le confessioni religiose, il volontariato, il no profit. Per questo, auspichiamo che il Governo accetti responsabilmente questo ordine del giorno (Applausi dei deputati dei gruppi di Alleanza Nazionale e di Forza Italia).

PRESIDENTE. L'onorevole Bernardo ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1475/107.


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MAURIZIO BERNARDO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, rappresentanti del Governo, l'ordine del giorno in esame è stato presentato con riferimento all'attuazione della strategia di Lisbona e nasce da una forte preoccupazione con riferimento alla elaborazione di un piano, anche per quanto definito nel corso degli anni. È un argomento a noi caro, perché riguarda la competitività, la conoscenza e ha come riferimento principale il sistema produttivo.
Sappiamo che si tratta di un argomento ostico alla sinistra. Del resto, l'attenta lettura del decreto Bersani-Visco, anche se per competenza e per argomenti, forse, occorrerebbe chiamerlo chiamarlo Visco-Bersani (più semplicemente è stato definito come il decreto delle liberalizzazioni, ma a me piacerebbe chiamarlo delle «vessazioni»!), ci porta un po' indietro nel tempo; ci preoccupiamo, infatti, che la legge finanziaria affronti la questione del piano che ci porta indietro nel tempo, al marzo del 2000, quando gli Stati membri della Comunità europea decisero di intraprendere un piano ambizioso con l'obiettivo della piena occupazione a livello europeo, un tasso medio annuo in termini di economia complessiva del 3 per cento.
In particolare, quattro erano gli obiettivi precisi: l'occupazione, l'innovazione, riforme economiche convincenti (capisco le perplessità che possono nascere, analizzando quello che questo Governo è riuscito a realizzare prima dell'estate, in questi pochi giorni) e la questione sociale, argomento che dovrebbe essere caro per alcuni aspetti alla sinistra, ma poi vediamo nei fatti, come si desume anche dalla lettura attenta del provvedimento, che ciò non accade.
L'anno successivo, a Gotenberg, si arrivò a prevedere un quinto elemento nella strategia complessiva di rigore, vale a dire - argomento che dovrebbe essere caro a tutti noi - la sostenibilità ambientale.
Entrando nel merito di ciò che fece il Governo Berlusconi nell'anno 2004 e, successivamente, nel 2005, in Consiglio dei ministri venne approvato il piano per l'innovazione, l'occupazione e la crescita del paese.
Sono state appostate risorse importanti (46 miliardi di euro). Peraltro, allo stato attuale, più del 60 per cento risultano già assegnate e mi riferisco ad iniziative importanti realizzate. Era un piano importante, perché sono state coinvolte le regioni ed il sistema produttivo italiano.
Altre misure non trovano attenzione in questo Governo e mi riferisco (abbiamo avuto modo, anche nel corso delle audizioni in Commissione attività produttive, di incontrare a tale riguardo il ministro Mussi) ai temi della ricerca, agli impegni di spesa assunti in più occasioni e che poi non hanno avuto riscontro per quanto riguarda alcuni aspetti di carattere economico, all'impegno di risorse, importante rispetto al 3 per cento del PIL, distribuito, per due terzi, su investimenti privati e, per un terzo, su investimenti pubblici.
In questa occasione abbiamo modo di esprimere finalmente le nostre posizioni attraverso la presentazione e la discussione degli ordini del giorno. Avremmo voluto discutere sulle proposte emendative presentate al provvedimento, ma ciò non è accaduto.
Pertanto, mi auguro che questo ordine del giorno venga accettato dal Governo nell'interesse del paese e del sistema produttivo che è un vanto per l'Italia che noi abbiamo governato e che non può definirsi tale per voi che la governate oggi (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia e di Alleanza Nazionale)!

PRESIDENTE. L'onorevole D'Alia ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1475/197.

GIANPIERO D'ALIA. Il mio ordine del giorno è concentrato su tre articoli del decreto-legge: gli articoli 22, 25 e 26. Essi si occupano in maniera specifica del taglio e del contenimento della spesa delle amministrazioni statali e degli enti ed organismi pubblici non territoriali, oltre ad introdurre un sistema sanzionatorio che tende a circoscrivere l'ambito di espansione


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della spesa in questi enti e amministrazioni.
Pur condividendo lo spirito di contenimento e di razionalizzazione della spesa pubblica, che trova riscontro nella riduzione del 10 per cento prevista dall'articolo 22 e nell'accantonamento - forse virtuale - di somme, che riguarda alcune amministrazioni dello Stato, che poi vengono riportate per il bilancio del 2007, è altresì vero che questi meccanismi, che peraltro sono stati introdotti anche dal precedente Governo nella passata legislatura in tutta una serie di leggi finanziarie e di manovre economiche, sono meccanismi rigidi, che servono a contenere la spesa ma non a selezionare la qualità e l'efficienza della stessa. Essi inoltre non stimolano il sistema dei controlli di gestione interni alle amministrazioni dello Stato e agli altri enti non territoriali di carattere pubblico.
Questo ordine del giorno, dunque, sollecita il Governo ad accompagnare a questo tipo di intervento di carattere economico - che, come abbiamo già detto in sede di discussione sulle linee generali e nel prosieguo dell'esame del provvedimento, non è un intervento risolutorio dei problemi della finanza pubblica - una serie di meccanismi di controllo interno che servano, da un lato, a verificare gli sprechi nelle amministrazioni pubbliche, e, dall'altro, a fare in modo di introdurre meccanismi di incentivazione e di premialità nei confronti di quelle amministrazioni che non solo si attengono al rispetto dei limiti imposti dal decreto nell'utilizzo delle risorse messe a disposizione dal bilancio dello Stato, ma che inoltre consentono anche di verificare se la qualità della loro spesa è produttiva per l'interesse pubblico o se, viceversa, vi sono sacche di spreco e di improduttività di risorse, che, ancorché utilizzate nell'ambito del tetto quantitativo posto, sono comunque risorse che potrebbero essere destinate ad altri scopi.
Il senso di questo ordine del giorno è, dunque, quello di una proposta costruttiva - rispetto ad un decreto di cui non condividiamo dalla prima all'ultima riga -, nel senso di suggerire al Governo di fare in modo di verificare e di incentivare quelle amministrazioni che innescano circuiti virtuosi della spesa e disincentivare e punire quelle amministrazioni che, viceversa, al di là del rispetto formale del tetto di spesa fissato dal decreto, utilizzano le risorse a loro disposizione in maniera non intelligente o non funzionale alla tutela dell'interesse pubblico.

PRESIDENTE. Onorevole D'Alia, la invito a concludere.

GIANPIERO D'ALIA. Credo, quindi, che questo ordine del giorno dovrebbe essere accettato dal Governo, in quanto esso consente sostanzialmente di fare un passo in avanti, anche funzionale ad un controllo di gestione più efficace sotto il profilo della ricaduta in termini di tutela degli interessi generali della spesa pubblica nazionale (Applausi dei deputati del gruppo dell'UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro)).

PRESIDENTE. L'onorevole Cota ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1475/41.

ROBERTO COTA. Abbiamo presentato questo ordine del giorno perché, tra i tanti dissesti creati da questo decreto, ve n'è uno che ha creato una particolare situazione di incertezza nei confronti del mondo degli avvocati, da una parte, e dei cittadini, dall'altra. Si tratta della previsione contenuta nell'articolo 21 del decreto-legge, che blocca le anticipazioni da parte degli uffici postali con riferimento alle spese di giustizia. Il blocco di queste anticipazioni comporta che le liquidazioni dei compensi per i giudici di pace...Mi scusi, Presidente, ma il Governo è assolutamente distratto. Questo è invece un tema importante, sul quale è intervenuto ieri anche il presidente Violante. Io penso che questa seduta debba avere un minimo di effettività, altrimenti andiamocene tutti a dormire e ci vediamo domani (Applausi dei deputati del gruppo della Lega Nord Padania)!


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Dicevo che l'articolo 21 blocca queste anticipazioni. Il risultato è che i giudici di pace vedono bloccato il pagamento dei loro compensi e lo stesso succede per gli avvocati, per quanto riguarda il gratuito patrocinio. Quindi i cittadini, dovendo rivolgersi ad avvocati che non vengono pagati, ovviamente sono privati dell'effettività del diritto di difesa. Vedo che il sottosegretario scuote la testa. La pregherei, sottosegretario, invece di starsene al ministero, di girare un po', per verificare concretamente la situazione. Forse lei non sa come funziona il meccanismo di liquidazione delle spese.
Dunque, il non poter ricorrere all'anticipazione attraverso gli uffici postali, vuol dire ricorrere ai canali ordinari, ciò vuol dire ricevere i pagamenti tra sette, otto anni, sei anni nella migliore delle ipotesi. Lei capisce, sottosegretario, che un pagamento dopo sei, sette anni è un pagamento che, di fatto, non avviene. La verità di quanto diciamo è testimoniata dagli interventi svolti l'altro ieri in sede di discussione sulle linee generali ed anche dall'intervento del presidente Violante, che molto opportunamente ha sollevato la questione poco prima che il Governo decidesse di porre la fiducia; è altresì testimoniato anche da una serie di ordini del giorno presentati proprio da colleghi della maggioranza.
Certamente l'ordine del giorno non rappresenta lo strumento idoneo per risolvere un problema creato da una legge, o meglio da un decreto-legge convertito in legge. Lo strumento più idoneo è quello di modificare il decreto-legge, per correggere l'errore che si scopre, ancora prima di commetterlo con la conversione del decreto in legge. Però, voi tutti sapete che ciò non è possibile, perché questo Governo non è in grado di far seguire ai provvedimenti un iter normale, perché ha paura del Parlamento! Non può correggere i provvedimenti sbagliati, neppure quando gli errori vengono evidenziati dagli stessi componenti della maggioranza!
Allora, noi ricorriamo allo strumento dell'ordine del giorno per poter evidenziare i problemi e per poter sperare che in un futuro - magari quando governeremo noi, signor Presidente, perché mi sa che di questo passo torneremo molto presto a governare (Applausi dei deputati dei gruppi della Lega Nord Padania, di Forza Italia e dell'UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro))! - ci sia comunque un provvedimento che stabilisca la volontà del Parlamento sotto questo aspetto.
Dunque, con l'ordine del giorno presentato chiediamo di riparare a questo errore, ripristinando il meccanismo delle anticipazioni da parte degli uffici postali, per quanto riguarda il regime di gratuito patrocinio (Applausi dei deputati dei gruppi della Lega Nord Padania e di Forza Italia).

PRESIDENTE. L'onorevole Moroni ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1475/108.

CHIARA MORONI. Signor Presidente, innanzitutto è bene chiarire ancora una volta - anche se è già stato fatto più volte in quest'aula - che gli appunti da muovere a questo decreto sono sia di merito che di metodo, a cominciare dal fatto che è stato spacciato come un provvedimento sulle liberalizzazioni anche se le liberalizzazioni rappresentano forse la sua parte marginale. Ne è prova il fatto che sia al Senato che alla Camera questo decreto non è stato assegnato alla Commissione attività produttive, ma alle Commissioni bilancio e finanze, a dimostrazione del fatto che la prevalenza della materia è evidentemente quella finanziaria.
Per la verità, questo decreto si inserisce perfettamente nel programma del Governo Prodi che ha come indirizzo prevalente una maggiore imposizione fiscale. L'opposizione si è sempre mostrata disponibile a discutere sulle liberalizzazioni, che hanno sempre fatto parte della nostra linea programmatica e politica. Il problema è che qui non si parla di liberalizzazioni che servono al paese o, meglio, di liberalizzazioni che devono essere inserite in un progetto di sviluppo del paese; non si parla di liberalizzare quei settori dell'economia produttiva che possono essere, ove liberalizzati,


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determinanti perché questo paese possa avere un percorso di sviluppo; qui si spaccia per liberalizzazione la penalizzazione di alcune categorie che - lasciatecelo dire - non sono tipicamente l'elettorato di centrosinistra!
Ci lascia stupiti poi il metodo di questo decreto, come si suol dire «cotto e mangiato» in Consiglio dei ministri, con buona pace della concertazione che ci avete sempre detto essere il vostro metodo prediletto rispetto al quale esercitare una azione programmatica e politica.
Noi certo non siamo dell'idea che la concertazione sia il metodo prediletto. Noi privilegiamo il dialogo sociale, ma qui non c'è traccia della concertazione con le categorie che da questo decreto vengono fortemente penalizzate, tanto è vero che abbiamo assistito a scioperi di categorie che non sono tipicamente categorie «movimentiste». Ci viene il dubbio che la concertazione valga solo quando viene fatta con la CGIL.
Nel merito, a prescindere dal fatto che le liberalizzazioni non toccano i settori economici produttivi che servirebbero davvero, si cerca invece di toccare quelle categorie, dagli avvocati, ai farmacisti, ai panificatori, che fanno parte del sistema Italia. Nello specifico, per quanto riguarda la cosiddetta liberalizzazione dei farmaci, ci chiediamo qual è lo scopo di questo decreto e cosa si vuole ottenere. Ce lo spacciate come un decreto che, liberalizzando i farmaci, potrà ridurre il costo degli stessi; questo può anche essere, ma ci dobbiamo chiedere attraverso quale meccanismo. Partiamo dal presupposto che il farmaco non è un bene del quale incentivare il consumo, ma è un bene del quale inibire il consumo, dato che ha tutta una serie di effetti collaterali pericolosi rispetto ai quali bisogna porre attenzione. Allora, voi ci insegnate che la concorrenza può certo abbassare i prezzi, ma in base al meccanismo secondo il quale chi più ha potere di acquisto più è in grado di ridurre il prezzo di un prodotto: chi più ne vende, più è in grado di ridurre quel prezzo. È evidente che questo varrà anche per il farmaco, naturalmente, in contraddizione con la tutela della salute e della prevenzione delle malattie iatrogene, che in paesi anglosassoni, a partire dagli Stati Uniti, dove il farmaco da banco è di libero accesso a tutti i cittadini da tempo, sono largamente aumentate.
Ma se ci dite - altra contraddizione - che il farmaco deve essere di libero accesso e liberalizzato rispetto ad un consumo che va aumentato, naturalmente a favore della grande distribuzione (in particolare le cooperative rosse), ci si chiede perché il farmacista, professionista della salute, debba stare nelle coop a vendere un farmaco da banco che deve essere di libero accesso.
Si tratta di penalizzazioni di categorie con le quali non si è neanche voluto discutere, con buona pace, come abbiamo detto, della concertazione e con buona pace anche delle liberalizzazioni che servirebbero a questo paese. Certo, anche con buona pace di tutti i cittadini, che subiranno, in linea con il vostro programma, una maggiore imposizione fiscale, e che tenteranno in qualsiasi modo di evadere ancora di più il fisco, visto che questo decreto non avrà neanche il pregio di combattere veramente l'evasione fiscale (Applausi dei deputati del gruppo di Forza Italia).

PRESIDENTE. L'onorevole Galletti ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1475/23.

GIAN LUCA GALLETTI. Signor Presidente, il ricorso così frequente alla fiducia non è soltanto un vulnus per l'attività del Parlamento, ma non permette neanche di perfezionare i testi, che arrivano in aula con gli errori più macroscopici. Il tipico esempio - l'abbiamo ricordato più volte - è quello sollevato dal presidente Violante, che nel suo stesso ordine del giorno sostiene che, attraverso il contenimento della situazione della spesa pubblica, si rischia di creare una situazione di collasso nel sistema giudiziario italiano. Il presidente Violante ci dice che il testo che stiamo approvando creerà un collasso all'interno del sistema giudiziario italiano! Pur


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troppo, però, l'errore segnalato da Violante non è l'unico errore che c'è in questo decreto; ce n'é un altro - non so se di dimensioni maggiori o minori - che creerà dei forti disagi ai contribuenti e agli enti locali. Esso è contenuto nell'articolo 36, secondo comma. Questo articolo prevede che, ai fini dell'IVA, ai fini delle imposte dirette, ai fini dell'ICI e ai fini dell'imposta di registro, un terreno diventa edificabile, e quindi verrà tassato in misura maggiore, nel momento in cui il comune adotta la delibera di inserimento di questo terreno nel proprio PRG con destinazione edificabile. Voi sapete, e sanno bene anche coloro che hanno fatto gli amministratori pubblici, che la delibera del comune, per diventare operativa, cioè per dare certezza all'edificabilità di quel terreno, deve passare attraverso una delibera regionale che deve approvare l'atto del consiglio comunale. Fino a quel momento, il terreno non è per sua natura edificabile, perché manca il compimento dell'atto amministrativo.
Tuttavia, nella prassi, capita sovente che la regione non ratifichi la delibera del consiglio comunale; quindi, in pratica, accadrà che il contribuente, per un periodo limitato di tempo, intercorrente tra l'atto adottato dal consiglio comunale e la ratifica del consiglio regionale, pagherà un terreno come se fosse edificabile, quindi con un valore molto più elevato, ma se non interverrà l'atto della regione, il contribuente sarà costretto - sarà sua convenienza - a chiedere il rimborso di quanto pagato in quel frangente o all'ente locale, se si tratta di ICI, o allo Stato, se si tratta di IVA, di imposta di registro o di imposte dirette.
Voi capite l'aggravio burocratico che stiamo determinando con una norma che non solo non è chiara, ma è errata, perché pretende di tassare un terreno come edificabile quando ancora non lo è, perché per sua natura quell'atto non ha completato il suo iter legislativo.
Vi dico di più - lo dico soprattutto agli amministratori locali, ai sindaci e agli assessori che siedono in questo Parlamento - ; quando andremo a predisporre i bilanci di previsione con una norma di questo genere, avremo delle grosse difficoltà, perché un ragioniere, un responsabile tributario prudente del comune, che vuole fare il bilancio secondo i corretti principi contabili, quindi con la prudenza dovuta, dovrà, su questi terreni, per l'importo dell'ICI, accantonare una cifra pari a quanto un contribuente è tenuto a pagare, perché non c'è certezza ancora sulla disponibilità di questa cifra per il comune. Quindi, avremo un doppio maleficio: da una parte, un aggravio burocratico per tutte le domande di rimborso che il contribuente dovrà fare ai comuni e allo Stato e, dall'altra parte, dei bilanci, che, per rispondere alla prudenza, dovranno aumentare il proprio accantonamento su una cifra anche difficile da quantificare.
Vorrei che questo Parlamento si rendesse conto di quanto stiamo approvando - e mi sembra che in Commissione tutti gli amministratori locali, sia di centrodestra sia di centrosinistra, abbiano condiviso questa impostazione - e vi ponga rimedio nell'unico modo che il sistema di legiferare di questo Governo, con il ricorso al voto di fiducia, ci rende disponibile, cioè quello di utilizzare il prossimo provvedimento legislativo fiscale, ad esempio la legge finanziaria, per ovviare all'errore materiale contenuto nella norma in questione.

PRESIDENTE. La prego...

GIAN LUCA GALLETTI. Invito davvero il Governo a meditare su questo aspetto, perché in tal modo renderemmo il decreto-legge all'esame, che non condividiamo, almeno trasparente nella sua stesura (Applausi dei deputati del gruppo dell'UDC (Unione dei Democratici cristiani e dei Democratici di centro)).

PRESIDENTE. L'onorevole Dozzo ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1475/32.

GIANPAOLO DOZZO. Signor Presidente, occorre dire che il governo Prodi punta ad ottenere molti primati: in pochi mesi ha già ottenuto vari record. Non


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dimentichiamoci che si tratta del Governo con il maggior numero di ministri e sottosegretari, né dimentichiamoci, nei primi trenta giorni, il record di esternazione da parte di vari ministri, e naturalmente quello di aver portato in piazza per protestare, solo dopo poche settimane, tutta una serie di associazioni tra le quali quelle dei tassisti, dei panificatori, degli avvocati, dei farmacisti. Indubbiamente, penso che il primato a cui tiene di più il Primo ministro Prodi sia quello delle sette fiducie che, tra Camera e Senato, sono state poste da questo Governo; voti di fiducia che, di fatto, espropriano il Parlamento e noi parlamentari del nostro ruolo e di quel mandato che gli elettori ci hanno conferito.
Ciò significa che si rende impossibile per noi modificare, integrare, migliorare tutti quei provvedimenti che sono passati attraverso i voti di fiducia. Anche il decreto Bersani ha avuto lo stesso iter e da parte nostra è mancata la possibilità di migliorarne il testo.
La maggioranza ci accusa di ostruzionismo, di voler, attraverso gli emendamenti e l'illustrazione degli ordini del giorno, allungare i termini per l'approvazione di questo decreto-legge. Signor Presidente, ritengo che in quest'aula, in questa legislatura, di vero e proprio ostruzionismo non se ne sia mai fatto. È da parecchie legislature che ormai faccio parte della Camera dei deputati; ricordo il vero ostruzionismo del centrosinistra, ricordo quando per intere nottate abbiamo votato circa 1.200, 1.400 emendamenti: quello sì che era vero ostruzionismo!
Adesso siamo qui a discutere degli ordini del giorno presentati, guarda caso, non soltanto dalla minoranza ma anche dalla maggioranza. Mi chiedo che bisogno c'era da parte dei parlamentari della maggioranza di presentare ben 56 ordini del giorno che, secondo il vostro intendimento, vorrebbero migliorare il testo che andrete a varare.
Avete parlato nei vostri interventi di qualità del testo, della volontà e della spinta di liberalizzazione impressa da questo decreto. Mi chiedo allora: a cosa servono tutti gli ordini del giorno che tendono in qualche modo a deviare quel percorso che con tale decreto voi avete intrapreso?
Venendo all'ordine del giorno da me presentato, il n. 9/1475/32, in cui si parla di libere professioni, rilevo che queste sono costrette ad una sorta di polizia finanziaria. I professionisti devono aprire appositi conti correnti per riversarvi le movimentazioni di risorse collegate alla propria attività imprenditoriale, con l'obbligo per i medesimi, per i compensi superiori ai 100 euro, di riceverli attraverso assegni e bonifici bancari.
Ebbene, signor Presidente, penso che, se questa è liberalizzazione, rispetto a coloro del centrosinistra che negli interventi dicono di volare sempre in alto, si tratti di vere e proprie amenità!
Vediamo chi è l'ispiratore di tutto questo. Si è detto che è il ministro Bersani: io non lo credo. L'ispiratore di tutti questi intenti vessatori e persecutori nei confronti dei professionisti e di altre associazioni è naturalmente il buon viceministro Visco, che parte dal presupposto che tutti i cittadini siano evasori!
Signor Presidente, si ricorda quando alcuni anni fa il buon viceministro Visco è stato condannato per un abuso edilizio? Da che pulpito arrivano tutte quelle iniziative!
Con ogni probabilità, sarebbe il caso di non andare tanto in televisione a fare proclami e guardare invece in casa propria prima di vessare i liberi professionisti.

PRESIDENTE. La prego di concludere!

GIANPAOLO DOZZO. Ho sentito anche da parte dei componenti della maggioranza - concludo, Presidente - che si intendono eliminare le corporazioni, le rendite di posizione che, secondo loro, alcune categorie avrebbero assunto in questi anni: peccato che, come sempre, il centrosinistra si sia dimenticato di liberalizzare quei settori in mano a noti imprenditori a loro vicini, che mettono veramente giorno dopo giorno le mani nelle tasche dei cittadini!


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Questo, signor Presidente, è ciò che mi sento di dire e ritengo che l'ordine del giorno così espresso e formulato possa dare un'ulteriore spinta affinché vi sia una vera e propria disciplina che non è quella di questo decreto legge, che andrà come andrà, ma non certamente verso quello che richiedono i nostri cittadini (Applausi dei deputati del gruppo della Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. L'onorevole Carlucci ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1475/138.

GABRIELLA CARLUCCI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, sono qui questa sera per illustrare l'ordine del giorno da me presentato, al quale tengo molto, e ritengo che ad un ordine del giorno del genere dovrebbe prestare attenzione il Governo, quello qui presente e anche quello che non è in aula in questo momento, visto che l'attuale governo di centrosinistra ha sempre dichiarato nei fatti, nelle intenzioni e nelle parole di avere a cuore i problemi dei lavoratori.
Ebbene, nell'ordine del giorno da me presentato si parla di un settore fortemente in crisi, quello del tessile, abbigliamento e calzaturiero, che in Italia occupa oltre 800 mila addetti settore molto importante, e a testimonianza di ciò vi sono i dati economici che lo riguardano e che pongono attualmente l'Italia, nonostante la difficoltà economica e la crisi intervenuta in questi anni per colpa della concorrenza sleale proveniente dai prodotti cinesi nei confronti del nostro settore tessile e calzaturiero, al primo posto come produttore sia nell'abbigliamento che nella filiera del calzaturiero, con quote rispettivamente del 29, del 32 e del 45 per cento, e prima rispetto a paesi come la Germania o la Francia.
La crisi che oggi tale settore soffre va ricondotta proprio a Prodi, quando come Presidente della Commissione europea, si trovò a dover decidere se mettersi d'accordo con gli «eurocrati», gli euroburocrati che governano Strasburgo e Bruxelles, facendo un grande favore alla lobby della grande distribuzione, che ha nei paesi nordeuropei proprio le lobby più forti, invece di cercare di dare una mano ad un paese come l'Italia o ad altri nelle stesse condizioni e sostanzialmente manifatturieri. In quell'occasione si parlava di ripattuire il contratto multifibre che regolava l'accesso dei prodotti extra UE, in particolare cinesi, in Europa: Prodi decise che voleva aiutare le grandi lobby della distribuzione. Si decise che il 1o gennaio 2005 i dazi venissero eliminati e da quel momento è cominciata la grave crisi del nostro settore.
Tale settore ha una grande area di produzione proprio in Puglia, una regione che naturalmente mi sta molto a cuore, con alcune zone della Puglia che sono un fiore all'occhiello dell'economia, non solo di quella regione, ma dell'Italia. Mi riferisco al settore calzaturiero, che conta numeri importanti tra Barletta, Trani e Molfetta. Il polo di Barletta presenta 320 unità produttive con 3.300 addetti ed un fatturato di 250 milioni di euro. I dati riferiti all'export parlano di 200 milioni di euro. Tra Molfetta e Trani si incontrano 190 aziende che hanno 1.850 addetti ed un fatturato di 140 milioni di euro, con un export di 60 milioni di euro. Quindi, la Puglia e il nord barese è una zona con grandissimo tasso di occupazione in questi settori. Sarebbe meglio parlare, però, più che di occupazione di disoccupazione, vista la crisi che in queste ore, ma anche nei mesi passati, ha afflitto questo settore.
In un provvedimento mascherato con le liberalizzazioni si sono andate a colpire, come avete sentito dagli interventi degli altri colleghi, soprattutto 8 milioni e mezzo di partite IVA, cioè l'elettorato di centrodestra. In un decreto-legge che inaugura il «vampirismo» fiscale non si è pensato di trovare le misure economiche essenziali per aiutare un settore fondamentale nell'economia della Puglia e del paese. In questo provvedimento non si è scritta una parola a proposito di un settore così gravemente in crisi.

PRESIDENTE. La prego...


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GABRIELLA CARLUCCI. Per concludere, credo che il Governo dovrebbe accettare il mio ordine del giorno, in cui si chiede di trovare urgentemente risorse economiche per le aree territoriali aventi un'elevata specializzazione produttiva settoriale del tessile. Oppure, visto che Prodi è così amico degli euroburocrati, perché non mandare avanti il procedimento anti dumping chiesto dal Governo Berlusconi, la cui procedura è ancora in corso, che permetterebbe finalmente di rinegoziare le quote di ingresso dei prodotti extra UE in Italia e ci permetterebbe di aiutare proprio questo settore in crisi e quest'area industriale della Puglia?

PRESIDENTE. La prego di concludere...

GABRIELLA CARLUCCI. Concludendo, chiedo al Governo di leggere con attenzione il mio ordine del giorno: visto che avete a cuore i problemi dei lavoratori e delle loro famiglie, cercate di dare un parere favorevole a questo ordine del giorno (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia e di Alleanza Nazionale).

PRESIDENTE. L'onorevole Formisano ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1475/77.

ANNA TERESA FORMISANO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, l'ordine del giorno che mi appresto ad illustrare riguarda una categoria di persone che ritengo il tessuto portante del nostro paese: sto parlando della categoria degli artigiani. Teoricamente, il decreto Bersani è passato come il decreto delle liberalizzazioni: quello che sto per illustrare dimostra esattamente il contrario.
L'articolo 3 stabilisce il diritto allo svolgimento delle attività commerciali e di somministrazione di alimenti e bevande senza alcuni limiti e prescrizioni, tra i quali il divieto e l'obbligo di autorizzazioni preventive per il consumo immediato dei prodotti gastronomici. Poiché la definizione di somministrazione contenuta nella legge n. 287 del 1991 sui pubblici servizi si basa sul concetto di «consumo sul posto» la disposizione contenuta nell'articolo 3 non risolve i problemi delle piccole imprese artigiane di produzione alimentare (gelaterie, rosticcerie, piadinerie, pasticcerie, yogurterie), che da anni sono oggetto di sanzioni da parte degli organi di controllo per il fatto di consentire ai clienti la degustazione dei propri prodotti all'interno dei locali dell'impresa o nelle immediate vicinanze, senza il servizio assistito di somministrazione.
Tali categorie di imprese, nello svolgimento della loro attività produttiva, spesso collocano all'interno dei locali o in area adiacente alcune semplicissime attrezzature (mensole, sgabelli, sedie, panchine). Pensiamo, ad esempio, ai tanti giovani che vediamo sulle panchine davanti alle yogurterie nelle serate d'estate. Ebbene, tutto questo, secondo il provvedimento in esame, non sarebbe più possibile perché si sarebbe vincolati ad una legge che obbliga tali artigiani ad avere un altro tipo di struttura.
Signor Presidente, credo che l'attuale formulazione dell'articolo 3 rappresenterebbe veramente una discriminazione per le piccole imprese di produzione alimentare, soprattutto artigiane, che, contrariamente ai piccoli esercizi di vicinato, i cosiddetti esercizi commerciali, resterebbero escluse dalle liberalizzazioni ed assoggettate alle norme sulla somministrazione.
Il mio ordine del giorno chiede un impegno al Governo a valutare la possibilità di introdurre misure volte a superare le suddette limitazioni, che condizionano fortemente l'operatività delle imprese artigiane del settore alimentare. Signor Presidente, come lei ben sa, parliamo per lo più di imprese a carattere familiare. Si tratta di imprese che costituiscono il nerbo consistente della nostra economia e tali imprese hanno esportato il proprio tipo di attività in tutto il mondo. Nel mondo esistono imprese artigiane di italiani che hanno esportato la pizza, il gelato, le piadine. Il Governo di centrosinistra dice tanto di voler liberalizzare e,


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guarda caso, va a punire un settore preciso, un settore forte della nostra economia.
Presidente, credo che veramente vada fatta una riflessione perché non si può fare di tutta un'erba un fascio. Non si può dire di voler liberalizzare a chiacchiere e nei fatti obbligare chi invece fa del lavoro quotidiano familiare il sostegno della propria attività economica.
È vero, caro Presidente, che i giornali ed i mass media in genere, da quando è stato eletto il Governo Prodi, come per miracolo, non parlano più delle famiglie che non arrivano a fine mese. Improvvisamente, tutte le famiglie arrivano a fine mese, anzi, quasi quasi mettono i soldi da parte (Applausi dei deputati dei gruppi dell'UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro) e di Forza Italia). Improvvisamente, non c'è più la crisi dell'operaio che non può andare in vacanza: tutti in vacanza! In due mesi c'è stato il miracolo Prodi, del suo Governo e dei suoi cento sottosegretari.
Caro Presidente, mi rivolgo a lei perché la vedo interlocutore attento, a differenza dei rappresentanti del Governo. Vorrei concludere questo mio intervento dicendo: perlomeno lasciateci mangiare i gelati e le piadine, come abbiamo sempre fatto nel nostro bel paese Italia (Applausi dei deputati dei gruppi dell'UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro), di Forza Italia e di Alleanza Nazionale)!

PRESIDENTE. L'onorevole Dussin ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1475/39.

GUIDO DUSSIN. Signor Presidente, rappresentanti del Governo, colleghi deputati e collega Boato, sempre molto attento in aula a precisare, nel merito si tratta di bruciare mille milioni di euro, corrispondenti a 2 mila miliardi di vecchie lire, in una sera in Borsa: le società di gestione del risparmio questo hanno perso in una sera, caro collega Boato. Credo che ciò non dimostri capacità di gestire un Parlamento ed un Governo e di amministrare un paese. Duemila miliardi in una sera: questa è la perdita riportata da Il Sole 24 Ore il giorno successivo alla pubblicazione del decreto-legge. Si tratta di un terzo di quanto previsto nelle entrate da parte del Governo: un terzo bruciato in un'unica sera.
Il giorno successivo c'è stato un calo in Borsa ancora del 2,50 - 3 per cento, mediamente. Ci sono state addirittura alcune società di gestione del risparmio che hanno perso il 6 per cento la notte dopo. Mi pare che questo sia dilettantismo puro e non sia governare un paese. A voi del Governo viene da ridere: perdere mille milioni di euro, 2 mila miliardi di lire in una sera, soltanto con riferimento alle società di gestione del risparmio dei fondi immobiliari. Credo che questo voglia dire destabilizzare il mercato; questi sono numeri riportati ne Il Sole 24 Ore. Si tratta di una patrimoniale indiretta e a vantaggio di nessuno. Infatti il Governo non ha avuto la possibilità di far rientrare soldi nelle proprie casse con quest'operazione.
Nel frattempo si prevede un'aggiunta alla filosofia che è emersa, ma poi abbiamo visto che vi è stato subito un ripensamento al Senato. Sicuramente, questo non è un testo prodotto da Bersani, ma dall'ufficio legislativo delle cooperative rosse: basta vedere le disposizioni che riguardano le farmacie. Propone solo ed esclusivamente una «non liberalizzazione», un accentramento di potere in grandi blocchi. Dunque, a mio parere, questa è una scrittura dell'ufficio legislativo delle cooperative.
Non si è pensato ad alcun provvedimento nel settore che citavo prima, per dare una possibilità ed uno slancio a quello che era stato già impostato dal precedente Governo. Il ministro dei lavori pubblici Di Pietro tende a decidere da solo, senza portare in Parlamento alcune decisioni, come quelle relative alle autostrade e alla fusione di Abertis e Società Autostrade. La nuova rinegoziazione, che è il quinto punto che doveva essere trattato nell'accordo tra Stato e società di gestione delle società autostrade, viene scritta in camera caritatis tra il ministro e la società


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autostrade. Qual è la conoscenza da parte nostra e la possibilità di valutare questa operazione che, in termini di cassa, la Società Autostrade prevede pari a 2 mila miliardi? Siamo ancora con un'altra cifra tonda: la Società Autostrade, ad oggi, ha 2 mila miliardi di utile.
Nel contempo, si sono bloccate le opere della legge obiettivo e tutte le grandi opere avviate, perché nel frattempo sono stati sostituiti tutti i commissari con altri di nuova nomina. Questa è la follia che si propone ad uno Stato come il nostro, che aveva riavviato le grandi opere, cercando di venire incontro alle esigenze del nostro territorio. Il mio ordine del giorno mira a destinare le esuberanze, previste da alcune note figure pubbliche, in 8-9 mila miliardi in più rispetto alle quantificazioni del Governo. Chiedo l'impegno del Governo - e concludo - a destinare le suddette esuberanti risorse alla riduzione della pressione fiscale, a carico dei contribuenti non rientranti nella «no tax area». Spero in una risposta positiva da parte di Governo (Applausi dei deputati dei gruppi della Lega Nord Padania e di Forza Italia).

PRESIDENTE. L'onorevole Cosenza ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1475/176.

GIULIA COSENZA. Con il presente ordine del giorno ho inteso chiedere al Governo di adottare le opportune misure di raccordo della norma in esame con la vigente disciplina relativa alle competenze regionali. Non voglio solo porre l'accento sull'articolo 28 del decreto-legge Bersani, che specificamente porterà al taglio del 20 per cento delle diarie per le missioni all'estero del personale appartenente alle pubbliche amministrazioni, ma soprattutto soffermare l'attenzione sull'esigenza di adottare ogni misura necessaria, affinché non si violi il riconoscimento della soggettività originaria delle regioni e degli enti locali che non costituiscono semplici ripartizioni amministrative del territorio, ma con la loro popolazione e le loro tradizioni costituiscono lo Stato come soggetto unitario.
Siamo di fronte, infatti, ad una palese ed indebita interferenza dello Stato centrale nelle materie che la Corte costituzionale affida alla riserva di legge esclusiva delle regioni. La lesione di tale autonomia scalfisce l'impianto costituzionale sulla suddivisione delle competenze tra Stato ed enti locali e può portare ad una deriva dagli esiti imprevedibili. La ricerca dell'equilibrio tra le competenze degli organi centrali e periferici è stata in questi anni oggetto di problemi politici ancora aperti: basti pensare all'ultimo referendum costituzionale e alla necessità di porre comunque mano ad una revisione della Costituzione sulla materia, per accentuare - non certo diminuire - l'autonomia degli enti locali.
Com'è noto, le regioni devono legiferare nel rispetto dei principi fondamentali, la cui determinazione è riservata allo Stato. Nelle altre materie sulle quali acquistano competenza legislativa esclusiva, le regioni nel legiferare e adottare regolamenti incontrano solo il limite della Costituzione e non più il limite delle leggi dello Stato, come avveniva in passato. Ora, infatti, lo Stato ha perso il potere di sospensione, per cui, se il Governo ritiene incostituzionale una legge regionale, può solo fare ricorso alla Corte costituzionale e attendere il responso, senza poterla sospendere.
Alla luce di questo, emerge una certa leggerezza e superficialità della maggioranza, che oggi mette a punto atti, come quello che oggi discutiamo, senza tenere conto delle conseguenze degli squilibri che il loro contenuto può determinare. Non è dato al Parlamento il compito di suscitare conflitti di competenze fra gli organi costituzionali, ma piuttosto quello di porsi come il luogo privilegiato ove si esercita la correttezza istituzionale.
È proprio perché esistono aspetti critici che ineriscono, per l'appunto, alle questioni regionali che intendo presentare questo ordine del giorno, ravvisando la necessità di un impegno del Governo affinché, dopo un confronto fattivo per consentire alle regioni di esercitare al meglio il proprio ruolo, vengano adottate le misure normative necessarie per il raccordo


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tra Stato e regioni. Mi riferisco alla concertazione, strumento e metodo indispensabile per far coesistere l'esigenza di tutela della concorrenza - e di competenza esclusiva dello Stato - con l'autonomia regionale per quanto riguarda le norme che si riferiscono agli ambiti di competenza delle regioni. Concertazione che avrebbe dovuto essere posta in essere prima dell'adozione dei provvedimenti aventi peraltro un così forte impatto sociale, per evitare inasprimenti nei rapporti tra le istituzioni e le diverse categorie dei lavoratori interessati. È per i motivi sopraesposti, e ritenendo che il provvedimento in esame sia di dubbia legittimità costituzionale, che confido nell'approvazione del mio ordine del giorno (Applausi dei deputati dei gruppi di Alleanza Nazionale e di Forza Italia).

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE FAUSTO BERTINOTTI (ore 22,55)

PRESIDENTE. Il deputato Verro ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1475/118.

ANTONIO GIUSEPPE MARIA VERRO. Signor Presidente, ho sentito nel corso del dibattito sul provvedimento su cui il Governo ha posto la fiducia, dichiarazioni francamente imbarazzate, demagogiche e improntate a mere strumentalizzazioni di parte.
Il culmine di queste dichiarazioni è stato raggiunto da Prodi, il quale testualmente dichiara che si scusa con il Parlamento, ma il Governo è stato costretto a mettere la fiducia per l'ostruzionismo dell'opposizione. Questo è francamente falso: in realtà, voi avete blindato il provvedimento perché vi siete rifiutati in quest'aula di entrare nel merito del provvedimento medesimo. Voi avete blindato il decreto-legge in esame anche verso il presidente Violante, che giustamente ha eccepito il rischio di incostituzionalità per pregiudizi che il decreto stesso potrebbe arrecare al diritto della difesa ai più deboli.
Questo è un provvedimento che voi, paladini della concertazione, avete discusso solo a posteriori con alcune categorie; ma non lo avete discusso con questo ramo del Parlamento!
L'ordine del giorno che reca la mia firma riguarda il delicato tema previsto all'articolo 13 del decreto-legge. D'altronde, su questo argomento, vorrei richiamare l'attenzione del sottosegretario Sartor, che in Commissione bilancio ha seguito il provvedimento in esame con serietà e competenza. Il mio ordine del giorno non ha fini ostruzionistici, ma è l'unica occasione di cui dispongo per parlare in quest'aula e mettere in allarme il Governo sulla circostanza che questo articolo, a mio modo di vedere, costituisce il de profundis per le municipalizzate. Tale decreto-legge le distrugge e distorce la concorrenza.
Signor sottosegretario, l'articolo 13 comincia già male. Il titolo reca norme in materia di riduzione dei costi degli apparati pubblici regionali e locali e a tutela della concorrenza. Francamente, nel testo dell'articolo non trovo riscontro di queste presunte riduzioni dei costi!
Non solo: a mio modo di vedere, questo articolo costituisce una violazione dei Trattati europei e, rispetto ad esso, nutro forti dubbi di costituzionalità. Tale disposizione, infatti, integra la violazione dell'articolo 81 del Trattato istitutivo della Comunità europea, perché distorsiva della concorrenza. Infatti, se le imprese pubbliche fanno parte del mercato e concorrono a determinarlo, la loro mancanza altera il mercato stesso. Vi sono, poi, dubbi di costituzionalità, in quanto ha un effetto distorsivo sulla concorrenza e appare come un'espropriazione camuffata e senza indennizzo a vantaggio di qualcuno.
In proposito, durante l'audizione in Commissione ho rivolto alcune domande al ministro Bersani ed ho colto un po' di imbarazzo nelle sue risposte. Il mio ordine del giorno impegna il Governo ad effettuare un monitoraggio della disposizione in questione, trovando una configurazione delle limitazioni all'attività delle società pubbliche più consona in quanto, lasciando


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inalterata la normativa, sono convinto si andrebbe incontro alla distruzione di tali società (Applausi dei deputati del gruppo di Forza Italia).

PRESIDENTE. Il deputato Delfino ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1475/188.

TERESIO DELFINO. Signor Presidente, onorevoli rappresentanti del Governo, onorevoli colleghi, avverto da sempre un certo disagio nell'assistere e nel partecipare a dibattiti parlamentari come questo che, al di là delle buone intenzioni degli oratori, esprime sostanzialmente l'impossibilità di un confronto vero, approfondito e, se necessario, anche aspro sul valore dei temi toccati dal provvedimento in esame.
Signor Presidente, a questa situazione siamo costretti da una maggioranza obbligata a porre la questione di fiducia dalla mancanza di una sua vera coesione. Infatti, solo con la questione di fiducia essa può mantenersi in vita. Ma fino a quando? Nel frattempo, il Parlamento spreca importanti occasioni di dialogo. Nel frattempo, si approvano provvedimenti del tutto inadeguati, che potremo certamente migliorare con un serio confronto tra maggioranza ed opposizione. Soprattutto, si diminuisce la fiducia del paese nella politica, si indeboliscono le istituzioni e, in particolare, onorevoli rappresentanti del Governo, si mortifica in modo sempre più grave e intollerabile il ruolo del Parlamento.
Tuttavia, continuiamo la nostra battaglia, perché crediamo nel Parlamento. Allora, anche con questo ordine del giorno che porta la mia firma, impegniamo il Governo ad una efficace azione di contrasto all'evasione fiscale.
Non possiamo dimenticare che, dai dati del mese di luglio, emerge che il fabbisogno del settore statale ha registrato un avanzo di 7,2 miliardi, a fronte di un miliardo e mezzo dell'anno scorso. Non possiamo dimenticare che, nei primi sette mesi dell'anno, il fabbisogno pubblico scende a 28,6 miliardi di euro, mentre nel 2005 era superiore ai 49 miliardi (quindi, 21 miliardi in meno).
Una volta per tutte, signori rappresentanti del Governo, credo che questi dati facciano giustizia rispetto al famigerato «buco» che l'Unione e questa vostra maggioranza hanno sbandierato per mesi. Le entrate fiscali, secondo questi dati, vanno bene; e si smentiscono quanti sostengono che ad abbassare le tasse si pregiudica il gettito. Questo non è vero!
Però, a causa di questo provvedimento, il fisco avrà occhi dappertutto per opprimere i contribuenti, come tanti altri colleghi hanno già detto. Non sarebbe meglio, a fronte di questi dati, che il Ministero dell'economia e delle finanze provvedesse ad un aggiornamento delle sue stime? E che consegnasse a questa Assemblea - come è stato richiesto in un ordine del giorno del Senato - un bilancio semplificato per capire veramente lo stato della finanza pubblica?
Credo, allora, signor Presidente, che le indicazioni circa la battaglia all'evasione fiscale siano giuste. Ci auguriamo che nella prossima legge finanziaria questo Governo e questa maggioranza inseriscano efficaci meccanismi di contrasto di interessi tra consumatori, fornitori di beni e prestatori di servizi.
Non abbiamo bisogno di controlli più burocratici ed invasivi. Abbiamo bisogno, signor Presidente, di un fisco più equo, che si doti di strumenti, di possibilità e mezzi che rendano il rapporto tra contribuente e pubblica amministrazione più amichevole rispetto alla situazione attuale (Applausi dei deputati del gruppo di Forza Italia).

PRESIDENTE. Il deputato Fava ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1475/34.

GIOVANNI FAVA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, onorevoli esponenti del Governo, intervengo innanzitutto per una precisazione. Nelle premesse, a causa di un refuso, si fa riferimento ad un meccanismo che appartiene alla parte sanzionatoria del decreto-legge, e che non è preciso. Infatti, il 3 per cento al quale fa riferimento la norma riguarda il fatturato, anziché il capitale sociale delle aziende. Mi


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sembrava doveroso fare una puntualizzazione sul tema. Tuttavia, credo che ciò non infici minimamente il senso e la logica del provvedimento, così come esposto.
Riteniamo che, con l'applicazione dell'articolo 14, si possa creare uno squilibrio che principalmente riguarda il mercato. In questo periodo, abbiamo già pagato a caro prezzo situazioni che si sono create nell'ambito del mercato, grazie a quello che normalmente in termini tecnici viene definito insider trading o «soffiate» che dir si voglia.
Riteniamo che l'antitrust debba occuparsi prevalentemente di vigilanza del mercato e che non possa applicare in modo così discrezionale le sanzioni, senza dover rendere conto a nessuno.
È ovvio che si sta parlando dell'applicazione di una sanzione che porta ad un pena pecuniaria molto pesante, come la multa fino al 3 per cento del fatturato di azienda. Ovviamente, stiamo parlando di aziende di grandi dimensioni. Le aziende cui facciamo riferimento e che normalmente sono oggetto di istruttoria da parte dell'autorità di vigilanza, hanno fatturati di miliardi di euro o giù di lì; stiamo parlando di numeri che destabilizzano o potrebbero destabilizzare il mercato. Nella gran parte dei casi, si tratta di aziende quotate.
Chiediamo che venga previsto un meccanismo a supporto degli strumenti della legittima vigilanza del mercato. Crediamo che le authority esistano per questo motivo, ma riteniamo altresì che debbano rendere conto al mercato coscientemente e a ragion veduta, sulla base di istruttorie che, in qualche modo, siano, non dico pilotate, perché è un termine sbagliato, ma guidate da norme specifiche. In questo caso, non esiste un filtro né un meccanismo attraverso il quale si possa impedire all'antitrust di intervenire, così come non esistono sistemi e meccanismi di pubblicità degli interventi che devono essere esercitati e che garantiscono la tutela di quelle aziende che devono essere quotate. È ovvio, infatti, che le conseguenze delle sanzioni nei confronti di queste aziende potrebbero essere devastanti sul mercato, soprattutto sul mercato azionario italiano, che notoriamente (ad onor del vero un po' in tutto il mondo, ma in Italia in modo particolare) è oggetto di frequenti oscillazioni, che molto spesso si basano sulle cosiddette voci, rumors, provenienti da più parti.
Riteniamo che, in ogni caso, debba essere stabilito un principio, un meccanismo. Ovviamente, non ci facciamo carico dell'individuazione dei passaggi per prevedere tale meccanismo in un provvedimento legislativo, ma con il nostro ordine del giorno invitiamo il Governo affinché si adoperi in tal senso. Non possiamo permettere di creare disparità sul mercato, che più volte in questi anni, ahimè, si sono create. L'insider trading sicuramente è stato uno dei giochi preferiti di molte istituzioni e che hanno caratterizzato il dibattito politico di questi anni.
Possiamo continuare a dare potere alle istituzioni in questione in modo acritico? Possiamo permettere che qualcuno diventi veramente giudice ed arbitro del mercato fino a questo punto? Un conto è essere un organismo di sorveglianza, un altro è essere un organismo che possa avere la facoltà di decidere chi, come ed in che modo possa appartenere a questo mercato, dettarne le regole e, come è accaduto anche in un passato molto recente, i contenuti economici che dal mercato derivano (Applausi dei deputati del gruppo di Forza Italia).

PRESIDENTE. Il deputato Ulivi ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1475/174.

ROBERTO ULIVI. Signor Presidente, la maggioranza, con il provvedimento in esame, che prevede per i supermercati la possibilità di vendere i farmaci di fascia C, ossia quelli cosiddetti da banco, ha dovuto o voluto pagare una cambiale alla grande distribuzione e, in modo particolare, alle coop.
Le motivazioni, o per dire meglio le scuse, addotte per giustificare questo modo di procedere sono state essenzialmente due. La prima è quella di salva


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guardare il potere d'acquisto del salario dei cittadini e delle famiglie, la seconda quella di permettere ai cittadini stessi di approvvigionarsi con maggiore facilità di questi farmaci.
Signor Presidente, io - come, credo, tutti - mi sarei aspettato che in questo provvedimento fosse previsto un nuovo metodo di determinazione da parte delle industrie farmaceutiche del prezzo di questi farmaci, ma purtroppo di questo non vi è traccia.
Fino al 1995, questi farmaci erano sottoposti al cosiddetto prezzo amministrato. Ciò significava che l'industria comunicava al Ministero della sanità di allora il prezzo che voleva applicare a questi farmaci. Se entro un mese il Ministero non avesse posto difficoltà, il prezzo sarebbe entrato in circolazione.
Ebbene, signor Presidente, capisco il modo di agire del ministro Bersani, il quale, come ministro delle attività produttive, ha lo scopo di far aumentare i consumi e la produzione delle aziende, dell'industria. Infatti, la spesa pro capite del 2005 per questo tipo di farmaci in Italia è stata di 38 euro, mentre nei paesi europei in cui la vendita si effettua anche fuori dalle farmacie, è stata di 65 euro in Gran Bretagna, di 72 in Germania, di 116 in Svizzera.
È chiaro che così aumenta il consumismo. Per questo posso capire il ministro Bersani. Ma non riesco assolutamente a capire il silenzio del ministro della salute, Livia Turco, la quale ha il compito fondamentale e principale di salvaguardare la salute dei cittadini. In questo modo, sicuramente non possiamo arrivare ad una appropriatezza di somministrazione di questi farmaci.
La seconda motivazione era di dare ai cittadini la possibilità di approvvigionarsi di questi farmaci. Ma si tratta solo di una facilitazione apparente o molto scarsa, in quanto avendo previsto l'obbligo che questi farmaci siano dati alla presenza del farmacista, evidentemente, solo pochi esercizi, ossia i grandi supermercati, possono permettersi di pagare lo stipendio ad un farmacista. Quindi, ancora di più, se mai ce ne fosse bisogno, si dimostra la vera volontà della maggioranza e del Governo a proposito di questo provvedimento, nel quale si prevede che una società di farmacisti o una società di capitale possa essere titolare di almeno quattro farmacie nella provincia dove la società ha sede. Quindi, ciò si allargherà a tante province. Si creeranno tante società e così via.
Concludo il mio intervento con un piccola riflessione. Nella passata legislatura il centrosinistra accusava la maggioranza di allora di fare leggi ad personam. Credo sia pacifico che questa maggioranza voglia fare leggi «ad coop» (Applausi dei deputati del gruppo di Forza Italia).

PRESIDENTE. La deputata Frassinetti ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1475/172.

PAOLA FRASSINETTI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, nell'illustrare questo ordine del giorno, che riguarda il comma 1 dell'articolo 36-bis, non posso non rilevare che l'argomento in questione è un po' particolare e si differenzia da quelli finora trattati, perché l'articolo riguarda la tutela della salute e la sicurezza dei lavoratori.
Sono particolarmente felice di aver presentato un ordine del giorno che riguarda un aspetto sociale e tale aspetto sociale va però inquadrato in una differenziazione che esiste all'interno del provvedimento. Non posso, quindi, non fare accenno alla disomogeneità che esiste e che questo provvedimento evoca quando parla di diverse materie. Qui c'è un contrasto, signor Presidente, con l'articolo 15 della legge n. 400 del 1988, dove si stabilisce che i decreti-legge dovrebbero contenere delle misure di immediata applicazione con un contenuto di omogeneità. In questo caso non esiste l'omogeneità, perché questo provvedimento tratta a 360 gradi e cerca di regolamentare la vita degli italiani. È un'obiezione di tipo formale, come del resto ce ne sono state tante e sono state esposte questi giorni dai colleghi che mi hanno preceduto.
Voglio tornare sul contenuto e nel merito di questo articolo, innanzitutto per


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rilevarne la genericità: nell'articolo si parla di violazioni di una certa gravità, senza precisare che tipo di gravità. Abbiamo, quindi, una norma generica ed astratta, in un campo come quello della salute dei lavoratori. Lei, Presidente Bertinotti, dovrebbe insegnare che nel campo della tutela della salute dei lavoratori prevedere delle misure così generiche è sicuramente allarmante.
Quindi, l'ordine del giorno vuole regolamentare l'apparato sanzionatorio di questa norma, una norma che, se nella prima parte è completa, apparentemente, nel suo senso letterale, risulta invece molto carente quando nella seconda parte, dove si parla dell'attuazione della legge, non precisa quali siano le conseguenze sanzionatorie. Quindi, ad un certo punto, non si hanno precise indicazioni circa chi applicherà la norma e quale sia la discrezionalità dell'organo che deve applicarla nel caso specifico quando c'è la sospensione dei lavori. Questa genericità non è sicuramente avulsa dal «filo rosso» che lega questo provvedimento, che è quello demagogico che vede il cittadino-consumatore tutelato in maniera finta, falsa. Già l'abbiamo detto, ma in questo caso vale la pena di riprendere questo discorso. Il consumatore diventa un soggetto avulso dal contesto sociale, un soggetto astratto; mi preme sottolineare come assuma molte volte il contorno di una lobby, la lobby del consumatore, che si trasforma e sostituisce le categorie dei lavoratori, dei piccoli imprenditori, dei professionisti e degli avvocati, categorie che fanno ogni giorno, nella quotidianità del loro lavoro, la ricchezza di questa nazione. Quindi, se il consumatore, questa entità astratta, viene fintamente difeso da questo provvedimento, è facile smantellare e smascherare, al contempo, i motivi con i quali voi cercate di effettuare questa difesa. Possiamo verificarlo nel campo professionale - l'abbiamo già detto in questi giorni - in una mancanza di qualità delle prestazioni.
Con questo provvedimento voi pensate di garantire al cittadino una difesa della qualità, ma, invece, andate proprio ad eliminare la qualità della prestazione, la meritocrazia, la difesa della volontà di vedere tutelato il cittadino anche meno abbiente. Lo possiamo vedere nel campo della riforma professionale che avete cercato di mettere in piedi in questo provvedimento con l'eliminazione del gratuito patrocinio per i cittadini deboli. In un colpo solo avete fatto due danni. Avete danneggiato il giovane avvocato (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale), che con il gratuito patrocinio avrebbe potuto operare una difesa di qualità - anche i meno abbienti, Presidente, hanno diritto ad una difesa di qualità -, lasciando il cittadino o il consumatore, come amate chiamarlo e come va di moda in questo periodo, senza la possibilità di avere una difesa.
Lo avete fatto con il potenziamento di una pubblicità che è sicuramente nociva, perché tutela soltanto i grossi studi. Allora, mi viene da pensare, Presidente, che i veri tutelati da questo provvedimento siano i poteri forti, le grandi lobby, la Confindustria e tutti quelli che sono lontani dalla gente comune, dalla gente che esprime con il lavoro la ricchezza di questa nazione.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

PAOLA FRASSINETTI. Noi continueremo a fare opposizione non solo in quest'aula, ma anche nelle piazze; quindi, il Governo dovrebbe fare una riflessione anche a quest'ora tarda, perché sicuramente noi ci faremo ancora sentire (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale).

PRESIDENTE. Constato l'assenza del deputato Greco: s'intende che abbia rinunziato ad illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1475/78.
Il deputato Filippi ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1475/36.

ALBERTO FILIPPI. Signor Presidente, nel caso in cui non fosse approvato l'ordine del giorno che mi accingo ad illustrare, per questa maggioranza si paleserà


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inevitabilmente una totale mancanza di correttezza, coerenza ed onestà nei confronti delle leggi e dei contribuenti. Infatti, in questo ordine del giorno molto semplicemente si vuole impegnare il Governo a rispettare in futuro quanto stabilito nella legge con lo statuto dei contribuenti, legge varata proprio dal Governo ora sostenuto dalla vostra medesima maggioranza. Presidente, l'occasione sarà data in modo particolare dal prossimo disegno di legge finanziaria per il 2007 e sarà questo il momento in cui ricercare da parte di questo Governo quella coerenza, quella correttezza e quella onestà venute meno in occasione della «manovrina» Bersani-Visco. Non più tardi del 27 luglio in questo palazzo, presso la sala del Mappamondo, il viceministro Visco riconosceva il proprio imbarazzo di fronte alle osservazioni da più parte fatte circa l'inopportunità, l'ingiustizia, l'errore di produrre provvedimenti in deroga allo statuto del contribuente. Inoltre, Presidente, anche in questa occasione il viceministro Visco si è precipitato ad evidenziare come lui stesso abbia contribuito, quale primo attore, alla stesura dello statuto, deciso e voluto anche da lui. Oggi però con la Bersani-Visco egli stesso ha firmato, e voi maggioranza avete approvato, un provvedimento in contrasto con i principi cardine di questa legge. Più precisamente, con il vostro voto sulla questione di fiducia avete calpestato l'articolo 3 dello statuto dei contribuenti, il quale appunto dice che le disposizioni tributarie non hanno effetto retroattivo: relativamente ai tributi periodici, le modifiche introdotte si applicano solo a partire dal periodo di imposta successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore delle disposizioni che le prevedono. Voi lo avete fatto: siete venuti meno a questo articolo 3, perché il decreto Bersani contiene una serie di norme che ampliano la base imponibile IRES.
Le norme in questione, a parte alcune rettifiche apportate successivamente durante l'iter al Senato, hanno effetto già a decorrere dal periodo di imposta in corso - come, ad esempio, all'articolo 34, comma 36, del decreto - e, è scritto in chiaro nella stessa nota fornitici dal Servizio bilancio dello Stato, in deroga a quanto stabilito nello statuto del contribuente; ripeto e sottolineo: in deroga a quanto stabilito nello statuto del contribuente...

PRESIDENTE. Mi scusi, vi prego di avere un po' più di attenzione. Prosegua pure.

ALBERTO FILIPPI. La ringrazio, signor Presidente, e ringrazio anche i colleghi che mi ascoltano. Allora, hanno ragione i cittadini, ha ragione la stampa specializzata, abbiamo ragione tutti noi che abbiamo evidenziato che saremo un paese civile solo quando saranno varate leggi fiscali che non vanno in deroga allo statuto del contribuente (Applausi dei deputati del gruppo della Lega Nord Padania). Se a questo si aggiunge che l'andar contro i principi fondamentali dello Statuto in oggetto non solo è motivo di preoccupazione e indignazione verso questa maggioranza per aver violato la legge, ma è altresì causa di ingenti danni economici ai contribuenti oggetto dell'abuso, allora il Governo si impegni a non perseverare ancora, rischiando di aggiungere in futuro danno al danno. Infatti, la maggiore imposizione retroattiva ha provocato destabilizzazione nei contribuenti e nelle imprese, inficiandone la programmazione e le attività commerciali. Ricordatevi che il mercato ha da poco pagato un miliardo di euro di danni causato dai crolli in Borsa dei maggiori titoli di imprese immobiliari, bancarie ed assicurative.
Anche il sindacato dei dottori commercialisti, in una lettera aperta al ministro Bersani, evidenzia preoccupazione e perplessità per il comportamento tenuto con il decreto n. 223, che deroga all'articolo 3 dello statuto, insistendo sul fatto che, in materia fiscale, il principio della non retroattività è irrinunciabile. Vi leggo quanto, nero su bianco, è stato inviato al ministro: il principio della non retroattività, sancito dall'articolo 3 dello statuto del


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contribuente, è irrinunciabile, in quanto il contribuente deve conoscere, al momento delle sue scelte economiche, il sistema normativo vigente. Una diversa tassazione, un'aliquota o un cambio di regime impositivo possono rendere un'operazione antieconomica, con gravissime ripercussioni sui mercati.

PRESIDENTE. La prego...

ALBERTO FILIPPI. Così, purtroppo, Presidente, è stato.
Si è detto che i politici sono famosi per promettere di costruire un ponte anche se non c'è alcun fiume. Con tale manovra, avete promesso liberalizzazioni e giustizia fiscale, ma ci avete regalato, invece, un incubo, calpestando, per di più, una legge da voi stessi promossa.

PRESIDENTE. La prego, deve concludere.

ALBERTO FILIPPI. Fate per il futuro le vostre scelte, ma impegnatevi oggi a non calpestare in futuro la legge (Applausi dei deputati dei gruppi della Lega Nord Padania, di Forza Italia e di Alleanza Nazionale)!

PRESIDENTE. La deputata Carfagna ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1475/141.

MARIA ROSARIA CARFAGNA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, rappresentanti del Governo, utilizzerò il tempo a mia disposizione non per illustrare l'ordine del giorno, ma per ribadire la nostra contrarietà a questo provvedimento.
Si tratta di un provvedimento che rappresenta perfettamente il pressappochismo di questa maggioranza, che, seppur casualmente, si trova a governare l'Italia. In questo primo scorcio di legislatura, abbiamo assistito a scene comiche, che, ahimè, hanno offeso, purtroppo, anche il buon senso e l'intelligenza degli italiani, perché quello che state offrendo all'Italia è uno spettacolo indecoroso. Mi riferisco semplicemente alle ultime settimane, ricordando che due ministri, Mastella e Mussi, hanno minacciato le dimissioni. Un ministro addirittura si è autosospeso; un altro, Ferrero, non ha votato il DPEF nel Consiglio dei ministri. Per non parlare della miriade di dichiarazioni dei vari ministri, che puntualmente vengono invitati a smentire quanto detto e a ritrattare quanto affermato, oppure a dichiarare che quanto espresso è stato espresso semplicemente a titolo personale.
Ovviamente si tratta di questioni interne alla maggioranza, della difficoltà del centrosinistra di stare insieme per mancanza di valori comuni e di programmi condivisi. Allora, le comiche e anche lo spettacolo indecoroso proseguono con questo decreto, il decreto Bersani.
Secondo il titolo, il provvedimento servirebbe al rilancio economico del paese. Mi piacerebbe davvero sapere se c'è qualcuno in quest'aula o nel paese che crede che, per avviare il rilancio economico, serva vessare i tassisti, i farmacisti, i panificatori, i notai e gli avvocati (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia e di Alleanza Nazionale), o se c'è qualcuno che crede che lo sviluppo del paese dipenda da qualche taxi in più nelle nostre città, oppure dalla possibilità di acquistare l'aspirina al banco del supermercato, o dall'obbligo per i professionisti di ricevere pagamenti soltanto mediante bonifico.
Allora, bene avrebbe detto il grande Totò in questa circostanza: Bersani, mi faccia il piacere (Applausi dei deputati del gruppo di Forza Italia)!
Per carità, sappiamo tutti bene che il paese ha bisogno di liberalizzazione e di concorrenza. Nessuno lo sa bene quanto noi del centrodestra. Nessuno come Forza Italia è sensibile a questi temi, ma noi crediamo che liberalizzazioni e concorrenza debbano essere partecipate, condivise e responsabili, non vessatorie come le vostre.
Un paio di mesi fa, il premio Nobel per l'economia, Edward Prescott, in un'intervista al Corriere della Sera diede alcuni consigli a Romano Prodi. Il più importante era quello di ridurre la pressione fiscale per garantire il rilancio economico del


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paese. Lo studioso spiegò all'attuale Presidente del Consiglio, facendo anche riferimento alla curva di Laffer, che la crescita del paese è inversamente proporzionale alla pressione fiscale.
Ovviamente voi avete pensato bene di non seguire questo consiglio e subito vi siete adoperati per aumentare la tassazione. Lo avete fatto con il duplice obiettivo di sconfessare la nostra politica fiscale e di colpire il tessuto produttivo del paese. Oggi, addirittura anche Montezemolo vi critica e arriva a dire al Wall Street Journal che non avete fatto nulla per il paese e per lo sviluppo e che le tasse per le imprese sono aumentate.
Mi piacerebbe davvero tanto sapere da Bersani quale aumento di prodotto interno lordo procurerà a suo giudizio un provvedimento che, dietro false liberalizzazioni, nasconde vere e proprie vessazioni ai danni di un blocco sociale ed elettorale di riferimento del centrodestra.
Ovviamente, avete completamente dimenticato alcuni settori, proprio quelli che hanno più bisogno di liberalizzazione e di concorrenza. Allora, se volete fare sul serio, cominciate a garantire vera concorrenza nel mercato della vendita, della distribuzione e della produzione dell'energia elettrica. Mettete in competizione tra loro i vari gestori e fate uscire l'Italia dalla logica del monopolio, così come accade in molti altri paesi occidentali.
Per non parlare di quello che accade a livello locale, dove comuni, province e regioni, in maggioranza governate dal centrosinistra, moltiplicano le società miste municipalizzate alle quali affidano la gestione dei servizi pubblici locali. Questo non è altro che il vostro modo per fare clientelismo, non è altro che il vostro modo per dare vita a un vero e proprio voto di scambio e per fare assunzioni, aggirando la normativa sul pubblico impiego. È il vostro modo di scegliere i partner privati di queste società, rivolgendovi soprattutto al mondo delle coop.
L'altro aspetto inquietante di questo provvedimento è l'assoluta mancanza di concertazione. È certo anomalo che il centrodestra chieda al centrosinistra più concertazione, visto che per anni ci avete insegnato che la concertazione era obbligatoria.

PRESIDENTE. La prego...

MARIA ROSARIA CARFAGNA. Concludo. Lo avete fatto soltanto quando l'interlocutore era il sindacato. Quella che state delineando non è la nostra Italia. Non è l'Italia di quella maggioranza degli italiani che presto, molto presto, vi manderà a casa (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia, di Alleanza Nazionale, della Lega Nord Padania e dell'UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro))!

PRESIDENTE. La deputata Santelli ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1475/146.

JOLE SANTELLI. L'ordine del giorno che sto per illustrare non può che essere accettato dal Governo, in quanto ricorda e impone al Governo il rispetto dell'articolo 77 della Costituzione nell'uso del decreto-legge. Questo decreto-legge, per complessità di materia, sarebbe stato più opportuno predisporlo in forma di disegno di legge e consentire al Parlamento una più ampia verifica delle norme in esso contenute.
Non credo che la scelta del decreto-legge sia dettata solo dalla necessità e dall'urgenza di votare questo provvedimento, ma, forse, viene il sospetto che questa scelta sia dovuta anche alla necessità di celarne in qualche modo il contenuto. Esso nasce - per lo meno, così è presentato al grande pubblico - come un provvedimento sulle liberalizzazioni, che porta la faccia simpatica del ministro Bersani, che ha discusso a lungo in televisione, per poi ritirare grandi parti di questo provvedimento; in realtà, l'impegno politico su questo decreto-legge non apparteneva al ministro Bersani, ma celava la faccia del ministro Visco, che per voi era politicamente indigesto (Applausi dei deputati del gruppo di Forza Italia).


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Su questo provvedimento, non solo era necessario fare una campagna informativa di un certo tipo, sperando che, forse, una posizione distratta dalle vacanze, come diceva il Presidente Prodi, sebbene siamo tutti qui, ne celasse le vere intenzioni, era necessario anche portarlo a casa velocemente e senza modifiche.
Così, fiducia alla Camera e fiducia al Senato e si commette un errore gravissimo: questo decreto contiene una norma di incostituzionalità evidente, vale a dire un fondo di garanzia già utilizzato nella finanziaria varata dal Governo Berlusconi che la Corte costituzionale ha soppresso.
In I Commissione, di fronte ad una evidente incostituzionalità, la maggioranza ed il presidente Violante hanno tentato con difficoltà di salvare la faccia e il provvedimento, attraverso un ordine del giorno con il quale si impegnava il Governo a non utilizzare le risorse così come stabilito dall'Esecutivo.
Occorre rammaricarsi non solo nei confronti del Governo che ha predisposto il provvedimento, ma anche di un Parlamento che si appresta ad approvare un testo già tacciato da evidente incostituzionalità.
Ciò che sconforta è comunque il continuo ricorso alla fiducia. Diamo atto al Presidente Prodi di aver chiesto scusa al Parlamento per come si sta comportando, con una grave assunzione di responsabilità e di colpa politica. Tuttavia, siccome anche alla demagogia c'è un limite, diventa difficile ascoltare dai banchi dell'attuale maggioranza accuse rivolte all'attuale opposizione di avere allo stesso modo abusato del ricorso alla fiducia.
L'attuale Governo ha posto sette fiducie in due mesi, mentre il Governo Berlusconi ha posto 45 fiducie in cinque anni; voi raggiungerete quel numero - semmai doveste governare - in un anno! E, se per disgrazia del paese, questo Governo dovesse giungere al traguardo di fine legislatura, raggiungereste il record di 210 fiducie e ciò vorrebbe dire chiudere il Parlamento (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia, di Alleanza Nazionale, dell'UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro) e della Lega Nord Padania)!

PRESIDENTE. Devo ora fare una comunicazione all'Assemblea, anche conseguente alle relazioni intercorse tra i gruppi, per quanto riguarda il prosieguo dei nostri lavori. Penso si tratti di una comunicazione largamente attesa. Avverto che questa notte andremo avanti fino all'esaurimento degli interventi per l'illustrazione degli ordini del giorno. Domani, alle 9,30, il Governo sarà chiamato ad esprimere il proprio parere sugli ordini del giorno e, a partire dalle 10, si procederà alle relative votazioni.

ANTONIO LEONE. E se non finiamo alle 9,30?

PRESIDENTE. Riassumendo, le votazioni degli ordini del giorno non avranno luogo prima delle 10 di domani mattina.
Questa notte, se e quando termineranno gli interventi per l'illustrazione degli ordini del giorno, la seduta sarà sospesa fino alle 9,30 di domani.
Constato l'assenza della deputata Mazzoni che aveva chiesto di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1475/191: si intende che vi abbia rinunziato.
Il deputato Fugatti ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1475/37.

MAURIZIO FUGATTI. Signor Presidente, l'ordine del giorno in esame ha una funzione di chiarezza per i contribuenti.
Nel decreto-legge Bersani...

PRESIDENTE. Colleghi, consentite al deputato Fugatti di svolgere il suo intervento.

MAURIZIO FUGATTI. Nel decreto-legge Bersani, sono contenute alcune norme in materia di imposizione fiscale che hanno determinato forti dubbi tra i contribuenti al momento dei versamenti; in particolare, è stata modificata la base imponibile ai fini IRES. Pertanto, tra la


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data di versamento delle imposte (20 luglio) e quella di entrata in vigore del decreto Bersani (4 luglio) c'è stata una quindicina di giorni di poca chiarezza per i contribuenti e i consulenti in ordine all'applicazione della normativa.
A tale proposito io e il collega Filippi abbiamo presentato anche un'interrogazione in Commissione, alla quale il Governo ha risposto proprio il giorno della scadenza del termine per il pagamento del tributo, vale a dire il 20 luglio. Dunque, una risposta giunta ormai a giochi fatti. Così i contribuenti hanno dovuto interpretare la norma secondo i consigli dei propri consulenti fiscali, senza alcuna certezza sulla stessa.
Dunque, il mio ordine del giorno impegna il Governo, nell'adozione prossima di norme di carattere tributario, a formulare con maggiore precisione le modalità di applicazione delle medesime, nel rispetto del principio di chiarezza e trasparenza delle disposizioni legislative.
In materia di adempimenti fiscali e tributari per le categorie produttive - quelle che pagano le tasse e mantengono lo Stato - i provvedimenti adottati dal Governo Prodi hanno provocato non poco disagio.
Non si può certo parlare di semplificazione, di trasparenza amministrativa e della sussistenza di minori vincoli nell'operare delle imprese se l'Esecutivo continua ad emanare provvedimenti come quello oggi al nostro esame. Pensiamo ad esempio all'elenco clienti e fornitori che prima era stato abolito e che viene reintrodotto e al fatto che la trasmissione delle dichiarazioni è stata anticipata al 31 luglio, mentre in precedenza poteva avvenire entro il 30 ottobre. Addirittura, la maggioranza ha presentato un ordine del giorno che mira a prevedere nuovamente il 30 ottobre quale termine per la trasmissione delle dichiarazioni. Ci chiediamo, a questo punto, se vi sia dialogo all'interno della maggioranza, perché vengono predisposti provvedimenti che subito dopo sono sconfessati dagli stessi appartenenti alla maggioranza che chiedono di fare un passo indietro.
Quindi, invito il Governo ad accettare questo ordine del giorno che è volto ad aiutare le categorie produttive (Applausi dei deputati dei gruppi della Lega Nord Padania e di Forza Italia).

PRESIDENTE. Il deputato Contento ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1475/179.

MANLIO CONTENTO. Signor Presidente, avrei preferito che a presiedere fosse stato il ministro Tremonti, e non per mancanza di riguardi nei suoi confronti, ma perché avrei chiesto all'ex ministro per quali ragioni nel suo libro molto interessante sui rischi fatali non abbia inserito un rischio importantissimo, relativo, tra l'altro, a questo provvedimento: il fattore Visco. Credo che sia ormai uno dei fattori più preoccupanti per la ripresa economica di questo paese. Tanto più che il provvedimento cui si riferisce l'ordine del giorno è apparentemente riferibile al ministro Bersani, giacchè, in verità, riguarda soprattutto gli aspetti fiscali e di carattere tributario.
La questione più rilevante è che questo uomo, ormai, si è visto protagonista di interventi abbastanza duri nei confronti dei contribuenti e, per non smentire il passato e anche l'esperienza che ha posto in essere quando è stato ministro, ha pensato bene in questa occasione di rafforzare, come lui ha affermato, la lotta all'evasione, facendo in modo che a molti contribuenti venissero imposti degli adempimenti a dir poco odiosi, ma anche estremamente contraddittori.
Un'ipotesi abbastanza evidente è quella fatta ovviamente per ragioni ideologiche nei confronti dei professionisti, tenuti ad operare obbligatoriamente attraverso il conto fiscale e che, contemporaneamente, sono soggetti agli studi di settore; è un'altra anomalia davvero inconcepibile, dal momento che, se i professionisti devono utilizzare il conto fiscale, apparirebbe del tutto logico e legittimo che non fossero più costretti a rispondere agli studi di settore.
Del resto, il ministro ci ha abituato ad altre esperienze precedenti. Sappiamo benissimo


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che oggi, se siamo di fronte ad una procedura di infrazione dell'Unione europea, è per un'altra delle sue magnifiche invenzioni: l'imposta regionale sulle attività produttive che è stata oggetto di discussioni e di studi molto a lungo a livello europeo e potrei dire a livello internazionale.
La preoccupazione più grave però ci deriva da quella iniziativa che vede l'utilizzo delle informazioni nei confronti dei contribuenti. Questa vera e propria banca dati, questo «Grande Fratello» ci preoccupa, perché colpisce intimamente i cittadini ed i contribuenti e ci dispiace che numerose associazioni dei consumatori, spesso attente ad altre questioni, non si siano rese conto di come questo tipo di disposizioni normative finiscano per incidere sulle libertà fondamentali dei cittadini.
Questo è il motivo per cui possiamo esprimere soddisfazione nei confronti del ministro Visco, perché il fatto che sia riapparso sulla scena, pure dietro le quinte del ministro Padoa Schioppa, ci rassicura: finché Visco rimane ministro, per noi ci sarà una chance per parlare direttamente agli italiani di questi comportamenti fiscali che vanno a colpire tutti i cittadini senza distinzioni!
Permettetemi anche di sottolineare che, nei confronti del ministro Visco, potrei citare tranquillamente le parole di una grande scrittrice come Agata Christie, ovviamente in termini politici: l'assassino torna sul luogo del delitto! È tornato esattamente a fare il viceministro delle finanze ed è il vero ispiratore, il fondamentalista delle nuove vessazioni sotto il profilo tributario, a cui il centrodestra si oppone ed Alleanza Nazionale, in particolare, perché è dalla parte dei cittadini contro Visco che rimane non soltanto dietro le quinte, ma protagonista di ogni vessazione tributaria nei confronti dei cittadini del nostro paese (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale)!

PRESIDENTE. Il deputato Uggè ha facoltà di illustrare l'ordine del giorno n. 9/1475/50.

PAOLO UGGÈ. Signor Presidente, onorevoli colleghi, sul tema della tutela dei parchi e delle aree protette sono intervenuti direttamente in aula attraverso ordini del giorno anche i colleghi della maggioranza. Non v'è dubbio che l'equilibrio tra ambiente, ecologismo e sviluppo siano temi attorno ai quali i dibattiti approfonditi e significativi si sono sviluppati.
Se è vero che la legge finanziaria ha fatto sentire i propri effetti anche sul patrimonio naturale del paese, occorre però evidenziare che il decreto Visco-Bersani, perché tale è, non ha invertito la tendenza, ma, per certi versi, ha peggiorato ancor di più la situazione.
La necessità da parte del Governo di porre la questione di fiducia ha impedito qualsiasi dibattito approfondito e questo è grave perché non ha consentito di proporre emendamenti su temi magari condivisi, come quello di cui all'ordine del giorno in esame.
Ciò a cui stiamo assistendo è un vulnus grave, perché i parlamentari sono impossibilitati ad approfondire e discutere i temi che il Governo pone all'ordine del giorno della discussione. Ciò è stato evidenziato dal nostro presidente di gruppo Vito e da altri colleghi che sono intervenuti quando hanno invitato il Presidente Bertinotti a difendere il ruolo e l'autonomia delle Camere.
Non è, infatti, possibile costringere un ramo del Parlamento a non esercitare il proprio ruolo solo perché al Senato il Governo vive in una condizione di perenne incertezza numerica ed ogni passaggio rischia di essere a rischio per la propria maggioranza. Non aiutano certo le esternazioni ingenerose e truffaldine del Presidente del Consiglio che, attraverso dichiarazioni, ha lasciato intendere all'opinione pubblica che l'opposizione ha presentato emendamenti a iosa e abbia attuato forme di ostruzionismo in sede di discussione sulle linee generali del provvedimento.
Già ieri i presidenti dei gruppi parlamentari avevano offerto una disponibilità ad individuare alcuni emendamenti sui quali trovare una condivisione.


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La risposta è stata la posizione della questione di fiducia.
La questione sollevata dal presidente Violante è un evidente esempio. Anche i diversi ordini del giorno ne sono una riprova. Il fatto che siano stati presentati dai deputati della maggioranza e di opposizione sta a dimostrare che esisteva la comune volontà di affrontare modifiche su alcuni temi e di confrontarsi.
L'ordine del giorno presentato dagli onorevoli Lusetti e Pizzolante è sullo stesso argomento; l'ordine del giorno Bressa e quello che sto illustrando sono di identico tenore.
Allora, vogliamo essere onesti ed ammettere che il ricorso alla fiducia è stato un ulteriore atto di arroganza sull'attività di questa Camera che avrebbe potuto certamente rimediare agli errori che nel decreto frettolosamente predisposto sono contenuti?
Volevamo discutere ed apportare miglioramenti, ma il Governo ce lo ha impedito: ha impedito ad un ramo del Parlamento di esercitare le proprie funzioni.
Nella fattispecie, siamo di fronte ad un problema che tocca 130 capi di famiglie che operano come stagionali presso il Parco nazionale dello Stelvio, parco gestito in forma di consorzio grazie alle norme di attuazione dello statuto speciale, nonché ad intese sottoscritte dalle province e dalle regioni recepite con legge costitutiva del consorzio.
In sede di approvazione del bilancio, i fondi sono stati ripartiti secondo la provenienza. Mentre tale impostazione risulta condivisa dallo stesso Ministero dell'ambiente, una nota del Ministero dell'economia - i ministeri sono sempre d'accordo fra di loro - obbliga, invece al rispetto delle disposizioni, a non effettuare spese aggiuntive rispetto alla fonte di provenienza, senza tenere conto dell'autonomia gestionale e finanziaria del consorzio che gli deriva dalla sua natura costitutiva e che lo differenza dagli altri parchi.
L'interpretazione data dal consorzio, se condivisa dal Governo, non interverrebbe sulle risorse trasferite dallo Stato - ne violerebbe il principio introdotto dei limiti di spesa -, ma ciò che è importante, colleghi, Presidente e membri del Governo, eviterebbe la perdita del posto di lavoro di 130 capi famiglia.
Se il Governo avesse deciso di portare avanti le iniziative sulle filiere della distribuzione del farmaco ospedaliero, degli alimentari, favorendo processi logistici, avrebbe creato condizioni di risparmio significative e, quindi, evitato di intervenire con misure e tagli della spesa.
Il Governo invece ha deciso di incentivare l'acquisto di mille nuovi palmari, di raddoppiare i capi di gabinetto, le segreterie, gli addetti stampa, gli autisti ed reperire le risorse con il decreto Visco-Bersani che ha deciso di tagliare ulteriormente, di aumentare le tasse, di nascondere il tutto sotto il magico nome delle liberalizzazioni che, invece, non ci sono state.
Vi sono state però sulla stampa, una stampa amica, che ha concorso a dimostrare quello che in realtà non c'era.

PRESIDENTE. Deputato Uggè, la invito a concludere.

PAOLO UGGÈ. Poiché però non avete concertato, c'è stata la reazione e così si è passati dalla saldezza ai saldi, con la stessa disinvoltura di un venditore di tappeti! Avete fatto marcia indietro sui taxi e su tutto!

PRESIDENTE. Deputato Uggè, deve proprio concludere.

PAOLO UGGÈ. Con questo ordine del giorno si chiede un intervento che eviterebbe ad alcuni lavoratori di perdere la retribuzione e ad alcune famiglie di avere dei problemi (Applausi dei deputati del gruppo di Forza Italia).

PRESIDENTE. Il deputato Garavaglia ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1475/45.

MASSIMO GARAVAGLIA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, svolgerò questo intervento per illustrare il mio ordine del


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giorno, facendo finta che abbia ancora un senso parlare in Parlamento, facendo finta che il Governo e il Parlamento intendano davvero ancora modificare i loro provvedimenti, quindi facendo finta che le prerogative dei parlamentari ci siano ancora e che non siamo qui semplicemente a sentire il dettato del Governo e a dover rispondere «sì» e «no» a questo, e basta.
L'obiettivo dell'ordine del giorno che ho presentato è quello di tentare di limitare i danni delle liberalizzazioni «farlocche» del decreto Bersani, in particolare per quanto riguarda la cosiddetta liberalizzazione della distribuzione e della vendita dei farmaci, soprattutto di quelli senza obbligo di prescrizione. Le premesse sono molto semplici. Da un lato, infatti, la liberalizzazione della vendita al dettaglio di questi farmaci rischia di portare al collasso le piccole farmacie, in particolare quelle rurali di piccole dimensioni. Questo avverrà soprattutto nelle zone disagiate, periferiche e lontane dai centri abitati, dove queste farmacie costituiscono spesso l'unico presidio sanitario accessibile ai cittadini. In questo modo, si contribuirà a ridurre la garanzia della capillarità del nostro Servizio sanitario nazionale su tutto il territorio.
Pertanto chiediamo un impegno del Governo ad effettuare un monitoraggio dell'applicazione delle disposizioni di cui all'articolo 1, comma 40, della legge n. 662 del 1996, al fine di adottare eventuali iniziative normative volte ad esonerare le farmacie e quelle rurali di più piccole dimensioni dall'applicazione delle percentuali di sconto ivi previste, prevedendo per le farmacie rurali di maggiori dimensioni l'applicazione di uno sconto proporzionale al fatturato annuo.
Questo è il contenuto dell'ordine del giorno. Vorrei però svolgere alcune considerazioni di contorno, per spiegare il motivo della presentazione di questo documento di indirizzo.
Si è detto del rischio di chiusura delle piccole farmacie. Si tratta di un rischio vero, soprattutto grave, perché la riduzione di budget, che inevitabilmente seguirà questo provvedimento di liberalizzazione per queste farmacie, porterà al rischio di chiusura e quindi al rischio di perdere un servizio fondamentale, soprattutto nelle frazioni, nei piccoli comuni e nelle zone più disagiate. Inoltre, ciò comporterà delle crisi anche per le farmacie comunali, e voi sapete benissimo che spesso le farmacie comunali sono quelle che danno un gettito nell'ordine dei 50 ed anche 100 mila euro per comune, che viene generalmente speso per i servizi sociali. Dunque, non si capisce come mai un Governo che si dice attento a questi servizi pensi di fare anche questo.
Vi è poi un danno per le possibili collusioni con i distributori. In particolare, il comma 4 dell'articolo 5 elimina l'obbligo per i distributori di avere il 90 per cento dei farmaci non ammessi a rimborso del Servizio sanitario nazionale. Questo è stato anche evidenziato in maniera esemplare dall'emendamento dell'onorevole Cancrini, che è della maggioranza e che lo ha esplicato in maniera molto chiara in XII Commissione. È assurdo, paradossale, che il Governo, solo perché non vuole far tornare il provvedimento al Senato, porti avanti una cosa del genere! Si tratta dunque di capire se lo si fa apposta, per andare incontro agli interessi delle cooperative, oppure se lo si fa semplicemente perché, come è stato ripetuto più volte, non si ha il coraggio di cambiare una virgola di questo decreto.
Oltretutto, questo problema della collusione con i distributori va ancora di più ad incidere sulle farmacie più piccole, che già, per le piccole dimensioni, non hanno possibilità di detenere un magazzino giustamente dimensionato. Pertanto, c'è il rischio reale e concreto, riducendo questo limite del 90 per cento presso i distributori, che si vada a ridurre il servizio, soprattutto nelle zone disagiate, nei comuni più piccoli; quindi, chi è per esempio soggetto ad una malattia rara non potrà reperire il farmaco, perché i distributori non ce l'hanno...

PRESIDENTE. Deputato Garavaglia, la invito a concludere.


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MASSIMO GARAVAGLIA. Concludo, dunque, con due rapide considerazioni. Questa sinistra, soprattutto la sinistra più radicale, spesso lancia lo slogan che ci vuole il mercato e ci vogliono anche le regole.

PRESIDENTE. Deputato Garavaglia, deve concludere.

MASSIMO GARAVAGLIA. Qui non siamo di fronte al mercato con le regole. Siamo di fronte ad una deregulation totale, ma non per un prodotto normale, bensì per i farmaci, che sono un servizio per i cittadini e non un prodotto da banco come la Coca Cola al bar (Applausi dei deputati dei gruppi della Lega Nord Padania e di Forza Italia)!

PRESIDENTE. Il deputato Ciccioli ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1475/177.

IGNAZIO LA RUSSA. Sei il primo del 3 agosto!

CARLO CICCIOLI. Illustre deputato Presidente, cari colleghi superstiti, utilizzo questo mio spazio, che è veramente l'inizio di una nuova giornata, due minuti per dire delle cose e svolgere una riflessione, due minuti per spiegare l'ordine del giorno. Ognuno sa che ciascuno di noi si porta dentro ciò che è stato. L'illustre Presidente è stato sindacalista e si porta dietro ciò che ha fatto nella vita. Io sono psichiatra e mi porto dietro la mia professione.
Questo è un momento particolare: c'è poca gente, e poi di notte c'è l'intimità e quindi si riflette. Allora osservo che, in un decreto che colpisce tassisti, farmacisti, panettieri, notai, avvocati, commercialisti e via di seguito, era sfuggita una categoria, quella dei vongolari, che sono i pescatori di vongole. Poche migliaia in tutta Italia, ma lavoratori veri, che stanno sul mare, e che quando la prendono male la prendono male veramente. Ieri i vongolari hanno bloccato tutti i porti dell'Adriatico: la mia città, Ancona, Venezia, Monfalcone, Barletta ed altre ancora.
Poiché i vongolari erano sfuggiti al decreto, è stata fatta in maniera un po' elusiva - per usare un termine tipico della finanza - una norma che scioglieva il comitato di coordinamento per la pesca e che sostanzialmente liberalizzava il settore della pesca delle vongole, che però, liberalizzato in pochi mesi, esaurisce totalmente il prodotto, ovviamente in difformità di tutte le norme europee sulla pesca, e gli interessati, quindi, si sono arrabbiati molto.
Questo per dire che io soffro - forse perché è mezzanotte - di una crisi d'identità, perché i comunisti sono diventati iperlibertari e turbocapitalisti! Siccome io vengo dalla socialità della destra, di fronte a questo fenomeno nuovo, che sta emergendo in questo Parlamento, in questa d'Italia, si pone anche il problema della mia identità! Però io uso le parole del Marchese del Grillo, che diceva: io sono io e tale rimango. Dunque, chi perde l'identità ed ha una crisi forte d'identità - lo dico come psichiatra -, generalmente alla fine lo ricovero. Allora non vorrei avere tra qualche settimana tanto lavoro per tante crisi d'identità che stanno venendo alla luce all'interno delle nostre formazioni politiche! Per quanto mi riguarda, mi sento forte e la nostra identità qui è ben presente, salda, tenace e non cambia.
Per quanto riguarda invece il merito dell'ordine del giorno n. 9/1475/177 - ho studiato la materia, ho approfondito ed ho chiesto notizie, come tutti coloro che con umiltà approcciano a qualcosa di nuovo, non essendo mio mestiere la finanza e le norme finanziarie e commerciali -, ho impiegato parecchio per capire il significato dei commi 17 e 18 dell'articolo 35 del decreto-legge.
Il comma 18 dell'articolo 35 del decreto-legge in esame stabilisce che le disposizioni del comma 17 precedente si applicano alle fusioni, alle scissioni delle assemblee societarie, successivamente alla data di entrata in vigore del decreto. Per le operazioni deliberate anteriormente, resta ferma l'applicazione dell'articolo 37-bis del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600. Praticamente,


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si tratta di una norma retroattiva: l'ispettorato finanziario dello Stato può decidere che, se ci sono operazioni elusive, si applica la norma antielusiva per vagliare gli effetti fiscali dell'operazione societaria posta in essere anteriormente alla vigenza del decreto.
Innanzitutto, si sono colpite le categorie dei tassisti, farmacisti, panettieri, notai, avvocati, ma qui si riapre la porta ai commercialisti, perché quando ci sono norme pasticciate e confuse, con retroattività, criteri interpretativi e quant'altro, si fa la fortuna del professionista che interviene a tutelare e studia le questioni. Quindi, da questo punto di vista c'è un ritorno di affetto verso una categoria. Però quello che è antipatico - la gente magari non se ne accorge, ma poi nel tempo se ne rende conto e si ribella - è l'assoluto spregio del diritto del contribuente. Qui c'è una norma precisa in violazione dello statuto del contribuente. Lo voglio sottolineare...

PRESIDENTE. La prego di conludere...

CARLO CICCIOLI. Concludo, Presidente.
Con questa norma, l'ispettore fiscale fa quello che gli pare; se gli va bene, è a posto, altrimenti, se non va bene, applica la norma retroattiva...

PRESIDENTE. La prego...

CARLO CICCIOLI. Presidente, credo che, oltre a tutto il resto, questo sia veramente un pasticcio (Applausi dei deputati dei gruppi di Alleanza Nazionale e di Forza Italia)!

PRESIDENTE. Il deputato Jannone ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1475/101.

GIORGIO JANNONE. Signor Presidente, questo ordine del giorno tratta di competitività nell'ambito di una legge che, secondo il titolo del decreto stesso, vuole rilanciare l'economia. Eppure, emergono alcune contraddizioni evidenti. Abbiamo sentito il centrosinistra in queste ore e nei giorni precedenti parlare molto spesso di liberalizzazioni, di volontà di rilancio, di libertà individuale; ebbene, in questo provvedimento è chiaro - questo ordine giorno vuole andare proprio nel senso inverso - che la vostra volontà è esattamente l'opposta. È chiaro, perché alla nostra voglia di libertà di impresa, in cui crediamo fortemente, voi contrapponete un controllo costante dell'azione dell'impresa, un controllo costante sulle aziende: ripristinate gli elenchi dei clienti e dei fornitori; chiedete la tracciabilità su ogni operazione finanziaria. Così come abbiamo rilanciato molti settori di questa economia - parlano chiaro, anche in questi giorni, i dati sulle imposte, che sono notevolmente aumentate - , voi amate controllare e talvolta distruggere.
Ci sono probabilmente due filosofie completamente diverse alla base. Noi crediamo nella libertà dell'individuo, crediamo nella libertà di impresa, siamo convinti che, dando più libertà alle imprese, esse possano crescere in un ambito nazionale e in un contesto planetario. Siete convinti che un'impresa debba essere controllata dallo Stato in ogni sua operazione e addirittura azzardate una inversione dell'onere della prova, per cui oggi bisogna dimostrare di essere onesti. La disonestà diventa la costante, secondo voi, di chi fa impresa, di chi esercita una professione, di chi svolge un compito, di chi davvero dovrebbe rilanciare l'economia, per usare un termine a voi caro. Voi chiedete al cittadino di dimostrare che ciò che fa è fatto con onestà. Questo è davvero criticabile e gravissimo in uno Stato come il nostro. È per questo che questa legge non è tollerata e i cittadini forse non si sono resi conto delle conseguenze gravissime del vostro sistema di controlli, della cosiddetta tracciabilità voluta dal ministro Visco. È una tracciabilità che scende nel privato, nel personale, che invade la sfera di ciascun individuo, non solo delle singole imprese, e, in quanto tale, non può essere accettata, non solo dal punto di vista


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fiscale ed economico, ma neanche dal punto di vista della filosofia del diritto, del rispetto dei singoli cittadini.
Nei precedenti cinque anni, ogni giorno, avete contestato il ricorso alla decretazione d'urgenza; ora ricorrete ad un decreto per una materia che certamente non può essere definita necessaria ed urgente. Avete speso centinaia di ore a parlare della fiducia, del ricorso alla fiducia, e avete fatto ricorso - quante volte ce lo siamo detti in queste ore e in questi giorni! - alla fiducia a mani piene, non rispettando nessuna delle prassi regolamentari, nessuno dei precedenti, che pure quest'aula aveva consolidato in tutta la sua storia.
Ora, credo sia necessario da parte vostra una presa d'atto. L'applauso di oggi così forte, così convinto, così unitario al Presidente Berlusconi ha certamente un significato politico di compattezza dell'opposizione, ma va oltre: è l'applauso che simbolicamente il paese rivolge al leader dell'opposizione - noi ce ne accorgiamo stando in mezzo alla gente - per dire di controbattere alle vostre iniziative, di fare da baluardo ai vostri tentativi di controllare i cittadini e di porre dei limiti alla libertà di impresa e persino alla libertà individuale.
Quell'applauso sta a significare che dobbiamo fortemente contrapporci alle vostre idee, perché sono tutto tranne che le idee di uno Stato liberale: sono le idee di chi vuole invece limitare, con controlli e, talvolta, abusi la libertà dell'individuo e la libertà di impresa.
Del resto, in un solo ambito, in un solo comparto economico, si è visto molto chiaro come è stato reso e con quale efficienza da parte vostra il rilancio dell'economia. Nei primi giorni di Governo, un vostro ministro ha parlato di Alitalia a mercati aperti e ha fatto crollare il titolo, con gravissime conseguenze economiche per gli azionisti, per la compagnia, per l'immagine che quest'ultima ha nel mondo.
In questi giorni, avete parlato a sproposito del mercato immobiliare, quel mercato immobiliare italiano che aveva destato l'interesse di tutto il paese e degli investitori nazionali e internazionali - non a caso, ma per una serie di normative che il Governo Berlusconi aveva emanato in questi anni - ; siete riusciti, pur in un contesto eccezionalmente positivo, in cui il mercato immobiliare volava, decollava e aveva destato l'interesse di tutti gli investitori, a determinare un crollo in borsa a mercati aperti.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

GIORGIO JANNONE. Concludo, Presidente, dicendo che se questa è la vostra libertà di impresa, se questo è il vostro rilancio dell'economia, allora il paese ci chiede fortemente di opporci ai vostri programmi (Applausi dei deputati del gruppo di Forza Italia).

PRESIDENTE. Il deputato Giorgio Conte ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1475/173.

GIORGIO CONTE. Rinunzio ad intervenire, Presidente.

PRESIDENTE. Sta bene.
La deputata Mondello ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1475/129.

GABRIELLA MONDELLO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, desidero anch'io prendere la parola, dopo che abbiamo ascoltato molti interventi, perché vorrei affrontare un argomento che mi sta particolarmente a cuore.
Prima delle elezioni politiche, abbiamo sentito dire da più parti che l'Italia era gravata da tantissimi problemi, che andavano dalle difficoltà economiche delle famiglie alle difficoltà dei trasporti, in particolare dei treni e quant'altro.
Sembra che il Governo, appena instauratosi, abbia dimenticato tutti questi problemi, che sono ancora gravissimi; basti pensare a quello che è successo in questi giorni al trasporto aereo, a quello che continua a succedere nei treni, in particolare dei pendolari; ma ecco che, all'improvviso,


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si vogliono colpire tutte quelle categorie di liberi imprenditori e di professionisti, che, come abbiamo sentito dire da più parti, forse non sono facilmente riconducibili all'elettorato di centrosinistra.
Bene, posso fare una considerazione. Ho visto, con mia sorpresa, ma anche con grande soddisfazione, categorie che mai avevano partecipato ad una manifestazione di piazza, ad uno sciopero, scendere in piazza.
Un esempio per tutti è rappresentato dalla categoria dei commercialisti. In un primo momento, questi ultimi si sono riuniti all'interno di un locale, appositamente preso in affitto, ma proprio in seguito alla notizia che altri professionisti stavano manifestando per le vie di Roma, un'altra categoria, che ho sentito con le mie orecchie ribadire come non fosse abituata a manifestazioni e proteste di piazza, ha deciso di unirsi a loro.
Credo che sia stata la prima volta che abbiamo visto per le vie di Roma, abituate sì alle migliaia di metalmeccanici e di mamme e bambini (ricordiamo i bambini portati a manifestare per la pace e, a tale proposito, mi sembra strano che, nel giorno del grande vertice svoltosi a Roma, non abbiamo più visto sventolare una sola bandiera della pace: è come se di colpo fossero completamente scomparse) sfilare i camici bianchi, quelli dei farmacisti, dei veterinari e di tutte le altre categorie, le toghe degli avvocati: siete riusciti in una cosa che non a nessuno era mai riuscita, cioè a far scendere in piazza categorie di professionisti che hanno sentito l'esigenza di gridare quanto fossero stati calpestati i loro diritti.
L'argomento che ho trattato nell'ordine del giorno da me presentato riguarda non questo aspetto ma quello della competitività, con un invito al Governo ad affrontarlo con serietà ed impegno poiché attraverso esso passerà lo sviluppo economico del nostro paese.
In quanto componente delll'VIII Commissione ambiente, ho sollevato il problema delle risorse energetiche. Nell'ordine del giorno in questione si fa esplicita richiesta di poter utilizzare, attraverso le formule che si riterranno opportune, anche il materiale ligneo e quanto altro verrà prodotto da altri paesi per venire incontro al fabbisogno energetico del nostro paese.
Desidero ricordare in mezzo a quanta disinformazione venne votato il referendum per l'abolizione del nucleare, provvedimento infausto che ha portato il nostro paese a privarci di fonti energetiche, come se poi non esistesse ugualmente il pericolo; a dieci chilometri dal confine italiano esistono centrali nucleari che paghiamo lautamente per la fornitura di energia, a causa della disinformazione e del terrore che le componenti ambientaliste, parte integrante di questo Governo, hanno diffuso a piene mani in occasione del referendum. Si tratta di coloro i quali supportano il partito del «no» a tutti gli impianti che rappresentano lo sviluppo energetico del nostro paese, in nome di una cattiva interpretazione del rispetto ambientale. La politica ambientale, infatti, non è né di destra né di sinistra, mentre si è voluto per tanto tempo far credere che appartenesse soltanto alla sinistra.
Vi sono molte parti del nostro paese, molti amministratori locali che hanno saputo rispettare l'ambiente, ma hanno portato avanti anche scelte coraggiose, come quella della costruzione di impianti per il trattamento dei rifiuti, settore in cui il nostro paese si trova assai arretrato.

PRESIDENTE. La prego, dovrebbe concludere!

GABRIELLA MONDELLO. Vi sono - e mi avvio a concludere - regioni, come la Campania, che sono sommerse dai rifiuti e vittime di un'orrenda politica ambientale, che se la prendono ancora con il Governo, quando sono loro le prime responsabili in assoluto (Applausi dei deputati del gruppo di Forza Italia).

PRESIDENTE. Non sono presenti i deputati Tabacci, Gibelli e Filipponio Tatarella.


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Il deputato Garagnani ha facoltà di illustrare l'ordine del giorno Adornato n. 9/1475/134, di cui è cofirmatario.

FABIO GARAGNANI. Signor Presidente, l'ordine del giorno parte dalla constatazione che il decreto-legge in esame, che si propone di promuovere lo sviluppo dell'economia del nostro paese, in realtà trascura completamente ogni riferimento alla scuola, argomento strettamente connesso allo sviluppo, perché soltanto dalla preparazione delle giovani generazioni si potrà decidere verso quale tipo di sviluppo avviare il nostro paese.
In questo contesto, l'ordine del giorno si propone di rendere consapevole il Governo di tale priorità, che, tra l'altro, è stata affrontata dalla Commissione cultura, in sede di esame referente, un contesto di accordo unanime, e cioè della necessità di farsi carico in modo nuovo rispetto al passato del problema drammatico in cui si trova la scuola italiana, sia per le infrastrutture (edilizia scolastica), sia per la razionalizzazione del personale docente ed ausiliario, sia anche - aggiungo io - per una diversificazione dell'attuale sistema scolastico, imperniato su un concetto burocratico e statalista della pubblica istruzione che non ha riscontro in nessun altro paese d'Europa. È rimasto un reperto archeologico, che non si giustifica assolutamente, stante i risultati che, purtroppo anche a livello europeo, evidenziano sempre più una scarsa preparazione dei nostri discenti, e a volte anche dei docenti medesimi.
In tale contesto, l'ordine del giorno ripropone in maniera incisiva ciò di cui ci siamo fatti carico in Commissione, cioè l'esigenza di impegnare il Governo ad affrontare alcune emergenze, soprattutto nel campo dell'edilizia scolastica, e a razionalizzare e diversificare rispetto al passato il bilancio dello Stato in una materia come questa.
Se si pensa che per la voce «scuola e pubblica istruzione» il 96-97 per cento del bilancio dello Stato è destinato e vincolato al pagamento degli insegnanti e del personale tecnico, si ha un'idea di quanto poco spazio sia riservato alla ricerca scientifica, alla programmazione, alla diversificazione di alcune attività culturali, oggi più che mai indispensabili per tenere il nostro paese al passo con i tempi: questo sia in materia di università (se n'è già parlato ed alcuni colleghi sono già intervenuti al riguardo) che, soprattutto, di ricerca scientifica.
Alla luce di ciò, ritengo che il Governo non possa non farsi carico di un ulteriore impegno per la libertà nella scuola e della scuola, studiando e accelerando provvedimenti che, mantenendo un contesto pubblico, privilegino la competizione di sistemi formativi diversi per il raggiungimento di alcuni obiettivi, dando la possibilità alla famiglia (in piena applicazione del principio di sussidiarietà) di scegliere un certo tipo di educazione, quella più confacente a determinati ideali ed impostazioni, con uno spirito che è l'unico, in ultima analisi, più adatto alle linee generali di questo decreto-legge.
Si tratta di un decreto-legge che, con la liberalizzazione delle professioni, si propone in teoria non di privatizzare ma di diversificare le corporazioni, molto spesso chiuse e racchiuse in se stesse. Sembra un paradosso, ma non lo è: nel momento in cui voi fingete una certa liberalizzazione delle professioni, non accennate assolutamente, come maggioranza, alla liberalizzazione di quella che è l'essenza, l'identità vera della società italiana, cioè la scuola italiana, rimasta ancorata ad un concetto superato, giacobino e archeologico dell'istruzione pubblica, che non ha riscontro in nessun paese d'Europa, con i risultati riportati dal rapporto Pisa, risultati che abbiamo sotto gli occhi.
L'ordine del giorno che sto illustrando intende stimolare il Governo a farsi carico di questi problemi, che sono taciuti in modo inverecondo, fra l'altro neppure affrontati dal punto di vista di una selezione della spesa pubblica, la quale viene generalizzata senza alcun criterio di differenziazione in merito ai livelli formativi, alla proposta formativa, ai risultati ottenuti.

PRESIDENTE. La prego di concludere!


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FABIO GARAGNANI. Il Governo Berlusconi e il ministro Moratti hanno attuato alcune riforme - concludo, Presidente - che hanno inserito il principio di una valutazione dei risultati ottenuti nell'insegnamento del docente e nella capacità di apprendiamento del discente.
Tutto questo è stato completamente trascurato dal Governo in carica. In questo provvedimento non si fa alcun cenno a queste misure indispensabili.

PRESIDENTE. La prego, deve concludere.

FABIO GARAGNANI. Questa è la ragione per cui nell'ordine del giorno in esame sollecitiamo, in particolare il sottoscritto, questi aspetti ed un approccio a questi temi diverso rispetto a quanto sia stato fatto nel passato (Applausi dei deputati del gruppo di Forza Italia).

PRESIDENTE. Il deputato Tassone non è presente.
Il deputato Foti ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1475/158.

TOMMASO FOTI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, secondo uno slogan forse azzeccato questo decreto-legge andrebbe a vantaggio del consumatore. È stata una manovra spietata quella del ministro Bersani, che si è presentato davanti all'opinione pubblica promettendo tariffe più basse per tutti. Effettivamente, questa impostazione inizialmente ha fatto presa soprattutto perché numerose associazioni dei consumatori, che da anni sono sul libro paga del Ministero dell'industria, hanno servilmente assentito ad un'impostazione che, in realtà, ha un peso sui consumatori notevole, ma negativo. Non so se il ministro Bersani pensi che vi sia più gente che va dall'avvocato o che si rovina con un insieme di macchinette mangia soldi che si fanno mettere nel numero di diecimila o se le settemila nuove postazioni per il gioco dei cavalli siano un esempio di moralizzazione e di invito ad un investimento oculato del proprio denaro.
Mi sorprende che le associazioni dei consumatori nulla abbiano detto per alcune parti del decreto-legge che, di fatto, impediscono l'esercizio del gratuito patrocinio nei confronti dei meno abbienti. Con l'articolo 21 si riesce, in un solo momento, ad invogliare gli avvocati ad escludersi dall'apposito registro del gratuito patrocinio e, nel contempo, a non pagare i vice procuratori onorari ed i giudici di pace. Il ministro Bersani è stato molto attento a superare perfino lo slogan della COOP: chi può darti di più se non la COOP? Bersani! Con questo decreto ha dato tutto il meglio di se stesso alla COOP e niente ai cittadini.
Mi permetto di fare alcune osservazioni rapide, ad esempio a proposito del livellamento a cui si vorrebbero portare le libere professioni e dell'abolizione dell'obbligatorietà delle tariffe minime e massime. Questo è stato un modo abile per presentare una ricetta che ha già dato risultati notevoli. Basterebbe vedere tutte le società di controllo dei bilanci che avevano fatto queste operazioni e che hanno determinato la certificazione sempre ottimale di bilanci fallimentari quale quello di Parmalat. È questa la strada che ci indica il ministro Bersani per difendere i consumatori? Oppure dobbiamo credere alla favola che con due taxi in più e due aspirine a 0,01 euro in meno si fa l'interesse del consumatore? Non so, Presidente Bertinotti, Presidente operaio, quanti operai utilizzino il taxi per i propri figli o quante persone a basso reddito corrano alla COOP per prendere le aspirine. Penso poche, perché i farmaci dovrebbero essere medicinali assunti con oculatezza e non generi di largo consumo di cui fare incetta.
Vedo tuttavia che è stata lanciata questa grande idea su taxi e aspirine, ma non si è affrontato, invece, un tema molto più serio. Mi riferisco alla liberalizzazione di un blocco sociale, di un mercato bloccato nel mondo delle farmacie: le farmacie comunali. Dove sta scritto che il comune debba continuare a fare il farmacista, tra l'altro con un sindaco titolare di una licenza, nella maggior parte dei casi non essendo neanche farmacista? Questo è un


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esempio di liberalizzazione concreta, che avrebbe consentito di mettere sul mercato qualche decina di migliaia di licenze comunali. Questo sì avrebbe consentito di far crescere quel popolo delle partite IVA che, invece, questo decreto-legge scientificamente vuole annientare. Addirittura, questo decreto è tanto liberale che prevede un esame preventivo per poter accedere alla partita IVA: vi è addirittura una fase di preesame per vedere i requisiti per poter rilasciare la partita IVA a qualcuno.
Signor Presidente, lei che ha avuto una lunga storia politica anche di cortei, quando manifestava contro il Cile, avrebbe mai pensato di diventare Presidente di una Camera che ha un Governo che porta un programma che neppure il Governo cileno ha mai portato?

FRANCESCO FORGIONE. Esagerato!

TOMMASO FOTI. Pinochet era un liberale rispetto a questo!

FRANCESCO FORGIONE. Era un fascista!

TOMMASO FOTI. Sarà stato un fascista, ma era liberale.

TEODORO BUONTEMPO. Fascista-liberale!

TOMMASO FOTI. Sì, fascista-liberale...

PRESIDENTE. In ogni caso, possiamo fermare questa controversia perché ha finito il suo tempo.

TOMMASO FOTI. Presidente, concludo dicendo questo: a me pare che come inizio sia stato pessimo nel modo di legiferare. Si sono messe nuovamente le mani nelle tasche degli italiani e delle imprese e, quando a settembre la gente finalmente si renderà conto delle norme devastanti che questo decreto-legge contiene, allora effettivamente la piazza si muoverà contro questo Governo e contro questa maggioranza (Applausi dei deputati dei gruppi di Alleanza Nazionale e di Forza Italia).

PRESIDENTE. Il deputato Fedele ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1475/124.

LUIGI FEDELE. Signor Presidente, onorevoli colleghi, confesso che non pensavo di fare il mio primo intervento a quest'ora e con un'aula così vuota, quando su un tema così importante avremmo dovuto avere maggior tempo. Purtroppo, per poter intervenire dobbiamo ricorrere al «mezzuccio» degli ordini del giorno perché non ci è stata data altra possibilità, anzi, cosa ancora più grave, il Presidente Prodi ed il Governo volevano scaricare sul centrodestra la responsabilità di un ostruzionismo che non c'è mai stato. Questo, purtroppo, non è potuto avvenire non per colpa nostra, ma perché non era la verità, e credo che i cittadini lo abbiano capito.
Come se non bastasse, l'onorevole Franceschini si è lamentato a tal punto da chiedere di cambiare anche il regolamento, in modo che non si perda tempo nemmeno a fare queste discussioni. Forse, molti colleghi si sono meravigliati di questa richiesta in aula, io personalmente no. Voglio brevemente ricordare che nella mia regione, la Calabria, dove ho guidato per alcuni anni il consiglio regionale, il regolamento consentiva all'opposizione di parlare a lungo e di intervenire in qualunque momento. Dopo le ultime elezioni vinte dal centrosinistra, il primo intervento del consiglio regionale della nuova maggioranza è stato la modifica del regolamento per impedire all'attuale minoranza di centrodestra di intervenire per più di dieci minuti. Adesso siamo in minoranza e, quindi, l'attuale minoranza non può nemmeno intervenire. Questo, forse, è quello che l'onorevole Franceschini voleva proporre anche in questa sede.
Pensiamo che quello in esame non sia un decreto-legge sulle liberalizzazioni, ma sulle vessazioni e non solo perché si vanno a colpire una serie di soggetti professionisti, ma perché si colpiscono gli utenti, i consumatori. Voglio vedere, cari colleghi, quando si dovrà pagare anche per cento euro utilizzando la carta di credito, utilizzando il bonifico bancario, utilizzando


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questi sistemi in quei piccoli comuni che ci sono in Italia, in particolare al sud. Voglio capire questi soggetti come faranno a pagare. Altro che evasione fiscale! Dovranno per forza farlo perché non saranno in grado di utilizzare le carte di credito e gli altri mezzi moderni. Vedremo se questo decreto-legge sarà a favore dei soggetti che voi dite o meno.
L'ordine del giorno in esame parla del turismo, di cui ancora non abbiamo capito quali siano le linee guida di questo Governo. Il responsabile del turismo, il Vicepresidente del Consiglio Rutelli, non ha trovato il tempo, malgrado i reiterati inviti del presidente, di venire in Commissione attività produttive, di cui faccio parte, per intervenire.
In due mesi gli altri ministri - devo dire con molto garbo - sono venuti tutti, mentre lui non ha trovato ancora il tempo, dopo diversi inviti, di venire a spiegare quelle che saranno le linee guida di questo Governo in questo settore, di cui tanto il centrosinistra ha parlato, in modo particolare per quanto riguarda il sud. Inoltre, mi sembra che i primi atti vadano in direzione opposta, in quanto uno dei cavalli di battaglia che sicuramente poteva far decollare il turismo e lo sviluppo al sud, sarebbe stato sicuramente il ponte sullo Stretto di Messina che è stato il primo ad essere bloccato da questo Governo, non solo dal ministro dei trasporti Bianchi, che incautamente fece la sua prima dichiarazione in tal senso e che era molto attivo, quando era rettore dell'università anche in Calabria, a combattere la riforma Moratti e qualunque suo intervento di allora, dicendo sempre che venivano tagliati i fondi per l'università. In questi ultimi giorni non l'ho sentito quando veramente i fondi sono stati tagliati, con riferimento all'università, da questo Governo di centrosinistra che ha perso la parola. Prima faceva tante dichiarazioni, ma in questi ultimi giorni ha perso la parola. Questo credo che sia ciò che il Governo di centrosinistra vuole per l'Italia e per il sud, in modo particolare. Dicevo, che non abbiamo capito quali sono le linee guida che veramente dovrebbero essere portanti per il turismo in Italia e per il turismo al sud, in modo particolare. L'ordine del giorno che brevemente voglio illustrare parla anche di un tema che va anche in questa direzione e riguarda in modo particolare l'IVA sulle attività alberghiere, in particolare per l'attività turistico-alberghiera-congressuale, Certamente - e mi avvio a concludere Presidente - tali attività sono assoggettate ad una aliquota normale, cosa che invece non avviene in altri paesi che seguono con molta attenzione questo turismo congressuale. Chiediamo al Governo di adottare le opportune iniziative volte alla riduzione dell'aliquota IVA sulle attività turistiche di carattere congressuale, adeguando le relative aliquote a quella generale inerente l'attività turistico-alberghiera (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia e di Alleanza Nazionale).

PRESIDENTE. Non sono presenti i deputati Volontè, Romele, Giancarlo Giorgetti, Goisis, Zinzi e Grimoldi.
Il deputato Gamba ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1475/71.

PIERFRANCESCO EMILIO ROMANO GAMBA. Deputato Presidente, onorevoli colleghi, signori del Governo, stiamo esaminando il provvedimento in questa forma un po' anomala, riferita ormai alla discussione sugli ordini del giorno, atteso che la questione di fiducia apposta dal Governo ha vanificato ogni intervento possibile e modificativo attraverso gli emendamenti; di essi grande necessità vi sarebbe stata, proprio per l'enorme quantità di disposizioni che sono, prima che contrarie al buon senso, inefficaci, soprattutto sotto il profilo delle motivazioni che il Governo ha sostenuto siano stati motori di questi interventi.
Ormai è evidente a tutti che l'aggiunta di una serie di disposizioni, riferite alle cosiddette presunte liberalizzazioni o misure a favore dei consumatori, sono aspetti cosmetici riferiti alla necessità di porre - come poi, in effetti, è stato sottolineato dal dibattito in quest'aula - in secondo piano


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le norme di natura economica, atteso che il buco e il disastro economico che l'attuale maggioranza lamentava essersi verificato, a causa dell'azione del precedente Governo negli ultimi tempi, si è rivelato per quello che era, cioè un'enorme bugia. Dunque il Governo ha dovuto mimetizzare i pochi interventi di natura economica, a parte quelli davvero negativi sul cosiddetto «Grande Fratello» fiscale, attraverso norme che hanno dato il fumo negli occhi sotto la veste di presunti interventi a favore dei consumatori.
Con riferimento a questo dibattito, in cui molti colleghi hanno sottolineato taluni aspetti, veramente ci si domanda come si possa pensare che norme così variegate e, per certi versi, anche sconclusionate, possano veramente avere qualche effetto positivo - o pretendere di averne - in ordine ai bisogni concreti dei cittadini. Qualcuno poco fa ha ricordato le vicende riferite alle reiterate misure sulle vendita di prodotti da banco nei supermercati, nonché alla possibilità di disporre di qualche taxi in più. Nel corso del dibattito qualcuno ha fatto cenno alla questione del pane: ma veramente chi ha qualche conoscenza in termini di artigianato e commercio può pensare che vi fosse una reale necessità di disporre di pane fresco in misura superiore a quello che attualmente è nella produzione? Forse ci sarebbe bisogno di pane a costi più contenuti, ma non saranno sicuramente queste norme a consentire la creazione di nuove imprese artigianali per la produzione di pane, a dare un effettivo incentivo a questo tipo di produzione, atteso che tutti sanno che il costo del pane fresco è legato al costo lavoro e agli operatori, che si trovano tuttora ad agire in condizioni di grave difficoltà e che si tratta di attività strettamente legata alla manodopera. Ben altre dovrebbero essere eventualmente le norme per favorire questa produzione; parimenti, anche nell'ambito molto diverso delle norme riferite agli avvocati, qualcuno dovrebbe farci comprendere come non si sia valutato che, per esempio, l'abolizione del cosiddetto patto di quota-lite possa in realtà essere tutt'altro che veicolo per la riduzione delle tariffe, ma anzi essere, per esempio, da parte di professionisti poco scrupolosi - che a questo punto, certamente, potranno aumentare - una forma per favorire la creazione di liti non realmente utili per i clienti; così come l'abolizione del divieto di pubblicità potrà contribuire alla creazione di artificiosi bisogni di giustizia, in un paese in cui di giustizia c'è tanto bisogno per le vie ordinarie e che certamente non avrebbe necessitato di questo tipo di incrementi.
Ma al di là di tutte le singole norme che non possono più vedere il contributo di questo Parlamento in termini modificativi, c'è da dire che questo provvedimento è innanzitutto un grandissimo pasticcio che rivela una tecnica legislativa pessima. Ciò fa sì che questo provvedimento rimanga un emblema negativo da non seguire in futuro, come purtroppo già tante volte è successo nell'opera legislativa italiana. Fra i tanti pasticci c'è persino la duplicazione di norme. L'ordine del giorno che presentiamo chiede di valutare qualche forma di attenuazione in relazione ad una duplicazione di queste norme...

PRESIDENTE. Le chiederei di concludere, per favore.

PIERFRANCESCO EMILIO ROMANO GAMBA. Concludo, deputato Presidente... in quanto ciò che è stabilito con riferimento ai problemi dell'IVA per le imprese energetiche è già previsto da altre norme. Dunque, abbiamo anche un'enorme confusione, che rende peraltro il decreto palesemente incostituzionale. Speriamo che almeno con gli ordini del giorno il Governo possa apportare qualche piccola attenuazione e miglioramento (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia e di Alleanza Nazionale).

PRESIDENTE. La deputata Lussana non è presente.
Il deputato Gasparri ha facoltà di illustrare l'ordine del giorno Martinelli n. 9/1475/157, da lui sottoscritto.

MAURIZIO GASPARRI. Grazie deputato Presidente, onorevoli colleghi, noi abbiamo


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denunciato in questi giorni la manovra che voi avete attuato come Governo mediante un decreto blindato da una doppia fiducia sia al Senato sia alla Camera. La fiducia - si è detto in questi giorni facendo riscontri statistici - non è certamente una novità introdotta da questo Governo, ma i ritmi con cui ad essa si fa ricorso, l'impossibilità di discutere questi provvedimenti è resa ancora più grave da una mancata concertazione. Il ministro Bersani disse qualche settimana fa, appena dopo il varo del decreto, che sulle regole non si concerta. Ora, mi piacerebbe che Bersani ripetesse questa frase di fronte alla CGIL, ad Epifani, quando si dovrà parlare di legge finanziaria e di pensioni, di temi che certamente le forze sindacali hanno tutto il diritto di discutere con il Governo, mentre altre categorie come i professionisti, i tassisti ed i panificatori non avrebbero diritto alla concertazione. Questa è una visione paleostalinista: io non condivido nemmeno ciò che alcuni colleghi hanno detto, e cioè che Bersani sia molto simpatico e gioviale.
Credo che Visco, Bersani, le varie forze della sinistra siano intrisi di una logica antidemocratica e di intolleranza che questo decreto-legge ha manifestato. Pertanto siete stati costretti a discutere con alcune categorie, a parlare con i farmacisti e con i tassisti, che hanno fatto bene a scendere nelle piazze (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale)!
È vero che si deve liberalizzare o migliorare un servizio; ma parliamo di persone, come i tassisti, che spesso non hanno redditi tali da essere considerati nababbi. Quindi, il miglioramento dei servizi andrebbe coniugato con il rispetto dei loro diritti.
Perché non avete affrontato e non affronterete i temi delle liberalizzazioni in altri settori? I miei colleghi ne hanno parlato a lungo in queste ore: dalle centrali cooperative, ai patronati di alcuni sindacati, ai centri di assistenza fiscale, ad altre realtà che, in regimi assolutamente monopolistici, possono garantire proventi e guadagni a sindacati, movimenti ed associazioni vicine a partiti di Governo.
Voi ricorrete alla questione di fiducia, ma c'è una latente crisi politica. Vi sono partiti spaccati nella maggioranza: non si sa più da chi sia composta La Rosa nel Pugno, Rifondazione Comunista è alle prese con i suoi dissidenti e con minacce di espulsione, Margherita e Democratici di sinistra un giorno sembrano marciare verso l'unità e il giorno dopo fanno marcia indietro. Vi sono ministri che, ad orari alternati, annunciano dimissioni: in queste settimane abbiamo visto Di Pietro, Mastella, Mussi. Bene ha fatto prima il collega a dire che alcuni tagli che avete annunciato rispetto all'università, alla scuola, alla spesa sociale trovano scarsa contestazione in alcuni settori. Abbiamo ascoltato voci molto flebili dei rettori delle università di fronte ai tagli. Lo stesso Mussi ha detto che, se tali tagli saranno confermati, si dovrà dimettere. Non credo che l'università e l'Italia ne patiranno conseguenze gravi. Tuttavia, ciò dimostra che oggi state impostando politiche inique con un decreto-legge classista nei confronti di alcune categorie che, forse, ritenete poco vicine ai vostri partiti. Da ciò che si è visto dal DPEF e dagli annunci generali per quanto riguarda la previdenza, l'università e la scuola, si intravedono già minacce verso altre categorie.
Denunciamo con questo nostro atteggiamento la protervia di chi non ha voluto discutere e confrontarsi con le categorie (o lo ha fatto solo in casi di costrizione, che ho citato prima), e non ha voluto discutere con il Parlamento. Volete imporre con arroganza decisioni discutibili nel merito. Lo abbiamo dimostrato in queste settimane e lo faremo con le manifestazioni di piazza che si terranno. Oggi, negli interventi dei leader del centrodestra sono state pronunciate parole chiare. Bene ha fatto il presidente di Alleanza nazionale ad annunciare anche un confronto democratico, ma anche deciso e vigoroso nelle piazze, dove il dissenso deve emergere e farsi ascoltare. Credo che ciò crei disagio e difficoltà anche nelle vostre fila.
Spesso la questione di fiducia viene usata contro la propria presunta maggioranza e voi l'avete fatto anche contro i


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vostri alleati, ad esempio sull'Afghanistan, perché vi erano sacche di dissidenti a sinistra sui temi della politica internazionale. Anche numerosi ordini del giorno del centrosinistra e le osservazioni del collega Violante svolte ieri dimostrano quanto dissenso vi sia nelle file di una presunta maggioranza su questi temi.
Denunciamo tutto questo e anche le lottizzazioni e le epurazioni che avete avviato in alcuni enti che fanno capo al Ministero per le attività e i beni culturali e nel cinema con le lottizzazioni rutelliane. Denunciamo i tentativi di conculcare l'indipendenza degli amministratori della RAI, con gli annunci di revoca di questo o quel consigliere, le epurazioni tentate da Visco che, mentre tartassa gli italiani, vuole epurare anche gli ufficiali della Guardia di finanza. Dopo la nostra opposizione parlamentare avete dovuto battere in ritirata in ordine a quelle vicende di trasferimenti di ufficiali evidentemente scomode (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale - Commenti del deputato Forgione).

PRESIDENTE. La prego di concludere.

MAURIZIO GASPARRI. Concludendo, a quest'ora della notte, dico che si preannunciano anche epurazioni nell'Arma dei carabinieri, caro D'Alema. Lo ripeto: epurazioni anche all'interno dell'Arma dei carabinieri! È un argomento inedito e lo diciamo in anticipo: giù le mani da quelle strutture dove il signor D'Alema e compagni intendono attuare epurazioni! Lo diremo anche nelle prossime ore, ma l'orario notturno lascia qualche curiosità per domani (Applausi dei deputati dei gruppi di Alleanza Nazionale e di Forza Italia).

PRESIDENTE. Il deputato Maroni è assente.
La deputata Germontani ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1475/153.

MARIA IDA GERMONTANI. Signor Presidente, prima di passare all'illustrazione del mio ordine del giorno n. 9/1475/153, vorrei svolgere qualche considerazione sul decreto-legge che è all'esame della Assemblea in questi giorni.
Signor Presidente, il Governo Prodi, per dimostrare agli italiani che tutto era cambiato e che occorrevano disposizioni urgenti per rilanciare l'economia del paese, ha pensato bene di far ricorso allo strumento del decreto-legge nello spirito di segnare il cambiamento, di negare tutto quanto era stato fatto dal precedente Governo della Casa delle libertà.
Il Governo, dunque, ha agito per spirito di contraddizione, per malinteso e conflittuale bipolarismo mascherato da una pretesa kennediana dei primi 100 giorni, tutta demagogica e velleitaria. In realtà, così non è e non poteva essere. Infatti, vi è una continuità istituzionale che nessuno può negare, anche perché è difficile stabilire oggi una linea di demarcazione netta tra gli effetti socioeconomici degli atti del Governo in carica e di quello che lo ha preceduto.
Avviene, infatti, che i più recenti dati statistici spesso positivi, a dispetto del catastrofismo del centrosinistra, siano, ancora oggi, frutto di decisioni prese dal Governo della Casa delle libertà e vengano, poi, sbandierati dall'attuale Governo come successi del cambiamento.
Così, in fretta e furia, il Presidente del Consiglio Prodi, il ministro dell'economia e delle finanze Padoa Schioppa e il ministro Bersani, con il contributo evidente del viceministro Visco, hanno messo insieme nuove disposizioni di legge che urgenti non erano e che ancora non lo sono, riguardanti tassisti, farmacisti, avvocati, dottori e ragionieri commercialisti, notai e panettieri.
L'intenzione è positiva ed è quella di liberalizzare e creare concorrenza che, a sua volta, determina nuovi posti di lavoro. Possiamo anche individuare in questa parte del decreto-legge l'intento virtuoso del ministro Bersani, almeno apparentemente diverso dall'intento persecutorio del viceministro Visco, nei confronti di quei contribuenti italiani rei di svolgere attività


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professionali e imprenditoriali, di essere cioè espressione dell'Italia che lavora e produce.
È in questa antinomia Visco-Bersani che, forse, va letto il decreto-legge in esame.
Ciò che certamente non è condivisibile è introdurre nuove disposizioni di legge senza neanche acquisire il parere delle categorie interessate. Non è segno di democrazia legiferare con un atto di imperio e stabilire cosa dovrà fare da subito - visto il decreto-legge - una vastissima parte dell'Italia che produce, cioè professionisti, imprenditori ed artigiani.
Il mio ordine del giorno riguarda una di quelle categorie che è scesa in piazza nella prima manifestazione unitaria di tutte le categorie: i panettieri. È una categoria che è scesa in piazza insieme a tutti gli altri professionisti, commercialisti, tassisti e via dicendo. È una categoria che evidentemente il Governo di centrosinistra considera un terzo Stato da ignorare, che non viene convocato e ascoltato, ma deve subire le decisioni del Governo stesso e deve soprattutto subire la pressione fiscale che considera il cittadino italiano un evasore a prescindere, e lo perseguita con i più moderni sistemi offerti dalla tecnologia.
Il decreto-legge in esame contiene virtuose intenzioni ascrivibili al ministro Bersani, ma nella parte fiscale reca nuove disposizioni in tema di accertamenti tributari e mira a trasformare nelle intenzioni del viceministro Visco la nostra Guardia di finanza in una sorta di polizia segreta, un po' come la mai dimenticata Stasi della Germania orientale prima della caduta del muro di Berlino...

FRANCESCO FORGIONE. Esagerata! Meno male che ride...

MARIA IDA GERMONTANI. Detto ciò, nel corso di queste manifestazioni, il Governo di sinistra è stato definito in tanti modi: debole con i forti e forte con i deboli. E un'altra definizione eloquente è stata quella formulata per le misure disposte dal viceministro Visco che riguardano i commercialisti, che il decreto-legge trasforma in facchini del fisco e non intermediari fra contribuenti e fisco.
In conclusione, la pretesa del Governo, con il decreto-legge in esame, è anche quella di aggiornare il nostro ordinamento rispetto a quello europeo. Ma pretendere che il decreto-legge sulle cosiddette liberalizzazioni rappresenti un adeguamento dell'Italia all'Europa è una pura ipocrisia politica, tant'è che il ministro Bersani...

PRESIDENTE. La prego...

MARIA IDA GERMONTANI. Presidente, sto concludendo. Il ministro Bersani ne è consapevole, se è vero che, in una recentissima intervista su Il Sole 24 Ore, si è impegnato a favore delle piccole e medie imprese, sulla riduzione del cuneo fiscale e dell'IRAP.
Un Governo democratico ed europeo che si rispetti non colpisce la middle class, i ceti medi, la classe media e la gente che lavora e noi di Alleanza Nazionale...

PRESIDENTE. La prego di concludere. È molto oltre il suo tempo.

MARIA IDA GERMONTANI. Noi di Alleanza Nazionale abbiamo il dovere di far capire a tutti gli italiani quali saranno gli effetti negativi del decreto-legge che, da un lato, si presenta con l'aspetto suadente delle liberalizzazioni e, dall'altro, contiene vecchi e complessi meccanismi fiscali a carico dei contribuenti (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale).

PRESIDENTE. Non sono presenti i deputati Montani, Holzmann, Pini, Landolfi, Pottino, Leo e Stucchi.
Il deputato Mancuso ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1475/183.

GIANNI MANCUSO. Signor Presidente, il decreto-legge in oggetto è stato concepito, realizzato e pubblicizzato nell'arco di un brevissimo tempo, senza che né le parti sociali né il Parlamento abbiano potuto


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dare effettivamente il proprio parere, causando malumori sia tra i professionisti sia tra gli stessi consumatori.
Questo provvedimento è calato dall'alto, con un'arroganza che ha ben pochi precedenti nella storia parlamentare, soprattutto in virtù delle implicazioni che comporta.
Fin dal giorno in cui questo atto è stato pubblicizzato, Alleanza Nazionale si è subito espressa in modo nettamente negativo rispetto al metodo antidemocratico con il quale il Governo ha imposto questo decreto, ma è rispetto ai suoi contenuti che maggiormente si è alzata l'indignazione.
È pesantemente penalizzante nei confronti delle categorie professionali e fintamente favorevole nei confronti dei consumatori. Infatti, sembra piuttosto un decreto improntato a favorire le grandi concentrazioni economiche, da Confindustria alle Confcooperative, sfavorendo tutti quei professionisti e quei lavoratori autonomi che non hanno grandi capacità finanziarie, soprattutto coloro che si sono affacciati da poco al mondo della professione, come i giovani laureati.
Un altro straordinario aspetto negativo di questo decreto-legge è quello di colpire le più differenti categorie, dagli avvocati agli ingegneri, dai medici veterinari agli architetti. Tutti sono colpiti senza distinzione, ma questa aberrazione legislativa non ha lasciato indifferenti gli ordini professionali, che anzi si sono mobilitati subito per contrastare il metodo ed il contenuto di una tale sopraffazione dei diritti più elementari dei lavoratori e dei cittadini.
Il Governo ha presentato questo decreto-legge sotto una falsa identità di iperliberismo, che a parole servirebbe a calmierare i costi delle prestazioni, mentre si basa su un fondamentalismo monetario e sulla equiparazione delle professioni intellettuali a prodotti industriali da vendere a prezzo più basso. A titolo di esempio, l'abolizione dei minimi tariffari tra gli avvocati comporterà la diminuzione dell'impegno, che in certi procedimenti è davvero molto delicato, con una notevole assunzione di responsabilità da parte del professionista, di avvocati nominati di uffici o di giovani che, percependo una ridicola tariffa, non si sentiranno più di assumere tali rischi.
Altro esempio, a me più vicino, è l'applicazione del decreto rispetto alla salute degli animali. Infatti, questo grimaldello, rappresentato dal decreto legislativo n. 223, va a scardinare un fondamento della professione veterinaria, così come delle altre, eliminando le tariffe minime. Non si toglie, in effetti, un odioso balzello ai consumatori, come cerca di far passare la propaganda di sinistra, ma si privano i consumatori di una regola fondamentale che è l'antidoto efficace all'imbarbarimento delle prestazioni.
«Animali più sani senza Bersani»: cartelli con questa scritta erano affissi sulle porte di ambulatori veterinari. E poi, manifesti con slogan contro il decreto della finta liberalizzazione, perché la cura degli animali non ha nulla a che fare con le logiche del mercato. Il 21 luglio 2006, i 6.500 ambulatori veterinari di tutta Italia hanno esposto manifesti di protesta contro il decreto Bersani. Già, perché tutte le categorie dei lavoratori autonomi sono state colpite e, quindi, anche questi professionisti.
«Lasciateci fuori dal decreto Bersani», «Animali più sani senza il decreto Bersani»: questo era il tenore degli slogan contenuti nei cartelli affissi e naturalmente all'iniziativa ha aderito anche l'associazione dei proprietari responsabili.
La richiesta dei veterinari al Governo e al ministro della salute è di eliminare le professioni medico-sanitarie dall'ambito di applicazione del decreto sulle liberalizzazione. I medici veterinari sono professionisti della salute e riconoscono nel Ministero della salute il proprio dicastero di riferimento istituzionale.
La cura del paziente animale non ha nulla a che vedere con la logica del mercato e della competitività. Di conseguenza, il decreto del Ministero dello sviluppo economico colpisce norme, regolamenti e leggi adottate dal Ministero della salute. Questa è l'ennesima contraddizione.


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Ma che dire dei 17 mila titolari di farmacie che, obtorto collo, sono stati costretti ad un estremo atto di protesta? Per la prima volta nella storia repubblicana, le farmacie italiane sono rimaste chiuse per ben due volte per manifestare l'opposizione al decreto che favorisce i grandi gruppi economici e le grandi catene distributive e commerciali.
Il decreto Bersani è un pericoloso grimaldello per togliere efficienza al servizio farmaceutico e spianare la strada ad una sanità controllata da pochi soggetti che operano con finalità meramente speculative.
Il Governo dovrebbe riconoscere alla rete delle farmacie di essere un'anello fondamentale del sistema sanitario nazionale, capillarmente diffuso su tutto il territorio nazionale, comprese le aree disagiate, di montagna. Sono la prima risposta alla domanda di salute del nostro paese.
Dietro questo provvedimento si intravede la volontà della coalizione di centrosinistra di punire i professionisti italiani, più in generale i lavoratori autonomi, rei di avere votato massicciamente per la coalizione di centrodestra.
I farmacisti italiani si sono resi conto di arrecare disagio ai cittadini, ma la loro protesta è stata necessaria, perché il Governo ha dimostrato totale insensibilità nei confronti delle proposte serie volte a coniugare la tutela della salute e l'esigenza di ammodernamento del settore.
La sinistra ha aggredito un intero blocco sociale con toni che rasentano il razzismo antropologico, riproducendo logori schemi di classe. Questo lo sa bene lei, Presidente.

PRESIDENTE. Ma so anche che lei dovrebbe concludere.

GIANNI MANCUSO. Alleanza Nazionale farà tutto quanto sarà in suo potere per aiutare queste categorie a far sentire la propria voce, anche scendendo in piazza, così come non hanno mai fatto prima, perché si sentono davvero in pericolo (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale).

PRESIDENTE. L'onorevole Migliori ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1475/186.

RICCARDO MIGLIORI. Signor Presidente, stante l'ora, il regolamento ed il buon senso, sarò molto breve. Ho il dovere di ripercorrere brevemente le ragioni fondamentali della nostra opposizione, che si manifesta in aula quest'oggi attraverso l'illustrazione degli ordini del giorno.
Innanzitutto, come hanno fatto diversi colleghi, vi è un'opposizione di carattere metodologico ad un provvedimento che ritengo senza precedenti, privo di ogni tipo di tentativo di concertazione con le categorie, nei confronti delle quali va a modificare in modo pesante alcune situazioni.
Penso che da parte dell'attuale maggioranza, che, per cinque anni, ha rivolto alla precedente maggioranza, che rappresentavamo, la motivata critica dell'assenza della volontà di colloqui e di confronti con segmenti importanti della società italiana, si sia in presenza di una fortissima ed incomprensibile contraddizione.
Siamo convinti che tutto questo abbia determinato una logica preoccupante, incidenti, preoccupazioni, forme motivate di protesta, per cui alla fine la concertazione successiva e derivata ha rappresentato più un palliativo, la difesa pregiudiziale in qualche misura di questi provvedimenti, che un tentativo serio ed autentico di partecipazione delle categorie interessate da questo provvedimento a poter dare un contributo effettivo all'elaborazione di un testo che fosse autenticamente e concretamente effetto delle loro prese di posizione. Questa assenza di concertazione si è rivelata anche nell'assenza di ogni forma di Conferenza Stato-regioni.
L'attuale Titolo V della Costituzione prevede che, per tutta una serie di materie presenti all'interno di questo provvedimento, vi sia una competenza regionale, dalla materia relativa alle libere professioni alla materia sanitaria. Anche questo elemento di confronto di natura istituzionale è mancato. Che cosa ne deriva?
Ne deriva da parte nostra la convinzione che si è voluto in modo pregiudiziale,


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in modo «muscolare», dare ad una parte significativa della società italiana un segnale di carattere egemonico. Si è voluto dire a significativi spezzoni di capacità di autorganizzazione della società italiana, in modo quasi ricattatorio, che o si scende a patti con una logica invasiva dello Stato oppure si riducono ulteriormente spazi autonomi di libertà. Questo per noi è particolarmente grave e preoccupante e ne discende anche un'osservazione di carattere politico-generale. Quando si fa riferimento alle liberalizzazioni, a me pare che più che a questo tipo di intervento, a questi segmenti di ceto medio, ai quali ha fatto riferimento in modo significativo il decreto Bersani, si dovesse fare riferimento a quei settori di economia nazionale che sono, di fatto, al centro di logiche di monopolio, di assenza di libera concorrenza. Già nella XIII legislatura il Governo Prodi si cimentò inutilmente su un tentativo di riforma dei servizi pubblici economici locali ed oggi noi registriamo ancora una volta l'assenza di effettiva capacità di intervento in questi settori. Ci sono grandi questioni, attinenti a quello che viene definito il socialismo municipale, sulle quali vi è un'incapacità di intervento. Grandi servizi pubblici locali, dal servizio di smaltimento ai servizi idrici e di trasporto pubblico locale, non vengono pregiudizialmente inseriti all'interno di questo provvedimento e sono quei settori fondamentali dell'economia nazionale nei quali vi è una presenza di carattere monopolistico del settore pubblico su cui bisognerebbe intervenire.
Terza ed ultima questione di carattere culturale. La sinistra radicale e sindacale, che anche a livello europeo si è battuta in modo organico contro la direttiva Bolkestein, nei prossimi mesi avrà di che riflettere circa lo sviluppo della politica «liberalizzatrice» dell'attuale Governo. Sarà un'interessante crocevia politico e culturale e noi assisteremo con grande curiosità a questo confronto. Per quanto riguarda il momento attuale, ci limitiamo con forza a difendere le grandi ragioni di libertà di segmenti significativi della società italiana (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale).

PRESIDENTE. Sono assenti i deputati Minasso, Moffa, Murgia, Angela Napoli, Patarino, Buonfiglio, Antonio Pepe, Pezzella, Porcu, Cirielli e Rampelli.
Il deputato Saglia ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1475/70.

STEFANO SAGLIA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il decreto-legge in esame prevede, tra le altre cose, anche che le imprese nei cui confronti l'Antitrust abbia avviato procedimenti istruttori possano presentare fino all'emanazione della decisione finale impegni tali da far cessare l'infrazione contesta. L'Autorità, qualora ritenga tali impegni idonei, può renderli obbligatori e chiudere il procedimento senza accertare l'illecito. Coerentemente con i principi generali, la suddetta norma si applica a tutte le aziende che, alla data di entrata in vigore del decreto, siano sottoposte ad un procedimento istruttorio da parte dell'Autorità antitrust che non sia ancora concluso con l'adozione del provvedimento finale. Questo principio è conforme a quanto disposto dalla giurisprudenza, in particolare da alcune sentenze del Consiglio di Stato, secondo cui l'applicabilità di una nuova norma nell'ambito di un procedimento in itinere incontra il solo limite dell'intangibilità delle situazioni giuridiche ormai definite. Pertanto, ove la procedura si divida in varie fasi coordinate, ma dotate di una certa autonomia, la nuova norma può trovare applicazione per le fasi che, all'atto della sua entrata in vigore, non siano state ancora realizzate. Per il principio di retroattività, l'applicazione è esclusa solo con riferimento alle fasi già espletate e concluse.
Nel disegno di legge di conversione del decreto-legge in oggetto, la Commissione bilancio del Senato ha approvato un emendamento modificativo secondo cui la possibilità riconosciuta alle imprese di presentare impegni per i procedimenti istruttori è limitata a tre mesi dall'apertura dell'istruttoria. La norma così modificata crea un'evidente discriminazione fra le imprese che potranno avvalersi dell'istituto dell'impegno e quelle che, pur essendo


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soggette ad un procedimento non ancora concluso, non potranno più presentare impegni perché è scaduto il termine dei tre mesi, restando quindi escluse dalla possibilità di agevolare la chiusura cooperata del procedimento. Peraltro, le imprese, facendo affidamento su quanto previsto dal decreto-legge in esame e sulla sua naturale applicabilità ai procedimenti in corso, hanno improntato la propria strategia difensiva anche basandosi sulla possibilità di evitare la sanzione attraverso, appunto, la presentazione di impegni.
Per questo motivo, abbiamo presentato un ordine giorno, che ci auguriamo possa essere accolto dal Governo, al fine di garantire una parità di trattamento fra tutti gli operatori economici, nonché di salvaguardare il principio di legittimo affidamento. Ci auguriamo che questo ordine del giorno possa essere accolto dal Governo e ci chiediamo come sia stato possibile che molte norme contenute in questo decreto siano state in qualche modo trasposte e erroneamente considerate oggi norma di legge. Diciamo «erroneamente» semplicemente perché, nell'euforia di una liberalizzazione che si rincorre, quasi fosse uno slogan, non si è meditato a sufficienza sulla necessità di interpretare le norme in maniera complessa secondo i settori di riferimento. In particolare, si è ritenuto di assumere le segnalazioni meritorie dell'Antitrust direttamente trasfondendole in norme. Questo non può accadere perché le segnalazioni sono delle sollecitazioni al Governo e al Parlamento di intervenire, ma non sono esse stesse norma. Questo accade semplicemente per l'improvvisazione con la quale si è deciso di avviare questo processo di riforma, evitando - come già altri colleghi hanno ricordato - qualsiasi tipo di dialogo con le parti sociali interessate al provvedimento.
Noi crediamo quindi non tanto di evocare il tema della concertazione, anche se questo tema è il totem del centrosinistra ed è stato assunto quasi fosse una norma non di metodo ma di contenuto, ma di riconoscerli nella sollecitazione posta dal professor Mario Monti, il quale ha scritto che i provvedimenti di liberalizzazione non dovrebbero essere oggetto né di concertazione né di decretazione d'urgenza, ma di preventiva e trasparente consultazione. È questo, del resto, il metodo dell'Unione europea quando si tratta di aprire la concorrenza ad interi settori. In questo caso, neppure il processo di consultazione è stato avviato e per queste ragioni non solo il provvedimento risulta penalizzante per moltissime categorie e per il cittadino-consumatore, così come viene evocato dagli slogan del centrosinistra, ma anche inapplicabile in molte sue parti. Quindi, ci auguriamo che, nonostante il voto di fiducia, attraverso l'accoglimento di alcuni ordini del giorno, si possano evitare storture, che non solo produrranno effetti distorsivi nei confronti del cittadino, ma anche nei confronti del mercato attraverso operazioni che, a volte, creano anche l'interrogativo di essere operazioni di interessi forti (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale).

PRESIDENTE. Il deputato Nespoli ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1475/171.

VINCENZO NESPOLI. Signor Presidente, abbiamo promosso tale ordine del giorno, in un'assenza complessiva di confronto con il Governo, nel merito del provvedimento sul quale è stata posta la fiducia, che comprendiamo perché è un provvedimento nato male, con una grave lacerazione nei rapporti e nella volontà del Parlamento. Infatti, ad oggi, nessuno mai ci ha risposto nel novero di alcune questioni, che pure sono alla base della decretazione: qual era l'urgenza, qual era il provvedimento che poteva giustificare l'emanazione ed anche la sottoscrizione da parte del Capo dello Stato di un decreto-legge, se non la volontà del Governo dormiente anche fra questi banchi (è un modo per ascoltare, di dormiveglia) di coprire - quello che anche in questo dibattito sugli ordini del giorno è emerso -, attraverso una propaganda sfrenata che è stata fatta intorno a false liberalizzazioni,


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una manovra fiscale che è vessatoria nei confronti dei cittadini?
Il problema di fondo è che oggi noi non abbiamo compreso perché questa maggioranza non abbia voluto un confronto di merito anche su alcuni punti qualificanti, sui quali l'opposizione era disponibile al dialogo, al confronto e alla modifica del testo approvato dal Senato. Si era disponibili a reiterare tutti gli emendamenti per avviare un confronto di merito. Questo vale in questa sede, ma anche per il futuro. Lo vogliamo preannunciare perché riteniamo che il Parlamento non possa essere continuamente esautorato.
Ciò vale anche per le problematiche che sottoponiamo all'attenzione del Governo con questo ordine del giorno, che ripete una serie di interventi che questo decreto-legge ha messo in campo nel settore delle opere pubbliche, per quanto riguarda le commesse di ingegneria alle società di ingegneria e i professionisti. Infatti, si accorpa questo tipo di intervento, che doveva essere autonomo, al computo complessivo degli oneri dei lavori e si parla della regolarità del rapporto contributivo delle imprese con gli istituti previdenziali, per cui scatta una norma di avvertimento al Ministero delle infrastrutture, che può arrivare addirittura alla revoca del rapporto contrattuale.
Si tratta di una norma che non si sa in che modo verrà applicata, se determinerà un blocco dei lavori in corso e se la relativa sanzione valga per il contratto in essere rispetto alla pubblica amministrazione e al Ministero delle infrastrutture, oppure se possa valere per altre amministrazioni. Per questo chiediamo che il Governo si esprima, per chiarire i termini del decreto in questione.
Presidente, noi siamo costretti - forse, nella storia recente dell'attività della Camera dei deputati, questa è una delle poche sedute notturne vere -, ad un confronto di merito, su questioni che avremmo voluto porre in altra sede, solo perché il regolamento non ci consente altro. Lei sa che le questioni che vengono affrontate attraverso gli emendamenti non possono poi essere contenute in ordini del giorno. Così, avremmo evitato questo stillicidio e, forse, avremmo concentrato in una o due giornate il confronto di merito. Nessuno, soprattutto noi dell'opposizione, avrebbe potuto continuare a sostenere che questo Parlamento viene mortificato.
L'invito che rivolgo a lei, Presidente, è che lei non può essere avulso da questa difesa delle prerogative del Parlamento. Allo stesso modo, il Presidente della Repubblica, come abbiamo letto questa mattina sui quotidiani, non si può chiamare fuori per dire che non ha responsabilità. Eccome se ce l'ha! Le responsabilità sono in merito alla firma che il Presidente della Repubblica ha posto in calce ad un decreto che non aveva i requisiti che prescrive la Costituzione. In questo c'è la responsabilità del Presidente della Repubblica, il quale si è assunto l'onere, per via della decretazione d'urgenza, di impegnare il paese e il Parlamento in un processo riformatore.

PRESIDENTE. La prego...

VINCENZO NESPOLI. Così è stato propagandato dall'attuale maggioranza, senza che ci fosse un confronto di merito tra le forze politiche, parlamentari e sociali del paese. Credo che questa sia una rottura dei rapporti politici e istituzionali, che il paese, il Parlamento e le forze politiche non si possono consentire (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale).

PRESIDENTE. I deputati Salerno, Siliquini, Tagliatatela e Consolo sono assenti. I deputati Strizzalo e Burtone hanno rinunciato.
Il deputato Lainati ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1475/126. È l'ultimo intervento.

GIORGIO LAINATI. Vi ringrazio, signor Presidente e onorevoli colleghi, che avete avuto la cortesia di attendere fino a quest'ora di notte.
La maggioranza e, in particolare, i partiti della sinistra radicale, hanno coniato


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un termine necessario per far digerire, probabilmente, al loro elettorato alcuni provvedimenti del Governo Prodi assolutamente indigeribili. Questo termine è «discontinuità».
Tale discontinuità, della quale hanno parlato moltissimi esponenti del partito di Rifondazione comunista - mi dispiace che il presidente Migliore sia andato via da pochi istanti -, oggettivamente, rispetto alle iniziative e alle leggi approvate nei cinque anni dal Governo Berlusconi, è assolutamente impercettibile. Non è un caso che il leader della minoranza di Rifondazione comunista, Claudio Grassi, abbia pesantemente criticato la gestione del suo successore, onorevole Giordano, e abbia ricordato che la discontinuità, della quale Giordano, Migliore ed altri colleghi di Rifondazione comunista hanno parlato in queste settimane, in realtà, per quanto riguarda il rifinanziamento delle missioni delle Forze armate nazionali in Afghanistan e in Iraq, non sia mai esistita assolutamente.
Non è un caso se Claudio Grassi ha detto che, sostanzialmente, il provvedimento approvato sulle missioni italiane delle Forze armate italiane all'estero è analogo a quello varato dal Governo Berlusconi.
Non vi è discontinuità in politica estera perché, per cinque anni, avete mobilitato, in tre manifestazioni diverse, tre milioni di persone per manifestare per la pace e contro l'amministrazione americana, ma oggi l'amministrazione americana è vicina al Governo Prodi e lo ha dimostrato l'atteggiamento del segretario di Stato Condoleeza Rize nei confronti del ministro degli esteri D'Alema.
Dunque, questa discontinuità si trasforma addirittura in una non discontinuità, visto che state per approvare un decreto che, tra le varie parti negative in esso contenute, taglia i fondi per l'editoria e per i giornali di partito.
Presidente Bertinotti, lei non può essere insensibile ad un problema che riguarda anche il giornale del partito della Rifondazione Comunista e anche quello di Alleanza nazionale, ma non di Forza Italia che non ha un organo di partito.
Ho molto rispetto per il quotidiano di Rifondazione Comunista, Liberazione, anche se non condivido nulla di quanto vi è scritto. Tuttavia, non si può non riconoscere a Liberazione che, in questi ultimi dieci anni, ha svolto un importante ruolo per consentire l'accesso alla professione giornalistica - e l'onorevole De Simone ne è consapevole - a decine di giornalisti.
Il fatto che un Governo, del quale Rifondazione Comunista rappresenta una parte importantissima, tagli i fondi per l'editoria e, quindi, anche per il giornale di tale partito, mi sembra non un autogol, non una discontinuità, ma qualcosa di assolutamente incredibile.
Stiamo parlando di un mondo - quello dei giornalisti, degli operatori dello spettacolo, dell'intellighenzia in generale - che, da sempre, è vicino alla sinistra, anche nei tanti anni di Governo della Democrazia cristiana. Sono contento che sia tornato in aula l'onorevole Leoni, al quale do atto di essersi impegnato per trovare una soluzione nell'ambito della finanziaria per il finanziamento della legge sull'editoria.
La sinistra, nel dicembre scorso, ha mobilitato un gruppo di attori ed attrici, molti dei quali miliardari, dipendenti della Mediaset di Silvio Berlusconi, a protestare contro il Governo Berlusconi. Mi sembra che non siamo certo alla discontinuità (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia e di Alleanza Nazionale)!

PRESIDENTE. È così esaurita l'illustrazione degli ordini del giorno.
Vorrei invitare per il futuro a non coinvolgere nella discussione politica, che legittimamente ha luogo in quest'aula, il Capo dello Stato e l'esercizio delle sue prerogative esclusive.
Sospendo la seduta, che riprenderà alle 9,30 di domani con il parere del Governo sugli ordini del giorno. Le votazioni non avranno luogo prima delle 10. Ricordo infine che, essendo stata deliberata la seduta continuata, il preavviso per le votazioni elettroniche è già stato dato oggi e


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deve considerarsi valido anche per le votazioni che avranno luogo nella giornata di domani.

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