Resoconto stenografico
INDAGINE CONOSCITIVA
La seduta comincia alle 14,10.
PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata, oltre che attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso, anche mediante la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle recenti vicende relative al calcio professionistico, con particolare riferimento al sistema delle regole e dei controlli, l'audizione del commissario straordinario della Federazione italiana giuoco calcio (FIGC), professor Guido Rossi.
Ricordo che la Conferenza dei presidenti di gruppo, riunitasi questa mattina, ha confermato che le attività di Commissione legate ad una funzione conoscitiva possono svolgersi anche in pendenza di una richiesta di voto di fiducia.
Desidero salutare il professor Guido Rossi, che è accompagnato dall'avvocato Paolo Nicoletti e dal dottor Antonello Valentini, rispettivamente vicecommissario e capo dell'ufficio stampa della Federazione italiana giuoco calcio.
Trasmetto al professor Guido Rossi i medesimi sentimenti di grande gioia e riconoscenza che unanimemente questa Commissione ha avuto modo di esprimere ieri, alla presenza del ministro Melandri, alla nazionale italiana e, purtroppo da oggi, all'ex commissario tecnico Marcello Lippi, per la pagina meravigliosa che hanno saputo regalare al calcio italiano e anche per come hanno inteso vivere questa vittoria e rappresentarla di fronte al paese. Ieri citavo, in modo particolare, una splendida intervista che il calciatore Rino Gattuso ha rilasciato a qualche quotidiano.
Voglio inoltre ricordare, prima di lasciare la parola al professor Guido Rossi, che un merito non secondario va anche a chi, come il commissario straordinario della Federazione italiana giuoco calcio, in un momento in cui non era facile assumere un orientamento del genere, ha rinnovato senza esitazioni la fiducia al commissario tecnico della nazionale prima dei mondiali di Germania. Ne approfitto anche per salutare, tramite la sua persona, oltre che la nazionale azzurra, le migliaia e migliaia di tesserati alla Federazione italiana giuoco calcio che danno vita ad un movimento di enorme rilievo.
Nella scorsa legislatura, grazie al presidente Adornato e al concorso della maggioranza e dell' opposizione di allora - il professor Guido Rossi lo sa bene -, questa Commissione ha svolto una splendida indagine conoscitiva, conclusasi con un documento, votato all'unanimità nel luglio del 2004, che conteneva indicazioni molto significative. Desidero ringraziare pubblicamente, in apertura di questa nuova indagine conoscitiva, le colleghe e i colleghi dell'opposizione e della maggioranza che hanno deciso unanimemente di accogliere la mia proposta di una nuova indagine conoscitiva, contenuta nel tempo,
che non intende interferire in alcun modo con le vicende giudiziarie in corso, ma che è volta a precisare e puntualizzare gli aspetti di più diretta competenza del potere politico e del Parlamento, cioè le leggi che in materia di diritti televisivi, di strutture economiche e societarie, di quotazioni in borsa delle società e di antitrust noi possiamo e dobbiamo porre in essere.
Questa indagine conoscitiva si concluderà alla fine di ottobre ed oggi inizia con l'audizione del professor Guido Rossi, al quale do con grande piacere la parola.
GUIDO ROSSI, Commissario straordinario della Federazione italiana giuoco calcio (FIGC). Signor presidente Folena, signore e signori onorevoli, in primo luogo vi ringrazio per avermi chiamato ad illustrare le ragioni della grave crisi del calcio italiano, la più grande forse - anche senza «forse» - che si sia mai manifestata, e per darmi così l'opportunità di chiarire gli aspetti rilevanti di alcuni problemi critici che un'informazione non sempre corretta ha contribuito a far confondere nelle valutazioni della pubblica opinione.
Devo subito precisare che molte questioni sono già state affrontate con dovizia di rilievi e argomentazioni da due importanti documenti: il primo, a cui si riferiva testé il presidente Folena, è quello approvato dalla VII Commissione della Camera nella seduta del 21 luglio 2004, esemplare per la sua analisi; il secondo, è il recente Indipendent European Sport Review del 2006, il cosiddetto Rapporto Arnaut, del quale ha già dato conto nella sua audizione del 27 giugno il ministro per le politiche giovanili e le attività sportive Giovanna Melandri, audizione nella quale i più recenti problemi e le prospettive sono stati individuati con cura e precisione.
Questi testi mi esimono dal dover ripresentare situazioni e programmi già così sapientemente illustrati. Dunque, toccherò solo punti salienti che abbiano carattere di novità.
L'evidenza della crisi è la mia nomina a commissario straordinario. Ovviamente, il gioco del calcio italiano non è stato assolutamente rovinato nelle sue componenti atletiche, come ha dimostrato la recentissima vittoria della Coppa del mondo a Berlino ricordata dal presidente Folena. Il discorso non vale solo per la nazionale, ma anche per le componenti minori dell'intero mosaico atletico. Questa è la fondamentale ragione per la quale non ho ritirato, anzi ho confermato, la nazionale e l'ho costantemente seguita tenendola lontana dalle facili e, forse, interessate polemiche di qualcuno.
È, dunque, da questa base assolutamente sana che deve partire la ristrutturazione del sistema, per evitare che si possano verificare facili procedure di inquinamento, che fortunatamente non sono ancora entrate in profondità. La crisi ha infatti riguardato in modo particolare le istituzioni, portando l'illecito sportivo a livelli fino ad ora impensabili.
A seguito dell'attività investigativa posta in essere principalmente dalle procure di Napoli e di Roma, e tuttora in corso, a cominciare dal mese di maggio è emerso un quadro del mondo del calcio interessato da una serie straordinariamente grave di illeciti, diffusi e ramificati, che hanno coinvolto a vario titolo le principali istituzioni del calcio italiano, i loro vertici ed organi di controllo e di giustizia, alcuni importanti club, dirigenti sportivi, arbitri.
Sotto il profilo della qualificazione giuridica gli illeciti sono stati inquadrati dagli inquirenti nei reati di associazione per delinquere finalizzata alla frode sportiva, minacce, frode sportiva, illecita concorrenza.
Se si guarda, invece, agli effetti ed alle conseguenze dei comportamenti contestati, l'aspetto più preoccupante della crisi del sistema calcio è la cattura e l'asservimento ad interessi di parte dei vertici e degli organi di controllo della FIGC e delle sue componenti più importanti (si pensi, ad esempio, all'Associazione italiana arbitri). Indipendentemente dalla rilevanza penale e/o per la giustizia sportiva, il cuore dello scandalo è la fortissima capacità di condizionamento ed influenza dei e sui soggetti che avrebbero dovuto garantire, in posizione di terzietà, la regolarità dei campionati, la corretta distribuzione delle
risorse economico-finanziarie, l'esistenza di meccanismi elettivi dei vertici federali realmente democratici.
Pressoché tutte le funzioni di controllo e di garanzia delle nostre istituzioni sportive, invece, sono, o sono state nel recente passato, coinvolte da indagini: le commissioni arbitrali, l'antidoping, gli organi inquirenti e i tribunali sportivi. Ma non solo. La perdita di indipendenza e di terzietà dei vertici federali e degli organi di controllo, cioè dei soggetti deputati a garantire il rispetto delle regole del gioco, è stata accompagnata e, forse, resa più agevole dal venire meno di altri sistemi di controllo, quelli esterni. Mi riferisco anzitutto al sistema dei media, anch'esso in parte legato agli interessi dei soggetti dominanti il sistema; penso anche al malcostume di richiedere, autorizzare o pretendere trattamenti di favore per società, dirigenti e giocatori che hanno violato le regole del gioco, motivandoli con la strumentale e falsa esigenza di salvaguardare la passione e gli interessi dei tifosi, poiché, invero, la passione e gli interessi dei tifosi, e dei milioni di sportivi che praticano il gioco del calcio, si tutelano solo assicurando il rigoroso rispetto delle regole e che la competizione non sia alterata. E la specificità della giustizia sportiva, in Italia come all'estero, consiste proprio nell'ammettere alle competizioni solo chi rispetta le regole ed i principi di lealtà.
Per quanto riguarda l'ordinamento sportivo come istituzione separata, deve essere tenuto in considerazione che l'ordinamento del calcio, così come quello della giustizia sportiva, è ordinamento separato e come tale garantito dalle norme internazionali e nazionali. Le regole delle carte federali e del codice di giustizia sportiva sono assolutamente svincolate dalla normativa ordinaria dell'ordinamento. Confondere gli illeciti penali con le norme disciplinari o con l'illecito sportivo - indipendentemente dal risultato conseguito, come recita l'articolo 6 del codice - o con l'obbligo di lealtà, correttezza e probità, che ha applicazioni ben più ampie del generale principio di «buona fede», non si giustifica in alcun modo. L'articolo 2 del codice, al comma 5, dispone testualmente: «L'ignoranza dello Statuto e delle norme federali non può essere invocata a nessun effetto». Principio, questo sì, che richiama il brocardo: ignorantia legis non excusat. Un'ulteriore regola che sembra sia stata dimenticata è quella dell'articolo 2, comma 3, per il quale «Le società possono essere ritenute responsabili, anche a titolo di responsabilità oggettiva o di responsabilità presunta, nei casi previsti dal presente codice»: principio questo stridente e non conforme con le norme di diritto comune.
L'ordinamento sportivo è, quindi, certamente autoreferenziale, potrei dire anche autopoietico, assolutamente autonomo, e costituisce una sorta di jus gentium che congloba da un lato, condiziona e supera dall'altro tutti gli ordinamenti statuali. Volerli confondere è errore grave e grossolano.
Non è un caso che la FIFA, in data 3 luglio 2006, abbia deciso di sospendere la Federazione greca perché non allineata ai principi degli statuti FIFA riguardanti l'indipendenza della federazione e dei suoi associati e l'indipendenza e autonomia della giustizia sportiva. Le interferenze governative sull'autonomia ed esclusività della giustizia sportiva hanno determinato la sospensione della Federazione greca e di tutti i suoi membri (club, giocatori, arbitri, dirigenti) da ogni contatto internazionale. Ciò significa anche che è sospesa qualunque partecipazione alle gare internazionali a qualsiasi livello, l'organizzazione in Grecia di gare internazionali e la nomina a qualsiasi incarico di funzione internazionale per i singoli. Eguale caveat ha ieri lanciato il comitato esecutivo della UEFA riunitosi a Berlino, precisando che anche per i processi sportivi in corso in Italia vale la stessa regola statutaria.
Ritengo doveroso sottolineare queste recentissime decisioni anche per render noto un aspetto a chi, da qualsivoglia interesse o ragione sia spinto, tenda a criticare la separatezza dei due ordinamenti, statale e sportivo, o ancor peggio prenda iniziative o provvedimenti che rendano l'ordinamento sportivo meno autonomo
o in contrasto con le regole della FIFA e dell'UEFA, accettate da tutti, società o persone fisiche, in sede di affiliazione e di tesseramento. Costoro tengano presente che la conseguenza può solo essere quella della totale esclusione delle squadre italiane e di tutti gli aderenti alla FIGC da qualunque manifestazione e rapporto internazionale.
A questo punto mi pare doveroso precisare che nel totale rispetto delle regole si sta svolgendo il processo di fronte alla Corte arbitrale federale (CAF). Al riguardo, mi limito a fornire qualche indicazione.
Quanto alle regole ed alle modalità di svolgimento del processo, tutti gli elementi di novità introdotti rispetto ai processi precedentemente svolti sono stati di carattere meramente organizzativo e procedurale, finalizzati a garantire l'assoluta indipendenza degli organi giudicanti e a dare garanzie e termini più ampi agli incolpati per l'esame degli atti e l'esposizione delle difese nel dibattimento. Quanto alla composizione delle corti, a seguito di dimissioni o di incompatibilità dei componenti, le nomine sono state ispirate al principio dell'autorevolezza e della assoluta indipendenza. A presiedere la CAF ho chiamato Cesare Ruperto, autorevolissimo giurista, ex presidente della Corte costituzionale, uomo di straordinario equilibrio e senso delle istituzioni e della giustizia.
Per quanto riguarda il conflitto di interessi e i limiti del sistema elettivo, la recente crisi del calcio italiano fonda le sue radici sia nei comportamenti di singoli sia soprattutto nella fragilità delle regole, con particolare riguardo ai sistemi di elezione degli organi federali, delle leghe, delle associazioni di varia natura in cui si articola l'ordinamento sportivo. Il principio dominante è che i controllori vengono nominati dai controllati, senza alcuna garanzia di indipendenza, sicché in questo sistema si annida il più fertile humus per il manifestarsi degli aspetti più evidenti e deteriori dei conflitti di interesse. E ciò anche perché a svolgere il ruolo di controllori vengono nominati gli stessi controllati proprio nelle persone che hanno i maggiori poteri economici di influenza.
Questo sistema ha anche comportato che le squadre più deboli sotto il profilo negoziale - nella cessione, ad esempio, dei propri diritti televisivi - si dovevano alleare passivamente alle squadre più forti, le quali ne hanno condizionato fatalmente il voto e spesso i comportamenti sportivi, aumentando in tal modo la loro influenza dominante. Il tutto «concimato» con comportamenti ispirati esclusivamente all'opacità.
Infatti, il voto elettivo, quando è collegato all'esercizio di diritti televisivi di grande rilievo economico, diventa voto di scambio e, pertanto, il sistema democratico si frantuma in influenze dominanti: in questo modo saltano i controlli e perciò le regole, a tutti i livelli dell'ordinamento sportivo del calcio, devono essere riviste.
I vertici, infatti, eletti da un sistema simulatamente democratico, ma di fatto dominato da pochi soggetti, risultano inevitabilmente deboli e al servizio dei pochi grandi elettori dominanti il sistema. Le commissioni arbitrali, che dovrebbero garantire l'assoluta imparzialità del gioco del calcio, soffrono di analogo scompenso dovuto ad un sistema di nomina anch'esso simulatamente democratico.
Gli organi di giustizia, nominati tali dai vertici federali, così scarsamente autonomi e autorevoli, soffrono ovviamente della medesima malattia. L'intero sistema in questo modo si autoalimenta per escludere qualsiasi forma di democrazia interna e autonomia decisionale, per consolidare sempre più il potere degli elettori dominanti.
Uno dei fenomeni più evidenti, come conseguenza di questo sistema elettivo, è, infatti, la difficoltà o quasi impossibilità di cambiamento dei vertici, i quali, una volta insediati, diventano di fatto inamovibili, perpetuando così il sistema. Tutti i componenti a struttura corporativa dell'ordinamento sportivo - e così, fra gli altri, la FIGC, le leghe, le società, nonché le varie associazioni - non hanno mai provveduto a creare sistemi di controllo interno, del tipo, per fare un esempio ormai classico,
di quelli previsti per le persone giuridiche dalla legge n. 231 del 2001, per impedire attività collusive di corruzione e, di conseguenza, per limitare la responsabilità penale e amministrativa delle persone giuridiche stesse.
La sfida dei prossimi mesi è, quindi, quella di predisporre nuove regole che, pur conservando il principio di non interferenza e di eliminazione di qualsivoglia esternalità nella elezione e nella condotta dei vertici, ne garantisca l'indipendenza e l'autonomia di giudizio e comportamento.
A questo proposito mi fa piacere citare di seguito un passo della relazione annuale dell'Autorità antitrust, presentata ieri: «Particolare rilievo ha assunto la discussione sulla cessione dei diritti sportivi. Deve essere chiarito che oggi la legge non ne vieta la vendita in forma centralizzata.In passato l'Autorità si espresse negativamente su un'intesa di vendita collettiva dei diritti di trasmissione televisivi delle partite di calcio. Il regolamento 1/2003 dell'Unione Europea consente all'Antitrust di non pronunziarsi sull'accordo e di intervenire solo nel caso in cui lo svolgimento del rapporto manifesti vizi funzionali tali da comportare effetti restrittivi, escludenti o discriminatori. Molti modelli convenzionali potrebbero dimostrarsi idonei a garantire una più equa distribuzione delle risorse e, quindi, una maggiore contendibilità nei campionati. Un'imposizione solo legislativa potrebbe apparire come una svolta dirigistica».
Questo è quello che ha detto ieri il professor Catricalà. I riferimenti non mi paiono per nulla casuali.
Per quanto riguarda la situazione della FIGC, il lavoro svolto in meno di due mesi e le prospettive, farei ora, in chiusura, alcune sintetiche riflessioni sulle attività svolte nel breve periodo del commissariamento. Alcune sono note; mi riferisco, ad esempio, alla collaborazione con la magistratura ordinaria e con l'Antitrust, utile sia a rimuovere le parti malate del sistema sia a progettare riforme che impediscano in futuro il riemergere di così gravi ed endemiche situazioni patologiche; alla ricostituzione degli organi di giustizia sportiva ed al loro rafforzamento anche in termini di risorse e di supporto; all'instaurazione di un nuovo rapporto di fiducia e collaborazione con le istituzioni sportive internazionali, FIFA e UEFA; alla presentazione e conferma della candidatura italiana per l'ospitalità dell'Europeo 2012; al recente commissariamento dell'AIA.
Altre attività hanno riguardato un lavoro interno di analisi della struttura organizzativa e funzionale della FIGC e dei suoi principali rapporti contrattuali ed economici, che ha portato e porterà ad alcuni interventi correttivi volti sia a rimuovere alcune anomalie e inefficienze sia a sfruttare appieno le potenzialità, che sono davvero enormi.
Considerato il taglio del mio intervento, vorrei semplicemente soffermarmi sulle anomalie relative all'assenza di un sistema di governance e di controllo contabile e gestionale.
Per quanto riguarda il controllo contabile, dalle verifiche che sono state adesso effettuate è emerso che il controllo contabile-gestionale della FIGC è demandato al solo collegio dei revisori contabili, che, per evidenti ragioni di tempo e di struttura, non può da solo svolgere le necessarie attività di verifica. L'assenza di un effettivo e strutturato sistema di controllo è ancora più significativa nel mondo dell'Associazione italiana arbitri, soprattutto alla luce del fatto che il costo degli ufficiali di gara rappresenta il 23 per cento dei ricavi complessivi della Federazione. Analogo discorso riguarda le altre strutture periferiche.
È, dunque, indispensabile procedere rapidamente all'istituzione di un adeguato sistema di controlli volti alla revisione dei meccanismi di spesa della struttura centrale, alla verifica dei budget dei comitati provinciali e regionali, al monitoraggio dei rimborsi arbitrali, soprattutto in relazione all'assegnazione delle trasferte ai singoli direttori di gara, anche perché, come risulta dalla tabella 3, che ho inserito nella mia relazione, il patrimonio netto della FIGC, dal 2001 al 2005, è sceso da euro 41.222.114 a euro 6.519.607.
Per quanto concerne il controllo di gestione, unitamente agli aspetti prettamente contabili, anche dal punto di vista gestionale non esiste ad oggi un manuale di procedure né un sistema informativo che consenta agli organi di controllo di avere un costante ed aggiornato monitoraggio della gestione. Più in generale, manca il coordinamento e la collaborazione fra i diversi uffici, forse anche per l'assenza della figura del direttore generale, sebbene questa sia specificatamente richiesta dal nostro statuto. Sicché anche in quest'area sono necessari interventi urgenti.
Anche la struttura del personale, è un'altra situazione di grande anomalia: è principalmente composta da dipendenti CONI distaccati (186) e da collaboratori a progetto (159). La ragione di tale distorsione risiede nelle direttive del CONI di non assumere dipendenti in proprio (evidentemente, per timore di una esplosione, in assenza di controlli, della struttura dei costi fissi).
Questo sistema presenta due evidenti criticità: espone a rischi di natura giuslavoristica e porta ad una disequità retributiva. A quest'ultimo riguardo è sufficiente notare che gli avanzamenti dei dipendenti CONI, sia a livello retributivo sia a livello di inquadramento, sono fermi da molti anni, mentre i soggetti inquadrati con contratto di collaborazione a progetto hanno retribuzioni in linea con il mercato, che vengono rinegoziate annualmente, dal momento che tale tipologia di contratti non consente durata superiore. Oltre all'evidente iniquità, tale sistema impedisce una corretta politica di gestione delle risorse umane.
Per quanto riguarda i rapporti economici con le leghe, l'ultima anomalia, sulla quale ritengo utile richiamare la vostra attenzione, sono i contributi annuali della FIGC ai bilanci delle stesse (contributi che riguardano parte dei contributi stanziati dal CONI a favore di FIGC).
Nonostante sia previsto dalle norme federali che tali contribuzioni debbano essere destinate alla costruzione di nuovi impianti o all'implementazione degli attuali, il consiglio federale, nel passato, ha sempre deliberato e corrisposto importi rilevanti pur senza una specifica finalità.
A questo punto non mi resta altro che esprimere dei ringraziamenti. Un ringraziamento particolare devo rivolgere alle istituzioni, in primo luogo agli uffici della procura di Napoli e di Roma per la collaborazione prestatami, pur nel rispetto assoluto delle regole poste dall'ordinamento in tema di indagini giudiziarie.
Un incondizionato «grazie» devo indirizzare a persone illustri e autorevolissimi giuristi che stanno prestando un'estenuante attività nei rispettivi ruoli loro assegnati: in particolare al dottor Francesco Saverio Borrelli, nominato a dirigere l'ufficio indagini della FIGC, e al presidente Cesare Ruperto, chiamato a presiedere la CAF. Il ringraziamento va, ovviamente, esteso a tutti i loro collaboratori.
Altre istituzioni hanno largamente aiutato lo svolgersi della nostra attività in questo breve scorcio di tempo: il Consiglio superiore della magistratura, il ministro dello sport, l'Autorità antitrust, che continua con fattiva partecipazione a collaborare con noi e che proprio ieri mi ha consegnato la prima bozza di regolamento sulla disciplina dei procuratori, in applicazione di regole di trasparenza e di aperta competizione.
Ringrazio, altresì, il CONI, per aver messo a disposizione della CAF la struttura del Villaggio olimpico e, in modo particolare, un ringraziamento va all'UEFA e alla FIFA, prodighe di riconoscimenti, di aiuti e di preziosi consigli.
PRESIDENTE. Ringrazio il professor Rossi per la sua relazione.
Ora apriamo gli interventi per le domande delle colleghe deputate e dei colleghi deputati. Avverto che, sulla base delle intese intercorse, sono stati assegnati i seguenti tempi di intervento: Ulivo 16 minuti, Forza Italia 12 minuti, Alleanza Nazionale 10 minuti, Rifondazione Comunista-Sinistra Europea 7 minuti, UDC 5 minuti, 3 minuti a testa per i gruppi Lega Nord Padania, Italia dei Valori, La Rosa nel Pugno, Comunisti Italiani, Verdi, Popolari-Udeur
e 2 minuti per il gruppo della DC-PS.
FABIO GARAGNANI. Signor presidente, l'intesa dei presidenti di gruppo c'è stata?
PRESIDENTE. C'è stata un'intesa ed è stata comunicata dagli uffici.
MAURO DEL BUE. Presidente, vorrei intervenire sull'ordine dei lavori: possiamo allungare i tempi di intervento?
PRESIDENTE. Faccio presente che il commissario Rossi dopo una certa ora è impegnato. Sarà cura del presidente concedere ai gruppi più «compressi» un minimo di elasticità. Rimaniamo, però, nell'ambito dei tempi sui quali è stata raggiunta l'intesa.
Do quindi la parola ai colleghi che intendano porre quesiti e formulare osservazioni.
ANDREA MARTELLA. Signor commissario, sono presidente del gruppo dell'Ulivo in questa Commissione e vorrei rivolgerle una serie di domande dopo aver espresso qualche considerazione.
Mi associo a quanto è stato detto dal presidente: in questi giorni abbiamo vissuto una straordinaria soddisfazione per la vittoria della nostra nazionale nel campionato del mondo. Voglio complimentarmi con lei e, tramite lei, congratularmi con tutto lo staff, con i giocatori in primo luogo e con l'allenatore, che hanno saputo sapientemente vivere questa esperienza arrivando ad un risultato straordinario, che noi abbiamo vissuto e che è stato vissuto con partecipazione immensa da milioni di cittadini italiani. La vittoria ci ha riempito di gioia e ci ha riconciliato con il calcio.
In secondo luogo, desidero ringraziarla per il lavoro che ha svolto fin qui. Un lavoro delicato e difficile, in una situazione gravissima come quella che lei ci ha rappresentato; un lavoro che penso debba continuare per ridisegnare un sistema di regole, di sanzioni e di controlli che possa rimuovere tutte le anomalie illustrate. Voglio ringraziarla anche per la franchezza che ha usato nella sua esposizione. Adesso sappiamo di cosa stiamo parlando e, per nostro tramite, lo sanno gli italiani: credo che questo sia un punto fondamentale. Penso che l'obiettivo sia quello di rimuovere la mancanza di trasparenza e l'opacità che ha caratterizzato il mondo del calcio in questo periodo. Credo che in tal modo ci stiamo avvicinando a farlo.
Lei aveva una doppia missione: quella di affrontare la situazione di emergenza derivante dalla grave crisi degli scandali recenti e quella - ancora più importante - di ridisegnare un quadro di regole, che lei stesso ha definito fragile, che rischia di compromettere l'intero sistema e di non dare credibilità a questo sport. Si tratta, dunque, di ricostruire un insieme di regole che garantisca la sopravvivenza, la credibilità e il riconoscimento in questo mondo da parte di milioni di cittadini.
La prima missione credo che sia stata svolta nel modo migliore. Lei si è mosso in un groviglio difficilissimo; i tempi, come lei ha ricordato, saranno rispettati, anche per l'esigenza di preparare i calendari, la giustizia sportiva sta facendo il suo corso - nessuno credeva che questi tempi potessero essere rispettati e pochi ci avrebbero scommesso - e le sentenze stanno per arrivare. Come in altre occasioni, anche in questa sede ribadiamo che le sentenze non si discutono, vanno rispettate e che questo è il momento, una volta accertate le responsabilità di chi ha commesso gli illeciti, di punire con giuste pene e con giuste sanzioni chi ha portato il calcio italiano in questa difficile situazione.
Dico questo perché sono convinto che gli italiani si aspettino da questa vicenda e dalla vittoria in Germania di avere un mondo del calcio pulito, rinnovato, che non faccia tramontare la passione che avvertono milioni di cittadini nel seguire i nostri campionati. Noi ci attendiamo che questo suo lavoro prosegua: credo che si tratti di riorganizzare il sistema, di fissare regole certe, di prevedere controlli e sanzioni. Molte indicazioni sono venute anche dall'indagine svolta da questa Commissione nella precedente legislatura.
Le rivolgo ora alcune domande precise. In primo luogo, lei ha parlato di terzietà dei controlli e dell'esigenza di evitare un sistema per cui i controllori siano scelti dai controllati: quindi, come pensa di garantire l'autonomia del sistema arbitrale?
In secondo luogo, come pensa di garantire l'autonomia della giustizia sportiva affinché sia liberata da qualsiasi forma di condizionamento, per non parlare di controllo?
In terzo luogo, come pensa di garantire l'autonomia delle strutture che controllano i bilanci delle società, Covisoc e Coavisoc innanzitutto?
Quarta domanda. Lei qui ha parlato di diritti televisivi, anche rifacendosi alle posizioni dell'Autorità antitrust. Non c'è dubbio che il precedente Governo di centrosinistra, sulla base dell'indicazione dell'Autorità antitrust, decise la vendita individuale dei diritti, ma ora anche l'orientamento di tale organo si è modificato. Le chiedo, pertanto, se non ritenga opportuno tornare alla vendita collettiva dei diritti televisivi per le squadre iscritte ai campionati di serie A e B. In caso affermativo, sulla base di quali criteri verranno ripartiti tra le singole società i proventi derivanti dalla suddetta vendita al fine di garantire maggiore equilibrio e competitività tra i club?
Ritiene opportuno - è la quinta domanda - deliberare l'assunzione di un tetto massimo per gli ingaggi dei calciatori, applicando il cosiddetto salary cap, adottato in leghe sportive estere? Se si decidesse di introdurre questo tetto, lei riterrebbe opportuno prevedere un sistema di consistenti ed ineludibili sanzioni da applicare alle società che violassero in modo diretto o indiretto i parametri fissati?
La sesta domanda è relativa ad un altro tema che abbiamo affrontato in questa Commissione. Il precedente Governo di centrosinistra, anche a seguito della sentenza Bosman, ha previsto la trasformazione delle società di calcio in SpA con fini di lucro, sulla base di una richiesta - parliamoci chiaro - che veniva dal mondo del calcio, che è stata salutata positivamente da molti e che è stata votata da tutte le forze politiche in Parlamento. Questa trasformazione ha senza dubbio mostrato i suoi limiti, che sono emersi in materia abbastanza chiara. Cosa pensa di questi limiti e che cosa si può fare? Ritiene che sia il caso di tornare indietro? Glielo chiedo anche come grande esperto in materia.
Venendo ora alla settima domanda, uno dei motivi che ha reso fragile il sistema nasce anche dai meccanismi attraverso i quali si eleggono i dirigenti e gli organi dirigenti della Federazione. È successo che, attraverso un potere di veto, un piccolo gruppo di società ha condizionato l'intero sistema; questo emerge in maniera chiara dalle intercettazioni. Cosa intende fare per garantire un diverso sistema elettorale, per rendere più democratico e trasparente il sistema?
Ottava domanda. Il calcio è un sistema caratterizzato da 130 società sportive professionistiche che sono il vertice di una base di 13 mila società sportive dilettantistiche. Le chiedo se queste società professionistiche, che sono il triplo di quelle esistenti negli altri paesi europei, non siano forse troppe e se lei non ritenga si debba intervenire per ridurne il numero, visto che non mi pare che il nostro mercato sia il triplo di quello degli stessi paesi europei.
Le chiedo, infine, quali interventi ritenga di poter effettuare per il sostegno delle società dilettantistiche, per la missione fondamentale di formazione dei giovani, magari con una mutualità diversa da quella che si è realizzata nel corso di questi anni, che produca il sostegno delle società di serie B, C e dilettantistiche che investono sui vivai.
Dal complesso di queste domande noi ci aspettiamo da parte sua, signor commissario, risposte precise e puntuali, certi che questo nostro lavoro d'indagine conoscitiva possa ricevere un forte rafforzamento anche dalle sue risposte.
MAURO DEL BUE. Vorrei formulare quattro domande ed una premessa, cercando di essere sintetico al massimo.
Lei, signor commissario, sta affrontando la più grave crisi e il più grande trionfo del calcio italiano: usi il trionfo per risolvere la crisi ma non per evitare di affrontarla. Sono personalmente contrario all'amnistia, non perché sia contrario agli atti di condono, che, generalmente, vengono adottati dopo vittorie sportive (penso a quella degli europei del 1968 a cui seguì, appunto, un'amnistia nel mondo del calcio) ma perché l'amnistia - e l'ho sottolineato anche nel corso del dibattito che ha fatto seguito all'audizione del ministro Melandri - non ripara i torti che sono stati determinati dagli atteggiamenti illeciti. Ci sono società che hanno subito torti e che devono essere in qualche modo risarcite, vanno gratificate con risoluzioni e con decisioni che siano in grado di riabilitarle.
Le rivolgo una prima domanda. Lei, a mio giudizio giustamente, ha messo in discussione la struttura elettiva delle federazioni all'interno dell'ordinamento del CONI. Nessuno mette in discussione l'autonomia del sistema sportivo e il governo affidato al CONI. Come si sa, il Governo italiano ha solo un potere di vigilanza sul CONI e lo sport si autogoverna, anche se io non credo all'autosufficienza dello sport. Tuttavia, questo è un sistema che in Italia regge da molti anni, non è una scoperta di quest'ultimo periodo: i presidenti delle federazioni vengono eletti in un certo modo, i presidenti delle leghe vengono eletti dalle società sportive e, come lei ha detto, si determina un rapporto tra eletto ed elettore fondato sul voto di scambio. Se si «rimpolpa» questa struttura con la questione dei diritti televisivi, vediamo come è stato iniettato all'interno di questo rapporto particolare un virus fortemente lesivo dei diritti di ciascuno. In che modo lei intende cambiare questo sistema?
Seconda domanda. Lei non ritiene di aver fatto un errore nell'incaricare il dottor Borrelli di condurre le indagini? Le faccio questa domanda non perché io creda che il dottor Borrelli sia prevenuto nei confronti di Berlusconi e del Milan, ma perché è inevitabile che, qualora il Milan venga coinvolto, com'è successo, nello scandalo, qualcuno sospetti che questo sia, in qualche misura, influenzato dall'indagine di Borrelli, il quale ancora una volta non è stato sufficientemente continente nelle affermazioni. Quando sembrava che il Milan potesse rimanere in serie A secondo le richieste dell'accusa, ho letto un paio di interviste che, francamente, mi sono sembrate eccessive.
La terza domanda è la seguente. Cosa intende fare sui ripescaggi alla luce dei fallimenti o delle irregolarità di bilancio delle società? Lei ha detto giustamente che bisogna ritornare al merito sportivo. Oggi ci sono altri criteri per ripescare le squadre calcistiche nelle categorie superiori, che non riguardano solo il merito sportivo, ma la tradizione, il bacino d'utenza, la capienza dello stadio. Ho letto questa mattina sui giornali che ci sono già decisioni che riguardano il mancato ricorso di alcune società di serie C1 e di serie C2, che vengono date, di fatto, per fallite: in questo caso tornerà il merito sportivo o si resterà ai criteri delle passate stagioni?
Infine, lei ha giustamente ricandidato l'Italia alla competizione europea del 2012, ma sa che esistono problemi strutturali per rendere i nostri stadi adeguati alle normative europee, senza barriere. Pensa che il modello tedesco possa essere importato in Italia per quanto riguarda la sicurezza, la polizia gestita direttamente dalle società all'interno degli stadi? E per quanto riguarda la visibilità, gli stadi senza piste? E per quanto riguarda il fatto che, contrariamente a quanto avviene negli stadi italiani, oggi negli stadi europei si può mischiare il pubblico di una squadra con quello dell'altra squadra senza ingabbiare i tifosi avversari? Insomma, che cosa intende fare? Sollecitare il Governo ad un piano di edilizia sportiva per il riammodernamento degli stadi italiani per il 2012?
WLADIMIRO GUADAGNO detto VLADIMIR LUXURIA. Intanto, voglio subito
augurare al commissario straordinario della Federazione italiana giuoco calcio, professor Guido Rossi, buon lavoro.
La prima domanda che mi viene spontanea è se un altro calcio sia possibile perché, sinceramente, dopo la vittoria dei mondiali, per come si è comportata la squadra di calcio, per l'assenza di episodi di teppismo, di violenza e per come si sono anche comportati gli arbitri - indipendentemente dal risultato ottenuto, che, comunque, ci ha reso tutti felici -, la mia risposta è positiva. Io penso che un altro calcio sia possibile.
L'unico atto di teppismo sportivo lo abbiamo visto ed è stato quello di Zidane. Ci è piaciuto vedere che questo atto di teppismo è stato punito in maniera veloce con l'espulsione. Dico questo perché una delle critiche rivolte in maniera più veemente contro queste indagini è stata proprio quella che ha associato al concetto di anomalia, di processo anomalo, il concetto di velocità.
Mi sembra strano non auspicare un risultato veloce, per l'esigenza e la voglia di giustizia che viene da una gran parte della popolazione. Zidane ha avuto anche la punizione di essere stato escluso, estromesso dai rigori, considerato che è un campione dei rigori. A questo proposito non credo che, come ha affermato nell'ultima sua dichiarazione Zeman, sia stato un mezzuccio dell'Italia per vincere: ritengo invece che sia stato una specie di contrappasso.
Un altro calcio è possibile perché c'è stato un nuovo grande slancio verso il tricolore e perché, secondo me, il calcio oggi è diventato, con i mondiali, un grande fenomeno di coesione sociale, un grande fenomeno catartico, unificante, dove non ci sono fedi politiche, classi sociali e provenienze geografiche: quello che conta è essere tutti insieme per un'unica squadra. Le dico questo perché in molti hanno notato, anche qui in Commissione cultura, come molti migranti che vivono in Italia si siano sentiti italiani a causa del calcio della nazionale, cioè per il fatto di dover tifare per una stessa squadra.
Lei ha parlato di patologia e io sono d'accordo con lei. Lo scandalo, il problema non è mai quando viene fatta la diagnosi di un male; il problema è quando il male, la patologia rimane nascosta, quando non si ha la possibilità di pensare alla cura, quando non si sa o, per meglio dire, forse si fa finta di non sapere.
In questo periodo tutti leggiamo un carosello di affermazioni da parte di molti esponenti, anche politici, che si sono divisi in due squadre: una squadra di clementi, che tende a chiedere un atto di clemenza, appunto, un colpo di spugna, e un'altra squadra che, invece, chiede rigore. Come abbiamo ottenuto i rigori nell'ultimo mondiale e, poi, ci è andata bene, così penso che un po' di rigore, questa volta etico, possa farci bene di nuovo.
Non le nascondo di essere più dalla parte di chi non si mette né in una squadra né nell'altra, perché credo che collocarsi in una squadra o nell'altra voglia dire in qualche modo ammettere di avere un qualche controllo politico sulla magistratura. Ritengo che si tratti non di un atto di clemenza, di un colpo di spugna, ma purtroppo di un condono, di un modo per far di nuovo vincere i furbi, di un modo per far sentire impunito chi sbaglia e chi tradisce il vero spirito sportivo.
Abbiamo visto troppi condoni in questi ultimi anni. Il condono è sempre un cattivo esempio, perché anche se si sbaglia e si solleva il polverone, ad un certo punto la politica insegna che il polverone può essere messo sotto al tappeto, e insegna, purtroppo, a chi invece si comporta bene, a chi rispetta le regole in ogni campo, non solo in quello sportivo, che è un fesso perché gli altri che, invece, non hanno aderito alle regole vengono poi condonati.
Considero un segnale politico davvero poco edificante chiedere un colpo di spugna. Mi riconosco nelle parole di Gattuso: che non vada a finire «a tarallucci e vino». Penso che lo sport non sia pane e circo, che non sia un oppio dei popoli; lo sport deve essere un grande esempio, un grande insegnamento, anche etico, per chi fa sport e per chi gode di sport.
Molti hanno espresso dichiarazioni preoccupate perché si percepisce come ingiusto il fatto che alcuni calciatori, grandi, famosi, che hanno sempre giocato in serie A, si possano veder giocare in serie B o in serie C. Credo che sarebbe come chiedersi se una persona ricca possa retrocedere, qualora sbagli, da una villa alla cella di un carcere. Non dobbiamo essere condizionati da questo tipo di valutazioni quando si parla di giustizia sportiva e di giustizia più in generale.
Se bisogna avere clemenza, se bisogna chiedere perdono a qualcuno, occorre chiederlo a tutti gli sportivi che hanno creduto nelle loro squadre di calcio. Sono sportivi che - lei lo sa bene, non è necessario che glielo assicuri io - preferiscono perdere con regole certe che vincere con regole incerte o con trucchi o con giochi o con corruzioni.
Mi dispiace che qualcuno, anche qui in Commissione, tenda sempre a buttarla in politica e mi dispiace anche sentire un certo rumoreggiare e «mal di pancia» quando vengono evocati certi nomi. Quando sento una persona - che, non casualmente, non è solo presidente di una grande squadra italiana, ma anche un presidente sportivo - dire che Borrelli fa questo per punire il Milan, penso che questa persona dimentichi che ci sono anche altri inquisiti, per esempio Della Valle, che non hanno a che fare con la sua squadra di calcio.
Le chiedo quindi se non ritenga anche lei che bisogna riconsiderare il tema della quotazione in borsa per le società sportive, cioè delle regole del mercato che possono portare a questo tipo di corruzione.
Infine, come ha ricordato l'onorevole Martella, pongo alla sua attenzione le questioni del salary cap, del tetto - perché i giocatori svolgono questa professione per passione, non per i soldi - e del controllo del doping.
MARIO PESCANTE. Presidente, parlo a nome di Forza Italia per concessione del nostro presidente di gruppo, in virtù di certi miei percorsi ed esperienze sportive. Scusi il ritardo, ma evidentemente sono inesperto di questioni parlamentari: mi avevano detto che la Commissione non si sarebbe riunita e sono arrivato con affanno e con la relativa multa. Non sapevano chi fossi, ma credo che si aggiusterà tutto; ho detto che dovevo venire alla sua audizione e che meritavo di ricevere comprensione.
Commissario, professore: complimenti! Complimenti per il suo lavoro e, tengo a sottolinearlo, in virtù del mio passato sportivo, complimenti per la sua sobrietà: qualcuno dice guastata dalla sua sciarpa molto visibile, ma ho capito la motivazione. Quando ero nello sport avvertivo un certo disagio nel momento in cui - di vittorie sportive ne ho viste tante - riscontravo l'abitudine italiana del «salto sul carro»: qui abbiamo assistito a colpi di gomiti per il salto sul bus dei vincitori. Le sono grato, non da parlamentare ma da uomo di sport, per non aver partecipato a questa lotta di gomiti e per aver mantenuto la sua sobrietà. È stato particolarmente apprezzato per questo.
Una premessa: dottor Rossi, sull'amnistia è inutile dire che si è contrari, non la vuole più nessuno. Chi l'aveva non dico ipotizzata ma solo menzionata, ora non la riconosce; con il solito sistema italiano di ascoltare l'umore della gente ora si parla di indulgenza: è uscito fuori il discorso dell'indulto. Dottor Rossi, non credo di dover sprecare molte parole per convincerla, però ci tengo a far presente, a nome di Forza Italia, visto che c'è stato un riferimento politico che io non farò, che non solo non si deve parlare di amnistia, ma non si deve parlare nemmeno di indulgenza, certamente non a livello di responsabilità individuali.
Ci sono persone che hanno inquinato non una partita ma il sistema, che hanno inquinato un mondo, creando il più grande scandalo dello sport italiano. Non si tratta di responsabilità individuali, di questo o di quell'altro calciatore, dello scandalo; in questo caso è stato inquinato un sistema dando un esempio mostruoso non solo al paese, ma anche a milioni e milioni di praticanti sportivi e a centinaia di migliaia di dirigenti dilettanti, pure del
mondo del calcio, che non si sono confrontati con certe persone responsabili ma che piangono più di noi per quello che è accaduto. Se poi occorre fare una discriminazione tra le responsabilità individuali, da punire una volta accertate, e la situazione della squadra, ben venga.
Per quanto riguarda i mass media, leggevo alcuni articoli: c'era chi l'accusava per la presenza di Lippi, di Buffon e di Cannavaro; sono gli attuali colleghi giornalisti che esaltano come eroi questi tre giocatori. Ha fatto bene a resistere all'epoca, fa bene a resistere oggi alle diverse tentazioni.
Questo mio invito non è rivolto a lei, dottore, ma ai miei colleghi parlamentari: che stiano al loro posto. Non spetta a noi invocare amnistie, indulti; esiste una giustizia sportiva che se ne sta occupando. Sarà la giustizia sportiva a valutare, con un'applicazione rigorosa delle norme, che esistono e che vanno rispettate, se si dovrà avere un minimo non di indulgenza ma di comprensione - ci sono le attenuanti generiche anche nel settore della nostra giustizia ordinaria - nei confronti dei calciatori che appartengono a squadre che sono state punite fin troppo rigorosamente (mi consenta solo questo giudizio da cittadino) dalle richieste del procuratore e se essi meriteranno un diverso trattamento. Bisogna, comunque, rispettare le decisioni della giustizia sportiva.
Oso un riferimento che mi fa tremare le vene. Un autorevole personaggio, al quale va tutto il nostro rispetto per la carica che ha ricoperto e per la sua storia politica, ha detto, con una lettera diretta a tre di coloro che sono attualmente inquisiti, anche penalmente, di mandare la giustizia sportiva ad un certo paese. La risposta è: mandiamo ad un certo paese coloro che saranno giudicati responsabili dalla giustizia sportiva, alla quale va il mio rispetto. Mi auguro che in futuro, nel rivedere i concetti che sono alla base della giustizia sportiva (e c'è motivo per farlo), questa mantenga la sua autonomia.
Detto questo, dottor Rossi, veniamo al motivo del nostro incontro. Nel mondo parlamentare ci sono due partiti ai quali io non mi allineo perché questa volta noi membri del Parlamento non dobbiamo iscriverci a nessun partito. Le hanno sottoposto una serie di quesiti per rispondere ai quali lei impiegherà non meno di un paio d'anni. Io non le chiederò risposte a quesiti così specifici, ma mi complimento con chi glieli ha posti: evidentemente, hanno studiato la materia. Per fare in modo che il professore illustri le questioni universali sulle quali il mondo del calcio si accapiglia a livello nazionale ed internazionale da qualche anno occorre un tempo adeguato. Le auguro, professore, che lei lo possa fare alla fine del suo mandato: mi pare di aver capito che lei si è prefissato questo.
Non le porrò dunque tali quesiti. Pur essendo arrivato in ritardo, ho letto parte della sua relazione e l'ho ascoltata. Ebbene, in questo momento le parlo come parlamentare: c'è convergenza totale. Lei ha individuato alcuni settori. Non chiederò la sua risposta al riguardo, ma le citerò dei temi non in ordine prioritario.
Il problema della giustizia sportiva è serio: essa deve essere autonoma non solo dalla giustizia ordinaria ma anche dai poteri federali. Il fatto di liberarsi di qualche membro degli organi di giustizia - non voglio alludere a nulla - quando si sia in presenza di una sentenza sgradita è inammissibile. Mi rimetto alle sue valutazioni per quanto riguarda il concetto di terzietà - il concetto della «moglie di Cesare» - e per quanto concerne la sua rigorosa attuazione, ma le garantisco che non le chiedo la risposta oggi.
Ricordiamoci, però, che la giustizia sportiva deve mantenere la sua autonomia. Abbiamo recentemente approvato una legge, cercando di dirimere le questioni. Chiedo che la giustizia ordinaria, soprattutto quella amministrativa, non torni a fare quel che ha fatto in passato, per cui c'erano due campionati, quello della Federcalcio e quello scritto dai TAR. Abbiamo cercato di mettere ordine. Qualche dichiarazione - a mio modesto avviso preventiva, oserei dire quasi minacciosa - sarebbe stato preferibile che non ci fosse stata; mi spiace perché viene da una
persona che stimo moltissimo, che oltretutto è anche mio amico: forse avrebbero fatto meglio ad evitarla.
Sulla giustizia sportiva, quindi, dottor Rossi, sta a lei effettuare le valutazioni. Ha maturato l'esperienza sufficiente per farlo. Valuti anche l'umore della modesta parte del Parlamento che rappresento e sappia che in questo discorso la asseconderemo.
Per quanto riguarda, invece, gli altri temi, siamo d'accordo. L'autonomia degli arbitri non è una questione così semplice; come lei sa, ci sono delle norme UEFA. Io credo non solo che un arbitro non possa arbitrare sotto le minacce di qualcuno - e mi auguro che queste restino fuori per tutto il tempo necessario affinché non abbiano degli imitatori -, ma che non possa neppure arbitrare sotto la clava della soggezione psicologica. Infatti, quand'anche non ci fosse un'interdipendenza con i poteri federali, ci sarebbe - è inutile nasconderselo - la soggezione psicologica nei confronti dei grandi club, non dei piccoli. Questo è un problema ma non le chiedo la risposta.
Quanto ai controlli, dottor Rossi, lei conosce bene la materia. Tante cose non hanno funzionato, ma non hanno funzionato neppure i controlli. Lei è stato un autorevole esponente della Consob. Io non mi avventuro su questo terreno, la mia denuncia dei redditi la fa il mio autista, ma francamente non credo che il sistema del calcio possa essere trattato differentemente dagli altri sistemi dove ci sono quotazioni in borsa, fini di lucro e via dicendo, cioè non può essere trattato con una certa superficialità.
Dobbiamo cercare di fare chiarezza. So che devo concludere il mio intervento, presidente, ma non hanno rispettato i tempi neppure quei colleghi che li avevano contingentati.
PRESIDENTE. No, no. Abbiamo solo concesso all'onorevole Del Bue un po' di tempo in più.
MARIO PESCANTE. Per cercare di «prendervi in castagna» ho preso nota dei minuti...!
PRESIDENTE. Sono 12 i minuti concessi al suo gruppo e c'è anche un altro collega del suo gruppo che si è iscritto a parlare.
MARIO PESCANTE. Se è così, va bene; tra l'altro, sono in netta contrapposizione con l'avvocato Paniz, il quale in ragione del suo credo, non politico ma calcistico, è un propugnatore di indulgenze.
Dottor Rossi, sul fine di lucro, sulle società per azioni e sulle quotazioni in borsa ho letto molte cose. In questo caso non facciamo un discorso politico: chiunque abbia chiesto la legge - è vero, il calcio -; chiunque abbia scritto una lettera per complimentarsi - è vero, il CONI, l'ho scritta io - questa è una sventura. Attraverso il fine di lucro si è inquinato il sistema e non si è risolto alcun problema in ordine al bilancio: qualcuno si è arricchito lecitamente con le stock options e qualcun altro si è arricchito fraudolentemente. Questo sistema va quantomeno controllato, in qualche modo verificato.
L'ultima questione che intendo sollevare è quella della mutualità. Arrivato a questo punto rivolgo un altro invito a lei, presidente Folena, e ai tanti colleghi, compreso il ministro dello sport in carica, che hanno proposto alcune leggi, direi in maniera anche abbastanza estemporanea. Si parla di una legge prima che lei finisca il suo lavoro, prima che la nostra Commissione concluda la sua indagine e si cita una proposta per il salary cap. Il salary cap fa molto effetto, ma è una delle tante risposte ai problemi relativi al contenimento dei costi. Giudichi lei qual è il sistema complessivo, poi ci sarà anche il salary cap.
Il tema dei diritti collettivi e diritti individuali è una delle questioni della mutualità, certamente importante, sono d'accordo. Il problema dei diritti collettivi va sicuramente superato, ma con modi e tempi da valutare nel contesto generale della nuova mutualità. Se adesso il Parlamento approvasse leggi a «go-go», precedendo il suo lavoro e quello della Commissione, sul piano del protagonismo individuale dei parlamentari questo porterebbe
sicuramente a qualche foto sui giornali, ma il risultato sarebbe disastroso.
Chiedo il suo parere non sui quesiti che ho posto, ma sulla seguente questione: non ritiene che il Parlamento e la Commissione debbano lasciarla lavorare tranquillamente per il tempo che vorrà? Lei prenderà atto delle nostre segnalazioni e raccomandazioni, dopodiché ci rivedremo, dottor Rossi, per le iniziative legislative che dovessero servire, che poi il Parlamento giudicherà. L'autonomia del calcio e mia personale mi mettono nelle condizioni di dare queste risposte.
NICOLA BONO. Signor commissario straordinario, anch'io non posso non sottolineare la soddisfazione per il risultato conseguito, dal quale oggettivamente lei, in termini di qualità, trae il principale beneficio, avendo avuto anche il merito di confermare un assetto atletico che è stato alla base della vittoria e della conquista di questo prestigiosissimo titolo.
Lei oggi, e non solo oggi, ha avuto il merito di chiarire alcune delle questioni che sono alla base di uno scandalo di dimensioni epocali. Uno scandalo eccezionale che, come è stato giustamente sottolineato, non ha riguardato solo i settori che vivono all'interno del mondo del calcio, ma che aveva forti commistioni con l'esterno, con pezzi della comunicazione, con pezzi anche di società civile, magistratura, alti funzionari e quant'altro.
Siamo, quindi, davanti ad una situazione drammatica, con chiare anomalie. Lei ha sintetizzato facendo riferimento all'assenza di terzietà nelle funzioni di garanzia e di controllo, all'assurdità che i controllori fossero eletti dai controllati o che fossero, addirittura, essi stessi eletti; infine, ha posto la sfida di nuove regole. Questo è il senso e il contenuto della sua relazione. Non ci è parso di capire come questa sfida, come queste nuove regole debbano essere articolate e se sia o sarà sufficiente, intanto, il tempo che è stato assegnato alla sua gestione straordinaria. Occorre che la Commissione capisca anche questo.
Il nostro incontro di oggi è di approfondimento, di chiarimento, di orientamento, di individuazione di obiettivi che, anche in ordine al tempo, hanno bisogno di essere compresi. Non abbiamo, quindi, avuto indicazioni di merito, non abbiamo avuto indicazioni su eventuali richieste di modifiche legislative. Noi siamo un Parlamento e la Commissione è deputata ad affrontare tali questioni.
Lei non può, nel momento in cui denuncia un assetto anomalo e la scandalosa condizione in cui versava il mondo del calcio, annunciare regole e non collegarle virtuosamente alle conseguenti modifiche di carattere legislativo che sono il nesso logico, l'osmosi naturale per creare un'azione organica e armonica di intervento.
Inoltre, è chiaro come lei voglia mantenere un'affermazione che ha fatto en passant, cioè l'assoluta autonomia dello sport dalla politica. Questo è uno dei punti dirimenti su cui noi riteniamo necessario intervenire. Io rappresento Alleanza Nazionale, la quale sulla questione dell'indipendenza dello sport dalla politica non intende deflettere in alcun modo. Nel merito, quindi, le chiedo: come ritiene di raggiungere gli obiettivi di garantire la terzietà nelle funzioni di garanzia e di controllo, di assicurare che non ci siano anomalie, di evitare, in futuro, il ripetersi di condizioni o di terreni di coltura dove si possa di nuovo alimentare una illegalità tanto diffusa da investire tutti i settori e tutte le categorie, senza esclusione alcuna? Come ritiene di procedere per tutelare l'indipendenza dello sport dalla politica? È sicuro, ad esempio, che anche nelle nomine cui lei ha proceduto in questa vicenda ha tenuto presente l'esigenza di distinguere fortemente lo sport da qualsiasi intromissione o commistione con la politica? Non è, forse, probabile che qualcuno di quelli che lei ha nominato, pur non essendo politico di professione, qualche commistione e qualche collegamento con vicende politiche anche abbastanza recenti li abbia avuti?
Allora, la scelta, la dirittura morale e l'indicazione di merito, nel momento in
cui si esprime un orientamento, devono avere una coerenza oggettiva: tale coerenza impone che non ci siano soggetti che abbiano la duplice veste, perché questa è la prima delle condizioni che fa poi venir meno il principio dell'assoluta distanza tra i due mondi.
Quali misure legislative lei ritiene necessarie per armonizzare le scelte che farà come commissario straordinario per moralizzare il calcio? Le pongo due quesiti ben precisi. Alleanza Nazionale ha presentato una proposta di legge in ordine all'abolizione del principio della vendita individuale dei diritti televisivi, nella convinzione che la vendita collettiva dei diritti televisivi sia un elemento di grande trasparenza e abbia la capacità di rendere il mondo del calcio meno assoggettato e assoggettabile ad interessi di carattere economico. Allora, l'esigenza di procedere al più presto all'approvazione di questa proposta di legge lei la ritiene o meno una priorità?
Un'altra proposta di legge presentata da Alleanza Nazionale riguarda l'eliminazione della possibilità che le società sportive professionistiche perseguano il fine di lucro. Questo farebbe automaticamente cadere le società stesse dalla quotazione di borsa, facendo venir meno un altro tassello fondamentale, che a nostro avviso è stato alla base della permeabilità del mondo del calcio rispetto ad interessi di natura diversa.
Vorrei solo ricordare che queste due leggi - quella sulla vendita individuale dei diritti e quella sulla quotazione delle società - furono introdotte durante i governi di centrosinistra.
Infine, quali misure ritiene di assumere non solo per riportare correttezza e trasparenza nel settore, ma anche per sostenere le società dilettantistiche? Infatti, non bisogna mai dimenticare la ragione prima per cui è nata la struttura, l'entità che è alla base degli interessi che lei oggi rappresenta.
CARLO COSTANTINI. Dottor Rossi, sono il presidente del gruppo dell'Italia dei valori nella Commissione cultura e la ringrazio per la chiarezza della sua relazione ed anche per la sua durezza, per il fatto che non contenga zone d'ombra. Credo che questo rappresenti il presupposto per decisioni chiare, per allontanare ogni dubbio sulla prospettiva, che da qualche parte emerge, di amnistie e provvedimenti che, in qualche modo, lederebbero la credibilità che il calcio, grazie al suo impegno e alla sua fatica, sta pian piano riconquistando.
Ringrazio anche i colleghi, che mi consentiranno di essere più breve del previsto: condivido infatti quasi tutto quel che è stato detto sia dalla maggioranza che dall'opposizione. Lo scandalo degli ultimi mesi è l'evoluzione della situazione di crisi che risale a qualche anno fa, che si è manifestata con fallimenti di società, con continue violazioni di regole, con il mancato pagamento di imposte, con conflitti di interesse e indebitamenti straordinari delle società di calcio, molto spesso nascosti fra le pieghe del bilancio, e che hanno inciso negativamente anche sul piano della concorrenza e del mercato. Alcuni hanno potuto, dunque, spendere di più e indebitarsi di più per comprare giocatori che hanno consentito loro di ottenere titoli sportivi; altri, che invece hanno rispettato le regole, questa opportunità non l'hanno avuta.
A mio parere, questa fase coincide con la riforma delle norme che hanno consentito l'apertura delle società calcistiche al mercato. Condivido l'ultimo intervento, che considerava proprio il lasso temporale tra l'apertura delle società di calcio al mercato e l'inizio di questa fase di grande crisi e di grande difficoltà: forse, questa coincidenza non è casuale.
Ho esaminato con attenzione il lavoro svolto dalla VII Commissione della precedente legislatura che contiene spunti interessanti. Lei ne ha richiamati tre con sufficiente chiarezza: l'esigenza di intervenire sul sistema dei controlli, per evitare la sovrapposizione tra controllore e controllato; l'introduzione di elementi di redistribuzione dei diritti televisivi e dei proventi dei diritti televisivi; un intervento forte sugli impianti sportivi per migliorare la
funzionalità e consentire alla società calcistica di utilizzarli. Sono interventi sicuramente interessanti, che però rischiano di essere parziali rispetto all'evoluzione che c'è stata dal luglio 2004 ad oggi.
Vorrei esprimere una considerazione in riferimento alle domande poste dai colleghi. Secondo lei, in un contesto come questo, l'attuale struttura giuridico-normativa delle società di calcio è compatibile con la possibilità - anzi, con la necessità - di garantire ai milioni di tifosi che l'obiettivo perseguito, prima del lucro, sia il titolo sportivo? È compatibile con il perseguimento di un successo di carattere sportivo piuttosto che di un interesse economico? In riferimento al dato temporale - l'apertura delle società al mercato e l'inizio del processo di crisi delle società calcistiche, - sarebbe auspicabile ripartire da quel momento e riconsiderare questa scelta. Su questo punto mi piacerebbe conoscere la sua valutazione.
LUCIANO CIOCCHETTI. Rivolgo un saluto al commissario della Federcalcio. Io sono presidente del gruppo dell'UDC in Commissione cultura e vorrei esprimere alcune brevissime considerazioni e formulare domande. Una considerazione la rivolgo al presidente perché siamo molto felici e contenti. Grazie ai biglietti che mi ha fatto acquistare la Federcalcio - dai settori popolari, tengo a precisarlo, degli stadi tedeschi - ho assistito a quattro partite delle sette che l'Italia ha giocato in Germania. Essendo un tifoso, quindi uno sportivo, credo che questo sia un successo di tutta l'Italia. Alcune cose avvenute in questi giorni mi sono parse il tentativo, da parte di qualcuno, di strumentalizzare un successo del paese, un successo di 24 ragazzi, un successo del mondo del calcio e dello sport italiano. Al di là degli scandali, che restano e devono essere combattuti, a livello di risultati sportivi, di olimpiadi, di campionati del mondo, in tutti gli sport si ottengono e si continuano ad ottenere risultati eccellenti ed eccezionali.
Credo che questa sia la realtà, pur nelle difficoltà che tutti i colleghi conoscono, essendo esperti del settore ed avendo avuto, alcuni di essi, anche grandi responsabilità di dirigenza sportiva: ritengo, pertanto, che ciò debba essere sottolineato.
Voglio consegnare queste riflessioni al presidente, non perché ne abbia responsabilità, ma perché credo che egli sia in qualche modo il garante di questa Commissione istituzionale. Probabilmente, sul pullman del successo dell'Italia a piazza Venezia o al Circo Massimo dovevano esserci i 24 giocatori e l'allenatore, non i rappresentanti - sia pur autorevoli - del Governo, che nulla avevano a che fare con il successo dell'Italia: è solo, ripeto, una sottolineatura.
Per entrare nel merito dell'audizione, credo che il problema nasca essenzialmente dalla aumentata necessità di risorse economiche per poter competere a certi livelli, e quindi vincere gli scudetti, nelle gare europee ed internazionali. Si tratta chiaramente di un problema italiano, ma credo che sbaglieremmo se lo considerassimo solo italiano. Faccio presente che le nostre squadre di vertice partecipano alla Champions League, ai campionati della UEFA. Quindi, quando si parla di salary cap, forse dovremmo porci il problema di cosa accade in Germania, Spagna e Inghilterra e di come le nostre società potranno eventualmente competere con le squadre inglesi, tedesche e spagnole in merito ad un certo tetto, che può essere stabilito solo con un accordo di tipo europeo, che non sia soltanto il frutto di una decisione nazionale.
Chiedo quindi a lei, che ha fatto questa full immersion in così poco tempo, se condivida quanto finora detto, poiché da quanto esposto dal ministro Melandri mi sembra di aver compreso che questo fosse uno dei primi punti che ci si poneva nel dibattito.
Credo che occorra stabilire delle regole che ci facciano tornare a prima del 1996, quando le società di calcio erano senza scopo di lucro, quando non era possibile avere società per azioni, quando, pur in un sistema condizionato dalle squadre più forti, il divario tra grandi e piccole società era inferiore a quello attuale.
Il cambiamento e la svolta sono certamente legati ad una richiesta del sistema, ad alcune vicende già verificatesi in altri paesi europei, connesse ad una serie di battaglie interne alla Lega e alla Federcalcio, che hanno portato il Parlamento ad approvare due provvedimenti: quello di modifica della legge n. 398 del 1991, per la quotazione in borsa e per diventare società per azioni a scopo di lucro, e quello relativo ai diritti televisivi. Il primo passo, quindi, è la modifica della legge sulle quotazioni in borsa e sulle SpA, destinando gli utili alla crescita dei vivai delle società sportive.
Solo tre questioni in conclusione. Lei parla di terzietà dei controlli nella giustizia sportiva: in che modo? Ritengo il discorso corretto, ma bisogna pensare a come attuarlo. Lei oggi è stato costretto a nominare il presidente della CAF: lo ha nominato lei in qualità di commissario della Federcalcio, e anche ciò rientra tra le disposizioni da modificare. Per quanto concerne l'autonomia degli arbitri, perché non pensare ad una federazione autonoma del CONI? Secondo me si può proporre.
VITO LI CAUSI. Professor Rossi, le porgo il mio benvenuto e dichiaro la mia soddisfazione per il risultato conseguito nei giorni addietro.
Parlo a nome dei Popolari-Udeur, che rappresento in Commissione cultura, e tengo a far presente che in questi giorni il ministro della giustizia, onorevole Mastella, riferendosi ai recenti scandali del mondo del calcio, non ha mai parlato di amnistia sportiva, bensì dell'esigenza di punire chi ha sbagliato.
Detto ciò, le chiedo come intenda scardinare questo meccanismo di gestione del calcio italiano, che ormai dovrebbe appartenere al passato; per il futuro, invece, siamo certi che dovrà essere creato un sistema efficiente e di garanzia.
Ritengo che per i casi di illecito sportivo debbano essere applicate sanzioni che abbiano un effetto deterrente nel sistema, cioè che lascino il segno per fare meglio in futuro, senza con ciò voler interferire in alcun modo sul collegio giudicante, che emetterà un giudizio sulla responsabilità dei singoli. Si tenga comunque presente che non sarebbe neppure giusto punire giocatori, tifosi, società quotate in borsa, intere città e azionisti per colpe certamente attribuibili a determinate classi dirigenti. Le chiedo come pensa di agire affinché i nostri calciatori - che, sia atleticamente sia fisicamente, sono incorrotti - non finiscano sotto i riflettori, sotto gli occhi del mondo, soprattutto degli adolescenti.
Le rivolgo un'altra domanda: quale garanzia di equilibrio, ma anche di competitività, potrà offrire per quanto riguarda la vendita dei diritti televisivi?
Professor Rossi, completo il mio brevissimo intervento dicendo che la giustizia sportiva è diversa da quella ordinaria. Nel primo caso la Federazione può intervenire e dare chiarimenti per restituire onore e trasparenza al calcio italiano. Sono certo che lei di tutto questo terrà ben conto.
Infine, una circostanza deve far riflettere: tutti abbiamo notato che quanto è stato fatto da due dozzine di atleti e un pallone ha portato in piazza, a Roma, più di un milione di italiani, ma anche di extracomunitari, con la bandiera italiana. Questo sicuramente farà riflettere la sua prestigiosissima persona.
TOMMASO PELLEGRINO. Signor presidente, la ringrazio per avermi consentito di intervenire anche se non faccio parte di questa Commissione. Voglio complimentarmi con il professor Rossi per la vittoria di questo mondiale. Mi complimento per la sua grande discrezione e, soprattutto, per il clima di simpatia e di fiducia che si respira intorno alla sua persona. In questo momento molti italiani legati al calcio, che hanno ancora tanta passione per questo sport, sono ottimisti e pensano che possiamo ripartire, che il calcio possa essere rilanciato. Devo dire che un grosso merito va attribuito soprattutto a lei.
Intendo fare una semplice premessa. Per quanto riguarda i festeggiamenti del mondiale, ritengo che, nel momento in cui c'è una vittoria che coinvolge tutti gli italiani, che manda in piazza milioni e
milioni di concittadini, chi ha un ruolo istituzionale e rappresenta un paese abbia il dovere di dare un riconoscimento ai protagonisti della vittoria. Ciò non significa soltanto mettersi in mostra: è semplicemente il giusto riconoscimento, facendo sentire la propria presenza istituzionale nei confronti dei calciatori e di tutti coloro che hanno contribuito a questa vittoria. Non ci sono, dunque, strumentalizzazioni politiche nel modo più assoluto.
Desidero anche osservare che l'autonomia dello sport rispetto alla politica è fondamentale: in ciò noi non possiamo intervenire. Premetto altresì che chi ha infangato lo sport più amato dagli italiani deve essere punito in modo deciso. Dobbiamo tuttavia operare delle riflessioni. Chi pensa che il problema del calcio possa essere risolto mandando la Juventus in serie C, il Milan, la Fiorentina ed altre società in serie B, si trova su una strada completamente sbagliata: tra qualche anno avremo esattamente lo stesso problema, non cambierà nulla.
Abbiamo di fronte un cancro che va curato con un intervento radicale e deciso. Anziché preoccuparsi di mandare chi è favorevole o chi è contrario all'amnistia a salvare la società, bisogna preoccuparsi di riformare il mondo del calcio in modo serio e incisivo, per evitare di ritrovarci di fronte allo stesso problema tra qualche anno. Non è possibile che alla fine di questa bruttissima vicenda a pagare siano i tifosi, che sono coloro i quali hanno subìto tale situazione e che dovrebbero chiedere un risarcimento.
Ricordo che nella finale del mondiale c'erano ben otto calciatori di una squadra che negli ultimi due anni ha vinto il campionato italiano e che oggi agli occhi degli italiani non ha nessun tipo di merito: rispetto a ciò dobbiamo fare una serie di riflessioni.
In conclusione, ribadisco che è necessario intervenire sulle società quotate in borsa, perché sono un male del calcio, così come bisogna fare una legge che regoli il conflitto di interessi anche nel mondo dello sport. Non è giusto consentire al figlio di un importante dirigente sportivo di fare il procuratore nell'ambito del suo stesso sport: in questo modo è chiaro che si verifica quello che è successo.
Le chiedo, poi, un intervento forte e deciso per rilanciare i tanti vivai italiani che al momento purtroppo stanno pagando di più questa situazione.
ANTONIO RUSCONI. A nome de L'Ulivo seguo questa problematica già dalla precedente legislatura. Ringrazio il professor Rossi innanzitutto per la pacatezza e l'equilibrio. Concordo con le osservazioni espresse dal mio presidente di gruppo, Martella, e ringrazio l'onorevole Pescante delle sue parole, che condivido; egli ha riconosciuto che sono state introdotte buone leggi da parte della minoranza grazie al precedente sottosegretario per lo sport.
La ringrazio inoltre, commissario Rossi, per la ricerca di risposte giuste anche se impopolari. Vorrei ricordare a tutti che lei ha confermato la piena fiducia a Marcello Lippi 45 giorni fa, quando l'opinione pubblica, tutti i sondaggi e le trasmissioni televisive dicevano il contrario. Dovrebbe essere un impegno per tutti noi che facciamo politica cercare le cose giuste, anche se impopolari.
Le riconosco il merito dei tanti ragazzi delusi che, dopo il successo degli azzurri, torneranno a giocare per divertirsi. Ma devono tornare a giocare, anche se non diventeranno mai dei campioni, con la convinzione che le partite si vincono e si perdono sul campo. Non mi riferisco al singolo dirigente o al singolo personaggio: è necessario tornare a credere che tutto si gioca sul campo.
La giustizia sportiva ha la sua autonomia ed io aggiungo che ha anche la sua autorevolezza. Come parlamentari non ci compete entrare nei giudizi. Ho fatto parte della Commissione anche nella precedente legislatura ed ho partecipato all'indagine conoscitiva svolta, conclusasi con un documento approvato unanimemente. Al ministro Melandri ho detto che da quel documento conclusivo era emersa l'idea unanime di un sistema che non funziona, caratterizzato da enormi contraddizioni.
Il governo del calcio, nel luglio 2004, aveva preso in questa sede impegni che non ha mantenuto. Certo, anche noi abbiamo le nostre colpe, perché la politica ha fatto poco in questi due anni. Allora ero all'opposizione, oggi sono nella maggioranza, ma poiché le leggi le fa il Parlamento, anche noi abbiamo delle colpe. Questo è il compito che avremo da oggi in Commissione: esprimere valutazioni e, poi, assumere decisioni.
Dobbiamo rispettare l'autonomia del calcio; occorre, però, che il mondo del calcio rispetti il ruolo del Parlamento. Sono rimasto offeso, come altri colleghi, per un unico dato: l'aver ricevuto il presidente della Lega che con grande competenza ci espresse il suo parere, ci disse perché era contrario ai diritti collettivi e che avrebbe visto come tutelare le società minori. Una settimana dopo, come amministratore delegato di una delle tre società più importanti, firmò un contratto in esclusiva. Questo non è stato rispettoso per il Parlamento e soprattutto per quella Commissione di indagine. Di questo troverà traccia nella relazione finale, naturalmente senza i nomi.
Le pongo due semplici domande e proverò a tracciare una conclusione. Innanzitutto la vendita collettiva dei diritti televisivi non vuol dire dare a tutti la stessa cosa. Nessuno pretende di dare al Milan lo stesso che al Chievo, ma vendita collettiva significa che tutti hanno gli stessi diritti e le stesse opportunità. Vorrei che una cifra simbolica (il 2, il 3, il 5 per cento) andasse al calcio dilettantistico: sono 80 mila le società della Federazione, 25 mila gli enti di promozione sportiva, 800 mila i dirigenti e 12 milioni gli atleti. A fronte della flessione del concorso pronostici, se nel 1995 le società medie di prima, seconda e terza categoria ricevevano due milioni di euro tramite il CONI e la Federazione, oggi non prendono un euro. In gran parte, si tratta di società di base.
La seconda domanda riguarda lo status dei calciatori. Ritengo che una delle peggiori vergogne sia quella sull'IRPEF. Abbiamo tante aziende in difficoltà e sappiamo che quelle più numerose che hanno evaso l'IRPEF negli ultimi anni sono le società professionistiche di serie A e di serie B. Non parlo della rateizzazione, che è stata resa ventennale, ma dei calciatori professionisti con contratti a termine e dei procuratori. Come facciamo ancora a considerarli solamente dei lavoratori dipendenti, per cui tutto il carico fiscale è un problema della società e non del singolo professionista? So che quello dello status è un problema non semplice: va inquadrato a livello europeo, quindi non possiamo verificarlo solo a livello italiano.
Concludo con un dato: di questi tempi vanno di moda i rigori, diamoci anche noi un po' di rigore. Penso che sarebbe opportuno che chi lavora in questa Commissione parlamentare si autoregolamentasse per i prossimi quattro mesi di lavoro, fino ad ottobre. Per non parlare di quello che è successo e delle sentenze, che non competono a questa Commissione. Sarebbe necessaria una forma di autocensura, per cui ognuno di noi dovrebbe parlare non di queste tematiche, ma delle regole future. Ciò interessa il mondo del calcio ed è il dovere della politica e di questa Commissione.
PAOLA FRASSINETTI. Signor commissario, posso disporre solo di tre minuti, in quanto mi riconosco in toto nell'intervento che ha effettuato il presidente del mio gruppo.
Vorrei premettere che Alleanza Nazionale si schiera a favore di quello che sarà il risultato del processo, ma nonostante ciò ho delle preoccupazioni. Avendo analizzato e seguito questo processo come avvocato e premettendo il fatto che la giustizia sportiva ha delle regole e un'autonomia diversa da quella ordinaria, mi è sembrato che lo svolgimento dell'istruttoria sia stato un po' compresso, un po' ridotto. Non ho ravvisato la possibilità da parte della difesa di effettuare determinati passaggi procedurali che, secondo me, sarebbero stati fondamentali. Proprio perché tutto il paese aspetta queste sentenze, forse un'istruttoria più completa, in un momento così delicato, sarebbe stata una garanzia per l'eventuale decisione futura.
Non posso perdere l'occasione, senza scadere nel personalismo e nel tifo campanilistico che mi sembrerebbe fuori luogo, per dichiarare inadeguate le richieste fatte per il Milan, che sono del tutto fuori luogo e avulse da qualsiasi accusa e da qualsiasi effetto in questo senso.
Concludendo, ho notato che c'è stata molta fretta nel rispettare le scadenze di iscrizione alle coppe europee. Nel caso non ci fosse ancora la sentenza d'appello, come si è orientati ad intervenire? Mi sembra una questione non secondaria.
MAURIZIO PANIZ. Professor Rossi, ritiene che il principio della responsabilità oggettiva e presunta oggi abbia ancora una sua valenza? Questo principio è nato quando si trattava di intervenire sui fatti illeciti compiuti negli stadi e non era possibile monitorarne la provenienza, mentre oggi c'è una normativa che consente un controllo di tutti i comportamenti all'interno degli stadi. È nato come principio quando non esisteva ancora la possibilità di quotare in borsa le società sportive, per cui oggi il comportamento illecito di un suo dirigente finisce per tradursi in un danno diffuso e può indurre il Parlamento a dover intervenire, come è già intervenuto con riferimento ai casi Cirio e Parmalat. Il danno che viene subìto da una serie di soggetti è consistente: si pensi a giocatori che, senza avere nessuna responsabilità, si trovano a giocare in serie B o in serie C, e sono campioni del mondo. I tifosi vengono privati della presenza di una loro squadra in un determinato territorio e i piccoli azionisti delle società quotate in borsa subiscono danno a loro volta.
Non pensa, insomma, che questa serie di circostanze induca ad intervenire con una normativa nuova che elimini il principio della responsabilità oggettiva e presunta?
Per quanto riguarda la seconda domanda, non mi sottraggo al dovere di dichiarare che sono stato uno di coloro che hanno parlato di amnistia. L'ho fatto nel momento in cui questo Parlamento si accingeva a votare un provvedimento di amnistia e di indulto. Tra qualche settimana l'indulto per delinquenti autentici sarà una realtà di questo provvedimento e lo sarà senza il mio voto. Non pensa che, nel momento in cui si mette in discussione il diritto alla vita, all'integrità personale e al rispetto della proprietà, l'ordinamento sportivo possa anche riflettere sull'opportunità di intervenire con riferimento a coloro che hanno tentato di truccare un incontro di calcio, che è un illecito sicuramente inferiore rispetto ai delitti di cui stiamo parlando e che otterranno un beneficio da parte dello Stato?
Mi permetta di esprimere una terza considerazione personale. Gli organi di informazione hanno scritto che per un certo periodo lei è stato amministratore o dirigente dell'Inter. Non pensa che nel momento in cui si invoca un'assoluta trasparenza comportamentale, il fatto di essere stato dirigente o consigliere dell'Inter possa indurre a non apparire trasparente? Soprattutto nel momento in cui ha fatto una scelta come quella del presidente Ruperto, che con la sua decisione potrebbe determinare...
PRESIDENTE. Deputato Paniz, le questioni sono chiare e lei ha parlato per quattro minuti. Il gruppo di Forza Italia ha ampiamente usato il tempo a sua disposizione.
NICOLA TRANFAGLIA. Vorrei porre delle domande abbastanza precise in merito al rapporto molto interessante ed esauriente che il professor Guido Rossi ha qui presentato. Le domande riguardano soprattutto un aspetto: la struttura delle società di calcio. Anche un osservatore esterno del mondo del calcio, quale sono stato io negli ultimi anni, si è reso conto di alcune anomalie molto evidenti: imprenditori di tutt'altra specializzazione entravano e si impadronivano di società di calcio a scopi speculativi o addirittura a scopi di acquisizione di notorietà politica o imprenditoriale.
Non crede che per le società di calcio debba studiarsi una normativa adeguata al ruolo che le stesse hanno in una società
essenzialmente dominata da un sistema mediatico, qual è quella italiana, e che non si possano applicare regole in tutto simili a quelle di altre società? Questo mi sembra un quesito a cui sarebbe interessante avere una risposta.
Il secondo punto si riferisce alla quotazione in borsa. Dall'indagine che lei ha iniziato e portato avanti fino a questo momento, per quanto riguarda la borsa, emerge o meno che vi sono stati un controllo ed una vigilanza adeguati nell'ambito delle caratteristiche delle società e in merito alla quotazione? Sarebbe interessante saperlo.
Infine, chiunque si sia interessato al mondo del calcio ha la sensazione che i Governi che si sono succeduti negli ultimi anni, per quanto concerne la politica fiscale applicata alle società e ai giocatori, non abbiano sfruttato tutte le possibilità ed esercitato i controlli necessari. Anche su questo argomento sarebbe interessante avere una risposta. Penso che un mondo caratterizzato da un grande utilizzo di mezzi finanziari debba essere rigorosamente controllato e vigilato dal punto di vista fiscale, altrimenti si sommano, in qualche modo, da una parte l'uso di grandi risorse, dall'altra una debolezza fiscale dello Stato.
SABATINO ARACU. Signor commissario, parlo più da presidente federale e da membro del consiglio nazionale del CONI, quindi da uomo di sport. Lei dice che siamo colleghi; mi auguro che, come ho sentito, lei sia interista come me e, nonostante io appartenga allo stesso partito dell'onorevole Paniz, la penso esattamente al contrario. Lei ha un'occasione più unica che rara di ridare legittimità e pulizia ad un ambiente che da anni tutti sanno essere sporco e corrotto: lo faccia fino in fondo. Le voci che si sentono oggi dicono che qualche dirigente con gonnellino - non perché sia donna, ma perché protetto da certi ambienti - forse prenderà un'ammonizione: sarebbe scandaloso e vergognoso.
Sono un uomo di sport e non voglio entrare nel condizionamento della giustizia sportiva. Sappiamo tutti che negli anni passati certi poteri forti sono stati l'essenza e il condizionamento di tutto il calcio italiano e se non dello sport, almeno di gran parte di esso.
Ho detto ciò anche in varie riunioni quando Pescante era presidente; oggi il presidente è un altro ed io affermo lo stesso. Lei ha un bel compito, bello per il paese, soprattutto pulito. Cerchi di portarlo avanti in modo idoneo: è l'ultima prova che la gente si aspetta dallo sport italiano.
PRESIDENTE. Abbiamo concluso gli interventi dei colleghi. Vista la quantità di domande poste al professor Rossi, non voglio aggiungerne altre.
Nel prosieguo dell'indagine conoscitiva - se necessario e se le colleghe e i colleghi concorderanno, anche sulla base della disponibilità e cortesia del professor Rossi - potremmo stabilire di incontrarci nuovamente a settembre o ottobre, in modo da esaminare la situazione in corso d'opera per la determinazione delle scelte che il Parlamento dovrà assumere.
Do quindi la parola al professor Rossi per la replica.
GUIDO ROSSI, Commissario straordinario della Federazione italiana giuoco calcio (FIGC). Concedetemi una battuta iniziale: se fossi in grado di rispondere a tutte le domande che mi sono state rivolte, probabilmente rinuncerei al mandato da domani mattina perché avrei già concluso tutto. La verità è che il mio mandato è stato fissato fino alla fine di novembre. Potrebbe anche essere rinnovato, non so se lo sarà e se sarà necessario farlo.
In questo breve periodo, di meno di due mesi, è stata fatta l'indagine su quelli che erano i mali. Nello stesso tempo, si sono verificati fatti estremamente importanti: la ricostituzione, ad esempio, degli organi di giustizia sportiva, e molte altre attività complementari. Da adesso in poi, non voglio occuparmi di giustizia sportiva. La scelta di Ruperto, a mio avviso, è stata la migliore che potessi fare, ma quello che fa Ruperto non mi interessa. Ruperto è presidente del CAF ed è lui che in questo
momento deve decidere. Io non posso decidere niente, quindi è bene che questo sia chiaro, fin d'ora.
MARIO PESCANTE. Però l'amnistia dipende da lei!
GUIDO ROSSI, Commissario straordinario della Federazione italiana giuoco calcio (FIGC). Risponderò anche sull'argomento dell'amnistia. Comincerò a rispondere secondo l'ordine degli interventi che sono stati svolti, a partire dall'onorevole Martella.
Abbiamo avuto periodi di emergenza, adesso per me comincia il momento di analizzare il sistema delle regole, cioè nei quattro mesi in cui devo ancora lavorare dovrò studiare le regole. Su questo non ci sono dubbi. Nonostante non abbia fatto altro in vita mia che studiare, le studierò con accanimento, ma con il supporto di una partecipazione straordinaria che ho avuto dalla FIFA, dalla UEFA e dall'Antitrust, con cui stiamo discutendo. L'Antitrust ha messo a disposizione cinque persone, una task force. In molti settori, i problemi dell'Antitrust confliggono con quelli della giustizia sportiva e dell'ordinamento sportivo. Quindi, non si possono applicare tutte le regole antitrust al sistema sportivo del calcio, e il presidente dell'Antitrust e il direttore generale l'hanno ben capito nei colloqui che abbiamo avuto. Faccio un esempio. Negli Stati Uniti, dove l'antitrust è nato e dove viene applicato rigorosamente, il sistema sportivo è lasciato fuori: non viene applicata nessuna regola di antitrust ai sistemi sportivi.
Da adesso in poi io ho il problema delle regole. Certamente, c'è anche il problema dei controlli, cioè come garantire l'autonomia del sistema arbitrale. Le tesi sono molto varie. Per esempio, c'è chi sostiene che sia necessaria la creazione di una autorità indipendente per il sistema arbitrario, che potrebbe garantire la terzietà. Ma chi nomina le autorità indipendenti? Il problema alla fine è sempre lo stesso: che non siano i controllati che nominano i controllori. È vero, ho nominato Ruperto, ma per fortuna di Dio non sono stato nominato con il sistema elettivo con cui vengono eletti i presidenti. Sono stato nominato dal CONI, ma non con il sistema elettivo attraverso il quale veniva eletto il presidente della FIGC.
Per quanto riguarda la giustizia sportiva e il controllo dei bilanci, vi sono la Covisoc e la Coavisoc. Stiamo discutendo e abbiamo discusso con loro, anche perché ci sono problemi estremamente delicati in tema di bilanci delle società sportive. Ad esempio, la questione della differenza tra cessione dei marchi e cessione del titolo sportivo, al fine di aumentare il patrimonio netto delle società. Anche sotto questo profilo sussistono molti problemi, che sono, in qualche modo, in via di soluzione.
Per quanto riguarda i diritti televisivi, rispondo alle domande che mi sono state rivolte. Condivido solo una vendita collettiva dei diritti televisivi, come si è espresso anche l'Antitrust. La vendita collettiva dei diritti televisivi, secondo me, ha due aspetti che devono essere tenuti presenti con estrema cautela.
Il primo è che insieme alla vendita collettiva deve entrare un criterio solidaristico di distribuzione. Questo è il problema principale: attraverso la vendita collettiva dei diritti televisivi non si deve ripetere l'errore commesso con la vendita individuale, privilegiando enormemente qualcuno rispetto ad altri.
Un secondo aspetto riguarda la vendita collettiva, ecco perché la preferisco alla vendita individuale dei diritti televisivi. Mi riferisco al fatto che con la vendita collettiva e attraverso la distribuzione di un sistema solidaristico centrato si evita quello che ho chiamato «voto di scambio». La mia personale opinione è questa, però non sono io che decido sui diritti televisivi.
Per quanto riguarda il salary cap, sono d'accordo che ci siano delle sanzioni nei confronti delle società che lo violino, ma questo è un problema che non può essere risolto facilmente, se non in sede UEFA. Bisogna che il salary cap diventi un problema per tutte le società che fanno parte del mondo UEFA: allora, si potrebbe veramente introdurre e, probabilmente,
avrebbe anche un senso. La discussione è aperta; lo dico all'onorevole Pescante, che è uno dei sottoscrittori del famoso rapporto Arnaud e sa benissimo che ci sono varie tesi al riguardo. Per esempio, quella per cui il salary cap debba essere individuato non a livello individuale, ma a livello di tutti i giocatori. Quindi, c'è un salary cap nel senso che una parte del patrimonio, o meglio degli introiti delle società calcistiche, limitati al salary cap, debba riguardare tutti i giocatori; altri invece sostengono che vi sia un salary cap individuale. Sul salary cap individuale non sarei molto d'accordo, ma esprimo un'opinione esclusivamente personale.
Veniamo alla trasformazione della struttura delle società di calcio, allo scopo di lucro da un lato e al problema della quotazione in borsa. Francamente non credo che la trasformazione in SpA sia stata una delle ragioni fondamentali della crisi, anche perché non penso che attraverso la SpA, piuttosto che attraverso strutture diverse, si possano dirottare altrove gli utili che derivano dalle società di calcio. Può anche darsi che mi sbagli, ma di società di calcio che con scopo lucrativo guadagnano moltissimo ne conosco assai poche, mentre ne conosco tantissime che sono indebitate. Quindi, il discorso, secondo me, non è tanto quello della struttura in SpA; forse, qualche ritocco per farne una società per azioni a statuto speciale dovrebbe essere studiato e questo, ovviamente, è un problema che deve essere affrontato dal Parlamento e non risolto né dalla FIGC né dal CONI.
Questo è il vero problema che riguarda le società per azioni con scopo di lucro, ma con oggetto sociale l'attività calcistica.
Sono personalmente contrario, nella situazione italiana, alla quotazione di borsa nella struttura di queste SpA. Contrariamente a quel che avviene in altri paesi, dove si giustifica di più, la quotazione di borsa è fatta su un patrimonio che va al di fuori e al di là dei valori sportivi. A quel punto, non si quotano i valori dei giocatori, ma i valori patrimoniali delle società, come il Manchester o il Barcellona, che hanno la proprietà degli stadi, dove ci sono una quantità enorme di altre attività: sono quelle che fanno l'oggetto della quotazione di borsa. In Italia, dove questo non avviene e dove al di fuori di ciò che avviene nell'ambito del titolo sportivo non esiste, in realtà, patrimonio di nessun tipo, la quotazione di borsa è una trappola.
Come si torna indietro? La relazione del presidente della Consob, Cardia, rivela che, forse, bisogna fare il delisting delle società sportive quotate. Attenzione, perché egli ha chiesto come si fa a fare il delisting. Bisogna stare attenti a tutelare le minoranze e, per tutelarle, bisognerebbe lanciare una OPA e vedere se chi controlla, chi ha in mano il controllo della SpA, è in grado di fare l'OPA. Allora, tutto il problema diventa nuovamente di carattere economico e poi bisogna stabilire il prezzo dell'OPA.
Certamente bisognava non quotare le società e questo, secondo me, è stato un errore. Se poi sulle società sportive ci sia stato un controllo corretto da parte della Consob, non sono in grado di dirlo in questo momento, anche perché come ex presidente della Consob farei qualcosa di cattivo gusto nel sindacare l'attività dell'attuale presidente, di quelli che lo hanno preceduto e che hanno in realtà condotto questo processo di quotazione delle società sportive.
Mi è stato chiesto, poi, del diverso sistema elettorale: qui si apre un grosso problema. È vero, ho attaccato il sistema elettivo perché ho detto che in fondo i controllori sono nominati dai controllati, e molto spesso i controllati diventano controllori. Io sono molto contento che un grande esperto di mondo sportivo, con l'autorevolezza che ha, come l'onorevole Pescante, abbia detto le cose che ha detto: concordo pienamente con quanto da lui esposto. Il problema in questo caso esiste e si applica a società che prima sono le società di calcio delle SpA, poi diventano le leghe, poi la FIGC e, magari, anche il CONI.
Allora il discorso è che in verità ci sono, come succede per esempio nel mondo finanziario, nell'ambito della quotazione delle società industriali e non delle
società sportive, degli strumenti che vengono indicati, oramai, in tutti i paesi del mondo. Che poi funzionino completamente o meno è un altro discorso, però si parte dagli organi di vigilanza (la Security Exchange Commission negli Stati Uniti, la famosa SEC, la Cob in Francia e la Consob in Italia) e man mano si creano, tra l'altro, degli obblighi a queste società o a queste strutture - come potrebbe essere, per esempio, per le leghe, per la FIGC, per il CONI -, in cui ci siano i modi (quelli che si chiamano i compliance programmes) e gli strumenti attraverso i quali, per esempio in base alla legge n. 231 del 2001 sulla società per azioni, si devono creare dei controlli interni che funzionino, al fine di evitare la responsabilità. Così come le società per azioni: a queste cose non ho mai creduto molto, però costituiscono una sorta di argine. Per esempio gli amministratori indipendenti si possono creare e votare nell'ambito delle società per azioni. Allora, perché non si possono, anche nell'ambito di queste strutture dell'ordinamento sportivo, creare al vertice delle posizioni di persone che siano notoriamente indipendenti?
Credo che questo sia probabilmente uno degli orizzonti che vanno affrontati. A questo punto, potrebbe essere un enorme sconquasso, per esempio, pensare di togliere lo scopo di lucro e cambiare la struttura delle società, facendole diventare quello che erano prima di diventare SpA. Anche perché, con tutto quel che succede in Europa e nel mondo, probabilmente sarebbe una presa di posizione abbastanza antistorica.
Circa l'ipotesi di ridurre il numero dei professionisti nelle società, forse sarebbe possibile, ma questo è un altro dei problemi che dovranno essere affrontati. Quanto ad aiutare i vivai con una mutualità diversa, credo che sia uno degli scopi fondamentali.
Per rispondere all'onorevole Del Bue, nessuna amnistia. Personalmente, sono contrario, anche se, come ha detto l'onorevole Pescante, potrei, alla fine di tutto, diventare responsabile della decisione di concedere o meno l'amnistia. L'amnistia è una cosa completamente diversa, che non si deve applicare in questo caso. Sarà la giustizia sportiva a svolgere il ruolo che le compete. Mi pare che l'amnistia sia fuori luogo per rifondare quel calcio sano che la nazionale italiana ha dimostrato esistere. Ovviamente, sono d'accordo con tutti coloro che hanno iniziato il loro discorso inneggiando a questa vittoria straordinaria che viene dopo 24 anni: infatti erano 24 anni che non vincevamo una coppa del mondo.
La cosa straordinaria è che sono d'accordo con le dichiarazioni di Gattuso, tant'è che, scherzando, a chi mi chiedeva in un'intervista se fossi d'accordo con lui, ho risposto che non sapevo se fosse Gattuso a copiare me o viceversa, perché aveva perfettamente ragione. Questa crisi ha dato a questa squadra la necessità di dimostrare che il calcio può essere una cosa non malata, che, quindi, da questa vittoria si può creare un andamento virtuoso, cercando di abolire tutti gli andamenti viziosi e che, invece, la parte che deve essere giudicata dalla giustizia sportiva deve essere corretta.
Delle strutture elettive indipendenti ho già parlato. È stato detto che è stato un errore nominare Borrelli. Io ritengo proprio di no e, se mi permettete, spiego anche il motivo. Ovviamente, prima di procedere a queste nomine, mi sono reso conto che avrei dovuto cercare delle persone che avessero determinate caratteristiche. La scelta del dottor Borrelli è, intanto, una scelta dell'ufficio indagini, non è una scelta di chi giudica o del procuratore federale. È la scelta di chi doveva valutare una quantità enorme di risultati che provenivano dalle procure, soprattutto dalla procura di Napoli. Quindi, quello che ha scritto il dottor Borrelli è il risultato di uno che scrupolosamente ha fatto le sue indagini. Che poi i precedenti del dottor Borrelli confermassero soltanto che è una persona che le indagini le sapeva fare, mi pare che sia indiscutibile
FABIO GARAGNANI. Era politicizzato, sapeva già dove andare.
GUIDO ROSSI, Commissario straordinario della Federazione italiana giuoco calcio (FIGC). Non sapeva affatto dove andare. Tutti siamo politicizzati, ma il problema è essere persone indipendenti. Io sono politicizzato, probabilmente come lei, ma sono indipendente.
Il fatto che io sia stato per un brevissimo periodo di tempo, data la mia amicizia con Massimo Moratti, nel consiglio d'amministrazione dell'Inter non mi impedisce nulla, tant'è che, per fortuna, ho un amico che si fa scrupolo e non mi ha più telefonato da quando sono diventato commissario straordinario, proprio perché non vuole interferire in alcun modo. È una cosa che, in qualche misura, mi fa sorridere perché mi pare davvero uno scrupolo eccessivo. Quando dovrò convocare i presidenti delle squadre di calcio, anche con lui dovrò farlo in modo estremamente formale.
Il problema dei ripescaggi riguarda i criteri. I ripescaggi sono già in atto e fino al momento in cui non verranno fissate delle nuove regole - compito che mi spetta - il problema rimane così com'era. Io non posso minimamente interferire, se non previe nuove regole.
L'onorevole Del Bue ha avanzato la questione dei campionati europei del 2012. Certo, ci sono dei problemi strutturali molto importanti e non c'è dubbio che uno dei miei compiti, nei prossimi mesi, sarà anche quello di sollecitare il Governo italiano ad intervenire sugli stadi. Ritengo che sarebbe veramente un errore grossolano e gravissimo, dopo la vittoria ai mondiali, venire scartati nella corsa per ospitare i campionati europei del 2012 soltanto perché non riusciamo a realizzare gli stadi in modo adeguato. Il sistema tedesco a me personalmente è piaciuto molto.
L'onorevole Luxuria mi ha chiesto se un altro calcio sia possibile. Ha ragione: secondo me, proprio il campionato del mondo ha dimostrato che un altro calcio è possibile.
Sulla velocità della giustizia mi pare che siano state espresse osservazioni estremamente corrette, anche per quello che ha riguardato il comportamento e la sanzione a Zidane, che, tra l'altro, è stato considerato il miglior giocatore dei mondiali, solo perché la decisione è stata presa prima dell'ultima partita. Queste sono decisioni che si prendono prima dell'ultima partita e, poi, hanno deciso la sanzione. C'è una contraddittorietà in questo, dovuta proprio a un sistema che non tiene conto di quello che avviene nell'ultima partita.
Clemenza, spugna o rigore? Neanch'io sono per una squadra o per l'altra. Pensare che la giustizia sportiva debba essere una giustizia esemplare è sbagliato. La giustizia non deve mai essere esemplare, deve essere equa, deve essere corretta. Io non sono per l'esasperato rigore, così come non sono affatto per la clemenza. Io sono per la giustizia equa e credo che questa battuta l'abbia fatta anche l'onorevole Ruperto in risposta a qualche avvocato che sosteneva la necessità di una giustizia giusta. Ebbene, egli ha replicato dicendo che sostenere che la giustizia è giusta equivale a dire che il ghiaccio è freddo. La giustizia dev'essere equa, non giusta.
Di quotazioni in borsa e di salary cap abbiamo già parlato. L'onorevole Pescante non mi ha rivolto domande particolari, ma ha, in realtà, dato una visione del suo modo di concepire quanto è avvenuto nel mondo del calcio, di quali sono i problemi che devono essere affrontati e quali sono le possibili regole. La sua partecipazione al rapporto Arnaud è stata essenziale. Onorevole Pescante, le devo dire che a me il rapporto Arnaud è piaciuto moltissimo, perché lascia aperte molte alternative, le esamina tutte, ma indica anche tutte le posizioni diversificate dei vari componenti della commissione che era stata creata. Indica inoltre le scelte probabilmente migliori, lasciando anche le alternative di carattere diverso. Mi auguro che questa Commissione, per esempio, possa ascoltare Arnaud ed avere veramente un'indicazione precisa sui criteri che hanno dettato questo rapporto. Sono, dunque, assolutamente d'accordo con lei sul fine di lucro delle società. Forse questo è un problema da studiare, ma ho già detto come la penso
circa le società per azioni con statuto speciale. Probabilmente, questa è una modifica che può essere introdotta. Sul salary cap siamo assolutamente d'accordo.
L'onorevole Bono ha parlato di nuove regole. Purtroppo, queste non le ho ancora definite. Lasciatemi un po' di tempo, sto lavorando come raramente ho lavorato in vita mia. Non è che sia un pigrone, ma in questo momento l'incalzare dei termini e le cose che capitano tutti i giorni mi costringono a dei tour de force che anche il mio amico Valentini conosce, e soprattutto il vice commissario Nicoletti, che, data la sua giovane età, evidentemente sopporta la fatica meglio di me.
Per quanto riguarda la domanda di garanzia e di controllo nelle società, ho già parlato prima delle autorità indipendenti.
Sulla vendita collettiva e la priorità siamo d'accordo, mentre dei fini di lucro abbiamo già parlato. Quanto a sostenere le società dilettantistiche, secondo me questo è uno dei problemi fondamentali che la nuova struttura del calcio italiano deve proporsi.
Per quanto riguarda l'onorevole Costantini, sulla struttura giuridica e i fini di lucro credo di aver già risposto, mentre sono assolutamente d'accordo su tutto quel che ha detto sui controlli e sui diritti televisivi: quindi, mi trovo in perfetta concordanza di intenti.
Onorevole Ciocchetti, si tratta del successo di un paese e dello sport, sono d'accordo. Anche sul salary cap siamo d'accordo, mentre ha perfettamente ragione che debba essere una questione europea.
Quanto a tornare alle regole prima del 1996, vorrei ribadire che il problema della struttura giuridica delle società di calcio è un problema in verità solo di carattere formale, non di carattere sostanziale. Non è che tutta la crisi che ha colpito il calcio sia dovuta al fatto che sono diventate società per azioni. Nelle società per azioni con uno scopo di lucro tipico delle stesse, questo è certamente l'obiettivo principale, ma quando nell'ambito della società per azioni si crea un oggetto sociale, che lo scopo di lucro lo tenga in conto oppure no, il lucro passa veramente in secondo piano, e certamente lo scopo dell'attività sportiva diventa assolutamente prevalente. Questa è, forse, la ragione per cui vale la pena di fare una società per azioni speciale.
GUGLIELMO ROSITANI. Non è un problema il fatto che sia una società per azioni e che non ci sia il lucro, sono gli azionisti che controllano la società per azioni e che fanno incidenza sul calcio: sono cose diverse.
GUIDO ROSSI, Commissario straordinario della Federazione italiana giuoco calcio (FIGC). Su questo sono d'accordo.
GUGLIELMO ROSITANI. Come diceva il collega Ciocchetti, lei esamini i bilanci delle società prima e dopo il 1996: si renderà conto del perché vi sia del marcio in quei bilanci.
GUIDO ROSSI, Commissario straordinario della Federazione italiana giuoco calcio (FIGC). Accetto il suggerimento, non ho purtroppo guardato.
LUCIANO CIOCCHETTI. I costi sono decuplicati.
GUIDO ROSSI, Commissario straordinario della Federazione italiana giuoco calcio (FIGC). I costi sono decuplicati, così come le entrate.
PRESIDENTE. Abbiamo concesso una breve domanda all'onorevole Rositani in quanto aiuta forse a capire, ma non interrompiamo troppo perché altrimenti abbiamo difficoltà a seguire la replica del dottor Rossi.
GUIDO ROSSI, Commissario straordinario della Federazione italiana giuoco calcio (FIGC). E forse anche il mio dire diventa meno lucido.
Una cosa, però, vorrei a questo punto chiarire. Io analizzerò tutto questo, ma allora diventa un problema diverso: il falso in bilancio.
Quanto alla autonomia degli arbitri, ne stiamo discutendo, è una delle grandi discussioni che stiamo conducendo con il commissario Agnolin, con il quale abbiamo affrontato tutti questi problemi, e ovviamente su tale questione stiamo discutendo anche con la UEFA.
Quanto all'intervento dell'onorevole Li Causi, le regole con l'UEFA sono quelle che ci aiutano di più. Si chiedeva se non fosse giusto punire le società. Qui si introduce l'altro problema che allora vale la pena di trattare, quello posto dall'onorevole Paniz se sia ancora valida la responsabilità oggettiva e presunta. La responsabilità oggettiva e presunta esiste nel calcio in tutti gli altri paesi, non è che sia una invenzione italiana. Quindi, a questo punto, mettersi a discutere se, per esempio, le società non debbano essere punite qualora ci sia l'illecito dei dirigenti o altro diventerebbe un problema di anomalia dell'Italia. Allora, il problema è se dobbiamo essere noi anomali rispetto agli altri o se, invece, in un sistema - come ho detto nella mia relazione, che è una sorta di ius gentium - separato ma autoreferenziale, non dobbiamo invece seguire le regole poste a livello di UEFA e FIFA.
MAURIZIO PANIZ. Anche Bosman ha cambiato le regole.
GUIDO ROSSI, Commissario straordinario della Federazione italiana giuoco calcio (FIGC). Quella, però, era la Corte di giustizia.
Onorevole Pellegrino, la ringrazio molto dei complimenti che mi sono stati rivolti.
Quanto all'intervento con regole, per evitare che con qualunque tipo di riforma si possano ripresentare gli stessi vizi e si ripetano poi le crisi - perché i conflitti di interesse, ovviamente, non sono nati solo nel calcio - ho scritto abbastanza recentemente un libro intitolato Il conflitto epidemico, per dimostrare come nell'ambito dell'economia il conflitto di interessi alberghi quasi dovunque. Nel calcio è esploso in un modo addirittura catastrofico, però il conflitto di interessi è una delle malattie maggiori del capitalismo finanziario, inutile negarlo. Il conflitto di interessi aumenta, soprattutto, laddove aumentano i flussi di denaro: dove c'è più denaro ci sono più conflitti di interesse, più c'è denaro più ci sono conflitti e più si cerca di sfuggire maggiormente a tutte le maglie che vengono poste per evitare i conflitti di interesse.
Per i giovani, certo, quello suggerito è uno degli scopi assoluti che la Federazione deve porsi come obiettivo finale.
Onorevole Rusconi, i diritti televisivi e la vendita collettiva (ne abbiamo già parlato) devono andare al calcio dilettantistico, non c'è dubbio: su questo sono assolutamente d'accordo. Quanto allo stato dei calciatori, come si fa a considerarli dipendenti in una situazione tale? Questo è certamente uno dei problemi da affrontare, che si aggiunge però soprattutto ad una trasversale questione di carattere fiscale, che riguarda non solo i calciatori, ma soprattutto le società. Quindi, uno dei problemi che, probabilmente, dovranno essere considerati dal Parlamento sarà quello del trattamento fiscale delle società di calcio.
C'è poi tutta la questione relativa allo «spalma-debiti», il pagamento al fisco di quello che è dovuto: in quanti anni, ammortamenti e quant'altro, è un problema spigoloso, che va trattato in modo globale.
All'onorevole Frassinetti dico che io non discuto lo svolgimento dell'istruttoria, questa è una sua opinione. Invece, sulla domanda specifica che mi ha rivolto rispondo subito che, in base alle regole UEFA, la sentenza di primo grado è immediatamente esecutiva; quindi, anche se non arriva in tempo utile la sentenza di secondo grado, il problema non si pone e su questo siamo già d'accordo con la UEFA. Naturalmente, sarebbe meglio che arrivasse in tempo utile anche la sentenza di secondo grado, eventualmente con lo slittamento di un giorno o due - che la UEFA ci concederebbe - ma se questa ultima mancasse, la sentenza di primo grado sarebbe immediatamente esecutiva.
All'onorevole Paniz ho già risposto, mentre alla domanda sulla struttura delle società quotate, formulata dall'onorevole Tranfaglia, ho già risposto di no.
Sulla politica fiscale, come avevamo detto, dobbiamo affrontare un problema di carattere globale.
All'onorevole Aracu rispondo che andrò fino in fondo, non abbia dubbi. Ho accettato questo incarico, per me molto gravoso dal punto di vista personale e anche fisico, per andare fino in fondo, altrimenti non lo avrei accettato.
GABRIELLA CARLUCCI. L'onorevole Paniz le aveva rivolto tre domande e lei ha risposto solo ad una.
GUIDO ROSSI, Commissario straordinario della Federazione italiana giuoco calcio (FIGC). Della responsabilità oggettiva ho già parlato, così come dell'amnistia.
L'amnistia e l'indulto riguardano reati molto precisi. Quelli che riguardano la giustizia sportiva non sono illeciti penali, ma disciplinari. Quindi si può concedere anche l'amnistia, ma in questo caso mi pare che sia fuori luogo.
Come fa a dire che non ho risposto alle domande?
PRESIDENTE. Ringrazio il commissario Rossi per la disponibilità manifestata e per aver risposto ampiamente a tutti, anche al deputato Paniz.
Lo ringrazio altresì per la precisione della sua relazione e la concretezza delle sue risposte. Voglio aggiungere che, al di là di qualche opinione differente, è molto importante che in questa Commissione sia venuto un sostegno trasversale e, direi, unanime all'azione di rifondazione del calcio che è stata intrapresa.
Dichiaro conclusa l'audizione.
La seduta termina alle 16,40.