Allegato B
Seduta n. 751 del 15/2/2006


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INTERROGAZIONI PER LE QUALI È PERVENUTA RISPOSTA SCRITTA ALLA PRESIDENZA

AMORUSO e LANDI di CHIAVENNA. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
pochi giorni fa, alla vigilia della visita del presidente americano Bush a Pechino, dalla Cina fonti cattoliche della provincia settentrionale dell'Hebei hanno denunciato l'arresto di monsignor Jia Zhi Guo, vescovo locale della Chiesa cattolica clandestina;
negli stessi giorni la Fondazione Cardinal Kung, organizzazione cattolica basata negli Usa, ha affermato che due preti della stessa diocesi sono stati tratti in arresto;
poco tempo prima, hanno denunciato le organizzazioni non governative, tre pastori protestanti erano stati imprigionati per aver venduto copie della Bibbia senza chiedere l'autorizzazione dello Stato -:
quali iniziative, alla luce degli episodi richiamati in premessa, intenda assumere verso la Repubblica Popolare Cinese in modo da coniugare la pur giusta volontà del Governo italiano di intrattenere rapporti economici verso una potenza mondiale con la tutela dei diritti religiosi in quel Paese.
(4-18320)

Risposta. - La problematica relativa alla libertà di culto e di religione nel mondo forma già da tempo oggetto di costante attenzione da parte del Governo italiano e dell'Unione europea.
Per quanto riguarda in particolare la questione della libertà religiosa in Cina, essa è regolarmente sollevata nel quadro del Dialogo strutturato UE-Cina sui diritti umani, che a partire dal 1997, su richiesta cinese, si svolge a cadenza semestrale alternativamente a Pechino e nella capitale europea che detiene la Presidenza di turno dell'UE. Tali consultazioni consentono tra l'altro all'Unione Europea di segnalare all'attenzione delle Autorità cinesi casi individuali di violazione dei diritti umani, per i quali vengono sollecitati interventi di clemenza e/o riparazione.
L'Italia è cosciente delle difficoltà e ostacoli che si frappongono al libero apostolato della Chiesa cattolica in Cina, dove permane la dicotomia tra l'«Associazione Cattolica Patriottica», legata al Partito comunista cinese, e la Chiesa cattolica non ufficiale fedele al Pontefice di Roma.
La questione sollevata dall'interrogante esula, tuttavia, dalla competenza dello Stato italiano.
Essa va inserita, infatti, nel complesso quadro dei contatti - che l'Italia facilita e guarda con favore - da tempo in corso tra Santa Sede e Repubblica Popolare Cinese per il reciproco riconoscimento diplomatico ed attiene a questioni relative alla sfera della sovranità cinese e alla missione universale della Chiesa Cattolica.
Interventi dell'Italia volti a stigmatizzare i comportamenti di una delle parti, o addirittura l'adozione di misure di ritorsione volte a far pressione su una delle


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parti, sarebbero, pertanto, inopportuni e anziché favorire lo sviluppo del dialogo potrebbero risultare controproducenti.
L'azione italiana di vigilanza e promozione del rispetto della libertà religiosa in Cina viene comunque esplicata nel quadro del suddetto Dialogo strutturato Ue-Cina sui diritti umani, il cui ultimo
round si è tenuto a Pechino il 24-25 ottobre 2005.
In tale occasione il dialogo si è incentrato sulla distinzione tra attività religiose riconosciute e attività considerate «illegali», sul trattamento rivolto ai cinque credi ufficiali rispetto agli altri culti, nonché sull'obbligo di registrazione cui sono sottoposti i gruppi religiosi. La controparte cinese ha cercato di rispondere alle suddette questioni sollevate dall'UE, sostenendo come i propri regolamenti siano in linea con le convenzioni internazionali. Tuttavia, a detta della
Troika europea, il controllo esercitato dal Governo cinese all'interno dell'ambito religioso contravviene alle norme internazionali in materia. Inoltre, per quanto la registrazione dei diversi gruppi religiosi sia nata con lo scopo dichiarato di rendere più sicura la società, la stessa registrazione alimenta la discriminazione nei confronti di tutti i culti che non sono riconosciuti. Lo scambio di opinioni sull'argomento ha pertanto confermato le preoccupazioni dei delegati europei circa le restrizioni cui la libertà religiosa sarebbe sottoposta in Cina.
Analoga preoccupazione è stata espressa dai Capi Missione dell'Unione europea accreditati a Pechino, secondo i quali benché lo Stato cinese garantisca a livello costituzionale la libertà di religione, nella pratica, tuttavia, le libertà di pensiero, coscienza e religione risultano fortemente limitate. Le cinque religioni ufficiali riconosciute (il Buddismo, l'Islamismo, il Taoismo, il Cattolicesimo ed il Protestantesimo) sono sottoposte a dure restrizioni e regole che devono rispettare. In particolare, sempre secondo quanto riferiscono i Capi Missione UE, il numero crescente di aderenti alle cosiddette «Chiese sotterranee» cristiane spingerebbe le autorità cinesi ad operare notevoli pressioni su di essi per farli aderire alle Chiese riconosciute ufficialmente.
Un passo in avanti verso una maggiore protezione del diritto alla libertà religiosa è costituito dal nuovo regolamento sulla libertà di credo religioso introdotto in Cina il 1o marzo 2005. La nuova normativa disciplina in un unico e certo quadro organico nazionale la materia, ribadendo il diritto costituzionale per i cittadini di aderire, qualora vogliano, ad un credo religioso, purché questo sia «legittimo» (cioè riconosciuto). Tale risultato, ancorché parziale, può essere ascritto anche agli sforzi messi in atto dall'Unione europea.
L'Italia, quale membro di rilievo dell'UE, è pienamente partecipe di questi sforzi, nella consapevolezza che la dimensione europea assicura quella massa critica atta a dare efficacia ad un interlocutore che voglia ingaggiare la Cina su un argomento così sensibile.
Per completezza di informazione si ricorda infine che, in occasione dei lavori della 61a sessione annuale della CDU di Ginevra (14 marzo-22 aprile 2005), la Presidenza lussemburghese, nel discorso pronunciato il 23 marzo 2005 a nome dell'UE sulle violazioni dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali nel mondo, ha posto un'enfasi particolare sul rispetto dei diritti umani in Cina, In tale circostanza, la Presidenza ha riaffermato il valore attribuito dall'Unione al dialogo strutturato con la Cina come prezioso mezzo di comunicazione, capace di contribuire a portare miglioramenti concreti e tangibili circa la situazione dei diritti dell'uomo in quel Paese, grazie alla possibilità di sollevare con le autorità di Pechino le questioni che più suscitano la preoccupazione dell'UE, tra le quali, appunto, la questione della libertà religiosa.
Da parte del Governo italiano e dell'Unione europea si continuerà a seguire con estrema attenzione l'evoluzione della situazione della libertà religiosa in Cina e non si mancherà di richiamare il Governo cinese al pieno rispetto dei diritti e delle libertà fondamentali nel Paese.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Margherita Boniver.


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GIOVANNI BIANCHI. - Al Ministro degli affari esteri, al Ministro per gli italiani nel mondo. - Per sapere - premesso che:
con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 15 luglio 2004 il Governo ha nominato i 29 membri del Consiglio generale degli italiani all'estero ai sensi della legge n. 368 del 1989;
con sentenza n. 2005 13559 pronunciata il 26 ottobre 2005 il TAR del Lazio ha annullato il decreto citato;
effettivamente vi è stato un errore nella scelta delle rappresentanze nel Consiglio;
con la sentenza succitata decadono i rappresentanti dei partiti e delle associazioni;
si prefigura il rischio dell'impossibilità della convocazione del Consiglio;
inoltre il momento è particolarmente delicato per le scadenze che attendono gli italiani all'estero -:
quali misure il Governo intenda adottare per fare in modo che l'organo istituzionale degli italiani all'estero possa rientrare nei suoi pieni poteri e svolgere il suo ruolo indispensabile.
(4-19641)

Risposta. - Tenuto conto delle conseguenze pregiudizievoli che l'esecuzione della sentenza del Tar avrebbe sulla funzionalità e sull'esistenza stessa del CGIE in un momento tanto delicato per le comunità all'estero, il Ministero degli Esteri si è immediatamente attivato per predisporre, d'intesa con la Presidenza del Consiglio, il ricorso in appello dinanzi al Consiglio di Stato con contestuale richiesta di sospensiva immediata dell'esecuzione della sentenza del TAR del Lazio, con la quale è stato annullato il decreto del 15 luglio 2004, relativo ai membri di nomina governativa del Consiglio generale degli italiani all'estero. Ciò nella consapevolezza che l'attuale momento elettorale postula l'opportunità di un pronto, pieno recupero di funzionalità da parte del CGIE.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Roberto Antonione.

BIELLI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
la legge 3 agosto 2004, n. 206, ha recato diverse e numerose innovazioni in materia di benefici e di trattamento in favore delle vittime del terrorismo e delle stragi rispetto alla disciplina previdente;
si riscontrano difficoltà interpretative nell'assunzione delle nuove prescrizioni legislative da parte degli organi amministrativi competenti;
l'incertezza ha già determinato, nel passato, insostenibili lungaggini ai fini dell'ottenimento dei benefici prescritti da parte degli aventi diritto -:
se e quali iniziative intendano assumere, d'intesa con i titolari dei dicasteri interessati, al fine di: a) garantire l'esatta e puntuale applicazione delle nuove disposizioni, b) agevolare i comportamenti amministrativi onde evitare mancanze e possibili assunzioni di atti illegittimi; c) assicurare la prestazione delle nuove forme di tutela previste dalla legge mediante certezza interpretativa da recarsi anche attraverso l'emanazione di circolari ed atti di indirizzo da parte dei dicasteri e degli organi competenti; d) rendere tempestivamente applicabili le nuove prescrizioni in materia di sanità ed assistenza psicologica, previdenza ed assistenza nelle diverse forme contemplate dalla legge 206, gratuito patrocinio, riapertura dei termini per l'esercizio del diritto ai benefici.
(4-11897)

Risposta. - I dubbi sorti in sede di prima applicazione della legge 3 agosto 2004, n. 206 sono stati oggetto di apposita direttiva diramata il 20 gennaio 2005 a tutte le prefetture.
Con tale atto si sono affrontate le principali questioni interpretative emerse.


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Si ricorda, altresì, che l'articolo 3 della legge «semplificazione e riassetto normativo per il 2005» (legge 28 novembre 2005 n. 246) ha previsto una delega al Governo per un nuovo intervento normativo nella materia, allo scopo di razionalizzare e coordinare meglio le disposizioni vigenti. Inoltre la legge finanziaria 2006 all'articolo 1, comma 562 reca ulteriori disposizioni che estendono i benefici già previsti dalla legge n. 206 del 2004 ad altre figure di vittime del dovere, individuate sostanzialmente recependo le indicazioni del gruppo tecnico interdirezionale a suo tempo istituito presso il Ministero dell'interno.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Giampiero D'Alia.

CAMINITI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
in data 21 novembre 2001, è stata presentata l'interrogazione n. 4-01435, in cui si evidenziava il grave disservizio del blocco delle scale mobili, che si verificava da tempo nel fondamentale scalo ferroviario di Villa San Giovanni;
tali scale mobili sono di ausilio per l'imbarco dei passeggeri sulle navi traghetto ed il loro mancato funzionamento comporta disagi particolari agli anziani, ai disabili ed alle donne in stato interessante;
il 23 maggio 2002, nella risposta alla predetta interrogazione, l'interrogante ha appreso che l'impianto delle 4 scale mobili era stato fuori esercizio per ben dieci mesi e poi era stato riparato e rimesso in funzione in data 21 gennaio 2002;
purtroppo, e da lungo tempo, le citate scale mobili sono nuovamente fuori servizio, il che provoca disagi gravi alle migliaia di passeggeri giornalmente in transito nello scalo ferroviario di Villa San Giovanni -:
a chi siano imputabili le responsabilità di questi ripetuti disservizi e quali interventi urgenti si intendano adottare, perché siano riparate finalmente a regola d'arte tali scale mobili, e garantita una manutenzione idonea ad evitare nuovi e prolungati disservizi in una struttura tanto importante per le comunicazioni tra il continente e la Sicilia.
(4-17194)

Risposta. - Ferrovie dello Stato spa ha riferito che nella stazione di Villa S. Giovanni sono installati due gruppi di scale mobili: per il primo, costituito da due scale poste in corrispondenza dell'accesso al sottopasso a servizio del primo e del secondo marciapiede, sono stati completati i lavori di manutenzione ed è stato effettuato il relativo collaudo.
Il secondo gruppo di scale mobili, destinato ad agevolare l'imbarco dei passeggeri alle navi traghetto, a causa del forte degrado, dovrà, invece, essere completamente sostituito.
I lavori inizieranno entro il primo semestre del corrente anno contestualmente alla realizzazione del progetto d'attraversamento della città di Villa S. Giovanni in esecuzione dell'ordinanza della protezione civile n. 3296 del 19 giugno 2003. Tale progetto prevede, tra l'altro, un nuovo percorso dei mezzi gommati alle invasature con una radicale sistemazione degli accessi pedonali.
Il Sottosegretario di Stato per le infrastrutture e per i trasporti: Federico Bricolo.

CAZZARO. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
la legge n. 166 del 1 agosto 2002, «Disposizioni in materia di infrastrutture e trasporti», articolo 38, comma 5, riconosce alle imprese che si impegnano contrattualmente per un triennio, con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e con un'impresa ferroviaria, a realizzare un quantitativo minimo annuo di treni completi di trasporto combinato o di merci pericolose, un contributo in funzione dei treni-chilometro effettuati sul territorio italiano nel triennio 2004-2006;


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è nello spirito della legge incentivare l'uso del trasporto su rotaia come mezzo alternativo a quello su gomma, anche al fine di alleggerire le strade italiane, ormai sempre più congestionate dal traffico;
ci sono aziende che, pur volendo modificare il proprio sistema di trasporto e pur potendo stipulare un contratto triennale con una impresa ferroviaria nazionale, non rientrando nel triennio di riferimento 2004-2006, avendo in programma di iniziare questo tipo di attività solo nel 2006, ovvero nell'ultimo anno di efficacia della legge -:
se il ministro interrogato non ritenga di adottare iniziative normative volte a riconsiderare i termini di accesso al contributo per il trasporto di merci tramite treno, per quelle aziende che sono in possesso di contratti triennali, anche se con decorrenza diversa da quella stabilita dalla legge (per esempio 2006-2008), ma rientranti, anche se solo per un'annualità, nel periodo previsto dalla vigente disciplina.
(4-16977)

Risposta. - La questione afferisce all'attuazione delle misure di incentivazione del trasporto merci per ferrovia con particolare riferimento al trasporto combinato istituite dall'articolo 38 della legge 1o agosto 2002, n. 166 e disciplinate dal decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 2004 n. 340 e dal decreto ministeriale 14/T del 20 maggio 2005.
In particolare il comma 5 del citato articolo 38 prevede l'erogazione di un contributo alle imprese che si impegnano contrattualmente con il ministero delle infrastrutture e dei trasporti e con un'impresa ferroviaria ad effettuare un quantitativo minimo annuo di treni completi di trasporto combinato o di merci pericolose; tale contributo è riconosciuto in funzione dei treni-chilometro effettuati sul territorio nazionale nel triennio 2004-2006.
Il decreto del Presidente della Repubblica 340 del 2004 a sua volta prevede all'articolo 9 che alle imprese che si impegnano contrattualmente con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e con imprese ferroviarie a realizzare un quantitativo minimo annuo di treni completi di trasporto combinato o di merci pericolose per il triennio 2004-2006 è riconosciuto un contributo in funzione dei treni-chilometro effettuati sul territorio italiano nel triennio di riferimento.
Pertanto a normativa vigente il periodo di riferimento ai fini della copertura contrattuale e del periodo di prestazione dei servizi contribuibili risulta individuato nel triennio 2004-2006.
Le istanze di ammissione agli incentivi sono state presentate entro il 19 settembre 2005 come fissato dal decreto del Presidente della Repubblica 340 del 2004.
L'attivazione della misura in questione ha denotato un notevole interesse da parte degli operatori interessati con 65 richieste pervenute.
Ad oggi, la procedura di riconoscimento degli incentivi per i casi ammissibili è in via di ultimazione.
La misura ha avuto un effetto di incentivazione del riequilibrio modale tenuto conto che la previsione di traffico per le imprese che hanno presentato domanda è notevolmente crescente nella restante parte del triennio rispetto ai servizi prestati nel periodo pregresso, quando l'attuazione della misura non era ancora stata avviata.
Alla luce di quanto sopra esposto, il Governo promuoverà le idonee iniziative di carattere legislativo atte a far sì che il sistema di incentivi possa proseguire anche oltre il periodo di riferimento ad oggi previsto - previo il necessario rifinanziamento - adottando le iniziative finalizzate alla più ampia possibilità di accesso incluso lo specifico profilo come segnalato nell'atto in oggetto.
Il Sottosegretario di Stato per le infrastrutture e per i trasporti: Federico Bricolo.

CRISTALDI, FRAGALÀ, CARRARA, CANNELLA, SCALIA e LA GRUA. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere:
se sia a conoscenza della particolare situazione in cui versa il Consiglio di giustizia amministrativa della Sicilia che


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non riesce a riunirsi da molti mesi a causa della mancanza del numero legale e di una disputa circa un'eccezione di costituzionalità che riguarda la stessa composizione dell'organismo;
se il Governo sia a conoscenza dei particolari che bloccano l'attività dello stesso Consiglio di giustizia amministrativa che, tra l'altro, paralizza numerosi provvedimenti amministrativi della pubblica amministrazione della Sicilia. A causa dello stallo dell'organismo la regione siciliana non può dare attuazione a provvedimenti che necessitano del parere del Cga e che sbloccherebbero ingenti risorse finanziarie;
se il Governo sia nelle condizioni di confermare la posizione del presidente del Consiglio di giustizia amministrativa che contesterebbe i titoli ed i requisiti dei componenti nominati dalla stessa regione e per tale contestazione sarebbe stata chiamata al pronunciamento la Corte costituzionale.
(4-08762)

Risposta. - Si fa riferimento alla interrogazione in esame, recante doglianze circa la carenza di funzionamento del Consiglio di giustizia amministrativa per la regione siciliana.
In effetti il presidente del menzionato Consiglio ha sollevato, con varie ordinanze, una serie di questioni di legittimità costituzionale concernenti la istituzione del Consiglio stesso e la sua composizione con una articolata ricostruzione delle vicende che hanno accompagnato l'emanazione delle norme di attuazione dello Statuto speciale della Regione siciliana in materia.
La Corte costituzionale, dopo aver riunito i vari giudizi, con sentenza del 4 novembre 2004 n. 316, ha dichiarato inammissibili o non fondate le varie questioni di legittimità costituzionale eccepite.
Successivamente, completato il quadro delle nomine dei componenti, il Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana ha ripreso a funzionare regolarmente.
Il Ministro per gli affari regionali: Enrico La Loggia.

DE FRANCISCIS. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro per la funzione pubblica. - Per sapere - premesso che:
con decreto ministeriale 22 maggio 2000 veniva bandito un concorso pubblico, per esami, per la copertura di n. 12 posti nel profilo professionale di «Funzionario Amministrativo - Area funzionale C - posizione economica C2 per le sedi dell'Ufficio Scolastico Regionale del Veneto»;
il concorso è stato regolarmente espletato e ne è stata approvata la graduatoria di merito;
il Ministero dell'istruzione con decreto del Presidente della Repubblica del 31 luglio 2003 è stato autorizzato ad assumere 75 unità di personale, in deroga a quanto previsto dal comma 4 dell'articolo 34 della Legge n. 289 del 27 dicembre 2002, che ha disposto il divieto di assunzione nelle pubbliche amministrazioni;
tale decisione è stata comunicata agli interessati in data 4 novembre 2003, protocollo n. 10129/P;
il Ministero della funzione pubblica, in deroga al blocco delle assunzioni nelle amministrazioni pubbliche previsto dalla Legge Finanziaria per il 2004, ha chiesto ai Ministeri di evidenziare entro il 28 febbraio 2004 eventuali esigenze che necessitassero di deroga per la copertura di posti vacanti;
il Ministero dell'istruzione ha inoltrato richiesta, nonostante il termine del 28 febbraio 2004 sopra ricordato, nel mese di settembre del 2004, per la copertura di altre posizioni di cui al bando richiamato in premessa;
ad avviso dell'interrogante, tale ritardo costituisce, oltre che un'inspiegabile inefficienza da parte del detto Ministero, anche un danno per i giovani che, dopo aver affrontato una dura prova per un pubblico concorso, vedono differita nel


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tempo la speranza di entrare nel mondo del lavoro -:
se i Ministri interrogati non ritengano necessario chiarire le cause di detta inefficienza e quali siano le prospettive di chiamata in servizio per i giovani vincitori del citato concorso.
(4-11280)

Risposta. - Si risponde all'interrogazione parlamentare in esame anche a nome della Presidenza del Consiglio dei ministri - dipartimento della funzione pubblica, con la quale l'interrogante chiede i motivi circa la mancata assunzione dei vincitori di concorso bandito da questa amministrazione, per il reclutamento di personale amministrativo, area funzionale C - posizione economica C2 presso le sedi dell'Ufficioscolastico regionale del Veneto, inseriti nella graduatoria ancora vigente.
Si fa presente, preliminarmente, che il decreto del Presidente della Repubblica 31 luglio 2003 ha autorizzato alcune amministrazioni pubbliche, fra le quali questo dicastero, ad assumere il personale compreso nelle graduatorie dei concorsi espletati che non fu possibile assumere a causa del blocco delle assunzioni disposto dalle leggi finanziarie.
Per effetto del decreto sopra citato questa amministrazione è stata autorizzata ad assumere 75 unità di personale a tempo indeterminato che, come specificato nella nota della Presidenza del Consiglio dei ministri del 4 agosto 2003, dovevano essere riferite a profili professionali di qualsiasi area, purché non fosse comunque superato il tetto di spesa previsto dal medesimo decreto del Presidente della Repubblica; le assunzioni stesse dovevano essere quantificate in numero di 10 a tempo pieno e 65 a tempo parziale.
L'amministrazione, con decreto dirigenziale del 27 ottobre 2003, ha stabilito i criteri per l'assunzione dei vincitori dei concorsi pubblici espletati e conclusi antecedentemente alla data del 29 settembre 2002 e di quelli in corso di svolgimento alla medesima data che si erano conclusi con l'approvazione delle relative graduatorie di merito entro e non oltre il 31 dicembre 2002; ciò compatibilmente con le risorse finanziarie concesse.
A seguito del citato decreto sono stati chiamati n. 75 aspiranti vincitori di concorso inseriti nelle relative graduatorie; di questi soltanto n. 59 hanno sottoscritto i relativi contratti individuali. Sono, pertanto, rimasti vacanti 16 posti.
Nell'anno 2004, in applicazione della legge n. 350, articolo 3, 7o periodo del comma 53, che consentiva alle pubbliche amministrazioni destinatarie del decreto del Presidente della Repubblica 31 luglio 2003, di completare le assunzioni autorizzate anche nell'anno 2004, con atto di indirizzo del Capo dipartimento per i servizi nel territorio, è stata disposta l'assunzione di ulteriori 16 unità di personale sui posti rimasti ancora vacanti con tipologia di orario a tempo parziale.
A seguito di rinunce espresse e di mancate assunzioni in servizio da parte dei convocati, talune graduatorie individuate con il decreto dirigenziale del 27 ottobre 2003 sono state esaurite per totale scorrimento.
In virtù dei succitati provvedimenti la graduatoria del concorso bandito con decreto direttoriale del 22 maggio 2000, pubblicato sulla
Gazzetta Ufficiale del 27 giugno 2000 - 4a serie speciale n. 50, con il quale erano stati messi a concorso n. 12 posti, per l'area funzionale C - posizione economica C2 presso le sedi dell'Ufficio scolastico regionale del Veneto, è stata completamente esaurita con la presa di servizio dell'ultimo vincitore avvenuta il 23 dicembre 2004. Il personale che ha assunto servizio ammonta a n. 8 unità in quanto n. 4 unità hanno rinunciato.
Si ritiene pertanto che la questione rappresentata sia superata nel senso auspicato dall'interrogante.
Per completezza di informazione si comunica infine che con decreto del Presidente della Repubblica del 9 settembre 2005 questa amministrazione è stata autorizzata, per l'anno 2005, ad assumere 34 unità di personale, in deroga a quanto previsto dall'articolo 1, comma 96, della legge


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n. 311 del 2004 che ha disposto il divieto di assunzione nelle pubbliche amministrazioni.
Il Sottosegretario di Stato per l'istruzione, per l'università e per la ricerca: Valentina Aprea.

DELMASTRO DELLE VEDOVE. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
è nota la determinante influenza esercitata dalla Repubblica popolare di Cina sulle scelte del regime della Corea del Nord, per ragioni geo-politiche e per ragioni di affinità ideologica;
sembra ora che il regime comunista nord-coreano sia determinato, quasi a sfidare gli Stati Uniti d'America che da anni tentano vanamente di intimorire il piccolo stato asiatico, ad effettuare un esperimento nucleare con un ordigno messo a punto recentemente e messo a punto con campagna mediatica carica di orgoglio ideologico e nazionalistico;
la Corea del Sud, per il vero, sta tentando di dissuadere i «fratelli separati» del Nord offrendo loro aiuti economici nei vano tentativo di indurli alla rinuncia del programma nucleare con applicazioni militari;
sembra altresì che la Cina Popolare, che certamente è l'unico Paese al mondo ad avere gli strumenti per convincere la Corea del Nord ad abbandonare il programma nucleare di impiego militare, abbia attivamente incoraggiato il programma medesimo, sia per ottenere aiuti maggiori dalla Corea del Sud e dal Giappone per la Corea del Nord, sia per convincere la Corea del Sud ad avvicinarsi, per la propria protezione, a Pechino, essendosi dimostrato, in pratica, che le pressioni e le minacce degli Stati Uniti d'America sono miserevolmente fallite, a conferma, nell'ottica orientale, che gli USA, come si sosteneva durante l'epoca di Mao Tse Tung, sono semplicemente una «tigre di carta» -:
quale partita si stia giocando, a giudizio del governo italiano, nell'area asiatica con particolare riferimento alle ambizioni nord-coreane di entrare di forza nel «club atomico» mondiale e soprattutto con riferimento alla posizione strategica assunta dalla Repubblica Popolare Cinese, anche nei confronti della Corea del Sud, che potrebbe invece manifestare interesse, ai fini della propria sicurezza, ad avvicinarsi alla Cina, unica potenza capace di intervenire con successo nei processi decisionali nord-coreani, atteso che il rifornimento di petrolio per la Corea del Nord passa attraverso la disponibilità mostrata da Pechino e che nel recente passato si è assistito in numerose circostanze a modificazioni delle posizioni del regime nord-coreano determinate, appunto, dalla temporanea chiusura dei rubinetti del petrolio.
(4-14617)

Risposta. - Dopo l'annuncio degli USA dell'ottobre 2002 sull'esistenza di un programma nucleare militare clandestino nordcoreano, in violazione dell'Agreed Framework del 1994, sono seguiti da parte di Pyongyang il riavvio dell'impianto nucleare di Yongbyong, l'espulsione degli ispettori Aiea (International atomic energy agency) e - nel gennaio 2003 - l'annuncio del ritiro dal Tnp (Trattato di non proliferazione). Grazie ai buoni uffici ed all'impegno della Cina, tra il 2003 ed il giugno 2004 si sono svolte a Pechino quattro sessioni del dialogo esapartito (Corea del Nord, Corea del Sud, Cina, Usa, Giappone e Federazione Russa).
La dichiarazione rilasciata il 10 febbraio 2005 dal ministero degli esteri nordcoreano sull'asserito possesso di ordigni nucleari ha costituito un'allarmante novità, anche se l'analisi delle affermazioni nord-coreane deve essere ispirata alla cautela. Un riferimento così diretto al possesso di armi atomiche non era mai stato fatto in precedenza da Pyongyang. Il lancio, ad inizio maggio 2005, di un missile a breve gittata nel Mar del Giappone, che ha destato particolare allarme, ha costituito un ulteriore elemento negativo. Sono state in seguito rilevate delle operazioni in territorio


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nord-coreano che, secondo gli Usa avrebbero potuto preludere all'effettuazione di un esperimento nucleare, eventualità che Pyongyang ha però ufficialmente negato.
La Corea del Nord ha mantenuto per lungo tempo la propria posizione sulla questione nucleare, mostrando di non avere alcuna intenzione di riprendere i
Six Party Talks, nonostante le pressioni della comunità internazionale e delle altre parti coinvolte nel dialogo esapartito. In più occasioni, Pyongyang aveva richiesto negoziati bilaterali diretti con gli Usa e condizionato la propria partecipazione ai Six Party Talks" al mutamento dell'asserito «atteggiamento ostile degli americani.
Tra la fine di maggio e l'inizio di giugno 2005 si sono moltiplicati i contatti tra gli attori coinvolti nel processo negoziale e i tentativi di riportare Pyongyang ai colloqui a Sei. Così, nei contatti bilaterali a New, York tra Stati Uniti e Corea del Nord, Washington ha reiterato l'invito a Pyongyang a ritornare subito e senza condizioni al tavolo negoziale, assicurando allo stesse tempo a Pyongyang di riconoscere il suo regime e di non avere intenzione di attaccare militarmente il Paese. Da parte sua la (Corea del Nord ha continuato a richiedere il ritiro dello
statement con cui Washington definisce Pyongyang come un «avamposto delle tirannia», colloqui bilaterali con Washington e il riconoscimento del nuovo status di Paese nucleare.
Nello stesso periodo si è avuta anche, dopo circa un anno, una ripresa del dialogo intercoreano: tre giorni di colloqui bilaterali tra Seoul e Pyongyang, conclusisi a fine maggio 2005 a Kaesong. In tale occasione è stata concordata una fornitura di 200.000 tonnellate di fertilizzanti alla Corea del Nord che, a fronte di una richiesta nord coreana di molto superiore, ha ribadito la valenza politica dell'assistenza al Nord, condizionata al raggiungimento di visibili progressi nel dialogo intercoreano. Durante i colloqui sarebbe, stata inoltre rappresentata ai rappresentanti di Pyongyang la necessità di tornare senza ulteriori ritardi al tavolo negoziale di Pechino, presupposto imprescindibile per la continuazione del dialogo intercoreano e della riconciliazione, una posizione che sarebbe stata adottata in stretto coordinamento con gli Stati Uniti.
Gli sviluppi più recenti della questione nucleare nord coreana hanno visto, finalmente, la ripresa dei contatti tra gli attori coinvolti nel processo negoziale - in due
round negoziali tenutisi in settembre e in novembre - ed il ritorno, dopo oltre un anno, di Pyongyang ai colloqui a Sei.
Il quarto
round dei Six Party Talks ha rappresentato un passaggio importante in vista della soluzione della questione nucleare nordcoreana. Al termine della riunione, infatti, il 19 settembre 2005, è stata adottata una dichiarazione congiunta che fa stato dei seguenti punti: la Corea del Nord si è impegnata ad abbandonare i propri programmi nucleari ed a rientrare nel Tnp e nel sistema di salvaguardie dell'Aiea; gli Stati Uniti hanno confermato che non dispongono di armi nucleari nella penisola coreana e non intendono attaccare o invadere la Corea del Nord; la Corea del Sud ha confermato il suo impegno ad impedire l'installazione sul proprio territorio di armamenti nucleari; la Corea del Nord ha riaffermato i suo diritto all'uso pacifico dell'energia nucleare. Gli altri cinque paesi ne hanno preso atto ed hanno convenuto di affrontare al momento opportuno la questione della fornitura di un impianto ad «acqua leggera» per usi civili.
Cina, Corea del Sud, Giappone, Russia e Stati Uniti hanno affermato l'intenzione di fornire assistenza energetica alla Corea del Nord. La Corea del Sud ha confermato la proposta di una fornitura energetica di due milioni di kilowatts.
La dichiarazione stabilisce inoltre che i suddetti passaggi saranno realizzati sulla base del principio
commitment for commitment, action, for action. Pertanto, per consentire lo sviluppo del processo negoziale a ciascuna delle parti è richiesto di rispettare i propri obblighi.
La Corea del Nord ha, in un primo momento, dato l'impressione di voler condizionare i propri adempimenti alla previa fornitura di un impianto ad «acqua leggera» per la produzione di energia elettrica. Secondo gli americani, invece, tale eventuale fornitura potrà essere esaminata in


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futuro, solo a condizione che la Corea del Nord proceda allo smantellamento delle armi nucleari. In ogni caso, per gli americani tale questione non dovrà essere di ostacolo allo sviluppo del processo negoziale.
Con riferimento più specifico alla posizione cinese nella questione nucleare nord coreana, tutte le parti in causa continuano ad attribuire a Pechino un ruolo di primo piano in virtù del suo
leverage politico ed economico su Pyongyang e ne apprezzano il suo ruolo moderatore (ne è una riprova il fatto stesso che le cinque sessioni negoziali a Sei siano state ospitate dalla Cina). La capacità nucleare nord coreana costituisce del resto anche per Pechino un pericolo inaccettabile, non potendo la Cina rischiare un effetto domino nucleare nella regione. La posizione ufficiale cinese rimane così ancorata al principio della denuclearizzazione della penisola coreana ed al perseguimento di una soluzione attraverso il dialogo, alternando una miscela di diplomazia pubblica dai toni amichevoli e sinceri con messaggi chiari e forti in privato al regime di Pyongyang. La Cina sembra contraria a sanzioni o altre misure restrittive suscettibili di provocare un ulteriore irrigidimento da parte di Pyongyang; volendo da una parte preservare il proprio ruolo di facilitatore e dall'altra evitare una implosione del regime, con conseguenze traumatiche ai suoi confini.
La quinta sessione dei
Six Party Taks, svoltasi a Pechino dal 9 all'11 novembre 2005, si e conclusa con un comunicato finale della Presidenza cinese che conferma la volontà comune di attuare integralmente la dichiarazione congiunta sottoscritta nel settembre 2005 e di concludere tale processo in modo «rapido e coordinato», con un approccio cooperativo che consenta di bilanciare i diversi interessi in gioco.
Il comunicato fa inoltre stato dell'intenzione di tenere una nuova tornata dei
Six Party Talks alla prima data utile (in dicembre o, più probabilmente, nel prossimo mese di gennaio).
Con riguardo alla Corea del Sud, se gli Stati Uniti restano il solido alleato e garante della difesa del Paese, anche se la presenza militare e la linea dura con Pyongyang rendono spesso difficile interpretarne il ruolo di equilibratore nel complesso scenario regionale, è d'altra parte Pechino a rappresentare per Seoul in modo crescente un centro nevralgico per i propri interessi economico-commerciali. L'
engagement con Pyongyang continua a rappresentare il principale fine della politica estera sud coreana.
Da parte italiana continua a svilupparsi l'iniziativa per la «normalizzazione» della Corea del Nord, nata nella scorsa primavera e lanciata nell'estate in occasione delle mie importanti missioni a Washington, Pyongyang e Seoul. Momento particolarmente significativo dell'iniziativa italiana è stata anche la contestuale visita in Italia dei vice Ministri degli Esteri delle 2 Coree, per partecipare ad un seminario a Como sulla stabilità nella Penisola coreana (27-28 ottobre 2005). A tale seminario, organizzato dal ministero degli esteri e dal
Landau Network Centro Volta, sono intervenuta personalmente, proprio per assicurare continuità al dialogo iniziato nella mie suddette precedenti missioni. Nell'ambito dell'azione più in generale svolta dall'Unione europea e dal G8, l'Italia sta anche in tal modo dando un proprio originale contributo al processo di «normalizzazione» della Corea del Nord e al «Negoziato a 6» in virtù della particolare credibilità di cui il nostro Paese gode in entrambe le Coree e contribuendo a facilitare un clima di fiducia tra le parti del Negoziato.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Margherita Boniver.

DELMASTRO DELLE VEDOVE. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
Trenitalia ha acquistato dalla società Emmerre srl, con sede legale in Carpendolo (Brescia), 80 casse mobili per refrigerazione passiva per trasporto intermodale di prodotti refrigerati;
l'acquisto è avvenuto a trattativa privata;


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la società fornitrice, come è noto, era appena costituita ed anzi non aveva neppure avviato formalmente l'attività;
Trenitalia ha evidentemente compiuto un atto di fede sulle caratteristiche tecniche del prodotto acquistato, malgrado gli importi considerevoli della fornitura avrebbero forse dovuto suggerire una maggiore prudenza -:
se Trenitalia, prima di effettuare l'ordinativo, abbia eseguito gli accertamenti necessari per avere garanzie tecniche sulla qualità di quanto stava acquistando o se comunque siano state eseguite, successivamente all'acquisto, prove di trasporto e di conservazione sulle casse fornite da Emmerre srl e, in caso affermativo, con quali risultati.
(4-16211)

DELMASTRO DELLE VEDOVE. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
Trenitalia ha affidato a trattativa privata alla società Emmerre s.r.l. con sede legale in Carpenedolo (Brescia) Via Cesare Abba n. 69 e con stabilimento in Calcinato (Brescia) Via Strada Statale 11 n. 316, importanti forniture di casse mobili a refrigerazione passiva per trasporto intermodale di prodotti refrigerati;
la società in questione risulta essere stata costituita con capitale sociale di euro 49.600,00 in data 3 marzo 2003;
in data 13 marzo 2003 Trenitalia risulta avere richiesto una fornitura alla società Emmerre;
in data 25 marzo 2003 la società Emmerre risulta aver formulato offerta a Trenitalia;
in data 1 aprile 2003 risulta esservi l'ordinativo di Trenitalia alla società Emmerre per la fornitura di casse mobili a refrigerazione passiva per trasporto intermodale di prodotti refrigerati, per la somma di euro 1.020.000,00;
l'inizio dell'attività della società Emmerre, come da dichiarazione resa alla Camera di Commercio, è datata 13 maggio 2003 -:
se sia considerato normale che Trenitalia richieda una offerta di fornitura ad una società 10 giorni dopo la costituzione della medesima;
se sia considerato normale che, cinque giorni dopo la ricezione dell'offerta, Trenitalia ordini una fornitura per un valore di euro 1.020.000,00 ad una società costituita da 27 giorni e che non aveva ancora iniziato l'attività;
se non si ritenga di dover chiedere urgentemente esaurienti spiegazioni a Trenitalia in ordine ad una fornitura che appare all'interrogante assolutamente anomala per le modalità sopraindicate.
(4-16212)

Risposta. - Ferrovie dello Stato spa ha riferito che nel corso del 2002 la ex Divisione Cargo oggi Direzione generale operativa logistica, allo scopo di sviluppare sul territorio nazionale il trasporto intermodale di merci deperibili, ha deciso di sperimentare una cassa mobile refrigerata con tecnologia passiva che consente di assicurare la necessaria refrigerazione ed umidità senza l'utilizzo di energia nel corso del viaggio.
La sperimentazione è stata eseguita nell'ambito del Consorzio Train costituito, tra gli altri, da Enea e Ansaldo, nel quale Trenitalia spa e Rete Ferroviaria Italiana spa detengono una quota paritetica del 13 per cento.
Il
test ha avuto esito positivo e, quindi, la ex Divisione Cargo ha valutato l'opportunità di dotarsi di tali casse per sviluppare la relativa filiera di business.
Dall'indagine di mercato all'uopo esperita è emerso che la Emmerre srl risultava proprietaria di un brevetto industriale di refrigerazione delle casse mobili.
Dagli approfondimenti di carattere legale è emerso altresì che per l'affidamento del contratto di fornitura ricorrevano le circostanze


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per la procedura negoziata senza pubblicazione di bando.
La società citata è stata conseguentemente invitata a produrre l'offerta alle migliori condizioni tecniche ed economiche secondo il capitolato di fornitura elaborato sulla base della relazione finale di sperimentazione del prototipo eseguita nel 2002.
Successivamente una ulteriore e diversa società ha proposto alla
ex Divisione Cargo una soluzione tecnica simile a quella sperimentata.
Valutata quindi l'opportunità di acquisire altre casse mobili e nell'ottica di verificare sul campo la validità di questa diversa apparecchiatura ampliando la gamma dei fornitori del prodotto, si è proceduto ad affidare mediante la medesima procedura negoziale adottata nei confronti della Emmerre srl una ulteriore fornitura di casse mobili refrigerate alle stesse conclusioni economiche del contratto concluso con la predetta società.
La verifica del prodotto fornito da questa seconda società non ha avuto gli esiti positivi auspicati e quindi si è proseguito con successivi ordini nei confronti della Emmerre srl che nel frattempo aveva ulteriormente migliorato il proprio prodotto.
Infatti, la configurazione tecnica della cassa mobile refrigerata ampliata nelle dimensioni e dotata di una apparecchiatura migliorata offriva
performances commercialmente più valide tanto da risultare oggetto di un successivo diverso brevetto.
Ferrovie dello Stato ha sottolineato da ultimo che, attualmente, il prodotto della Emmerre srl sta producendo un riscontro positivo in termini sia tecnici sia di sviluppo del
business sul territorio nazionale.
Il Sottosegretario di Stato per le infrastrutture e per i trasporti: Federico Bricolo.

DELMASTRO DELLE VEDOVE. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
si è appreso che l'ipertensione colpisce attualmente 13 milioni di italiani e 800 milioni di persone nel mondo;
il recente congresso svoltosi a Dallas, nel Texas, ha riunito oltre duemila medici specialisti, su iniziativa dell'American Heart Association, per lo studio della diffusione e delle conseguenze dell'ipertensione;
secondo i dati provenienti dal congresso, ogni 100 decessi almeno 13 sono imputabili all'ipertensione;
in Italia, complice il «benessere culinario» e la sempre più pronunciata tendenza alla sedentarietà, l'ipertensione arteriosa è, dopo l'artrosi, la malattia cronica più diffusa e la sua sottovalutazione provoca con assoluta certezza danni cardiaci e vascolari, come ictus e insufficienza cardiaca;
secondo la Lega italiana per la lotta all'ipertensione, l'ipertensione provocherebbe addirittura 240 mila decessi all'anno, pari al 40 per cento di tutte le cause di decesso -:
quali iniziative abbia assunto, o intenda assumere, per promuovere una educazione alimentare ed una cura del corpo idonei a contenere e prevenire l'insorgere, in forma pericolosa, della ipertensione arteriosa.
(4-18038)

Risposta. - L'ipertensione arteriosa è una condizione clinica caratterizzata da una pressione sistolica maggiore o uguale a 140 mmHg e/o una pressione diastolica maggiore o uguale a 90 mmHg.
Nel nostro Paese colpisce in media il 33 per cento degli uomini e il 31 per cento delle donne (49 per cento delle donne in menopausa); il 19 per cento degli uomini e il 14 per cento delle donne sono in condizione
"border-line, con un valore della pressione sistolica compreso fra 140 e 160 mmHg e quello della diastolica compreso fra 90 e 95 mmHg (nei soggetti anziani riguarda in media il 52 per cento degli uomini e il 57 per cento delle donne).
Poiché l'ipertensione arteriosa rappresenta un fattore di rischio per l'insorgenza di malattie cardio e cerebro vascolari (ictus, coronaropatia, scompenso cardiaco, patologia renale e aumentato rischio di recidive),


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soprattutto se associate ad altre patologie o a stili di vita non salutari, è necessario un approccio integrato che incida sulla possibilità di ridurne il rischio.
In quest'ottica, il Ministero della salute ricomprende la prevenzione del rischio cardiovascolare tra le aree prioritarie di intervento nel settore della sanità pubblica; il Piano sanitario nazionale 2003-2005 ha inserito le malattie cardiovascolari e cerebrovascolari nell'ambito della promozione della salute, prornuovendo sia interventi finalizzati alla riduzione della mortalità sia percorsi integrati di assistenza al malato.
La legge 26 maggio 2004, n. 138, «nterventi urgenti per fronteggiare situazioni di pericolo per la salute pubblica», ha istituito presso il ministero della salute il «Centro nazionale per la prevenzione e il controllo delle malattie» (CCM), con l'obiettivo, sull'esempio di analoghe esperienze internazionali, di predisporre i piani operativi per contrastare patologie croniche.
Per il rischio cardiovascolare, il centro nazionale per la prevenzione e il controllo delle malattie ha definito il «Progetto cuore», con lo scopo di incrementare la prevenzione; attraverso la diffusione della carta del rischio cardiovascolare nella pratica medica, di ridurre la distribuzione dei fattori e la frequenza delle condizioni di rischio e di rafforzare la sorveglianza epidemiologica.
Inoltre, l'intesa tra Stato, Regioni e Province autonome del 23 marzo 2005 ha incluso la prevenzione cardiovascolare nel Piano nazionale della prevenzione 2005-2007, vincolando a tale scopo ingenti risorse economiche; le regioni hanno già predisposto piani di prevenzione, e sono in fase di progettazione interventi per la prevenzione secondaria.
Il Centro nazionale per la prevenzione e il controllo delle malattie, inoltre, ha individuato linee operative utili per la «diffusione della carta del rischio cardiovascolare» e per la «prevenzione di recidive in soggetti che hanno già avuto precedenti accidenti cardiovascolari».
Per questa patologia, appare, comunque, fondamentale la necessità di un buon rapporto tra medico e paziente, tenuto conto anche che il trattamento terapeutico necessita di continuità e di costante monitoraggio.
La rilevanza di questo aspetto è stata evidenziata, in varie popolazioni, con gli studi osservazionali, che hanno dimostrato che l'ipertensione non è trattata o non è adeguatamente controllata nel 70-75 per cento dei casi.
Il «Progetto cuore» citato, pertanto, prevede: un'attività di sensibilizzazione dei medici di medicina generale sull'importanza della prevenzione cardiovascolare, attraverso la modifica degli stili di vita; l'acquisizione delle competenze nel
counselling finalizzato alla promozione della salute, quale attivazione delle risorse e capacità individuali per l'adozione consapevole di comportamenti salutari; un'attività di formazione ed aggiornamento, relativamente alla stima del rischio cardiovascolare e al trattamento farmacologico, e non, dei fattori di rischio.
Si ritiene utile allegare la relazione tecnica predisposta dal reparto di epidemiologia delle malattie cardiovascolari dell'Istituto superiore di sanità, concernente il quadro epidemiologico dell'ipertensione in Italia.

Il quadro epidemiologico dell'ipertensione in Italia.

I dati più aggiornati sulla distribuzione della pressione arteriosa e della frequenza della ipertensione arteriosa in Italia nella fascia di età compresa fra 35 e 74 anni sono quelli dell'Osservatorio epidemiologico cardiovascolare (OEC), raccolti tra il 1998 e il 2002; si tratta di misurazioni effettuate su 9712 persone, estratte in modo casuale in 51 comuni di residenza distribuiti su tutta l'Italia. I dati disponibili sono stati suddivisi per macroaree. La media della pressione arteriosa sistolica (PAS) varia negli uomini da 134 mmHg nel Sud a 139 mmHg nel Nord ovest; nelle donne da 131 mmHg nel Nord Ovest e Centro a 133 mmHg nel Nord-Est e Sud. La media della pressione arteriosa diastolica (PAD) varia negli uomini da 84 mmHg nel Centro a 87


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mmHg nel Nord; nelle donne passa da 80 mmHg nel Centro a 83 mmHg nel Nord-Ovest e Sud. La prevalenza degli ipertesi definiti dal valore di 160 e/o 95 mmHg e/o in terapia specifica varia negli uomini dal 31 per cento nel Centro al 37 per cento nel Nord-Est; nelle donne dal 29 per cento nel Nord e nel Centro al 34 per cento nel Sud.
Le valutazioni trasversali dei fattori di rischio cardiovascolare, pur fondamentali, sono solo il primo passo per valutare l'efficienza e l'efficacia delle politiche di prevenzione. La disponibilità di dati standardizzati raccolti con la stessa procedura e metodologia in tempi meno recenti permette di valutare in modo più appropriato quali sono stati i miglioramenti derivati dalle azioni di prevenzione primaria e secondaria nella popolazione generale.
Gli studi di dimensioni nazionali con dati sufficientemente standardizzati, che consentano almeno una comparazione scientifica dei principali fattori di rischio cardiovascolare, sono l'OEC e lo studio RIFLE, banca dati unica derivata da 9 studi di popolazione condotti in Italia tra il 1978 e il 1987, comprendenti 50 campioni demografici e due coorti occupazionali, di popolazioni residenti in 13 regioni, per un totale di circa 70.000 persone, all'incirca metà uomini e metà donne, di età compresa tra 20 e 69 anni, Questi dati rappresentano le migliori informazioni disponibili sui fattori di rischio cardiovascolare in relazione alla situazione italiana della prima metà degli anni '80. Pertanto per l'inizio degli anni '80 e i primi anni 2000 abbiamo utilizzato i dati dei due progetti, RIFLE e OEC, standardizzandoli per l'età comune (35-64 anni).
Sul totale di 27.818 uomini e 25.072 donne del RIFLE e 3.641 uomini e 3.608 donne dell'OEC di 35-64 anni, sono stati considerati pressione arteriosa (PAS, PAD) e ipertensione (IPT).
La prevalenza degli ipertesi è aumentata negli uomini passando dal 27 per cento al 29 per cento ed è diminuita nelle donne passando dal 28 per cento al 23 per cento. Questa modificazione è spiegabìle nelledonne in quanto è attribuita ad una adesione maggiore delle donne alle terapie farmacologiche.

Strategie preventive.

Strategie preventive per la riduzione del rischio cardiovascolare: Le strategie per la riduzione dei fattori di rischio sono quella di popolazione e quella individuale.
La strategia di popolazione si basa sul fatto che la maggior parte dei casi di malattia cardiovascolare risulta dovuta all'esposizione di una larga parte della popolazione a fattori di rischio moderatamente elevati; l'approccio di popolazione è mirato a ridurre i livelli dei fattori di rischio della popolazione nel suo insieme; la logica di tale approccio è quella secondo cui sebbene il rischio per ciascun individuo può ridursi solo di una piccola quantità, l'effetto di popolazione potrebbe essere sostanziale dal momento che molte persone ne sono affette e, in termini di vite salvate, superiore rispetto a interventi selettivi sui soggetti ad alto rischio, Ridurre del 10 per cento il colesterolo nella popolazione generale nel suo insieme abbasserebbe del 20-30 per cento l'incidenza di malattie cardiache; diminuire di un terzo il sale consumato ridurrebbe del 20 per cento i casi di ictus; aumentare il livello di attività fisica nella popolazione attraverso il cammino a passo svelto per almeno 30 minuti al giorno o il salire le scale più volte al giorno produrrebbe benefici per tutte le patologie cronico-degenerative (malattie cardiovascolari, tumori, diabete, osteoporosi, disabilità). La strategia di popolazione dunque è diretta alla riduzione del rischio cardiovascolare cui è esposta la popolazione nel suo complesso.
In questo senso sta certamente giocando un ruolo anche la recente normativa di divieto di fumo nei locali pubblici. Infatti recenti rilevazioni hanno evidenziato che il 39 per cento dei fumatori ha diminuito la quantità di sigarette fumate e il 13 per cento dei fumatori ha tentato di smettere.


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Va inoltre menzionato il recente Piano di prevenzione attiva sancito da un accordo Stato-Regioni dello scorso marzo 2005, in cui viene definito l'impegno comune in quattro aree prioritarie della salute pubblica tra le quali è espressamente menzionata la prevenzione delle malattie cardiovascolari di cui l'ipertensione arteriosa è un importante determinante. In base all'accordo tutte le Regioni hanno redatto e inviato entro giugno 2005 alla Direzione generale per la prevenzione del Ministero della salute un piano regionale in cui secondo un programma definito nel tempo si delineano azioni programmate e si precisano indicatori misurabili sul breve periodo. Una quota del Fondo sanitario destinata alle regioni è vincolata dal rispetto dei programmi redatti.
Il monitoraggio dell'impatto del piano di prevenzione attiva sulla salute dei cittadini e la capacità di penetrazione dei messaggi di prevenzione verrà monitorato da un sistema di sorveglianza ad hoc, coordinato dall'Istituto superiore di sanità, che ha curato la conduzione di uno studio pilota (denominato PASSI).
La strategia individuale è quella rivolta agli individui ad alto rischio, mira ad identificare, mediante l'uso di indagini clinico-anamnestiche, di laboratorio e strumentali, i soggetti che all'interno di una popolazione, corrono un rischio particolarmente alto. Le due strategie sono complementari e non mutuamente esclusive e vi sono ragioni che fanno prevedere che l'uso corretto dell'una possa migliorare l'efficacia dell'altra. Esse rappresentano due maniere diverse di intervenire sulla popolazione con un complesso di misure preventive molto simili nelle due circostanze. Ciascuna presenta aspetti positivi e limiti. Il fumo di sigaretta, la sedentarietà, il sovrappeso e una alimentazione ricca in cibi di origine animale e di sale e povera di cibi di origine vegetale sono così comuni da far ritenere che l'intervento educativo di massa sia essenziale: tale azione può e deve essere fortemente incoraggiata da parte di ogni medico.

Valutazione del rischio cardiovascolare globale assoluto.

I fattori determinanti nello sviluppo delle malattie cardiovascolari sono, oltre all'età e al sesso, la pressione arteriosa, l'abitudine al fumo di sigaretta, la presenza di diabete, la colesterolemia totale e HDL. Questi fattori, considerati insieme, permettono di valutare il rischio cardiovascolare globale assoluto indicatore più appropriato per identificare le persone ad elevato rischio di ammalare di infarto del miocardio o ictus. L'utilizzo di tale indicatore rispetta l'eziologia multifattoriale della malattia cardiovascolare, riconoscendo alla pressione arteriosa l'importante ruolo nello sviluppo dell'ictus e della cardiopatia coronarica.
A tale scopo, l'Istituto Superiore di Sanità nell'ambito del progetto CUORE ha realizzato due strumenti, carta e punteggio di rischio individuale, facilmente applicabili dai medici di medicina generale e dagli specialisti per una rapida e obiettiva inquadratura del rischio cardiovascolare globale assoluto, basati sulla misurazione standardizzata di pressione arteriosa sistolica, colesterolemia totale e HDL, abitudine al fumo, diabete e utilizzo di terapia antipertensiva, nonché età e sesso. Carta e punteggio possono essere applicate a uomini e donne di età compresa fra 35 e 69 anni purché esenti da precedente evento cardiovascolare. Questi strumenti sono disponibili e scaricabili gratuitamente sul sito
web www.cuore.iss.it, in un software nominato cuore.exe; tale software permette di calcolare il rischio cardiovascolare globale assoluto, misurare soprappeso e obesità, archiviare i dati, annotare le terapie farmacologiche, gli interventi di counselling, e stampare il rischio personale degli assistiti con una serie di suggerimenti sullo stile di vita mirati a mantenere il rischio cardiovascolare a livelli «desiderabili».
Recentemente è stato messo a punto un programma di formazione nazionale per i medici di medicina generale sull'uso e l'applicazione della valutazione del rischio cardiovascolare in collaborazione con il Centro nazionale per il controllo delle malattie e


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l'Agenzia italiana per il farmaco. Questo programma di formazione è articolato in cinque moduli sequenziali che iniziano dall'acquisizione di competenze sull'uso della carta del rischio (modulo 1 e 2), alla applicazione nella pratica clinica (modulo 3) alla ricerca, valutazione e divulgazione dei risultati dell'intervento (modulo 4 e 5), con l'obiettivo di indurre un cambiamento dello stile di vita tra gli individui ad alto rischio e nella popolazione generale, ridurre l'incidenza delle patologie cardiovascolari e contribuire all'eliminazione delle disuguaglianze regionali (Obiettivi del piano operativo CCM 2005).
Il Sottosegretario di Stato per la salute: Domenico Di Virgilio.

DELMASTRO DELLE VEDOVE. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
in data 10 gennaio 2005 entrava in vigore la normativa, voluta dal Ministro della salute Sirchia, che vietava il fumo nei locali pubblici;
a distanza di un anno dalla sua entrata in vigore, la legge richiamata sembra essere stata sostanzialmente accettata anche dai fumatori più incalliti, che, ancorché non abbiano perduto il vizio, tuttavia registrano una notevole diminuzione del consumo di sigarette;
è opportuno sapere se vi sono dati ufficiali ed attendibili per valutare in concreto l'efficacia della norma -:
se siano state già effettuate attendibili rilevazioni circa i consumi di sigarette, sì da poter valutare in concreto i risultati ottenuti dalla normativa Sirchia contro il fumo nei locali pubblici.
(4-19190)

Risposta. - La legge 16 gennaio 2003 n. 3, (articolo 51 «Tutela della salute dei non fumatori», che ha esteso il divieto di fumo a tutti i luoghi di lavoro, pubblici e privati, e agli esercizi commerciali (compresi bar e ristoranti) rappresenta, nell'ambito delle azioni di contrasto al tabagismo adottate dal Ministero della salute, un risultato determinante a tutela della salute pubblica.
Il convegno «Tutela della salute dei non fumatori: un bilancio dopo un anno di applicazione della legge 3 del 2003, articolo 51» tenutosi il 10 gennaio 2005, organizzato dal Centro nazionale prevenzione e controllo malattie (CCM), è stato promosso dal Ministero della salute allo scopo di fare il punto sull'impatto che la suddetta normativa ha avuto sui comportamenti dei cittadini italiani ad un anno dall'entrata in vigore della legge.
Nel corso del convegno sono stati presentati i dati sui comportamenti dei fumatori, prima e dopo l'entrata in vigore della legge, rilevati dall'indagine multiscopo dell'Istituto centrale di statistica (ISTAT), i dati Doxa-Istituto superiore di sanità (ISS) sul fumo in Italia e i risultati dello studio «Passi» promosso da Centro nazionale prevenzione e controllo malattie, Istituto superiore di sanità e regioni sugli atteggiamenti degli adulti in merito al divieto di fumo.
In particolare, dall'indagine multiscopo dell'Istituto nazionale di statistica è emerso che nel periodo dicembre 2004-marzo 2005 i fumatori in Italia sono stati 11 milioni e 221 mila pari al 22,3 per cento della popolazione dai 14 anni in su (28,5 per cento maschi e 16,6 per cento femmine).
La percentuale più alta di fumatori si localizza nell'Italia centrale (24,3 per cento), la più bassa al sud (20,9 per cento). L'età media in cui gli uomini cominciano a fumare è più bassa rispetto a quella delle donne (17,6 contro 19,5).
I fumatori abituali (coloro che fumano tutti i giorni) sono l'89,7 per cento del totale dei fumatori e il 20,3 per cento della popolazione, con un consumo medio di 14,8 sigarette al giorno. La quota dei «forti fumatori» (20 e più sigarette al giorno) è pari al 37,1 per cento dei fumatori abituali.
Il 21,9 per cento dei fumatori ha dichiarato di aver tentato di smettere di fumare nei 12 mesi precedenti l'intervista. In particolare, confrontando la quota registrata nel dicembre 2004 con quella di marzo 2005, tra i fumatori adulti (30-59


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anni) si evidenzia un incremento di circa 4 punti percentuali (dal 19,7 per cento al 23,6 per cento).
Nel 1980 i fumatori erano oltre un terzo della popolazione di 14 anni e più (34,9 per cento) con differenze di genere molto marcate: fumava oltre la metà degli uomini (54,3 per cento) mentre, tra le donne, meno di una su cinque (16,7 per cento) si dichiarava fumatrice.
La quota di fumatori in Italia è andata diminuendo negli ultimi 25 anni di oltre 12 punti percentuali, soprattutto per la riduzione dei fumatori maschi, mentre la percentuale di fumatrici è rimasta complessivamente stabile.
L'indagine della
Doxa promossa dall'Osservatorio fumo, alcool e droga (Ossfad) dell'Istituto superiore di sanità indica che negli ultimi quindici anni il numero dei fumatori in Italia è costantemente diminuito.
Nel 2005 (dati dell'indagine
Doxa condotta a marzo-aprile su un campione di 3114 persone di 15 anni e oltre), la flessione riguarda entrambi i sessi, in quanto anche le donne, dopo due anni di situazione stazionaria intorno al 22,5 per cento nel 2003-2004, mostrano un leggero calo arrestandosi al 22,1 per cento. Analizzando il quadro complessivo delle abitudini al fumo degli italiani, per il 2005 i fumatori costituiscono il 25,6 per cento della popolazione (29,3 per cento degli uomini e 22,1 per cento delle donne), gli ex fumatori sono pari al 18,6 per cento (25,2 per cento maschi e 12,4 per cento femmine). Rispetto a quanto emerso dall'indagine condotta nel 2004, sono state rilevate alcune lievi differenze: i fumatori correnti sono diminuiti dal 26,2 al 25,6 per cento; gli ex-fumatori sono aumentati, passando dal 17,9 al 18,6 per cento. In totale circa 500 mila fumatori hanno smesso nell'ultimo anno. Mediamente l'età in cui si inizia a fumare risulta essere di 17 anni; fra i giovani di 15-24 anni i fumatori correnti sono il 28,2 per cento dei maschi ed il 21 per cento delle femmine. Tali valori aumentano rispettivamente a 35,9 per cento e 31 per cento nella fascia d'età che va dai 25 ai 44 anni.
Dalla ricerca sul «Fumo in corsia» condotta da Ossfad, in 536 ospedali italiani è risultato che il 75 per cento ritiene che la nuova normativa non debba essere migliorata.
Con l'entrata in vigore della nuova legge, la maggioranza degli intervistati ha giudicato, «buono» il rispetto del divieto, mentre da una precedente indagine effettuata dall'Istituto superiore di sanità era invece emerso che solo il 49,5 per cento degli ospedali giudicava «sufficiente» il grado di rispetto del divieto raggiunto.
Solo il 71,5 per cento degli ospedali aveva completamente bandito il fumo prima dell'entrata in vigore della nuova normativa nel gennaio 2005, nonostante già esistesse una legge di divieto; a distanza di qualche mese dall'entrata in vigore della legge antifumo, in appena un ospedale su 200 è stata rilevata un'infrazione.
Complessivamente le infrazioni contestate sono passate da 57 segnalazioni di infrazioni nel corso del 2004 a 24 segnalazioni nei primi due mesi del 2005.
È risultato, inoltre, che solo nel 50 per cento delle strutture viene fornito aiuto al personale sanitario che vuole smettere di fumare.
Lo studio Passi ha testato metodi ed applicabilità di una raccolta di dati locali sui fattori di rischio comportamentali e sui risultati di specifici programmi di Sanità pubblica, al fine di verificare la fattibilità di un futuro sistema di sorveglianza permanente su questi temi, in grado di fornire informazioni a livello di strutture sanitarie territoriali.
Dai dati, ancora incompleti dello studio condotto tramite interviste telefoniche, su un campione di popolazione di età 18-69 anni, è emerso che, fra le Aziende sanitarie locali partecipanti, il 17 per cento ha dichiarato che il divieto di fumo non è sempre rispettato nel luogo di lavoro, mentre il 26 per cento ha dichiarato di non sapere se tale divieto viene rispettato.
Inoltre, il 39 per cento circa dei fumatori ha detto di aver diminuito il numero di sigarette fumate dall'applicazione del divieto di fumo nei locali pubblici; nella scelta di smettere di fumare la normativa in esame


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è stata il fattore decisivo per il 7 per cento circa di chi ha smesso di fumare.
Il Ministero della salute ha attivato nei primi mesi del 2005 il numero verde gratuito 800.571661 per fornire ai cittadini informazioni e chiarimenti sulla legge; durante il primo mese sono state 4.032 le chiamate ricevute e si sono registrati, inoltre, più di 175.000 accessi alle pagine del portale del Ministero dedicate al fumo e più di 70.000 accessi alle pagine del portale del Ccm dedicate al fumo.
Il servizio ha permesso di chiarire i principali dubbi interpretativi sulla legge, ed anche di evidenziarne i punti deboli e i limiti (ad esempio locali di difficile definizione, gruppi particolari di popolazione, quali detenuti e malati psichiatrici), ai quali bisognerà dare risposta anche con ulteriori interventi normativi.
I controlli dei Nas. Il Comando dei carabinieri per la tutela della salute (NAS), nel periodo gennaio-novembre 2005, ha effettuato controlli in ambito nazionale nei luoghi in cui si applica il divieto di fumo (ospedali, case di cura, banche, uffici pubblici, scuole, ristoranti, musei, eccetera): effettuate complessivamente 6076 ispezioni. Accertate 327 infrazioni (5,4 per cento del totale delle ispezioni). 112 infrazioni (1,8 per cento, del totale delle ispezioni) contestate a persone che fumavano dove non consentito. 215 infrazioni (3,5 per cento) contestate a responsabili dell'osservanza del divieto, per mancata esposizione in posizione visibile dei cartelli di divieto, o per la presenza di impianti di condizionamento non funzionanti o non idonei. Il 46 per cento dei soggetti sanzionati è rappresentato da titolari di ristoranti-pizzerie e locali notturni. Il 20 per cento da avventori.

Risultati indiretti. Il consumo di tabacco.

Il Ministero dell'economia e delle finanze (Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato) elabora i dati relativi alle vendite di sigarette che, su richiesta, vengono comunicati al Ministero della Salute.
Nel periodo gennaio-novembre 2005 si è registrata una riduzione complessiva del 5,7 per cento nella quantità venduta di sigarette rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente ad eccezione di marzo e maggio, il trend è decrescente per tutti i mesi, con picchi a febbraio (-19,62 per cento) e a luglio (-14,56 per cento).
Il calo delle vendite si osserva per tutti, i prodotti del tabacco, esclusi i trinciati, per i quali si registra un incremento pari al 20 per cento.
I farmaci antifumo. Dai dati forniti dall'Agenzia italiana del farmaco (AIFA), risulta che nel periodo gennaio-settembre 2005 le vendite di prodotti sostitutivi della nicotina sono quasi raddoppiate, da 475.025 a 911.507 unità vendute (91,9 per cento), rispetto allo stesso periodo del 2004.
Gli effetti sulla salute. In conformità ad un recente studio americano (BMJ, vol 328, aprile 2004) che dimostra l'esistenza di una correlazione tra introduzione del divieto di fumo nei luoghi pubblici e riduzione della frequenza di ricoveri per infarto acuto del miocardio (IMA), il Ministero della salute, in collaborazione con alcune regioni (Piemonte, Friuli-Venezia Giulia, Lazio e Campania) sta conducendo uno studio per testare l'ipotesi di tale correlazione sui ricoveri urgenti per IMA, nella popolazione di età 40-64 anni.
Al momento, sono disponibili risultati preliminari che evidenziano, nei primi due mesi del 2005, una riduzione dei ricoveri pari al 7 per cento sul totale delle quattro regioni considerate, rispetto ad un
trend crescente, per gli stessi mesi, degli anni 2001-2004.
Questa inversione di tendenza rappresenta un segnale positivo da interpretare, tuttavia, con cautela e che richiede opportuni approfondimenti su una popolazione più ampia e per un intervallo temporale maggiore.
Il Sottosegretario di Stato per la salute: Domenico Di Virgilio.


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DELMASTRO DELLE VEDOVE. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
la Guida all'Università di Campus, in edicola nel mese di luglio 2005, ha pubblicato il responso del rating sugli Atenei italiani;
i risultati derivano dall'analisi dei dati di provenienza del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, del Comitato nazionale per la valutazione degli studi universitari e del Consorzio interuniversitario per il calcolo elettronico-Cineca;
in effetti, peraltro, è interessante avere un dato che certamente è il più significativo e cioé quello della produttività studentesca, derivante dall'indicazione degli iscritti al primo anno, dal rapporto fra laureati ed iscritti, dal numero dei laureati fuori corso e di studenti che non hanno ottenuto crediti;
l'analisi dei dati derivanti dagli Atenei maggiori merita un confronto tutto particolare con i dati che si ricavano dagli Atenei con un numero di studenti iscritti inferiore ai diecimila, proprio perché la dimensione più sopportabile del campus universitario probabilmente favorisce un rapporto migliore fra docenti e discenti, suggerendo implicitamente scelte importanti per la politica universitaria -:
con riferimento all'Università di Reggio Calabria:
quanti siano gli iscritti al primo anno e quale sia il rapporto fra iscritti e laureati nello stesso Ateneo;
quanti siano gli iscritti che abbandonano alla fine del primo anno del corso di laurea, e, fra essi, quanti cambino il corso di laurea nello stesso Ateneo e quanti, invece, si iscrivano ad altro Ateneo;
quale sia il numero dei laureati fuori corso e degli studenti che non hanno ottenuto crediti;
quanti siano i corsi di laurea dopo l'avvio dell'ordinamento del cosiddetto «3 + 2» rispetto al numero di corsi di laurea esistenti prima della riforma.
(4-15698)

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la Guida all'Università di Campus, in edicola nel mese di luglio 2005, ha pubblicato il responso del rating sugli Atenei italiani;
i risultati derivano dall'analisi dei dati di provenienza del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, del Comitato nazionale per la valutazione degli studi universitari e del Consorzio interuniversitario per il calcolo elettronico-Cineca;
in effetti, peraltro, è interessante avere un dato che certamente è il più significativo e cioé quello della produttività studentesca, derivante dall'indicazione degli iscritti al primo anno, dal rapporto fra laureati ed iscritti, dal numero dei laureati fuori corso e di studenti che non hanno ottenuto crediti;
l'analisi dei dati derivanti dagli Atenei maggiori merita un confronto tutto particolare con i dati che si ricavano dagli Atenei con un numero di studenti iscritti inferiore ai diecimila, proprio perché la dimensione più sopportabile del campus universitario probabilmente favorisce un rapporto migliore fra docenti e discenti, suggerendo implicitamente scelte importanti per la politica universitaria -:
con riferimento all'Università di Teramo:
quanti siano gli iscritti al primo anno e quale sia il rapporto fra iscritti e laureati nello stesso Ateneo;
quanti siano gli iscritti che abbandonano alla fine del primo anno del corso di laurea, e, fra essi, quanti cambino il


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corso di laurea nello stesso Ateneo e quanti, invece, si iscrivano ad altro Ateneo;
quale sia il numero dei laureati fuori corso e degli studenti che non hanno ottenuto crediti;
quanti siano i corsi di laurea dopo l'avvio dell'ordinamento del cosiddetto «3 + 2» rispetto al numero di corsi di laurea esistenti prima della riforma.
(4-15699)

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i risultati derivano dall'analisi dei dati di provenienza del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, del Comitato nazionale per la valutazione degli studi universitari e del Consorzio interuniversitario per il calcolo elettronico-Cineca;
in effetti, peraltro, è interessante avere un dato che certamente è il più significativo e cioé quello della produttività studentesca, derivante dall'indicazione degli iscritti al primo anno, dal rapporto fra laureati ed iscritti, dal numero dei laureati fuori corso e di studenti che non hanno ottenuto crediti;
l'analisi dei dati derivanti dagli Atenei maggiori merita un confronto tutto particolare con i dati che si ricavano dagli Atenei con un numero di studenti iscritti inferiore ai diecimila, proprio perché la dimensione più sopportabile del campus universitario probabilmente favorisce un rapporto migliore fra docenti e discenti, suggerendo implicitamente scelte importanti per la politica universitaria -:
con riferimento all'Università di Campobasso - Molise:
quanti siano gli iscritti al primo anno e quale sia il rapporto fra iscritti e laureati nello stesso Ateneo;
quanti siano gli iscritti che abbandonano alla fine del primo anno del corso di laurea, e, fra essi, quanti cambino il corso di laurea nello stesso Ateneo e quanti, invece, si iscrivano ad altro Ateneo;
quale sia il numero dei laureati fuori corso e degli studenti che non hanno ottenuto crediti;
quanti siano i corsi di laurea dopo l'avvio dell'ordinamento del cosiddetto «3 + 2» rispetto al numero di corsi di laurea esistenti prima della riforma.
(4-15700)

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i risultati derivano dall'analisi dei dati di provenienza del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, del Comitato nazionale per la valutazione degli studi universitari e del Consorzio interuniversitario per il calcolo elettronico-Cineca;
in effetti, peraltro, è interessante avere un dato che certamente è il più significativo e cioé quello della produttività studentesca, derivante dall'indicazione degli iscritti al primo anno, dal rapporto fra laureati ed iscritti, dal numero dei laureati fuori corso e di studenti che non hanno ottenuto crediti;
l'analisi dei dati derivanti dagli Atenei maggiori merita un confronto tutto particolare con i dati che si ricavano dagli Atenei con un numero di studenti iscritti inferiore ai diecimila, proprio perché la dimensione più sopportabile del campus universitario probabilmente favorisce un rapporto migliore fra docenti e discenti,


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suggerendo implicitamente scelte importanti per la politica universitaria -:
con riferimento all'Università di Benevento - Sannio:
quanti siano gli iscritti al primo anno e quale sia il rapporto fra iscritti e laureati nello stesso Ateneo;
quanti siano gli iscritti che abbandonano alla fine del primo anno del corso di laurea, e, fra essi, quanti cambino il corso di laurea nello stesso Ateneo e quanti, invece, si iscrivano ad altro Ateneo;
quale sia il numero dei laureati fuori corso e degli studenti che non hanno ottenuto crediti;
quanti siano i corsi di laurea dopo l'avvio dell'ordinamento del cosiddetto «3 + 2» rispetto al numero di corsi di laurea esistenti prima della riforma.
(4-15701)

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i risultati derivano dall'analisi dei dati di provenienza del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, del Comitato nazionale per la valutazione degli studi universitari e del Consorzio interuniversitario per il calcolo elettronico-Cineca;
in effetti, peraltro, è interessante avere un dato che certamente è il più significativo e cioé quello della produttività studentesca, derivante dall'indicazione degli iscritti al primo anno, dal rapporto fra laureati ed iscritti, dal numero dei laureati fuori corso e di studenti che non hanno ottenuto crediti;
l'analisi dei dati derivanti dagli Atenei maggiori merita un confronto tutto particolare con i dati che si ricavano dagli Atenei con un numero di studenti iscritti inferiore ai diecimila, proprio perché la dimensione più sopportabile del campus universitario probabilmente favorisce un rapporto migliore fra docenti e discenti, suggerendo implicitamente scelte importanti per la politica universitaria -:
con riferimento all'Università di Roma - Lusm:
quanti siano gli iscritti al primo anno e quale sia il rapporto fra iscritti e laureati nello stesso Ateneo;
quanti siano gli iscritti che abbandonano alla fine del primo anno del corso di laurea, e, fra essi, quanti cambino il corso di laurea nello stesso Ateneo e quanti, invece, si iscrivano ad altro Ateneo;
quale sia il numero dei laureati fuori corso e degli studenti che non hanno ottenuto crediti;
quanti siano i corsi di laurea dopo l'avvio dell'ordinamento del cosiddetto «3 + 2» rispetto al numero di corsi di laurea esistenti prima della riforma.
(4-15702)

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in effetti, peraltro, è interessante avere un dato che certamente è il più significativo e cioé quello della produttività studentesca, derivante dall'indicazione degli iscritti al primo anno, dal rapporto fra laureati ed iscritti, dal numero dei laureati


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fuori corso e di studenti che non hanno ottenuto crediti;
l'analisi dei dati derivanti dagli Atenei maggiori merita un confronto tutto particolare con i dati che si ricavano dagli Atenei con un numero di studenti iscritti inferiore ai diecimila, proprio perché la dimensione più sopportabile del campus universitario probabilmente favorisce un rapporto migliore fra docenti e discenti, suggerendo implicitamente scelte importanti per la politica universitaria -:
con riferimento all'Università di Perugia - Università degli Stranieri:
quanti siano gli iscritti al primo anno e quale sia il rapporto fra iscritti e laureati nello stesso Ateneo;
quanti siano gli iscritti che abbandonano alla fine del primo anno del corso di laurea, e, fra essi, quanti cambino il corso di laurea nello stesso Ateneo e quanti, invece, si iscrivano ad altro Ateneo;
quale sia il numero dei laureati fuori corso e degli studenti che non hanno ottenuto crediti;
quanti siano i corsi di laurea dopo l'avvio dell'ordinamento del cosiddetto «3 + 2» rispetto al numero di corsi di laurea esistenti prima della riforma.
(4-15703)

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la Guida all'Università di Campus, in edicola nel mese di luglio 2005, ha pubblicato il responso del rating sugli Atenei italiani;
i risultati derivano dall'analisi dei dati di provenienza del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, del Comitato nazionale per la valutazione degli studi universitari e del Consorzio interuniversitario per il calcolo elettronico-Cineca;
in effetti, peraltro, è interessante avere un dato che certamente è il più significativo e cioé quello della produttività studentesca, derivante dall'indicazione degli iscritti al primo anno, dal rapporto fra laureati ed iscritti, dal numero dei laureati fuori corso e di studenti che non hanno ottenuto crediti;
l'analisi dei dati derivanti dagli Atenei maggiori merita un confronto tutto particolare con i dati che si ricavano dagli Atenei con un numero di studenti iscritti inferiore ai diecimila, proprio perché la dimensione più sopportabile del campus universitario probabilmente favorisce un rapporto migliore fra docenti e discenti, suggerendo implicitamente scelte importanti per la politica universitaria -:
con riferimento all'Università di Potenza:
quanti siano gli iscritti al primo anno e quale sia il rapporto fra iscritti e laureati nello stesso Ateneo;
quanti siano gli iscritti che abbandonano alla fine del primo anno del corso di laurea, e, fra essi, quanti cambino il corso di laurea nello stesso Ateneo e quanti, invece, si iscrivano ad altro Ateneo;
quale sia il numero dei laureati fuori corso e degli studenti che non hanno ottenuto crediti;
quanti siano i corsi di laurea dopo l'avvio dell'ordinamento del cosiddetto «3 + 2» rispetto al numero di corsi di laurea esistenti prima della riforma.
(4-15704)

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i risultati derivano dall'analisi dei dati di provenienza del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca,


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del Comitato nazionale per la valutazione degli studi universitari e del Consorzio interuniversitario per il calcolo elettronico-Cineca;
in effetti, peraltro, è interessante avere un dato che certamente è il più significativo e cioé quello della produttività studentesca, derivante dall'indicazione degli iscritti al primo anno, dal rapporto fra laureati ed iscritti, dal numero dei laureati fuori corso e di studenti che non hanno ottenuto crediti;
l'analisi dei dati derivanti dagli Atenei maggiori merita un confronto tutto particolare con i dati che si ricavano dagli Atenei con un numero di studenti iscritti inferiore ai diecimila, proprio perché la dimensione più sopportabile del campus universitario probabilmente favorisce un rapporto migliore fra docenti e discenti, suggerendo implicitamente scelte importanti per la politica universitaria -:
con riferimento all'Università di Camerino:
quanti siano gli iscritti al primo anno e quale sia il rapporto fra iscritti e laureati nello stesso Ateneo;
quanti siano gli iscritti che abbandonano alla fine del primo anno del corso di laurea, e, fra essi, quanti cambino il corso di laurea nello stesso Ateneo e quanti, invece, si iscrivano ad altro Ateneo;
quale sia il numero dei laureati fuori corso e degli studenti che non hanno ottenuto crediti;
quanti siano i corsi di laurea dopo l'avvio dell'ordinamento del cosiddetto «3 + 2» rispetto al numero di corsi di laurea esistenti prima della riforma.
(4-15705)

DELMASTRO DELLE VEDOVE. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
la Guida all'Università di Campus, in edicola nel mese di luglio 2005, ha pubblicato il responso del rating sugli Atenei italiani;
i risultati derivano dall'analisi dei dati di provenienza del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, del Comitato nazionale per la valutazione degli studi universitari e del Consorzio interuniversitario per il calcolo elettronico-Cineca;
in effetti, peraltro, è interessante avere un dato che certamente è il più significativo e cioé quello della produttività studentesca, derivante dall'indicazione degli iscritti al primo anno, dal rapporto fra laureati ed iscritti, dal numero dei laureati fuori corso e di studenti che non hanno ottenuto crediti;
è particolarmente interessante verificare e confrontare i dati degli Atenei maggiori con gli Atenei con meno di diecimila studenti iscritti, che consentono un rapporto diverso fra docenti e discenti e che presumibilmente registrano differenze che potrebbero essere significative anche ai fini delle scelte di ampio respiro nella politica universitaria -:
con riferimento all'Università di Insburia:
quanti siano gli iscritti al primo anno e quale sia il rapporto fra iscritti e laureati nello stesso Ateneo;
quanti siano gli iscritti che abbandonano alla fine del primo anno del corso di laurea, e, fra essi, quanti cambino il corso di laurea nello stesso Ateneo e quanti, invece, si iscrivano ad altro Ateneo;
quale sia il numero dei laureati fuori corso e degli studenti che non hanno ottenuto crediti;
quanti siano i corsi di laurea dopo l'avvio dell'ordinamento del cosiddetto «3 + 2» rispetto al numero di corsi di laurea esistenti prima della riforma.
(4-15706)


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la Guida all'Università di Campus, in edicola nel mese di luglio 2005, ha pubblicato il responso del rating sugli Atenei italiani;
i risultati derivano dall'analisi dei dati di provenienza del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, del Comitato nazionale per la valutazione degli studi universitari e del Consorzio interuniversitario per il calcolo elettronico-Cineca;
in effetti, peraltro, è interessante avere un dato che certamente è il più significativo e cioé quello della produttività studentesca, derivante dall'indicazione degli iscritti al primo anno, dal rapporto fra laureati ed iscritti, dal numero dei laureati fuori corso e di studenti che non hanno ottenuto crediti;
è particolarmente interessante verificare e confrontare i dati degli Atenei maggiori con gli Atenei con meno di diecimila studenti iscritti, che consentono un rapporto diverso fra docenti e discenti e che presumibilmente registrano differenze che potrebbero essere significative anche ai fini delle scelte di ampio respiro nella politica universitaria -:
con riferimento all'Università di Venezia - Luav:
quanti siano gli iscritti al primo anno e quale sia il rapporto fra iscritti e laureati nello stesso Ateneo;
quanti siano gli iscritti che abbandonano alla fine del primo anno del corso di laurea, e, fra essi, quanti cambino il corso di laurea nello stesso Ateneo e quanti, invece, si iscrivano ad altro Ateneo;
quale sia il numero dei laureati fuori corso e degli studenti che non hanno ottenuto crediti;
quanti siano i corsi di laurea dopo l'avvio dell'ordinamento del cosiddetto «3 + 2» rispetto al numero di corsi di laurea esistenti prima della riforma.
(4-15707)

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la Guida all'Università di Campus, in edicola nel mese di luglio 2005, ha pubblicato il responso del rating sugli Atenei italiani;
i risultati derivano dall'analisi dei dati di provenienza del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, del Comitato nazionale per la valutazione degli studi universitari e del Consorzio interuniversitario per il calcolo elettronico-Cineca;
in effetti, peraltro, è interessante avere un dato che certamente è il più significativo e cioé quello della produttività studentesca, derivante dall'indicazione degli iscritti al primo anno, dal rapporto fra laureati ed iscritti, dal numero dei laureati fuori corso e di studenti che non hanno ottenuto crediti;
è particolarmente interessante verificare e confrontare i dati degli Atenei maggiori con gli Atenei con meno di diecimila studenti iscritti, che consentono un rapporto diverso fra docenti e discenti e che presumibilmente registrano differenze che potrebbero essere significative anche ai fini delle scelte di ampio respiro nella politica universitaria -:
con riferimento all'Università di Viterbo - Tuscia:
quanti siano gli iscritti al primo anno e quale sia il rapporto fra iscritti e laureati nello stesso Ateneo;
quanti siano gli iscritti che abbandonano alla fine del primo anno del corso di laurea, e, fra essi, quanti cambino il corso di laurea nello stesso Ateneo e quanti, invece, si iscrivano ad altro Ateneo;


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quale sia il numero dei laureati fuori corso e degli studenti che non hanno ottenuto crediti;
quanti siano i corsi di laurea dopo l'avvio dell'ordinamento del cosiddetto «3 + 2» rispetto al numero di corsi di laurea esistenti prima della riforma.
(4-15708)

DELMASTRO DELLE VEDOVE. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
la Guida all'Università di Campus, in edicola nel mese di luglio 2005, ha pubblicato il responso del rating sugli Atenei italiani;
i risultati derivano dall'analisi dei dati di provenienza del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, del Comitato nazionale per la valutazione degli studi universitari e del Consorzio interuniversitario per il calcolo elettronico-Cineca;
in effetti, peraltro, è interessante avere un dato che certamente è il più significativo e cioé quello della produttività studentesca, derivante dall'indicazione degli iscritti al primo anno, dal rapporto fra laureati ed iscritti, dal numero dei laureati fuori corso e di studenti che non hanno ottenuto crediti;
è particolarmente interessante verificare e confrontare i dati degli Atenei maggiori con gli Atenei con meno di diecimila studenti iscritti, che consentono un rapporto diverso fra docenti e discenti e che presumibilmente registrano differenze che potrebbero essere significative anche ai fini delle scelte di ampio respiro nella politica universitaria -:
con riferimento all'Università di Siena - Università degli Stranieri:
quanti siano gli iscritti al primo anno e quale sia il rapporto fra iscritti e laureati nello stesso Ateneo;
quanti siano gli iscritti che abbandonano alla fine del primo anno del corso di laurea, e, fra essi, quanti cambino il corso di laurea nello stesso Ateneo e quanti, invece, si iscrivano ad altro Ateneo;
quale sia il numero dei laureati fuori corso e degli studenti che non hanno ottenuto crediti;
quanti siano i corsi di laurea dopo l'avvio dell'ordinamento del cosiddetto «3 + 2» rispetto al numero di corsi di laurea esistenti prima della riforma.
(4-15709)

DELMASTRO DELLE VEDOVE. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
la Guida all'Università di Campus, in edicola nel mese di luglio 2005, ha pubblicato il responso del rating sugli Atenei italiani;
i risultati derivano dall'analisi dei dati di provenienza del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, del Comitato nazionale per la valutazione degli studi universitari e del Consorzio interuniversitario per il calcolo elettronico-Cineca;
in effetti, peraltro, è interessante avere un dato che certamente è il più significativo e cioé quello della produttività studentesca, derivante dall'indicazione degli iscritti al primo anno, dal rapporto fra laureati ed iscritti, dal numero dei laureati fuori corso e di studenti che non hanno ottenuto crediti;
il dato è ancor più interessante se riguarda gli Atenei di media grandezza, e cioè quelli con un numero di studenti tra i diecimila ed i trentacinquemila, anche per comprendere quali differenze significative possano esservi in ragione delle


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dimensioni dell'Ateneo, tenuto conto dei dati delle sedi universitarie maggiori -:
con riferimento all'Università di Napoli - Parthenope:
quanti siano gli iscritti al primo anno e quale sia il rapporto fra iscritti e laureati nello stesso Ateneo;
quanti siano gli iscritti che abbandonano alla fine del primo anno del corso di laurea, e, fra essi, quanti cambino il corso di laurea nello stesso Ateneo e quanti, invece, si iscrivano ad altro Ateneo;
quale sia il numero dei laureati fuori corso e degli studenti che non hanno ottenuto crediti;
quanti siano i corsi di laurea dopo l'avvio dell'ordinamento del cosiddetto «3 + 2» rispetto al numero di corsi di laurea esistenti prima della riforma.
(4-15710)

DELMASTRO DELLE VEDOVE. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
la Guida all'Università di Campus, in edicola nel mese di luglio 2005, ha pubblicato il responso del rating sugli Atenei italiani;
i risultati derivano dall'analisi dei dati di provenienza del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, del Comitato nazionale per la valutazione degli studi universitari e del Consorzio interuniversitario per il calcolo elettronico-Cineca;
in effetti, peraltro, è interessante avere un dato che certamente è il più significativo e cioé quello della produttività studentesca, derivante dall'indicazione degli iscritti al primo anno, dal rapporto fra laureati ed iscritti, dal numero dei laureati fuori corso e di studenti che non hanno ottenuto crediti;
il dato è ancor più interessante se riguarda gli Atenei di media grandezza, e cioè quelli con un numero di studenti tra i diecimila ed i trentacinquemila, anche per comprendere quali differenze significative possano esservi in ragione delle dimensioni dell'Ateneo, tenuto conto dei dati delle sedi universitarie maggiori -:
con riferimento all'Università di Catanzaro:
quanti siano gli iscritti al primo anno e quale sia il rapporto fra iscritti e laureati nello stesso Ateneo;
quanti siano gli iscritti che abbandonano alla fine del primo anno del corso di laurea, e, fra essi, quanti cambino il corso di laurea nello stesso Ateneo e quanti, invece, si iscrivano ad altro Ateneo;
quale sia il numero dei laureati fuori corso e degli studenti che non hanno ottenuto crediti;
quanti siano i corsi di laurea dopo l'avvio dell'ordinamento del cosiddetto «3 + 2» rispetto al numero di corsi di laurea esistenti prima della riforma.
(4-15711)

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la Guida all'Università di Campus, in edicola nel mese di luglio 2005, ha pubblicato il responso del rating sugli Atenei italiani;
i risultati derivano dall'analisi dei dati di provenienza del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, del Comitato nazionale per la valutazione degli studi universitari e del Consorzio interuniversitario per il calcolo elettronico-Cineca;
in effetti, peraltro, è interessante avere un dato che certamente è il più significativo e cioé quello della produttività studentesca, derivante dall'indicazione degli iscritti al primo anno, dal rapporto fra laureati ed iscritti, dal numero dei laureati fuori corso e di studenti che non hanno ottenuto crediti;


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il dato è ancor più interessante se riguarda gli Atenei di media grandezza, e cioè quelli con un numero di studenti tra i diecimila ed i trentacinquemila, anche per comprendere quali differenze significative possano esservi in ragione delle dimensioni dell'Ateneo, tenuto conto dei dati delle sedi universitarie maggiori -:
con riferimento all'Università di Foggia:
quanti siano gli iscritti al primo anno e quale sia il rapporto fra iscritti e laureati nello stesso Ateneo;
quanti siano gli iscritti che abbandonano alla fine del primo anno del corso di laurea, e, fra essi, quanti cambino il corso di laurea nello stesso Ateneo e quanti, invece, si iscrivano ad altro Ateneo;
quale sia il numero dei laureati fuori corso e degli studenti che non hanno ottenuto crediti;
quanti siano i corsi di laurea dopo l'avvio dell'ordinamento del cosiddetto «3 + 2» rispetto al numero di corsi di laurea esistenti prima della riforma.
(4-15712)

DELMASTRO DELLE VEDOVE. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
la Guida all'Università di Campus, in edicola nel mese di luglio 2005, ha pubblicato il responso del rating sugli Atenei italiani;
i risultati derivano dall'analisi dei dati di provenienza del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, del Comitato nazionale per la valutazione degli studi universitari e del Consorzio interuniversitario per il calcolo elettronico-Cineca;
in effetti, peraltro, è interessante avere un dato che certamente è il più significativo e cioé quello della produttività studentesca, derivante dall'indicazione degli iscritti al primo anno, dal rapporto fra laureati ed iscritti, dal numero dei laureati fuori corso e di studenti che non hanno ottenuto crediti;
il dato è ancor più interessante se riguarda gli Atenei di media grandezza, e cioè quelli con un numero di studenti tra i diecimila ed i trentacinquemila, anche per comprendere quali differenze significative possano esservi in ragione delle dimensioni dell'Ateneo, tenuto conto dei dati delle sedi universitarie maggiori -:
con riferimento all'Università di Bari Politecnico:
quanti siano gli iscritti al primo anno e quale sia il rapporto fra iscritti e laureati nello stesso Ateneo;
quanti siano gli iscritti che abbandonano alla fine del primo anno del corso di laurea, e, fra essi, quanti cambino il corso di laurea nello stesso Ateneo e quanti, invece, si iscrivano ad altro Ateneo;
quale sia il numero dei laureati fuori corso e degli studenti che non hanno ottenuto crediti;
quanti siano i corsi di laurea dopo l'avvio dell'ordinamento del cosiddetto «3 + 2» rispetto al numero di corsi di laurea esistenti prima della riforma.
(4-15713)

DELMASTRO DELLE VEDOVE. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
la Guida all'Università di Campus, in edicola nel mese di luglio 2005, ha pubblicato il responso del rating sugli Atenei italiani;
i risultati derivano dall'analisi dei dati di provenienza del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, del Comitato nazionale per la valutazione degli studi universitari e del Consorzio interuniversitario per il calcolo elettronico-Cineca;


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in effetti, peraltro, è interessante avere un dato che certamente è il più significativo e cioé quello della produttività studentesca, derivante dall'indicazione degli iscritti al primo anno, dal rapporto fra laureati ed iscritti, dal numero dei laureati fuori corso e di studenti che non hanno ottenuto crediti;
il dato è ancor più interessante se riguarda gli Atenei di media grandezza, e cioè quelli con un numero di studenti tra i diecimila ed i trentacinquemila, anche per comprendere quali differenze significative possano esservi in ragione delle dimensioni dell'Ateneo, tenuto conto dei dati delle sedi universitarie maggiori -:
con riferimento all'Università di Napoli Orientale:
quanti siano gli iscritti al primo anno e quale sia il rapporto fra iscritti e laureati nello stesso Ateneo;
quanti siano gli iscritti che abbandonano alla fine del primo anno del corso di laurea, e, fra essi, quanti cambino il corso di laurea nello stesso Ateneo e quanti, invece, si iscrivano ad altro Ateneo;
quale sia il numero dei laureati fuori corso e degli studenti che non hanno ottenuto crediti;
quanti siano i corsi di laurea dopo l'avvio dell'ordinamento del cosiddetto «3 + 2» rispetto al numero di corsi di laurea esistenti prima della riforma.
(4-15714)

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la Guida all'Università di Campus, in edicola nel mese di luglio 2005, ha pubblicato il responso del rating sugli Atenei italiani;
i risultati derivano dall'analisi dei dati di provenienza del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, del Comitato nazionale per la valutazione degli studi universitari e del Consorzio interuniversitario per il calcolo elettronico-Cineca;
in effetti, peraltro, è interessante avere un dato che certamente è il più significativo e cioé quello della produttività studentesca, derivante dall'indicazione degli iscritti al primo anno, dal rapporto fra laureati ed iscritti, dal numero dei laureati fuori corso e di studenti che non hanno ottenuto crediti;
il dato è ancor più interessante se riguarda gli Atenei di media grandezza, e cioè quelli con un numero di studenti tra i diecimila ed i trentacinquemila, anche per comprendere quali differenze significative possano esservi in ragione delle dimensioni dell'Ateneo, tenuto conto dei dati delle sedi universitarie maggiori -:
con riferimento all'Università di Napoli - II Università:
quanti siano gli iscritti al primo anno e quale sia il rapporto fra iscritti e laureati nello stesso Ateneo;
quanti siano gli iscritti che abbandonano alla fine del primo anno del corso di laurea, e, fra essi, quanti cambino il corso di laurea nello stesso Ateneo e quanti, invece, si iscrivano ad altro Ateneo;
quale sia il numero dei laureati fuori corso e degli studenti che non hanno ottenuto crediti;
quanti siano i corsi di laurea dopo l'avvio dell'ordinamento del cosiddetto «3 + 2» rispetto al numero di corsi di laurea esistenti prima della riforma.
(4-15715)

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la Guida all'Università di Campus, in edicola nel mese di luglio 2005, ha pubblicato


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il responso del rating sugli Atenei italiani;
i risultati derivano dall'analisi dei dati di provenienza del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, del Comitato nazionale per la valutazione degli studi universitari e del Consorzio interuniversitario per il calcolo elettronico-Cineca;
in effetti, peraltro, è interessante avere un dato che certamente è il più significativo e cioé quello della produttività studentesca, derivante dall'indicazione degli iscritti al primo anno, dal rapporto fra laureati ed iscritti, dal numero dei laureati fuori corso e di studenti che non hanno ottenuto crediti;
il dato è ancor più interessante se riguarda gli Atenei di media grandezza, e cioè quelli con un numero di studenti tra i diecimila ed i trentacinquemila, anche per comprendere quali differenze significative possano esservi in ragione delle dimensioni dell'Ateneo, tenuto conto dei dati delle sedi universitarie maggiori -:
con riferimento all'Università di Bergamo:
quanti siano gli iscritti al primo anno e quale sia il rapporto fra iscritti e laureati nello stesso Ateneo;
quanti siano gli iscritti che abbandonano alla fine del primo anno del corso di laurea, e, fra essi, quanti cambino il corso di laurea nello stesso Ateneo e quanti, invece, si iscrivano ad altro Ateneo;
quale sia il numero dei laureati fuori corso e degli studenti che non hanno ottenuto crediti;
quanti siano i corsi di laurea dopo l'avvio dell'ordinamento del cosiddetto «3 + 2» rispetto al numero di corsi di laurea esistenti prima della riforma.
(4-15716)

DELMASTRO DELLE VEDOVE. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
la Guida all'Università di Campus, in edicola nel mese di luglio 2005, ha pubblicato il responso del rating sugli Atenei italiani;
i risultati derivano dall'analisi dei dati di provenienza del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, del Comitato nazionale per la valutazione degli studi universitari e del Consorzio interuniversitario per il calcolo elettronico-Cineca;
in effetti, peraltro, è interessante avere un dato che certamente è il più significativo e cioé quello della produttività studentesca, derivante dall'indicazione degli iscritti al primo anno, dal rapporto fra laureati ed iscritti, dal numero dei laureati fuori corso e di studenti che non hanno ottenuto crediti;
il dato è ancor più interessante se riguarda gli Atenei di media grandezza, e cioè quelli con un numero di studenti tra i diecimila ed i trentacinquemila, anche per comprendere quali differenze significative possano esservi in ragione delle dimensioni dell'Ateneo, tenuto conto dei dati delle sedi universitarie maggiori -:
con riferimento all'Università di Cassino:
quanti siano gli iscritti al primo anno e quale sia il rapporto fra iscritti e laureati nello stesso Ateneo;
quanti siano gli iscritti che abbandonano alla fine del primo anno del corso di laurea, e, fra essi, quanti cambino il corso di laurea nello stesso Ateneo e quanti, invece, si iscrivano ad altro Ateneo;
quale sia il numero dei laureati fuori corso e degli studenti che non hanno ottenuto crediti;
quanti siano i corsi di laurea dopo l'avvio dell'ordinamento del cosiddetto «3 + 2» rispetto al numero di corsi di laurea esistenti prima della riforma.
(4-15717)


Pag. XXX

DELMASTRO DELLE VEDOVE. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
la Guida all'Università di Campus, in edicola nel mese di luglio 2005, ha pubblicato il responso del rating sugli Atenei italiani;
i risultati derivano dall'analisi dei dati di provenienza del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, del Comitato nazionale per la valutazione degli studi universitari e del Consorzio interuniversitario per il calcolo elettronico-Cineca;
in effetti, peraltro, è interessante avere un dato che certamente è il più significativo e cioé quello della produttività studentesca, derivante dall'indicazione degli iscritti al primo anno, dal rapporto fra laureati ed iscritti, dal numero dei laureati fuori corso e di studenti che non hanno ottenuto crediti;
il dato è ancor più interessante se riguarda gli Atenei di media grandezza, e cioè quelli con un numero di studenti tra i diecimila ed i trentacinquemila, anche per comprendere quali differenze significative possano esservi in ragione delle dimensioni dell'Ateneo, tenuto conto dei dati delle sedi universitarie maggiori -:
con riferimento all'Università di Lecce:
quanti siano gli iscritti al primo anno e quale sia il rapporto fra iscritti e laureati nello stesso Ateneo;
quanti siano gli iscritti che abbandonano alla fine del primo anno del corso di laurea, e, fra essi, quanti cambino il corso di laurea nello stesso Ateneo e quanti, invece, si iscrivano ad altro Ateneo;
quale sia il numero dei laureati fuori corso e degli studenti che non hanno ottenuto crediti;
quanti siano i corsi di laurea dopo l'avvio dell'ordinamento del cosiddetto «3 + 2» rispetto al numero di corsi di laurea esistenti prima della riforma.
(4-15718)

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la Guida all'Università di Campus, in edicola nel mese di luglio 2005, ha pubblicato il responso del rating sugli Atenei italiani;
i risultati derivano dall'analisi dei dati di provenienza del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, del Comitato nazionale per la valutazione degli studi universitari e del Consorzio interuniversitario per il calcolo elettronico-Cineca;
in effetti, peraltro, è interessante avere un dato che certamente è il più significativo e cioé quello della produttività studentesca, derivante dall'indicazione degli iscritti al primo anno, dal rapporto fra laureati ed iscritti, dal numero dei laureati fuori corso e di studenti che non hanno ottenuto crediti;
il dato è ancor più interessante se riguarda gli Atenei di media grandezza, e cioè quelli con un numero di studenti tra i diecimila ed i trentacinquemila, anche per comprendere quali differenze significative possano esservi in ragione delle dimensioni dell'Ateneo, tenuto conto dei dati delle sedi universitarie maggiori -:
con riferimento all'Università di Sassari:
quanti siano gli iscritti al primo anno e quale sia il rapporto fra iscritti e laureati nello stesso Ateneo;
quanti siano gli iscritti che abbandonano alla fine del primo anno del corso di laurea, e, fra essi, quanti cambino il corso di laurea nello stesso Ateneo e quanti, invece, si iscrivano ad altro Ateneo;


Pag. XXXI

quale sia il numero dei laureati fuori corso e degli studenti che non hanno ottenuto crediti;
quanti siano i corsi di laurea dopo l'avvio dell'ordinamento del cosiddetto «3 + 2» rispetto al numero di corsi di laurea esistenti prima della riforma.
(4-15719)

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la Guida all'Università di Campus, in edicola nel mese di luglio 2005, ha pubblicato il responso del rating sugli Atenei italiani;
i risultati derivano dall'analisi dei dati di provenienza del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, del Comitato nazionale per la valutazione degli studi universitari e del Consorzio interuniversitario per il calcolo elettronico-Cineca;
in effetti, peraltro, è interessante avere un dato che certamente è il più significativo e cioé quello della produttività studentesca, derivante dall'indicazione degli iscritti al primo anno, dal rapporto fra laureati ed iscritti, dal numero dei laureati fuori corso e di studenti che non hanno ottenuto crediti;
il dato è ancor più interessante se riguarda gli Atenei di media grandezza, e cioè quelli con un numero di studenti tra i diecimila ed i trentacinquemila, anche per comprendere quali differenze significative possano esservi in ragione delle dimensioni dell'Ateneo, tenuto conto dei dati delle sedi universitarie maggiori -:
con riferimento all'Università di Brescia:
quanti siano gli iscritti al primo anno e quale sia il rapporto fra iscritti e laureati nello stesso Ateneo;
quanti siano gli iscritti che abbandonano alla fine del primo anno del corso di laurea, e, fra essi, quanti cambino il corso di laurea nello stesso Ateneo e quanti, invece, si iscrivano ad altro Ateneo;
quale sia il numero dei laureati fuori corso e degli studenti che non hanno ottenuto crediti;
quanti siano i corsi di laurea dopo l'avvio dell'ordinamento del cosiddetto «3 + 2» rispetto al numero di corsi di laurea esistenti prima della riforma.
(4-15720)

DELMASTRO DELLE VEDOVE. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
la Guida all'Università di Campus, in edicola nel mese di luglio 2005, ha pubblicato il responso del rating sugli Atenei italiani;
i risultati derivano dall'analisi dei dati di provenienza del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, del Comitato nazionale per la valutazione degli studi universitari e del Consorzio interuniversitario per il calcolo elettronico-Cineca;
in effetti, peraltro, è interessante avere un dato che certamente è il più significativo e cioé quello della produttività studentesca, derivante dall'indicazione degli iscritti al primo anno, dal rapporto fra laureati ed iscritti, dal numero dei laureati fuori corso e di studenti che non hanno ottenuto crediti;
il dato è ancor più interessante se riguarda gli Atenei di media grandezza, e cioè quelli con un numero di studenti tra i diecimila ed i trentacinquemila, anche per comprendere quali differenze significative possano esservi in ragione delle


Pag. XXXII

dimensioni dell'Ateneo, tenuto conto dei dati delle sedi universitarie maggiori -:
con riferimento all'Università di Ancona:
quanti siano gli iscritti al primo anno e quale sia il rapporto fra iscritti e laureati nello stesso Ateneo;
quanti siano gli iscritti che abbandonano alla fine del primo anno del corso di laurea, e, fra essi, quanti cambino il corso di laurea nello stesso Ateneo e quanti, invece, si iscrivano ad altro Ateneo;
quale sia il numero dei laureati fuori corso e degli studenti che non hanno ottenuto crediti;
quanti siano i corsi di laurea dopo l'avvio dell'ordinamento del cosiddetto «3 + 2» rispetto al numero di corsi di laurea esistenti prima della riforma.
(4-15721)

DELMASTRO DELLE VEDOVE. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
la Guida all'Università di Campus, in edicola nel mese di luglio 2005, ha pubblicato il responso del rating sugli Atenei italiani;
i risultati derivano dall'analisi dei dati di provenienza del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, del Comitato nazionale per la valutazione degli studi universitari e del Consorzio interuniversitario per il calcolo elettronico-Cineca;
in effetti, peraltro, è interessante avere un dato che certamente è il più significativo e cioé quello della produttività studentesca, derivante dall'indicazione degli iscritti al primo anno, dal rapporto fra laureati ed iscritti, dal numero dei laureati fuori corso e di studenti che non hanno ottenuto crediti;
il dato è ancor più interessante se riguarda gli Atenei di media grandezza, e cioè quelli con un numero di studenti tra i diecimila ed i trentacinquemila, anche per comprendere quali differenze significative possano esservi in ragione delle dimensioni dell'Ateneo, tenuto conto dei dati delle sedi universitarie maggiori -:
con riferimento all'Università di Milano - Bicocca:
quanti siano gli iscritti al primo anno e quale sia il rapporto fra iscritti e laureati nello stesso Ateneo;
quanti siano gli iscritti che abbandonano alla fine del primo anno del corso di laurea, e, fra essi, quanti cambino il corso di laurea nello stesso Ateneo e quanti, invece, si iscrivano ad altro Ateneo;
quale sia il numero dei laureati fuori corso e degli studenti che non hanno ottenuto crediti;
quanti siano i corsi di laurea dopo l'avvio dell'ordinamento del cosiddetto «3 + 2» rispetto al numero di corsi di laurea esistenti prima della riforma.
(4-15722)

DELMASTRO DELLE VEDOVE. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
la Guida all'Università di Campus, in edicola nel mese di luglio 2005, ha pubblicato il responso del rating sugli Atenei italiani;
i risultati derivano dall'analisi dei dati di provenienza del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, del Comitato nazionale per la valutazione degli studi universitari e del Consorzio interuniversitario per il calcolo elettronico-Cineca;
in effetti, peraltro, è interessante avere un dato che certamente è il più significativo e cioé quello della produttività studentesca, derivante dall'indicazione degli iscritti al primo anno, dal rapporto fra laureati ed iscritti, dal numero dei laureati


Pag. XXXIII

fuori corso e di studenti che non hanno ottenuto crediti;
il dato è ancor più interessante se riguarda gli Atenei di media grandezza, e cioè quelli con un numero di studenti tra i diecimila ed i trentacinquemila, anche per comprendere quali differenze significative possano esservi in ragione delle dimensioni dell'Ateneo, tenuto conto dei dati delle sedi universitarie maggiori -:
con riferimento all'Università di Arcavacata - Calabria:
quanti siano gli iscritti al primo anno e quale sia il rapporto fra iscritti e laureati nello stesso Ateneo;
quanti siano gli iscritti che abbandonano alla fine del primo anno del corso di laurea, e, fra essi, quanti cambino il corso di laurea nello stesso Ateneo e quanti, invece, si iscrivano ad altro Ateneo;
quale sia il numero dei laureati fuori corso e degli studenti che non hanno ottenuto crediti;
quanti siano i corsi di laurea dopo l'avvio dell'ordinamento del cosiddetto «3 + 2» rispetto al numero di corsi di laurea esistenti prima della riforma.
(4-15723)

DELMASTRO DELLE VEDOVE. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
la Guida all'Università di Campus, in edicola nel mese di luglio 2005, ha pubblicato il responso del rating sugli Atenei italiani;
i risultati derivano dall'analisi dei dati di provenienza del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, del Comitato nazionale per la valutazione degli studi universitari e del Consorzio interuniversitario per il calcolo elettronico-Cineca;
in effetti, peraltro, è interessante avere un dato che certamente è il più significativo e cioé quello della produttività studentesca, derivante dall'indicazione degli iscritti al primo anno, dal rapporto fra laureati ed iscritti, dal numero dei laureati fuori corso e di studenti che non hanno ottenuto crediti;
il dato è ancor più interessante se riguarda gli Atenei di media grandezza, e cioè quelli con un numero di studenti tra i diecimila ed i trentacinquemila, anche per comprendere quali differenze significative possano esservi in ragione delle dimensioni dell'Ateneo, tenuto conto dei dati delle sedi universitarie maggiori -:
con riferimento all'Università di Chieti - Gabriele D'Annunzio:
quanti siano gli iscritti al primo anno e quale sia il rapporto fra iscritti e laureati nello stesso Ateneo;
quanti siano gli iscritti che abbandonano alla fine del primo anno del corso di laurea, e, fra essi, quanti cambino il corso di laurea nello stesso Ateneo e quanti, invece, si iscrivano ad altro Ateneo;
quale sia il numero dei laureati fuori corso e degli studenti che non hanno ottenuto crediti;
quanti siano i corsi di laurea dopo l'avvio dell'ordinamento del cosiddetto «3 + 2» rispetto al numero di corsi di laurea esistenti prima della riforma.
(4-15724)

DELMASTRO DELLE VEDOVE. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
la Guida all'Università di Campus, in edicola nel mese di luglio 2005, ha pubblicato il responso del rating sugli Atenei italiani;
i risultati derivano dall'analisi dei dati di provenienza del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, del Comitato nazionale per la valutazione


Pag. XXXIV

degli studi universitari e del Consorzio interuniversitario per il calcolo elettronico-Cineca;
in effetti, peraltro, è interessante avere un dato che certamente è il più significativo e cioé quello della produttività studentesca, derivante dall'indicazione degli iscritti al primo anno, dal rapporto fra laureati ed iscritti, dal numero dei laureati fuori corso e di studenti che non hanno ottenuto crediti;
il dato è ancor più interessante se riguarda gli Atenei di media grandezza, e cioè quelli con un numero di studenti tra i diecimila ed i trentacinquemila, anche per comprendere quali differenze significative possano esservi in ragione delle dimensioni dell'Ateneo, tenuto conto dei dati delle sedi universitarie maggiori -:
con riferimento all'Università di Messina:
quanti siano gli iscritti al primo anno e quale sia il rapporto fra iscritti e laureati nello stesso Ateneo;
quanti siano gli iscritti che abbandonano alla fine del primo anno del corso di laurea, e, fra essi, quanti cambino il corso di laurea nello stesso Ateneo e quanti, invece, si iscrivano ad altro Ateneo;
quale sia il numero dei laureati fuori corso e degli studenti che non hanno ottenuto crediti;
quanti siano i corsi di laurea dopo l'avvio dell'ordinamento del cosiddetto «3 + 2» rispetto al numero di corsi di laurea esistenti prima della riforma.
(4-15725)

DELMASTRO DELLE VEDOVE. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
la Guida all'Università di Campus, in edicola nel mese di luglio 2005, ha pubblicato il responso del rating sugli Atenei italiani;
i risultati derivano dall'analisi dei dati di provenienza del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, del Comitato nazionale per la valutazione degli studi universitari e del Consorzio interuniversitario per il calcolo elettronico-Cineca;
in effetti, peraltro, è interessante avere un dato che certamente è il più significativo e cioé quello della produttività studentesca, derivante dall'indicazione degli iscritti al primo anno, dal rapporto fra laureati ed iscritti, dal numero dei laureati fuori corso e di studenti che non hanno ottenuto crediti;
il dato è ancor più interessante se riguarda gli Atenei di media grandezza, e cioè quelli con un numero di studenti tra i diecimila ed i trentacinquemila, anche per comprendere quali differenze significative possano esservi in ragione delle dimensioni dell'Ateneo, tenuto conto dei dati delle sedi universitarie maggiori -:
con riferimento all'Università del Piemonte Orientale:
quanti siano gli iscritti al primo anno e quale sia il rapporto fra iscritti e laureati nello stesso Ateneo;
quanti siano gli iscritti che abbandonano alla fine del primo anno del corso di laurea, e, fra essi, quanti cambino il corso di laurea nello stesso Ateneo e quanti, invece, si iscrivano ad altro Ateneo;
quale sia il numero dei laureati fuori corso e degli studenti che non hanno ottenuto crediti;
quanti siano i corsi di laurea dopo l'avvio dell'ordinamento del cosiddetto «3 + 2» rispetto al numero di corsi di laurea esistenti prima della riforma.
(4-15726)


Pag. XXXV

DELMASTRO DELLE VEDOVE. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
la Guida all'Università di Campus, in edicola nel mese di luglio 2005, ha pubblicato il responso del rating sugli Atenei italiani;
i risultati derivano dall'analisi dei dati di provenienza del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, del Comitato nazionale per la valutazione degli studi universitari e del Consorzio interuniversitario per il calcolo elettronico-Cineca;
in effetti, peraltro, è interessante avere un dato che certamente è il più significativo e cioé quello della produttività studentesca, derivante dall'indicazione degli iscritti al primo anno, dal rapporto fra laureati ed iscritti, dal numero dei laureati fuori corso e di studenti che non hanno ottenuto crediti;
il dato è ancor più interessante se riguarda gli Atenei di media grandezza, e cioè quelli con un numero di studenti tra i diecimila ed i trentacinquemila, anche per comprendere quali differenze significative possano esservi in ragione delle dimensioni dell'Ateneo, tenuto conto dei dati delle sedi universitarie maggiori -:
con riferimento all'Università di Urbino - Carlo Bo:
quanti siano gli iscritti al primo anno e quale sia il rapporto fra iscritti e laureati nello stesso Ateneo;
quanti siano gli iscritti che abbandonano alla fine del primo anno del corso di laurea, e, fra essi, quanti cambino il corso di laurea nello stesso Ateneo e quanti, invece, si iscrivano ad altro Ateneo;
quale sia il numero dei laureati fuori corso e degli studenti che non hanno ottenuto crediti;
quanti siano i corsi di laurea dopo l'avvio dell'ordinamento del cosiddetto «3 + 2» rispetto al numero di corsi di laurea esistenti prima della riforma.
(4-15727)

DELMASTRO DELLE VEDOVE. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
la Guida all'Università di Campus, in edicola nel mese di luglio 2005, ha pubblicato il responso del rating sugli Atenei italiani;
i risultati derivano dall'analisi dei dati di provenienza del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, del Comitato nazionale per la valutazione degli studi universitari e del Consorzio interuniversitario per il calcolo elettronico-Cineca;
in effetti, peraltro, è interessante avere un dato che certamente è il più significativo e cioé quello della produttività studentesca, derivante dall'indicazione degli iscritti al primo anno, dal rapporto fra laureati ed iscritti, dal numero dei laureati fuori corso e di studenti che non hanno ottenuto crediti;
il dato è ancor più interessante se riguarda gli Atenei di media grandezza, e cioè quelli con un numero di studenti tra i diecimila ed i trentacinquemila, anche per comprendere quali differenze significative possano esservi in ragione delle dimensioni dell'Ateneo, tenuto conto dei dati delle sedi universitarie maggiori -:
con riferimento all'Università di Verona:
quanti siano gli iscritti al primo anno e quale sia il rapporto fra iscritti e laureati nello stesso Ateneo;
quanti siano gli iscritti che abbandonano alla fine del primo anno del corso di laurea, e, fra essi, quanti cambino il corso di laurea nello stesso Ateneo e quanti, invece, si iscrivano ad altro Ateneo;


Pag. XXXVI

quale sia il numero dei laureati fuori corso e degli studenti che non hanno ottenuto crediti;
quanti siano i corsi di laurea dopo l'avvio dell'ordinamento del cosiddetto «3 + 2» rispetto al numero di corsi di laurea esistenti prima della riforma.
(4-15728)

DELMASTRO DELLE VEDOVE. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
la Guida all'Università di Campus, in edicola nel mese di luglio 2005, ha pubblicato il responso del rating sugli Atenei italiani;
i risultati derivano dall'analisi dei dati di provenienza del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, del Comitato nazionale per la valutazione degli studi universitari e del Consorzio interuniversitario per il calcolo elettronico-Cineca;
in effetti, peraltro, è interessante avere un dato che certamente è il più significativo e cioé quello della produttività studentesca, derivante dall'indicazione degli iscritti al primo anno, dal rapporto fra laureati ed iscritti, dal numero dei laureati fuori corso e di studenti che non hanno ottenuto crediti;
il dato è ancor più interessante se riguarda gli Atenei di media grandezza, e cioè quelli con un numero di studenti tra i diecimila ed i trentacinquemila, anche per comprendere quali differenze significative possano esservi in ragione delle dimensioni dell'Ateneo, tenuto conto dei dati delle sedi universitarie maggiori -:
con riferimento all'Università di Parma:
quanti siano gli iscritti al primo anno e quale sia il rapporto fra iscritti e laureati nello stesso Ateneo;
quanti siano gli iscritti che abbandonano alla fine del primo anno del corso di laurea, e, fra essi, quanti cambino il corso di laurea nello stesso Ateneo e quanti, invece, si iscrivano ad altro Ateneo;
quale sia il numero dei laureati fuori corso e degli studenti che non hanno ottenuto crediti;
quanti siano i corsi di laurea dopo l'avvio dell'ordinamento del cosiddetto «3 + 2» rispetto al numero di corsi di laurea esistenti prima della riforma.
(4-15729)

DELMASTRO DELLE VEDOVE. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
la Guida all'Università di Campus, in edicola nel mese di luglio 2005, ha pubblicato il responso del rating sugli Atenei italiani;
i risultati derivano dall'analisi dei dati di provenienza del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, del Comitato nazionale per la valutazione degli studi universitari e del Consorzio interuniversitario per il calcolo elettronico-Cineca;
in effetti, peraltro, è interessante avere un dato che certamente è il più significativo e cioé quello della produttività studentesca, derivante dall'indicazione degli iscritti al primo anno, dal rapporto fra laureati ed iscritti, dal numero dei laureati fuori corso e di studenti che non hanno ottenuto crediti;
il dato è ancor più interessante se riguarda gli Atenei di media grandezza, e cioè quelli con un numero di studenti tra i diecimila ed i trentacinquemila, anche per comprendere quali differenze significative possano esservi in ragione delle dimensioni dell'Ateneo, tenuto conto dei dati delle sedi universitarie maggiori -:
con riferimento all'Università di L'Aquila:
quanti siano gli iscritti al primo anno e quale sia il rapporto fra iscritti e laureati;


Pag. XXXVII

quanti siano gli iscritti che abbandonano alla fine del primo anno del corso di laurea, e, fra essi, quanti cambino il corso di laurea nello stesso Ateneo e quanti, invece, si iscrivano ad altro Ateneo;
quale sia il numero dei laureati fuori corso e degli studenti che non hanno ottenuto crediti;
quanti siano i corsi di laurea dopo l'avvio dell'ordinamento del cosiddetto «3 + 2».
(4-15730)

DELMASTRO DELLE VEDOVE. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
la Guida all'Università di Campus, in edicola nel mese di luglio 2005, ha pubblicato il responso del rating sugli Atenei italiani;
i risultati derivano dall'analisi dei dati di provenienza del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, del Comitato nazionale per la valutazione degli studi universitari e del Consorzio interuniversitario per il calcolo elettronico-Cineca;
in effetti, peraltro, è interessante avere un dato che certamente è il più significativo e cioé quello della produttività studentesca, derivante dall'indicazione degli iscritti al primo anno, dal rapporto fra laureati ed iscritti, dal numero dei laureati fuori corso e di studenti che non hanno ottenuto crediti;
il dato è ancor più interessante se riguarda gli Atenei di media grandezza, e cioè quelli con un numero di studenti tra i diecimila ed i trentacinquemila, anche per comprendere quali differenze significative possano esservi in ragione delle dimensioni dell'Ateneo, tenuto conto dei dati delle sedi universitarie maggiori -:
con riferimento all'Università di Venezia - Ca' Foscari:
quanti siano gli iscritti al primo anno e quale sia il rapporto fra iscritti e laureati;
quanti siano gli iscritti che abbandonano alla fine del primo anno del corso di laurea, e, fra essi, quanti cambino il corso di laurea nello stesso Ateneo e quanti, invece, si iscrivano ad altro Ateneo;
quale sia il numero dei laureati fuori corso e degli studenti che non hanno ottenuto crediti;
quanti siano i corsi di laurea dopo l'avvio dell'ordinamento del cosiddetto «3 + 2».
(4-15731)

DELMASTRO DELLE VEDOVE. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
la Guida all'Università di Campus, in edicola nel mese di luglio 2005, ha pubblicato il responso del rating sugli Atenei italiani;
i risultati derivano dall'analisi dei dati di provenienza del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, del Comitato nazionale per la valutazione degli studi universitari e del Consorzio interuniversitario per il calcolo elettronico-Cineca;
in effetti, peraltro, è interessante avere un dato che certamente è il più significativo e cioé quello della produttività studentesca, derivante dall'indicazione degli iscritti al primo anno, dal rapporto fra laureati ed iscritti, dal numero dei laureati fuori corso e di studenti che non hanno ottenuto crediti;
il dato è ancor più interessante se riguarda gli Atenei di media grandezza, e cioè quelli con un numero di studenti tra i diecimila ed i trentacinquemila, anche per comprendere quali differenze significative possano esservi in ragione delle


Pag. XXXVIII

dimensioni dell'Ateneo, tenuto conto dei dati delle sedi universitarie maggiori -:
con riferimento all'Università di Torino - Politecnico:
quanti siano gli iscritti al primo anno e quale sia il rapporto fra iscritti e laureati;
quanti siano gli iscritti che abbandonano alla fine del primo anno del corso di laurea, e, fra essi, quanti cambino il corso di laurea nello stesso Ateneo e quanti, invece, si iscrivano ad altro Ateneo;
quale sia il numero dei laureati fuori corso e degli studenti che non hanno ottenuto crediti;
quanti siano i corsi di laurea dopo l'avvio dell'ordinamento del cosiddetto «3 + 2».
(4-15732)

DELMASTRO DELLE VEDOVE. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
la Guida all'Università di Campus, in edicola nel mese di luglio 2005, ha pubblicato il responso del rating sugli Atenei italiani;
i risultati derivano dall'analisi dei dati di provenienza del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, del Comitato nazionale per la valutazione degli studi universitari e del Consorzio interuniversitario per il calcolo elettronico-Cineca;
in effetti, peraltro, è interessante avere un dato che certamente è il più significativo e cioé quello della produttività studentesca, derivante dall'indicazione degli iscritti al primo anno, dal rapporto fra laureati ed iscritti, dal numero dei laureati fuori corso e di studenti che non hanno ottenuto crediti;
il dato è ancor più interessante se riguarda gli Atenei di media grandezza, e cioè quelli con un numero di studenti tra i diecimila ed i trentacinquemila, anche per comprendere quali differenze significative possano esservi in ragione delle dimensioni dell'Ateneo, tenuto conto dei dati delle sedi universitarie maggiori -:
con riferimento all'Università di Roma - Tor Vergata:
quanti siano gli iscritti al primo anno e quale sia il rapporto fra iscritti e laureati;
quanti siano gli iscritti che abbandonano alla fine del primo anno del corso di laurea, e, fra essi, quanti cambino il corso di laurea nello stesso Ateneo e quanti, invece, si iscrivano ad altro Ateneo;
quale sia il numero dei laureati fuori corso e degli studenti che non hanno ottenuto crediti;
quanti siano i corsi di laurea dopo l'avvio dell'ordinamento del cosiddetto «3 + 2».
(4-15733)

DELMASTRO DELLE VEDOVE. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
la Guida all'Università di Campus, in edicola nel mese di luglio 2005, ha pubblicato il responso del rating sugli Atenei italiani;
i risultati derivano dall'analisi dei dati di provenienza del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, del Comitato nazionale per la valutazione degli studi universitari e del Consorzio interuniversitario per il calcolo elettronico-Cineca;
in effetti, peraltro, è interessante avere un dato che certamente è il più significativo e cioé quello della produttività studentesca, derivante dall'indicazione degli iscritti al primo anno, dal rapporto fra laureati ed iscritti, dal numero dei laureati fuori corso e di studenti che non hanno ottenuto crediti;
il dato è ancor più interessante se riguarda gli Atenei di media grandezza, e cioè quelli con un numero di studenti tra i diecimila ed i trentacinquemila, anche


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per comprendere quali differenze significative possano esservi in ragione delle dimensioni dell'Ateneo, tenuto conto dei dati delle sedi universitarie maggiori -:
con riferimento all'Università di Modena:
quanti siano gli iscritti al primo anno e quale sia il rapporto fra iscritti e laureati;
quanti siano gli iscritti che abbandonano alla fine del primo anno del corso di laurea, e, fra essi, quanti cambino il corso di laurea nello stesso Ateneo e quanti, invece, si iscrivano ad altro Ateneo;
quale sia il numero dei laureati fuori corso e degli studenti che non hanno ottenuto crediti;
quanti siano i corsi di laurea dopo l'avvio dell'ordinamento del cosiddetto «3 + 2».
(4-15734)

DELMASTRO DELLE VEDOVE. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
la Guida all'Università di Campus, in edicola nel mese di luglio 2005, ha pubblicato il responso del rating sugli Atenei italiani;
i risultati derivano dall'analisi dei dati di provenienza del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, del Comitato nazionale per la valutazione degli studi universitari e del Consorzio interuniversitario per il calcolo elettronico-Cineca;
in effetti, peraltro, è interessante avere un dato che certamente è il più significativo e cioé quello della produttività studentesca, derivante dall'indicazione degli iscritti al primo anno, dal rapporto fra laureati ed iscritti, dal numero dei laureati fuori corso e di studenti che non hanno ottenuto crediti;
il dato è ancor più interessante se riguarda gli Atenei di media grandezza, e cioè quelli con un numero di studenti tra i diecimila ed i trentacinquemila, anche per comprendere quali differenze significative possano esservi in ragione delle dimensioni dell'Ateneo, tenuto conto dei dati delle sedi universitarie maggiori -:
con riferimento all'Università di Perugia:
quanti siano gli iscritti al primo anno e quale sia il rapporto fra iscritti e laureati;
quanti siano gli iscritti che abbandonano alla fine del primo anno del corso di laurea, e, fra essi, quanti cambino il corso di laurea nello stesso Ateneo e quanti, invece, si iscrivano ad altro Ateneo;
quale sia il numero dei laureati fuori corso e degli studenti che non hanno ottenuto crediti;
quanti siano i corsi di laurea dopo l'avvio dell'ordinamento del cosiddetto «3 + 2».
(4-15735)

DELMASTRO DELLE VEDOVE. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
la Guida all'Università di Campus, in edicola nel mese di luglio 2005, ha pubblicato il responso del rating sugli Atenei italiani;
i risultati derivano dall'analisi dei dati di provenienza del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, del Comitato nazionale per la valutazione degli studi universitari e del Consorzio interuniversitario per il calcolo elettronico-Cineca;
in effetti, peraltro, è interessante avere un dato che certamente è il più significativo e cioé quello della produttività studentesca, derivante dall'indicazione degli iscritti al primo anno, dal rapporto fra laureati ed iscritti, dal numero dei laureati fuori corso e di studenti che non hanno ottenuto crediti;
il dato è ancor più interessante se riguarda gli Atenei di media grandezza, e


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cioè quelli con un numero di studenti tra i diecimila ed i trentacinquemila, anche per comprendere quali differenze significative possano esservi in ragione delle dimensioni dell'Ateneo, tenuto conto dei dati delle sedi universitarie maggiori -:
con riferimento all'Università di Trento:
quanti siano gli iscritti al primo anno e quale sia il rapporto fra iscritti e laureati;
quanti siano gli iscritti che abbandonano alla fine del primo anno del corso di laurea, e, fra essi, quanti cambino il corso di laurea nello stesso Ateneo e quanti, invece, si iscrivano ad altro Ateneo;
quale sia il numero dei laureati fuori corso e degli studenti che non hanno ottenuto crediti;
quanti siano i corsi di laurea dopo l'avvio dell'ordinamento del cosiddetto «3 + 2».
(4-15736)

DELMASTRO DELLE VEDOVE. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
la Guida all'Università di Campus, in edicola nel mese di luglio 2005, ha pubblicato il responso del rating sugli Atenei italiani;
i risultati derivano dall'analisi dei dati di provenienza del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, del Comitato nazionale per la valutazione degli studi universitari e del Consorzio interuniversitario per il calcolo elettronico-Cineca;
in effetti, peraltro, è interessante avere un dato che certamente è il più significativo e cioé quello della produttività studentesca, derivante dall'indicazione degli iscritti al primo anno, dal rapporto fra laureati ed iscritti, dal numero dei laureati fuori corso e di studenti che non hanno ottenuto crediti;
il dato è ancor più interessante se riguarda gli Atenei di media grandezza, e cioè quelli con un numero di studenti tra i diecimila ed i trentacinquemila, anche per comprendere quali differenze significative possano esservi in ragione delle dimensioni dell'Ateneo, tenuto conto dei dati delle sedi universitarie maggiori -:
con riferimento all'Università di Udine:
quanti siano gli iscritti al primo anno e quale sia il rapporto fra iscritti e laureati;
quanti siano gli iscritti che abbandonano alla fine del primo anno del corso di laurea, e, fra essi, quanti cambino il corso di laurea nello stesso Ateneo e quanti, invece, si iscrivano ad altro Ateneo;
quale sia il numero dei laureati fuori corso e degli studenti che non hanno ottenuto crediti;
quanti siano i corsi di laurea dopo l'avvio dell'ordinamento del cosiddetto «3 + 2».
(4-15737)

DELMASTRO DELLE VEDOVE. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
la Guida all'Università di Campus, in edicola nel mese di luglio 2005, ha pubblicato il responso del rating sugli Atenei italiani;
i risultati derivano dall'analisi dei dati di provenienza del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, del Comitato nazionale per la valutazione degli studi universitari e del Consorzio interuniversitario per il calcolo elettronico-Cineca;
in effetti, peraltro, è interessante avere un dato che certamente è il più significativo e cioé quello della produttività studentesca, derivante dall'indicazione degli iscritti al primo anno, dal rapporto fra laureati ed iscritti, dal numero dei laureati fuori corso e di studenti che non hanno ottenuto crediti;


Pag. XLI

il dato è ancor più interessante se riguarda gli Atenei di media grandezza, e cioè quelli con un numero di studenti tra i diecimila ed i trentacinquemila, anche per comprendere quali differenze significative possano esservi in ragione delle dimensioni dell'Ateneo, tenuto conto dei dati delle sedi universitarie maggiori -:
con riferimento all'Università di Pavia:
quanti siano gli iscritti al primo anno e quale sia il rapporto fra iscritti e laureati;
quanti siano gli iscritti che abbandonano alla fine del primo anno del corso di laurea, e, fra essi, quanti cambino il corso di laurea nello stesso Ateneo e quanti, invece, si iscrivano ad altro Ateneo;
quale sia il numero dei laureati fuori corso e degli studenti che non hanno ottenuto crediti;
quanti siano i corsi di laurea dopo l'avvio dell'ordinamento del cosiddetto «3 + 2».
(4-15738)

DELMASTRO DELLE VEDOVE. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
la Guida all'Università di Campus, in edicola nel mese di luglio 2005, ha pubblicato il responso del rating sugli Atenei italiani;
i risultati derivano dall'analisi dei dati di provenienza del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, del Comitato nazionale per la valutazione degli studi universitari e del Consorzio interuniversitario per il calcolo elettronico-Cineca;
in effetti, peraltro, è interessante avere un dato che certamente è il più significativo e cioé quello della produttività studentesca, derivante dall'indicazione degli iscritti al primo anno, dal rapporto fra laureati ed iscritti, dal numero dei laureati fuori corso e di studenti che non hanno ottenuto crediti;
il dato è ancor più interessante se riguarda gli Atenei di media grandezza, e cioè quelli con un numero di studenti tra i diecimila ed i trentacinquemila, anche per comprendere quali differenze significative possano esservi in ragione delle dimensioni dell'Ateneo, tenuto conto dei dati delle sedi universitarie maggiori -:
con riferimento all'Università di Trieste:
quanti siano gli iscritti al primo anno e quale sia il rapporto fra iscritti e laureati;
quanti siano gli iscritti che abbandonano alla fine del primo anno del corso di laurea, e, fra essi, quanti cambino il corso di laurea nello stesso Ateneo e quanti, invece, si iscrivano ad altro Ateneo;
quale sia il numero dei laureati fuori corso e degli studenti che non hanno ottenuto crediti;
quanti siano i corsi di laurea dopo l'avvio dell'ordinamento del cosiddetto «3 + 2».
(4-15739)

DELMASTRO DELLE VEDOVE. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
la Guida all'Università di Campus, in edicola nel mese di luglio 2005, ha pubblicato il responso del rating sugli Atenei italiani;
i risultati derivano dall'analisi dei dati di provenienza del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, del Comitato nazionale per la valutazione degli studi universitari e del Consorzio interuniversitario per il calcolo elettronico-Cineca;
in effetti, peraltro, è interessante avere un dato che certamente è il più significativo e cioé quello della produttività studentesca, derivante dall'indicazione degli iscritti al primo anno, dal rapporto fra laureati ed iscritti, dal numero dei laureati fuori corso e di studenti che non hanno ottenuto crediti;


Pag. XLII

il dato è ancor più interessante se riguarda gli Atenei di media grandezza, e cioè quelli con un numero di studenti tra i diecimila ed i trentacinquemila, anche per comprendere quali differenze significative possano esservi in ragione delle dimensioni dell'Ateneo, tenuto conto dei dati delle sedi universitarie maggiori -:
con riferimento all'Università di Ferrara:
quanti siano gli iscritti al primo anno e quale sia il rapporto fra iscritti e laureati;
quanti siano gli iscritti che abbandonano alla fine del primo anno del corso di laurea;
quale sia il numero dei laureati fuori corso e degli studenti che non hanno ottenuto crediti;
quanti siano i corsi di laurea dopo l'avvio dell'ordinamento del cosiddetto «3 + 2».
(4-15740)

DELMASTRO DELLE VEDOVE. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
la Guida all'Università di Campus, in edicola nel mese di luglio 2005, ha pubblicato il responso del rating sugli Atenei italiani;
i risultati derivano dall'analisi dei dati di provenienza del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, del Comitato nazionale per la valutazione degli studi universitari e del Consorzio interuniversitario per il calcolo elettronico-Cineca;
in effetti, peraltro, è interessante avere un dato che certamente è il più significativo e cioé quello della produttività studentesca, derivante dall'indicazione degli iscritti al primo anno, dal rapporto fra laureati ed iscritti, dal numero dei laureati fuori corso e di studenti che non hanno ottenuto crediti;
il dato è ancor più interessante se riguarda gli Atenei di media grandezza, e cioè quelli con un numero di studenti tra i diecimila ed i trentacinquemila, anche per comprendere quali differenze significative possano esservi in ragione delle dimensioni dell'Ateneo, tenuto conto dei dati delle sedi universitarie maggiori -:
con riferimento all'Università di Siena:
quanti siano gli iscritti al primo anno e quale sia il rapporto fra iscritti e laureati;
quanti siano gli iscritti che abbandonano alla fine del primo anno del corso di laurea;
quale sia il numero dei laureati fuori corso e degli studenti che non hanno ottenuto crediti;
quanti siano i corsi di laurea dopo l'avvio dell'ordinamento del cosiddetto «3 + 2».
(4-15741)

DELMASTRO DELLE VEDOVE. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
la Guida all'Università di Campus, in edicola nel mese di luglio 2005, ha pubblicato il responso del rating sugli Atenei italiani;
i risultati derivano dall'analisi dei dati di provenienza del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, del Comitato nazionale per la valutazione degli studi universitari e del Consorzio interuniversitario per il calcolo elettronico-Cineca;
in effetti, peraltro, è interessante avere un dato che certamente è il più significativo e cioé quello della produttività studentesca, derivante dall'indicazione degli iscritti al primo anno, dal rapporto fra laureati ed iscritti, dal numero dei laureati fuori corso e di studenti che non hanno ottenuto crediti;


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il dato è ancor più interessante se riguarda i grandi Atenei, e cioè quelli con oltre trentacinquemila studenti -:
con riferimento all'Università di Salerno:
quanti siano gli iscritti al primo anno e quale sia il rapporto fra iscritti e laureati;
quanti siano gli iscritti che abbandonano alla fine del primo anno del corso di laurea;
quale sia il numero dei laureati fuori corso e degli studenti che non hanno ottenuto crediti;
quanti siano i corsi di laurea dopo l'avvio dell'ordinamento del cosiddetto «3 + 2».
(4-15742)

DELMASTRO DELLE VEDOVE. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
la Guida all'Università di Campus, in edicola nel mese di luglio 2005, ha pubblicato il responso del rating sugli Atenei italiani;
i risultati derivano dall'analisi dei dati di provenienza del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, del Comitato nazionale per la valutazione degli studi universitari e del Consorzio interuniversitario per il calcolo elettronico-Cineca;
in effetti, peraltro, è interessante avere un dato che certamente è il più significativo e cioé quello della produttività studentesca, derivante dall'indicazione degli iscritti al primo anno, dal rapporto fra laureati ed iscritti, dal numero dei laureati fuori corso e di studenti che non hanno ottenuto crediti;
il dato è ancor più interessante se riguarda i grandi Atenei, e cioè quelli con oltre trentacinquemila studenti -:
con riferimento all'Università di Palermo:
quanti siano gli iscritti al primo anno e quale sia il rapporto fra iscritti e laureati;
quanti siano gli iscritti che abbandonano alla fine del primo anno del corso di laurea;
quale sia il numero dei laureati fuori corso e degli studenti che non hanno ottenuto crediti;
quanti siano i corsi di laurea dopo l'avvio dell'ordinamento del cosiddetto «3 + 2».
(4-15743)

DELMASTRO DELLE VEDOVE. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
la Guida all'Università di Campus, in edicola nel mese di luglio 2005, ha pubblicato il responso del rating sugli Atenei italiani;
i risultati derivano dall'analisi dei dati di provenienza del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, del Comitato nazionale per la valutazione degli studi universitari e del Consorzio interuniversitario per il calcolo elettronico-Cineca;
in effetti, peraltro, è interessante avere un dato che certamente è il più significativo e cioé quello della produttività studentesca, derivante dall'indicazione degli iscritti al primo anno, dal rapporto fra laureati ed iscritti, dal numero dei laureati fuori corso e di studenti che non hanno ottenuto crediti;
il dato è ancor più interessante se riguarda i grandi Atenei, e cioè quelli con oltre trentacinquemila studenti -:
con riferimento all'Università di Napoli - Federico II:
quanti siano gli iscritti al primo anno e quale sia il rapporto fra iscritti e laureati;


Pag. XLIV

quanti siano gli iscritti che abbandonano alla fine del primo anno del corso di laurea;
quale sia il numero dei laureati fuori corso e degli studenti che non hanno ottenuto crediti;
quanti siano i corsi di laurea dopo l'avvio dell'ordinamento del cosiddetto «3 + 2».
(4-15744)

DELMASTRO DELLE VEDOVE. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
la Guida all'Università di Campus, in edicola nel mese di luglio 2005, ha pubblicato il responso del rating sugli Atenei italiani;
i risultati derivano dall'analisi dei dati di provenienza del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, del Comitato nazionale per la valutazione degli studi universitari e del Consorzio interuniversitario per il calcolo elettronico-Cineca;
in effetti, peraltro, è interessante avere un dato che certamente è il più significativo e cioé quello della produttività studentesca, derivante dall'indicazione degli iscritti al primo anno, dal rapporto fra laureati ed iscritti, dal numero dei laureati fuori corso e di studenti che non hanno ottenuto crediti;
il dato è ancor più interessante se riguarda i grandi Atenei, e cioè quelli con oltre trentacinquemila studenti -:
con riferimento all'Università di Roma - Tre:
quanti siano gli iscritti al primo anno e quale sia il rapporto fra iscritti e laureati;
quanti siano gli iscritti che abbandonano alla fine del primo anno del corso di laurea;
quale sia il numero dei laureati fuori corso e degli studenti che non hanno ottenuto crediti;
quanti siano i corsi di laurea dopo l'avvio dell'ordinamento del cosiddetto «3 + 2».
(4-15745)

DELMASTRO DELLE VEDOVE. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
la Guida all'Università di Campus, in edicola nel mese di luglio 2005, ha pubblicato il responso del rating sugli Atenei italiani;
i risultati derivano dall'analisi dei dati di provenienza del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, del Comitato nazionale per la valutazione degli studi universitari e del Consorzio interuniversitario per il calcolo elettronico-Cineca;
in effetti, peraltro, è interessante avere un dato che certamente è il più significativo e cioé quello della produttività studentesca, derivante dall'indicazione degli iscritti al primo anno, dal rapporto fra laureati ed iscritti, dal numero dei laureati fuori corso e di studenti che non hanno ottenuto crediti;
il dato è ancor più interessante se riguarda i medi Atenei, e cioè quelli con un numero di studenti tra i diecimila ed i trentacinquemila, anche per comprendere quali differenze significative possano esservi in ragione delle dimensioni dell'Ateneo, tenuto conto dei dati delle sedi universitarie maggiori -:
con riferimento all'Università di Macerata:
quanti siano gli iscritti al primo anno e quale sia il rapporto fra iscritti e laureati nello stesso Ateneo;
quanti siano gli iscritti che abbandonano alla fine del primo anno del corso di laurea, e, fra essi, quanti cambino il


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corso di laurea nello stesso Ateneo e quanti, invece, si iscrivano ad altro Ateneo;
quale sia il numero dei laureati fuori corso e degli studenti che non hanno ottenuto crediti;
quanti siano i corsi di laurea dopo l'avvio dell'ordinamento del cosiddetto «3 + 2» rispetto al numero di corsi di laurea esistenti prima della riforma.
(4-15746)

DELMASTRO DELLE VEDOVE. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
la Guida all'Università di Campus, in edicola nel mese di luglio 2005, ha pubblicato il responso del rating sugli Atenei italiani;
i risultati derivano dall'analisi dei dati di provenienza del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, del Comitato nazionale per la valutazione degli studi universitari e del Consorzio interuniversitario per il calcolo elettronico-Cineca;
in effetti, peraltro, è interessante avere un dato che certamente è il più significativo e cioé quello della produttività studentesca, derivante dall'indicazione degli iscritti al primo anno, dal rapporto fra laureati ed iscritti, dal numero dei laureati fuori corso e di studenti che non hanno ottenuto crediti;
il dato è ancor più interessante se riguarda i grandi Atenei, e cioè quelli con oltre trentacinquemila studenti -:
con riferimento all'Università di Catania:
quanti siano gli iscritti al primo anno e quale sia il rapporto fra iscritti e laureati;
quanti siano gli iscritti che abbandonano alla fine del primo anno del corso di laurea;
quale sia il numero dei laureati fuori corso e degli studenti che non hanno ottenuto crediti;
quanti siano i corsi di laurea dopo l'avvio dell'ordinamento del cosiddetto «3 + 2».
(4-15747)

DELMASTRO DELLE VEDOVE. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
la Guida all'Università di Campus, in edicola nel mese di luglio 2005, ha pubblicato il responso del rating sugli Atenei italiani;
i risultati derivano dall'analisi dei dati di provenienza del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, del Comitato nazionale per la valutazione degli studi universitari e del Consorzio interuniversitario per il calcolo elettronico-Cineca;
in effetti, peraltro, è interessante avere un dato che certamente è il più significativo e cioé quello della produttività studentesca, derivante dall'indicazione degli iscritti al primo anno, dal rapporto fra laureati ed iscritti, dal numero dei laureati fuori corso e di studenti che non hanno ottenuto crediti;
il dato è ancor più interessante se riguarda i grandi Atenei, e cioè quelli con oltre trentacinquemila studenti -:
con riferimento all'Università di Bari:
quanti siano gli iscritti al primo anno e quale sia il rapporto fra iscritti e laureati;
quanti siano gli iscritti che abbandonano alla fine del primo anno del corso di laurea;
quale sia il numero dei laureati fuori corso e degli studenti che non hanno ottenuto crediti;
quanti siano i corsi di laurea dopo l'avvio dell'ordinamento del cosiddetto «3 + 2».
(4-15748)


Pag. XLVI

DELMASTRO DELLE VEDOVE. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
la Guida all'Università di Campus, in edicola nel mese di luglio 2005, ha pubblicato il responso del rating sugli Atenei italiani;
i risultati derivano dall'analisi dei dati di provenienza del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, del Comitato nazionale per la valutazione degli studi universitari e del Consorzio interuniversitario per il calcolo elettronico-Cineca;
in effetti, peraltro, è interessante avere un dato che certamente è il più significativo e cioé quello della produttività studentesca, derivante dall'indicazione degli iscritti al primo anno, dal rapporto fra laureati ed iscritti, dal numero dei laureati fuori corso e di studenti che non hanno ottenuto crediti;
il dato è ancor più interessante se riguarda i grandi Atenei, e cioè quelli con oltre trentacinquemila studenti -:
con riferimento all'Università di Cagliari:
quanti siano gli iscritti al primo anno e quale sia il rapporto fra iscritti e laureati;
quanti siano gli iscritti che abbandonano alla fine del primo anno del corso di laurea;
quale sia il numero dei laureati fuori corso e degli studenti che non hanno ottenuto crediti;
quanti siano i corsi di laurea dopo l'avvio dell'ordinamento del cosiddetto «3 + 2».
(4-15749)

DELMASTRO DELLE VEDOVE. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
la Guida all'Università di Campus, in edicola nel mese di luglio 2005, ha pubblicato il responso del rating sugli Atenei italiani;
i risultati derivano dall'analisi dei dati di provenienza del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, del Comitato nazionale per la valutazione degli studi universitari e del Consorzio interuniversitario per il calcolo elettronico-Cineca;
in effetti, peraltro, è interessante avere un dato che certamente è il più significativo e cioé quello della produttività studentesca, derivante dall'indicazione degli iscritti al primo anno, dal rapporto fra laureati ed iscritti, dal numero dei laureati fuori corso e di studenti che non hanno ottenuto crediti;
il dato è ancor più interessante se riguarda i grandi Atenei, e cioè quelli con oltre trentacinquemila studenti -:
con riferimento all'Università di Milano - Università degli Studi:
quanti siano gli iscritti al primo anno e quale sia il rapporto fra iscritti e laureati;
quanti siano gli iscritti che abbandonano alla fine del primo anno del corso di laurea;
quale sia il numero dei laureati fuori corso e degli studenti che non hanno ottenuto crediti;
quanti siano i corsi di laurea dopo l'avvio dell'ordinamento del cosiddetto «3 + 2».
(4-15750)

DELMASTRO DELLE VEDOVE. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
la Guida all'Università di Campus, in edicola nel mese di luglio 2005, ha pubblicato il responso del rating sugli Atenei italiani;


Pag. XLVII

i risultati derivano dall'analisi dei dati di provenienza del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, del Comitato nazionale per la valutazione degli studi universitari e del Consorzio interuniversitario per il calcolo elettronico-Cineca;
in effetti, peraltro, è interessante avere un dato che certamente è il più significativo e cioé quello della produttività studentesca, derivante dall'indicazione degli iscritti al primo anno, dal rapporto fra laureati ed iscritti, dal numero dei laureati fuori corso e di studenti che non hanno ottenuto crediti;
il dato è ancor più interessante se riguarda i grandi Atenei, e cioè quelli con oltre trentacinquemila studenti -:
con riferimento all'Università di Pisa:
quanti siano gli iscritti al primo anno e quale sia il rapporto fra iscritti e laureati;
quanti siano gli iscritti che abbandonano alla fine del primo anno del corso di laurea;
quale sia il numero dei laureati fuori corso e degli studenti che non hanno ottenuto crediti;
quanti siano i corsi di laurea dopo l'avvio dell'ordinamento del cosiddetto «3 + 2».
(4-15751)

DELMASTRO DELLE VEDOVE. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
la Guida all'Università di Campus, in edicola nel mese di luglio 2005, ha pubblicato il responso del rating sugli Atenei italiani;
i risultati derivano dall'analisi dei dati di provenienza del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, del Comitato nazionale per la valutazione degli studi universitari e del Consorzio interuniversitario per il calcolo elettronico-Cineca;
in effetti, peraltro, è interessante avere un dato che certamente è il più significativo e cioé quello della produttività studentesca, derivante dall'indicazione degli iscritti al primo anno, dal rapporto fra laureati ed iscritti, dal numero dei laureati fuori corso e di studenti che non hanno ottenuto crediti;
il dato è ancor più interessante se riguarda i grandi Atenei, e cioè quelli con oltre trentacinquemila studenti -:
con riferimento all'Università di Genova:
quanti siano gli iscritti al primo anno e quale sia il rapporto fra iscritti e laureati;
quanti siano gli iscritti che abbandonano alla fine del primo anno del corso di laurea;
quale sia il numero dei laureati fuori corso e degli studenti che non hanno ottenuto crediti;
quanti siano i corsi di laurea dopo l'avvio dell'ordinamento del cosiddetto «3 + 2».
(4-15752)

DELMASTRO DELLE VEDOVE. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
la Guida all'Università di Campus, in edicola nel mese di luglio 2005, ha pubblicato il responso del rating sugli Atenei italiani;
i risultati derivano dall'analisi dei dati di provenienza del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, del Comitato nazionale per la valutazione degli studi universitari e del Consorzio interuniversitario per il calcolo elettronico-Cineca;
in effetti, peraltro, è interessante avere un dato che certamente è il più


Pag. XLVIII

significativo e cioé quello della produttività studentesca, derivante dall'indicazione degli iscritti al primo anno, dal rapporto fra laureati ed iscritti, dal numero dei laureati fuori corso e di studenti che non hanno ottenuto crediti;
il dato è ancor più interessante se riguarda i grandi Atenei, e cioè quelli con oltre trentacinquemila studenti -:
con riferimento all'Università di Torino:
quanti siano gli iscritti al primo anno e quale sia il rapporto fra iscritti e laureati;
quanti siano gli iscritti che abbandonano alla fine del primo anno del corso di laurea;
quale sia il numero dei laureati fuori corso e degli studenti che non hanno ottenuto crediti;
quanti siano i corsi di laurea dopo l'avvio dell'ordinamento del cosiddetto «3 + 2».
(4-15753)

DELMASTRO DELLE VEDOVE. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
la Guida all'Università di Campus, in edicola nel mese di luglio 2005, ha pubblicato il responso del rating sugli Atenei italiani;
i risultati derivano dall'analisi dei dati di provenienza del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, del Comitato nazionale per la valutazione degli studi universitari e del Consorzio interuniversitario per il calcolo elettronico-Cineca;
in effetti, peraltro, è interessante avere un dato che certamente è il più significativo e cioé quello della produttività studentesca, derivante dall'indicazione degli iscritti al primo anno, dal rapporto fra laureati ed iscritti, dal numero dei laureati fuori corso e di studenti che non hanno ottenuto crediti;
il dato è ancor più interessante se riguarda i grandi Atenei, e cioè quelli con oltre trentacinquemila studenti -:
con riferimento all'Università di Bologna:
quanti siano gli iscritti al primo anno e quale sia il rapporto fra iscritti e laureati;
quanti siano gli iscritti che abbandonano alla fine del primo anno del corso di laurea;
quale sia il numero dei laureati fuori corso e degli studenti che non hanno ottenuto crediti;
quanti siano i corsi di laurea dopo l'avvio dell'ordinamento del cosiddetto «3 + 2».
(4-15754)

DELMASTRO DELLE VEDOVE. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
la Guida all'Università di Campus, in edicola nel mese di luglio 2005, ha pubblicato il responso del rating sugli Atenei italiani;
i risultati derivano dall'analisi dei dati di provenienza del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, del Comitato nazionale per la valutazione degli studi universitari e del Consorzio interuniversitario per il calcolo elettronico-Cineca;
in effetti, peraltro, è interessante avere un dato che certamente è il più significativo e cioé quello della produttività studentesca, derivante dall'indicazione degli iscritti al primo anno, dal rapporto fra laureati ed iscritti, dal numero dei laureati fuori corso e di studenti che non hanno ottenuto crediti;


Pag. XLIX

il dato è ancor più interessante se riguarda i grandi Atenei, e cioè quelli con oltre trentacinquemila studenti -:
con riferimento all'Università di Firenze:
quanti siano gli iscritti al primo anno e quale sia il rapporto fra iscritti e laureati;
quanti siano gli iscritti che abbandonano alla fine del primo anno del corso di laurea;
quale sia il numero dei laureati fuori corso e degli studenti che non hanno ottenuto crediti;
quanti siano i corsi di laurea dopo l'avvio dell'ordinamento del cosiddetto «3 + 2».
(4-15755)

DELMASTRO DELLE VEDOVE. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
la Guida all'Università di Campus, in edicola nel mese di luglio 2005, ha pubblicato il responso del rating sugli Atenei italiani;
i risultati derivano dall'analisi dei dati di provenienza del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, del Comitato nazionale per la valutazione degli studi universitari e del Consorzio interuniversitario per il calcolo elettronico-Cineca;
in effetti, peraltro, è interessante avere un dato che certamente è il più significativo e cioé quello della produttività studentesca, derivante dall'indicazione degli iscritti al primo anno, dal rapporto fra laureati ed iscritti, dal numero dei laureati fuori corso e di studenti che non hanno ottenuto crediti;
il dato è ancor più interessante se riguarda i grandi Atenei, e cioè quelli con oltre trentacinquemila studenti -:
con riferimento all'Università di Roma - La Sapienza:
quanti siano gli iscritti al primo anno e quale sia il rapporto fra iscritti e laureati;
quanti siano gli iscritti che abbandonano alla fine del primo anno del corso di laurea;
quale sia il numero dei laureati fuori corso e degli studenti che non hanno ottenuto crediti;
quanti siano i corsi di laurea dopo l'avvio dell'ordinamento del cosiddetto «3 + 2».
(4-15756)

DELMASTRO DELLE VEDOVE. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
la Guida all'Università di Campus, in edicola nel mese di luglio 2005, ha pubblicato il responso del rating sugli Atenei italiani;
i risultati derivano dall'analisi dei dati di provenienza del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, del Comitato nazionale per la valutazione degli studi universitari e del Consorzio interuniversitario per il calcolo elettronico-Cineca;
in effetti, peraltro, è interessante avere un dato che certamente è il più significativo e cioé quello della produttività studentesca, derivante dall'indicazione degli iscritti al primo anno, dal rapporto fra laureati ed iscritti, dal numero dei laureati fuori corso e di studenti che non hanno ottenuto crediti;
il dato è ancor più interessante se riguarda i grandi Atenei, e cioè quelli con oltre trentacinquemila studenti -:
con riferimento all'Università di Padova:
quanti siano gli iscritti al primo anno e quale sia il rapporto fra iscritti e laureati;


Pag. L

quanti siano gli iscritti che abbandonano alla fine del primo anno del corso di laurea;
quale sia il numero dei laureati fuori corso e degli studenti che non hanno ottenuto crediti;
quanti siano i corsi di laurea dopo l'avvio dell'ordinamento del cosiddetto «3 + 2».
(4-15757)

DELMASTRO DELLE VEDOVE. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
la Guida all'Università di Campus, in edicola nel mese di luglio 2005, ha pubblicato il responso del rating sugli Atenei italiani;
i risultati derivano dall'analisi dei dati di provenienza del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, del Comitato nazionale per la valutazione degli studi universitari e del Consorzio interuniversitario per il calcolo elettronico-Cineca;
in effetti, peraltro, è interessante avere un dato che certamente è il più significativo e cioé quello della produttività studentesca, derivante dall'indicazione degli iscritti al primo anno, dal rapporto fra laureati ed iscritti, dal numero dei laureati fuori corso e di studenti che non hanno ottenuto crediti;
il dato è ancor più interessante se riguarda i grandi Atenei, e cioè quelli con oltre trentacinquemila studenti -:
con riferimento all'Università di Milano - Politecnico:
quanti siano gli iscritti al primo anno e quale sia il rapporto fra iscritti e laureati;
quanti siano gli iscritti che abbandonano alla fine del primo anno del corso di laurea;
quale sia il numero dei laureati fuori corso e degli studenti che non hanno ottenuto crediti;
quanti siano i corsi di laurea dopo l'avvio dell'ordinamento del cosiddetto «3 + 2».
(4-15758)

DELMASTRO DELLE VEDOVE. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
la Guida all'Università di Campus, in edicola nel mese di luglio 2005, ha pubblicato il responso del «rating» sugli Atenei italiani;
i risultati derivano dall'analisi dei dati di provenienza del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, del Comitato nazionale per la valutazione degli studi universitari e del Consorzio interuniversitario per il calcolo elettronico-Cineca;
in effetti, peraltro, è interessante avere un dato che certamente è il più significativo e cioè quello della produttività studentesca, derivante dall'indicazione degli iscritti al primo anno, dal rapporto fra laureati ed iscritti, dal numero dei laureati fuori corso e di studenti che non hanno ottenuto crediti;
desta invece particolare significato verificare le differenze che intercorrono fra gli Atenei pubblici e gli Atenei privati, proprio al fine di valutare la qualità dell'ambiente culturale, il rapporto docente-discente e l'efficienza dell'istituto scolastico;
è dunque importante conoscere dati essenziali degli Atenei privati -:
con riferimento all'Università di Milano - Lulm:
quanti siano gli iscritti al primo anno e quale sia il rapporto fra iscritti e laureati nello stesso Ateneo;
quanti siano gli iscritti che abbandonano alla fine del primo anno del corso


Pag. LI

di laurea, e, fra essi, quanti cambino il corso di laurea nello stesso Ateneo e quanti, invece, si iscrivano ad altro Ateneo;
quale sia il numero dei laureati fuori corso e degli studenti che non hanno ottenuto crediti;
quanti siano i corsi di laurea dopo l'avvio dell'ordinamento del cosiddetto «3 + 2» rispetto al numero di corsi di laurea esistenti prima della riforma.
(4-15759)

DELMASTRO DELLE VEDOVE. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
la Guida all'Università di Campus, in edicola nel mese di luglio 2005, ha pubblicato il responso del «rating» sugli Atenei italiani;
i risultati derivano dall'analisi dei dati di provenienza del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, del Comitato nazionale per la valutazione degli studi universitari e del Consorzio interuniversitario per il calcolo elettronico-Cineca;
in effetti, peraltro, è interessante avere un dato che certamente è il più significativo e cioè quello della produttività studentesca, derivante dall'indicazione degli iscritti al primo anno, dal rapporto fra laureati ed iscritti, dal numero dei laureati fuori corso e di studenti che non hanno ottenuto crediti;
desta invece particolare significato verificare le differenze che intercorrono fra gli Atenei pubblici e gli Atenei privati, proprio al fine di valutare la qualità dell'ambiente culturale, il rapporto docente-discente e l'efficienza dell'istituto scolastico;
è dunque importante conoscere dati essenziali degli Atenei privati -:
con riferimento all'Università di Roma - Luiss:
quanti siano gli iscritti al primo anno e quale sia il rapporto fra iscritti e laureati nello stesso Ateneo;
quanti siano gli iscritti che abbandonano alla fine del primo anno del corso di laurea, e, fra essi, quanti cambino il corso di laurea nello stesso Ateneo e quanti, invece, si iscrivano ad altro Ateneo;
quale sia il numero dei laureati fuori corso e degli studenti che non hanno ottenuto crediti;
quanti siano i corsi di laurea dopo l'avvio dell'ordinamento del cosiddetto «3 + 2» rispetto al numero di corsi di laurea esistenti prima della riforma.
(4-15760)

DELMASTRO DELLE VEDOVE. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
la Guida all'Università di Campus, in edicola nel mese di luglio 2005, ha pubblicato il responso del «rating» sugli Atenei italiani;
i risultati derivano dall'analisi dei dati di provenienza del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, del Comitato nazionale per la valutazione degli studi universitari e del Consorzio interuniversitario per il calcolo elettronico-Cineca;
in effetti, peraltro, è interessante avere un dato che certamente è il più significativo e cioè quello della produttività studentesca, derivante dall'indicazione degli iscritti al primo anno, dal rapporto fra laureati ed iscritti, dal numero dei laureati fuori corso e di studenti che non hanno ottenuto crediti;
desta invece particolare significato verificare le differenze che intercorrono fra gli Atenei pubblici e gli Atenei privati, proprio al fine di valutare la qualità dell'ambiente culturale, il rapporto docente-discente e l'efficienza dell'istituto scolastico;


Pag. LII

è dunque importante conoscere dati essenziali degli Atenei privati -:
con riferimento all'Università di Milano - Bocconi:
quanti siano gli iscritti al primo anno e quale sia il rapporto fra iscritti e laureati nello stesso Ateneo;
quanti siano gli iscritti che abbandonano alla fine del primo anno del corso di laurea, e, fra essi, quanti cambino il corso di laurea nello stesso Ateneo e quanti, invece, si iscrivano ad altro Ateneo;
quale sia il numero dei laureati fuori corso e degli studenti che non hanno ottenuto crediti;
quanti siano i corsi di laurea dopo l'avvio dell'ordinamento del cosiddetto «3 + 2» rispetto al numero di corsi di laurea esistenti prima della riforma.
(4-15761)

DELMASTRO DELLE VEDOVE. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
la Guida all'Università di Campus, in edicola nel mese di luglio 2005, ha pubblicato il responso del «rating» sugli Atenei italiani;
i risultati derivano dall'analisi dei dati di provenienza del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, del Comitato nazionale per la valutazione degli studi universitari e del Consorzio interuniversitario per il calcolo elettronico-Cineca;
in effetti, peraltro, è interessante avere un dato che certamente è il più significativo e cioè quello della produttività studentesca, derivante dall'indicazione degli iscritti al primo anno, dal rapporto fra laureati ed iscritti, dal numero dei laureati fuori corso e di studenti che non hanno ottenuto crediti;
desta invece particolare significato verificare le differenze che intercorrono fra gli Atenei pubblici e gli Atenei privati, proprio al fine di valutare la qualità dell'ambiente culturale, il rapporto docente-discente e l'efficienza dell'istituto scolastico;
è dunque importante conoscere dati essenziali degli Atenei privati -:
con riferimento all'Università di Milano - Cattolica:
quanti siano gli iscritti al primo anno e quale sia il rapporto fra iscritti e laureati nello stesso Ateneo;
quanti siano gli iscritti che abbandonano alla fine del primo anno del corso di laurea, e, fra essi, quanti cambino il corso di laurea nello stesso Ateneo e quanti, invece, si iscrivano ad altro Ateneo;
quale sia il numero dei laureati fuori corso e degli studenti che non hanno ottenuto crediti;
quanti siano i corsi di laurea dopo l'avvio dell'ordinamento del cosiddetto «3 + 2» rispetto al numero di corsi di laurea esistenti prima della riforma.
(4-15762)

Risposta. - Con riferimento agli atti di sindacato ispettivo indicati in oggetto l'interrogante, a seguito della pubblicazione, avvenuta nel mese di luglio 2005, sulla guida all'università di Campus, del responso del rating sugli atenei italiani chiede di conoscere una serie di dati relativi alla produttività studentesca nei diversi atenei italiani ritenendoli indicatori utili per effettuare future scelte di politica universitaria.
In particolare si richiede di effettuare una quantificazione degli iscritti al primo anno, del rapporto tra iscritti e laureati nello stesso ateneo, degli iscritti che abbandonano alla fine del primo anno del corso di laurea, di quanti cambino il corso di laurea nello stesso ateneo o si iscrivano, invece, ad altro Ateneo, del numero di laureati fuori corso e di quello degli studenti che non hanno ottenuto crediti nonché dei corsi di laurea esistenti dopo


Pag. LIII

l'avvio dell'ordinamento del cosiddetto 3 + 2 rapportati a quelli esauriti prima della riforma.
I dati richiesti vengono forniti raggruppandoli nelle tabelle di seguito allegate nelle quali quanto acquisito in merito alle realtà dei vari atenei viene riportato seguendo la numerazione progressiva utilizzata per classificare le interrogazioni, accogliendo la partizione già fatta dall'interrogante tra atenei con meno di 10.000 iscritti, atenei con un numero di iscritti compreso tra 10.000 e 35.000 ed infine atenei con un numero di iscritti superiore a 35.000.
Nell'ambito di tale partizione si è poi distinto tra atenei pubblici e privati. Nella prima tabella sono stati riportati sia i dati relative agli studenti iscritti nei diversi atenei, acquisiti al 31 gennaio 2005, con riferimento all'anno accademico 2004-2005, che le mancate reiscrizioni tra il 1o ed il 2o anno per le quali si è fatto, invece, riferimento all'anno accademico 2003-2004.


Pag. LIV

Ateneo
Studenti iscritti a. a. 2004-2005 - dati al 31 gennaio 2005
Rapporto tra studenti iscritti e laureati - a. a. 2004-2005 - dati al 31 gennaio 2005
Mancate reiscrizioni tra il 1o ed il 2o anno - a. a. 2003-2004
Totale
Di cui al primo anno di corso
Di cui immatricolati al 1o anno la prima volta
Atenei con meno di 10.000 iscritti
Reggio Calabria - Università degli studi Mediterranea
(4-15698)
9.679
2.406
1.729
11,7
31,8
Teramo - Università degli studi
(4-15699)
9.731
2.451
1.851
9,0
40,5
Campobasso - Università degli studi del Molise
(4-15700)
9.280
2.415
2.105
8,3
41,9
Perugia - Università per stranieri
(4-15703)
1.960
393
325
5,3
0,8
Camerino - Università degli studi
(4-15705)
8.967
1.662
1.481
9,1
56,1
Varese - Università dell'Insubria
(4-15706)
8.393
2.388
2.032
6,3
25,6
Venezia - Università IUAV
(4-15707)
6.560
1.491
1.038
4,2
5,6
Viterbo - Università della Tuscia
(4-15708)
9.495
2.317
1.986
6,2
21,7
Siena - Università per stranieri
(4-15709)
389
236
140
9,5
34,5
UNIVERSITÀ PRIVATE
Università di lingue e Comunicazione di Milano (IULM)
(4-15759)
6.291
1.928
1.599
2,7
2,3
Roma - Libera Università internazionale degli studi sociali Guido Carli (LUISS)
(4-15760)
5.310
1.634
1.172
3,7
16,7
Roma - Libera Università Maria SS. Assunta (LUMSA)
(4-15702)
6.240
1.891
1.344
4,9
9,1
Atenei con un numero di iscritti compreso tra 10.000 e 35.000
Napoli - Università degli studi «Parthenope»
(4-15710)
14.762
3.542
3.537
9,1
26,5
Catanzaro - Università degli studi «Magna Grecia»
(4-15711)
12.643
3.679
2.919
12,8
29,8
Foggia - Università degli studi
(4-15712)
10.116
2.316
2.237
9,4
21,5
Bari - Politecnico
(4-15713)
10.782
2.237
1.787
8,5
21,5


Pag. LV

Ateneo
Studenti iscritti a. a. 2004-2005 - dati al 31 gennaio 2005
Rapporto tra studenti iscritti e laureati - a. a. 2004-2005 - dati al 31 gennaio 2005
Mancate reiscrizioni tra il 1o ed il 2o anno - a. a. 2003-2004
Totale
Di cui al primo anno di corso
Di cui immatricolati al 1o anno la prima volta
Napoli - Università degli studi «L'Orientale»
(4-15714)
10.552
2.459
2.225
8,0
24,0
Napoli - Seconda Università degli studi
(4-15715)
25.578
5.350
4.352
7,9
20,9
Bergamo - università degli studi
(4-15716)
12.795
4.062
3.507
7,5
24,0
Cassino - Università degli studi
(4-15717)
13.850
4.116
2.421
11,0
27,4
Lecce - Università degli studi
(4-15718)
28.770
6.655
4.899
9,9
28,0
Sassari - Università degli studi
(4-15719)
15.255
3.119
2.982
3,6
11,7
Brescia - Università degli studi
(4-15720)
13.051
3.807
2.956
6,6
17,4
Ancona - Università politecnica delle Marche
(4-15721)
14.619
3.444
2.901
7,1
13,5
Milano-Bicocca - Università degli studi
(4-15722)
28.263
8.393
6.412
6,9
14,1
Arcavacata di Rende - Università degli studi della Calabria
(4-15723)
30.061
7.040
5.531
6,9
20,8
Chieti - Università degli studi «Gabriele D'Annunzio»
(4-15724)
27.300
7.573
5.277
5,2
43,4
Messina - Università degli studi
(4-15725)
32.859
7.962
7.202
6,7
31,5
Università degli studi del Piemonte orientale «A. Avogadro»
(4-15726)
10.112
2.877
2.372
6,1
15,8
Urbino - Università degli studi «Carlo Bo»
(4-15727)
17.376
3.539
2.554
5,4
-2,9
Verona - Università degli studi
(4-15728)
21.101
6.162
5.023
6,6
32,7
Parma - Università degli studi
(4-15729)
28.712
6.958
5.542
6,8
25,6
L'Aquila - Università degli studi
(4-15730)
19.199
3.914
3.428
8,2
19,3
Venezia - Università degli studi «Cà Foscari»
(4-15731)
16.894
4.963
3.699
4,2
15,7
Torino - Politecnico
(4-15732)
24.285
5.666
3.977
7,0
13,2
Roma - Università degli studi di «Tor Vergata»
(4-15733)
31.993
9.516
8.039
4,7
16,7


Pag. LVI

Ateneo
Studenti iscritti a. a. 2004-2005 - dati al 31 gennaio 2005
Rapporto tra studenti iscritti e laureati - a. a. 2004-2005 - dati al 31 gennaio 2005
Mancate reiscrizioni tra il 1o ed il 2o anno - a. a. 2003-2004
Totale
Di cui al primo anno di corso
Di cui immatricolati al 1o anno la prima volta
Modena e Reggio Emilia - Università degli studi
(4-15734)
17.178
5.472
3.907
5,6
8,7
Perugia - Università degli studi
(4-15735)
34.547
7.888
5.569
7,1
15,7
Trento - Università degli studi
(4-15736)
14.510
4.132
3.022
4,9
11,1
Udine - Università degli studi
(4-15737)
16.249
4.227
3.444
5,4
13,0
Pavia - Università degli studi
(4-15738)
21.555
5.729
3.953
4,0
7,8
Trieste - Università degli studi
(4-15739)
21.030
3.938
3.154
5,4
10,3
Ferrara - Università degli studi
(4-15740)
16.747
4.086
3.610
6,9
35,8
Siena - Università degli studi
(4-15741)
17.038
5.000
4.126
5,6
13,7
Roma - III Università degli studi
(4-15745)
34.473
8.295
6.555
7,6
0,8
Macerata - Università degli studi
(4-15746)
11.798
2.272
1.922
6,8
-3,7
ATENEI PRIVATI
Milano - Università commerciale «Luigi Bocconi»
(4-15761)
11.382
4.361
2.771
-2,5
5,2
Milano - Università Cattolica del «Sacro Cuore»
(4-15762)
34.818
9.196
7.565
4,7
5,1
Atenei con un numero di iscritti superiore a 35.000
Napoli - Università degli studi «Federico II»
(4-15744)
91.403
19.451
16.601
8,4
23,9
Palermo - Università degli studi
(4-15743)
66.129
15.374
13.955
9,6
35,9
Salerno - Università degli studi
(4-15742)
39.749
7.556
6.678
8,9
11,2
Catania - Università degli studi
(4-15747)
63.996
16.191
11.288
11,7
20,0
Bari - Università degli studi
(4-15748)
55.960
12.166
10.567
7,5
19,7
Cagliari - Università degli studi
(4-15749)
37.839
8.617
6.835
7,9
19,3
Milano - Università degli studi
(4-15750)
63.054
16.405
12.619
7,4
14,7
Pisa - Università degli studi
(4-15751)
49.118
10.002
8.264
7,1
22,9
Genova - Università degli studi
(4-15752)
35.749
9.741
6.708
6,4
18,9
Torino - Università degli studi
(4-15753)
62.083
17.253
13.409
6,0
13,3
Bologna - Università degli studi
(4-15754)
94.416
22.589
16.332
5,5
25,6


Pag. LVII

Ateneo
Studenti iscritti a. a. 2004-2005 - dati al 31 gennaio 2005
Rapporto tra studenti iscritti e laureati - a. a. 2004-2005 - dati al 31 gennaio 2005
Mancate reiscrizioni tra il 1o ed il 2o anno - a. a. 2003-2004
Totale
Di cui al primo anno di corso
Di cui immatricolati al 1o anno la prima volta
Firenze - Università degli studi
(4-15755)
61.167
14.196
10.937
8,6
10,4
Roma - Università degli studi «La Sapienza»
(4-15756)
137.597
31.575
25.196
8,2
25,2
Padova - Università degli studi
(4-15757)
60.271
15.951
11.694
4,9
15,7
Milano - Politecnico
(4-15758)
38.610
10.566
7.324
4,4
10,9
Totale generale
1.776.803
436.504
343.628
6,7
20,9

Nella seconda tabella vengono presentati, seguendo il criterio precedentemente illustrato, i dati acquisiti al 31 gennaio 2005, relativi agli studenti che si sono trasferiti dal loro ateneo nell'anno 2003-2004 rispetto all'anno accademico precedente, agli studenti che non hanno, nello stesso anno, acquisito crediti ed ai laureati fuori corso nell'anno solare 2004 nelle diverse Università italiane.

Ateneo
Studenti iscritti che si sono trasferiti nell'a. a. 2003-2004 rispetto all'a. a. 2002/2003. Dati al 31 gennaio 2005
Studenti inscritti all'a. a. 2003-2004 che non hanno acquisito (superato) crediti (annualità). Dati al 31 gennaio 2005
Laureati fuori corso. Anno solare 2004
Totale
Di cui trasferiti di sede
Iscritti
Di cui immatricolati
Atenei con meno di 10.000 iscritti
Reggio Calabria - Università degli studi Mediterranea
(4-15698)
258
114
2.068
523
773
Teramo - Università degli studi
(4-15699)
271
157
1.571
205
890
Campobasso - Università degli studi del Molise
(4-15700)
371
36
1.940
408
803
Benevento - Università degli studi del Sannio
(4-15701)
96
-1.255
343
361
Perugia - Università per stranieri
(4-15703)
30
-191
53
162
Camerino - Università degli studi
(4-15705)
613
158
3.053
757
737
Varese - Università dell'Insubria
(4-15706)
259
72
1.279
228
539
Venezia - Università IUAV
(4-15707)
113
5
1.135
35
1.223
Viterbo - Università della Tuscia
(4-15708)
620
163
1.742
443
833
Siena - Università per stranieri
(4-15709)
5
33
5
6
UNIVERSITÀ PRIVATE
Università di lingue e Comunicazione di Milano (IULM)
(4-15759)
126
9
754
175
1.111


Pag. LVIII

Ateneo
Studenti iscritti che si sono trasferiti nell'a. a. 2003-2004 rispetto all'a. a. 2002/2003. Dati al 31 gennaio 2005
Studenti inscritti all'a. a. 2003-2004 che non hanno acquisito (superato) crediti (annualità). Dati al 31 gennaio 2005
Laureati fuori corso. Anno solare 2004
Totale
Di cui trasferiti di sede
Iscritti
Di cui immatricolati
Roma - Libera Università internazionale degli studi sociali Guido Carli (LUISS)
(4-15760)
164
-411
43
720
Roma - Libera Università Maria SS. Assunta (LUMSA)
(4-15702)
413
-390
68
517
Atenei con un numero di iscritti compreso tra 10.000 e 35.000
Napoli - Università degli studi «Parthenope»
(4-15710)
313
24
2.414
731
1.388
Catanzaro - Università degli studi «Magna Grecia»
(4-15711)
436
159
2.190
616
514
Foggia - Università degli studi
(4-15712)
323
213
2.221
446
873
Bari - Politecnico
(4-15713)
562
66
1.965
316
834
Napoli - Università degli studi «L'Orientale»
(4-15714)
224
-1.875
458
1.074
Napoli - Seconda Università degli studi
(4-15715)
620
209
4.168
727
1.804
Bergamo - Università degli studi
(4-15716)
359
14
1.808
543
955
Cassino - Università degli studi
(4-15717)
403
120
3.322
584
909
Lecce - Università degli studi
(4-15718)
637
65
8.631
1.971
2.454
Sassari - Università degli studi
(4-15719)
193
18
3.659
483
1.481
Brescia - Università degli studi
(4-15720)
738
34
2.078
443
960
Ancona - Università politecnica delle Marche
(4-15721)
493
43
2.214
196
1.354
Milano-Bicocca - Università degli studi
(4-15722)
429
-4.383
850
2.104
Arcavacata di Rende - Università degli studi della Calabria
(4-15723)
1.175
21
5.145
987
3.015
Chieti - Università degli studi «Gabriele D'Annunzio»
(4-15724)
732
70
3.616
1.041
1.649
Messina - Università degli studi
(4-15725)
285
110
3.814
2.557
2.965
Università degli studi del Piemonte orientale «A. Avogadro»
(4-15726)
349
40
1.551
370
752


Pag. LIX

Ateneo
Studenti iscritti che si sono trasferiti nell'a. a. 2003-2004 rispetto all'a. a. 2002/2003. Dati al 31 gennaio 2005
Studenti inscritti all'a. a. 2003-2004 che non hanno acquisito (superato) crediti (annualità). Dati al 31 gennaio 2005
Laureati fuori corso. Anno solare 2004
Totale
Di cui trasferiti di sede
Iscritti
Di cui immatricolati
Urbino - Università degli studi «Carlo Bo»
(4-15727)
536
-3.727
312
2.270
Verona - Università degli studi
(4-15728)
1.252
-4.266
1.240
1.611
Parma - Università degli studi
(4-15729)
1.202
212
4.868
608
2.661
L'Aquila - Università degli studi
(4-15730)
491
49
2.465
413
1.426
Venezia - Università degli studi «Cà Foscari»
(4-15731)
446
10
2.760
334
2.233
Torino - Politecnico
(4-15732)
574
128
3.363
370
3.112
Roma - Università degli studi di «Tor Vergata»
(4-15733)
1.101
668
6.324
2.220
1.693
Modena e Reggio Emilia - Università degli studi
(4-15734)
348
-1.833
328
836
Perugia - Università degli studi
(4-15735)
276
87
6.541
1.076
3.278
Trento - Università degli studi
(4-15736)
476
-2.642
281
1.475
Udine - Università degli studi
(4-15737)
417
19
2.879
544
1.677
Pavia - Università degli studi
(4-15738)
562
120
3.369
263
2.177
Trieste - Università degli studi
(4-15739)
895
-5.092
326
3.298
Ferrara - Università degli studi
(4-15740)
492
34
2.610
531
1.471
Siena - Università degli studi
(4-15741)
1.348
42
3.745
1.013
2.585
Roma - III Università degli studi
(4-15745)
811
78
5.972
1.263
3.236
Macerata - Università degli studi
(4-15746)
517
-3.007
302
1.419
ATENEI PRIVATI
Milano - Università commerciale «Luigi Bocconi»
(4-15761)
191
-1.045
20
1.428
Milano - Università Cattolica del «Sacro Cuore»
(4-15762)
1.108
32
1.063
896
4.012
Atenei con un numero di iscritti superiore a 35.000
Napoli - Università degli studi «Federico II»
(4-15744)
3.334
126
21.093
3.628
7.679
Palermo - Università degli studi
(4-15743)
3.261
5
11.858
4.197
5.521


Pag. LX

Ateneo
Studenti iscritti che si sono trasferiti nell'a. a. 2003-2004 rispetto all'a. a. 2002/2003. Dati al 31 gennaio 2005
Studenti inscritti all'a. a. 2003-2004 che non hanno acquisito (superato) crediti (annualità). Dati al 31 gennaio 2005
Laureati fuori corso. Anno solare 2004
Totale
Di cui trasferiti di sede
Iscritti
Di cui immatricolati
Salerno - Università degli studi
(4-15742)
336
62
8.161
991
3.680
Catania - Università degli studi
(4-15747)
1.265
129
11.190
2.048
4.098
Bari - Università degli studi
(4-15748)
1.503
174
10.556
1.459
5.849
Cagliari - Università degli studi
(4-15749)
2.269
22
6.853
117
3.920
Milano - Università degli studi
(4-15750)
1.748
-12.369
1.758
5.415
Pisa - Università degli studi
(4-15751)
4.339
75
10.798
1.611
3.939
Genova - Università degli studi
(4-15752)
1.970
50
6.520
841
3.242
Torino - Università degli studi
(4-15753)
1.621
457
9.773
1.145
7.573
Bologna - Università degli studi
(4-15754)
4.705
3.475
20.197
2.840
10.489
Firenze - Università degli studi
(4-15755)
2.255
94
13.104
1.266
5.496
Roma - Università degli studi «La Sapienza»
(4-15756)
2.671
391
28.934
4.525
12.267
Padova - Università degli studi
(4-15757)
1.739
245
8.053
1.235
7.426
Milano - Politecnico
(4-15758)
1.008
87
5.314
546
4.726
Totale generale
58.875
8.796
324.399
57.429
167.548

Si riportano, inoltre, nell'ultima tabella, i dari relativi alla distribuzione per Ateneo della offerta formativa raccolti sulla base di un confronto effettuato tra l'anno accademico 1998-1999 e l'anno accademico 2003-2004.

Ateneo
 
Distribuzione per ateneo dell'offerta formativa - Confronto tra anno accademico 1998/1999 e anno accademico 2003/2004
1998-1999
2003/2004
 
CDU
CDL
SDFS
Totale
CDU
CDL
CDL Vecchio ord.
CDL Ciclo unic.
SDSF
Totale
Atenei con meno di 10.000 iscritti
Reggio Calabria - Università degli studi Mediterranea
(4-15698)
2
7
 7
 17
   17
Teramo - Università degli studi
(4-15699)
3
6
 6
 13
 1
 14
Campobasso - Università degli studi del Molise
(4-15700)
7
11
 11
 21
1

 22
Benevento - Università degli studi del Sannio
(4-15701)
4
6
 6
 13
   13
Perugia - Università per stranieri
(4-15703)
2
1
 1
 4
   4
Potenza - Università degli studi della Basilicata
(4-15704)
4
14
 14
 21
1
1
 23
Camerino - Università degli studi
(4-15705)
8
13
 13
 18
2
3
 23


Pag. LXI

Ateneo
 
Distribuzione per ateneo dell'offerta formativa - Confronto tra anno accademico 1998/1999 e anno accademico 2003/2004
1998-1999
2003/2004
 
CDU
CDL
SDFS
Totale
CDU
CDL
CDL Vecchio ord.
CDL Ciclo unic.
SDSF
Totale
Varese - Università dell'Insubria
(4-15706)
7
7
 7
 29
 2
 31
Venezia - Università IUAV
(4-15707)
4
3
 3
 6
   6
Viterbo - Università della Tuscia
(4-15708)
4
7
 7
 26
   26
Siena - Università per stranieri
(4-15709)
1
1
 1
 2
   2
UNIVERSITÀ PRIVATE
Roma - Libera Università Maria SS. Assunta (LUMSA)
(4-15702)
10
10
 10
 28
1
  29
Università di Lingue e Comunicazione di Milano (IULM)
(4-15759)
 5
 5
 6
   6
Roma - Libera Università internazionale degli studi sociali Guido Carli (LUISS)
(4-15760)
 3
 3
 10
   10
Atenei con un numero di iscritti compreso tra 10.000 e 35.000
Napoli - Università degli studi «Parthenope»
(4-15710)
4
7
 7
 16
   16
Catanzaro - Università degli studi «Magna Grecia»
(4-15711)
14
4
 4
 21
1
4
 26
Foggia - Università degli studi
(4-15712)
   0
 25
 1
 26
Bari - Politecnico
(4-15713)
5
9
 9
 19
 2
 21
Napoli - Università degli studi «L'Orientale»
(4-15714)
 9
 9
 15
   15
Napoli - Seconda Università degli studi
(4-15715)
2
16
 16
 45
1
4
 50
Bergamo - Università degli studi
(4-15716)
4
4
 4
 17
   17
Cassino - Università degli studi
(4-15717)
4
10
 10
 17
   17
Lecce - Università degli studi
(4-15718)
5
15
 15
 41
   41
Sassari - Università degli studi
(4-15719)
11
19
 19
 32
 5
 37
Brescia - Università degli studi
(4-15720)
13
10
 10
 35
 3
 38
Ancona - Università politecnica delle Marche
(4-15721)
15
11
 11
 31
 3
 34
Milano-Bicocca - Università degli studi
(4-15722)
7
13
 13
 38
1
1
 40
Arcavacata di Rende - Università degli studi della Calabria
(4-15723)
12
20
 20
 43
1
3
 47
Chieti - Università degli studi Gabriele D'Annunzio
(4-15724)
10
12
4
16
 32
 4
 36
Messina - Università degli studi
(4-15725)
22
24
1
25
 62
 5
 67
Urbino - Università degli studi «Carlo Bo»
(4-15727)
11
17
1
18
 43
1
2
 46
Verona - Università degli studi
(4-15728)
13
11
1
12
 43
 2
 45
Parma - Università degli studi
(4-15729)
17
28
 28
 56
 5
 61
L'Aquila - Università degli studi
(4-15730)
19
20
1
21
 50
1
3
 54
Venezia - Università degli studi «Cà Foscari»
(4-15731)
9
11
 11
 33        


Pag. LXII

Ateneo
 
Distribuzione per ateneo dell'offerta formativa - Confronto tra anno accademico 1998/1999 e anno accademico 2003/2004
1998-1999
2003/2004
 
CDU
CDL
SDFS
Totale
CDU
CDL
CDL Vecchio ord.
CDL Ciclo unic.
SDSF
Totale
Torino - Politecnico
(4-15732)
28
31
 31
 52
   52
Roma - Università degli studi di «Tor Vergata»
(4-15733)
19
24
2
26
 62
1
3
 66
Modena e Reggio Emilia - Università degli studi
(4-15734)
21
28
1
29
 46
1
4
 51
Perugia - Università degli studi
(4-15735)
19
29
 29
 74
2
5
 81
Trento - Università degli studi
(4-15736)
5
11
 11
 25
4
1
 30
Udine - Università degli studi
(4-15737)
18
18
 18
 47
1
1
 49
Pavia - Università degli studi
(4-15738)
24
24
 24
 54
 5
 59
Trieste - Università degli studi
(4-15739)
18
42
 42
 72
5
4
 81
Ferrara - Università degli studi
(4-15740)
19
20
 20
 50
 5
 55
Siena - Università degli studi
(4-15741)
22
24
 24
 57
 4
 61
Roma - III Università degli studi
(4-15745)
4
19
 19
 27
1
  28
Macerata - Università degli studi
(4-15746)
3
9
 9
 30
1
  31
ATENEI PRIVATI
Milano - Università commerciale «Luigi Bocconi»
(4-15761)
 6
 6
 9
   9
Milano - Università Cattolica del «Sacro Cuore»
(4-15762)
30
25
3
28
 109
6
2
2
121
Atenei con un numero di iscritti superiore a 35.000
Napoli - Università degli studi «Federico II»
(4-15744)
23
45
 45
 85
 7
 92
Palermo - Università degli studi
(4-15743)
23
42
 42
 119
1
8
 128
Salerno - Università degli studi
(4-15742)
13
21
 21
 27
1
2
 30
Catania - Università degli studi
(4-15747)
27
32
2
34
 70
 7
 77
Bari - Università degli studi
(4-15748)
36
29
 29
 98
4
5
 107
Cagliari - Università degli studi
(4-15759)
14
27
 27
 44
1
5
 50
Milano - Università degli studi
(4-15750)
21
24
2
26
 70
 5
 76
Pisa - Università degli studi
(4-15751)
35
37
 37
 77
1
6
 84
Genova - Università degli studi
(4-15752)
34
61
8
69
 76
1
6
 83
Torino - Università degli studi
(4-15753)
28
32
 32
1
98
1
6
2
109
Bologna - Università degli studi
(4-15754)
37
54
1
55
 134
4
8
 146
Firenze - Università degli studi
(4-15755)
32
37
 37
 109
2
5
 116
Roma - Università degli studi «La Sapienza»
(4-15756)
55
45
 45
3
184
23
9
 219
Padova - Università degli studi
(4-15757)
29
41
2
43
 112
4
5
 121
Milano - Politecnico
(4-15758)
20
38
 38
 44
 1
 45
Totale generale
910
1.239
29
1.268
4
2.989
76
173
4
3.250

Il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca: Letizia Moratti.


Pag. LXIII

FOLENA. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il quotidiano Il Manifesto ha raccolto la testimonianza di una operatrice sociale la quale riferisce che nel Centro di Permanenza Temporanea di Borgo Mezzanone (Manfredonia - provincia di Foggia) alcuni minori sarebbero stati identificati attraverso la scrittura, sulle braccia, di un numero tramite pennarello indelebile;
tali numeri, riferisce sempre l'operatrice, sarebbero stati riportati su un registro con accanto le generalità dei minori interessati;
secondo la testimonianza il fatto riguarderebbe 24 minori;
se quanto riferito dal quotidiano corrispondesse al vero, si tratterebbe, secondo l'interrogante, di un fatto di estrema gravità, che ricorderebbe metodi in uso nei campi di concentramento durante il nazismo;
la notizia arriva dopo decine di altri fatti, riferibili ai Cpt pugliesi e di altre regioni, che dimostrano, nel loro complesso, che tali centri sono il più delle volte luoghi nei quali i diritti civili e umani e lo stato di diritto non sono adeguatamente tutelati -:
se il Ministro sia a conoscenza dei fatti suddetti;
se la procedura di identificazione su menzionata riguardi solo i minori, se sia un caso isolato o una procedura ricorrente, se sia a qualsiasi titolo autorizzata;
se il Ministro non ritenga di dover disporre una ispezione nel centro di Borgo Mezzanone e, nel caso i fatti riportati dal Manifesto fossero veritieri, se intenda sanzionare, per quanto di sua competenza, i responsabili;
se il Ministro abbia intenzione o meno di aprire altri Cpt in Puglia e nel resto del Paese o se, al contrario, non ritenga che tali centri vadano aboliti.
(4-15247)

Risposta. - Sulla base delle verifiche svolte dalla prefettura di Foggia, effettivamente, il 4 giugno 2005, presso il Centro polifunzionale per immigrati di Borgo Mezzanone (FG) per richiedenti asilo - e non presso il locale Centro di permanenza temporanea peraltro all'epoca ancora non attivo - nel corso delle operazioni di identificazione e di fotosegnalamento di stranieri, sono state impiegate le modalità di carattere procedurale segnalate dall'interrogante.
Tale pratica risulta essere stata utilizzata, secondo quanto riferito dalla locale questura, per impedire scambi di persona in un momento di notevole concitazione a causa del particolare affollamento di stranieri nel centro.
Si assicura che la locale Prefettura ha immediatamente adottato le opportune iniziative al fine di evitare, per il futuro, il ripetersi di comportamenti e pratiche di tal genere da parte degli operatori di polizia.
Si soggiunge che, in quello stesso giorno, verso le ore 14,30, mentre le procedure di identificazione nei confronti di 197 cittadini extracomunitari erano in corso, circa 100 clandestini tentavano una fuga in massa che, grazie all'intervento delle forze di polizia, è stato possibile evitare. Per quanto concerne la presenza di centri di permanenza temporanea nella regione Puglia, si comunica che attualmente sono quattro le strutture in funzione, tutte, di recente, oggetto di lavori di ristrutturazione e di ammodernamento per migliorarne le condizioni alloggiative e la funzionalità, anche sotto il profilo della sicurezza e della sorveglianza.
Il Ministero dell'interno non ha, al momento, in progetto di realizzare ulteriori strutture di trattenimento nella regione Puglia.
Si precisa, infine, che, secondo una linea più volte ribadita dal Governo, non vi è nessuna ragione per procedere alla chiusura dei centri di permanenza temporanea - come auspicato dall'interrogante - e che vi sono, invece, molte ragioni per fare l'esatto contrario, cioè per aumentarne il numero, per potenziarli e per migliorarne la gestione.


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Senza questi Centri, infatti, non potremmo applicare gli Accordi di Schengen, non potremmo distinguere i clandestini dai richiedenti asilo, non potremmo effettuare le espulsioni.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Giampiero D'Alia.

FONTANINI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
la legge 15 dicembre 1999, n. 482 (norme in materia di tutela delle minoranze linguistiche storiche), all'articolo 4 prevede l'uso della lingua di minoranza come strumento d'insegnamento in particolare nelle scuole elementari e nelle scuole secondarie di primo grado e al fine di assicurare l'apprendimento della lingua della minoranza le istituzioni scolastiche deliberano, anche sulla base delle richieste dei genitori degli alunni, le modalità di svolgimento delle attività di insegnamento della lingua e delle tradizioni culturali degli appartenenti alla minoranza stessa;
il decreto legislativo 12 settembre 2002 stabilisce che la Regione Friuli Venezia Giulia provvede con proprie disposizioni legislative all'esercizio di funzioni di coordinamento dei compiti attribuiti alle istituzioni scolastiche in attuazione delle previsioni di cui all'articolo 4 della legge n. 482, in materia di uso della lingua della minoranza nella scuola;
dopo un avvio corretto nell'applicazione delle norme, molti istituti scolastici, nell'ambito dell'offerta formativa, trascurano di dare attuazione alle disposizioni previste, in particolare dalla normativa statale, tralasciando di proporre iniziative nel campo dello studio della lingua friulana e delle tradizioni culturali degli appartenenti alla minoranza stessa;
sono trascorsi quasi sei anni dall'entrata in vigore della legge di tutela delle minoranze linguistiche e sembra che nessun'istituzione scolastica che opera nella provincia di Udine abbia dato attuazione al comma 3 dell'articolo 4 della legge sopra citata dove si prevede un ampliamento dell'offerta formativa a favore degli adulti con l'attivazione di corsi per lo studio della lingua e delle tradizioni culturali friulane -:
se il Ministro sia a conoscenza di questa situazione che, di fatto, rende la legge n. 482 del 1999 inapplicata in gran parte delle scuole della provincia di Udine;
se non ritenga di impartire tutte le disposizioni necessarie affinché l'ufficio scolastico regionale operi a favore delle istituzioni scolastiche per una corretta e piena applicazione della legge n. 482 del 1999.
(4-18339)

Risposta. - Com'è noto la legge 15 dicembre 1999, n. 482 reca disposizioni in materia di tutela delle minoranze linguistiche storiche, la le quali la lingua e la cultura delle popolazioni parlanti il friulano. Detta legge, introduce agli articoli 4 e 5 specifiche disposizioni in materia di promozione delle lingue delle minoranze sia come svolgimento delle attività didattiche nella scuola materna e di insegnamento delle discipline nella scuola elementare e media sia come oggetto specifico di apprendimento nei predetti gradi di scuola.
Compete alle istituzioni scolastiche deliberare, nell'esercizio dell'autonomia di cui all'articolo 21 della legge 15 marzo 1997, n. 59, sulla base delle richieste dei genitori degli alunni, modalità per l'apprendimento della lingua e delle tradizioni culturali delle comunità locali, stabilendone i tempi e le metodologie nonché le modalità di impiego di docenti qualificati.
Compete alle medesime istituzioni scolastiche, sia singolarmente che associate in rete, l'adozione di iniziative per lo studio delle lingue e delle tradizioni culturali degli appartenenti ad una minoranza linguistica riconosciuta, per attività di formazione e aggiornamento degli insegnanti addetti alle medesime discipline ed inoltre la realizzazione di ampliamenti dell'offerta formativa in favore degli adulti.
Con decreto del Presidente della Repubblica 2 maggio 2001, n. 345 è stato emanato


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il regolamento di attuazione della legge n. 345 ed in fase di prima applicazione della medesima, è stato promosso a livello regionale o interregionale un ciclo di seminari sull'importanza della legge medesima e sul ruolo educativo e formativo delle lingue minoritarie. L'autonomia organizzativa e didattica e il riordino dei cicli nella scuola di base consentono, infatti, di favorire l'apprendimento delle lingue delle culture minoritarie come valorizzazione del pluralismo culturale e territoriale.
Nella regione Friuli Venezia Giulia la potestà di legiferare in merito all'attuazione della disciplina contenuta nell'articolo 4 della legge n. 482 del 1999 compete alla regione medesima ai sensi del decreto legislativo 15 settembre 2002 n. 223.
Ai sensi dell'articolo 5 della stessa legge n. 482 questo Ministero sostiene a livello finanziario progetti elaborati nell'ambito dei piani dell'offerta formativa dalle scuole site nelle località in cui si applicano le disposizioni di tutela della minoranze linguistiche storiche.
Ciò premesso si fa presente che sin dal primo anno di applicazione della legge, le istituzioni scolastiche della provincia di Udine hanno manifestato, con le loro proposte, un interesse concreto allo sviluppo della progettualità inerente la lingua friulana. Nel 2001, anno nel quale furono erogati i primi finanziamenti a favore delle scuole i 6 progetti in lingua friulana che hanno usufruito di tale finanziamento sono stati presentati da istituzioni scolastiche della suddetta provincia. Da allora, tale ambito provinciale ha incrementato notevolmente le proposte, fino agli attuali n. 52 progetti approvati per il corrente anno scolastico.
Il direttore dell'ufficio scolastico regionale ha riferito, per quanto attiene in particolare l'anno scolastico in corso, di aver promosso una serie di contatti e di azioni di coordinamento con le province, la regione Friuli Venezia Giulia e il Consorzio universitario del Friuli per fare un bilancio delle iniziative attuate e un esame coordinato delle progettazioni messe in atto dalle istituzioni scolastiche nell'ambito delle lingue minoritarie storiche. L'azione si è concretizzata in un incontro sulle lingue minoritarie, tenutosi presso l'Ufficio scolastico regionale, al quale hanno partecipato i massimi responsabili delle politiche linguistiche nella scuola: assessorato regionale, presidenze delle province, consorzio universitario del Friuli. L'iniziativa ha avviato un nuovo percorso di forte collaborazione interistituzionale al fine di rendere maggiormente organico ed efficace il quadro degli interventi sulle lingue minoritarie indirizzato alle scuole.
A seguito di tale iniziativa è stato costituito un gruppo tecnico di coordinamento a livello regionale, con l'espressione delle diverse rappresentanze istituzionali, per l'attivazione di concreti progetti tesi a favorire e promuovere la piena e convinta applicazione della legge n. 482 del 1999 nella scuola. Il gruppo insediatosi in data 19 dicembre 2005 si è riunito anche nel mese di gennaio 2006.
L'Ufficio scolastico regionale per il Friuli Venezia Giulia darà inoltre avvio, in accordo con la regione, le province e il consorzio universitario ad una ricerca di tipo qualitativo e quantitativo, per rilevare, nell'ambito delle diverse aree linguistiche regionali, gli elementi che contrassegnano i progetti in lingua minoritaria (quadro organizzativo, impianto metodologico-didattico, presenza di reti e di rapporti tra scuole e territorio, livelli di integrazione del curricolo linguistico specialistico, fonti di finanziamento, dati numerici riferiti ad alunni, insegnanti coinvolti, tempistica...) al fine di individuare gli elementi di qualità trasferibili e generalizzabili.
Presso l'ufficio scolastico regionale per il Friuli Venezia Giulia è stata individuata una unità di personale con specifiche competenze nel campo della ricerca della formazione e dell'attività didattica in lingua minoritaria, che costituisce punto di riferimento sia per i soggetti istituzionali operanti nel territorio sia per le scuole.
Con riguardo infine all'ampliamento dell'offerta formativa in favore degli adulti di cui all'articolo 4 della legge n. 482, l'ufficio scolastico regionale ha precisato di non essere a conoscenza né direttamente né indirettamente di situazioni di reale inadempienza


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delle scuole in quanto non risultano richieste specifiche a favore degli adulti. Il medesimo ufficio ha comunque fornito assicurazione che ove richieste in tal senso dovessero essere presentate, si farà carico di sollecitare gli interventi normativamente previsti nell'ambito delle risorse assegnate alle istituzioni scolastiche.
Il Sottosegretario di Stato per l'istruzione, per l'università e per la ricerca: Valentina Aprea.

FOTI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
la Legge Finanziaria 2005 ha introdotto nel nostro ordinamento specifiche misure di controllo per gli acquisti e gli scambi di veicoli nuovi all'interno dell'Unione Europea;
il decreto interministeriale 8 giugno 2005 (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 154 del 5 luglio 2005) ha all'uopo disciplinato gli obblighi di comunicazione in materia di acquisto e scambio di autovetture di provenienza infracomunitaria;
il predetto decreto, che doveva entrare in vigore il 1 settembre 2005, ha disposto che i contribuenti italiani, titolari di partita Iva, che acquistano autoveicoli, motoveicoli e rimorchi provenienti da un Paese membro devono inviare al Dipartimento dei Trasporti un'apposita comunicazione con le relative informazioni;
problemi di ordine tecnico-finanziario hanno impedito una definizione delle procedure informatiche volte a dare attuazione alle norme contenute nel decreto che qui interessa -:
quale sia il termine a partire dal quale la procedura prevista dal suddetto decreto sarà operativa;
se non ritengano doveroso adottare iniziative normative volte a prevedere l'abrogazione delle limitazioni di cui all'articolo 38, comma 3 e 4 del decreto legge n. 331 del 1993 (percorrenza inferiore ai 6.000 chilometri e cessione effettuata non oltre sei mesi dalla data del provvedimento di prima iscrizione o di iscrizione in pubblici registri o di altri provvedimenti equipollenti), previste per gli acquisti a titolo oneroso di mezzi di trasporto nuovi, trasportati o spediti da altro Stato membro.
(4-16743)

Risposta. - L'articolo 1, commi 378, 379 e 380 della legge n. 311 del 30 dicembre 2004 - legge finanziaria 2005 - ha disposto, per finalità di prevenzione e repressione del fenomeno di evasione dell'IVA infracomunitaria, quanto segue:
a) per ciascuna operazione di acquisto di autoveicoli motoveicoli e loro rimorchi provenienti da Stati membri dell'Unione europea o aderenti allo Spazio economico europeo i soggetti di imposta trasmettono al Dipartimento dei trasporti terrestri entro il termine di quindici giorni dall'acquisto e, in ogni caso prima dell'immatricolazione ... (omissis) ... una comunicazione relativa ai dati dell'operazione, dei soggetti contraenti, dell'oggetto dell'acquisto: senza tale preventiva comunicazione gli uffici preposti non potranno procedere all'immatricolazione. Analoghi obblighi informativi sono previsti per le ipotesi di successivi passaggi interni di cessione intracomunitaria o esportazione di tali veicoli;
b) con decreto del capo del Dipartimento per i trasporti terrestri di concerto con il direttore dell'Agenzia delle entrate ed il direttore dell'Agenzia delle dogane sono stabiliti contenuti e modalità delle suddette comunicazioni;
c) con la convenzione prevista dall'articolo 1 comma 1-bis del decreto del Presidente della Repubblica n. 358 del 2000 è definita la procedura di trasmissione telematica alle suddette Agenzie delle informazioni in parola.

In data 5 luglio 2005 è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 154 il decreto dirigenziale 8 giugno 2005 recante «obblighi


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di comunicazione in materia di acquisto e scambio di autovetture di provenienza infracomunitaria» emanato in attuazione della succitata disposizione normativa.
Successivamente con file-avvisi n. 39 del 30 agosto 2005 è stata rappresentata agli Uffici periferici del Dipartimento per i trasporti terrestri l'impossibilità di attivare la procedura idonea all'acquisizione dei suddetti dati la cui data di decorrenza era stata inizialmente fissata al 1o settembre 2005.
Invero, l'impossibilità di rispettare tali termini di entrata in vigore è stata in ampia parte dovuta alla circostanza che, a fronte dell'evidente insorgenza di nuovi ed ulteriori costi a carico del CED per la predisposizione delle idonee procedure telematiche, si registrava ed ancora si registra una patologica inadeguatezza di fondi assegnati allo stesso Ufficio anche per soddisfare le preesistenti finalità istituzionali.
Ciononostante, con uno straordinario impiego di risorse umane e strumentali del CED del Dipartimento dei trasporti terrestri, è stato possibile in data 20 ottobre 2005 impartire con file-avvisi istruzioni agli Uffici periferici in ordine alle modalità di acquisizione dei dati di cui al citato decreto dirigenziale: cosicché in data 25 ottobre 2005 sono cominciati ad affluire al sistema informativo del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti i dati informativi relativi al censimento delle imprese importatrici ed in data 9 novembre 2005 si è iniziato ad acquisire anche i dati relativi ai telai dei nuovi autoveicoli, motoveicoli e rimorchi oggetto di acquisto intracomunitario.
Infine in data 2 dicembre 2005 è stata emanata la circolare contenente le istruzioni operative necessarie per la gestione con «STA cooperante» delle procedure telematiche di immatricolazione di tali veicoli.
Parallelamente il ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha provveduto a convocare una serie di riunioni con i rappresentanti dell'Agenzia delle entrate e dell'Agenzia delle dogane per la definizione della Convenzione di cui all'articolo 1 comma 1-
bis del decreto del Presidente della Repubblica n. 358 del 2000 ai fini della definizione delle procedure di trasmissione telematica alle suddette Agenzie delle informazioni così acquisite giusta il disposto dell'articolo 1 comma 380 della legge finanziaria 2005.
Nel corso dell'ultima riunione tenutasi il 18 ottobre 2005, si è addivenuti ad un sostanziale accordo in ordine alla disciplina dei costi connessi a tali procedure; il ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha infatti previsto una modalità di rifusione degli stessi secondo le disposizioni di cui all'articolo 39, comma 4, della legge 166 del 2002 e del decreto del Presidente della Repubblica n. 634 del 1994.
Con riferimento infine all'adozione di norme volte a prevedere l'abrogazione delle limitazioni di cui all'articolo 38, commi 3 e 4, del decreto legge n. 331 del 1993, convertito con modificazione nella legge n. 427 del 1993, si ricorda che tale disposizione costituisce la trasposizione nel diritto interno di quanto previsto dall'articolo 28-
bis della direttiva 17 maggio 1977, n. 338 e, conseguentemente, ogni modifica comporterebbe violazione di disposizioni comunitarie ed apertura di procedura di infrazione.
Il Viceministro delle infrastrutture e dei trasporti: Mario Tassone.

GALLO. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
sembra che la compagnia aerea tunisina Tuninter, il cui Atr 72 è stato protagonista del drammatico ammaraggio dello scorso agosto nelle acque di Palermo, abbia ripreso a sorvolare i cieli italiani dopo la sospensione di settembre;
l'ENAC aveva sospeso l'autorizzazione al volo perché erano venuti meno i livelli di qualità e sicurezza necessari al trasporto di passeggeri nei cieli italiani -:
se, il ministro interrogato, sia a conoscenza dei fatti riportati e quali misure e verifiche siano state disposte per riammettere


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la Tuninter al trasporto civile sui cieli italiani.
(4-17509)

Risposta. - Sono state richieste informazioni all'Ente nazionale per l'aviazione civile (Enac) il quale fa conoscere che l'attività di volo della Società Tuninter, in conseguenza dell'incidente occorso nel mese di agosto 2005 nelle acque di Palermo e a seguito della raccomandazione di sicurezza emessa dall'Agenzia nazionale per la sicurezza del volo, è stata sospesa sul territorio nazionale in data 7 agosto 2005.
L'ente aeronautico precisa che, su richiesta di verifica inoltrata dalla citata società intesa ad ottenere il ripristino dell'autorizzazione, ha inviato nello scorso mese di ottobre due
team composti da funzionari tecnici ed un pilota.
I rilievi delle citate visite sono stati comunicati dall'Enac sia all'operatore sia all'autorità tunisina con la richiesta di un piano di azioni correttive.
A tal proposito, Enac riferisce di essere in attesa di risposta e che il completamento del citato piano sarà verificato con ulteriori visite
in loco.
Per quanto concerne la ripresa del sorvolo dei cieli italiani, l'ente aeronautico fa presente che dai tabulati richiesti e pervenuti dall'Ente nazionale per l'assistenza al volo risulta che la società Tuninter ha effettuato l'ultimo sorvolo senza atterraggi e/o partenze dello spazio aereo italiano il 3 settembre 2005.
Il Viceministro delle infrastrutture e dei trasporti: Mario Tassone.

GIACHETTI. - Alla Presidenza del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
da un articolo de Il Sole-24 Ore di venerdì 4 marzo, si apprende che i 45 milioni di euro destinati ai progetti di ricostruzione nel sud est asiatico devastato dallo tsunami, donati dagli italiani grazie all'iniziativa degli sms da un euro, dopo più di 2 mesi non sarebbero stati ancora impiegati, e resterebbero ancora bloccati su un conto Unicredit;
nel citato articolo sembrerebbe che la ragione di questo mancato utilizzo dei fondi raccolti grazie alla generosità degli italiani derivi da una serie di lungaggini burocratiche e da polemiche interne tra i vari organi preposti alla gestione dei suddetti fondi;
di conseguenza parrebbe che ad oggi siano le stesse ONG a sostenere di tasca propria tutte le spese dei loro interventi e dei progetti di ricostruzione nel sud est asiatico;
secondo l'interrogante si tratta di una situazione gravissima che rischia di ledere l'immagine stessa e la credibilità del nostro paese -:
se non ritenga urgente e necessario intervenire affinché i fondi vengano sbloccati quanto prima e sia avviata la realizzazione dei progetti di ricostruzione messi a punto grazie alle generose donazioni da parte degli italiani.
(4-13352)

Risposta. - Grazie alla generosità degli italiani, al Dipartimento della protezione civile della Presidenza del Consiglio dei Ministri sono state affidate, per realizzare interventi di aiuto alla popolazione colpita nel sud est asiatico dallo tsunami del 26 dicembre 2004, donazioni pari a 47.354.372,33 euro.
Inoltre, allo stesso scopo, a valere sul fondo della protezione civile, è stata resa disponibile la somma di 6.056.043 euro. Pertanto, l'importo complessivo per realizzare gli interventi di aiuto è, ad oggi, pari a complessivi circa 53.410.415,89 euro.
Sulla base delle disponibilità è stato, quindi, definito un programma generale di interventi, già sottoposto al Comitato dei Garanti ed all'approvazione dei promotori delle sottoscrizioni.
Tale programma, a seguito di alcune rimodulazioni approvate dai predetti Garanti, comprende, oggi, 42 progetti di intervento, 25 dei quali oggetto di convenzioni con Organizzazioni Non Governative Ong, oggetto di convenzione con altri organismi


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internazionali e nazionali e 10 realizzati direttamente dal Dipartimento della protezione civile.
Per quanto riguarda i 25 progetti in corso di attuazione nello Sri Lanka, sono state stipulate le suddette convenzioni con le Ong e, successivamente alla prevista registrazione degli organi di controllo, è stata compiutamente erogata a queste ultime la prima delle tranche del finanziamento pari al 40 per cento della somma totale.
Per la maggior parte dei progetti delle Ong (19 progetti su 25), è stata erogata anche la seconda tranche.
Si precisa che, come stabilisce la convenzione, la seconda
tranche, pari al 50 per cento del costo totale del progetto, è stata trasferita a seguito di una richiesta delle stesse Ong corredata da un'apposita dichiarazione, accompagnata da una fideiussione bancaria.
Nella suddetta dichiarazione risulta che il primo finanziamento è stato già speso.
Il restante 10 per cento, invece, verrà saldato all'esito dell'eventuale collaudo dell'intervento effettuato o, comunque, dopo la verifica della realizzazione del progetto.
Ad oggi, il finanziamento effettivamente erogato alle Ong risulta essere pari a circa il 70,96 per cento del costo complessivo dei 25 progetti, pari ad una somma di circa 14.159.298 euro, a valere sia sulle donazioni che sul Fondo nazionale di protezione civile.
In relazione allo stato di attuazione dei progetti effettuati dalle Ong solo 3 sono già stati conclusi.
Il primo riguarda il ripristino delle condizioni di vita e fornitura di acqua potabile nell'area di Pottuvil, realizzato dalla Ong Coopi. Ciò ha permesso alla popolazione colpita di disporre di 268
temporary shelter (servizi igenici provvisori prefabbricati), di 150 latrine e di 281 kit domestici.
Il secondo è relativo alla riattivazione del
Teaching Hospital Mahamodara di Galle, realizzato dalla Ong Alisei. Grazie alla conclusione di questo progetto 7 padiglioni dell'ospedale sono stati riabilitati e sono stati costruiti una rampa di accesso al secondo piano per i mezzi di soccorso ed il muro di cinta dello stesso ospedale.
Infine l'ultimo progetto riguarda il ripristino delle condizioni di vita nella penisola di Jaffna realizzato dalla Ong Movimondo, per mezzo del quale sono state costruite 36 nuove case con annessi servizi igienici, è stato effettuato l'allacciamento della rete elettrica ed è stata costruita una strada di accesso al sito abitativo.
Gli altri progetti a cura delle Ong, ancora in corso di realizzazione ma caratterizzati da risultati concreti, riguardano la ricostruzione di case permanenti e temporanee la cui consegna si è conclusa per 600 alloggi prefabbricati. Inoltre, sono state consegnate ai legittimi beneficiari 103 nuove case, mentre quelle ristrutturate ed assegnate sono state 208.
Un altro settore di rilievo è quello della pesca in una zona, come lo Sri Lanka, in cui la popolazione è principalmente dedita a questa attività.
I progetti riguardano la fornitura e la riabilitazione di barche, canoe e plance da pesca, motori nuovi e riabilitati, nonché la consegna di
kit, per la pesca (reti, lenze ed ami di diversi formati e colori a seconda dell'impiego).
Essi sono tutti in fase di completa conclusione, ad eccezione di quei progetti che comportano interventi anche per la realizzazione di infrastrutture per la conservazione e la vendita di pesce.
Ad oggi sono state acquistate e consegnate 143 nuove barche e 187 nuove canoe. Inoltre sono state costruite nelle officine, avviate grazie ai medesimi progetti, altre 8 barche e 75 canoe. Sono stati, poi, acquistati e consegnati 43 «oru» (catamarani) e 44 «theppan» (plance da pesca), 250 nuovi motori e 743
kit di reti di varie dimensioni e tipologie, ami, lenze eccetera.
Per quanto riguarda le infrastrutture dedicate alla pesca si segnala la realizzazione di 57 cabine per lo stoccaggio del pesce nell'area tra Kinnya e Kuchchaveli, di 6 strutture collettive per il ricovero di barche ed attrezzature per la pesca e di altre due cabine per lo stoccaggio del pesce a Manyaveli.


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Sono state riabilitate ed equipaggiate alcune strutture adibite alla formazione dei pescatori e costruiti due boatyard per la costruzione e la manutenzione di barche da pesca a motore sia a Muthur (un'area dove la popolazione è prevalentemente musulmana), che a Sampoor (un'area a maggioranza Tamil). Sempre a Muthur e a Sampoor sono stati costruiti e ristrutturati due edifici per le cooperative di pescatori. Infine, sono state distribuite 100 biciclette fornite di coolbox (vano per tenere al fresco il pesce) utili per la vendita diretta dei prodotti ittici.
Si segnalano altri interventi nel settore igienico-sanitario, dell'educazione scolastica, dell'infanzia e dell'edilizia pubblica.
Per quanto riguarda il settore igienico-sanitario, sono stati effettuati lavori di pulizia su circa 2,5 km di canali di drenaggio principali e su circa 7,5 km di canali secondari, con la rimozione di oltre 3.500 mq di detriti che sono stati collocati in apposite discariche sotto il coordinamento delle locali autorità sanitarie. Sono stati ripuliti dai detriti dello tsunami 28 km di strade, consegnate 544 nuove latrine e ne sono state riabilitate 419, ripristinati 502 pozzi, 3 canali di scolo e svuotate 763 fosse biologiche.
Tra gli interventi sanitari, a parte il ripristino dei sette reparti, della costruzione della rampa di accesso al secondo piano e del muro di cinta dell'ospedale di Galle, è stato ristrutturato l'ospedale di Hikkaduwa, sono stati completati i lavori in tre degli otto centri per la maternità e per l'infanzia nelle aree di Hikkaduwa e di Weligama ed è imminente la consegna dei rimanenti cinque centri. Infine il pronto-soccorso ed il laboratorio chirurgico dell'ospedale di Muthur sono stati riabilitati mentre sono stati avviati i lavori di riabilitazione del blocco maternità.
Nel settore degli interventi per l'infanzia e dell'educazione scolastica, invece, si segnalano la realizzazione di 210 attività terapeutiche in sette centri di accoglienza, che hanno coinvolto 3.640 bambini, la formazione di 30 operatori locali che hanno attivamente partecipato all'animazione nei centri di accoglienza e la realizzazione di corsi di recupero, di assistenza e di inserimento formativo per circa 800 ragazzi.
Inoltre sono stati costruiti quattro nuovi centri di accoglienza per minori mentre altri tre sono stati ristrutturati per un totale di 500 bambini beneficiari ed è stata avviata la realizzazione di due ludoteche nei campi degli sfollati.
Infine sono state assegnate 100 borse di studio per corsi di lingua inglese e di informatica e sono state acquistiate 250 biciclette, consegnate agli studenti per raggiungere più facilmente la scuola di appartenenza.
Per l'edilizia pubblica sono avviati i lavori di costruzione e di riabilitazione di 5 edifici della scuola di Kinnya e sono in corso anche i lavori di ristrutturazione degli uffici dei
Divisional Secretariat di Weligama e di Pottuvil.
Oltre ai progetti delle Ong il Dipartimento della protezione civile si occupa anche del finanziamento di progetti di aiuto alla popolazione gestiti da altri Organismi per i quali il predetto Dipartimento ha già erogato circa il 61 per cento dell'importo complessivo degli interventi pianificati.
Questi progetti vengono realizzati dall'Istituto Superiore di Sanità, dal Dipartimento dei Vigili del fuoco, dalla Fao, dal Consorzio Banca Etica/Ethimos, dall'Associazione Nazionale Pubbliche Assistenze, dalle Misericordie, e da Sim/Punto Sud ed Action Aid.
Non vanno, poi, dimenticati, i progetti che sono gestiti direttamente dal Dipartimento della protezione civile e che riguardano l'allestimento dei campi, delle strutture sanitarie di emergenza, fornitura di beni e servizi di prima necessità, la costruzione del magazzino dell'ospedale di Matara, la fornitura beni di prima necessità e il ripristino delle infrastrutture idriche.
I cantieri in corso riguardano i progetti di costruzione dell'orfanotrofio Congrega delle Suore carmelitane di Trincomalee, la costruzione della scuola di Tothagamuwa, la costruzione della banca del sangue ed il pronto soccorso nell'ospedale di Matara, la costruzione dell'ospedale di Kinnya e di otto scuole site nelle località colpite dallo tsunarm.


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Infine, per garantire un'efficace supervisione sulla gestione del Dipartimento della protezione civile, ai sensi dell'ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 3392 del 2005, è stato istituito un Comitato di garanti composto da cinque componenti scelti tra persone di riconosciuta competenza e professionalità e di indiscussa moralità ed indipendenza quali l'On. Emma Bonino, il Sen. Giulio Andreotti, il Sen. Giuliano Amato, il Sen. Giorgio Napolitano ed il Prof. Andrea Monorchio.
Infine, oltre a quanto previsto della normativa vigente, per una specifica azione di controllo di gestione nel corso delle attività svolte dal predetto Dipartimento, è stata costituita anche una Commissione di Garanzia per il tempestivo controllo legale e contabile presieduta da un Magistrato contabile.
Il Ministro per i rapporti con il Parlamento: Carlo Giovanardi.

LUCCHESE. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
l'Assessorato al Lavoro della Regione Siciliana ha ubicato i suoi uffici all'interno di un residence del tutto inidoneo a ospitare uffici aperti al pubblico con quotidiane manifestazioni di protesta e con occupazione di aree condominiali che producono gravi motivi di disagio e di preoccupazioni per le oltre cento famiglie che risiedono nel complesso condominiale;
la presenza di dimostranti che invadono l'intero plesso, viola i diritti dei residenti e le fruibilità della proprietà privata ostacolando il libero accesso dei veicoli dei condomini all'interno dei viali e delle corsie di scorrimento anche per la presenza dei mezzi delle forze dell'ordine che di fatto impediscono la circolazione delle autovetture dei condomini;
il comune di Palermo, avendo autorizzato il cambio di destinazione d'uso dei locali, tra l'altro richiesto dall'Assessorato alla Presidenza in qualità di affittuario e non dalla proprietà, aveva imposto ai sensi della normativa vigente il rispetto del rapporto voluto dalla legge tra superficie occupata dall'Assessorato e presenza di parcheggi, condizione essenziale perché i locali fossero destinati a pubblici uffici. Tale condizione non è stata rispettata in quanto i box adibiti a parcheggio in uso all'Assessorato sono di gran lunga inferiori a quanto imposto dalla legge ed alcuni dei quali adibiti ad archivio in violazione delle norme sulla sicurezza ed in particolare su quelle inerenti la prevenzione incendi;
tale situazione intollerabile ed insostenibile si ripercuote a danno dei condomini che si vedono privati del godimento della loro legittima proprietà con evidente ripercussione sull'ordine e la sicurezza dei residenti -:
quali provvedimenti si intendano adottare per ripristinare ordine e sicurezza in merito alla problematica delineata in premessa.
(4-13823)

Risposta. - In merito alla problematica sollevata dall'interrogante, sulla base degli elementi acquisiti dalla prefettura di Palermo, si informa che gli uffici dell'Assessorato al lavoro della Regione Siciliana, a conclusione, di una lunga controversia giudiziaria, furono trasferiti nella nuova sede ubicata all'interno del complesso residenziale «Le Magnolie», di via Imperatore Federico n. 71/72 in Palermo.
I suddetti locali, di proprietà del Fondo pensioni per il personale della Cassa centrale di risparmio Vittorio Emanuele per le province Siciliane, erano stati individuati dall'Ufficio presidenza della Regione Siciliana, a seguito di ricerche sul mercato cittadino, sulla base del possesso del requisito della destinazione d'uso a pubblico ufficio, indispensabile per la stipula del contratto di locazione nonché della loro vicinanza, all'epoca, ad altre importanti strutture della medesima amministrazione regionale (Ufficio di gabinetto dell'assessore ed Agenzia per l'impiego), anch'esse ubicate nella via Imperatore Federico.
Risulta, inoltre, che il complesso residenziale presso il quale è ubicato il suddetto


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assessorato, comprende anche un centinaio di abitazioni private ed è dotato di sei scale interne, più due destinate al citato ufficio regionale.
In particolare, una delle scale d'accesso che conduce agli alloggi destinati a civile abitazione, si trova nelle immediate vicinanze del portone d'ingresso dell'anzidetto ufficio pubblico.
L'assessorato, inoltre, dispone di 23 box, parte dei quali, in passato, destinati impropriamente al deposito di materiale d'archivio, recentemente rimosso e trasferito altrove.
Per quanto concerne l'uso degli ampi spazi condominiali esterni, si precisa che gli stessi sono inibiti alla sosta con apposito divieto, al fine di assicurarne la piena disponibilità per esigenza di pubblico interesse.
In merito ai lamentati disagi causati dalle manifestazioni di protesta, si rappresenta che in tali occasioni vengono predisposti mirati servizi da parte delle forze dell'ordine, a tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica.
Si assicura, infine, che in relazione alle doglianze rappresentate anche dall'interrogante, la competente prefettura ha già interessato, per ogni utile valutazione, il presidente della Regione siciliana ed il sindaco della città di Palermo.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Antonio D'Alì.

LUSETTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
domenica 21 agosto 2005, un nubifragio si è abbattuto su tutta la provincia di Pesaro-Urbino ed in particolare sulla città di Pesaro invasa da acqua e fango;
la pioggia incessante per 24 ore ha provocato notevolissimi danni alle abitazioni, aziende, imprese, litorali e persone e ad una prima stima i danni ammonterebbero ad un milione e mezzo di euro;
a Villa Fastiggi, la zona più colpita dal nubifragio, la pioggia violenta ha provocato un improvviso smottamento del colle provocando la discesa del fango sulle strade e da queste alle abitazioni, cantine, garage, esercizi commerciali;
dalle prime perizie sono poi estesi e consistenti i danni alla rete viaria urbana ed extraurbana provocati dalla straordinaria ondata di maltempo -:
quali urgenti provvedimenti intenda adottare per fronteggiare questa emergenza;
se non ritenga opportuno proclamare lo stato di calamità naturale per la provincia di Pesaro e Urbino.
(4-16576)

Risposta. - Fin dalle prime ore del giorno 21 agosto 2005, sulla regione Marche, si sono verificate intense precipitazioni cessate, poi, il pomeriggio del medesimo giorno.
Infatti il bollettino di vigilanza meteorologica nazionale del 20 agosto 2005 aveva previsto, per il giorno successivo, precipitazioni a carattere temporalesco da deboli a moderate e, nello stesso giorno, il bollettino di criticità nazionale emesso dal Centro funzionale centrale aveva previsto, sulla base delle valutazioni del Centro Funzionale della Regione Marche, ordinaria criticità per il rischio idrogeologico localizzato su tutte le zone di allerta del territorio regionale.
Il valore pluviometrico più elevato è stato registrato a Villa Fastiggi, nel territorio del comune di Pesaro, con 83 mm di pioggia, dei quali 61 mm caduti tra le ore 13,00 e 14,00.
Nelle altre stazioni i livelli delle precipitazioni rilevati sono stati molto inferiori.
Durante l'evento meteorologico non sono pervenute segnalazioni di danni in provincia di Pesaro ed Urbino e, da una ricerca
on-line effettuata dal Dipartimento della protezione civile, non sono emerse ulteriori notizie.
Pertanto, le avverse condizioni meteorologiche verificatesi non sembrerebbero rientrare tra gli eventi di cui all'articolo 2, comma 1, lettera
c) della legge n. 225 del 1992 che, per entità ed estensione, richiedono il ricorso a mezzi e poteri straordinari,


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ma rientrerebbero, invece, tra le competenze ordinarie delle Amministrazioni locali.
Il Ministro per i rapporti con il Parlamento: Carlo Giovanardi.

MALGIERI. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
secondo un rapporto pubblicato il 17 marzo 2005 dall'autorevole Consiglio norvegese per i rifugiati (CNR), il numero totale dei rifugiati nel mondo ammonta a circa 25 milioni;
le stime del CNR dicono che, sparsi per tutti i continenti, sono cinquanta i Paesi interessati e che l'Africa è in testa a questa triste graduatoria con 13 milioni di rifugiati;
i quattro paesi in assoluto più interessati al fenomeno, sempre secondo il CNR, sono la Colombia, dove la guerra tra il governo e le forze paramilitari ha portato alla fuga di 3,3 milioni di persone, la Repubblica Democratica del Congo con 2,3 milioni nei quali sono compresi oltre agli stessi congolesi anche i rifugiati giunti da altri Paesi africani in guerra, l'Uganda con 2 milioni che sono il frutto delle violenze dei fanatici del Lord's Resistance Army e l'Iraq con 1 milione;
presentando questi dati, il CNR ha lanciato un ulteriore allarme: «Nel 2004 tre quarti dei rifugiati non hanno ricevuto alcuna assistenza da parte delle autorità dei loro Paesi e hanno dovuto affrontare l'indifferenza, quando non l'aperta ostilità, dei governi nei cui territori sono scappati»;
il rapporto, infine, riguardo all'attualità punta il dito soprattutto sul Myanmar, sul Nepal, sul Sudan e sulla Colombia -:
se le cifre fornite dal CNR corrispondano a quelle in possesso del Governo e se l'allarme che da più parti, soprattutto nell'ambito delle Organizzazioni non governative, circonda il fenomeno dei rifugiati abbia ragione di essere;
se ritenga necessario adoperarsi presso le Organizzazioni internazionali di cui l'Italia è Stato membro perché il diritto internazionale sia più stringente nella tutela dei rifugiati e perché, soprattutto, l'azione dell'Alto commissariato dell'Onu per i rifugiati sia sostenuta da un adeguato sistema di controlli e sanzioni verso i Paesi che non ottemperano agli obblighi derivanti dall'appartenenza alla Comunità internazionale;
se nell'ambito dell'Unione europea esista o sia in stato d'elaborazione qualche linea d'azione in grado di coordinare le azioni degli Stati membri nell'accoglienza e nella tutela dei rifugiati.
(4-13694)

Risposta. - Riguardo al primo quesito relativo al numero totale dei «rifugiati», che sarebbe stato stimato in un rapporto del «Consiglio Norvegese per i Rifugiati» (Cnr in 25 milioni, si ritiene opportuno precisare che tale cifra non si riferisce ai rifugiati nel mondo, bensì agli «Sfollati Interni» (Internally displaced persons, o Idps), ossia persone che si muovono nell'ambito del territorio del proprio Stato per fuggire da situazioni di crisi, per lo più legate a conflitti interni.
Tali cifre emergono da uno studio (il «
Global Idp Project») condotto dal Cnr, su mandato dell'Ufficio per il coordinamento degli affari umanitari dell'Onu (Ocha), e finanziato anche dall'Italia. Sulla base di dati disponibili relativi ad alcuni Paesi e ad informazioni aggiuntive sui flussi di Idps, il Cnr avrebbe stimato la popolazione complessiva di sfollati in circa 25,3 milioni (di cui: 3,7 mln nelle Americhe, 3 mln in Europa, 2,1 mln nel Medio Oriente, 3,3 mln in Asia/Pacifico e 13,2 min in Africa). Tale stima, in assenza di statistiche ufficiali, può ritenersi vicina alla realtà.
Il «
Global Idp Project» evidenzia che le situazioni più gravi (definite tali sulla base di una combinazione di indicatori, tra cui: numero di sfollati, cause dei movimenti, accesso a forme di protezione ed assistenza, sicurezza, risposta governativa) si registrano in Myanmar, Colombia, Costa d'Avorio, Repubblica Democratica del Congo, Indonesia,


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Irak, Nepal, Russia (Cecenia), Somalia, Sudan, Uganda.
Mentre esistono per la tutela dei rifugiati diversi strumenti giuridici internazionali (a partire dalla Convenzione di Ginevra del 1951 e successivi Protocolli), risultano limitati ed ancora «in fieri» gli strumenti di diritto internazionale volti alla protezione degli Idps. Principali responsabili della loro tutela rimangono pertanto essenzialmente gli Stati di cittadinanza.
La protezione internazionale degli Idps ha pertanto uno sviluppo relativamente recente. Tra i principali organismi che, si occupano della tematica figurano la «
Internal displacemente division» dell'Ocha (in collaborazione con la quale lavora, appunto, il Cnr) e l'Alto Commissariato Onu per i Rifugiati (Unhcr), che ha esteso le proprie competenze anche agli Idps.
Nel suo ultimo rapporto «
In Larger Freedom», il Segretario Generale delle Nazioni Unite ha esortato gli Stati ad una più puntuale e completa applicazione dei diritti umani e del diritto umanitario, facendo inoltre riferimento alla «responsability to protect» come ad una «norma emergente» del diritto internazionale, sulla base della quale anche le organizzazioni internazionali sarebbero chiamate ad una azione più incisiva a tutela di rifugiati ed Idps.
Categoria differente e diversamente tutelata è, invece, quella dei rifugiati. Secondo le stime ufficiali dell'Unhcr essi sarebbero circa 10 milioni nel mondo. Ad essi occorre aggiungere circa 1 milione di richiedenti asilo.
I principali Paesi di provenienza di rifugiati e di richiedenti asilo sono Afghanistan, Sudan, Burundi, Repubblica Democratica del Congo, Territori Palestinesi, Somalia, Irak, Vietnam, Liberia ed Angola.
I principali Stati di «destinazione» dei rifugiati sono spesso quelli confinanti con i Paesi di origine (Pakistan, Irak, Iran, Uganda, Etiopia, Kenia, Rwanda, eccetera), ma anche i Paesi industrializzati, tra i quali Gran Bretagna, USA, Francia, Germania, Austria, Canada, Svezia, Svizzera, Belgio, Norvegia, Olanda, Repubblica Ceca e Slovacchia sono quelli che offrono maggiore ospitalità (in termini quantitativi).
Con riferimento, infine, agli ultimi due quesiti formulati dall'interrogante, si fa presente che tutta la tematica relativa alla tutela dei rifugiati nel mondo costituisce un settore di grande impegno sia per il Governo italiano che per l'Unione Europea.
L'Italia, infatti, è tra i principali donatori di tutte le più importanti organizzazioni internazionali umanitarie e, oltre a seguirne con attenzione i progetti, si adopera costantemente a sollecitarle - insieme ad altri
partner - affinché vigilino sulla puntuale applicazione del diritto internazionale e tutelino adeguatamente rifugiati e Idps.
L'Unione Europea, invece, persegue l'obiettivo di attuare progressivamente, attraverso una politica comune nel settore dell'asilo, uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia aperto anche a coloro che chiedono protezione nel territorio della Comunità. In tale contesto il Consiglio ha adottato, il 27 gennaio 2003, la direttiva 2003/9/CE relativa alle norme minime per l'accoglienza (informazione, ottenimento dei documenti, condizioni materiali, salute, accesso al lavoro) che gli Stati membri debbono accordare ai richiedenti asilo. Per l'attuazione in Italia della direttiva in questione è in via di predisposizione uno schema di decreto legislativo.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Margherita Boniver.

GIANNI MANCUSO, DELMASTRO DELLE VEDOVE e GHIGLIA. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
recenti indagini e analisi statistiche, condotte da autorevoli organismi rappresentativi della categoria medico-veterinaria italiana, mettono in evidenza la grave crisi economico-occupazionale che questa professione sta attraversando;
la progressiva contrazione occupazionale registrata dal Libro Bianco sulla Professione Veterinaria Italiana realizzato dalla FNOVI (Federazione Nazionale Ordini Veterinari Italiani) interessa tanto


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l'impiego pubblico del SSN, quanto la professione esercitata in regime privato (oggi il 23,7 per cento dei professionisti);
fra le principali cause della crisi, un'indagine condotta dall'Associazione Nazionale Medici Veterinari Italiani (ANMVI), consultato un campione rappresentativo dei medici veterinari italiani che si occupano di clinica degli animali da compagnia, indica l'eccessivo numero di laureati in medicina veterinaria;
anche le conclusioni del citato Libro Bianco additano il numero di laureati fra le cause della contrazione occupazionale, numero spropositatamente superiore al fabbisogno occupazionale e all'attuale domanda sociale di prestazioni veterinarie in tutti i settori;
il numero programmato degli studenti ammissibili alle facoltà di medicina veterinaria italiana è fissato per decreto dal Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca; con DM 1 luglio 2005 (Determinazione del numero dei posti disponibili per le immatricolazioni ai corsi di laurea specialistica in Medicina Veterinaria per l'anno accademico 2005/06) il Ministro Moratti ha fissato in 1415 il numero dei posti disponibili contro i 1.426 di un anno fa, il che equivale a sole 11 immatricolazioni in meno, a fronte di ben 23.130 medici veterinari già iscritti all'ordine professionale;
nel citato provvedimento ministeriale non si dà adeguato riscontro alle indicazioni del Ministero della Salute che invitano ad avviare una riduzione delle immatricolazioni per la laurea specialistica in medicina veterinaria, ritenuto invece «di dover tener conto delle considerazioni espresse dal Ministero della Salute, ma di non trascurare neppure lo spazio europeo dell'istruzione superiore e la mobilità dei professionisti»;
in Italia il numero di studenti in medicina veterinaria era per l'anno accademico in corso di 15.954 unità, pertanto, nella U.E. uno studente in medicina veterinaria su cinque è italiano;
il numero facoltà di medicina veterinaria nel nostro Paese è oltre il doppio di quello rilevabile negli altri Paesi europei: 14 corsi di laurea attivati contro le 4 facoltà della Francia, le 5 della Germania e le 6 del Regno Unito, con il risultato, a parere degli interroganti paradossale, che un veterinario su 6 in Europa è italiano e che l'Italia registra la maggior sproporzione fra consistenza della popolazione animale e medici veterinari -:
quali iniziative intenda adottare per conseguire una sensibile razionalizzazione dell'offerta formativa universitaria in medicina veterinaria, proporzionata al fabbisogno professionale e alle esigenze del mercato occupazionale, attraverso una più approfondita consultazione con il Ministero della Salute;
se non intenda porre in essere misure atte a scongiurare l'attivazione di ulteriori corsi di laurea di medicina veterinaria;
se non intenda valutare la possibilità do riconversione di alcune delle attuali facoltà di medicina veterinaria in scuole di specializzazione post-laurea più consone al fabbisogno di formazione specialistica richiesto dal mercato professionale.
(4-16193)

Risposta. - Con l'atto di sindacato ispettivo in esame l'interrogante riporta il problema della sproporzione esistente tra il numero di studenti ammissibili alle facoltà di medicina veterinaria, il numero dei laureati e quello delle stesse facoltà rispetto al fabbisogno professionale ed alle esigenze del mercato a seguito della grave crisi economico-occupazionale che il settore sta attraversando.
Il problema naturalmente è noto anche al ministero dell'istruzione che è ovviamente al corrente dei dati risultanti dalle indagini e dalle analisi statistiche richiamate nell'atto di sindacato ispettivo e che per affrontare la situazione, anche attraverso una più efficace ed incisiva programmazione dell'area sanitaria, proprio con particolare riferimento al corso di laurea specialistica in medicina veterinaria, ha provveduto ad attivare, con il decreto ministeriale


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23 novembre 2005, un tavolo tecnico costituito da rappresentanze designate dal ministero della salute, dal Comitato nazionale di valutazione del sistema universitario, dall'Osservatorio delle professioni sanitarie, dalla Conferenza delle Regioni e delle Province autonome, nonché dalla Conferenza dei Presidi della facoltà di Medicina Veterinaria.
Detto tavolo, operante presso il Miur, ha già avviato il proprio lavoro, con una prima riunione svoltasi in data 5 dicembre 2005.
Dei risultati raggiunti si terrà conto per la determinazione del numero di posti disponibili per le immatricolazioni ai corsi di laurea specialistica in medicina veterinaria da effettuare per l'anno accademico 2006/2007.
Il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca: Letizia Moratti.

MASCIA. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio. - Per sapere - premesso che:
nel mese di febbraio 2005 un incendio molto grave ha interessato per cinque giorni tutto il territorio del Ponente genovese da Pegli all'Acquasanta distruggendo case, capannoni, attrezzature da lavoro, boschi, coltivazioni varie;
l'incendio ha causato altresì la perdita di tutti gli animali della zona (galline, conigli, pecore, mucche);
le strade strette e impervie hanno reso impossibile l'accesso dei mezzi dei vigili del fuoco;
la mancanza di impianti idrici e di apposite bocchette antincendio nella zona ha reso ancor più devastanti gli effetti dell'incendio -:
se intenda riconoscere lo stato di calamità naturale all'intera area interessata;
quali iniziative intenda adottare al fine di predisporre opportuni interventi per la prevenzione degli incendi in Liguria.
(4-13659)

Risposta. - In seguito all'incendio divampato nel comune di Genova dal 15 al 18 febbraio 2005 la regione Liguria, con nota del 28 febbraio 2005, ha richiesto la dichiarazione dello stato di emergenza ai sensi dell'articolo 5 della legge n. 225 del 1992.
Analogamente a quanto avvenuto in altri territori della medesima regione già colpiti dagli incendi boschivi, anche quest'ultimo sembra rientrare tra gli eventi calamitosi di cui all'articolo 2, comma 1, lettera
b) della legge n. 225 del 1992 che, per entità ed estensione, possono essere fronteggiati con mezzi e poteri ordinari.
Per quanto riguarda le attività di ripristino delle aree percorse dal fuoco, queste sono disciplinate dalla legge-quadro n. 353 del 2000 in materia di incendi boschivi che, ai sensi dell'articolo 10, permette alla regione di porre in essere, autonomamente, ogni azione a tutela della pubblica incolumità ed ogni intervento finalizzato a ridurre o eliminare il rischio idrogeologico.
Il Ministro per i rapporti con il Parlamento: Carlo Giovanardi.

MONTECCHI. - Al Ministro degli affari esteri, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
nel maremoto che ha colpito il Sud-Est asiatico nel dicembre scorso sono state gravemente danneggiate diverse attività produttive gestite da cittadini italiani;
il 22 gennaio 2005 a Phuket il Ministro degli affari esteri onorevole Gianfranco Fini, come documentato da un video amatoriale, durante un incontro con una rappresentanza di imprenditori italiani operanti nelle zone colpite dallo tsunami, ha sostanzialmente confermato l'impegno del Governo italiano - attraverso la SACE - per facilitare l'erogazione di contributi per il rilancio delle attività gestite da italiani;
il capitale sociale della Sace è interamente detenuto dal Ministero dell'economia


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e delle finanze e i suoi impegni sono garantiti dallo Stato italiano;
a sei mesi dal maremoto, e alla vigilia dell'inizio della prossima stagione turistica, gli imprenditori non sono ancora stati posti nelle condizioni di potere accedere alle linee di credito indicate dal Governo -:
quale sia la situazione degli aiuti finanziari alle imprese gestite da italiani;
se la Sace abbia provveduto ad ottemperare agli impegni espressi dal Ministro degli affari esteri agli imprenditori italiani operanti nelle zone colpite dallo tsunami.
(4-15578)

Risposta. - In relazione a quanto richiesto dall'interrogante nel presente atto parlamentare, si forniscono i seguenti elementi di risposta, per quanto di competenza, ad integrazione di quanto vorrà segnalare il Ministero dell'Economia e Finanze.
A seguito dello Tsunami il Comitato esecutivo Sace ha approvato il 14 gennaio 2005, anche su richiesta del ministero degli affari esteri, la copertura assicurativa di una linea di finanziamento pari a 30 milioni di euro, volta a sostenere i progetti di ricostruzione a favore degli operatori economici italiani, le cui attività nell'area erano risultate colpite dal maremoto. È necessario, per poter accedere a tale beneficio (che ha natura ben distinta rispetto alla richiesta chi indennizzo), essere operatori titolari o con partecipazione in imprese locali nonché operatori italiani con stabili presenze in loco tramite uffici commerciali e/o di rappresentanza e di avere subito danni dal maremoto.
Al fine di assicurare il migliore utilizzo di tale linea di credito, il 21-23 giugno 2005, si è recata in Thailandia e nello Sri Lanka la dott.ssa Michal Ron della Sace, con lo scopo di illustrare in dettaglio ai nostri connazionali le modalità dell'aggiudicazione e di individuare una banca locale corrispondente per l'erogazione dei finanziamenti.
Nel corso della sua permanenza, la dott.ssa Ron ha avuto occasione di incontrare alcuni imprenditori italiani, che sarebbero interessati ad usufruire della nuova linea di credito, per informarli sui criteri di eleggibilità.
In tali incontri è stato chiarito che il prodotto offerto è un finanziamento destinato a consentire la ricostruzione/riabilitazione delle attività colpite dallo Tsunami e non una forma di compensazione per i danni subiti.
A seguito di predetti incontri, Sace ha stimato in circa 18 milioni di euro la somma complessiva di potenziali richieste di finanziamento da parte delle imprese italiane beneficiarie, circa 15-20 in Thailandia e, circa 10 in Sri Lanka, di piccole dimensioni.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Margherita Boniver.

ANGELA NAPOLI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
nell'ultimo periodo nella città di Vibo Valentia e nell'intera provincia si sta registrando un numero elevato di attentati ed atti intimidatori nei confronti di amministratori, funzionari pubblici ed imprenditori;
l'agguato compiuto la settimana scorsa a Serra San Bruno contro l'assessore comunale ai lavori pubblici, Giuseppe Raffaele, è soltanto l'ultimo della lungaserie di intimidazioni ai danni di amministratori locali -:
se disponga di informazioni sulla matrice degli attentati che hanno colpito gli amministratori e gli imprenditori;
se non ritenga, altresì, necessario ed urgente adottare le opportune iniziative per garantire le massime condizioni di sicurezza.
(4-10438)


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ANGELA NAPOLI. - Al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
negli ultimi mesi la città di Vibo Valentia e l'intero territorio provinciale stanno subendo una preoccupante serie di attentati e di atti intimidatori che minano la sicurezza e la tranquillità di tutti i cittadini;
nella notte tra il 12 e 13 marzo 2005, ignoti malviventi hanno sparato alcuni colpi di pistola contro un impianto di distribuzione di carburante in costruzione a Serra San Bruno;
nella stessa notte un ordigno rudimentale è stato fatto esplodere vicino al camion della società Proserpina Spa in Soriano;
nella serata del 13 marzo 2005, ignoti malviventi si sono introdotti nel cortile interno dell'azienda Vari di Soriano, nota per la produzione di oggetti in vimini, e con una bottiglia di liquido infiammabile hanno dato fuoco all'auto del proprietario; tale atto vandalico è l'undicesimo avvertimento in undici anni subito dalla ditta Varì ed il terzo nel giro di appena sei mesi;
il 23 marzo 2005, è stata rinvenuta in Parghelia nei pressi dell'abitazione di Franco De Luca, segretario della Federazione DS di Vibo Valentia, una busta di plastica contenente due cartucce di fucile calibro 12, tre petardi, pezzi di giornali con parole a caratteri cubitali costituenti una frase inquietante ed una foto dello stesso segretario;
alla fine del mese di marzo 2005 piromani notturni, nella zona di Mileto, hanno completamente distrutto il motore di un escavatore della ditta «Press Pali» in un cantiere dei lavori lungo l'autostrada Salerno - Reggio Calabria;
nella notte tra il 4 e 5 aprile 2005 in Acquaro è stata data alle fiamme l'automobile di un privato cittadino e nello stesso periodo sono stati compiuti atti vandalici contro il campo sportivo dello stesso paese;
nella notte tra il 6 e 7 aprile 2005 un ordigno rudimentale è esploso in un panificio di Pizzo, di proprietà di un consigliere comunale di Filogaso;
nel pomeriggio di lunedì 11 aprile 2005, in una macchina davanti al cimitero di Piscopio, frazione di Vibo Valentia, è stato trovato il corpo assassinato di Antonio De Pietro, incensurato di Nicotera Marina, ispettore della Direzione provinciale del lavoro; il De Pietro aveva subito nei mesi precedenti due vere e proprie intimidazioni;
nella serata del 15 aprile 2005, una bomba di medio potenziale è stata fatta esplodere davanti ad un bar gelateria di San Nicolò, frazione di Ricadi;
nella notte tra il 16 e 17 aprile 2005, a Tropea, nel centralissimo corso Vittorio Emanuele è stato incendiato un negozio di giocattoli;
il 20 aprile 2005, persone non identificate, a Santa Domenica di Ricadi, hanno sparato tre colpi di pistola, presumibilmente un revolver, contro la saracinesca di un negozio di esposizioni di materiale per l'edilizia e contro quella di un altro negozio di materiale elettrico;
nella notte tra il 20 e 21 aprile 2005 sono state incendiate due autovetture, rispettivamente a Zambrone e a Garavati, frazione di Rombiolo;
tra il 18 ed il 22 aprile 2005, a Piscopio sono stati incendiati due escavatori di proprietà di Vincenzo Restuccia e sparati alcuni colpi di pistola contro i mezzi di proprietà dello stesso e contro operai, uno dei maggiori imprenditori edili della provincia di Vibo Valentia, nonché presidente provinciale dell'Assindustria; nel corso degli ultimi anni è diventato elevato il numero di intimidaziom subite dallo stesso imprenditore, diventato bersaglio «preferito» del racket;


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sempre nel mese di aprile 2005, uno dei collaboratori della ditta Polistena, ubicata in contrada Colamazza di Vibo Valentia, ha trovato attaccata al cancello dell'azienda una busta di plastica contenente 9 proiettili per pistola calibro 9;
nella notte tra il 22 e 23 aprile 2005, a Tropea è stato dato alle fiamme il laboratorio di falegnameria di Raffaele Muscia; lo stesso Muscia, mesi addietro, era rimasto vittima di un altro attentato ad opera di ignoti che avevano dato alle fiamme, distruggendo completamente l'intero manufatto in legno del «lido Azzurro», uno storico stabilimento balneare situato nella spiaggia di Marina dell'Isola;
nella notte tra il 24 e 25 aprile 2005, un incendio è stato appiccato nello stabilimento dell'azienda dolciaria «Cassarese specialità artigianali» in località Cassari di Nardodipace, aperta da circa due mesi su iniziativa di alcuni giovani del posto;
sempre nella stessa notte tra il 24 e il 25 aprile 2005, tre giovani hanno rotto suppellettili e mandato in frantumi numerose bottiglie in un bar-rosticceria a Serra San Bruno;
nella mattinata del 25 aprile 2005, a Filandari sono state distrutte date alle fiamme mille balle di fieno;
il 2 maggio 2005, a Ricadi è stato fatto esplodere un ordigno sotto l'auto di un imprenditore edile;
nella notte tra il 4 ed il 5 maggio 2005, ignoti hanno completamente distrutto uno stabilimento balneare, in località «Difesa» di Pizzo, che avrebbe dovuto iniziare l'attività dalla prossima stagione turistica e creato da una giovane donna, la quale aveva riposto nelle stesso stabilimento tutto il sogno occupazionale della sua vita futura;
nella notte tra il 5 ed il 6 maggio 2005, a Ricadi è stato incendiato un supermercato a servizio di un'azienda turistica;
quanto sopra elencato è solo l'elencazione dei principali fatti criminali registrati negli ultimi due mesi, nel mentre sono ancora poche le denunzie per racket ed usura;
grazie ad un commerciante vibonese, stressato dal racket e dall'usura, nei giorni scorsi sono stati assicurati alla giustizia ben otto presunti strozzini, i quali imponevano interessi di circa il 120 per cento all'anno, ma ad uno di questi è già stata revocata l'ordinanza di custodia cautelare;
tutti i villaggi turistici sulle coste sono pressati dalle richieste della malavita locale, la quale è privilegiata anche dall'omertà che imperversa tra i cittadini;
di fronte a tali pressioni esercitate dalla criminalità organizzata imprenditori e commercianti rischiano di dover chiudere le loro attività o di doverle trasferire altrove, il tutto con il conseguente aumento della disoccupazione, il cui tasso è già elevato nell'intera regione calabrese;
gli inquirenti hanno ottenuto grossi risultati nell'opera di contrasto alle cosche malavitose vibonesi, ma la lentezza dei processi, le conseguenti scarcerazione per decorrenza dei termini, la restituzione di beni illeciti sequestrati, garantisce l'impunità, svilendo la bontà del lavoro degli stessi inquirenti;
i cittadini stessi avrebbero bisogno di essere tutelati ed incoraggiati alla denunzia, vedendo garantita, in tempi brevi, l'applicazione della pena ai responsabili -:
quali urgenti iniziative intendano attuare, per le parti di competenza al fine di tutelare la sicurezza dei cittadini di Vibo e provincia;
se non ritengano di porre in essere un'adeguata strategia per sconfiggere questo cancro impietoso che impedisce il sano sviluppo della Calabria tutta.
(4-14297)

Risposta. - La questione calabrese è seguita con molta attenzione dal ministero dell'interno ed è stata oggetto di numerosi incontri con parlamentari di tutte le parti politiche, con amministratori locali, con qualificati esponenti del mondo economico


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e del lavoro al fine di trovare ed attuare una strategia comune di intervento.
Di fronte all'aggravarsi delle intimidazioni e degli attentati, nel luglio dell'anno scorso è stato inviato in Calabria il Vice Capo della Polizia e Direttore Centrale della Polizia Criminale, Prefetto Luigi De Sena, che, dopo un ampio giro di consultazioni, conclusosi a Catanzaro con una apposita Conferenza regionale, ha messo a punto un complesso piano di interventi per potenziare il sistema di sicurezza nella Regione.
Tali interventi sono stati pianificati su tre livelli: rafforzamento del controllo del territorio, attività informativa e investigativa e coinvolgimento delle istituzioni locali nei progetti integrati territoriali.
Il 27 ottobre 2005, inoltre, sono stati delegati al Prefetto di Reggio Calabria i poteri per l'accesso alla Asl di Locri.
Il successivo 28 ottobre 2005 il Consiglio dei ministri ha affidato al Prefetto De Sena, l'incarico di Prefetto di Reggio Calabria, anche al fine di coordinare tutte le attività di sicurezza pubblica e di contrasto alla criminalità organizzata a livello regionale.
Il Consiglio dei ministri ha, altresì, approvato il piano di interventi straordinari per la Calabria, che si sviluppa su sei linee di intervento.
Com'è noto la 'ndrangheta è oggi la più radicata, la più potente e la più aggressiva delle organizzazioni criminali italiane.
Una delle principali caratteristiche è la sua grande capacità di adattarsi ai processi evolutivi della società globalizzata, mantenendo, nel contempo, il suo assetto arcaico e il ferreo controllo delle aree di origine, basato su intimidazioni, estorsioni e intromissioni nei più importanti settori economici e politico-amministrativi.
Forti di questa consolidata presenza sul territorio di origine - dove hanno accumulato il capitale iniziale, molte delle vecchie
leadership hanno sviluppato le proprie attività criminali anche in altre aree italiane, europee e di oltre oceano, dedicandosi all'imprenditoria illegale o paralegale e utilizzando tecniche e procedure sofisticate dell'economia e della finanza globale.
Tra le attività illecite la più praticata e redditizia è il traffico della droga: i
clan più potenti della 'ndrangheta si sono ormai imposti nelle piazze internazionali fino a controllare grandi flussi di importazione della cocaina dal Sud America in Europa.
Essa ha così assunto un ruolo strategico assunto negli affari illegali calabresi, nazionali e trasnazionali, intrecciando progressivamente i suoi interessi con quelli di gruppi
narcos sudamericani, spagnoli, olandesi, albanesi, ecc.
Gli utili vengono poi reinvestiti nel Nord o nel Centro Italia e, in maggior misura, all'estero, nelle più svariate attività, ivi comprese quelle di intermediazione finanziaria sull'Est europeo.
La gestione delle attività minori sul territorio calabrese è delegata ai nuclei gregari, che si contendono le posizioni di preminenza e cercano di entrare nei circuiti più potenti. L'impatto sulla convivenza civile è devastante, il condizionamento delle attività economiche è opprimente.
Questa forma di criminalità organizzata non è più, dunque, un problema solamente calabrese. La dimensione dei suoi insediamenti e la sua proiezione internazionale ne fanno un grave problema per la sicurezza di tutto il Paese.
Forte del suo «familismo amorale» che, da un lato, la rende particolarmente coesa e, dall'altro, la contrappone alla società civile e allo stato di diritto, la 'ndrangheta è insieme, per sua stessa natura, fenomeno criminale e forza eversiva.
Di fronte a questo quadro, il rilancio delle attività di prevenzione e contrasto, ha prodotto risultati oggettivi che dimostrano che in Calabria lo Stato c'è e continuerà a impegnarsi attraverso la costante presenza delle Forze dell'ordine, che con professionalità e senso del dovere hanno realizzato importanti risultati.
La questione però non è solo un fatto limitato alla sicurezza ma coinvolge anche l'aspetto socio culturale della Calabria.
Al riguardo l'Amministrazione dell'Interno ha cercato di farsi carico anche di questi aspetti pur rimanendo, come è naturale, nell'ambito delle proprie missioni istituzionali.


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Si segnala, in particolare, il Piano operativo nazionale per la Sicurezza del Mezzogiorno, le cui attività direttamente sono funzionali allo sviluppo e all'occupazione e rappresentano, a tutt'oggi, un esempio unico di utilizzazione di fondi europei a favore del comparto sicurezza. Tanto è vero che se ne profila la ripetizione in altri Paesi europei.
La realizzazione di questi progetti interessa massicciamente la Calabria, così come, su un altro piano, la interessano gli ingenti stanziamenti decisi dal C.I.P.E. un anno fa, quando furono destinati alle regioni dell'«Obiettivo 1» 288 milioni di euro per interventi multidisciplinari sulla sicurezza e si accelerò il programma di infrastrutture strategiche che destina una frazione rilevante delle risorse disponibili al monitoraggio degli appalti e dei cantieri.
La sicurezza è così finalmente entrata nell'ambito degli interventi straordinari per il Mezzogiorno.
Ritornando alle linee di intervento, si segnalano, in estrema sintesi, i punti salienti:
La prima linea riguarda la intensificazione dei dispositivi di sorveglianza e di controllo del territorio calabrese. A questo scopo sono state già inviate in Calabria aliquote importanti di personale altamente specializzato della Polizia di Stato, dell'Arma dei Carabinieri e della Guardia di Finanza.
In particolare l'Arma dei Carabinieri ha già inviato, come del resto la Polizia, un numero cospicuo di uomini della Cio, la Compagnia Interventi Operativi, tutti provenienti dall'esterno e uomini che fanno capo al Reparto Cacciatori, anche questi dotati di particolare mobilità.
A sua volta, la Guardia di Finanza sta realizzando una serie di interventi con l'impiego di specialisti Atpi cioè Antiterrorismo e Pronto Intervento, e di uomini del gruppo specializzato Scico. A questi ultimi sono affidati compiti particolari per il controllo dei patrimoni, degli appalti, delle operazioni sospette e degli arricchimenti sospetti.
In tutti questi casi viene impiegato personale in grandissima parte proveniente dall'esterno, non soggetto ad alcun condizionamento di carattere locale.
La seconda linea di intervento è rivolta a rafforzare tutte le attività informative e investigative con specifico riferimento all'applicazione di misure di prevenzione personale e patrimoniale, con l'obiettivo di aggredire le ricchezze illecitamente costituite. A questo fine è stata anche inviata in Calabria una squadra di investigatori della Dia che potrà operare con speciali poteri di accesso e di accertamento presso banche ed altri istituti di intermediazione finanziaria. Recentemente si è insediato a Reggio Calabria il nuovo Procuratore antimafia che ha già preso contatti con il Direttore della Dia e i massimi responsabili del Ros (Carabinieri), dello Sco (Polizia), dello Scico (Guardia di Finanza). L'attività di questa
Task Force si rivolgerà anche al controllo degli appalti pubblici e dei cantieri. Molta importanza viene attribuita alla confisca dei beni che potrà sempre essere disposta in caso di condanna per reati di tipo mafioso in base all'articolo 12 della legge n. 501 del 1994.
La terza linea di intervento è rivolta a sorvegliare tutte le operazioni antidroga che in Calabria, in Italia o in altre parti dei mondo, vedono coinvolti esponenti o complici della 'ndrangheta. A questo fine sono state anche adottate decisioni per potenziare i collegamenti con le polizie straniere e specialmente con le Agenzie Investigative Antidroga degli Stati Uniti.
La quarta linea riguarda le misure rivolte a promuovere il massimo di sinergie tra le Procure e gli altri Uffici Giudiziari.
Con la quinta linea di intervento si è deciso di potenziare e orientare le forze dei servizi di informazione sul territorio calabrese.
La sesta linea di intervento mira da un lato alla tutela degli amministratori calabresi che sono oggetto di intimidazioni violente e sistematiche, dall'altro a mettere sotto controllo le Amministrazioni sospette, invece, di collusioni con la mafia o di inquinamento mafioso. Ciò consentirà di


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adottare le misure necessarie, prima tra tutte lo scioglimento straordinario delle Amministrazioni che risultino inquinate.

Ad oggi risultano sciolti 12 comuni per infiltrazione mafiosa. Per cinque di essi è ancora in corso la gestione commissariale, mentre sono stati annullati in sede giurisdizionale 3 provvedimenti di scioglimento.
Sono stati altresì adottati 6 provvedimenti di proroga della gestione commissariale.
Si sottolinea che le linee di azione del piano convergono tutte verso un solo obiettivo: l'affrancamento delle comunità locali e dei singoli cittadini dalla presenza criminale. Per raggiungerlo, serve la reazione di tutti a partire dai pubblici poteri: politica, magistratura e amministrazione. Il ministero dell'interno e le forze dell'ordine lo stanno già facendo e continueranno a farlo con crescente impegno di uomini e mezzi.
A conferma della particolare e continua attenzione dello Stato alla Regione Calabria si è tenuta il 9 dicembre 2005 a Reggio Calabria la Conferenza regionale delle autorità di pubblica sicurezza, presieduta dal Ministro dell'interno, Onorevole Pisanu, e dedicata, in particolare, agli aspetti attuativi del piano di interventi straordinari in corso.
Durante la conferenza sono stati anche analizzati e approfonditi i risultati del già citato «Programma Calabria», avviato nel luglio del 2004, e poi implementato nel corso del 2005. Tali interventi hanno già premesso di raggiungere risultati significativi. In particolare, dal 1o agosto 2004 al 31 ottobre 2005 sono state identificate 432.106 persone e controllati 248.078 veicoli; arrestate 4.785 persone e denunciate 36.979.
Tra questi, sono stati tratti in arresto 37 latitanti di notevole spessore criminale, di cui quattro inseriti nel «Programma speciale di ricerca dei 30 latitanti più pericolosi» (l'ultimo dei quali, Vincenzo Iamonte, catturato il 30 luglio 2005), 5 inseriti nell'«Opuscolo dei 500» e 28 altri pericolosi latitanti. Sono state disarticolate: 23 associazioni di tipo mafioso, con la denuncia di 363 persone: 99 associazioni per delinquere, con la denuncia di 1.271 persone; 15 associazioni finalizzate al traffico di sostanze stupefacenti, con la denuncia di 414 persone. Inoltre, in tutte le Province, si sono svolti incontri con i rappresentanti istituzionali e del tessuto produttivo in tema di estorsioni e di atti intimidatori nei confronti di pubblici amministratori ed imprenditori.
In tale settore, l'attività di contrasto svolta dalle Forze di Polizia ha consentito di individuare i responsabili di 250 episodi estorsivi sui 392 denunciati con la segnalazione all'Autorità giudiziaria di 528 persone.
Sono stati, altresì, irrogati 718 avvisi orali ed è stata proposta l'applicazione di 377 misure di prevenzione personali (dati aggiornati al 30 settembre 2005) e 19 patrimoniali (dato aggiornato al 6 dicembre 2005).
A testimonianza dell'impegno che il Governo, le forze dell'ordine e la magistratura stanno profondendo incessantemente nella lotta alla 'ndrangheta, si segnalano alcune importanti operazioni: quella brillantemente conclusa il 10 gennaio 2006 dall'Arma dei Carabinieri ai danni della cosca Iamonte in provincia di Reggio Calabria e quella che ha portato nei giorni scorsi alla cattura del pericoloso latitante Roberto Morano uno dei responsabili della strage di Soriano Calabro.
Si sottolinea, infine, la positiva conclusione della complessa operazione antimafia denominata «operazione Harem», eseguita dall'Arma dei Carabinieri e dalle Polizie di diversi Paesi stranieri, coordinata dalla Procura Nazionale Antimafia e dalla Procura distrettuale di Catanzaro, in collaborazione con la magistratura albanese. L'attività investigativa ha inferto un duro colpo ad un'organizzazione italo-albanese dedita alla tratta degli esseri umani ed al traffico internazionale di stupefacenti e armi, facendo registrare 80 arresti ed il sequestro di notevoli quantitativi di droga operati in Calabria e in altre regioni italiane, nonché in Albania, Kosovo, Ucraina e Germania.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Michele Saponara.


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ANGELA NAPOLI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
la legge n. 143 del 2004 ed il successivo decreto ministeriale n. 21 del 9 febbraio 2005, hanno stabilito l'attivazione di corsi speciali per il conseguimento dell'abilitazione all'insegnamento, anche per gli ITP (insegnanti tecnico pratici);
l'attuazione dei citati corsi dovrebbe avvenire in ogni regione d'Italia;
mentre in quasi tutte le regioni i corsi per l'abilitazione sono stati attivati o programmati, ciò non è avvenuto in Calabria per gli ITP -:
quali urgenti iniziative intenda attuare per garantire il conseguimento dell'abilitazione all'insegnamento anche per gli ITP, i quali da anni stanno prestando la loro professionalità nella scuola italiana.
(4-17082)

Risposta. - Nell'atto di sindacato ispettivo indicato in esame, l'interrogante fa presente che in Calabria non sarebbero stati attivati o programmati, per i docenti tecnico-pratici (ITP), i corsi speciali abilitanti previsti dalla legge n. 143 del 4 giugno 2004 e dal decreto ministeriale n. 21 del 9 febbraio 2005 e chiede urgenti iniziative per consentire agli interessati il conseguimento della prescritta abilitazione all'insegnamento.
A tale riguardo, il competente direttore scolastico regionale ha precisato che nella regione Calabria, presso l'Unical di Rende (CS), sono stati attivati, ove il numero degli interessati lo ha reso possibile, numerosi corsi speciali abilitanti ai sensi della suddetta normativa, ivi compresi, quindi, anche corsi per gli ITP.
Soltanto per alcune classi di concorso non è stato invece possibile organizzare i suddetti corsi, a causa dell'esiguo numero di aspiranti, e precisamente per le classi di concorso di seguito indicate:
Classe di concorso: C110; Descrizione: Esercitazioni di economia domestica; Numero aspiranti: 4;
Classe di concorso: C130; Descrizione: Esercitazioni di odontotecnica; Numero aspiranti: 2;
Classe di concorso: C150; Descrizione: Esercitazioni di portineria e pratica di agenzia; Numero aspiranti: 4;
Classe di concorso: C200; Descrizione: Esercitazioni pratiche di ottica; Numero aspiranti: 1;
Classe di concorso: C330; Descrizione: Laboratorio di oreficeria; Numero aspiranti: 2;
Classe di concorso: C360; Descrizione: Laboratorio di tecnologia cartaria ed eserc.ni di cartiera; Numero aspiranti: 0;
Classe di concorso: C370; Descrizione: Laboratorio e reparti di lavorazione del legno; Numero aspiranti: 4;
Classe di concorso: C450; Descrizione: Metodologie operative nei servizi sociali; Numero aspiranti: 3.

Situazioni analoghe a quella della Calabria sono presenti anche in altre parti del territorio nazionale.
Il ministero, pertanto, con decreto n. 85 del 18 novembre 2005, ha impartito disposizioni organizzative per ulteriori aggregazioni dei corsi in questione con quelli che saranno attivati nel prossimo anno.
In particolare, nel suddetto decreto ministeriale n. 85 del 2005, sono state individuate una serie di opzioni e di soluzioni alternative quali l'accorpamento dei corsi, anche con quelli non ancora attivati in applicazione del decreto ministeriale n. 21 del 2005; l'organizzazione a livello interregionale, modulare e
on line; la stipula di convenzioni o di accordi-quadro tra Direttori regionali ed Università per l'attivazione dei corsi abilitanti relativi ad insegnamenti specifici con un esiguo numero di partecipanti o per i quali si rendano necessarie particolari competenze didattiche e di laboratorio, non sempre presenti nelle istituzioni interessate, nonché per le iniziative di cooperazione con il sistema scolastico per i tirocini previsti dai percorsi formativi.


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Ciò al fine di garantire la partecipazione di tutti gli aspiranti alle procedure abilitanti, che debbono iniziare e concludersi entro l'anno accademico 2005-2006.
Il Sottosegretario di Stato per l'istruzione, per l'università e per la ricerca: Valentina Aprea.

NESI. - Al Ministro degli affari esteri, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
regioni, e in alcuni casi, anche province e comuni, hanno creato sedi di rappresentanza in molti Paesi stranieri, allo scopo dichiarato di «promuovere accordi diplomatici» secondo l'interrogante, di incerta natura e di scarsa utilità;
talune regioni, province e comuni hanno creato nuove figure istituzionali, alcune delle quali definite «Assessorati agli Esteri», con delega alle «relazioni diplomatiche» -:
se ritengano tali strutture compatibili con le norme di legge che attribuiscono esclusivamente alla Stato Nazionale il commercio con l'Estero e la politica internazionale;
se sia stato fatto un calcolo di quale sia il costo per il paese di queste iniziative spesso pompose, pretenziose e quasi sempre inutili;
se non ritengano che queste iniziative debbano essere sottoposte a regole valide per tutto il territorio nazionale, per tutelare l'interesse generale del paese e il denaro dei suoi cittadini.
(4-17317)

Risposta. - Le Regioni, e in rari casi anche Province e Comuni italiani, hanno creato propri Uffici all'estero, variamente denominati come «antenne», «desk», «uffici commerciali», eccetera. La possibilità dell'apertura dei suddetti Uffici non è esplicitamente prevista in alcun atto di natura legislativa o regolamentare. Essa va tuttavia considerata implicitamente funzionale all'attività promozionale all'estero delle Regioni, le quali, nella gran maggioranza dei casi, ne danno preventiva comunicazione a questo ministero e al Dipartimento per gli affari regionali della Presidenza del Consiglio.
I suddetti Uffici svolgono essenzialmente una funzione di sostegno alle imprese, di attrazione di investimenti esteri e di promozione culturale e turistica delle rispettive Regioni. La decisione di istituire proprie «antenne» all'estero da parte delle Regioni nasce principalmente dall'esigenza di punti di riferimento operativi per l'«internazionalizzazione» dei rispettivi sistemi economici.
Alle «antenne» sono attribuiti compiti di consulenza e supporto alle imprese regionali all'estero, nonché ai potenziali investitori stranieri in Italia. Esse svolgono inoltre attività di promozione dell'immagine della Regione all'estero e di supporto all'attività internazionale dell'Ente. A quest'ultimo riguardo, gli Uffici all'estero collaborano all'organizzazione delle missioni economico-istituzionali delle Regioni ed alla cura degli eventuali seguiti delle intese raggiunte in tali occasioni. Ad alcune antenne, infine, è assegnato il compito di creare momenti di incontro con le comunità di corregionali e di valorizzare le attività delle associazioni regionali di espatriati residenti nel Paese in cui le antenne operano.
Ciò premesso, non si conoscono casi di sedi di rappresentanza regionali in Paesi stranieri create con lo scopo di «promuovere accordi diplomatici». La conclusione da parte delle Regioni di Accordi con Governi di altri Stati soggiace, in ogni caso, ad un'articolata procedura che prevede la preventiva informazione e l'approfondita valutazione, da parte del ministero degli esteri e degli altri ministeri competenti, dei contenuti negoziali del progetto di intesa. Solo in caso di valutazione positiva questo ministero conferisce i pieni poteri di firma alla Regione interessata.
Non si è a conoscenza neppure di casi di creazione da parte di Regioni o Enti locali di figure istituzionali definite «Assessorati agli Esteri», con delega alle «relazioni diplomatiche». Le strutture descritte sarebbero


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in ogni caso palesemente incompatibili con la normativa vigente, secondo cui la politica estera ed i rapporti internazionali dello Stato sono di competenza esclusiva dello Stato centrale (Costituzione, articolo 117, II comma). Se è vero, infatti, che i rapporti internazionali e con l'Unione Europea delle Regioni sono materia a competenza ripartita (Costituzione, articolo 117, III comma), l'espressione «relazioni diplomatiche» farebbe riferimento a rapporti internazionali di natura «politica» che, come tali, esorbitano dalla sfera di competenza regionale.
La crescente tendenza all'apertura di «antenne» da parte delle Regioni pone in ogni caso il problema del coordinamento dell'azione di promozione dell'immagine e del sistema produttivo dell'Italia all'estero. A tale riguardo, il ministero degli esteri invita in ogni occasione le Regioni ad assicurare il costante raccordo dei suddetti Uffici con le Rappresentanze diplomatico-consolari, al fine di evitare eventuali sfasature o sovrapposizioni e di valorizzare al massimo ogni iniziativa tramite un approccio «di sistema».
Il ministero degli esteri, in collaborazione con il Dipartimento per gli affari regionali della Presidenza del Consiglio, ha negoziato in seno alla Conferenza Stato-Regioni un Protocollo di intesa in materia di attività internazionali, volto a regolare, tra le altre cose, le modalità del raccordo tra la rete diplomatico-consolare e gli Uffici all'estero delle Regioni. Il suddetto progetto di intesa, tuttavia, si trova attualmente in una fase di «stallo», a causa delle obiezioni sollevate dalle Province Autonome e da alcune Regioni a Statuto speciale.
Con riferimento alla ripartizione di competenze fra Stato e Regioni in materia di commercio estero, si evidenzia che, fatte salve le competenze dell'Unione Europea, ai sensi del suddetto articolo 117, così come modificato dalla legge costituzionale n. 3 del 2001, il commercio con l'estero rientra fra le materie di legislazione concorrente. Su tali materie, secondo quanto stabilito dalla legge 131 del 2003, contenente disposizioni per l'adeguamento dell'ordinamento della Repubblica alla citata legge costituzionale, «alle Regioni spetta la potestà legislativa nell'ambito dei principi fondamentali espressamente determinati dallo Stato o, in difetto, quali desumibili dalle leggi statali vigenti» (articolo 1 comma 3).
Al fine di promuovere la coerenza fra strategie promozionali regionali e nazionali sono stati introdotti nel 1995, Accordi di programma fra ministero delle attività produttive, Regioni e Province Autonome finalizzati alla programmazione congiunta delle iniziative di promozione. In attuazione degli Accordi di programma vengono annualmente stipulate Convenzioni operative che forniscono i principi guida per l'elaborazione congiunta, fra Regioni ed Ice, dei programmi promozionali annuali.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Giuseppe Drago.

PAPPATERRA. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
con decreto legislativo n. 178 del 1998 è stato istituito il corso di laurea in Scienze motorie, con lo specifico compito di formare operatori idonei «alla comprensione, alla progettazione, alla conduzione di attività motorie a carattere educativo, ludico o sportivo, compensativo-adattativo-preventivo»;
obiettivi formativi del predetto corso di laurea vengono individuati nel possesso di competenze relative alla comprensione, alla progettazione, alla conduzione ed alla gestione di attività motorie a carattere educativo, ludico o sportivo, compensativo-adattativo-preventivo, finalizzandole allo sviluppo, al mantenimento ed al recupero delle capacità motorie e del benessere psicofisico ad esse correlato, con attenzione alle rilevanti specificità di genere;
i laureati nel corso di laurea specialistica sono chiamati a svolgere funzioni di elevata responsabilità nei predetti ambiti;
l'attività lavorativa specifica dei laureati in Scienze motorie si può espletare


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sia nel settore privato che in quello pubblico, con particolare riferimento alle strutture sanitarie ed a quelle tecnico-riabilitative convenzionate -:
a tutt'oggi la categoria dei laureati in Scienze motorie, anche con laurea specialistica quinquennale, viene esclusa dalla possibilità di accedere a concorsi e a rapporti di lavoro con strutture pubbliche o convenzionate;
quali iniziative anche di carattere normativo, intendano adottare in ordine al riconoscimento del diritto dei laureati in Scienze motorie di accedere, nel rispetto delle loro competenze specifiche, in ambito lavorativo pubblico o convenzionato.
(4-16809)

Risposta. - Con l'atto di sindacato ispettivo in esame l'interrogante rappresenta il problema dei laureati in scienze motorie, anche con laurea specialistica quinquennale, ai quali non è consentito accedere sia ai concorsi che ai rapporti di lavoro con strutture sanitarie o tecnico riabilitative pubbliche o convenzionate nonostante gli obiettivi formativi del corso siano finalizzati allo sviluppo, al mantenimento ed al recupero delle capacità motorie e del benessere psicofisico ad esse correlate.
Al riguardo si fa presente che la normativa attualmente vigente non prevede per la laurea specialistica in scienze motorie alcuno sbocco in campo sanitario.
Ciò in quanto la formazione che si consegue con questo corso di laurea differisce notevolmente da quelle riconosciute nell'ambito sanitario.
Queste ultime, infatti, si svolgono presso le facoltà di medicina; il loro ordinamento didattico è definito con il ministero della salute che, avendo competenza anche in merito alla collocazione di questi professionisti nel mercato del lavoro, programma l'accesso ai corsi sulla base del fabbisogno del Servizio Nazionale Sanitario.
Si precisa, inoltre, che a seguito della modifica del Titolo V della Costituzione il ministero della salute non ha più la competenza ad individuare e regolare, con propri provvedimenti, nuove figure professionali dell'area sanitaria.
Per far rientrare i laureati in Scienze motorie nell'ambito delle professioni sanitarie occorrerebbe, pertanto, come indicato dall'interrogante, un atto di normazione primaria oppure, qualora fosse definitivamente approvato il disegno di legge n. 3236 sulle professioni sanitarie, attualmente in discussione al Senato, bisognerebbe seguire la diversa procedura da questo prevista per la creazione di nuove figure sanitarie.
Il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca: Letizia Moratti.

PECORARO SCANIO. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
da marzo 2003, per decreto ministeriale, un noto farmaco stimolante del sistema nervoso centrale - precedentemente classificato come sostanza stupefacente - è stato reintrodotto sul mercato e può venire utilizzato per «curare» i bambini affetti dal cosiddetto «Disturbo da Deficit dell'Attenzione con Iperattività» (siglato «ADHD» od anche «DDAI»);
il suddetto «disturbo» comportamentale dell'infanzia e dell'adolescenza - così come gli altri «disturbi» psicologici dell'età evolutiva - non sono unanimemente considerati delle malattie, e su quest'aspetto il dibattito in seno alla comunità scientifica nazionale ed internazionale è tutt'ora aperto, ed anzi diverse sono le evidenze e le documentazioni scientificamente accreditate che negano la classificazione di questi disturbi come «patologia»;
i criteri diagnostici per valutare questi disagi comportamentali sono quantomeno vaghi, dal momento che non si basano su alcuna analisi clinica o medica, circostanza peraltro confermata dalle stesse case farmaceutiche produttrici dei farmaci, con affermazioni del tipo «...un'adeguata eziologia di queste sindromi è sconosciuta e non esiste un'analisi clinica in grado di diagnosticarla»;


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la somministrazione di psicofarmaci è proposta a seguito della sola compilazione di questionari a risposte chiuse volti a valutare il comportamento del bambino (sono sufficienti sei risposte affermative di due liste - contenenti domande quanto mai vaghe sul comportamento del bimbo - per essere indirizzati ai servizi di neuropsichiatria), e la prossima istituzione del «registro italiano dei bambini in terapia ADHD» pare non garantire in alcun modo i criteri minimi di tutela della salute del minore, oltre a sollevare altre polemiche in ordine alla possibile «schedatura» dei pazienti, come già accadde negli anni '90 con le proposte di istituzione del registro nazionale pazienti affetti dal virus HIV;
l'Italia appare in controtendenza rispetto a tutti gli altri paesi, dal momento che - a fronte di una maggiore attenzione agli abusi nelle prescrizioni all'estero - nel nostro paese esse sono invece quintuplicate negli ultimi tre anni, e che inoltre molti di questi psicofarmaci sono acquistabili direttamente in internet - anche senza la ricetta altrimenti obbligatoria - aggirando così le pur stringenti normative sanitarie del nostro paese;
è stato recentemente concluso - con fondi del Ministero della salute - un progetto di indagine epidemiologica (cosiddetto «progetto Prisma») sui bambini di una serie di «aree campione» del territorio della Repubblica, curato da un istituto sanitario privato e già oggetto di precedenti interrogazioni parlamentari in ordine alle modalità di esecuzione del progetto stesso, che prevedeva la somministrazione di questionari ai bambini nelle scuole («screening» su migliaia di minori) al fine di stabilire il presunto grado di sanità mentale o di disagio comportamentale degli stessi, e che ha portato all'allarmante quanto vaga conclusione che "un'alta percentuale" di bambini italiani (fino al 10 per cento!) soffrirebbe di «turbe psichiche», per le quali ovviamente - per una certa corrente di pensiero - lo psicofarmaco è la terapia di prima linea e d'elezione;
sono noti gli abusi registrati principalmente negli Stati Uniti - dove oltre 11 milioni di bambini sono attualmente in cura con terapie a base di psicofarmaci, derivati delle anfetamine ma non solo - ma recentemente anche in diversi paesi dell'Unione Europea, inclusa l'Italia, dove secondo una recente ricerca presentata dall'istituto Mario Negri oltre 30.000 bambini assumono quotidianamente psicofarmaci che potenzialmente inducono il bimbo al suicidio;
negli stessi Stati Uniti - avendo il fenomeno raggiunto dimensioni allarmanti - sono stati recentemente approvati provvedimenti legislativi statali ma anche federali estremamente incisivi volti a limitare la somministrazione di psicofarmaci ai bambini ed adolescenti ed a segnalare i più gravi effetti collaterali in appositi «black box» (riquadri neri, come quelli imposti per i pacchetti di sigarette all'industria del tabacco), nell'interesse di un informazione completa e corretta al cittadino;
ilComitato di interesse pubblico «GiùleManidaiBambini», composto da associazioni del terzo settore rappresentative di oltre 7 milioni di italiani, ha promosso l'omonima campagna nazionale di farmacovigilanza, patrocinata da RAI - RadioTelevisione Italiana, evidenziando i disagi di larga parte della società civile circa la somministrazione di psicofarmaci a bambini ed adolescenti e pubblicando sul proprio portale internet numerose e accreditate ricerche scientifiche di università internazionali che comprovano al di là di ogni ragionevole dubbio i pericolosi effetti collaterali potenziali di questi prodotti chimici - dal coma epatico all'ispirazione di idee suicidarie all'induzione alla tossicodipendenza in età adulta;
le stesse case farmaceutiche produttrici riportano nei fogli illustrativi (cosiddetti «bugiardini») i numerosi effetti collaterali e le controindicazioni derivanti dalla somministrazione di psicofarmaci a bambini ed adolescenti, con affermazioni quali «...un uso abusivo del farmaco può indurre una marcata assuefazione e dipendenza


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psichica con vari gradi di comportamento anormale» oppure «...si richiede un'attenta sorveglianza anche dopo la sospensione dell'uso del prodotto, poiché si possono rilevare grave depressione e iperattività cronica» (laddove l'iperattività cronica dovrebbe invece essere «curata» dal farmaco), e che comunque i fogli illustrativi riportano solo in parte detti effetti collaterali, che sono per intero segnalati solo nelle schede tecniche riservate al personale medico specialistico, con grave nocumento del diritto al «consenso informato» che lo Stato dovrebbe garantire al cittadino;
è stato recentemente sottoscritto un «Consensus Scientifico», firmato dai più autorevoli esperti internazionali in materia, che invita ad estrema prudenza nella scelta delle risorse terapeutiche per i minori, privilegiando sempre e comunque quelle di carattere pedagogico - scientificamente validate - rispetto a quelle di carattere psicofarmacologico, che nella migliore delle ipotesi hanno effetti solo sui sintomi e non sulle reali cause del disagio del minore -:
se non ritenga opportuno riconsiderare l'attuale classificazione di tutti i princìpi psicoattivi prescrivibili in età pediatrica ed adolescenziale, anche sulla base di ricerche scientificamente accreditate ma indipendenti dai pur legittimi interessi delle case produttrici dei farmaci, al fine di meglio tutelare il diritto alla salute dei nostri bambini ed adolescenti;
se non ritenga opportuno tenere in considerazione le indicazioni delle autorità sanitarie USA, che per prime si sono confrontate con situazioni di abuso e di disagio, provvedendo anche in Italia a rendere obbligatorio per le case produttrici il «black box» (riquadro nero) impresso all'esterno delle confezioni di psicofarmaci, riportanti in sintesi i più pericolosi effetti collaterali degli stessi - così da renderli immediatamente evidenti ai consumatori - non essendo sufficiente - anche a causa del linguaggio eccessivamente tecnicistico - la citazione degli stessi sui foglietti illustrativi contenuti nelle confezioni;
se non ritenga opportuno impegnare il Ministero della salute in una reale ed efficace azione di sensibilizzazione ed informazione della classe medica e degli insegnanti, promuovendo adeguate forme di diffusione di tutte le necessarie informazioni, inerenti i presunti vantaggi ma soprattutto - a miglior tutela del cittadino/paziente - i potenziali pericoli di questo genere di terapie a base di psicofarmaci di sintesi chimica;
se non ritenga - dal momento che i bambini e gli adolescenti delle nuove generazioni sono dei soggetti naturalmente esposti ad una sempre più ampia gamma di stimoli e variabili ambientali, sociali, familiari eccetera, senza che ciò debba necessariamente andare a configurare un quadro diagnostico - di promuovere una politica sociale e sanitaria volta - in luogo di una ormai acclarata tendenza all'ipermedicalizzazione - ad una completa responsabilizzazione di genitori ed insegnanti in un'ottica di dialogo e di ascolto dei disagi del bambino, dal momento che tali disagi paiono dipendere in larga misura non già da «disturbi mentali», ma bensì dalla carenza di risposte adeguate da parte del mondo degli adulti.
(4-13411)

Risposta. - L'ADHD (Attention deficit hyperactivity disorder) o DDAI (Disturbo da deficit attentivo e iperattività), è un disordine dello sviluppo neuropsichico del bambino e dell'adolescente, considerato una patologia dall'Organizzazione mondiale della sanità, nonché dal diagnostic and statistical manual of mental disorders (DSM) dell'American psychiatric association.
L'Attention deficit hyperactivity disorder è caratterizzata da due sintomi; l'inattenzione e l'impulsività-iperattività con esordio prima dei sette anni di età, ed è contrassegnata da una significativa compromissione globale delle attività del bambino.
Nel contesto europeo, l'approccio all'Attention deficit hyperactivity disorder è multidisciplinare e, per il trattamento farmacologico,


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gli psicostimolanti sono considerati la terapia più efficace; tra di essi il metilfenidato, non ancora in commercio nel nostro Paese, è quello maggiormente utilizzato.
L'efficacia e la tollerabilità del metilfenidato sono state oggetto di numerosi studi controllati, i quali hanno dimostrato che esso migliora in maniera consistente, rapida e duratura i sintomi dell' Attention deficit hyperactivity disorder.
L'aumentato rischio di ideazione suicidaria è stato osservato, invece, in adolescenti trattati con farmaci antidepressivi inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina (SSRI), categoria terapeutica cui non appartiene il metilfenidato: il «Black box», richiamato dall'interrogante, è stato inserito solo nelle confezioni degli SSRI.
In Europa la terapia farmacologica è attivata nei casi gravi, nell'ambito di un programma terapeutico multimodale (psicoterapia e farmacoterapia).
In Italia, la Consensus conference tenutasi a Cagliari ha prodotto una serie di raccomandazioni in materia, tra cui la possibilità di poter disporre anche del metilfenidato per i casi non rispondenti alla sola terapia psico-comportamentale, la quale rappresenta, comunque, l'approccio preferenziale alla sindrome in questione.
Nell'ambito dell'iter, tuttora in corso, di autorizzazione alla immissione in commercio della specialità medicinale «Ritalin», a base del suddetto principio attivo, si è resa necessaria la definizione di un particolare regime di dispensazione e di prescrizione.
È stato istituito il registro nazionale Attention deficit hyperactivity disorder, coordinato dal Dipartimento del farmaco dell'Istituto superiore di sanità, in collaborazione con il Ministero della salute, l'Agenzia italiana del farmaco (AIFA) e la Conferenza permanente degli Assessori alla sanità delle regioni e delle province autonome di Trento e Bolzano, che vincola la prescrizione del metilfenidato alla predisposizione di un piano terapeutico semestrale da parte dei Centri clinici accreditati alla diagnosi e terapia (Centri di riferimento).
La terapia deve essere iniziata su prescrizione del neuropsichiatria infantile, dopo valutazione di tutte le informazioni disponibili e sentiti gli altri operatori sanitari e sociali (psicologo, pediatra di famiglia, assistente sociale, eccetera), che si prendono cura della salute del bambino e della sua famiglia.
La somministrazione della prima dose avverrà in ambiente clinico protetto presso strutture accreditate di Neuropsichiatria infantile.
Tutto il percorso diagnostico e terapeutico per i bambini ed adolescenti con Attention deficit hyperactivity disorder farà riferimento ai Centri suddetti, che dovranno disporre del pediatra, dello psicologo, del pedagogista e dell'assistente sociale.
È previsto il controllo clinico da parte del neuropsichiatra infantile, dopo la 1ae la 4a settimana di terapia, per la valutazione dell'efficacia e della tollerabilità.
Qualora venga deciso il mantenimento della terapia farmacologica, saranno programmati controlli clinici almeno dopo 5 mesi e, successivamente, almeno ogni sei mesi; la durata massima del trattamento è di sei mesi, rinnovabili.
La valutazione nei periodi intermedi sarà effettuata dal neuropsichiatra infantile delle strutture territoriali, in collaborazione con il pediatra di famiglia; almeno una volta all'anno (esempio vacanze estive), il trattamento farmacologico sarà interrotto per verificare la possibilità di continuare il trattamento della sindrome con la sola terapia psico-comportamentale.
L'Istituto superiore di sanità sarà responsabile del controllo della qualità, veridicità e privacy dei dati presenti nel database centrale e presso i centri di riferimento regionali.
Va sottolineato che su tale programma di farmacoutilizzazione e di farmacovigilanza, è stato acquisito il parere della Società italiana di neuropsichiatria infantile (S.I.N.I.).
L'inserimento, nel previsto decreto di autorizzazione all'immissione in commercio della specialità medicinale «Ritalin», dell'obbligatorietà di seguire un percorso diagnostico-terapeutico, coordinato da strutture ad altissima specializzazione, e l'istituzione del Registro, rappresentano certamente


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delle misure di salvaguardia della salute dei bambini.
Per quanto riguarda i medicinali antidepressivi, l'Agenzia italiana del farmaco ha inteso precisare che l'efficacia e la sicurezza, nella popolazione pediatrica, degli inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina (SSRI) e degli inibitori della ricaptazione della serotonina-norepinefrina (SNRI), sono state oggetto della revisione effettuata dal Comitato scientifico per i prodotti medicinali per uso umano (CHMP) dell'Agenzia europea dei medicinali (EMEA), iniziata su richiesta della Commissione europea il 17 dicembre 2004 e conclusasi nella riunione del 19-21 aprile 2005.
La revisione ha concluso che il comportamento correlato al suicidio (tentativo di suicidio e ideazione suicidaria) e l'ostilità (prevalentemente comportamento aggressivo, comportamento oppositivo e rabbia), sono stati osservati nelle sperimentazioni cliniche più frequentemente in bambini e adolescenti trattati con tali antidepressivi, rispetto a quelli che avevano ricevuto il placebo.
Pertanto, il Comitato scientifico per i prodotti medicinali per uso umano ha raccomandato l'adozione, nell'Unione europea, di forti avvertenze dirette ai medici e ai genitori riguardo a questi rischi, affinché i medicinali in questione non siano utilizzati nei bambini e negli adolescenti, tranne che per le indicazioni espressamente approvate in tali fasce di età.
La maggior parte di questi prodotti è approvata, a livello comunitario, per il trattamento della depressione e dell'ansia negli adulti, ma nessuno di essi è autorizzato negli Stati membri per il trattamento di tali patologie nei bambini e negli adolescenti; alcuni di questi medicinali, tuttavia, sono autorizzati per uso pediatrico nel trattamento del disturbo ossessivo-compulsivo ed uno di essi per il trattamento del disturbo da deficit dell'attenzione/iperattività.
In tali casi il Comitato scientifico per i prodotti medicinali per uso umano raccomanda che i pazienti siano monitorati attentamente per individuare il manifestarsi di comportamenti suicidari, autolesionisti o di ostilità, in particolare all'inizio del trattamento.
La dichiarazione dell'Agenzia europea dei medicinali è stata pubblicata il 25 aprile 2005 nel sito istituzionale dell'Agenzia italiana del farmaco.
La problematica è stata affrontata anche in vari articoli apparsi, rispettivamente, sui nn. 2 del 2004 e 2 del 2005 del «
Bollettino d'informazione sui farmaci», il quale viene distribuito, in 360.000 copie, ai medici e farmacisti ed è visibile sul sito istituzionale dell'Agenzia italiana del farmaco, nonché sul n. 7-8 del 2004 del Farmacovigilanza news», newsletter bimestrale a cura dell' Agenzia italiana del farmaco e del Ministero della salute, interamente dedicata alla farmacovigilanza ed inviata ai responsabili di farmacovigilanza di tutto il Paese.
Fatti salvi gli aspetti di vigilanza istituzionale propri del Ministero della salute su eventuali e possibili cause di pericolo per la salute dei cittadini, si deve, peraltro, richiamare l'attenzione sul fatto che il compito di informare gli operatori sanitari sulle singole patologie e sui relativi interventi terapeutici spetta alla comunità scientifica, così come è compito e dovere professionale degli specialisti operare secondo «scienza e coscienza», nell'esercizio della pratica clinica, anche con riferimento alla prescrizione terapeutica, che deve rispondere ai criteri di appropriatezza e di efficacia.
Il Sottosegretario di Stato per la salute: Domenico Di Virgilio.

PERROTTA. - Al Ministro della salute, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
come si evince da un comunicato Ansa del 15 aprile 2005, su segnalazione dell'Assoconsum, una giovane quattordicenne ha rischiato il coma etilico dopo alcune consumazioni in un bar;
il Codacons ha presentato un esposto alla Procura della Repubblica di Trento, in cui si chiede il sequestro di milioni di


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confezioni di bibite alcoliche illegalmente somministrate ai minori di 16 anni;
in commercio vi sono una serie di bibite alcoliche «travestite» da normali bibite con una gradazione compresa tra i 5 e i 6 gradi -:
se non sia il caso di realizzare una campagna di informazione nelle scuole per far conoscere ai giovani i rischi connessi all'alcool;
se non sia il caso di adottare iniziative normative volte ad introdurre sanzioni penali più severe al fine di «scoraggiare» qualsiasi barista dal servire bevande alcoliche ai minori di 16 anni.
(4-13784)

Risposta. - Il Ministro della salute, nell'ambito dell'ultima Relazione annuale al Parlamento sulla attuazione della legge 30 marzo 2001, n. 125 «Legge quadro in materia di alcol e problemi alcolcorrelati», ha segnalato l'incremento tra i giovani del consumo alcolico e dei comportamenti di consumo alcolico a rischio.
Nella Relazione vengono illustrati gli interventi adottati dalle regioni per prevenire il fenomeno; molti di questi riguardano il mondo della scuola, con incontri e sessioni di sensibilizzazione e formazione rivolti agli studenti, agli insegnanti e alle famiglie, ed il mondo degli operatori del divertimento notturno giovanile, con attività e corsi di formazione finalizzati a sensibilizzare i partecipanti sulle problematiche e responsabilità derivanti dalla diffusione e dal consumo di bevande alcoliche.
Alcuni di questi interventi regionali fanno parte di progetti nazionali, finanziati, a suo tempo, dal Ministero della salute.
Il Ministero della salute, inoltre, ha realizzato nel 2005 una campagna di sensibilizzazione sui rischi dell'abuso alcolico; il target individuato è stato quello del mondo giovanile, anche in considerazione dell'espresso divieto, imposto dall'articolo 689 del codice penale, agli esercenti di locali pubblici o aperti al pubblico, di somministrare bevande alcoliche ai minori di 16 anni.
Tale campagna ha previsto, tra le altre iniziative, l'invio a tutte le scuole superiori di un pacchetto didattico contenente uno
spot realizzato da un gruppo di giovani, due locandine relative a guida e alcol, un opuscolo informativo che servirà agli insegnanti per informare i ragazzi sui rischi legati all'abuso di alcol e una guida tecnica con le principali indicazioni dell'Organizzazione mondiale della sanità.
In considerazione della rilevanza, a livello nazionale, dei problemi alcolcorrelati, il Ministero della salute ha elaborato un Piano triennale nazionale alcol e salute, da implementare con la collaborazione delle regioni, nell'ambito dei programmi di prevenzione del Centro nazionale per la prevenzione e il controllo delle malattie (CCM) del Ministero; nel Piano sono previste, tra le diverse aree strategiche di livello regionale, le aree della «informazione educazione» e della «responsabilità del mondo della produzione e distribuzione».
Per quanto attiene alla prima area, vi è ricompresa, in particolare l'attivazione di una collaborazione con il mondo della scuola (dalla materna alle superiori) per l'adozione di un programma di promozione della salute di ampio respiro, in cui trovino spazio adeguato la prevenzione del danno alcolcorrelato, lo sviluppo nei bambini e nei ragazzi della capacità di adottare scelte a favore della salute e di comportamenti idonei a fronteggiare le pressioni sociali al bere.
Per la seconda area, si prevede, fra l'altro, di favorire l'inserimento dei soggetti che lavorano nel campo della vendita e somministrazione di bevande alcoliche in specifici programmi di formazione, che ne accrescano la consapevolezza e il senso di responsabilità personale, etica e legale, nonché di accrescere le misure utili a favorire il rispetto dei limiti legali di età per la somministrazione di bevande alcoliche, riducendo così l'accesso ad esse da parte dei giovani.
Il Piano è attualmente all'esame della Conferenza Stato-regioni.
Il Sottosegretario di Stato per la salute: Domenico Di Virgilio.


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PERROTTA. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
la legge di riforma 152/2001, che ha definito gli istituti di patronato come «persone giuridiche di diritto privato che svolgono un servizio di pubblica utilità», ha significativamente allargato il ventaglio dei settori di intervento degli stessi;
il Patronato Labor, ha una notevole capacità organizzativa nella raccolta delle istanze da presentare all'Inps;
a fine anno usufruisce di consistenti finanziamenti, a fronte dei positivi risultati ottenuti -:
quanti punti e quanto ha incassato il patronato in questione per effetto di questo meccanismo negli anni 2001-2002-2003 e 2004.
(4-13904)

Risposta. - In ordine alla interrogazione in esame, concernente il patronato Labor promosso dalla Confederazione delle associazioni e dei sindacati liberi dei lavoratori europei Confeuro, si fa presente quanto segue.
Preliminarmente, si precisa che il meccanismo di erogazione del finanziamento degli enti di patronato, per l'organizzazione e l'attività svolta sia in Italia che all'estero è stato previsto dal decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato del 29 luglio 1947, n. 804, istitutivo dei patronati.
Successivamente, la legge 30 marzo 2001, n. 152, ha stabilito all'articolo 13, che, a decorrere dal 2001, il finanziamento in questione è assicurato mediante il prelevamento di un'aliquota pari allo 0,22 per cento sul gettito dei contributi previdenziali obbligatori incassati da tutte le gestioni amministrate dall'Istituto nazionale di previdenza sociale (Inps), dall'Istituto nazionale di previdenza per i dipendenti pubblici (Inpdap), dall'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (Inail) e dall'Istituto di previdenza per il settore marittimo (Ipsema).
Con la nuova disciplina legislativa sui patronati, il meccanismo dei loro finanziamento ha assunto una forma automatizzata, per la quale la consistenza delle risorse dipende esclusivamente dal gettito dei contributi previdenziali obbligatori incassati dalle gestioni interessate. II meccanismo risulta, pertanto, sottratto a qualsiasi tipo di valutazione o discrezionalità.
Infatti, secondo le disposizioni del comma 3, del summenzionato articolo 13, gli enti previdenziali provvedono entro il 31 gennaio di ogni anno al versamento, nello specifico capitolo dell'unità previsionale di base, nello stato di previsione del bilancio statale, di una somma pari all'80 per cento di quella calcolata applicando l'aliquota stabilita sul gettito dei contributi previdenziali obbligatori incassati nell'anno precedente; la restante quota viene versata dagli Istituti entro il 30 giugno.
II successivo comma 4, del predetto articolo, stabilisce che, a decorrere dal 2002, al fine di assicurare ai patronati le somme occorrenti per il loro regolare funzionamento, gli stanziamenti sul capitolo relativo al Fondo patronati sono determinati in sede previsionale nella misura dell'80 per cento delle somme impegnate nelle stesse unità previsionali sulla base dell'ultimo conto consuntivo approvato. I predetti stanziamenti sono rideterminati in sede di legge di assestamento di bilancio in relazione alle somme effettivamente affluite.
In ogni caso, è assicurata agli Istituti di patronato l'erogazione delle quote di rispettiva competenza nei limiti dell'80 per cento di cui al comma 4, dell'articolo 13 della già citata legge n. 152 del 2001, come dispone il successivo comma 5, entro il primo trimestre dello stesso anno.
È opportuno specificare, poi, che l'erogazione del contributo di finanziamento ai patronati viene effettuata, in attesa della nuova normativa regolamentare da adottare ai sensi dell'articolo 13, comma 7, della sopra citata legge, secondo i criteri individuati dal decreto ministeriale dei 13 dicembre 1994, n. 764, che prevede accertamenti ispettivi finalizzati alla verifica dell'organizzazione e dell'attività svolta da ciascun patronato sia in sede amministrativa che giudiziaria.
II citato provvedimento, inoltre, indica le prestazioni e gli interventi più significativi


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con il relativo punteggio da assegnare. In particolare, il punteggio relativo all'organizzazione territoriale dei patronati è stabilito dall'articolo 9, del decreto ministeriale n. 764. Si specifica, ad ogni modo, che ciò serve soltanto a stabilire la quota di finanziamento spettante a ciascun patronato, senza nulla incidere sul sistema di finanziamento sopra descritto. Si esclude, pertanto, anche l'ipotesi che le risorse finanziarie, risultanti dai prelevamento dell'aliquota dello 0,226 per cento possano avere, destinazione diversa rispetto a quella di finanziare il Fondo patronati, trattandosi, infatti, di risorse preordinate a tale specifico scopo.
In particolare, per il patronato Labor, riconosciuto definitivamente con decreto ministeriale 23 aprile 2003, si è provveduto ad effettuare una anticipazione economica dello 0,195 per cento pari 606.139,00 per il 2002, mentre per l'anno 2003 si è provveduto a ripartire con una percentuale dello 0,0249 per cento, per un totale di 649.300,00 euro. Si è, inoltre, provveduto ad effettuare una anticipazione dello 0,045 per cento pari a 1.068.750,00 euro, per l'esercizio finanziario 2004.
Si specifica, ad ogni modo, che per l'anno 2003, i dati finali, validati dai competenti organi ispettivi, sono pervenuti quasi completamente, mentre sono ancora in fase di verifica i dati relativi all'anno 2004.
Il Ministro del lavoro e delle politiche sociali: Roberto Maroni.

PERROTTA. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
la legge di riforma n. 152/2001, che ha definito gli istituti di patronato come «persone giuridiche di diritto privato che svolgono un servizio di pubblica utilità», ha significativamente allargato il ventaglio dei settori di intervento degli stessi;
il Patronato A.C.A.I., ha una notevole capacità organizzativa nella raccolta delle istanze da presentare all'Inps;
a fine anno usufruisce di consistenti finanziamenti, a fronte dei positivi risultati ottenuti -:
quanti punti e quanto abbia incassato il patronato in questione per effetto di questo meccanismo negli anni 2001-2002-2003 e 2004.
(4-13905)

Risposta. - In ordine alla interrogazione in esame, concernente l'Associazione cristiana degli artigiani italiani (A.C.A.I), promosso dall'Associazione cristiana degli artigiani italiani, si fa presente quanto segue.
Preliminarmente, si precisa che il meccanismo di erogazione del finanziamento degli enti di patronato, per l'organizzazione e l'attività svolta sia in Italia che all'estero è stato previsto dal decreto dal Capo provvisorio dello Stato del 29 luglio 1947, n. 804, istitutivo dei patronati.
Successivamente, la legge 30 marzo 2001, n. 152, ha stabilito all'articolo 13, che, a decorrere dal 2001, il finanziamento in questione è assicurato mediante il prelevamento di un'aliquota pari allo 0,226 per cento sul gettito dei contributi previdenziali obbligatori incassati da tutte le gestioni amministrate dall'Istituto nazionale di previdenza sociale (Inps), dall'Istituto nazionale di previdenza per i dipendenti pubblici (Inpdap), dall'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (Inail) e dall'Istituto di previdenza per il settore marittimo (Ipsema).
Con la nuova disciplina legislativa sui patronati, il meccanismo del loro finanziamento ha assunto una forma automatizzata, per la quale la consistenza delle risorse dipende esclusivamente dal gettito dei contributi previdenziali obbligatori incassati dalle gestioni interessate. Il meccanismo risulta, pertanto, sottratto a qualsiasi tipo di valutazione o discrezionalità.
Infatti, secondo le disposizioni del comma 3, del summenzionato articolo 13, gli enti previdenziali provvedono entro il 31 gennaio di ogni anno al versamento, nello specifico capitolo dell'unità previsionale di base, nello stato di previsione del bilancio statale, di una somma pari all'80 per cento di quella calcolata applicando l'aliquota


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stabilita sul gettito dei contributi previdenziali obbligatori incassati nell'anno precedente; la restante quota viene versata dagli Istituti entro il 30 giugno.
Il successivo comma 4, del predetto articolo, stabilisce che, a decorrere dal 2002, al fine di assicurare ai patronati le somme occorrenti per il loro regolare funzionamento, gli stanziamenti sul capitolo relativo al Fondo patronati sono determinati in sede previsionale nella misura dell'80 per cento delle somme impegnate nelle stesse unità previsionali sulla base dell'ultimo conto consuntivo approvato. I predetti stanziamenti sono rideterminati in sede di legge di assestamento di bilancio in relazione alle somme effettivamente affluite.
In ogni caso, è assicurata agli Istituti di patronato l'erogazione delle quote di rispettiva competenza nei limiti dell'80 per cento, di cui al comma 4, dell'articolo 13 della già citata legge n. 152 del 2001, come dispone il successivo comma 5, entro il primo trimestre dello stesso anno.
È opportuno specificare, poi, che l'erogazione del contributo di finanziamento ai patronati viene effettuata, in attesa della nuova normativa regolamentare da adottare ai sensi dell'articolo 13, comma 7, della sopra citata legge, secondo i criteri individuati dal decreto ministeriale del 13 dicembre 1994, n. 764, che prevede accertamenti ispettivi finalizzati alla verifica dell'organizzazione e dell'attività svolta da ciascun patronato sia in sede amministrativa che giudiziaria.
Il citato provvedimento, inoltre, indica le prestazioni e gli interventi più significativi con il relativo punteggio da assegnare. In particolare, il punteggio relativo all'organizzazione territoriale dei patronati è stabilito dall'articolo 9, del decreto ministeriale n. 764 del 1994. Si specifica, ad ogni modo, che ciò serve soltanto a stabilire la quota di finanziamento spettante a ciascun patronato, senza nulla incidere sul sistema di finanziamento sopra descritto. Si esclude, pertanto, anche l'ipotesi che le risorse finanziarie, risultanti dal prelevamento dell'aliquota dello 0,226 per cento possano avere destinazione diversa rispetto a quella di finanziare il Fondo patronati, trattandosi, infatti, di risorse preordinate a tale specifico scopo.
In particolare, per il patronato A.C.A.I., si è provveduto ad effettuare la ripartizione del «Fondo Patronati» con una percentuale del 3,450 per cento, per un totale di 10.118.790,00 euro, per l'anno 2001 e con una percentuale del 3,687 per cento, per un totale di 11.461.606,00 euro per l'anno 2002. Si è provveduto, poi, ad effettuare una anticipazione economica del 3,616 per cento, per un totale di 9.421.249,00 euro, per il 2003 e ad una anticipazione del 3,68 per un totale di 8.740.000,00 euro per il 2004.
Si specifica, poi, che i dati finali relativi all'anno 2003 sono pervenuti quasi tutti, già verificati dei competenti organi ispettivi, mentre sono in corso di verifica i dati relativi al 2004.
Il Ministro del lavoro e delle politiche sociali: Roberto Maroni.

PERROTTA. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
la legge di riforma n. 152/2001, che ha definito gli istituti di patronato come «persone giuridiche di diritto privato che svolgono un servizio di pubblica utilità», ha significativamente allargato il ventaglio dei settori di intervento degli stessi;
il Patronato E.N.C.A.L., ha una notevole capacità organizzativa nella raccolta delle istanze da presentare all'Inps;
a fine anno usufruisce di consistenti finanziamenti, a fronte dei positivi risultati ottenuti -:
quanti punti e quanto abbia incassato il patronato in questione per effetto di questo meccanismo negli anni 2001-2002-2003 e 2004.
(4-13906)

Risposta. - In ordine alla interrogazione in esame, concernente l'Ente nazionale confederale assistenza lavoratori (Encal), promosso dalla Confederazione italiana sindacati


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autonomi lavoratori (Cisal), si fa presente quanto segue.
Preliminarmente, si precisa che il meccanismo di erogazione del finanziamento degli enti di patronato, per l'organizzazione e l'attività svolta sia in Italia che all'estero è stato previsto dal decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato del 29 luglio 1947, n. 804, istitutivo dei patronati.
Successivamente, la legge 30 marzo 2001, n. 152, ha stabilito all'articolo 13, che, a decorrere dal 2001, il finanziamento in questione è assicurato mediante il prelevamento di un'aliquota pari allo 0,226 per cento sul gettito dei contributi previdenziali obbligatori incassati da tutte le gestioni amministrate dall'Istituto nazionale di previdenza sociale (Inps), dall'Istituto nazionale di previdenza per i dipendenti pubblici (Inpdap), dall'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (Inail) e dall'Istituto di previdenza per il settore marittimo (Ipsema).
Con la nuova disciplina legislativa sui patronati, il meccanismo del loro finanziamento ha assunto una forma automatizzata, per la quale la consistenza delle risorse dipende esclusivamente dal gettito dei contributi previdenziali obbligatori incassati dalle gestioni interessate. Il meccanismo risulta, pertanto, sottratto a qualsiasi tipo di valutazione o discrezionalità.
Infatti, secondo le disposizioni del comma 3, del summenzionato articolo 13, gli enti previdenziali provvedono entro il 31 gennaio di ogni anno al versamento, nello specifico capitolo dell'unità previsionale di base, nello stato di previsione del bilancio statale, di una somma pari all'80 per cento di quella calcolata applicando l'aliquota stabilita sul gettito dei contributi previdenziali obbligatori incassati nell'anno precedente; la restante quota viene versata dagli Istituti entro il 30 giugno.
Il successivo comma 4, del predetto articolo, stabilisce che, a decorrere dal 2002, al fine di assicurare ai patronati le somme occorrenti per il loro regolare funzionamento, gli stanziamenti sul capitolo relativo al Fondo patronati sono determinati in sede previsionale nella misura dell'80 per cento delle somme impegnate nelle stesse unità previsionali sulla base dell'ultimo conto consuntivo approvato. I predetti stanziamenti sono rideterminati in sede di legge di assestamento di bilancio in relazione alle somme effettivamente affluite.
In ogni caso, è assicurata agli Istituti di patronato l'erogazione delle quote di rispettiva competenza nei limiti dell'80 per cento, di cui al comma 4, dell'articolo 13 della già citata legge n. 152 del 2001, come dispone il successivo comma 5, entro il primo trimestre dello stesso anno.
È opportuno specificare, poi, che l'erogazione del contributo di finanziamento ai patronati viene effettuata, in attesa della nuova normativa regolamentare da adottare ai sensi dell'articolo 13, comma 7, della sopra citata legge, secondo i criteri individuati dal decreto ministeriale del 13 dicembre 1994, n. 764, che prevede accertamenti ispettivi finalizzati alla verifica dell'organizzazione e dell'attività svolta da ciascun patronato sia in sede amministrativa che giudiziaria.
Il citato provvedimento, inoltre, indica le prestazioni e gli interventi più significativi con il relativo punteggio da assegnare. In particolare, il punteggio relativo all'organizzazione territoriale dei patronati è stabilito dall'articolo 9, del decreto ministeriale n. 764 del 1994. Si specifica, ad ogni modo, che ciò serve soltanto a stabilire la quota di finanziamento spettante a ciascun patronato, senza nulla incidere sul sistema di finanziamento sopra descritto. Si esclude, pertanto, anche l'ipotesi che le risorse finanziarie, risultanti dal prelevamento dell'aliquota dello 0,226 per cento possano avere destinazione diversa rispetto a quella di finanziare il Fondo patronati, trattandosi, infatti, di risorse preordinate a tale specifico scopo.
Nello specifico, per il patronato E.N.C.A.L., si evidenzia che è proceduto alla ripartizione del «Fondo Patronati» con una percentuale del 3,343 per cento, per un totale di 3.939.947,00 euro, per il 2001, mentre per l'anno 2002 si è provveduto a ripartire, con una percentuale dello 1,251 per cento una quota di euro 3.888.644,00 euro. Si è inoltre, provveduto ad effettuare una anticipazione dello 1,289 per cento per


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3.359.416,00 euro per l'anno 2003 e all'anticipazione dello 1,20 per cento pari a 2.850.000,00 euro, per l'esercizio finanziario 2004, ciò per garantire il regolare funzionamento dello stesso istituto.
Si specifica, ad ogni modo, che per l'anno 2003, i dati finali, validati dai competenti organi ispettivi, sono pervenuti quasi completamente, mentre sono ancora in fase di verifica i dati relativi all'anno 2004.
Il Ministro del lavoro e delle politiche sociali: Roberto Maroni.

PERROTTA. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
la legge di riforma n. 152/2001, che ha definito gli istituti di patronato come «persone giuridiche di diritto privato che svolgono un servizio di pubblica utilità», ha significativamente allargato il ventaglio dei settori di intervento degli stessi;
il Patronato I.N.P.A.S., ha una notevole capacità organizzativa nella raccolta delle istanze da presentare all'Inps;
a fine anno usufruisce di consistenti finanziamenti, a fronte dei positivi risultati ottenuti -:
quanti punti e quanto abbia incassato il patronato in questione per effetto di questo meccanismo negli anni 2001-2002-2003 e 2004.
(4-13907)

Risposta. - In ordine alla interrogazione in esame, concernente l'Ente nazionale di assistenza sociale (patronato I.N.P.A.S.), promosso dalla Confederazione dei sindacati autonomi dei lavoratori (Confal), si fa presente quanto segue.
Preliminarmente, si precisa che il meccanismo di erogazione del finanziamento degli enti di patronato, per l'organizzazione e l'attività svolta sia in Italia che all'estero è stato previsto dal decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato del 29 luglio 1947, n. 804, istitutivo dei patronati.
Successivamente, la legge 30 marzo 2001, n. 152, ha stabilito all'articolo 13, che, a decorrere dal 2001, il finanziamento in questione è assicurato mediante il prelevamento di un'aliquota pari allo 0,226 per cento sul gettito dei contributi previdenziali obbligatori incassati da tutte le gestioni amministrate dall'Istituto nazionale di previdenza sociale (Inps), dall'Istituto nazionale di previdenza per i dipendenti pubblici (Inpdap), dall'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (Inail) e dall'Istituto di previdenza per il settore marittimo (Ipsema).
Con la nuova disciplina legislativa sui patronati, il meccanismo del loro finanziamento ha assunto una forma automatizzata, per la quale la consistenza delle risorse dipende esclusivamente dal gettito dei contributi previdenziali obbligatori incassati dalle gestioni interessate. Il meccanismo risulta, pertanto, sottratto a qualsiasi tipo di valutazione o discrezionalità.
Infatti, secondo le disposizioni del comma 3, del summenzionato articolo 13, gli enti previdenziali provvedono entro il 31 gennaio di ogni anno al versamento, nello specifico capitolo dell'unità previsionale di base, nello stato di previsione del bilancio statale, di una somma pari all'80 per cento di quella calcolata applicando l'aliquota stabilita sul gettito dei contributi previdenziali obbligatori incassati nell'anno precedente; la restante quota viene versata dagli Istituti entro il 30 giugno.
Il successivo comma 4, del predetto articolo, stabilisce che, a decorrere dal 2002, al fine di assicurare ai patronati le somme occorrenti per il loro regolare funzionamento, gli stanziamenti sul capitolo relativo al Fondo patronati sono determinati in sede previsionale nella misura dell'80 per cento delle somme impegnate nelle stesse unità previsionali sulla base dell'ultimo conto consuntivo approvato. I predetti stanziamenti sono rideterminati in sede di legge di assestamento di bilancio in relazione alle somme effettivamente affluite.
In ogni caso, è assicurata agli Istituti di patronato l'erogazione delle quote di rispettiva competenza nei limiti dell'80 per cento, di cui al comma 4, dell'articolo 13 della già


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citata legge n. 152 del 2001, come dispone il successivo comma 5, entro il primo trimestre dello stesso anno.
È opportuno specificare, poi, che l'erogazione del contributo di finanziamento ai patronati viene effettuata, in attesa della nuova normativa regolamentare da adottare ai sensi dell'articolo 13, comma 7, della sopra citata legge, secondo i criteri individuati dal decreto ministeriale del 13 dicembre 1994, n. 764, che prevede accertamenti ispettivi finalizzati alla verifica dell'organizzazione e dell'attività svolta da ciascun patronato sia in sede amministrativa che giudiziaria.
Il citato provvedimento, inoltre, indica le prestazioni e gli interventi più significativi con il relativo punteggio da assegnare. In particolare, il punteggio relativo all'organizzazione territoriale dei patronati è stabilito dall'articolo 9, del decreto ministeriale n. 764 del 1994. Si specifica, ad ogni modo, che ciò serve soltanto a stabilire la quota di finanziamento spettante a ciascun patronato, senza nulla incidere sul sistema di finanziamento sopra descritto. Si esclude, pertanto, anche l'ipotesi che le risorse finanziarie, risultanti dal prelevamento dell'aliquota dello 0,226 per cento possano avere destinazione diversa rispetto a quella di finanziare il Fondo patronati, trattandosi, infatti, di risorse preordinate a tale specifico scopo.
Nello specifico, precisando che il patronato Inpas è stato riconosciuto definitivamente con decreto del 9 giugno 2003, si evidenzia che è proceduto all'anticipazione economica dello 0,050 per cento, per un totale di 130.000,00 euro, per il 2003, e all'anticipazione dello 0,08 pari a 190.000 euro, per l'esercizio finanziario 2004; ciò per garantire il regolare funzionamento dello stesso istituto.
Si specifica, ad ogni modo, che per l'anno 2003, i dati finali, validati dai competenti organi ispettivi, sono pervenuti quasi completamente, mentre sono ancora in fase di verifica i dati relativi all'anno 2004.
Il Ministro del lavoro e delle politiche sociali: Roberto Maroni.

PERROTTA. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
la legge di riforma 152/2001, che ha definito gli istituti di patronato come «persone giuridiche di diritto privato che svolgono un servizio di pubblica utilità», ha significativamente allargato il ventaglio dei settori di intervento degli stessi;
il Patronato E.N.A.S.C.O., ha una notevole capacità organizzativa nella raccolta delle istanze da presentare all'Inps;
a fine anno usufruisce di consistenti finanziamenti, a fronte dei positivi risultati ottenuti -:
a quanto ammontino i finanziamenti erogati al patronato in questione per effetto di questo meccanismo negli anni 2001-2002-2003 e 2004.
(4-13956)

Risposta. - In ordine alla interrogazione in esame, concernente l'Ente nazionale di assistenza sociale per gli esercenti attività commerciali (E.N.A.S.C.O.), promosso dalla Confederazione generale italiana del commercio, del turismo e dei servizi (Confcommercio), si fa presente quanto segue.
Preliminarmente, si precisa che il meccanismo di erogazione del finanziamento degli enti di patronato, per l'organizzazione e l'attività svolta sia in Italia che all'estero è stato previsto da decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato del 29 luglio 1947, n. 804, istitutivo dei patronati.
Successivamente, la legge 30 marzo 2001, n. 152, ha stabilito all'articolo 13, che, a decorrere dal 2001, il finanziamento in questione è assicurato mediante il prelevamento di un'aliquota pari allo 0,226 per cento sul gettito dei contributi previdenziali obbligatori incassati da tutte le gestioni amministrate dall'Istituto nazionale di previdenza sociale (Inps), dall'Istituto nazionale di previdenza per i dipendenti pubblici (Inpdap), dall'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (Inail) e dall'Istituto di previdenza per il settore marittimo (Ipsema).
Con la nuova disciplina legislativa sui patronati, il meccanismo del loro finanziamento


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ha assunto una forma automatizzata, per la quale la consistenza delle risorse dipende esclusivamente dal gettito dei contributi previdenziali obbligatori incassati dalle gestioni interessate. Il meccanismo risulta, pertanto, sottratto a qualsiasi tipo di valutazione o discrezionalità.
Infatti, secondo le disposizioni del comma 3, del summenzionato articolo 13, gli enti previdenziali provvedono entro il 31 gennaio di ogni anno al versamento, nello specifico capitolo dell'unità previsionale di base, nello stato di previsione del bilancio statale, di una somma pari all'80 per cento di quella calcolata applicando l'aliquota stabilita sul gettito dei contributi previdenziali obbligatori incassati nell'anno precedente; la restante quota viene versata dagli Istituti entro il 30 giugno.
Il successivo comma 4, del predetto articolo, stabilisce che, a decorrere dal 2002, al fine di assicurare ai patronati le somme occorrenti per il loro regolare funzionamento, gli stanziamenti sul capitolo relativo al Fondo patronati sono determinati in sede previsionale nella misura dell'80 per cento delle somme impegnate nelle stesse unità previsionali sulla base dell'ultimo conto consuntivo approvato. I predetti stanziamenti sono rideterminati in sede di legge di assestamento di bilancio in relazione alle somme effettivamente affluite.
In ogni caso, è assicurata agli Istituti di patronato l'erogazione delle quote di rispettiva competenza nei limiti dell'80 per cento, di cui al comma 4, dell'articolo 13 della già citata legge n. 152 del 2001, come dispone il successivo comma 5, entro il primo trimestre dello stesso anno.
È opportuno specificare, poi, che l'erogazione del contributo di finanziamento ai patronati viene effettuata, in attesa della nuova normativa regolamentare da adottare ai sensi dell'articolo 13, comma 7, della sopra citata legge, secondo i criteri individuati dal decreto ministeriale del 13 dicembre 1994, n. 764, che prevede accertamenti ispettivi finalizzati alla verifica dell'organizzazione e dell'attività svolta da ciascun patronato sia in sede amministrativa che giudiziaria.
Il citato provvedimento, inoltre, indica le prestazioni e gli interventi più significativi con il relativo punteggio da assegnare. In particolare, il punteggio relativo all'organizzazione territoriale dei patronati è stabilito dall'articolo 9, del decreto ministeriale n. 764 del 1994. Si specifica, ad ogni modo, che ciò serve soltanto a stabilire la quota di finanziamento spettante a ciascun patronato, senza nulla incidere sul sistema di finanziamento sopra descritto. Si esclude, pertanto, anche l'ipotesi che le risorse finanziarie, risultanti dal prelevamento dell'aliquota dello 0,226 per cento possano avere destinazione diversa rispetto a quella di finanziare il Fondo patronati, trattandosi, infatti, di risorse preordinate a tale specifico scopo.
Nello specifico, per il patronato E.N.A.S.C.O., si evidenzia che si è proceduto alla ripartizione del «Fondo Patronati» con una percentuale del 4,408 per cento, per un totale di 12.928.118,00 euro, per il 2001, mentre per l'anno 2002 si è provveduto a ripartire, con una percentuale del 4,140 per cento, una quota di euro 12.872.204,00 euro. Si è, inoltre, provveduto ad effettuare una anticipazione di 11.378.216,00 euro pari ad una percentuale del 4,367 per cento per l'anno 2003 e di 9.975.000,00, pari ad una percentuale del 4,20 per cento per l'anno 2004.
Si specifica, ad ogni modo, che per l'anno 2003, i dati finali, validati dai competenti organi ispettivi, sono pervenuti quasi completamente, mentre sono ancora in fase di verifica i dati relativi all'anno 2004.
Il Ministro del lavoro e delle politiche sociali: Roberto Maroni.

PERROTTA. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
la legge di riforma n. 152 del 2001, che ha definito gli istituti di patronato come «persone giuridiche di diritto privato che svolgono un servizio di pubblica


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utilità», ha significativamente allargato il ventaglio dei settori di intervento degli stessi;
il Patronato SBR, ha una notevole capacità organizzativa nella raccolta delle istanze da presentare all'Inps;
a fine anno usufruisce di una evidente contribuzione economica a fronte dei positivi risultati ottenuti -:
a quanto ammontino i contributi economici erogati al patronato in questione per effetto di questo meccanismo negli anni 2001, 2002, 2003 e 2004.
(4-14052)

Risposta. - In ordine alla interrogazione in esame concernente il patronato Sozialer Beratungsring (S.B.R.), promosso dalla Autonomer sudtiroler gewerkschaftsbund (A.S.G.B.), si fa presente quanto segue.
Preliminarmente, si precisa che il meccanismo di erogazione del finanziamento degli enti di patronato, per l'organizzazione e l'attività svolta sia in Italia che all'estero è stato previsto dal decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato del 29 luglio 1947, n. 804, istitutivo dei patronati.
Successivamente, la legge 30 marzo 2001, n. 152, ha stabilito all'articolo 13, che, a decorrere dal 2001, il finanziamento in questione è assicurato mediante il prelevamento di un'aliquota pari allo 0,226 per cento sul gettito dei contributi previdenziali obbligatori incassati da tutte le gestioni amministrate dall'Istituto azionale di previdenza sociale (Inps), dall'Istituto nazionale di previdenza per i dipendenti pubblici (Inpdap), dall'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (Inail) e dall'Istituto di previdenza per il settore marittimo (Ipsema).
Con la nuova disciplina legislativa sui patronati, il meccanismo dei loro finanziamento ha assunto una forma automatizzata, per la quale la consistenza delle risorse dipende esclusivamente dal gettito dei contributi previdenziali obbligatori incassati dalle gestioni interessate. Il meccanismo risulta, pertanto, sottratto a qualsiasi tipo di valutazione o discrezionalità.
Infatti, secondo le disposizioni del comma 3, del summenzionato articolo 13, gli enti previdenziali provvedono entro il 31 gennaio di ogni anno al versamento, nello specifico capitolo dell'unità previsionale di base, nello stato di previsione del bilancio statale, di una somma pari all'80 per cento di quella calcolata applicando l'aliquota stabilita sul gettito dei contributi previdenziali obbligatori incassati nell'anno precedente; la restante quota viene versata dagli Istituti entro il 30 giugno.
Il successivo comma 4, del predetto articolo, stabilisce che, a decorrere dal 2002, al fine di assicurare ai patronati le somme occorrenti per il loro regolare funzionamento, gli stanziamenti sul capitolo relativo al Fondo patronati sono determinati in sede previsionale nella misura dell'80 per cento delle somme impegnate nelle stesse unità previsionali sulla base dell'ultimo conto consuntivo approvato. I predetti stanziamenti sono rideterminati in sede di legge di assestamento di bilancio in relazione alle somme effettivamente affluite.
In ogni caso, è assicurata agli Istituti di patronato l'erogazione delle quote di rispettiva competenza nei limiti dell'80 per cento, di cui al comma 4, dell'articolo 13 della già citata legge n. 153 del 2001, come dispone il successivo comma 5, entro il primo trimestre dello stesso anno.
È opportuno specificare, poi, che l'erogazione del contributo di finanziamento ai patronati viene effettuata, in attesa della nuova normativa regolamentare da adottare ai sensi dell'articolo 13, comma 7, della sopra citata legge, secondo i criteri individuati dal decreto ministeriale del 13 dicembre 1994, n. 764, che prevede accertamenti ispettivi finalizzati alla verifica dell'organizzazione e dell'attività svolta da ciascun patronato sia in sede amministrativa che giudiziaria.
Il citato provvedimento, inoltre, indica le prestazioni e gli interventi più significativi con il relativo punteggio da assegnare. In particolare, il punteggio relativo all'organizzazione territoriale dei patronati è stabilito dall'articolo 9, del decreto ministeriale n. 764 del 1994. Si specifica, ad ogni modo, che ciò serve soltanto a stabilire la


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quota di finanziamento spettante a ciascun patronato, senza nulla incidere sul sistema di finanziamento sopra descritto. Si esclude, pertanto, anche l'ipotesi che le risorse finanziarie, risultanti dal prelevamento dell'aliquota dello 0,226 per cento possano avere destinazione diversa rispetto a quella di finanziare il Fondo patronati, trattandosi, infatti, di risorse preordinate a tale specifico scopo.
In particolare, per il patronato S.B.R., si è provveduto ad effettuare una anticipazione economica dello 0,024 per cento per un totale di 71.269,00 euro per il 2001, mentre per l'anno 2002, con una percentuale dello 0,026 per cento per una somma complessiva di 82.356,00. Si è provveduto, poi, ad effettuare una anticipazione economica dello 0,020 per un totale di 51.999,00, per il 2003, e all'anticipazione dello 0,020 pari a 54.625,00, per l'esercizio finanziario 2004; ciò per garantire il regolare funzionamento dello stesso istituto.
Si specifica, ad ogni modo, che per l'anno 2003, i dati finali, validati dai competenti organi ispettivi, sono pervenuti quasi completamente, mentre sono ancora in fase di verifica i dati relativi all'anno 2004.
Il Ministro del lavoro e delle politiche sociali: Roberto Maroni.

PERROTTA. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
la legge di riforma n. 152 del 2001, che ha definito gli istituti di patronato come «persone giuridiche di diritto privato che svolgono un servizio di pubblica utilità», ha significativamente allargato il ventaglio dei settori di intervento degli stessi;
il Patronato I.N.A.S., ha una notevole capacità organizzativa nella raccolta delle istanze da presentare all'Inps;
a fine anno usufruisce di una evidente contribuzione da parte dell'Inps, a causa dei risultati positivi ottenuti -:
a quanto ammontino i finanziamenti erogati al patronato in questione negli anni 2001, 2002, 2003 e 2004.
(4-14063)

Risposta. - In ordine alla interrogazione in esame concernente l'Istituto nazionale di assistenza sociale (I.N.A.S.), promosso dalla Confederazione italiana sindacati lavoratori (C.I.S.L.), si fa presente quanto segue.
Preliminarmente, si precisa che il meccanismo di erogazione del finanziamento degli enti di patronato, per l'organizzazione e l'attività svolta sia in Italia che all'estero è stato previsto dal decreto legislativo dal Capo provvisorio dello Stato del 29 luglio 1947, n. 804, istitutivo dei patronati.
Successivamente, la legge 30 marzo 2001, n. 152, ha stabilito all'articolo 13, che, a decorrere dal 2001, il finanziamento in questione è assicurato mediante il prelevamento di un'aliquota pari allo 0,226 per cento sul gettito dei contributi previdenziali obbligatori incassati da tutte le gestioni amministrate dall'Istituto nazionale di previdenza sociale (Inps), dall'Istituto nazionale di previdenza per i dipendenti pubblici (Inpdap), dall'Istituto nazionale per l'assicurazione contro infortuni sul lavoro (Inail) dall'istituto di previdenza per il settore marittimo (Ipsema).
Con la nuova disciplina legislativa sui patronati, il meccanismo del loro finanziamento ha assunto una forma automatizzata, per la quale la consistenza delle risorse dipende esclusivamente dal gettito dei contributi previdenziali obbligatori incassati dalle gestioni interessate. Il meccanismo risulta, pertanto, sottratto a qualsiasi tipo di valutazione o discrezionalità.
Infatti, secondo le disposizioni del comma 3, del summenzionato articolo 13, gli enti previdenziali provvedono entro il 31 gennaio di ogni anno al versamento, nello specifico capitolo dell'unità previsionale di base, nello stato di previsione del bilancio statale, di una somma pari all'80 per cento di quella calcolata applicando l'aliquota stabilita sul gettito dei contributi previdenziali obbligatori incassati nell'anno precedente; la restante quota viene versata dagli Istituti entro il 30 giugno.


Pag. CI

Il successivo comma 4, del predetto articolo, stabilisce che, a decorrere dal 2002, al fine di assicurare ai patronati le somme occorrenti per il loro regolare funzionamento, gli stanziamenti sul capitolo relativo al Fondo patronati sono determinati in sede previsionale nella misura dell'80 per cento delle somme impegnate nelle stesse unità previsionali sulla base dell'ultimo conto consuntivo approvato. I predetti stanziamenti sono rideterminati in sede di legge di assestamento di bilancio in relazione alle somme effettivamente affluite.
In ogni caso, è assicurata agli Istituti di patronato l'erogazione delle quote di rispettiva competenza nei limiti dell'80 per cento, di cui al comma 4, dell'articolo 13 della già citata legge n. 152 del 2001, come dispone il successivo comma 5, entro il primo trimestre dello stesso anno.
È opportuno specificare, poi, che l'erogazione del contributo di finanziamento ai patronati viene effettuata, in attesa della nuova normativa regolamentare da adottare ai sensi dell'articolo 13, comma 7, della sopra citata legge, secondo i criteri individuati dal decreto ministeriale del 13 dicembre 1994, n. 764, che prevede accertamenti ispettivi finalizzati alla verifica dell'organizzazione e dell'attività svolta da ciascun patronato sia in sede amministrativa che giudiziaria.
Il citato provvedimento, inoltre, indica le prestazioni e gli interventi più significativi con il relativo punteggio da assegnare. In particolare, il punteggio relativo all'organizzazione territoriale dei patronati è stabilito dall'articolo 9, del decreto ministeriale n. 764 del 1994. Si specifica, ad ogni modo, che ciò serve soltanto a stabilire la quota di finanziamento spettante a ciascun patronato, senza nulla incidere sul sistema di finanziamento sopra descritto. Si esclude, pertanto, anche l'ipotesi che le risorse finanziarie, risultanti dal prelevamento dell'aliquota dello 0,226 per cento possano avere destinazione diversa rispetto a quella di finanziare il, Fondo, patronati; trattandosi infatti, di risorse preordinate a tale specifico scopo.
Nello specifico, per il patronato I.N.A.S., si evidenzia che si è proceduto alla ripartizione del «Fondo Patronati» con una percentuale del 18,979 per cento per un totale di 55.665.849,00 euro, per il 2001, mentre per l'anno 2002 si è provveduto a ripartire, con una percentuale del 18,433 per cento, una quota di euro 57.305.252,00 euro. Si è, inoltre, provveduto ad effettuare una anticipazione di 48.974.763,00 euro pari ad una percentuale del 18,79 per cento per l'anno 2003 e di 43.700.000,00, pari ad una percentuale del 18,40 per cento per l'anno 2004.
Si specifica, ad ogni modo, che per l'anno 2003, i dati finali, validati dai competenti organi ispettivi, sono pervenuti quasi completamente, mentre sono ancora in fase di verifica i dati relativi all'anno 2004.
Il Ministro del lavoro e delle politiche sociali: Roberto Maroni.

PERROTTA. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
la legge di riforma 152/2001, che ha definito gli istituti di patronato come «persone giuridiche di diritto privato che svolgono un servizio di pubblica utilità», ha significativamente allargato il ventaglio dei settori di intervento degli stessi;
il Patronato I.N.C.A., ha una notevole capacità organizzativa nella raccolta delle istanze da presentare all'Inps;
a fine anno usufruisce di contributi economici, a fronte dei positivi risultati ottenuti -:
a quanto ammontino i contributi economici erogati al patronato in questione per effetto di questo meccanismo negli anni 2001, 2002, 2003 e 2004.
(4-14137)

Risposta. - In ordine alla interrogazione in esame, concernente l'Istituto nazionale confederale per l'assistenza sociale (I.N.C.A.), promosso dalla Confederazione generale italiana del lavoro (C.G.I.L.), si fa presente quanto segue.


Pag. CII

Preliminarmente, si precisa che il meccanismo di erogazione del finanziamento degli enti di patronato, per l'organizzazione e l'attività svolta sia in Italia che all'estero è stato previsto dal decreto legislativo dal Capo provvisorio dello Stato del 29 luglio 1947, n. 804, istitutivo dei patronati.
Successivamente, la legge 30 marzo 2001, n. 152, ha stabilito all'articolo 13, che, a decorrere dal 2001, il finanziamento in questione è assicurato mediante il prelevamento di un'aliquota pari allo 0,226 per cento sul gettito dei contributi previdenziali obbligatori incassati da tutte le gestioni amministrate dall'Istituto nazionale di previdenza sociale (Inps), dall'Istituto nazionale di previdenza per i dipendenti pubblici (Inpdap), dall'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (Inail) e dall'Istituto di previdenza per il settore Marittimo (Ipsema).
Con la nuova disciplina legislativa sui patronati, il meccanismo del loro finanziamento ha assunto una forma automatizzata, per la quale la consistenza delle risorse dipende esclusivamente dal gettito dei contributi previdenziali obbligatori incassati dalle gestioni interessate. Il meccanismo risulta, pertanto, sottratto a qualsiasi tipo di valutazione o discrezionalità.
Infatti, secondo le disposizioni del comma 3, del summenzionato articolo 13, gli enti previdenziali provvedono entro il 31 gennaio di ogni anno al versamento, nello specifico capitolo dell'unità previsionale di base, nello stato di previsione del bilancio statale, di una somma pari all'80 per cento di quella calcolata applicando l'aliquota stabilita sul gettito dei contributi previdenziali obbligatori incassati nell'anno precedente; la restante quota viene versata dagli Istituti entro il 30 giugno.
Il successivo comma 4, del predetto articolo, stabilisce che, a decorrere dal 2002, al fine di assicurare ai patronati le somme occorrenti per il loro regolare funzionamento, gli stanziamenti sul capitolo relativo al Fondo patronati sono determinati in sede previsionale nella misura dell'80 per cento delle somme impegnate nelle stesse unità previsionali sulla base dell'ultimo conto consuntivo approvato. I predetti stanziamenti sono rideterminati in sede di legge di assestamento di bilancio in relazione alle somme effettivamente affluite.
In ogni caso, è assicurata agli Istituti di patronato l'erogazione delle quote di rispettiva competenza nei limiti dell'80 per cento di cui al comma 4, dell'articolo 13 della già citata legge n. 152 del 2001, come dispone il successivo comma 5, entro il primo trimestre dello stesso anno.
È opportuno specificare, poi, che l'erogazione del contributo di finanziamento ai patronati viene effettuata, in attesa della nuova normativa regolamentare da adottare ai sensi dell'articolo 13, comma 7, della sopra citata legge, secondo i criteri individuati dal decreto ministeriale del 13 dicembre 1994, n. 764, che prevede accertamenti ispettivi finalizzati alla verifica dell'organizzazione e dell'attività svolta da ciascun patronato sia in sede amministrativa che giudiziaria.
Il citato provvedimento, inoltre, indica le prestazioni e gli interventi più significativi con il relativo punteggio da assegnare. In particolare, il punteggio relativo all'organizzazione territoriale dei patronati è stabilito dall'articolo 9, del decreto ministeriale n. 764 del 1994. Si specifica, ad ogni modo, che ciò serve soltanto a stabilire la quota di finanziamento spettante a ciascun patronato, senza nulla incidere sul sistema di finanziamento sopra descritto. Si esclude, pertanto, anche l'ipotesi che le risorse finanziarie, risultanti dal prelevamento dell'aliquota dello 0,226 per cento possano avere destinazione diversa rispetto a quella di finanziare il Fondo patronati, trattandosi, infatti, di risorse preordinate a tale specifico scopo.
Nello specifico, per il patronato I.N.C.A., si evidenzia che si è proceduto alla ripartizione del «Fondo Patronati» con una percentuale dello 24,588 per cento per un totale di 72.114.618,00 euro, per il 2001, mentre per l'anno 2002 si è provveduto a ripartire, con una percentuale del 24,018 per cento, una quota di euro 74.669.228,00 euro. Si è, inoltre, provveduto ad effettuare una anticipazione di 63.358.357,00 euro pari ad una percentuale del 24,316 per cento per l'anno 2003 e di 56.168.750,00


Pag. CIII

pari ad una percentuale del 23,65 per cento per l'anno 2004.
Si specifica, ad ogni modo, che per l'anno 2003, i dati finali, validati dai competenti organi ispettivi, sono pervenuti quasi completamente, mentre sono ancora in fase di verifica i dati relativi all'anno 2004.
Il Ministro del lavoro e delle politiche sociali: Roberto Maroni.

PERROTTA. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
la legge di riforma 152/2001, che ha definito gli istituti di patronato come «persone giuridiche di diritto privato che svolgono un servizio di pubblica utilità», ha significativamente allargato il ventaglio dei settori di intervento degli stessi;
il Patronato l'E.P.A.C.A., ha una notevole capacità organizzativa nella raccolta delle istanze da presentare all'Inps;
a fine anno usufruisce di contributi economici, a causa dei positivi risultati ottenuti -:
a quanto ammontino i contributi economici erogati al patronato in questione per effetto di tale meccanismo negli anni 2001, 2002, 2003 e 2004.
(4-14263)

Risposta. - In ordine alla interrogazione in discorso, concernente l'Ente di patronato e di assistenza per i coltivatori (E.P.A.C.A.), promosso dalla Confederazione Nazionale Coltivatori Diretti, si fa presente quanto segue.
Preliminarmente, si precisa che il meccanismo di erogazione del finanziamento degli enti di patronato, per l'organizzazione e l'attività svolta sia in Italia che all'estero è stato previsto dal decreto legislativo dal Capo provvisorio dello Stato del 29 luglio 1947, n. 804, istitutivo dei patronati.
Successivamente, la legge 30 marzo. 2001, n. 152, ha stabilito all'articolo 13, che, a decorrere dal 2001, il finanziamento in questione è assicurato mediante il prelevamento di un'aliquota pari allo 0,226 per cento sul gettito dei contributi previdenziali obbligatori incassati da tutte le gestioni amministrate dall'Istituto Nazionale di Previdenza Sociale (INPS), dall'Istituto nazionale di previdenza per dipendenti pubblici (Inpdap), dall'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (Inail) e dall'Istituto di previdenza per il settore marittimo (Ipsema).
Con la nuova disciplina legislativa sui patronati, il meccanismo del loro finanziamento ha assunto una forma automatizzata, per la quale la consistenza delle risorse dipende esclusivamente dal gettito dei contributi previdenziali obbligatori incassati dalle gestioni interessate. Il meccanismo risulta, pertanto, sottratto a qualsiasi tipo di valutazione o discrezionalità.
Infatti, secondo le disposizioni del comma 3, del summenzionato articolo 13, gli enti previdenziali provvedono entro il 31 gennaio di ogni anno al versamento, nello specifico capitolo dell'unità previsionale di base, nello stato di previsione del bilancio statale, di una somma pari all'80 per cento di quella calcolata applicando l'aliquota stabilita sul gettito dei contributi previdenziali obbligatori incassati nell'anno precedente; la restante quota viene versata dagli Istituti entro il 30 giugno.
Il successivo comma 4, del predetto articolo, stabilisce che, a decorrere dal 2002, al fine di assicurare ai patronati le somme occorrenti per il loro regolare funzionamento, gli stanziamenti sul capitolo relativo al Fondo patronati sono determinati in sede previsionale nella misura dell'80 per cento delle somme impegnate nelle stesse unità previsionali sulla base dell'ultimo conto consuntivo approvato. I predetti stanziamenti sono rideterminati in sede di legge di assestamento di bilancio in relazione alle somme effettivamente affluite.
In ogni caso, è assicurata agli istituti di patronato l'erogazione delle quote di rispettiva competenza nei limiti dell'80 per cento di cui al comma 4, dell'articolo 13 della già citata legge n. 152 del 2001, come dispone il successivo comma 5, entro il primo trimestre dello stesso anno.


Pag. CIV

È opportuno specificare, poi, che l'erogazione del contributo di finanziamento ai patronati viene effettuata, in attesa della nuova normativa regolamentare da adottare ai sensi dell'articolo 13, comma 7, della sopra citata legge, secondo i criteri individuati dal decreto ministeriale del 13 dicembre 1994, n. 764, che prevede accertamenti ispettivi finalizzati alla verifica dell'organizzazione e dell'attività svolta da ciascun patronato sia in sede amministrativa che giudiziaria.
Il citato provvedimento, inoltre, indica le prestazioni e gli interventi più significativi con il relativo punteggio da assegnare. In particolare, il punteggio relativo all'organizzazione territoriale dei patronati è stabilito dall'articolo 9, del decreto ministeriale n. 764 del 1994. Si specifica, ad ogni modo, che ciò serve soltanto a stabilire la quota di finanziamento spettante a ciascun patronato, senza nulla incidere sul sistema di finanziamento sopra descritto. Si esclude, pertanto, anche l'ipotesi che le risorse finanziarie, risultanti dal prelevamento dell'aliquota dello 0,226 per cento possano avere destinazione diversa rispetto a quella di finanziare il Fondo patronati, trattandosi, infatti, di risorse preordinate a tale specifico scopo.
Nello specifico, per il patronato E.P.A.C.A., si evidenzia che si è proceduto alla ripartizione del «Fondo Patronati» con una percentuale del 7,321 per un totale di 21.472.891,00 euro, per il 2001, mentre per l'anno 2002 si è provveduto a ripartire, con una percentuale del 7,897 per cento, una quota di euro 24.549.743,00 euro. Si è, inoltre, provveduto ad effettuare una anticipazione di 19.225.472,00 euro pari ad una percentuale del 7,379 per cento per l'anno 2003 e di 18.762.500,00 pari ad una percentuale del 7,90 per cento per l'anno 2004.
Si specifica, ad ogni modo, che per l'anno 2003, i dati finali, validati dai competenti organi ispettivi, sono pervenuti quasi completamente, mentre sono ancora in fase di verifica i dati relativi all'anno 2004.
Il Ministro del lavoro e delle politiche sociali: Roberto Maroni.

PERROTTA. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
la legge di riforma 152/2001, che ha definito gli istituti di patronato come «persone giuridiche di diritto privato che svolgono un servizio di pubblica utilità», ha significativamente allargato il ventaglio dei settori di intervento degli stessi;
il Patronato E.P.A.S., ha una notevole capacità organizzativa nella raccolta delle istanze da presentare all'Inps;
a fine anno usufruisce di consistenti contributi economici, a fronte dei positivi risultati ottenuti -:
quanto sia stato erogato al patronato in questione per effetto di tale meccanismo negli anni 2001, 2002, 2003 e 2004.
(4-14269)

Risposta. - In ordine alla interrogazione in discorso concernente l'Ente di patronato e di assistenza sociale (E.P.A.S.), promosso dalla Federazione nazionale agricoltura, si fa presente quanto segue.
Preliminarmente, si precisa che il meccanismo di erogazione del finanziamento degli enti di patronato, per l'organizzazione e l'attività svolta sia in Italia che all'estero è stato previsto dal decreto legislativo dal Capo provvisorio dello Stato del 29 luglio 1947, n. 804, istitutivo dei patronati.
Successivamente, la legge 30 marzo 2001, n. 152, ha stabilito all'articolo 13, che, a decorrere dal 2001, il finanziamento in questione è assicurato mediante il prelevamento di un'aliquota pari allo 0,226 per cento sul gettito dei contributi previdenziali obbligatori incassati da tutte le gestioni amministrate dall'Istituto nazionale di previdenza sociale (Inps), dall'Istituto nazionale di previdenza per i dipendenti pubblici (Inpdap), dall'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (Inail) e dall'Istituto di previdenza per il settore Marittimo (Ipsema).
Con la nuova disciplina legislativa sui patronati, il meccanismo del loro finanziamento ha assunto una forma automatizzata, per la quale la consistenza delle


Pag. CV

risorse dipende esclusivamente dal gettito dei contributi previdenziali obbligatori incassati dalle gestioni interessate. Il meccanismo risulta, pertanto, sottratto a qualsiasi tipo di valutazione o discrezionalità.
Infatti, secondo le disposizioni del comma 3, del summenzionato articolo 13, gli enti previdenziali provvedono entro il 31 gennaio di ogni anno al versamento, nello specifico capitolo dell'unità previsionale di base, nello stato di previsione dei bilancio statale, di una somma pari all'80 per cento di quella calcolata applicando l'aliquota stabilita sul gettito dei contributi previdenziali obbligatori incassati nell'anno precedente; la restante quota viene versata dagli Istituti entro il 30 giugno.
Il successivo comma 4, del predetto articolo, stabilisce che, a decorrere dal 2002, al fine di assicurare ai patronati le somme occorrenti per il loro regolare funzionamento, gli stanziamenti sul capitolo relativo al Fondo patronati sono determinati in sede previsionale nella misura dell'80 per cento delle somme impegnate nelle stesse unità previsionali sulla base dell'ultimo conto consuntivo approvato. I predetti stanziamenti sono rideterminati in sede di legge di assestamento di bilancio in relazione alle somme effettivamente affluite.
In ogni caso, è assicurata agli Istituti di patronato l'erogazione delle quote di rispettiva competenza di limiti dell'80 per cento di cui al comma 4, dell'articolo 13 della già citata legge n. 152 del 2001, come dispone il successivo comma 5, entro il primo trimestre dello stesso anno.
È opportuno specificare, poi, che l'erogazione del contributo di finanziamento ai patronati viene effettuata, in attesa della nuova normativa regolamentare da adottare ai sensi dell'articolo 13, comma 7, della sopra citata legge, secondo i criteri individuati dal decreto ministeriale del 13 dicembre 1994, n. 764, che prevede accertamenti ispettivi finalizzati alla verifica dell'organizzazione e dell'attività svolta da ciascun patronato sia in sede amministrativa che giudiziaria.
Il citato provvedimento, inoltre, indica le prestazioni e gli interventi più significativi con il relativo punteggio da assegnare. In particolare, il punteggio relativo all'organizzazione territoriale dei patronati è stabilito dall'articolo 9, del decreto ministeriale n. 764/94. Si specifica, ad ogni modo, che ciò serve soltanto a stabilire la quota di finanziamento spettante a ciascun patronato, senza nulla incidere sul sistema di finanziamento sopra descritto. Si esclude, pertanto, anche l'ipotesi che le risorse finanziarie, risultanti dal prelevamento dell'aliquota dello 0,226 per cento possano avere destinazione diversa rispetto a quella di finanziare il Fondo patronati; trattandosi, infatti, di risorse preordinate a tale specifico scopo.
In particolare, per il patronato E.P.A.S., riconosciuto definitivamente con decreto Ministeriale 3 aprile 2003, si è provveduto ad effettuare una ripartizione del «Fondo Patronati» per l'anno 2002, con una percentuale dello 0,439 per cento per un totale di 1.365.044 euro. Si è provveduto, inoltre, ad effettuare una anticipazione economica dello 0,487 per cento, per un totale di 1.269.647,00 euro, per il 2003 e ad una anticipazione dell'1 per cento per un totale di 2.375.000,00 euro, per il 2004.
Si specifica, poi, che i dati finali relativi all'anno 2003, già verificati dei competenti organi ispettivi, sono pervenuti quasi tutti, mentre sono in corso di verifica i dati relativi al 2004.
Il Ministro del lavoro e delle politiche sociali: Roberto Maroni.

PERROTTA. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
l'A.C.L.I., dal 1945, offre gratuitamente la propria assistenza ai cittadini ed ai lavoratori;
il Patronato A.C.L.I., ha una notevole capacità organizzativa nella raccolta delle istanze da presentare all'Inps;


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a fine anno usufruisce di consistenti contributi economici, a causa dei «punti» ottenuti -:
quanto sia stato erogato al patronato in questione per effetto di tale meccanismo negli anni 2001, 2002, 2003 e 2004.
(4-14270)

Risposta. - In ordine alla interrogazione in discorso, concernente patronato ACLI per i Servizi Sociali dei Lavoratori (A.C.L.I.) promosso dalle Associazioni, cristiane lavoratori italiani per i servizi sociali, si fa presente quanto segue.
Preliminarmente, si precisa che il meccanismo di erogazione del finanziamento degli enti di patronato, per l'organizzazione e l'attività svolta sia in Italia che all'estero è stato previsto dal decreto legislativo dal Capo provvisorio dello Stato del 29 luglio 1947, n. 804, istitutivo dei patronati.
Successivamente, la legge 30 marzo 2001, n. 152, ha stabilito all'articolo 13, che, a decorrere dal 2001, il finanziamento in questione è assicurato mediante il prelevamento di un'aliquota pari allo 0,226 per cento sul gettito dei contributi previdenziali obbligatori incassati da tutte le gestioni amministrate dall'Istituto Nazionale di Previdenza Sociale (Inps), dall'Istituto nazionale di previdenza per i dipendenti pubblici (Inpdap), dall'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (Inail) e dall'Istituto di previdenza per il settore Marittimo (Ipsema).
Con la nuova disciplina, legislativa sui patronati, il meccanismo del loro finanziamento ha assunto una forma automatizzata, per la quale là consistenza delle risorse dipende esclusivamente dal gettito dei contributi previdenziali obbligatori incassati dalle gestioni interessate. Il meccanismo risulta, pertanto, sottratto a qualsiasi tipo di valutazione o discrezionalità.
Infatti, secondo le disposizioni del comma 3, del summenzionato articolo 13, gli enti previdenziali provvedono entro il 31 gennaio di ogni anno al versamento, nello specifico capitolo dell'unità previsionale di base, nello stato di previsione del bilancio statale, di una somma pari all'80 per cento di quella calcolata applicando l'aliquota stabilita sul gettito dei contributi previdenziali obbligatori incassati nell'anno precedente; la restante quota viene versata dagli Istituti entro il 30 giugno.
Il successivo comma 4, del predetto articolo, stabilisce che, a decorrere dal 2002, al fine di assicurare ai patronati le somme occorrenti per il loro regolare funzionamento, gli stanziamenti sul capitolo relativo al Fondo patronati sono determinati in sede previsionale nella misura dell'80 per cento delle somme impegnate nelle stesse unità previsionali sulla base dell'ultimo conto consuntivo approvato. I predetti stanziamenti sono rideterminati in sede di legge di assestamento di bilancio in relazione alle somme effettivamente affluite.
In ogni caso, è assicurata agli Istituti di patronato l'erogazione delle quote di rispettiva competenza nei limiti dell'80 per cento di cui al comma 4, dell'articolo 13 della già citata legge n. 152 del 2001, come dispone il successivo comma 5, entro il primo trimestre dello stesso anno.
È opportuno specificare, poi, che l'erogazione del contributo di finanziamento ai patronati viene effettuata, in attesa della nuova normativa regolamentare da adottare ai sensi dell'articolo 13, comma 7, della sopra citata legge, secondo i criteri individuati dal decreto ministeriale del 13 dicembre 1994, n. 764, che prevede accertamenti ispettivi finalizzati alla verifica dell'organizzazione e dell'attività svolta da ciascun patronato sia in sede amministrativa che giudiziaria.
Il citato provvedimento, inoltre, indica le prestazioni e gli interventi più significativi con il relativo punteggio da assegnare. In particolare, il punteggio relativo all'organizzazione territoriale dei patronati è stabilito dall'articolo 9, del decreto ministeriale n. 764 del 1994. Si specifica, ad ogni modo, che ciò serve soltanto a stabilire la quota di finanziamento spettante a ciascun patronato, senza nulla incidere sul sistema di finanziamento sopra descritto. Si esclude, pertanto, anche l'ipotesi che le risorse finanziarie, risultanti dal prelevamento dell'aliquota dello 0,226 per cento possano avere destinazione diversa rispetto a quella


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di finanziare il Fondo patronati, trattandosi, infatti, di risorse preordinate a tale specifico scopo.
Nello specifico, per il patronato A.C.L.I., si evidenzia che si è proceduto alla ripartizione del «Fondo Patronati» con una percentuale dell'11,684 per cento, per un totale di 34.267.507,00 euro, per il 2001, mentre per l'anno 2002 si è provveduto a ripartire, con una percentuale dell'11,564 per cento una quota di euro 35.951.372,00 euro. Si è, inoltre, provveduto ad effettuare una anticipazione di 30.118.231,00 euro pari ad una percentuale dell'11,55 per l'anno 2003 e di 26.837.500,00 pari ad una percentuale dell'11,30 per l'anno 2004.
Si specifica, ad ogni modo, che per l'anno 2003, i dati finali, validati dai competenti organi ispettivi, sono pervenuti quasi completamente, mentre sono ancora in fase di verifica i dati relativi all'anno 2004.
Il Ministro del lavoro e delle politiche sociali: Roberto Maroni.

PERROTTA. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
la legge di riforma 152/2001, che ha definito gli istituti di patronato come «persone giuridiche di diritto privato che svolgono un servizio di pubblica utilità», ha significativamente allargato il ventaglio dei settori di intervento degli stessi;
il patronato F.A.C.I., ha una notevole capacità organizzativa nella raccolta delle istanze da presentare all'Inps;
a fine anno usufruisce di consistenti contributi economici a fronte dei positivi risultati ottenuti -:
quanto abbia incassato il patronato in questione per effetto di questo meccanismo negli anni 2001, 2002, 2003 e 2004.
(4-14277)

Risposta. - In ordine alla interrogazione in discorso, concernente la Federazione delle associazioni del clero in Italia (F.A.C.I.), si fa presente quanto segue.
Preliminarmente, si precisa che il meccanismo di erogazione del finanziamento degli enti di patronato, per l'organizzazione e l'attività svolta sia in Italia che all'estero è stato previsto dal decreto legislativo dal Capo provvisorio dello Stato del 29 luglio 1947, n. 804, istitutivo dei patronati.
Successivamente, la legge 30 marzo 2001, n. 152, ha stabilito all'articolo 13, che, a decorrere dal 2001, il finanziamento in questione è assicurato mediante il prelevamento di un'aliquota pari allo 0,226 per cento sul gettito dei contributi previdenziali obbligatori incassati da tutte le gestioni amministrate dall'Istituto nazionale di previdenza sociale (Inps), dall'Istituto nazionale di previdenza per dipendenti pubblici (Inpdap), dall'istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (Inail) e dall'Istituto di previdenza per il settore marittimo (Ipsema).
Con la nuova disciplina legislativa sui patronati, il meccanismo del loro finanziamento ha assunto una forma automatizzata, per la quale la consistenza delle risorse dipende esclusivamente dal gettito dei contributi previdenziali obbligatori incassati dalle gestioni interessate. Il meccanismo risulta, pertanto, sottratto a qualsiasi tipo di valutazione o discrezionalità.
Infatti, secondo le disposizioni del comma 3, del summenzionato articolo 13, gli enti previdenziali provvedono entro il 31 gennaio di ogni anno al versamento, nello specifico capitolo dell'unità previsionale di base, nello stato di previsione del bilancio statale, di una somma pari all'80 per cento di quella calcolata applicando l'aliquota stabilita sul gettito dei contributi previdenziali obbligatori incassati nell'anno precedente; la restante quota viene versata dagli Istituti entro il 30 giugno.
Il successivo comma 4, del predetto articolo, stabilisce che, a decorrere dal 2002, al fine di assicurare ai patronati le somme occorrenti per il loro regolare funzionamento, gli stanziamenti sul capitolo relativo al Fondo patronati sono determinati in sede previsionale nella misura dell'80 per cento delle somme impegnate


Pag. CVIII

nelle stesse unità previsionali sulla base dell'ultimo conto consuntivo approvato. I predetti stanziamenti sono rideterminati in sede di legge di assestamento di bilancio in relazione alle somme effettivamente affluite.
In ogni caso, è assicurata agli Istituti di patronato l'erogazione delle quote di rispettiva competenza nei limiti dell'80 per cento di cui al comma 4, dell'articolo 13 della già citata legge n. 152 del 2001, come dispone il successivo comma 5, entro il primo trimestre dello stesso anno.
È opportuno specificare, poi, che l'erogazione del contributo di finanziamento ai patronati viene effettuata, in attesa della nuova normativa regolamentare da adottare ai sensi dell'articolo 13, comma 7, della sopra citata legge, secondo i criteri individuati dal decreto ministeriale del 13 dicembre 1994, n. 764, che prevede accertamenti ispettivi finalizzati alla verifica dell'organizzazione e dell'attività svolta da ciascun patronato sia in sede amministrativa che giudiziaria.
Il citato provvedimento, inoltre, indica le prestazioni e gli interventi più significativi con il relativo punteggio da assegnare. In particolare, il punteggio relativo all'organizzazione territoriale dei patronati è stabilito dall'articolo 9, del decreto ministeriale n. 764 del 1994. Si specifica, ad ogni modo, che ciò serve soltanto a stabilire la quota di finanziamento spettante a ciascun patronato, senza nulla incidere sul sistema di finanziamento sopra descritto. Si esclude, pertanto, anche l'ipotesi che le risorse finanziarie, risaltanti dal prelevamento dell'aliquota dello 0,226 per cento possano avere destinazione diversa rispetta a quella di finanziare il Fondo patronati, trattandosi, infatti, di risorse preordinate a tale specifico scopo.
In particolare, per il patronato F.A.C.I., in liquidazione volontaria dal dicembre 2003, si è provveduto ad effettuare la ripartizione del «Fondo Patronati» con una percentuale dello 0,355 per cento per un totale di 1.042.391,00 euro, per l'anno 2001 e con una percentuale dello 0,484 per cento per un totale di 1.505.031,00 euro per l'anno 2002. Si è provveduto, poi, ad effettuare una anticipazione economica dello 0,307 per cento per un totale di 800.477,00 euro, per il 2003.
Si specifica, poi, che i dati finali relativi all'anno 2003 sono pervenuti quasi tutti, dopo la necessaria verifica dei competenti organi ispettivi.
Il Ministro del lavoro e delle politiche sociali: Roberto Maroni.

PERROTTA. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
la legge di riforma 152/2001, che ha definito gli istituti di patronato come «persone giuridiche di diritto privato che svolgono un servizio di pubblica utilità», ha significativamente allargato il ventaglio dei settori di intervento degli stessi;
il Patronato E.P.A.S.A., ha una notevole capacità organizzativa nella raccolta delle istanze da presentare all'Inps;
a fine anno usufruisce di consistenti contributi economici, a fronte dei positivi risultati ottenuti -:
quanto abbia incassato il patronato in questione per effetto del predetto meccanismo rispettivamente negli anni 2001-2002-2003 e 2004.
(4-14442)

Risposta. - In ordine alla interrogazione in esame, concernente l'Ente di Patronato e di assistenza sociale per gli artigiani (E.P.A.S.A.), promosso dalla Confederazione dell'artigianato (C.N.A.), si fa presente quanto segue.
Preliminarmente, si precisa che il meccanismo di erogazione del finanziamento degli enti di patronato, per l'organizzazione e l'attività svolta sia in Italia che all'estero è stato previsto dal decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato del 29 luglio 1947, n. 804, istitutivo dei patronati.
Successivamente, la legge 30 marzo 2001, n. 152, ha stabilito all'articolo 13, che, a decorrere dal 2001, il finanziamento in questione è assicurato mediante il prelevamento di un'aliquota pari allo 0,226 per cento sul gettito dei contributi previdenziali


Pag. CIX

obbligatori incassati da tutte le gestioni amministrate dall'Istituto; azionale di previdenza sociale (INPS), dall'Istituto nazionale di previdenza per i dipendenti pubblici (INPDAP), dall'Istituto nazionale per l'Assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL) e dall'Istituto di previdenza per il settore marittimo (IPSEMA).
Con la nuova disciplina legislativa sui patronati, il meccanismo del loro finanziamento ha assunto una forma automatizzata per la quale la consistenza delle risorse dipende esclusivamente dal gettito dei contributi previdenziali obbligatori incassati dalle gestioni interessate. Il meccanismo risulta, pertanto, sottratto a qualsiasi tipo di valutazione o discrezionalità.
Infatti, secondo le disposizioni del comma 3, dei summenzionato articolo 13, gli enti previdenziali provvedono entro il 31 gennaio di ogni anno al versamento, nello specifico capitolo dell'unità previsionale di base, nello stato di previsione del bilancio statale, di una somma pari all'80 di quella calcolata applicando l'aliquota stabilita sul gettito dei contributi previdenziali obbligatori incassati nell'anno precedente; la restante quota viene versata dagli Istituti entro il 30 giugno.
Il successivo comma 4, del predetto articolo, stabilisce che, a decorrere dal 2002, al fine di assicurare ai patronati le somme occorrenti per il loro regolare funzionamento, gli stanziamenti sul capitolo relativo al Fondo patronati sono determinati in sede previsionale nella misura dell'80 per cento delle somme impegnate nelle stesse unità previsionali sulla base dell'ultimo conto consuntivo approvato. I predetti stanziamenti sono rideterminati in sede di legge di assestamento di bilancio in relazione alle somme effettivamente affluite.
In ogni caso, è assicurata agli Istituti di patronato l'erogazione delle quote di rispettiva competenza nei limiti dell'80 per cento di cui al comma 4, dell'articolo 13 della già citata legge n. 152 del 2001, come dispone il successivo comma 5, entro il primo trimestre dello stesso anno.
È opportuno specificare, poi, che l'erogazione del contributo di finanziamento ai patronati viene effettuata, in attesa della nuova normativa regolamentare da adottare ai sensi dell'articolo 13, comma 7, della sopra citata legge, secondo i criteri individuati dal decreto ministeriale del 13 dicembre 1994, n. 764, che prevede accertamenti ispettivi finalizzati alla verifica dell'organizzazione e dell'attività svolta da ciascun patronato sia in sede amministrativa che giudiziaria.
Il citato provvedimento, inoltre, indica le prestazioni e gli interventi più significativi con il relativo punteggio da assegnare. In particolare, il punteggio relativo all'organizzazione territoriale dei patronati è stabilito dall'articolo 9, del decreto ministeriale n. 764/94. Si specifica, ad ogni modo, che ciò serve soltanto a stabilire la quota di finanziamento spettante a ciascun patronato, senza nulla incidere sul sistema di finanziamento sopra descritto. Si esclude, pertanto, anche l'ipotesi che le risorse finanziarie, risultanti dal prelevamento dell'aliquota dello 0,226 per cento possano avere destinazione diversa rispetto a quella di finanziare il Fondo patronati, trattandosi, infatti, di risorse preordinate a tale specifico scopo.
In particolare, per il patronato E.P.A.S.A., si è provveduto ad effettuare la ripartizione del «Fondo Patronati» con una percentuale del 3,264 per cento, per un totale di 9.573.599,00 euro, per l'anno 2001 e con una percentuale del 3,203 per un totale di 9.958.832,00 euro per l'anno 2002. Si è provveduto, poi, ad effettuare una anticipazione economica del 3,277 per cento; per un totale di 8.538.786,00 euro, per il 2003 e all'anticipazione del 3,20 per cento pari a 7.600.000,00 euro, per l'esercizio finanziario 2004, ciò per garantire il regolare funzionamento dello stesso istituto.
Si specifica, ad ogni modo, che per l'anno 2003, i dati finali, validati dai competenti organi ispettivi, sono pervenuti quasi completamente, mentre sono ancora in fase di verifica i dati relativi all'anno 2004.
Il Ministro del lavoro e delle politiche sociali: Roberto Maroni.


Pag. CX

PERROTTA. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
la legge di riforma 152/2001, che ha definito gli istituti di patronato come «persone giuridiche di diritto privato che svolgono un servizio di pubblica utilità», ha significativamente allargato il ventaglio dei settori di intervento degli stessi;
il Patronato E.A.S.A., ha una notevole capacità organizzativa nella raccolta delle istanze da presentare all'Inps;
a fine anno usufruisce di consistenti contributi economici, a fronte dei positivi risultati ottenuti -:
quanto abbia incassato il patronato in questione per effetto del predetto meccanismo rispettivamente negli anni 2001-2002-2003 e 2004.
(4-14443)

Risposta. - In ordine alla interrogazione in esame, concernente l'Ente di assistenza sociale per gli artigiani (E.A.S.A.), promosso dalla Confederazione autonoma sindacati artigiani (C.A.S.A.), si fa presente quanto segue.
Preliminarmente, si precisa che il meccanismo di erogazione del finanziamento degli enti di patronato, per l'organizzazione e l'attività svolta sia in Italia che all'estero è stato previsto dal decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato del 29 luglio 1947, n. 804, istitutivo dei patronati.
Successivamente, la legge 30 marzo 2001, n. 152, ha stabilito all'articolo 13, che, a decorrere dal 2001, il finanziamento in questione è assicurato mediante il prelevamento di un'aliquota pari allo 0,226 per cento sul gettito dei contributi previdenziali obbligatori incassati da tutte le gestioni amministrate dall'Istituto nazionale di previdenza sociale (INPS), dall'Istituto nazionale di previdenza per i dipendenti pubblici (INPDAP), dall'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL) e dall'Istituto di previdenza per il settore marittimo (IPSEMA).
Con la nuova disciplina legislativa sui patronati, il meccanismo del loro finanziamento ha assunto una forma automatizzata, par la quale la consistenza delle risorse dipende esclusivamente dal gettito dei contributi previdenziali obbligatori incassati dalle gestioni interessate. Il meccanismo risulta, pertanto, sottratto a qualsiasi tipo di valutazione o discrezionalità.
Infatti, secondo le disposizioni del comma 3, del summenzìonato articolo 13, gli enti previdenziali provvedono entro il 31 gennaio di ogni anno al versamento, nello specifico capitolo dell'unità previsionale di base, nello stato di previsione del bilancio statale, di una somma pari all'80 per cento di quella calcolata applicando l'aliquota stabilita sul gettito dei contributi previdenziali obbligatori incassati nell'anno precedente; la restante quota viene versata dagli Istituti entra il 30 giugno.
Il successivo comma 4, del predetto articolo, stabilisce che, a decorrere dal 2002, al fine di assicurare ai patronati le somme occorrenti per il loro regolare funzionamento, gli stanziamenti sul capitolo relativo al Fondo patronati sono determinati in sede previsionale nella misura dell'80 per cento delle somme impegnate nelle stesse unità previsionali sulla base dell'ultimo conto consuntivo approvato. I predetti stanziamenti sono rideterminati in sede di legge di assestamento di bilancio in relazione alle somme effettivamente affluite.
In ogni caso, è assicurata agli Istituti di patronato l'erogazione delle quote di rispettiva competenza nei limiti dell'80 per cento di cui al comma 4, dell'articolo 13 della già citata legge n. 152 del 2001, come dispone il successivo comma 5, entro il primo trimestre dello stesso anno.
È opportuno specificare, poi, che l'erogazione del contributo di finanziamento ai patronati viene effettuata, in attesa della nuova normativa regolamentare da adottare ai sensi dell'articolo 13, comma 7, della sopra citata legge, secondo i criteri individuati dal decreto minìsteriale del 13 dicembre 1994, n. 764, che prevede accertamenti ispettivi finalizzati alla verifica dell'organizzazione e dell'attività svolta da ciascun patronato sia in sede amministrativa che giudiziaria.
Il citato provvedimento, inoltre, indica le prestazioni e gli interventi più significativi


Pag. CXI

con il relativo punteggio da assegnare. In particolare, il punteggio relativo all'organizzazione territoriale dei patronati è stabilito dall'articolo 9, del decreto ministeriale n. 764 del 1994. Si specifica, ad ogni modo, che ciò serve soltanto a stabilire la quota di finanziamento spettante a ciascun patronato, senza nulla incidere sul sistema di finanziamento sopra descritto. Si esclude, pertanto, anche l'ipotesi che le risorse finanziarie, risultanti dal prelevamento dell'aliquota dello 0,226 per cento possano avere destinazione diversa rispetto a quella di finanziare il Fondo patronati, trattandosi, infatti, di risorse preordinate a tale specifico scopo.
In particolare, per il patronato E.A.S.A. si è provveduto ad effettuare la ripartizione del «Fondo Patronati» con una percentuale dello 0,343 per cento, per un totale di 1.007.260,00 euro, per l'anno 2001 e con una percentuale dello 0,343 per cento, per un totale di 1.064.821,00 euro per l'anno 2002. Si è provveduto, poi, ad effettuare una anticipazione economica dello 0,299 per cento, per un totale di 779.980,00 euro, per il 2003 e di 807.500,00 euro, pari ad una percentuale dello 0,34 per cento, per l'esercizio finanziario 2004.
Si specifica, poi, che i dati finali relativi all'anno 2003 sono pervenuti quasi tutti, dopo la necessaria verifica dei competenti organi ispettivi.
Il Ministro del lavoro e delle politiche sociali: Roberto Maroni.

PERROTTA. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
la legge di riforma 152/2001, che ha definito gli istituti di patronato come «persone giuridiche di diritto privato che svolgono un servizio di pubblica utilità», ha significativamente allargato il ventaglio dei settori di intervento degli stessi;
il Patronato E.N.A.P.A., ha una notevole capacità organizzativa nella raccolta delle istanze da presentare all'Inps;
a fine anno usufruisce di consistenti contributi economici, a fronte dei positivi risultati ottenuti -:
quanto abbia incassato il patronato in questione per effetto del predetto meccanismo rispettivamente negli anni 2001-2002-2003 e 2004.
(4-14444)

Risposta. - In ordine alla interrogazione in esame, concernente l'Ente nazionale di assistenza e patrocinio agricoltori (E.N.A.P.A.), promosso dalla Confederazione generale dell'agricoltura italiana (Confagricoltura), si fa presente quanto segue.
Preliminarmente, si precisa che il meccanismo di erogazione del finanziamento degli enti di patronato, per l'organizzazione e l'attività svolta sia in Italia che all'estero è stato previsto dal decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato del 29 luglio 1947, n. 804, istitutivo dei patronati.
Successivamente, la legge 30 marzo 2001, n. 152, ha stabilito all'articolo 13, che, a decorrere dal 2001, il finanziamento in questione è assicurato mediante il prelevamento di un'aliquota pari allo 0,226 per cento sul gettito dei contributi previdenziali obbligatori incassati da tutte le gestioni amministrate dall'Istituto nazionale di previdenza sociale (INPS), dall'Istituto nazionale di previdenza per i dipendenti pubblici (INPDAP), dall'istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL) e dall'Istituto di previdenza per il settore marittimo (IPSEMA).
Con la nuova disciplina legislativa sui patronati, il meccanismo del loro finanziamento ha assunto una forma automatizzata, per la quale la consistenza delle risorse dipende esclusivamente dal gettito dei contributi previdenziali obbligatori incassati dalle gestioni interessate. Il meccanismo risulta, pertanto, sottratto a qualsiasi tipo di valutazione o discrezionalità.
Infatti, secondo le disposizioni del comma 3, del summenzionato articolo 13, gli enti previdenziali provvedono entro il 31 gennaio di ogni anno al versamento, nello specifico capitolo dell'unità previsionale di base, nello stato di previsione del bilancio statale, di una somma pari all'80 per cento


Pag. CXII

di quella calcolata applicando l'aliquota stabilita sul gettito dei contributi previdenziali obbligatori incassati nell'anno precedente; la restante quota viene versata dagli Istituti entro il 30 giugno.
Il successivo comma 4, del predetto articolo, stabilisce che, a decorrere dal 2002, al fine di assicurare ai patronati le somme occorrenti per il loro regolare funzionamento, gli stanziamenti sul capitolo relativo al Fondo patronati sono determinati in sede previsionale nella misura dell'80 per cento delle somme impegnate nelle stesse unità previsionali sulla base dell'ultimo conto consuntivo approvato. I predetti stanziamenti sono rideterminati in sede di legge di assestamento di bilancio in relazione alle somme effettivamente affluite.
In ogni caso, è assicurata agli Istituti di patronato l'erogazione delle quote di rispettiva competenza nei limiti dell'80 per cento, di cui al comma 4, dell'articolo 13 della già citata legge n. 152 del 2001, come dispone il successivo comma 5, entro il primo trimestre dello stesso anno.
È opportuno specificare, poi, che l'erogazione del contributo di finanziamento ai patronati viene effettuata, in attesa della nuova normativa regolamentare da adottare ai sensi dell'articolo 13, comma 7, della sopra citata legge, secondo i criteri individuati dal decreto ministeriale del 13 dicembre 1994, n. 764, che prevede accertamenti ispettivi finalizzati alla verifica dell'organizzazione e dell'attività svolta da ciascun patronato sia in sede amministrativa che giudiziaria.
Il citato provvedimento, inoltre, indica le prestazioni e gli interventi più significativi con il relativo punteggio da assegnare. In particolare, il punteggio relativo all'organizzazione territoriale dei patronati è stabilito dall'articolo 9, del decreto ministeriale n. 764 del 1994. Si specifica, ad ogni modo, che ciò serve soltanto a stabilire la quota di finanziamento spettante a ciascun patronato, senza nulla incidere sul sistema di finanziamento sopra-descritto. Si esclude, pertanto, anche l'ipotesi che le risorse finanziarie, risultanti dal prelevamento dell'aliquota dello 0,226 per cento possano avere destinazione diversa rispetto a quella di finanziare il Fondo patronati, trattandosi, infatti, di risorse preordinate a tale specifico scopo.
In particolare, per il patronato E.N.A.P.A., si è provveduto ad effettuare la ripartizione del «Fondo Patronati» con una percentuale del 2,033 per cento per un totale di 5.961.433,00 euro, per l'anno 2001 e con una percentuale del 2,080 per cento per un totale di 6.467.016,00 euro per l'anno 2002. Si è provveduto, poi, ad effettuare una anticipazione economica del 1,996 per cento per un totale di 5.199.866,00 euro, per il 2003 e all'anticipazione del 2,08 per cento pari a 4.940.000,00 euro, per l'esercizio finanziario 2004; ciò per garantire il regolare funzionamento dello stesso istituto.
Si specifica, ad ogni modo, che per l'anno 2003, i dati finali, validati dai competenti organi ispettivi, sono pervenuti quasi completamente, mentre sono ancora in fase di verifica i dati relativi all'anno 2004.
Il Ministro del lavoro e delle politiche sociali: Roberto Maroni.

PERROTTA. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
la legge di riforma 152/2001, che ha definito gli istituti di patronato come «persone giuridiche di diritto privato che svolgono un servizio di pubblica utilità», ha significativamente allargato il ventaglio dei settori di intervento degli stessi;
il Patronato Se.N.A.S., ha una notevole capacità organizzativa nella raccolta delle istanze da presentare all'Inps;
a fine anno usufruisce di consistenti contributi economici, a fronte dei positivi risultati ottenuti -:
quanto abbia incassato il patronato in questione per effetto del predetto meccanismo rispettivamente negli anni 2001-2002-2003 e 2004.
(4-14445)


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Risposta. - In ordine alla interrogazione in esame, concernente il Servizio nazionale di assistenza sociale (Se.N.A.S.), promosso dalla Confederazione sindacale nazionale dell'unione artigiani italiani, si fa presente quanto segue.
Preliminarmente, si precisa che il meccanismo di erogazione del finanziamento degli enti di patronato, per l'organizzazione e l'attività svolta sia in Italia che all'estero è stato previsto dal decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato del 29 luglio 1947, n. 804, istitutivo dei patronati.
Successivamente, la legge 30 marzo 2001, n. 152, ha stabilito all'articolo 13, che, a decorrere dal 2001, il finanziamento in questione è assicurato mediante il prelevamento di un'aliquota pari allo 0,226 per cento sul gettito dei contributi previdenziali obbligatori incassati da tutte le gestioni amministrate dall'Istituto nazionale di previdenza sociale (INPS), dall'Istituto nazionale di previdenza per i dipendenti pubblici (INPDAP), dall'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL) e dall'Istituto di previdenza per il settore marittimo (IPSEMA).
Con la nuova disciplina legislativa sui patronati, il meccanismo del loro finanziamento ha assunto una forma automatizzata, per la quale la consistenza delle risorse dipende esclusivamente dal gettito dei contributi previdenziali obbligatori incassati dalle gestioni interessate. Il meccanismo risulta, pertanto, sottratto a qualsiasi tipo di valutazione o discrezionalità.
Infatti, secondo le disposizioni del comma 3, del summenzìonato articolo 13, gli enti previdenziali provvedono entro il 31 gennaio di ogni anno al versamento, nello specifico capitolo dell'unità previsionale di base, nello stato di previsione del bilancio statale, di una somma pari all'80 per cento di quella calcolata applicando l'aliquota stabilita sul gettito dei contributi previdenziali obbligatori incassati nell'anno precedente; la restante quota viene versata dagli Istituti entro il 30 giugno.
Il successivo comma 4, del predetto articolo, stabilisce che, a decorrere dal 2002, al fine di assicurare ai patronati le somme occorrenti per il loro regolare funzionamento, gli stanziamenti sul capitolo relativo al Fondo patronati sono determinati in sede previsionale nella misura dell'80 per cento delle somme impegnate nelle stesse unità previsionali sulla base dell'ultimo conto consuntivo approvato. I predetti stanziamenti sono rideterminati in sede di legge di assestamento di bilancio in relazione alle somme effettivamente affluite.
In ogni caso, è assicurata agli Istituti di patronato l'erogazione delle quote di rispettiva competenza nei limiti dell'80 per cento di cui al comma 4, dell'articolo 13 della già citata, legge n. 152 del 2001, come dispone il successivo comma 5, entro il primo trimestre dello stesso anno.
È opportuno specificare, poi, che l'erogazione del contributo di finanziamento ai patronati viene effettuata, in attesa della nuova normativa regolamentare da adottare ai sensi dell'articolo 13, comma 7, della sopra citata legge, secondo i criteri individuati dal decreto ministeriale del 13 dicembre 1994, n. 764, che prevede accertamenti ispettivi finalizzati alla verifica dell'organizzazione e dell'attività svolta da ciascun patronato sia in sede amministrativa che giudiziaria.
Il citato provvedimento, inoltre, indica le prestazioni e gli interventi più significativi con il relativo punteggio da assegnare. In particolare, il punteggio relativo all'organizzazione territoriale dei patronati è stabilito dall'articolo 9, del decreto ministeriale n. 76 del 1994. Si specifica, ad ogni modo, che ciò serve soltanto a stabilire la quota di finanziamento spettante a ciascun patronato, senza nulla incidere sul sistema di finanziamento sopra descritto. Si esclude, pertanto, anche l'ipotesi che le risorse finanziarie, risultanti dal prelevamento dell'aliquota dello 0,226 per cento possano avere destinazione diversa rispetto a quella di finanziare il Fondo patronati, trattandosi, infatti, di risorse preordinate a tale specifico scopo.
In particolare, si specifica che il patronato Se.N.A.S., è stato riconosciuto definitivamente con decreto ministeriale del 20 luglio 2005, pertanto, come sopra specificato in ordine alle modalità di erogazione


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del «Fondo Patronati», non è stata effettuata a suo favore, fino ad oggi, alcuna anticipazione.
Il Ministro del lavoro e delle politiche sociali: Roberto Maroni.

PERROTTA. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
la legge di riforma 152/2001, che ha definito gli istituti di patronato come «persone giuridiche di diritto privato che svolgono un servizio di pubblica utilità», ha significativamente allargato il ventaglio dei settori di intervento degli stessi;
il Patronato I.N.A.P.A., ha una notevole capacità organizzativa nella raccolta delle istanze da presentare all'Inps;
a fine anno usufruisce di consistenti contributi economici, a fronte dei positivi risultati ottenuti -:
quanto abbia incassato il patronato in questione per effetto del predetto meccanismo rispettivamente negli anni 2001-2002-2003 e 2004.
(4-14446)

Risposta. - In ordine alla interrogazione in esame, concernente l'Istituto nazionale di assistenza e patronato per l'artigianato (I.N.A.P.A.), promosso dalla Confederazione generale italiana dell'artigianato (Confartigianato), si fa presente quanto segue.
Preliminarmente, si precisa che il meccanismo di erogazione del finanziamento degli enti di patronato, per l'organizzazione e l'attività svolta sia in Italia che all'estero è stato previsto dal D.L.C.P.S. del 29 luglio 1947, n. 804, istitutivo dei patronati.
Successivamente, la legge 30 marzo 2001, n. 152, ha stabilito all'articolo 13, che, a decorrere dal 2001, il finanziamento in questione è assicurato mediante il prelevamento di un'aliquota pari allo 0,226 per cento sul gettito dei contributi previdenziali obbligatori incassati da tutte le gestioni amministrate dall'Istituto nazionale di previdenza sociale (INPS), dall'Istituto nazionale di previdenza per i dipendenti pubblici (INPDAP), dall'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL) e dall'Istituto di previdenza per il settore marittimo (IPSEMA).
Con la nuova disciplina legislativa sui patronati, il meccanismo del loro finanziamento ha assunto una forma automatizzata, per la quale la consistenza delle risorse dipende esclusivamente dal gettito dei contributi previdenziali obbligatori incassati dalle gestioni interessate. Il meccanismo risulta, pertanto, sottratto a qualsiasi tipo di valutazione o discrezionalità.
Infatti, secondo le disposizioni del comma 3, del summenzionato articolo 13, gli enti previdenziali provvedono entro il 31 gennaio di ogni anno al versamento, nello specifico capitolo dell'unità previsionale di base, nello stato di previsione del bilancio statale, di una somma pari all'80 per cento di quella calcolata applicando l'aliquota stabilita sul gettito dei contributi previdenziali obbligatori incassati nell'anno precedente; la restante quota viene versata dagli Istituti entro il 30 giugno.
Il successivo comma 4, del predetto articolo, stabilisce che, a decorrere dal 2002, al fine di assicurare ai patronati le somme occorrenti per il loro regolare funzionamento, gli stanziamenti sul capitolo relativo al Fondo patronati sono determinati in sede previsionale nella misura dell'80 per cento delle somme impegnate nelle stesse unità previsionalì sulla base dell'ultimo conto consuntivo approvato. I predetti stanziamenti sono rideterminati in sede di legge di assestamento di bilancio in relazione alle somme effettivamente affluite.
In ogni caso, è assicurata agli Istituti di patronato l'erogazione delle quote di rispettiva competenza nei limiti dell'80 per cento di cui al comma 4, dell'articolo 13 della già citata legge n. 152 del 2001, come dispone il successivo comma 5, entro il primo trimestre dello stesso anno.
È opportuno specificare, poi, che l'erogazione del contributo di finanziamento ai patronati viene effettuata, in attesa della nuova normativa regolamentare da adottare ai sensi dell'articolo 13, comma 7, della sopra citata legge, secondo i criteri individuati


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dal decreto ministeriale del 13 dicembre 1994, n. 764, che prevede accertamenti ispettivi finalizzati alla verifica dell'organizzazione e dell'attività svolta da ciascun patronato sia in sede amministrativa che giudiziaria.
Il citato provvedimento, inoltre, indica le prestazioni e gli interventi più significativi con il relativo punteggio da assegnare. In particolare, il punteggio relativo all'organizzazione territoriale dei patronati è stabilito dall'articolo 9, del decreto ministeriale n. 764 del 1994. Si specifica, ad ogni modo, che ciò serve soltanto a stabilire la quota di finanziamento spettante a ciascun patronato, senza nulla incidere sul sistema di finanziamento sopra descritto. Si esclude, pertanto, anche l'ipotesi che le risorse finanziarie, risultanti dal prelevamento dell'aliquota dello 0,226 per cento possano avere destinazione diversa rispetto a quella di finanziare il Fondo patronati, trattandosi, infatti, di risorse preordinate a tale specifico scopo.
In particolare, per il patronato I.N.A.P.A., si è provveduto ad effettuare la ripartizione del «Fondo Patronati» con una percentuale del 4,137 per cento per un totale di 12.132.515,00 euro, per l'anno 2001 e con una percentuale del 4,022 per cento, per un totale di 12.505.426,00 euro per l'anno 2002. Si è provveduto, poi, ad effettuare una anticipazione economica del 4,075 per cento per un totale di 10.618.733,00 euro, per il 2003 e all'anticipazione del 4,00 per cento pari a 9.500.000,00 euro, per l'esercizio finanziario 2004; ciò per garantire il regolare funzionamento dello stesso istituto.
Si specifica, ad ogni modo, che per l'anno 2003, i dati finali, validati dai competenti organi ispettivi, sono pervenuti quasi completamente, mentre sono ancora in fase di verifica i dati relativi all'anno 2004.
Il Ministro del lavoro e delle politiche sociali: Roberto Maroni.

PERROTTA. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
la versione cinese del portale MSN di Microsoft, che blocca le parolacce in Rete, censura termini come «libertà», «democrazia» e «diritti umani» sui blog gratuiti;
la Microsoft ha diffuso la notizia mercoledì 15 giugno 2005, scatenando non poche reazioni;
Microsoft ha eliminato delle parole chiave, quelle su evidenziate, dalla sua ricerca;
il più grande produttore di software del mondo ha reso noto che il suo servizio opera in accordo con le leggi locali;
secondo l'interrogante, questa vicenda è purtroppo ancora una volta, dimostrazione del fatto che in Cina i diritti umani e la libertà di espressione non ricevano sufficienti garanzie di tutela -:
se non ritenga di intervenire, nelle opportune sedi, affinché il Governo cinese venga richiamato al rispetto dei diritti umani e delle libertà di espressione.
(4-15496)

Risposta. - L'Italia, come del resto l'Unione europea, è consapevole delle restrizioni poste in Cina alla libertà d'espressione anche attraverso Internet. Alla crescita esponenziale del numero degli utenti della «rete» (con cifre di fruitori che superano i 100 milioni di utenti la Cina è già oggi il secondo paese al mondo per numero di utenti), corrisponde una parallela sofisticatezza delle tecniche utilizzate dalle autorità cinesi per limitare la diffusione di critiche anti-governative.
Oltre al monitoraggio dei materiali che circolano in rete, la Cina sta introducendo una serie di misure volte a richiedere la registrazione (e quindi l'identificazione) di tutti i siti a scopo non commerciale e dei partecipanti alle varie
chat, e-forum, blog. Le misure restrittive non si limitano alle sole opinioni anti-governative, ma prendono di mira anche quei contenuti giudicati dalle autorità cinesi contrari alla «morale» (pornografia, culti di sette religiose non riconosciute, eccetera, all'«ordine pubblico» e alla «sicurezza nazionale».
La diffusione tra la popolazione dell'accesso a
Internet rende peraltro evidentemente


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problematici i provvedimenti governativi di contenimento delle manifestazioni di libera espressione anche attraverso questo medium. La collaborazione di service provider stranieri (come nella fattispecie citata dall'interrogante) ad attività configurabili come ausiliarmente censorie dell'azione repressiva cinese può essere ricondotta ad interessi e autonome valutazioni d'impresa da parte di operatori desiderosi di affermarsi in un mercato che, per le sue gigantesche dimensioni, sembra offrire straordinarie opportunità commerciali.
Da parte sua la comunità internazionale (e in tale ambito l'Unione europea in particolare) vigila costantemente su questi aspetti. In diverse occasioni l'Unione europea nell'ambito del dialogo sui diritti umani avviato con la Cina, ha espresso le sue preoccupazioni, sollecitando al tempo stesso una più puntuale definizione normativa da parte cinese dei reati contro la morale, l'ordine pubblico e la sicurezza nazionale che appaiono prestarsi ad abusi a causa di una certa qual vaghezza.
In particolare, interventi puntuali sono stati anche compiuti in quei casi di giornalisti o attivisti dei diritti umani perseguiti per opinioni espresse su
Internet. L'Italia, quale membro di rilievo dell'Unione europea, è pienamente partecipe di questi sforzi, nella consapevolezza che la dimensione europea assicura quella massa critica atta a dare efficacia ad un interlocutore che voglia ingaggiare la Cina su un argomento sensibile come quello dei diritti umani.
Su un piano generale è forse utile ricordare che, in materia di diritti umani, esiste dal 1997 un dialogo strutturato Unione europea-Cina che si svolge, su base semestrale, alternativamente nella capitale europea che esercita la Presidenza di turno dell'Unione ed a Pechino, nel corso del quale vengono regolarmente affrontate questioni particolarmente sensibili tra le quali il rispetto delle libertà fondamentali ed in particolare quelle religiose, le detenzioni arbitrarie, la tortura, i diritti delle minoranze, la pena di morte e altre.
Tali consultazioni, la cui ultima sessione si è svolta a Pechino il 24 e 25 ottobre 2005, consentono, inoltre, all'Unione europea di segnalare casi individuali di detenuti per reati di opinione, di condannati a morte, di vittime di trattamenti inumani e degradanti sui quali vengono sollecitati interventi di clemenza e/o riparazione. La Cina è stata più volte invitata a migliorare il grado di tutela dei diritti umani attraverso l'abolizione formale della pena di morte e la ratifica dello Statuto della Corte Penale Internazionale. La questione del rispetto dei diritti umani viene altresì sollevata in ogni possibile occasione di incontro bilaterale con esponenti del governo cinese.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Margherita Boniver.

PERROTTA. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
Monsignor Joseph Zen Ze-Kiun, vescovo di Hong Kong, principale referente del Vaticano per le questioni cinesi, è accusato dai giornali filogovernativi dell'ex colonia britannica di «interferire» nella politica;
la Chiesa in Cina è sottoposta a vessazioni continue, così come ha dichiarato il Monsignore;
in Cina la Chiesa deve procedere con molta cautela perché il Governo controlla capillarmente la sua attività -:
se il Ministro non intenda intervenire, presso il Governo cinese, al fine di adottare un atteggiamento più duttile nei confronti della Chiesa e della sua comunità;
se non sia il caso che l'intera comunità internazionale si adoperasse per favorire il processo di democratizzazione in Cina.
(4-17463)

Risposta. - L'Italia è cosciente delle difficoltà e degli ostacoli che si frappongono al libero apostolato della Chiesa cattolica in Cina dove permane la dicotomia tra la «Associazione, cattolica patriottica», legata


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al Partito comunista cinese, e la Chiesa cattolica non ufficiale fedele al Pontefice di Roma.
Il vescovo di Hong Kong, lo shanghainese Joseph Zen, è personalità assai nota anche per il suo pubblico impegno nel movimento pro-democrazia in quella Regione amministrativa speciale della R.P.C. e pertanto sovente obiettivo di critiche da parte di organi di stampa filo-governativi sia a Hong Kong che sulla Cina continentale.
La questione sollevata dall'Onorevole interrogante va inserita nel complesso quadro dei contatti, che l'Italia facilita e guarda con favore, da tempo in corso tra Santa Sede e Repubblica popolare cinese per il reciproco riconoscimento diplomatico ed attiene a questioni relative alla sfera della sovranità cinese e alla missione universale della Chiesa Cattolica esulando, pertanto, dalla competenza dello Stato italiano.
Interventi dell'Italia volti a stigmatizzare i comportamenti di una delle parti, o addirittura l'adozione di misure di ritorsione volte a far pressione su una delle parti, sarebbero inopportuni e anziché favorire lo sviluppo del dialogo potrebbero risultare controproducenti.
L'azione italiana di vigilanza e promozione del rispetto della libertà religiosa in Cina viene esplicata nel quadro del Dialogo strutturato Unione europea-Cina sui diritti umani, che a partire dal 1997, su richiesta cinese, si svolge a cadenza semestrale alternativamente a Pechino e nella capitale europea che detiene la Presidenza di turno dell'Unione europea ed il cui ultimo
round si è tenuto a Pechino il 24-25 ottobre scorso.
In diverse occasioni l'Unione europea, nell'ambito di tale foro ha espresso le sue preoccupazioni per le violazioni che si sono registrate nel diritto alla libertà religiosa. L'Italia, quale membro di rilievo dell'Unione europea è pienamente partecipe di questi sforzi, nella consapevolezza che la dimensione europea assicura quella massa critica atta a dare efficacia ad un interlocutore che voglia ingaggiare la Cina su un argomento così sensibile.
In particolare, a partire dal 2001 - a seguito di decisione formale del Consiglio - il «pieno esercizio della libertà di religione e di culto» costituisce uno dei sette ambiti di verifica periodica (sesto
benchmark) del rispetto dei diritti dell'uomo all'interno del dialogo con la Cina. Tali consultazioni consentono tra l'altro all'Unione europea di segnalare all'attenzione delle Autorità cinesi casi individuali - comprese varie personalità religiose - di violazione dei diritti umani, per i quali vengono sollecitati interventi di clemenza e/o riparazione.
Durante l'ultima sessione di dialogo, (Pechino 24-25 ottobre 2005), il tema della libertà di religione e di culto si è incentrato sulla distinzione tra attività religiose riconosciute e attività considerate «illegali», sul trattamento rivolto ai cinque credi ufficiali (il Buddismo, l'Islamismo, il Taoismo, il Cattolicesimo ed il Protestantesimo) rispetto agli altri culti, nonché sull'obbligo di registrazione cui sono sottoposti i gruppi religiosi. Infatti, il 1o marzo 2005 è stato introdotto in Cina un nuovo regolamento sulla libertà di credo religioso. Da un lato la nuova normativa, che disciplina in un unico e certo quadtro organico nazionale la materia ribadendo il diritto costituzionale per i cittadini di aderire ad un credo religioso, purché questo sia «legittimo» (cioè riconosciuto), può considerarsi un risultato positivo, ancorché parziale. Per quanto la registrazione dei diversi gruppi religiosi sia nata con lo scopo dichiarato di rendere più sicura la società, la stessa registrazione alimenta la discriminazione nei confronti di tutti i culti che non sono riconosciuti. Lo scambio di opinioni sull'argomento ha confermato le preoccupazioni dei delegati europei circa le restrizioni cui la libertà religiosa sarebbe sottoposta in Cina, nonostante la controparte cinese abbia cercato di rispondere alle suddette questioni sollevate dall'Unione europea, sostenendo come i propri regolamenti siano in linea con le convenzioni internazionali.
Analoga preoccupazione è stata espressa dai Capi Missione dell'Unione europea accreditati a Pechino, secondo i quali benché lo Stato cinese garantisca a livello costituzionale la libertà di religione, nella pratica,


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tuttavia, le libertà di pensiero, coscienza e religione risultano forternente limitate. Le cinque religioni ufficiali riconosciute sono infatti sottoposte a dure restrizioni e regole. In particolare, il numero crescente di aderenti alle cosiddette «Chiese sotterranee» cristiane spingerebbe le autorità cinesi ad operare notevoli pressioni su di essi per farli aderire alle Chiese riconosciute ufficialmente. Sempre nel marzo 2005 sono inoltre entrate in vigore delle nuove norme in materia religiosa che impediscono le attività di proselitismo dei religiosi stranieri.
Per completezza di informazione si ricorda infine che, in occasione dei lavori della 61a sessione annuale della CDU di Ginevra (14 marzo-22 aprile 2005), la Presidenza lussemburghese, nel discorso pronunciato il 23 marzo 2005 a nome dell'Unione europea sulle violazioni dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali nel mondo, ha posto un'enfasi particolare sul rispetto dei diritti umani in Cina. In tale circostanza, la Presidenza ha riaffermato il valore attribuito dall'Unione al dialogo strutturato con la Cina come prezioso mezzo di comunicazione, capace di contribuire a portare miglioramenti concreti e tangibili circa la situazione dei diritti dell'uomo in quel Paese, grazie alla possibilità di sollevare con le autorità di Pechino le questioni che più suscitano la preoccupazione dell'Unione europea, tra le quali, appunto, la questione della libertà religiosa.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Margherita Boniver.

PERROTTA. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
come si evince da un articolo pubblicato su Il Giornale, a firma di Manila Alfano, in data 23 ottobre 2005, a Pechino sono stati torturati a morte 1.600 cinesi facenti parte del movimento «Falun Dafa»;
è doveroso inoltre, porre l'attenzione sulle seguenti cifre: 100 mila sono i detenuti in carcere, 25 mila costretti in campi di lavoro, più di 1.000 rinchiusi in ospedali psichiatrici;
le autorità cinesi temono tutto quello che possa destabilizzare il governo ed è per questo che temono il movimento «Falun Dafa», poiché esso viaggia nella società a tutti i livelli, vi aderiscono contadini, soldati ed addirittura alti rappresentanti del governo;
le autorità cinesi perseguitano, anche con la violenza, coloro che aderiscono al summenzionato movimento, così come emerge dalla testimonianza di Amy Lee che dopo essere riuscita a scappare ha raccontato la sua terribile esperienza, fatta di chiusure in carcere e poi in manicomio perché ha deciso di non firmare un foglio di rinuncia al suo credo;
la violenza va oltre poiché le autorità cinesi ricorrono anche a maltrattamenti come scosse elettriche al cervello;
la testimone di cui sopra è solo una delle tante vittime del regime cinese che sono riuscite a fuggire ed a raccontare la loro storia -:
se il Ministro intenda intervenire, presso il governo cinese, affinché sia attuata una politica di maggiore tolleranza nei confronti di questi pacifici cultori di discipline alternative e affinché siano liberati tutti coloro che sono reclusi.
(4-17467)

Risposta. - In merito a quanto rappresentato dall'interrogante nel presente atto parlamentare, si sottolinea che il tema del rispetto dei diritti umani, e della libertà religiosa in particolare, forma già da tempo oggetto di costante attenzione da parte del Governo italiano e dell'Unione europea.
Per quanto riguarda in particolare la setta del
Falun Gong (conosciuto anche come Falun Dafa), dal significato letterale di «Pratica della Ruota della Legge», si segnale che essa è un controverso movimento spirituale dal carattere sincretistico promosso in Cina a partire dal 1992 dal predicatore Li Hongzhi, un ex-poliziotto


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cultore del tradizionale qi gong cinese, trasferitosi nel 1998 negli Stati Uniti.
Al centro della pratica del
Falun Gong sono una serie di esercizi di meditazione (quattro compiuti in piedi ed uno da seduti) che secondo Li aiuterebbero la purificazione del corpo e della mente. Il corpo dottrinario della setta rielabora in chiave originale insegnamenti e pratiche tratti dal buddismo e dal taoismo mescolandoli a suggestioni - sovente dai toni apocalittici - tipiche del movimento «New Age».
Il
Falun Gong è ritenuto dalle autorità cinesi una setta illegale che diffonde un culto negativo e superstizioso, atto a soggiogare le personalità dei propri adepti. Il numero dei suoi praticanti, che si ritroverebbero anche negli stessi ranghi del partito comunista e delle forze armate cinesi, è stimato in circa due milioni da parte delle autorità cinesi e in 70 milioni dallo stesso Falun Gong. I difensori della setta, diffusasi internazionalmente e presente anche in Italia (un centinaio di praticanti tra Biella, Firenze, Roma, Torino e Verona), mettono in evidenza il suo carattere non violento e la libertà di recesso per chi entra a farne parte.
L'attività del
Falun Gong desta particolare preoccupazione presso le autorità cinesi consapevoli che, storicamente, molte rivolte politiche sono cominciate come movimenti religiosi-spiritualisti. La circostanza che si assista oggi in Cina ad una rinascita religiosa e spirituale di tipo post-ideologico, con le possibili ripercussioni sulla saldezza del regime comunista, ed il collegamento internazionale della setta determinano anche la particolare intolleranza da parte del governo cinese. Le attività dei seguaci del Falun Gong sono invece tollerate sul territorio della Regione amministrativa speciale di Hong Kong della Repubblica popolare cinese.
Il
Falun Gong non figura tra i culti riconosciuti dallo Stato e i suoi praticanti sono stati oggetto di misure repressive, tra le quali anche la distruzione di materiale propagandistico ed il blocco di siti web.
In particolare, la repressione del movimento si è acutizzata a seguito del clamoroso episodio del 25 aprile 1999 allorché diverse migliaia di seguaci della setta convennero attorno al centrale complesso di Zhongnanai a Pechino dove hanno sede gli uffici del Partito comunista cinese in una manifestazione non autorizzata che fu percepita come ostile ed eversiva dalle autorità di Pechino.
Su un piano generale, l'Italia attraverso lo strumento del dialogo sui diritti umani tra Unione europea e Cina, è fortemente impegnata a favore del principio della libertà religiosa nel Paese. La questione della libertà religiosa in Cina è infatti regolarmente sollevata nel quadro del dialogo strutturato Unione europea-Cina sui diritti umani, che a partire dal 1997, su richiesta cinese, si svolge a cadenza semestrale alternativamente a Pechino e nella capitale europea che detiene la Presidenza di turno dell'Unione europea. Tali consultazioni consentono tra l'altro all'Unione europea di segnalare all'attenzione delle Autorità cinesi casi individuali - dove sono compresi i nominativi di alcuni esponenti del
Falun Gong - allo scopo di monitorare i casi più rilevanti di individui perseguitati per reati di opinione o per motivi religiosi e di mitigare gli effetti più duri e inaccettabili delle repressioni messe in atto.
Il tema della libertà religiosa è stato pertanto sollevato anche nel corso dell'ultima sessione di tale dialogo, tenutasi a Pechino il 24-25 ottobre 2005. Il dialogo, per quanto riguarda il tema della libertà di religione e di culto, si è incentrato sulla distinzione tra attività religiose riconosciute e attività considerate «illegali», sul trattamento rivolto ai cinque credi ufficiali rispetto agli altri culti, nonché sull'obbligo di registrazione cui sono sottoposti i gruppi religiosi. La controparte cinese ha cercato di rispondere alle suddette questioni sollevate dall'Unione europea sostenendo come i propri regolamenti siano in linea con le convenzioni internazionali. Tuttavia, a detta della
Troika europea, il controllo esercitato dal Governo cinese all'interno dell'ambito religioso contravviene alle norme internazionali in materia. Inoltre, per quanto la registrazione dei diversi gruppi religiosi sia nata con lo scopo dichiarato di rendere più sicura la società, la stessa registrazione,


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alimenta la discriminazione nei confronti di tutti i culti che non sono riconosciuti. Lo scambio di opinioni sull'argomento ha pertanto confermato le preoccupazioni dei delegati europei circa le restrizioni cui la libertà religiosa sarebbe sottoposta in Cina.
Sempre nel corso dell'ultima sessione di dialogo Unione europea-Cina dello scorso ottobre a Pechino, nell'ambito del confronto periodico sul tema del «rispetto dei diritti fondamentali di tutti i prigionieri» (quinto
benchmark) si è fatto esplicito riferimento, tra gli altri, ai membri di movimenti religiosi non ufficiali sottoposti a misure restrittive.
L'Unione europea ha altresì sollevato il tema del trattamento dei detenuti, chiedendo dati statistici sulla rieducazione forzata al lavoro e sulla reclusione in manicomi, e auspicando una revisione del sistema penale che escluda tali forme detentive. Per quanto riguarda il tema più generale delle torture inflitte ai detenuti, la pratica della tortura rimane fonte di grande preoccupazione per l'Unione europea, che ha in maniera costante sollecitato e chiesto resoconti sull'adeguamento alla Convenzione internazionale contro la tortura, di cui la Cina è uno Stato firmatario.
L'elenco dei casi individuali di detenzione cui l'Unione europea presta attenzione mediante periodiche richieste sullo stato di salute e per una riduzione o cancellazione della pena, comprende anche membri dei movimenti religiosi non riconosciuti.
Preoccupazione circa le restrizioni cui è sottoposta la libertà religiosa in Cina è stata espressa dai Capi missione dell'Unione europea accreditati a Pechino, secondo i quali benché lo Stato cinese garantisca a livello costituzionale la libertà di religione, nella pratica, tuttavia, le libertà di pensiero, coscienza e religione risultano fortemente limitate. Le cinque religioni ufficiali riconosciute (il Buddismo, l'Islamismo, il Taoismo, il Cattolicesimo ed il Protestantesimo) sono sottoposte a dure restrizioni e regole che devono rispettare. In particolare, sempre secondo quanto riferiscono i Capi missione Unione europea, il numero crescente di aderenti alle cosiddette «Chiese sotterranee» cristiane spingerebbe le autorità cinesi ad operare notevoli pressioni su di essi per farli aderire alle Chiese riconosciute ufficialmente. Il 2 marzo 2005, inoltre, sono entrate in vigore delle nuove norme in materia religiosa che impediscono le attività di proselitismo dei religiosi stranieri.
Per completezza di informazione si ricorda inoltre che, in occasione dei lavori della 61a sessione annuale della CDU di Ginevra (14 marzo-22 aprile 2005), la Presidenza lussemburghese, nel discorso pronunciato il 23 marzo 2005 a nome dell'Unione europea sulle violazioni dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali nel mondo, ha posto un'enfasi particolare sul rispetto dei diritti umani in Cina. In tale circostanza, la Presidenza ha riaffermato il valore attribuito dall'Unione al dialogo strutturato con la Cina come prezioso mezzo di comunicazione, capace di contribuire a portare miglioramenti concreti e tangibili circa la situazione dei diritti dell'uomo in quel Paese, grazie alla possibilità di sollevare con le autorità di Pechino le questioni che più suscitano la preoccupazione dell'Unione europea, tra le quali, appunto, la questione della libertà religiosa.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Margherita Boniver.

PERROTTA. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
la Società per l'Aeroporto Civile di Bergamo S.p.a. - Orio al Serio (BG) è un ente per il quale gli organi di rappresentanza sono sottoposti alla legge n. 441 del 1982;
il Direttore Generale, Roberto Belloni, ha percepito nel 2003 un reddito pari a 297.265,00 euro -:
quale sia la composizione del Consiglio d'Amministrazione;
quale sia il costo del summenzionato consiglio;
quali componenti siano di nomina di organi dello Stato e da chi siano nominati.
(4-16053)


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Risposta. - In merito alle problematiche evidenziate con l'atto ispettivo in esame, sono state richieste informazioni all'Ente nazionale per l'aviazione civile il quale fa conoscere che il Consiglio di amministrazione della Società per l'Aeroporto civile di Bergamo S.p.a. (SACBO), come risulta dal bilancio di esercizio 2004, risulta così composto: presidente Ilario Testa; vice Presidente Giampietro Borghini; consiglieri Enzo Berlanda, Giuseppe Binaschi, Alfio Lamanna, Lino Girometta, Ottavio Enrico Lecis, Giovanni Morzenti, Mario Ratti, Roberto Sestini, Francesco Triscari Binoni, Emilio Zanetti, Cesare Zonca.
L'Ente aeronautico precisa che, come risulta dalla nota integrativa al suddetto bilancio, i compensi ai membri del Consiglio di amministrazione ammontano ad euro 435.574.
Il Collegio sindacale della medesima società è composto come segue: presidente Maria Laura Prislei; sindaci effettivi Piergiorgio Butti, Giuseppe Cappella, Aldo Londei, Claudio Puricelli; sindaci supplenti Giambattista Azzola, Sergio Petroli.
Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti ed il Ministro dell'economia e delle finanze nominano, ai sensi dell'articolo 11 del decreto ministeriale 521 del 1997, rispettivamente un sindaco in ciascuna società di gestione. In particolare, il sindaco nominato dal Ministro dell'economia e delle finanze assume la funzione di Presidente del collegio sindacale.
Il sindaco di nomina del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti per la società SACBO S.p.A. è il Dr. Aldo Londei.
Il Viceministro delle infrastrutture e dei trasporti: Mario Tassone.

PERROTTA. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
il repertorio delle grandi opere incompiute è considerevolmente ampio;
per le grandi opere che sono rientrate nella procedura della legge obiettivo, ci vogliono in media 671 giorni solo per ottenere il via libera al progetto preliminare, poi quasi tre anni per l'approvazione del progetto definitivo ed altri 545 giorni per sdoganare il progetto esecutivo;
a tutto ciò occorre aggiungere i ricorsi, i contenziosi, i problemi legati agli espropri etc. che comportano ritardi del 46 per cento rispetto alla tabella di marcia prevista;
in riferimento all'Interporto di Battipaglia sono stati stanziati 13.487 euro e sono serviti 612 giorni solo per il progetto preliminare -:
a che punto sia la costruzione;
quale percentuale di lavori sia già stata eseguita;
quanto sia stato stanziato per la realizzazione di quest'opera;
quali siano i tempi previsti per il completamento dei lavori;
quanto sia stato speso fino ad oggi;
quali provvedimenti si pensi di adottare in modo da portare a termine, in tempi puttosto celeri, le opere stanziate.
(4-16071)

Risposta. - In merito all'interrogazione in argomento, relativa agli interventi previsti dalla legge del 23 maggio 1997, n. 135 per l'interporto di Battipaglia si fa presente che la società Salerno Interporto s.p.a. ha inviato una dettagliata relazione sull'attuale stato delle attività dalla quale si evince quanto segue.
È stato redatto il progetto definitivo del primo lotto funzionale che recepisce le prescrizioni e raccomandazioni espresse in sede di approvazione del progetto preliminare. Esso è stato trasmesso al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ed agli enti interferenti nel maggio 2004.


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La progettazione del I lotto funzionale ha previsto la realizzazione su un'area pari a circa mq 109.655 delle seguenti opere:
zona intermodale;
un magazzino corrieri con relativi uffici (C3);
area di stoccaggio più arteria di nuova penetrazione congiungente la S.P. 195 con viale Spagna;
primo corpo di Torre Raj sede degli uffici di gestione;
area a parcometro e viabilità.

L'area di stoccaggio sarà pari a 2.810 mq in prossimità dell'accesso all'area intermodale e a circa 9.334 mq a nord del capannone D2.
Inoltre nel primo lotto funzionale sono previste aree a verde per una superficie complessiva di mq 16.245 di cui mq 4.258 esterni al lotto funzionale ma comunque in area interporto; viabilità area di manovra e stalli aree a parcheggi pari a mq 33.727.
La Conferenza di servizi prevista dall'articolo 4 del decreto legislativo n. 190 del 2002 è stata indetta in data 15 luglio 2004 con l'obiettivo di approvare con eventuali integrazioni o modificazioni il progetto definitivo anche ai fini della dichiarazione di pubblica utilità sempre ai sensi del decreto legislativo n. 190 del 2002. La Commissione speciale VIA nella seduta plenaria del 14 dicembre 2004 ha reso gli esiti della verifica di ottemperanza svolti esprimendo parere positivo. Il documento riguardante tale verifica è stato trasmesso al Ministero dell'ambiente e tutela del territorio che lo ha inviato con nota del 16 febbraio 2005 al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ed alla Salerno Interporto per conoscenza.
Acquisita tale documentazione il progetto è stato approvato dal CIPE nella seduta del 27 maggio 2005, delibera n. 67, anche al fine della dichiarazione di pubblica utilità.
Il progetto è stato approvato per l'importo complessivo di euro 18.197.929,96 di cui euro 13.212.766,76 per lavori ed euro 4.985.163,20 per somme a disposizione.
L'importo complessivo arrotondato a 18,198 milioni di euro trova integrale copertura nelle disponibilità esistenti secondo il seguente quadro finanziario:
a) per 8,003 milioni di euro dal Quadro comunitario di sostegno 2000-2006 (POR Campania) come da delibera della Giunta della Regione Campania 12 settembre 2003 n. 2632;
b) per 7,747 milioni di euro dalla legge del 23 maggio 1997 n. 135 quale contributo a carico dello Stato. Infatti con D.D. n. 6594 del 24 dicembre 2003 è stata impegnata la predetta somma di euro 7.746.853,49 quale ammontare del contributo dovuto alla Salerno Interporto s.p.a. per la realizzazione degli interventi specificati nell'Atto di convenzione del 17 dicembre 2003 relativi all'interporto nel territorio di Battipaglia finanziati con i fondi di cui alla legge n. 135 del 1997;
c) per 2,448 milioni di euro da finanziamenti privati a carico della Salerno Interporto s.p.a. come da delibera del Consiglio di Amministrazione della società stessa del 24 novembre 2003 n. 74.

Nelle somme a disposizione è stata prevista la spesa di euro 165.508,47 per «indagini archeologiche e bonifica ordigni bellici» da affidare però a ditte specializzate separatamente e precedentemente alla gara per la progettazione esecutiva e la realizzazione dei lavori e anche prima di aver acquisito la disponibilità dei suoli tramite esproprio.
Con verbale del 29 settembre 2005 sono stati consegnati i lavori di bonifica ordigni bellici alla ditta Strago s.r.l..
Sono in fase di affidamento anche i lavori relativi all'indagine archeologica finalizzata ad escludere la presenza di strutture non rimuovibili sull'area destinata alla realizzazione dell'interporto. Tutte le fasi dell'indagine saranno esperite sotto il controllo e direzione scientifica della Sovrintendenza a mezzo di gara d'appalto per la scelta della ditta specializzata.
In data 16 giugno 2005 è stata pubblicata sulla GUCE n. S104 la gara per l'affidamento


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della progettazione esecutiva e dei lavori inerenti il primo lotto funzionale. Si è proceduto attraverso licitazione privata e in data 28 ottobre 2005 sono stati spediti gli inviti alle ditte qualificate; il termine ultimo per la presentazione delle offerte è il 19 dicembre 2005.
Con delibera di Giunta della Regione Campania n. 1331 del 15 ottobre 2005 è stato assegnato un finanziamento a valere sui fondi FAS di euro 4.000.000,00 a favore della Salerno Interporto s.p.a..
Il Viceministro delle infrastrutture e dei trasporti: Mario Tassone.

PERROTTA. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
S.E.A. S.p.a. - Società esercizi aeroportuali - Milano Linate (Milano) è un ente per il quale gli organi di rappresentanza sono sottoposti alla legge n. 441 del 1982;
il Presidente, Giuseppe Bencini, ha percepito nel 2003 un reddito pari a 692.831,00 euro -:
quale sia la composizione del Consiglio di amministrazione;
quale sia il costo del summenzionato consiglio;
quali componenti siano di nomina di organi dello Stato e da chi siano nominati.
(4-16106)

Risposta. - In merito alle problematiche evidenziate con l'atto ispettivo in esame, sono state richieste informazioni all'Ente nazionale per l'aviazione civile (ENAC) il quale fa conoscere preliminarmente che, da quanto risulta dal bilancio d'esercizio 2004, il Consiglio di amministrazione della società SEA S.p.a. è così composto: Consiglio di Amministrazione: Presidente Giuseppe Bencini; Vice Presidente Alfio La Manna; Consiglieri Giuseppe Binaschi, Raffaele Cattaneo, Ludovico Maria Gilberti, Lino Girometta, Carlo Edoardo Valli.
Per quanto concerne i compensi corrisposti ai membri del citato Consiglio di amministrazione, l'Ente aeronautico precisa che dalla nota integrativa al suddetto bilancio, risulta che tali emolumenti ammontano ad euro 917.000.
L'ENAC fa presente, inoltre, che il Collegio Sindacale della medesima società è composto come segue: Presidente Giuseppe Lucibello; Sindaci effettivi Aldo Londei, Fabio Malcoveti, Maria Luisa Mosconi, Raffaella Pagani.
Sindaci supplenti Maria Luisa Paxi, Ezio Maria Simonelli.
A riguardo occorre precisare che il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti ed il Ministro dell'economia e finanze nominano, ai sensi dell'articolo 11 del decreto ministeriale n. 521 del 1997 rispettivamente un sindaco in ciascuna società di gestione. In particolare, il sindaco nominato dal Ministro dell'economia assume la funzione di Presidente del collegio sindacale.
Il sindaco di nomina del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti per la società SEA S.p.a. è il dottor Aldo Londei.
Il Viceministro delle infrastrutture e dei trasporti: Mario Tassone.

PREDA. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
il problema del rispetto dei diritti umani dei curdi nell'aerea mediorientale è in un momento di netta evoluzione rispetto al passato;
in Siria c'è una presenza di circa il 10 per cento di popolazione curda alla quale è assicurata solo la garanzia di potere parlare la propria lingua;
alcuni paesi dell'Unione europea stanno da tempo monitorando gli eventi e le situazioni relative al rispetto dei diritti umani in Siria -:
quali iniziative intenda prendere il Governo per coordinare e sollecitare una azione a livello europeo che garantisca ai


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Curdi il rispetto dei loro diritti in Siria e negli altri paesi mediorientali.
(4-15239)

Risposta. - Per quanto attiene al profilo del rispetto dei diritti umani delle popolazioni curde in Siria, si ritiene utile segnalare quanto segue.
La Siria non ha formato oggetto di alcuna risoluzione di condanna per violazione dei diritti umani né nel corso della 61a Sessione annuale della Commissione per i diritti umani di Ginevra (marzo-aprile 2005). Tuttavia, va segnalato che nel discorso generale sulla situazione dei diritti umani nel mondo, pronunciato dalla Presidenza lussemburghese a nome dell'Unione europea davanti alla Commissione per i diritti umani il 23 marzo 2005, dopo essersi felicitata per l'adesione di Damasco alla Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura, l'Unione europea ha condannato il deterioramento della situazione dei difensori dei diritti umani in quel Paese.
Secondo stime attendibili in Siria vi sarebbero da 1,4 a 1,8 milioni di curdi avente nazionalità siriana e circa 200.000 curdi senza cittadinanza. Il loro totale rappresenta circa il 10 per cento della popolazione siriana. Tale minoranza parla il curdo ed ha un retroterra etnico differente da quello del resto della popolazione araba. Essi sarebbero, in effetti, vittime di frequenti episodi di discriminazione. Nei loro confronti sino ad oggi risulta essere stata condotta una politica sostanzialmente repressiva, con poche aperture al dialogo, che ha creato frustrazioni e malumori sfociati nei disordini verificatisi nel marzo dell'anno scorso, duramente repressi dalle forze dell'ordine.
Un problema particolarmente sentito è quello del riconoscimento della nazionalità siriana a circa 200.000 curdi che vivono nel Paese ma che, a causa di un censimento operato nel 1962, sono catalogati come «non cittadini». Per la legge vi sono due tipi di curdi senza cittadinanza: gli «stranieri» e i «non registrati». Ouesti ultimi sarebbero soggetti per altro anche ad una maggiore forma di discriminazione, ad esempio non possono avere un documento di identità ufficiale, non possono recarsi all'estero, registrare i propri matrimoni e gli è negato il diritto di proprietà.
Il 1o aprile 2005, la stampa siriana ha annunciato la liberazione di «tutti i 313 detenuti» arrestati in seguito ai disordini di Qamishli del marzo 2004. La liberazione, veniva sottolineato, andava inquadrata nell'ambito di un'amnistia presidenziale volta a «consolidare l'unità nazionale». Va tuttavia notato che tutte le testate che hanno dato la notizia hanno altresì evitato ogni riferimento al fatto che si trattava di persone di etnia curda.
Per contro il 26 giugno 2005, la Corte di sicurezza dello Stato ha, da un lato, assolto il noto attivista dei diritti umani e Presidente dell'Associazione «Comitato per la Difesa delle Libertà Democratiche e dei Diritti umani in Siria», Aktham Nasse; dall'altro, nella stessa giornata, ha condannato tre attivisti curdi a pene detentive che vanno da 30 a 36 mesi di reclusione.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Margherita Boniver.

RAISI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
nella giornata di giovedì 8 settembre 2005 il volo Alitalia delle 17,10 con partenza da Roma e arrivo a Bologna, ha subito un ritardo di oltre un'ora;
questi ritardi sono ormai da considerarsi cronici in quanto ogni settimana si verifica il medesimo disguido;
il continuo verificarsi di tale circostanza crea problemi a molte persone che sono costrette ad utilizzare l'aereo quasi quotidianamente per motivi di lavoro;
in data 11 aprile 2005 il sottoscritto aveva presentato un'interrogazione a risposta scritta (n. 4-13676) con la quale denunciava il verificarsi di un episodio simile avvenuto nella giornata del 31 marzo 2005;
il Vice Ministro del Ministero delle infrastrutture e trasporti aveva risposto


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all'interrogazione in data 27 luglio 2005, dimostrando professionalità ed efficienza;
tuttavia le motivazioni addotte dall'Ente nazionale per l'aviazione civile non sono da ritenersi esaustive dal momento che si giustificava la cancellazione del volo per indisponibilità dell'aeromobile dovuta a non ben identificati «motivi tecnici» -:
se sia a conoscenza nello specifico dei «motivi tecnici» che hanno determinato il ritardo nella partenza dell'aereo dal momento che non risultavano impedimenti di carattere atmosferico;
se il Ministro interrogato non ritenga di dover adottare iniziative presso la compagnia Alitalia affinché sia definitivamente risolto l'annoso problema che, causando disagi quotidiani agli utenti della tratta Roma-Bologna, indirizza gli stessi verso altre compagnie, determinando così una drastica riduzione della propria clientela.
(4-16536)

Risposta. - In merito alle problematiche evidenziate con l'atto ispettivo in esame sono state richieste informazioni all'Ente nazionale per l'aviazione civile (ENAC) il quale precisa che il Volo AZ 1317 dell'8 settembre 2005, in partenza da Roma per Bologna, ha subito un ritardo di un'ora e quindici minuti. Lo stesso, infatti, risulta partito alle 18.25 anziché alle 17.10 ed è giunto a Bologna alle 19.25 invece che alle 18.10.
L'Ente fa conoscere che il ritardo in questione è imputabile alla sostituzione dell'aeromobile dovuta ad un guasto alla porta
galley posteriore, riscontrato durante i consueti controlli che vengono effettuati precedentemente alla fase di imbarco dei passeggeri.
La puntualità dei voli Alitalia da e per Bologna risulta essere pari al 77 per cento dal periodo che va dal 1o gennaio 2005 al mese di novembre ultimo scorso e per quanto concerne, in particolare, il volo AZ 1317 risulta essere del 72 per cento con un'incidenza di ritardo del 4 per cento.
L'Ente aeronautico precisa, inoltre, che la stessa Alitalia ha registrato sulle tratte nazionali una performance pari all'82 per cento, inferiore alla media solitamente registrata e a tale criticità ha deciso di porre rimedio attraverso l'implementazione di attività volte all'ottimizzazione del
network ed al riassetto organizzativo per il miglioramento del processo di puntualità.
Il Viceministro delle infrastrutture e dei trasporti: Mario Tassone.

RAISI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro della difesa, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
su tutte le riviste italiane di nautica si polemizza ormai da mesi su alcune disattenzioni del legislatore, il quale ha mostrato solo un'attenzione «a macchia di leopardo» sulla questione sicurezza;
l'accesso alla nautica da diporto del grande pubblico con scarsa o nulla esperienza marinaresca, ha avuto come sicuro effetto l'aumento di inesperti in mare, con conseguenti rischi per l'incolumità loro, dei loro ospiti e di chi, per volontà o missione, dovrà occuparsi, prima o poi, di soccorrerli;
il risultato di tale stato di cose è stato misurato già la scorsa stagione con l'aumento drammatico delle richieste di intervento per soccorso e delle uscite per la ricerca di naufraghi e dispersi, con evidente rischio per gli operatori preposti;
le situazioni di emergenza potrebbero essere riassunte in ordine di importanza prevedendo obblighi dello Stato ed obblighi del comandante;
a parere dell'interrogante, tra gli obblighi dello Stato andrebbe istituito un Albo di servizi meteo marino certificati; andrebbero resi più fruibili e disponibili in differenti modalità quali sms, fax, internet, gli avvisi ai naviganti, segmentandoli per area e per lingua, non attraverso la sequela di avvisi ma tramite appositi sistemi IVR; andrebbero resi fruibili e disponibili


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gli avvisi ai naviganti attraverso un broadcasting che veda l'utilizzo di un sistema di comunicazione indipendente dalla distanza dalla stazione emittente e perfino per territorio; andrebbero istituite come già avviene per il traffico aereo, delle stazioni di «ascolto» che ricevono in continuazione e creano il log della rotta, i messaggi di posizione da tutte le imbarcazioni da diporto, che navigano oltre un certo limite di distanza dalla posizione di partenza, indipendentemente dalla distanza dalla costa;
tra gli obblighi del comandante e dell'armatore con responsabilità congiunte, andrebbe previsto l'obbligo di abbonamento ad un servizio meteo professionale, riconosciuto dal ministro dei trasporti ed infrastrutture; quello di avere a bordo un sistema di comunicazione full duplex sempre operativo per l'ascolto e la ricezione anche in sms degli avvisi ai naviganti unitamente alla prova della consultazione (sms o log delle connessioni effettuate); quello di avere a bordo un sistema di comunicazione full duplex portatile sempre operativo, integrato con un GPS e dotato di custodia stagna che consenta di comunicare sempre anche dopo aver abbandonato l'imbarcazione e sia in grado di inviare anche via sms le coordinate di posizione e l'identificativo dell'imbarcazione; quello di avere a bordo un sistema che invii ai «centri d'ascolto» via sms le coordinate di posizione e l'identificativo dell'imbarcazione ad intervalli temporali di funzione della velocità di navigazione dell'imbarcazione -:
quali siano le valutazioni del Governo in merito a quanto esposto nella premessa;
quali iniziative il Governo intenda adottare per affrontare il tema della prevenzione nel diporto nautico.
(4-16591)

Risposta. - In merito alle problematiche evidenziate il Comando generale del Corpo delle capitanerie di porto fa conoscere, in via preliminare, che i dati concernenti le richieste di soccorso pervenute alla sala operativa dello stesso Comando generale, nel corso della stagione estiva 2005, non hanno fatto rilevare un aumento delle richieste di intervento per soccorso.
A tal proposito, l'autorità marittima fa presente che, assumendo a riferimento il mese di maggior intensità delle attività balneari e nautiche, risulta che le chiamate pervenute al numero d'emergenza «1530» nel corso del mese di agosto del 2005, sono state 2622 a fronte delle 3899 del corrispondente mese del 2004. Analogamente, gli eventi che hanno visto impegnata l'organizzazione SAR del Corpo nel medesimo periodo sono stati 681 a fronte dei 755 del 2004.
Per quanto concerne il sistema di diffusione delle informazioni meteorologiche e meteomarine, è indubbio che esso costituisca un importante ausilio nella prevenzione dei sinistri con peculiare riguardo alla navigazione da diporto.
La diffusione dell'informazione meteo è un servizio pubblico affidato all'Aeronautica militare che si avvale, a tal fine, del Centro nazionale di meteorologia e climatologia aeronautica (CNMCA) di Pratica di mare.
Quest'ultimo, estende tali previsioni a tutti gli enti ed organismi interessati diramandoli su svariati canali di comunicazione.
Le informazioni meteomarine, in ambito strettamente marittimo, vengono poi diffuse dalle stazioni radio costiere sui canali radio in banda VHF dedicati, con preavviso sul canale 16.
Alla diffusione dell'informazione a carattere meteorologico va altresì associato il servizio di diffusione dei cosiddetti «avvisi ai naviganti» ovvero l'informazione su circostanze, sia di natura transitoria sia permanente, idonee ad incidere sulla sicurezza della navigazione (temporanea inefficienza dei segnalamenti marittimi luminosi, aree interdette per lavori subacquei, manifestazioni sportive, esercitazioni militari eccetera).
Gli avvisi ai naviganti, distinti in funzione dell'ambito di rilevanza in avvisi a carattere locale e generale, vengono diffusi con i medesimi canali utilizzati per l'informazione meteomarina. Essi vengono originati,


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in buona parte, dai 364 uffici marittimi dislocati lungo la costa per il tramite dei Comandi militari marittimi autonomi o degli Alti comandi periferici della Marina militare oltre ad essere trasfusi, quanto agli avvisi permanenti o di vigenza protratta nel tempo, in apposita pubblicazione periodica edita dall'Istituto idrografico della Marina militare.
Il citato Comando generale fa presente che gli anzidetti bollettini ed avvisi, oltre ad essere disponibili su internet, viaggiano anche su reti telematiche dedicate (telescriventi, rete AFTN) e, in modo capillare, raggiungono tutti gli uffici periferici del Corpo stesso dove sono sempre e facilmente consultabili da parte dell'utenza interessata.
Nel corso della stagione estiva, le reti radiotelevisive nazionali potenziano sensibilmente la frequenza ed il dettaglio delle trasmissioni e lo stesso Comando generale si impegna nel realizzare spot televisivi e spazi informativi dedicati.
Quanto alle tecnologie asservite alla diffusione ed alla ricezione dell'informazione nautica per la sicurezza, l'Autorità marittima rileva che gli apparati di radiocomunicazione attualmente in uso, previsti uniformemente per tutto il settore della navigazione marittima, a qualunque fine condotta, rispondono ai criteri delle convenzioni internazionali cui l'Italia ha aderito. Tali apparati garantiscono già le «prestazioni» minime e non possono essere modificati o integrati con altri apparati o sistemi se non in forza di norme internazionalmente riconosciute.
Sul piano dell'ordinamento interno, il Comando generale sottolinea che sistemi alternativi dovrebbero operare introducendo, comunque, standard tecnologici a valenza generale ed accessibili a costi proporzionali al
target dell'utenza.
A tal proposito, in particolare, rileva la circostanza che il bacino di utenza del diporto è, in effetti, in crescita esponenziale. In particolare ciò vale per l'ampia categoria dei natanti da diporto, non muniti di apparecchiature di radiocomunicazione ed abilitate alla navigazione entro la fascia di mare più prossima alla costa. Ritiene, al riguardo, che sussistano proficui spazi per lo studio e la sperimentazione di un sistema di diffusione, su base locale, di messaggi di avviso (eventualmente via sms o mediante apparati portatili di ausilio alla navigazione - es. GPS palmari -) legati ad una rete certificata di stazioni per l'allerta meteo.
Il Comando generale, infine, evidenzia il costante impegno profuso, anche con proficue cooperazioni con Enti benemeriti del settore, al fine di rendere più accessibile l'ambiente mare senza prescindere dall'aspetto della sicurezza e dalle misure preventive a salvaguardia della vita umana.
In conclusione si rappresenta che il Regolamento di sicurezza contenuto nel decreto ministeriale 478 del 1999, in ragione della distanza dalla costa già impone la dotazione di sistemi di ausilio alla navigazione quali Loran, GPS, VHF, riflettore radar, EPIRB.
Il Regolamento di attuazione della nautica da diporto, il decreto legislativo 18 luglio 2005, n. 171 codice della nautica da diporto ed attuazione della direttiva 2003/44/CE, a norma dell'articolo 6 della legge 8 luglio 2003, n. 172, si presenta come primaria occasione per inserire nuove soluzioni anche di natura tecnica per garantire una completa, efficace e tempestiva informazione a favore dell'utenza a completamento delle tecnologie già in uso.
Il Viceministro delle infrastrutture e dei trasporti: Mario Tassone.

RANIERI e SANDI. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
la giunta militare birmana ha prorogato gli arresti domiciliari per altri dodici mesi al premio Nobel per la pace Aung San Suu Kyi;
questa decisione fa seguito ai recenti arresti di sindacalisti, che avevano la sola colpa di aver preso contatti con il rappresentate dell'OIL, e alla minaccia del ministro del Lavoro birmano dopo la risoluzione approvata nel giugno scorso dall'OIL di abbandonare l'Organizzazione Internazionale del Lavoro;


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in tale risoluzione si chiedeva ai governi e agli imprenditori di sospendere i rapporti con la giunta, compresi gli investimenti diretti esteri a causa del continuo utilizzo del lavoro forzato;
il governo italiano non ha attuato nella sostanza la risoluzione approvata dall'OIL ed ha mandato il proprio rappresentante a Rangoon ad incontrare la giunta con l'obiettivo di riaprire un improbabile dialogo per la democrazia;
in violazione delle decisioni assunte a livello di OIL e di Unione Europea il Governo italiano ha, inoltre, finanziato attraverso l'Ice un programma di collaborazione industriale -:
per quale motivo il governo abbia inteso, nonostante la risoluzione dell'OIL desse indicazioni contrarie, inviare il proprio rappresentante a Rangoon;
se non ritenga il governo dare il proprio buono esempio alle imprese, interrompendo e sospendendo ogni rapporto con la Birmania e farsi parte attiva con gli altri paesi per far sì che la questione birmana venga messa all'ordine del giorno del Consiglio di Sicurezza ONU.
(4-18829)

Risposta. - In merito a quanto segnalato dall'interrogante nell'atto ispettivo cui si risponde, si ritiene opportuno sottolineare preliminarmente che il tema del rispetto dei diritti umani in Birmania/Myanmar forma già da tempo oggetto di costante attenzione da parte della Comunità Internazionale e dell'Italia.
Sul piano internazionale, sia l'Unione europea che le Nazioni unite sono profondamente impegnate nello stimolare un possibile processo di transizione verso la democrazia di quel Paese.
In tale ottica, constatata l'assenza di evidenti miglioramenti e la presenza, al contrario, di un continuo deterioramento della situazione circa il rispetto dei diritti fondamentali, l'Unione europea ha deciso di presentare anche nel 2005, nel quadro dei lavori della Terza Commissione dell'Assemblea Generale delle Nazioni Unite riunitasi a New York, un testo di risoluzione di condanna nei confronti del Myanmar per gravi violazioni dei diritti umani. La risoluzione è stata adottata per consenso il 18 novembre scorso: nel testo si fa stato, ancora una volta, della preoccupazione dell'Unione europea e della Comunità internazionale per le continue violazioni che hanno luogo nel Paese. Nel documento si condannano, in particolare, le uccisioni extragiudiziali, gli abusi ed altre forme di violenza sessuale nei confronti delle donne, ad opera soprattutto di appartenenti alle forze armate; il ricorso alla tortura, gli arresti arbitrari per ragioni politiche, il traffico di esseri umani, lo sfruttamento del lavoro minorile ed il reclutamento forzato di bambini soldato.
Precedentemente la Commissione delle Nazioni unite per i diritti umani, nel corso della 61a sessione annuale (Ginevra, 14 marzo-22 aprile 2005), su iniziativa dell'Unione europea, aveva già adottato - in analogia a quanto avvenuto nel 2004 e durante la 59a Assemblea generale delle Nazioni unite (settembre-dicembre 2004) - una risoluzione di condanna del Myanmar per gravi violazioni dei diritti umani e delle libertà fondamentali. Sempre nel quadro dei lavori della 61a sessione annuale della CDU, il Relatore Speciale per i diritti umani in Myanmar, il brasiliano Paulo Sergio Pinheiro, aveva presentato il suo Rapporto annuale sul Paese, nel quale sottolineava come la situazione dei diritti umani e delle libertà fondamentali in loco non avesse visto modifiche sostanziali nell'ultimo anno, lamentando inoltre la scarsa disponibilità a cooperare da parte delle autorità locali.
L'attenzione del Relatore speciale si era rivolta soprattutto alla richiesta di pieno ed incondizionato rilascio di tutti i prigionieri politici ed alla necessità di permettere ai partiti di operare in libertà e pacificamente, in modo da avviare un processo credibile di transizione politica e riconciliazione nazionale, soffermandosi poi sulle violazioni dei diritti umani nelle aree connotate dalla forte presenza di minoranze etniche.
Sul piano bilaterale, si fa presente che l'Italia, essendo uno dei pochissimi Paesi dell'Unione europea ad avere una propria


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Ambasciata a Yangon, è particolarmente coinvolta nella ricerca di soluzioni atte a favorire un'inversione di tendenza nella giunta militare birmana ed un auspicabile miglioramento della situazione del Paese nell'ambito del rispetto dei principi democratici e dei diritti umani.
Sulla scorta anche di indicazioni provenienti dai Capi Missione dell'Unione europea in loco (che considerano un'intensificazione dei contatti a livello «tecnico» utile per cercare di incidere sulle scelte della giunta birmana) e nel pieno rispetto della Posizione Comune dell'Unione europea sulla Birmania, l'Italia, tramite una missione a Yangon a livello funzionari, lo scorso mese di ottobre, ha inteso cercare di riportare le Autorità birmane ad un tavolo di discussione sulle prospettive di democratizzazione del Paese. Tale tavolo di discussione consentirebbe di rivitalizzare l'esercizio di «dialogo critico» avviato nel 2003 dalla Thailandia, assieme a diversi Paesi europei (fra cui l'Italia) ed asiatici e denominato «Bangkok
Process».
Una prima riunione in tale formato di «dialogo critico», a carattere preliminare ed «esplorativo», ha avuto luogo a Roma a fine novembre 2005, con la partecipazione di un rappresentante del ministero degli affari esteri birmano e di diversi Paesi europei ed asiatici.
Il Governo italiano ritiene infatti prioritario collaborare strettamente con i Paesi asiatici per svolgere pressioni convergenti sul regime di Yangon affinché consenta un'effettiva partecipazione di tutte le componenti politiche, etniche e religiose al processo di riconciliazione nazionale. Al contempo, tale «dialogo critico» dovrebbe permettere di ribadire ad ogni utile occasione la ferma opposizione verso ogni forma di violazione dei diritti umani e delle libertà individuali posta in essere dalla giunta militare birmana.
Relativamente alla Risoluzione dell'OIL (Organizzazione Internazionale del lavoro) sulla Birmania, il Governo italiano si è pienamente conformato alla stessa ed il Ministro degli affari esteri ha risposto in data 11 novembre ultimo scorso alla lettera del direttore generale dell'OIL, Somavia, relativa all'applicazione della Convenzione sul lavoro forzato da parte birmana, facendo stato della piena solidarietà italiana all'OIL nell'espletamento del suo difficile mandato in Birmania. Nella stessa lettera, viene sottolineato che l'Italia, quale Paese membro dell'Unione europea, è fra i pochi membri dell'OIL ad applicare già un regime di sanzioni politiche ed economiche nei confronti della Birmania.
In merito al caso specifico della
leader dell'opposizione Aung San Suu Kyi - agli arresti domiciliari dal maggio 2003 - numerosi sono stati gli interventi volti ad ottenerne il rilascio, sia a livello internazionale che a livello bilaterale.
In ambito internazionale, l'ultimo appello è stato lanciato il 16 giugno 2005 dalla Presidenza dell'Unione europea con una dichiarazione emessa in vista del 60o compleanno del premio Nobel per la pace (19 giugno 2005). La Presidenza olandese dell'Unione europea, già il 10 dicembre 2004 aveva emesso una dichiarazione di severa condanna per la continua detenzione della signora San Suu Kyi, richiedendone l'immediato rilascio assieme a quello di tutti i prigionieri politici ancora detenuti ed esortando ancora una volta il Governo di Yangon a concedere senza ulteriori rinvii all'Inviato Speciale del Segretario Generale dell'ONU per il Myanmar, Razali, ed al Relatore Speciale dell'ONU, Pinheiro, un accesso totale, libero e senza restrizioni al Paese.
Inoltre, a margine della 7a Riunione dei Ministri degli Esteri dell'ASEM (Asia-Europe Meeting), svoltasi a Kyoto il 6-7 maggio 2005, da parte europea è stata reiterata al Ministro degli esteri birmano, U Wing Aung, la preoccupazione per l'assenza di progressi nella situazione interna al Paese; è stata nuovamente richiesta la liberazione del Premio Nobel Aung San Suu Kyi; è stata consegnata una lista di 90
prisoners of concern; ed è stata richiesta un'accresciuta collaborazione con l'ONU.
Si segnala infine che, il 25 marzo 2005, il Consiglio Affari generali e Relazioni Esterne dell'Unione europea ha prorogato di ulteriori dodici mesi il regime sanzionatorio in vigore nei confronti di Myanmar.


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In ambito bilaterale, all'indomani della notizia della proroga, degli arresti domiciliari nei confronti della Signora Aung San Suu Kyi, il ministero degli Affari esteri italiano ha convocato l'ambasciatore di Myanmar a Roma per esprimere il profondo disappunto per tale atto e chiedere nuovamente che il regime birmano liberi immediatamente ed incondizionatamente il Premio Nobel per la Pace e gli altri prigionieri politici.
Tale passo fa seguito alle dichiarazioni che io stessa ho pubblicamente rese a New York, per chiedere un coinvolgimento maggiore del Consiglio di sicurezza dell'ONU nella questione birmana, in considerazione della riscontrata preoccupante assenza di progressi.
Vanno tuttavia segnalati alcuni timidi segnali di apertura da parte delle Autorità di Yangon, come il rilascio di un cospicuo numero di detenuti, che potrebbero essere stati incarcerati a torto. Tra i beneficiari del provvedimento si contano alcuni detenuti politici, tra cui spiccano il capo della rivolta studentesca del 1988, alcuni parlamentari eletti nelle elezioni del 1990 ed esponenti del partito di opposizione NLD (Lega Nazionale per la Democrazia), detenuti da vari anni. Si stima tuttavia che nel Paese vi siano ancora oltre 1.350 prigionieri politici.
Da parte del Governo italiano e dell'Unione europea si continuerà a seguire con estrema attenzione l'evoluzione della situazione dei diritti umani in Birmania e non si mancherà di richiamare il Governo di Yangon al pieno rispetto dei diritti e delle libertà fondamentali nel Paese.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Margherita Boniver.

RIVOLTA. - Al Ministro dell'interno, al Ministro degli affari esteri, al Ministro degli italiani nel mondo. - Per sapere - premesso che:
il Ministero degli affari esteri ha già comunicato al Ministero dell'interno che il signor Pasquale Nestico membro eletto del Comites di Philadelphia e membro del Consiglio Generale degli Italiani all'Estero (CGIE) come cittadino italiano presta servizio presso l'esercito americano col grado di Tenente Colonnello;
il Ministero dell'interno non ha ancora intimato al suddetto signor Mistico di dimettersi da tale incarico in osservanza dell'articolo 12 della legge che regola la doppia cittadinanza -:
se il Governo sia informato sui fatti e come intenda procedere per la risoluzione del caso.
(4-16225)

Risposta. - Da notizie acquisite presso il ministero degli affari esteri risulta che il signor Pasquale Nestico, naturalizzato cittadino americano nel 1973, ha riacquistato la cittadinanza italiana in data 1o ottobre 1992 in base all'articolo 17 della legge 5 febbraio 1992, n. 91 «Nuove norme sulla cittadinanza» ed è quindi attualmente in possesso della doppia cittadinanza.
Al riguardo si fa presente che in base all'articolo 11 della predetta legge n. 91 del 1992 è ammesso il principio della doppia cittadinanza, in quanto «il cittadino che possiede, acquista o riacquista una cittadinanza straniera, conserva quella italiana, ma può ad essa rinunciare qualora risieda o stabilisca la residenza all'estero».
Risulta altresì che il signor Nestico, tra la fine del 2002 e l'inizio del 2003, si è volontariamente arruolato come ufficiale medico della riserva nell'esercito degli Stati Uniti, che sulla base dei titoli professionali posseduti gli ha attribuito il grado di tenente colonnello.
Secondo le notizie fornite dall'Ambasciata di Washington e dal Consolato Generale d'Italia in Filadelfia, l'impegno assunto dal signor Nestico, della durata di otto anni, prevede la disponibilità dello stesso a rispondere a chiamate biennali, per impieghi di breve durata, in strutture ospedaliere negli Stati Uniti o all'estero e alla data del 13 settembre 2005 era in servizio attivo.
Si evidenzia, altresì, che l'articolo 12 della predetta legge, al primo comma, stabilisce che il cittadino italiano perde la


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cittadinanza se, avendo accettato un impiego pubblico od una carica pubblica da uno Stato o ente pubblico estero o da un ente internazionale cui non partecipi l'Italia, ovvero prestando servizio militare per uno Stato estero, non ottempera, nel termine fissato, all'intimazione che il Governo italiano può rivolgergli di abbandonare l'impiego, la carica o il servizio militare.
Dalla lettura del testo normativo si desume che l'intimazione costituisce, pertanto, una facoltà e non un obbligo.
Nel caso in esame, considerata la qualità del servizio prestato in favore dell'esercito americano da parte del signor Nestico, non sembra sussistere alcuna motivazione per l'esercizio da parte del Governo della facoltà di intimare l'abbandono del servizio prevista dal citato articolo 12 della legge n. 91 del 1992.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Giampiero D'Alia.

RUSSO SPENA, BUFFO, MAURA COSSUTTA, NARDINI, PISAPIA, TITTI DE SIMONE, DEIANA, PISA, FOLENA, CRUCIANELLI, ZANELLA e CENTO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri, al Ministro della giustizia, al Ministro della difesa, al Ministro dell'interno, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
il 9 dicembre 2004 una delegazione del Comitato Europeo per la Prevenzione della Tortura e delle Punizioni o Trattamenti Inumani o Degradanti (Cpt) del Consiglio d'Europa ha svolto la propria visita ispettiva periodica in Italia dal 21 novembre al 3 dicembre del 2004;
durante la visita ha esaminato le condizioni di detenzione nei seguenti luoghi di detenzione: Centri di permanenza temporanea e assistenza di Agrigento, Caltanissetta, Lampedusa e Trapani; stazioni di Polizia di Roma, Civitavecchia, e Verona; stazioni di polizia ferroviaria a Roma Termini; carceri di Civitavecchia, Verona e Parma; Caserma della guardia di Finanza di Civitavecchia; Caserme dei Carabinieri di Verona e Lampedusa; Reparto psichiatrico dell'ospedale di Agrigento; Reparto ospedaliero detentivo a Verona;
nel corso della visita ispettiva la delegazione ha incontrato esponenti del Governo italiano e delle organizzazioni non governative, fra cui Antigone;
il Comitato Europeo per la Prevenzione della Tortura e delle Punizioni o Trattamenti Inumani o Degradanti è l'unico organismo che ha poteri penetranti di ispezione in tutti i luoghi di detenzione;
le raccomandazioni del Comitato Europeo per la Prevenzione della Tortura e delle Punizioni o Trattamenti Inumani o Degradanti sono vincolanti per gli Stati che hanno ratificato la relativa Convenzione;
l'Italia non ha ancora pubblicizzato la propria risposta al Rapporto del Comitato Europeo per la Prevenzione della Tortura e delle Punizioni o Trattamenti Inumani o Degradanti;
a parere degli interroganti, la tempestività nella risposta e nella pubblicazione è indice inequivocabile di rispetto degli organismi internazionali in materia di diritti umani;
le gravi condizioni di vita nelle carceri e nei centri di detenzione per stranieri in via di espulsione richiedono trasparenza nelle informazioni -:
per quali ragioni il Governo non abbia ancora prestato il proprio assenso alla pubblicazione del Rapporto del Comitato Europeo per la Prevenzione della Tortura e delle Punizioni o Trattamenti Inumani o Degradanti e della Risposta del Governo Italiano e quando intende dare il succitato assenso alla pubblicazione.
(4-18040)

Risposta. - In merito a quanto segnalato dall'interrogante nel presente atto parlamentare, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
Con lettera del 23 agosto 2005 la Presidente del Comitato per la Prevenzione


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della tortura del Consiglio d'Europa (CPT), signora Casale, ha fatto pervenire alla competente direzione generale del ministero degli affari esteri il rapporto sulla visita in Italia effettuata dal Comitato nel periodo dal 21 novembre al 3 dicembre 2004. La Presidente Casale ha chiesto di ricevere le osservazioni da parte italiana sul rapporto entro mesi dall'invio dello stesso, vale a dire entro il 23 febbraio 2006.
In una riunione di coordinamento del 24 novembre 2005 in ambito CIDU (Comitato interministeriale sui diritti umani) con le altre Amministrazioni interessate alle tematiche della tortura - nel corso della quale sono stati delineati natura e contenuti della risposta italiana da dare al CPT - è stato fissato come termine ultimo per inviare tale risposta il 30 gennaio 2006, vale a dire, con qualche settimana di anticipo rispetto alla scadenza dei 6 mesi fissati dalla Presidente Casale.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Margherita Boniver.

RUZZANTE, PINOTTI, PISA, LUMIA, LUONGO, DE BRASI e ROTUNDO. - Al Ministro della difesa, al Ministro della salute, al Ministro della giustizia, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio. - Per sapere - premesso che:
sino al 1998, era operativa sul Monte Venda (presso i Colli Euganei, in Provincia di Padova) una base denominata 1.ROC (Regional Operations Centre), situata in un sistema di gallerie scavate nel ventre del monte all'inizio degli anni cinquanta, considerata uno dei siti essenziali della difesa italiana ed alleata, un vero e proprio nodo nevralgico della comunicazione inserito nel sistema Nadge (Nato Air Defence Ground Environment);
il sistema di gallerie, con la roccia ricoperta da eternit, si articola in più sale operative (che un tempo ospitavano gli strumenti per il controllo radar), è privo di finestre con l'aria che arriva dalla superficie attraverso un sistema di condotte anche queste ricoperte di amianto;
sino alla sua dismissione, nel bunker lavoravano oltre 500 militari effettivi, divisi in 3 turni, (oltre agli avieri di leva) in condizioni ambientali piuttosto critiche più volte denunciate dalle rappresentanze militari che, a più riprese, richiesero dei controlli della qualità dell'aria;
oltre all'esposizione alle fibre d'amianto, chi ha lavorato per diversi decenni in quella base è stato esposto ai campi elettromagnetici provocati dagli impianti radar e ad un gas ionizzante radioattivo naturale il radon, presente in abbondanza nella zona dei Colli Euganei e, secondo le ultime valutazioni di rischi della Commissione internazionale per la protezione radiologica e dell'ARPA, sarebbe responsabile di diverse patologie tumorali ai polmoni (l'Organizzazione Mondiale della Sanità ha inserito il radon nell'elenco delle 75 sostanze ritenute cancerogene per l'uomo);
dopo la dismissione e la chiusura della base, si sono verificate diversi decessi tra il personale impiegato nei bunker del Venda, tanto che sono state aperte due inchieste da parte della magistratura, una da parte della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Padova ed una da parte della Procura militare presso il Tribunale militare di Padova;
i casi presi in considerazione sino ad oggi dalla magistratura sono 62, tra deceduti e malati terminali, e per 31 decessi le cartelle cliniche acquisite dagli inquirenti non lascerebbero spazio a dubbi circa l'origine delle patologie tumorali;
nella prima metà degli anni ottanta gli americani erano al corrente del rischio radon tanto che, diversi contingenti delle basi NATO del Centro-Sud, furono spostati e, presso la base USAF di Aviano fu avviata una complessa procedura di bonifica dalle infiltrazioni di questo gas radioattivo;
il nostro Governo, diversamente da quanto fatto dagli americani, non preso


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nessun provvedimento per eliminare o abbattere i rischi da esposizione da radon e, solo nel 1998, anno di dismissione della base del Venda, il Piano sanitario nazionale ha inserito anche la riduzione dei rischi da radon mentre, solo nel 2002, la Regione Veneto ha pubblicato i primi dati di monitoraggio del territorio, che evidenziano come i Colli Euganei siano un sito prossimo ai livelli di guardia quanto a concentrazione da radon;
il sito militare del Venda, messo all'asta dal ministero della Difesa per il quarto anno consecutivo senza una previa bonifica, è attualmente sotto sequestro da parte della magistratura inquirente;
in Italia esiste un altro sito simile a quello presente sul Monte Venda (si tratta del 3.Roc di Martina Franca in Puglia) -:
se il Governo sia al corrente di quanto sta succedendo agli ex addetti alla base 1.Roc del Monte Venda in Provincia di Padova;
se il Governo fosse a conoscenza dei rischi da esposizione all'amianto e al radon (viste anche le denunce delle rappresentanze militari e gli interventi di bonifica voluti dal Governo americano nella metà degli anni ottanta) e se, in base alla documentazione in suo possesso, non intenda rendere note le misure che furono adottate per ridurre ed eliminare tali esposizioni notoriamente cancerogene per uomo;
come intenda il Governo organizzare e portare a termine le operazioni di bonifica del sito militare del Venda e se tali interventi verranno fatti prima della vendita dello stesso;
se il Governo intenda avviare in tempi rapidi un monitoraggio nella base 3.Roc presente in Puglia, al fine di verificare se anche in quel sito vi sia la presenza di sostanze pericolose per la salute delle persone che furono impiegate in quella base e al fine di allertare le stesse in caso di esito positivo di tali monitoraggi, visto il preoccupante numero di decessi verificatesi nella Provincia di Padova;
come il Governo intenda adoperarsi, come è suo dovere giuridico oltre che morale, perché l'amministrazione della Difesa collabori senza riserve affinché la magistratura, sia ordinaria che militare, faccia piena luce sulle numerose morti avvenute tra gli addetti alla ex base del monte Venda, mettendo a disposizione tutta la documentazione e le informazioni relative a quella installazione militare.
(4-16746)

Risposta. - La Difesa ha sempre posto notevole attenzione al tema della tutela della salute del proprio personale militare e civile, con particolare riguardo a quello che sia venuto presumibilmente a contatto con sostanze come l'amianto.
In tale ottica, l'Amministrazione ha posto in essere diverse azioni per incrementare le condizioni di sicurezza nell'ambito delle attività svolte dal proprio personale.
Infatti, ai fini della prevenzione e sicurezza sul posto di lavoro, è stata data attuazione a quanto previsto dal decreto legislativo n. 277 del 1991 in materia di protezione dei lavoratori contro i rischi derivanti da esposizione ad agenti chimici/fisici/biologici durante il lavoro.
Sono state adottate misure tese alla riduzione ed al controllo di tutte le attività che utilizzano, direttamente o indirettamente, amianto, nonché alla bonifica di ambienti e strutture in cui siano presenti materiali che lo contengono.
Le Forze armate, inoltre, hanno avviato, fin dal 1992, controlli ambientali presso i propri Reparti per accertare l'eventuale presenza di fibre di amianto aerodisperse.
Nell'ambito della più generale e complessa attività di monitoraggio/bonifica è stata emanata in data 22 giugno 2005 un'apposita direttiva che prevede, tra l'altro, la costituzione di un Comitato per la Ricerca sanitaria militare, di Comitati Tecnico-Scientifici e di un Osservatorio Epidemiologico per la raccolta e la classificazione dei dati relativi ai militari interessati.


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Fra le varie iniziative finalizzate ad approfondire maggiormente la tematica e ad individuare conseguentemente forme più avanzate di tutela della salute del personale interessato, si rammenta l'istituzione, nell'ambito della Marina Militare, di uno specifico Gruppo di Lavoro che sta procedendo alla quantificazione dei soggetti esposti all'amianto e si avvale della consulenza scientifica del Professor Tomei, Direttore della Scuola di Specializzazione in Medicina del Lavoro presso l'Università degli Studi «La Sapienza» in Roma e componente della Commissione Nazionale Amianto.
Quanto alla questione relativa al 1o ROC di Monte Venda, premesso che gli Enti sanitari dell'Aeronautica Militare non effettuano controlli sanitari sul personale in congedo, non risulta che presso i competenti Istituti Medico Legali sia stato sottoposto a visita, negli ultimi dieci anni, personale affetto da malattie causate dall'esposizione all'amianto, che abbia prestato servizio presso tale Ente.
La Forza armata, comunque, a fronte di alcune richieste da parte di personale in congedo, interessato ad essere sottoposto ad indagine medica conoscitiva quale prevenzione all'insorgenza ed allo sviluppo di patologie causate dall'esposizione all'amianto, ha dato disposizioni ai citati Istituti per sottoporre a controllo sanitario il personale militare e civile che, nella presunzione di aver svolto attività lavorativa in ambienti con presenza di materiali contenenti amianto, ne faccia esplicita richiesta.
Nel caso del 1o ROC, da una verifica effettuata nel 1995, a cura del personale tecnico in forza all'Ente, è stato accertato che, pur in presenza di coperture realizzate con cemento amianto, il materiale di rivestimento si presentava, comunque, in forma compatta.
In merito, poi, ad eventuali operazioni di bonifica del sito di Monte Venda - inserito tra i beni dell'Amministrazione difesa non più utili ai fini istituzionali, per la successiva consegna al Ministero dell'economia e delle finanze - non sono stati programmati interventi di bonifica da effettuare prima dell'alienazione dell'immobile.
Per quanto concerne la problematica del radon, l'Agenzia regionale per la prevenzione e protezione ambientale (ARPA) Veneto, ha confermato l'esposizione del sito dei Colli Euganei a tale composto chimico, precisando comunque, che non esistono mezzi tecnico-scientifici per associare un decesso per tumore polmonare unicamente o anche parzialmente alla esposizione a tale gas.
Quanto al 3o ROC di Martina Franca, la rimozione del materiale contenente amianto - che si presenta anch'esso in forma compatta - è già stata inserita nella programmazione dei lavori da effettuarsi a breve scadenza.
Relativamente, invece, alla presenza di radon, è già stato richiesto al Centro interforze studi ed applicazioni militari (CISAM) di effettuare uno specifico monitoraggio finalizzato a rilevare l'eventuale presenza di radiazioni nella galleria del 3o ROC ubicata nella zona operativa del sedime, posta a due livelli di profondità (25 e 50 m.) rispetto al livello del terreno e dotata di due impianti di climatizzazione del tipo a pressurizzazione automatica.
Con riferimento, infine, alle indagini avviate dalle Magistrature ordinaria e militare, cui fa cenno l'interrogante, l'Amministrazione difesa ha provveduto a fornire tutta la documentazione richiesta dagli inquirenti e resta, comunque, disponibile per ogni ulteriore contributo si rendesse necessario.
Entrambe le inchieste, aperte nel settembre 2004 ed attualmente rivolte contro ignoti, prendono in esame il periodo dal 1997 in poi.
In conclusione, la Difesa seguirà la questione con grande attenzione e scrupolosità e continuerà a fornire il necessario contributo alle autorità inquirenti nell'ambito delle predette indagini.
Il Ministro della difesa: Antonio Martino.

SARO, ROMOLI, COLLAVINI e LENNA. - Al Ministro per gli affari regionali, al Ministro delle politiche agricole e forestali. - Per sapere - premesso che:
ai sensi dell'articolo 10 della legge 27 ottobre 1966, n. 910, il Ministero dell'Agricoltura


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e delle Foreste è stato autorizzato a provvedere alla realizzazione di impianti di particolare interesse pubblico o di interesse nazionale per la raccolta, conservazione, lavorazione, trasformazione e vendita di prodotti agricoli e zootecnici;
nell'ambito della sopraccitata disposizione di legge è stata finanziata con decreto ministeriale n. 8-466 del 22 settembre 1971, reg. n. 18, fgl. 60 e successivi ultimo in data 7 agosto 1999 la realizzazione in Cormòns (Gorizia) di un impianto per la produzione, tipicizzazione e commercializzazione vini la cui esecuzione è stata affidata in concessione all'ente Regionale di Sviluppo Agricolo Friuli-Venezia Giulia con sede in Gorizia;
la gestione degli impianti, come sopra finanziati, ai sensi del 4 e 5 comma del citato articolo 10 della legge n. 910/66 deve essere affidata a cooperative, a loro consorzi, ad Associazioni di produttori agricoli, nonché a Consorzi appositamente costituiti aventi prevalente interesse pubblico e ai sensi dell'articolo 13 della legge n. 184 del 1994 anche a società per azioni nelle quali i soggetti ivi indicati abbiano una partecipazione superiore al 50 per cento;
la convenzione stipulata in data 14 aprile 1975 prot. n. 11175, in scadenza, tra il Ministero dell'Agricoltura e delle Foreste, oggi Ministero delle Politiche Agricole e Forestali e la Cantina Produttori Vini del Collio e dell'Isonzo società cooperativa a responsabilità limitata, oggi Cantina Produttori Cormòns s.c.r.l., con sede in Cormòns (Gorizia) ha affidato la gestione dell'impianto di cui sopra alla stessa cooperativa;
con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 11 maggio 2001 è stata attribuita alle regioni la proprietà degli impianti di interesse pubblico di cui alla legge 27 ottobre 1966, n. 910 e sono stati individuati gli impianti presenti nelle regioni a statuto ordinario;
il decreto legislativo 4 giugno 1997, n. 143 ha stabilito che per le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e Bolzano il trasferimento delle funzioni, dei compiti e dei connessi beni e risorse avviene nel rispetto degli statuti e attraverso apposite norme di attuazione. Le citate norme di attuazione non sono state ancora emanate;
la Convenzione n. 11175/75 per l'affidamento in gestione dell'impianto per la produzione, tipicizzazione e commercializzazione vini in Cormòns (Gorizia), stipulata in data 14 aprile 1975 tra il Ministero dell'Agricoltura e delle Foreste, oggi Ministero delle Politiche Agricole e Forestali e la Cantina Produttori Vini del Collio e dell'Isonzo s.c.r.l., oggi Cantina Produttori Cormòns s.c.r.l., con sede in Cormòns (Gorizia) è prorogata al 14 aprile 2006 -:
se il Governo intende impegnarsi urgentemente a predisporre le necessarie norme di attuazione al fine di trasferire la proprietà della Cantina Produttori Cormòns s.c.r.l. con sede in Cormòns (Gorizia) alla regione autonoma Friuli-Venezia Giulia dopo aver acquisito l'impegno della regione medesima a ritrasferire la proprietà alla cooperativa stessa;
se il Governo intenda conseguentemente impegnare la Commissione paritetica Stato-Regione del Friuli-Venezia Giulia a discutere ed approvare rapidamente le su citate norme di attuazione al fine di garantire un futuro certo e stabile alla cooperativa interessata.
(4-16198)

Risposta. - Con riferimento all'atto parlamentare in esame, concernente la segnalata necessità di adottare le norme di attuazione al fine di trasferire la proprietà della Cantina Produttori Cormòns S.c.r.l. alla regione Friuli Venezia Giulia, previo impegno della regione medesima a ritrasferire la proprietà alla Cantina stessa, si comunica quanto segue.
In data 25 agosto 2005 il Dipartimento per gli affari regionali ha chiesto un parere, ai sensi del decreto legislativo n. 143 del 4 giugno 1997 (Conferimento alle Regioni delle funzioni amministrative in materia di agricoltura e pesca e riorganizzazione dell'amministrazione


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centrale), al ministero delle politiche agricole e forestali in merito alla sopraddetta questione.
Nella riunione della Commissione paritetica per il Friuli Venezia Giulia del 26 settembre 2005, il ministero delle politiche agricole e forestali, con nota trasmessa al Dipartimento per gli affari regionali, ha comunicato che taluni adempimenti, conseguenti al decreto legislativo 4 giugno 1997, n. 143, non possono essere eseguiti in quanto non vi è una norma di attuazione dello Statuto che recepisca le funzioni.
Nel caso di specie, la norma da applicare è l'articolo 10 della legge 27 ottobre 1966, n. 910, che disciplina il trasferimento alla Regione degli impianti realizzati.
Preso atto che dal 26 settembre 2005 la Commissione paritetica non si è più riunita, è stata sensibilizzata sull'argomento la regione Friuli Venezia Giulia che, in occasione della prossima riunione, presenterà uno schema normativo.
Il Ministro per gli affari regionali: Enrico La Loggia.

SASSO, GRIGNAFFINI, PANATTONI, NIGRA, CHIANALE, TOCCI, MARTELLA e CAPITELLI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
il Servizio nazionale di valutazione è stato istituito nel 1999,al posto del preesistente Cede, ed è stato recentemente riordinato con il decreto legislativo 19 novembre 2004, n. 286, adottato dal Governo in applicazione della legge delega n. 53 del 2003;
la legge n. 53 del 2003, all'articolo 1, commi 1, 2 e 3, articolo 2 e articolo 3, comma 1, lettere b) e c), ha delineato i principi ed i criteri direttivi entro i quali il Governo avrebbe dovuto adottare norme delegate in materia di valutazione;
in applicazione di queste norme, il Consiglio dei Ministri ha approvato il decreto legislativo del 28 ottobre 2004, con il quale è stato istituito il Servizio nazionale di valutazione del sistema educativo di istruzione e formazione, affidandone, principalmente, la realizzazione all'Istituto nazionale di valutazione del sistema educativo di istruzione e formazione;
all'Invalsi, quindi, è stata affidata la valutazione di sistema di tutte le scuole che si aggiunge alla valutazione, periodica e annuale, degli apprendimenti e del comportamento degli studenti, affidata ai docenti;
nel Decreto in questione non si legge che la valutazione da parte dell'Invalsi sia obbligatoria: infatti il decreto n. 286 sopra citato, all'articolo 1, comma 2, afferma che: «al conseguimento degli obiettivi di cui al comma 1 concorrono l'Istituto nazionale di valutazione di cui all'articolo 2 e le istituzioni scolastiche e formative»;
il decreto, ad una sua lettura testuale, afferma il principio della «concorrenza» delle scuole nel procedimento di valutazione; appare evidente che la concorrenza non comporta necessariamente l'obbligatorietà;
a parere dell'interrogante, la tesi dell'obbligatorietà della valutazione da parte dell'Invalsi è in contrasto con il principio dell'autonomia, che trova - con la modifica al Titolo V della Costituzione - tutela anche sotto il profilo costituzionale;
attualmente circola presso le scuole piemontesi un documento curato da Alessandro Militerno, dirigente tecnico dell'ufficio scolastico regionale Piemonte e referente regionale del sistema di valutazione Invalsi, il cui testo è il frutto di una relazione presentata nel corso di una conferenza regionale sulle prove Invalsi: le «Giornate Invalsi» svoltesi a Torino nei giorni 24 e 25 ottobre 2005;
in tale documento si afferma il principio dell'obbligatorietà delle prove Invalsi, prospettando responsabilità personali a carico dei dirigenti scolastici e dei docenti inadempienti, con la conseguenza di possibili provvedimenti penali e disciplinari;
a giudizio degli interroganti, l'«omissione d'atti d'ufficio» paventata dal documento


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in questione non trova nessun fondamento legislativo e normativo -:
quali valutazioni ritenga di dover esprimere il Ministro interrogato relativamente a quella che di fatto appare agli interroganti, se non come una vera e propria minaccia, perlomeno come una indebita ed ingiustificata pressione psicologica nei confronti di dirigenti scolastici e docenti e quali iniziative intenda adottare in merito.
(4-18157)

Risposta. - Nell'interrogazione parlamentare in esame viene preliminarmente ricostruito il percorso che ha condotto all'emanazione del decreto legislativo 19 novembre 2004, n. 286, recante «Istituzione del Servizio nazionale di valutazione del sistema educativo di istruzione e di formazione, nonché riordino dell'omonimo Istituto, a norma degli articoli 1 e 3 della legge 28 marzo 2003, n. 53». Viene poi rilevato che all'Invalsi «è stata affidata la valutazione di sistema di tutte le scuole, che si aggiunge alla valutazione, periodica e annuale, degli apprendimenti e del comportamento degli studenti, affidata ai docenti», e ci si sofferma, sul tema della obbligatorietà, o meno, delle prove predisposte dall'Invalsi. A questo proposito, nell'interrogazione si asserisce che la tesi della obbligatorietà sarebbe «in contrasto con il principio dell'autonomia, che trova - con la modifica del Titolo V della Costituzione - tutela anche sotto il profilo costituzionale», e si fa contestualmente presente che in un documento circolante presso le scuole piemontesi, curato da un dirigente tecnico dell'ufficio scolastico regionale per il Piemonte, «si afferma il principio dell'obbligatorietà delle prove Invalsi, prospettando responsabilità personali a carico dei dirigenti scolastici e dei docenti inadempienti, con la conseguenza di possibili provvedimenti penali e disciplinari».
Di conseguenza, viene chiesto di conoscere le valutazioni del Ministro in merito «a quella che di fatto appare agli interroganti, se non una vera e propria minaccia, perlomeno come una indebita ed ingiustificata pressione psicologica nei confronti di dirigenti scolastici e docenti».
Al riguardo, si comunica quanto segue.
Innanzi tutto, va detto che le esperienze di autonomia scolastica degli altri Paesi europei confermano che la valutazione nazionale degli apprendimenti rappresenta un pilastro fondamentale dei sistemi educativi fondati sul principio della autonomia delle scuole. La valutazione diventa infatti indispensabile proprio laddove le scuole godono di flessibilità nel definire i percorsi formativi, a garanzia dell'utenza e per assicurare gli obiettivi di apprendimento nazionali. Essa rappresenta uno strumento per migliorare il lavoro dei docenti, favorisce la possibilità di confronto, sia nel tempo che nello spazio, consentendo la comparabilità del nostro sistema con i migliori sistemi educativi e formativi. La valutazione a livello nazionale tende perciò, in generale, al miglioramento continuo della qualità del servizio, previa determinazione, in particolare, delle esigenze e delle attese degli utenti, degli obiettivi da raggiungere e la definizione di metodi per misurare l'efficacia e l'efficienza di ciascun processo.
A queste esigenze ha inteso corrispondere il Governo nel mettere mano al sistema di valutazione nazionale, nel più generale contesto di riforma dell'intero sistema educativo e formativo, per dotare il nostro Paese di un adeguato servizio di valutazione; a tal fine ci si è ispirati alle migliori esperienze in corso in Italia, nell'Unione europea e nei principali paesi extracomunitari.
I compiti affidati all'Invalsi sono quindi pienamente coerenti con il quadro delle competenze e delle iniziative di carattere internazionale in materia di valutazione, in particolare per quel che concerne la qualità dei sistemi educativi e formativi, i livelli di apprendimento degli studenti e la promozione della cultura della valutazione. L'esercizio di tali compiti concorre efficacemente al raggiungimento degli obiettivi fissati dall'Unione europea ed in specie degli obiettivi definiti dal Consiglio europeo di Lisbona.
Ciò posto, per quel che concerne specificamente il tema della obbligatorietà delle prove Invalsi, va rilevato che la legge n. 53/2003 ed il decreto legislativo n. 286/2004


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hanno istituito il Servizio nazionale di valutazione del sistema educativo, affidando all'Invalsi il compito di effettuare verifiche periodiche e sistematiche sulle conoscenze e abilità degli studenti e sulla qualità complessiva dell'offerta formativa delle istituzioni scolastiche
L'attività dell'Invalsi è funzionale al sistema dell'autonomia scolastica ed è parte integrante della riforma del sistema educativo di istruzione e formazione previsto dalla citata legge n. 53 del 2003. La valutazione da un lato garantisce, pur nella varietà e flessibilità dei percorsi e delle soluzioni adottate a livello territoriale, l'unitarietà del sistema nazionale e l'uniformità dei livelli di apprendimento, dall'altro consente, attraverso la comparazione tra i livelli di partenza ed i risultati conseguiti, di migliorare le metodologie didattiche, la qualità dell'offerta formativa e l'efficienza complessiva del sistema.
La partecipazione delle istituzioni scolastiche del primo ciclo, paritarie e statali, è obbligatoria ai sensi dell'articolo 3, lettera
b), della legge 28 marzo 2003, n. 53, nonché degli articoli 13 e 14 del decreto legislativo 19 febbraio 2004, n. 59, che conferiscono carattere prescrittivo alle indicazioni nazionali riguardanti la riforma del primo ciclo.
Coerentemente con le suddette disposizioni normative, l'obbligatorietà è stata affermata nella Direttiva n. 56 del 12 luglio 2004, relativa all'anno scolastico 2004-2005, ed è stata ribadita nella Direttiva n. 49 del 6 maggio 2005 per l'anno scolastico 2005-2006; in quest'ultima, in particolare, è precisato che l'Invalsi dovrà «provvedere alla valutazione degli apprendimenti all'inizio dell'anno scolastico 2005-2006, nelle scuole statali e paritarie, dell'italiano, della matematica e delle scienze, con riferimento alla II e IV classe della scuola primaria, alla I classe della scuola secondaria di I grado ed alle classi I e III della scuola secondaria di II grado. Per il sopra citato anno scolastico l'attività di valutazione per il primo ciclo di istruzione è obbligatoria in quanto connessa all'attuazione della riforma del primo ciclo del sistema scolastico introdotta dal decreto legislativo n. 59 del 2004. L'attività di valutazione del secondo ciclo è invece facoltativa in quanto è ancora in corso l'iter di emanazione dei relativi decreti attuativi della legge n. 53/2003 e richiede, quindi, l'adesione volontaria delle scuole».
Diversamente da quanto sostenuto nell'interrogazione, non contrasta con l'obbligatorietà delle prove Invalsi la disposizione del comma 2 dell'articolo 1 del decreto legislativo n. 286/2004, in base alla quale «Al conseguimento degli obiettivi di cui al comma 1 concorrono l'Istituto nazionale di valutazione di cui all'articolo 2 e le istituzioni scolastiche e formative, nonché le regioni, le province ed i comuni in relazione ai rispettivi ambiti di competenza.
(Omissis)».
A questo proposito, va considerato che il concetto di «concorrenza» ed il concetto di «obbligatorietà» non sono coincidenti: il primo si riferisce all'ambito di operatività di un soggetto pubblico o privato, mentre il secondo è un requisito delle fonti normative aventi carattere immediatamente precettivo. Ciò rilevato, si evidenzia che la norma sopra richiamata non parla di concorrenza in senso generale ma precisa che la concorrenza nell'attività di valutazione si svolge da parte dei soggetti pubblici indicati dalla norma «in relazione ai rispettivi ambiti di competenza», vale a dire nel rispetto ed entro i limiti delle rispettive competenze.
Quanto alla paventata lesione dell'autonomia scolastica che deriverebbe dall'obbligatorietà delle prove Invalsi, si osserva che le istituzioni scolastiche esercitano l'autonomia loro attribuita nell'ambito delle disposizioni vigenti, secondo le previsioni di cui al decreto del Presidente della Repubblica 8 marzo 1999, n. 275 (Regolamento recante norme in materia di autonomia delle istituzioni scolastiche ai sensi dell'articolo 21 della legge 15 marzo 1997, n. 59); da tale Regolamento in nessun modo si può evincere che le istituzioni scolastiche possono sottrarsi ad impegni correlati a disposizioni di legge e agli atti di indirizzo emanati dal competente Ministro con propria Direttiva in attuazione di disposizioni legislative.


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Giova ricordare anche quanto stabilito dall'articolo 10, comma 1, del citato decreto del Presidente della Repubblica n. 275 del 1999, in base al quale «Per la verifica del raggiungimento degli obiettivi di apprendimento e degli standard di qualità del servizio il Ministero della pubblica istruzione fissa metodi e scadenze per rilevazioni periodiche. Fino all'istituzione di un apposito organismo autonomo le verifiche sono effettuate dal Centro europeo dell'educazione, riformato a norma dell'articolo 21, comma 10 della legge 15 marzo 1997, n. 59. (Omissis)». È pertanto lo stesso decreto del Presidente della Repubblica n. 275/1999 che ha previsto, secondo la legge di delega n. 59/97, un sistema nazionale di valutazione del raggiungimento degli obiettivi di apprendimento e degli standard di qualità da parte delle istituzioni scolastiche.
Non può essere neppure condiviso quanto affermato nell'interrogazione circa l'autonomia scolastica, quale strumento che, per la rilevanza costituzionale assunta con le modifiche all'articolo 117 della Costituzione apportate dalla legge costituzionale n. 3 del 18 ottobre 2001, consentirebbe di disattendere norme primarie; infatti, come già detto, l'autonomia può validamente ed efficacemente esplicarsi solo nell'ambito del quadro normativo vigente e non al di fuori o in contraddizione con lo stesso.
Infine, con riguardo alle affermazioni espresse in occasione delle «Giornate Invalsi» svoltesi a Torino il 24 e 25 ottobre 2005 sul tema «La valutazione, i compiti e gli obiettivi dell'Invalsi», il Direttore scolastico regionale per il Piemonte ha riferito che le affermazioni stesse sono state sollecitate da specifiche domande rivolte in sala ai relatori e comunque, come si legge dal documento cui fa riferimento l'interrogazione, sono state espresse senza alcun intento intimidatorio ma solo nello spirito di una collaborazione che deve caratterizzare sempre il rapporto tra l'Ufficio scolastico regionale e le istituzioni scolastiche locali.
Il Sottosegretario di Stato per l'istruzione, per l'università e per la ricerca: Valentina Aprea.

SAVO. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
a nessuno è consentito infangare l'immagine dell'Italia all'estero, neppure alla delegazione di Union Camere della regione Lazio, guidata dall'assessore De Angelis, che si è recata in Cina;
si apprende da organi di stampa «dalla Cina rivogliono le bacchette d'argento», purtroppo nel corso della serata di gala Huang Zhu per promuovere scambi commerciali sono state sottratte venti paia di bacchette d'argento cinesi;
i presenti conseguentemente sono stati sottoposti ad una umiliante perquisizione corporale -:
di quali informazioni disponga il Ministro interrogato in relazione alla grave vicenda sopra descritta, che ha determinato una grave lesione del prestigio italiano all'estero.
(4-17374)

Risposta. - Il ministero degli esteri non dispone di notizie e di elementi di diretto riscontro dell'episodio cui fa riferimento l'interrogante e che è stato riportato in un articolo del 5 ottobre 2005 dal quotidiano La Padania.
In occasione dell'evento conviviale in cui l'episodio si sarebbe svolto, infatti, la delegazione in parola non era accompagnata da personale dell'Ambasciata d'Italia a Pechino.
Quest'ultima, comunque, si è premurata di effettuare un riscontro successivamente, sia con le controparti cinesi, che con il Presidente della Camera di Commercio Italo-Cinese, ottenendo in entrambi i casi esito negativo circa l'asserita dinamica dei fatti.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Margherita Boniver.

SERENA. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
l'associazione «Mondolibero» ha provveduto a stampare e a far affiggere in


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Toscana manifesti contenenti un aggiornamento storico dell'eccidio di S. Anna di Stazzema;
alcuni comuni della Versilia si sono rifiutati di affiggere tali manifesti compiendo un palese abuso -:
se il diniego dell'autorizzazione all'affissione sia stato fondato su ragioni di ordine pubblico e, in caso affermativo, se non ritenga che tali valutazioni competano piuttosto all'autorità di pubblica sicurezza.
(4-17274)

Risposta. - Nell'ottobre 2004 i comuni dell'alta e bassa Versilia, con esclusione del comune di Massarosa, ricevevano, dalla direzione di Mondolibero, periodico di attualità politica e di costume di Padova, la richiesta di affissione di alcuni manifesti riguardanti l'eccidio di S. Anna di Stazzema.
La domanda non veniva accolta dalle amministrazioni comunali della Versilia nella considerazione che nei contenuti dei manifesti potessero configurarsi ipotesi di reato.
I comuni di Stazzema e Seravezza, nella circostanza, richiedevano l'intervento della questura di Lucca, che provvedeva ad informare l'Autorità giudiziaria.
In particolare, il sindaco di Stazzema invitava il direttore di
Mondolibero al ritiro del materiale.
In relazione alla vicenda, la direzione di
Mondolibero, ritenendo violato l'articolo 21 della Costituzione sulla libertà di stampa e diffusione del pensiero, inviava, in data 28 ottobre 2004, alla procura della Repubblica di Lucca una denuncia nei confronti del sindaco di Viareggio per omissione in atti d'ufficio, avendo vietato l'affissione dei suddetti manifesti. Il successivo 2 novembre inviava, inoltre, una missiva al sindaco di Stazzema con la quale comunicava la sua intenzione di adire le vie legali.
Infine, nel luglio 2005, la direzione del periodico trasmetteva nuovamente al comune di Stazzema, 10 manifesti riguardanti l'eccidio di S. Anna di Stazzema. Anche in questo caso il Sindaco comunicava che non avrebbe proceduto all'affissione del materiale.
Si precisa che la vicenda, dalla quale non sono scaturite turbative sotto il profilo dell'ordine e della sicurezza pubblica, è tuttora all'attenzione dell'Autorità Giudiziaria.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Antonio D'Alì.

SERENA. - Al Ministro degli affari esteri, al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
David Irving, scrittore e storico inglese, è stato arrestato in Austria e incarcerato a Graz e rischia fino a 20 anni di carcere per «delitto d'opinione», cioè per aver espresso pubblicamente opinioni che si discostano dalla storiografia ufficiale;
sull'arresto di Irving ha scritto Il Foglio di Giuliano Ferrara: «Non si arresta nel silenzio uno storico per aver scritto dei libri di storia (...) L'appello alla legge è ipocrisia amministrativa quando si tratti della libertà di pensiero, di parola. Norme dissuasive, già ambigue nella loro formulazione, diventano esplosive se applicate con la privazione della libertà personale...»;
quello di Irving non è un caso isolato ma rappresenta l'apice di una repressione antirevisionista che perdura da anni e negli ultimi anni si è manifestata con una escalation di azioni pesantissime: Ernest Zundel è stato arrestato in Canada, Siegfrid Verbeke in Belgio, German Rudolf negli U.S.A., Georges Theil in Francia. Il «reato d'opinione» ha però colpito anche in altre direzioni: Oriana Fallaci e Michel Honellebecq sono stati processati per saggi, romanzi, pubbliche dichiarazioni; Luciano Canfora si è visto interdire da un editore tedesco la pubblicazione di un suo libro che conteneva «inaccettabili» tesi sulla fase della denazificazione in Germania;
in base alle norme introdotte dal «mandato d'arresto europeo», votato anche dal Parlamento italiano nonostante le pesanti critiche del nostro Ministro della


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Giustizia, studiosi e scrittori revisionisti o «negazionisti» saranno estradati in Germania, paese che, assieme all'Austria, prevede questo specifico tipo di reato;
prima di loro era stato condannato in Francia, il 17 luglio 1998, il filosofo marxista Roger Garaudy per aver sostenuto che Israele ha gonfiato le cifre dei morti ebrei nei campi nazisti per giustificare il suo espansionismo (Corriere della Sera 18 novembre 2005);
alcune tesi revisioniste sono state storicamente recepite. Ad esempio, per quanto riguarda gli ebrei uccisi ad Auschwitz, che una targa - ora rimossa - indicava in 4 milioni e che gli stessi istituti storici israeliani hanno confermato essere stati - tra uccisi dalle rappresaglie naziste e morti per epidemie - esattamente 1.352.980 (La Repubblica 19 luglio 1990; La Stampa 19 luglio 1990); oppure, per quanto attiene le responsabilità nelle uccisioni avvenute in Italia nel 1945, a guerra finita, di almeno trentamila militari e civili italiani da parte di esponenti di primo piano della resistenza, responsabilità documentate anche in recenti pubblicazioni (Giampaolo Pansa: Il sangue dei vinti, Sperling e Kupfer, 2003; Bruno Vespa: Vincitori e Vinti, Mondadori, 2005) oltre che in sentenze emesse nel dopoguerra da tribunali della Repubblica italiana; o ancora, per la responsabilità degli eccidi delle Fosse di Katyn, in Polonia, inizialmente addossate ai nazisti, e che poi si accertò esser stata opera dei sovietici;
come è già stato da più parti evidenziato, (Corriere della Sera 18 novembre 2005; Il Foglio del 18 novembre 2005), il problema non consiste nel condividere o meno le conclusioni storiche dei evisionisti - quali esse siano - ma di evidenziare come uno Stato spossa arrogarsi il diritto di processare e «carcerare degli uomini (magari cittadini di un altro stato) solo perché questi si sono liberamente espressi su libri, riviste, conferenze pubbliche e internet, trasferendo il dibattito dalle università o dai convegni alle aule di tribunale per giudicare reati di opinione che oggi interessano l'Olocausto, domani potrebbero colpire chi denuncia l'uso del fosforo e dell'amianto impoverito nei conflitti o chi mettesse in dubbio l'esistenza delle armi di distruzione di massa di Saddam Hussein -:
se e quali iniziative il nostro Governo intenda intraprendere nei confronti dei governi interessati da questi fenomeni di persecuzione di cittadini europei studiosi, scrittori, ricercatori responsabili solo di esercitare il diritto alla manifestazione del proprio pensiero.
(4-18361)

Risposta. - Gli interrogativi sollevati dall'interrogante in relazione all'arresto in Austria dello storico inglese David Irving e ad altri casi di «reati di opinione» attribuiti a ricercatori e pubblicisti europei attengono alle radici stesse delle democrazie occidentali.
Il Governo italiano respinge naturalmente le tesi aberranti di Irving e di chi, come lui, intende negare l'Olocausto e minimizzare le responsabilità di Hitler. Ma le idee si combattono con altre idee, non si arrestano e, come ha osservato il portavoce della comunità ebraica di Milano, Yasha Reibman, «l'arresto di Irving dimostra il paradosso di una società che si vuole libera ma pone limiti alla libertà. Il risultato è che si ottiene l'effetto opposto a quello che si cerca: si accendono i riflettori sui teorici del negazionismo, li si fa diventare protagonisti».
L'adozione da parte della Germania e dell'Austria di legislazioni particolarmente severe nel perseguire qualsiasi forma di apologia del nazismo e del razzismo ha, d'altra parte, radici storiche evidenti ed il Governo italiano non può, in base a principi e norme ben definite dal diritto internazionale, interferire negli affari interni di altri Stati, per contestare decisioni prese dalle rispettive magistrature, sulla base di leggi nazionali varate da Parlamenti democraticamente eletti.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Margherita Boniver.


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ZACCHERA. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
in Italia vi sono migliaia di diplomati tecnici negli Istituti Professionali Statali per l'Industria e l'Artigianato (IPSIA) che, dopo i previsti tre anni di corso, hanno studiato un successivo biennio per giungere all'esame di maturità;
raggiunto tale traguardo e dopo un periodo di studi pari a quello degli istituti superiori con diploma quinquennale ITIS (periti, geometri, ragionieri, maturità liceali), i diplomati IPSIA non possono però iscriversi ad albi professionali come invece possono fare, dopo i prescritti periodi di tirocinio, i diplomati ITIS;
è punto fermo della riforma della scuola recentemente varata la promozione di qualifiche professionali tecnicamente aggiornate ed utili allo sviluppo del paese -:
quali iniziative, anche di carattere normativo, ritenga di adottare relativamente ai diplomati IPSIA che vogliano iscriversi in albi professionali adeguati per svolgere spesso le stesse funzioni che oggi ufficialmente possono essere svolte dagli altri diplomati con studi di durata quinquennale, riconoscendo loro gli stessi diritti e doveri che hanno gli altri diplomati a seguito di corsi di durata quinquennale.
(4-18895)

Risposta. - Si fa presente che, per rendere più moderno il sistema degli ordini professionali e far sì che i futuri professionisti siano più qualificati e possano spendere il loro titolo professionale sull'intero territorio dell'Unione europea (direttiva n. 89/48/Cee), questo Governo ha voluto procedere alla riforma del sistema di accesso alle professioni.
Lo schema di revisione è stato elaborato da una Commissione alla quale hanno partecipato per la prima volta anche gli Ordini professionali.
Il decreto recante il regolamento della nuova disciplina per l'ammissione agli esami di Stato e per l'accesso agli albi e agli ordini professionali, a norma dell'articolo 1, comma 18, della legge 14 gennaio 1999, n. 4, ha avuto quindi la prima approvazione del Consiglio dei ministri in data 22 dicembre 2005 e prevede che, per l'accesso alle professioni di agrotecnico, geometra, perito agrario, perito industriale, i titoli utili, integrati da tirocinio, siano unicamente di livello universitario (laurea triennale), con la previsione di un periodo transitorio nell'ambito del quale continueranno ad essere validi anche i titoli di istruzione secondaria, come da vigente normativa.
Si attende ora il prescritto parere del Consiglio di Stato per la definitiva approvazione del decreto medesimo.
Il Sottosegretario di Stato per l'istruzione, per l'università e per la ricerca: Maria Grazia Siliquini.