La seduta comincia alle 10,05.
LUCIANO DUSSIN, Segretario, legge il processo verbale della seduta di ieri.
(È approvato).
PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del regolamento, i deputati Aprea, Bonaiuti, Bricolo, Burani Procaccini, Colucci, Gianfranco Conte, Cordoni, D'Alia, Titti De Simone, Fiori, Intini, Francesca Martini, Martino, Matteoli, Mauro, Mazzoni, Miccichè, Mussi, Pescante, Pisanu, Piscitello, Possa, Romani, Scherini, Selva, Siniscalchi, Tortoli e Violante sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
Pertanto i deputati complessivamente in missione sono ottantanove, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.
Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato: Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 30 dicembre 2005, n. 272, recante misure urgenti per garantire la sicurezza ed i finanziamenti per le prossime Olimpiadi invernali, nonché la funzionalità dell'Amministrazione dell'interno. Disposizioni per favorire il recupero di tossicodipendenti recidivi.
Ricordo che nella seduta di ieri il Governo ha posto la questione di fiducia sull'approvazione, senza emendamenti ed articoli aggiuntivi, dell'articolo unico del disegno di legge di conversione del decreto-legge in esame (vedi l'allegato A della seduta del 6 febbraio 2006 - A.C. 6297 sezione 2), nel testo delle Commissioni identico a quello approvato dal Senato (vedi l'allegato A della seduta del 6 febbraio 2006 - A.C. 6297 sezione 3 - Per le proposte emendative riferite agli articoli del decreto-legge nel testo recante le modificazioni apportate dal Senato vedi l'allegato A della seduta del 6 febbraio 2006 - A.C. 6297 sezione 4).
Avverto che prima della seduta è stato ritirato dal presentatore l'emendamento Valpiana 4-quaterdecies.4.
PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta potranno avere luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di
preavviso di cinque e venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del regolamento.
PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto sulla questione di fiducia.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Moroni. Ne ha facoltà.
CHIARA MORONI. Ritengo che il tema della droga riguardi l'intera società, quindi, non potrebbe non riguardare il Parlamento, in quanto organo legislatore. Certamente, non è mai facile trovare un punto di equilibrio fra l'esigenza di esercitare il diritto della libertà personale di scelta e quello del legislatore di espletare il proprio dovere di tutela della salute e di garantire il benessere dei cittadini. Ritengo, tuttavia, che imboccare la strada della repressione e del proibizionismo non costituisca un modo adeguato di affrontare il problema.
Certamente, il tema in oggetto, su cui va esercitato il potere legislativo, è complesso. Senz'altro, la lotta alla droga in quanto tale deve essere esercitata senza indugio, con «tolleranza zero», al fine di reprimere il narcotraffico, lo spaccio, il traffico illecito di stupefacenti (che, peraltro, va ad incrementare i guadagni a sostegno delle organizzazioni criminali). Tuttavia, anche questa battaglia deve essere volta al recupero e al reinserimento dei tossicodipendenti, permettendo loro di uscire dal tunnel della droga.
Non ritengo che, nel merito, questa proposta di legge, diventata poi un allegato ad un decreto sulle Olimpiadi invernali, affronti il tema della droga in modo esaustivo rispetto alle necessità del paese.
La scelta di annullare la separazione tra droghe pesanti e leggere non va nel senso del recupero dei tossicodipendenti - ovviamente, una scelta di tipo ideologico -, ma non è nemmeno sostenuta da un supporto scientifico. Sappiamo bene, infatti, perché la scienza lo dimostra, come vi sia una differenza sostanziale fra alcuni tipi di droghe ed altre, come alcune diano una dipendenza fisica e altre solo psicologica, come queste ultime debbano essere trattate diversamente anche per il ruolo sociale che hanno all'interno della comunità sociale, in particolare dei tossicodipendenti.
Devo ammettere che, oltre che per la mancanza di separazione tra droghe pesanti e leggere, rimango sconcertata all'idea che siano stati inseriti, nella tabella 1, relativa alle sostanze vietate, la cannabis e tutti i suoi derivati, senza che sia stata lasciata neppure l'opportunità o uno spiraglio per pensare ad un uso terapeutico di tale sostanza nel nostro paese. Cotanti rapporti scientifici, in tutto il mondo, dimostrano come l'uso terapeutico della cannabis costituisca una alternativa in più per tutti quei malati terminali che vivono la tragedia del dolore acuto e severo causato da una neoplasia.
Ancora una volta, con un'altra legge, noi poniamo l'Italia al di fuori della comunità scientifica, non diamo una alternativa a tanti malati e non sperimentiamo le novità della scienza, seguendo una impostazione ideologica che è quella della repressione e del proibizionismo.
PRESIDENTE. Onorevole Moroni...
CHIARA MORONI. Concludo, signor Presidente, dichiarando il mio voto favorevole sulla questione di fiducia. Tuttavia, se non mancherà la mia fiducia al Governo Berlusconi, certamente non potrò votare a favore di un provvedimento che crea anche un vulnus alla democrazia parlamentare.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Cento. Ne ha facoltà.
PIER PAOLO CENTO. Signor Presidente, ci troviamo di fronte ad una vera e propria «fiducia-vergogna», posta dal Governo
per imbavagliare il Parlamento ed obbligarlo, per ragioni elettorali, ad approvare, nel contesto della conversione in legge di un decreto-legge che dovrebbe trattare di Olimpiadi invernali, una norma proibizionista sulle droghe. L'approvazione di questa norma proibizionista ha l'obiettivo dichiarato di consentire ad Alleanza nazionale, in particolare, di ottenere qualche voto sulla pelle dei consumatori occasionali o abituali della cannabis e dei suoi derivati, equiparando l'uso e il consumo di uno spinello all'uso e al consumo di droghe pesanti.
Si tratta di una norma contestata dalla stragrande maggioranza delle comunità terapeutiche, dalla stragrande maggioranza delle associazioni di volontariato che si occupano della prevenzione, delle politiche di riduzione del danno e del recupero delle tossicodipendenze. È una norma che, dal punto di vista tecnico, è finalizzata unicamente a reprimere ed a colpire i consumatori, lasciando nei fatti inalterato il grande mercato del narcotraffico, quello delle droghe pesanti. È una norma che, se approvata, determinerà anche una azione amministrativa, accompagnata alle azioni penali, quella del ritiro della patente di guida ai danni di coloro che consumano uno spinello, il quale rappresenta un marchio sociale di infamità che questo Governo vuole lasciare nei confronti dei giovani.
Questa norma getterà nel panico milioni di famiglie che quotidianamente hanno a che fare con i comportamenti comuni e diffusi di migliaia di giovani. Queste famiglie non avranno soltanto la preoccupazione di un progetto educativo che dovranno attuare nel rapporto con i propri figli. Infatti, quando tale norma sarà approvata definitivamente dal Parlamento, attraverso un voto di fiducia e, poi, con il voto finale, lo Stato, per mezzo della Polizia, delle Forze dell'ordine e della magistratura, anziché intervenire sul mercato delle droghe pesanti, interverrà ed entrerà nelle loro case aprendo procedimenti penali e applicando sanzioni amministrative soltanto perché, magari, si è stati sorpresi con uno spinello.
Il Governo pone questa «fiducia-vergogna» per nascondere il proprio fallimento nelle politiche di prevenzione delle tossicodipendenze.
La pone perché, in cinque anni, al di là di dichiarazioni propagandistiche - e di interventi tesi a favorire la privatizzazione in mano ad alcune poche potenti lobby (come la comunità di San Patrignano) a danno delle comunità vere e quotidianamente impegnate nel recupero e nella politica di riduzione del danno -, non è stato capace di fare niente; non è stato capace di assumere posizioni chiare ed efficaci nella lotta alle tossicodipendenze.
Noi Verdi affermiamo con chiarezza che il provvedimento che contiene le disposizioni della cosiddetta legge Fini dovrà, per così dire, andare in fumo, come mi auguro che diranno centinaia di giovani antiproibizionisti tra qualche ora fuori da Montecitorio.
Diciamo con chiarezza ai nostri colleghi dell'Unione che, se lo schieramento guidato da Prodi avrà il consenso e la maggioranza dei voti degli italiani, nei primi cento giorni della prossima legislatura bisognerà abrogare, senza «se» e senza «ma», questa «norma-vergogna» inserita nel decreto sulle Olimpiadi.
Poi, vi sarà tempo e modo di discutere di una legge quadro sulle droghe, di una legge quadro sulle politiche di prevenzione e di riduzione del danno e, come noi sosteniamo, di legalizzazione almeno delle droghe leggere nel nostro paese.
PRESIDENTE. Onorevole Cento...
PIER PAOLO CENTO. Concludo, Presidente. Ma certo, prima di aprire quella discussione bisognerà compiere un atto semplice, abrogare quella disposizione.
Se non lo farà il Parlamento, lo faranno i cittadini con il referendum perché i Verdi - auspicabilmente insieme ad altre forze del centrosinistra, movimenti ed associazioni -, nel momento in cui questa «norma-vergogna» proibizionista sarà approvata, attiveranno le procedure di indizione di un referendum popolare affinché siano i cittadini a cancellare questa vergogna
(Applausi dei deputati del gruppo Misto-Verdi-l'Unione)!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Galante. Ne ha facoltà.
SEVERINO GALANTE. Signor Presidente, a me pare scarsamente utile discutere del merito di un provvedimento che questa Camera non può, neppure teoricamente, modificare perché sottoposto alla «tagliola» del voto di fiducia. Il tema da discutere, ora e in questa sede, a me sembra un altro: stiamo celebrando l'ennesimo rito della fiducia - imposto in primo luogo ai parlamentari dell'opposizione, ma poi anche a quelli della maggioranza, e dunque al Parlamento intero (al Parlamento in quanto tale) -; un rito, perché porre la fiducia sulla politica generale del Governo e sul Governo stesso comporta, inevitabilmente, un voto contrario delle opposizioni, quale che sia il loro giudizio di merito - ed il nostro è negativo! - sul provvedimento in discussione. Il merito, infatti, diventa immediatamente un altro; diventa, appunto, il giudizio sul Governo che le opposizioni hanno espresso ed argomentato lungo tutto questo lustro e che non possono certo modificare negli ultimi giorni della legislatura.
Dunque, per l'appunto, si tratta di un rito; ma un rito insieme pericoloso e rivelatore, in quanto voi del Governo non chiedete davvero la fiducia: voi la pretendete, voi la imponente alla vostra maggioranza parlamentare sapendo che la otterrete - a prescindere, per l'appunto, dal merito del provvedimento -; infatti, anche per la vostra maggioranza il merito è «altro» dal provvedimento. In altri termini, la fiducia impedisce e blocca la corretta dialettica parlamentare, costringendo, a prescindere dal merito, l'opposizione ad esprimere un voto comunque contrario e la maggioranza ad esprimerne uno comunque favorevole.
Voi, tutto ciò, lo sapete bene; la vostra non è, infatti, una scelta contingente; è un metodo, un modo di intendere le relazioni istituzionali. Per tale motivo, oltre che pericolosa, la posizione della fiducia è ormai anche rivelatrice. Tra i vari record negativi battuti dal Governo Berlusconi vi è anche quello del numero delle «fiducie» imposte al Parlamento; un numero spropositato e, nel merito - insisto! - immotivato e infondato: tale dato, nella pratica di questi cinque anni, prefigura cosa sarebbe destinato a diventare il Parlamento in un «regime» berlusconiano compiuto, nel regime, cioè, tracciato dalla controriforma costituzionale sulla quale il popolo italiano sarà chiamato a pronunciarsi tra breve.
Il ricorso continuo ai cosiddetti voti di fiducia sui decreti-legge rappresenta, infatti, la cartina di tornasole di tale disegno, vale a dire l'anticipazione empirica della fuoriuscita dalla forma di governo parlamentare e del passaggio a quello che è stato definito, giustamente, il «premierato assoluto».
Mi riferisco ad un premierato «assoluto» nell'accezione originale del termine - cioè, sciolto da ogni vincolo; anzi, dal vostro punto di vista, da qualsiasi «impaccio» di ogni altro livello istituzionale -, con l'assunzione di ogni potere (persino, di fatto, di quello legislativo) nelle mani del «capo». Vorrei osservare che non è un caso che torni questa parola: «Capo del Governo». Si tratta di un autentico abominio dal punto di vista della storia democratica e costituzionale del mondo intero. Il Parlamento resterebbe formalmente il rappresentante della sovranità popolare, ma sarebbe sostituito da un «capo», da un aspirante Duce, da un aspirante Führer, dall'Arturo Ui di Arcore! Ripeto: è un abominio!
Anche ed in primo luogo per questi motivi, oltre che per quelli di merito, più volte illustrati da questa parte politica, preannunzio che voteremo contro l'abuso della posizione della questione di fiducia. Il tema della fiducia, d'altro canto, è stato ripetutamente evidenziato, in altre forme, in questi ultimi anni e mesi. Infatti, ogni volta che questo Governo si è presentato davanti agli elettori, il voto popolare lo ha sfiduciato e lo ha bocciato.
Vorrei altresì ricordare che, solo qualche giorno fa (tanto per trovare un altro indicatore di fiducia), un sondaggio realizzato dal Sole 24 Ore ha segnalato che, tra i lavoratori dipendenti - vale a dire, quei soggetti che alla mia parte politica interessano in modo particolare -, il giudizio negativo su questo Governo ammontava al 59 per cento. Si tratta, dunque, di una sfiducia pesantemente motivata ed espressa!
Approfitto degli ultimi minuti riservati al mio intervento, signor Presidente, per svolgere una considerazione non marginale. Vorrei rassicurare, da questa postazione parlamentare, quei liberali che, dalle pagine di qualche grande quotidiano nazionale, rimproverano il centrosinistra (e, dunque, anche noi, che ne siamo parte organica) perché, come hanno scritto, si disinteresserebbe della «controriforma» costituzionale.
Nel mio intervento, ho cercato di dimostrare che non è così. Infatti, non siamo né disattenti, né disimpegnati. Guardi meglio il collega professore che ci propina una tardiva lezione circa i pericoli che corrono le istituzioni democratiche, a causa di questa destra eversiva! Questi rischi li abbiamo non solo visti e denunciati per tempo, ma anche combattuti! Li stiamo combattendo anche ora sia qui, nelle aule parlamentari, sia fuori, tra la gente. Mi riferisco alle manifestazioni popolari alle quali partecipiamo, alla raccolta delle firme che stiamo effettuando ed all'impegno quotidiano di far vivere, nella pratica, i valori ed i principi democratici che i nostri padri hanno scritto nella Costituzione.
Vorrei fare un'ultima annotazione...
PRESIDENTE. Onorevole Galante, si avvii a concludere!
SEVERINO GALANTE. Ho veramente concluso, signor Presidente, e la ringrazio per la sua sollecitazione.
Noi Comunisti italiani ci sentiremmo più forti se, assieme ed accanto a noi, avessimo avuto in passato, o almeno potessimo avere oggi, illustri liberali, come gli editorialisti del Corriere della Sera.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Buemi. Ne ha facoltà.
ENRICO BUEMI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, i deputati della Rosa nel Pugno negheranno la fiducia a questo Governo. Lo faranno, in primo luogo, per ragioni di carattere generale, perché è insopportabile il modo demagogico con cui vengono affrontati i problemi del paese, che vengono trattati con superficialità ed approssimazione e senza rispetto delle regole fondamentali.
La componente politica La Rosa nel Pugno del gruppo Misto negherà altresì la fiducia al Governo poiché, con questo atto, si vuole compiere, ancora una volta, un'operazione di propaganda a spese degli italiani. In particolare, vorrei rilevare che ne faranno le spese le nuove generazioni, i giovani e le loro famiglie. Essi, di fatto, vengono criminalizzati, a causa di cedimenti che, come si è visto, riguardano purtroppo settori significativi delle nuove generazioni (e non soltanto).
I nostri deputati, inoltre, negheranno la fiducia a questo Governo perché è stata grande l'impudenza di proporre al Parlamento un decreto-legge che, apparentemente, tratta delle Olimpiadi invernali, ma che, nella sostanza, introduce modifiche pesanti ad una normativa delicata e problematica, come quella relativa alla droga.
Questo decreto-legge, signor Presidente, è autoritario, irrazionale ed antiscientifico, fondato su posizioni ideologiche e moralistiche, sorde ai richiami del mondo scientifico ed alle esperienze derivanti dalle politiche di contrasto più avanzate. Esso è irrazionale nelle sue modalità di contrasto al fenomeno, incrementando l'azione repressiva dello Stato, con l'aumento delle pene e la parificazione dei trattamenti penali, non discriminando le droghe leggere da quelle pesanti e rendendo il confine tra consumatore e spacciatore più tenue e, di fatto, quasi inconsistente. Vi è, con l'esclusione di ogni politica di massima riduzione del danno, un atteggiamento di irresponsabilità grave.
Signor Presidente, noi pensiamo che chi, al pari di questo Governo e di questa maggioranza, crede che la lotta contro la droga - sia essa leggera o pesante - si possa vincere aumentando le azioni repressive sia un illuso. Tale illusione, tuttavia, la pagherà il paese. Contro la droga l'azione più efficace è quella da sviluppare nella famiglia e nella scuola. È in tali ambiti che si forma la personalità della giovane vita che cresce e che deve essere apprezzata, per affrontare adeguatamente le sfide e le difficoltà della vita, senza pensare che vi possano essere «aiuti artificiali» esterni, apparentemente meno onerosi. Pensare che la repressione sia efficace è illusorio, come dimostrano le esperienze di questi anni che vi sono state in tutti i paesi. Le carceri sono piene di tossicodipendenti e di detenuti per fatti collegati - o indotti - alla droga. La microcriminalità provocata dal ricatto della tossicodipendenza è in crescita, così come sono in crescita le straordinarie ricchezze delle organizzazioni criminali che gestiscono il grande mercato illegale della droga e che leggi ipocrite ed inefficaci al pari del provvedimento in esame, con il loro proibizionismo scellerato, garantiscono e favoriscono.
Il Governo, per ragioni ideologiche ed elettorali, ha deciso di andare nella direzione opposta al buonsenso ed all'esperienza. Tale scelta ultraproibizionista, demagogica e propagandistica, la pagheranno i più deboli, i giovani, le loro famiglie ed il sistema paese, che dovrà sobbarcarsi i nuovi costi derivanti dall'attività giudiziaria conseguente.
Certo, signor Presidente è più facile stringere la morsa repressiva anziché realizzare un sistema sociale più giusto ed equilibrato ed, in particolare, destinare risorse vere e significative alle famiglie, alla scuola ed al sistema dei modelli culturali e sociali positivi finalizzati a contrastare davvero la piaga della droga.
Noi vogliamo, signor Presidente, anziché un poliziotto sotto ogni lampione, un insegnante in più, che sia di sostegno ai giovani che crescono e che devono capire il disagio, superare la difficoltà della vita, ed alle famiglie che, di fronte alle difficoltà quotidiane, hanno bisogno spesso di qualcuno che li sostenga, che chiarisca e che li aiuti a comprendere le problematiche giovanili. Se ciò non avverrà, certamente vi sarà qualche giudice in più che dovrà occuparsi di tali fenomeni, ma anche molti giovani in più che dovranno subire tale azione, irresponsabile, di uno Stato che non li capisce, che non li aiuta e che li vuole soltanto condizionare, anche nelle difficoltà della vita.
Per tale ragione, signor Presidente, i deputati de La Rosa nel Pugno negheranno la fiducia a questo Governo e negheranno il proprio appoggio a questo provvedimento (Applausi dei deputati dei gruppi Misto-La Rosa nel Pugno, Misto-Verdi-l'Unione e Misto-Popolari-UDEUR).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Oricchio. Ne ha facoltà.
ANTONIO ORICCHIO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, i deputati Popolari-UDEUR voteranno contro la fiducia richiesta, ancor oggi, da questo Governo. Lo faranno con convinzione, per motivi di merito e di metodo. Per motivi di merito, relativamente al modo in cui questo Governo ha posto mano, sul finire della legislatura, alla questione della repressione degli stupefacenti e dell'uso delle droghe, nell'ambito di un decreto-legge nato per adottare alcune misure in favore delle Olimpiadi di Torino.
Voteremo contro anche per motivi di metodo, perché questa è l'ennesima volta in cui il Governo ripropone la questione di fiducia.
Riconteggiare oggi tutte le volte in cui questo Governo ha posto la questione di fiducia potrebbe essere forse utile da un punto di vista meramente statistico; non lo è, di sicuro, da un punto di vista politico, specie in questo affannato e travagliato finale di legislatura.
È importante, invece, dal punto di vista politico-istituzionale, ripensare al modo con cui questo Governo ha posto innumerevoli volte la questione di fiducia. Questo
- sì - può essere utile: infatti, il ricorso sistematico, da parte del Governo, al voto di fiducia è qualcosa che serve, nonostante la cospicua maggioranza numerica che lo sostiene, per eludere il dibattito parlamentare, per dare prova di come si voglia eliminare la possibilità del confronto in questo Parlamento. Come abbiamo detto più volte, è l'atteggiamento tipico di un Governo troppo piccolo rispetto ai grandi problemi di un paese come l'Italia: problemi complessi, che meriterebbero sicuramente un confronto parlamentare non strozzato ed eluso dal ricorso sistematico al voto di fiducia.
Oggi il Governo ripropone la questione di fiducia sul decreto-legge di cui abbiamo discusso. La ripropone ancora una volta, ricorrendo all'escamotage, cui si è fatto già ricorso, di aggiungere, in sede di conversione del decreto-legge nell'altro ramo del Parlamento, innanzi al Senato, un maxiemendamento corposo, di varie decine di pagine (a fronte di un decreto-legge in origine composto solo di tre pagine), per dare una disciplina più o meno nuova al problema della droga.
Il tutto - lo ripeto - introducendo tale disciplina, subdolamente, in sede di conversione di un decreto-legge che aveva tutt'altro scopo e che riguardava tutt'altra materia su cui legiferare. Si interviene, ancora una volta, per modificare il regime del trattamento delle droghe e si modifica la legge Cirielli appena approvata, a dimostrazione del fatto che la fretta e la mancanza di confronto parlamentare in Assemblea spesso non forniscono a questo paese leggi adeguate, considerato che, in più occasioni, come anche nel caso della legge elettorale, si è dovuto ritornare sull'argomento. Il tutto - lo ripeto - con l'elusione del dibattito, del confronto, della dialettica parlamentare, e ciò non rende un buon servizio al paese e, probabilmente, neppure al Governo. Non rende un buon servizio al Governo, perché tradisce la volontà dello stesso e la convinzione del suo Capo di poter governare questo paese attraverso voti di fiducia e sondaggi elettorali; chiaramente, quelli falsi, quelli con i dati che non rispondono al vero.
Il nostro paese, invece, ha bisogno di ben altro: non ha bisogno del ricorso a pratiche parlamentari con cui, subdolamente, si inseriscono all'ordine del giorno argomenti non previsti; non ha bisogno di maxiemendamenti di decine di pagine inseriti in coda a piccoli (tali per numero di pagine) decreti-legge; ha bisogno, soprattutto, di un Governo che dimostri di essere all'altezza della grandezza e della complessità dei problemi di questo paese.
Visto che si parla di droga, si può ben dire che, se l'abuso delle droghe porta conseguenze nefaste per coloro che ne fanno uso, sicuramente l'abuso di voti di fiducia fa male al paese, alla democrazia ed anche a chi li richiede.
Per questo motivo e per le altre ragioni illustrate, i deputati appartenenti alla componente politica Popolari-UDEUR del gruppo Misto ribadiscono la loro contrarietà al provvedimento in esame e voteranno contro la fiducia richiesta ancora oggi da questo Governo (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Popolari-UDEUR e Misto-La Rosa nel Pugno).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Giordano. Ne ha facoltà.
FRANCESCO GIORDANO. Signor Presidente, «se questa legge passerà, le comunità terapeutiche praticheranno la disobbedienza civile»: così si esprime il coordinamento nazionale delle comunità terapeutiche e così si esprimono, signor sottosegretario Mantovano, tante ragazze e tanti ragazzi che oggi vi manifestano, giustamente, contro: gli stessi che voi, in nome di una pulsione securitaria e reazionaria, volete rovinare; gli stessi che, nell'illusione di un pugno di voti in più, volete condannare all'inferno della reclusione.
Dunque, la disobbedienza civile è una scelta sacrosanta, a fronte della vostra disumana e cinica inciviltà.
Incuranti del fallimento delle politiche repressive in tutto il mondo, senza dibattito parlamentare, con un voto di fiducia a fine legislatura, cancellate il referendum
del 1993, riproponendo, in spregio, le stesse norme abrogate.
Verifichiamo da tempo e in tanta produzione legislativa la vostra avversione per la nostra Costituzione. Lo ha spiegato brillantemente l'onorevole Pisapia nella discussione sulla questione pregiudiziale di costituzionalità. Tra l'altro, il decreto, beffardamente, tratta insieme le Olimpiadi e la tossicodipendenza, il cui nesso, onestamente, sfugge alle menti sane e a coloro che hanno un briciolo di intelligenza.
Finora non avevamo ancora assistito ad una così palese violazione di ogni principio di uguaglianza. Trattate alla stessa maniera gli spacciatori, coloro che si arricchiscono procacciando la morte, e il tossicodipendente, chi spaccia e chi acquista una dose per uso personale sulla base di una tabella, che, ovviamente, non sarà decisa dal Parlamento. Carnefici e vittime per voi sono la stessa cosa.
Il vostro furore ideologico, proprio di uno Stato etico, vi porta a colpire i comportamenti e a distruggere i diritti acquisiti. Negate e contrastate tutto ciò che appare diverso dalla vostra ristretta concezione del mondo. Sistematicamente, costruite un nemico e alimentate una campagna che produce un istinto securitario.
Volete punire fobicamente tutte le trasgressioni giovanili. Intervenite nella tossicodipendenza con le stesse modalità con le quali in psichiatria si interveniva istituendo i manicomi. Volete trasformare gli operatori delle comunità - fanno bene a trasgredire! - in secondini.
Voi rischiate di distruggere la vita concreta e il futuro di tanti giovani. I consumatori di cannabis rischiano di andare in carcere o in comunità con pene dai sei ai vent'anni, se trovati con pochi spinelli in tasca, e, nel caso di lieve entità, da uno a sei anni. Per qualche spinello, un ragazzo, dunque, può entrare nel circuito drammatico del carcere. Gli può essere limitata la libertà personale, gli possono essere ritirati il passaporto e la patente di guida, può aver l'obbligo di firma prima e dopo l'orario scolastico. Volete marchiarli a vita!
I vostri nemici sono questi ragazzi e non fate nulla contro il mercato di morte e lo spaccio. Noi non vogliamo combattere il consumo, ma vogliamo aiutare la prevenzione, finanziare la rete dei servizi pubblici, le unità di strada, i centri a bassa soglia e gli operatori che quotidianamente lavorano con persone in difficoltà.
Noi siamo per la riduzione del danno, per la depenalizzazione dell'uso di sostanze stupefacenti e per pratiche antiproibizioniste. Voi, al contrario, volete aiutare solo le comunità amiche, affidando ai privati persino la possibilità di diagnosticare lo stato di tossicodipendenza.
Se un giovane non vuole finire in carcere, può andare in questi centri privati, a voi tanto cari e lautamente finanziati, ed essere obbligato ad un lavoro gratuito. Non solo flessibili, non solo precari, ma ora anche servi - lo ripeto: servi! - di alcune comunità. Lavoratori a salario zero, che ingrassano i profitti dei privati!
Mercato e morale sono l'ascissa e l'ordinata delle vostre politiche. La fobia e la psicosi del divieto vi portano a criminalizzare tutto ciò che in altri paesi viene utilizzato normalmente. Voi volete vietare l'uso della cannabis a scopo terapeutico. Vorrei ricordarvi ciò che ha detto brillantemente l'onorevole Valpiana nella discussione generale: voi volete cancellare ciò che in altri paesi, sottosegretario Mantovano (negli Stati Uniti, nel Regno Unito, in Germania, in Olanda e in Israele), viene sperimentato con successo. La cannabis viene utilizzata come antiossidante e come antidolorifico nei traumi cranici e dopo ictus.
Si stanno conducendo sperimentazioni per alcune patologie neurodegenerative, quali il morbo di Alzheimer e il morbo di Parkinson, e la cannabis viene usata nel glaucoma, per le sue proprietà antinfiammatorie, e come anticonvulsivante e broncodilatatore nei soggetti asmatici; vi sono studi straordinari della scuola medica inglese e dell'università di Nottingham. Voi cancellate la possibilità di un uso sanitario della cannabis - ecco dove arriva la vostra fobia - e dite che c'è bisogno di sperimentazione. È lo
stesso comportamento che avete nei confronti della RU486, che viene utilizzata da diciotto anni nel resto dell'Unione europea e che noi dovremmo sperimentare adesso per capirne gli effetti!
Voglio mettere in risalto quanto detto dall'onorevole Valpiana in sede di discussione sulle linee generali: gli effetti terapeutici della cannabis sono stati citati per la prima volta per il trattamento dei disordini femminili, per la gotta, per il reumatismo, per la malaria, per la stipsi e per la debolezza mentale nel Pen Ts'ao, un testo di medicina cinese che ci è giunto in una copia del I secolo dopo Cristo e che tradizionalmente viene attribuito all'imperatore Shen Nung, del terzo millennio avanti Cristo. Poi arriva un vostro burocrate, che magari si sente erede di qualche tribunale di inquisizione, ed in stile totalmente medievale cancella, con un tratto di penna, millenni di letteratura scientifica e sanitaria.
Sottosegretario Mantovano, la cancelleremo questa legge, e la cancelleremo subito. Tutti noi dell'opposizione dobbiamo lealmente prendere tale impegno in questa sede per non rovinare nessuno, per ridurre i danni, per contrastare il mercato di morte, per ridare un senso alla libertà individuale e per ricostruire, finalmente, una civiltà giuridica nel nostro paese (Applausi dei deputati dei gruppi di Rifondazione comunista e dei Democratici di sinistra-L'Ulivo - Congratulazioni).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Guido Giuseppe Rossi. Ne ha facoltà.
GUIDO GIUSEPPE ROSSI. Signor Presidente, gli interventi che mi hanno preceduto hanno messo in luce una critica all'utilizzo del voto di fiducia. Ebbene, penso che una critica all'abuso del voto di fiducia sia una questione importante e degna di essere affrontata perché investe il tema del ruolo delle Assemblee legislative e dei limiti che il parlamentarismo ha incontrato negli ultimi anni. Dunque, si tratta di un tema importante ma che, a nostro avviso, deve essere affrontato nella sede più opportuna, cioè quando vi sono processi di revisione costituzionale, come vi è stato in questa legislatura. In tali momenti una questione così importante deve essere posta perché ha una sua rilevanza. Inoltre, deve essere posta nel momento in cui si apre un dibattito sulla revisione dei regolamenti parlamentari che, a nostro avviso, stanno mostrando tutta l'usura del tempo: talvolta, certi passaggi troppo complicati e ripetitivi vanno a discapito della centralità del Parlamento e non aumentano la capacità di dare risposte immediate da parte dell'Assemblea legislativa.
Dunque, si tratta di un tema importante che il gruppo della Lega potrebbe ritenere degno di attenzione. Sicuramente, però, non abbiamo attenzione quando tale tema viene utilizzato in chiave assolutamente propagandistica e strumentale. Si critica il ricorso al voto di fiducia, poiché con esso l'esecutivo bypassa il Parlamento, quando si è all'opposizione salvo, poi, utilizzarlo in maniera altrettanto sistematica e criticabile - perché, ripeto, la critica ci può stare - quando si è maggioranza. Penso che la doppiezza di tale accusa le tolga la capacità di diventare un tema degno di essere ascoltato e preso in considerazione.
Detto ciò, mi permetto una battuta. Ormai costantemente negli interventi dei colleghi dell'opposizione sento questo ritornello: quando vinceremo cancelleremo questa legge.
Comincio ad essere preoccupato per i colleghi dell'opposizione che, nella malaugurata ipotesi per il nostro paese che dovessero vincere le prossime elezioni, se terranno fede a tutte queste promesse o minacce (a seconda di come le si voglia interpretare), sarebbero impegnati in maniera preponderante a cancellare le leggi che la maggioranza, in Parlamento, con il Governo da lei espresso, ha varato in questi cinque anni. Avrebbero, così, ben poco tempo e spazio per un'azione legislativa originale e capace di dare un segno alla loro azione governativa. Si trattava - ripeto - di una battuta, e sinceramente non sono preoccupato di questa eventualità,
perché il centrodestra ritiene di poter risultare vincente alla prossima competizione elettorale.
Per quanto riguarda il decreto-legge in esame, la sicurezza è uno degli aspetti più importanti per un evento di rilevanza mondiale, globale come le Olimpiadi. La situazione internazionale, con il terrorismo islamico sempre più aggressivo, non può che farci essere attenti, come sistema paese e come Governo che ha la responsabilità della sicurezza e della gestione delle Forze dell'ordine.
Le Olimpiadi sono un momento importante, in cui un paese, e soprattutto una regione come il Piemonte - da cui provengo -, si presenta al mondo ed ha voglia di fare bene, di dimostrare che il sistema funziona e che le risorse investite hanno raggiunto obiettivi importanti. Le Olimpiadi, come ovunque nel mondo, sono anche fonte di critica giustificabile, legittima sul modo con cui sono stati impegnati i soldi, sull'entità delle risorse utilizzate. In un paese democratico il legittimo diritto di critica, la legittima dialettica devono essere garantiti.
Ciò che, però, stona in questo frangente sono i gesti di violenza organizzata già avvenuti durante il percorso della fiaccola olimpica in diversi punti del territorio nazionale, è ciò che viene paventato da alcuni settori importanti dell'estrema sinistra e, inoltre, è l'incredibile fatto accaduto domenica scorsa, quando a Livorno centinaia - e non alcune - di persone hanno aggredito un'assemblea pubblica consentita dalle Forze dell'ordine e dalla prefettura, cui partecipava un europarlamentare, Mario Borghezio, con un assalto organizzato e violentissimo, addirittura con lancio di bombe carta (un poliziotto è stato gravemente ferito ad un piede).
Ritengo che questi episodi siano legati da un «filo rosso», cioè l'uso della violenza politica fisica, materiale, e non della dialettica, talvolta dura, estrema e violenta, ma solo nelle parole. Vi è stato il passaggio ad un'azione politica materiale, di aggressione fisica all'avversario, di impedimento della dialettica democratica. Questo è quanto sta avvenendo nel nostro paese. Come ho detto, lo abbiamo già verificato nel percorso della fiaccola olimpica, nelle minacce portate dai centri sociali verso l'evento olimpico, con un discreto grado di responsabilità, dato il clima internazionale e le sfide della sicurezza cui il paese deve far fronte.
Le risposte della sinistra a questa situazione abbastanza pericolosa variano a seconda delle zone geografiche e del ruolo istituzionale. Passiamo dalla risposta «modello sceriffo» del sindaco di Torino Chiamparini (che non può fare altro, dopo anni di amministrazione di centrosinistra che hanno consentito il proliferare dei centri sociali nella città, ed ora, essendo il sindaco della città olimpica, deve anche fingere di fare la voce grossa) alle incredibili affermazioni del sindaco della città di Livorno (che non so di che partito sia, ma penso di indovinarlo), il quale dopo gli scontri di domenica è riuscito a dire una frase di questo tipo: il mio giudizio su Borghezio è sovrapponibile a quello degli aggressori. Questo ha affermato quel sindaco, nel silenzio più assoluto - me lo si consenta - delle più alte cariche dello Stato; penso al Presidente della Repubblica, originario di Livorno, che non è riuscito a spendere alcuna parola di biasimo e di condanna ferma nei confronti di questi atti. Questo sta avvenendo in Italia.
Ritengo che una dichiarazione come quella del sindaco di Livorno sia da collocare nella lunga galleria degli orrori che questo paese ha conosciuto, ad esempio, negli anni di piombo, negli anni della violenza politica (gli anni Settanta), quando esponenti istituzionali e della cultura di questo paese, in qualche modo, avallavano, con le loro parole, con i loro atteggiamenti e con la loro «non azione», la violenza politica.
Ciò sta di nuovo avvenendo in questo paese, nel silenzio delle istituzioni e - mi si consenta - anche del centrodestra. Si dovrebbe mostrare un maggiore coraggio culturale su tali temi. Dobbiamo lanciare a questo paese il segnale che, se vincerà il centrosinistra, potrebbe riaprirsi una stagione di violenza politica!
Vorrei svolgere un'ultima considerazione sul tema della lotta alla tossicodipendenza, questione complicata che deve essere affrontata con buonsenso e con umanità.
Sicuramente questo Governo e questa maggioranza hanno avuto, a tale riguardo, il coraggio di segnare una direzione, di affermare che l'utilizzo ed il consumo delle droghe in questo paese non è utile, ma è illegale.
Questo paese ha bisogno di regole: non si tratta di una visione etica dello Stato, che ci porterebbe indietro nel tempo, ma di una visione sociale, per cui le regole si pongono a tutela della comunità e della socialità e l'individuo dispone delle sue libertà, che devono essere tutelate ma non possono mai andare a discapito dell'interesse comune.
Questa è la grande differenza tra noi, tra il centrodestra che si propone ai cittadini di questo paese ed il centrosinistra: da una parte, la tutela delle libertà, inserite in un quadro di comunità e di socialità e, dall'altro, l'egoismo, che porta all'individualismo, alla rottura di ogni patto sociale e di ogni tipo di regola.
Questa è la nostra grande differenza. Penso che i cittadini di questo paese abbiano il diritto di scegliere in ordine a queste due grandi opzioni culturali, al di là delle «scaramucce» della dialettica politica, che non dicono nulla. Questi sono i grandi temi su cui i cittadini di questo paese, il 9 aprile, potranno esprimersi!
Per tali motivi, dichiaro il voto favorevole del gruppo della Lega sulla questione di fiducia.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Volontè. Ne ha facoltà.
LUCA VOLONTÈ. Signor Presidente, onorevoli colleghi, onorevole rappresentante del Governo, anche il gruppo dell'UDC esprimerà voto favorevole sulla questione di fiducia, per due ragioni che risultano dal provvedimento in esame.
La prima è che, oramai, siamo in ritardo (si tratta, pertanto, di una questione urgente da affrontare) per quanto riguarda le misure di garanzia e di sicurezza da approntare ed i finanziamenti alle prossime Olimpiadi invernali, considerato che si terranno questo fine settimana.
Sappiamo quanto il Governo si stia impegnando, soprattutto, per far fronte a tali misure, in vista delle Olimpiadi invernali (anche oggi si può leggere di alcune iniziative del ministro dell'interno e della Polizia di Stato), ma abbiamo anche preso atto in questi giorni di quanta preoccupazione proviene dal Governo, ma anche dalle amministrazioni pubbliche, non appartenenti a questa coalizione (lo dico con grande certezza), che sono interessate ai temi della sicurezza.
È stato addirittura lanciato un appello a quelle forze politiche, oggi all'opposizione, che sono più vicine ai contestatori, e mi riferisco al presidente della regione, al sindaco del comune di Torino. Confidiamo che questa richiesta, questa sottolineatura venga ascoltata da quelle forze politiche, per fare in modo che le Olimpiadi, straordinaria vetrina per il nostro paese, in particolare per la città di Torino e per il Piemonte, possano continuare a rappresentare una grande occasione non solo per la riqualificazione di quel territorio, ma per l'immagine del nostro paese.
Vorrei sottolineare, nel contempo, un altro elemento fondamentale che ci induce ad esprimere un voto favorevole sul presente provvedimento, vale a dire le tossicodipendenze.
Già nel dicembre del 1996, i gruppi parlamentari CDU-CCD (allora, non ancora UDC) presentarono una risoluzione - primo firmatario l'onorevole Buttiglione -, poi approvata sia dalla maggioranza sia dall'opposizione l'11 marzo del 1997 -, che invitava il Governo a riconsiderare tutta la normativa sulla tossicodipendenza. Nella parte finale di quella risoluzione si diceva che oggi - in realtà, allora, anche se ciò vale fino a tutto il periodo precedente l'emanazione del testo in esame - si cerca di garantire la libertà di drogarsi, ma non si garantisce la libertà di recuperarsi.
In molti interventi che mi hanno preceduto è emerso l'inno alla liberalizzazione della cannabis nonché la minaccia della disobbedienza civile nel caso in cui la presente norma dovesse entrare in vigore. Ritengo che entrambe le affermazioni facciano parte della garanzia della libertà di drogarsi e della difficoltà di valutare la garanzia della libertà di recuperarsi.
La suddetta risoluzione invitava il Governo di allora, vale a dire la maggioranza di centrosinistra, a promuovere una forte azione per rimuovere le cause sociali della crisi del mondo giovanile contro la riaffermazione del diritto ad usare gli stupefacenti; rilanciare i progetti di recupero dei tossicodipendenti, attraverso una fattiva collaborazione tra i servizi pubblici e le comunità di recupero; predisporre un sistema di aiuti, attraverso il meccanismo degli sgravi fiscali alle famiglie, in un quadro più generale di incentivazione e di sostegno alle famiglie stesse; prevedere un sistema di incentivi fiscali per associazioni, enti o privati che si occupano dell'assistenza e del recupero dei tossicodipendenti e dei malati cronici; valorizzare tutti gli aspetti del volontariato diretti in tal senso.
Dunque, una maggioranza trasversale approvò questa risoluzione, ma non mi voglio illudere che persone presenti nella scorsa legislatura anche oggi, coerentemente con la suddetta risoluzione, abbiano il coraggio di votare la fiducia a questo Governo. Infatti, la fiducia comporta un voto politico! Tuttavia, nessuno può affermare che nel presente provvedimento non siano ricomprese quelle proposizioni che, nel 1997, votammo tutti insieme.
Siamo di fronte ad un provvedimento che trae origine da un disegno di legge governativo, coordinato dal Vicepresidente Fini e dal ministro per i rapporti con il Parlamento, onorevole Giovanardi, che ha condotto ad un confronto fattivo ed utile tra le amministrazioni dello Stato e gran parte del mondo privato dedito al sociale, del volontariato e dei SERT nella conferenza nazionale svoltasi i primi di dicembre a Palermo.
Quindi, occorre riconoscere al Governo, in particolare al ministro Giovanardi che presiedette la suddetta conferenza, il merito di aver svolto un lavoro di confronto, di ascolto, di collaborazione e di scrittura comune insieme a tutti i responsabili del recupero dei tossicodipendenti e della lotta al traffico e all'uso degli stupefacenti per giungere alla stesura del testo oggi in esame.
Un testo che dà piena attuazione alla risoluzione del 1997, ma che ha anche altre caratteristiche in ordine alle quali mi è dispiaciuto ascoltare polemiche che mettono in evidenza una differenza tra la nostra parte politica e alcune parti politiche dell'opposizione.
È vero, c'è una sanzione, una stigmatizzazione della tossicodipendenza, sia che essa sia più leggera - così come è chiamata artificialmente - o più pesante, perché riteniamo - questa equiparazione era già presente nella risoluzione del 1997 e in molti altri atti parlamentari di indirizzo - che l'uso degli stupefacenti non possa e non debba avere differenze di qualità. Gran parte dei casi e delle esperienze, non solo teoriche, ma di lavoro concreto nelle comunità di recupero dei tossicodipendenti nei paesi europei, ci dimostrano quanto l'uso di una droga cosiddetta leggera porti poi nel tunnel di una tossicodipendenza più grave e più pesante.
Nello stesso tempo, altro elemento importante e fondamentale, che mi preme sottolineare, è il percorso di recupero del tossicodipendente, che dovrà rimanere sempre meno in carcere; anzi, nella gran parte dei casi, egli non rimarrà assolutamente in carcere, ma gli sarà data la possibilità di entrare in percorsi di recupero che non riguardano esclusivamente il privato sociale, ma anche le strutture dei SERT. In questo ci sono due elementi di grande civiltà: in primo luogo, il carcere per il tossicodipendente non è visto esclusivamente come una punizione, ma, in piena attuazione del dettato costituzionale, come l'occasione per un riscatto ed un recupero, attraverso le strutture pubbliche e attraverso il privato sociale; inoltre, è bene sottolineare come questo provvedimento già in parte attui la Costituzione vigente attraverso la valorizzazione e l'attuazione
piena del principio della sussidiarietà, di cui molti hanno parlato negli ultimi dieci anni per poi stigmatizzarlo e criticarlo oggi (abbiamo sentito anche poco fa alcuni autorevoli colleghi del centrosinistra).
Ritengo che questi siano motivi di grande vanto per l'attuale maggioranza. Prima il disegno di legge del Governo, presentato dal Vicepresidente Fini, poi questa opera straordinaria di ascolto e di collaborazione del ministro Giovanardi con le comunità nella conferenza nazionale di dicembre a Palermo hanno portato ad una attuazione piena del preciso volere non solo della maggioranza, ma dell'intero Parlamento (come ho cercato di dimostrare in questo mio intervento), volontà risalente alla scorsa legislatura, quando vi era una maggioranza di centrosinistra ed una opposizione di centrodestra.
Queste precise e comuni volontà di tutte le forze politiche degli ultimi dieci anni hanno trovato piena attuazione con il metodo - da sottolineare anche in questo caso - del confronto e del dialogo con il pubblico e con il privato sociale, con l'unico scopo di recuperare il tossicodipendente dandogli un ruolo di protagonista nella società italiana.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bindi. Ne ha facoltà.
ROSY BINDI. Signor Presidente, colleghi, signor sottosegretario, già nel titolo questo stralcio di legge sulla droga tradisce l'impostazione repressiva e punitiva che ha caratterizzato le strategie del Governo e della maggioranza nei confronti delle questioni sociali più difficili.
Nel linguaggio della legge, infatti, il recidivo è colui che merita una aggravante di pena, colui che ripete il reato e, perciò, va punito con rigore esemplare.
In effetti, in queste norme, non c'è il recupero, non si vede una strategia di riabilitazione, non si affronta la complessità del fenomeno droga, si ignora la persona tossicodipendente, i suoi bisogni e i suoi problemi; c'è solo la condanna senza appello ideologica e astratta del tossicodipendente.
Ma diciamo la verità: queste norme sono un proclama elettorale, un manifesto di propaganda, sono norme fatte soltanto per essere esibite nei comizi e nei programmi televisivi.
Dunque, prima ancora di contestare nel merito le vostre scelte, è doveroso smascherare questa finzione, questa beffa di una legge mediatica inapplicabile consumata ai danni dei giovani e delle loro famiglie. Del resto, se ci fosse stata un'autentica e buona volontà di rafforzare e migliorare le strategie di prevenzione e di contrasto alle dipendenze, non avreste aspettato cinque anni. La vostra cattiva coscienza è dimostrata proprio dalla fretta con cui alla fine di una legislatura, a pochi giorni dallo scioglimento delle Camere, volete esibire uno scampolo di legge sulla droga. Vi prendete questo scampolo di legge con il voto di fiducia numero quarantacinque, che non sarà nemmeno l'ultimo. In ventuno mesi nell'altro ramo del Parlamento, il provvedimento in esame non è riuscito a passare neppure l'esame in Commissione di merito.
Le obiezioni non provengono solo da chi è favorevole alla liberalizzazione delle droghe - e certo questi non siamo noi -, non protesta solo una minoranza di antiproibizionisti. Contro queste norme si sono espresse con molta determinazione le più importanti associazioni di operatori e di volontariato cattolico: le ACLI, le AGESCI, Exodus, il gruppo Abele, CNCA, il Mo.VI, il forum del terzo settore, il centro sociale Giovanni XXIII. Tutte queste associazioni hanno mosso obiezioni ragionevoli e puntuali per nulla ideologiche nelle quali noi ci riconosciamo pienamente.
Prima obiezione. È pericoloso e sbagliato abolire la distinzione tra droghe pesanti e droghe leggere. Mettere tutto sullo piano dall'eroina alla cannabis, dalla cocaina all'exstasy, dal consumo occasionale a quello ripetuto e dipendente, è scientificamente scorretto. Ignorare le differenze significa ignorare che ogni tossicodipendente è una persona diversa con la sua storia, il suo carico di problemi, le sue
aspettative, un contesto familiare e sociale particolare. Significa legarsi le mani per combattere le tante facce della dipendenza dalla droga.
Seconda obiezione. Punire chi non riesce a liberarsi dalla dipendenza non serve, ma, soprattutto, non si può barattare la prevenzione con la punizione. L'inciviltà di questo provvedimento sta in un meccanismo repressivo che non si limita ad un brusco innalzamento delle pene, che contravviene alla Costituzione e ai principi di adeguatezza e di proporzionalità, ma ignora anche la distinzione, fatta dall'OMS, tra uso, abuso, consumo problematico e dipendenze. L'inciviltà di esso sta nella cinica distorsione del concetto di riabilitazione: il tossicodipendente non è una persona che ha bisogno di aiuto, è un colpevole, peggio, un recidivo. A lui, dunque, si prospetta un meccanismo ricattatorio: o la galera o la cura coatta. Un meccanismo che indebolisce e vanifica i percorsi di recupero. Se c'è una cosa su cui tutti concordano è che c'è recupero del tossicodipendente quando si fa nascere e si sostiene la libera volontà e la libera determinazione della persona: non c'è cura senza rispetto della dignità della persona e dei suoi diritti di cittadinanza. La paura del carcere non è un'arma efficace per chi con la dipendenza cerca di superare la paura di vivere, la difficoltà di crescere, la fatica di diventare adulto e inserirsi nella società. La paura genera solo nuove fughe e nuovi azzardi, nuove proteste e nuove sfide. Bella davvero la pedagogia di questa destra che vuol farci credere che nelle nostre carceri si può rinascere a nuova vita, dimenticando come esse siano ormai diventate il paradigma di una condizione umana in cui uno Stato europeo e moderno dovrebbe solo vergognarsi! Tra l'altro, questo Governo si vanta di non aver applicato la riforma della sanità penitenziaria e di aver tagliato il 30 per cento delle risorse. E che dire dell'alternativa degli arresti domiciliari. Come vivranno le famiglie la presenza obbligata di figli con i quali ci sono tensioni, a volte devastanti, conflitti enormi se non addirittura violenti?
Terza obiezione. Il provvedimento in esame ignora un pilastro decisivo di ogni seria strategia contro la droga. Ci si dilunga sugli arresti domiciliari e non c'è un segnale serio di contrasto al narcotraffico. Perché il nostro ministro degli affari esteri, oltre a confessare trasgressioni esotiche, non si impegna con più convinzione a stipulare accordi internazionali per una seria riconversione delle coltivazioni di oppio e di coca? Perché non c'è la consapevolezza che il commercio della droga, come ci dimostra la 'ndrangheta che ne detiene il monopolio, è il più redditizio del mondo?
Quarta obiezione. In queste norme non v'è traccia di politiche giovanili e di politiche sociali che possano sostenere un'efficace strategia di prevenzione ed integrazione per percorsi di riabilitazione. Non una parola sul tempo libero, sullo sport, sullo studio, sulla cultura! È un'occasione perduta per riconciliare il paese con le nuove generazioni e per dimostrare che la politica sa essere attenta ai loro bisogni.
Quinta obiezione: la tossicodipendenza non è un mercato in cui scatenare la competizione tra strutture pubbliche e strutture private. In questi anni, si è indebolita la funzione pubblica dei SERT e dei consultori familiari e sui servizi sanitari e sociali è calata la scure dei tagli delle risorse finanziarie. Mentre si dimezzava il fondo sociale per due anni, sono stati trovati, però, i finanziamenti per un fondo nazionale per le comunità giovanili, che la Presidenza del Consiglio distribuisce di concerto con il ministro dell'economia (e non facciamo fatica, dati i precedenti, ad immaginare quali saranno i reali beneficiari dei fondi ...).
Qui c'è un problema di regole, di rapporti istituzionali che il decreto-legge in esame stravolge, vanificando il principio dell'integrazione e della cooperazione tra pubblico e privato. La pari dignità tra pubblico e privato è un obiettivo da perseguire e da difendere; ma la pari dignità implica il riconoscimento della qualità e
dell'efficacia dei modelli organizzativi e delle proposte terapeutiche, salvaguardando il pluralismo, ma anche la certezza di criteri uguali per tutti.
Non si può ridurre la funzione pubblica di tutela della salute e prevenzione del disagio e della dipendenza a quella di mera erogazione di finanziamenti. Il sistema pubblico non può rinunciare al patrimonio di buone esperienze e di grandi competenze accumulate in questi decenni; non può rinunciare a delineare una strategia condivisa e regole condivise. Non ci sono comunità affidabili, comunità inaffidabili e servizi pubblici inefficienti. C'è, invece, un mondo ricco di competenze, cultura, saperi, solidarietà, un mondo plurale in cui lavorano, fianco a fianco, operatori pubblici e privati. Tutto questo mondo è pronto, oggi, per questa legge, ad una disobbedienza civile! Agli anzidetti operatori vogliamo esprimere il nostro grazie per quello che fanno: un lavoro straordinario, davvero importante ed insostituibile per tutto il paese, eppure così mal ripagato da questo Governo e da questa maggioranza. Vogliamo, però, anche rassicurarli: non saranno lasciati soli né loro né i loro ragazzi.
L'ultima obiezione è la più radicale. Mentre il Governo impone l'approvazione del disegno di legge, si è verificata una strana coincidenza: autorevoli esponenti di questa maggioranza hanno fatto outing e, esibendo memorie di consumi una tantum, hanno voluto far credere di essere politici moderni, destra davvero in grado di capire il mondo che cambia. In questo modo, colleghi, avete reso bene l'idea di una società nella quale il politico, l'imprenditore, l'artista, la persona potente può permettersi l'uso di sostanze pesanti e leggere, può addirittura esibirlo, può farsene vanto, mentre un giovane qualsiasi deve andare in galera o deve essere costretto a curarsi. Noi riteniamo che questo sia il messaggio più devastante, più diseducativo, più grave.
Per questo motivo, il nostro voto sulla questione di fiducia è davvero contrario. Ma è altrettanto forte l'impegno, che assumiamo fin d'ora, di cancellare queste brutte norme e di restituire speranze a tutte le componenti più fragili del nostro paese (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-L'Ulivo, dei Democratici di sinistra-L'Ulivo, Misto-Comunisti italiani e Misto-Verdi-l'Unione).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare dichiarazione di voto l'onorevole Anedda. Ne ha facoltà.
GIAN FRANCO ANEDDA. Signor Presidente, per motivare il suo dissenso, l'opposizione ha posto l'accento su tre dati: il provvedimento in esame sarebbe fortemente voluto da Alleanza nazionale per motivi elettoralistici; il ricorso al decreto-legge sarebbe inopportuno, se non illegittimo, e - a dire dei colleghi - non urgente (rilievo da collegare con l'inserimento delle norme in un decreto-legge emanato su altro argomento); infine, viene rinnovata una denuncia di pretesa incostituzionalità, riferita al fatto di avere demandato ad un decreto ministeriale l'indicazione della quantità di droga che esclude l'uso personale.
Se volessi imitare il garbo degli oppositori, potrei dire che l'opposizione - gli aggettivi non sono miei - è stravagante, paradossale ed irresponsabile. Ma è sempre così: quando scade l'argomentazione ragionata, ci si affida all'urlo e all'insulto, nella convinzione - sempre errata - che chi grida più forte ha ragione.
Diciamo subito che questo provvedimento non è a favore né contro i consumatori di stupefacenti. Si tratta invece di uno strumento - consapevolmente non risolutivo, ma efficace - per contrastare lo spaccio e scoraggiare l'uso della droga. Si tratta di uno strumento contro la droga, contro la diffusione della medesima, contro la degenerazione che deriva dal suo uso. È un provvedimento contro tutte le droghe, tutte dannose, tutte pericolose (sia sufficiente ricordare l'aggressività che scatena l'uso delle cosiddette droghe leggere), per contrastare proprio ciò che l'opposizione ha definito un fenomeno di massa e che - questo è il singolare argomento addotto -, proprio perché tale, dovrebbe
vedere la società e lo Stato indulgenti, se non indifferenti.
FRANCESCO GIORDANO. È il contrario! Quello che ha detto Fini...!
GIAN FRANCO ANEDDA. È vero, il provvedimento è voluto con forza da Alleanza nazionale e condiviso da tutta la Casa delle libertà. Di ciò siamo fieri!
PRESIDENTE. Invito i colleghi a fare silenzio per permettere all'onorevole Anedda di terminare il suo intervento.
GUSTAVO SELVA. Ascoltate i colleghi che parlano!
GIAN FRANCO ANEDDA. Non può non essere motivo di orgoglio prestare attenzione a un fenomeno sociale di tale vastità; non può non essere motivo di orgoglio reclamare l'urgenza di un intervento quando, come i fatti dimostrano, la legislazione in vigore è insufficiente se non dannosa; non può non essere motivo di orgoglio avere prestato ascolto, aver recepito le indicazioni delle comunità terapeutiche fatte proprie dalla Conferenza di Palermo.
Non ci ferisce l'accusa secondo cui l'urgenza sarebbe motivata da un fatto elettorale. Intendiamo adempiere all'impegno assunto con gli elettori per dimostrare che le nostre parole non sono vane né buttate al vento. Se è elettorale mantenere gli impegni, comprendere le esigenze della società e farle proprie, difendere le famiglie, la società, i giovani, vogliamo concludere la legislatura con questo provvedimento.
Soggiungo: se il provvedimento - così come afferma il centrosinistra - contrasta con la volontà, il sentimento, i desideri degli elettori e del popolo italiano, l'opposizione dovrebbe rallegrarsi di questo nostro errore, mossa dalla onirica certezza di poterlo abrogare nella prossima legislatura!
In tal caso, sappiamo anche in quale senso ciò avverrebbe (abbiamo letto gli emendamenti presentati): per permettere la cessione della droga dall'uno all'altro, dal maggiorenne al minorenne, dal pusher allo scolaro atteso in agguato mortale all'uscita della scuola, per vietarla soltanto quando la cessione sia retribuita.
Ma è necessario dimostrare che la punibilità limitata alla cessione effettuata a scopo di lucro sarebbe la manna per gli spacciatori? È o no lecito affermare che la sinistra, con le sue proposte, favorisce di fatto gli spacciatori?
Se è agevole dimostrare il fatto oggettivo della cessione, è ben difficile, come sanno i magistrati, dimostrare il pagamento.
Conosciamo il punto di vista dell'opposizione: prima che un errore è una calamità sociale! Non vi è necessità di lunghi dibattiti parlamentari o di estenuanti confronti. Noi siamo con le famiglie, con i genitori, con i ragazzi: intendiamo difenderli, sicuri di interpretare i loro profondi sentimenti.
Veniamo al decreto-legge. Se, con riferimento a questo argomento tanto grave per la sua importanza sociale, dovessimo parlare del profilo formale, potremmo ricordarne la regolarità, giacché il regolamento del Senato consente l'inserimento di nuove norme in un decreto-legge; potremmo anche ricordare che da molti mesi, sempre rispettosi delle forme, sopportiamo l'ostruzionismo dell'opposizione.
Richiamare la nostra corretta sopportazione non contrasta con il riconoscimento della legittimità dell'ostruzionismo parlamentare. Da queste ragioni nasce la necessità della posizione della questione di fiducia, che offre modo per esprimere e far conoscere le opinioni ma contrasta il tentativo di impedire il voto.
Due parole, solo due parole, per seppellire definitivamente la pretesa incostituzionalità sulla quale, anche nel corso della discussione sulle linee generali, sono tornati illustri esponenti dell'opposizione, gridando alla violazione del principio di legalità perché la determinazione della quantità di stupefacente oltre la quale la detenzione assume rilievo penale è demandata ad un decreto ministeriale. Sappiamo - come lo sanno i nostri interlocutori,
anche se fingono di ignorarlo - che la Corte costituzionale si è pronunciata più volte per affermare la legittimità costituzionale della norma che rimette ad altro provvedimento la specificazione di un dato tecnico che integra il reato, ad iniziare dalla respinta questione di incostituzionalità dell'articolo 650 del codice penale, tradizionalmente indicato come una norma penale in bianco. La Corte ha risposto, fin dal 1990, indicando due principi. Innanzitutto, ha affermato che è compatibile con la riserva di legge l'integrazione del precetto penale con elementi di specificazione tecnica: l'esempio è proprio nella legge Jervolino-Vassalli, così come nella legislazione sulle armi. Inoltre, ha dichiarato compatibile con la riserva di legge, quando la legge stessa indichi i presupposti, l'ipotesi in cui il precetto penale sia specificato dall'autorità amministrativa. Il provvedimento in esame definisce i confini quantitativi oltre i quali la detenzione ha rilievo penale e demanda alla saggezza del giudice la valutazione degli altri parametri che consentono di identificare la detenzione per uso di spaccio. Per chi, a lungo, si è soffermato sull'uso personale, la gracilità degli argomenti è prevalsa sulla chiarezza. Posto il paletto sul confine, il provvedimento consente al giudice, con ampia possibilità di valutazione, di evitare il carcere al tossicodipendente che abbia intrapreso un percorso presso gli organismi preposti. Inoltre, rompendo un tabù che, da troppo tempo, affligge l'Italia, prevede la non equiparazione tra pubblico e privato e chiama il privato alla responsabilità, ed è stato difficile comprendere per quale motivo le comunità qualificate non possano certificare la condizione di tossicodipendenza.
La legge offre al tossicodipendente l'occasione per liberarsi dalla schiavitù dello stupefacente e gli offre, altresì, la possibilità di intraprendere la strada della libertà: dagli arresti domiciliari al rifugio in una comunità, dall'affidamento in prova alla possibilità del lavoro socialmente utile. Non, quindi, una legge repressiva: tutt'altro! Non una legge, come è stato detto, ossessivamente repressiva - chi lo ha affermato non ha letto le norme - bensì una legge moderna che si rivolge anche a misure amministrative, prudenti ma significative. Certamente, siamo convinti - e lo sappiamo - che il carcere non risolve i problemi, ma il segno del divieto indica al tossicodipendente che commette un reato la strada per un recupero.
Ecco le ragioni per le quali voteremo con convinzione la fiducia, grati al Governo per aver compreso, recepito e fatto proprie l'urgenza e le necessità di questo provvedimento (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale - Congratulazioni).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Violante. Ne ha facoltà.
LUCIANO VIOLANTE. Signor Presidente, non se ne avrà a male l'onorevole Anedda - l'ho ascoltato con la consueta attenzione - se, mentre ascoltavo la rivendicazione al suo partito di questa legge, mi è venuto in mente quello che dice Didone quando vede Enea: «Agnosco veteris vestigia flammae» (Riconosco i segni dell'antica fiamma). Questa legge, infatti, contiene norme di un autoritarismo sfrenato del diritto penale totalitario. Ci sono alcuni colleghi, in questa Assemblea, che conoscono questo tipo di problemi. Intendo rivolgermi particolarmente a loro, per segnalare la norma incriminatrice fondamentale di questa legge.
Mi riferisco alla previsione secondo la quale è punito «con la reclusione da sei a venti anni» - ribadisco, da sei a venti anni - chiunque, senza l'autorizzazione prevista, esporta, acquista, riceve sostanze stupefacenti o psicotrope quando, per una serie di ragioni oppure «per altre circostanze dell'azione», tali sostanze «appaiono destinate ad uso non esclusivamente personale».
Quindi, un comportamento è punito con la reclusione da sei a venti anni se, avuto riferimento alle circostanze dell'azione, le sostanze «appaiano» destinate ad uso non esclusivamente personale e
non, invece, «risultino». Con la fattispecie incriminatrice non avete previsto che debbano «risultare» ma avete, invece, stabilito che debbano «apparire»; per punire con la reclusione da sei a venti anni, conta, dunque, non quanto «è» ma quanto «appare».
È un passo indietro enorme; come molti colleghi presenti in Assemblea, mi occupo da alcuni decenni di tali questioni e sappiamo bene cosa significhi giungere a punire l'apparenza di un comportamento. Significa conferire una delega repressiva all'autorità giudiziaria, delega che sarà gestita, naturalmente, in modo diseguale sul territorio: quel comportamento che a Milano «apparirà» qualificabile come «cessione» non «apparirà» tale, invece, a Palermo, o viceversa. Introdurre norme di tale genere significa affidarsi alla cosiddetta «illusione repressiva»; ma uno dei punti fondamentali del diritto penale moderno è che il cittadino deve sapere per quale fatto è punito. Con questa norma, invece, voi non rendete palese al cittadino per cosa deve essere punito e punite, invece, l'apparenza.
Ritengo peraltro abbastanza grave che un tale provvedimento non contenga alcuna disposizione riguardante il grande traffico di stupefacenti ... Presidente, potrei avere la sua attenzione...
PRESIDENTE. Onorevole Violante, sto presiedendo l'Assemblea...
LUCIANO VIOLANTE. Se può presiedere non «telefonicamente»... Lei mi scuserà, ma credo che i rapporti di amicizia...
PRESIDENTE. Se si tratta di una telefonata urgente, non è che mi possa richiamare lei...! L'amicizia va anche rispettata.
LUCIANO VIOLANTE. È indubbio; infatti, mi ero rivolto a lei rispettosamente.
Osservavo, Presidente, che in tale genere di disposizioni non si reca alcuna previsione contro il grande traffico di stupefacenti, contro la mafia e contro i trafficanti veri e propri, mentre in questa legislatura si sono approvate una serie di leggi, dalla Cirielli alle altre intervenute, che in realtà favoriscono, invece, la grande criminalità organizzata e abbiamo, in queste ore di preparazione delle liste, numerose segnalazioni, che appaiono sui mezzi di informazione, di persone accusate, imputate o condannate per rapporti con la mafia; persone che sono di nuovo inserite in lista.
Qual è dunque il segnale complessivo che si dà, per un verso, con una legislazione la quale - ribadisco - punisce con la reclusione da sei a venti anni i comportamenti che «appaiono» di cessione di sostanze stupefacenti e, per altro verso, con scelte che mettono in lista persone le quali risultano avere avuto rapporti con organizzazioni di trafficanti di stupefacenti? Ritengo ciò un punto particolarmente delicato per quanto riguarda le responsabilità della classe dirigente di questo paese, un punto che dovrebbe essere accuratamente sottolineato.
La seconda considerazione riguarda il problema della cosiddetta cura della tossicodipendenza; non si capisce, innanzitutto, con quali strutture si possa apprestare perché, come hanno segnalato la collega Bindi poc'anzi e la collega Labate venerdì scorso, le strutture sono sostanzialmente prive di risorse per scelte del potere centrale. Non si capisce bene chi sarà deputato a prestare tali cure.
Ma soprattutto vorrei sottoporre ai colleghi la seguente considerazione: la posizione della questione di fiducia quale tipo di discussione e di analisi ha evitato? Chi conosce questi problemi sa che i tossicodipendenti sono persone, persone che hanno acceduto alla droga per errore, per responsabilità loro naturalmente, o per una serie fattori personali. Non esiste una cura dalla tossicodipendenza come si trattasse di tifo. Ogni persona ha una sua caratteristica ed un suo problema che va affrontato; il considerare la tossicodipendenza come una sorta di malattia del corpo da curare in un modo qualsiasi, purché si curi, è un colossale errore in cui si è caduti nel passato. Grazie al sacrificio di numerosissimi operatori delle comunità
e dei SERT, si stava cominciando a recuperare su tale terreno mentre ora torniamo indietro con un meccanismo che assolutamente trascura qualsiasi forma di trattamento individualizzato della persona tossicodipendente.
L'altra questione che evidenzio rivela un limite di superficialità, e mi spiego: la tossicodipendenza fa parte oggi di un fenomeno assai più complesso che è la dipendenza da sostanze o da merci.
Oggi la società contemporanea propone ai cittadini (sia in Italia, sia in tutto il mondo occidentale), modelli di vita e di comportamento appetibili, ai quali si può arrivare attraverso il possesso di merci o l'uso di sostanze.
Credo che una classe dirigente dovrebbe avere la forza di proporre un'idea di società composta da persone libere, che riescono a liberarsi dalla mediazione della sostanza o della merce. In realtà, così non è. Il meccanismo pubblicitario tipico, infatti, è quello con il quale si presenta un modello di vita e si mostra una sostanza o una merce comprando la quale o assumendo la quale si può raggiungere quel determinato standard.
Ora, avremmo preferito che, nella discussione, si fosse affrontato tale tema, vale a dire come noi, classe dirigente, proponiamo al paese modelli di comportamento di liberazione dalla dipendenza: questo, infatti, è il grande tema delle libertà nelle società occidentali contemporanee. Ma ciò non è stato fatto perché, cari colleghi, chi esprime il «primus» della classe dirigente di questo paese - cioè, l'attuale Presidente del Consiglio - è un uomo che ha costruito la propria fortuna sull'apparenza.
Il meccanismo con il quale quelle fortune sono state costruite, infatti, è stato contrapporre alla società dell'essere una società dell'apparire, basata sulla pubblicità e, per l'appunto, sull'apparenza. Mi ha colpito molto il fatto che, in una recente occasione, l'attuale Presidente del Consiglio, quando gli è stato proposto di apparire in una trasmissione televisiva, abbia risposto che non poteva farlo, perché c'era il Grande fratello che cominciava quello stesso giorno! In altri termini, di fronte alla possibilità di presentare un suo progetto di politica, di vita e di società, egli ha preferito farsi da parte e far emergere, in prima battuta, una delle più falsificate apparenze del nostro sistema televisivo!
Ciò perché è la società dell'apparenza sulla quale si conta, ed è la società dell'apparenza sulla quale avete giocato tutte le vostre carte!
Devo dire che qui risiede il vostro fallimento. Oggi, infatti, la società italiana è meno libera proprio perché non si sono voluti affrontare i problemi di fondo (così come fate con il provvedimento in esame) e si sono volute creare delle apparenze: come si punisce l'apparenza prima, così si propone un'apparenza di società!
Vorrei segnalare che, oggi, persone che vivevano dignitosamente fino a cinque anni fa si trovano in condizioni di povertà; nelle scuole, inoltre, minaccia di tornare un'antica discriminazione: quella fondata sul reddito delle famiglie. La politica fiscale, come sappiamo, ha punito il merito ed ha premiato la frode.
Alla fine della legislatura, tuttavia, un Presidente del Consiglio che pervade tutti i mezzi di informazione non parla dei rimedi che intende proporre alle drammatiche insicurezze dei cittadini; non parla di questa guerra sciagurata in Iraq, che ha dischiuso le uova del terrorismo e del radicalismo islamico in tutto quanto il mondo occidentale; non parla del salasso perpetrato a danno dei pensionati, che prima pagavano il 18 per cento sul trattamento di fine rapporto ed adesso, con il centrodestra, versano un 5 per cento di tasse in più (poiché l'aliquota è salita al 23 per cento), e così via!
Il Presidente del Consiglio, invece, si esercita in un'altra arte dell'apparire: quella della calunnia, sparsa a piene mani da tutti i mezzi radiotelevisivi. È significativo che tale calunnia colpisca i suoi avversari, i sondaggisti, i giornalisti ed i magistrati, sempre con l'idea di costruire una società «apparente», fatta da «buoni» (quelli che stanno dalla sua o dalla
vostra parte) e «cattivi» (tutti quanti gli altri), sui quali si scaricano valanghe di calunnie.
Ora, si sa che la calunnia esprime lo spirito del calunniatore...
PRESIDENTE. Onorevole Violante...
LUCIANO VIOLANTE. ... non l'animo del calunniato. Sto concludendo, signor Presidente, la ringrazio.
Noi riscontriamo, in questo comportamento, una drammatica coerenza tra cinque anni di leggi prevalentemente sbagliate (basate sull'inganno e sulla manipolazione della realtà), il provvedimento sul quale oggi voi chiedete la fiducia ed il comportamento dell'iracondo Presidente del Consiglio, fondato sulla calunnia. Tutto ciò, infatti, si basa sull'apparenza e su una società virtuale.
Allora, onorevoli colleghi, così come abbiamo fatto nel corso di questa legislatura, diciamo «no» alla questione di fiducia che è stata posta ed intendiamo parlare agli italiani dei loro problemi, dei loro drammi e delle nostre soluzioni. Noi continueremo a parlare al paese, voi continuate ad avvolgervi nella vostra società dell'apparenza. Credo che il 10 aprile, anche per questo motivo, avrete un'amara sorpresa (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo, della Margherita, DL-L'Ulivo, di Rifondazione comunista, Misto-La Rosa nel Pugno, Misto-Comunisti italiani e Misto-Verdi-l'Unione)!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Antonio Leone. Ne ha facoltà.
ANTONIO LEONE. Signor Presidente, con riferimento al provvedimento in esame, sul quale il Governo ha posto la questione di fiducia, abbiamo assistito ad una pesante campagna irresponsabile ed ideologica, che definirei vergognosa, con la quale la sinistra ha tentato di creare solo confusione.
Si tratta di una campagna condotta apertamente sul filo della falsità. Si è cercato, infatti, di portare i delicatissimi argomenti in discussione su un piano di mero scontro di parte, tentando di nascondere ciò che, invece, è contenuto nel testo di legge che ci apprestiamo ad approvare.
Questo provvedimento nasce con l'obiettivo di prevenire e contrastare la criminalità organizzata ed il terrorismo internazionale, anche in vista delle imminenti Olimpiadi invernali che si svolgeranno a Torino.
Qualcuno ha definito questo provvedimento un «carrello della spesa». Tale definizione non ci offende, anzi riconosce che anche in questo scorcio finale di legislatura siamo stati in grado di introdurre riforme complesse, che intrecciano questioni diverse ma correlate tra loro, per continuare il processo di cambiamento del paese. Ebbene, in questo cosiddetto «carrello della spesa» vi è la lotta al terrorismo internazionale, il rifinanziamento del fondo antiusura, norme sulla pubblica sicurezza, contro la contraffazione e, soprattutto, norme di contrasto al fenomeno, drammatico, della diffusione della droga.
Foste stati capaci voi, colleghi dell'opposizione, di compiere una «spesa» così ricca ed utile per i cittadini, a quest'ora, forse, sareste stati al Governo del paese! Sappiamo, tuttavia, come è andata a finire la vostra esperienza di governo e sappiamo quanto è durato Prodi; lo sa bene D'Alema, che già si prepara ad una nuova «notte dei lunghi coltelli» per «azzerare» il «professore» e riproporsi, senza il consenso popolare, alla guida del nostro paese.
Inoltre - sempre ammesso e non concesso che tutto ciò accada - ci piacerebbe sapere cosa intendete fare nell'ultimo anno della prossima legislatura. Sì, l'ultimo anno, perché, solo per abrogare - come avete annunziato - tutte le riforme varate da questo Governo e da questa maggioranza, dovrete lavorare almeno per i primi quattro anni della legislatura stessa, quattro anni durante i quali sareste capaci di paralizzare l'Italia, solo al fine di cancellare quanto di buono è stato fatto - e stiamo ancora facendo - in questi giorni.
La fiducia, certo, perché, praticamente a tempo scaduto, la vostra strategia è quella di sempre: l'ostruzionismo. Avete presentato oltre duecento ordini del giorno al solo scopo di ritardare il più possibile l'approvazione del provvedimento in esame, per poter poi andare nelle piazze e vantarvi di aver fatto - come sempre - una favolosa e clamorosa opposizione, mentre avete solo paralizzato il Parlamento per qualche ora! Questa è l'opposizione che avete fatto da cinque anni ad oggi!
Inoltre, cosa vi apprestate a combattere in quest'aula? Contro quale ennesimo «mostro» vi state agitando inutilmente? Ve lo spiego: si tratta di un «mostro» finalizzato (Deputati del gruppo di Rifondazione comunista e delle componenti politiche Verdi-l'Unione e Comunisti italiani del gruppo Misto scendono nell'emiciclo e mostrano cartelli recanti le scritte: «Mandiamo in fumo la legge Fini sulle droghe - MDMA: Movimento di massa antiproibizionista»; «No al ddl Fini sulle droghe. Contro ogni proibizionismo. Liberi di scegliere. Giusto o sbagliato non può essere reato»; «Meglio una pianta per amica che un'amica che ti pianta» - Commenti dei deputati dei gruppi di Forza Italia, di Alleanza Nazionale e della Lega Nord Federazione Padana)...
PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, per cortesia!
Prego i commessi di intervenire. Colleghi!
Sospendo la seduta.
La seduta, sospesa alle 11,40, è ripresa alle 11,45.
PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, prima di dare nuovamente la parola all'onorevole Antonio Leone, vi informo di aver già riferito al Presidente della Camera Casini su quanto si è verificato poco fa in Assemblea, per gli atti conseguenti.
Prego, onorevole Antonio Leone, può proseguire la sua dichiarazione di voto.
ANTONIO LEONE. Signor Presidente, ciò che è accaduto è stato un bene: così gli italiani possono vedere chi vuole andare al Governo e in che modo vuole farlo (Applausi dei deputati del gruppo di Forza Italia).
Signor Presidente, stavo parlando di fiducia. È un «mostro» il provvedimento che oggi ci accingiamo ad approvare: è un mostro finalizzato ad interrompere il circuito delle tossicodipendenze, che vede l'inevitabile esigenza di procacciarsi le sostanze stupefacenti legata alla conseguente commissione di reati; è un mostro che intende favorire il recupero dei tossicodipendenti, che tramuta la pena in graduali provvedimenti di tipo amministrativo, che tende a colmare la zona grigia posta tra consumo e spaccio, dal momento che anche la mera detenzione di apprezzabili quantità di stupefacenti si è dimostrata costituire un significativo punto di partenza per la diffusione del fenomeno.
Ancora, un altro aspetto qualificante della riforma è dato dal riconoscimento, nei fatti, della dignità della persona del tossicodipendente, anche detenuto; un riconoscimento che si predispone su un itinerario che gli dia la possibilità di uscire responsabilmente dal tunnel della droga.
Tale decreto-legge introduce principi di estrema durezza nei confronti degli spacciatori, soprattutto dei grandi narcotrafficanti, e contro il crimine organizzato, che dal business della droga ricava profitti ingentissimi.
Tuttavia, non si può mistificare il provvedimento in esame e mistificare la realtà, così come ha fatto l'onorevole Violante nel momento in cui ha parlato, addirittura, di presunzione per quanto riguarda la pena da sei a vent'anni, perché così può «apparire»; evidentemente, egli va smentito. Un magistrato che porta all'attenzione dell'Assemblea e dei cittadini italiani una falsità sul provvedimento in esame, evidentemente, va smentito.
Nel provvedimento, tra l'altro, si stabilisce che chiunque, senza l'autorizzazione di cui all'articolo 17, coltiva, produce, fabbrica, estrae, raffina, vende, offre o mette in vendita, cede, distribuisce, commercia, trasporta, procura ad altri, invia, passa o spedisce in transito sostanze stupefacenti
è punito con la reclusione da sei a venti anni: dov'è l'apparire? Questo è il contenuto della norma; perché, come ha fatto il presidente Violante, bisogna mistificare tale norma?
Si tratta di un provvedimento contestatissimo dalla sinistra, ma che è accolto con grande soddisfazione dalla società civile, dalle associazioni e dalle comunità che lottano quotidianamente a fianco dei giovani contro ogni tipo di droga.
Noi, con il coraggio che ha sempre contraddistinto l'azione riformatrice di questo Governo, abbiamo scelto di combattere una battaglia non contro i tossicodipendenti, ma contro le droghe e il desiderio di esse, contro il desiderio che è sempre più diffuso nella nostra società di voltare le spalle alle sfide e alle difficoltà.
Voi, colleghi dell'opposizione, quale battaglia state combattendo? E quale senso di responsabilità infondete nel paese, nel momento in cui abdicate al ruolo che è delle istituzioni del paese - e, quindi, anche vostro - di dare direttive precise e realmente utili al bene comune?
ANTONIO LEONE. Come può il gruppo della Margherita confutare oggi, in quest'aula, tale provvedimento? Capisco che non si voti a favore della questione di fiducia; ma perché non votare a favore di questo provvedimento auspicato dalla stessa Margherita nel 1997, quando ebbe ad esprimere un voto favorevole su un documento di indirizzo presentato, allora, dall'onorevole Buttiglione?
Non è vero che la stragrande maggioranza delle comunità terapeutiche è contraria a questa riforma. Continuate a tirare per la giacca ogni tipo di realtà presente nel paese, senza alcuno scrupolo. Certamente, vi è un dibattito aperto e diffuso; ma davanti a quelle che sarebbero delle «non scelte», dato il vostro atavico ed irrisolvibile senso della diversità e della spaccatura, noi preferiamo dare segnali chiari e forti.
A questo proposito, sarebbe interessante conoscere la posizione del vostro leader «pupazzo» Prodi, che preferisce lanciare i soliti proclami vuoti dalla stampa, ma che continua a non parlare di programma ed a sottrarsi al confronto diretto con il premier Berlusconi. Capiamo benissimo il terrore di Prodi di vedersi sconfitto a partita ancora aperta. Tuttavia, colleghi dell'opposizione, chi è causa del suo mal pianga se stesso!
Cari colleghi dell'opposizione, al termine di questa legislatura, dopo cinque anni di convivenza non di fatto (grazie a Dio!), potrò pur chiedervi una cortesia, che è più di natura umana che politica: ditelo subito a Prodi che non vi rappresenta, che non rappresenta nessuna delle forze che compongono l'immensa galassia di questo sgangherato centrosinistra; ditegli sinceramente che vi siete pentiti della vostra scelta e che, nella deprecata ipotesi di una vittoria alle elezioni politiche, sarebbe un altro a guidare il Governo.
Solo così, per rimanere nel tema di questo provvedimento, si opererebbe finalmente una effettiva riduzione del danno (Applausi dei deputati del gruppo di Forza Italia).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Bellotti. Ne ha facoltà.
LUCA BELLOTTI. Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo della mia dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Onorevole Bellotti, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
Sono così esaurite le dichiarazioni di voto sulla questione di fiducia.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indico la votazione per appello nominale sull'articolo unico del disegno di legge di conversione n. 6297, nel testo delle Commissioni identico a quello approvato dal Senato, sulla cui approvazione, senza emendamenti ed articoli aggiuntivi, il Governo ha posto la questione di fiducia.
Estraggo a sorte il nome del deputato dal quale comincerà la chiama.
(Segue il sorteggio).
La chiama avrà inizio dall'onorevole Kessler.
Prima di procedere alla chiama, avverto che la Presidenza ha autorizzato a votare per primi i membri del Governo e alcuni deputati che ne hanno fatta espressa e motivata richiesta con congruo anticipo.
Invito i deputati segretari a dare inizio alla chiama.
LUCIANO DUSSIN, Segretario, fa la chiama.
(Segue la chiama).
(Segue la chiama).
PRESIDENTE. Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione sull'articolo unico del disegno di legge di conversione n. 6297, nel testo delle Commissioni identico a quello approvato dal Senato, sulla cui approvazione, senza emendamenti ed articoli aggiuntivi, il Governo ha posto la questione di fiducia:
Presenti e votanti 514
Maggioranza 258
Hanno risposto sì 307
Hanno risposto no 207
(La Camera approva - Vedi votazioni).
Si intendono conseguentemente respinte tutte le proposte emendative presentate.
Hanno risposto sì:
Adornato Ferdinando
Airaghi Marco
Alfano Angelino
Alfano Ciro
Alfano Gioacchino
Amato Giuseppe
Amoruso Francesco Maria
Anedda Gian Franco
Aprea Valentina
Aracu Sabatino
Armani Pietro
Armosino Maria Teresa
Arnoldi Gianantonio
Arrighi Alberto
Ascierto Filippo
Azzolini Claudio
Baiamonte Giacomo
Baldi Monica Stefania
Ballaman Edouard
Barbieri Antonio
Barbieri Emerenzio
Bellotti Luca
Benedetti Valentini Domenico
Berruti Massimo Maria
Berselli Filippo
Bertolini Isabella
Bertucci Maurizio
Biondi Alfredo
Blasi Gianfranco
Bocchino Italo
Bondi Sandro
Bono Nicola
Bornacin Giorgio
Brancher Aldo
Bricolo Federico
Briguglio Carmelo
Bruno Donato
Brusco Francesco
Buontempo Teodoro
Burani Procaccini Maria
Butti Alessio
Caligiuri Battista
Caminiti Giuseppe
Cammarata Diego
Campa Cesare
Canelli Vincenzo
Cannella Pietro
Caparini Davide
Capuano Antonio
Cardiello Franco
Carlucci Gabriella
Carrara Nuccio
Caruso Roberto
Casero Luigi
Castellani Carla
Catanoso Basilio
Cesaro Luigi
Cicala Marco
Cicchitto Fabrizio
Cicu Salvatore
Cirielli Edmondo
Cola Sergio
Collavini Manlio
Colucci Francesco
Conte Gianfranco
Conte Giorgio
Contento Manlio
Conti Giulio
Conti Riccardo
Coronella Gennaro
Cosentino Nicola
Cossa Michele
Cossiga Giuseppe
Crimi Rocco
Cristaldi Nicolò
Crosetto Guido
Cuccu Paolo
D'Agrò Luigi
D'Alia Giampiero
Dalle Fratte Paolo
de Ghislanzoni Cardoli Giacomo
De Laurentiis Rodolfo
Delfino Teresio
Dell'Anna Gregorio
Dell'Elce Giovanni
Delmastro Delle Vedove Sandro
Deodato Giovanni
De Seneen Massimiliano
Didonè Giovanni
Di Giandomenico Remo
Di Luca Alberto
Di Teodoro Andrea
Di Virgilio Domenico
Dozzo Gianpaolo
Drago Filippo Maria
Drago Giuseppe
Dussin Guido
Dussin Luciano
Ercole Cesare
Fallica Giuseppe
Falsitta Vittorio Emanuele
Fasano Vincenzo
Fatuzzo Fabio
Ferro Massimo Giuseppe
Floresta Ilario
Follini Marco
Fontana Gregorio
Fontanini Pietro
Foti Tommaso
Fragalà Vincenzo
Franz Daniele
Fratta Pasini Pieralfonso
Galli Daniele
Galli Dario
Gallo Giuseppe
Galvagno Giorgio
Gamba Pierfrancesco Emilio Romano
Garagnani Fabio
Garnero Santanchè Daniela
Gasparri Maurizio
Gastaldi Luigi
Gazzara Antonino
Germanà Basilio
Ghedini Niccolò
Gianni Giuseppe
Gibelli Andrea
Giorgetti Alberto
Giorgetti Giancarlo
Giovanardi Carlo
Gironda Veraldi Aurelio
Giudice Gaspare
Grillo Massimo
Grimaldi Ugo Maria Gianfranco
Jacini Giovanni
Jannone Giorgio
La Grua Saverio
Lainati Giorgio
Lamorte Donato
Landi di Chiavenna Gian Paolo
Landolfi Mario
La Russa Ignazio
La Starza Giulio Antonio
Lavagnini Roberto
Lazzari Luigi
Leccisi Ivano
Lenna Vanni
Leo Maurizio
Leone Anna Maria
Leone Antonio
Lezza Giuseppe
Licastro Scardino Simonetta
Liotta Silvio
Lisi Ugo
Lo Presti Antonino
Lorusso Antonio
Losurdo Stefano
Lucchese Francesco Paolo
Lupi Maurizio Enzo
Lussana Carolina
Maceratini Giulio
Maggi Ernesto
Maione Francesco
Mancuso Filippo
Mancuso Gianni
Maninetti Luigi
Mantovano Alfredo
Marinello Giuseppe Francesco Maria
Marotta Antonio
Marras Giovanni
Martinat Ugo
Martinelli Piergiorgio
Martini Francesca
Martini Luigi
Martusciello Antonio
Masini Mario
Massidda Piergiorgio
Mauro Giovanni
Mazzocchi Antonio
Mazzoni Erminia
Menia Roberto
Mereu Antonio
Meroi Marcello
Messa Vittorio
Michelini Alberto
Migliori Riccardo
Milanato Lorena
Milanese Guido
Minoli Rota Fabio Stefano
Misuraca Filippo
Molgora Daniele
Mondello Gabriella
Montecuollo Lorenzo
Moretti Danilo
Mormino Nino
Moroni Chiara
Nan Enrico
Napoli Angela
Napoli Osvaldo
Naro Giuseppe
Nespoli Vincenzo
Nicolosi Nicolò
Nicotra Benedetto
Onnis Francesco
Orsini Andrea Giorgio Felice Maria
Pacini Marcello
Pagliarini Giancarlo
Palma Nitto Francesco
Palmieri Antonio
Palumbo Giuseppe
Paniz Maurizio
Paoletti Tangheroni Patrizia
Paolone Benito
Parodi Eolo Giovanni
Paroli Adriano
Parolo Ugo
Patarino Carmine Santo
Patria Renzo
Pecorella Gaetano
Pepe Antonio
Pepe Mario
Peretti Ettore
Perlini Italico
Perrotta Aldo
Pezzella Antonio
Pinto Maria Gabriella
Pisanu Beppe
Pittelli Giancarlo
Polledri Massimo
Porcu Carmelo
Possa Guido
Prestigiacomo Stefania
Previti Cesare
Raisi Enzo
Rampelli Fabio
Ramponi Luigi
Ranieli Michele
Riccio Eugenio
Ricciotti Paolo
Ricciuti Riccardo
Rivolta Dario
Rizzi Cesare
Romani Paolo
Romano Francesco Saverio
Romele Giuseppe
Romoli Ettore
Ronchi Andrea
Rositani Guglielmo
Rossi Guido Giuseppe
Rossi Sergio
Rosso Roberto
Rotondi Gianfranco
Russo Antonio
Saglia Stefano
Saia Maurizio
Sandi Italo
Santelli Jole
Santori Angelo
Sanza Angelo
Saponara Michele
Saro Giuseppe Ferruccio
Savo Benito
Scalia Giuseppe
Scaltritti Gianluigi
Scarpa Bonazza Buora Paolo
Scherini Gianpietro
Schmidt Giulio
Selva Gustavo
Spina Diana Domenicantonio
Stagno d'Alcontres Francesco
Stefani Stefano
Stradella Francesco
Strano Nino
Stucchi Giacomo
Tabacci Bruno
Taborelli Mario Alberto
Taglialatela Marcello
Tamburro Riccardo
Tanzilli Flavio
Taormina Carlo
Tarantino Giuseppe
Tarditi Vittorio
Tassone Mario
Testoni Piero
Tortoli Roberto
Trantino Enzo
Tucci Michele
Urso Adolfo
Valducci Mario
Valentino Giuseppe
Vascon Luigino
Ventura Giacomo Angelo Rosario
Verdini Denis
Verro Antonio Giuseppe Maria
Viale Eugenio
Viceconte Guido
Viespoli Pasquale
Villani Miglietta Achille
Vito Alfredo
Vito Elio
Volontè Luca
Zaccheo Vincenzo
Zacchera Marco
Zama Francesco
Zanetta Valter
Zanettin Pierantonio
Zorzato Marino
Zuin Michele
Hanno risposto no:
Abbondanzieri Marisa
Acquarone Lorenzo
Adduce Salvatore
Agostini Mauro
Albonetti Gabriele
Amici Sesa
Angioni Franco
Annunziata Andrea
Bandoli Fulvia
Banti Egidio
Barbieri Roberto
Bellillo Katia
Bellini Giovanni
Benvenuto Giorgio
Bianchi Dorina
Bianchi Giovanni
Bianco Enzo
Bianco Gerardo
Bimbi Franca
Bindi Rosy
Boccia Antonio
Bogi Giorgio
Bolognesi Marida
Bonito Francesco
Borrelli Luigi
Bottino Angelo
Brugger Siegfried
Buemi Enrico
Buffo Gloria
Buglio Salvatore
Bulgarelli Mauro
Burtone Giovanni Mario Salvino
Caldarola Giuseppe
Calzolaio Valerio
Carbonella Giovanni
Carboni Francesco
Carli Carlo
Carra Enzo
Castagnetti Pierluigi
Cazzaro Bruno
Cennamo Aldo
Cento Pier Paolo
Ceremigna Enzo
Chianale Mauro
Chiti Vannino
Cialente Massimo
Cima Laura
Colasio Andrea
Coluccini Margherita
Cossutta Armando
Cossutta Maura
Craxi Bobo
Crisci Nicola
Crucianelli Famiano
Cusumano Stefano
D'Antoni Sergio Antonio
Deiana Elettra
Delbono Emilio
De Simone Titti
Detomas Giuseppe
Diana Lorenzo
Di Gioia Lello
Di Serio D'Antona Olga
Duca Eugenio
Duilio Lino
Falanga Ciro
Fanfani Giuseppe
Filippeschi Marco
Finocchiaro Anna
Fioroni Giuseppe
Fistarol Maurizio
Fluvi Alberto
Folena Pietro
Franceschini Dario
Franci Claudio
Fumagalli Marco
Galante Severino
Galeazzi Renato
Gambale Giuseppe
Gambini Sergio
Gasperoni Pietro
Giacco Luigi
Giachetti Roberto
Giacomelli Antonello
Gianni Alfonso
Giordano Francesco
Giulietti Giuseppe
Grandi Alfiero
Grillini Franco
Grotto Franco
Guerzoni Roberto
Iannuzzi Tino
Innocenti Renzo
Kessler Giovanni
Labate Grazia
Ladu Salvatore
Leoni Carlo
Lettieri Mario
Loddo Santino Adamo
Loddo Tonino
Lolli Giovanni
Lucà Mimmo
Lucidi Marcella
Lulli Andrea
Luongo Antonio
Lusetti Renzo
Maccanico Antonio
Magnolfi Beatrice Maria
Mantini Pierluigi
Mantovani Ramon
Maran Alessandro
Marcora Luca
Mariani Paola
Mariani Raffaella
Mariotti Arnaldo
Marone Riccardo
Martella Andrea
Mascia Graziella
Mastella Mario Clemente
Mattarella Sergio
Maurandi Pietro
Mazzarello Graziano
Meduri Luigi Giuseppe
Meta Michele Pompeo
Micheli Enrico Luigi
Milana Riccardo
Milioto Vincenzo
Minniti Marco
Molinari Giuseppe
Monaco Francesco
Montecchi Elena
Mosella Donato Renato
Motta Carmen
Mussi Fabio
Nannicini Rolando
Nardini Maria Celeste
Nieddu Gonario
Nigra Alberto
Oliverio Nicodemo Nazzareno
Olivieri Luigi
Oricchio Antonio
Ottone Rosella
Panattoni Giorgio
Papini Andrea
Pasetto Giorgio
Pettinari Luciano
Piglionica Donato
Pinotti Roberta
Pinza Roberto
Pisa Silvana
Pisapia Giuliano
Piscitello Rino
Pisicchio Pino
Pistone Gabriella
Potenza Antonio
Preda Aldo
Provera Marilde
Quartiani Erminio Angelo
Raffaldini Franco
Rava Lino
Realacci Ermete
Reduzzi Giuliana
Rocchi Carla
Rossi Nicola
Rossiello Giuseppe
Rotundo Antonio
Ruggeri Ruggero
Rugghia Antonio
Ruggieri Orlando
Rusconi Antonio
Russo Spena Giovanni
Ruta Roberto
Ruzzante Piero
Sabattini Sergio
Santagata Giulio
Sciacca Roberto
Sedioli Sauro
Sinisi Giannicola
Soda Antonio
Soro Antonello
Spini Valdo
Squeglia Pietro
Stradiotto Marco
Stramaccioni Alberto
Susini Marco
Tanoni Italo
Tedeschi Massimo
Tidei Pietro
Tocci Walter
Tolotti Francesco
Trupia Lalla
Tuccillo Domenico
Turco Livia
Valpiana Tiziana
Ventura Michele
Vigni Fabrizio
Villari Riccardo
Villetti Roberto
Visco Vincenzo
Volpini Domenico
Widmann Johann Georg
Zaccaria Roberto
Zanella Luana
Zanotti Katia
Zara Stefano
Zeller Karl
Zunino Massimo
Sono in missione:
Alemanno Giovanni
Baccini Mario
Berlusconi Silvio
Boato Marco
Bonaiuti Paolo
Cordoni Elena Emma
Fini Gianfranco
Fiori Publio
Galati Giuseppe
Gentiloni Silveri Paolo
Intini Ugo
La Malfa Giorgio
Manzini Paola
Maroni Roberto
Martino Antonio
Matteoli Altero
Miccichè Gianfranco
Pescante Mario
Scajola Claudio
Sgobio Cosimo Giuseppe
Siniscalchi Vincenzo
Tremaglia Mirko
Tremonti Giulio
Vietti Michele Giuseppe
Violante Luciano
Vitali Luigi
PRESIDENTE. Sospendo la seduta.
La seduta, sospesa alle 13,15, è ripresa alle 15,40.
PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del regolamento, i deputati Aprea, Armani, Armosino, Ballaman, Berselli, Enzo Bianco, Bono, Brancher, Bricolo, Caligiuri, Carrara, Castagnetti, Cicu, Colucci, Gianfranco Conte, Contento, Cordoni, Cusumano, D'Alia, Delfino, Dell'Elce, Di Virgilio, Dozzo, Giuseppe Drago, Giordano, Giancarlo Giorgetti, Landolfi, Manzini, Martinat, Martinelli, Martusciello, Molgora, Moroni,
Mussi, Patria, Pisanu, Piscitello, Possa, Prestigiacomo, Ramponi, Romani, Romano, Rosso, Santelli, Saponara, Scarpa Bonazza Buora, Selva, Soro, Stefani, Stucchi, Tanzilli, Tassone, Tortoli, Urso, Valducci, Valentino, Viceconte, Viespoli e Zanella sono in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta odierna.
Pertanto i deputati complessivamente in missione sono ottantacinque, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.
PRESIDENTE. Ricordo che nella parte antimeridiana della seduta si è svolta la votazione per appello nominale sull'articolo unico del disegno di legge di conversione n. 6297, sulla cui approvazione, senza emendamenti ed articoli aggiuntivi, il Governo ha posto la questione di fiducia.
Avverto che, consistendo il disegno di legge di un articolo unico, si procederà direttamente alla votazione finale.
PRESIDENTE. Passiamo all'esame degli ordini del giorno presentati (vedi l'allegato A - A.C. 6297 sezione 1).
Avverto che, dopo l'illustrazione degli ordini del giorno, il parere del Governo su di essi e la manifestazione da parte dei presentatori della loro volontà di insistere o meno per la votazione, avranno luogo le dichiarazioni di voto sul complesso degli ordini del giorno da porre in votazione, cui seguiranno infine le votazioni.
L'onorevole Giachetti ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/6297/2.
ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, in realtà vedo che nel fascicolo degli ordini del giorno il mio è il secondo, mentre il primo è firmato dai colleghi Pecorella, Cola, Mazzoni e Perlini. Forse, sarebbe stato utile che il presidente Pecorella avesse illustrato il contenuto del suo ordine del giorno, e magari avesse espresso anche un'opinione sul merito di quanto abbiamo esaminato e sottoposto al voto di fiducia, consapevoli che gli ordini del giorno possono, almeno in parte, porre rimedio all'aberrazione che ci siamo trovati a votare oggi.
Sarei curioso di conoscere l'opinione dell'onorevole Pecorella, che pure stimo, su diverse questioni e mi interesserebbe anche sapere da tanti esponenti del centrodestra, che si sono spesi nel corso degli anni per cercare di delineare una visione illuminata del pensiero del centrodestra, cosa ne pensano del fatto che ci troviamo ad esaminare degli ordini del giorno relativi ad un provvedimento che, da un lato, tratta il tema delle Olimpiadi invernali, come molti hanno ricordato anche oggi nel dibattito che ha preceduto il voto di fiducia, e, dall'altro, introduce misure in modo barbaro all'interno di un decreto-legge che riguarda tutt'altra materia. Sappiamo il perché e ci ritorneremo. Mi piacerebbe davvero sapere, tuttavia, quale è l'opinione di tanti colleghi su queste misure. Forse, non la conosceremo mai, anche perché la ragione per la quale è stata posta la questione di fiducia, che non sfugge a nessuno, non è certo quella di contrastare un ostruzionismo che non è mai stato proposto rispetto a questo decreto-legge, ma è collegata all'evidente timore, anche all'interno della maggioranza, che il voto sull'introduzione di queste norme avrebbe potuto riservare qualche sorpresa.
In realtà, ci troviamo di fronte all'ennesimo decreto-legge che, forse mai in modo così plateale ed evidente, mette insieme incomprensibilmente materie diverse, che non hanno nulla a che vedere l'una con l'altra. La ragione politica di questa decisione è nota, ed io spero possa avere massima diffusione nel nostro paese.
Nella sarabanda dei ricatti interni alla maggioranza e dei prezzi da pagare per far finta di stare insieme in questi ultimi mesi (dopo che, per anni, ci si è presi a schiaffi continuamente!), si doveva concedere ad Alleanza nazionale questo scampolo,
questo brandello di trattativa sulle norme concernenti le tossicodipendenze e, sostanzialmente, la persecuzione dei tossicodipendenti. Qualche settimana fa, del resto, è andata in scena l'altra rappresentazione riguardante la legge sulla legittima difesa. C'è da augurarsi che questa legislatura si chiuda rapidamente, prima che anche l'UDC o - perché no? - gli amici della nuova Democrazia Cristiana abbiano qualcosa di utile da proporre al paese e da sventolare a mo' di vessillo nella prossima campagna elettorale!
Signor Presidente, ci troviamo in una situazione paradossale: oggi si consuma il desiderio, in particolare di alcuni leader della maggioranza, mai sopito e sempre vivo, di scaricare le loro frustrazioni sulla povera gente! Già tante volte siamo stati costretti ad evidenziare che gran parte dell'attività legislativa di questo Governo e della maggioranza è sempre stata diretta a tutelare gli interessi dei potenti, dei forti. Ebbene, il Presidente del Consiglio, non soddisfatto delle false promesse della campagna elettorale del 2001 riguardo alle pensioni minime (tutti i titolari di pensioni minime dovevano vederle aumentate; quelli che conoscono bene la situazione avranno modo di premiarlo o meno ...), annuncia dai microfoni di una radio che, non essendo riuscito ad aumentarle a 400 euro, le porterà, dopo le elezioni, addirittura nei primi cento giorni di attività ...
PRESIDENTE. Onorevole Giachetti...
ROBERTO GIACHETTI. ... del suo Governo - che ci auguriamo non venga mai - a 800 euro!
Signor Presidente, avremo la possibilità di illustrare ulteriormente le nostre posizioni, ma è già chiaro che è stata messa in campo una proposta che procurerà tanti danni alla società, ai nostri giovani e, come ha ben ricordato l'onorevole Bindi stamani, anche al sistema carcerario. Dovrete renderne conto, in occasione delle prossime elezioni, a coloro che hanno riposto in voi tutte le speranze che state tradendo (Applausi dei deputati del gruppo della Margherita, DL-L'Ulivo).
PRESIDENTE. L'onorevole Tuccillo ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/6297/3.
DOMENICO TUCCILLO. Signor Presidente, come ricordava il collega Giachetti, siamo in presenza, ancora una volta, di una procedura che altera il normale e fisiologico iter parlamentare. Volendo ricorrere ad una metafora, potremmo dire che quello che stiamo vivendo è un autunno parlamentare. Infatti, si è proceduto all'approvazione di provvedimenti che sono andati avanti o per decreto o perché è stata posta la questione di fiducia. In sostanza, è stata alterata la fisiologia della procedura parlamentare.
La discussione dei provvedimenti dovrebbe fornire l'occasione per un confronto, anche per uno scontro di posizioni, dovrebbe dare la possibilità di spiegare la filosofia dei provvedimenti ed i motivi per i quali essa non viene condivisa, nonché di trovare, ove possibile, punti di incontro che consentano di superare le contrapposizioni e di migliorare i provvedimenti medesimi, a maggior ragione quando vengono in rilievo tematiche di estrema delicatezza come quella al nostro esame. Invece, si arriva alla situazione grottesca creata dal disegno di legge in esame: alla posizione della questione di fiducia si assommano contenuti assolutamente eterogenei, del tutto estranei l'uno all'altro, a causa dell'inesistenza di qualsivoglia punto di collegamento o di sutura!
Quindi, il Parlamento viene ridotto ad un «votificio» sterile, e chissà se non sia arrivato il momento di fare una riflessione su quelli che dovrebbero essere i principali compiti, funzioni e poteri del Parlamento piuttosto che operare un'accentuazione costante dei poteri e compiti del Governo e del Presidente del Consiglio.
Ad ogni modo, per entrare nel merito dell'ordine del giorno proposto, che riguarda il provvedimento in relazione alla questione delle droghe e della relativa disciplina in questa materia, sottolineo che esso è volto ad impegnare il Governo «ad adottare le opportune iniziative volte a rafforzare l'integrazione e la sinergia, in
pari dignità, fra servizi pubblici, comunità terapeutiche e privato sociale a livello di territorio, evitando un rapporto basato solo su funzioni di controllo e supervisione».
In sostanza, si tratta di cercare di porre in qualche modo riparo ad uno dei due punti deboli - dal punto di vista strutturale - di questo provvedimento, così come enunciati ed evidenziati in modo molto efficace e con chiarezza di esposizione questa mattina dalla collega Rosy Bindi.
I due punti sostanziali di debolezza del provvedimento attengono, da un lato, al valore e alla filosofia della persona, che emerge dalla modalità con cui viene strutturato il medesimo, dall'altro, al rapporto tra pubblico e privato, così come viene disciplinato ed organizzato con riguardo agli interventi resi possibili dalle strutture pubbliche o private in fase di recupero dei tossicodipendenti. Il primo punto, come ha ricordato in modo molto efficace la collega Bindi questa mattina, consiste in un'interpretazione, una lettura molto strumentale di ciò che dovrebbe essere, invece, il valore principe da salvaguardare in un provvedimento di questa natura (per la materia trattata e la sua disciplina), cioè il valore della persona.
In sostanza, il provvedimento oscilla fra un'impostazione fortemente repressiva, per cui da una parte c'è la galera e la criminalizzazione di chi vive il dramma della tossicodipendenza e, dall'altro, c'è l'obbligo della imposizione della cura (altro aspetto che non permette di costruire un percorso di aiuto alla persona, impedendo alla stessa di sottrarsi alla condizione drammatica della tossicodipendenza).
Il secondo punto cui fa riferimento l'ordine del giorno riguarda il rapporto tra pubblico e privato, cioè l'idea di una contrapposizione in questo senso, laddove, da una parte, vi sarebbero coloro che svolgono in modo positivo, virtuoso ed efficace questo tipo di azione (sono i privati), dall'altra, vi sarebbe invece un pubblico ridotto soltanto ad una funzione generica di controllo. Ciò significa operare secondo una logica manichea all'interno dello spettro di intervento possibile, che deve essere invece organizzato in modo sinergico e integrato.
Per questo motivo, così come sollecitava molto opportunamente l'onorevole Bindi questa mattina, andrebbe recuperata la condizione schizofrenica di intervento e contrapposizione all'interno delle strutture che poi devono svolgere questa funzione.
L'ordine del giorno che abbiamo presentato va in questa direzione: impegnare il Governo a costruire condizioni di sinergia, molto più di quanto non preveda il testo normativo.
PRESIDENTE. L'onorevole Rocchi ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/6297/4.
CARLA ROCCHI. Desidero illustrare un ordine del giorno che, rispetto al provvedimento al nostro esame, concentra l'attenzione in particolare su quella parte di provvedimento che, con una dicitura francamente stravagante, recita: «Disposizioni per favorire il recupero dei tossicodipendenti recidivi».
Se c'è qualcosa che questo provvedimento certamente non fa e non si pone come obiettivo è recuperare alcunché. Questo provvedimento è animato da un'altra ratio, una ratio che, con ogni evidenza, è espressione della maggioranza che lo propone, la quale, probabilmente, si gioverebbe, per motivi estetici, prima ancora che etici, di un maggiore accostamento alla realtà. Questo è un provvedimento punitivo, un provvedimento che considera come un valore un intervento pesante nei confronti di chi è tossicodipendente e, a maggior ragione, nei confronti di chi, in quanto tossicodipendente, si trova a reiterare ciò che da questa legge è considerato un reato. Forse, chiamare le cose con il loro nome aiuterebbe a comprendere la ratio di un provvedimento che noi non condividiamo ma che, evidentemente, è nelle corde di chi lo ha proposto. Il solo fatto che si proponga nel titolo un mascheramento di questo genere rievoca l'immagine di Ezechiele Lupo che bussava alla porta dei tre porcellini i quali, dal buco
della serratura, lo vedevano travestito in modo da apparire come la nonna di Cappuccetto rosso.
Che cosa pensiamo di ottenere con gli ordini del giorno - evidentemente, non soltanto il mio ma anche gli altri - presentati dall'opposizione con l'intendimento di intervenire in qualche maniera per contemperare gli effetti negativi del provvedimento? Pensiamo che sarebbe opportuno ed anche efficace considerare tutte quelle possibilità di sostegno e di intervento positivo in un campo così delicato e così difficile come quello delle tossicodipendenze. Atteso che ogni parere scientifico ed ogni esperienza nel settore (ciò è dimostrato dalle posizioni tenute con convinzione dalla gran parte degli operatori che in tale ambito intervengono) ci dicono che, a fronte delle tossicodipendenze, è il sostegno ad una volontà espressa che aiuta ad uscire dal problema, noi vorremmo determinare, per quanto possibile, le condizioni affinché questa volontà si esprima e questi interventi siano espletati. Che cosa chiede, in dettaglio, l'ordine del giorno n. 9/6297/4 che propongo all'attenzione dei colleghi parlamentari? Chiede che siano adottate le iniziative volte a dare piena attuazione alla legge 18 febbraio 1999, n. 45, conosciuta da chi opera nel settore, ed a migliorare l'atto che seguì l'entrata in vigore di quella legge, cioè l'atto di intesa del 5 agosto 1999 che si occupava di servizi pubblici e di strutture del privato sociale e del volontariato e che aveva come obiettivo la creazione di un sistema di servizi a rete con interventi terapeutici multidisciplinari, di comunità terapeutiche, residenziali e semiresidenziali, per la riduzione del danno e il reinserimento lavorativo dei tossicodipendenti che decidano di percorrere questo cammino. Naturalmente, a valle di una operazione così faticosa, si rendeva e si renderà necessaria anche una verifica dei risultati ottenuti in termini qualitativi e quantitativi, nonché un utilizzo ottimale dei fondi preposti a questa iniziativa. Perché tutto questo è affidato ad un ordine del giorno quando, per la loro stessa natura, la legge e l'accordo stipulato successivamente ne pretenderebbero l'attuazione? Perché, nel momento in cui sarebbe stata necessaria la massima accelerazione, vuoi sulla legge, vuoi sull'accordo, ci siamo trovati di fronte ad una gestione del problema, passata nelle mani dell'attuale maggioranza e dell'attuale Governo, che di tutto ha tenuto conto tranne che delle conseguenze di quelle premesse giuridiche e dell'accordo.
PRESIDENTE. Onorevole Rocchi...
CARLA ROCCHI. Con l'ordine del giorno che ho presentato richiamo all'attenzione, non tanto dei parlamentari dell'opposizione quanto piuttosto dei parlamentari della maggioranza, le leggi dello Stato, gli accordi stipulati, la necessità di essere conseguenti e la necessità di accompagnare una legge, tanto ingiusta quanto inutile, con provvedimenti che facciano balenare una prospettiva per i tossicodipendenti (Applausi dei deputati del gruppo della Margherita, DL-L'Ulivo).
PRESIDENTE. Constato l'assenza degli onorevoli Fioroni e Mosella, che avevano chiesto di parlare per illustrare i rispettivi ordini del giorno n. 9/6297/5 e n. 9/6297/6: s'intende che vi abbiano rinunziato.
L'onorevole Volpini ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/6297/7.
DOMENICO VOLPINI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, ci troviamo nuovamente dinanzi ad un «decretone omnibus» che, insieme alla disciplina di una congerie di oggetti vari, reca modifiche a leggi molto delicati e mi riferisco, in particolare, alla cosiddetta legge Jervolino-Vassalli sulla droga.
Un tale modo di procedere si è peraltro seguito anche in occasione del recente esame di un altro «decretone» il cui testo contiene, insieme, la normativa sull'ordinamento scolastico (varata con due anni e mezzo di ritardo) e la disciplina di altre materie che non hanno alcun collegamento con la prima.
Ebbene, a nostro avviso, tale modo di procedere, praticamente, non permette
una discussione seria ed approfondita intorno alla disciplina recata da leggi molto delicate e importanti quali quella sulla droga.
Il mio ordine del giorno tende a porre rimedio alla situazione, veramente grave, del diffondersi della droga nelle scuole tra i giovanissimi, in una situazione di pericolosità che diventa vieppiù grave. Sappiamo che addirittura taluni pusher, vale a dire taluni spacciatori, operano oramai persino davanti alle scuole elementari, cercando di indurre i bambini ad assumere droghe con l'offerta di caramelle o di altri oggetti del genere; la situazione è, perciò, veramente grave.
Noi pensiamo che l'azione repressiva, purché sensata e calibrata, possa certamente giovare ma riteniamo, altresì, che assolutamente non possa risolvere tutti i problemi; è dunque indispensabile, ma non risolutiva.
Siamo dell'avviso che sia molto importante, invece, l'azione informativa ed educativa condotta nelle scuole; nell'educazione scolastica, devono assolutamente fare ingresso, in modo serio, l'informazione e l'insegnamento agli studenti su come prevenire, capire ed interpretare il problema della droga; tale attività deve rivolgersi anche ai bambini, perché purtroppo vengono messi in pericolo anche i bambini delle scuole elementari.
Per tali motivi, con il mio ordine del giorno chiedo al Governo di predisporre un protocollo d'intesa tra Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca e Ministero dell'interno al fine di promuovere una campagna informativa nelle scuole sulla pericolosità delle droghe. Deve però promuoversi una campagna alquanto più approfondita e coinvolgente di come finora si è fatto, puntando soprattutto sull'informazione e su una seria educazione, specialmente per i bambini più piccoli, purtroppo - ripeto - divenuti anch'essi target degli spacciatori.
Spero che il Governo voglia accettare pienamente l'impegno di questo ordine del giorno il cui oggetto mi sembra davvero molto importante; lo affermo anche in qualità di nonno assai preoccupato per la propria nipotina che va a scuola e per le sue compagne...
PRESIDENTE. Grazie, onorevole Volpini.
Constato l'assenza dell'onorevole Lusetti, che aveva chiesto di parlare per illustrare il suo ordine del giorno n. 9/6297/8: s'intende che vi abbia rinunziato.
L'onorevole Bimbi ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/6297/9.
FRANCA BIMBI. Signor Presidente, vorrei osservare che torniamo periodicamente, come avviene quasi sempre nelle epoche di transizione, a scontrarci sulla pelle e sulla vita dei giovani. Vorrei ricordare, a tale riguardo, Pel di carota, Tom Sawyer, Oliver Twist, Pinocchio e perfino David Copperfield: tutti ragazzi a rischio!
In questi capolavori - che non sono opere per l'infanzia, ma capolavori sulla vita adulta, sulle responsabilità degli adulti nei confronti dei giovani e sulla crescita della persona -, i nostri piccoli eroi si scontrano e si incontrano sempre con figure di adulti che scambiano la punizione con l'autorevolezza, nonché la repressione con la relazione educativa.
Noi vediamo, in tali parabole della nostra crescita e della trasformazione della società, che, alla fine (poiché tali libri sono tutti a lieto fine), sono l'amore e l'intelligenza a trionfare non solo nella testa del ragazzo e degli adulti realmente significativi che incontra ma, soprattutto, nella relazione tra adolescenti ed adulti.
Purtroppo, nella vita reale non è sempre così: quanti Pel di carota, Tom Sawyer, Oliver Twist, Pinocchio e David Copperfield, invece, finiscono poi nella coazione a ripetere? Si va dalla dipendenza dalle sostanze tossiche a quella dal crimine, fino a trovare quale unico legame sociale significativo quello della gang (prima la «banda dei pari», poi la criminalità organizzata).
Si tratta dei due modelli educativi, della vita adulta e dell'adolescenza, che si scontrano nei secoli e, come un pendolo, si torna periodicamente allo stesso punto.
Infatti, stiamo ritornando ai manicomi ed al carcere di cui ci parla, tratteggiandolo così mirabilmente, Tolstoj in Resurrezione, dove non c'è più alcuno spazio tra la punizione e la disumanizzazione.
Torniamo a volere che alcune istituzioni, come i servizi sociali e sanitari, siano nuovamente votate a sorvegliare, punire, segregare e separare.
Ritorniamo a considerare l'anomia e la devianza colpe individuali, e quindi, con questo tipo di misure, paradossalmente si deresponsabilizzano i giovani, ponendoli di fronte ad un aut aut che non è tra permissività e responsabilità, bensì tra morire implicitamente «dentro» o morire per davvero!
Attraverso l'ordine del giorno che ho presentato, pertanto, con il quale si propone di restituire riconoscimento, spazio e dignità agli operatori...
PRESIDENTE. Onorevole Bimbi...
FRANCA BIMBI. ... della riduzione del danno, non chiediamo affatto una via facile alle sostanze tossiche: tutt'altro!
PRESIDENTE. Onorevole Bimbi, si avvii a concludere!
FRANCA BIMBI. Infatti, domandiamo di ripristinare, nell'ambito delle relazioni di cura nelle carceri e nei servizi, il dialogo, la professionalità e l'attenzione verso i giovani.
PRESIDENTE. L'onorevole Burtone ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/6297/10.
GIOVANNI MARIO SALVINO BURTONE. Signor Presidente, vogliamo sottolineare con amarezza che, a seguito delle scelte del Governo, valutiamo l'iter di questo provvedimento e di questo stesso dibattito parlamentare un'occasione mancata. Non vi è stato un confronto serio su una questione che ha aspetti, a volte, drammatici. Non vi è stata vera disponibilità a discutere apertamente, per capire le condizioni più complessive del disagio giovanile. La linea del Governo è stata quella di una pseudo-tolleranza zero verso chi entra nel tunnel della droga, verso i più deboli.
La maggioranza ha fatto la peggiore semplificazione, ha riproposto una logica antica, ossia proibizionismo-antiproibizionismo, ha posto al centro del problema, ancora una volta, l'oggetto droga. La tossicodipendenza è, invece, una questione complessa che riguarda la vita degli uomini. Non esiste una sola motivazione o una sola causa del fenomeno. Vi sono, infatti, molte motivazioni e molte cause che appaiono in continua evoluzione, sia per l'età, sia per le fasce di consumatori e per le novità nell'uso di alcune sostanze stupefacenti.
Noi, per quanto riguarda la lotta alla tossicodipendenza, pensiamo che debba essere adottata una strategia che consideri il soggetto-persona. Intorno al dramma dei tossicodipendenti deve essere alimentata una cultura del dialogo, di ragionamento sulle analisi e sui risultati. Va posta al centro dell'attenzione la sperimentazione continua di nuove strade per tentare di portare fuori dal tunnel della droga i giovani. Consideriamo, quindi, estremamente negativa, grave, la spettacolarizzazione della tossicodipendenza e la sua criminalizzazione che la maggioranza vuole compiere.
I molti giovani che sono tornati alla vita testimoniano che è possibile lavorare per venire fuori dalla droga e, soprattutto, che i giovani che consumano droga non devono essere criminalizzati. Ecco perché pensiamo ad una scelta di campo che deve essere la strategia globale, avere un impegno serio verso la prevenzione, verso la cura e la riabilitazione, per il reinserimento dei soggetti colpiti. Avremmo voluto, quindi, una diversa iniziativa politica, capace di reprimere lo spaccio ed il traffico, ma con l'occhio rivolto al recupero dei giovani.
In tema di prevenzione sappiamo che bisogna fare di più e per la cura bisogna avere a cuore tutte le possibilità che debbono essere messe in campo. Sappiamo che vi sono strutture territoriali che
debbono essere potenziate. Bisogna fare di più per sostenere l'opera dei volontari, di coloro i quali si sono messi in gioco con le comunità terapeutiche.
Con il mio ordine del giorno n. 9/6297/10, intendiamo porre l'attenzione anche sulla strategia della riduzione del danno. Noi riteniamo che non si possa trascurare una fotografia oggettiva della tossicodipendenza, che mostra che, a volte, vi è una «terra di nessuno», di molti giovani che non sono in grado di uscire subito dal tunnel negativo della droga: sono quelli che rischiano di più, e che devono essere aiutati con gli interventi a bassa soglia, con gli operatori di strada. Ecco perché andiamo alla ricerca anche di una strategia che non deve far mancare il proprio apporto ed il proprio aiuto verso i più deboli. Riteniamo, quindi, che si debba riflettere in merito.
Noi ci opporremo fortemente, con questo dibattito parlamentare, alla decisione di varare questo provvedimento.
È stata votata la questione di fiducia posta dal Governo. Continueremo una battaglia, sapendo che questo Governo e questa maggioranza hanno scelto la strada peggiore, ossia la criminalizzazione dei giovani (Applausi dei deputati del gruppo della Margherita, DL-L'Ulivo).
PRESIDENTE. L'onorevole Mattarella ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/6297/33.
SERGIO MATTARELLA. Signor Presidente, il mio ordine del giorno n. 9/6297/33 chiede al Governo un più netto atteggiamento nei confronti dell'Afghanistan in tema di lotta alla droga.
Siamo stati favorevoli alla missione che si sta compiendo in Afghanistan; l'abbiamo condivisa, perché in quel paese si era annidata la centrale di Al Qaeda; esso era divenuto la base del terrorismo internazionale. Sappiamo, naturalmente, che il terrorismo non è l'unico pericolo per la comunità internazionale, per la convivenza civile ed ordinata. La droga è un pericolo non secondario e, al riguardo, occorre fare qualcosa di concreto. L'Afghanistan - come noto - è il principale paese produttore di oppio al mondo. Da quella produzione si sviluppano traffici, commercio e consumo.
Dopo la guerra, nel 2004, le superfici coltivate ad oppio in Afghanistan hanno raggiunto la cifra record di 134 mila ettari; nel 2001 erano 7.600. Con la guerra, le coltivazioni di oppio avevano registrato un crollo; nel 2004 hanno superato la cifra record che era stata raggiunta nel 1999, con il regime talebano, sotto il quale la coltivazione dell'oppio si era sviluppata ampiamente. Infatti, nel 1999 - anno record - le piantagioni di oppio si estendevano per 90 mila ettari; dal 2004 esse coprono una superficie di 131 mila ettari, il che fa, di nuovo, dell'Afghanistan il principale produttore ed esportatore di oppio; e, quindi, una base del commercio della droga.
Secondo il rapporto dell'ONU del 2005, questi dati sono inequivoci. Il Governo afgano sostiene che, nel 2005, la superficie coltivata ad oppio è diminuita del 40 per cento. Il rapporto dell'ONU dichiara che questo è vero, ma che, ciò nonostante, la produzione è diminuita soltanto del 2,4 per cento. Tale condizione fa sì che l'Afghanistan continui a produrre l'85 per cento dell'oppio che si produce nel mondo.
Allora, signor Presidente, onorevoli colleghi, il mio ordine del giorno si rivolge al Governo chiedendo che vi sia una maggiore pressione su quel paese, affinché si conduca una seria lotta alla produzione di oppio. Di recente, la Conferenza internazionale sull'Afghanistan, che raccoglie anche gli Stati che contribuiscono alla ricostruzione di tale paese, ha previsto un finanziamento di circa due miliardi di dollari (tanti: sostanzialmente, due miliardi di euro) per l'Afghanistan in cambio di una seria lotta contro la produzione di oppio. Non basta: occorre qualcosa di più.
Occorre subordinare tutti i contributi al serio impegno di rimuovere le coltivazioni di oppio in Afghanistan. Ciò va fatto non soltanto per la tranquillità della comunità internazionale, ma anche per amicizia reale nei confronti dell'Afghanistan, perché una produzione di oppio così
estesa è di ostacolo allo sviluppo economico vero, sano, stabile e duraturo di quel paese.
Per questo motivo, non basta avere rimosso in Afghanistan il regime che ospitava la centrale terroristica; non basta aver fatto la nuova Costituzione, e non basta aver indetto le elezioni. Occorre che vi sia una seria lotta alla produzione di oppio e, per questo motivo, chiediamo al Governo di fare qualcosa di più. Il nostro è il settimo paese contributore e, da alcuni anni, l'intervento italiano in Afghanistan oscilla tra i 40 e i 50 milioni di euro all'anno. Non è moltissimo, ma sono somme impegnative: condizioniamole al fatto che il Governo afgano conduca una seria lotta contro la produzione di oppio. Ritengo sia un invito che il Governo non possa disattendere (Applausi dei deputati del gruppo Margherita, DL-L'Ulivo).
PRESIDENTE. Constato l'assenza degli onorevoli Milana e Carra, che avevano chiesto di parlare per illustrare i rispettivi ordini del giorno n. 9/6297/11 e n. 9/6297/12: s'intende che vi abbiano rinunziato.
L'onorevole Rusconi ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/6297/13.
ANTONIO RUSCONI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, purtroppo, con poca sorpresa, siamo di fronte all'ennesimo provvedimento su cui viene posta la questione di fiducia rispetto ad un tema di estrema delicatezza, quale quello delle risposte alle tossicodipendenze, senza alcun dialogo e confronto con chi quotidianamente si occupa di questo dramma (penso al ruolo svolto quotidianamente non solo da tante comunità, ma anche dai SERT a livello istituzionale).
Vi è un dato incomprensibile, ovvero l'associazione di questo tema con le Olimpiadi di Torino. Se non vogliamo che questa associazione sia superficiale e ironica, ossia tra la «neve» e la droga, ritengo che l'unico legame serio possa essere quello della confusione, che tuttora permane, a tre giorni dall'inizio dei Giochi olimpici, tra le norme antidoping previste dalla legge italiana e quelle stabilite dal Comitato olimpico internazionale.
Tale fatto è stato denunciato alcuni mesi fa. Anche nella giornata di ieri vi sono state delle dichiarazioni del sottosegretario Pescante in merito. In realtà, in quattro o cinque mesi, non si è riusciti a fare assoluta chiarezza.
Si è approvata la devolution per la Lega, bisognava fare qualcosa di clientelare che interessasse Alleanza Nazionale, con qualche piccolo peccato all'interno dei suoi maggiori esponenti: peccati di gioventù!
Di fatto, a fronte di una scelta demagogica in senso repressivo, in cui sono confuse sullo stesso livello droghe leggere e droghe pesanti, nulla viene detto per quanto riguarda la delicatezza del tema del doping nello sport. Tale problema non investe solo il campo dei professionisti, dove è sempre più difficile dividere il confine tra medicina e doping. Non si fa nulla per il fatto che all'interno delle diverse federazioni italiane vi sono sanzioni estremamente diversificate. Basterebbe ricordare che, negli stessi giorni, pochi anni fa, per aver assunto un prodotto analogo, uno dei nostri migliori esponenti dell'atletica leggera, Longo, è stato squalificato per due anni, mentre due calciatori professionisti, Stam e Guardiola, sono stati squalificati per quattro mesi.
Non si dice nulla, inoltre, sul doping nel mondo dilettantistico, dove vi sono controlli assai carenti. Penso agli episodi drammatici denunciati dai genitori rispetto ad uno sport stupendo come il ciclismo. Tali genitori hanno tolto i loro figli dall'attività dilettantistica, perché per andare avanti occorreva fare ricorso a certi prodotti. Penso, inoltre, all'uso diffuso e superficiale dei cosiddetti integratori.
Quindi, rimango deluso da questo provvedimento, mentre, lo condanno per quanto riguarda le sanzioni a carico dei giovani che consumano alcune sostanze.
Penso, infine, a un dato di informazione e di monitoraggio, che sarebbe estremamente importante, rispetto alle società
sportive dilettantistiche. Approvando questo ordine del giorno, si verrebbe incontro non tanto ad un mio desiderio, quanto ad una necessità, che penso non sia solo propria dello sport professionistico, ma anche dello sport dilettantistico. Soprattutto, si verrebbe incontro ai desideri di tanti genitori e di tante persone che hanno a cuore questo mondo (Applausi dei deputati del gruppo della Margherita, DL-L'Ulivo).
PRESIDENTE. Constato l'assenza dell'onorevole Dorina Bianchi, che aveva chiesto di parlare per illustrare il suo ordine del giorno n. 9/6297/14: s'intende che vi abbia rinunziato.
L'onorevole Villari ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/6297/15.
RICCARDO VILLARI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il mio ordine del giorno impegna il Governo a stabilire, in maniera perentoria, che la sostanza somministrata come terapia debba essere il solo metadone e che tale servizio debba essere organizzato esclusivamente presso le strutture sanitarie pubbliche e sempre supportato da interventi di natura psicologica a sostegno degli utenti.
Prima di entrare nel merito, non posso non sottolineare, signor Presidente, come ancora una volta il Governo abusi dello strumento della questione di fiducia, e lo faccia su argomenti particolarmente delicati.
Per essere proposti come soluzione essi meriterebbero il confronto aperto ed un'accoglienza maggiore anche in ordine al trasferimento, all'interno di tali provvedimenti, delle esperienze, delle sensibilità e dei percorsi di cui ciascuno di noi è portatore nel proprio quotidiano. Solo così le proposte di un Governo possono arricchirsi in maniera propositiva del contributo dell'opposizione. Quello che più amareggia è che in questo modo si nega la centralità del Parlamento non già per uno scontro sui contenuti, bensì per motivi esclusivamente politici. Infatti, la situazione interna alla maggioranza comporta una fuga dal confronto perché si rischia di minare un equilibrio già precario. Dunque, ricorriamo all'ordine del giorno come espediente - mi si passi il termine - per poter dare alla discussione un contributo altrimenti negatoci dalla procedura adottata dal Governo.
Per quanto riguarda il merito, sottolineo anch'io - come hanno fatto i colleghi che mi hanno preceduto - l'assoluta incongruenza che tiene insieme le misure per le Olimpiadi invernali e le disposizioni per favorire il recupero dei tossicodipendenti recidivi. Stamattina è stato illustrato in maniera esauriente, in sede di dichiarazioni di voto sulla questione di fiducia, dalla collega Bindi come le norme relative ai tossicodipendenti recidivi, negando la centralità della persona, dimostrino tutta la debolezza del provvedimento e ne esaltino l'impianto repressivo.
Sappiamo che, allorquando il tossicodipendente manifesta la propria volontà di uscita dalla sua condizione, devono essere più fattori insieme a sostenere tale volontà affinché il tossicodipendente sia recuperato e torni a vivere da cittadino normale. Per fare questo, il percorso è lungo e vi è bisogno di accoglienza da parte delle strutture pubbliche e della concomitante azione di più trattamenti: oltre a quelli farmacologici sono necessari anche quelli psicologici che si basano su terapie individuali o di gruppo.
A tale proposito vi è molta ignoranza: essendo il metadone un oppiaceo sintetico, per molti viene erroneamente qualificato come droga di Stato (si dice, infatti, che si sostituisce l'eroina, un oppiaceo anch'esso, con il metadone). È bene sottolineare che il trattamento con metadone è molto diffuso per il recupero perché, anche attraverso una certa flessibilità nel dosaggio, è consentito utilizzare tale oppiaceo per lunghi periodi di tempo. Inoltre, il metadone, a differenza degli altri oppiacei, non comporta i sintomi di astinenza che determinano anche disturbi psichici del paziente. Il metadone, opportunamente usato all'interno di strutture pubbliche, può sostenere l'uscita del tossicodipendente dalla droga, anche perché tale trattamento farmacologico è conciliabile con le attività normali del cittadino. I sintomi di astinenza, infatti,
possono essere minimizzati riducendo il dosaggio del farmaco. Per tale flessibilità, dunque, il metadone deve essere, a nostro avviso, il farmaco di elezione da usare esclusivamente per l'uscita dei tossicodipendenti recidivi dal percorso della droga. Devono essere le strutture pubbliche - e questo chiediamo al Governo - ad effettuare tali terapie, che devono essere accompagnate dal sostegno psicologico, individuale o di gruppo, a cui il tossicodipendente non deve rinunciare e che lo Stato ha l'obbligo di garantire (Applausi dei deputati del gruppo della Margherita, DL-L'Ulivo).
PRESIDENTE. L'onorevole Squeglia ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/6297/16.
PIETRO SQUEGLIA. Signor Presidente, il mio ordine del giorno vuole impegnare il Governo ad adottare le opportune iniziative volte ad incrementare le risorse per rafforzare sul territorio la rete dei servizi, dei SERT e delle comunità terapeutiche, per realizzare una rete articolata di opportunità, che consentano la definizione di progetti di recupero e reinserimento personalizzati, per intensificare l'azione di prevenzione ed infine per il sostegno alle famiglie nelle loro responsabilità educative.
Il mio ordine del giorno nasce dalla considerazione che non possiamo pensare di risolvere il problema della tossicodipendenza, allontanando i tossicodipendenti e rinchiudendoli da qualche parte. La tossicodipendenza è una malattia complessa e, di fronte alla complessità e alla molteplicità degli aspetti che la costituiscono, il trattamento deve necessariamente essere articolato e complesso.
Decenni di ricerca scientifica e di esperienza clinica hanno individuato numerosi e diversi trattamenti efficaci. Ciò non significa che ogni trattamento sia egualmente efficace, come non autorizza neppure a definire una gerarchia di trattamenti o, peggio ancora, la messa al bando di qualcuno di essi.
Ogni trattamento ha la propria razionalità e serve in un determinato momento e per un determinato obiettivo terapeutico. È sciocco schierarsi per un trattamento piuttosto che per un altro. Insomma, in parole povere, metadone e comunità terapeutiche non sono in contraddizione, ma sono utili per obiettivi diversi. Perché abbia successo, è il trattamento che deve adattarsi alla motivazione della persona e non viceversa.
Allora occorrono servizi che assicurino risposte differenziate e personalizzate nel rispetto del diritto alla salute e della libertà di cura dei cittadini. Occorre insistere sulla strada dell'integrazione pubblico-privato e non sulla contrapposizione tra SERT e privato sociale, tra strategie di riduzione del danno e percorsi in comunità. Occorre sviluppare un sistema di risposte di servizi a rete, in cui il pubblico e il privato, SERT, comunità, unità di strada, servizi di recupero e di reinserimento lavorino ed agiscano insieme, per offrire risposte e progetti di recupero flessibili e personalizzati.
Non esiste una risposta unica, un solo rimedio per la tossicodipendenza. Non è possibile ritenere che quello delle comunità sia l'unico modello valido di intervento. A parte ogni altra considerazione, bisogna tenere conto che, attualmente, in Italia, sono circa 140 mila i tossicodipendenti assistiti dai SERT, mentre solo 19 mila quelli assistiti dalle comunità terapeutiche. Deve esservi un motivo. Probabilmente i tanto bistrattati operatori dei SERT riescono a risolvere qualche problema, a dare risposte concrete a qualche bisogno.
Ma anche se, per avventura, volessimo accettare l'idea di portare tutti nelle comunità, ci rendiamo conto di cosa potrebbe accadere? Intanto, dovremmo attrezzare le comunità terapeutiche per accogliere 140 mila persone. Inoltre, cosa dovremmo fare di coloro che non intendano accettare il percorso comunitario? Li mandiamo in galera? E, d'altra parte, le comunità a loro volta saranno disposte ad accogliere senza selezione gli stranieri temporaneamente presenti, i senza fissa dimora, gli ammalati di AIDS, i sieropositivi in trattamento, i tossicodipendenti
con problemi psichiatrici? Come la mettiamo con i tossicodipendenti attivi, i padri di famiglia, quelli che, pur «bucandosi», cercano, in qualche modo, di tirare avanti e di sostenere la propria famiglia?
Crediamo che questa non sia la soluzione opportuna e ragionevole al problema.
Riteniamo che, quando si cerca di affossare le politiche di riduzione del danno, quando si vuole imporre un limite all'uso del metadone, quando si vuole mettere sotto sorveglianza il lavoro dei SERT, quando si ritiene che l'unica soluzione sia quella della comunità, lo si faccia più per affermare un concetto ideologico o per tutelare interessi particolari che per fornire una risposta certa, concreta e realistica al fenomeno della tossicodipendenza (Applausi dei deputati del gruppo della Margherita, DL-L'Ulivo).
PRESIDENTE. Constato l'assenza dell'onorevole Mantini, che aveva chiesto di parlare per illustrare il suo ordine del giorno n. 9/6297/17: s'intende che vi abbia rinunziato.
L'onorevole Sinisi ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/6297/18.
GIANNICOLA SINISI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il provvedimento in esame introduce gravi elementi di confusione tra il sistema della prevenzione criminale e quello della repressione del crimine; un elemento di confusione sul quale, negli anni, si era fatta una doverosa chiarezza, evitando, in qualsiasi occasione, che gli interventi di tipo repressivo sconfinassero in quella che è una materia, invece, devoluta più puntualmente alla scienza medica ed alla scienza sociale, in accompagnamento a tutte quelle attività amministrative che, insieme, potevano prefigurare un sistema criminale soltanto residuale rispetto a tali interventi.
In questo caso, prevenzione e repressione si sommano in una illusione che è figlia di una visione massimalista e superficiale del rapporto fra cittadini e Stato e che fonda le sue pretese sulla velleitaria, ma modestissima, presunta intuizione che la previsione o l'aggravamento di una sanzione penale di per sé produca effetti pedagogici, effetti tali da modificare i comportamenti devianti o persino i condizionamenti psicologici, o financo chimici, derivanti dall'uso delle sostanze stupefacenti.
Si trascura che la proibizione, in sé giusta e necessaria, produce un mercato illegale e criminale, dal quale scaturiscono profitti immensi per la criminalità organizzata. Si dimentica che l'assunzione delle sostanze stupefacenti, immesse in grandi quantità sul mercato da soggetti che accettano largamente il rischio di qualsiasi sanzione penale, raggiunge così larghe fasce di popolazione, sempre più esposte al pericolo dell'assunzione di queste sostanze. Sempre più spesso si tratta di personalità deboli, incapaci di affrontare a testa alta le difficoltà della vita quotidiana. Tante altre volte, invece, si tratta di soggetti che hanno completamente perso i valori di riferimento e si muovono nella vita senza orientamento, in ambienti opulenti e sazi.
Questi disagi sociali, talvolta, si accompagnano ad autentici fenomeni culturali devianti, che riguardano gruppi di persone e ne condizionano le stesse abitudini di vita.
A tutto ciò, si cerca di rispondere da parte del Governo con disposizioni meramente penali, secondo una retorica della pena come misura di prevenzione generale che non convince più nessuno studioso, ma, soprattutto, non convince più la stessa società, oggi molto più matura di ieri e molto più provata dall'atroce esperienza di intere generazioni, sconvolte dall'uso delle droghe, in particolare dall'eroina.
Si sono aperte cliniche, centri terapeutici, case di accoglienza, esperienze di comunità, di famiglie e di volontari, ma tutto ciò viene cancellato per tornare ad una retorica superata dall'esperienza dei fatti, dallo scadente sapore elettorale e senza nessun appiglio nella scienza e nella società che, in questi anni, hanno compiuto molti passi avanti.
Anche l'ordine del giorno che ho proposto, signor Presidente ed onorevoli colleghi,
pur non toccando i temi generali che ho indicato, si prefigge quanto meno di cogliere un aspetto dell'esperienza che porta tanti giovani e meno giovani in condizioni disperate nei luoghi delle terapie di urgenza dei nostri ospedali a chiedere un soccorso terapeutico, quando non hanno più la forza di commettere neppure un furto in famiglia per trovare il denaro necessario per acquistare la droga di cui hanno bisogno. Tutta la forza che riescono ad accumulare si scaglia contro i medici di guardia, contro gli infermieri, contro coloro che, in mancanza di strutture idonee, costituiscono il front desk di tutti i disagi cronici per i quali lo Stato non ha adottato alcun rimedio. Quella violenza, che si scatena senza controllo, li trova molto spesso sguarniti di ogni difesa e anche la carità si dissolve di fronte alla follia di chi ti aggredisce senza una ragione o, meglio, con una ragione tanto forte da andare oltre la volontà di chi la esprime.
Rispetto a ciò, vi è sempre stata molta improvvisazione: dalla domanda di intervento alla pubblica sicurezza nell'immediatezza dei fatti, all'organizzazione di una vigilanza più assidua per i presidi più esposti, all'istituzione di posti di polizia in modo del tutto disorganico e senza la predisposizione di turni concepiti secondo le reali esigenze.
Questo ordine del giorno propone una risposta non episodica e strutturata rispetto a tali croniche emergenze, affidandole ad intese tra istituzioni - principalmente il Ministero dell'interno e il Ministero della salute - e regioni competenti.
Rispondo alla cortese disponibilità del rappresentante del Governo con altrettanta disponibilità: credo che la situazione meriti la perentorietà di una risposta, ma si tratta di trovare un'intesa garante, che costituisca un impegno serio. Dico subito che non mi interessa la formula né la vittoria di un testo da spendere in campagna elettorale. Mi preme la soluzione del problema e la salvaguardia degli operatori, che ritrovo quali buoni samaritani pronti ad affrontare ogni rischio.
Mi auguro, pertanto, che vi sia la volontà e l'impegno del Governo di fornire una risposta, anche originale e diversa da quella che ho proposto, a questa istanza (Applausi dei deputati del gruppo della Margherita, DL-L'Ulivo).
PRESIDENTE. L'onorevole Giacomelli ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/6297/52.
ANTONELLO GIACOMELLI. Signor Presidente, contestiamo un approccio riduttivo, limitato e distorto del decreto-legge in esame rispetto alla complessità e alla gravità del problema.
Il senso complessivo degli ordini del giorno che proponiamo è quello di un tentativo responsabile di correggere tale impostazione, di recuperare alla decisione dell'Assemblea elementi di ragionevolezza e di verità.
In particolare, il mio ordine del giorno propone che, di concerto con la regione Toscana, si promuova l'istituzione e il finanziamento di un osservatorio per la lotta alla droga, allo scopo di realizzare progetti specifici che aiutino la famiglia e la scuola nel difficile compito di educazione e di contrasto positivo alla tossicodipendenza.
Non ci convince, signor Presidente, l'idea, propria del decreto-legge, secondo la quale, ampliando l'ambito della funzione repressiva, si affronta più efficacemente un problema dalle radici così complesse. Non ci convince l'idea che problemi complessi e difficili possano essere affrontati attraverso risposte semplici, con uno slogan o con uno spot. Non ci convince l'idea che alzando la voce, mostrando i muscoli, soprattutto verso i soggetti più deboli, si imbocchi la strada più giusta, più efficace.
Giovanni Guareschi, indimenticato grande narratore del nostro dopoguerra, racconta di un padre che, di fronte ad una persistente febbre del figlio, spezza il termometro, come illudendosi di poter cancellare la malattia. Il Governo, come in tante altre occasioni dall'approvazione della cosiddetta legge Bossi-Fini in poi, ripropone l'immagine di quel padre. Sembra coltivare l'illusione che si possano
coprire le inquietudini e le difficoltà con parole d'ordine come, ad esempio, tolleranza zero; come se questo alzare la voce potesse cancellare la complessità del problema e le inquietudini di una generazione.
Noi proponiamo questi ordini del giorno, che anticipano quella che sarà la linea di azione di Governo che tra pochi mesi svilupperemo, per tentare di correggere l'impostazione del provvedimento in esame ed anche perché rimanga, su una problematica così drammatica, la distinzione netta, tra noi e voi, di posizioni e di responsabilità (Applausi dei deputati del gruppo della Margherita, DL-L'Ulivo).
PRESIDENTE. L'onorevole Duilio ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/6297/19.
LINO DUILIO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, intervengo per manifestare il mio dissenso sul provvedimento in esame che disciplina una materia che avrebbe richiesto ben altro che non un voto di fiducia. Altri colleghi si sono già soffermati a stigmatizzare il comportamento del Governo e della maggioranza, che finisce per deprimere e mortificare il ruolo del Parlamento. Ma è mai possibile che la politica debba sempre essere il regno delle occasioni sprecate e che non si riesca mai a cogliere un'occasione per confrontarsi su una materia così delicata, complessa e decisiva per il futuro delle giovani generazioni!
Manifesto il mio dissenso su un provvedimento che, a mio avviso, ha sostanzialmente natura poliziesca e che, ancora una volta, concepisce, quale soluzione dei problemi, il ricorso semplicistico a misure di natura repressiva. Mi verrebbe da dire che le radici non si cancellano. Come ha sostenuto la collega Rosy Bindi, questa pedagogia della destra è una costante che accompagna la storia di quella posizione politica che affida alla repressione la soluzione dei problemi.
Noi siamo per un doppio no all'uso delle droghe, sia leggere sia pesanti; sappiamo anche che l'uso delle droghe leggere è spesso il viatico per giungere al consumo di droghe pesanti, ma equiparare le droghe leggere a quelle pesanti non aiuta certo i giovani né tanto meno le famiglie a comprendere sul serio la pericolosità del fenomeno. Il carcere non è e non può essere la soluzione né la prospettiva per affrontare efficacemente il problema. Il nostro carcere, peraltro, lo si può definire, senza paura di esagerare, come una palestra per allevare nuova criminalità.
La risoluzione dei problemi giovanili di oggi non va affidata a soluzioni che si riferiscono ad un contesto che, forse, era quello di venti anni fa. Un provvedimento del genere poteva andare bene quando la via d'uscita sembravano essere i SERT o le comunità. Oggi, come tutti sappiamo, il problema è rappresentato dal mix di alcol e di droghe. E si tratta di un problema, come hanno documentato tutte le organizzazioni che si occupano della questione, molto più complicato rispetto al passato. La vera soluzione, quindi, non può che essere la prevenzione. Prevenzione da intendere non come un semplice concetto o come magia, ma come un obiettivo inserito all'interno di politiche giovanili coerenti con il suo raggiungimento. Diventa, invece, una pseudo-soluzione, ovvero una soluzione vecchia, quella che voi oggi proponete con questo provvedimento, fra l'altro in un modo che non consente di affrontare seriamente il problema. Al contrario, occorre agire organicamente adottando politiche che riguardino la scuola, la famiglia e il tempo libero nella consapevolezza che il fenomeno è, come dicevo, complesso ed ampio.
Il provvedimento in esame è, in primo luogo, sbagliato perché affronta la problematica come se si trattasse di una questione sanitaria, mentre sappiamo che non è così. Sarebbe più opportuno che, anziché pensare al carcere, si pensasse, ad esempio, ad un sottosegretariato alle politiche giovanili da collocare al di fuori del Ministero della giustizia.
Il provvedimento in esame è, in secondo luogo, del tutto sfasato; si tratta del classico rimedio che, alla fine, si rivela peggiore del male stesso. Si potrebbe anche
sostenere che non interessano né i SERT né le comunità, qualora si rilevassero più utili i centri giovanili nell'intrattenere e rendere protagonisti i giovani allo scopo di allontanarli da quelle strade che offrono solamente illusione e perdizione.
Che ci importa, potremmo dire, delle equipes sanitarie dentro le comunità, quando il vero problema non è sanitario, come ho detto prima, il vero problema è il disagio giovanile di oggi?
Riteniamo che ci vorrebbero mezzi più adeguati (come ha detto bene la collega che ha parlato prima), culturalmente e legislativamente, per affrontare tale disagio nell'ottica di una vera prevenzione.
Ci troviamo di fronte, è bene che lo sappiano quelli che ci ascoltano, ad un provvedimento che sostanzialmente, ancora una volta, si colloca sull'altare della propaganda elettorale; si tratta solo, ancora una volta, ripeto, di propaganda elettorale. Non siete stati capaci di affrontare la questione organicamente in cinque anni, e adesso ce la sottoponete con misure superate, costringendoci ad una azione che verrà presentata semplicemente come ostruzionismo, mentre è un'azione che, se fosse tenuta in debito conto, forse potrebbe sul serio aiutare ad impostare la soluzione di un problema che riguarda tutte le società moderne (Applausi dei deputati del gruppo della Margherita, DL-L'Ulivo).
PRESIDENTE. L'onorevole Santino Adamo Loddo ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/6297/22.
SANTINO ADAMO LODDO. Onorevoli colleghi, illustro il mio ordine del giorno che impegna il Governo a potenziare gli organici della polizia negli aeroporti, della polizia ferroviaria e di quella che opera nei porti, a fini di contrasto alla diffusione e al traffico di sostanze stupefacenti.
Il traffico e il racket della droga non si combattono carcerando dei disgraziati, mentre con i tagli della finanziaria vengono ridotti i poliziotti in servizio davanti alle scuole. Altro che poliziotti di quartiere! Parlate con i sindacati delle Forze di polizia e con i COCER dei Carabinieri e della Guardia di finanza, e fate ammenda di ciò che non avete saputo fare nel contrasto dei grandi traffici e dei grandi trafficanti, i quali usano il nostro paese come piattaforma logistica nel Mediterraneo!
Dove sono gli accordi internazionali per contrastare il traffico di sostanze stupefacenti? In Afghanistan si continua a produrre oppio (bene ha detto in proposito l'illustre collega ed ex ministro Mattarella); in Colombia il narcotraffico non è contrastato come si dovrebbe. La comunità internazionale e la UE potrebbero fare di più.
È mancata in questi anni un'iniziativa del Governo Berlusconi. Egli si è completamente disinteressato di questi temi, mentre va in televisione ad enunciare percentuali senza averne consapevolezza.
All'articolo 4-bis del decreto-legge si legge che viene punito, con la pena da sei a venti anni, chi detiene illecitamente sostanze stupefacenti o psicotrope che, per quantità (in particolare se superiore ai limiti massimi indicati con decreto del ministro della salute, emanato di concerto col ministro della giustizia, sentita la Presidenza del Consiglio dei ministri, Dipartimento nazionale per le politiche antidroga), appaiono destinate ad uso non esclusivamente personale.
In questo modo la definizione di una fattispecie tipica di un reato, punito con una pena fino a vent'anni, avviene attraverso l'emanazione di un decreto ministeriale tutto da definire, e comunque in maniera arbitraria, in palese violazione dei principi generali, e in particolare dell'articolo 25 della Costituzione e del principio di legalità della pena, laddove al ministro si assegna la potestà discrezionale di definire il fondamento dell'apparato sanzionatorio.
Inoltre il testo della legge non discrimina, nella previsione della pena edittale, tra le diverse tipologie e quantità, violando in maniera assolutamente irrazionale i principi di adeguatezza e proporzionalità, e oltretutto ignorando totalmente le stesse indicazioni della Organizzazione mondiale della sanità circa la necessaria distinzione
tra uso, abuso, consumo problematico e dipendenza dei vari tipi di stupefacenti.
Nel predisporre una sola tabella in cui vengono incluse tutte le sostanze stupefacenti, leggere e pesanti, e definendo le pene sulla base di questa tabella (che è parificabile alla vecchia tabella delle droghe pesanti), la pena minima per tutti i detentori di quantità che superano la dose minima giornaliera è innalzata a 6 anni, mentre attualmente per le droghe leggere essa è di quattro anni.
Il carcere viene individuato come la soluzione, ma il Governo ignora quale sia oggi la situazione nei penitenziari italiani. Secondo il ministro della giustizia, i detenuti tossicodipendenti sarebbero il 28 per cento della popolazione carceraria, ma si tratta di un dato sottostimato. Oggi i detenuti tossicodipendenti sono più del 40 per cento, con punte del 70 per cento in città come Genova, Roma, Milano e Bari.
Questo Governo poi porta il vanto di aver applicato una riforma della sanità carceraria tagliando del 30 per cento le risorse. Quindi, meno cure, meno guardie mediche, meno recupero.
In questi anni è stata indebolita la funzione pubblica dei SERT e dei consultori, oltre che della legge n. 194 del 1978. Per effetto dei tagli al fondo sanitario nazionale e al fondo per le politiche sociali, nel 2005 le regioni non hanno ricevuto il 50 per cento del miliardo di euro stanziato, il che si ripete anche per il 2006, aggravando il problema e lasciando sempre più sole le persone e le famiglie.
Eppure, mentre ai SERT e ai consultori pubblici si lesinano le risorse, nel comma 556 della legge finanziaria viene stabilito che, al fine di prevenire fenomeni di disagio giovanile legato all'uso di sostanze stupefacenti, è istituito, presso il Dipartimento nazionale per le politiche antidroga della Presidenza del Consiglio dei ministri, l'Osservatorio per il disagio giovanile legato alle tossicodipendenze, nonché il fondo nazionale per le comunità giovanili, al fine di favorire le attività dei giovani in materia di sensibilizzazione e prevenzione del fenomeno delle tossicodipendenze. La dotazione finanziaria del fondo per l'anno 2006 è fissata in 5 milioni di euro.
Concludo, chiedendo alla Presidenza di autorizzare la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale del mio intervento.
PRESIDENTE. La Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
L'onorevole Reduzzi ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/6297/26.
GIULIANA REDUZZI. Signor Presidente, prendo volentieri la parola per svolgere alcune riflessioni sul complesso fenomeno della droga ed illustrare, nel contempo, l'ordine del giorno da me presentato sull'argomento.
Come tutti sappiamo, la droga costituisce uno dei problemi più gravi del nostro tempo sia per i danni che produce alla salute fisica e mentale di chi ne fa uso, sia per gli enormi utili che il traffico di droga consegna alla criminalità organizzata. Non c'è dunque dubbio che è doveroso ed urgente combattere il drammatico fenomeno dei tossicodipendenti.
Vale la pena ricordare che già nel 2001 dal Governo in carica era stata annunciata una legge contro la droga; in realtà, un provvedimento in materia arriva solo adesso, dopo circa cinque anni ed in modo ancora una volta demagogico. Infatti, va sottolineato che tali disposizioni ci vengono proposte insieme alle norme riguardanti le Olimpiadi invernali. Peraltro, per le controverse valutazioni che esso provoca anche all'interno della stessa maggioranza, su un provvedimento così delicato ed importante è stata posta la questione di fiducia. In questo modo viene mortificata, anzi annullata, una qualsiasi discussione parlamentare. All'Assemblea viene tolta la possibilità di contribuire a migliorare il provvedimento, che meriterebbe di essere adeguatamente discusso ed emendato.
Il testo proposto, infatti, contiene prevalentemente un indirizzo repressivo, predilige forme punitive, con l'inasprimento
delle pene, senza tener conto dei principi di adeguatezza e di proporzionalità, senza alcuna distinzione tra uso, abuso, consumo problematico e dipendente. Il tossicodipendente non è considerato una persona che ha bisogno di aiuto: è un colpevole, un recidivo e basta. Sicuramente, servono misure punitive per arginare il grave fenomeno dell'assunzione e dello spaccio di droghe, ma si sa che il problema non si risolve solo con la punizione.
Una legge che ha come finalità la tutela della vita e della dignità umana deve mettere in campo soprattutto efficaci azioni di prevenzione, che vanno dal controllo del narcotraffico all'assistenza sociosanitaria delle vittime della droga, a forme sempre nuove di educazione, ad interventi di sostegno alle famiglie e ai giovani più esposti, a servizi garantiti, personalizzati, idonei al recupero e al reinserimento nella società, alle strategie di riduzione del danno. Perciò, con il mio ordine del giorno chiediamo al Governo di sviluppare un'azione di prevenzione primaria che intensifichi l'impegno contro il disagio giovanile, potenziando le politiche di sostegno alla famiglia per metterla in grado di svolgere in modo pieno il proprio insostituibile ruolo educativo, utilizzando anche l'esperienza e l'apporto delle associazioni delle famiglie, sostenendo, in alternativa, la diffusione di tutte le esperienze di accoglienza di tipo familiare.
Ritengo che tale ordine del giorno, che è di buon senso, meriti attenzione e mi auguro che esso venga accolto (Applausi dei deputati del gruppo della Margherita, DL-L'Ulivo).
PRESIDENTE. L'onorevole Stradiotto ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/6297/28.
MARCO STRADIOTTO. Signor Presidente, il decreto-legge in esame, sul quale è stata posta la questione di fiducia, contiene misure urgenti per garantire la sicurezza ed i finanziamenti per le prossime Olimpiadi invernali, nonché disposizioni per favorire il recupero dei tossicodipendenti.
In modo particolare, l'articolo 1 prevede l'assunzione di 1.115 nuovi agenti ausiliari della Polizia di Stato, proprio per dare risposta alle esigenze di pubblica sicurezza in occasione dei Giochi olimpici. La previsione in parola ci induce a qualche riflessione in merito alla questione della pubblica sicurezza nel nostro paese.
Non contestiamo le nuove assunzioni - anzi, riteniamo che, probabilmente, ne servirebbero molte di più -, ma rimarchiamo che, spesso e volentieri, le nostre Forze dell'ordine non vengono messe in condizione di operare al meglio. Infatti, da una parte, si prevedono nuove assunzioni e, dall'altra, si tagliano i fondi che dovrebbero garantire a tale personale di svolgere al meglio la propria funzione. Le stesse forze che saranno impegnate a garantire la sicurezza delle prossime Olimpiadi invernali non sono dotate tutte del vestiario occorrente per sopportare le rigide temperature di quelle zone.
In questi anni - il discorso non riguarda, dunque, soltanto la situazione contingente -, le Forze di polizia e l'Arma dei carabinieri hanno spesso lamentato la carenza di attrezzature, di vestiario, di mezzi operativi, di carburante e addirittura della carta per raccogliere le denunce dei cittadini. Anche la legge finanziaria per il 2006 contiene ulteriori tagli alle Forze dell'ordine. Noi riteniamo che sia assolutamente necessario assumere nuovo personale, nuovi agenti ausiliari, ma, nel contempo, crediamo che costoro, per poter svolgere al meglio le loro funzioni, debbano essere muniti della dotazione necessaria.
Desidero citare alcuni dati contenuti nella legge finanziaria in vigore: per quanto riguarda la Polizia di Stato, il capitolo 2671, destinato alle spese per il funzionamento della Direzione investigativa antimafia, passa da 22 milioni di euro a 18 milioni di euro, subendo un taglio pari al 20,4 per cento; per manutenzione, noleggio, gestione di automezzi, natanti e officine per gli automezzi della Polizia di Stato, si passa da 73 milioni e 900 mila euro a 50 milioni e 660 mila euro, con un taglio del 31,52 per cento; per quanto
riguarda l'Arma dei carabinieri, le spese generali vengono tagliate del 37 per cento (corrispondenti a 5 milioni di euro di minori stanziamenti); lo stesso dicasi per il capitolo 4853 (risorse per viveri, assegni, vitto e buoni pasto), tagliato di 23 milioni. Gli esempi potrebbero continuare. Tra le altre, le spese generali di polizia giudiziaria vengono tagliate del 40 per cento; le spese per manutenzione, riparazione e conservazione di armi e munizioni vengono tagliate del 28 per cento.
Ebbene, in questi anni, avete costruito tanti slogan sulla sicurezza, alcuni anche efficaci, ma, alla fine, i provvedimenti adottati non hanno prodotto effetti. Pensiamo a quello sul poliziotto di quartiere, che non vediamo; pensiamo a quello in favore di una maggiore sicurezza, quando, invece, quest'ultima viene messa ogni giorno in discussione dai tanti fatti che avvengono nelle nostre città e periferie.
Rispetto a tutto questo, si chiede che vi siano più risorse, innanzitutto per assumere nuovo personale ma, soprattutto, per permettere al personale esistente di poter operare al meglio e in sicurezza. Cito solo un esempio. L'anno scorso due agenti di polizia sono stati trucidati a Verona. Pochi giorni dopo, la questura cui appartenevano quegli stessi colleghi che sono morti dopo la sparatoria, si è occupata di una raccolta di fondi per acquistare giubbotti antiproiettile che permettessero agli agenti di utilizzarli anche alla guida dell'auto. Oggi, infatti, i giubbotti antiproiettile in dotazione sono tali da potere essere utilizzati solo quando si scende dall'auto. Capite tutti che in questa situazione non si può assolutamente garantire la sicurezza di coloro che sono preposti al servizio di pubblica sicurezza.
Ritengo che sia importante considerare gli emendamenti e gli ordini del giorno che abbiamo presentato in questo senso. Con essi, in particolare, chiediamo che vi siano più fondi per le dotazioni e il personale delle Forze dell'ordine.
PRESIDENTE. L'onorevole Giovanni Bianchi ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/6297/30.
GIOVANNI BIANCHI. Questo mal posto provvedimento modifica la legge Jervolino-Vassalli e pone due ordini di problemi: uno concernente l'orizzonte legislativo; l'altro relativo al contrasto sul campo del flagello rappresentato dalla droga.
Già la legge Jervolino-Vassalli lasciava alle spalle un movimento di opinione favorevole alla droga medesima. Ricordiamo le illusioni letterarie della beat generation che pure hanno prodotto un grande romanzo come quello di Burroughs, The naked lunch. Tuttavia, si teneva conto - è l'aspetto che non va lasciato alle spalle - di un altro movimento - ispirato al principio «educare, non punire» - che raccordando momenti istituzionali e larghi spezzoni della società civile, riusciva, con la leadership di personalità impegnate contro la droga, quali, ad esempio, Don Gigi Ciotti, a tenere insieme linea terapeutica e linea amministrativa, lavorando sul territorio.
Ebbene, in questo quadro, l'ordine del giorno presentato impegna il Governo a promuovere in sede ONU una mozione di condanna nei confronti dei paesi che concentrano le maggiori produzioni di sostanze stupefacenti, naturali e sintetiche.
Tutti sappiamo del caso dell'Afghanistan, più volte richiamato e, con puntualità quasi esaustiva, affrontato dal collega Sergio Mattarella. Il commercio di droga, di esseri umani ed armi è fra le attività più redditizie e, al tempo stesso, degradanti la dignità dell'uomo.
Interi paesi sottosviluppati vivono sul commercio di sostanze stupefacenti sia per arricchire le casse dello Stato e le feroci mafie locali, sia per motivazioni ideologiche, per indebolire l'Occidente metropolitano e consumatore, quasi restituendo l'orrore - il «favore» - della guerra dell'oppio dell'Ottocento.
Il vasto commercio è alimentato da un'offerta illimitata di stupefacenti e da fortissima e, purtroppo, crescente domanda proveniente dai paesi ricchi che vivono una logica consumistica.
Non si può lasciare campo libero alle mafie che attuano accumulazione capitalistica con la droga, per cui occorre
un'azione di contrasto a questo traffico distruttivo nei singoli paesi attraverso un adeguato coordinamento internazionale.
È necessario colpire la produzione degli stupefacenti nei paesi produttori in cui operano i cartelli dei narcotrafficanti e dissuadere i Governi che li sostengono.
Ciò può essere realizzato efficacemente attraverso una pressione morale da parte dell'ONU, che condanni questi Governi di fronte al mondo intero. Una condanna dell'ONU ha sicuramente una incidenza notevole e contribuisce a creare una cultura contro la droga. Non si tratta soltanto di un contrasto sul campo o, meglio, si tratta di un contrasto sul campo supportato da una azione nei confronti dell'opinione pubblica. Ovviamente, la condanna deve essere accompagnata da una azione incisiva di cooperazione volta a sostenere produzioni alternative per non affamare i contadini poveri delle zone di produzione. Ecco il senso dell'ordine del giorno.
Naturalmente, gli stupefacenti non sono gli unici prodotti ricavabili da quelle coltivazioni: non solo la pianta della marijuana ma, a certe condizioni, anche quella della coca sono utilizzabili per la creazione di sostanze medicinali o, comunque, per prodotti non riconducibili alla fattispecie delle droghe naturali o sintetiche. Tuttavia, possiamo ben rilevare come i paesi che, a tutt'oggi, concentrano le maggiori produzioni di piante da cui si possono estrarre o sintetizzare sostanze stupefacenti sono perfettamente integrati in quel sistema di economia criminale globale nel quale detengono un ruolo di primo piano le forze della criminalità organizzata, a partire da Cosa nostra.
PRESIDENTE. Onorevole Giovanni Bianchi...
GIOVANNI BIANCHI. Concludo, signor Presidente.
Da qui la necessità di incidere; da qui la necessità di coordinare: e l'ONU è la sede per ottenere entrambi i risultati (Applausi dei deputati del gruppo della Margherita, DL-L'Ulivo).
PRESIDENTE. L'onorevole Molinari ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/6297/37.
GIUSEPPE MOLINARI. Signor Presidente, il Governo ha posto la questione di fiducia per la quarantacinquesima volta dall'inizio della legislatura. Non è ancora l'ultima volta, perché prima della scadenza ne sarà posta ancora un'altra sull'approvazione del decreto cosiddetto mille proroghe. È un record negativo che dimostra la scarsa coesione che questo Governo ha nel Parlamento e nel paese.
Avete deciso, così, di strozzare il dibattito su un provvedimento di tale rilevanza e noi facciamo ostruzionismo perché non è giusto che non vi sia stato un confronto in Parlamento sulle tossicodipendenze. Volevate uno «scalpo elettorale» e lo avete preso, come al solito, con la forza e l'arroganza. Il Governo ha deciso di porre la questione di fiducia su un decreto-legge che avrebbe dovuto riguardare soltanto le Olimpiadi di Torino; invece, ci ha agganciato in corsa lo stralcio del disegno di legge sulle tossicodipendenze che porta la firma di Fini, cioè l'atto Senato n. 2953, la cui presentazione è avvenuta in data 10 maggio 2004, ossia 21 mesi fa. In 21 mesi, nell'altro ramo del Parlamento questo provvedimento non è riuscito a superare neppure l'esame nella Commissione di merito. Si sono svolte articolate audizioni e l'orientamento prevalente e ampiamente maggioritario era di netta contrarietà al provvedimento.
Evidentemente, neppure la maggioranza era d'accordo, considerato che il disegno di legge era «dormiente». Poi, dopo la devolution e le leggi sull'inappellabilità delle sentenze, la «ex Cirielli» e quella sulla legittima difesa, Fini ed Alleanza nazionale si sono accorti che la destra non poteva vantare alcun risultato propagandistico, nonostante i manifesti e le gigantografie sulla droga che avevano tappezzato le nostre città. Pertanto, in dieci giorni hanno inteso realizzare ciò che in cinque anni non sono stati in grado di fare approvare con procedure ordinarie: norme pericolose e gravi previste in un
provvedimento estraneo che solo un regolamento meno rigido di quello della Camera ha consentito potessero essere inserite in questo decreto-legge, un decreto lontano dalla realtà e dalle persone.
Lo affermano anche gli operatori sociali e associazioni cattoliche come le ACLI, la AGESCI, la CISL ed Exodus, che hanno criticato, in una nota congiunta, i contenuti e le modalità con cui si sta portando a compimento il disegno di legge Fini sulle tossicodipendenze. Cattolici né più né meno di don Gelmini. Infatti, quella punitiva non può essere l'unica risposta a fronte di un problema come quello della droga, poiché ignora le complessità e le diversissime implicazioni di un tema come questo.
Le politiche di inclusione, familiari, di promozione sociale sono in grave crisi, anche a causa dei pesantissimi tagli alla spesa sociale degli ultimi anni, mentre sarebbe invece necessario investire in prevenzione, in conciliazione dei tempi di vita, in socializzazione, in costruzione della rete e in coinvolgimento di tutti gli attori sociali. La risposta del Governo, dinanzi a tutto ciò, è un decreto che parla di punizione, di ampliamento delle risposte di tipo carcerario, affermando che «tutte le droghe sono uguali e che tutti i ragazzi che detengono droghe sono uguali».
Un decreto che ignora il fatto che le regioni e la grande maggioranza di operatori pubblici e privati, volontari, sindacalisti, studiosi, farmacologi si sono opposti a questa impostazione e abbiano chiesto di aprire un dibattito più aperto e profondo.
All'articolo 4-bis del decreto-legge si legge che viene punito, con pene da sei a venti anni, chi detiene illecitamente sostanze stupefacenti o psicotrope che per quantità, in particolare se superiore ai limiti massimi indicati con decreto del Ministro della salute, emanato di concerto con il Ministro della giustizia, sentita la Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento nazionale per le politiche antidroga, appaiono destinate ad un uso non esclusivamente personale. In questo modo la definizione di una fattispecie tipica di un reato, punito con una pena fino a venti anni, avviene attraverso l'emanazione di un decreto ministeriale tutto da definire e comunque in maniera arbitraria, in palese violazione dei principi generali, e in particolare dell'articolo 25 della Costituzione e del principio di legalità della pena.
Inoltre il testo della legge viola in maniera assolutamente irrazionale i principi di adeguatezza e proporzionalità e, oltretutto, ignora totalmente le stesse indicazioni della Organizzazione mondiale della sanità circa la necessaria distinzione tra uso, abuso, consumo problematico e dipendenza dei vari tipi di stupefacenti.
In questi anni è stata indebolita la funzione pubblica dei SERT e dei consultori; i tagli al fondo sanitario nazionale e al fondo per le politiche sociali hanno comportato che le regioni non hanno ricevuto, nel solo 2005, il 50 per cento del miliardo di euro stanziato - disposizione reiterata anche per il 2006 - ed hanno pertanto aggravato il problema, lasciando sole le persone e le famiglie.
Eppure, mentre ai SERT ed ai consultori pubblici si lesinano le risorse, al comma 556 dell'articolo unico della legge finanziaria è stato stabilito che «al fine di prevenire fenomeni di disagio giovanile legato all'uso di sostanze stupefacenti, è istituito presso il Dipartimento nazionale per le politiche antidroga della Presidenza del Consiglio dei ministri, l'Osservatorio per il disagio giovanile legato alle tossicodipendenze», con un finanziamento di 5 milioni di euro.
È evidente che si tratta di un «provvedimento-fotografia» di quelli che questo Governo è abituato a varare; si tratta delle tipiche leggi ad personam e ad «partitum»!
Il traffico ed il racket della droga non si contrastano carcerando i disgraziati, mentre con i tagli operati dalla legge finanziaria vengono ridotti i poliziotti in servizio davanti alle scuole. Altro che poliziotti di quartiere! Parlate con i sindacati delle Forze di polizia e con i COCER dell'Arma dei carabinieri e della Guardia di finanza e fate ammenda di
quanto non avete saputo fare nel contrasto dei grandi traffici e dei grandi trafficanti, che vedono il nostro paese piattaforma logistica del Mediterraneo. Dove sono gli accordi internazionali per contrastare il traffico di sostanze stupefacenti?
Noi siamo convinti che si debba trovare una soluzione alternativa alla detenzione; è questo l'obiettivo dell'ordine del giorno in esame che reca la mia firma. Bisogna monitorare questa ennesima «legge-vergogna» e provvedere a risolvere i tanti problemi che creerà (Applausi dei deputati del gruppo della Margherita, DL-L'Ulivo).
PRESIDENTE. L'onorevole Ruggeri ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno 9/6297/39.
RUGGERO RUGGERI. Signor Presidente, ancora una volta ci troviamo dinanzi ad una grande delusione; ancora una volta, questo Governo - oggi nella persona dell'onorevole Fini - crea attese e aspettative che delude, nel mondo carcerario, nel mondo della droga, del volontariato e delle comunità. Infatti, se qualche comunità è d'accordo sul provvedimento, la maggior parte di quelle che assistono i ragazzi tossicodipendenti sono contrarie.
Come già è stato osservato, la cultura sottostante questa disciplina è quella della condanna. Il reato, la punizione, la condanna: questa è repressione. È punizione; certamente, non è prevenzione e recupero.
Vorrei ricordare che vi era anche un'altra aspettativa. Dopo un periodo di preparazione e di prova, infatti, si attendeva, finalmente, il riordino della medicina penitenziaria. Anche ciò ha rappresentato un grande fallimento del centrodestra: attendevamo che, finalmente, venisse completata la riforma e fosse deciso a chi spettasse l'assistenza sanitaria nelle carceri, ma a tutt'oggi non lo sappiamo. Ciò è molto grave, perché, alla fine, nessuno rende conto e nessuno risponde, mentre mancano i servizi all'interno delle carceri!
Vorrei osservare che anche l'intero personale impiegato in tale settore dell'assistenza sanitaria si trova in grande difficoltà e prova un notevole disagio, poiché ignora quale sarà il proprio futuro: è questo che noi tocchiamo con mano!
L'altro elemento che ci induce ad esprimere il nostro voto contrario al provvedimento in esame riguarda un ulteriore fallimento del Governo. In questo caso, vorrei osservare che il ministro Fini porta una responsabilità. Mi riferisco non solo alla cosiddetta legge Bossi-Fini, ma anche alla cosiddetta legge Fini nella parte concernente i tossicodipendenti stranieri.
Infatti, se in carcere i tossicodipendenti italiani soffrono di problemi oggettivi, a causa della carenza sia di farmaci, sia di attenzione, la situazione per quelli stranieri è ancora peggiore.
Desidero rilevare, inoltre, un altro grande fallimento: nel mondo delle carceri, infatti, non viene prestata attenzione alla persona, poiché queste leggi hanno inferto un ulteriore vulnus! Infatti, il centrodestra ha approvato la legge ex Cirielli, con la quale sono state inasprite tutte le recidive. Per questi tossicodipendenti - che sono persone che vanno curate -, allora, la risposta è una sola: la recidiva significa un inasprimento della pena!
Che dire, poi, dei suicidi o dei tentati suicidi nelle carceri? Qual è stata la risposta a tali problemi?
PRESIDENTE. Onorevole Ruggeri, si avvii a concludere!
RUGGERO RUGGERI. Qual è stata la risposta? È stata quella che oggi volete far passare!
Il mio ordine del giorno, dunque, avanza alcune proposte, tra le quali desidero evidenziare l'obiettivo di assicurare almeno uno standard di cure uniforme sia per i cittadini detenuti, sia per coloro che non lo sono (Applausi dei deputati del gruppo della Margherita, DL-L'Ulivo).
PRESIDENTE. L'onorevole Annunziata ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/6297/40.
ANDREA ANNUNZIATA. Signor Presidente, onorevoli colleghi - specialmente quelli assenti -, il mio ordine del giorno
chiede al Governo di effettuare un costante monitoraggio sull'applicazione del decreto-legge in esame, anche ai fini dell'eventuale emanazione di provvedimenti normativi volti a rivedere complessivamente il sistema sanzionatorio in tema di tossicodipendenza, nonché a mitigare le misure amministrative afflittive contemplate e ad introdurre un'estensione applicativa dell'istituto della messa alla prova nei confronti di soggetti che intendano intraprendere un programma riabilitativo dalla dipendenza.
Signor Presidente, onorevoli colleghi, abbiamo tutti affermato che la tossicodipendenza è una grave malattia. Le norme al nostro esame, tuttavia, non contemplano alcun tipo di recupero, non compiono nessuna differenza sostanziale tra droghe leggere e droghe pericolose e prevedono solamente la condanna per un particolare fenomeno sociale.
Viene fatta solo demagogia e si mostra poca responsabilità (anzi, alcuna), poiché ricordo che si tratta di drammi familiari. L'obiettivo è solo fare un po' di propaganda elettorale, ma stavolta (come spesso è avvenuto) non a basso costo. In economia è stato così; per la giustizia e per il senso delle istituzioni, è stato ancora peggio!
Avete voluto ignorare le differenze tra dipendenza e spaccio, e punite dove conviene; inoltre, avete abrogato diverse tipologie di reato secondo il vostro tornaconto. Pensate che un dramma del genere non possa capitare anche ad un nostro figlio? Avete compiuto tutto ciò solo per il tentativo di carpire qualche consenso in più! Non sarà così: gli elettori vi puniranno anche per questo!
Non è stato lanciato alcun segnale serio per colpire il narcotraffico, non è stata varata nessuna politica per i giovani e per le loro famiglie e non è stata prevista, altresì, alcuna strategia di prevenzione.
In questo senso, avete fatto «terra bruciata», avete narcotizzato anche le ultime speranze. Cancelleremo tutto quanto di negativo avete compiuto in questi anni, compreso questo provvedimento. Bisogna prevenire, punire gli spacciatori con pene sempre più severe; bisogna presidiare i molti luoghi nei nostri territori in cui gli spacciatori, alla luce del giorno, tentano e rovinano i nostri giovani. Avete fatto mancare la sicurezza nelle nostre città, con «tagli» alle Forze dell'ordine, assegnando loro sempre meno mezzi. Quale senso ha il ritiro della patente di guida a chi è sano sul piano psicofisico solo per aver fumato uno spinello? Sostegni psicologici, recuperi in casi più gravi e meno gravi, buoni maestri ed una nuova e vera tensione morale rappresenterebbero un buon esempio per chi spesso si sente abbandonato e molto spesso è senza lavoro e drammaticamente senza speranza.
Per questo, non siete stati buoni maestri. Avete spesso dato cattivi esempi anche in questo campo: predicate bene e razzolate male (Applausi dei deputati del gruppo della Margherita, DL-L'Ulivo)!
PRESIDENTE. L'onorevole Zanella ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/6297/88.
LUANA ZANELLA. Signor Presidente, illustro il mio ordine del giorno n. 9/6297/88, che riguarda un profilo forse non centrale, ma per taluni aspetti assolutamente determinante del provvedimento in esame. In effetti, questo provvedimento, su cui si è espressa anche la maggioranza con il voto di fiducia, contempla la cannabis tra le sostanze che non trovano alcun impiego terapeutico e la inserisce nella tabella I tra le sostanze vietate per fini terapeutici.
Esaminiamo la situazione internazionale: esistono almeno quattro importanti rapporti internazionali relativi agli effetti terapeutici della cannabis che giungono a conclusioni completamente opposte. Il primo di tali rapporti è quello della Camera dei Lords inglese sulla marijuana ad uso terapeutico, del 1998. Tale rapporto è stato confermato nuovamente nel 2002 dall'organismo di consulenza scientifica del Governo inglese. Il secondo è il rapporto «Nolin», della commissione speciale sulle droghe del Senato del Canada. Il terzo è il cosiddetto «Cannabis Report»,
redatto da una task force di scienziati nominati dai Ministeri della sanità di Olanda, Germania, Svizzera e Belgio. Il quarto è il cosiddetto «Rapporto Roques», voluto dal ministro della sanità francese e redatto da una commissione di esperti.
Tutti questi rapporti, redatti da governi e da enti che si riferiscono ad istituzioni centrali di molti Stati, convergono nell'affermare che la canapa indiana è molto meno rischiosa di altre sostanze psicoattive, compresi l'alcool, il tabacco ed i barbiturici, e ne consigliano la declassificazione dalla classe intermedia B a quella C, ossia quella delle sostanze a minor rischio, ciò che successivamente i rispettivi parlamenti hanno fatto. A questi paesi occorre, poi, aggiungere quelli scandinavi e, più recentemente, la Spagna nel novero di quelli che considerano la cannabis molto meno pericolosa e nociva di altre sostanze.
Praticamente, tutta la comunità scientifica internazionale sostiene che i derivati della cannabis hanno un potenziale terapeutico da esplorare.
Sappiamo che la cannabis non soltanto entrava nel prontuario farmaceutico di vecchia memoria, ma è al centro di sperimentazioni attuate anche in Italia e anche da alcune delle nostre ASL per affrontare una serie di patologie, di malattie terminali, e così via.
Sull'uso medico dei cannabinoidi si sono pronunciati l'International Control Board dell'ONU, i Governi israeliano, inglese, tedesco, australiano, olandese, svizzero, belga, sudafricano, canadese e spagnolo, e in molti di questi paesi sono in commercio preparati a base di derivati della canapa.
Chiediamo al Governo di non escludere la possibilità di sperimentazione e di adottare, quindi, tutte le iniziative volte a consolidare la sperimentazione della cannabis e dei suoi derivati, per valutare in maniera oggettiva, sobria e scientifica la loro efficacia terapeutica.
Ricordo che molti di noi, parlamentari appartenenti alla maggioranza e all'opposizione, hanno sottoscritto insieme una proposta di legge - che, purtroppo, non è stata mai calendarizzata - che andava in questa direzione.
Ora, con questo sciagurato provvedimento, veramente liberticida, criminogeno e assolutamente confuso per tantissimi aspetti, si comprime la libertà di ricerca e si inibisce ai malati di esercitare pienamente il proprio diritto costituzionale alla salute (Applausi dei deputati dei gruppi Misto-Verdi-l'Unione e della Margherita, DL-L'Ulivo).
PRESIDENTE. L'onorevole Zara ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/6297/42.
STEFANO ZARA. Signor Presidente, il provvedimento che ci accingiamo ad approvare è il risultato di un triplice atto di furbizia. Con un linguaggio più idoneo e più appropriato alla materia, così com'è stata trattata, si dovrebbe dire che è il risultato di una triplice furbata.
Il primo atto di furbizia, o furbata, è costituito dall'inserimento, nel decreto-legge recante misure urgenti riguardanti le prossime Olimpiadi invernali, di una normativa sulla tossicodipendenza pasticciata, sgangherata e pericolosa. È chiaro a tutti che questo inserimento altro non è che un espediente volto ad utilizzare un veicolo veloce, una corsia preferenziale per assicurare un rapido approdo - prima della conclusione della legislatura - ad una legge di contenuto meramente elettorale.
Senonché, non si poteva trovare un accostamento più paradossale ed infelice come quello tra Olimpiadi e tossicodipendenza, soprattutto per i contenuti eminentemente repressivi della normativa sulla tossicodipendenza inserita in questo provvedimento. Dunque, repressione coniugata con una festa dello sport, occasione di leale competizione, manifestazione per eccellenza di gioventù, di pace e di libertà e, quindi, straordinaria passerella internazionale per il nostro paese.
È difficile pensare ad un accostamento più obbrobrioso di quello tra sport e repressione; come dire che educazione e persecuzione camminano insieme.
Il secondo atto di furbizia, o furbata, è costituito dalla volontà di inserire in modo frettoloso questo provvedimento nella fase conclusiva della legislatura. Ciò non solo, come ho già detto, con un intento di propaganda elettorale, volto a sollecitare, peraltro, preoccupazioni diffuse e ad enfatizzare paure spesso riconducibili a scarsa informazione e conoscenza; ma anche con l'obiettivo evidente - da parte del partito che ha proposto tale provvedimento e del suo leader, onorevole Fini - di riequilibrare atteggiamenti più liberal già assunti in precedenza, ad esempio, a proposito di voto agli immigrati oppure di fecondazione assistita e, persino, di quote rosa. Senonché - ciò è sotto gli occhi di tutti -, non solo vi è l'inanità e la vacuità degli impegni su questi aspetti (e, quindi, il loro contenuto meramente propagandistico), sui quali, infatti, non si è approdato ad alcun provvedimento concreto e positivo (quindi, anch'essi sono strumentali): vi è anche il cinismo sotteso a questo scambio, che chiama in causa una piaga tragica e dolente come la tossicodipendenza.
Il terzo atto di furbizia, o furbata - a questo siamo abituati -, è costituito dal ricorso al voto di fiducia. La singolarità di questo voto di fiducia è che esso avviene a quattro giorni dallo scioglimento delle Camere. Credo che questo fatto sia unico e veramente paradossale.
Il ricorso al voto di fiducia sottrae all'esame del Parlamento una materia particolarmente delicata e complessa, che richiederebbe ben altri approfondimenti. Senonché, è sempre possibile dare una risposta semplice ad un problema complesso. In genere, essa è sbagliata ma, in questo caso, è tragicamente sbagliata.
In conclusione, si tratta di una triplice furbata che produce l'ennesimo frutto avvelenato, servito, peraltro, a tante famiglie che già soffrono e ai tanti operatori che si impegnano per alleviare le sofferenze di queste famiglie. Almeno per loro, chiedo all'Assemblea di approvare il mio ordine del giorno, che si propone di impegnare il Governo ancora di più nella prevenzione della tossicodipendenza - come questo decreto-legge, di fatto, non fa: questo territorio è totalmente scoperto -, dando conto, in modo sistematico, degli effetti dei provvedimenti adottati oggi sulla diffusione e sul consumo della droga.
Questo è l'obiettivo del mio ordine del giorno e mi auguro che esso venga accolto (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-L'Ulivo e dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).
PRESIDENTE. L'onorevole Lettieri ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/6297/43.
MARIO LETTIERI. Signor Presidente, devo innanzitutto esternare il mio sconcerto. Quando ho visto che nel decreto relativo alle Olimpiadi di Torino era stata inserita una materia così delicata, sulla quale non vi sono certezze, ma solo dubbi, e in maniera autoritaria, non ho potuto e non posso che provare sconcerto.
Questo decreto-legge ci fa arrossire ed indignare, perché offende la sensibilità, l'intelligenza e il buonsenso non solo nostri, ma dei cittadini tutti.
Ci troviamo dinanzi ad una soluzione che, ancora una volta, rivela come questo Governo e questa maggioranza - mi auguro non tutti i loro esponenti e che qualcuno abbia dei ripensamenti -, anche con tale provvedimento, dimostrino di essere forti con i deboli e deboli con i forti; deboli con gli speculatori e con gli evasori; deboli con i falsificatori dei bilanci; deboli con gli esportatori di capitali; fortissimi verso i tanti giovani, che sono i più buoni e che sono coloro che non hanno trovato ancora un riferimento forte nella loro esistenza, cadendo facilmente preda dell'illusione della droga.
Dinanzi a questa situazione, occorreva coinvolgere gli esperti, per individuare le soluzioni più idonee, non certamente quella del ricorso al carcere. Badate bene: il carcere può essere la tomba definitiva per i giovani che vengono coinvolti dal fenomeno della droga.
Lo dico con franchezza: la settimana scorsa e nei mesi passati, alcuni problemi del nostro Presidente del Consiglio sono stati risolti non in sede giudiziaria, ma in
quella parlamentare. Voi i problemi dei tossicodipendenti volete risolverli per via carceraria. Il buon senso, il dovere di una legislazione più attenta ed adeguata dovrebbe riguardare tutti quanti noi: la vostra soluzione è del tutto scellerata ed offende il buon senso, la logica e le esigenze vere delle decine di migliaia di vittime del fenomeno droga.
Certo, c'è l'esigenza del carcere, ma per i grandi trafficanti e per gli spacciatori, non per coloro che sono emarginati, vivono uno stato di disagio e non vedono altra soluzione - illusoria, ovviamente - se non il ricorso agli stupefacenti. Al disagio, alla mancanza di lavoro, alla mancanza di sicurezza occorre rispondere con altri provvedimenti. Anzitutto, con una politica sociale ed occupazionale che stimoli gli interessi veri, la necessità di aumentare la propria cultura, l'amore per la vita.
Un tema così delicato non può essere affrontato con soluzioni di tipo carcerario che, oltretutto, aggraveranno una situazione pesantissima. Gli ultimi dati, come emerso nel corso di altre discussioni in materia di giustizia, rivelano una situazione intollerabile all'interno delle carceri, dove in gran parte vi sono tossicodipendenti, anche stranieri, ai quali il nostro paese non è riuscito ad offrire riferimenti stabili e poi li costringe a vivere in una cella.
Sono davvero sconcertato - mi sia consentito ribadirlo - e sono convinto che occorra agire su più fronti. Vi sono molti medici tra i banchi della Camera dei deputati: avrebbero dovuto dare qualche consiglio e, allo stesso tempo, lavorare in sede internazionale perché nei paesi produttori (Applausi dei deputati del gruppo della Margherita, DL-L'Ulivo)...
PRESIDENTE. Grazie, onorevole Lettieri.
L'onorevole Frigato ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/6297/70.
GABRIELE FRIGATO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, dico subito che siamo costretti ad intervenire perché possiamo farlo soltanto in questa fase, visto che il Governo ha posto la questione di fiducia anche su questo provvedimento.
Voglio subito rilevare - come hanno sottolineato molti colleghi - che il decreto-legge in esame, dal mio punto di vista, non assolve ai dettami della nostra Costituzione perché manca chiaramente di omogeneità nei contenuti. Voi avete messo insieme le materie più diverse: il tema delle Olimpiadi, il tema della droga ed una serie di altri interventi che vanno a premiare questa o quell'area del paese, questa o quella forza politica. Il Presidente della Repubblica, come ha fatto con rigore in questi sette anni, saprà sicuramente leggere anche questo provvedimento e svolgere le giuste considerazioni.
In premessa, e limitandomi al tema delle tossicodipendenze, voglio esprimere una profonda gratitudine, da parte del gruppo della Margherita, a tutti coloro, siano essi pubblici o privati, che operano con passione e determinazione nelle diverse strutture e nelle comunità per offrire percorsi di risalita alle persone, generalmente giovani, imbrigliate nel dramma della tossicodipendenza.
Sappiamo che le persone e le comunità in questi anni hanno dovuto lavorare senza particolari attenzioni da parte del Governo, che anzi ha fatto una graduatoria tra le diverse associazioni, ha diviso le diverse comunità, preferendone alcune rispetto ad altre. Sappiamo che vi sono interventi, modalità ed opinioni diverse ma riteniamo che lo Stato, il Governo abbia il dovere di rispettare ogni buona volontà in riferimento a questi percorsi di risalita.
Voglio affrontare un terzo argomento come giudizio complessivo sull'atteggiamento con cui affrontate i grandi problemi del paese. La tossicodipendenza è un problema complesso e grande e voi cosa fate? Voi pensate, signor sottosegretario, di dare risposte semplici a problemi complessi, ma sappiamo che questo atteggiamento rappresenta soltanto una scorciatoia, l'illusione che, come al solito, passerà sulla pelle delle persone, in questo caso delle persone giovani e dei più deboli.
Ma non è solo in questo caso che il Governo si illude di dare risposte semplici a problemi complessi. Farò alcuni esempi. Sul tema della sicurezza, altra questione complessa, vi siete limitati a proporre ed a votare la legge sulla legittima difesa. Sul tema della natalità, il Presidente del Consiglio ha inviato una lettera ai neonati scrivendo che avrebbero ottenuto mille euro: questa è la soluzione, secondo il Governo, del grave problema delle denatalità nel nostro paese!
Rispetto al debito pubblico, grande problema, avete immaginato che fosse sufficiente vendere i beni immobili dello Stato. Infine, in riferimento al carovita (chiudiamo con questa specie di barzelletta) il Governo, nella persona del Presidente del Consiglio, si è limitato a dire che bisogna imparare a fare la spesa, aggiungendo, senza la minima vergogna, che la propria mamma la sa ancora fare molto bene...
Colleghi, nella vostra cultura e in quella di questo Governo e della maggioranza berlusconiana vi è - ripeto - l'illusione, che purtroppo paga il paese, di dare risposte semplici a problemi complessi. Sappiamo, invece, che non è così.
Si diceva e si dice ancora...
PRESIDENTE. Onorevole Frigato, ha terminato il tempo a sua disposizione.
Constato l'assenza dell'onorevole Morgando, che aveva chiesto di parlare per illustrare il suo ordine del giorno n. 9/6297/47; si intende che vi abbia rinunziato.
L'onorevole Banti ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/6297/49.
EGIDIO BANTI. Signor Presidente, il mio ordine del giorno si riferisce ad una situazione particolare nel nostro paese, quella della Liguria, la mia regione, in cui il problema della droga, fin dal suo apparire come fenomeno di massa, ormai diversi decenni or sono, è stato avvertito in modo particolarmente forte con grandi difficoltà da parte delle famiglie e delle comunità civili.
La Liguria è una regione portuale dove il traffico di droga transita, naturalmente in maniera illegale, ma lascia - diciamo così - tracce sul territorio. Il confine orientale, inoltre, con l'area della Versilia e quello occidentale con la Costa Azzurra sono stati ugualmente occasione di diffusione di tossicodipendenza e, quindi, di grandi coinvolgimenti delle nuove generazioni che si sono succedute. Abbiamo ormai soggetti dipendenti di età abbastanza avanzata.
In questo contesto non facile, il sistema sanitario regionale, già dagli anni Ottanta, si è attrezzato in maniera efficace - naturalmente con tutti i limiti di qualunque sistema sanitario nel nostro paese, per ragioni che non attengono alla responsabilità degli operatori - con l'istituzione dei SERT, dei sevizi territoriali e con la presenza di numerose comunità di recupero e di impegno.
Il fenomeno è stato quanto meno contenuto, anche in seguito alle varie trasformazioni che si sono succedute per l'uso di una certa sostanza e la sua relativa diffusione.
I provvedimenti che, in maniera improvvida e del tutto singolare (è un eufemismo, come i miei colleghi che sono intervenuti prima di me hanno avuto modo di mettere in risalto), sono stati adottati, come questo alla nostra attenzione, rischiano di far arretrare un sistema che ha cercato faticosamente in questi anni di venire incontro alle esigenze di strati sempre più larghi di popolazione (mi riferisco anche agli immigrati e agli extracomunitari).
I SERT operano con difficoltà, per la limitatezza dei mezzi a loro disposizione, ma con grande generosità di tutti gli operatori (medici, paramedici e volontari), anche all'interno delle carceri liguri.
Il loro lavoro, che, fra l'altro, è anche poco riconosciuto dal punto di vista del sistema sanitario, normativo e retributivo (esistono situazioni di precariato anche all'interno dei SERT), rischia di trovarsi ulteriormente in forte difficoltà per l'aggravamento del sistema di punizione, quale unica strada che la nuova normativa, voluta dal gruppo di Alleanza nazionale, cerca di imporre.
Il centrosinistra si propone di vincere le prossime elezioni, di governare il paese e di cambiare, fra le tante leggi, anche il provvedimento in esame, arrivato all'ultimo giro di boa della legislatura, senza neppure avere il pudore di dotarlo di un titolo di legge; si può parlare, infatti, di un sottotitolo rispetto alle Olimpiadi, che non c'entrano nulla - come è stato affermato anche prima - con la problematica, pur seria, delle tossicodipendenze.
È anche poco educativo - mi si permetta, signor Presidente e signor rappresentante del Governo - nascondere, perché di ciò si tratta qualunque sia la motivazione, il fatto di voler legiferare in ordine ad un problema così delicato ed importante, all'ombra (è un'ombra importante) della Mole Antonelliana, delle Olimpiadi di Torino...!
Cosa c'entrano questi argomenti con il fatto che un Governo, assumendosi le sue responsabilità e, a nostro avviso, sbagliando, intende affrontare in questo modo la questione? Allora, proponga un disegno di legge, senza porre la questione di fiducia, senza mortificare il Parlamento, che non è neppure in grado di migliorare, nemmeno di poco, un testo che, invece, dovrebbe essere non solo migliorato, ma stravolto e modificato profondamente!
Pertanto, il messaggio che vogliamo lanciare a tutti coloro che operano in questo delicato settore è il seguente: questi soggetti non saranno dimenticati da coloro che si propongono di andare al Governo.
In campagna elettorale, riproporremo queste tematiche e diremo che, ancora una volta, bisognerà modificare il modo di risolvere la questione, con la prevenzione, l'impegno di recupero, l'apertura di spazi sociali nuovi! Queste devono essere le strade da seguire, non certamente quella della punizione e dell'ingolfamento delle carceri (in Liguria la situazione rischia di essere drammatica da questo punto di vista)!
Desideriamo impegnarci al riguardo. Questi nostri interventi hanno, al di là del fatto che, purtroppo, incidono poco sulla decisione già presa...
PRESIDENTE. Grazie, onorevole Banti.
L'onorevole Ruggieri ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/6297/53.
ORLANDO RUGGIERI. Signor Presidente, onorevoli colleghi e colleghe, avverto un profondo senso di disagio nell'accingermi a partecipare ad un dibattito su un provvedimento che rischia di incidere, con il sigillo dell'ingiustizia, nel vissuto di tanti giovani, i quali già sperimentano situazioni di precarietà e di marginalità.
Credo che il rispetto che si deve ad ogni persona umana ed ai suoi diritti fondamentali dovrebbe diventare un obbligo di conoscenza, allorché ci si occupa degli ultimi della nostra società. Chi oggi è soggetto alla tossicodipendenza non è un vizioso che sperpera i beni di famiglia, inseguendo il fiume dei paradisi ufficiali. Oggi, la droga ha un volto feroce e per nulla poetico: umilia la dignità, distrugge le famiglie ed uccide prima l'anima e poi il corpo!
Spesso (lo dicono anche le ricerche più specializzate) a cadere nella ragnatela della droga sono i giovani più disarmati, poveri di denaro, di istruzione e di speranze.
Nel decidere cosa fare, in che modo affrontare e vincere questa piaga, non ci si può ridurre a varare un provvedimento inutilmente repressivo, direi, anzi, stupidamente repressivo, per di più infilandolo di soppiatto all'interno di un altro provvedimento, piuttosto sbrigativo, che riguarda la costosa kermesse delle Olimpiadi invernali di Torino.
Questa sì è una faccenda che vede un'azione di Governo lacunosa ed inadempiente, con un Esecutivo che si trasforma in biscazziere per mettere una toppa ad una incapacità di gestire un evento che, in confronto ad altri eventi che recentemente hanno avuto luogo nel nostro paese (penso al Giubileo, durato 12 mesi), sono una passeggiata!
Ebbene, di fronte ad un'Olimpiade che prevede un sistema organizzativo collaudato e planetario, questo Governo ha dimostrato la propria incapacità. È comunque
lampante - ed è ormai ben noto anche ai cittadini più distratti - l'uso strumentale che l'Esecutivo sta facendo di questi ultimi giorni di legislatura; quindi, nessuno si scandalizza.
Questa discussione riguarda un provvedimento grave, che rappresenta una violazione palese delle normali procedure di tecnica legislativa e di rispetto costituzionale. Un decreto nel quale vi è un abuso della considerazione del termine «urgenza», avendo per oggetto norme che non hanno nulla di urgente. Soltanto la presenza di un regolamento meno rigido rispetto a quello della Camera ha consentito che al Senato fosse presentato un maxiemendamento contenente lo stralcio del disegno di legge Fini sulle tossicodipendenze; questa è la verità!
Evidentemente, ad Alleanza nazionale occorre uno «scalpo elettorale» di cui fare bella mostra presso la sua base. Considerando che la Lega può sbandierare davanti ai suoi sostenitori di aver portato a casa la devolution e la legge sulla legittima difesa, al partito dell'onorevole Fini occorreva poter rivendicare il varo di qualche misura forte, sulla quale magari incentrare la propria campagna elettorale.
Così è maturata una scelta che avrebbe dovuto essere motivata dalla preoccupazione per la sorte di chi fa uso di droghe e non dalla necessità di rinsaldare i consensi presso il proprio elettorato più incline all'autoritarismo. Una scelta operata in barba ad ogni provvedimento morale di approfondimento, ad ogni possibilità di dialogo con chi quotidianamente si occupa di tossicodipendenze; mi riferisco ai SERT, alle associazioni, alle comunità di recupero, dove molti rappresentanti del Governo sfilano, stringono mani, baciano ed abbracciano.
Il Governo, dunque, tenta un blitz preelettorale, celando le norme antidroga nel decreto sulle Olimpiadi di Torino. A parte il colore e una dizione gergale ormai comune, non comprendiamo e non comprenderemo cosa vi sia di coerente, anche dal punto di vista legislativo, nel mettere insieme la neve e la droga.
Ricorrere alla fiducia, sottraendosi al confronto, costituisce per il Governo e per questa maggioranza una sconfitta. Addirittura, l'atto Senato n. 2953 sulle tossicodipendenze, ci ricorda che esso è stato presentato il 10 maggio del 2004, ossia 21 mesi fa, ma in tutto questo tempo il Governo e la maggioranza non hanno avuto la forza e la capacità di portare avanti un disegno di legge così importante, così oggi sono costretti a ricorrere alla decretazione d'urgenza, tra l'altro nascondendo un provvedimento così delicato e complesso all'interno di un decreto avente per oggetto tutt'altra materia.
ORLANDO RUGGIERI. Qualche ulteriore riflessione in proposito si impone. In questi 21 mesi sono stati varati provvedimenti fondamentali per il Governo e per la destra; penso alla ex Cirielli, all'inappellabilità delle sentenze, alla devolution ed a tutti quei provvedimenti portati avanti per accontentare le componenti della maggioranza, ad esclusione di Alleanza nazionale che oggi è qui a raccogliere il proprio risultato. Eppure, Alleanza nazionale ha tappezzato le grandi città con manifesti riproducenti il messaggio della tolleranza zero verso la droga, senza peraltro avere la forza di approvare un disegno di legge con la firma del suo presidente.
Ci chiediamo, allora: come mai si è verificato tutto ciò? È mancata forse la capacità di persuasione? O forse anche gli alleati riconoscono che questo provvedimento è impostato secondo una pericolosa logica poliziesca volta a punire piuttosto che aiutare i deboli, le vittime dello smercio di droga?
Tutte queste riflessioni mi hanno portato a proporre il mio ordine del giorno n. 9/6297/53, che impegna il Governo a prevedere, con un successivo intervento legislativo, di concerto con la regione Marche, l'istituzione e il finanziamento di un Osservatorio per la lotta alla droga, allo scopo di promuovere programmi specifici
di informazione e sostegno alle famiglie e alle istituzioni scolastiche nelle aree giovanili a rischio.
PRESIDENTE. Constato l'assenza degli onorevoli Gambale e Ria, che avevano chiesto di parlare per illustrare i rispettivi ordini del giorno n. 9/6297/57 e 9/6297/59: si intende che vi abbiano rinunziato.
L'onorevole Meduri ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/6297/60... Decade...
LUIGI GIUSEPPE MEDURI. Presidente, se decado prima di parlare...!
PRESIDENTE. Mi scusi, onorevole Meduri. Non auguro a nessuno la decadenza, soprattutto in questo periodo...
Prego, onorevole Meduri, ha facoltà di parlare.
LUIGI GIUSEPPE MEDURI. Presidente, il mio ordine del giorno impegna il Governo a prevedere, con un successivo intervento legislativo, di concerto con la mia regione, la Calabria, l'istituzione e il finanziamento di un Osservatorio per la lotta alla droga, allo scopo di promuovere programmi specifici d'informazione e di sostegno alle famiglie ed alle istituzioni scolastiche nelle aree giovanili a rischio.
La Calabria è, purtroppo, nota come regione in cui prolifera il traffico di stupefacenti, che è l'attività più redditizia della criminalità organizzata. Il Governo ha deciso di porre la questione di fiducia su un provvedimento che doveva riguardare soltanto le Olimpiadi di Torino; invece, lo stesso ha «agganciato» in corsa lo stralcio del disegno di legge, che reca la firma del ministro Fini, sulle tossicodipendenze.
L'atto Senato n. 2953 testimonia la presentazione del provvedimento in esame in data 10 maggio 2004, ossia 21 mesi fa. Nell'altro ramo del Parlamento il provvedimento in 21 mesi non è riuscito a passare neppure l'esame nella Commissione di merito. Per esso si sono svolte articolate audizioni e l'orientamento prevalente, quello ampiamente maggioritario, era di netta contrarietà.
Dopo la devolution, l'inappellabilità, la ex Cirielli e la legge sulla legittima difesa, Fini ed Alleanza Nazionale si sono accorti che la destra non poteva vantare nessun risultato propagandistico. Pertanto, in dieci giorni hanno inteso fare ciò che in cinque anni non erano stati in grado di fare in via ordinaria, fare approvare cioè delle norme, che noi riteniamo pericolose e gravi, che solo un regolamento meno rigido di quello della Camera ha consentito che potessero essere inserite in un provvedimento del tutto estraneo.
Quella punitiva, a nostro avviso, non può essere l'unica risposta al problema della droga perché ignora la complessità e le diversissime implicazioni della problematica in questione. Le politiche di inclusione familiare e di promozione sociale sono in grave crisi, anche a causa dei pesantissimi tagli operati alla spesa sociale nel corso di questi ultimi anni. Sarebbe, pertanto, necessario, come sostengono le associazioni cattoliche, investire in prevenzione e in socializzazione prevedendo il coinvolgimento di tutti gli attori sociali.
Occorrerebbe, inoltre, che consumatori e negazionisti riflettessero sulla tematica. Il provvedimento in esame ignora il fatto che le regioni e la grande maggioranza degli operatori, pubblici e privati, volontari, sindacalisti, studiosi, farmacologi, si sono opposti all'impostazione data con questo provvedimento ed hanno chiesto che si aprisse un dibattito più aperto e profondo per discutere su tale problematica.
All'articolo 4-bis del provvedimento in esame si prevede, tra l'altro, che viene punito, con una pena che va da sei a venti anni, chi detiene illecitamente sostanze stupefacenti che per quantità, in particolare se superiori ai limiti massimi indicati con decreto del ministro della salute emanato di concerto con il ministro della giustizia e sentita la Presidenza del Consiglio dei ministri, Dipartimento nazionale per le politiche antidroga, appaiono destinate ad un uso non esclusivamente personale. In questo modo, la definizione di una fattispecie tipica di un reato, punito con una pena fino a venti anni, avviene
attraverso l'emanazione di un decreto ministeriale tutto da definire e, comunque, in maniera arbitraria e in palese violazione dei principi generali e, in particolare, dell'articolo 25 della Costituzione, e del principio di legalità della pena, laddove al ministro si assegna la potestà discrezionale di definire il fondamento dell'apparato sanzionatorio.
Inoltre, il testo del provvedimento non discrimina, nella previsione della pena edittale, tra le diverse tipologie e quantità di stupefacenti violando, in maniera assolutamente irrazionale, i principi di adeguatezza e proporzionalità; ignorando, altresì, totalmente le indicazioni dell'Organizzazione mondiale della sanità circa la necessaria distinzione tra uso, abuso, consumo problematico e dipendenza da vari tipi di stupefacenti.
Ho presentato questo ordine del giorno perché vi sia da parte del Governo una particolare attenzione per la Calabria, viste le difficoltà esistenti in quel territorio; difficoltà che, in questi anni di Governo di centrodestra, sia alla regione sia a livello nazionale, si sono accentuati (Applausi dei deputati del gruppo della Margherita, DL-L'Ulivo).
PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, considerato l'alto numero di iscritti a parlare per l'illustrazione degli ordini del giorno riferiti al disegno di legge di conversione n. 6297, desidero informare l'Assemblea che le votazioni avranno luogo non prima di domani alle 9,30.
Secondo le intese intercorse tra i gruppi...
EUGENIO DUCA. Presidente, noi volevamo votare stasera!
PRESIDENTE. Onorevole Duca, lei che in questa legislatura rimarrà «stampato» nella mia mente in modo indelebile come uno degli elementi più vivaci ma anche più seri di questa Camera, mi consenta di concludere la comunicazione che stavo dando all'Assemblea.
Dicevo che, secondo le intese intercorse tra i gruppi parlamentari, questa sera la seduta con votazioni proseguirà con gli ulteriori interventi per l'illustrazione degli ordini del giorno, con l'espressione del parere da parte Governo e con gli eventuali interventi per dichiarazione di voto. Domani avrà luogo la votazione degli ordini del giorno e, quindi, la votazione finale del disegno di legge di conversione del decreto-legge sulle Olimpiadi e sulla lotta alla droga.
Dopo il disegno di legge di conversione, procederemo all'esame dei documenti licenziati dalla Giunta per le autorizzazioni (ai quali si aggiunge un documento in materia di insindacabilità, con deliberazione all'unanimità, riguardante l'onorevole Saponara) e di un conflitto di attribuzione e quindi dei progetti di legge in materia di sistema fieristico nazionale e di associazioni combattentistiche e dei disegni di legge di ratifica.
Passeremo quindi al seguito della discussione del disegno di legge di conversione del decreto-legge in materia di proroga dei termini - previa votazione delle relative questioni pregiudiziali -, che concluderemo nella giornata di giovedì, esaurendo così i lavori con votazioni per la presente settimana.
Venerdì procederemo allo svolgimento di interpellanze urgenti.
Non figurerà all'ordine del giorno di questa settimana il disegno di legge di conversione in materia di pubblica amministrazione, al cui seguito dell'esame procederemo direttamente la prossima settimana, utilizzando tutto il tempo necessario, da martedì fino alla giornata di venerdì, considerato che il provvedimento d'urgenza scade il prossimo 12 marzo e deve essere trasmesso al Senato.
Non sarà possibile esaminare questa settimana (e neanche dopo lo scioglimento delle Camere, in assenza di accordo unanime dei gruppi parlamentari) il provvedimento in materia di polizia locale.
Detto ciò, chi tace acconsente... Quindi, è tutto chiaro...
RENZO INNOCENTI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
RENZO INNOCENTI. Vorrei chiederle una precisazione, Presidente, perché, nella fretta della lettura cui ella ha proceduto, può darsi che mi sia sfuggito qualcosa. I provvedimenti relativi al contributo alle associazioni combattentistiche e al sistema fieristico...
PRESIDENTE. Onorevole Innocenti, il relativo esame è previsto per questa settimana.
RENZO INNOCENTI. Quando?
PRESIDENTE. Prima dell'esame del decreto-legge sulla proroga dei termini, cioè praticamente nella giornata di domani.
RENZO INNOCENTI. La ringrazio, Presidente.
PRESIDENTE. Riprendiamo l'esame degli ordini del giorno.
L'onorevole Iannuzzi ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/6297/63.
TINO IANNUZZI. Stiamo affrontando la conversione in legge di un decreto estremamente delicato, il decreto-legge n. 272 del 30 dicembre 2005, che è stato completamente stravolto rispetto alla sua formulazione originaria. Sono state affiancate ed unite in questo decreto una pluralità incredibile di disposizioni, accanto a quelle concernenti la sicurezza e i finanziamenti per le prossime Olimpiadi invernali e la funzionalità dell'amministrazione del Ministero dell'interno.
In particolare, è stato inserito tutto il pacchetto di disposizioni - che giaceva da tempo, senza alcun significativo progresso parlamentare nelle nostre aule - relativo al recupero dei tossicodipendenti recidivi. Vogliamo sottolineare come ancora una volta siamo di fronte all'imposizione da parte del Governo della questione di fiducia, che non consente alcuna discussione nel merito delle disposizioni che sono state introdotte dal Senato in un terreno così delicato, importante e nevralgico per l'intera comunità, per tante famiglie e per tante persone: mi riferisco alla normativa concernente il trattamento penale riservato ai tossicodipendenti recidivi e a tutte le diverse attività e fattispecie che si legano a questa delicatissima questione.
Siamo quindi di fronte ad una tecnica legislativa, ad una scelta di politica legislativa, assolutamente negativa e perversa, che introduce a fine legislatura, in un decreto-legge, disposizioni così delicate e che poi le blinda con il ricorso al voto di fiducia. Sostanzialmente, viene impedito al Parlamento qualsiasi esame di merito e qualsiasi possibilità di discutere e di intervenire con integrazioni, modifiche e con rilevanti innovazioni al testo introdotto dal Senato.
Vogliamo anche sottolineare, al di là di questo aspetto metodologico, che già è gravissimo in una materia così delicata e che di per sé connota e giustifica l'atteggiamento totalmente negativo da parte del gruppo della Margherita, DL-L'Ulivo e dei gruppi di opposizione, come non ci convinca, anzi siamo decisamente contrari, la logica ispiratrice delle disposizioni legislative concernenti il cosiddetto pacchetto droga che sono state inserite nel decreto-legge. Si tratta di una logica ispiratrice che è assolutamente vecchia e superata, che è pericolosa e che soprattutto non è legata ad una visione generale e di insieme, profonda, capace di investire la problematica della diffusione della droga e della tossicodipendenza che è estremamente complessa e delicata, ha grandissima rilevanza sociale ed investe la vita, le preoccupazioni, le angosce e i travagli di tante
famiglie e di tante persone. È una questione di grande rilevanza e delicatezza che, proprio perché ha una natura estremamente articolata, complessa e ricca di aspetti che debbono essere tutti tenuti assieme in una efficace politica legislativa, in una efficace azione di Governo ed in una efficace attività delle pubbliche istituzioni, non va trattata con una risposta di stampo metodologico, per così dire, unilaterale, ispirata soltanto ad una impostazione fortemente ed aspramente repressiva.
C'è invece l'esigenza di una risposta ampia, equilibrata e complessiva che investa i tanti tasselli e i tanti aspetti che questa tematica inevitabilmente involge.
Invece, il pacchetto droga introdotto al Senato è ispirato ad una logica di mera repressione penale, con una risposta sanzionatoria aspra, di tipo indistinto e indiscriminato, che sostanzialmente colloca sullo stesso piano, sulla stessa qualificazione di condotta illecita, comportamenti e fattispecie profondamente ed assolutamente differenti, dalla detenzione finalizzata al consumo personale di stupefacenti, allo spaccio, al traffico di stupefacenti. L'unica parola d'ordine di questo pacchetto legislativo è quella di accentuare, inasprire ed aggravare la sanzione penale, di aggravare la risposta sanzionatoria in maniera indistinta e generalizzata con norme, tra l'altro confuse, contraddittorie e pasticciate, che creeranno enormi problemi nella concreta applicazione e quindi nella vita che avranno.
Vogliamo sottolineare come in questo pacchetto droga, che il Vicepresidente del Consiglio, il Governo e la sua maggioranza, con tanta pervicacia ed ostinazione hanno voluto in coda di legislatura, manchi ogni traccia di una adeguata e seria politica di prevenzione diretta al recupero attivo e completo delle persone soggette al terribile dramma della droga e della tossicodipendenza. Manca ogni misura di sostegno alle famiglie e non si tiene conto che questo provvedimento ha suscitato un coro forte, complessivo ed estremamente significativo di giudizi negativi ed ostili, che vanno dalle regioni, alle associazioni del volontariato, ai tanti operatori pubblici e privati del settore, a tanti studiosi e farmacologi. È un provvedimento che si illude di poter risolvere le questioni con una sorta di messaggio focalizzato sull'aspetto dell'aggravamento e dell'inasprimento in maniera indistinta e indifferenziata delle sanzioni penali, che confondono in una medesima ottica situazioni e comportamenti che invece vanno considerati dall'ordinamento giuridico in maniera differenziata. Non c'è traccia di una politica seria, vera, effettiva ed organica di prevenzione, di rafforzamento del recupero, di potenziamento di tutti gli strumenti a sostegno delle famiglie, delle comunità di recupero, dei tanti operatori del settore per poter organizzare una risposta complessiva di fronte ad una questione di tanta delicatezza e rilevanza che è illusorio, gravissimo e profondamente sbagliato pensare di affrontare soltanto con l'inasprimento e l'aggravamento della risposta repressiva di natura penale. Manca invece un'analisi seria di un fenomeno così grave e complicato e, quindi, una risposta che deve essere capace di intrecciare e di integrare il complesso delle politiche pubbliche e che esige un rafforzamento degli interventi in favore delle famiglie, delle comunità di recupero, del reinserimento attivo delle persone tossicodipendenti, ma anche un rafforzamento delle politiche di prevenzione, capace di stroncare in nuce e in radice i traffici, i commerci e la diffusione di sostanze stupefacenti.
Ancora una volta, in questa parte finale della legislatura, il Governo e la maggioranza si preoccupano di dare una risposta che è solo slogan, solo linguaggio simbolico: il messaggio è che lo Stato rafforza le sanzioni, il versante della repressione penale, in maniera indistinta, indifferenziata, sbagliata e confusa. Al contrario, il problema della tossicodipendenza esigerebbe quelle risposte politiche che, in questi cinque anni, sono state del tutto assenti. Con quest'ultimo provvedimento, pervicacemente inserito durante l'esame al Senato, finite per collocare la questione della tossicodipendenza in una condizione ancora più negativa.
Non è questo il modo, non sono queste le norme legislative, non sono queste le politiche atte ad organizzare un'efficace politica di prevenzione del fenomeno della droga, di recupero dei tossicodipendenti e di aiuto alle famiglie ed alle comunità, ed idonee a farci superare una situazione così grave e drammatica dal punto di vista sociale. Ancora una volta, su questo terreno, il Governo e la sua maggioranza falliscono in pieno (Applausi dei deputati del gruppo della Margherita, DL-L'Ulivo)!
PRESIDENTE. L'onorevole Bottino ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/6297/65.
ANGELO BOTTINO. Signor Presidente, gli ordini del giorno che stiamo illustrando suggeriscono, per così dire, un ampliamento del disegno di legge di conversione in esame, recentemente approvato dal Senato, che, com'è stato rimarcato dai colleghi che mi hanno preceduto, reca misure urgenti per garantire la sicurezza ed i finanziamenti per le prossime Olimpiadi invernali, nonché la funzionalità dell'amministrazione dell'interno e, ancora, disposizioni per favorire il recupero dei tossicodipendenti recidivi.
Quello che è stato espresso oggi su un provvedimento che ha ad oggetto diverse materie, tutte importanti, è l'ennesimo voto di fiducia - e non sarà l'ultimo - di una lunga serie. Il testo si apre con un articolo in materia di Olimpiadi invernali, al quale si aggiungono altri 23 articoli demagogici, controproducenti e, in alcuni punti, dal contenuto molto delicato. Già il Capo dello Stato e la Consulta hanno posto in luce i possibili profili di incostituzionalità dei decreti-legge. Per i due poteri citati, i decreti-legge devono avere contenuto omogeneo e trovano giustificazione in casi di straordinaria necessità ed urgenza.
Venendo al tema di cui si occupa il mio ordine del giorno, la tossicodipendenza, va osservato che, sebbene giacciano in Parlamento, da diversi anni, numerosi progetti di legge sui temi delicati della tossicodipendenza e dello spaccio di droga, questi argomenti non erano mai stati affrontati. Si tratta di temi molto delicati, che richiederebbero un approfondito confronto ed approfondite valutazioni, non un simile colpo di mano.
V'è chi parla - forse, straparla - di svolta storica: si tratta di una sopravvalutazione, di una valutazione opposta a quella che sarebbe utile. Premesso che nel decreto-legge è previsto il carcere da 6 a 20 anni sia per chi spaccia sia per chi detiene la droga per uso personale, va detto che la disciplina sulla base della quale si dovrà distinguere tra uso personale e spaccio dovrà essere elaborata dal ministero. Pertanto, mancherà una verifica parlamentare: sarà un decreto ministeriale a definire chi è spacciatore e chi consumatore.
È particolarmente negativo prevedere il carcere per il consumatore, ignorando che le politiche repressive contro i consumatori, contro i tossicodipendenti, hanno provocato una doppia dipendenza: dalla droga e dalla criminalità. In tale ottica, credo servano politiche di prevenzione e di corretta informazione. In questi casi, le politiche repressive producono danni maggiori e si rivelano controproducenti.
È necessario riprendere la discussione ed il confronto costruttivo su un tema che è attuale e delicato. Sicuramente ciò avverrà nella prossima legislatura; in essa si dovranno concordare diversamente le valutazioni espresse in questo decreto.
Per questo, con l'ordine del giorno che ho presentato, aggiungo e suggerisco che spero sia valutata positivamente anche una campagna istituzionale a carattere informativo ed esplicativo, in collaborazione con gli enti territoriali, in relazione alle profonde innovazioni introdotte nel nostro sistema (nuovi illeciti penali e amministrativi), che vanno ad incidere su comportamenti sociali diffusi. Questo ordine del giorno mi auguro che incontri il vostro favore.
PRESIDENTE. L'onorevole Carbonella ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/6297/67.
GIOVANNI CARBONELLA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, volge all'epilogo una tormentata legislatura. Il paese ne esce stressato, mortificato, impoverito e, alla fine, alle prese con una grave sindrome, che può definirsi paura del futuro.
Avete ridotto il nostro paese ad un corpo senza anima, un fiume pietrificato, un bosco inaridito. Nella coscienza della grande maggioranza degli italiani aleggia un profondo senso di frustrazione, di smarrimento, in ragione di provvedimenti che, nel corso di questi anni, hanno leso sentimenti di libertà e socialità, cancellando un patrimonio di valori su cui si fondava la prospettiva di milioni di giovani, famiglie, anziani e lavoratori.
Avete ridotto il Parlamento ad una sede notarile nella quale, in virtù dei numeri, si votano atti di fiducia senza confronto né discussione. Non è per nulla gratificante, ad esempio, partecipare oggi ad un dibattito su un provvedimento le cui implicazioni rischiano di segnare profondamente la sorte di tantissimi giovani, che anziché essere aiutati e compresi, vengono annegati nella più difficile e drammatica condizione di marginalità, in cui sprofondano.
Come non vedere che quanti oggi vivono la tragica condizione della tossicodipendenza devono trovare nella coscienza di chi legifera ragioni di equilibrio umano e sociale e la necessaria lucidità nel ricercare soluzioni adeguate per prevenire, curare e reprimere tale tragico fenomeno?
La droga è un animale feroce, che colpisce di più chi è debole, indifeso, disarmato. Di fronte ad una dimensione così complessa, difficile quale quella della società contemporanea, quante famiglie distrutte, quanti giovani piegati ed umiliati nella loro dignità a causa di intrinseche e diffuse debolezze?
Ebbene, di fronte ad un siffatto problema di carattere sociale, voi Governo, voi maggioranza, non trovate di meglio che inserire un maxiemendamento che contiene di tutto e di più: un provvedimento sulla tossicodipendenza che, sul piano tecnico-legislativo, rappresenta una palese violazione delle regole e delle procedure, oltre che una visibile lesione di carattere costituzionale. Diciamolo francamente: si tratta dell'ennesimo spot elettorale di fine legislatura, voluto soprattutto da Alleanza nazionale, più che di un razionale ed equilibrato provvedimento atto a regolare una materia tanto sofferta, quanto delicata.
Signor Presidente, onorevoli colleghi, di fronte a tante mamme che piangono figli perduti, a tanti giovani segnati profondamente da così tragiche esperienze, di tutto avremmo bisogno - cioè prevenzione, cura e repressione - ma, giammai, di spicciola propaganda elettorale, a danno di tante sofferenze umane che coinvolgono migliaia di famiglie nel nostro paese (Applausi dei deputati del gruppo della Margherita, DL-L'Ulivo).
PRESIDENTE. L'onorevole Fanfani ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/6297/66.
GIUSEPPE FANFANI. Signor Presidente, intervengo su questo ordine del giorno e, segnatamente, sull'aspetto sanzionatorio del provvedimento in esame perché ritengo che vi siano non poche censure da sollevare.
Al di là del metodo, veramente deprecabile, che connota questo provvedimento, a causa di alcuni suoi aspetti si corre il rischio di far ritornare la disciplina di questa materia indietro nel tempo, all'epoca in cui esisteva la dose media giornaliera, all'epoca in cui il criterio quantitativo era la scriminante tra detenzione illecita e detenzione lecita.
Mi riferivo alla questione di metodo poiché ritengo sia davvero scarsamente rispettoso della dignità di questa Assemblea e del ruolo che il Parlamento svolge l'inserimento di una materia così delicata in un provvedimento da approvare con un voto di fiducia.
Attorno al fenomeno della tossicodipendenza si è sviluppato, da anni, un dibattito a volte acceso, a volte accorato, e sempre profondo. Infatti, tutti gli attori di questo dibattito erano direttamente rappresentanti delle miserie umane che sottostanno al fenomeno, dello sfruttamento
criminale che esso induce e della necessità, da tutti riconosciuta, di considerare il tossicodipendente non come un criminale ma come una vittima, se non da tutelare, certamente da considerare tale.
Nella mia esperienza professionale ho avuto modo di conoscere tantissimi ragazzi e potrei garantire in prima persona, in base ad una esperienza che credo pochissimi altri in quest'Assemblea abbiano maturato, che quand'anche essi abbiano commesso alcuni reati nessuno era intrinsecamente pericoloso. Invece ho conosciuto tantissime altre persone che tali erano pur non avendo mai commesso reati. Ho difeso moltissimi di questi ragazzi e posso assicurare a questa Assemblea che la conoscenza del fenomeno avrebbe dovuto indurre ad un atteggiamento completamente diverso.
È sciocco pretendere di ritenere per decreto o per provvedimento legislativo che gli effetti devastanti sulla psiche dei tossicodipendenti siano gli stessi, sia che essi fumino spinelli, sia che essi «si facciano» con l'eroina. Ho visto ragazzi che fumavano spinelli (chissà quanti!) ma ho visto anche ragazzi che «si facevano» con l'eroina, li ho visti morire, li ho visti finire in comunità, li ho visti consumarsi il cervello (perché gli oppiacei così riducono i ragazzi!), li ho visti ammalarsi distruggendosi il fegato, li ho visti morire di malattia, li ho visti ridursi nelle condizioni umane peggiori, ed ho visto ragazze prostituirsi per una dose; credetemi, ne ho viste di tutti i colori!
Di fronte ad un problema di questo tipo, di questa complessità umana, si pretende di negare la discussione a questa Assemblea? Di fronte ad un problema che dovrebbe coinvolgere, prima di tutto, la coscienza di ciascuno di noi, assieme alla ragione individuale, ci si impone un voto di fiducia che altro non vuol dire se non estrapolare il giudizio che possiamo dare su questo provvedimento, per esprimerlo in funzione di un Governo il quale chiede ai propri parlamentari un atto di disponibilità alla prosecuzione della sua opera, alla prosecuzione di una esistenza ormai logora, ormai finita?
Credo che tutto si possa fare, credo che un atto di prepotenza di questo tipo lo si potesse compiere nei confronti di tante materie; ma non lo si può compiere su materie che coinvolgono la coscienza individuale di ciascuno di noi. Ciascuno di noi potrebbe avere, domani, un figlio o un nipote o un altro parente coinvolto in queste vicende, e ciascuno di noi dovrebbe avere la possibilità di raccontare in questa Assemblea la propria esperienza personale, di comunicarla ai colleghi e di farli ragionare, soprattutto coloro che sbagliano.
Capisco che siamo prossimi alle elezioni e che l'epopea dell'ordine pubblico impone anche scelte «disgraziate», quali quella della legittima difesa o della tossicodipendenza, in un mercato di scambio veramente, talvolta, difficile finanche da comprendere, pur da parte di quanti sono «consumati» nell'arte della politica. Faccio, però, osservare come, dinanzi ad un provvedimento di questo tipo, non sia possibile non ritenere che, anche nel merito, quanto si sta operando debba essere riconsiderato il prima possibile, per evitare che danni enormi si producano anche in futuro.
Un'ultima considerazione con riferimento alla perequazione di sostanze stupefacenti in funzione dell'illiceità e della pena. Ebbene, non riesco a comprendere come si sia potuta adottare una soluzione di questo tipo. A mio avviso, pochi hanno capito esattamente la portata dell'articolo; è vero che si creano le condizioni per una equiparazione tra droghe leggere e pesanti ma, almeno in funzione della pena, una distinzione di questo tipo andava fatta. Avete sbagliato ad equiparare questi due tipi di sostanze stupefacenti, ma almeno dovevate attribuire maggiore discrezionalità al giudice.
Guardate che nessuno si può vantare di aver aumentato le pene, perché le droghe pesanti - ovvero gli oppiacei, quelli di cui alla tabella II, sezione C - erano tutt'oggi punite con la reclusione da otto a venti anni. Che senso ha lasciare il massimo della pena a vent'anni e spostare il minimo a sei anni, condanna che, pur con tutti i possibili benefici, comporta l'espiazione di
una pena conclusiva, nella migliore delle ipotesi, di tre anni, ovvero ben superiore alla soglia di applicazione della sospensione condizionale? Ciò, in ipotesi, per un ragazzo che ha sbagliato la prima volta perché ha ceduto uno o due spinelli ad un «collega»! Questa è la normativa. Tale ipotesi era punita così anche prima, ma dianzi si verteva nell'ipotesi del quinto comma dell'articolo 4-bis ed il giudice poteva comminare una pena ridottissima, mostrando comprensione verso chi aveva sbagliato una volta. Non è così adesso: un minimo edittale di sei anni, signori, ha una certa consistenza dal punto di vista penale! Anche perché non è detto che un giudice parta dal minimo edittale.
Inoltre, la comminazione del minimo edittale con le attenuanti generiche e con la diminuente del rito comporta sempre una pena superiore a tre anni di reclusione. E guardate che, per «cessione», si intende anche il fumo di gruppo, perché così si è espressa la giurisprudenza: se detengo alcuni spinelli e li faccio fumare una sera collettivamente in casa mia ai miei ospiti, commetto questo reato.
Allora, prudenza! L'invito alla prudenza ed alla riflessione che ho rivolto non è peregrino; nasce dalla mia esperienza personale, dall'avere frequentato per molto tempo i servizi sociali. Nasce dal fatto che io molto spesso ho visitato le comunità: quanti in questa Assemblea sono stati nelle comunità per vedere i tossicodipendenti? E quanti possono dire qual è la percentuale di tossicodipendenti che sono anche delinquenti?
Un approfondimento sotto tale profilo certamente andrebbe fatto e l'occasione che ci si offre, purtroppo, non riceve lo strumento idoneo - che è quello della discussione e del confronto - per affrontare una materia così seria e delicata. Sono profondamente rammaricato, ma lo sono non per la misura legislativa «brutta» che stiamo partorendo, sibbene per la mortificazione che, ancora una volta, subisce il Parlamento della Repubblica italiana (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-L'Ulivo, dei Democratici di sinistra-L'Ulivo e Misto-Comunisti italiani)!
PRESIDENTE. Constato l'assenza dell'onorevole Merlo, che aveva chiesto di parlare per illustrare il suo ordine del giorno n. 9/6297/68: si intende che vi abbia rinunziato.
L'onorevole Zaccaria ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/6297/69.
ROBERTO ZACCARIA. Signor Presidente, vorrei ricollegarmi alle considerazioni testè formulate dall'onorevole Fanfani. Stiamo svolgendo una serie di interventi che, molto chiaramente, vanno molto al di là dell'illustrazione degli ordini del giorno presentati e che, in altre circostanze, si sarebbero potuti anche evitare.
Credo che da tutto questo dibattito - che avviene in modo un po' surreale - emerga, molto chiaramente, la protesta dell'opposizione nei confronti di un modo di procedere che, ahimè, è piuttosto frequente da diversi mesi a questa parte e che, in questo scorcio finale di legislatura, è diventato ancora più acuto.
Infatti, di fronte ad una comunicazione all'esterno dello stesso Presidente del Consiglio, il quale ha enfatizzato la necessità di far lavorare il Parlamento per portare a compimento progetti di legge ritenuti rilevanti, assistiamo, al contrario, alla sublimazione della rottura dell'ordinamento costituzionale dal punto di vista dello svolgimento di un equilibrato dibattito, su provvedimenti importanti, tra maggioranza ed opposizione.
Ricordo che ho già manifestato, in sede di esame delle questioni pregiudiziali presentate dall'opposizione, tutte le mie contrarietà sia di principio, sia di merito nei confronti del presente decreto-legge. Esso, infatti, tratta contemporaneamente delle Olimpiadi invernali e del tema della droga: si tratta di una vera e propria aberrazione dal punto di vista giuridico e costituzionale.
Vorrei osservare, tuttavia, che questa vicenda è ulteriormente aggravata dal fatto che la normativa sulle tossicodipendenze (che giaceva, sostanzialmente, presso la competente Commissione del Senato e non era mai giunta all'esame dell'Assemblea) è stata introdotta nel testo in esame attraverso
una duplice forzatura istituzionale. Da un lato, infatti, è stata inserita all'interno di un decreto-legge inappropriato; dall'altro, è stata posta la questione di fiducia sulla sua approvazione.
Pertanto, attraverso i nostri interventi per l'illustrazione degli ordini del giorno presentati, stiamo cercando - vorrei dire «disperatamente» - di riaprire un dibattito su questioni di fondamentale importanza, poiché riguardano la convivenza civile e sociale nel nostro paese, che invece vengono affrontate con diktat sommari, accompagnati per di più dalla posizione della questione di fiducia.
Se, dopo i numeri già citati dai colleghi (45 o 46 fiducie), verrà posta la questione di fiducia anche sul decreto cosiddetto milleproroghe, allora assisteremo alla richiesta di due fiducie al Governo nell'arco di una stessa settimana: anche ciò, quindi, la dice molto lunga sul modo in cui si concepisce il Parlamento.
Ricordo che, con l'articolo 4-bis del provvedimento in esame, si introduce una nuova ipotesi di reato; la determinazione della dose minima per uso personale, peraltro, viene rimandata alla valutazione discrezionale del ministro della salute. Naturalmente, è stato già detto e ripetuto anche nella seduta odierna, da diversi colleghi, che tale impostazione, oltre ad essere grave dal punto di vista sostanziale, configura una clamorosa violazione dell'articolo 25 della Costituzione, nonché del principio costituzionale di tassatività delle pene.
Vorrei altresì osservare che non è prestata alcuna attenzione nei confronti di aspetti fondamentali in tale settore, quali la prevenzione del fenomeno della tossicodipendenza. Tutto ciò risulta in netta controtendenza, come è stato pure ricordato, con la disciplina in vigore in altri paesi europei, mentre non vi è alcuna intenzione di considerare la situazione del tossicodipendente in relazione al contesto sociale. Ciascuna storia di dipendenza, infatti, va valutata di per sé, considerando soprattutto l'ambiente socioculturale di riferimento ed i disagi reali vissuti da ciascun soggetto.
Una normativa come questa impedisce qualsiasi analisi di più ampio spettro.
Alla luce di queste considerazioni - è un tentativo un po' «disperato», naturalmente, di fronte a questa impostazione -, con il mio ordine del giorno n. 9/6297/69, intendo chiedere al Governo un impegno preciso affinché si realizzi almeno un programma specifico di monitoraggio. Anche ciò è stato richiesto da più di un collega, ma considerata l'impossibilità di una valutazione ex ante del fenomeno, a causa della «rapidità» - usiamo un eufemismo - con cui si è discusso questo provvedimento, sembra necessaria, quanto meno, una verifica localizzata ex post delle norme volute dal Governo: anche in merito parliamo, in astratto, di ciò che dovrebbe avvenire in un sistema ordinato. Infatti, solo un controllo costante e mirato delle conseguenze della disciplina adottata può permettere di valorizzare una prospettiva di sistema, che in questa materia è quanto mai indispensabile, con uno spirito di coordinamento e di collaborazione tra tutti i soggetti coinvolti in questi delicati compiti: da chi interviene sul piano della prevenzione, dal magistrato, da chi in qualche modo si occupa dei problemi del recupero dei tossicodipendenti, ciò credo debba essere rilevato.
Dicevo che, nell'ottica «minimalista» nella quale siamo costretti ad inserirci, un ruolo importante può essere svolto dalle regioni, in virtù di quel principio di sussidiarietà del quale spesso si parla e che raramente si applica. Vorrei solo citare un dato: in Lombardia è stato stimato che, nel 2005, il numero dei tossicodipendenti reclusi sia aumentato di oltre il 20 per cento rispetto all'anno precedente. Naturalmente, su tutti questi dati nessuno si è preso cura di darci informazioni ed elementi, perché naturalmente in questo vuoto ed inutile rituale si riteneva che si potesse andare avanti «a colpi di fiducia» e che il dibattito fosse del tutto opzionale.
Comunque, gli interventi che ho menzionato sono urgenti per risolvere un problema individuale e sociale quale quello della tossicodipendenza, che richiede campagne di sensibilizzazione su più vasta
scala finalizzate ad individuare, ad esempio - è stato ricordato dalla collega Zanella -, i cambiamenti nelle sostanze utilizzate, negli stili di vita e nei comportamenti dei consumatori; ma non so se sia il caso di proseguire ancora su questo piano.
Tutti gli aspetti ricordati appartengono a ciò che avrebbe dovuto essere. Tutto ciò lo abbiamo richiesto, a più voci, ma manca, e clamorosamente. Pertanto, mi auguro almeno che possa essere accettato questo ordine del giorno, che ha il valore di una petizione di principio e che vuol dire che noi non ci rassegniamo ad una vicenda di questo genere (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-L'Ulivo, dei Democratici di sinistra-L'Ulivo e Misto-Comunisti italiani).
PRESIDENTE. Constato l'assenza dell'onorevole Tanoni, che aveva chiesto di parlare per illustrare il suo ordine del giorno n. 9/6297/44: s'intende che vi abbia rinunziato.
L'onorevole Zanotti ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/6297/134.
KATIA ZANOTTI. Signor Presidente, prima di illustrare il mio ordine del giorno n. 9/6297/134, voglio svolgere una considerazione.
Credo, infatti, che almeno su un punto, in quest'aula, seppur divisi profondamente e radicalmente su questo provvedimento, possiamo essere d'accordo, ossia sul fatto che la lotta alla droga è un problema sociale molto serio e delicato che impone un rigore molto forte, necessario per definire percorsi utili ed adeguati sul terreno della prevenzione - su tale aspetto altri colleghi sono già intervenuti -, da un lato, e dall'altro, sul terreno del recupero e del reinserimento dei tossicodipendenti nella vita sociale e nelle loro attività lavorative.
Stiamo parlando, quindi, di una partita estremamente seria. Lo hanno già rilevato altri colleghi e voglio ripeterlo anch'io: è davvero vergognoso che non sia stato possibile discutere, trattare, affrontare e approfondire in Parlamento un tema così delicato, per tutta la problematicità, appunto, che esso evoca, in ragione delle questioni delicatissime cui fa riferimento.
È una seria mortificazione al lavoro parlamentare, e non è la prima. Concludiamo i nostri lavori - ahimè - dovendo denunciare, ancora una volta, questa seria mortificazione, perché si parla di persone che hanno alle spalle difficili percorsi di disagio, di sofferenza e di emarginazione; persone che avrebbero bisogno di sostegno, di politiche e di interventi molto precisi. Invece, non è così; con questo provvedimento si fa esattamente il contrario!
Come legislatori, si prova mortificazione per quelle persone che soffrono di disagi; e si prova profonda mortificazione anche per quegli operatori seri e rigorosi che operano nel territorio, resistendo spesso a situazioni molto difficili.
Ancora una volta, non è inutile ricordare il disinvestimento che il Governo ha operato in questi anni nei confronti delle politiche e dei servizi per la tossicodipendenza. È inutile ricordare le leggi finanziarie che si sono susseguite. Ancora una volta, lo denunciamo; ancora una volta, diciamo che si disinveste, e si dissipa anche il serio e cospicuo lavoro svolto in questo paese.
È pur vero che con il provvedimento in esame si persegue la linea di questo Governo: c'è un filo conduttore nella linea seguita dal Governo, che può indicarsi con alcune parole d'ordine, molto riassuntive e persino simboliche ed esemplificative del modo di legiferare su questioni che attengono le persone, i loro diritti, le loro libertà, i loro sostegni e, persino, la rimozione degli ostacoli quando si presentano disagi o percorsi esistenziali più difficili. Il filo comune della legislazione del centrodestra si può indicare con le parole d'ordine «reprimere e punire». Anche con questo provvedimento si reprime e si punisce: questa è la strada scelta.
Cosa propone questo provvedimento, se non l'enorme criminalizzazione di massa, senza distinzione alcuna, tra le diverse categorie di consumatori di sostanze stupefacenti? Lo abbiamo detto troppe volte, fino a sgolarci inutilmente: è un provvedimento
che finisce per equiparare il consumatore occasionale addirittura allo spacciatore professionale! Lo abbiamo affermato e non sappiamo più come dirlo: è una questione che meriterebbe di essere ripresa con grande serietà e saggezza. Purtroppo, con il voto di fiducia, altro che riprendere la questione! Si va avanti a voti di maggioranza.
Con questo provvedimento - lo abbiamo già detto nel corso della discussione sulle linee generali e anche in Commissione - state intervenendo in modo profondamente sbagliato, e non soltanto sulla legislazione in materia di stupefacenti. State intervenendo in modo profondamente sbagliato sulla vita e sul futuro di gran parte dei giovani di questo paese. State intervenendo in modo sbagliato - insisto - deprimendo le professionalità e le competenze degli operatori che in questi anni hanno resistito, nonostante le vostre politiche. State deprimendo esperienze di recupero e state dissipando patrimoni molto importanti concernenti il sostegno, la prevenzione e il rapporto con le famiglie: è una grande vergogna! L'unica prospettiva che proponete è la più disperata, la più cupa, la più definitiva, quella che non sembra offrire vie di uscita ad alcun tunnel; e il tunnel porta direttamente in carcere.
A proposito del tema trattato nel mio ordine del giorno, nella tabella che fa riferimento alle sostanze di cui sono proibite l'assunzione e il consumo, viene indicato il principio attivo della cannabis indica. Vorrei ricordare che questo Parlamento ha depositato alcune proposte di legge per un uso terapeutico del principio attivo della cannabis indica.
Voglio altresì ricordare che, nonostante le reiterate sollecitazioni, in questa legislatura non siamo mai riusciti ad aprire una discussione. Almeno dateci la possibilità di un confronto al riguardo! Ciò non è stato possibile.
Voglio fare presente, con questo ordine del giorno, che tutta la comunità scientifica internazionale converge nel considerare i derivati della cannabis quali potenti ausili terapeutici in molte gravi patologie: ad esempio, il contrasto della nausea per i malati terminali di tumore o, ancora, il controllo del vomito per i pazienti sottoposti a chemioterapia. Peraltro, si è scoperto che il principio attivo della cannabis indica aiuta molto e diventa un importante stimolante persino dell'appetito nella sindrome da deperimento causata dall'AIDS.
Dicevo, quindi, che c'è una scienza internazionale al riguardo. Ci sono state sperimentazioni e si sono favorevolmente pronunciati l'International Control Board dell'ONU e numerosi Governi stranieri. Ci sono persino regioni italiane che sono intervenute con ordini del giorno a favore dell'uso terapeutico della cannabis e dei suoi principi attivi.
Il tentativo di questo ordine del giorno è quello di mantenere una porta aperta per verificare le possibili iniziative per avviare una stretta e approfondita collaborazione con i centri di ricerca internazionale, al fine di assumere, finalmente, un provvedimento che preveda l'uso terapeutico della cannabis anche in questo paese.
È un tentativo contenuto in un ordine del giorno perché c'è stata sottratta qualsiasi possibilità di confronto.
Davvero mi auguro - come hanno già fatto altri colleghi - che, chiusa questa legislatura e svolte le elezioni politiche (auspico, ovviamente, che vinca la coalizione di centrosinistra, che si candida a governare), questo vergognoso provvedimento sulle tossicodipendenze, inserito nel provvedimento d'urgenza sulle Olimpiadi - un atto vergognoso! -, sia completamente azzerato, per riprendere una seria discussione nella nuova legislatura e per dare davvero una risposta, anche culturale, molto più seria al tema della prevenzione della tossicodipendenza (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo, della Margherita, DL-L'Ulivo e Misto-Comunisti Italiani).
PRESIDENTE. L'onorevole Alfonso Gianni ha facoltà di illustrare l'ordine del giorno Agostini n. 9/6297/97, di cui è cofirmatario.
ALFONSO GIANNI. Signor Presidente, ho sottoscritto e vorrei sostenere l'ordine
del giorno Agostini n. 9/6297/97, perché esso cerca di dare qualche implementazione e qualche concretezza ad una delle tante norme inserite a sorpresa dal Senato in questo decreto-legge, ossia quella che riguarda la lotta contro la contraffazione dei prodotti.
Vorrei dedicare qualche parola, tuttavia, anche al nocciolo centrale di questo decreto-legge, che, com'è noto, ormai ha a che fare per puro caso con le Olimpiadi, mentre la sostanza è rappresentata da questo dono elettorale fatto essenzialmente ad Alleanza nazionale, così come, a suo tempo, era stato fatto alla Lega per quanto riguardava le loro referenze e loro presunte competenze in materia di federalismo. Qui il dono viene fatto ad Alleanza nazionale in materia di cultura securitaria, di autoritarismo e di disprezzo delle libertà e dei diritti dei singoli.
È già stato sottolineato da parte di altri colleghi che basta guardare questo testo, introdotto dal Senato, per capire che siamo di fronte ad un vero e proprio capovolgimento del diritto dal punto di vista generale. In luogo dell'accertamento dei fatti, si spinge il magistrato ad agire in base ad una semplice apparenza. Può sembrare strano uno stravolgimento di questo genere. Può perfino sembrare una cosa impossibile ad un comune cittadino.
Eppure, una sua logica, per quanto perversa, esso ce l'ha. Infatti, è connaturato alle logiche di tipo proibizionista non punire il reato, ma l'intenzione di compierlo. Se guardiamo la storia dell'esperienza del proibizionismo, di questo si tratta: creare un clima di intolleranza generale entro il quale qualunque presunzione di reato è lecita e, in quanto tale, perseguibile. Siamo di fronte ad un testo che intende farci retrocedere, dal punto di vista della cultura giuridica, non solo sulla questione, in sé delicatissima, della lotta alla dedizione agli stupefacenti, ma assai più in generale.
D'altro canto - come è già stato osservato da molte colleghe e da molti colleghi - la cura nei confronti dei tossicodipendenti non riguarda semplicemente il corpo, ma l'equilibrio psicofisico della persona. Non può, quindi, che essere una cura personalizzata che mal sopporta orientamenti generici, divieti di carattere generale, assemblaggi tra dipendenze da droghe pesanti e da droghe leggere.
La maggioranza al Senato, che è stata la foglia di fico della volontà del Governo, è andata al di là dell'immaginabile. Non so se i colleghi hanno letto bene il testo introdotto al Senato. Vorrei chiedere al sottosegretario come egli interpreti, ad esempio, l'articolo 4-vicies-ter, comma 3, lettera a), punto 4), laddove, nell'elenco dei divieti, si parla di «ogni altra sostanza che produca effetti sul sistema nervoso centrale ed abbia capacità di determinare dipendenza fisica o psichica (...)». In base ad una norma così genericamente formulata, per estensione, si può intendere l'alcol, il caffè, od altre cose. Oppure, nella tabella, tra le sostanze stupefacenti, si potrà riscontrare la presenza di erbe che rientrano nella cucina comune e sono vendute da normali fruttivendoli, come la salvia divinorum pianta (che troviamo a pagina 169). Siamo, cioè, di fronte alla criminalizzazione di tutte le produzioni naturali che possono contenere in sé un principio eccitante e modificativo dello stato della persona, per un breve o per un lungo periodo.
Si tratta di una logica che si contrappone a quella che è stata nel suo complesso la storia dell'umanità. Se volessimo dare retta agli estensori di questo decreto-legge dovremmo considerare la storia dell'alimentazione umana, per intero, come una storia di perversione e di cedimento a varie forme, più o meno sofisticate, di dipendenza dagli stupefacenti. Il droghiere, negoziante ormai superato dalla grande distribuzione, così si chiama perché vende droghe, le quali, in alcuni periodi della storia, hanno avuto un'importanza pari a quella dell'oro per quanto riguarda l'essere pilastro nelle transazioni monetarie: il pepe, ad esempio, lo è stato, come il caffè.
Ricordo tra le cantate del «divino» Bach, una tra quelle profane, forse la più famosa, detta la Cantata del Caffè, nella quale due voci, una maschile ed una
femminile, si inseguono. Quella maschile è il padre che cerca di convincere la figlia a non essere dipendente da questa nuova e, per allora, solo da poco conosciuta sostanza e, in cambio, le promette «mari e monti» e l'intera eredità.
Posso anche ricordare come uno studioso dell'alimentazione scomparso di recente, un grande etnologo come Piero Camporesi, affermava che le frequenti apparizioni di Madonne, santi e Trinità al completo, nelle storie rurali nei secoli scorsi, fossero da ascriversi a pancia vuota di alimentazione sostanziosa e riempita dal normale coriandolo, che ancora si usa nella haute cuisine moderna.
L'elenco potrebbe continuare. Sottosegretario Mantovano, vogliamo scherzare con questo lungo elenco di tabelle? Non credo che si tratti semplicemente di qualche errore; si tratta di essere prigionieri di una logica di tipo proibizionista, che porta le intenzioni del legislatore molto più in là di dove quelle già negative avrebbero voluto arrivare, molto più in là di quanto avrebbero voluto effettivamente fare.
Ecco le ragioni della nostra totale contrapposizione al provvedimento. Mi auguro, anche se purtroppo so che non sarà così, che la norma in esame non possa avere corso. Basterebbe che chi avrà il compito di promulgarla tenesse conto della totale disomogeneità delle materie comprese, che «fanno a pugni» con i principi contenuti nell'articolo 77 della Costituzione in materia di decretazione d'urgenza, oltre che «fare a pugni» con il buon senso e la leggibilità per il comune cittadino delle leggi promulgate dal Presidente della Repubblica e legiferate dal Parlamento.
Siamo di fronte ad un obbrobrio che ha evidenti ragioni elettorali, di fronte ad un compito che si impone alle forze dell'Unione, qualora - come mi auguro - vincessero le elezioni del 9 aprile, e che, come è stato osservato anche dai colleghi della destra in Assemblea, è certamente gravoso, cioè abrogare oltre alla legge n. 30 del 2003, alle cosiddette leggi Moratti e Bossi-Fini, anche quest'ultima mostruosità in materia non di lotta ai pusher (che persino penetrano nei meandri dei ministeri di questo Governo, portando la loro merce), ma di lotta contro ragazzi, persone che in un momento di debolezza assumono dipendenza da uno od altro stupefacente, che hanno bisogno di una cultura della solidarietà, di attenzione alle problematiche dei singoli, di un'estensione dei principi di una vita comunitaria, che non trovano risposta in una logica puramente repressiva, poliziesca e del tutto incongrua rispetto al fine, qui, proclamato (Applausi dei deputati dei gruppi di Rifondazione comunista, dei Democratici di sinistra-L'Ulivo e Misto-Comunisti italiani).
PRESIDENTE. L'onorevole Valpiana ha facoltà di illustrare l'ordine del giorno Pisapia n. 9/6297/221, di cui è cofirmataria.
TIZIANA VALPIANA. Signor Presidente, vorrei richiamare l'attenzione del Governo sull'ordine del giorno Pisapia n. 9/6297/221, da me sottoscritto, perché, a differenza di qualcun altro dei duecentoventi ordini del giorno presentati, non è di carattere ostruzionistico, nascendo anzi, su suggerimento del presidente Pecorella, da un emendamento da noi presentato durante l'esame in sede di Commissioni riunite II e XII, per raccomandare al Governo l'adozione e la prosecuzione delle politiche di riduzione del danno. Il presidente Pecorella, in quella sede, si è trovato d'accordo sul merito dell'emendamento e ci ha quindi suggerito - considerata la facilità con cui il Governo avrebbe posto la questione di fiducia - di ritirarlo e di trasfonderne il contenuto in un ordine del giorno. È ciò che abbiamo fatto con tale ordine del giorno, che impegna il Governo in ordine a questioni molto semplici e che si basa su una serie di considerazioni che vorrei svolgere brevemente.
Prima di tutto, vorrei richiamare ancora una volta (è stato fatto molte volte in quest'aula, ma credo sia importante) il referendum popolare del 1993, contro cui il provvedimento in esame si pone in maniera netta, reintroducendo la sanzione del carcere anche per chi detiene sostanze
stupefacenti ad uso personale (la quantità minima necessaria sarà definita in un secondo momento attraverso un decreto ministeriale).
Il fatto di proporre una sanzione detentiva anche per i consumatori impedirà a molte strutture socio-sanitarie, che lavorano già per contrastare la tossicodipendenza, di aiutare i tossicodipendenti, soprattutto nell'opera di disintossicazione, contribuendo sicuramente ad aumentare l'emarginazione, nonché il numero dei morti per droga e dei detenuti tossicodipendenti.
Sono circa 17 mila i detenuti tossicodipendenti presenti nelle nostre carceri sovraffollate; in tali strutture, la situazione dell'assistenza sanitaria è tristissima, dal momento che non se ne occupa più il Ministero della giustizia e nemmeno, come dovrebbe, il Ministero della sanità (al riguardo, una riforma era stata avviata dal centrosinistra, ma è stata lasciata a metà del guado dal centrodestra). In una situazione così drammatica, aumenterà in maniera esponenziale il numero dei detenuti tossicodipendenti.
A tale proposito, vorrei richiamare - sono contenta che sia presente il Presidente della Camera - una cosa spiacevole che si è verificata in questa legislatura.
Le Commissioni giustizia e affari sociali, su istanza delle opposizioni, hanno iniziato e portato avanti un'indagine conoscitiva sulla salute penitenziaria. Vi è stato un lavoro di due anni, che si è arenato, senza la produzione di una relazione finale o l'approvazione di un documento conclusivo. Vorrei stigmatizzare questo fatto, dal momento che altre indagini conoscitive, iniziate negli ultimi 29 giorni di legislatura, non solo si sono concluse con una relazione, ma hanno ricevuto grande attenzione da parte del paese per il can-can che si è manifestato in ordine alla legge n. 194 del 1978. Evidentemente, la salute dei 60 mila detenuti e dei 17 mila tossicodipendenti presenti nelle carceri interessa meno rispetto alla propaganda che si è diffusa contro l'autodeterminazione delle donne ed il lavoro svolto nei consultori familiari in questi anni.
Tornando sulla questione, molti altri paesi europei hanno spostato il centro delle politiche di controllo delle droghe dal penale al sociale, e lo hanno fatto investendo proprio sulla riduzione del danno.
A Vienna, al summit delle Nazioni Unite sulle droghe, nell'aprile 2003, i rappresentanti dei Governi di Regno Unito, Francia, Germania, Portogallo, Belgio, Olanda, Irlanda e Svizzera hanno affermato di seguire la politica della riduzione del danno. Hanno così depenalizzato completamente la detenzione per uso personale, distinguendo nettamente tra droghe cosiddette leggere e droghe cosiddette pesanti. È esattamente il contrario di ciò che ci si propone di fare con il provvedimento in esame, che intende unificare tutte le sostanze, senza tenere conto della diversità dei vari circuiti, accomunando il consumatore personale con lo spacciatore e con altri soggetti.
Per quanto riguarda l'Italia, si sono svolte ben tre conferenze governative sulle droghe, quella di Palermo del 1993, quella di Napoli del 1997 e quella di Genova del 2000, che hanno investito sulle politiche di riduzione del danno.
In merito a tali politiche, potremmo prevedere misure già sperimentate ed altre innovative: per esempio, l'analisi gratuita delle sostanze, affinché i consumatori sappiano cosa viene loro venduto, al fine di evitare l'assunzione di sostanze letali, nonché luoghi igienicamente idonei per l'assunzione di sostanze, magari sotto controllo medico e con distribuzione gratuita di siringhe, per evitare la trasmissione di malattie tra consumatori tossicodipendenti. Con queste politiche, non solo diminuirebbero le morti per overdose o malattie correlate, ma soprattutto si potrebbe creare un rapporto di fiducia tra i consumatori e gli operatori, in modo da dare a queste persone un supporto complessivo di carattere sociale, sanitario e psicologico.
L'impegno che noi chiediamo al Governo con questo ordine del giorno - sul
quale sicuramente il Governo non potrà che esprimere un parere favorevole, perché già di fatto in Commissione si è presentata questa situazione - è di sostenere politiche attive di riduzione del danno, nel solco della normativa europea, e di rafforzare i budget pubblici per le tossicodipendenze, rivedendo l'impianto del testo unico - quindi, modificandolo completamente rispetto a quello che ci proponete con questo decreto - in direzione di politiche di riduzione del danno, in modo da intraprendere azioni in favore dei diritti e delle libertà fondamentali delle persone tossicodipendenti, in virtù - come scriviamo nel nostro ordine del giorno - della universalità dei diritti umani.
PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole Valpiana.
TIZIANA VALPIANA. Vorrei rubare ancora un minuto ed approfitto della presenza del Presidente della Camera per fare una battuta. Sono convinta che il Presidente Casini capirà che non voglio mancargli di rispetto e, soprattutto, che faccio questa battuta per la stima che ha saputo guadagnarsi in questi cinque anni di Presidenza.
Nella discussione sulle linee generali di questo provvedimento, un collega ha fatto cenno ad una sua dichiarazione, con la quale egli ha ammesso di essersi fatto uno spinello quando aveva 16 anni. Signor Presidente, io non ho mai avuto esperienze di questo tipo, ma non mi sembra che quell'esperienza l'abbia resa una persona pericolosa, debole o nociva per la società. Mi sembra però che, se questa legge fosse stata in vigore quando lei aveva 16 anni, la sua vita sarebbe diventata un percorso ad ostacoli: le sarebbe stata ritirata la patente, avrebbe dovuto firmare prima e dopo l'ingresso a scuola, le sarebbe stato tolto il passaporto; cioè, avrebbe iniziato un percorso di vita ad ostacoli e di criminalizzazione, che forse non l'avrebbe portata dove si trova oggi e dove noi abbiamo il piacere che lei si trovi oggi.
Per tutti i ragazzi che hanno 16 anni oggi, chiedo sia a lei sia al Governo di riflettere profondamente prima di varare un simile provvedimento (Applausi dei deputati del gruppo di Rifondazione comunista).
PRESIDENTE. L'onorevole Grillini ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/6297/174.
FRANCO GRILLINI. Signor Presidente, intervengo per illustrare il mio ordine del giorno n. 9/6297/174, in cui si evidenzia la possibilità - che tra l'altro si è già verificata, purtroppo, in molte situazioni - che ragazzi e ragazze entrino nel circuito penale perché, come hanno sottolineato altri colleghi, questa legge criminalizza in modo grave un comportamento che è considerato normale da milioni di persone (non soltanto da qualcuno). È considerato così normale che ha prodotto un tipo di subcultura giovanile consistente nel farsi lo spinello, nel farsi la canna, che ha prodotto un linguaggio legato a questo comportamento che, il più delle volte, è un comportamento di socializzazione.
Come affermano tutti i lavori scientifici, nella misura in cui questo comportamento non è eccessivo, non produce alcun danno o, perlomeno, non ne produce più di quanto non sia l'eccedere nel cibo o in altri comportamenti.
Nel momento in cui un comportamento di massa viene fatto rientrare in un circuito penale, in un circuito di criminalizzazione, si corre, dal punto di vista psicologico, un rischio fortissimo, soprattutto per i giovani e i giovanissimi. E questo rischio fortissimo va prevenuto. Proprio per tale motivo, ho presentato un ordine del giorno. Al fine di prevenire questo rischio, il Governo deve impegnarsi, attraverso le strutture preposte, a porre un'attenzione particolare affinché ciò che oggi è considerato normale, ma che quando il provvedimento in esame sarà approvato diventerà oggetto della legge penale, non si trasformi in una tragedia. Ciò è già successo e credo accadrà nuovamente, tenuto conto che con la legge vigente il consumo di qualche spinello è sanzionato solo amministrativamente, mentre con la nuova
legge sarà quasi sempre sanzionato penalmente.
A questo proposito, desidero evidenziare che non è dato sapere qual è la quantità che farà ricadere nel penale quello che oggi ha rilevanza amministrativa. Difatti, il provvedimento in esame non indica la quantità. È, pertanto, bizzarro che si approvi una legge la cui applicazione dipende interamente da una questione di quantità e quest'ultima non venga indicata. La quantità, infatti, la deciderà un ministro attraverso un decreto ministeriale di cui non si conoscono, perché la legge non li indicherà, i criteri. Conseguentemente, tale quantità potrebbe oscillare, ad esempio, da 0,00 grammi ad un chilogrammo. Potrebbe, quindi, avvenire che il ministro in questione decida che tale quantità ammonti, ad esempio, ad un chilogrammo. Sarebbe sufficiente ciò a qualificare il testo di questo provvedimento e, conseguentemente, a sconsigliarne la sua improvvida, per quanto rapida, approvazione.
Presidente Casini, conoscendo la sua indole, che la porta ad essere particolarmente sensibile a questi argomenti, desidero sottoporre alla sua attenzione e a quella dell'Assemblea alcune storie drammatiche che sono successe, e che purtroppo potrebbero accadere nuovamente, con effetti ancora maggiori, se il provvedimento in esame sarà approvato.
Faccio riferimento, in particolare, al seguente articolo pubblicato da il manifesto: «Pantelleria 24 marzo 2005. I carabinieri gli piombano in casa, trovano alcuni vasetti di marijuana appena germogliata e fanno scattare subito le manette. Il giorno dopo Giuseppe legge il suo nome sui giornali, assieme a quelli di altri ragazzi arrestati per qualche pasticca di ecstasy, e di altri ancora, che abitano in un'altra città, al di là del Canale di Sicilia, che con lui hanno in comune solo l'età. L'impatto è micidiale. I genitori, anziani coltivatori, sono sconvolti. Il figlio è un "drogato". A Giuseppe crolla il mondo addosso. Prende una corda, la lega forte al soffitto e si lascia andare. Così muore un giovane di 23 anni. Così muore un ragazzo normale, con un diploma di geometra in tasca e una vita tutta ancora da vivere. Sette vasetti di marijuana coltivati in casa e una legge che crea tossicodipendenti e accomuna consumatori a trafficanti lo hanno ucciso. Giuseppe non ha retto all'onta, si è impiccato, soffocato dalla morale proibizionista che trasforma ragazzi normali in mostri, che li sbatte sui giornali, accanto a mafiosi e criminali. Il corpo di Giuseppe è stato trovato domenica dal fratello, un ragazzino di appena 18 anni che probabilmente non si libererà facilmente di quell'immagine di morte».
PRESIDENTE. Onorevole Grillini, concluda.
FRANCO GRILLINI. Ho già finito il tempo? Che strano, quando si parla di certi argomenti il tempo vola. Di casi come quello appena raccontato ne volevo citare diversi, ma, dato che il tempo a mia disposizione è esaurito, mi limito a quello citato.
L'articolo prosegue: «Chiuso in casa, dov'era agli arresti domiciliari, è stato stritolato da un macigno di infamità e, quando i carabinieri gli hanno comunicato che il giorno dopo sarebbe stato condotto a Trapani per il processo per direttissima, ha pensato di farla finita. Chissà cosa gli sarà passato per la testa. È uscito di casa, al bar ha incontrato alcuni amici, un modo per dare l'ultimo saluto, è rientrato in tempo per pranzare con gli anziani genitori. Poi, nel silenzio e nella solitudine il gesto estremo. Non si può morire a 23 anni per alcune piantine di marijuana, dice un suo amico (...)».
Signor Presidente, sono tra coloro che condividono da sempre l'idea di un diritto penale mite. La legge penale dovrebbe intervenire il meno possibile nella vita delle persone. Con questo provvedimento, essa interviene nella vita di milioni di persone, delle loro famiglie e dei loro genitori, e pone tutte le condizioni per rovinargliela. Vi chiederei pertanto di fermarvi e di ripensarci. Ma, se proprio non potete, predisponete perlomeno strutture di aiuto psicologico per i ragazzini che
cadranno purtroppo nelle maglie di questa legge, che ha tutte le caratteristiche per stritolarli.
PRESIDENTE. Sono così conclusi gli interventi per l'illustrazione degli ordini del giorno.
Qual è il parere del Governo sugli ordini del giorno presentati?
ALFREDO MANTOVANO, Sottosegretario di Stato per l'interno. Il Governo accetta l'ordine del giorno Pecorella n. 9/6297/1 nonché l'ordine del giorno Giachetti n. 9/6297/2, quest'ultimo a condizione che sia riformulato nel senso di sopprimere le parole «attraverso l'istituzione presso la Presidenza del Consiglio dei ministri di un Dipartimento per tutte le politiche giovanili,».
Il Governo accetta l'ordine del giorno Tuccillo n. 9/6297/3, mentre non accetta gli ordini del giorno Rocchi n. 9/6297/4 e Fioroni n. 9/6297/5. Si invita al ritiro dell'ordine del giorno Mosella n. 9/6297/6, altrimenti il parere è contrario; ciò in quanto già esiste un codice di autoregolamentazione delle discoteche, stilato in collaborazione con il Ministero dell'interno. Si invita al ritiro anche dell'ordine del giorno Volpini n. 9/6297/7, perché già esiste quanto da esso richiesto.
Inoltre, il Governo non accetta gli ordini del giorno Lusetti n. 9/6297/8, Bimbi n. 9/6297/9 e Burtone n. 9/6297/10, mentre invita al ritiro dell'ordine del giorno Milana n. 9/6297/11, in quanto ciò che è previsto dall'ordine del giorno è già desumibile dalla normativa in vigore in materia di violenza negli stadi, in collaborazione con associazioni ed enti. Per le stesse ragioni, il Governo invita al ritiro, altrimenti il parere è contrario, degli ordini del giorno Carra n. 9/6297/12 e Rusconi n. 9/6297/13.
Il Governo accetta l'ordine del giorno Dorina Bianchi n. 9/6297/14, non accetta l'ordine del giorno Villari n. 9/6297/15, accetta l'ordine del giorno Squeglia n. 9/6297/16, non accetta l'ordine del giorno Mantini n. 9/6297/17, accoglie come raccomandazione l'ordine del giorno Sinisi n. 9/6297/18, non accetta l'ordine del giorno Duilio n. 9/6297/19, accoglie come raccomandazione gli ordini del giorno da Rosato n. 9/6297/20 a Delbono n. 9/6297/27 (in quanto il Governo ha già assunto degli impegni in questa direzione), non accetta gli ordini del giorno Stradiotto n. 9/6297/28 e Camo n. 9/6297/29, accetta gli ordini del giorno Giovanni Bianchi n. 9/6297/30 e Marcora n. 9/6297/31, accoglie come raccomandazione gli ordini del giorno Vernetti n. 9/6297/32 e Mattarella n. 9/6297/33, accetta l'ordine del giorno Tonino Loddo n. 9/6297/34.
Il Governo non accetta gli ordini del giorno da Pinza n. 9/6297/35 a Diliberto n. 9/6297/79, nella maggior parte dei casi perché non si condividono le premesse. Il Governo inoltre accetta l'ordine del giorno Armando Cossutta n. 9/6297/80, accoglie come raccomandazione gli ordini del giorno Maura Cossutta n. 9/6297/81 e Bellillo n. 9/6297/82, invita al ritiro dell'ordine del giorno Sciacca n. 9/6297/83 (perché esiste già un codice di autoregolamentazione). Si invita inoltre al ritiro, altrimenti il parere è contrario, dell'ordine del giorno Pistone n. 9/6297/84, in quanto già sussiste quanto da esso richiesto.
Il Governo non accetta l'ordine del giorno Galante n. 9/6297/85 ed invita al ritiro (altrimenti il parere è contrario) dell'ordine del giorno Vertone n. 9/6297/86, perché l'assistenza sanitaria è comunque garantita ai soggetti menzionati in questo ordine del giorno. Inoltre, il Governo non accetta gli ordini del giorno da Franci n. 9/6297/87 a Pecoraro Scanio n. 9/6297/90, accetta gli ordini del giorno Lion n. 9/6297/91 e Cima n. 9/6297/92, non accetta gli ordini del giorno Bulgarelli n. 9/6297/93 e Boato n. 9/6297/94.
Il Governo accetta gli ordini del giorno Abbondanzieri n. 9/6297/95, Adduce n. 9/6297/96, Agostini n. 9/6297/97, Albonetti n. 9/6297/98 e Angioni n. 9/6297/99.
Sugli ordini del giorno da Amici n. 9/6297/100 a Cennamo n. 9/6297/121 vi è un invito al ritiro, altrimenti il parere è contrario, dal momento che quanto viene richiesto in questi ordini del giorno interessa
tutte le Forze di polizia, non può essere frazionato regione per regione o per Corpi di polizia.
Il Governo non accetta gli ordini del giorno da Chianale n. 9/6297/122 a Grillini n. 9/6297/174.
Gli ordini del giorno Nannicini n. 9/6297/175 e Nieddu n. 9/6297/176 sono accolti come raccomandazione. Il Governo non accoglie gli ordini del giorno da Nigra n. 9/6297/177 a Trupia n. 9/6297/213.
Infine, gli ordini del giorno Turco n. 9/6297/214, Michele Ventura n. 9/6297/215, Vianello n. 9/6297/216 e Visco n. 9/6297/219 sono accolti come raccomandazione, mentre il Governo non accetta gli ordini del giorno Vigni n. 9/6297/217, Violante n. 9/6297/218, Zunino n. 9/6297/220 e Pisapia n. 9/6297/221.
PRESIDENTE. Prendo atto che non vi sono richieste di intervento per dichiarazioni di voto sul complesso degli ordini del giorno.
Il seguito dell'esame del provvedimento proseguirà nella giornata di domani, direttamente con la votazione degli ordini del giorno.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato: Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 30 dicembre 2005, n. 273, recante definizione e proroga di termini, nonché conseguenti disposizioni urgenti. Proroga di termini relativi all'esercizio di deleghe legislative.
PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Avverto che il presidente del gruppo parlamentare della Margherita, DL-L'Ulivo ne ha chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del regolamento.
Avverto altresì che la I Commissione (Affari costituzionali) si intende autorizzata a riferire oralmente.
Il relatore, onorevole Palma, ha facoltà di svolgere la relazione.
NITTO FRANCESCO PALMA, Relatore. Signor Presidente, il provvedimento all'esame dell'Assemblea, recante proroga di termini legislativi, risultava originariamente composto di 40 articoli, prima delle rilevanti modifiche introdotte in occasione dell'esame da parte dall'altro ramo del Parlamento.
Con riferimento al testo originario, l'articolo 1 proroga di un anno il termine per la presentazione dell'istanza da parte del creditore finalizzata alla definizione transattiva delle controversie relative ai progetti speciali e alle altre opere di competenza dell'ex Agensud, mentre l'articolo 2 reca un'ulteriore proroga di sei mesi del termine per la gestione transitoria da parte della Banca nazionale del lavoro del nuovo fondo per il sostegno alla cinematografia.
L'articolo 3, oltre a prorogare, al comma 1, il termine per la privatizzazione o la trasformazione di enti pubblici, limitatamente a quelli per i quali non sia intervenuto il prescritto decreto del Presidente del Consiglio, prevede, al comma 2, la proroga del termine per la revisione dello statuto, l'approvazione del regolamento di organizzazione e funzionamento dell'Istituto per la storia del Risorgimento italiano, nonché per il rinnovo dei relativi organi statutari. Il comma 2-bis dello stesso articolo 3 estende invece ad un massimo di due anni il termine di proroga
che le regioni possono disporre in materia di trasporto pubblico locale.
L'articolo 4 proroga il mandato dei componenti in carica dei consigli della Rappresentanza Militare, mentre l'articolo 5 dispone l'ulteriore proroga del termine per l'adeguamento alle vigenti regole tecniche di prevenzione incendi previsto per le strutture turistico-alberghiere.
L'articolo 6 reca una proroga per l'anno scolastico 2006-2007 dell'applicazione della disposizione transitoria, contenuta nella cosiddetta legge Moratti, di cui alla legge n. 53 del 2003, in materia di iscrizione al primo anno della scuola dell'infanzia, mentre l'articolo 7 proroga il termine a disposizione dell'Università «Carlo Bo» di Urbino per la definizione di un piano programmatico finalizzato al suo risanamento economico-finanziario.
L'articolo 8 reca una proroga del termine riferito alla determinazione del limite del 90 per cento quale livello massimo di spesa per il personale sul totale dei trasferimenti statali disposti annualmente attraverso il fondo di finanziamento ordinario delle università.
L'articolo 9 autorizza l'Istituto nazionale di documentazione per l'innovazione e la ricerca educativa ad avvalersi di personale assunto a tempo determinato per la realizzazione del programma comunitario Socrates.
L'articolo 10 introduce proroghe per gli adempimenti previsti in materia di misure minime di sicurezza nel trattamento dei dati personali dagli articoli 180 e 181 del Testo unico sulla privacy, di cui al decreto legislativo n. 196 del 2003.
L'articolo 11 proroga taluni dei termini in materia di definizione di illeciti edilizi contenuti nell'Allegato 1 al decreto-legge n. 269 del 2003.
L'articolo 12 estende a tutto il 2006 l'applicazione del «tetto» di incremento del 20 per cento al diritto annuale dovuto alle camere di commercio dalle imprese iscritte o annotate nel registro delle imprese.
L'articolo 13 dispone un'ulteriore proroga di alcuni termini in materia di edilizia residenziale pubblica, in particolare per programmi straordinari a favore dei dipendenti delle amministrazioni dello Stato impegnati nella lotta alla criminalità organizzata.
L'articolo 14 estende all'anno 2006 le disposizioni in materia di programmazione e gestione da parte della Società per lo sviluppo dell'arte, della cultura e dello spettacolo della quota degli stanziamenti previsti per infrastrutture destinata alla spesa per la tutela e gli interventi a favore dei beni e delle attività culturali.
L'articolo 15 introduce la proroga della disciplina transitoria relativa al calcolo dei canoni per l'utilizzo dell'infrastruttura ferroviaria.
L'articolo 16 conferma nella carica, fino al 30 aprile 2007, i componenti del Consiglio nazionale degli studenti universitari, oltre a conferire il diritto di voto agli studenti eletti dal detto Consiglio quali rappresentanti nel Consiglio universitario nazionale.
L'articolo 17 reca modifiche ai commi 2-bis e 2-ter dell'articolo 72 del codice della strada, al fine di prorogare il termine entro il quale gli autoveicoli, i rimorchi ed i semirimorchi adibiti al trasporto di cose devono essere equipaggiati con strisce posteriori e laterali retroriflettenti, nonché la data a decorrere dalla quale gli autoveicoli devono essere equipaggiati con dispositivi atti a ridurre la nebulizzazione dell'acqua in caso di precipitazioni.
L'articolo 18 prevede, al comma 1, la proroga al 31 dicembre 2006 dei giudici onorari aggregati di tribunale in scadenza di mandato, oltre a prolungare, al comma 2, al 30 aprile di ciascun anno il termine entro cui è bandito il concorso pubblico per la nomina a consigliere di Stato. Il comma 3 del medesimo articolo 18 reca l'interpretazione autentica di una norma della legge finanziaria 2005 che prevedeva l'assunzione prioritaria di candidati a magistrato del Consiglio di Stato risultati idonei al relativo concorso, mentre il comma 4 aumenta, conseguentemente, di una unità la dotazione organica del Consiglio di Stato.
L'articolo 19 reca la proroga del termine di scadenza per la completa conversione
del sistema televisivo su frequenze terrestri dalla tecnica analogica alla tecnica digitale.
L'articolo 20 dispone, al comma 1, che la proroga del trattamento straordinario di integrazione salariale per crisi aziendale fino ad un periodo di 12 mesi oltre gli ordinari limiti di durata del trattamento medesimo deve essere concessa sulla base di specifici accordi in sede governativa. Per tale finalità, viene elevato il limite complessivo di spesa da 43 a 63 milioni di euro. Il comma 2 proroga la possibilità di iscrizione nelle liste di mobilità per i lavoratori delle piccole imprese licenziati per giustificato motivo oggettivo connesso a riduzione, trasformazione o cessazione di attività o di lavoro.
L'articolo 21 proroga all'anno 2007 l'autorizzazione a disporre il transito di 149 unità di ufficiali dell'Esercito, della Marina e dell'Aeronautica nel ruolo tecnico-logistico dell'Arma dei carabinieri.
L'articolo 22 proroga alcuni termini previsti per l'adeguamento degli impianti esistenti di incenerimento e di coincenerimento.
L'articolo 23, ai commi 1, 2 e 3, proroga il periodo transitorio degli affidamenti e delle concessioni per l'attività di distribuzione del gas naturale in essere al 21 giugno 2000, anche con riferimento alla sussistenza di comprovate e motivate ragioni di pubblico interesse, fatta comunque salva la facoltà di riscatto anticipato del servizio, durante il periodo transitorio, qualora tale facoltà sia stabilita nei relativi atti di affidamento o di concessione. I commi 4, 5 e 5-bis dello stesso articolo 23 prorogano sia i termini della durata delle concessioni e degli affidamenti previsti per la realizzazione delle reti e la gestione della distribuzione di gas naturale nell'ambito del programma di metanizzazione del Mezzogiorno, sia i termini per l'adeguamento alle prescrizioni contenute nei decreti autorizzativi di impianti che generano emissioni in atmosfera, nonché i termini di presentazione delle domande di liquidazione degli interventi destinati alle imprese del settore tessile, dell'abbigliamento e calzaturiero, ai fini dello sviluppo del commercio elettronico che sono scaduti nel 2005.
L'articolo 24 differisce l'efficacia della disposizione che prevede che l'aliquota del 12,50 per cento, prevista per l'imposta sull'assicurazione obbligatoria per la responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli o dei natanti, si applichi anche nel caso in cui con lo stesso contratto siano assicurati anche altri rischi inerenti al veicolo o al natante ovvero ai danni causati dalla loro circolazione.
L'articolo 25 proroga di un anno il termine per il completamento delle procedure di trasferimento delle funzioni in materia di catasto ai comuni.
L'articolo 26 proroga al 31 dicembre 2007 la durata del Fondo per lo sviluppo della meccanizzazione in agricoltura.
L'articolo 27 prevede la rideterminazione della composizione degli organi delle liquidazioni dei consorzi agrari in liquidazione coatta amministrativa o in amministrazione straordinaria e la costituzione di una commissione ad hoc per la valutazione dell'attività dei consorzi agrari.
L'articolo 28 è volto a prorogare talune disposizioni in materia di autorizzazione ad assunzioni di personale nelle pubbliche amministrazioni.
L'articolo 29 proroga il termine per il completamento del processo di trasformazione e soppressione degli enti pubblici. L'articolo 30 estende fino al 2010 l'applicazione del credito d'imposta per i giovani imprenditori agricoli che accedono al premio di primo insediamento.
L'articolo 31 riapre i termini per effettuare le comunicazioni prescritte relativamente alla cessione di partecipazioni che abbiano dato luogo a minusvalenze, oltre a specificare che la destinazione della quota del 5 per mille dell'imposta sul reddito delle persone fisiche per finalità di sostegno al volontariato, finanziamento della ricerca o attività sociali, prevista in via sperimentale per il 2006 dalla legge finanziaria per il 2006, s'intende riferita al periodo di imposta 2005.
L'articolo 32 reca disposizioni in materia di invio ai Ministeri competenti e alla
Ragioneria generale dello Stato dei bilanci degli enti sottoposti alla vigilanza governativa.
L'articolo 33 prevede il trasferimento delle risorse destinate alla gestione dell' «Esposizione permanente del design italiano e del made in Italy» ad un'apposita Fondazione istituita presso il Ministero delle attività produttive.
L'articolo 34 autorizza il Centro elaborazione dati del dipartimento per i trasporti terrestri del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti a prorogare ulteriormente il contratto vigente fino al 31 dicembre 2006.
L'articolo 35 interviene in materia di procedure di reclutamento dei professori universitari, estendendo la possibilità di bandire le procedure di valutazione comparativa ai sensi della normativa precedente.
L'articolo 36 assimila allo stato di crisi lo stato di insolvenza, ai fini dell'applicazione della disciplina di cui all'articolo 160 della legge fallimentare.
L'articolo 37 estende l'ambito di applicazione degli interventi per la reindustrializzazione e promozione industriale ad alcune aree della regione Puglia, caratterizzate da elevata specializzazione nel settore del «tessile, abbigliamento, calzaturiero».
L'articolo 38 attribuisce nuovi benefici, nel 2006, per le farmacie con un fatturato ridotto.
L'articolo 39 è volto ad introdurre una deroga al principio della conservazione in bilancio delle quote dei limiti di impegno relativi alla legge obiettivo, autorizzati nel 2002 e nel 2003, disponendo che le quote non utilizzate entro il 31 dicembre 2005, che secondo la normativa vigente costituirebbero economie di bilancio, vengano reiscritte nella competenza degli esercizi successivi a quelli terminali dei rispettivi limiti.
Il Senato ha introdotto invece l'articolo 1-bis, che amplia la definizione dei cosiddetti «servizi a domanda individuale», rilevanti ai fini di cui al testo unico dell'ordinamento degli enti locali, l'articolo 4-bis che proroga il termine per l'esercizio della facoltà, attribuita all'amministrazione della difesa, di avvalersi di tecnici liberi professionisti per svolgere le attività inerenti all'accatastamento delle proprie infrastrutture, l'articolo 4-ter, che differisce di un anno il termine per la conclusione dell'attività dell'Alta Commissione di studio per la definizione dei meccanismi strutturali del federalismo fiscale, l'articolo 4-quater, recante l'interpretazione autentica di una disposizione relativa all'individuazione degli immobili non ubicati nelle infrastrutture militari da sottoporre alla procedura di cartolarizzazione.
L'articolo 19-bis consente l'impiego di alcune tecniche di comunicazione a distanza da parte del professionista; l'articolo 20-bis prevede modifiche circa l'ambito di attività e la natura degli enti interessati dalla possibilità di percepire contributi a carico dello Stato previsti dalla legge n. 40 del 1987.
L'articolo 22-bis prevede un diverso termine di conferimento per le discariche di tipo ex 2A e per inerti; l'articolo 23-bis consente la proroga, per una sola volta, delle vigenti convenzioni per la gestione di interventi a favore delle imprese artigiane; l'articolo 23-ter dispone la possibilità di un ulteriore incremento biennale della durata degli incarichi di esperti esterni alla pubblica amministrazione della cui opera può avvalersi l'ufficio che cura l'adempimento dei compiti relativi alla Convenzione sulla proibizione dello sviluppo, produzione, immagazzinaggio ed uso di armi chimiche e sulla loro distruzione; l'articolo 23-quater proroga il termine per le denunce dei pozzi; l'articolo 23-quinquies reca una serie di disposizioni rivolte alle imprese danneggiate dagli eventi alluvionali del 1994; l'articolo 24-bis differisce l'applicazione di alcune disposizioni per la tutela del risparmio e la disciplina dei mercati finanziari; l'articolo 28-bis differisce il termine per il riconoscimento della cittadinanza italiana agli emigrati dai territori attualmente italiani, già austroungarici, ed ai loro discendenti; l'articolo 31-bis differisce la decorrenza dell'efficacia delle disposizioni
del codice del consumo concernenti l'obbligo di indicare il Paese d'origine su taluni prodotti.
L'articolo 39-bis abroga talune disposizioni in materia di custodia degli animali da pelliccia negli allevamenti. L'articolo 39-ter prevede il differimento alla prossima stagione calcistica (2006-2007) dell'adozione dei nuovi requisiti di sicurezza strutturale degli impianti sportivi. L'articolo 39-quater proroga l'entrata in vigore del complesso delle riforme del processo civile contenute, rispettivamente, nel decreto-legge n. 35 del 2005 e nella legge n. 263 del 2005.
L'articolo 39-quinquies ripristina il contributo a favore dell'Autorità per l'energia elettrica e il gas posto a carico dei soggetti operanti nel settore, che ne consente il funzionamento.
L'articolo 39-sexies prevede un finanziamento in favore delle attività di formazione nell'esercizio dell'apprendistato anche se svolte oltre il compimento del diciottesimo anno di età. L'articolo 39-septies dispone una validità temporale limitata del documento unico di regolarità contributiva.
L'articolo 39-octies estende i compiti del Fondo centrale di garanzia per le autostrade. L'articolo 39-novies inserisce nel codice civile l'articolo 2645-ter, relativo alla trascrizione di atti di destinazione per la realizzazione di interessi meritevoli di tutela riferibili a persone con disabilità, a pubbliche amministrazioni o ad altri enti o persone fisiche, al fine di rendere opponibile a terzi il relativo vincolo di destinazione.
L'articolo 39-decies dispone in ordine alla concessione della permanenza volontaria in servizio a favore dei dipendenti pubblici riconosciuti perseguitati politici o razziali. L'articolo 39-undecies prevede l'erogazione di un contributo per il completamento degli interventi a carico dello Stato nelle zone del Belice colpite dal terremoto del 1968.
L'articolo 39-duodecies eroga un contributo per il completamento degli interventi di ricostruzione in favore di alcune zone della Sicilia occidentale colpite dagli eventi sismici del 1981. L'articolo 39-terdecies prevede che le somme stanziate nell'esercizio finanziario 2005 nel fondo relativo alla quota dell'8 per mille del gettito IRPEF di pertinenza dello Stato, non utilizzate entro il 31 dicembre 2005, siano conservate in bilancio nel conto dei residui per essere utilizzate nell'esercizio finanziario 2006.
L'articolo 39-quaterdecies reca modifiche alle leggi n. 659 del 1981, n. 157 del 1999 e n. 195 del 1974, concernenti i rimborsi per spese elettorali e il finanziamento dei partiti politici, in particolare elevando da 6.614 euro a 50.000 euro la soglia oltre la quale sorge l'obbligo di dichiarazione congiunta dei finanziamenti privati ai partiti, eliminando la periodica rivalutazione di tale soglia, mentre, con riguardo ai rimborsi per spese elettorali e ai debiti contratti dai partiti o movimenti politici si esclude che il versamento delle quote annuali dei rimborsi si interrompa in caso di scioglimento anticipato delle Camere e si consente la cartolarizzazione e la cessione a terzi delle somme erogate o da erogare a titolo di rimborso e di ogni altro credito, presente o futuro, vantato dai partiti o movimenti politici. Si possono, inoltre, porre i rimborsi elettorali a garanzia dell'esatto adempimento delle obbligazioni assunte dai partiti e movimenti politici, con l'esclusione che la responsabilità patrimoniale possa esser fatta valere dai creditori nei confronti degli amministratori dei partiti o movimenti politici, salvo il caso di dolo o colpa grave, unitamente all'istituzione di un fondo di garanzia per il soddisfacimento dei debiti dei partiti e movimenti politici maturati in epoca pregressa.
L'articolo 39-quinquiesdecies destina un contributo di 8 milioni di euro per l'anno 2006 per gli interventi connessi al programma «Genova capitale europea della cultura 2004», mentre l'articolo 39-sexiesdecies proroga i termini relativi all'impegno dei contribuiti e alla trasmissione della relativa attestazione da parte dei soggetti beneficiari dei finanziamenti per gli interventi rivolti a tutelare l'ambiente e i beni culturali.
L'articolo 39-septiesdecies prevede la rideterminazione delle risorse attribuite agli enti beneficiari dei contributi statali volti alla tutela dell'ambiente e dei beni culturali. L'articolo 39-duodevicies proroga il termine relativo allo stato di emergenza concernente la situazione socio-economica ed ambientale determinatosi nella laguna di Grado e Marano.
L'articolo 39-undevicies amplia la possibilità per il personale appartenente alle Forze armate, al Corpo della Guardia di finanza e alle Forze di polizia ad ordinamento civile di essere assegnatario di case costruite in cooperativa, oltre a recare taluni altri interventi di modifica alla legislazione vigente.
L'articolo 39-vicies determina la conservazione nel conto dei residui, ai fini dell'utilizzo nell'esercizio finanziario 2006, delle somme destinate alle scuole non statali, non impegnate al termine dell'esercizio 2005, mentre l'articolo 39-vicies semel assicura la prosecuzione della partecipazione italiana alle missioni internazionali di pace e d'aiuto umanitario, nonché la prosecuzione dei programmi di cooperazione delle Forze di polizia italiane in Albania e nei paesi dell'area balcanica, oltre a disporre la prosecuzione dello studio epidemiologico per la tutela della salute dei militari impiegati nelle operazioni internazionali.
L'articolo 39-vicies bis è finalizzato a consentire la prosecuzione della missione umanitaria e di ricostruzione in Iraq, e della missione militare collegata, fino al 30 giugno 2006.
L'articolo 39-vicies ter prevede l'intesa preventiva con la regione interessata, ai fini della proroga delle convenzioni stipulate dal Ministero del lavoro direttamente con i comuni per le attività socialmente utili, laddove l'articolo 39-vicies quater interviene sulla formazione del personale autorizzato all'impiego dei defibrillatori in ambiente intra ed extraospedaliero.
Gli articoli 39-vicies quinquies e 39-vicies sexies, rispettivamente volti ad ampliare i requisiti per il conferimento dell'incarico di dirigente amministrativo della Scuola superiore della pubblica amministrazione e ad apportare alcune modifiche alla disciplina delle fondazioni lirico-sinfoniche, recano il contenuto normativo degli articoli 2 e 29 del decreto-legge n. 4 del 2006, in materia di pubblica amministrazione.
L'articolo 39-vicies septies reca disposizioni finalizzate al reperimento di risorse da utilizzare per interventi sui beni culturali, mentre l'articolo 39-duodetricies concerne la durata in carica del presidente della commissione per le adozioni internazionali.
L'articolo 39-undetricies reca modifiche in materia di indennità di trasferta per le Forze di polizia ad ordinamento civile e militare e per le Forze armate, mentre l'articolo 39-tricies sostituisce un riferimento normativo contenuto all'interno del comma 100, quinto periodo, dell'articolo 1 della legge finanziaria per il 2006.
Il Senato ha altresì aggiunto i commi 2 e 3 all'articolo 1 del disegno di legge di conversione, rispettivamente volti a differire al 15 maggio 2006 il termine per il riassetto, con uno o più decreti legislativi, anche in un codice agricolo, delle disposizioni legislative vigenti in materia di agricoltura, pesca e acquacoltura, e a prorogare di due anni il termine per l'adozione di disposizioni correttive ed integrative dei decreti legislativi attuativi della delega prevista dall'articolo 10, comma 4, della legge n. 137 del 2002, in materia di riassetto delle disposizioni legislative vigenti in materia di: beni culturali e ambientali; cinematografia; teatro, musica, danza e altre forme di spettacolo dal vivo; sport; proprietà letteraria e diritto d'autore.
La Commissione, nella seduta odierna, dopo aver preso atto dei pareri espressi dalle Commissioni in sede consultiva, mi ha conferito il mandato di riferire favorevolmente sul provvedimento nel testo approvato dal Senato.
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il rappresentante del Governo.
COSIMO VENTUCCI, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Signor Presidente, mi associo alle considerazioni svolte dal relatore e mi
riservo di intervenire nel prosieguo del dibattito.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Zaccaria. Ne ha facoltà.
ROBERTO ZACCARIA. Signor Presidente, vorrei osservare preliminarmente che non ho invidiato il relatore in questo difficile compito di riassumere, riportando soltanto la rubriche degli articoli, un provvedimento che parla da solo; vi riflettevo mentre sentivo elencare tutte le disposizioni in esso contenute.
A mio avviso, i colleghi che - se non questa sera, nei giorni successivi - avranno modo di soffermarsi su questo testo potranno interrogarsi su una questione di fondo.
Infatti, se un decreto-legge concepito come «milleproroghe» - e che, in qualche modo, ha anche dei precedenti nella storia di questo Parlamento - reca un elenco di queste dimensioni, dimostrando che l'amministrazione pubblica (non voglio neanche dire il Governo) avverte l'esigenza non solo di modificare numerosissimi termini (che, in alcuni casi, sono anche recentissimi), ma anche una varietà di norme del tutto eterogenee senza precedente, allora è lecito chiedersi se ciò non rappresenti emblematicamente la sintesi estrema dell'inefficienza dell'azione governativa o amministrativa in questa legislatura.
Credo che raramente si sia giunti ad una situazione del genere. Lo dico con spirito molto costruttivo, ma certamente è difficile non intravedere, in questo modello di decreto-legge, una sorta di singolare incrocio tra i decreti cosiddetti milleproroghe e quelli cosiddetti omnibus; esso comprende, inoltre, disposizioni che incidono anche su materie disciplinate recentemente dall'ultima legge finanziaria, nonché dai provvedimenti collegati e connessi.
Lasciatemi sinceramente dire, allora, che mi sembra che il testo al nostro esame abbia ben poco a che fare con gli schemi normativi previsti dalla nostra Costituzione. Dobbiamo evidenziare da subito tale problema, anche se lo affronteremo meglio in sede di esame della questione pregiudiziale per motivi di costituzionalità che è stata presentata. Tuttavia, vorrei rilevare che, anche da un riscontro sommario e superficiale del provvedimento, nonché dall'ascolto della relazione testè svolta dal collega Palma, risulta fin troppo evidente che ci troviamo di fronte ad un decreto-legge extra ordinem.
Si tratta, infatti, di una sorta di «treno» destinato ad essere caricato di ogni tipo di merce; forse, è una locomotiva cui sono stati aggiunti, in considerazione della conclusione della legislatura, vagoni supplementari di ogni tipo. È, in altre parole, un veicolo speciale, scelto con cura, per approvare con certezza, prima della fine della legislatura, tutti quegli interventi microsettoriali che non hanno in precedenza trovato una sede opportuna.
Vi è una lunga teoria sui decreti-legge. Ormai, infatti, essi sono classificabili in maniera diversa - milleproroghe, integrativi e correttivi, di anticipazione di progetti di legge -, e tutti (sottolineo «tutti») con un'assai ridotta attinenza con il modello costituzionale. Comunque, come ho già affermato, per l'approfondimento dei profili più strettamente costituzionali rimando all'esame della questione pregiudiziale (che avrà luogo probabilmente nella seduta di domani).
Cercherò adesso di soffermarmi sul merito - o su alcuni aspetti di merito - sia del decreto-legge in esame, sia delle modifiche che ad esso sono state apportate nel corso dell'esame al Senato, nonché sulle problematiche generali che si riscontrano in questa tipologia di provvedimenti.
In via preliminare, non si può non sottolineare come questo nuovo decreto-legge - sono incerto sulla sua denominazione: milleproroghe, omnibus, e via dicendo - vada ad inserirsi in quello che ritengo sia il peggior filone della legislazione di questi ultimi anni. Ricordo che i provvedimenti di proroga di termini sono stati una costante dell'attuale legislatura e trascurano ogni tipo di attenzione nei confronti della tecnica della normazione, nonché del rispetto della chiarezza e della qualità della legislazione. Infatti, basta
ascoltare le intestazioni degli articoli che abbiamo testè ascoltato per comprendere a che livello possa essere ridotta la chiarezza dell'attività normativa.
Vorrei rilevare che, anche nella mia personale e breve esperienza parlamentare, ho potuto riscontrare (quindi, nel giro di poco più di un anno) un continuo e progressivamente crescente utilizzo di tali strumenti, con un drammatico peggioramento. Vorrei infatti sottolineare che il ricorso alle proroghe, attraverso la decretazione d'urgenza - e mi sembra che ciò sia riconosciuto e riconoscibile -, non segnala solo e soltanto l'inefficienza e la disarticolazione dell'azione di governo: infatti, come ho già affermato, in questo caso si mette a nudo l'assoluta inefficienza dell'attività dell'amministrazione pubblica. Il Governo, quindi, si trova costretto a ricorrere alla dilatazione delle scadenze o al loro differimento, ove queste fossero già trascorse, una volta che sia divenuta chiara l'impossibilità del loro rispetto.
Se dovessimo esaminare tale problema dal punto di vista strettamente quantitativo, potremmo affermare che, in un limitato numero di casi, ciò è del tutto fisiologico; tuttavia, quando la dimensione dell'intervento assume queste proporzioni, non credo si possa più parlare di fenomeno fisiologico. Vorrei osservare che, comunque, si va ben oltre il ricorso alla semplice tecnica della proroga dei termini.
La circostanza per cui siamo nell'ultima settimana della legislatura fa sì che vengano trasfusi nel presente decreto-legge - cito solo alcuni casi, ma ve ne sono un'infinità - il contenuto di altri ben quattro decreti-legge in scadenza: dalle regole del processo, al rifinanziamento delle missioni italiane all'estero, al differimento dell'entrata in vigore delle disposizioni della legge sul risparmio, di recente approvazione, a seguito di un travagliatissimo iter parlamentare. Una simile tecnica appare in totale contrasto non solo con il dettato costituzionale - l'ho già rilevato più di una volta -, ma anche con la natura stessa della decretazione d'urgenza e, ancor più, con la funzione della legge di conversione, che ormai - anch'essa -, in questa legislatura, sembra aver perso qualsiasi aggancio con il decreto-legge originario.
Inoltre, come si è ricordato già molte volte in precedenza, tutte queste distorsioni dell'istituto avvengono - naturalmente, anche ciò non è originale sottolinearlo - durante il dibattito in Senato, il cui regolamento, più permissivo in tema di ammissibilità degli emendamenti, fa giungere alla Camera dei deputati un testo stravolto, con decine e decine di argomenti ulteriori che esulano totalmente dall'oggetto originario.
Infine, e ciò non è un elemento secondario, la posizione della questione di fiducia completa l'esautorazione totale del Parlamento, per cui è, da un lato, possibile inserire in sede di conversione qualsiasi tipo di tipologia materiale, ma sono, d'altra parte, precluse le modifiche al testo risultante. Voglio, in merito, brevemente ricordare come, nel concreto, sia stata posta la questione di fiducia in Senato, dalla quale è scaturito il testo che oggi è in discussione. Dal testo del Governo è stata stralciata la gran parte delle disposizioni, a seguito della negativa valutazione della Commissione bilancio, che ha riscontrato enormi problemi di copertura. Anche su tale aspetto è evidente il disorientamento dell'azione del Governo, ma, più in generale, si deve cogliere nitida la necessità di un'inversione di tendenza, che sarà indispensabile nella prossima legislatura, come ha ricordato il senatore Bassanini, nel corso della seduta del Senato del 2 febbraio scorso.
La sistematica posizione della questione di fiducia è, ormai, una costante del dibattito parlamentare, in questi ultimi mesi di legislatura. I confronti che si sono sempre fatti con la legislatura scorsa, e con il Governo Prodi in particolare, non offrono un termine di paragone adeguato, essendo enorme la sproporzione numerica tra maggioranza ed opposizione nelle due diverse esperienze.
In secondo luogo, vi è da considerare come ora si proceda con la posizione della questione di fiducia non solo per i provvedimenti fondamentali per la realizzazione
del programma di Governo, che potrebbero provocare fibrillazione nella coalizione di maggioranza e che pertanto richiedono un forte richiamo al vincolo di coalizione, ma - ciò che più grave - anche per i provvedimenti quale quello in esame, che costituiscono esempi eclatanti di legislazione settoriale, anzi una sublimazione della legislazione settoriale; si realizza così una concezione della questione di fiducia esclusivamente procedurale, sacrificando totalmente il dibattito alla celerità dell'approvazione del provvedimento. Come si può constatare, tale particolare «iter» è da considerarsi «irrispettoso» - uso un eufemismo - delle attribuzioni del Parlamento, esautorato della sua funzione di conversione del decreto-legge e confinato ad una mera posizione formale, di ratifica delle determinazioni adottate all'interno dell'esecutivo, prima in sede di redazione del decreto-legge e, successivamente, del maxiemendamento sul quale si pone la questione di fiducia.
Tale prevaricazione risulta palese, e ciò mi pare particolarmente delicato sottolinearlo, anche nei confronti delle prerogative del Presidente della Repubblica. Infatti, il Capo dello Stato è già intervenuto due volte in questo procedimento, prima all'atto dell'emanazione del decreto-legge e, successivamente, in sede di presentazione alle Camere del relativo disegno di legge di conversione. Sarà nuovamente il Presidente della Repubblica a promulgare la legge, una volta approvata dalle Camere, ma essa risulterà estremamente diversa da quella su cui egli è intervenuto in precedenza, proprio in forza del procedimento ricordato. Non è inutile ricordare, ancora una volta - lo abbiamo fatto in più occasioni -, il monito dello stesso Presidente della Repubblica in sede di rinvio, da ultimo quello della legge sull'ordinamento giudiziario, quand'egli fece riferimento alla complessità ed all'inaccettabilità dei maxiemendamenti, e di un precedente rinvio nel quale sostanzialmente aveva stigmatizzato le modifiche intervenute nel corso dei dibattiti parlamentari ed aveva chiesto alle Presidenze delle Camere ed al Governo di vigilare su tali profili.
Evidentemente, la vigilanza è assai attenuata e, in quest'ultimo caso, sembra quasi inesistente. Attraverso l'iter travagliato sopradescritto si è giunti, dunque, al testo attuale; è un testo illeggibile (lo abbiamo già detto), che inserisce oltre cinquanta articoli e commi aggiuntivi nel testo originario del decreto-legge, che ne comprendeva già quaranta. Si arriva, quindi, a questi complicatissimi esercizi di aritmetica latina (ce ne ha dato una prova eloquente il relatore Nitto Palma) per la sola lettura dell'intestazione degli articoli. Mi domando: cosa diranno gli interpreti, i giuristi, coloro che in qualche modo sono portati ad interpretare le leggi sulla base della volontà del legislatore? Quale volontà potranno ricostruire in dibattiti di questo tipo? Dov'è la volontà del legislatore in questo brusco, repentino, quasi incomprensibile inserimento nell'ordinamento di norme assai confuse, problematiche, del tutto illeggibili sul piano del sistema delle fonti?
Oltre alle considerazioni di forma, esistono perplessità sostanziali, che cercherò rapidamente di esaminare.
Innanzitutto, si operano interventi strutturali attraverso norme con incidenza ordinamentale, che non dovrebbero ritenersi ammissibili in sede di conversione della decretazione d'urgenza. È questo il caso degli articoli 39-vicies sexies e 39-duodetricies, che modificano la composizione numerica, rispettivamente, dei consigli di amministrazione delle fondazioni lirico-sinfoniche e delle commissioni per le adozioni internazionali.
Successivamente, è previsto un intervento attraverso il quale, con la fonte legislativa, si opera il differimento di un termine previsto da un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri. Mi riferisco, precisamente, all'articolo 39-duodevicies, modificativo del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 13 maggio 2005, relativo allo stato di emergenza
concernente la situazione socio-economica ed ambientale determinatasi nella laguna di Grado e Marano.
La sovrapposizione, nella stessa disposizione, di parti aventi diverso rango normativo costituisce un pessimo esempio di utilizzo delle fonti normative e rischia, in generale, di creare serie difficoltà agli operatori in sede di interpretazione della disposizione originaria. Nel dettaglio, è evidente che si attua un intervento microsettoriale e localistico, privo del carattere di generalità e di astrattezza che sarebbe proprio dell'atto fonte.
All'articolo 24-bis si interviene per il differimento dell'entrata in vigore di disposizioni contenute nella legge 28 dicembre 2005, n. 262, sulla tutela del risparmio, recentemente approvata dalle Camere (nel provvedimento sono richiamate moltissime leggi recenti). È evidente come anche questa disposizione contribuisca solo a creare caos in sede di applicazione della normativa recentemente novellata.
Si riscontra un limite evidente del Governo e di questa maggioranza, un modo di legiferare - è già stato detto - disorganico, ma vorrei dire anche superficiale e, quindi, caotico, perché vengono chiamate in ballo norme totalmente eterogenee.
Non è possibile approvare in due giorni un provvedimento complesso come il disegno di legge sul risparmio (oltretutto, in un testo estremamente diverso da quello a lungo dibattuto dalle Camere) e poi accorgersi di doverlo modificare, anche solo nella dimensione temporale della sua efficacia, a pochi giorni dalla sua entrata in vigore.
Le questioni della tecnica di intervento normativo sono particolarmente delicate, nonostante il clima di indifferenza che si avverte; in particolare, direi che è inevitabile la responsabilità da parte di questa maggioranza.
Recenti studi sull'attività del Governo nella XIV legislatura promossi dal Centro di ricerca sul cambiamento politico dell'università di Siena - struttura creata nel 1997, di cui fanno parte giuristi, storici, politologi ed economisti - mostrano un calo del volume delle iniziative legislative finalizzate all'implementazione delle politiche governative. In altri termini, il numero di provvedimenti significativi, ovvero quelli che riguardano la messa in opera delle iniziative legislative dell'esecutivo, è progressivamente diminuito: segno evidente di un esaurirsi della capacità innovativa e propositiva del Governo.
A tale rallentamento non è però corrisposta una riduzione del numero dei decreti-legge presentati. Ciò significa che si agisce solo attraverso interventi non strutturati, immediati e non coerenti, rinunciando ad impostare una corretta attività legislativa.
Infatti, è solo attraverso lo strumento del decreto-legge che si conferisce rapidità all'attuazione dell'azione di Governo. Esso diventa il mezzo con cui superare i vincoli dell'arena parlamentare, introducendo un'anomala corsia preferenziale in cui l'attributo stesso di urgenza, ai sensi dell'articolo 77 della Costituzione, perde ogni rilevanza.
Se questo metodo è l'unica risorsa utilizzata per portare a casa le leggi del Governo, è evidente che questa maggioranza parlamentare non ha acquisito ancora - siamo al termine della legislatura! - capacità di controllo, di mediazione e di indirizzo del cammino legislativo delle iniziative dell'esecutivo, preferendo agire serrando i ranghi e senza obbligo di opposizione.
Credo che questo testo, che approviamo alla fine della legislatura, sia il più drammatico e il più grave monumento costruito all'impotenza di questa maggioranza.
È inutile dire che questo modo di procedere presenta ripercussioni gravissime sulla stessa sostanza della forma di Governo parlamentare: un'anticipazione, forse, della discussa riforma costituzionale?
Concludendo, assistiamo a un abuso enorme della decretazione d'urgenza dal punto di vista qualitativo e quantitativo; a decreti ormai strutturalmente - lo ripeto: strutturalmente - eterogenei; a decreti contenenti sistematicamente norme ordinamentali; a decreti che aggirano spesso la filosofia dei principi di bilancio e della stessa legge finanziaria; a decreti che esautorano
il Parlamento e lo stesso Governo in favore dell'attività normativa dell'amministrazione, che non ha sede nella nostra Costituzione altro che nelle fonti secondarie; a un abbinamento innaturale, ma ormai fisiologico, di decretazione d'urgenza e di questione di fiducia - forse, assisteremo alla posizione di due questioni di fiducia nel corso della stessa settimana -; a un aggiramento vistoso delle prerogative del Capo dello Stato.
È assolutamente impossibile ricondurre questi testi ad uno schema, sia pure lontano, molto lontano, di ordinamento costituzionale. Tutto ciò mi pare molto grave. Fortunatamente, siamo alla fine di questa esperienza (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-L'Ulivo e dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Molinari. Ne ha facoltà.
GIUSEPPE MOLINARI. Signor Presidente, vorrei fare una premessa all'intervento che terrò tra breve. Si tratta di una premessa di metodo e di merito, visto che coincidono, soprattutto con questa maggioranza.
Trovo davvero poco edificante, come ha detto poc'anzi il collega Zaccaria, inserire la proroga delle missioni internazionali di pace in un provvedimento denominato «mille proroghe». Non è corretto e non è rispettoso del ruolo delle Forze armate e della funzione legislativa del Parlamento.
Siamo davvero sconcertati di fronte a tutto questo, ma sappiamo che al peggio non c'è mai fine. Credo che anche personalità del centrodestra, come il presidente Ramponi, abbiano difficoltà a discutere la proroga delle missioni internazionali in siffatto contesto.
Vi apprestate, dopo il voto di fiducia di stamane, a chiudere la legislatura con un ulteriore voto di fiducia, il quarantaseiesimo di questa legislatura.
È certo ancora più grave il fatto che in questo decreto sia stato inserito lo stralcio della proroga della missione in Iraq: una missione non condivisa, su cui si è divisa la comunità internazionale e il nostro paese. L'Italia è presente con i suoi militari per assicurare la pace e difendere la sicurezza in missioni importanti all'estero (in Bosnia, in Kosovo, in Albania, in Macedonia, ad Hebron, in Etiopia, in Eritrea, in Sudan ed in Afghanistan). Queste missioni hanno il nostro pieno appoggio.
Vogliamo dire grazie nostri militari per il modo in cui operano, con grande professionalità, con coraggio e con autentico senso di umanità. Sono queste doti che suscitano in noi sentimenti di riconoscenza e di orgoglio per ciò che essi fanno e che provocano all'estero grande apprezzamento nei loro confronti.
L'apprezzamento è indirizzato anche ai nostri servizi di sicurezza. Siamo consapevoli, non da ora, dell'importanza e della delicatezza del loro lavoro per la sicurezza del nostro paese. Noi non abbiamo mai anteposto motivi di parte o esigenze di propaganda al rispetto che si deve nutrire nei loro confronti e alla loro legittimazione. Non può dire lo stesso questa maggioranza.
Sono missioni importanti, a partire da quella in Albania, che ha permesso a quel paese di ritrovare ordine e serenità. Lo sono quelle in Bosnia e in Macedonia, ormai entrate ufficialmente nell'ambito dell'Unione europea. Lo è quella in Kosovo, che ha bloccato una brutale pulizia etnica che aveva allontanato dalle loro case quasi due milioni di persone. Con il contributo determinante dei nostri militari, siamo riusciti a farle ritornare nelle loro abitazioni, evitando che fosse messa in crisi l'Albania.
Signor Presidente, sono preziose ed importanti, nella loro diversa natura, le missioni ad Hebron, in Etiopia ed Eritrea, quella in Sudan, quella in Afghanistan, dove un regime fondamentalista ed intollerante ospitava la principale centrale del terrorismo internazionale e vi si identificava. Si tratta di missioni in cui sono presenti tutti i grandi paesi europei, missioni decise e realizzate in maniera condivisa e realmente multilaterale. In molte di esse è impegnata la NATO, sulla base di decisioni assunte concordemente dai paesi che ne fanno parte. Si tratta, inoltre, di
missioni volte ad interrompere violenze, a difendere i diritti umani, a garantire la pace posta in pericolo.
Questa è la differenza tra le suddette missioni e quella in Iraq, con cui si è voluto partecipare ad un'occupazione militare da parte di altri, dura ed imbarazzante, e che segue una guerra voluta, preventiva, come viene definita. È questo il discrimine tra le missioni decise in maniera condivisa per interrompere la violenza e quelle che coinvolgono, e ne costituiscono approvazione, avventure di guerra decise al di fuori delle alleanze.
Di fronte all'emergenza, purtroppo crescente, del terrorismo internazionale, non si può cancellare né rimuovere la considerazione critica sullo sconsiderato dispendio di risorse politiche, diplomatiche, strategiche, militari e di intelligence che la guerra in Iraq ha distratto dalla vera lotta al terrorismo. La distinzione tra le missioni oggetto di questo provvedimento e quella in Iraq nasce dal senso di responsabilità e da cultura di Governo. Da parte nostra, intendiamo riconfermare senso di responsabilità e cultura di Governo per le missioni di pace in nove paesi diversi, che non comprendono certamente quella irachena.
Non abbiamo bisogno di dimostrare ad alcuno la nostra affidabilità di coalizione di Governo anche perché, guardando gli errori commessi dall'attuale maggioranza in politica estera, non vediamo nessun esempio da seguire. Sull'Iraq, il nostro non può che essere un voto contrario, lo ribadiamo ancora una volta. Altro che ritiro, altro che piano di rientro! Abbiamo assistito in queste ultime settimane ad una strana procedura parlamentare: innanzitutto, il ministro ha rilasciato un'intervista ad un settimanale di costume sul presunto ritiro dall'Iraq di una parte del nostro contingente, e solo il giorno dopo ne ha parlato in Commissione. Ora, il decreto-legge in esame proroga in maniera surrettizia la scadenza. Noi, i nostri soldati in Iraq non li avremmo mai mandati. Basterà chiedervi dove sono le armi di distruzioni di massa che erano alla base delle argomentazioni portate per giustificare l'intervento militare. Quella guerra continua a portare conseguenze nefaste in tutto il Medio Oriente, come è sotto gli occhi di tutti.
Certo, non c'è che dire: chiudete la legislatura in bellezza, apprestandovi a porre l'ennesima questione di fiducia. È l'ultima volta che potete chiederla, perché fuori il paese la fiducia ve l'ha già tolta, e ve ne accorgerete il 9 aprile (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-L'Ulivo e dei Democratici di sinistra-L'Ulivo)!
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Leoni. Ne ha facoltà.
CARLO LEONI. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, onorevoli colleghi, tra poche settimane ci sarà il voto per il rinnovo del Parlamento ed il Governo si presenterà di fronte al giudizio degli elettori. Tale giudizio non potrà non essere critico verso un'azione di Governo ed un operare che nel corso di questa legislatura non è stato davvero edificante, per le scelte di merito e per il rapporto distorto che il Governo ha inteso costruire con il Parlamento. Ne risponderete di fronte agli elettori.
Il finale di questa legislatura è particolarmente triste e non degno di istituzioni serie ed autorevoli - così dovrebbero essere preservate - come sono il Governo ed il Parlamento. L'impressione che la maggioranza sta dando è quella di un armata in rotta, che avvelena i pozzi dietro le proprie spalle e fa razzia di ogni cosa che incontra per strada.
Arraffare il più possibile finché si è in tempo: questa appare la filosofia delle ultime settimane di lavoro parlamentare che, con tanta pervicacia, il Presidente del Consiglio ha preteso.
Ci troviamo di fronte, con il provvedimento in esame, a numerose proroghe di termini di legge, che sono - lo ha detto bene il collega Zaccaria - la dimostrazione del fallimento del Governo e dell'amministrazione, che o ha fatto previsioni illusorie quando ha dettato certi termini in leggi
approvate, oppure dimostra la sua incapacità a corrispondere a quei termini di legge.
Fra i casi più clamorosi presenti in questi numerosi articoli vi è la sicurezza per gli impianti sportivi. I cittadini ricordano con quanto clamore il Governo fece propaganda a provvedimenti che riguardavano norme di sicurezza per gli impianti sportivi. Nel provvedimento in esame si afferma che ciò che si pensava dovesse valere per il campionato di calcio in corso avrà valore per il prossimo campionato. Ciò significa che o si fecero previsioni del tutto astratte, perché propagandistiche, oppure si ammette oggi che non si è stati in grado di corrispondere a quegli obblighi di legge.
Abbiamo assistito ad un susseguirsi della combinazione tra decreti-legge e richiesta di voti di fiducia (della posizione della questione di fiducia se ne parla anche a proposito della norma in esame). La metafora giusta è stata già usata dal collega Zaccaria, quella di treni ai quali ogni partito della maggioranza, ogni gruppo interno alla maggioranza, aggiunge il vagone del proprio interesse, producendo il massimo di eterogeneità possibile all'interno di strumenti legislativi che dovrebbero avere, invece, una certa coerenza interna.
La sceneggiatura è sempre la stessa: il Governo prepara un testo, che viene inviato al Senato, il quale lo «arricchisce» di altri contenuti ed altri articoli per giungere alla Camera che, «imbavagliata» dalla posizione della questione di fiducia, non può che «prendere o lasciare» quanto proviene dal Senato.
Il caso più clamoroso lo abbiamo discusso in questa giornata. Sono stati messi insieme provvedimenti per la sicurezza per lo svolgimento delle prossime Olimpiadi invernali di Torino con una normativa assurda sulla punibilità del consumo delle sostanze stupefacenti.
Qualcosa di analogo - si dice - potrebbe avvenire nel destino del decreto-legge sulla pubblica amministrazione, attorno al quale vi sono state divisioni clamorose, non solo in Commissione e nelle aule parlamentari, ma addirittura pubbliche, sulla stampa. Il ministro Baccini (che, peraltro, è uno dei numerosissimi candidati del centrodestra a sindaco per il comune di Roma, a testimonianza di una divisione interna alla Casa delle libertà ormai insanabile) ha minacciato le dimissioni qualora non fossero state accolte misure di proprio radicale interesse a proposito della pubblica amministrazione.
La maggioranza, temendo di non fare in tempo ad approvare anche il decreto-legge sulla pubblica amministrazione, si è chiesta se inserirlo nel cosiddetto decreto proroga termini. Ma era troppo tardi, ed infatti il testo in esame non giunge con i contenuti previsti nel decreto-legge sulla pubblica amministrazione. L'ultima «voce» che circola concerne l'ipotesi di trasferimento di alcuni di quei contenuti niente meno che in un decreto-legge sull'agricoltura, in discussione al Senato. Se ciò avverrà, assisteremo ad un'altra prova di confusione e di eterogeneità dei decreti-legge.
Ora, abbiamo un decreto «proroga termini» con diverse decine di articoli, più consistenti nel numero di quelli originariamente previsti nel decreto-legge emanato dal Governo.
I temi sono i più disparati: dal trasporto pubblico locale alla proroga dei COCER, dal personale universitario al codice della strada, dall'esposizione permanente del design italiano e del made in Italy alle missioni militari all'estero, compresa la missione in Iraq.
Ha fatto bene il collega Molinari poco fa a dire che la scelta di inserire la proroga delle missioni all'estero, compresa quella in Iraq, tra le mille proroghe è anche irrispettosa nei confronti dei militari impegnati in queste operazioni. È una delle tante proroghe, ma la richiesta di proroga della missione in Iraq doveva costituire l'occasione per un confronto in Parlamento, perché quella missione, nonché l'intervento in Iraq hanno incendiato il Medio Oriente ed il mondo arabo.
Ciò che sta accadendo in queste ore nel mondo arabo richiederebbe una riflessione
nel Parlamento che, tuttavia, non ci sarà, perché la missione in Iraq - missione del tutto fallimentare -, oltre che sbagliata e grave, è parte di una crescente attenzione che ha prodotto, peraltro, anche la vittoria di Hamas in Palestina.
Non si vuole, tuttavia, svolgere questa discussione e, pertanto, anche la missione in Iraq è una delle tante proroghe!
Eppure, l'omogeneità della materia dei decreti-legge è un principio costituzionale al quale spesso la Corte costituzionale ed il Presidente del Repubblica hanno richiamato il Parlamento. È del tutto evidente che l'obbligatorio criterio di necessità ed urgenza, previsto dalla Costituzione, non si sposa affatto con questa smodata eterogeneità.
Inoltre, combinare decreto-legge e voto di fiducia confligge con la filosofia di diversi articoli della Costituzione e mi riferisco agli articoli 72, 77 e 81.
L'articolo 77 della Costituzione risulta del seguente tenore: il Governo non può, senza delegazione delle Camere, emanare decreti che abbiano valore di legge ordinaria. Quando, in casi straordinari di necessità ed urgenza, il Governo adotta, sotto la sua responsabilità, provvedimenti provvisori con forza di legge, deve il giorno stesso presentarli per la conversione alle Camere, e via seguitando.
Perché questo modo di combinare decreto-legge e voto di fiducia confligge con tale articolo? Perché il Governo, che può utilizzare lo strumento straordinario del decreto-legge (è diventata, purtroppo, una prassi ordinaria nella legislatura del Governo Berlusconi), non può, tuttavia, sottrarsi al confronto ed anche al controllo del Parlamento al momento della conversione, ma può sostituire, peraltro, al testo del decreto-legge un altro testo, come avviene con la presentazione di un maxiemendamento, sul quale si impone un voto bloccato.
Questo modo di procedere confligge, inoltre, con l'articolo 72 della Costituzione, secondo il quale ogni disegno di legge presentato ad una Camera è esaminato dalla Commissione e poi dalla Camera stessa, che l'approva articolo per articolo e con votazione finale.
È evidente che la votazione articolo per articolo (anche in questo caso, il Presidente della Repubblica ci ha richiamato più volte al rispetto di tale norma) viene a saltare, quando si approva, con voto di fiducia, un decreto-legge.
Contrasta, inoltre, con l'articolo 81 della Costituzione, perché, anche in questo caso, il vaglio della Commissione bilancio è meramente consultivo.
Noi potremmo anche gioire di questo vostro comportamento, perché, in questo modo, vi presenterete al voto di aprile senza più alcuna credibilità istituzionale. Tuttavia, le ferite alla Costituzione non ci piacciono mai, perché creano precedenti pericolosi e sappiamo che, nella vita parlamentare, la prassi tende a cristallizzarsi, a riproporsi e ad essere reiterata.
A noi che sfidiamo la maggioranza, la Casa delle libertà nelle prossime elezioni e ci candidiamo a governare l'Italia, spetta un compito.
A noi spetta il compito, non solo di predisporre un programma di Governo alternativo a quello che è stato seguito nel corso di questi cinque anni, ma anche l'onere di presentare agli italiani un altro modo di governare. Un modo di governare che, al contrario di quello che ha posto in essere la Casa delle libertà, sia effettivamente democratico perché rigorosamente rispettoso del dettato costituzionale (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Benvenuto. Ne ha facoltà.
GIORGIO BENVENUTO. Signor Presidente, sono tre le ragioni per le quali i Democratici di sinistra esprimono un voto contrario sulla conversione di questo decreto-legge. La prima ragione è riferita al metodo e alla procedura che è stata seguita.
Quello in esame è un decreto-legge che finisce per comprenderne anche altri, è un decreto-legge che contiene delle norme che
poco hanno a che fare con il significato e con il rispetto della Costituzione. Ci sono delle proroghe che addirittura arrivano al 2010 o al 2012 ed è un provvedimento che, già nel corso del dibattito al Senato, si è prestato a forti rilievi di incostituzionalità. Mi riferisco al fatto che è ormai radicata l'abitudine del Governo di utilizzare la corsia del Senato per le differenze esistenti tra i due regolamenti, però questa volta si è esagerato; infatti, il decreto-legge è stato, in occasione del voto di fiducia, profondamente modificato con un emendamento interamente sostitutivo, privo di una relazione tecnica. Leggendo i resoconti del Senato si apprende che il Presidente, con un'interpretazione sicuramente azzardata, ha affermato che non esiste il vincolo di una relazione tecnica per gli emendamenti che vengono presentati quando viene posta la questione di fiducia. Questa è un'interpretazione azzardata perché, andando di questo passo - meno male che siamo alla fine della legislatura e ci battiamo perché ci sia un cambio di maggioranza - il Presidente del Senato arriverà a sostenere che il Governo può chiedere la fiducia non soltanto senza la relazione tecnica, ma anche senza il testo.
I rilievi non sono solo questi, ma sono anche riferiti alla procedura singolare che è stata seguita al Senato: è stato presentato un maxiemendamento, che è stato profondamente modificato nella fase finale; infatti, a seguito delle denunce e dei rilievi dell'opposizione che hanno portato ad una riconsiderazione da parte della maggioranza e ad una attivazione del ministro dell'economia e delle finanze che, evidentemente, si era «distratto» rispetto a quanto aveva sostenuto il ministro Giovanardi, sono stati espunte molte misure che erano assolutamente cervellotiche o prive di copertura.
Di queste ne segnalo due perché la mia preoccupazione è che, in questa fase convulsa di fine legislatura, tali misure, uscite dalla porta, rientrino dalla finestra, inserite in qualche altro dei provvedimenti che stiamo ancora discutendo. In particolare, mi riferisco ad un emendamento riguardante la giustizia tributaria.
Comprendo che vi sia in alcuni settori della maggioranza una particolare allergia nei confronti dei giudici, ma a me pare estremamente errato che la giustizia tributaria - che funziona veramente e che aveva subito una modifica recentemente, con un decreto-legge convertito all'inizio del mese di dicembre scorso - sia assoggettata ad una nuova modifica che riduca di un terzo il numero dei giudici tributari; e ciò, nonostante sappiamo tutti benissimo che è fondamentale per svolgere una forte azione di contrasto all'evasione e all'elusione fiscale non intaccare e indebolire la giustizia tributaria che rappresenta, lo ricordo, un settore di eccellenza proprio perché riesce ad ottenere una ragionevole durata dei processi tributari. Pertanto, mi auguro che questa norma, bocciata e poi ritirata, non sia più ripresentata.
Desidero segnalare un'altra questione che ritengo francamente incomprensibile. Faccio riferimento all'emendamento presentato dal ministro Giovanardi, e poi ritirato in serata, concernente un provvedimento riferito alla cartolarizzazione del patrimonio dell'INPS. Come ricorderete, il Governo era stato costretto, su denuncia dell'opposizione, ad intervenire su una procedura del tutto singolare che era stata seguita nella vendita di un immobile situato a Colle Oppio, di fronte al Colosseo. Quell'immobile era stato considerato non di pregio sulla base di una perizia effettuata non dall'agenzia del territorio, ma effettuata dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti in base alla quale quell'immobile poteva essere venduto a poco più di mille euro al metro quadro. Tale procedura, contenuta in una precedente disposizione legislativa, è stata annullata; essa era inserita, come detto, nell'emendamento presentato dal ministro Giovanardi. Trovo singolare l'accanimento verso questa procedura allo scopo di varare una misura di favore che rappresenta una telenovela della serie «Anche i ricchi piangono». In quell'immobile, guarda caso, risiedono un consigliere di Stato e un noto fustigatore di costumi e dei pensionati (il presidente del collegio dell'INPS) che insistono affinché tale immobile sia
praticamente svenduto. L'emendamento, come detto, è stato ritirato, ma non vorrei che quella previsione la ritrovassimo in uno dei prossimi decreti-legge che saranno esaminati dall'Assemblea.
Il provvedimento in esame, a mio avviso, non è condivisibile sia perché non dispone la proroga di alcune misure che, a nostro avviso, dovevano essere prorogate, sia perché altre misure, che invece non meritavano di essere prorogate, sono state al contrario prorogate. Quali sono le misure che non sono state prorogate nonostante gli impegni assunti dal Governo? Mi limito a indicarne alcune.
In primo luogo, la proroga dei termini per l'erogazione del sussidio di disoccupazione nel settore agricolo. In secondo luogo, la proroga dell'applicazione della clausola di salvaguardia ai trattamenti di fine rapporto. In terzo luogo, la proroga dei termini in ordine alla deduzione forfettaria.
Nonostante l'attuale Governo si proponga continuamente di ridurre le tasse, nel paese si è registrato un aumento della tassazione dal 18 al 23 per cento sul trattamento di fine rapporto proprio perché non è stata applicata la clausola di salvaguardia; a questo proposito, ricordo che un provvedimento che riguardava questa tematica, approvato dalla Camera, è stato insabbiato al Senato. La mancata proroga ha comportato per più di un milione di lavoratori, andati in pensione o che hanno cambiato lavoro, il pagamento di due miliardi di euro in termini di maggiore tassazione. Tuttavia, evidentemente, il Governo è insaziabile!
A gennaio, è scaduta un'altra deduzione che si applicava al trattamento di fine rapporto e che era legata all'entrata in funzione dei fondi di previdenza integrativa. Nonostante il parere favorevole del ministro del welfare, Maroni, e nonostante una risoluzione che è stata approvata all'unanimità dalla Commissione finanze, i fondi pensione sono slittati al 2008, mentre nel 2006 e nel 2007 il trattamento di fine rapporto, già abbondantemente tassato, subirà un ulteriore salasso, per il venir meno di questa deduzione.
In questo provvedimento è poi prevista la quinta proroga per il passaggio del catasto ai comuni; e sappiamo come questo passaggio sia necessario e fondamentale. Sappiamo altresì come vi siano delle indagini e delle richieste da parte dell'ANCI, così come sappiamo che esiste una collaborazione ed anche un notevole miglioramento da parte dell'Agenzia del territorio; tuttavia non si riesce a capire perché il Governo, in cinque anni, non abbia trovato il tempo e la possibilità di affrontare il problema del passaggio del catasto ai comuni. Si tratta peraltro di un problema fondamentale per affrontare la questione dell'ICI, per rimodulare questa imposta e per trovare un meccanismo che corrisponda a valutazioni più eque dei fabbricati.
Aggiungo un'altra questione complicata - non sappiamo infatti come muoverci -, quella relativa alla legge sul risparmio. Vi è al riguardo un altro decreto-legge, di cui non si sa però quale sarà l'esito, perché nei giorni pari rimane in vita, mentre nei giorni dispari viene assorbito da questo decreto «mille proroghe». Anche in questo caso vi è una contraddizione.
La Consob ha chiarito infatti che non è in grado di rispettare i tempi per la redazione dei regolamenti stabiliti nella legge sul risparmio. È stato quindi presentato un decreto-legge che prevede dei tempi più ampi, ma nel decreto che stiamo esaminando questi tempi sono stati accorciati. Nello stesso tempo, non si è trovato né il momento, né il tempo, né l'occasione per affrontare la richiesta, che è unanime da parte di tutte le forze politiche e da parte delle autorità, volta ad eliminare la norma, che è stata inserita nella legge sul risparmio, che prevede che l'elezione nei consigli di amministrazione avvenga con voto segreto, essendo questo un meccanismo che praticamente vanifica quella trasparenza e quella necessità di mancanza di opacità che sono invece fondamentali per quanto riguarda il funzionamento del risparmio.
Aggiungo che resta in piedi l'incredibile disposizione che prevede l'istituzione di un comitato ad hoc presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, che si costituisce per tutelare i risparmiatori, ma che non vede una loro presenza al suo interno. Mi riferisco, in particolare, ai risparmiatori che hanno investito in bond argentini, i quali prima sono stati raggirati ed ora vengono presi in giro, perché non c'è nessuna misura da parte del Governo, né a livello internazionale, né a livello operativo, che metta in moto un meccanismo teso a trovare una soluzione che tenga conto delle pronunce, ormai diffuse e sostanzialmente univoche, della magistratura a favore dei risparmiatori che sono stati truffati, e che tenga conto anche del fatto che le sanzioni irrogate dalla Consob sono state confermate in tutti i gradi da parte delle autorità competenti. Cosa fa il Governo? Non riunisce il CICR: rinvia e non prende una posizione a questo riguardo.
Ancora, cito altre due questioni. È stata tolta la possibilità al Parlamento di esprimere un parere su come verrà attribuita la percentuale del 5 per cento alle organizzazioni non-profit della ricerca, del volontariato e dalle fondazioni. Il meccanismo adottato è estremamente farraginoso, perché molto diverso da quello dell'8 per mille. Saggiamente, era stato previsto nella legge finanziaria che si sarebbero sentite le Commissioni parlamentari, ma questo decreto-legge «mille proroghe» cancella la possibilità per il Parlamento di dare un proprio parere ed un proprio contributo.
Quante volte abbiamo sentito dire in quest'aula che vi è la necessità di difendere il made in Italy? Quante volte abbiamo sentito dire dai colleghi della Lega, di Alleanza Nazionale e di Forza Italia che è fondamentale far fronte a questo rischio che viene dalla concorrenza e della contraffazione? Ebbene, anche qui c'è una nota amara ad umoristica, perché la previsione dell'obbligo di etichettatura nella vendita dei prodotti per quanto riguarda l'indicazione del paese d'origine è stata anch'essa prorogata di un anno. Questo fa il paio con quanto avverrà domani, o dopodomani, perché un accordo di cooperazione con la Cina sulla innovazione, la ricerca ed il mercato, che era stato stipulato nel 1998, viene sottoposto alla ratifica del Parlamento dopo otto anni. Evidentemente, il ministro dell'economia e delle finanze, occupato nello scrivere libri sul pericolo rappresentato dalla Cina, si è dimenticato di fare quello che, saggiamente, doveva essere realizzato per difendere il made in Italy o per aprire un discorso serio con la Cina per quanto riguarda le politiche commerciali e di innovazione.
Cosa troviamo, invece, in questo provvedimento? Ancora misure come quella che proroga ulteriormente l'Alta commissione che dovrebbe fornire al Parlamento i dati su come ha funzionato o dovrebbe funzionare il federalismo fiscale e su come si sono articolate le tassazioni a livello centrale e periferico. Doveva essere operativa dal 2003 e, di proroga in proroga, non si vede la fine dei lavori di tale commissione. Segnalo ancora le nuove misure che sono state adottate per i rimborsi elettorali, che finiscono per avvantaggiare determinate forze politiche e determinati candidati.
Segnalo, in conclusione, un'altra norma che raggiunge veramente l'incredibile. Si è adottata una misura in base alla quale l'organico del Consiglio di Stato è stato aumentato di una unità per consentire, con una norma legislativa, che il primo in graduatoria di un concorso, dichiarato idoneo ma non vincitore, e, potesse trasformare l'idoneità in assunzione presso il Consiglio di Stato. Siamo di fronte a norme che sono sempre di più ad personam e che indicano uno spezzettamento della politica economica e della politica sociale.
Per concludere, non parlerò delle questioni che sono state già evidenziate dai colleghi e non aggiungerò nulla a quanto detto dall'onorevole Leoni riguardo alla proroga relativa alle missioni internazionali o ad altre misure che sono state già sottolineate: abbiamo sentito il lunghissimo elenco fatto dal relatore. Commentando il provvedimento e, soprattutto, il
fatto che, rispetto al testo iniziale, sono intervenute molte modifiche e molti ridimensionamenti, il ministro dell'economia e delle finanze ha dichiarato: abbiamo sconfitto i topi che volevano appropriarsi del formaggio!
Non so a chi si riferisse il ministro. Si riferiva a suoi colleghi, ad esempio al ministro per la funzione pubblica, il quale ha addirittura minacciato le dimissioni, pensando, probabilmente, a soluzioni come quelle contenute nel provvedimento sulla pubblica amministrazione, oppure si riferiva al presidente del collegio sindacale dell'INPS? Non so a chi si riferisse Tremonti. Quello che so è che, purtroppo, non c'è formaggio, ma una situazione economica ed una situazione del bilancio dello Stato precarie e difficili.
So che le misure che ci accingiamo ad esaminare e le altre che ci impegneranno nei prossimi giorni denotano irresponsabilità in chi non ha saputo gestire i conti dello Stato, in chi si presenta al paese con una gestione fallimentare tanto sul versante delle entrate, quanto su quello delle uscite.
Toccherà agli elettori cambiare una realtà cruda e amara, che imporrà modifiche profonde e, soprattutto, il ripristino della certezza del diritto, il ripristino della coerenza delle misure da adottare, il ripristino della legalità nel modo di gestire la politica economica e finanziaria (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).
PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Pinotti. Ne ha facoltà.
ROBERTA PINOTTI. Signor Presidente, mi ricollego alla parte dell'intervento dell'onorevole Leoni in cui il collega, dopo avere indicato gli elementi di contrarietà al provvedimento in esame (evidenziati, peraltro, in tutti i nostri interventi), ha sottolineato quanto grave sia stata la decisione di utilizzare il cosiddetto decreto milleproroghe (in cui c'è, appunto, di tutto e di più ...) per inserirvi le disposizioni concernenti la prosecuzione della missione in Iraq e delle altre missioni internazionali: affrontiamo la relativa discussione, che era già cominciata in Commissione e che abbiamo già svolto più volte in questo Parlamento, in un contesto internazionale che è diventato, oggi, particolarmente esplosivo.
Quanto sta avvenendo preoccupa tutti noi. Abbiamo visto i disordini che si stanno verificando nei paesi islamici: oggi, una postazione militare italiana è stata attaccata a colpi di arma da fuoco a Kabul; a Herat, numerosi manifestanti hanno lanciato sassi contro la sede del comando provinciale italiano per la ricostruzione; quattro manifestanti afgani sono morti a Maimana (una folla inferocita aveva caricato le postazioni dei paesi occidentali e, in particolare, aveva attaccato alcuni soldati norvegesi che fanno parte della missione ISAF, della quale, appunto, decidiamo di occuparci tra mille altri argomenti); a Kabul vi sono stati incidenti davanti alla sede dell'ambasciata danese.
Questi episodi gravissimi, che si stanno moltiplicando, denunciano uno stato di malessere profondo, che meriterebbe un'attenta riflessione nel momento in cui ci accingiamo a prendere una decisione corretta e giusta. Stasera, il Segretario generale della NATO ha confermato che, nonostante i disordini, la missione deve andare avanti. Noi condividiamo: la missione ISAF deve proseguire, ma affrontiamo la discussione di lasciare in quel territorio i nostri soldati con un ruolo importante.
Ad agosto, abbiamo avuto anche un ruolo di comando in questa missione, ora passato ad un altro contingente. Affrontiamo la decisione di far permanere la missione nell'ambito dell'esame di mille altri provvedimenti senza pensare, in questo contesto, alle novità, alle attenzioni, alle azioni da mettere in campo in quello che è ormai uno scenario internazionale esplosivo.
Ovviamente, non poteva esservi contezza di ciò che sta avvenendo oggi nel momento in cui abbiamo ascoltato, in sede di audizione, il ministro Martino, il 19
gennaio scorso, quando egli ha annunciato alle Commissioni riunite esteri e difesa che sarebbe cominciata una strategia di rientro dei nostri militari dall'Iraq. Certamente, allora non si poteva avere idea di ciò che sarebbe successo a seguito delle vignette, con lo scatenarsi di un vero e proprio odio antioccidentale che sta dilagando in tutto l'Islam. In questo senso, può essere utile rileggere oggi la descrizione della situazione fatta dal ministro Martino, una descrizione piana, soddisfatta, come se tutto fosse assolutamente sotto controllo, come se tutto stesse procedendo nel migliore dei modi possibili.
Ricordo che, nel corso di quella audizione, il ministro aveva sottolineato più volte il successo della missione italiana - utilizzando ripetutamente tale termine - ed aveva proceduto, con meticolosa precisione, nello scadenzare il calendario: passaggio alla sovranità del Governo interinale nel giugno 2004, elezioni politiche fissate per il gennaio 2005, varo della Costituzione nell'agosto 2005, elezioni politiche definitive per il 15 dicembre. Insomma, l'illustrazione di un processo di stabilizzazione democratica (che, ovviamente, guardiamo con favore).
Però, in quella audizione, nella descrizione di questo processo, non ricordo alcun accenno ai 2500 militari morti e ai 35 mila morti iracheni (questi sono i dati); non ricordo alcun accenno al fatto che, l'8 dicembre, le principali autorità civili, religiose e politiche in Iraq avevano sottoscritto un patto d'onore, in cui chiedevano, al primo punto, che vi fosse un ritiro delle truppe militari (anzi, si cominciava ad affermare che non sarebbero state accettate basi militari successivamente al ritiro); non ricordo alcun accenno alle bombe che drammaticamente continuano a scoppiare nei mercati, davanti alle stazioni di polizia, nelle file davanti ai negozi.
Nella sua relazione, il ministro ha poi fatto un'affermazione in particolare, secondo cui avremmo fatto «una scelta di campo fra democrazia e terrorismo». In realtà, continuiamo a ribadire che la scelta della guerra all'Iraq è stata unilaterale, non legale, fuori dal diritto internazionale!
Ricordo che, in svariate audizioni volte a discutere di tale missione, ho sentito affermare - così anche in alcune trasmissioni televisive - che l'Italia avrebbe deciso di inviare i soldati dopo la risoluzione dell'ONU: questo non è vero! L'Italia lo ha deciso prima. I soldati sono arrivati in Iraq quando la risoluzione dell'ONU era stata emanata ma, da un punto di vista temporale, l'Italia ha deciso il loro invio prima. Mi preme sottolineare questo dato al fine di una veritiera ricostruzione dei fatti, altrimenti, come per tante altre situazioni, si manipola la realtà.
Quindi, riteniamo che, in uno scenario come quello che abbiamo di fronte, dove il rischio di scontro fra civiltà - l'odio addirittura dell'una per l'altra - è quanto mai evidente, palpabile e preoccupante, una strategia come quella utilizzata in Iraq non solo non abbia diminuito il terrorismo, ma, al contrario, lo abbia aumentato, facendo dell'Iraq un grande campo di addestramento per i terroristi.
Dal punto di vista del rischio di un conflitto fra due mondi, questa strategia della forza prepotente, questa strategia della forza unilaterale sicuramente è una ricetta sbagliata, e credo sia anche una delle cause di certi episodi a cui oggi stiamo assistendo, episodi che non giustifico, episodi terribili di violenza e di intolleranza. Ne ricordo solo uno, quello che maggiormente mi ha scioccato. Tra i vari filmati che sono stati trasmessi dai telegiornali in questi giorni, ne ricordo uno che mostrava una maestra che portava i bambini fuori dalla classe perché potessero bruciare una bandiera danese: ebbene, fra tutti i gesti violenti che visto, ho ritenuto questo il più violento, perché penso sia terribile che una maestra insegni questo ai bambini.
Siamo di fronte ad uno scenario internazionale davvero preoccupante, rispetto al quale dovremo fare richiamo a tutta la nostra attenzione politica e diplomatica per capire come muoverci. Come ripeto, abbiamo prorogato di 15 giorni l'attività
del Parlamento, rispetto all'ipotesi iniziale che era stata formulata, probabilmente per interessi che sono al di fuori di ciò che si fa in questo Parlamento. Tuttavia, dal momento che abbiamo deciso di prolungare l'attività parlamentare, forse valeva la pena che il Parlamento italiano discutesse di questo argomento con attenzione.
Rispetto alla situazione che stiamo affrontando, si potrebbero trovare anche nell'analisi delle altre missioni internazionali alcuni suggerimenti utili per capire come operare. Tra queste missioni, ne ricordo alcune, soprattutto le missioni nei Balcani e la missione disarmata dell'Unione europea in Palestina, che era stata richiesta dall'Autorità palestinese prima della vittoria elettorale di Hamas, che ho ritenuto particolarmente importante. Quanto all'azione che si sta svolgendo nei Balcani, essa dura ormai da molti anni. Come abbiamo detto, pensavamo che quel processo di pacificazione fosse più rapido. Tuttavia, è certo che in Kosovo, per esempio, dal 1999 la progressione, seppur lenta, è evidente. Si tratta di un processo che va avanti e di un'azione molto importante. Allo stesso modo sono importanti le missioni che sono diventate dell'Unione europea, sempre nei Balcani.
È un percorso che noi osserviamo svolgersi a tappe lente, nel quale l'elemento militare, adesso, lentamente sta lasciando spazio all'elemento civile, cioè a chi ricostruisce i codici di giustizia, a chi insegna ai poliziotti ed ai carabinieri come devono lavorare, attraverso una serie di strumenti di Stato e democratici assai importanti. Credo che questa esperienza avrebbe potuto essere utile, se confrontata e messa in relazione con un'altra importante nostra missione, la missione ISAF in Afghanistan. Sarebbe stato interessante svolgere questa discussione con particolare attenzione, perché anche quest'ultima missione, a prescindere dagli ultimi episodi drammatici di queste ore, sappiamo che sta procedendo. Infatti, non riguarda più soltanto Kabul ma, andando verso sud, vi sono nuovi territori che devono entrare sotto il suo controllo. Sappiamo che la situazione è ancora drammaticamente difficile.
Ricordo che, nel corso dell'audizione del ministro Martino, il senatore Andreotti ha chiesto se stessimo analizzando il fatto che la produzione di oppio è aumentata notevolmente rispetto all'epoca in cui c'era il regime dei talebani.
Allora, che cosa sta accadendo? Quale tipo di controllo stiamo effettuando e come riusciamo a seguire la situazione? Certamente, i momenti elettorali sono stati importanti e li abbiamo seguiti con passione e con partecipazione. Tuttavia, ci sono altri passaggi che non possono sfuggire e che dovrebbero trovare un luogo di discussione approfondita e non burocratica in una sede così importante come quella del Parlamento. Infatti, ciò che mi ha lasciato sempre un po' di amaro in bocca riguardo alle relazioni che sono state esposte dal ministro Martino o dai suoi sottosegretari è l'idea di calendario, di scadenzario, non vorrei dire di lista della spesa, perché il termine è un po' offensivo. In qualche modo, si trattava di una classificazione, senza una analisi ed un contributo in termini di strategia.
Ciò rappresenta un problema, così come lo è stato - lo ribadisco - il non aver fatto ricorso alla politica ed alla diplomazia nel caso dell'Iraq e l'aver deciso, invece, di intervenire contro armi di distruzione di massa che si sono rivelate inesistenti; si è poi sostenuto, alla fine, che si voleva abbattere un dittatore (ma lo si è fatto creando una situazione come quella descritta).
Da tale punto di vista, anche considerando lo scenario iraniano - e quindi le preoccupazioni che stanno emergendo da quel fronte -, ritengo che dovremmo avere maggiore attenzione strategica, anche nell'utilizzo e nell'invio dei nostri militari. Noi abbiamo circa 12 mila militari impegnati in varie missioni. Si tratta di un numero assai consistente: siamo il terzo paese per invio di contingenti militari. Peraltro, se aveste modo di colloquiare o con la «truppa» o con i generali, prendereste atto di come sia avvertita una preoccupazione fortissima; infatti, con i tagli apportati al bilancio della Difesa dall'ultima legge finanziaria - siamo allo
0,86 per cento -, costoro riferiscono di non sapere se si riuscirà a far fronte agli oneri relativi alla formazione, alla predisposizione delle attrezzature e a quant'altro sia necessario per riuscire a sostenere situazioni di pericolo. Va anche considerato che le missioni militari necessitano di ricambi di sei mesi in sei mesi e che, a tale riguardo, si pone l'esigenza di avere sempre l'attrezzatura e l'equipaggiamento al massimo dell'efficienza perché si tratta, appunto, di situazioni rischiose. Quindi, anche su tale versante, andrebbe condotta una valutazione; stiamo chiedendo molto alle nostre Forze armate, mentre abbiamo dato loro pochissimo.
Ma, con maggiore strategia, si dovrebbe anche riflettere su quali debbano essere gli scenari nei quali intervenire; tra questi, sicuramente i Balcani e l'area del Mediterraneo: o forse pensiamo di seguire «onde» o «richiami» che vengono fatti anche in modo assolutamente improprio?
Concludo il mio riferimento alla questione irachena osservando che, forse - anche se, certamente, con i «se» e con i «ma» non si può scrivere la storia -, se l'Italia non fosse stata la promotrice o la sostenitrice di quel documento degli otto paesi che ha spaccato l'Europa, gli Stati Uniti avrebbero potuto riflettere un po' di più prima di decidere un attacco ed una guerra che ritengo rappresentino una delle situazioni che sta creando questa instabilità generalizzata - nel mondo orientale in particolare - e, soprattutto, questo scenario quasi da scontro di civiltà.
Dunque, da tale punto di vista, ritengo che oggi siano molto importanti i temi relativi alla sicurezza; sappiamo che non si può più discutere della sicurezza nazionale senza fare riferimento a scenari internazionali, a forze multilaterali e ad una possibile governance del mondo, che deve certamente mettere in moto strumenti di legalità internazionale. Occorrono, peraltro, tanta più attenzione e delicatezza nell'affrontare le questioni quanto più ci accorgiamo che i problemi, oggi, si stanno ingigantendo fino ad esplodere.
Di tali questioni certamente non è divertente parlare in un'aula semivuota - peraltro, ringrazio i colleghi che sono rimasti ad ascoltare il dibattito -, intervenendo su un decreto che contiene un po' di tutto. Ritengo che anche questa situazione rappresenti un esempio dello spregio, in sostanza, fattosi di questo Parlamento in tutta la legislatura; nonostante la riforma costituzionale non sia stata ancora promulgata, ritengo che già si sia cominciato ad attivare il modello di Stato contenuto in quella riforma. Infatti, vi invito a riflettere sulla circostanza che le ultime tre leggi finanziarie sono «passate» tutte con un voto di fiducia; l'ultima, addirittura, ha riscritto completamente il lavoro che era stato svolto in Commissione di merito (che invece era stato fatto salvo nel caso della precedente legge finanziaria).
Abbiamo deciso l'inserimento della nuova normativa sulla droga in un decreto che tratta delle Olimpiadi, mentre nel provvedimento in esame, come hanno osservato i colleghi, è contenuto di tutto e di più. Ritengo che ciò rappresenti - e concludo il mio intervento - uno spregio al Parlamento e ritengo, altresì, di dover evidenziare la poca attenzione ed il poco rispetto nei confronti dei militari impegnati nelle missioni internazionali i quali, forse, non meritavano di essere considerati in un «provvedimento-arlecchino». Forse, anzi, potevano sentirsi rivolgere altro, anziché le solite «pacche sulle spalle» frequentemente sottintese nell'espressione «i nostri ragazzi»; espressione che sento assai soventemente dai colleghi della destra quando parlano dei nostri militari, i quali, invece, spesso sono uomini e donne ben cresciuti, che nulla più hanno dei «ragazzi».
Rispetto a tale questione, credo che una maggiore solidarietà ed una maggiore attenzione nei loro confronti avrebbero potuto essere dimostrate dal mondo politico. Infatti, di fronte ad una situazione rischiosa e pericolosa - come quella in cui, oggettivamente, si trovano oggi i nostri militari impegnati, ad esempio, in Iraq o in Afghanistan -, avremmo dovuto svolgere una discussione seria ed approfondita.
Forse avremmo dovuto riconfermare gli stessi obiettivi, ma avrebbero dovuto comunque essere calibrati da una strategia. Tuttavia, mi riferisco ad una strategia di cui, in questi cinque anni di legislatura, non ho mai sentito parlare né il Governo (ministri o sottosegretari), né, purtroppo, i colleghi della maggioranza.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Mazzarello. Ne ha facoltà.
GRAZIANO MAZZARELLO. Signor Presidente, il Presidente del Consiglio ha voluto «prorogare» la legislatura, motivando tale scelta con il fatto che era necessario un impegno del Parlamento per approvare moltissimi provvedimenti importanti e fondamentali per il paese e per i cittadini.
Il decreto-legge in esame (gran parte del quale poteva essere esaminato, per la sua natura, a Camere sciolte) rappresenta la dimostrazione della strumentalità di quella posizione: ormai è chiaro a tutti, infatti, che essa è stata usata e perseguita per riempire della presenza del Presidente del Consiglio i nostri mezzi televisivi.
Noi, invece, siamo testardamente qui, e proviamo ancora a vedere se riusciamo davvero a realizzare, in questa fine legislatura, qualcosa di utile per i problemi dei cittadini e per la condizione economica del nostro paese.
Intendo trattare, allora, una questione che meriterebbe di essere affrontata. Infatti, nell'ambito del grande comparto dei trasporti e della logistica (dal sistema ferroviario al trasporto aereo, dal sistema dei porti agli aeroporti), sarebbe necessario disporre la proroga di alcuni provvedimenti e, in alcuni casi, il blocco delle misure sbagliate e negative adottate da questo Governo.
Vorrei ricordare che, nella seduta di ieri, in quest'aula è accaduto un fatto gravissimo. Infatti, di fronte al disagio pesantissimo subito da migliaia di pendolari, si voleva svolgere una discussione al fine di impegnare il Governo ad assumere misure volte a superare l'emergenza in atto nel trasporto ferroviario del paese. Il Governo, tuttavia, di fronte alle interpellanze urgenti presentate (firmate, in qualche caso, dai presidenti dei maggiori gruppi di opposizione), non si è presentato. Il rappresentante dell'esecutivo ha poi trovato un ripiego leggendo, dopo qualche minuto di confusione, un fax fattosi rapidamente spedire dalle Ferrovie dello Stato.
Ciò dimostra la gravità dei fatti che accadono. Se possiamo ricorrere ad una battuta, si proroga l'assenza e la cattiva volontà del Governo nell'affrontare una grave emergenza, che affligge tanti cittadini del nostro paese.
Come stavo dicendo, le questioni che riguardano il grande comparto dei trasporti e della logistica avrebbero bisogno di proroghe di provvedimenti; al contempo, occorrerebbe bloccare le misure sbagliate adottate da questo esecutivo.
Vorrei rilevare che il decreto-legge in esame avrebbe potuto essere usato a tale scopo; anzi, ricordo che, al Senato, qualche esponente del Governo ci ha persino provato, tentando di compiere un'operazione propagandistica (salvo poi eliminare qualsiasi misura di questo genere dal provvedimento che, alla fine, è stato votato). Mi riferisco al grande disastro in atto, come dicevo, nel settore dei trasporti e della logistica del nostro paese, ed in particolare per tutta la parte che riguarda l'economia del mare. Si tratta di un disastro che avviene in settori che pure rappresentano un'opportunità per il nostro paese, e mi riferisco alla flotta, alla cantieristica ed ai porti. Si tratta di settori che perdono colpi perché sarebbero necessarie alcune misure importanti; penso, lo ribadisco, alla cantieristica ed alla flotta. Sarebbe necessario - in questo campo, sì - prorogare una serie di misure positive che i Governi precedenti avevano assunto, di sostegno alla cantieristica ed alla flotta del nostro paese.
Onorevoli colleghi, ieri si è assistito ad una presa di posizione del presidente di Confitarma - e non credo che quest'ultimo possa essere accusato di essere un «comunista», come spesso si usa dire da parte del Presidente del Consiglio per
combattere coloro che lo criticano -, il quale ha fatto un'affermazione pesantissima, da non prendere «sotto gamba», ossia che questo Governo non ha una cultura di una politica del mare. È, ripeto, un'affermazione pesantissima, se si considera che il nostro è un paese circondato dal mare, che ha una grande opportunità di sviluppo economico in questi settori.
Dunque, flotta, cantieri e cabotaggio meriterebbero una proroga di alcuni provvedimenti che questo Governo non è stato in grado di portare avanti rispetto all'azione del Governo precedente. Perché non si prorogano tali provvedimenti? Perché non si impegnano risorse, anziché in qualche misura di sottogoverno - come avviene con questo decreto-legge -, in settori talmente fondamentali per la nostra economia e per il nostro paese, quali i porti? Noi abbiamo addirittura votato all'unanimità, su nostra proposta, degli ordini del giorno che impegnavano il Governo a revocare - occorrerebbe non prorogare più tale misura - il «famigerato» blocco al 2 per cento degli investimenti nei porti, una misura che non solo ostacola i finanziamenti alla portualità italiana, ma impedisce persino che i porti italiani impegnino le risorse che sono già a loro disposizione.
Si tratta di un grande settore che potrebbe produrre sviluppo, far crescere l'economia e l'occupazione del nostro paese; anche in tale caso si assiste, invece, ad una crescita zero. Mentre raddoppiano i traffici nel Mediterraneo ed i porti della Spagna registrano una crescita del 10 per cento e quelli francesi quasi altrettanto, i porti italiani hanno avuto una percentuale di crescita pari - lo ripeto - allo zero per cento! Ciò perché? Perché, da due anni ormai, il Governo blocca la possibilità di investimento nei nostri scafi. In materia, sarebbe necessaria l'adozione di una misura appropriata, ed insisteremo su tale aspetto, perché venga adottata una misura che blocchi la scelta sbagliata compiuta con la legge finanziaria di due anni fa, proprio per dare al sistema complesso dei trasporti e della logistica, che, come ho detto, potrebbe rappresentare una grande opportunità per l'Italia, un po' di respiro, una possibilità di crescita e di sfruttare le occasioni che abbiamo di fronte.
Abbiamo ascoltato il ministro Tremonti fare una affermazione gravissima, che non sta né in cielo né in terra, ossia che è meglio non finanziare i porti perché in tal modo impediremmo ai prodotti cinesi di arrivare nel nostro paese. È troppo facile, ovviamente, dire che si perde una grande occasione di lavoro, che proprio i rapporti con la Cina, in questo caso, ci offrono. Favoriamo gli scali che sono in competizione con i nostri e, quindi, queste merci, da e per il grande Oriente, passeranno per i porti vicini a noi. Ciò denota, davvero, una profonda mancanza di cultura, come sostengono gli addetti ai lavori, i protagonisti, gli operatori del settore.
Noi vorremmo che in questo provvedimento, così carente e confuso, fossero almeno contemplate alcune misure. Non muovo critiche per quanto è stato previsto, anche se lo hanno già fatto molti miei colleghi; muovo critiche per ciò che avrebbe potuto esserci, per affrontare davvero, a fine legislatura, i problemi seri del nostro paese, quelli di fronte ai quali si trovano i cittadini italiani nella loro vita quotidiana. Al riguardo, questo Governo per ora non ci ascolta; noi, comunque, lo ripeto, siamo qui ad insistere con tenacia e testardaggine. Visto che questa legislatura è stata prolungata, come si diceva, strumentalmente, per affrontare i problemi dei cittadini italiani, noi vogliamo provare a farlo; intendiamo costringervi a confrontarvi sui veri temi che sono alla base del nostro sviluppo, della nostra economia e della condizione dei cittadini nel nostro paese (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo e della Margherita, DL-L'Ulivo).
PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Pisa. Ne ha facoltà.
SILVANA PISA. Signor Presidente, cercherò di svolgere un intervento il più breve possibile.
Le missioni internazionali, ossia le questioni riguardanti la pace e la guerra, che,
quindi, rivestono una certa rilevanza, sono trattate all'articolo 39-vicies bis del cosiddetto provvedimento «mille proroghe». Ciò dimostra, anche formalmente, un'idea di banalizzazione della guerra - vicies bis! -, che la dice lunga sull'idea del mondo concepita da questo Governo.
Si scippa al Parlamento la possibilità di discutere nel merito anche del rinnovo della missione irachena. Infatti, la prosecuzione della missione è stata autorizzata senza una valutazione dei fatti e delle nuove tensioni che si stanno producendo in Medio Oriente: mi riferisco alla vittoria di Hamas nelle elezioni palestinesi, mi riferisco al Libano ed alle turbolenze che in questi mesi lo attraversano, nonché alla vicenda dell'arricchimento dell'uranio in Iran (peraltro, vorrei dire sommessamente, tra parentesi, che la condanna delle armi nucleari, per essere credibile, dovrebbe valere per tutti, anche per Israele e per il Pakistan, per non parlare dei paesi limitrofi).
Si dispone pertanto la prosecuzione della missione in Iraq senza uno sguardo che comprenda, nella sua ampia panoramica, il sempre più stringente posizionarsi di due blocchi (per semplificare: Occidente ed Oriente) attorno alle aree ricche di risorse energetiche. Questo è il tema! A tal proposito, leggiamo con favore la proposta di Rumsfeld di mirare ad abbandonare gli interessi energetici all'estero.
Si tratta di un rinnovo che ignora completamente il tumultuoso vento integralista e fondamentalista - ne hanno parlato i colleghi - che in questi giorni soffia in sempre più numerosi paesi del Medio Oriente, che è strettamente collegato - e sottolineo: strettamente collegato - con quanto accaduto in Iraq. È collegato e dipendente rispetto a quanto successo in Iraq.
In questo complesso quadro sono iscritte le vere ragioni dell'occupazione irachena, ed esso costituisce lo scenario in cui si svolge quella che il Governo ha definito la «transizione» irachena, e che noi chiamiamo la «tragedia» irachena. È una tragedia procurata da soggetti precisi (Bush, Blair, i cosiddetti willings). Né il ministro Martino, né i sottosegretari Boniver e Cicu, nel corso della loro audizione, hanno fatto cenno a tutto ciò, come se nel mondo non succedesse nulla. Si sono limitati a leggere un compitino idilliaco, autocelebrativo, autoassolutorio e autoreferenziale: tutto va bene, è stato un successo, come siamo stati bravi! Tutto ciò, guardandosi bene dal rispondere, nel corso dell'audizione in Commissione, alle tante ragioni ed alle tante domande dell'opposizione.
Peraltro, nemmeno vi informate di ciò che sta succedendo oggi negli Stati Uniti e di come la pensano oggi rispetto alla vicenda irachena.
Il teorico neocon Pipes afferma che l'Iraq rappresenta il punto di crisi dell'egemonia americana nel mondo e che l'ideologia dell'esportazione della democrazia - udite! Udite! - forse va ripensata e che comunque ritiene che i tempi saranno lunghi e che serva un altro approccio.
Il capo di stato maggiore degli Stati Uniti, il generale Peter Pace, in un'intervista a Fox News, che è il canale di Murdock, afferma che gli iracheni si augurano che le forze della coalizione lascino il paese al più presto.
Non solo: l'ispettore generale per la ricostruzione, Stewart Bowen, nel suo rapporto al Congresso degli Stati Uniti, denuncia il fallimento della ricostruzione, dicendo che, per quanto riguarda il petrolio e l'elettricità, la situazione è peggiorata rispetto a prima della guerra, nella misura che solo il 30 per cento della rete elettrica funziona, mentre prima della guerra funzionava il 50 per cento.
La massima parte - dice Bowen - delle spese destinate alla ricostruzione è stata stornata per la sicurezza. È una guerriglia continua, infatti, e ci sono incendi, contractors, costruzione di prigioni, eccetera. Anche nel sud del paese, dove la situazione è più tranquilla e, quindi, i problemi di sicurezza sono minori, la ricostruzione non marcia.
Allora, per cosa sono stati impiegati questi fondi? Sono stati usati per la costruzione di basi militari, come si sa utilissime ai cittadini iracheni!
Insomma, vi è il chiaro riconoscimento del fallimento di una strategia dal punto di vista politico, militare e civile. L'America, che credo sia una grande democrazia, è capace, a volte, di raccontarsi i suoi limiti.
Nulla di tutto questo è presente nelle parole del Governo e dei relatori. Si citano sempre le risoluzioni dell'ONU, senza mai accennare al fatto che sono state identificate nel loro punto fondamentale, ossia quel Comando unificato della Forza multinazionale, che, pur in un'impresa sciagurata come quella irachena, avrebbe dato pari dignità agli alleati.
Invece, il Comando unificato non c'è mai stato e solo così si può spiegare, non giustificare - lo sottolineo -, la reticenza degli Stati Uniti sull'uccisione del dottor Calipari. Solo così si può spiegare anche la mancanza di notizie agli alleati sui bombardamenti al fosforo su Falluja.
Ricordo che il sottosegretario Berselli, qui in aula, ci ha detto: se lo avessimo saputo, non avremmo esitato a prendere iniziative sul piano internazionale e diplomatico. Ma perché non lo sapevano? La nostra intelligence opera a Baghdad oppure no? Non esiste tra noi e il Comando degli Stati Uniti almeno un'elevata collaborazione di Comandi, come ha citato il sottosegretario?
La realtà è che, in pratica, abbiamo rinunciato alla nostra sovranità. Questo Governo ha portato i nostri soldati in una catena di Comando che ci vede sudditi, in un'impresa fallimentare di cui è totalmente responsabile, senza aver mai riconosciuto i propri errori e la propria connivenza. Ne hanno parlato i colleghi e, in particolare, benissimo la collega Pinotti e non voglio ripetermi.
Voglio ricordare solo che dopo tre anni non vi è nessun serio bilancio che dica finalmente ciò che noi chiediamo continuamente: perché, per chi e per cosa siamo andati in Iraq. Anche un autorevole rappresentante, come il presidente Andreotti, durante le audizioni ha detto: perché c'è stata l'occupazione dell'Iraq? È la stessa domanda che ci siamo posti anche noi.
Non si può discutere della proroga di una missione - ha detto sempre il senatore Andreotti - senza pagare questo debito nei confronti della storia. Io direi: anche nei confronti del paese e dei nostri militari.
È stata una delle più gravi rotture della comunità internazionale che si è determinata senza ragione, con prove false e menzogne, e ha provocato conseguenze che stanno incendiando il mondo. Di questo avremmo dovuto parlare.
Invece, il ministro Martino ha prospettato una riduzione del contingente militare e ha auspicato l'evoluzione progressiva della missione militare in missione mista, militare e civile, sulla falsariga dei piani di ricostruzione afgani.
La nuova missione si dovrebbe chiamare Nuova Babilonia, in sostanziale continuità con Antica Babilonia, e dovrebbe occuparsi essenzialmente di ricostruzione. Anche in questo caso la contraddizione è evidente: si parla della provincia di Nassiriya come di un territorio tranquillo in tutta la relazione. Allora, se si tratta di curare i bambini non servono i carabinieri, ma i pediatri; se si tratta di costruire case, pozzi, scuole ed ospedali servono ingegneri e non militari. In realtà, per come è stata prospettata, si tratterebbe di un'occupazione militare camuffata e non costituirebbe alcuna discontinuità. Non solo: in questi mesi abbiamo addestrato Forze di polizia e forze militari irachene ed i compiti di sicurezza dovrebbero spettare a loro. La contraddizione maggiore è che questa prospettiva riguarderebbe, comunque, il periodo successivo alla proroga in discussione, cioè da giugno in poi, e sarà di competenza del nuovo Governo e del nuovo Parlamento che, ci auguriamo, sarà portatore di un progetto di pace.
Signor Presidente, concludo perché mi rendo conto che è tardi. Credo che questa missione, per come è stata presentata - il ministro Martino ha parlato di strategia del successo - non solo consista in una rimozione delle responsabilità, ma dimostri anche un cinismo sorprendente, naturalmente si tratta della mia opinione.
Ricordo all'Assemblea che la guerra e l'occupazione irachena sono costate la morte di più di 30 mila civili, tra cui bambini, vecchi e donne, di 2.500 soldati, per lo più giovani uomini, e tantissimi feriti, più di 16 mila solo quelli americani. Dunque, trattarla come strategia di successo significa non aver capito il patto che le varie componenti politiche fecero a dicembre che, come primo punto, prevedeva il rientro di tutti i militari stranieri da quel paese. Finché ci sono le truppe straniere non ci sarà pacificazione dell'Iraq. Prima i militari tornano tutti, meglio è per quell'area e per il resto del mondo (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo e della Margherita, DL-L'Ulivo).
GUSTAVO SELVA. Non dicono così i dirigenti iracheni!
PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Deiana. Ne ha facoltà.
ELETTRA DEIANA. Signor Presidente, è quasi noioso ritornare sulle questioni di metodo e di merito relative alle missioni militari. Tuttavia, è doveroso farlo non solo in generale per rispetto di questo Parlamento, ma soprattutto di fronte alla grave e cinica offesa recata al Parlamento, al paese ed alle Forze armate con la scelta di inserire la questione delle missioni all'interno del decreto-legge «mille proroghe» (il nome è già un programma). Con tale inserimento credo si sia arrivati - scegliete voi - o al paradosso del ridicolo più assoluto, o alla banalità del male, come avrebbe detto Hannah Arendt e come ricordava prima anche la collega Pisa. Si tratta dell'indifferenza più totale nei confronti di una scelta politica e militare che andrebbe analizzata con altri strumenti.
Credo molto più semplicemente che, ancora una volta, con una scelta di questo genere sia stata violata la più elementare dialettica democratica del Parlamento. Nessuno di voi, infatti, ed il Governo in particolare, può ignorare che una parte importante dell'opposizione ha sempre chiesto che l'intera materia delle missioni venisse discussa in maniera adeguata, tale da permettere al Parlamento un dibattito nel merito di ogni missione e la possibilità di votare secondo un giudizio di merito che può essere differente proprio in ragione della specifica natura delle missioni in esame.
Il gruppo di Rifondazione comunista ha sottolineato sempre questa necessità, in relazione a tutte le missioni, ed abbiamo reclamato il nostro diritto di voto specifico. L'opposizione nel suo complesso, poi, ne ha fatto richiesta in particolare per la partecipazione del nostro paese alla guerra in Iraq per evidenti ragioni di dissenso politico, tanto è vero che, da un certo punto in poi, l'Iraq è stato materia di un provvedimento a sé stante.
Oggi, invece, con il decreto-legge «mille proroghe» siamo arrivati all'indifferenziato più totale. Le missioni sono state «affastellate» in un unico maxiemendamento, stranamente numerato e collocato in una posizione del tutto casuale, a sua volta inserito in un provvedimento che comprende tutto, dentro una logica di fine legislatura di distribuzione di concessioni, regalie, «contentini» e quant'altro, funzionali appunto ad esigenze del tutto elettoralistiche.
Non intendo tornare su un aspetto che ho più volte sottolineato nei dibattiti parlamentari, cioè cosa significhi «affastellare» missioni così differenti, come sono in realtà quelle catalogate sotto titoli unificanti, cosa significhi una tale scelta in termini di dignità e sovranità del Parlamento, né voglio aggiungere altro a quanto già detto dai colleghi sulla natura del decreto-legge in esame, contrario alle norme costituzionali e alla normazione regolamentare di materie simili.
Intendo aggiungere che la questione della sovranità e della dignità del Parlamento non sembra toccarvi affatto, visto che la riduzione del Parlamento ad ufficio di ratifica dei dispositivi, degli ordini dell'Esecutivo è un punto strategico della vostra presenza all'interno delle istituzioni democratiche del paese.
Mi soffermerò, invece, su un altro aspetto di stretta attinenza con il merito dell'emendamento relativo alle missioni militari. Ritengo che a fine legislatura, dopo quanto sta avvenendo in Medio Oriente (su cui il Parlamento non è stato in grado, finora, di fare la benché minima riflessione), un altro senso di responsabilità politica ed istituzionale avrebbe dovuto obbligarvi ad affrontare in maniera totalmente diversa il bilancio di tre anni di partecipazione all'«avventura» in Iraq, avrebbe dovuto obbligarvi a rendere conto al Parlamento ed al paese dei guasti che la vostra scelta ha provocato all'immagine dell'Italia nella storia del nostro paese, oppure a rivendicare ciò che avete fatto, non in termini autoesaltativi ed autoassolutori (come avete fatto fino ad ora) ma in termini di merito delle situazioni, spiegando a cosa sia servito «impantanare» il nostro paese nella vicenda della guerra in Iraq e a cosa serva, ora, continuare a rimanervi, fingendo di lavorare ad una strategia di uscita, che appare sempre più evidentemente subalterna alle esigenze politiche e militari degli Stati Uniti e prigioniera di una escalation di violenza che sta trasformando il Medio Oriente nel laboratorio avanzato di un vero e proprio scontro di civiltà.
Mi chiedo se non vi sarebbe da riflettere sulla connessione tra la guerra in Iraq, la vittoria delle forze fondamentaliste in Iran e in Palestina, la reazione a catena che si sta sviluppando in Medio Oriente, nei paesi arabi, nello scontro e nella connessione tra due dinamiche di radicalizzazione dei fondamentalismi, da un parte quello islamico e dall'altro quello identitario americano ed occidentale. Si tratta di una radicalizzazione che sta producendo un micidiale bipolarismo culturale che sostituisce l'antica divisione del mondo in blocchi politici.
Oggi il mondo è diviso in blocchi culturali, in una escalation terrificante, come i fatti recenti di questi giorni stanno a dimostrare, all'interno della quale sicuramente un ruolo di primo piano è ricoperto dalla strategia di guerra permanente e costituente, messa in atto dall'amministrazione Bush.
Credo che di tutto ciò, un paese importante come il nostro, perlomeno nello scenario europeo, con la storia, le connessioni, i legami che ha con il mondo arabo, dovrebbe discutere con estrema serietà, dal momento che la relazione tra tutti questi fatti esiste (si sta dimostrando in tutta la sua portata devastante) e nessuna ridicola propaganda sull'esportazione della democrazia può nasconderla in nessun modo.
La democrazia non si esporta con la guerra, ricordava prima, giustamente, la collega Pisa e lo stanno ricordando analisti e strateghi di parte americana (non qualche no-global nostrano); aggiungo che la democrazia non si riduce al passaggio nella cabina elettorale.
Ciò che sta avvenendo ancora una volta in quei paesi dovrebbe indurci ad una seria riflessione, ad un serio ripensamento sul concetto di democrazia nel nostro paese e su ciò che in altre parti del mondo gli assomiglia.
Sicuramente non credo che elezioni teleguidate dagli americani possano essere etichettate come via maestra per la democrazia. Penso che la democrazia non possa essere ridotta allo scimmiottamento eterodiretto di regole da noi imposte e lontanissime dalla cultura, dalle dinamiche, dalla percezione, dai legami, dalle strutture sociali, nonché dalle strutture culturali di popoli che hanno una storia molto diversa dalla nostra.
Non si sta realizzando alcuna stabilizzazione in Iraq; ancora una volta, in ordine a tale aspetto, strateghi, generali e giornalisti degli Stati Uniti d'America affermano cose di una evidenza trasparente, su cui non voglio assolutamente intervenire.
Credo che lo dimostrino i fatti: giorno dopo giorno, giungono notizie di bombe, attentati, agguati e violenze in tutto il triangolo sunnita, ma non solo. Anche oggi vi sono stati attentati alla linea elettrica di Nassyria e la situazione del sud del paese continua ad essere tutt'altro che definitivamente pacificata.
D'altra parte, la stessa situazione di instabilità è presente in Afghanistan. La reazione di significativi gruppi di afgani di fronte alla vicenda delle vignette satiriche pubblicate da un giornale danese, la violenza degli episodi che ha contraddistinto le mobilitazioni nelle città afgane, dimostrano come basti un episodio, apparentemente così lontano, per mettere in movimento una reazione a catena che è evidentemente connessa e motivata da ben altre complesse ragioni (non si tratta solo della questione delle vignette). La guerra, ripeto, per il modo in cui è stata affrontata e per come sono state instaurate le relazioni in quella parte del mondo, ha giocato un ruolo essenziale.
Un'ultima considerazione. In questi giorni abbiamo appreso che la procura militare di Roma ha iscritto nel registro degli indagati un militare italiano coinvolto nella sparatoria contro un'ambulanza a Nassiriya. Quella sparatoria è stata un atto di guerra, così come un'azione di guerra è stata l'intera battaglia cosiddetta dei tre ponti: guerra, voglio sottolinearlo, che ha reso colpevoli le nostre Forze armate di azioni che hanno violato la ragione di fondo della loro stessa esistenza, cioè la fedeltà all'articolo 11 della Costituzione. L'esistenza delle Forze armate italiane è, infatti, legata strettamente a quell'articolo, il quale vieta sia la guerra, se non per ragioni di difesa, sia l'occupazione di altri paesi, sia l'invio, per ragioni di ostilità, di nostri militari, in altri paesi. Ovviamente, le nostre Forze armate non hanno alcuna responsabilità politica, ma sono strettamente legate alle disposizioni che giungono dal potere politico. Per la guerra in Iraq, la responsabilità è tutta e solo del Governo e della sua maggioranza.
L'iniziativa intrapresa, come detto, dalla procura militare di Roma assume una forte rilevanza politica e istituzionale, che avrebbe dovuto far comprendere al Governo l'opportunità di affrontare in maniera completamente diversa il bilancio di tre anni di guerra e la leggerezza estrema con cui essa è stata affrontata, sia nelle aule parlamentari sia nei dibattiti pubblici. Siamo, infatti, convinti che il ritiro delle nostre truppe dall'Iraq sia un atto necessario e dovuto, ma ormai assolutamente insufficiente per operare quella rottura della linea di condotta seguita finora. Per fare ciò, occorrerà ben altra capacità politica, soprattutto nel rapportarsi sulle questioni che interessano il Medio Oriente e gli USA. Senza una politica di indipendenza e di autonomia, non si romperà la tragedia della subordinazione. La guerra è tragica, ma è frutto di una tragedia politica, cioè di un'incapacità di essere autonomi e indipendenti dalla logica di guerra degli Stati Uniti (Applausi dei deputati dei gruppi di Rifondazione comunista e della Margherita, DL-L'Ulivo).
PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.
PRESIDENTE. Prendo atto che il relatore ed il rappresentante del Governo rinunziano alla replica.
PRESIDENTE. Avverto che sono state presentate le questioni pregiudiziali Michele Ventura ed altri n. 1 e Zaccaria ed altri n. 2 (vedi l'allegato A - A.C. 6323 sezione 1), che saranno esaminate e votate in altra seduta.
Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.
PRESIDENTE. Comunico che sarà iscritta all'ordine del giorno della seduta di domani l'assegnazione, in sede legislativa, delle seguenti proposte di legge, delle quali le sottoindicate Commissioni permanenti,
cui erano state assegnate in sede referente, hanno chiesto, con le prescritte condizioni, il trasferimento alla sede legislativa, che propongo alla Camera a norma del comma 6 dell'articolo 92 del regolamento:
alla IV Commissione permanente (Difesa):
S. 2274-2275 - Senatori BONATESTA; NIEDDU ed altri: «Norme per la concessione di contributi statali alle associazioni combattentistiche» (Approvata, in un testo unificato, dal Senato) (6277).
A tale proposta di legge sono abbinate le proposte di legge: DILIBERTO ed altri: «Disposizioni per la concessione di contributi statali alle Associazioni combattentistiche» (5618) e PERROTTA: «Concessione di contributi statali alle Associazioni combattentistiche» (5632).
alla XI Commissione permanente (Lavoro):
S. 2924 - Senatori ZANOLETTI ed altri: «Modifica della disciplina normativa relativa alla tutela della maternità delle donne dirigenti» (Approvata dalla XI Commissione permanente del Senato) (6009).
alla XII Commissione permanente (Affari sociali):
S. 3417 - Senatori ZANOLETTI ed altri: «Nuova disciplina in favore dei minorati auditivi» (Approvata dalla XI Commissione permanente del Senato) (6231) (La Commissione ha elaborato un nuovo testo).
PRESIDENTE. Comunico che nella seduta di oggi, 7 febbraio 2006, la II Commissione permanente (Giustizia) ha approvato, in sede legislativa, la seguente proposta di legge:
S. 3397 - Senatori Antonino CARUSO ed altri: «Modifiche all'articolo 295 del codice di procedura penale, in materia di intercettazioni per la ricerca del latitante, e all'articolo 132 del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, in materia di acquisizione dei dati relativi al traffico telefonico» (Approvata dalla II Commissione permanente del Senato), con modificazioni e con il seguente nuovo titolo: «Modifica all'articolo 295 del codice di procedura penale, in materia di intercettazioni per la ricerca del latitante» (6024).
Comunico altresì che nella seduta di oggi, 7 febbraio 2006, la XI Commissione permanente (Lavoro pubblico e privato) ha approvato, in sede legislativa, il seguente disegno di legge:
S. 3234 - «Istituzione del profilo di docente presso la Scuola di lingue estere dell'Esercito» (Approvato dalla IV Commissione permanente del Senato) (6023), con modificazioni e con l'assorbimento della seguente proposta di legge: PERROTTA: «Disposizioni per favorire l'attività della Scuola di lingue estere dell'Esercito» (5654), che pertanto sarà cancellata dall'ordine del giorno.
Comunico, inoltre, che nella seduta di oggi, 7 febbraio 2006, la XII Commissione permanente (Affari Sociali) ha approvato, in sede legislativa, la seguente proposta di legge:
S. 404-B - Senatori COZZOLINO e SERVELLO: «Nuova regolamentazione delle attività di informazione scientifica farmaceutica e istituzione dell'albo degli informatori scientifici del farmaco» (già approvata dalla XII Commissione del Senato, modificata dalla Camera e nuovamente modificata dalla XII Commissione permanente del Senato), con modifiche (3204-B).
Comunico, infine, che nella seduta di oggi, 7 febbraio 2006, la II Commissione permanente (Giustizia) ha approvato, in sede legislativa, la seguente proposta di legge:
S. 735 - Senatori PELLICINI ed altri: «Modifica delle tabelle A e B allegate al decreto legislativo 19 febbraio 1998, n. 51, con istituzione della sezione distaccata del
tribunale di Varese nella città di Luino» (Approvata dalla II Commissione permanente del Senato) (2759).
PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.
Mercoledì 8 febbraio 2006, alle 9,30:
(ore 9,30 e ore 16)
1. - Assegnazione a Commissioni in sede legislativa delle proposte di legge nn. 6277 ed abbinate, 6009 e 6231.
2. - Seguito della discussione del disegno di legge:
S. 3716 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 30 dicembre 2005, n. 272, recante misure urgenti per garantire la sicurezza ed i finanziamenti per le prossime Olimpiadi invernali, nonché la funzionalità dell'Amministrazione dell'interno. Disposizioni per favorire il recupero di tossicodipendenti recidivi (Approvato dal Senato) (6297).
- Relatori: Anedda (per la II Commissione) e Giulio Conti (per la XII Commissione).
3. - Discussione di un documento in materia di insindacabilità ai sensi dell'articolo 68, primo comma, della Costituzione:
Applicabilità dell'articolo 68, primo comma, della Costituzione, nell'ambito di un procedimento penale nei confronti del deputato Gasparri (Doc. IV-quater, n. 123).
- Relatore: Lezza.
4. - Discussione della domanda di autorizzazione a procedere in giudizio ai sensi dell'articolo 96 della Costituzione nei confronti del deputato Alemanno nella sua qualità di Ministro delle politiche agricole e forestali e di Calisto Tanzi e Romano Bernardoni (Doc. IV-bis, n. 1-A).
- Relatore: Antonio Leone.
5. - Discussione di un documento ai sensi dell'articolo 68, terzo comma, della Costituzione:
Domanda di autorizzazione all'utilizzazione di intercettazioni di conversazioni nei confronti del deputato Ranieli (Doc. IV, n. 13-A).
- Relatori: Cola (per l'imputazione di concorso in concussione) e Gironda Veraldi (per l'imputazione relativa al reato elettorale).
6. - Discussione di un documento ai sensi dell'articolo 68, terzo comma, della Costituzione:
Domanda di autorizzazione all'utilizzazione di intercettazioni di conversazioni nei confronti del deputato De Luca (Doc. IV, n. 15-A).
- Relatore: Di Gioia.
7. - Discussione di un documento in materia di insindacabilità ai sensi dell'articolo 68, primo comma, della Costituzione:
Applicabilità dell'articolo 68, primo comma, della Costituzione, nell'ambito di un procedimento civile nei confronti del deputato Saponara (Doc. IV-quater, n. 124).
- Relatore: Cola.
8. - Deliberazione per la costituzione in giudizio della Camera dei deputati in relazione ad un conflitto di attribuzione sollevato innanzi alla Corte costituzionale dalla Corte di Appello di Venezia - Sezione IV penale.
9. - Discussione della proposta di legge:
GRANDI ed altri: Interventi dello Stato nel sistema fieristico nazionale (Approvata dalla Camera e modificata dalla X Commissione permanente del Senato) (2406-B).
- Relatore: Gamba.
10. - Discussione dei disegni di legge di ratifica (ove conclusi dalla Commissione):
S. 2962 - Ratifica ed esecuzione dell'Accordo fra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo della Repubblica popolare di Cina per la cooperazione scientifica e tecnologica, con Allegato, fatto a Pechino il 9 giugno 1998 (Approvato dal Senato) (5584).
Ratifica ed esecuzione dell'Accordo di dialogo politico e di cooperazione tra la Comunità europea e i suoi Stati membri, da una parte, e le Repubbliche di Costa Rica, El Salvador, Guatemala, Honduras, Nicaragua e Panama, dall'altra, con Allegato, fatto a Roma il 15 dicembre 2003 (6239).
Ratifica ed esecuzione dell'Accordo di dialogo politico e di cooperazione tra la Comunità europea e i suoi Stati membri, da una parte, e la Comunità andina e i suoi Paesi membri, dall'altra, con Allegato, fatto a Roma il 15 dicembre 2003 (6240).
Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo dello Stato d'Israele in materia di cooperazione nel campo della sicurezza delle reti, fatto a Roma il 29 settembre 2004 (6285).
S. 3289 - Ratifica ed esecuzione dell'Accordo di coproduzione cinematografica tra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo della Repubblica del Cile, con Allegato, fatto a Roma il 6 ottobre 2004 (Approvato dal Senato) (6311).
S. 3324 - Ratifica ed esecuzione dell'Accordo di mutua assistenza amministrativa tra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo federale della Repubblica federale di Jugoslavia per la prevenzione, l'accertamento e la repressione delle infrazioni doganali, con allegato, fatto a Belgrado il 29 marzo 2002 (Approvato dal Senato) (6312).
S. 3449 - Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana ed il Regno di Svezia sulla cooperazione culturale, educativa, scientifica e tecnologica, fatto a Roma il 29 novembre 2001 (Approvato dal Senato) (6313).
S. 3644 - Ratifica ed esecuzione del Protocollo recante modifica della Convenzione che istituisce un ufficio europeo di polizia (Convenzione EUROPOL) e del Protocollo relativo ai privilegi e alle immunità dell'EUROPOL, dei membri dei suoi organi, dei suoi vicedirettori e agenti, fatto a Bruxelles il 28 novembre 2002 (Approvato dal Senato) (6314).
S. 3646 - Ratifica ed esecuzione dell'Accordo di mutua assistenza amministrativa tra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo della Repubblica islamica dell'Iran per la prevenzione, l'accertamento e la repressione delle infrazioni doganali, con Allegato, fatto a Teheran l'11 ottobre 2004 (Approvato dal Senato) (6315).
S. 3670 - Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo della Repubblica dell'Azerbaijan sulla mutua assistenza amministrativa per la prevenzione, l'accertamento e la repressione delle infrazioni doganali, con Allegato, fatto a Roma il 24 febbraio 2005 (Approvato dal Senato) (6316).
S. 3685 - Ratifica ed esecuzione del Protocollo elaborato in base all'articolo 43, paragrafo 1, della Convenzione che istituisce un Ufficio europeo di polizia (Convenzione EUROPOL) che modifica detta Convenzione, fatto a Bruxelles il 27 novembre 2003 (Approvato dal Senato) (6317).
S. 2351 - Ratifica ed esecuzione della Convenzione e dei Protocolli delle Nazioni Unite contro il crimine organizzato transnazionale, adottati dall'Assemblea generale il 15 novembre 2000 ed il 31 maggio 2001 (Approvato dal Senato) (6230).
11. - Seguito della discussione del disegno di legge (previ esame e votazione delle questioni pregiudiziali presentate):
S. 3717 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 30 dicembre 2005, n. 273, recante definizione e proroga di termini, nonché conseguenti disposizioni urgenti. Proroga di termini relativi all'esercizio di deleghe legislative (Approvato dal Senato) (6323).
- Relatore: Palma.
(ore 15)
12. - Svolgimento di interrogazioni a risposta immediata.
PROPOSTE DI LEGGE DI CUI SI PROPONE L'ASSEGNAZIONE A COMMISSIONE IN SEDE LEGISLATIVA
IV Commissione permanente (Difesa):
S. 2274-2275 - Senatori BONATESTA; NIEDDU ed altri: «Norme per la concessione di contributi statali alle associazioni combattentistiche» (approvata, in un testo unificato, dal Senato) (6277).
A tale proposta di legge sono abbinate le proposte di legge: DILIBERTO ed altri n. 5618 e PERROTTA n. 5632, vertenti sulla stessa materia.
XI Commissione permanente (Lavoro):
S. 2924. - Senatori ZANOLETTI ed altri: «Modifica della disciplina normativa relativa alla tutela della maternità delle donne dirigenti» (approvata dalla XI Commissione permanente del Senato) (6009).
XII Commissione permanente (Affari sociali):
S. 3417 - Senatori ZANOLETTI ed altri: «Nuova disciplina in favore dei minorati auditivi» (approvata dalla XI Commissione permanente del Senato) (6231) (La Commissione ha elaborato un nuovo testo).
La seduta termina alle 21,50.
LUCA BELLOTTI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, ci troviamo oggi a discutere un provvedimento che risulta doveroso, indispensabile e direi quasi vitale per la tutela di ampi strati della popolazione e soprattutto della nostra gioventù.
Oggigiorno il fenomeno delle droghe è in forte e preoccupante aumento. La cocaina, che era stata considerata per molto tempo la droga dei ricchi, è accessibile a strati sempre più ampi di popolazione e la diminuzione del consumo di eroina non è una vittoria se viene rimpiazzata da una sostanza psicotropa altrettanto allettante e parimenti pericolosa. Ci troviamo a fronteggiare una vera e propria emergenza che necessitava una risposta chiara da parte di questo Parlamento. Questa risposta è giunta proprio agli sgoccioli della legislatura, una risposta che fa chiarezza sull'atteggiamento che lo Stato e le istituzioni devono tenere di fronte al fenomeno droga. E non si tratta soltanto di porre le basi normative per una lotta, che già da anni si svolge incessante da parte di tanti operatori sia pubblici che privati, che nel silenzio si spendono ogni giorno.
Si tratta anche e soprattutto di riaffermare alcuni valori che giacevano abbandonati nell'indifferenza, sottoposti ad un costante logorio, attaccati sistematicamente da un dibattito sulla liceità dell'atto di drogarsi che ne erodeva poco a poco ogni contenuto: sono i valori della vita e della dignità umana. E sono pure i valori della responsabilità civile e morale del cittadino, a cui non spetta la facoltà di compiere qualsiasi azione egli desideri per gettare nel fango la propria vita, per emarginarsi e svilire ogni barlume di orgoglio umano. Molti fra i banchi dell'opposizione penseranno che io stia esagerando. Forse dovrebbero andare a rivedersi qualche immagine di quelle girate
nel parco di Platzspitz a Zurigo, diventato famoso come il Parco delle siringhe, dove la libertà di drogarsi, negli anni Ottanta e Novanta, lo faceva il raduno dei tossici d'Europa, un vero e proprio zoo dove persone private di ogni traccia di ragione e di dignità si aggiravano stordite e sperdute.
A tale proposito, un ottimo testo che andrebbe letto da ogni adolescente, è il celeberrimo «I ragazzi dello zoo di Berlino» che penso dissuaderebbe chiunque dal proposito di avventurarsi in un universo tanto pericoloso e devastante come quello delle droghe. Dette considerazioni per la sinistra, forse, valgono soltanto per le droghe cosiddette «pesanti». Farsi una canna ogni tanto non significa drogarsi, ma corrisponde a bersi un bicchiere di birra. Uno spinello che sarà mai in fondo?
Per anni ci avete assordato con la rivendicazione del diritto di drogarsi, cari colleghi della sinistra, forse memori dei vostri bei tempi passati sulle barricate della ribellione sessantottina.
La cultura dello sballo si poggia su ben nobili basi! Con questa mentalità che diffondete si rende sempre più incerto il confine tra lecito e illecito, tra legale e illegale, tra sociale ed antisociale.
Sono dati giuridici e sociologici. Nel nostro Paese vige una legislazione che affonda le sue radici nella scelta della tutela della vita. E nessuno potrà dirmi che, una volta assunte delle droghe, leggere o pesanti che siano, l'individuo è in grado di compiere le sue normali attività in piena sicurezza: guidare, lavorare, maneggiare oggetti pericolosi o semplicemente scendere le scale. Oltre ai danni fisici incontestabili provocati dalle stesse, più o meno incisivi. Non so se i colleghi della sinistra abbiano conosciuto delle persone che assumono frequentemente le cosiddette «droghe leggere». Io sì, un adolescente. Aveva problemi di concentrazione, un deciso scadimento progressivo nel rendimento scolastico, problemi nelle relazioni interpersonali. Un modello da additare senza dubbio, vero colleghi della sinistra?
Abbiamo una Costituzione che, per volontà espressa dal partito comunista, i cui successori siedono oggi in Parlamento, si definisce sociale.... e mi auguro che non vogliate sostenere che «sociale» si intenda soltanto nella sua accezione economica. Non è proprio il concetto di «homo economicus» che combattete della visione liberista della politica? E infatti l'articolo 3 della nostra Carta fondamentale recita «È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e la uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana». Da quando in qua assumere sostanze psicotrope, in generale, significa raggiungere il pieno sviluppo della persona umana? Tali sostanze saranno, semmai, un ostacolo e come tali andranno rimosse!
Parliamo poi di un terzo punto, che ho già anticipato brevemente prima, ma che intendo sottolineare, perché dà il polso della convinzione che sta alla base della legge oggi in esame: la cultura della legalità, il confine tra lecito ed illecito, che deve essere chiaro, definito e non sottoponibile ad alcuna discussione.
La tutela di un ordine sociale deve essere operata tramite un'educazione alla socialità che metta in luce i pericoli di ciò che allontana dal vivere civile.
E questa tutela è affidata allo Stato, i cui compiti sono, per ciò che concerne le droghe, quello di incrementare tutte le misure di prevenzione atte a ridurre il numero di nuovi consumatori, quello di istituire una rete di supporto che coadiuvi coloro che intendono liberarsi dalla tossicodipendenza, quello di ridurre i rischi in cui incorrono i consumatori di droghe e, infine, di proteggere tutta la popolazione da quelle che sono le conseguenze negative della tossicodipendenza. Ora ciò che è indispensabile comprendere è che questo dev'essere fatto verso tutte le droghe per non creare dubbi su ciò che va considerato come sociale e come anti-sociale, tale da produrre cioè fenomeni di emarginazione.
Di fatto è, poi, quello che chiedono pure gli operatori del settore del recupero. Al di fuori delle ironie che sono state fatte
riguardo al famoso salto dallo spinello al buco, si ammetterà che questo percorso può esser fatto per gradi, magari passando dall'LSD, dalle anfetamine e da ogni altra forma di droga sintetica e naturale. È più facile addentrarsi sempre di più, con la smania di provare nuove esperienze e sensazioni nell'universo delle droghe, facendo un passo alla volta. Non credo infatti che esistano persone che provano per la prima volta la siringa o la sniffata, se non sono iniziati al mondo delle sostanze psicotrope.
Varie comunità di recupero si battono da lungo tempo per l'affermazione di questo concetto. Penso a don Pierino Germini, e all'eroismo con cui dedica la sua vita al recupero dalla droga, che domenica alla Conferenza programmatica di Alleanza nazionale, con tanta enfasi ed in un modo tanto eloquente ci ha fatto entrare nel vivo del problema e poi ha invitato i giovani a vivere puntando in alto, liberi come gabbiani, a rinunciare al paradiso artificiale delle droghe, ad impegnarsi per costruirne uno vero in terra. Penso a Muccioli. E penso anche ai tanti eroi di cui non conosciamo i nomi, gli operatori che lavorano negli ospedali o nelle comunità di recupero, ai giovani che sono riusciti a risalire dall'abisso a restituire senso alla loro vita. Provate a dirlo a loro che le droghe sono diverse! Provate a spiegare che cos'è la dipendenza a chi si alza e ricade e si alza ancora per continuare a combattere! No, onorevoli colleghi, ciò che rende l'uomo schiavo, con la falsa promessa di una qualche facile felicità, addormenta la ragione. E il sonno della ragione genera mostri!
E quindi convintamente voterò sì.
SANTINO ADAMO LODDO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, illustro il mio ordine del giorno che impegna il Governo a potenziare gli organici della polizia aerea e della polizia ferroviaria e nei porti navali nel contrasto alla diffusione e al traffico di sostanze stupefacenti.
Il traffico e il racket della droga non si combattono carcerando i disgraziati mentre con i tagli operati dalla cassa finanziaria vengono ridotti i poliziotti in servizio davanti alle scuole. Altro che poliziotti di quartiere! Parlate con i sindacati delle forze di polizia e con i Cocer dei carabinieri e della Guardia di finanza e fate ammenda di ciò che non avete saputo fare nel contrasto dei grandi traffici e dei grandi trafficanti che vedono il nostro paese piattaforma logistica del Mediterraneo. Dove sono gli accordi internazionali per contrastare il traffico di sostanze stupefacenti? In Afghanistan si continua a produrre oppio, in Colombia il narcotraffico non è contrastato come si dovrebbe e la comunità internazionale e l'Unione europea potrebbero fare di più. È mancata in questi anni un'iniziativa del Governo Berlusconi, che si è completamente disinteressato di questi temi e va in tv a enunciare percentuali in maniera inconsapevole.
All'articolo 4-bis del decreto-legge viene punito, con le pene da sei a venti anni, chi detiene illecitamente sostanze stupefacenti o psicotrope che per quantità, in particolare se superiore ai limiti massimi indicati con decreto del ministro della salute, emanato di concerto con il ministro della giustizia, sentita la Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento nazionale per le politiche antidroga, appaiono destinate ad un uso non esclusivamente personale. In questo modo la definizione di una fattispecie tipica di un reato, punito con una pena fino a venti anni, avviene attraverso l'emanazione di un decreto ministeriale tutto da definire e comunque in maniera arbitraria, in palese violazione dei principi generali, e in particolare dell'articolo 25 della Costituzione e del principio di legalità della pena, laddove al ministro si assegna la potestà discrezionale di definire il fondamento dell'apparato sanzionatorio. Inoltre il testo della legge non
discrimina nella previsione della pena edittale tra le diverse tipologie e quantità, violando in maniera assolutamente irrazionale i principi di adeguatezza e proporzionalità e oltretutto ignorando totalmente le stesse indicazioni della Organizzazione mondiale della sanità circa la necessaria distinzione tra uso, abuso, consumo problematico e dipendenza dei vari tipi di stupefacenti. Nel predisporre una sola tabella in cui vengono incluse tutte le sostanze stupefacenti, leggere e pesanti, e definendo le pene su questa tabella, che è parificabile alla vecchia tabella delle droghe pesanti, la pena minima per tutti i detentori di quantità che superano la dose minima giornaliera è innalzata a sei anni, mentre attualmente per le droghe leggere è di quattro anni. Il carcere viene individuato come la soluzione ma il Governo ignora quale sia oggi la situazione nei penitenziari italiani. Secondo il Ministero della giustizia i detenuti tossicodipendenti sarebbero i1 28 per cento della popolazione carceraria, ma è un dato sottostimato. Oggi i detenuti tossicodipendenti sono più del 40 per cento, con punte del 70 per cento in città come Genova, Roma, Milano e Bari. Questo Governo poi porta il vanto di aver applicato la riforma della sanità penitenziaria e di aver tagliato del 30 per cento le risorse. Meno cure, meno guardie mediche, meno recupero. In questi anni è stata indebolita la funzione pubblica dei SERT e dei consultori e il taglio al Fondo sanitario nazionale e al Fondo per le politiche sociali - per cui le regioni non hanno ricevuto, nel solo 2005, il 50 per cento del miliardo di euro stanziato, cosa che si reitera anche per il 2006 - ha aggravato il problema lasciando sole le persone e le famiglie. Eppure mentre ai SERT e ai consultori pubblici si lesinano le risorse, nella legge finanziaria, al comma 556, è stato stabilito che al fine di prevenire fenomeni di disagio giovanile legato all'uso di sostanze stupefacenti, è istituito presso il Dipartimento nazionale per le politiche antidroga della Presidenza del Consiglio dei ministri, l'«Osservatorio per il disagio giovanile legato alle tossicodipendenze». Presso il Dipartimento di cui al presente comma è altresì istituito il «Fondo nazionale per le comunità giovanili» per favorire le attività dei giovani in materia di sensibilizzazione e prevenzione del fenomeno delle tossicodipendenze. La dotazione finanziaria del Fondo per l'anno 2006 è fissata in 5 milioni di euro che, nella misura del 5 per cento, è destinata ad attività di comunicazione, informazione e monitoraggio relativamente al rapporto tra giovani e tossicodipendenza con particolare riguardo a nuove forme di associazionismo giovanile, svolte dall'Osservatorio per il disagio giovanile legato alle tossicodipendenze; il restante 95 per cento del Fondo viene destinato alle comunità giovanili individuate con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di concerto con il ministro dell'economia e delle finanze da emanare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge. Con tale decreto, di natura non regolamentare, vengono determinati anche i criteri per l'accesso al Fondo e le modalità di presentazione delle istanze. È evidente che si tratta di un provvedimento fotografia come questo Governo è abituato a fare. Sono le tipiche leggi ad personam e «ad partitum».
Noi chiediamo che venga rilanciato il sistema pubblico di prevenzione ma anche un potenziamento delle forze dell'ordine in contrasto ai traffici di droga interni e internazionali. Una forte azione di intelligence e di internazionalizzazione delle attività di polizia. Per farle ci vogliono risorse che voi non avete messo in questi anni e i nostri operatori di sicurezza lo sanno benissimo.