BOZZE NON CORRETTE

Stenografico Aula in corso di seduta

Seduta n. 746 del 7/2/2006

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Si riprende la discussione.

(Dichiarazioni di voto sulla questione di fiducia - A.C. 6297 )

PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto sulla questione di fiducia.


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Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Moroni. Ne ha facoltà.

CHIARA MORONI. Ritengo che il tema della droga riguardi l'intera società, quindi, non potrebbe non riguardare il Parlamento, in quanto organo legislatore. Certamente, non è mai facile trovare un punto di equilibrio fra l'esigenza di esercitare il diritto della libertà personale di scelta e quello del legislatore di espletare il proprio dovere di tutela della salute e di garantire il benessere dei cittadini. Ritengo, tuttavia, che imboccare la strada della repressione e del proibizionismo non costituisca un modo adeguato di affrontare il problema.
Certamente, il tema in oggetto, su cui va esercitato il potere legislativo, è complesso. Senz'altro, la lotta alla droga in quanto tale deve essere esercitata senza indugio, con tolleranza zero al fine di reprimere il narcotraffico, lo spaccio, il traffico illecito di stupefacenti (che, peraltro, va ad incrementare i guadagni e a sostegno delle organizzazioni criminali).
Tuttavia, anche questa battaglia deve essere volta al recupero e al reinserimento dei tossicodipendenti, permettendo loro di uscire dal tunnel della droga.
Non ritengo che, nel merito, questa proposta di legge, diventato poi un allegato ad un decreto sulle Olimpiadi, affronti il tema della droga in modo esaustivo rispetto alle necessità del paese.
La scelta di annullare la separazione tra droghe pesanti e leggere non va nel senso del recupero dei tossicodipendenti - ovviamente, una scelta di tipo ideologico - ma non è nemmeno sostenuta da un supporto scientifico. Sappiamo bene infatti, perché la scienza lo dimostra, come vi sia una differenza sostanziale fra alcuni tipi di droghe ed altre, come alcune diano una dipendenza fisica mentre altre solo psicologica, come queste debbano essere trattate diversamente anche per il ruolo sociale che hanno all'interno della comunità sociale, in particolare dei tossicodipendenti.
Devo ammettere che, oltre alla mancanza di separazione tra droghe pesanti e leggere, rimango sconcertata all'idea che sia stata inserita, nella tabella 1 delle sostanze vietate, la cannabis e tutti i suoi derivati, senza che sia stata lasciata neppure l'opportunità o uno spiraglio per pensare ad un uso terapeutico di tale sostanza nel nostro paese.


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Cotanti rapporti scientifici, in tutto il mondo, dimostrano come l'uso terapeutico della cannabis costituisca una alternativa in più per tutti quei malati terminali che vivono la tragedia del dolore acuto e severo causato da una neoplasia. Ancora una volta, con un'altra legge, noi poniamo l'Italia al di fuori della comunità scientifica, non diamo una alternativa a tanti malati e non sperimentiamo le novità della scienza, seguendo una impostazione ideologica che è quella della repressione e del proibizionismo.

PRESIDENTE. Onorevole Moroni...

CHIARA MORONI. Concludo, signor Presidente, annunciando il mio voto favorevole sulla questione di fiducia. Tuttavia, se non mancherà la mia fiducia al Governo Berlusconi, certamente non potrò votare a favore di un provvedimento che crea anche un vulnus alla democrazia parlamentare.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Cento. Ne ha facoltà.

PIER PAOLO CENTO. Signor Presidente, noi ci troviamo di fronte ad una vera e propria «fiducia-vergogna», posta dal Governo per imbavagliare il Parlamento ed obbligarlo, per ragioni elettorali, ad approvare, nel contesto della conversione in legge di un decreto-legge che dovrebbe trattare di Olimpiadi, una norma proibizionista sulle droghe. L'approvazione di questa norma proibizionista ha l'obiettivo dichiarato di consentire ad Alleanza nazionale, in particolare, di ottenere qualche voto sulla pelle di consumatori occasionali o abituali della cannabis e dei suoi derivati, equiparando l'uso e il consumo di uno spinello all'uso e al consumo di droghe pesanti. Si tratta di una norma contestata dalla stragrande maggioranza delle comunità terapeutiche, dalla stragrande maggioranza delle associazioni di volontariato che si occupano della prevenzione, delle politiche di riduzione del danno e del recupero delle tossicodipendenze. È una norma che, dal punto di vista tecnico, è finalizzata unicamente a reprimere ed a colpire i consumatori, lasciando nei fatti inalterato il grande mercato del narcotraffico, quello delle droghe pesanti. È


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norma che, se approvata, determinerà anche una azione amministrativa, accompagnata alle azioni penali, quella del ritiro della patente di guida ai danni di coloro che consumano uno spinello, il quale rappresenta un marchio sociale di infamità che questo Governo vuole lasciare nei confronti dei giovani. Questa norma getterà nel panico milioni di famiglie che quotidianamente hanno a che fare con i comportamenti comuni e diffusi di migliaia di giovani. Queste famiglie non avranno soltanto la preoccupazione di un progetto educativo che dovranno attuare nel rapporto con i propri figli. Infatti, quando tale norma sarà approvata definitivamente dal Parlamento, attraverso un voto di fiducia e, poi, con il voto finale, lo Stato, per mezzo della Polizia, delle Forze dell'ordine e della magistratura, anziché intervenire sul mercato delle droghe pesanti, interverrà ed entrerà nelle loro case aprendo procedimenti penali e applicando sanzioni amministrative soltanto perché, magari, si è stati sorpresi con uno spinello. Il Governo pone questa «fiducia-vergogna» per nascondere il proprio fallimento sulle politiche di prevenzione delle tossicodipendenze.


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La pone perché, in cinque anni, al di là di dichiarazioni propagandistiche - e di interventi tesi a favorire la privatizzazione in mano ad alcune poche potenti lobby (come la comunità di San Patrignano) a danno delle comunità vere e quotidianamente impegnate nel recupero e nella politica di riduzione del danno -, non è stato capace di fare niente; non è stato capace di posizioni chiare ed efficaci nella lotta alle tossicodipendenze.
Noi Verdi affermiamo con chiarezza che il provvedimento che contiene le disposizioni della cosiddetta legge Fini dovrà, per così dire, andare in fumo, come mi auguro che diranno centinaia di giovani antiproibizionisti tra qualche ora fuori da Montecitorio.
Diciamo con chiarezza ai nostri colleghi dell'Unione che, se lo schieramento guidato da Prodi avrà il consenso e la maggioranza dei voti degli italiani, nei primi cento giorni della prossima legislatura bisognerà abrogare, senza «se» e senza «ma», questa «norma-vergogna» inserita nel decreto sulle olimpiadi.
Poi, vi sarà tempo e modo di discutere di una legge quadro sulle droghe, di una legge quadro sulle politiche di prevenzione e di riduzione del danno e, come noi sosteniamo, di legalizzazione almeno delle droghe leggere nel nostro paese.

PRESIDENTE. Onorevole...

PIER PAOLO CENTO. Concludo, Presidente. Ma certo, primo di aprire quella discussione, bisognerà compiere un atto semplice, abrogare quella disposizione.
Se non lo farà il Parlamento, lo faranno i cittadini con il referendum perché i Verdi - auspicabilmente insieme ad altre forze del centrosinistra, movimenti ed associazioni -, nel momento in cui questa «norma-vergogna», proibizionista, sarà approvata, attiveranno le procedure di indizione di un referendum popolare affinché siano i cittadini a cancellare questa vergogna (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Verdi-l'Unione)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Galante. Ne ha facoltà.


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SEVERINO GALANTE. Signor Presidente, a me pare scarsamente utile discutere del merito di un provvedimento che questa Camera non può, neppure teoricamente, modificare perché sottoposto alla «tagliola» del voto di fiducia. Il tema da discutere, ora e in questa sede, a me sembra un altro: stiamo celebrando l'ennesimo rito della fiducia - imposto in primo luogo ai parlamentari dell'opposizione, ma poi anche a quelli della maggioranza, e dunque al Parlamento intero (al Parlamento in quanto tale) -; un rito, perché porre la fiducia sulla politica generale del Governo e sul Governo stesso comporta, inevitabilmente, un voto contrario delle opposizioni, quale che sia il loro giudizio di merito - ed il nostro è negativo! - sul provvedimento in discussione. Il merito, infatti, diventa immediatamente un altro; diventa, appunto, il giudizio sul Governo che queste opposizioni hanno espresso ed argomentato lungo tutto questo lustro e che non possono certo modificare negli ultimi giorni della legislatura.
Dunque, per l'appunto, si tratta di un rito; ma un rito insieme pericoloso e rivelatore, in quanto voi del Governo non chiedete davvero la fiducia: voi la pretendete, voi la imponente alla vostra maggioranza parlamentare sapendo che la otterrete - a prescindere, per l'appunto, dal merito del provvedimento -; infatti, anche per la vostra maggioranza il merito è «altro» dal provvedimento. In altri termini, la fiducia impedisce e blocca la corretta dialettica parlamentare, costringendo, a prescindere dal merito, l'opposizione ad esprimere un voto comunque contrario e la maggioranza ad esprimerne uno comunque favorevole.
Voi, tutto ciò, lo sapete bene; la vostra non è, infatti, una scelta contingente; è un metodo, un modo di intendere le relazioni istituzionali. Per tale motivo, oltre che pericolosa, la posizione della fiducia è ormai anche rivelatrice. Tra i vari record negativi battuti dal Governo Berlusconi vi è anche quello del numero delle «fiducie» imposte al Parlamento; un numero spropositato e, nel merito - insisto! - immotivato e infondato: tale dato, nella pratica di questi cinque anni, prefigura cosa sarebbe destinato a diventare il Parlamento in un «regime» berlusconiano compiuto, nel regime, cioè, tracciato dalla controriforma costituzionale sulla quale il popolo italiano sarà chiamato a pronunciarsi tra breve.


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Il ricorso continuo ai cosiddetti voti di fiducia sui decreti-legge rappresenta, infatti, la cartina di tornasole di tale disegno, vale a dire l'anticipazione empirica della fuoriuscita dalla forma di governo parlamentare e del passaggio a quello che è stato definito, giustamente, il «premierato assoluto».
Mi riferisco ad un premierato «assoluto» nell'accezione originale del termine - cioè, sciolto da ogni vincolo; anzi, dal vostro punto di vista, da qualsiasi «impaccio» di ogni altro livello istituzionale -, con l'assunzione di ogni potere (persino, di fatto, di quello legislativo) nelle mani del «capo». Vorrei osservare che non è un caso che torni questa parola: «Capo del Governo». Si tratta di un autentico abominio dal punto di vista della storia democratica e costituzionale del mondo intero. Il Parlamento resterebbe formalmente il rappresentante della sovranità popolare, ma sarebbe sostituito da un «capo», da un aspirante Duce, da un aspirante Führer, dall'Arturo Ui di Arcore! Ripeto: è un abominio!
Anche ed in primo luogo per questi motivi, oltre che per quelli di merito, più volte illustrati da questa parte politica, preannunzio che voteremo contro l'abuso della posizione della questione di fiducia. Il tema della fiducia, d'altro canto, è stato ripetutamente evidenziato, in altre forme, in questi ultimi anni e mesi. Infatti, ogni volta che questo Governo si è presentato davanti agli elettori, il voto popolare lo ha sfiduciato e lo ha bocciato.
Vorrei altresì ricordare che, solo qualche giorno fa (tanto per trovare un altro indicatore di fiducia), un sondaggio realizzato dal Sole 24 Ore ha segnalato che, tra i lavoratori dipendenti - vale a dire, quei soggetti che alla mia parte politica interessano in modo particolare -, il giudizio negativo su questo Governo ammontava al 59 per cento. Si tratta, dunque, di una sfiducia pesantemente motivata ed espressa!
Approfitto degli ultimi minuti riservati al mio intervento, signor Presidente, per svolgere una considerazione non marginale. Vorrei rassicurare, da questa postazione parlamentare, quei liberali che, dalle pagine di qualche grande quotidiano nazionale, rimproverano il centrosinistra (e, dunque, anche noi, che ne siamo parte organica) perché, come hanno scritto, si disinteresserebbe della «controriforma» costituzionale.


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Nel mio intervento, ho cercato di dimostrare che non è così. Infatti, non siamo né disattenti, né disimpegnati. Guardi meglio il collega professore che ci propina una tardiva lezione circa i pericoli che corrono le istituzioni democratiche, a causa di questa destra eversiva! Questi rischi li abbiamo non solo visti e denunciati per tempo, ma anche combattuti! Li stiamo combattendo anche ora sia qui, nelle aule parlamentari, sia fuori, tra la gente. Mi riferisco alle manifestazioni popolari alle quali partecipiamo, alla raccolta delle firme che stiamo effettuando ed all'impegno quotidiano di far vivere, nella pratica, i valori ed i principi democratici che i nostri padri hanno scritto nella Costituzione.
Vorrei fare un'ultima annotazione...

PRESIDENTE. Onorevole Galante, si avvii a concludere!

SEVERINO GALANTE. Ho veramente concluso, signor Presidente, e la ringrazio per la sua sollecitazione.
Noi comunisti italiani ci sentiremmo più forti se, assieme ed accanto a noi, avessimo avuto in passato, o almeno potessimo avere oggi, illustri liberali, come gli editorialisti del Corriere della Sera.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Buemi. Ne ha facoltà.

ENRICO BUEMI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, i deputati della Rosa nel Pugno negheranno la fiducia a questo Governo. Lo faranno, in primo luogo, per ragioni di carattere generale, perché è insopportabile il modo demagogico con cui vengono affrontati i problemi del paese, che vengono trattati con superficialità ed approssimazione e senza rispetto delle regole fondamentali.
La componente politica La Rosa nel Pugno del gruppo Misto negherà altresì la fiducia al Governo poiché, con questo atto, si vuole compiere, ancora una volta, un'operazione di propaganda a spese degli italiani. In particolare, vorrei rilevare che ne faranno le spese le nuove generazioni, i giovani e le loro famiglie. Essi, di fatto, vengono criminalizzati, a causa di cedimenti che, come si è visto, riguardano purtroppo settori significativi delle nuove generazioni (e non soltanto).


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I nostri deputati, inoltre, negheranno la fiducia a questo Governo perché è stata grande l'impudenza di proporre al Parlamento un decreto-legge che, apparentemente, tratta delle Olimpiadi invernali, ma che, nella sostanza, introduce modifiche pesanti ad una normativa delicata e problematica, come quella relativa alla droga.


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Questo decreto-legge, signor Presidente, è autoritario, irrazionale ed antiscientifico, fondato su posizioni ideologiche e moralistiche, sorde ai richiami del mondo scientifico ed alle esperienze derivanti dalle politiche di contrasto più avanzate. Esso è irrazionale nelle sue modalità di contrasto al fenomeno, incrementando l'azione repressiva dello Stato, con l'aumento delle pene e la parificazione dei trattamenti penali, non discriminando le droghe leggere da quelle pesanti e rendendo il confine tra consumatore e spacciatore più tenue e, di fatto, quasi inconsistente. Vi è, con l'esclusione di ogni politica di massima riduzione del danno, un atteggiamento di irresponsabilità grave.
Signor Presidente, noi pensiamo che chi, al pari di questo Governo e di questa maggioranza, crede che la lotta contro la droga - sia essa leggera o pesante - si possa vincere aumentando le azioni repressive è un illuso. Tale illusione, tuttavia, la pagherà il paese. Contro la droga l'azione più efficace è quella da sviluppare nella famiglia e nella scuola. È in tali ambiti che si forma la personalità della giovane vita che cresce e che deve essere apprezzata, per affrontare adeguatamente le sfide e le difficoltà della vita, senza pensare che vi possano essere «aiuti artificiali» esterni, apparentemente meno onerosi. Pensare che la repressione sia efficace è illusorio, come dimostrano le esperienze di questi anni che vi sono state in tutti i paesi. Le carceri sono piene di tossicodipendenti e di detenuti per fatti collegati - o indotti - alla droga. La microcriminalità provocata dal ricatto della tossicodipendenza è in crescita, così come sono in crescita le straordinarie ricchezze delle organizzazioni criminali che gestiscono il grande mercato illegale della droga e che leggi ipocrite ed inefficaci al pari del provvedimento in esame, con il loro proibizionismo scellerato, garantiscono e favoriscono.
Il Governo, per ragioni ideologiche ed elettorali, ha deciso di andare nella direzione opposta al buonsenso ed all'esperienza. Tale scelta ultraproibizionista, demagogica e propagandistica, la pagheranno i più deboli, i giovani, le loro famiglie ed il sistema paese, che dovrà sobbarcarsi i nuovi costi derivanti dall'attività giudiziaria conseguente.


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Certo, signor Presidente è più facile stringere la morsa repressiva anziché realizzare un sistema sociale più giusto ed equilibrato ed, in particolare, destinare risorse vere e significative alle famiglie, alla scuola ed al sistema dei modelli culturali e sociali positivi finalizzati a contrastare davvero la piaga della droga.
Noi vogliamo, signor Presidente, anziché un poliziotto sotto ogni lampione, un insegnante in più, che sia di sostegno ai giovani che crescono e che devono capire il disagio, superare la difficoltà della vita, ed alle famiglie che, di fronte alle difficoltà quotidiane, hanno bisogno spesso di qualcuno che li sostenga, che chiarisca e che li aiuti a comprendere le problematiche giovanili. Se ciò non avverrà, certamente vi sarà qualche giudice in più che dovrà occuparsi di tali fenomeni, ma anche molti giovani in più che dovranno subire tale azione, irresponsabile, di uno Stato che non li capisce, che non li aiuta e che li vuole soltanto condizionare, anche nelle difficoltà della vita.
Per tale ragione, signor Presidente, il gruppo de La Rosa nel Pugno negherà la fiducia a questo Governo e negherà il proprio appoggio a questo provvedimento (Applausi dei deputati dei gruppi Misto-La Rosa nel Pugno, Misto-Popolari-UDEUR e Misto-Verdi-l'Unione).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Oricchio. Ne ha facoltà.

ANTONIO ORICCHIO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il gruppo dei Popolari-UDEUR voterà contro la fiducia richiesta, ancor oggi, da questo Governo. Lo farà con convinzione, per motivi di merito e di metodo. Per motivi di merito, relativamente al modo in cui questo Governo ha posto mano, sul finire della legislatura, alla questione della repressione degli stupefacenti e dell'uso delle droghe, nell'ambito di un decreto-legge nato per fornire alcuni provvedimenti in favore delle Olimpiadi di Torino.
Voterà contro anche per motivi di metodo, perché questa è l'ennesima volta in cui il Governo ripropone la questione di fiducia.
Riconteggiare oggi tutte le volte in cui questo Governo ha posto la questione di fiducia potrebbe essere forse utile da un punto di vista meramente statistico; non lo è, di sicuro, da un


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punto di vista politico, specie in questo affannato e travagliato finale di legislatura.
È importante, invece, da un punto di vista politico-istituzionale, ripensare al modo con cui questo Governo ha posto innumerevoli volte la questione di fiducia. Questo - sì - può essere utile: infatti, il ricorso sistematico, da parte del Governo, al voto di fiducia è qualcosa che serve, nonostante la cospicua maggioranza numerica che lo sostiene, per eludere il dibattito parlamentare, per dare prova di come si voglia eliminare la possibilità del confronto in questo Parlamento. Come abbiamo detto più volte, è l'atteggiamento tipico di un Governo troppo piccolo rispetto ai grandi problemi di un paese come l'Italia: problemi complessi, che meriterebbero sicuramente un confronto parlamentare non strozzato ed eluso dal ricorso sistematico al voto di fiducia.
Oggi il Governo ripropone la questione di fiducia sul decreto-legge di cui abbiamo discusso. La ripropone ancora una volta, ricorrendo all'escamotage, cui si è fatto già ricorso, di aggiungere, in sede di conversione del decreto-legge, nell'altro ramo del Parlamento, innanzi al Senato, un maxiemendamento corposo, di varie decine di pagine (a fronte di un decreto-legge in origine composto solo di tre pagine), per dare una disciplina più o meno nuova al problema della droga.
Il tutto - lo ripeto - introducendo tale disciplina, subdolamente, in sede di conversione di un decreto-legge che aveva tutt'altro scopo e che riguardava tutt'altra materia su cui legiferare. Si interviene, ancora una volta, per modificare il regime del trattamento delle droghe e si modifica la legge Cirielli appena approvata, a dimostrazione del fatto che la fretta e la mancanza di confronto parlamentare in Assemblea spesso non forniscono a questo paese leggi adeguate, considerato che, in più occasioni, come anche nel caso della legge elettorale, si è dovuto ritornare sull'argomento. Il tutto - lo ripeto - con l'elusione del dibattito, del confronto, della dialettica parlamentare, che non rende un buon servizio al paese e, probabilmente, neppure al Governo. Non rende un buon servizio al Governo, perché tradisce la volontà dello stesso e la convinzione del suo capo di poter governare questo paese per voti di fiducia e per sondaggi elettorali; chiaramente, quelli falsi, quelli con i dati che non rispondono al vero.


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Il nostro paese, invece, ha bisogno di ben altro: non ha bisogno del ricorso a pratiche parlamentari con cui, subdolamente, si inseriscono all'ordine del giorno argomenti non previsti; non ha bisogno di maxiemendamenti di decine di pagine inseriti in coda a piccoli (tali per numero di pagine) decreti-legge; ha bisogno, soprattutto, di un Governo che dimostri di essere all'altezza della grandezza e della complessità dei problemi di questo paese.
Visto che si parla di droga, si può ben dire che, se l'abuso delle droghe porta conseguenze nefaste per coloro che ne fanno uso, sicuramente l'abuso di voti di fiducia fa male al paese, alla democrazia ed anche a chi li richiede.
Per questo motivo e per le altre ragioni illustrate, i deputati appartenenti al gruppo Misto-Popolari-UDEUR ribadiscono la loro contrarietà al provvedimento in esame e voteranno contro la fiducia richiesta ancora oggi da questo Governo (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Popolari-UDEUR e Misto-La Rosa nel Pugno).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Giordano. Ne ha facoltà.

FRANCESCO GIORDANO. Signor Presidente, «se questa legge passerà, le comunità terapeutiche praticheranno la disobbedienza civile»: così si esprime il coordinamento nazionale delle comunità terapeutiche e così si esprimono, signor sottosegretario Mantovano, tante ragazze e tanti ragazzi che oggi vi manifestano, giustamente, contro: gli stessi che voi, in nome di una pulsione securitaria e reazionaria, volete rovinare; gli stessi che, nell'illusione di un pugno di voti in più, volete condannare all'inferno della reclusione.
Dunque, la disobbedienza civile è una scelta sacrosanta, a fronte della vostra disumana e cinica inciviltà.


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Incuranti del fallimento delle politiche repressive in tutto il mondo, senza dibattito parlamentare, con un voto di fiducia a fine legislatura, cancellate il referendum del 1993, riproponendo, in spregio, le stesse norme abrogate.
Verifichiamo da tempo e in tanta produzione legislativa la vostra avversione alla nostra Costituzione. Lo ha spiegato brillantemente l'onorevole Pisapia nella discussione sulla questione pregiudiziale di costituzionalità. Tra l'altro, il decreto, beffardamente, tratta insieme le Olimpiadi e la tossicodipendenza, il cui nesso, onestamente, sfugge alle menti sane e a coloro che hanno un briciolo di intelligenza.
Finora non avevamo ancora assistito ad una così palese violazione di ogni principio di uguaglianza. Trattate alla stessa maniera gli spacciatori, coloro che si arricchiscono procacciando la morte, e il tossicodipendente, chi spaccia e chi acquista una dose per uso personale sulla base di una tabella, che, ovviamente, non sarà decisa dal Parlamento. Carnefici e vittime per voi sono la stessa cosa.
Il vostro furore ideologico, proprio di uno Stato etico, vi porta a colpire i comportamenti e a distruggere i diritti acquisiti. Negate e contrastate tutto ciò che appare diverso dalla vostra ristretta concezione del mondo. Sistematicamente, costruite un nemico e alimentate una campagna che produce un istinto securitario.
Volete punire fobicamente tutte le trasgressioni giovanili. Intervenite nella tossicodipendenza con le stesse modalità con le quali in psichiatria si interveniva istituendo i manicomi. Volete trasformare gli operatori delle comunità - fanno bene a trasgredire!- in secondini.
Voi rischiate di distruggere la vita concreta e il futuro di tanti giovani. I consumatori di cannabis rischiano di andare in carcere o in comunità con pene dai sei ai vent'anni, se trovati con pochi spinelli in tasca, e, nel caso di lieve entità, da uno a sei anni. Per qualche spinello, un ragazzo, dunque, può entrare nel circuito drammatico del carcere. Gli può essere limitata la libertà personale, ritirati il passaporto e la patente di guida, aver l'obbligo di firma prima e dopo l'orario scolastico. Volete marchiarli a vita!


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I vostri nemici sono questi ragazzi e non fate nulla contro il mercato di morte e lo spaccio. Noi non vogliamo combattere il consumo, ma vogliamo aiutare la prevenzione, finanziare la rete dei servizi pubblici, le unità di strada, i centri a bassa soglia e gli operatori che quotidianamente lavorano con persone in difficoltà.
Noi siamo per la riduzione del danno, per la depenalizzazione dell'uso di sostanze stupefacenti e per pratiche antiproibizioniste. Voi, al contrario, volete aiutare solo le comunità amiche, affidando ai privati persino la possibilità di diagnosticare lo stato di tossicodipendenza.
Se un giovane non vuole finire in carcere, può andare in questi centri privati, a voi tanto cari e lautamente finanziati, ed essere obbligato ad un lavoro gratuito. Non solo flessibili, non solo precari, ma ora anche servi - lo ripeto: servi! -di alcune comunità! Lavoratori a salario zero, che ingrassano i profitti dei privati!
Mercato e morale sono l'ascissa e l'ordinata delle vostre politiche. La fobia e la psicosi del divieto vi porta a criminalizzare tutto ciò che in altri paesi viene utilizzato normalmente. Voi volete vietare l'uso della cannabis a scopo terapeutico. Vorrei ricordarvi ciò che ha detto brillantemente l'onorevole Valpiana - non è cosa dico io adesso - nella discussione generale: voi volete cancellare ciò che in altri paesi, sottosegretario Mantovano (negli Stati Uniti, nel Regno Unito, in Germania, in Olanda e in Israele), viene sperimentato con successo. La cannabis viene utilizzata come antiossidante e come antidolorifico nei traumi cranici e dopo ictus.
Si stanno conducendo sperimentazioni per alcune patologie neurodegenerative, quali il morbo di Alzheimer e il morbo di Parkinson, e la cannabis viene usata nel glaucoma, per le sue proprietà antinfiammatorie, e come anticonvulsivante e broncodilatatore nei soggetti asmatici; vi sono studi straordinari della scuola medica inglese e dell'università di Nottingham. Voi cancellate la possibilità di un uso sanitario della cannabis - ecco dove arriva la vostra fobia - e dite che c'è bisogno di sperimentazione. È lo stesso comportamento che avete nei confronti della RU486, che viene utilizzata da 18 anni nel resto dell'Unione europea e che noi dovremmo sperimentare adesso per capirne gli effetti!
Voglio mettere in risalto quanto detto dall'onorevole Valpiana in sede di discussione sulle linee generali: gli effetti


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terapeutici della cannabis sono stati citati per la prima volta per il trattamento dei disordini femminili, per la gotta, per il reumatismo, per la malaria, per la stipsi e per la debolezza mentale nel Pen Ts'ao, un testo di medicina cinese che ci è giunto in una copia del I secolo dopo Cristo e che tradizionalmente viene attribuito all'imperatore Shen Nung, del terzo millennio avanti Cristo. Poi arriva un vostro burocrate, che magari si sente erede di qualche tribunale di inquisizione, ed in stile totalmente medievale cancella, con un tratto di penna, millenni di letteratura scientifica e sanitaria.
Sottosegretario Mantovano, la cancelleremo questa legge, e la cancelleremo subito. Tutti noi dell'opposizione dobbiamo lealmente prendere tale impegno in questa sede per non rovinare nessuno, per ridurre i danni, per il mercato di morte, per ridare un senso alla libertà individuale e per ricostruire, finalmente, una civiltà giuridica nel nostro paese (Applausi dei deputati dei gruppi di Rifondazione comunista e dei Democratici di sinistra-L'Ulivo - Congratulazioni).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Guido Giuseppe Rossi. Ne ha facoltà.

GUIDO GIUSEPPE ROSSI. Signor Presidente, gli interventi che mi hanno preceduto hanno messo in luce una critica all'utilizzo del voto di fiducia. Ebbene, penso che una critica all'abuso del voto di fiducia sia una questione importante e degna di essere affrontata perché investe il tema del ruolo delle Assemblee legislative e dei limiti che il parlamentarismo ha incontrato negli ultimi anni. Dunque, si tratta di un tema importante ma che, a nostro avviso, deve essere affrontato nella sede più opportuna, cioè quando vi sono processi di revisione costituzionale, come vi è stato in questa legislatura. In tali momenti una questione così importante deve essere posta perché ha una sua rilevanza. Inoltre, deve essere posta nel momento in cui si apre un dibattito sulla revisione dei regolamenti parlamentari che, a nostro avviso, stanno mostrando tutta l'usura del tempo: talvolta, certi passaggi troppo complicati e ripetitivi vanno a discapito della centralità del Parlamento e non aumentano la capacità di dare risposte immediate da parte dell'Assemblea legislativa.
Dunque, si tratta di un tema importante che il gruppo della Lega potrebbe ritenere degno di attenzione. Sicuramente, però,


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non abbiamo attenzione quando tale tema viene utilizzato in chiave assolutamente propagandistica e strumentale. Si critica l'utilizzo del voto di fiducia, poiché con esso l'esecutivo bypassa il Parlamento, quando si è all'opposizione salvo, poi, utilizzarlo in maniera altrettanto sistematica e criticabile - perché, ripeto, la critica ci può stare - quando si è maggioranza. Penso che la doppiezza di tale accusa le tolga la capacità di diventare un tema degno di essere ascoltato e preso in considerazione.
Detto ciò, mi permetto una battuta. Ormai costantemente negli interventi dei colleghi dell'opposizione sento questo ritornello: quando vinceremo cancelleremo questa legge.


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Comincio ad essere preoccupato per i colleghi dell'opposizione che, nella malaugurata ipotesi per il nostro paese che dovessero vincere le prossime elezioni, se terranno fede a tutte queste promesse o minacce (a seconda di come le si voglia interpretare), sarebbero impegnati in maniera preponderante a cancellare le leggi che la maggioranza in Parlamento, con il Governo da lei espresso, ha creato in questi cinque anni. Avrebbero, così, ben poco tempo e spazio per un'azione legislativa originale e capace di dare un segno alla loro azione governativa. Si trattava - ripeto - di una battuta e sinceramente non sono preoccupato di questa eventualità, perché il centrodestra ritiene di poter risultare vincente alla prossima competizione elettorale.
Per quanto riguarda il decreto-legge in esame, la sicurezza è uno degli aspetti più importanti per un evento di rilevanza mondiale, globale come le Olimpiadi. La situazione internazionale, con il terrorismo islamico sempre più aggressivo, non può che farci essere attenti come sistema paese e come Governo, che ha la responsabilità della sicurezza e della gestione delle Forze dell'ordine.
Le Olimpiadi sono un momento importante, dove un paese, e soprattutto una regione come il Piemonte - da cui provengo -, si presenta al mondo ed ha voglia di fare bene, di dimostrare che un sistema, un paese funziona e che i soldi investiti hanno raggiunto obiettivi importanti. Le Olimpiadi, come ovunque nel mondo, sono anche fonte di critica giustificabile, legittima sul modo con cui sono stati impegnati i soldi, sull'entità delle risorse utilizzate. In un paese democratico il legittimo diritto di critica, la legittima dialettica deve essere garantita.
Ciò che, però, stona in questo frangente sono i gesti di violenza organizzata già avvenuti durante il precorso della fiaccola olimpica in diversi punti del territorio nazionale, è ciò che viene paventato da alcuni settori importanti dell'estrema sinistra e, inoltre, è l'incredibile fatto di domenica, quando a Livorno centinaia, e non alcune ma centinaia, di persone hanno aggredito un'assemblea pubblica consentita dalle Forze dell'ordine e dalla prefettura, cui partecipava un europarlamentare


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come Mario Borghezio, con un assalto organizzato e violentissimo, addirittura con lancio di bombe carta (un poliziotto è stato gravemente ferito ad un piede).
Ritengo che questi episodi siano legati da un «filo rosso», cioè l'uso della violenza politica fisica, materiale e non una dialettica, talvolta dura, estrema e violenta, ma solo nelle parole. Vi è stato il passaggio ad un'azione politica materiale, di aggressione fisica all'avversario, di impedimento alla dialettica democratica. Questo è quanto sta avvenendo nel nostro paese. Come ho detto, lo abbiamo già verificato nel percorso della fiaccola olimpica, nelle minacce portate dai centri sociali verso l'evento olimpico, con un discreto grado di responsabilità dato il clima internazionale e le sfide della sicurezza cui il paese deve far fronte.
Le risposte della sinistra a questa situazione abbastanza pericolosa variano a seconda delle zone geografiche e del ruolo istituzionale. Passiamo dalla risposta modello «sceriffo» del sindaco di Torino Chiamparini (che non può fare altro dopo anni di amministrazione di centrosinistra che hanno consentito il proliferare dei centri sociali nella città ed ora, trovandosi ad essere il sindaco della città olimpica, deve anche fingere di fare la voce grossa) alle incredibili affermazioni del sindaco della città di Livorno (che non so di che partito sia ma penso di indovinarlo), il quale dopo gli scontri di domenica è riuscito a dire una frase di questo tipo.
Il mio giudizio su Borghezio è sovrapponibile a quello degli aggressori: questo ha affermato quel sindaco, nel silenzio più assoluto - me lo si consenta - delle più alte cariche dello Stato e penso al Presidente della Repubblica, originario di Livorno, che non è riuscito a spendere alcuna parola di biasimo e di condanna ferma nei confronti di questi atti! Questo sta avvenendo in Italia!
Ritengo che una dichiarazione come quella del sindaco di Livorno sia da collocare nella lunga galleria degli orrori che questo paese ha conosciuto, ad esempio, negli anni di piombo, negli anni della violenza politica (gli anni Settanta), quando esponenti istituzionali e della cultura di questo paese, in qualche modo, avallavano, con le loro parole, con i loro atteggiamenti e con la loro «non azione», la violenza politica.
Questo sta di nuovo avvenendo in questo paese, nel silenzio delle istituzioni e - mi si consenta - anche del centrodestra. Si dovrebbe mostrare un maggiore coraggio culturale su tali


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temi! Dobbiamo lanciare a questo paese il segnale che, se vincerà il centrosinistra, potrebbe riaprirsi una stagione di violenza politica!
Vorrei svolgere un'ultima considerazione sul tema della lotta alla tossicodipendenza, questione complicata che deve essere affrontata con buonsenso e con umanità.
Sicuramente questo Governo e questa maggioranza hanno avuto, a tale riguardo, il coraggio di segnare una direzione, di affermare che l'utilizzo ed il consumo delle droghe in questo paese non è utile, ma è illegale.
Questo paese ha bisogno di regole: non si tratta di una visione etica dello Stato, che ci porterebbe indietro nel tempo, ma di una visione sociale per cui le regole si pongono a tutela della comunità e della socialità e l'individuo dispone delle sue libertà che devono essere tutelate, ma che non possono mai andare a discapito dell'interesse comune!
Questa è la grande differenza tra noi, tra il centrodestra che si propone ai cittadini di questo paese ed il centrosinistra: da una parte, la tutela delle libertà, inserite in un quadro di comunità e di socialità e, dall'altro, l'egoismo, che porta all'individualismo, alla rottura di ogni patto sociale e di ogni tipo di regola.
Questa è la nostra grande differenza! Penso che i cittadini di questo paese abbiano il diritto di scegliere in ordine a queste due grandi opzioni culturali, al di là poi delle «scaramucce» della dialettica politica che non dicono nulla. Questi sono i grandi temi su cui i cittadini di questo paese il 9 di aprile potranno esprimersi!
Per tali motivi, preannunzio l'espressione del voto favorevole del gruppo della Lega sulla questione di fiducia.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Volontè. Ne ha facoltà.

LUCA VOLONTÈ. Signor Presidente, onorevoli colleghi, onorevole rappresentante del Governo, anche il gruppo dell'UDC esprimerà voto favorevole sulla questione di fiducia per due ragioni che risultano dal provvedimento in esame.
La prima è che, oramai, siamo in ritardo (si tratta, pertanto, di una questione urgente da affrontare) per quanto riguarda le misure di garanzia e di sicurezza da approntare ed i finanziamenti alle prossime olimpiadi invernali, considerato che si terranno questo fine settimana.


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Sappiamo quanto il Governo si stia impegnando, soprattutto, per far fronte a tali misure, in vista delle olimpiadi invernali (anche oggi si può leggere di alcune iniziative del ministro dell'interno e della Polizia di Stato), ma abbiamo anche preso atto in questi giorni di quanta preoccupazione proviene dal Governo, ma anche dalle amministrazioni pubbliche, non appartenenti a questa coalizione (lo dico con grande certezza), che sono interessate ai temi della sicurezza.
È stato addirittura lanciato un appello a quelle forze politiche oggi all'opposizione, che sono più vicine ai contestatori e mi riferisco al presidente della regione, al sindaco del comune di Torino.
Confidiamo che questa richiesta, questa sottolineatura venga ascoltata da quelle forze politiche per fare in modo che le olimpiadi, straordinaria vetrina per il nostro paese, in particolare, per la città di Torino e per il Piemonte, possano continuare a rappresentare una grande occasione non solo per la riqualificazione di quel territorio, ma per l'immagine del nostro paese.


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Vorrei sottolineare, nel contempo, un altro elemento fondamentale che ci induce ad esprimere un voto favorevole sul presente provvedimento, vale a dire le tossicodipendenze.
Già nel dicembre del 1996, i gruppi parlamentari CDU-CCD (allora, non ancora UDC) presentarono una risoluzione - primo firmatario l'onorevole Buttiglione -, poi approvata sia dalla maggioranza sia dall'opposizione l'11 marzo del 1997 -, che invitava il Governo a riconsiderare tutta la normativa sulla tossicodipendenza. Nella parte finale di quella risoluzione si diceva che oggi - in realtà, allora, anche se ciò vale fino a tutto il periodo precedente l'emanazione del testo in esame - si cerca di garantire la libertà di drogarsi, ma non si garantisce la libertà di recuperarsi.
In molti interventi che mi hanno preceduto è emerso l'inno alla liberalizzazione della cannabis nonché la minaccia della disobbedienza civile nel caso in cui la presente norma dovesse entrare in vigore. Ritengo che entrambe le affermazioni facciano parte della garanzia della libertà di drogarsi e della difficoltà di valutare la garanzia della libertà di recuperarsi.
La suddetta risoluzione invitava il Governo di allora, vale a dire la maggioranza di centrosinistra, a: promuovere una forte azione per rimuovere le cause sociali della crisi del mondo giovanile contro la riaffermazione del diritto ad usare gli stupefacenti; rilanciare i progetti di recupero dei tossicodipendenti, attraverso una fattiva collaborazione tra i servizi pubblici e le comunità di recupero; predisporre un sistema di aiuti, attraverso il meccanismo degli sgravi fiscali alle famiglie, in un quadro più generale di incentivazione e di sostegno alle famiglie stesse; prevedere un sistema di incentivi fiscali per associazioni, enti o privati che si occupano dell'assistenza e del recupero dei tossicodipendenti e dei malati cronici; valorizzare tutti gli aspetti del volontariato diretti in tal senso.
Dunque, una maggioranza trasversale approvò questa risoluzione, ma non mi voglio illudere che persone presenti nella scorsa legislatura anche oggi, coerentemente con la suddetta risoluzione, abbiano il coraggio di votare la fiducia a questo Governo. Infatti, la fiducia comporta un voto politico! Tuttavia,


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nessuno può affermare che nel presente provvedimento non siano ricomprese quelle proposizioni che, nel 1997, votammo tutti insieme.
Siamo di fronte ad un provvedimento che trae origine da un disegno di legge governativo, coordinato dal Vicepresidente Fini e dal ministro per i rapporti con il Parlamento, onorevole Giovanardi, che ha condotto ad un confronto fattivo ed utile tra le amministrazioni dello Stato e gran parte del mondo privato dedito al sociale, del volontariato e dei SERT nella conferenza nazionale svoltasi i primi di dicembre a Palermo.
Quindi, occorre riconoscere al Governo, in particolare al ministro Giovanardi che presiedette la suddetta conferenza, il merito di aver svolto un lavoro di confronto, di ascolto, di collaborazione e di scrittura comune insieme a tutti responsabili del recupero dei tossicodipendenti e della lotta al traffico e all'uso degli stupefacenti per giungere alla stesura del testo oggi in esame.
Un testo che dà piena attuazione alla risoluzione del 1997, ma che ha anche altre caratteristiche in ordine alle quali mi è dispiaciuto ascoltare polemiche che mettono in evidenza una differenza tra la nostra parte politica e alcune parti politiche dell'opposizione.
È vero, c'è una sanzione, una stigmatizzazione della tossicodipendenza, sia che essa sia più leggera - così come è chiamata artificialmente - o più pesante, perché riteniamo - questa equiparazione era già presente nella risoluzione del 1997 e in molti altri atti parlamentari di indirizzo - che l'uso degli stupefacenti non possa e non debba avere differenze di qualità. Gran parte dei casi e delle esperienze, non solo teoriche, ma di lavoro concreto nelle comunità di recupero dei tossicodipendenti nei paesi europei, ci dimostrano quanto l'uso di una droga cosiddetta leggera porti poi nel tunnel di una tossicodipendenza più grave e più pesante.
Nello stesso tempo, altro elemento importante e fondamentale, che mi preme sottolineare, è il percorso di recupero del tossicodipendente, che dovrà rimanere sempre meno in carcere; anzi, nella gran parte dei casi, egli non rimarrà assolutamente in carcere, ma gli sarà data la possibilità di entrare in percorsi di recupero che non riguardano esclusivamente il privato sociale, ma anche le strutture dei SERT. In questo ci sono due elementi di grande civiltà: in primo luogo, il carcere per il tossicodipendente non è visto esclusivamente


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come una punizione, ma, in piena attuazione del dettato costituzionale, come l'occasione per un riscatto ed un recupero, attraverso le strutture pubbliche e attraverso il privato sociale; inoltre, è bene sottolineare come questo provvedimento già in parte attui la Costituzione vigente attraverso la valorizzazione e l'attuazione piena del principio della sussidiarietà, di cui molti hanno parlato negli ultimi dieci anni per poi stigmatizzarlo e criticarlo oggi (abbiamo sentito anche poco fa alcuni autorevoli colleghi del centrosinistra).
Ritengo che questi siano motivi di grande vanto per questa maggioranza. Prima il disegno di legge del Governo, presentato dal Vicepresidente Fini, poi questa opera straordinaria di ascolto e di collaborazione del ministro Giovanardi con le comunità nella conferenza di dicembre hanno portato ad una attuazione piena del preciso volere non solo della maggioranza, ma dell'intero Parlamento (come ho cercato di dimostrare in questo mio intervento), volontà risalente alla scorsa legislatura, quando vi era una maggioranza di centrosinistra ed una opposizione di centrodestra.
Queste precise e comuni volontà di tutte le forze politiche di questi ultimi dieci anni hanno trovato piena attuazione con il metodo - da sottolineare anche in questo caso - del confronto e del dialogo con il pubblico e con il privato sociale, con l'unico scopo di recuperare il tossicodipendente dandogli un ruolo di protagonista nella società italiana.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bindi. Ne ha facoltà.

ROSY BINDI. Signor Presidente, colleghi, signor sottosegretario, già nel titolo questo stralcio di legge sulla droga tradisce l'impostazione repressiva e punitiva che ha caratterizzato le strategie del Governo e della maggioranza nei confronti delle questioni sociali più difficili.
Nel linguaggio della legge, infatti, il recidivo è colui che merita una aggravante di pena, colui che ripete il reato e, perciò, va punito con rigore esemplare.
In effetti, in queste norme, non c'è il recupero, non si vede una strategia di riabilitazione, non si affronta la complessità del fenomeno droga, si ignora la persona tossicodipendente, i suoi bisogni e i suoi problemi; c'è solo la condanna senza appello ideologica e astratta del tossicodipendente.


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Ma diciamo la verità: queste norme sono un proclama elettorale, un manifesto di propaganda, sono norme fatte soltanto per essere esibite nei comizi e nei programmi televisivi.


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Dunque, prima ancora di contestare nel merito le vostre scelte, è doveroso smascherare questa finzione, questa beffa di una legge mediatica inapplicabile consumata ai danni dei giovani e delle loro famiglie. Del resto, se ci fosse stata un'autentica e buona volontà di rafforzare e migliorare le strategie di prevenzione e di contrasto alle dipendenze, non avreste aspettato cinque anni. La vostra cattiva coscienza è dimostrata proprio dalla fretta con cui alla fine di una legislatura, a pochi giorni dallo scioglimento delle Camere, volete esibire uno scampolo di legge sulla droga. Vi prendete questo scampolo di legge con il voto di fiducia numero quarantacinque, che non sarà nemmeno l'ultimo. In ventuno mesi nell'altro ramo del Parlamento, il provvedimento in esame non è riuscito a passare neppure l'esame in Commissione di merito.
Le obiezioni non provengono solo da chi è favorevole alla liberalizzazione delle droghe - e certo questi non siamo noi -, non protesta solo una minoranza di antiproibizionisti. Contro queste norme si sono espresse con molta determinazione le più importanti associazioni di operatori e di volontariato cattolico: le ACLI, le AGESCI, Exodus, il gruppo Abele, CNCA, il Mo.VI, il forum del terzo settore, il centro sociale Giovanni XXIII. Tutte queste associazioni hanno mosso obiezioni ragionevoli e puntuali per nulla ideologiche nelle quali noi ci riconosciamo pienamente.
Prima obiezione. È pericoloso e sbagliato abolire la distinzione tra droghe pesanti e droghe leggere. Mettere tutto sullo piano dall'eroina alla cannabis, dalla cocaina all'exstasy, dal consumo occasionale a quello ripetuto e dipendente, è scientificamente scorretto. Ignorare le differenze significa ignorare che ogni tossicodipendente è una persona diversa con la sua storia, il suo carico di problemi, le sue aspettative, un contesto familiare e sociale particolare. Significa legarsi le mani per combattere le tante facce della dipendenza dalla droga.
Seconda obiezione. Punire chi non riesce a liberarsi dalla dipendenza non serve, ma, soprattutto, non si può barattare la prevenzione con la punizione. L'inciviltà di questo provvedimento sta in meccanismo repressivo che non si limita ad un brusco innalzamento delle pene che contravviene alla Costituzione


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e ai principi di adeguatezza e di proporzionalità, ma ignora anche la distinzione, fatta dall'OMS, tra uso, abuso, consumo problematico e dipendenze. L'inciviltà di esso sta nella cinica distorsione del concetto di riabilitazione: il tossicodipendente non è una persona che ha bisogno di aiuto, è un colpevole, peggio, un recidivo. A lui, dunque, si prospetta un meccanismo ricattatorio: o la galera o la cura coatta. Un meccanismo che indebolisce e vanifica i percorsi di recupero. Se c'è una cosa su cui tutti concordano è che c'è recupero del tossicodipendente quando si fa nascere e si sostiene la libera volontà e la libera determinazione della persona: non c'è cura senza rispetto della dignità della persona e dei suoi diritti di cittadinanza. La paura del carcere non è un'arma efficace per chi con la dipendenza cerca di superare la paura di vivere, la difficoltà di crescere, la fatica di diventare adulto e inserirsi nella società. La paura genera solo nuove fughe e nuovi azzardi, nuove proteste e nuove sfide. Bella davvero la pedagogia di questa destra che vuol farci credere che nelle nostre carceri si può rinascere a nuova vita, dimenticando come esse siano ormai diventate il paradigma di una condizione umana in cui uno Stato europeo e moderno dovrebbe solo vergognarsi! Tra l'altro, questo Governo si vanta di non aver applicato la riforma della sanità penitenziaria e di aver tagliato il 30 per cento delle risorse. E che dire dell'alternativa degli arresti domiciliari. Come vivranno le famiglie la presenza obbligata di figli con i quali ci sono tensioni, a volte devastanti, conflitti enormi se non addirittura violenti?
Terza obiezione. Il provvedimento in esame ignora un pilastro decisivo di ogni seria strategia contro la droga. Ci si dilunga sugli arresti domiciliari e non c'è un segnale serio di contrasto al narcotraffico. Perché il nostro ministro degli affari esteri, oltre a confessare trasgressioni esotiche, non si impegna con più convinzione a stipulare accordi internazionali per una seria riconversione delle coltivazioni di oppio e di coca? Perché non c'è la consapevolezza che il commercio della droga, come ci dimostra la 'ndrangheta che ne detiene il monopolio, è il più redditizio del mondo?
Quarta obiezione. In queste norme non v'è traccia di politiche giovanili e di politiche sociali che possano sostenere un'efficace strategia di prevenzione ed integrazione per percorsi di riabilitazione. Non una parola sul tempo libero, sullo


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sport, sullo studio, sulla cultura! È un'occasione perduta per riconciliare il paese con le nuove generazioni e per dimostrare che la politica sa essere attenta ai loro bisogni.
Quinta obiezione: la tossicodipendenza non è un mercato in cui scatenare la competizione tra strutture pubbliche e strutture private. In questi anni, si è indebolita la funzione pubblica dei SERT e dei consultori familiari e sui servizi sanitari e sociali è calata la scure dei tagli delle risorse finanziarie. Mentre si dimezzava il fondo sociale per due anni, sono stati trovati, però, i finanziamenti per un fondo nazionale per le comunità giovanili, che la Presidenza del Consiglio distribuisce di concerto con il ministro dell'economia (e non facciamo fatica, dati i precedenti, ad immaginare quali saranno i reali beneficiari dei fondi ...).
Qui c'è un problema di regole, di rapporti istituzionali che il decreto-legge in esame stravolge, vanificando il principio dell'integrazione e della cooperazione tra pubblico e privato. La pari dignità tra pubblico e privato è un obiettivo da perseguire e da difendere; ma la pari dignità implica il riconoscimento della qualità e dell'efficacia dei modelli organizzativi e delle proposte terapeutiche, salvaguardando il pluralismo, ma anche la certezza di criteri uguali per tutti.
Non si può ridurre la funzione pubblica di tutela della salute e prevenzione del disagio e della dipendenza a quella di mera erogazione di finanziamenti. Il sistema pubblico non può rinunciare al patrimonio di buone esperienze e di grandi competenze accumulate in questi decenni; non può rinunciare a delineare una strategia condivisa e regole condivise. Non ci sono comunità affidabili, comunità inaffidabili e servizi pubblici inefficienti. C'è, invece, un mondo ricco di competenze, cultura, saperi, solidarietà, un mondo plurale in cui lavorano, fianco a fianco, operatori pubblici e privati. Tutto questo mondo è pronto, oggi, per questa legge, ad una disobbedienza civile! Agli anzidetti operatori vogliamo esprimere il nostro grazie per quello che fanno: un lavoro straordinario, davvero importante ed insostituibile per tutto il paese, eppure così mal ripagato da questo Governo e da questa maggioranza. Vogliamo, però, anche rassicurarli: non saranno lasciati soli né loro né i loro ragazzi.
L'ultima obiezione è la più radicale. Mentre il Governo impone l'approvazione del disegno di legge, si è verificata una strana coincidenza: autorevoli esponenti di questa maggioranza


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hanno fatto outing e, esibendo memorie di consumi una tantum, hanno voluto far credere di essere politici moderni, destra davvero in grado di capire il mondo che cambia. In questo modo, colleghi, avete reso bene l'idea di una società nella quale il politico, l'imprenditore, l'artista, la persona potente può permettersi l'uso di sostanze pesanti e leggere, può addirittura esibirlo, può farsene vanto, mentre un giovane qualsiasi deve andare in galera o deve essere costretto a curarsi. Noi riteniamo che questo sia il messaggio più devastante, più diseducativo, più grave.
Per questo motivo, il nostro voto sulla questione di fiducia è davvero contrario. Ma è altrettanto forte l'impegno, che assumiamo fin d'ora, di cancellare queste brutte norme e di restituire speranze a tutte le componenti più fragili di questo nostro paese (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-L'Ulivo, dei Democratici di sinistra-L'Ulivo, Misto-Comunisti italiani e Misto-Verdi-l'Unione).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare dichiarazione di voto l'onorevole Anedda. Ne ha facoltà.

GIAN FRANCO ANEDDA. Signor Presidente, per motivare il suo dissenso, l'opposizione ha posto l'accento su tre dati: il provvedimento in esame sarebbe fortemente voluto da Alleanza nazionale per motivi elettoralistici; il ricorso al decreto-legge sarebbe inopportuno, se non illegittimo, e - a dire dei colleghi - non urgente (rilievo da collegare con l'inserimento delle norme in un decreto-legge emanato su altro argomento); infine, viene rinnovata una denuncia di pretesa incostituzionalità, riferita al fatto di avere demandato ad un decreto ministeriale l'indicazione della quantità di droga che esclude l'uso personale.


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Se volessi imitare il garbo degli oppositori, potrei dire che l'opposizione - gli aggettivi non sono miei - è stravagante, paradossale ed irresponsabile: ma è sempre così!
Quando scade l'argomentazione ragionata, ci si affida all'urlo e all'insulto, nella convenzione - sempre errata - che chi grida più forte abbia ragione.
Diciamo subito che questo provvedimento non è a favore né contro i consumatori di stupefacenti. Si tratta invece di uno strumento - consapevolmente non risolutivo, ma efficace - per contrastare lo spaccio e scoraggiare l'uso della droga. Si tratta di uno strumento contro la droga, contro la diffusione della medesima, contro la degenerazione che deriva dal suo uso. È un provvedimento contro tutte le droghe, tutte dannose, tutte pericolose (sia sufficiente ricordare l'aggressività che scatena l'uso delle cosiddette droghe leggere).
Per contrastare proprio ciò che l'opposizione ha definito un fenomeno di massa e che - questo è il singolare argomento addotto -, proprio perché tale, dovrebbe vedere la società e lo Stato indulgenti, se non indifferenti...

FRANCESCO GIORDANO. È il contrario! Quello che ha detto Fini...!

GIAN FRANCO ANEDDA. È vero, il provvedimento è voluto con forza da Alleanza nazionale e condiviso da tutta la Casa delle libertà. Di ciò siamo fieri!

PRESIDENTE. Invito i colleghi a fare silenzio per permettere all'onorevole Anedda di terminare il suo intervento.

GUSTAVO SELVA. Ascoltate i colleghi che parlano!

GIAN FRANCO ANEDDA. Non può non essere motivo di orgoglio prestare attenzione a un fenomeno sociale di tale vastità; non può non essere motivo di orgoglio reclamare l'urgenza di un intervento quando, come i fatti dimostrano, la legislazione in vigore è insufficiente se non dannosa; non può non essere motivo di orgoglio avere prestato ascolto, aver recepito le indicazioni delle comunità terapeutiche fatte proprie dalla Conferenza di Palermo.


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Non ci ferisce l'accusa secondo cui l'urgenza sarebbe motivata da un fatto elettorale. Intendiamo adempiere all'impegno assunto con gli elettori per dimostrare che le nostre parole non sono vane né buttate al vento. Se è elettorale mantenere gli impegni, comprendere le esigenze della società e farle proprie, difendere le famiglie, la società, i giovani, vogliamo concludere la legislatura con questo provvedimento.
Soggiungo: se il provvedimento - così come afferma il centrosinistra - contrasta con la volontà, il sentimento, i desideri degli elettori e del popolo italiano, l'opposizione dovrebbe rallegrarsi di questo nostro errore, mossa dalla onirica certezza di poterlo abrogare nella prossima legislatura!
In tal caso, sappiamo anche in quale senso ciò avverrebbe (abbiamo letto gli emendamenti presentati): per permettere la cessione della droga dall'uno all'altro, dal maggiorenne al minorenne, dal pusher allo scolaro atteso in agguato mortale all'uscita della scuola, per vietarla soltanto quando la cessione sia retribuita.
Ma è necessario dimostrare che la punibilità limitata alla cessione effettuata a scopo di lucro sarebbe la manna per gli spacciatori? È o no lecito affermare che la sinistra, con le sue proposte, favorisce di fatto gli spacciatori?
Se è agevole dimostrare il fatto oggettivo della cessione, è ben difficile, come sanno i magistrati, dimostrare il pagamento.
Conosciamo il punto di vista dell'opposizione: prima che un errore è una calamità sociale! Non vi è necessità di lunghi dibattiti parlamentari o di estenuanti confronti. Noi siamo con le famiglie, con i genitori, con i ragazzi: intendiamo difenderli, sicuri di interpretare i loro profondi sentimenti.
Veniamo al decreto-legge: se, con riferimento a questo argomento tanto grave per la sua importanza sociale dovessimo parlare del profilo formale, potremmo ricordare la regolarità, giacchè il regolamento del Senato consente l'inserimento di nuove norme in un decreto-legge; potremmo anche ricordare che da molti mesi, sempre rispettosi delle forme, sopportiamo l'ostruzionismo della opposizione.
Richiamare la nostra corretta sopportazione non contrasta con il riconoscimento della legittimità dell'ostruzionismo parlamentare. Da queste ragioni nasce la necessità della posizione


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della questione di fiducia, che offre modo per esprimere e far conoscere le opinioni ma contrasta il tentativo di impedire il voto.
Due parole, solo due parole, per seppellire definitivamente la pretesa incostituzionalità sulla quale, anche nel corso della discussione sulle linee generali, sono tornati illustri esponenti dell'opposizione, gridando alla violazione del principio di legalità perché la determinazione della quantità di stupefacente oltre la quale la detenzione assume rilievo penale è demandata ad un decreto ministeriale. Sappiamo - come lo sanno i nostri interlocutori, anche se fingono di ignorarlo - che la Corte costituzionale si è pronunciata più volte per affermare la legittimità costituzionale della norma che rimette ad altro provvedimento la specificazione di un dato tecnico che integra il reato, ad iniziare dalla respinta questione di incostituzionalità dell'articolo 650 del codice penale, tradizionalmente indicato come una norma penale in bianco. La Corte ha risposto, fin dal 1990, indicando due principi. Innanzitutto, ha affermato che è compatibile con la riserva di legge l'integrazione del precetto penale con elementi di specificazione tecnica: l'esempio è proprio nella legge Jervolino-Vassalli, così come nella legislazione sulle armi. Inoltre, ha dichiarato compatibile con la riserva di legge, quando la legge stessa indichi i presupposti, l'ipotesi in cui il precetto penale sia specificato dall'autorità amministrativa. Il provvedimento in esame definisce i confini quantitativi oltre i quali la detenzione ha rilievo penale e demanda alla saggezza del giudice la valutazione degli altri parametri che consentono di identificare la detenzione per uso di spaccio. Per chi, a lungo, si è soffermato sull'uso personale, la gracilità degli argomenti è prevalsa sulla chiarezza. Posto il paletto sul confine, il provvedimento consente al giudice, con ampia possibilità di valutazione, di evitare il carcere al tossicodipendente che abbia intrapreso un percorso presso gli organismi preposti. Inoltre, rompendo un tabù che, da troppo tempo, affligge l'Italia, prevede la non equiparazione tra pubblico e privato e chiama il privato alla responsabilità ed è stato difficile comprendere per quale motivo le comunità qualificate non possano certificare la condizione di tossicodipendenza.


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La legge offre al tossicodipendente l'occasione per liberarsi dalla schavitù dello stupefacente e gli offre, altresì, la possibilità di intraprendere la strada della libertà: dagli arresti domiciliari al rifugio in una comunità, dall'affidamento in prova alla possibilità del lavoro socialmente utile. Non, quindi, una legge repressiva: tutt'altro! Non una legge, come è stato detto, ossessivamente repressiva - chi lo ha affermato non ha letto le norme - bensì una legge moderna che si rivolge anche a misure amministrative, prudenti ma significative. Certamente, siamo convinti - e lo sappiamo - che il carcere non risolve i problemi ma il segno del divieto indica al tossicodipendente che commette un reato la strada per un recupero.
Ecco le ragioni per le quali voteremo con convinzione la fiducia, grati al Governo per aver compreso, recepito e fatto proprie l'urgenza e le necessità di questo provvedimento (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale - Congratulazioni).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Violante. Ne ha facoltà.

LUCIANO VIOLANTE. Signor Presidente, non se ne avrà a male l'onorevole Anedda - l'ho ascoltato con la consueta attenzione - se, mentre ascoltavo la rivendicazione al suo partito di questa legge, mi è venuto in mente quello che dice Didone quando vede Enea: «Agnosco veteris vestigia flammae» (Riconosco i segni dell'antica fiamma). Questa legge, infatti, contiene norme di un autoritarismo sfrenato del diritto penale totalitario. Ci sono alcuni colleghi, in questa Assemblea, che conoscono questo tipo di problemi. Intendo rivolgermi particolarmente a loro, per segnalare la norma incriminatrice fondamentale di questa legge.


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Mi riferisco alla previsione secondo la quale è punito «con la reclusione da sei a venti anni» - ribadisco, da sei a venti anni - chiunque, senza l'autorizzazione prevista, esporta, acquista, riceve sostanze stupefacenti o psicotrope quando, per una serie di ragioni oppure «per altre circostanze dell'azione» tali sostanze «appaiono destinate ad uso non esclusivamente personale».
Quindi, un comportamento è punito con la reclusione da sei a venti anni se, avuto riferimento alle circostanze dell'azione, le sostanze «appaiano» destinate ad uso non esclusivamente personale e non, invece, «risultino». Con la fattispecie incriminatrice non avete previsto che debbano «risultare» ma avete, invece, stabilito che debbano «apparire»; per punire con la reclusione da sei a venti anni, conta, dunque, non quanto «è» ma quanto «appare».
È un passo indietro enorme; come molti colleghi presenti in Assemblea, mi occupo da alcuni decenni di tali questioni e sappiamo bene cosa significhi giungere a punire l'apparenza di un comportamento. Significa conferire una delega repressiva all'autorità giudiziaria, delega che sarà gestita, naturalmente, in modo diseguale sul territorio: quel comportamento che a Milano «apparirà» qualificabile come «cessione» non «apparirà» tale, invece, a Palermo, o viceversa. Introdurre norme di tale genere significa affidarsi alla cosiddetta «illusione repressiva»; ma uno dei punti fondamentali del diritto penale moderno è che il cittadino deve sapere per quale fatto è punito. Con questa norma, invece, voi non rendete palese al cittadino per cosa deve essere punito e punite, invece, l'apparenza.
Ritengo peraltro abbastanza grave che un tale provvedimento non contenga alcuna disposizione riguardante il grande traffico di stupefacenti ... Presidente, potrei avere la sua attenzione...

PRESIDENTE. Onorevole Violante, sto presiedendo l'Assemblea...

LUCIANO VIOLANTE. Se può presiedere non «telefonicamente»... Lei mi scuserà, ma credo che i rapporti di amicizia...


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PRESIDENTE. Se si tratta di una telefonata urgente, non è che mi possa richiamare lei! L'amicizia va anche rispettata.

LUCIANO VIOLANTE. È indubbio; infatti, mi ero rivolto a lei rispettosamente.
Osservavo, Presidente, che in tale genere di disposizioni non si reca alcuna previsione contro il grande traffico di stupefacenti, contro la mafia e contro i trafficanti veri e propri mentre in questa legislatura si sono approvate una serie di leggi, dalla Cirielli alle altre intervenute, che in realtà favoriscono, invece, la grande criminalità organizzata e abbiamo, in queste ore di preparazione delle liste, numerose segnalazioni, che appaiono sui mezzi di informazione, di persone accusate, imputate o condannate per rapporti con la mafia; persone che sono di nuovo inserite in lista.
Qual è dunque il segnale complessivo che si dà per un verso con una legislazione la quale - ribadisco - punisce con la reclusione da sei a venti anni i comportamenti che «appaiono» di cessione di sostanze stupefacenti e, per altro verso, con scelte che mettono in lista persone le quali risultano avere avuto rapporti con organizzazioni di trafficanti di stupefacenti? Ritengo ciò un punto particolarmente delicato per quanto riguarda le responsabilità della classe dirigente di questo paese, un punto che dovrebbe essere accuratamente sottolineato.
La seconda considerazione riguarda il problema della cosiddetta cura della tossicodipendenza; non si capisce, innanzitutto, con quali strutture si possa apprestare perché, come hanno segnalato la collega Bindi poc'anzi e la collega Labate venerdì scorso, le strutture sono sostanzialmente prive di risorse per scelte del potere centrale. Non si capisce bene chi sarà deputato a prestare tali cure.
Ma soprattutto vorrei sottoporre ai colleghi la seguente considerazione: la posizione della questione di fiducia quale tipo di discussione e di analisi ha evitato? Chi conosce questi problemi sa che i tossicodipendenti sono persone, persone che hanno acceduto alla droga per errore, per responsabilità loro naturalmente, o per una serie fattori personali. Non esiste una cura dalla tossicodipendenza come si trattasse di tifo. Ogni persona ha una sua caratteristica ed un suo problema che va affrontato; il considerare la tossicodipendenza come una sorta


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di malattia del corpo da curare in un modo qualsiasi, purché si curi, è un colossale errore in cui si è caduti nel passato. Grazie al sacrificio di numerosissimi operatori delle comunità e dei SERT, si stava cominciando a recuperare su tale terreno mentre ora torniamo indietro con questo meccanismo che assolutamente trascura qualsiasi forma di trattamento individualizzato della persona tossicodipendente.
L'altra questione che evidenzio rivela un limite di superficialità, e mi spiego: la tossicodipendenza fa parte oggi di un fenomeno assai più complesso che è la dipendenza da sostanze o da merci.
Oggi la società contemporanea propone ai cittadini (sia in Italia, sia in tutto il mondo occidentale), modelli di vita e di comportamento appetibili, ai quali si può arrivare attraverso il possesso di merci o l'uso di sostanze.
Credo che una classe dirigente dovrebbe avere la forza di proporre un'idea di società composta da persone libere, che riescono a liberarsi dalla mediazione della sostanza o della merce. In realtà, così non è. Il meccanismo pubblicitario tipico, infatti, è quello con il quale si presenta un modello di vita e si mostra una sostanza o una merce comprando la quale o assumendo la quale si può raggiungere quel determinato standard.
Ora, avremmo preferito che, nella discussione, si fosse affrontato tale tema, vale a dire come noi, classe dirigente, proponiamo al paese modelli di comportamento di liberazione dalla dipendenza: questo, infatti, è il grande delle libertà nelle società occidentali contemporanee. Ma ciò non è stato fatto perché, cari colleghi, chi esprime il «primus» della classe dirigente di questo paese - cioè, l'attuale Presidente del Consiglio - è un uomo che ha costruito la propria fortuna sull'apparenza.
Il meccanismo con il quale quelle fortune sono state costruite, infatti, è stato contrapporre alla società dell'essere una società dell'apparire, basata sulla pubblicità e, per l'appunto, sull'apparenza. Mi ha colpito molto il fatto che, in una recente occasione, l'attuale Presidente del Consiglio, quando gli è stato proposto di apparire in una trasmissione televisiva, abbia risposto che non poteva farlo, perché c'era il Grande fratello che cominciava quello stesso giorno! In altri termini,


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di fronte alla possibilità di presentare un suo progetto di politica, di vita e di società, egli ha preferito farsi da parte e far emergere, in prima battuta, una delle più falsificate apparenze del nostro sistema televisivo!
Ciò perché è la società dell'apparenza sulla quale si conta, ed è la società dell'apparenza sulla quale avete giocato tutte le vostre carte!
Devo dire che qui risiede il vostro fallimento. Oggi, infatti, la società italiana è meno libera proprio perché non si sono voluti affrontare i problemi di fondo (così come fate con il provvedimento in esame) e si sono volute creare delle apparenze: come si punisce l'apparenza prima, così si propone un'apparenza di società!
Vorrei segnalare che, oggi, persone che vivevano dignitosamente fino a cinque anni fa si trovano in condizioni di povertà; nelle scuole, inoltre, minaccia di tornare un'antica discriminazione: quella fondata sul reddito delle famiglie. La politica fiscale, come sappiamo, ha punito il merito ed ha premiato la frode.
Alla fine della legislatura, tuttavia, un Presidente del Consiglio che pervade tutti i mezzi di informazione non parla dei rimedi che intende proporre alle drammatiche insicurezze dei cittadini; non parla di questa guerra sciagurata in Iraq, che ha dischiuso le uova del terrorismo e del radicalismo islamico in tutto quanto il mondo occidentale; non parla del salasso perpetrato a danno dei pensionati, che prima pagavano il 18 per cento sul trattamento di fine rapporto ed adesso, con il centrodestra, versano un 5 per cento di tasse in più (poiché l'aliquota è salita al 23 per cento), e così via!
Il Presidente del Consiglio, invece, si esercita in un'altra arte dell'apparire: quella della calunnia, sparsa a piene mani da tutti i mezzi radiotelevisivi. È significativo che tale calunnia colpisca i suoi avversari, i sondaggisti, i giornalisti ed i magistrati, sempre con l'idea di costruire una società «apparente», fatta da «buoni» (quelli che stanno dalla sua o dalla vostra parte) e «cattivi» (tutti quanti gli altri), sui quali si scaricano valanghe di calunnie.
Ora, si sa che la calunnia esprime lo spirito del calunniatore...

PRESIDENTE. Onorevole Violante...


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LUCIANO VIOLANTE. ... non l'animo del calunniato. Sto concludendo, signor Presidente, la ringrazio.
Noi riscontriamo, in questo comportamento, una drammatica coerenza tra cinque anni di leggi prevalentemente sbagliate (basate sull'inganno e sulla manipolazione della realtà), il provvedimento sul quale oggi voi chiedete la fiducia ed il comportamento dell'iracondo Presidente del Consiglio, fondato sulla calunnia. Tutto ciò, infatti, si basa sull'apparenza e su una società virtuale.
Allora, onorevoli colleghi, così come abbiamo fatto nel corso di questa legislatura, diciamo «no» alla questione di fiducia che è stata posta ed intendiamo parlare agli italiani dei loro problemi, dei loro drammi e delle nostre soluzioni. Noi continueremo a parlare al paese, voi continuate ad avvolgervi nella vostra società dell'apparenza. Credo che il 10 aprile, anche per questo motivo, avrete un'amara sorpresa (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo, della Margherita, DL-L'Ulivo, di Rifondazione comunista, Misto-La Rosa nel Pugno, Misto-Comunisti italiani e Misto-Verdi-l'Unione)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Antonio Leone. Ne ha facoltà.

ANTONIO LEONE. Signor Presidente, con riferimento al provvedimento in esame, sul quale il Governo ha posto la questione di fiducia, abbiamo assistito ad una pesante campagna irresponsabile ed ideologica, che definirei vergognosa, con la quale la sinistra ha tentato di creare solo confusione.
Si tratta di una campagna condotta apertamente sul filo della falsità. Si è cercato, infatti, di portare i delicatissimi argomenti in discussione su un piano di mero scontro di parte, tentando di nascondere ciò che, invece, è contenuto nel testo di legge che ci apprestiamo ad approvare.


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Questo provvedimento nasce con l'obiettivo di prevenire e contrastare la criminalità organizzata ed il terrorismo internazionale, anche in vista delle imminenti Olimpiadi invernali che si svolgeranno a Torino.
Qualcuno ha definito questo provvedimento un «carrello della spesa». Tale definizione non ci offende, anzi riconosce che anche in questo scorcio finale di legislatura siamo stati in grado di introdurre riforme complesse, che intrecciano questioni diverse ma correlate tra loro, per continuare il processo di cambiamento di questo paese. Ebbene, in questo cosiddetto «carrello della spesa» vi è la lotta al terrorismo internazionale, il rifinanziamento del fondo antiusura, norme sulla pubblica sicurezza, contro la contraffazione e, soprattutto, norme di contrasto al fenomeno, drammatico, della diffusione della droga.
Foste stati capaci voi, colleghi dell'opposizione, di compiere una «spesa» così ricca ed utile per i cittadini, a quest'ora, forse, sareste stati al Governo del paese! Sappiamo, tuttavia, come è andata a finire la vostra esperienza di governo e sappiamo quanto è durato Prodi; lo sa bene D'Alema, che già si prepara ad una nuova «notte dei lunghi coltelli» per «azzerare» il «Professore» e riproporsi, senza il consenso popolare, alla guida del nostro paese.
Inoltre - sempre ammesso e non concesso che tutto ciò accada - ci piacerebbe sapere cosa intendete fare nell'ultimo anno della prossima legislatura. Sì, l'ultimo anno, perché, solo per abrogare - come avete annunziato - tutte le riforme varate da questo Governo e da questa maggioranza, dovrete lavorare almeno per i primi quattro anni della legislatura stessa, quattro anni nei quali sareste capaci di paralizzare l'Italia, solo al fine di cancellare quanto di buono è stato fatto - e stiamo ancora facendo - in questi giorni.
La fiducia, certo, perché, praticamente a tempo scaduto, la vostra strategia è quella di sempre: l'ostruzionismo. Avete presentato oltre duecento ordini del giorno al solo scopo di ritardare il più possibile l'approvazione del provvedimento in esame, per poter poi andare nelle piazze e vantarvi di aver fatto - come sempre - una favolosa e clamorosa opposizione,


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mentre avete solo paralizzato il Parlamento per qualche ora! Questa è l'opposizione che avete fatto da cinque anni ad oggi!
Inoltre, cosa vi apprestate a combattere in quest'aula? Contro quale ennesimo «mostro» vi state agitando inutilmente? Ve lo spiego: si tratta di un «mostro» finalizzato (Deputati del gruppo di Rifondazione comunista e delle componenti politiche Verdi-l'Unione e Comunisti italiani del gruppo Misto scendono nell'emiciclo e mostrano cartelli recanti le scritte: «Mandiamo in fumo la legge Fini sulle droghe - MDMA: Movimento di massa antiproibizionista»; «No al ddl Fini sulle droghe. Contro ogni proibizionismo. Liberi di scegliere. Giusto o sbagliato non può essere reato»; «Meglio una pianta per amica che un'amica che ti pianta» - Commenti dei deputati dei gruppi di Forza Italia, di Alleanza Nazionale e della Lega Nord Federazione Padana)...

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, per cortesia!
Prego i commessi di intervenire. Colleghi!
Sospendo la seduta.

La seduta, sospesa alle 11,40, è ripresa alle 11,45.

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, prima di dare nuovamente la parola all'onorevole Antonio Leone, vi informo di aver già riferito su quanto si è verificato poco fa in Assemblea al Presidente della Camera Casini, per gli atti conseguenti.
Prego, onorevole Antonio Leone, può proseguire la sua dichiarazione di voto.

ANTONIO LEONE. Signor Presidente, ciò che è accaduto è stato un bene: così gli italiani possono vedere chi vuole andare al Governo e in che modo lo vuole fare (Applausi dei deputati del gruppo di Forza Italia).
Signor Presidente, stavo parlando di fiducia. È un mostro il provvedimento che oggi ci accingiamo ad approvare: è un mostro finalizzato ad interrompere il circuito delle tossicodipendenze, che vede l'inevitabile esigenza di procacciarsi le sostanze stupefacenti legata alla conseguente commissione di reati; è un mostro che intende favorire il recupero dei tossicodipendenti, che tramuta la pena in graduali provvedimenti di tipo amministrativo, che tende a colmare la zona grigia posta tra consumo e spaccio, dal momento che anche la


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mera detenzione di apprezzabili quantità di stupefacenti si è dimostrata costituire un significativo punto di partenza per la diffusione del fenomeno.
Ancora, un altro punto qualificante della riforma è dato dal riconoscimento, nei fatti, della dignità della persona del tossicodipendente, anche detenuto; un riconoscimento che si predispone su un itinerario che gli dia la possibilità di uscire responsabilmente dal tunnel della droga.
Tale decreto-legge introduce principi di estrema durezza nei confronti degli spacciatori, soprattutto dei grandi narcotrafficanti, e contro il crimine organizzato, che dal business della droga ricava profitti ingentissimi.
Tuttavia, non si può mistificare il provvedimento in esame e mistificare la realtà, così come ha fatto l'onorevole Violante nel momento in cui ha parlato, addirittura, di presunzione per quanto riguarda la pena da sei a vent'anni, perché così può «apparire»; evidentemente, egli va smentito. Un magistrato che porta all'attenzione dell'Assemblea e dei cittadini italiani una falsità sul provvedimento in esame, evidentemente, va smentito.
Nel provvedimento, tra l'altro, si stabilisce che chiunque, senza l'autorizzazione di cui all'articolo 17, coltiva, produce, fabbrica, estrae, raffina, vende, offre o mette in vendita, cede, distribuisce, commercia, trasporta, procura ad altri, invia, passa o spedisce in transito sostanze stupefacenti è punito con la reclusione da sei a venti anni: dov'è l'apparire? Questo è il contenuto della norma; perché, come ha fatto il presidente Violante, bisogna mistificare tale norma?
Si tratta di un provvedimento contestatissimo dalla sinistra, ma che è accolto con grande soddisfazione dalla società civile, dalle associazioni e dalle comunità che lottano quotidianamente a fianco dei giovani contro ogni tipo di droga.
Noi, con il coraggio che ha sempre contraddistinto l'azione riformatrice di questo Governo, abbiamo scelto di combattere una battaglia non contro i tossicodipendenti, ma contro le droghe e il desiderio di esse, contro il desiderio che è sempre più diffuso nella nostra società di voltare le spalle alle sfide e alle difficoltà.
Voi, colleghi dell'opposizione, quale battaglia state combattendo? E quale senso di responsabilità infondete nel paese, nel


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momento in cui abdicate al ruolo che è delle istituzioni del paese - e, quindi, anche vostro - di dare direttive precise e realmente utili al bene comune?

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ALFREDO BIONDI (ore 11,50)

ANTONIO LEONE. Come può il gruppo della Margherita confutare oggi, in quest'aula, tale provvedimento? Capisco che non si voti a favore della questione di fiducia; ma perché non votare a favore di questo provvedimento auspicato dalla stessa Margherita nel 1997, quando ebbe ad esprimere un voto favorevole su una mozione presentata, allora, dall'onorevole Buttiglione?
Non è vero che la stragrande maggioranza delle comunità terapeutiche è contraria a questa riforma. Continuate a tirare per la giacca ogni tipo di realtà presente nel paese, senza alcuno scrupolo. Certamente, vi è un dibattito aperto e diffuso; ma davanti a quelle che sarebbero delle «non scelte», dato il vostro atavico ed irrisolvibile senso della diversità e della spaccatura, noi preferiamo dare segnali chiari e forti.
A questo proposito, sarebbe interessante conoscere la posizione del vostro leader pupazzo Prodi, che preferisce lanciare i soliti proclami vuoti dalla stampa, ma che continua a non parlare di programma ed a sottrarsi al confronto diretto con il Premier Berlusconi. Capiamo benissimo il terrore di Prodi di vedersi sconfitto a partita ancora aperta. Tuttavia, colleghi dell'opposizione, chi è causa del suo mal pianga se stesso!
Cari colleghi dell'opposizione, al termine di questa legislatura, dopo cinque anni di convivenza non di fatto (grazie a Dio!), potrò pur chiedervi una cortesia, che è più di natura umana che politica: ditelo subito a Prodi che non vi rappresenta, che non rappresenta nessuna delle forze che compongono l'immensa galassia di questo sgangherato centrosinistra; ditegli sinceramente che vi siete pentiti della vostra scelta e che, nella deprecata ipotesi di una vittoria alle elezioni politiche, sarebbe un altro a guidare il Governo.


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Solo così, per rimanere nel tema di questo provvedimento, si opererebbe finalmente una effettiva riduzione del danno (Applausi dei deputati del gruppo di Forza Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Bellotti. Ne ha facoltà.

LUCA BELLOTTI. Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo della mia dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Onorevole Bellotti, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.

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