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PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato: Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 5 dicembre 2005, n. 250, recante misure urgenti in materia di università, beni culturali ed in favore di soggetti affetti da gravi patologie, nonché in tema di rinegoziazione di mutui (anche un mutuo può esser una patologia se non si è in grado di pagarlo; onorevole Rossi, vedo che scuote la testa).
Ricordo che nella seduta di ieri si sono conclusi gli interventi sul complesso degli emendamenti ed i relatori e il Governo hanno espresso il parere.
PRESIDENTE. Riprendiamo l'esame dell'articolo unico del disegno di legge di conversione (vedi l'allegato A - A.C. 6293 sezione 1), nel testo recante le modificazioni apportate dal Senato (vedi l'allegato A - A.C. 6293 sezione 2).
Avverto che le proposte emendative presentate sono riferite agli articoli del decreto-legge, nel testo recante le modificazioni apportate dal Senato (vedi l'allegato A - A.C. 6293 sezione 3).
Dobbiamo, pertanto, passare alla votazione dell'emendamento Titti De Simone 1.9, sul quale il parere del relatore e del Governo è contrario.
ANTONIO BOCCIA. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ANTONIO BOCCIA. Signor Presidente, intervengo sull'ordine dei lavori e, in maniera un po' forzata, per richiamo al regolamento, per porre alla sua attenzione una questione che, seppur al termine della legislatura potrebbe apparire improduttiva di effetti, ritengo possa essere utile proprio per lasciare alla prossima legislatura una traccia di riflessione. Mi riferisco all'assoluta totale indifferenza della Commissione di merito rispetto alle osservazioni del Comitato per la legislazione.
Su questo provvedimento il Comitato per la legislazione ha scritto tre pagine di osservazioni. Lei sa, Presidente, che tale Comitato - per la sua composizione, per la natura che lo contraddistingue e per le funzioni cui è preposto - ha un compito terzo nella vita della Camera e del procedimento legislativo. Infatti, è stato istituito proprio per favorire una corretta, trasparente e, dal punto di vista estetico, buona legislazione.
Signor Presidente, se si leggessero le osservazioni del Comitato per la legislazione, si riterrebbe oggettivamente che si sta predisponendo una pessima legge. Dunque, non si può con indifferenza prendere atto che si sta emanando una pessima legge e con indifferenza continuare a votarla.
Capisco tutto, ma questo andazzo pone una riflessione sul peso e sul ruolo del suddetto Comitato e pone una riflessione sul procedimento complessivo della legislazione, nonché su qualche condizionamento in più che, evidentemente, occorre introdurre rispetto ai pareri del Comitato per la legislazione.
Presidente, penso sia il caso che sia lasciato alla Giunta per il regolamento il segno della necessità di una riflessione. Ciò in quanto non possiamo supinamente accettare che noi stessi giudichiamo il testo della legge in contrasto con il quadro normativo, poco trasparente, poco coerente, non congruo rispetto alla legislazione per poi far finta di niente. Esiste un contrasto intrinseco che non può assolutamente lasciarci indifferenti, rimanendo senza alcuna osservazione.
Nel caso del presente provvedimento, tali contraddizioni, evidenziate dal Comitato per la legislazione, sono veramente macroscopiche.
Un'autorità «terza» che leggesse queste osservazioni non potrebbe dar corso al varo della legge in esame. In realtà, non facciamo altro che, affermando il nostro potere, condizionare anche quello delle altre autorità della Repubblica, la qual cosa, Presidente, è molto grave e sconveniente.
Mi rendo conto che alla fine della legislatura, avendolo fatto già altre volte e non essendovi stato posto rimedio, potrebbe apparire improduttivo, ma mi sembrava doveroso lasciare tracce di questa riflessione.
PRESIDENTE. Onorevole Boccia, non è la prima volta che la questione viene posta da lei e da altri colleghi.
Come è noto, il parere del Comitato per la legislazione non è vincolante per la Commissione di merito. Sul fatto che questo difetto sia eliminabile, non è facile dare una risposta né prospettare la soluzione del problema: considero il suo intervento
come promemoria per la prossima legislatura, visto che quella attuale è ormai al suo epilogo.
Passiamo dunque alla votazione dell'emendamento Titti De Simone 1.9.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bimbi. Ne ha facoltà.
FRANCA BIMBI. Signor Presidente, intervengo per sottoscrivere l'emendamento 1.9 della collega di Rifondazione, Titti De Simone, con il quale si propone di sostituire l'espressione: «consentire all'università di far fronte ai programmi di ricerca nei settori strategici per il paese», con quella di: «incentivare e sostenere la ricerca nelle università».
Perché lo sottoscrivo? Intanto perché questo articolo 1 fa davvero vergognare per come nel nostro paese non si incentivi affatto la ricerca, nemmeno nelle università.
Quest'anno il Ministero ha decurtato di circa il 50 per cento i progetti approvati come progetti di ricerca di interesse nazionale (i PRIN), che sono cofinanziati dalle università. Quelli riconosciuti «ammissibili» non sono stati finanziati per il loro fabbisogno ma per la metà dello stesso.
Sappiamo che la ricerca universitaria è svolta nei fatti quasi esclusivamente da giovani con assegni di ricerca, che sono prevalentemente giovani dottori di ricerca, in attesa di posizioni a tempo indeterminato; ed evidentemente uno dei modi, e quasi l'unico, di farsi i titoli scientifici è quello di partecipare a progetti di ricerca qualificati, come lo sono i progetti di ricerca di interesse nazionale.
Un assegno di ricerca ha uno stanziamento tra i 16 mila e i 19 mila euro annui, privi di previdenze per la malattia e la maternità. Questi giovani hanno finito il dottorato di ricerca e mediamente hanno tra i 28 e i 32 o 35 anni. Normalmente gli assegni di ricerca sono biennali, in primo luogo per incentivare davvero la ricerca, per dare cioè continuità ai gruppi di ricerca che sono coordinati da professori e da ricercatori, ma costituiscono anche l'occasione per giovani dottori di ricercato di «farsi le ossa».
Normalmente, si bandiscono, una volta vinti i progetti di ricerca di interesse nazionale, assegni biennali su questi fondi ministeriali e quasi tutte le università prevedono, alla fine del biennio, la possibilità di un rinnovo su valutazione del coordinatore della ricerca. Già ora, quindi, l'incentivo alla ricerca è piuttosto basso e non vi è dubbio che il Ministero non ha l'autorità di consentire all'università di fare ricerca. Le università cercano quanto possibile di far fronte ai programmi di ricerca, ma in questo caso dovrebbe essere il MIUR a fornire veri incentivi. Siamo, quindi, di fronte ad una situazione di insulto rispetto a giovani ricercatori che già sono in difficoltà.
Noi, con il programma dell'Unione vogliamo aumentare e qualificare decisamente la spesa per l'università e la ricerca, vogliamo dare una reale copertura complessiva, assicurativa e di sicurezza sociale anche agli assegni di ricerca, ai contratti post-doc e così via. Servono investimenti qualificati perché la ricerca è un investimento per la crescita del paese. Dobbiamo avere fondi non solo per il personale, ma perché i giovani siano sempre più attratti nelle università e negli enti di ricerca, non abbiano la tentazione di fuggire. È vero, una parte molto qualificata fugge all'estero, ma questa è ancora la parte visibile; noi abbiamo la parte invisibile, quei ragazzi che, essendo anche di origine sociale modesta, se vincono una borsa di studio all'estero non ce la fanno a mantenersi perché hanno al loro ritorno in Italia questo tipo di prospettive.
Noi, con questo provvedimento, non diamo affatto spazio ai giovani, ma diamo loro delle briciole come le diamo ai passerotti sulla neve. Non è neanche la sopravvivenza, questa, è un'elemosina, considerando che le persone che lavorano con contratti o con assegni di ricerca nei nostri gruppi sono persone selezionate da bandi a cui partecipano, il cui finanziamento viene attribuito attraverso valutazioni comparative. Sono quasi tutte persone che
hanno trascorso un periodo all'estero; come minimo hanno passato sei mesi all'estero; nell'arco dei tre anni di dottorato, ma ormai mediamente si tratta di soggetti che hanno passato un anno di dottorato all'estero durante la formazione e spesso hanno titoli coordinati a livello europeo.
Noi non possiamo pensare che questo tipo di provvedimento sia un incentivo alle università. È un insulto ai giovani talenti nelle università.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Grignaffini. Ne ha facoltà.
GIOVANNA GRIGNAFFINI. Grazie Presidente, anche io intervengo per chiedere di aggiungere la mia firma a questo emendamento presentato dalla collega De Simone. Se noi leggiamo il comma che si intende sostituire, capiamo qual è la filosofia che ispira l'azione del Governo nel settore della ricerca e dell'incentivazione delle politiche per i giovani ricercatori. Cosa dice infatti il testo originale? In sostanza il testo ci dice che questo Governo, dell'università, della ricerca e dei giovani se ne occupa solo se non ne può fare a meno, quasi che fosse costretto a questa azione dal fatto che esistono giovani che fanno ricerca nelle università e che ottengono anche straordinari successi all'estero.
La questione legata all'investimento previsto unicamente per i settori strategici, ci fa capire che questo Governo pensa, in prima istanza, alla ricerca applicata e non alla ricerca di base come elemento su cui investire. E ciò viene fatto andando contro ogni logica, ogni certificazione, ogni analisi di paese sviluppato a forte innovazione tecnologica e scientifica; gli Stati Uniti, ad esempio, destinano il 60 per cento dei finanziamenti alla ricerca di base, cioè quella a lungo termine che non produce risultati immediati ma che lavora per il futuro sviluppo tecnologico del paese.
Ma, al di là di questa doppia visione così sbagliata dal punto di vista del ruolo e della funzione della ricerca nelle società a sviluppo avanzato, quello che manca all'attuale Governo, e ciò si vede nel modo in cui è articolato il provvedimento in esame, è una visione integrata della ricerca tra università ed enti. Ciò rappresenta un aspetto molto critico su cui noi siamo intervenuti presentando delle apposite proposte emendative, proprio perché riteniamo che questa scissione, tra ricerca nell'università e ricerca negli enti, sia alla base di quel pregiudizio applicativo della nozione di ricerca cui prima facevo riferimento.
Da ultimo, segnalo un altro aspetto negativo insito nel provvedimento in esame su cui si è già soffermata la collega Bimbi; mi riferisco alla riduzione della durata degli assegni di ricerca da biennale ad annuale. Si prevede di operare tale riduzione come se nessuno sapesse che la ricerca ha bisogno di tempo, di progetto, di sperimentazione, di sedimentazione e di confronto. Un assegno di ricerca di durata annuale finanziato con le risorse previste nel provvedimento rappresenta, a nostro avviso, un affronto, un'elemosina. Si tratta delle famose briciole con cui si cercano di richiamare i passeri: spero che i passeri non rispondano all'appello di questo Governo (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Titti De Simone. Ne ha facoltà.
TITTI DE SIMONE. Signor Presidente, intervengo per illustrare le ragioni che mi hanno indotto a presentare l'emendamento 1.9.
Noi riteniamo che la previsione contenuta all'articolo 1 del provvedimento in esame, che disciplina l'incentivazione della ricerca nelle università, sia assolutamente insufficiente. I colleghi che mi hanno preceduto hanno, infatti, parlato di poche briciole destinate ad un mare magnum di risorse umane, rispetto alle quali il Governo non ha praticamente investito nulla, ma, al contrario, ha mortificato le aspettative delle categorie interessate. A quest'ultimo riguardo, ricordo il provvedimento
che ha modificato lo stato giuridico dei docenti universitari con il quale si è introdotta, di fatto, una precarizzazione infinita dei giovani ricercatori. L'attuale Governo non ha stabilizzato un solo giovane ricercatore ma, al contrario, ha precarizzato, in modo quasi permanente, quello status, ponendo il settore della ricerca nel nostro paese in una situazione di grande disagio. Questo Governo non ha, come detto, investito su un settore, quello della ricerca, che noi, invece, consideriamo strategico.
Con il provvedimento in esame si vogliono concedere delle briciole per gli assegni di ricerca la cui durata si prevede di ridurre da due ad un anno. Ciò risponde alla filosofia che sempre sottende all'operato di questo Governo nel settore della ricerca, cioè quella del ridurre il tempo, quando, invece, è risaputo che tale settore strategico ha bisogno di tempi molto lunghi per poter sedimentare, verificare, confrontare, approfondire e costruire quelle condizioni essenziali affinché l'elaborazione della conoscenza diventi strutturata.
Qui, invece, la filosofia è opposta: tutto è finalizzato ad una produttività immediata, ad una mercificazione che fa male al paese! Si vuole stanziare qualche spicciolo per un provvedimento con il quale il centrosinistra aveva inteso incentivare le borse di ricerca, per garantire ai giovani ricercatori l'ingresso nel mondo della ricerca e per provare, poi, a stabilizzarli in tempi molto brevi. La misura era prevista nella finanziaria del 1997 e, pertanto, non si tratta di un'invenzione di questo Governo! Siamo di fronte ad una vera e propria foglia di fico, che, tengo a rimarcarlo, non può certamente nascondere le gravi responsabilità che questo Governo si è assunto in questa legislatura.
Il Governo non ha soltanto operato per la riduzione delle risorse e degli investimenti, tagliando il 50 per cento dei progetti di interesse nazionale, ma ha anche alterato la filosofia di fondo dei precedenti interventi, ha capovolto la finalità sociale ed ha completamente distorto il senso e l'impatto sociale del settore della ricerca, pure straordinariamente produttivo, finalizzandolo alla mercificazione, al ricatto continuo, e precarizzando indefinitamente le giovani risorse, le giovani intelligenze, tante migliaia di ricercatori.
Sebbene vi siano quarantamila ricercatori precari nelle università, non un euro è stato investito per stabilizzare un solo giovane ricercatore! È inutile che il Presidente del Consiglio vada in giro a raccontare ai cittadini, in tutte le trasmissioni televisive, la favola delle meraviglie che questo Governo avrebbe prodotto anche nei settori della scuola, dell'università e della ricerca! La prova dei fatti - i fatti sono molto cocciuti! - dimostra che è avvenuto, purtroppo, l'esatto contrario!
Il mio emendamento - ringrazio le colleghe Bimbi e Grignaffini per averlo sottoscritto - vuole nuovamente denunciare l'attuale situazione; vogliamo anche lanciare ...
PRESIDENTE. Onorevole Titti De Simone...
TITTI DE SIMONE. ... un segnale al paese.
I partiti che compongono l'Unione considerano strategici i settori della ricerca, della scuola e dell'università e pensano che si debba investire, che si debba cambiare direzione, che occorra invertire la rotta: è un impegno che ci assumiamo di fronte al paese e che manterremo dopo il 9 aprile, quando sarete stati mandati a casa (Applausi dei deputati dei gruppi di Rifondazione comunista e dei Democratici di sinistra-L'Ulivo)!
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Titti De Simone 1.9, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti e votanti 377
Maggioranza 189
Hanno votato sì 161
Hanno votato no 216).
Passiamo alla votazione dell'emendamento Tocci 1.10.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Martella. Ne ha facoltà.
ANDREA MARTELLA. Signor Presidente, il decreto-legge in esame affronta, all'articolo 1, una questione seria; nel contempo, però, esso fornisce la dimostrazione di come la politica del Governo di centrodestra nei settore dell'università e della ricerca, nel corso di questi cinque anni, sia stata assolutamente fallimentare.
Come hanno già rilevato i colleghi che mi hanno preceduto, il provvedimento in esame mette insieme materie diverse, in molti casi senza che alcuna ragione imponesse di farne oggetto di un provvedimento d'urgenza.
L'articolo 1 al nostro esame, che tra non molto sarà votato, disciplina l'incentivazione della ricerca nelle università e si pone il problema, giusto in questo senso, del finanziamento degli assegni di ricerca.
Si tratta, quindi, di un aspetto importante, cioè, delle risorse per finanziare gli assegni dei nostri giovani ricercatori. Però, va detto che il Governo, pur affrontando una questione delicata e seria, fa ciò creando nel merito una serie di problemi, perché adotta delle misure che, alla fine, rischiano di tradursi in pura propaganda senza essere efficaci nel settore della ricerca. Il Governo fa ciò dimostrando che le università, di fatto, non sono in grado di fare fronte ai propri programmi di ricerca. Perché ciò avviene? Per le scelte compiute nel corso di questi anni, per la riduzione dei finanziamenti, per il blocco delle assunzioni, per l'incapacità di finanziare una serie di programmi che le università e gli enti di ricerca hanno dovuto interrompere in mancanza delle risorse finanziarie che dovevano essere messe a loro disposizione.
Quindi, il Governo di centrodestra con questo articolo mette mano ad una norma veritiera, ma proprio la necessità di prevedere un apposito fondo di 32 milioni di euro è la dimostrazione dello stato in cui si trova l'università italiana. Per questa ragione non è possibile alcuna forma di trionfalismo, come invece fino a questo momento è accaduto, né è possibile lanciare messaggi mediatici rispetto al fatto che l'università e la ricerca sono state finanziate nel corso di questi anni o che vi è stato un incremento di tali finanziamenti. In realtà, vi sono stati continui tagli che hanno allontanato il nostro paese dagli standard europei in questo settore e, adesso, con un intervento dell'ultimo minuto, si cerca di riparare stanziando risorse che però portano implicitamente a riconoscere la scarsità nonché la carenza delle risorse finanziarie sin qui previste.
Quindi, nel corso di questi anni, contrariamente a quanto si dice, non si è prodotto alcun aumento delle risorse per la ricerca nelle università né si è previsto il ricambio generazionale, anzi, con tutta una serie di norme - già esaminate in questa aula - si è scelto di premiare il criterio dell'anzianità. Inoltre, quando il Governo si è occupato dei giovani ricercatori, tranne che in questo provvedimento dell'ultimo minuto, si è fatto ciò perché l'opposizione aveva sollecitato interventi di tal genere e perché c'è stato un grande movimento che ha riguardato l'intero paese e che poneva il problema della ricerca come strategico e fondamentale. Ciò è avvenuto, per esempio, nel 2003 quando il Capo dello Stato ha posto con grande forza e autorevolezza la necessità di una deroga al blocco delle assunzioni di giovani talenti italiani, i quali minacciavano di dover andare all'estero.
Quindi, l'articolo 1 di questo provvedimento mette a disposizione delle risorse e, al contempo, dimostra come tutta la politica del centrodestra sia stata fallimentare (tanto che c'è bisogno di un decreto d'urgenza dell'ultimo minuto per fare un po' di propaganda intorno all'università).
Concludo il mio intervento dicendo che si tratta peraltro di una serie di misure
fatte male, perché si prevede di dare un assegno di ricerca per un anno, quando tutti sanno che per svolgere un programma di ricerca servono due, tre o addirittura quattro anni (per poterlo portare a termine). Inoltre, si aumenta la platea di coloro che ne hanno diritto; quindi, si tratta di una misura del tutto propagandistica che non sarà efficace ma che, al contrario, si rivela un'ulteriore una tantum, senza possibilità di alcuna efficacia.
Infine (questo è il senso dell'emendamento successivo recante la mia firma, ma sul quale non interverrò), si escludono enti pubblici come il CNR, l'ENEA, l'Agenzia spaziale. Tutti questi enti non potranno utilizzare gli assegni di ricerca previsti e francamente non si capisce quale sia la ratio di ciò. Per questa ragione abbiamo presentato emendamenti con i quali ci proponiamo di correggere l'articolo 1 di questo decreto per porre con grande forza l'esigenza di un finanziamento degli assegni di ricerca, oltre che per le università anche per gli enti pubblici (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo e della Margherita, DL-L'Ulivo).
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Tocci 1.10, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti e votanti 375
Maggioranza 188
Hanno votato sì 159
Hanno votato no 216).
Prendo atto che l'onorevole Spina Diana non è riuscito a votare.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sugli identici emendamenti Bimbi 1.3 e Martella 1.8, non accettati dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti e votanti 387
Maggioranza 194
Hanno votato sì 163
Hanno votato no 224).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sugli identici emendamenti Bimbi 1.4 e Grignaffini 1.7, non accettati dalla Commissione né dal Governo e sui quali la V Commissione (Bilancio) ha espresso parere contrario.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti e votanti 390
Maggioranza 196
Hanno votato sì 165
Hanno votato no 225).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sugli identici emendamenti Bimbi 1.5 e Tocci 1.6, non accettati dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti e votanti 389
Maggioranza 195
Hanno votato sì 163
Hanno votato no 226).
Passiamo alla votazione degli identici emendamenti Capitelli 1-bis.1, Zanella 1-bis.2 e Titti De Simone 1-bis.3.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Rusconi. Ne ha facoltà.
ANTONIO RUSCONI. Signor Presidente, intervengo per chiarire la posizione mia personale e quella del gruppo della Margherita su questa serie di emendamenti soppressivi, che pensiamo siano in coerenza con quanto i colleghi hanno detto e fatto nella seduta di ieri. In tale seduta, infatti, il collega Zaccaria ha espresso in maniera opportuna le ragioni per cui, sul piano della costituzionalità, questo provvedimento è confuso e lacunoso. Ricordo soltanto la prima considerazione, che si riferisce al mancato rispetto del riparto delle competenze fra Stato e regioni alla luce delle modifiche introdotte con la riforma costituzionale del 2001.
La Corte costituzionale ha avuto occasione di pronunciarsi su questo aspetto e sull'inquadramento delle competenze in materia di istruzione, riconoscendo, alle regioni, potestà legislativa concorrente e, allo Stato, potestà legislativa esclusiva solo sulle norme generali in materia di istruzione. Per questo motivo, abbiamo firmato la pregiudiziale presentata dal gruppo dei Democratici di sinistra ed esprimeremo un orientamento contrario in sede di voto finale sul provvedimento, rivendicando, però, al nostro gruppo, insieme a tutto il centrosinistra, il merito della legge n. 62 del 2000, voluta e votata del centrosinistra.
Signor Presidente, chiederei un po' di silenzio (Commenti dei deputati dei gruppi della Lega Nord Federazione Padana e di Forza Italia)...
PRESIDENTE. L'onorevole Rusconi ha chiesto silenzio, non rumore! Quindi, la cortesia vorrebbe che fosse esaudito.
Prego, onorevole Rusconi.
ANTONIO RUSCONI. Su tale legge il centrosinistra continuerà ad investire e lavorare, nel corso della prossima legislatura, possibilmente facendo meno promesse e convegni, trovando qualche risorsa in più, proprio perché crediamo nella libertà educativa, e ricordando le mancate promesse, in questo ambito, del centrodestra.
Vorrei ricordare brevemente le risposte non fornite alla FISM nazionale, la federazione italiana scuole materne non statali; vorrei ricordare gli accreditamenti in notevole ritardo; infine, vorrei ricordare al sottosegretario Aprea, che (probabilmente, al suo posto farei lo stesso) fa finta di non ascoltare e di essere impegnata in qualcos'altro,...
VALENTINA APREA, Sottosegretario di Stato per l'istruzione, l'università e la ricerca. No, sono qui!
ANTONIO RUSCONI. ... la mancanza del sostegno scolastico in numerose scuole materne, per il quale devono sostituirsi, allo Stato, i comuni, i quali già hanno subito limitazioni e tagli da parte dello Stato.
Proprio perché riteniamo che il ruolo delle scuole paritarie sia fondamentale nel sistema scolastico italiano, esprimeremo voto contrario sugli emendamenti soppressivi dell'articolo 1-bis, perché non si vuole dare spazio alla demagogia di una polemica strumentale del Governo rispetto alla nostra fedeltà e alla nostra coerenza sui contenuti della legge n. 62 del 2000 (Applausi dei deputati del gruppo della Margherita, DL-L'Ulivo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Titti De Simone. Ne ha facoltà.
TITTI DE SIMONE. Signor Presidente, è soprattutto questa norma sulle scuole non statali che trova la nostra totale contrarietà; sia chiaro, non difendiamo la legge sulla parità nella parte in cui dispone o nel caso che disponga oneri per lo Stato. Riteniamo, anzi, che a tale riguardo bisognerebbe aprire una riflessione; l'esperienza fatta nel nostro paese, di legge finanziaria in legge finanziaria, di decreto-legge in decreto-legge, di atto in atto, sia a livello nazionale sia a livello regionale (a tale proposito va richiamata in particolar modo
la situazione della Lombardia) e l'utilizzo di questa legge come copertura politica, se non legislativa, per favorire la destrutturazione del sistema pubblico dell'istruzione ed il finanziamento diretto, spesso clientelare, al di fuori di ogni vaglio critico e di verifica di qualità delle scuole private anche non paritarie, suggeriscono, a mio avviso, la necessità di una riflessione.
Ma se è vero, dunque, che la legge sulla parità, così come formulata, doveva essere modificata, è altresì vero che voi siete andati ben oltre, ridefinendo, di fatto, il sistema scolastico in una logica di scuole di tendenza che potranno operare sulla base delle regole di mercato, con evidenti finalità di scambio elettorale.
Leggendo questa disposizione, appare chiara la «voglia» di avere le mani libere dal controllo parlamentare, affidando ad un regolamento la definizione delle modalità per il riconoscimento della parità; analogamente, ad un regolamento viene affidata la definizione dei criteri per l'erogazione dei contributi alle scuole private, assicurando consistenti finanziamenti, e la costituzione dell'albo delle scuole non paritarie.
È fin troppo facile la previsione che le maglie si faranno molto, molto più larghe; soprattutto, si deduce che le scuole non paritarie potranno diventare sedi di assolvimento del diritto-dovere all'istruzione, togliendo al sistema statale e paritario di istruzione il carattere di unica sede per l'assolvimento di tale compito.
Inoltre, le scuole non paritarie potranno svolgere la propria attività con docenti privi di abilitazione all'insegnamento e senza alcun obbligo di rispettare i contratti collettivi di lavoro; non avranno, inoltre, alcun obbligo di accettare alunni disabili. Per ovviare a tale situazione, interverremo anche con ulteriori proposte emendative nel corso della discussione.
Voglio pertanto, in questa sede, richiamare l'attenzione su tali aspetti a proposito del funzionamento delle scuole private, che oggi vengono gestite come imprese e che possono assumere docenti precari con contratti di collaborazione a tempo determinato, continuando ad usufruire, però, delle agevolazioni e dei finanziamenti che spettano in base alla legge sulla parità scolastica. Questa è una vera e propria mostruosità!
Lo abbiamo dichiarato e, dunque, lo ribadiamo: è palese, con questo articolo 1-bis, che i vostri unici interessi risiedono nell'accaparrare voti ad ogni costo, del tutto incuranti delle regole della democrazia e, in questo caso, della salute della nostra scuola pubblica statale. Il bisogno di voti vi spinge a legiferare senza senso su materie fondamentali, stanziando e liberando risorse, come in questo caso, in settori che sono a sicuro scambio clientelare e sottraendole a comparti fondamentali per la cultura nel nostro paese.
Noi pensiamo che ciò sia estremamente grave e, per tali motivi, chiediamo la soppressione di questo articolo (Applausi dei deputati del gruppo di Rifondazione comunista).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Sasso. Ne ha facoltà.
ALBA SASSO. Signor Presidente, siamo giunti al varo di queste misure, inserite in un decreto omnibus - e voglio sottolineare tale circostanza -, perché l'attuale esecutivo, anche sul terreno del governo della scuola paritaria, è inadempiente e ritardatario.
Infatti, la legge sulla parità scolastica, approvata dal centrosinistra nella scorsa legislatura, prevedeva la presentazione, da parte del ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, di una relazione sul suo stato di attuazione. Vorrei ricordare che anche la presentazione di tale relazione è stata tardiva.
Il ministro competente, inoltre, è venuto a denunciare, in sede di Commissione, ciò che il suo Ministero non ha saputo controllare e verificare. Il ministro Moratti, infatti, ha denunciato che gli esami di Stato nelle scuole paritarie, in alcune situazioni, non rispondevano a criteri di legalità. Vedo presente in aula il
sottosegretario Aprea, che non può che darmi ragione, su questo punto, rispetto all'allarme lanciato dal ministro. Si tratta di uno strano allarme, poiché dimostra che non si è riusciti a governare tale situazione.
Vorrei altresì rilevare che il Governo non ha mai dato attuazione ad una disposizione, recata dall'articolo unico della legge n. 62 del 2000, che prevedeva una normativa secondaria di applicazione della stessa legge sulla parità scolastica. Ricordo che avete provato a farlo con un regolamento, ma il Consiglio di Stato ha espresso parere contrario, perché non recava neppure la copertura finanziaria.
Adesso ci provate con il decreto-legge in esame, che produce una normativa pasticciata e confusa! Infatti, come già rilevato, nella seduta di ieri, con la questione pregiudiziale presentata ed approvata da tutta l'Unione, fate una serie di pasticci!
Ciò perché, in primo luogo, affidate all'emanazione di un futuro regolamento governativo la concessione dei contributi alle scuole paritarie, non tenendo conto del fatto che, con la modifica del Titolo V della Costituzione, tale potere regolamentare è stato già devoluto alle regioni. Non solo, ma visto che il vostro precedente provvedimento amministrativo è stato bocciato dal Consiglio di Stato, adesso sostituite alle norme dell'articolo unico della citata legge n. 62 l'articolo 1-bis, introdotto dal Senato all'interno di un decreto-legge che trattava ben altre materie.
Con il citato articolo, inoltre, non fate che pasticciare, poiché, in realtà, fate riferimento a norme attuative della legge n. 62 del 2000. Allora, delle due l'una: o la citata legge n. 62 rappresenta la legge-quadro entro la quale varare le norme di attuazione - e, quindi, non vi è bisogno di un'altra normativa, come voi proponete -, oppure dovete emanare un regolamento attuativo.
Ribadisco che il decreto-legge in esame è un pasticcio: è illegittimo ed incostituzionale! Rispetto a ciò, allora, chiedo ai colleghi se sopprimere l'articolo 1-bis serva a difendere la legge n. 62 del 2000: è questo il punto sul quale dobbiamo discutere. Credo, personalmente, che l'approvazione degli identici emendamenti in esame serva a difendere la citata legge, poiché l'articolo 1-bis del decreto-legge in esame è un pasticcio illegittimo ed incostituzionale (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sugli identici emendamenti Capitelli 1-bis.1, Zanella 1-bis.2 e Titti De Simone 1-bis.3, non accettati dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti e votanti 364
Maggioranza 183
Hanno votato sì 127
Hanno votato no 237).
Passiamo alla votazione degli identici emendamenti Titti De Simone 1-bis.4 e Sasso 1-bis.5.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Titti De Simone. Ne ha facoltà.
TITTI DE SIMONE. Signor Presidente, il comma 2 dell'articolo 1-bis del decreto-legge in esame fa riferimento al diritto-dovere all'istruzione e alla formazione, ed è questo il motivo per cui lo critichiamo. Infatti, consideriamo importante riportare il dibattito all'interno del concetto di obbligo scolastico.
Ci piace ancora meno, inoltre, il fatto che il diritto-dovere all'istruzione possa essere assolto nelle scuole private. Vogliamo pertanto ribadire la nostra posizione contraria all'appartenenza di scuole
private, finanziate con risorse dello Stato, al sistema pubblico della scuola. Esiste, peraltro, un problema di controllo dei criteri con cui tali scuole rilasciano titoli, poiché sappiamo che tale controllo non è né approfondito, né attento.
Vogliamo ricordare, onorevole sottosegretario Aprea, i problemi che vi sono stati anche nel corso di questa legislatura rispetto alla questione dei cosiddetti «esamifici», dei «diplomifici» delle scuole private, che sono state oggetto anche di inchieste da parte della magistratura per aver rilasciato diplomi in condizioni del tutto illegali. Tali scuole non erano state verificate, non erano state controllate, non erano state sottoposte al necessario vaglio da parte del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, eppure erano state accreditate.
Questo è un sistema di maglie molto larghe, che va sottoposto ad una lente d'ingrandimento. Con questo provvedimento, invece, togliete tale lente ed inserite sostanzialmente un circuito malsano nel sistema pubblico.
Il comma 2 prevede, all'ultimo periodo, anche le modalità procedimentali per il riconoscimento della parità scolastica e per il suo mantenimento. Tali modalità sono definite con regolamento adottato ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge n. 400 del 1988, sottraendo nei fatti, al Parlamento ed al dibattito, le norme in materia di parità scolastica. Stessa disposizione viene introdotta, tra l'altro, nel comma 5, terzo periodo, del medesimo articolo, per le scuole non paritarie.
Per tale insieme di ragioni, chiediamo la soppressione del comma 2 dell'articolo 1-bis.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sugli identici emendamenti Titti De Simone 1-bis.4 e Sasso 1-bis.5, non accettati dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 355
Votanti 354
Astenuti 1
Maggioranza 178
Hanno votato sì 102
Hanno votato no 252).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Titti De Simone 1-bis.6, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 356
Votanti 325
Astenuti 31
Maggioranza 163
Hanno votato sì 84
Hanno votato no 241).
Prendo atto che il dispositivo di voto dell'onorevole Sasso non ha funzionato.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Titti De Simone 1-bis.7, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 359
Votanti 347
Astenuti 12
Maggioranza 174
Hanno votato sì 96
Hanno votato no 251).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento
Sasso 1-bis.8, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 364
Votanti 362
Astenuti 2
Maggioranza 182
Hanno votato sì 108
Hanno votato no 254).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Titti De Simone 1-bis.9, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 365
Votanti 278
Astenuti 87
Maggioranza 140
Hanno votato sì 24
Hanno votato no 254).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Titti De Simone 1-bis.11, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 351
Votanti 338
Astenuti 13
Maggioranza 170
Hanno votato sì 93
Hanno votato no 245).
Prendo atto che gli onorevoli Carbonella e Rampelli non sono riusciti a votare e che quest'ultimo avrebbe voluto esprimere voto contrario.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Sasso 1-bis.10.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Sasso. Ne ha facoltà.
ALBA SASSO. Signor Presidente, in questo provvedimento molto pasticciato, per esempio nei commi 2 e 3 dell'articolo 1-bis, di cui abbiamo proposto la soppressione, si ribadiscono leggi già esistenti. Ho letto e riletto il testo, onorevole Aprea, ma non so chi possa inserire in un provvedimento legislativo disposizioni già contenute in un'altra legge. Quindi, si tratta di un provvedimento davvero predisposto in fretta e, come si dice, «la gatta frettolosa»...
Tuttavia, ciò che abbiamo rilevato, anche ieri, con le questioni pregiudiziali di costituzionalità, e che ci sembra particolarmente grave, sono i commi 4 e 5 dell'articolo 1-bis, laddove si prevede che per le scuole meramente private possano esservi controlli preventivi, istituendo, in tal modo, la strana ed ibrida figura di «scuole private paritarie». Considerate le condizioni per l'esistenza di tali scuole, esse sono molto simili alle condizioni previste per l'esistenza delle scuole paritarie. Lo abbiamo già ricordato ieri e lo ricordo ancora. I commi 4 e 5 sono in contrasto con l'articolo 33 della Costituzione: «L'arte e la scienza sono libere e libero ne è l'insegnamento (...) Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole (...)».
Nei confronti di queste scuole nel 1958 è stata emanata una sentenza della Corte costituzionale, in base alla quale, nelle ipotesi in cui alcuni privati decidessero di istituire una scuola senza chiedere finanziamenti né il riconoscimento allo Stato, nei confronti di questa non ci potrebbe essere un'autorizzazione preventiva da parte dello Stato, il quale dovrebbe prendere atto dell'esistenza di queste scuole
purché, come noi prevediamo nel nostro emendamento, esse dichiarino le proprie finalità educative e il rispetto delle norme igieniche e di sicurezza. Questa legge dice «no». Se ci si vuole fregiare del nome di scuola, ci si deve attenere ad alcuni criteri richiesti per le scuole paritarie! Allora, come diceva l'onorevole Tocci in sede di discussione sulle linee generali, non esisteranno più le scuole di sci, le scuole guida, le scuole bocciofile perché nessuna di queste si potrà fregiare del nome di scuola.
In realtà, voi, Casa delle libertà, con il provvedimento in esame state mettendo in discussione la libertà educativa di queste scuole, che non amo sicuramente ma di cui rispetto il diritto alla libertà. Voi per tutti questi cinque anni - altro che Casa delle libertà! -, avete riproposto un sistema accentrato, rigido e statalista, parlando invece di libertà: una contraddizione in termini che noi non condividiamo assolutamente.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Sasso 1-bis.10, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 358
Votanti 357
Astenuti 1
Maggioranza 179
Hanno votato sì 113
Hanno votato no 244).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Grignaffini 1-bis.12, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 350
Votanti 348
Astenuti 2
Maggioranza 175
Hanno votato sì 105
Hanno votato no 243).
Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.
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