Resoconto stenografico dell'Assemblea
Seduta n. 738 del 26/1/2006
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(Iniziative per ristabilire la legalità e la correttezza amministrativa presso il comune di Arezzo - n. 2-01792)

PRESIDENTE. L'onorevole Fanfani ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-01792 (vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 7).

GIUSEPPE FANFANI. Signor Presidente, se non erro, ho quindici minuti di tempo a disposizione...

PRESIDENTE. Al suo buon cuore...! Se lei intende affaticare il Presidente e tutta l'Assemblea, può anche parlare per quindici minuti; se, invece, ritiene che si possano dire le cose in maniera più «sobria», possiamo anche evitare...

GIUSEPPE FANFANI. Se conoscessi prima la risposta del Governo, potrei anche attenermi a tempi più ridotti.

PRESIDENTE. Ma lei può anche replicare in seguito; da questo punto di vista, non vi è alcun problema.


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GIUSEPPE VALENTINO, Sottosegretario di Stato per la giustizia. È talmente puntuale la sua interpellanza...

GIUSEPPE FANFANI. Cercherò di svolgere un intervento brevissimo.
Signor Presidente, signor sottosegretario, come ho rappresentato nella mia interpellanza, in data 7 dicembre 2005, in esecuzione di un provvedimento di custodia cautelare in carcere, emesso dal giudice per le indagini preliminari presso il tribunale di Arezzo, furono arrestati tre consiglieri comunali della mia città. Erano tre consiglieri comunali di maggioranza. Tale vicenda in una cittadina, tutto sommato tranquilla, come Arezzo ha destato particolare scalpore, sia perché si trattava di un provvedimento anomalo adottato dalla magistratura, che non si era mai occupata di questioni di carattere amministrativo, sia perché si contestava il reato di concussione aggravata e continuata. Tuttora, il provvedimento cautelare, seppure nella misura attenuata degli arresti domiciliari, permane.
Tale vicenda non sarebbe di per sé rilevante sotto questo profilo, né mi autorizzerebbe ad intervenire in questa sede, se non fosse particolarmente grave la situazione di illecito diffuso che è emersa a seguito di questo evento. Infatti, dall'ordinanza che ha disposto la custodia cautelare, che ha avuto larga diffusione ed è stata ampiamente pubblicata dagli organi di stampa, è emerso che sia il sindaco sia il vicesindaco erano stati portati a conoscenza di taluni episodi di concussione addirittura dalle persone offese da questo reato, cioè dalle persone alle quali erano state avanzate richieste di denaro.
Non avevano fatto nulla! Ciò ha fatto immaginare a tutti, non solo a me, che il sistema di illecito fosse diffuso e tollerato e che, soprattutto, fosse tollerato da coloro che avevano il dovere di intervenire.
Signor ministro, se qualcuno va da un sindaco e gli dice che è stato costretto a pagare da un membro della commissione tecnico-urbanistica perché, se non avesse pagato, un certo provvedimento non sarebbe stato adottato, oppure se una persona si reca dal vicesindaco e gli racconta che gli sono stati chiesti dei soldi, queste figure istituzionali hanno il dovere di intervenire o no, quanto meno per richiamare quelle persone all'ordine? Perché non lo fanno?
La risposta è molto semplice. Arezzo si trova in una situazione assolutamente anomala, derivante dalle elezioni del 2004, nelle quali si verificò un fatto raro, ma previsto nella legge, ossia una «crasi» tra la maggioranza politica del comune e quella che ha eletto il sindaco. Infatti, al primo turno il centrosinistra superò di poco il centrodestra (ottenne il 50 per cento dei voti), ma il candidato sindaco non superò di poco il 50 per cento, cosicché i consiglieri eletti furono 20 per il centrosinistra e 20 per il centrodestra.
Successivamente, al turno di ballottaggio, fu eletto sindaco il candidato di centrodestra, che si trova ora a governare con il suo unico voto di maggioranza. Gli contestai questo fatto moltissime volte: è ovvio che non sarebbe stato in grado di governare, perché avrebbe dovuto cedere alle pressioni di tutti. Chiunque fosse andato da lui a chiedergli qualcosa, egli avrebbe dovuto assentire, con l'aggravante che, essendo un noto professionista, titolare o già titolare, perché sembra che ne abbia dismesso le quote, di uno studio professionale tra i più noti della città, probabilmente non avrebbe potuto puntare i piedi nei confronti di richieste altrui.
Attorno al sistema urbanistico si è sviluppato tutto quel marcio che è venuto fuori in questa situazione, oggetto della mia interpellanza.
Perché chiedo cosa intende fare il Ministero dell'interno? Perché, se non si comprende che siamo di fronte ad uno dei casi tipici previsti dall'articolo 141 della legge sull'ordinamento degli enti locali, che prevede l'ipotesi di gravi e persistenti violazioni di legge, e se non ci si mettono le mani subito, questa situazione andrà avanti, perché uno dei peccati maggiori in queste situazioni è quello di avere arroganza e presunzione al tempo stesso.
Se lasciamo la situazione quale essa è, ciascuno di quei 20 consiglieri potrà pretendere


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tutto ciò che vuole e potrà portare quotidianamente al sindaco una richiesta di variante su piccoli terreni, perché un altro dei grossi problemi che si sono verificati nella nostra città è che il piano regolatore non è stato approvato. Si va avanti con le varianti e ciascun consigliere, del quale il sindaco ha bisogno come l'acqua, perché ognuno «fa maggioranza», potrà chiedere di apportare varianti, non certo direttamente, ma tramite qualche studio professionale di riferimento o qualche costruttore. Questo è ciò che si dice in città quotidianamente.
Per questo, chiedo al Governo e, in particolare, al ministro dell'interno, di intervenire, perché siamo in una situazione che o si stronca subito o farà emergere da se stessa il radicamento di illegalità che certamente esploderà in futuro e, probabilmente, in termini ben peggiori.
Questo è il motivo per il quale mi sono permesso di scomodare il ministro, invocando uno dei provvedimenti che sono tipici del suo dicastero.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per la giustizia, onorevole Valentino, ha facoltà di rispondere.

GIUSEPPE VALENTINO, Sottosegretario di Stato per la giustizia. Signor Presidente, l'onorevole Fanfani tocca, da par suo, il tema degli equilibri e dei rapporti fra i livelli di governo, il rispetto dell'autonomia costituzionale di enti politicamente rappresentativi, la tutela ed il rispetto della legalità ed i relativi interventi di competenza statale, nonché il sistema dei poteri sostitutivi che, soprattutto dopo la riforma del Titolo V della Costituzione, è volto ad assicurare la salvaguardia di interessi ed esigenze di carattere unitario.
Devo innanzitutto precisare che, dopo la presentazione dell'interpellanza, nella giornata di martedì 24, venti consiglieri del comune di Arezzo hanno presentato, a norma dell'articolo 52, comma 2, del testo unico in materia di enti locali, il decreto legislativo n. 267 del 2000, una mozione di sfiducia nei confronti del sindaco.
Ricordo che, ai sensi di tale disposizione, la mozione deve essere messa in discussione non prima di dieci e non oltre trenta giorni dalla sua presentazione. Se la mozione viene approvata, si procede allo scioglimento del consiglio ed alla nomina di un commissario, ai sensi dell'articolo 141 del medesimo testo unico.
Quest'ultimo importante fatto fa seguito ad una delicata situazione venutasi a creare nei rapporti politici fra maggioranza ed opposizione, aggravati dai profili giudiziari della vicenda richiamata dall'onorevole Fanfani e sfociata, infine, nella impossibilità di procedere alla surroga - per reiterato mancato raggiungimento del numero legale nelle sedute del consiglio - dei tre consiglieri sottoposti alla misura restrittiva della libertà personale degli arresti domiciliari, e successivamente dimessisi.
In merito a tale ultima questione, ricordo che il 10 gennaio scorso i capigruppo di minoranza del consiglio comunale di Arezzo, nel corso di un incontro, hanno consegnato al prefetto un documento con il quale si chiedeva di avviare le procedure per lo scioglimento dell'ente a norma dell'articolo 141 del citato testo unico degli enti locali «per gravi e persistenti violazioni di legge, nonché per gravi motivi di ordine pubblico ed evidente impossibilità di ripristinarne il quorum strutturale e, comunque, di assicurarne il normale funzionamento», essendo ormai irrimediabilmente compromessi i necessari e condivisi presupposti di legalità e correttezza.
A questo proposito, sottolineo l'orientamento seguito dal Ministero dell'interno, da sempre connotato dall'assoluto rispetto dell'autonomia dell'ente locale e dalla massima cautela nell'adozione di misure di rigore nei confronti degli organi elettivi di amministrazioni comunali, per loro stessa natura senz'altro dirompenti.
Per questi motivi, assicuro che la situazione del comune di Arezzo è attentamente seguita dalla locale prefettura e che, nel caso dovessero verificarsi i presupposti, non si mancherà di adottare gli interventi previsti dalla legge.
Detto questo, aggiungo che, l'11 gennaio scorso, il sindaco ed il presidente del


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consiglio comunale hanno consegnato al prefetto copia della richiesta, depositata presso il difensore civico regionale, volta alla nomina di un commissario ad acta, ai sensi dell'articolo 136 del già citato testo unico, per provvedere alla surroga dei consiglieri dimissionari.
L'intervenuta decisione del difensore civico regionale di procedere d'ufficio alla nomina del commissario è stata oggetto di ricorso al tribunale amministrativo regionale, con richiesta di sospensiva, presentato lo scorso 23 gennaio da esponenti dell'opposizione consiliare.
In attesa della decisione del TAR in merito alla sospensiva, per la quale saranno necessari almeno dieci giorni, l'altro ieri - come ho premesso - si è verificata la presentazione della mozione di sfiducia che dovrà essere discussa nei ristretti termini previsti dall'ordinamento vigente.
Confermo, in conclusione, che il Ministero dell'interno e la prefettura di Arezzo seguono con la massima attenzione gli sviluppi della vicenda in corso e non mancheranno di adottare, in presenza dei presupposti, gli interventi eventualmente necessari.

PRESIDENTE. L'onorevole Fanfani ha facoltà di replicare.

GIUSEPPE FANFANI. Signor Presidente, signor sottosegretario, le ricambio l'apprezzamento sullo stile, ma nel merito, ovviamente - e non lo dico perché vi è una distinzione di ruoli, lo dico perché ho notato un sostanziale laisser faire che non ho apprezzato - non posso condividere l'atteggiamento del Ministero. Nel momento stesso in cui lei per due volte, a metà del suo intervento ed al termine, ha assicurato che la situazione era seguita dal Ministero e dalla prefettura, ha ribadito implicitamente, non avendola mai smentita, che la situazione è certamente grave.
Nel momento stesso in cui si verificano fatti di questo tipo, non smentiti né dal sindaco, né dal presidente del Consiglio comunale, né da alcuno, la cui gravità non riguarda tanto il fatto che tre componenti della commissione tecnica di assetto del territorio siano accusati di reati gravissimi ma il fatto che il sindaco sapeva e non è intervenuto, le dico che siamo di fronte ad un illecito, ad una permeazione dell'illecito all'interno dell'istituzione, tollerata e gestita dal capo di quell'istituzione. Ciò non può lasciare indifferente il ministero.
Non è pensabile che la situazione (che le ho portato a conoscenza, ma che dalla sua risposta ho capito che lei conosce perfettamente) cambi. Se il sindaco o il vicesindaco non avessero saputo nulla, oggi avremmo potuto sperare che, avendola conosciuta, la situazione sarebbe potuta cambiare. Ma è già noto che il sindaco conosceva perfettamente la situazione e, ciò nonostante, ha tollerato l'illecito. Cosa vogliamo di più? Aspetta altre prove per dire che il sindaco cambierà il suo atteggiamento? Avrà sempre bisogno del voto di tutti perché o cambia la situazione data oppure non sarà modificabile!
Quando lei, signor sottosegretario, parla di surroga, promossa dal sindaco attraverso la richiesta di un commissario ad acta, avvalora la mia tesi. Il sindaco non si è reso conto della gravità del suo comportamento e dell'illecito che permea la sua amministrazione, al punto da voler continuare nella sua strada con l'unico voto di maggioranza rappresentato da se stesso, tanto da chiedere la surroga dei consiglieri che mancano.
Ma vi è di più e riguarda qualcosa che, probabilmente, all'esito del voto della mozione di sfiducia, sarà oggetto di un altro atto di sindaco ispettivo da parte mia. Cosa farà il sindaco alla votazione della mozione di sfiducia, cui lei ha fatto riferimento, ricordando che venti consiglieri di minoranza l'hanno presentata? Si immagina un comune in cui venti consiglieri comunali hanno votato la mozione di sfiducia al sindaco, altri venti probabilmente hanno riconfermato la fiducia, ed il sindaco che si domanda se debba dare la fiducia a se stesso, votando una mozione che lo riguarda personalmente? Credo che non possa votare. Ma se per caso dovesse non essere così, si troveranno in una situazione di illegalità formale e, anche se fosse una situazione di formale legalità, di


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legittimità formale, la invito, sottosegretario, a domandarsi in quale situazione si ridurrebbe una città civilissima e di antiche tradizioni democratiche, come Arezzo, in cui non si è mai vista (lo dico con assoluta laicità di pensiero), né da parte del centrodestra né da parte del centrosinistra, verificarsi una situazione così marcia come quella attuale.
Anche i «vecchi» politici, che ho conosciuto e praticato tutta la mia vita, di qualsiasi corrente politica o linea di pensiero fossero, avevano permeato nel loro animo quella legalità di fondo che veniva dalla collettività. Si poteva discutere sulle loro idee, ma certo non sulla loro moralità. Oggi, c'è un marcio di fondo, che il ministero non può sottacere, affermando «pilatescamente» di rispettare le autonomie locali e lo spirito di autonomia degli statuti locali, aspettando di vedere cosa accadrà dopo la votazione della mozione di sfiducia. Altrimenti, avrei continuato a svolgere la mia opposizione ad Arezzo ed a dare man forte a coloro che hanno chiesto la sfiducia del sindaco e che sono intervenuti chiedendo un cambiamento, nuove elezioni, e certamente non sarei ricorso all'organo superiore.
Sono ricorso al Ministero proprio perché mi rendo perfettamente conto che ci troviamo in una situazione che, più la si lascia com'è, più diventa marcia. Situazione nella quale il sindaco non è voluto intervenire prima e non interverrà dopo; nella quale il sindaco non aveva il potere di intervenire prima e non avrà il potere di intervenire dopo; nella quale vi è una connivenza generale in quanto sia il sindaco sia il vicesindaco sapevano e non hanno fatto nulla. E, in una situazione di questo tipo, come parlamentare, non avevo altra strada se non quella di rivolgermi al ministro, immaginando che il Ministero avesse la forza e anche il coraggio di fornire un segno di moralizzazione ad una città che è profondamente offesa da quanto accaduto.
Signor sottosegretario, auspico che le sue ultime parole e l'attenta vigilanza che lei ha assicurato sulla situazione politica della città di Arezzo, seguita come tale dal Ministero e dalla prefettura, autorizzino il Ministero stesso in un prossimo futuro a rivedere questa posizione (Applausi dei deputati del gruppo della Margherita, DL-L'Ulivo).

PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interpellanze urgenti all'ordine del giorno.

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