Allegato B
Seduta n. 730 del 16/1/2006


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INTERROGAZIONI PER LE QUALI È PERVENUTA RISPOSTA SCRITTA ALLA PRESIDENZA

ANNUNZIATA. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro delle comunicazioni, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
a seguito di un recente protocollo d'intesa tra il Miur e Poste italiane, dal corrente anno scolastico, i libri di testo scolastici si possono prenotare via internet o tramite telefono, ottenendo la consegna a domicilio dietro pagamento in contrassegno o con carta di credito, oppure, con pagamenti rateali in 12 mesi con interessi al 7,50 per cento;
tale iniziativa, denominata «Prestiscuola», evidenzia a parere dell'interrogante, alcune gravi circostanze, quali:
a) il pesante danno in termini economici ed occupazionali che l'attuazione di tale intesa arreca alla capillare distribuzione attuata sul territorio dalle cartolibrerie tradizionali;
b) la manifesta limitazione della concorrenza per effetto dell'affidamento diretto del servizio, senza alcuna gara preventiva, alla Bol (Books on line Italia spa), società partecipata dai due grandi gruppi editoriali Bertlesmann e Mondadori;
c) la sconcertante violazione degli articoli 3 e 4 della legge 20 luglio 2004, n. 215 in materia di conflitto di interessi, atteso che Poste Italiane, il cui vertice è nominato dal Ministro dell'economia, favorisce oggettivamente un'impresa partecipata dal Presidente del Consiglio;
la palese distorsione del mercato, tenuto conto che il ministero dell'istruzione ha fornito una collaborazione preferenziale a Poste Italiane, dando in anticipo le liste dei testi adottati -:
se i ministri in indirizzo, ciascuno per le rispettive competenze, intendano chiarire i termini dell'iniziativa sopra indicata, in particolare:
1) se la stessa è avvenuta di concerto e sotto il controllo dei ministeri competenti;
2) se e quali verifiche preventive sono state effettuate, per garantire, nell'operazione indicata, il rispetto delle norme nazionali e comunitarie in materia di concorrenza;
3) se il Ministro interrogato in qualità di azionista di controllo di Poste italiane spa, non ritenga di dover adottare iniziative perché in futuro non si ripetano vicende analoghe a quella su descritta;
4) quali siano stati i motivi per cui non è stata bandita alcuna gara pubblica relativa alla fornitura dei servizio in questione;
5) se e quali misure di sostegno, si intenda adottare nei confronti delle librerie tradizionali penalizzate dalla suddetta iniziativa.
(4-17126)


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Risposta. - Su incarico della Presidenza del Consiglio dei Ministri si risponde all'interrogazione parlamentare in esame concernente il protocollo d'intesa sottoscritto da questo ministero e da poste italiane per la prenotazione e la distribuzione dei libri di testo per le scuole secondarie di primo e secondo grado.
L'iniziativa in argomento intende offrire, su tutto il territorio nazionale, alle famiglie degli alunni delle scuole secondarie di I e II grado che ritengano di aderire all'iniziativa stessa, un servizio inteso a garantire la consegna dei testi scolastici presso il proprio domicilio in tempo utile per l'avvio dell'anno scolastico; ciò anche al fine di evitare conseguenze negative sul regolare inizio e svolgimento dell'attività didattica riferibili alla non completa disponibilità dei libri di testo da parte di tutti gli alunni.
In particolare, il servizio di cui trattasi permette alle famiglie degli studenti di prenotare, via
Internet o via Call Center, i libri di testo sulla base delle adozioni deliberate dall'istituzione scolastica ai prezzi di copertina, senza costi aggiuntivi per la prenotazione e la consegna.
Il pagamento dei testi può essere effettuato dalle famiglie in contrassegno o con carta di credito o ancora dilazionato, a seconda della preferenza e del canale di prenotazione utilizzato dai richiedenti.
Le famiglie possono controllare lo stato dell'ordine consultando il sito di poste italiane. I testi scolastici ordinati sono poi recapitati mediante la rete logistica di poste italiane presso l'indirizzo richiesto dalle famiglie, in orari in precedenza concordati con esse.
Non sono previsti oneri per l'esecuzione del protocollo, né per il Ministero né per le scuole, sia che esse aderiscano al protocollo, sia che non aderiscano.
Va precisato che, nel rispetto del principio dell'autonomia, spetta esclusivamente alle singole scuole aderire all'iniziativa; l'adesione, pertanto, è assolutamente a discrezione delle scuole nell'esplicazione dell'autonomia loro riconosciuta dall'ordinamento. Le famiglie, poi, sono a loro volta libere di usufruire del servizio.
L'intesa quindi semplifica il ciclo di acquisizione dei libri di testo e determina un ampliamento dell'area distributiva, reso possibile dalla non esclusività del protocollo stesso, in quanto aggiunge un'opzione ai tradizionali canali di reperimento dei testi.
Essa è perciò di rilevante utilità sociale e contribuisce ad attenuare i disagi delle famiglie e degli alunni derivanti, in particolare, dalle attese in libreria per acquistare e prenotare testi che talvolta non trovano.
L'iniziativa stessa riveste un particolare interesse soprattutto nelle aree del territorio che, per le motivazioni più diverse, risultano meno servite dagli usuali operatori di settore.
L'intesa tende ad assicurare alle famiglie un servizio più pratico, sicuro e conveniente e si inserisce in una precisa politica del ministero volta al contenimento del costo dei libri, che pesano sempre più sul bilancio delle famiglie in genere e di quelle economicamente disagiate in particolare. A quest'ultimo proposito va ricordato che ogni anno l'amministrazione eroga un contributo di 103 milioni di euro per l'acquisto dei libri da parte delle famiglie meno abbienti.
Va precisato altresì che, come previsto dall'intesa, sulla base delle adesioni ricevute dagli istituti scolastici e dalle famiglie, poste italiane e l'amministrazione scolastica verificheranno, attraverso una Commissione bilaterale, se vi siano le condizioni per praticare un'offerta economicamente più vantaggiosa per le famiglie.
Come rilevato dal ministero delle attività produttive in riferimento ad un atto di sindacato ispettivo parlamentare di analogo contenuto rivolto anche a quell'amministrazione oltre che a questo Ministero, l'iniziativa rientra nel novero delle molteplici azioni del Governo volte a favorire gli acquisti nell'attuale situazione economica. Infatti, molteplici sono stati gli interventi in tal senso, tra gli altri l'iniziativa della Federazione Nazionale Cartolerie e Cartolibrerie denominata «Scuola Kit a 25 euro», allo scopo di andare incontro alle esigenze dei consumatori. Lo stesso ministero delle attività produttive ha in quell'occasione


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espresso l'avviso che la circostanza dovrebbe operare quale impulso ad assumere analoghe iniziative con le medesime finalità vista la possibilità per ogni esercente commerciale di attivare una postazione di vendita on line con una semplice comunicazione al Comune competente per territorio.
Come fatto presente anche da poste italiane, il sistema era già stato sperimentato con successo lo scorso anno in alcune scuole di Milano, ottenendo il gradimento dei ragazzi e dei loro genitori.
Da parte sua poste italiane, nel rispetto della sua missione, si è proposta quindi quale elemento di collegamento tra le famiglie e le società specializzate del settore che hanno inteso aderire all'iniziativa.
Per ciò che concerne le modalità operative del servizio, poste italiane ha precisato che esso è stato aperto ad ogni operatore del settore a parità di oneri e condizioni in un contesto di libera concorrenza ed è stato pensato esclusivamente nell'interesse della «clientela», cioè le famiglie.
Inoltre, con riferimento alle modalità di selezione delle società di distribuzione, poste italiane ha precisato che il relativo rapporto contrattuale, in via di definizione, è da ricondursi per poste italiane tra i cosiddetti «contratti attivi», cioè tra quei contratti che sono esclusi dall'ambito di applicazione delle direttive comunitarie in materia di appalti.
In questa prima applicazione il protocollo operativo di intesa ha visto l'attivazione di un accordo con una società di distribuzione di libri scolastici (la Mondolibri S.p.A. - Divisione BOL) con la quale sono stati avviati, senza vincoli di esclusiva, rapporti indirizzati alla consegna dei libri di testo agli alunni delle scuole secondarie.
La società di distribuzione si è avvalsa per il reperimento dei testi, sotto la sua esclusiva responsabilità, della collaborazione delle principali case editrici e di alcune società di distribuzione di libri scolastici in ambito nazionale e/o locale.
In conclusione, quindi, pur essendo comprensibili le preoccupazioni degli operatori della filiera libraria, il mercato dei libri scolastici è un mercato in regime di libera concorrenza in cui ogni operatore, sia tradizionale che innovativo (poste italiane, grande distribuzione, eccetera) può agire nel rispetto del servizio offerto al cliente finale (la famiglia).
A questo proposito, va ulteriormente sottolineato che l'accordo di cui trattasi non attribuisce alcuna situazione di esclusiva a favore di poste italiane, tant'è che, qualora soggetti diversi da poste italiane dovessero offrire analoghi servizi, l'amministrazione scolastica è disponibile a sottoscrivere nuovi protocolli d'intesa. Il tutto in un quadro di trasparenza e nell'esclusivo interesse dell'utenza.
Il Sottosegretario di Stato per l'istruzione, per l'università e per la ricerca: Valentina Aprea.

BALLAMAN, BRICOLO e STUCCHI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
gli ultimi giorni sono stati funestati da continue notizie riguardanti drammatici sbarchi di clandestini sulle spiagge di Lampedusa;
il centro di accoglienza «Misericordia» istituito a Lampedusa può contenere soltanto 180 persone, ed in parecchi casi si sono verificati problemi di sovraffollamento;
con pochissime modifiche il suddetto centro può arrivare a 300 posti istituendo anche una sezione femminile, tuttora inesistente;
la popolazione locale è contraria alla creazione di un nuovo centro che andrebbe a deturpare il panorama, danneggerebbe l'immagine turistica dell'isola e comporterebbe per le finanze pubbliche una spesa sicuramente superiore rispetto alla sistemazione di quanto già esistente;
nell'impossibilità di ospitare la quantità di clandestini che continua a giungere nell'isola nella struttura esistente, ma anche in una struttura nuova, andrebbe presa in seria considerazione l'ipotesi del


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trasferimento di queste persone sulla terra ferma subito dopo aver prestato i primi soccorsi, quindi dopo poche ore anziché dopo alcuni giorni -:
se non si ritenga, per la tranquillità dei cittadini, per l'immagine turistica dell'isola, e per una questione di risparmio di soldi pubblici, di rinunciare al progetto di nuovo centro di accoglienza, modificando quanto già esistente;
se non si ritenga di effettuare i trasferimenti dei clandestini in terraferma subito dopo aver prestato i primi soccorsi;
se non si ritenga di dirottare l'ingente spesa preventivata per un nuovo centro di accoglienza verso le strutture sanitarie che sono purtroppo ancora carenti.
(4-07927)

Risposta. - II fenomeno delle migrazioni clandestine è destinato a durare a lungo nel tempo e a crescere nei prossimi anni, incidendo profondamente sui processi economici, politici e sociali del bacino del Mediterraneo.
Una concomitanza di fattori (carestie, altre calamità naturali, instabilità politiche), sommati agli alti tassi di natalità aggravano le già penose condizioni di vita di intere popolazioni africane, specialmente quelle del Sub-Sahara e del Corno d'Africa.
Da queste due zone del continente africano, sta, pertanto, crescendo il flusso di migranti tanto da travolgere le limitate capacità di contenimento di alcuni paesi nordafricani e, per quanto direttamente ci riguarda, da mettere a dura prova quelle della Libia.
L'isola di Lampedusa costituisce oggi il principale approdo degli immigrati clandestini che arrivano in Italia via mare. Azzerati i flussi tra Albania e Turchia verso la Puglia e Calabria, gli sbarchi avvengono, ormai da tempo, solo su quell'isola e sulle coste siciliane.
È emersa anche una più spregiudicata capacità di manovra delle organizzazioni criminali nella gestione del traffico di esseri umani cosicché, cambiando i luoghi di sbarco, le modalità di approdo e la grandezza delle imbarcazioni, sono anche cresciuti i prezzi di trasporto e, purtroppo, i rischi di vita dei migranti, rendendo lo sfruttamento dei clandestini sempre più spietato e disumano.
In questo scenario, come è noto, il centro di permanenza temporanea e assistenza di Lampedusa, costituito nel luglio 1998 con una capacità ricettiva inizialmente di 90 posti letto, successivamente adeguata alle sempre crescenti esigenze, rappresenta l'estremità meridionale del nostro sistema di controllo dell'immigrazione clandestina.
Nel tempo ha assunto sempre più connotazioni di centro che svolge principalmente funzioni di soccorso e prima accoglienza, oltre ad essere utilizzato per le procedure di identificazione e per lo smistamento degli immigrati clandestini verso altre destinazioni.
Per comprendere meglio la situazione di emergenza si precisa che nei primi dieci mesi del 2005 il centro di Lampedusa, ha già accolte oltre 11 mila persone.
Proprio per fronteggiare questa ondata migratoria, recentemente si sono concordati alcuni interventi immediati rivolti a potenziare e migliorare la ricettività dell'attuale centro di Lampedusa.
È stata disposta l'acquisizione di un terreno adiacente alla struttura per costruirvi nuovi servizi igienici ed è stata anche individuata un'altra area dove installare, nei casi di emergenza, una tendopoli destinata ai migranti clandestini in attesa di ulteriore sistemazione.
Si è deciso inoltre di ridimensionare il ruolo del centro, trasformandolo in un centro di soccorso e di prima accoglienza, non più di assistenza. Si tratta di adeguare la configurazione giuridica del centro alla funzione che esso è venuto via via assumendo sotto la spinta della crescente ondata migratoria.
In quest'ottica sarà potenziato il sistema di trasferimento degli immigrati clandestini, in modo da rispettare sempre una capienza massima di 300 persone per migliorare l'accoglienza e superare talune criticità dell'attuale gestione amministrativa.


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Insieme a questi interventi di urgenza, verrà avviata la costruzione di un nuovo centro utilizzando l'area attualmente occupata da una caserma dell'esercito.
Tale soluzione, superate finalmente le ultime difficoltà, risulta ora bene accetta alla comunità locale, mentre prima, effettivamente, non lo era. L'obiettivo è quello di realizzarlo prima della prossima estate.
Inoltre, mentre si accentua la tendenza dei nuovi flussi migratori a differenziare gli approdi sul terreno siciliano, è stato deciso di sviluppare la capacità di accoglienza dell'isola madre con tre distinte iniziative collegate tra di loro: la realizzazione a Porto Empedocle di una tensostruttura per l'attività di soccorso e prima accoglienza; la ristrutturazione e la riapertura del centro di Agrigento; l'ampliamento e la razionalizzazione del centro di Caltanissetta, che diventerà così una moderna struttura polifunzionale per il controllo dell'immigrazione clandestina.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Giampiero D'Alia.

BELLILLO. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
in Umbria l'anno scolastico 2005-2006 riprende il 15 settembre;
a distanza di pochissime ore dall'inizio dell'attività scolastica, la scuola dell'infanzia «Guglielmi» di Terni si trova al centro di polemiche e disagi a causa della mancata attivazione della nuova sezione che avrebbe dovuto accogliere circa 60 bambini, prima concessa e poi cancellata dal Centro Servizi Amministrativi (ex Provveditorato agli Studi);
sono state ripetutamente presentate sollecitazioni alle Autorità scolastiche, sia da parte del Comune, sia da parte del Circolo didattico interessato, per sbloccare la situazione, ma non sono stati sortiti i risultati sperati;
a causa del mancato avvio della nuova sezione, i sessanta bambini si trovano ora in lista di attesa, a grande rischio di poter esercitare il loro diritto allo studio, come sancito dalla Costituzione;
ciò arreca disagi per le famiglie, che si vedranno costrette, qualora la situazione non si sbloccasse, a scegliere un'altra sede o a optare per un istituto privato, con un aggravio di natura economica e nuovi problemi organizzativi per le famiglie stesse -:
quali provvedimenti intende prendere per risolvere la questione denunciata;
se non ritiene che sarebbe opportuno far spostare alla scuola dell'infanzia «Guglielmi» qualche insegnante in esubero, già assegnato ad altro istituto;
se alla scuola dell'infanzia «Guglielmi» possa essere riservato lo stesso trattamento già attivato per la scuola dell'infanzia di Campomaggiore, in cui è stata istituita una nuova classe a tempo pieno, con la concessione di due insegnanti, pur essendo i bambini interessati in numero minore rispetto alla scuola ternana.
(4-17976)

Risposta. - Si comunica che, in considerazione dell'esigenza rappresentata dall'interrogante per la scuola dell'infanzia statale «Guglielmi» di Terni nonché delle richieste avanzata dall'ufficio scolastico regionale per l'Umbria, il ministero, con provvedimento del 7 novembre 2005, ha autorizzato il direttore generale regionale ad istituire in organico di fatto, per il corrente anno scolastico, ulteriori cinque posti di insegnamento per il funzionamento di nuove sezioni di scuola dell'infanzia statale.
A seguito della suddetta autorizzazione ministeriale, la direzione scolastica regionale per l'Umbria ha proceduto ad un esame comparativo delle esigenze del territorio regionale ed ha istituito un posto di insegnamento presso la scuola dell'infanzia «Guglielmi» della direzione didattica «Mazzini» di Terni.
Per effetto di questa ulteriore assegnazione, il numero dei posti di insegnamento per le scuole dell'infanzia statali dell'Umbria


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sale a 1421 con un incremento di n. 15 posti rispetto all'anno scolastico 2001-2002.
A livello nazionale, il numero dei posti di insegnamento funzionanti nell'anno scolastico 2005-2006 per il medesimo settore scolastico è pari a 80.629 con un incremento di 1399 posti rispetto all'anno 2001-2002.
Ciò è stato possibile realizzare grazie alle risorse finanziarie stanziate in bilancio, tra cui una quota parte delle risorse previste dalla legge finanziaria del 2005 (legge n. 311 del 2004, articolo 1, comma 130).
Tali interventi di ampliamento del servizio costituiscono, in attuazione della legge n. 53 del 28 marzo 2003 di riforma degli ordinamenti scolastici, solo l'inizio di un percorso finalizzato alla generalizzazione della scuola dell'infanzia - che peraltro non è scuola dell'obbligo - e all'attivazione graduale degli anticipi delle iscrizioni a favore dei nati entro il 30 aprile dell'anno scolastico di riferimento.
Il Sottosegretario di Stato per l'istruzione, per l'università e per la ricerca: Valentina Aprea.

BELLINI. - Al Ministro della salute, al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
il Farmaceutico Militare di Firenze è l'unica industria dello Stato in grado di produrre, senza scopo di lucro, importanti e particolari preparati farmaceutici, come salvavita, antidoti e i cosiddetti «farmaci orfani»;
anche alla luce delle normative vigenti in materia sanitaria attraverso la competenza territoriale, è necessario garantire nuove condizioni per mantenere la produzione di preparati importanti e aggiornati per la cura e la salute delle persone, in una sede e con una competenza oramai consolidate nel tempo come è l'Istituto Farmaceutico Militare di Firenze;
il Farmaceutico si è contraddistinto anche in un ruolo sociale nelle recenti emergenze nazionali ed internazionali;
nel tempo l'Istituto fiorentino ha dimostrato di saper garantire sia la produzione che la tempestiva distribuzione, di consistenti quantitativi oltre a garantire la produzione di farmacie posologie personalizzate per poter meglio rispondere a peculiari bisogni di assistenza emersi di volta in volta nel territorio;
si è arrestato il processo di riforma iniziato nel 2001; ciò ha portato ad impoverire la sua attività tanto da determinare il fatto che per la prima volta l'Istituto non è stato attivato nell'emergenza del sud-est asiatico con la pronta fornitura di farmaci e presidi a sostegno della popolazione, venendo meno ai propri compiti istituzionali;
nel tempo la produzione del Farmaceutico Militare di Firenze è diminuita con una conseguente diminuzione occupazionale -:
quali iniziative intenda assumere il Governo per rafforzare e sviluppare la produzione del Farmaceutico Militare di Firenze.
(4-15782)

Risposta. - La gestione dello stabilimento chimico farmaceutico militare di Firenze è stata acquisita nel 2001 dall'agenzia industrie difesa (decreto ministeriale 24 aprile 2001), per operare una sua ristrutturazione, che ne assicuri il rilancio produttivo e ne consenta di raggiungere l'economica gestione, in aderenza alle norme vigenti in materia.
L'agenzia industrie difesa, infatti, è un ente di diritto pubblico istituito come strumento di razionalizzazione e ammodernamento delle unità industriali del Ministero della difesa.
È una organizzazione che opera secondo criteri industriali sotto la vigilanza del ministero della difesa, con la missione di portare all'equilibrio economico gli stabilimenti industriali assegnati in gestione, in una logica di creazione di valore sociale ed economico per lo Stato e la collettività.
La ricerca dell'equilibrio economico passa attraverso il recupero del pieno impiego di risorse, impianti ed infrastrutture,


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la riduzione dei costi gestionali, il ripristino di condizioni di efficienza operativa, ma soprattutto, attraverso la valorizzazione del personale e delle sue competenze e lo sviluppo di nuovi prodotti e servizi.
Ciò premesso, nell'ambito del processo di ristrutturazione, avviato nel 2002, sono state poste in essere diverse azioni con il precipuo scopo di rafforzare e sviluppare l'attività produttiva dello stabilimento in parola.
In tale ottica è stata attuata una riorganizzazione interna, principalmente con il fine di incrementare e razionalizzare i processi produttivi dello stabilimento.
Inoltre, sono state intraprese iniziative mirate a promuovere alleanze con enti pubblici e con privati, volte ad ampliare il mercato dello stabilimento fra cui particolare rilievo assume il protocollo d'intesa sottoscritto con l'assessorato al diritto alla salute della regione Toscana, allo scopo di attivare nel chimico farmaceutico una farmacia centralizzata per le esigenze delle strutture ospedaliere rientranti nella cosiddetta area vasta centro fiorentina.
Nello stesso protocollo è stata inserita la clausola di formalizzare apposita convenzione per l'attuazione presso lo stabilimento di una banca per la conservazione di cellule staminali e per le terapie cellulari.
Con tale accordo si intende dare avvio allo sviluppo di una collaborazione che oltre a valorizzare un patrimonio storico e culturale quale è lo stabilimento in questione, recuperi un'attività produttiva e le professionalità esistenti.
Nel contempo, sono state avviate anche iniziative commerciali, al fine di perseguire un deciso incremento della distribuzione dei generi di conforto (cosmetici, alcolici, integratori salini, eccetera) sia nell'ambito dell'amministrazione difesa sia sul mercato interno con risultati positivi, che incentivano a proseguire in questa direzione.
È stata, peraltro, svolta una specifica attività per ottenere dal ministero della salute le autorizzazioni all'immissione in commercio (aic) dei medicinali prodotti, necessaria alla relativa distribuzione anche in ambito Difesa.
Grazie a tale attività è stata ottenuta la prima aic, riguardante uno dei prodotti più significativi dello stabilimento.
In buona sostanza, lo stabilimento in questione ha visto, nell'ultimo quadriennio, porre le basi indispensabili per aspirare a quel rilancio produttivo, che gli ha consentito di riprendere le attività interrotte prima dell'avvento dell'agenzia e che gli permetterà di pervenire all'autonomia economica prescritta dalla legge.
È da sottolineare che questo nuovo corso gestionale non compromette, ma invece rivaluta la predisposizione dello stabilimento a svolgere il proprio ruolo sociale in caso di emergenze nazionali ed internazionali.
Il Ministro della difesa: Antonio Martino.

BULGARELLI e CENTO. - Al Ministro della giustizia, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riportato dagli organi di stampa, nella notte tra lunedì 22 e martedì 23 novembre 2004 si sarebbe verificato un tentativo di fuga da parte di alcuni migranti rinchiusi nel Cpt sito in Via Mattei, a Bologna;
nell'episodio sarebbero rimasti coinvolti una quindicina di migranti, che sarebbero stati affrontati da un ingente schieramento di agenti di polizia e della Guardia di finanza, intervenuti per impedire la fuga; secondo alcune testimonianze oculari raccolte dall'avv. Matteo Festi e riportate da alcuni quotidiani, i migranti sarebbero stati sottoposti a un vero e proprio pestaggio da parte degli agenti di pubblica sicurezza che li avrebbero duramente percossi nonostante essi fossero sdraiati a terra con la testa raccolta tra le mani e implorando clemenza; le percosse sarebbero state talmente violente che uno degli extracomunitari avrebbe perso conoscenza a sarebbe stato trasportato in ospedale e quelli arrestati sarebbero tuttora ricoverati presso l'infermeria del carcere della Dozza;


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le proteste dei migranti presenti nel Cpt di Via Mattei si verificano con preoccupante frequenza e sono spesso motivate dalle condizioni di permanenza estremamente dure che essi devono affrontare; anche l'intervento delle forze dell'ordine è molto spesso caratterizzato da una estrema brutalità, tanto che nel periodo tra gennaio e settembre 2004 si sarebbe verificato un ricovero in ospedale ogni 3,8 giorni, in molti casi determinato da traumi;
più in generale, i migranti, varie associazioni della società civile e numerosi parlamentari che hanno in più occasioni visitato il Cpt di Via Mattei, hanno ripetutamente denunciato le condizioni di vita particolarmente precarie esistenti nel Centro di Permanenza, tanto da porre la questione dell'opportunità di una sua chiusura -:
quale sia stata l'esatta dinamica degli accadimenti verificatisi nella notte tra lunedì 22 e martedì 23 novembre 2004 e se risponda al vero che alcuni migranti sarebbero stati ricoverati presso il pronto soccorso o presso l'infermeria del carcere della Dozza in conseguenza delle violente percosse subite ad opera di agenti di pubblica sicurezza;
se non ritenga opportuno, in considerazione della situazione di estrema tensione da tempo esistente nel Cpt e delle continue denunce circa l'insostenibilità delle condizioni di permanenza dei migranti ivi rinchiusi, prendere in considerazione la chiusura del Centro di Permanenza Temporanea di Via Mattei.
(4-11828)

Risposta. - Nella notte tra il 22 e il 23 novembre 2004, un gruppo di stranieri trattenuti presso il centro di permanenza temporanea ed assistenza di Via Mattei a Bologna, dopo un tentativo di fuga, ha messo in atto una rivolta, caratterizzata da un fitto lancio di corpi contundenti e da un'aggressione, con aste di ferro e bastoni, al personale adibito al servizio di vigilanza.
In quella circostanza, cinque stranieri ospitati nel centro sono riusciti a fuggire nei campi limitrofi facendo perdere le proprie tracce e, dopo circa venti minuti dall'inizio dei disordini, il personale di polizia presente sul posto ha proceduto all'arresto di altri dieci stranieri in quanto ritenuti responsabili dei reati di resistenza a pubblico ufficiale, danneggiamento aggravato e lesioni finalizzate alla resistenza a pubblico ufficiale in concorso.
La Procura della Repubblica presso il Tribunale di Bologna, in merito ai fatti segnalati dall'interrogante, ha comunicato di avere proceduto con rito direttissimo innanzi al Tribunale di Bologna, in composizione collegiale, nei confronti dei 10 cittadini stranieri arrestati, all'esito della convalida dell'arresto e dell'applicazione - a tutti - della misura cautelare della custodia in carcere.
All'udienza del 13 dicembre 2004 sette imputati hanno definito le rispettive posizioni con sentenza di applicazione della pena che, per i tre imputati incensurati, è stata concordata nella misura di un anno e sei mesi di reclusione con il beneficio della sospensione condizionale della pena e, per gli altri, accertatane la reale identità, nella misura di un anno e otto mesi di reclusione con espulsione dallo Stato, quale sanzione sostitutiva della pena
ex articolo 16 decreto legislativo n. 286 del 1998.
Successivamente, all'udienza del 18 gennaio 2005, tre imputati hanno richiesto il giudizio abbreviato, definito con sentenza di condanna alla pena di anni due di reclusione.
La citata Procura ha precisato che i cinque stranieri, fuggiti dal centro in quella circostanza, si allontanarono dalla struttura attraverso un passaggio realizzato dal gruppo in un'area non utilizzata del centro.
Gli agenti di polizia e i militari della guardia di finanza coinvolti furono quattordici, tutti oggetto di violenza con conseguenze lesive, certificate da documentazione sanitaria acquisita agli atti del procedimento, mentre, dai certificati medici relativi a tutti gli imputati, nessuno risulta essere stato ricoverato per lesioni.


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L'ufficio requirente ha, infine, segnalato che non risultano presentate querele per ipotesi di lesioni ai danni degli stessi imputati.
Per quanto concerne i ricoveri in ospedale dei cittadini extracomunitari trattenuti nel centro, si comunica, sulla base di quanto riferito dalla Questura di Bologna, che l'ente gestore della struttura ha fatto presente che nel periodo dal 1o gennaio al 30 settembre 2004 soltanto un ospite è stato inviato, il 6 luglio, presso il pronto soccorso di un ospedale cittadino, raccontando, nella circostanza, di aver ricevuto percosse da parte delle Forze dell'Ordine.
Altri tre ospiti, rispettivamente in data 26 febbraio, 19 aprile e 4 maggio 2004, in occasione di una visita medica ambulatoriale presso lo stesso centro hanno riferito al personale della Croce Rossa di essere stati percossi dalle Forze dell'Ordine.
Tali vicende, tuttavia, non hanno avuto alcun seguito, in quanto non risultano essere state presentate querele/denunce per gli episodi stessi.
Altri 17 casi di ricoveri e medicazioni, presso l'ambulatorio del centro, riguardano invece casi di aggressione avvenute tra gli stessi ospiti all'interno della struttura.
Quanto, infine, alla richiesta di chiusura del centro di permanenza temporanea di Via Mattei, si ritiene di ribadire ancora una volta la linea del Governo in merito a questo genere di strutture.
Non c'è alcuna ragione per chiudere questo e tutti gli altri centri esistenti sul territorio nazionale. Al contrario, occorre mantenerli, potenziarli e migliorarli, per renderli più efficienti e accoglienti, almeno per tre motivi.
Il primo è che senza i centri non si potrebbero applicare gli accordi di Schengen e si dovrebbe uscire dal sistema. Il secondo motivo è collegato all'aumento tumultuoso della pressione migratoria dal Sub Sahara e dal Corno d'Africa. Il terzo, infine, deriva dall'esigenza di distinguere i clandestini veri e propri dai richiedenti asilo e da coloro che hanno diritto ad altre forme di protezione umanitaria.
Peraltro, senza i centri di permanenza temporanea sarebbe praticamente impossibile effettuare le espulsioni e, quindi, aumenterebbero a dismisura i clandestini che costituiscono oggi la principale fonte di approvvigionamento del lavoro nero, della prostituzione e della manovalanza criminale; ma, soprattutto, si lascerebbe libero il campo alla criminalità organizzata che gestisce e sfrutta l'immigrazione clandestina su scala internazionale.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Giampiero D'Alia.

BULGARELLI. - Al Ministro delle comunicazioni, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
secondo un recente protocollo d'intesa tra Miur e Poste Italiane che inizialmente interesserà 11.000 istituti scolastici, i libri di testo saranno dal prossimo anno ordinabili via Internet o tramite call center e recapitati a domicilio alle famiglie interessate, le prenotazioni e i pagamenti avverranno in contrassegno e carta di credito;
le famiglie - ha spiegato il Ministro Letizia Moratti, «potranno evitare code alle librerie e ulteriori ritardi, dato che sarà possibile ordinare con facilità i libri per via telematica e riceverli per tempo al recapito preferito»;
il nuovo servizio ha tuttavia dalle pesanti e complesse implicazioni per gli operatori del settore che lamentano, anche in un telegramma indirizzato al Ministro della pubblica istruzione firmato dal Presidente dell'Associazione librai Italiani (ALI) Rodrigo Dias, di non esser stati in alcun modo coinvolti o comunque sentiti in merito;
ci sembra utile riportare alcuni stralci del telegramma menzionato: «...questa iniziativa [...] mette in serio pericolo la sopravvivenza delle librerie di scolastica e degli operatori editoriali promotori e distributori con tutte le conseguenze a livello sociale e occupazionale che ciò comporta. Siamo dispiaciuti che le


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nostre categorie non siano state neppure consultate prima di prendere una decisione che avrà degli effetti così importanti. Chiediamo a codesto spett.le ministero un incontro con la massima urgenza per poter meglio evidenziare i pericoli di una simile iniziativa e ribadire l'importanza di valorizzare sempre più l'attività dei librai e dei promotori invece di privarli del loro ruolo insostituibile a favore della comunità studentesca...»;
ad oggi l'associazione non ha avuto alcuna risposta dal Ministero;
l'Amministratore Delegato di Poste Italiane Massimo Sarmi ha dichiarato che «Questo accordo [...] conferma il ruolo che Poste Italiane può avere come interlocutore della Pubblica Amministrazione per rendere più semplice la vita dei cittadini e per aiutare la Pubblica Amministrazione a fornire servizi migliori, più efficienti. Grazie alla capillarità e alla integrazione delle sue reti fisiche, logistiche e informatiche» tuttavia, intervistato dall'emittente Ecoradio, l'amministratore non ha chiarito quale soggetto fosse operativamente incaricato della rete distributiva;
secondo quanto affermato da molti operatori del settore oltre alle Direzioni Scolastiche interessate e alle Poste Italiane un terzo soggetto sarebbe coinvolto nella gestione operativa del servizio, ovvero la Bol Italia (Bol books on line Italia S.p.A.) libreria on-line che appartiene per il 50 per cento al gruppo Mondadori e per il restante 56 per cento al gruppo Bertelsmann uno dei più grandi gruppi editoriali del mondo -:
se corrisponda al vero che le Poste Italiane abbiano coinvolto nella gestione operativa del servizio di rilevanza pubblica di distribuzione dei testi scolastici la società Bol Italia, e se ciò sia avvenuto di concerto e sotto il controllo dei ministeri competenti e se, in particolare ci si sia accertati dell'efficienza e degli standard di qualità del servizio;
se non si ritenga opportuno che siano coinvolti per questo servizio più operatori.
(4-15611)

Risposta. - Su incarico della Presidenza del Consiglio dei ministri si risponde all'interrogazione parlamentare in esame, concernente il protocollo d'intesa sottoscritto da questo ministero e da poste italiane per la prenotazione e la distribuzione dei libri di testo per le scuole secondarie di primo e secondo grado.
L'iniziativa in argomento intende offrire, su tutto il territorio nazionale, alle famiglie degli alunni delle scuole secondarie di 1o e 2o grado che ritengano di aderire all'iniziativa stessa, un servizio inteso a garantire la consegna dei testi scolastici presso il proprio domicilio in tempo utile per l'avvio dell'anno scolastico; ciò anche al fine di evitare conseguenze negative sul regolare inizio e svolgimento dell'attività didattica riferibili alla non completa disponibilità dei libri di testo da parte di tutti gli alunni.
In particolare, il servizio di cui trattasi permette alle famiglie degli studenti di prenotare, via
Internet o via Call Center, i libri di testo sulla base delle adozioni deliberate dall'istituzione scolastica al prezzi di copertina, senza costi aggiuntivi per la prenotazione e la consegna.
Il pagamento dei testi può essere effettuato dalle famiglie in contrassegno o con carta di credito o ancora dilazionato, a seconda della preferenza e del canale di prenotazione utilizzato dai richiedenti.
Le famiglie possono controllare lo stato dell'ordine consultando il sito di poste italiane. I testi scolastici ordinati sono poi recapitati mediante la rete logistica di poste italiane presso l'indirizzo richiesto dalle famiglie, in orari in precedenza concordati con esse.
Non sono previsti oneri per l'esecuzione del protocollo, né per il mistero né per le scuole, sia che esse aderiscano al protocollo, sia che non aderiscano.
Va precisato che, nel rispetto del principio dell'autonomia, spetta esclusivamente alle singole scuole aderire all'iniziativa; l'adesione, pertanto, è assolutamente a discrezione delle scuole nell'esplicazione dell'autonomia loro riconosciuta dall'ordinamento. Le famiglie, poi, sono a loro volta libere di usufruire del servizio.


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L'intesa quindi semplifica il ciclo di acquisizione dei libri di testo e determina un ampliamento dell'area distributiva, reso possibile dalla non esclusività del protocollo stesso, in quanto aggiunge un'opzione ai tradizionali canali di reperimento dei testi.
Essa è perciò di rilevante utilità sociale e contribuisce ad attenuare i disagi delle famiglie e degli alunni derivanti, in particolare, dalle attese in libreria per acquistare e prenotare testi che talvolta non trovano.
L'iniziativa stessa riveste un particolare interesse soprattutto nelle aree del territorio che, per le motivazioni più diverse, risultano meno servite dagli usuali operatori di settore.
L'intesa tende ad assicurare alle famiglie un servizio più pratico, sicuro e conveniente e si inserisce in una precisa politica del ministero volta al contenimento del costo dei libri, che pesano sempre più sul bilancio delle famiglie in genere e di quelle economicamente disagiate in particolare. A quest'ultimo proposito va ricordato che ogni anno l'amministrazione eroga un contributo di 103 milioni di euro per l'acquisto dei libri da parte delle famiglie meno abbienti.
Va precisato altresì che, come previsto dall'intesa, sulla base delle adesioni ricevute dagli istituti scolastici e dalle famiglie, poste italiane e l'amministrazione scolastica verificheranno, attraverso una commissione bilaterale, se vi siano le condizioni per praticare un'offerta economicamente più vantaggiosa per le famiglie.
Come rilevato dal ministero delle attività produttive in riferimento ad un atto di sindacato ispettivo parlamentare di analogo contenuto rivolto anche a quell'amministrazione oltre che a questo ministero, l'iniziativa rientra nel novero delle molteplici azioni del Governo volte a favorire gli acquisti nell'attuale situazione economica. Infatti, molteplici sono stati gli interventi in tal senso, tra gli altri l'iniziativa della federazione nazionale cartolerie e cartolibrerie denominata «Scuola Kit a 25 euro», allo scopo di andare incontro alle esigenze dei consumatori. Lo stesso ministero delle attività produttive ha in quell'occasione espresso l'avviso che la circostanza dovrebbe operare quale impulso ad assumere analoghe iniziative con le medesime finalità vista la possibilità per ogni esercente commerciale di attivare una postazione di vendita
on line con una semplice comunicazione al Comune competente per territorio.
Come fatto presente anche da poste italiane, il sistema era già stato sperimentato con successo lo scorso anno in alcune scuole di Milano, ottenendo il gradimento dei ragazzi e dei loro genitori.
Da parte sua poste italiane, nel rispetto della sua missione, si è proposta quindi quale elemento di collegamento tra le famiglie e le società specializzate del settore che hanno inteso aderire all'iniziativa.
Per ciò che concerne le modalità operative del servizio, poste italiane ha precisato che esso è stato aperto ad ogni operatore del settore a parità di oneri e condizioni in un contesto di libera concorrenza ed è stato pensato esclusivamente nell'interesse della «clientela», cioè le famiglie.
Inoltre, con riferimento alle modalità di selezione delle società di distribuzione, poste italiane ha precisato che il relativo rapporto contrattuale, in via di definizione, è da ricondursi per poste italiane tra i c.d. «contratti attivi», cioè tra quei contratti che sono esclusi dall'ambito di applicazione delle direttive comunitarie in materia di appalti.
In questa prima applicazione il protocollo operativo di intesa ha visto l'attivazione di un accordo con una società di distribuzione di libri scolastici (la Mondolibri S.p.A. - Divisione BOL) con la quale sono stati avviati, senza vincoli di esclusiva, rapporti indirizzati alla consegna dei libri di testo agli alunni delle scuole secondarie.
La società di distribuzione si è avvalsa per il reperimento dei testi, sotto la sua esclusiva responsabilità, della collaborazione delle principali case editrici e di alcune società di distribuzione di libri scolastici in ambito nazionale e/o locale.
In conclusione, quindi, pur essendo comprensibili le preoccupazioni degli operatori della filiera libraria, il mercato dei libri scolastici è un mercato in regime di libera concorrenza in cui ogni operatore,


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sia tradizionale che innovativo (poste italiane, grande distribuzione, eccetera) può agire nel rispetto del servizio offerto al cliente finale (la famiglia).
A questo proposito, va ulteriormente sottolineato che l'accordo di cui trattasi non attribuisce alcuna situazione di esclusiva a favore di poste italiane, tant'è che, qualora soggetti diversi da poste italiane dovessero offrire analoghi servizi, l'amministrazione scolastica è disponibile a sottoscrivere nuovi protocolli d'intesa. Il tutto in un quadro di trasparenza e nell'esclusivo interesse dell'utenza.
Il Sottosegretario di Stato per l'istruzione, per l'università e per la ricerca: Valentina Aprea.

CALZOLAIO. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
dall'esame degli orari ferroviari del periodo estate 2005 risultano ulteriori tagli ai servizi di trasporto su rotaia nella regione Marche con particolari disagi negli scali di San Benedetto del Tronto e Civitanova Marche;
con particolare riferimento alla tratta Civitanova-Albacina molti treni verranno soppressi e solo in parte saranno sostituiti da bus per le destinazioni o per le fermate;
detta tratta risulta l'unico collegamento ferroviario per il capoluogo provinciale di Macerata;
con l'interrogazione del 5 marzo 2003 n. 4-05634 l'interrogante aveva già portato l'attenzione sulla perdita dell'offerta di trasporto da parte delle ferrovie sulla tratta adriatica rispetto alla stazione di Civitanova Marche che costituisce nodo di scambio per il raggiungimento della città di Macerata e di Fabriano;
la Regione Marche ogni anno stipula con Trenitalia-Rfi contratti per milioni di euro al fine di garantire un adeguato trasporto pubblico su rotaia nella regione;
il potenziamento della linea Civitanova-Albacina costituisce un importante elemento nelle politiche per una mobilità sostenibile della provincia e la stessa Trenitalia partecipando ai tavoli di concertazione con le istituzioni ha affermato più volte l'intenzione di sostenere lo sviluppo della linea in questione -:
come si giustifichi il taglio dei servizi previsti per l'estate in corso;
quali strumenti intende produrre il Ministero per favorire il controllo delle pubbliche amministrazioni sull'adeguatezza dei servizi di Trenitalia-Rfi rispetto alle esigenze che vengono concordate in sede di contratto con gli enti locali;
quali iniziative si intendano prendere affinché la provincia di Macerata e la regione Marche, dotate di una rete stradale limitata, possano fruire al meglio delle forme articolate di mobilità di cui dispongono;
se non ravvisi nelle scelte di Trenitalia-Rfi una intenzione di concentrare i propri impegni economici in alcuni luoghi del territorio nazionale a discapito di altri e in tal caso come giustifichi queste scelte fortemente lesive dello sviluppo di interi territori.
(4-15975)

Risposta. - In relazione all'atto ispettivo in esame, Ferrovie dello Stato S.p.A. ha riferito che per quanto riguarda il trasporto a carattere regionale qualsiasi variazione destinata ad incidere sulla programmazione dei servizi viene verificata con le regioni interessate che come è noto costituiscono l'interlocutore principale di Trenitalia S.p.A. sul territorio. Inoltre, ai sensi del decreto legislativo 422 del 1997, la regione ha il compito di stabilire periodicamente il proprio piano di servizi minimi ammessi a contribuzione ed è pertanto la regione stessa che stabilisce quali servizi garantire e con quale vettore.
In particolare per il 2005 nel contratto di servizio che regola il rapporto tra Trenitalia S.p.A. e la regione Marche risultano confermati nella quantità i treni chilometro previsti negli anni 2003 e 2004. Con l'orario in corso, tuttavia, l'offerta regionale è stata


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ottimizzata al fine di adeguarla maggiormente alle esigenze di mobilità della clientela marchigiana.
Infatti, la leggera contrazione dei servizi regionali nel mese di agosto - periodo nel quale si verifica un evidente decremento della domanda di trasporto - consente poi di offrire maggiori servizi nei periodi dell'anno dove invece la stessa domanda è più consistente. Si tratta comunque sempre di riduzioni di lieve entità: così sulla linea Civitanova-Albacina, citata nell'atto ispettivo, dei 52 collegamenti programmati per la giornata feriale base solo 6 non sono stati effettuati nel mese di agosto.
L'offerta di media e lunga percorrenza, secondo una periodicità calibrata sulle punte di traffico, non solo non ha registrato nell'estate 2005 alcuna contrazione ma è anzi risultata complessivamente superiore a quella degli anni precedenti.
Infatti nella stazione di Civitanova Marche attualmente effettuano fermata 15 treni
intercity provenienti da nord/sud, rispetto ai 14 dell'anno precedente, e restano 6 i treni espressi come nell'anno precedente.
Nella stazione di S. Benedetto del Tronto fermano 15
intercity (14 nel 2004), 8 treni espressi come nel 2004 e 4 treni eurostar, con un incremento di due rispetto all'anno precedente grazie all'istituzione della fermata della coppia di eurostar 9414/9417 per Milano a partire dall'inizio dell'attuale orario.
Il Sottosegretario di Stato per le infrastrutture e per i trasporti: Nino Sospiri.

CENNAMO e PANATTONI. - Al Ministro delle comunicazioni. - Per sapere - premesso che:
l'ufficio postale di Ottaviano (Napoli) serve un bacino di circa 20.000 abitanti ed è collocato in un'area territoriale caratterizzata da un ampio e qualificato tessuto produttivo, con la presenza di un elevato numero di piccole aziende diversificate in vari rami di attività;
l'attuale «storica» sede dell'ufficio, ubicata al piano terra della sede municipale, è in condizioni fatiscenti e presenta vistose lacune sia sotto il profilo della sicurezza che del rispetto delle norme igienico-sanitarie;
risultano mortificate le più elementari esigenze della clientela, poiché l'ufficio risulta sprovvisto di ogni arredo (tavolo per scrivere, panca o sedie...) per rendere meno faticose ed estenuanti le attese soprattutto delle persone anziane;
moltissimi cittadini sono costretti a recarsi negli uffici di altri comuni per compiere operazioni d'investimento (polizze, obbligazioni ...) per l'assenza, all'interno della struttura, di un luogo idoneo a garantire la tutela della riservatezza;
negli ultimi tre anni, l'attuale amministrazione comunale, ha più volte sensibilizzato i dirigenti della filiale Napoli-Est sull'argomento, sollecitando una rapida soluzione del problema e registrando, peraltro, la sensibile disponibilità del dottor Di Carlo -:
quali iniziative intende adottare presso Poste Italiane Spa affinché sia assicurato alla comunità di Ottaviano di disporre di un ufficio postale moderno, efficiente ed adeguato all'esigenza dei tempi, per l'espletamento dignitoso di un servizio pubblico destinato a tutti i cittadini;
se non ritenga di promuovere un urgente incontro con l'amministrazione comunale di Ottaviano ed i dirigenti di Napoli-Est per attivare le necessarie sinergie utili per assicurare una rapida soluzione del problema.
(4-12704)

Risposta. - Si ritiene opportuno precisare che, a seguito della trasformazione dell'ente poste italiane in società per azioni, la gestione aziendale rientra nella competenza degli organi statutari della società.
Il ministero delle comunicazioni - quale autorità nazionale di regolamentazione del settore postale - ha tra i propri compiti quello di verificare il corretto espletamento del servizio universale erogato da poste italiane.


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Tale attività è volta ad accertare che la qualità del servizio svolto su tutto il territorio nazionale risponda ai parametri fissati dalla normativa comunitaria e nazionale, recepiti nel contratto di programma, e a adottare idonei strumenti sanzionatori nel caso in cui si dovesse verificare il mancato rispetto degli standard qualitativi fissati.
Ciò premesso, allo scopo di disporre di elementi di valutazione in merito a quanto rappresentato dall'interrogante, si è provveduto ad interessare la società poste italiane la quale, in merito alle carenze strutturali segnalate a carico dell'ufficio postale di Ottaviano (Napoli), ha comunicato che i responsabili aziendali, consapevoli della situazione dell'ufficio in parola, hanno provveduto ad inserire la ristrutturazione del citato ufficio postale nel calendario degli interventi di ristrutturazione secondo il nuovo modello aziendale programmati per il 2006.
Il Ministro delle comunicazioni: Mario Landolfi.

CENTO. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il 27 novembre 2002 si è conclusa la quinta fase dell'operazione di applicazione della legge Bossi-Fini 2002 denominata «Vie libere» voluta dal Ministro dell'interno, coordinata dal Dipartimento di pubblica sicurezza ed iniziata nell'agosto scorso;
in particolare, a partire dal 12 novembre 2002, la Polizia ha avviato una vera e propria «pulizia etnica» contro gli immigrati, che, ad avviso dell'interrogante, si è tradotta in insistenti violazioni dei diritti civili ed umani degli extra-comunitari;
sono stati 1324 i provvedimenti di espulsioni a carico di stranieri clandestini, che sono stati accompagnati alle frontiere per il rimpatrio nei Paesi di provenienza;
l'applicazione della legge Bossi-Fini, che prima ha richiamato in Italia migliaia di clandestini con il miraggio di una sanatoria, si è rivelata come il pretesto per «retate» delle forze dell'ordine che destano molte preoccupazioni;
anche nei cosiddetti centri di accoglienza, che in realtà sono carceri senza diritti, la situazione sta diventando esplosiva a causa del massiccio incremento di immigrati che vengono trattenuti in questi spazi -:
quali valutazioni intenda esprimere il Ministro interrogato sui fatti sopraesposti.
(4-04674)

Risposta. - Per conseguire i propri obiettivi programmatici, il Governo ha impostato la politica di sicurezza su tre pilastri fondamentali: il controllo del territorio, la prevenzione ed il coordinamento.
Il controllo del territorio è certamente la pietra d'angolo del sistema, premessa indispensabile per l'efficace e continua prevenzione delle attività criminali.
La presenza visibile ed attenta delle Forze dell'ordine nei luoghi della vita quotidiana non serve solo ad impedire che i reati vengano commessi, ma anche a creare la serenità necessaria per il libero ed ordinato svolgimento della vita sociale in tutte le sue forme: dal lavoro alla partecipazione politica e sindacale, al godimento del tempo libero.
Così, alla sicurezza in termini oggettivi si affianca quella soggettivamente percepita dai cittadini, in un circolo virtuoso grazie al quale la prima rafforza la seconda e viceversa.
Il coordinamento rappresenta l'anello di chiusura del sistema, perché salda tra loro, rendendole più efficaci, le molteplici e varie attività dei soggetti che debbono contribuire alla tutela dei cittadini, della loro incolumità e dei loro beni.
Il coordinamento si realizza in una duplice dimensione: la prima è quella dell'integrazione funzionale delle Forze di polizia e del più stretto raccordo tra queste e i Servizi di informazione e sicurezza; la seconda è quella della «sicurezza integrata», cioè del coinvolgimento attivo delle altre istituzioni pubbliche e private, nazionali e locali, in un impegno corale per


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produrre più sicurezza e migliore vivibilità quotidiana dei «territori» e degli ambienti di vita e di lavoro in un contesto di maggiore fiducia dei cittadini nelle forze di polizia.
A tale scopo, concorre naturalmente una più efficace azione di contrasto esercitata dalle forze dell'ordine anche attraverso le così dette operazioni «Alto Impatto» che attuano il nuovo modello di controllo del territorio varato nell'agosto del 2002 per combattere le forme delinquenziali che maggiormente incidono sulla sensazione di sicurezza del cittadino.
Fra queste hanno acquisito un risalto particolare le operazioni denominate «Vie Libere», condotte su tutto il territorio nazionale mediante fasi ripetute e finalizzate, in particolare, al contrasto dello sfruttamento della prostituzione, dell'immigrazione clandestina, dello spaccio di stupefacenti, dell'abusivismo commerciale e dei reati contro il patrimonio.
I risultati conseguiti complessivamente da «Vie libere» con specifico riferimento alle espulsioni, con accompagnamento alle frontiere, di stranieri in posizione irregolare segnalano l'esecuzione di 24.374 provvedimenti amministrativi di questa tipologia.
D'altra parte, l'analisi obiettiva dell'ultima regolarizzazione e i circa 700.000 stranieri ai quali con essa è stata aperta la porta a due ante, quella dei diritti e dei doveri, dell'integrazione nel nostro Paese dimostrano in maniera inequivocabile che la grande maggioranza dei clandestini non è fatta di delinquenti, bensì di donne e uomini spesso vittime di sfruttamento spietato nel mercato turpe della prostituzione e del lavoro nero.
Ciò conferma ulteriormente che il modo più efficace di contrastare l'immigrazione clandestina sia quello di favorire l'immigrazione legale, in armonia con le esigenze di sviluppo dell'Europa e in collaborazione con i paesi di origine e transito dei migranti. Proprio per questo, il Governo punta sul dialogo euroafricano e prosegue l'azione dei precedenti governi sul terreno, non facile ma sicuramente fertile, degli accordi bilaterali.
Va, dunque, ribadito che l'equazione immigrati clandestini uguale criminali è infondata e incivile. Ma, con eguale forza, va ribadito che il degrado dell'immigrazione clandestina contribuisce pesantemente alla delittuosità complessiva nel nostro Paese.
Per questo motivo, il problema è stato percepito e affrontato dal Governo tempestivamente e con un diversificato complesso di misure, tra le quali anche le operazioni denominate «Vie Libere» che, non a caso, erano e sono mirate sui clandestini, la prostituzione, il traffico di droga e lo smercio di prodotti contraffatti.
Si tratta di un sistema di sicurezza che funziona, ma che viene costantemente verificato rispetto alla possibilità di modificare gli strumenti operativi e le modalità di intervento delle forze dell'ordine in rapporto all'evoluzione del fenomeno.
Il Governo e il ministero dell'interno non intendono comunque discostarsi di un passo dalla linea fin qui seguita: chi vuole immigrare in Italia deve farlo secondo le regole stabilite dalle nostre leggi e dai trattati internazionali; chi, invece, intende violare quelle regole, deve sapere che, prima o poi, dovrà piegarsi alla forza dello Stato di diritto.
In questo sistema di sicurezza, assumono uno specifico ruolo i centri di permanenza temporanea e assistenza, istituiti con la cosiddetta legge Turco-Napolitano e che, almeno per tre ragioni, occorre mantenere, potenziare e migliorare per renderli più efficienti ed accoglienti.
La prima è che senza i centri non si potrebbero applicare gli accordi di Schengen e l'Italia dovrebbe uscire dal sistema. La seconda è l'aumento tumultuoso della pressione migratoria dal Sub-Sahara e dal Corno d'Africa. La terza è l'esigenza di distinguere i clandestini veri e propri dai richiedenti asilo e da coloro che hanno diritto ad altre forme di protezione umanitaria.
Peraltro, senza i centri di permanenza temporanea sarebbe praticamente impossibile effettuare le espulsioni e, quindi, aumenterebbero a dismisura i clandestini che, come è noto, costituiscono oggi la principale fonte di approvvigionamento del lavoro


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nero, della prostituzione e della manovalanza criminale; ma, soprattutto, si lascerebbe libero il campo alla criminalità organizzata che gestisce e sfrutta l'immigrazione clandestina su scala internazionale.
Dunque, il controllo dei clandestini, da un lato, e l'integrazione appropriata dei regolari, dall'altro, sono le due facce di una stessa medaglia, due versanti di una medesima politica che il Governo intende mantenere ferma e lungo la quale intende proseguire la sua azione.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Giampiero D'Alia.

CENTO e BULGARELLI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
da circa tre giorni continua il rimpatrio forzato delle centinaia di clandestini sbarcati a Lampedusa. Domenica 3 ottobre, due aerei Hercules C 130 dell'aeronautica militare hanno affiancato gli aerei civili dell'Alitalia che da sabato stanno facendo la spola con Tripoli;
la «deportazione» di immigrati da Lampedusa verso la Libia con il ponte aereo organizzato dal Ministero dell'interno è, secondo gli interroganti, illegittima e rappresenta un'inaccettabile violazione della Bossi-Fini;
la vicenda della Cap Anamur e i fatti di Lampedusa confermano che è in atto una vera e propria svolta autoritaria dell'interno nella gestione dell'emergenza immigrazione;
questo comportamento sta determinando un caso internazionale in cui l'Italia è responsabile della violazione dei diritti fondamentali dei migranti, sia delle norme italiane e sia delle convenzioni internazionali in materia di diritto d'asilo in quanto i clandestini appena giunti vengono in poche ore rimpatriati in Libia senza accertare identità personali e Paesi di provenienza -:
se il Ministro non intenda fornire tutte le informazioni in suo possesso sul contenuto degli accordi tra Italia e Libia che rischiano di rappresentare un'ulteriore escalation della violazione dei diritti dei migranti.
(4-11134)

Risposta. - Nel contrasto all'immigrazione clandestina la linea del Governo è chiara e non lascia spazio a dubbi e incertezze, perseguendo con severità e fermezza chi la sfrutta e, nello stesso tempo, aiutando con umanità chi ne è vittima.
L'isola di Lampedusa costituisce oggi il principale approdo degli immigrati clandestini che arrivano in Italia via mare. Azzerati i flussi tra Albania e Turchia verso Puglia e Calabria, gli sbarchi avvengono, ormai da tempo, solo su quell'isola e sulle coste siciliane.
Per avere un'idea dell'andamento del fenomeno, nel 2002 gli arrivi illegali sono stati quasi 24 mila, nel 2003 erano scesi di oltre il 40 per cento e nel 2004 si erano ridotti ulteriormente.
La spinta migratoria che continua a provenire dal sub-Sahara e dal Corno d'Africa mette a dura prova le limitate capacità di contenimento di alcuni paesi nordafricani e, per quanto direttamente ci riguarda, quelle della Libia.
In particolare, nel periodo dal 29 settembre all'11 ottobre 2004, cui fa riferimento l'interrogante, sono giunti a Lampedusa 1787 clandestini: 544 sono stati avviati ad altri centri di accoglienza, perché richiedenti asilo o per accertamenti, 1243 sono stati identificati, uno per uno, respinti e riammessi in Libia.
In tutti i casi, si sono svolte le procedure consuete, con la dichiarazione dello straniero e le verifiche da parte degli operatori di polizia, sempre assistiti da interpreti di madre lingua araba.
Si precisa che accertamenti ai fini di identificazione si sono resi necessari solo per gli stranieri dichiaratisi palestinesi e poi risultati egiziani.
Non è stato eseguito alcun respingimento collettivo; al contrario, come previsto dall'articolo 10 del decreto legislativo n. 286 del 1998 (legge Turco-Napolitano) sono stati adottati provvedimenti individuali di respingimento ad esecuzione immediata. Naturalmente, sono state rispettate


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le norme nazionali e internazionali per la tutela delle situazioni «a rischio», cioè per persone provenienti da paesi interessati da conflitti interni, per minori, donne o nuclei familiari. In questi casi i migranti sono stati trasferiti ai centri di accoglienza di Crotone, Caltanissetta e Ragusa.
La riammissione in Libia è avvenuta in base ad accordi con quel Governo, che rispecchiano fedelmente le intese già conseguite con numerosi paesi terzi, anche della sponda sud del mediterraneo. Non esistono, invece, accordi italo-libici sul trattamento degli stranieri espulsi dall'Italia o sulle modalità del loro rimpatrio nei paesi di origine. Le intese concluse lo scorso anno riguardano infatti la collaborazione nella lotta alle organizzazioni che sfruttano l'immigrazione clandestina e trafficano in esseri umani, nonché la cooperazione e la fornitura di attrezzature per l'assistenza e il salvataggio dei migranti.
Si ribadisce, infine, che l'Italia, a differenza di altri paesi europei, non è mai stata condannata dalla Corte di Strasburgo per violazione della Convenzione sui diritti dell'uomo e, in particolare, delle norme che proteggono gli stranieri soggetti ad espulsione.
La Corte ha, invece, sospeso, con pronuncia di carattere interlocutorio, i provvedimenti di allontanamento adottati, tempo addietro, nei confronti di 11 immigrati irregolari sbarcati a Lampedusa. Quella sospensione è tutt'altro che una condanna perché, com'è noto, per instaurare un giudizio vero e proprio davanti alla Corte, i ricorrenti devono prima esperire tutte le vie previste dall'ordinamento nazionale, in questo caso dall'ordinamento italiano.
A quanto risulta nessuno degli 11 immigrati, interessati da quella pronuncia della Corte, ha fatto finora nulla in questa direzione.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Giampiero D'Alia.

COSSA. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
con Circolare n. 59822 del 6 luglio 2005 viene rinviata al mese di ottobre la mobilità dei Vigili del fuoco in servizio in alcune regioni settentrionali, sulla base della necessità di non sguarnire quei territori sottraendo personale esperto;
la decisione adottata dall'Amministrazione ha destato tra l'altro le perplessità delle Organizzazioni sindacali;
negli ultimi anni i Comandi dei Vigili del Fuoco della Sardegna si sono trovati, nel periodo estivo, in cronica carenza di personale, con l'aggravio di un incremento degli incendi di venti volte in rapporto alla popolazione, come testimoniano i dati ISTAT;
non si può affermare che il personale in mobilità dai Comandi settentrionali sia dotato di maggiore esperienza di quello che lo dovrà avvicendare, in quanto si attingerebbe alle liste del personale a servizio discontinuo che ha un'anzianità di servizio media di almeno 500 giorni;
le mobilità di Caporeparto e Caposquadra non risultano aver coperto le carenze, mentre l'Amministrazione ha assegnato ai Comandi i neo Capisquadra nella terza decade di luglio, senza tener conto delle reali esigenze;
l'evoluzione storica della Campagna Estiva Antincendi in Sardegna ha portato spesso ad assistere a eventi disastrosi, sia per il patrimonio ambientale che, talvolta, per il tributo di vite umane, e a tali eventi è sempre seguito uno sforzo ed un impegno dell'Amministrazione Statale superiori a quanto previsto nella pianificazione del dispositivo operativo di lotta agli incendi originariamente stabilita;
è auspicabile che non si debba arrivare anche quest'anno ad un evento eccezionale per riparare ad oggettive carenze nella predisposizione del piano di lotta al fuoco -:
quali iniziative intenda adottare allo scopo di attenuare lo stato di sofferenza dei Comandi dei Vigili del Fuoco della Sardegna.
(4-16199)


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Risposta. - In merito all'interrogazione in esame, si rappresenta che la procedura di mobilità ordinaria nel profilo di vigile permanente di cui alla circolare n. 58082 del 31.5.2005 che ha interessato circa 1800 unità, verrà attuata su tutto il territorio nazionale in coincidenza con l'assegnazione alle sedi di servizio dei neo vigili del fuoco appartenenti al 59o corso. Al riguardo si rappresenta che questa Amministrazione, dopo varie consultazioni con le organizzazioni sindacali di categoria maggiormente rappresentative, ha optato in tal senso perché l'anticipazione dei trasferimenti rispetto all'assegnazione del citato 59o corso, avrebbe creato in diversi Comandi Provinciali del Nord consistenti carenze d'organico nel profilo di vigile permanente, con gravi ripercussioni sul servizio d'istituto.
Per quanto riguarda le iniziative da adottare per la lotta agli incendi durante la stagione estiva, è noto che la partecipazione del C.N.W.F. alla campagna antincendi boschiva è connessa alla disponibilità di fondi messi a disposizione dalle regioni nell'ambito delle convenzioni di cui alla legge n. 353/2000, là dove stipulate.
II rapporto dei Vigili del Fuoco con la Regione Sardegna, ha consentito, anche per quest'anno, la stipula di una convenzione utile a garantire sostegno finanziario all'intervento straordinario dei Corpo nazionale dei Vigili del Fuoco nella campagna antincendi boschiva.
Allo stesso modo questo Dipartimento dei Vigili del Fuoco, Soccorso Pubblico e Difesa Civile ha impegnato risorse proprie per lo stesso fine.
In particolare, il protocollo stipulato nel corrente anno ha previsto tre fasi di attuazione del dispositivo di soccorso.
Nella prima fase a decorrere dal 1 luglio, l'attivazione di squadre aggiuntive presso le sedi istituzionali del Corpo presenti nella Regione.
La seconda fase, dal 12 luglio fino al 15 agosto, ha compreso oltre il detto potenziamento, anche l'attivazione di 12 basi stagionali aggiuntive.
La terza fase, dal 15 agosto al 15 settembre, ha previsto il mantenimento del dispositivo di potenziamento per le sedi istituzionali, comprendendo i distaccamenti di Arzachena (SS), la Maddalena (SS), Tortolì (NU), Ghilarza (OR) rientranti inizialmente nelle basi stagionali aggiuntive.
Il dispositivo attuato è stato integrato con l'assegnazione di più di 1000 unità di vigili discontinui nonché con l'impegno di circa 320.000,00 euro a carico del Dipartimento dei Vigili del Fuoco. Inoltre, al fine di garantire l'attivazione dei distaccamenti suindicati di recente decretazione, è stato sospeso fino ad ottobre, il trasferimento dalla Sardegna alle sedi di assegnazione dei neo caposquadra. Già previsto per la terza decade del mese di luglio.
Si precisa altresì che, l'attuale situazione di carenza di organico sarà progressivamente sanata sia attraverso l'attuazione dei programmati corsi di passaggio di qualifica e l'assegnazione di vigili neo assunti, sia nell'ambito di un programma generale di potenziamento del Corpo Nazionale dei vigili dei fuoco.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Maurizio Balocchi.

DELMASTRO DELLE VEDOVE. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il settimanale Panorama n. 22 del 27 maggio 2004, alla pagina 20, ha pubblicato la lettera del Sig. Le Ngoc Hung, giovane vietnamita trentatreenne residente in Italia da 21 anni;
il Sig. Le Ngoc Hung, rifugiato politico sfuggito al regime comunista vietnamita, si è perfettamente integrato e si è laureato in ingegneria meccanica all'Università di Padova e lavora regolarmente in Provincia di Padova;
da oltre tre anni egli ha richiesto la cittadinanza italiana e la risposta non gli è mai stata data;
il padre e quattro fratelli del Sig. Le Ngoc Hung hanno già ottenuto la cittadinanza italiana mentre la madre ed un


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altro fratello si sono visti respingere la domanda;
appare francamente difficile, secondo l'interrogante, comprendere da una parte la disparità di trattamento e, dall'altra, la mancanza di risposte ad una istanza formulata e presentata da più di tre anni -:
quali siano le ragioni del ritardo nell'istruttoria e nella decisione della domanda presentata dal Signor Le Ngoc Hung, residente in provincia di Padova, per ottenere la cittadinanza italiana nonché quali siano le ragioni del diverso trattamento riservato ai componenti del nucleo familiare, sempre in tema di concessione della cittadinanza italiana.
(4-10132)

Risposta. - Con decreto del Presidente della Repubblica del 3 febbraio 2005 è stata concessa la cittadinanza italiana al Sig. Le Ngoc Hung, che il successivo 16 aprile ha prestato giuramento presso il Comune di Montebelluna.
Per quanto riguarda la situazione dei familiari del sig. Le Ngoc - madre ed un fratello - e l'asserita disparità di trattamento ricevuta, si comunica che le domande, da questi presentate, sono state respinte per carenza di reddito autonomo, sulla base della documentazione prodotta.
Si precisa, tuttavia, che lo stesso fratello ha presentato, in data 10 novembre 2004, nuova domanda di concessione della cittadinanza in ordine alla quale la Prefettura di Treviso, nel trasmetterla al mistero dell'interno il 13 dicembre successivo per l'ulteriore iter procedimentale, ha espresso parere favorevole.
Si soggiunge, infine, che anche la madre è nelle condizioni di presentare una nuova istanza in quanto moglie di cittadino italiano, attesa l'intervenuta naturalizzazione del coniuge.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Giampiero D'Alia.

DELMASTRO DELLE VEDOVE. - Al Ministro delle attività produttive. - Per sapere - premesso che:
dal 1 gennaio 2005 le autostrade tedesche sono off limits per gli automobilisti italiani a causa dell'inefficienza del nuovo sistema di pagamento dei pedaggi autostradali;
l'allarme è stato lanciato dal Presidente di Confartigianato Trasporti Signor Francesco Del Boca il quale ha sottolineato che dall'inizio di quest'anno è entrato in vigore in Germania il nuovo sistema di pagamento telematico dei pedaggi per gli automezzi di massa pari o superiore a 12 tonnellate che impone l'installazione a bordo del veicolo dell'apparecchiatura Obu (On Board Unit) della società Toll Collect;
il problema è che diviene impossibile pagare il pedaggio sulle autostrade tedesche perché il nuovo sistema non funziona, considerato che le officine italiane non sono ancora autorizzate ad installare il dispositivo Obu sui camion italiani;
inoltre i pochi Obu disponibili e montati da officine austriache o svizzere non funzionano ed anzi non sono nemmeno disponibili le carte di credito necessarie per pagare il pedaggio;
gli autotrasportatori ritengono che sia letteralmente assurdo imporre un sistema che non può entrare in funzione e che provoca enormi danni agli autotrasportatori italiani, oltre che all'intero sistema produttivo se si considera che l'Italia è al secondo posto in Europa per l'interscambio commerciale con la Germania -:
se non ritenga di dovere con assoluta urgenza assumere contatti con il governo tedesco per chiedere un rinvio dell'entrata in vigore del nuovo sistema di esazione dei pedaggi autostradali, proroga assolutamente indispensabile per evitare conseguenze gravi ed imprevedibili per il comparto dell'autotrasporto merci e per il sistema Paese.
(4-13418)


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Risposta. - Il nuovo sistema di pagamento del pedaggio autostradale in Germania, entrato in vigore dal 1 gennaio 2005, comporta il montaggio a bordo dei veicoli di massa pari o superiore a 12 tonnellate di un'apparecchiatura denominata OBU attraverso la quale viene effettuato il pagamento del pedaggio.
A riguardo si comunica che in Italia è attiva da alcuni mesi una rete di officine abilitate al montaggio di detto dispositivo per cui le aziende di trasporto italiane non si devono più rivolgere ad officine autorizzate stabilite in altri Paesi come avveniva in precedenza.
Attualmente non si sono rilevate segnalazioni di problemi di funzionamento tali da costituire un impedimento all'esercizio dell'attività da parte degli autotrasportatori italiani interessati a percorrere il territorio tedesco.
Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti: Pietro Lunardi.

DELMASTRO DELLE VEDOVE. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
il contenzioso fra cittadini e ministeri è certamente fisiologico ed inevitabile, mentre invece è decisamente evitabile che le strutture pubbliche, quando subiscono sentenze di condanna da parte di giudici civili, non osservino sempre, con la puntualità che sarebbe richiesta e doverosa, il principio della provvisoria esecutività delle sentenze nonostante gravame;
la serietà e l'efficienza di uno Stato si misurano anche attraverso questi comportamenti significativi, portanti rispetto per le sentenze della magistratura italiana -:
quanti siano i provvedimenti giudiziali subiti dal Ministero degli affari esteri e quale sia la percentuale dei provvedimenti cui si è data spontanea esecuzione, nonché quale sia il numero delle esecuzioni civili subite, promosse da creditori di prestazioni in forza di sentenza da parte di Tribunali o di uffici giudiziari della Repubblica; da ultimo, in caso di esecuzioni promosse contro il ministero, quali siano le ragioni che hanno indotto il ministero medesimo a non osservare il principio della provvisoria esecutività delle sentenze.
(4-14200)

Risposta. - Nel rilevare che l'interrogante non specifica l'arco temporale cui fare riferimento, si segnala che nel corso del 2004 le sentenze di condanna pronunciate contro questo Ministero, sia dall'autorità giudiziaria ordinaria che dall'Autorità giudiziaria amministrativa, in materia di contenzioso del personale sono state complessivamente quindici.
Il ministero non manca di dare spontanea esecuzione a pronunce di condanna; può peraltro accadere che, essendo queste solitamente di contenuto piuttosto generico, ulteriori contenziosi sorgano nel corso dell'esecuzione stessa, qualora le controparti ne contestino le modalità operative e facciano quindi ricorso al giudizio di ottemperanza, in caso di pronuncia del giudice amministrativo, o al giudizio di esecuzione, in caso di pronuncia del giudice ordinario.
Sempre nel corso del 2004, sono pervenuti n. 154 provvedimenti giudiziali, in materia di contenzioso amministrativo, cui si è data spontanea esecuzione anche se, in alcuni casi, questo ministero aveva proposto appello presso Corti di Appello o di Cassazione.
Relativamente a cinque dei suddetti provvedimenti giudiziali sono pervenuti altrettanti atti di pignoramento, di cui tre causati dal ritardo con il quale l'Avvocatura generale dello Stato ha trasmesso le sentenze di condanna al mistero degli esteri; per gli altri due atti, è attualmente in corso la procedura dell'opposizione all'esecuzione a cura dell'Avvocatura generale dello Stato.
Contro i provvedimenti di diniego del visto di ingresso emessi dalle nostre rappresentanze all'estero sono stati presentati, sia ai Tribunali ordinari che ai Tribunali amministrativi regionali, 774 ricorsi nel 2004. I provvedimenti giudiziari sfavorevoli a questa amministrazione sono stati 320 e, non appena il ministero ne è stato informato, ha impartito le competenti istruzioni


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per la loro esecuzione alle rappresentanze diplomatico-consolari, risultando pertanto tutti i provvedimenti spontaneamente eseguiti.
Relativamente al contenzioso riguardante il personale scolastico in servizio presso le istituzioni scolastiche italiane all'estero, presso scuole europee, le scuole bilingue e le università straniere, si segnala che tutte le sentenze dei giudici civili sono puntualmente eseguite dall'amministrazione nei tempi che i relativi
iter burocratici consentono. I provvedimenti giudiziali subiti dall'amministrazione in questo ambito, nella prima metà dell'anno in corso, sono i seguenti:
Ricorsi proposti al giudice del Lavoro: n. 22:
n. 2 ricorsi respinti in fase cautelare;
n. 7 ricorsi respinti in giudizio di merito;
n. 3 ricorsi parzialmente respinti nel giudizio di merito;
n. 1 ricorso accolto nel giudizio di merito;
n. 8 procedimenti in corso;
n. 1 mancata conciliazione, cui a tutt'oggi non sono seguiti ricorsi;
Sentenze che hanno parzialmente accolto i ricorsi: n. 3:
n. 1 esecuzione immediata;
n. 1 in corso di esecuzione;
n. 1 proposto ricorso in Cassazione.
Sentenza che ha accolto il ricorso: n. 1 immediatamente eseguita.

Sulla base dei dati esistenti e disponibili, è in corso una ragionata specificazione su «quanti siano i provvedimenti giudiziali subiti, quale sia la percentuale dei provvedimenti cui si è data spontanea esecuzione», e ancora, «quale sia il numero delle esecuzioni civili subite» in merito alle materie di competenza della cooperazione allo sviluppo. Questo settore è stato infatti soggetto nel corso degli anni a significative modifiche, sia di struttura che di normativa di riferimento. Questo rende necessaria una più precisa contestualizzazione degli atti relativi a tale settore di attività del ministero degli esteri.
In via generale, si può affermare che il ministero ha sempre eseguito le sentenze civili di primo grado (giudiziali o arbitrali che fossero), notificate ai termini di legge, quando l'Avvocatura generale dello Stato ha dato indicazioni in tal senso, pur in presenza di ricorso in appello o in Cassazione, salvo limitati casi di fermo amministrativo, ovvero di richiesta giudiziale di sospensione della esecutività delle pronunce medesime.
Possono esservi state, infatti, alcune sentenze civili e più spesso dei lodi arbitrali per i quali è stata richiesta a mezzo di opposizione (alla «esecuzione» o agli «atti esecutivi») la sospensione dell'efficacia. Ciò, non tanto perché trattavasi di pronunce appellate e ricorse per Cassazione, ma perché il diritto in esse riconosciuto alle controparti era stato ritenuto di dubbia fondatezza da parte della Difesa erariale. Così come si sono dati casi di atti esecutivi opposti, qualora la loro «spontanea esecuzione» sia stata ritenuta addirittura lesiva dell'interesse pubblico. Solo per queste ragioni, quindi in casi specifici e motivati, non si è dato luogo alla «provvisoria esecutività» delle sentenze civili.
Più macroscopico appare il fenomeno dei controlli sui decreti (d'impegno e di liquidazione) esperiti dall'ufficio di Ragioneria all'epoca in cui, prima del decreto del Presidente della Repubblica n. 38 del 1998, il visto di detto organo era condizione di efficacia dei provvedimenti e, di conseguenza, i lievi avevano l'effetto di bloccare il pagamento disposto fino all'individuazione di risposte e soluzioni ritenute soddisfacenti dall'organo di controllo esterno. Dal 1998 in poi, con l'intervenuto obbligo della registrazione dell'impegno di spesa (salvo casi tassativi di illegittimità), tali evenienze si riscontrano in misura minore, salvo vischiosità degli atteggiamenti di controllo antecedenti, spesso mantenuti ancora oggi, nonostante l'intervenuto mutamento normativo.
In ultimo, a contrappeso di quanto riferito, si evidenzia l'interesse pubblico alla tutela del patrimonio erariale nel senso che, se nel dare provvisoria esecuzione alle sentenze


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civili di primo grado, si corrispondono somme che - all'esito degli appelli - risulteranno poi indebite, non sempre ne risulta agevole il recupero, sia per la farraginosità del sistema di difesa erariale nell'esperire le azioni di rivalsa, sia per la possibilità che il soggetto che ha percepito l'indebito possa poi rivelarsi insolvente nel restituirlo.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Roberto Antonione.

DIANA. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
il decreto direttoriale MIUR del 31 marzo 2005, che aprendo le graduatorie fissava al 2 maggio 2005 il termine per la presentazione delle domande, all'articolo 8 iscrizione con riserva, comma 2 stabiliva la possibilità d'iscrizione con riserva negli elenchi di sostegno:
ai docenti abilitati SISS frequentanti il corso di 400 ore per il conseguimento della specializzazione sul sostegno;
ai docenti abilitati con altre procedure, che stanno frequentando il corso delle 800 ore, previsto dal decreto ministeriale 20 febbraio 2002 e stanno conseguendo il diploma di specializzazione per il sostegno;
ai docenti di scuola dell'infanzia e di scuola primaria ammessi ai corsi di specializzazione in attività di sostegno, indetti con decreto ministeriale n. 21/05, ai sensi dell'articolo 2, comma 1-bis, della legge n. 143/04;
a seguito della citata riserva, l'Università degli studi Suor Orsola Benincasa bandiva l'8 aprile 2005 un corso finalizzato al rilascio dell'abilitazione per l'insegnamento di sostegno nelle classi delle scuole secondarie con alunni in situazione di handicap. Il corso, attualmente in svolgimento, è articolato in 400 ore, ed è stato avviato velocemente, tanto che la prima lezione del corso è stata svolta il 28 aprile 2005, cosicché tutti gli iscritti risultavano frequentanti lo stesso e pertanto rientravano nella riserva di cui al citato articolo 8, decreto direttoriale MIUR del 31 marzo 2005;
alla suddetta lezione inaugurale, docenti e funzionari della stessa università assicuravano gli specializzandi iscritti che la riserva sarebbe stata sciolta dopo l'estate e comunque avrebbe fissato un termine successivo a quello fissato dal corso per il conseguimento del titolo, non prima del 31 ottobre 2005;
gli specializzandi, che hanno dovuto affrontare il costo delle tasse d'iscrizione per euro 1.400,00, proseguivano la frequenza dello stesso;
in contraddizione palese con quanto bandito con decreto direttoriale MIUR del 31 marzo 2005, rivelatosi assolutamente ingannevole, il Ministro con decreto ministeriale del 25 maggio 2005, n. 52 fissava quale termine ultimo utile per il conseguimento dei titoli abilitativi all'insegnamento su sostegno il 30 giugno 2005, termine talmente immediato da rendere praticamente inutile la riserva per i corsisti di cui all'articolo 8, commi 2 e 3 decreto direttoriale MIUR del 31 marzo 2005, riserva che, invece, è servita solo a favorire la corsa all'iscrizione dei corsi di 400 ore all'uopo banditi, ma che non possono, per tempistica tecnica, concludersi entro il detto termine del 30 giugno 2005;
la fissazione del termine del 30 giugno 2005 rende inutile in toto la riserva di cui sopra in quanto vanifica il lavoro di tutti gli specializzandi di cui alla citata riserva, anche di coloro che stanno frequentando i corsi di 800 ore (annuali), anch'essi a completarsi dopo l'estate;
il decreto ministeriale n. 52 del 2005 si contraddice platealmente nel «considerata» allorché assume a base del «decreta» la necessità di fissare un termine congruo in relazione sia alle cadenze temporali, normalmente previste


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per il conseguimento dei titoli di cui trattasi. È evidente che il termine per lo scioglimento della riserva nel modo più assoluto non si sarebbe potuto fissare al 30 giugno 2005 ma, piuttosto, non prima del 30 ottobre 2005;
il Ministero avrebbe dovuto, quanto meno, consultare le università ove i corsi per conseguire il titolo di cui alla riserva si stanno svolgendo prima di fissare la data di scioglimento della riserva;
oltre alla palese contraddizione evidenziata, vanno esaminati anche ulteriori sospetti vizi che potrebbero inficiare la legittimità del decreto ministeriale contestato;
il decreto ministeriale n. 52 del 2005, inoltre, potrebbe determinare anche dei contenziosi tra i corsisti e le università che hanno iniziato i corsi, attirando le iscrizioni proprio in virtù della riserva di cui all'articolo 8 del decreto direttoriale MIUR del 31 marzo 2005 -:
se il Ministro non ritenga di provvedere a prorogare il termine fissato al 30 giugno 2005 ad una data che renda effettiva la possibilità di conseguimento dei titoli abilitativi del sostegno, termine da fissarsi dopo una necessaria concertazione con le istituzioni universitarie presso le quali si stanno svolgendo i corsi abilitativi e comunque non prima del 30 ottobre 2005.
(4-15200)

DIANA. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
il Decreto Direttoriale MIUR del 31 marzo 2005, aprendo le graduatorie fissava al 2 maggio 2005, il termine per la presentazione delle domande e, all'articolo 8, comma 2, (iscrizione con riserva) stabiliva la possibilità di iscrizione con riserva negli elenchi di sostegno:
a) ai docenti abilitati SISS frequentanti il corso di 400 ore per il conseguimento della specializzazione sul sostegno;
b) ai docenti abilitati con altre procedure, che stanno frequentando il corso delle 800 ore, previsto dal decreto ministeriale 20 febbraio 2002 e stanno conseguendo il diploma di specializzazione per il sostegno;
c) ai docenti di scuola dell'infanzia e di scuola primaria ammessi ai corsi di specializzazione in attività di sostegno, indetti con decreto ministeriale n. 21/05, ai sensi dell'articolo 2, comma 1-bis, della legge n. 143 del 2004;
a seguito della citata riserva, l'Università degli Studi Suor Orsola Benincasa bandiva l'8 aprile 2005 un corso finalizzato al rilascio dell'abilitazione per l'insegnamento di sostegno nelle classi delle scuola secondarie con alunni in situazione di handicap. Il corso è stato articolato in 400 ore, ed è stato avviato velocemente, tant'è che la prima lezione del corso è stata svolta il 28 aprile 2005, cosicché tutti gli iscritti, frequentanti lo stesso, rientravano nella riserva di cui al citato articolo 8 comma 2, del Decr. Dirett. MIUR del 31 marzo 2005;
presso la stessa Università era già in svolgimento da gennaio 2005 il corso di 800 ore per la stessa abilitazione, che come da programma di lezioni prevedeva la conclusione a fine ottobre 2005;
gli specializzandi, per frequentare tali corsi hanno pagato euro 1.400,00 di tasse di iscrizione per il corso di 400 ore e euro 2.650,00 per quello di 800 ore, oltre ulteriori spese nonché notevoli disagi;
improvvisamente, in contraddizione palese con quanto bandito con l'articolo 8, comma 2, del Decr. Dirett. del 31 marzo 2005, rivelatosi assolutamente ingannevole, il Ministro Moratti con decreto ministeriale del 25 maggio 2005, n. 52 fissava quale termine ultimo utile per il conseguimento dei titoli abilitativi all'insegnamento su sostegno il 30 giugno 2005, termine talmente immediato da rendere praticamente inutile la riserva per gli specializzandi iscritti ai corsi di cui all'articolo 8 comma 2 lettere a) e b) Decr.


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Dirett. del 31 marzo 2005 presso l'Università degli Studi Suor Orsola Benincasa; riserva che, quindi, è servita solo ad incentivare l'iscrizione ai corsi di 400 ore all'uopo banditi, corsi che non potevano, comunque, per tempistica tecnica (durata legale), concludersi entro il detto termine del 30 giugno 2005;
secondo l'interrogante il termine del 30 giugno 2005 rende priva di significato la riserva de qua, vanifica il lavoro di tutti gli specializzandi, sia quelli frequentanti il corso di 400 ore, sia di quelli frequentanti i corsi di 800 ore tutti a completarsi entro fine novembre 2005;
inoltre, il decreto ministeriale n. 52/2005 si è contraddetto platealmente nei considerata, allorché ha assunto a base delle sue disposizioni «la necessità di fissare un termine congruo in relazione sia alle cadenze temporali, normalmente previste per il conseguimento dei titoli di cui trattasi, ...»; è evidente, secondo l'interrogante, che se tale preoccupazione avesse solo sfiorato il Ministro, il termine per lo scioglimento della riserva nel modo più assoluto si sarebbe potuto fissare al 30 giugno 2005 ma, piuttosto, non prima del 30 novembre 2005;
il Ministero avrebbe dovuto, quantomeno, consultare le Università ove i corsi per conseguire il titolo di cui alla riserva si stanno svolgendo o si sono svolti prima di fissare la data di scioglimento della riserva;
accogliendo l'istanza cautelare richiesta nei ricorsi proposti da centinaia di corsisti, sia dei corsi di 400 ore che dei corsi di 800 ore, il TAR del Lazio, con Ordinanze n. 3932/2005 dell'11 luglio 2005, n. 4962/2005 e n. 4963/2005 entrambe del 1 settembre 2005 ha sospeso «il Decreto del Ministro dell'istruzione dell'Università e della Ricerca n. 52 del 25 maggio 2005 portante lo scioglimento della riserva di cui all'articolo 8, commi 1 e 2 lettere a) e b) Decr. Dir. MIUR del 31 marzo 2005, nella parte in cui impone come termine ultimo per il conseguimento del titolo di specializzazione e della dichiarazione di cui all'articolo 2, il 30 giugno 2005, anche per coloro che hanno chiesto l'iscrizione con riserva negli elenchi del sostegno ai sensi dell'articolo 8 comma 2 lettere a) e b) del decr. dir. MIUR 30 marzo 2005 (iscritti e frequentanti il corso di 400 ore ed 800 ore) in uno con tutti gli atti preordinati, in particolare il Decreto Direttoriale del Ministero dell'Istruzione Università e Ricerca all'articolo 8 comma 3, nell'interpretazione datane dal Ministro dell'Istruzione U.R. nel decreto ministeriale n. 52/2005 - impugnato -, nel senso che impone di fissare un solo termine ultimo per il conseguimento sia dei titoli abilitativi di cui all'articolo 8 comma 1 che dei titoli di specializzazione di cui al comma 2 Dec. Dir. MIUR 31 marzo 2005 citato, nonché atti connessi e conseguenti»;
la motivazione delle citate Ordinanze mette sostanzialmente in evidenza l'incongruenza della fissazione di un termine ultimo per il conseguimento dell'abilitazione (30 giugno 2005) troppo ravvicinato e che non tiene conto della durata legale dei corsi per i quali era stata fissata la riserva;
nella confusione che ne è derivata i CSA di tutta Italia hanno dato applicazione in modo difforme sia al decreto ministeriale 52/2005 che alle suddette Ordinanze, nel senso che alcuni hanno depennato i corsisti che non avevano conseguito il titolo abilitativo entro il 30 giugno 2005 (esempio Benevento ed altri), altri hanno messo in graduatoria in coda i citati corsisti e, comunque, solo pochi hanno trasmesso la posizione dei docenti aventi diritto all'inclusione con riserva ai CSA e alle scuole prescelte per l'inserimento degli stessi docenti, sempre con riserva, nella I fascia delle graduatorie di Circolo e d'Istituto, realizzando una palese disparità di trattamento tra i docenti aventi diritto alle inclusioni nelle graduatorie -:
se il Ministro interrogato non ritenga di provvedere in autotutela all'annullamento del decreto ministeriale n. 52/2005


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per la parte in cui viene fissato il termine di scioglimento della riserva di cui all'articolo 8, comma 2 - elenchi per il sostegno - al 30 giugno 2005, sostituendo con un ulteriore decreto modificativo tale ingiustissima e penalizzante data con un termine che renda effettiva la possibilità di conseguimento dei titoli abilitativi del sostegno, termine da fissarsi dopo una necessaria concertazione con le istituzioni universitarie presso le quali si sono svolti i corsi abilitativi ed in ogni caso non prima del 30 novembre 2005 nonché di emettere tutti gli atti, per quanto di competenza, necessari per la materiale esecuzione delle Ordinanze TAR Lazio sez. III-bis n. 3932 notificata il 23 luglio 2005 e Sez. Terza nn. 4962/2005 e 4963/2005 entrambe del 1 settembre 2005 ed entrambe notificate al MIUR il 12 settembre 2005 al fine di determinare un'applicazione corretta ed uniforme da parte di tutti i Centri di Servizio Amministrativi della Repubblica delle normative vigenti e degli effetti scaturenti dall'Ordinanza ad eseguirsi, ivi compresi, l'inserimento dei riservisti ex articolo 8 commi 1 e 2 D.D.G. MIUR 31 marzo 2005 nelle Graduatorie di Circolo e d'Istituto, sempre con riserva, giusto articolo 10 D.D.G. 31 marzo 2005 citato.
(4-17793)

Risposta. - In merito a quanto richiesto nell'atto ispettivo in esame, si fa presente che la legge n. 143 del 2004, all'articolo 3-ter, consente agli abilitati che frequentano corsi di specializzazione per il sostegno, di inserirsi con riserva, nelle graduatorie permanenti dopo il termine di scadenza della presentazione delle domande di iscrizione alle stesse e attribuisce al Ministro dell'istruzione la competenza a fissare il termine ultimo, entro il quale conseguire il diploma, ai fini dell'immissione a pieno titolo nelle graduatorie medesime.
Il termine del 30 giugno 2005, stabilito dal decreto ministeriale n. 52 del 25 maggio 2005, risponde all'esigenza primaria di definire la graduatorie permanenti in tempo utile per le assunzioni in ruolo, che, ai sensi della legge n. 331 del 2001, devono essere concluse entro il 31 luglio 2005.
Si rappresenta, inoltre, che detto termine è stato fissato, previa intesa con il Coordinatore delle Scuole di specializzazione all'insegnamento secondario (SSIS), in quanto, a tale data, i corsi universitari attivati nell'anno accademico 2004/2005, avrebbero dovuto concludersi.
È evidente che se l'Università degli studi Suor Orsola Benincasa ha iniziato il corso di specializzazione per il sostegno il 28 aprile 2005, lo stesso non poteva terminare, per la sua particolare specificità, entro il termine del 30 giugno 2005.
Si fa comunque presente che questa amministrazione, con nota del 28 luglio 2005, nell'impartire istruzioni ed indicazioni operative in materia di supplenze relative al personale della scuola, ha tenuto conto dell'esigenza di avvalersi nella maniera più ampia di insegnanti in possesso del titolo di specializzazione per le attività didattiche di sostegno, infatti, anche coloro che hanno conseguito il titolo in questione anche successivamente al 2 maggio 2005 (termine previsto dal D.D.G. 31 marzo 2005), ma comunque entro il 18 luglio 2005 previsto dalla circolare ministeriale n. 57 del 2005, possono essere inseriti, a domanda, negli elenchi di sostegno della prima fascia delle graduatorie di circolo e di istituto, dopo gli aspiranti che abbiano conseguito il titolo di specializzazione entro la citata data del 2 maggio 2005.
Si sottolinea, inoltre, che nelle operazioni di attribuzione delle supplenze viene data priorità alle supplenze relative ai posti di sostegno da assegnare agli aspiranti in possesso del titolo di specializzazione, al fine di assicurare tempestivamente il sostegno agli allievi disabili.
Si fa presente, infine, che è allo studio di questa amministrazione la possibilità di consentire, a coloro che hanno terminato il corso di specializzazione dopo il 18 luglio, di utilizzare il proprio titolo nelle graduatorie d'istituto, ai fini del conferimento delle supplenze brevi da parte dei dirigenti scolastici.
Il Sottosegretario di Stato per l'istruzione, per l'università e per la ricerca: Valentina Aprea.


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FALANGA. - Al Ministro degli affari esteri, al Ministro per le pari opportunità. - Per sapere - premesso che:
alla vigilia della giornata mondiale dell'infanzia prevista per il 20 novembre 2005, sollecitazioni diverse (famiglie coinvolte, associazioni e organi di stampa) descrivono le gravi disavventure occorse alle coppie con abbinamento già fatto, circa le adozioni internazionali, soprattutto per alcuni paesi fra cui la Bielorussia e la Romania;
lo spirito dell'istituto dell'adozione è quello di garantire una famiglia al bambino, una volta che si arriva «all'accoppiamento», diventa difficile comprendere perché non ci si adoperi affinché l'iter possa essere completato;
per la delicata situazione politica dei paesi citati, il blocco delle adozioni ha motivazioni diverse;
lo sconcerto che questo stop ha creato è reso più grave dalla mancanza di informazioni circa tempi e modalità per arrivare allo sblocco;
ulteriore preoccupazione nasce dalla mancanza di interlocutori certi e dall'assenza di una reale volontà delle autorità competenti di farsi carico del dramma umano di cui queste famiglie sono vittime;
è emersa quindi l'assenza di una rete di organismi, politici, tecnici e territoriali che in sinergia possa affrontare il problema delle adozioni internazionali, soprattutto che assuma decisioni circa il completamento degli iter sospesi -:
se non intendano i Ministri interrogati ciascuno per la propria competenza, ed in caso contrario per quali motivi, rendere noto quali iniziative abbiano adottato o intendano adottare a sostegno delle famiglie coinvolte, nel blocco;
se non intendano i Ministri interrogati ciascuno per la propria competenza, ed in caso contrario per quali motivi, precisare quale sia il numero dei casi sospesi in Bielorussia e in Romania che riguardano famiglie italiane;
se non intendano i Ministri interrogati ciascuno per la propria competenza, ed in caso contrario per quali motivi, fornire indicazioni precise circa i tempi per giungere ad una positiva soluzione dei casi sospesi;
se non intendano i Ministri interrogati ciascuno per la propria competenza, ed in caso contrario per quali motivi, indicare quale istituzione o organismo ad hoc si farà carico delle trattative con i governi dei paesi che hanno imposto il blocco.
(4-17977)

Risposta. - Nell'ottobre del 2004, a seguito di una serie di interventi del Presidente Lukascenko in cui si denunciava una tratta di bambini bielorussi e gli effetti negativi dei soggiorni all'estero dei minori, le Autorità di Minsk hanno sospeso l'accettazione di nuove richieste di adozione internazionale nonché le procedure adottive già avviate, in attesa degli esiti di una ricognizione delle adozioni realizzate a partire dal 1997 e di modifiche alla normativa in materia.
La nuova normativa, varata il 14 gennaio 2005, è ispirata a criteri restrittivi per quanto riguarda l'adozione internazionale che assume un più deciso carattere di sussidiarietà rispetto a quella nazionale e parallelamente vengono introdotte misure di sostegno economico a favore di famiglie fidatarie o adottanti di minori abbandonati.
Il Ministero degli affari esteri, sin dalla scorsa primavera, ha svolto ripetuti passi a diversi livelli per sensibilizzare le Autorità bielorusse sulle gravi conseguenze del blocco delle adozioni e degli orientamenti di maggior chiusura profilatisi anche in tema di soggiorni temporanei all'estero di bambini bielorussi.
Al tempo stesso si è sollecitata un'adeguata riflessione del Governo di Minsk sul


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problema delle procedure di adozione internazionale di minori già avviate - secondo i dati della nostra Ambasciata i casi sono 154 - con l'invito a giungere a soluzioni conformi a principi di umanità e giustizia, nel rispetto dei vincoli affettivi già stabilitisi tra i bambini e gli aspiranti genitori adottivi.
Alle richieste italiane si è opposto da parte bielorussa un pregiudiziale atteggiamento di chiusura, rinviandone la presa in considerazione alla conclusione di un nuovo protocollo bilaterale in materia di adozioni internazionali tra la nostra Commissione per le adozioni internazionali e quel ministero dell'istruzione.
A seguito di ripetuti passi svolti a Roma ed a Minsk, la parte bielorussa informava a fine luglio di essere autorizzata «ai più alti livelli» a confermare la volontà del suo Paese di discutere con spirito costruttivo con le Autorità italiane per trovare una soluzione alle pratiche di adozione avviate prima dell'entrata in vigore della nuova normativa ed agli altri problemi riguardanti i minori.
In questo contesto, veniva concordato un percorso che prevedeva la visita in Bielorussia di una delegazione della Commissione parlamentare per l'infanzia, preceduta da un incontro a Minsk a livello di alti funzionari, nell'intento di preparare il nuovo protocollo di intesa tra la Commissione per le adozioni internazionali e la competente Autorità Centrale bielorussa per consentire la ripresa della presentazione da parte italiana di domande di adozione e di mettere in moto, con la sottoscrizione di un apposito documento, un processo per sbloccare gradualmente le procedure di adozione avviate secondo la precedente normativa.
Gli incontri avuti dai negoziatori italiani il 13 e 14 ottobre scorso non hanno avuto esito positivo, poiché non è stato possibile finalizzare le previste intese in vista della loro firma in occasione della successiva visita a Minsk della Delegazione della Commissione parlamentare per Infanzia, avvenuta dal 24 al 26 ottobre. Nell'imminenza della partenza dei Parlamentari si doveva registrare anzi l'indisponibilità bielorussa a sottoscrivere il documento riguardante le procedure adottive bloccate con l'entrata in vigore della nuova normativa, la cui soluzione doveva quindi trovare impropriamente collocazione nell'ambito del protocollo destinato a regolare le future adozioni.
Durante il soggiorno a Minsk della Commissione, da parte bielorussa veniva elaborato e sottoposto a parlamentari un testo insoddisfacente.
La successiva tornata negoziale a livello di alti funzionari, svoltasi a Minsk dal 26 al 28 ottobre, pur facendo registrare qualche limitato avanzamento, si è arenata sull'inadeguata formulazione bielorussa dell'articolo del nuovo Protocollo destinato a regolare le adozioni pendenti.
I contatti non si sono interrotti e sono continuati per via diplomatica, consentendo di mettere a punto un nuovo testo dell'articolo in questione che veniva incontro alle esigenze di carattere umanitario e di equità manifestate dall'Italia, nell'intento di salvaguardare l'interesse prioritario dei bambini ed i legami affettivi creatisi tra loro e le famiglie che ne avevano chiesto l'adozione.
Il nuovo Protocollo di collaborazione italo-bielorusso in materia di adozione è stato quindi firmato a Mink il 12 dicembre scorso e, oltre a fissare modalità e procedure per le future domande di adozione, contiene l'impegno delle Autorità bielorusse ad esaminare, entro febbraio 2006, tutte procedure pendenti alla data dell'ottobre 2004, comprese quelle per le quali è intervenuta nel frattempo una decisione negativa, nell'intento di favorire il ricongiungimento dei bambini bielorussi con quelli che essi già da tempo considerano i loro genitori adottivi.
La situazione relativa alle procedure di adozione di minori romeni, presenta aspetti particolarmente problematici dal giugno del 2001, quando il Governo romeno decise una moratoria sulle adozioni internazionali in attesa dell'entrata in vigore della nuova normativa in materia, avvenuta il 1o gennaio del 2005.
La riforma ha in pratica escluso la possibilità di concludere adozioni internazionali, consentendole solo nei casi in cui


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l'adottante residente all'estero sia il nonno del minore romeno adottato.
In pendenza della moratoria, era stata comunque prevista la possibilità di finalizzare attraverso un'apposita decisione governativa alcuni casi di adozione, in considerazione delle loro caratteristiche eccezionali e nell'interesse superiore del minore. Tale ipotesi si è realizzata fino al dicembre 2003 per 800 casi di cui circa un centinaio coinvolgenti coppie italiane. Per gli altri casi ancora bloccati o formatisi durante la moratoria, la nuova legge non ha previsto alcun tipo di soluzione.
Nel luglio del 2005, l'Ufficio romeno per le adozioni ha inviato alle Ambasciate a Bucarest un «Piano di azione sull'attuazione della legislazione primaria e secondaria in materia di adozioni». Tra gli obiettivi enunciati nel documento, figura «la chiarificazione della situazione esistente riguardante i procedimenti iniziati tra l'ottobre 2001 e il dicembre 2004 da cittadini stranieri per l'adozione di bambini romeni».
A tale scopo è stato istituito un gruppo di lavoro coordinato dal Segretario di Stato dell'Ufficio adozioni romeno ed a cui partecipa un rappresentante dell'organizzazione «Save the Children», che ha iniziato l'esame dei casi di adozione internazionale pendenti.
Secondo l'Ufficio romeno per le adozioni, i casi riguardanti l'Italia riguardano 62 famiglie per complessivi 73 bambini, avendo chiesto la stessa coppia più di un bambino. Dalle prime indicazioni raccolte dalla nostra Ambasciata a Bucarest, risulta che la maggior parte delle richieste italiane pendenti non sono suscettibili di approvazione considerata la tenera età dei bambini al momento della formulazione della domanda di adozione. L'Ambasciata, comunque, ha sollecitato un incontro con il Segretario di Stato preposto all'Ufficio per le adozioni per fare il punto della situazione e chiedere gli opportuni chiarimenti.
Dal canto suo, la Commissione Europea, responsabile dei negoziati per l'allargamento dell'Unione Europea alla Romania, ha recentemente confermato di ritenere da un punto di vista giuridico la legge romena sulle adozioni in linea con l'acquis comunitario e di ritenere inopportuno, da un punto di vista politico, sollevare la questione delle adozioni, pur sostenendo l'iniziativa romena del gruppo di lavoro.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Roberto Antonione.

FOLENA. - Al Ministro degli affari esteri, al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
lo scrittore Predrag Matvejevic è stato dichiarato colpevole di ingiuria in Croazia per aver definito «talebano» un collega bosniaco;
il tribunale di Zagabria ha condannato in contumacia Matvejevic a cinque mesi di prigione, due di condizionale, accogliendo la querela di Pesorda, accusato da Matvejevic di aver incoraggiato l'odio etnico tra le popolazioni dell'ex Jugoslavia;
Matvejevic vive a Roma dove insegna letterature slave all'Università «La Sapienza» -:
quale sia il giudizio dei ministri interrogati sui fatti esposti in premessa;
se il ministro degli esteri intenda protestare ufficialmente nei confronti della Croazia;
se il ministro della giustizia intenda negare una eventuale richiesta di estradizione.
(4-17925)

Risposta. - Il giornalista e noto scrittore croato Pedrag Matvejevic - che attualmente vive a Roma - è stato condannato dalla Corte Municipale di Zagabria ad una pena di cinque mesi di reclusione (con la condizionale), con l'accusa di diffamazione ed ingiuria nei confronti dello scrittore Mile Pesorda. Il caso si riferisce ad un articolo scritto quattro anni fa da Matvejevic sul


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noto quotidiano croato List,», dal titolo «I nostri Talebani», in cui il giornalista croato faceva riferimento ad un gruppo di intellettuali (tra cui Pesorda) definendoli «Talebani» per il loro approccio di radicalismo ed intolleranza etnico: in sostanza, Matvejevic ha espresso un giudizio critico sugli scrittori che nel 1990 si erano messi al servizio della macchina di istigazione bellica dei leader nazionalisti di Serbia, Croazia e Bosnia-Ezegovina.
La sentenza ha provocato stupore ed indignazione da parte di molti scrittori e giornalisti in tutto il mondo, anche in considerazione del fatto che si tratta di una personalità molto nota: Matvejevic è uno degli scrittori croati più famosi e tradotti, ed è considerato un rispettabile letterato. Per il suo lavoro egli ha ricevuto importanti riconoscimenti internazionali, quali l'ordine francese della «Legione d'onore» ed il premio letterario italiano «Strega».
In Croazia la diffamazione è un reato perseguito penalmente: secondo molti osservatori (ONG e organismi internazionali), tale situazione pone i giornalisti in una posizione di restrizione della libertà di stampa, in quanto vi è sempre il rischio di una condanna alla reclusione per le accuse di diffamazione.
L'Associazione dei giornalisti croati (HND) ha espresso il suo sconcerto per la sentenza del tribunale di Zagabria ed ha evidenziato la preoccupazione della categoria dei giornalisti per la persistente applicazione di sentenze penali per casi di diffamazione. Anche «Reporters sans Frontieres» ha fortemente criticato la sentenza contro Matvejevic, in quanto essa dimostra che la legislazione croata «still does not allow jouRalists to work freely without risk of prison», ed ha chiesto un'urgente revisione della normativa (con depenalizzazione di tale reato) anche nell'ottica della futura adesione all'Unione Europea. Il caso Matvejevic è il terzo caso in dodici mesi di condanna a reclusione per reato di diffamazione a carico di giornalisti.
Anche il Primo Ministro croato Sanader si è pronunciato sul caso: nella sua veste di membro della «Società degli Scrittori croati» e del PEN Club Internazionale croato, Sanader ha detto di ritenere «inaccettabile» la condanna (penale) che il Tribunale di Zagabria ha emesso contro Matvejevic; come Primo Ministro ha invece precisato di non poter interferire sull'operato degli organi giudiziari. Il Ministro della Giustizia, Vesna Skare-Ozbolt, ha da parte sua annunciato che verrà modificata la vigente legge nella parte che riguarda i reati di diffamazione e di ingiuria, in modo da escludere la condanna alla reclusione per tali reati.
La vicenda interviene in una fase assai delicata dei rapporti bilaterali tra l'Italia e la Croazia. Essa peraltro, per le sue prevalenti valenze attinenti al rispetto delle libertà fondamentali, appare più propriamente suscettibile di approfondimento critico nei competenti fori multilaterali, di cui l'Italia è membro. Risulta in particolare che la Missione OSCE di Zagabria stia esercitando un attento monitoraggio sui casi di sentenze di reclusione per reati di diffamazione contro i giornalisti e da tempo richiede al Governo croato di predisporre una modifica complessiva della normativa per introdurre la depenalizzazione degli stessi.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Roberto Antonione.

GASPERONI. - Al Ministro delle comunicazioni. - Per sapere - premesso che:
in caso di furto o smarrimento del Bancoposta, i possessori, per bloccare la carta magnetica ed evitare così che chiunque possa effettuare prelievi di denaro contante, devono telefonare ad un numero verde;
questo numero non è facilmente memorizzabile tanto che, nel caso di un utente di Pesaro al quale era stato rubato il marsupio, è stato necessario chiamare il 112, il quale ha prontamente fornito il numero verde per il blocco del Bancomat, che però non era quello del Bancoposta;
il numero corretto è stato fornito dallo stesso operatore del servizio Bancomat;


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al numero verde fornito non ha risposto nessuno per molto tempo e il risultato è stato che i malviventi, nei 22 minuti occorsi all'utente per bloccare il Bancoposta, hanno potuto effettuare ben tre prelievi di denaro contante;
anche col blocco del telefono cellulare OMNITEL la cosa non è andata meglio, dovendo avere a che fare, al numero 190, con risponditori automatici che elencano tutte le opzioni possibili e immaginabili fino ad arrivare alla numero 9 (!) che è quella necessaria per bloccare la SIM -:
se non ritenga indispensabile, nel caso del Bancoposta intervenire presso la Poste Spa perché siano rese le procedure di blocco delle carte magnetiche più celeri ed efficienti anche con l'ausilio di un numero telefonico facilmente memorizzabile ed un adeguato numero di operatori di call center pronti a far fronte ad ogni necessità;
se non ritenga, più in generale, di adottare iniziative che coinvolgano i gestori interessati (bancari, telefonici eccetera), affinché qualunque procedura di urgenza sia facilitata il più possibile.
(4-16202)

Risposta. - Si ritiene opportuno rammentare che a seguito della trasformazione dell'ente poste italiane in società per azioni il Governo non ha il potere di intervenire sulla gestione aziendale che, come è noto, rientra nella competenza specifica degli organi statutari della società.
Il ministero delle comunicazioni - quale Autorità nazionale di regolamentazione del settore postale - ha tra i propri compiti quello di verificare il corretto espletamento del servizio universale erogato da poste italiane.
Tale attività è volta ad accertare che la qualità del servizio svolto su tutto il territorio nazionale risponda ai parametri fissati dalla normativa comunitaria e nazionale, peraltro recepiti nel contratto di programma, e ad adottare idonei strumenti sanzionatori nel caso in cui si dovesse verificare il mancato rispetto degli standard qualitativi fissati.
Si ricorda, inoltre, che a seguito del decreto del Presidente della Repubblica 14 marzo 2001, n. 144 i servizi relativi al bancoposta, anche per quel che concerne i rapporti con i clienti, esulano dalla competenza del Ministero delle comunicazioni.
Ciò premesso in linea generale, per quanto riguarda lo specifico problema posto dall'interrogante non si è mancato di interessare la società poste che ha anzitutto precisato che il servizio di Bancoposta emette carte di debito che operano nel circuito interno Postamat ed in quello internazionale Maestro tramite uno specifico «Service», non aderente al circuito Bancomat.
Stando a quanto riferito il numero telefonico 800.652.653, messo a disposizione dalla Telecom per il blocco delle carte magnetiche, risulta contattabile in un tempo mediamente inferiore al minuto e può essere agevolmente reperito dalla clientela nei seguenti modi:
a) nel promemoria staccabile facente parte della lettera con la quale Poste italiane trasmette al cliente la carta magnetica;
b) sullo schermo degli sportelli automatici (ATM) di Poste italiane;
c) presso qualsiasi ufficio postale.

L'interessato deve comunicare all'operatore telefonico i suoi dati anagrafici e, solo in caso di smarrimento di più carte, anche il numero del conto corrente postale di collegamento.
Nell'intento di offrire un servizio veramente concorrenziale, poste italiane ha sottolineato che nei confronti della clientela viene autorizzato il rimborso di tutti gli addebiti relativi a pagamenti effettuati nelle due ore precedenti il blocco della carta magnetica, senza l'utilizzo del personal identification number (PIN), ma con la semplice apposizione della firma, il cui riconoscimento è comunque a carico dell'esercente.


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È buona norma, infine, ha concluso poste italiane che Pin e carta Bancoposta vengano custoditi separatamente, come peraltro indicato sia nel contratto sottoscritto dal cliente sia all'interno del plico con cui viene recapitato il numero di identificazione personale.
Il Ministro delle comunicazioni: Mario Landolfi.

LUCCHESE. - Al Ministro della difesa, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
ancora non è arrivata la primavera e già è cominciato l'arrivo a Lampedusa di «carrette del mare», provenienti dall'Africa, con centinaia di extracomunitari;
si persevera purtroppo nel grave errore di aiutare gli sbarchi invece di fermare i clandestini in alto mare e riportarli indietro;
ripetendo gli errori degli altri anni, assisteremo di nuovo alle ondate di sbarchi giornalieri di centinaia di extracomunitari;
oltretutto non è possibile che Lampedusa debba subire i danni notevoli di questi sbarchi, che hanno allontanato il turismo e creato miseria -:
per quale motivo non si proceda già in alto mare a fermare le imbarcazioni e costringerle al rientro nelle zone di provenienza.
(4-13396)

LUCCHESE. - Al Ministro dell'interno, al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
negli ultimi giorni si sono registrati sbarchi di clandestini, in particolare di più di mille nordafricani nell'isola di Lampedusa, non ostacolati in alcun modo dalle autorità competenti italiane;
l'isola di Lampedusa ormai di fatto è stata cancellata dalle rotte turistiche a causa dell'approdo giornaliero di migliaia di clandestini -:
quali iniziative intendano adottare per arrestare il fenomeno degli sbarchi di clandestini afroasiatici.
(4-14403)

LUCCHESE. - Al Ministro dell'interno, al Ministro della difesa, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
quotidianamente sbarcano in Sicilia dalle coste nordafricane centinaia di immigrati clandestini asiatici e africani;
ad avviso dell'interrogante, il Governo non contrasta con sufficiente forza gli sbarchi clandestini;
sarebbe opportuno inviare in Africa navi adeguate per evitare viaggi di clandestini sulle cosiddette «carrette del mare»;
la coalizione di centro-sinistra ha perso le elezioni politiche del 2001, ad avviso dell'interrogante, per il fatto che il Governo espressione di quella coalizione non ha contrastato gli sbarchi di clandestini -:
quali iniziative il Governo intenda adottare per contrastare più efficacemente gli sbarchi di clandestini in Sicilia.
(4-15372)

Risposta. - Il fenomeno delle migrazioni clandestine è destinato a durare a lungo nel tempo e a crescere nei prossimi anni, incidendo profondamente sui processi economici, politici e sociali del bacino del Mediterraneo.
Una concomitanza di fattori (carestie, altre calamità naturali, instabilità politiche), sommati agli alti tassi di natalità, aggravano le già penose condizioni di vita di intere popolazioni africane, specialmente quelle del Sub-Sahara e del Corno d'Africa.
La spinta migratoria che continua, pertanto, a provenire da queste due zone dell'Africa, mette a dura prova le capacità di contenimento di alcuni paesi nordafricani e, per quanto direttamente ci riguarda, quelle della Libia.
Da qui si è avuta una recrudescenza degli sbarchi di clandestini sulle coste siciliane


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e, in particolare, nell'isola di Lampedusa, che costituisce oggi il principale approdo degli immigrati clandestini che arrivano via mare. Azzerati i flussi tra Albania e Turchia verso Puglia e Calabria, gli sbarchi avvengono, ormai da tempo, solo su quell'isola e sulle coste siciliane.
È emersa anche una più spregiudicata capacità di manovra delle organizzazioni criminali nella gestione del traffico di esseri umani, cosicché, cambiando i luoghi di sbarco, le modalità di approdo e la grandezza delle imbarcazioni, sono anche cresciuti i prezzi di trasporto e, purtroppo, i rischi di vita dei migranti.
In questo contesto, le attività connesse al contrasto dell'immigrazione clandestina via mare presentano aspetti di indubbia delicatezza, sia dal punto di vista operativo, sia dal punto di vista giuridico.
Al riguardo, si segnala che il decreto interministeriale del 14 luglio 2003, recante «Disposizioni in materia di contrasto all'immigrazione clandestina», emanato in attuazione della legge 30 luglio 2002, n. 189, ha definito le regole di intervento e di raccordo, nelle acque internazionali e in quelle territoriali, per le navi della Marina militare e le unità navali in servizio di polizia, nell'attività di vigilanza, prevenzione e contrasto dell'immigrazione clandestina via mare.
Il provvedimento specifica le modalità operative per l'inchiesta di bandiera, la visita a bordo e il fermo delle navi sospettate, anche al fine di un loro possibile rinvio nei porti di provenienza.
Il raccordo degli interventi operativi in mare e i compiti di acquisizione ed analisi delle informazioni connesse alle attività di vigilanza, prevenzione e contrasto sono svolti dalla direzione centrale dell'immigrazione e della Polizia delle frontiere del dipartimento della pubblica sicurezza del ministero dell'Interno, che esamina con immediatezza gli interventi da effettuare anche sulla base di accordi di riammissione e di intese conseguite con il Paese del quale il natante batte bandiera o da cui risulta partito, nonché gli interventi da effettuare su natanti privi di bandiera e dei quali non si conosce il porto di partenza.
L'attività di prevenzione e di contrasto via mare è svolta, nelle acque internazionali, tramite il dispositivo aeronavale della Marina militare, della Guardia di Finanza, del Corpo delle capitanerie di porto e delle altre unità navali o aeree in servizio di polizia; mentre nelle acque territoriali operano unità e mezzi navali in servizio di polizia, se necessario, delle navi della Marina militare.
Uno dei principali obiettivi del Governo italiano, che soltanto nel corso del 2005 ha salvato in acque internazionali almeno 5 mila migranti e ne ha accolti più del doppio solo a Lampedusa, è stato quello di pervenire ad una gestione a livello comunitario delle frontiere terrestri, marittime ed aeree. In questo ambito l'Italia ha presentato il progetto «
Nettuno», finalizzato al contrasto dell'immigrazione clandestina via mare attraverso operazioni di pattugliamento congiunto del tratto di mare che separa l'Italia dalla Libia, nonché delle acque che separano l'isola di Creta dalla Libia e dall'Egitto, per la prevenzione ed il controllo dei flussi migratori illegali provenienti dall'Africa.
Il progetto è stato realizzato in diverse fasi, di cui l'ultima, denominata «
Nettuno IV», cui hanno aderito Cipro, Francia, Germania, Malta, Spagna, Regno Unito, Libia ed Europol, è stata condotta dal 10 al 20 ottobre scorso.
A quest'ultima operazione, realizzata con il supporto di unità aeree britanniche e francesi, hanno preso parte anche 9 Ufficiali libici ed 1 Ufficiale della Guardia costiera tedesca. Il pattugliamento aeronavale ha permesso di individuare 612 clandestini e sequestrare 5 imbarcazioni; inoltre, sono stati effettuati controlli mirati di navi mercantili e di cargo nei porti di Palermo e di Catania, nonché nei porti ellenici del Pireo e di Salonicco.
Si ribadisce, infine, che nell'assolvimento del compito assegnato, l'azione di contrasto è sempre improntata alla salvaguardia della vita umana e al rispetto della dignità della persona e, ove si renda necessario l'uso della forza, l'intensità, la durata e l'estensione della risposta devono


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essere proporzionate all'intensità dell'offesa, all'attualità e all'effettiva minaccia.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Giampiero D'Alia.

MARAN e ROSATO. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
con decreto del ministero dell'interno di concerto con il Ministro per le pari opportunità e il Ministro dell'economia e delle finanze del 22 dicembre 2000 veniva individuata quale centro di permanenza temporanea e assistenza di cui all'articolo 14 del T.U. 25 luglio 1998 n. 286 la ex caserma «Ugo Polonio» ubicata nel comune di Gradisca di Isonzo;
con decreto del ministero dell'interno n. 300/C/2277729/12/207/1 del 6 marzo 2001 i lavori per la realizzazione del centro sono stati secretati e quindi sottoposti al regime derogatorio di cui all'articolo 33 della legge 11 febbraio 1994, n. 109;
con decreto del ministero dell'interno, Dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione del 20 ottobre 2003 è stato approvato alle condizioni e prescrizioni del verbale della Commissione Tecnico Consultiva istituita ai sensi dell'articolo 1 comma 3 dell'Ordinanza del Consiglio dei Ministri n. 3287 del 23 maggio 2003, il progetto definitivo dell'opera;
l'ordinanza del Consiglio dei Ministri n. 3287 del 23 maggio 2003, citata nel decreto di approvazione del progetto, stabilisce che per la realizzazione e il completamento dei CPT e per l'istituzione dei centri di identificazione, il capo del dipartimento delle libertà civili adotti tutte le iniziative necessarie alla realizzazione delle opere e all'approvazione dei relativi progetti avvalendosi di una commissione tecnico consultiva, integrata di volta in volta con un rappresentante della regione interessata;
ai sensi della citata ordinanza n. 3287, l'approvazione del progetto sostituisce ad ogni effetto pareri, autorizzazioni, visti e nulla-osta e costituisce eventuale variante di strumenti urbanistici;
l'opera, quasi del tutto completata, è stata oggetto di ristrutturazione edilizia e ampliamento di edifici esistenti ed, in particolare, è stata realizzato ex novo un opera di recinzione -:
in base a quale disposizione è stato possibile realizzare un'ampia opera di ristrutturazione edilizia sulla ex Caserma Polonio di Gradisca, in deroga alla legge regionale del Friuli Venezia Giulia n. 52 datato 19 novembre 1991 la quale prevede all'articolo 89 che per le opere statali e di interesse statale l'accertamento della conformità alle prescrizioni degli strumenti urbanistici e dei regolamenti edilizi, salvo che per le opere destinate alla difesa militare, è fatto dallo Stato d'intesa con la regione, sentiti gli enti locali nel cui territorio sono previsti gli interventi, entro 120 giorni dalla richiesta dell'amministrazione competente, atteso che l'ordinanza 3287 citata nel decreto di approvazione del progetto è stata emanata d'intesa con le regioni Veneto, Marche e Liguria e non con il Friuli Venezia Giulia;
se l'ordinanza n. 3287 sia applicabile anche alla regione Friuli Venezia Giulia o solo alle regioni per le quali è stata raggiunta un'intesa;
quali siano le ragioni per cui, qualora applicabile, non sia stata richiesta un'intesa con la regione Friuli Venezia Giulia, come avvenuto invece per altre regioni;
se sia vero che la commissione tecnica istituita ai sensi dell'articolo 1 comma 3 della citata ordinanza n. 3287 non sia stata integrata dal componente della regione Friuli Venezia Giulia;
se i lavori realizzati siano stati sottoposti al controllo successivo della Corte dei Conti, così come previsto dall'articolo 33 della legge 11 febbraio 1994 n. 109.
(4-14686)

Risposta. - La realizzazione di un centro polifunzionale per immigrati irregolari, nel Nord-Est dell'Italia è un progetto da


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tempo perseguito da questa amministrazione al fine di attuare una efficace azione di contrasto ai flussi di clandestini provenienti dai Balcani e dall'Est Europa perseguendo l'obiettivo strategico di un maggiore controllo del territorio nazionale.
Il decreto interministeriale 22 dicembre 2000, che ha individuato nella caserma dell'Esercito «Ugo Polonio» una struttura idonea - dopo i dovuti rifacimenti tecnico-strutturali - ad ospitare un centro di permanenza temporanea per immigrati irregolari, è stato preceduto da una serie di incontri avuti dalle più alte cariche dell'Amministrazione dell'Interno (l'onorevole Bianco, in qualità di Ministro
pro tempore, ed il Sottosegretario onorevole Nardo) con esponenti della Regione Friuli-Venezia Giulia ed i sindaci dell'Isontino.
Durante tali ripetuti incontri le Autorità del luogo hanno dato l'assenso alla realizzazione di un Centro per immigrati a Gradisca d'Isonzo (Gorizia) e il ministero dell'interno ha condotto il relativo
iter amministrativo secondo le disposizioni di legge.
In merito all'ordinanza del Consiglio dei Ministri n. 3287 del 23 maggio 2003, citata dall'interrogante, si deve osservare che la stessa è applicabile a tutte le Regioni italiane. Tuttavia l'intervento di un rappresentante regionale nella Commissione tecnico consultiva istituita ai sensi dell'articolo 1 comma 3, della citata ordinanza è richiesto, limitatamente alle ipotesi di variazioni d'ufficio agli strumenti urbanistici, per le sole opere ricadenti nei territori di Veneto, Sicilia, Marche e Liguria, secondo l'intesa raggiunta in tal senso con quelle Regioni, richiamata nel preambolo dell'ordinanza n. 3287.
Al riguardo, la mancata chiamata di un rappresentante della Regione Friuli-Venezia Giulia in sede di approvazione del progetto, è da attribuire al fatto che per la ristrutturazione e l'adeguamento del centro di Gradisca di Isonzo (Gorizia) non ricorrevano le condizioni di cui all'articolo 1 del decreto del Presidente della Repubblica n. 616 del 1977, riprese dal decreto del Presidente della Repubblica n. 383 del 1994, riguardanti la disciplina dei procedimenti di localizzazione delle opere di interesse statale comportanti l'intesa nel caso di difformità dalle previsioni degli strumenti urbanistici locali, tenuto conto che, trattandosi di un ordinario intervento di ristrutturazione e di adeguamento di un immobile esistente del demanio militare, comunque già adibito ad uso pubblico, destinato a centro di permanenza, temporanea, tale difformità era inesistente.
Giova sottolineare, in proposito, che nella regione Friuli-Venezia Giulia la stessa legge regionale 19 novembre 1991, n. 52, citata dall'interrogante, prevede per le opere pubbliche destinazioni d'uso non diversificate.
In relazione all'estrema urgenza legata all'esigenza di fronteggiare la grave situazione determinata dagli arrivi clandestini sul territorio nazionale, si è, pertanto, provveduto ad avvalersi della Commissione di cui all'articolo 1, comma 3, dell'ordinanza n. 3287, esclusivamente per l'acquisizione degli aspetti strettamente tecnici ed economici del progetto da porre a base dell'affidamento.
Infine, per quanto concerne l'ultimo quesito posto dall'interrogante, si comunica che, ai sensi dell'articolo 33 della legge 11 febbraio 1994, n. 109, il ministero dell'interno invierà il contratto e la relativa documentazione dei lavori di costruzione del centro di Gradisca d'Isonzo alla Corte dei Conti solo a conclusione dell'intero
iter realizzativo, in quanto, trattandosi di opera, all'epoca «secretata», il predetto organo di controllo amministrativo-contabile ha declinato la propria competenza rinviandola al momento successivo.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Giampiero D'Alia.

MASCIA. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il 17 giugno 2005 una donna cinese proveniente dal Cpt di Ragusa viene ricoverata all'ospedale civile di Ragusa con evidenti segni di percosse;
la donna che al suo arrivo a Ragusa aveva dichiarato di essere stata picchiata


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dalla polizia e sparisce nel nulla dopo il ricovero;
il parlamentare europeo Giusto Catania l'8 luglio 2005, nonostante una serie di ostacoli burocratici posti dalle autorità competenti, riesce ad effettuare una visita al Cpt di Ragusa;
risulta che sia il personale di polizia che quello della Croce Rossa operante all'interno del Cpt di Ragusa sia di sesso maschile, nonostante il centro sia ormai riservato alle donne;
risulta che la vigilanza all'interno del centro sia effettuata anche con l'ausilio di telecamere;
il giorno della visita dell'europarlamentare nel Cpt erano recluse anche sei donne della Repubblica del Togo che avevano chiesto asilo politico;
il commissario della Croce Rossa Giovanni Beretta, responsabile del Cpt, ha reso pubblica una nota avuta dai due medici in servizio nel centro nella quale verrebbero sottolineati «suggerimenti da parte della polizia affinché non dispongano il ricovero in ospedale di soggetti trattenuti nella struttura, anche quando è necessario» (Giornale di Sicilia 10 luglio, 2005) -:
dove si trovi attualmente la donna cinese di cui dopo il ricovero in ospedale non si hanno più notizie e se intenda chiarire la sua personale vicenda prima dell'arrivo al Cpt di Ragusa;
quante siano le donne asiatiche passate dal Cpt di Ragusa e se non ritenga che l'eventuale incremento della loro presenza sia da collegare a nuovi fenomeni di sfruttamento della manodopera;
per quale ragione in un luogo dove vengono detenute donne il personale di polizia e quello della Croce Rossa sia di sesso maschile e se non ritenga che questa promiscuità possa dar luogo a ricatti di natura sessuale nei confronti delle straniere;
se risulta vero che siano state fatte pressioni sui medici del Cpt al fine di evitare il ricovero di donne che per le loro patologie dovevano essere curate in ospedale e, in caso affermativo, quali iniziative intenda prendere al riguardo;
se risulta vero che il Cpt di Ragusa ospiti anche stranieri richiedenti asilo.
(4-15919)

Risposta. - In relazione a quanto richiesto nell'atto ispettivo in esame, va premesso che il Centro di permanenza temporanea e assistenza di Ragusa, riattivato, dopo un periodo di sospensione, nell'ottobre del 2004 con una capienza di circa 60 persone, ospita cittadini extracomunitari destinatari di provvedimenti di espulsione ed è gestito, sulla base di apposita convenzione stipulata con la locale Prefettura, dal comitato provinciale della Croce Rossa Italiana.
Quanto alla possibile presenza al suo interno di stranieri già destinatari di provvedimenti di espulsione e che abbiano successivamente presentato domanda di asilo, si evidenzia che tale eventualità è espressamente disciplinata dall'articolo 2, comma 4, del decreto del Presidente della Repubblica 16 settembre 2004, n. 303.
Attualmente, il Centro è adibito al trattenimento solo di persone di sesso femminile ed è sempre, anche in relazione alla carenza di analoghe strutture nel territorio nazionale, al pieno della sua operatività.
Per quanto riguarda, in particolare, le questioni sollevate dall'interrogante, si rileva, in primo luogo, che il servizio di vigilanza presso il Centro viene espletato da personale della Polizia di Stato e dell'Arma dei Carabinieri esclusivamente lungo il perimetro esterno della struttura, mentre all'interno opera il personale della Croce Rossa.
In ordine alla presenza di un sistema di videosorveglianza presso il Centro, si precisa che le telecamere sono state appositamente posizionate in modo da rispettare la
privacy delle ospiti, in conformità alle direttive contenute nel Provvedimento generale sulla videosorveglianza adottato il 29


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aprile 2004 dal Garante per la protezione dei dati personali.
Venendo, ora, alla situazione all'interno del centro in occasione della visita effettuata, l'8 luglio 2005, dal deputato europeo onorevole Giusto Catania, si comunica che, quel giorno, tra le ospiti trattenute vi erano effettivamente cinque donne della Repubblica del Togo e una del Ghana che il giorno precedente avevano presentato istanza per ottenere il riconoscimento dello «
status» di rifugiato.
Le istanze delle sei ospiti erano state trasmesse, quello stesso 8 luglio, dalla Questura alla competente Commissione territoriale per il riconoscimento dello «
status» di rifugiato di Siracusa che provvedeva a convocare le straniere per il successivo 21 luglio 2005.
Rispetto alle cause dell'asserito incremento di una presenza di donne di provenienza asiatica presso il Centro, va segnalato che le straniere ospitate provengono da tutta Italia senza che sia, pertanto, possibile effettuare alcuna valutazione sui fenomeni da cui tale eventualità possa scaturire.
Infine, in merito alle segnalate presunte violenze a danno di una cittadina cinese ospite del Centro, si comunica che, il 15 giugno 2005, personale della Questura di Teramo ha accompagnato presso il Centro di Ragusa la cittadina cinese Lie In Min, munita di decreto di espulsione e contestuale provvedimento di trattenimento emessi rispettivamente dal Prefetto e dal Questore di Teramo.
La straniera è risultata essere stata rintracciata dai carabinieri della Stazione di Colonnella (Teramo), nel corso di un'operazione di contrasto alla prostituzione.
La predetta cittadina cinese, nello stesso giorno di arrivo presso la struttura, a seguito di malore, è stata accompagnata al locale ospedale dove le sono stati riscontrati degli ematomi pregressi e diffusi sul corpo e, successivamente, è stata riaccompagnata al Centro.
Nel corso della serata, la stessa, per una riferita crisi epilettica, è stata ricoverata in ospedale, da dove si è allontanata arbitrariamente il 22 giugno 2005.
Sull'intera vicenda risultano avviate indagini da parte della Procura della Repubblica di Ragusa con delega alla locale Squadra Mobile.
La stessa Procura ha, altresì, delegato alla Squadra Mobile di Ragusa indagini sulle dichiarazioni richiamate anche dall'interrogante di alcuni medici della Croce Rossa Italiana in servizio presso il Centro.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Giampiero D'Alia.

MENIA. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
nel primo semestre dell'anno si è registrato, nella provincia di Trieste, un notevole calo della vendita di sigarette nonostante siano state aggregate al DFL di Trieste trentatré rivendite di tabacchi; infatti la quantità di vendita media mensile che nel 2004 si aggirava sui 30.000 chili si attesta ora sui 25.000, il che significa che nella sola provincia di Trieste vi è un calo delle vendite superiore al 20 per cento;
tale calo è imputabile al continuo migrare dei fumatori locali verso i poli di vendita al dettaglio situati oltreconfine e comunemente denominati «Duty Free» ove la differenza del prezzo d'acquisto di una stecca di sigarette di marca raggiunge anche i 12-14 euro;
la legge permetteva, fino al mese di giugno 2005, l'acquisto pro capite sino a quattro stecche di sigarette, ciò vuol dire che una vettura con 5 persone a bordo - quand'anche tra di essi vi fosse un solo fumatore - poteva trasportare in Italia quattro chili di sigarette; con il decreto del Ministero dell'economia del 30 giugno 2005 il limite è stato ridotto ad una stecca a persona ed il fenomeno, pure in dimensioni più ridotte, è continuato;
tale possibilità ha dato origine ad una vendita clandestina e sottocosto, soprattutto nei locali notturni, delle suddette stecche di sigarette recando un notevole danno economico sia alle casse della regione


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Friuli Venezia Giulia poiché una cospicua parte del gettito fiscale derivante dalla vendita dei tabacchi viene destinata alle regioni di pertinenza, sia ai singoli esercenti -:
quali iniziative intenda adottare il Ministro interrogato e, in particolare, se intenda ripristinare il vecchio limite dei due pacchetti pro capite, rinvigorendo contestualmente il controllo del traffico transfrontaliero con l'ausilio della Guardia di finanza e dando forte risalto alle sanzioni comminate nei confronti di eventuali trasgressori.
(4-16982)

Risposta. - L'interrogante chiede di sapere quali iniziative si intendano adottare per far fronte al drastico calo della vendita di sigarette nella provincia di Trieste; il tutto, presumibilmente, dovuto al continuo migrare dei fumatori locali verso la vicina Slovenia per l'acquisto di prodotti da fumo.
Si può osservare, al riguardo, che il decreto-legge 30 agosto 1993, n. 331, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427, all'articolo 11, ha fissato i limiti quantitativi di tabacchi lavorati, provenienti dall'estero, che possono essere introdotti nel territorio italiano, per consumo personale senza pagamento dell'accisa, limite che per le sigarette è di 800 pezzi (quattro stecche).
Il decreto ministeriale 26 gennaio 1996, n. 95, e successive modificazioni, ha poi ridotto i limiti per i tabacchi lavorati provenienti dai Paesi terzi, stabilendo per le sigarette il limite di 200 pezzi (una stecca), sulle quali non viene pagata l'imposta di consumo (cosiddetta franchigia).
Come riferito dall'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, la Slovenia, recentemente entrata a far parte dell'Unione Europea, nell'ambito della politica tesa al riavvicinamento delle disposizioni in materia di imposta sui tabacchi, usufruisce di una deroga che consente di applicare solo dal 1o gennaio 2008 l'accisa minima globale di 64 euro sul prezzo di vendita al minuto per le sigarette appartenenti alla classe di prezzo più richiesta.
Questo ha comportato, nell'anno in corso, una netta diminuzione delle vendite di sigarette nelle province italiane limitrofe, con evidente danno per le tabaccherie, in considerazione della circostanza che le sigarette medesime venivano acquistate per uso personale in Slovenia ad un prezzo nettamente inferiore rispetto a quello applicato in Italia.
Il nostro Paese, avvalendosi della facoltà prevista a favore degli altri Stati membri, dall'atto di adesione della Slovenia al Trattato dell'Unione Europea, di mantenere sui quantitativi di sigarette da introdurre da tale Stato nel territorio nazionale le stesse limitazioni applicate alle importazioni dai Paesi terzi, con il decreto direttoriale dell'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato del 30 giugno 2005, ha previsto, per le sigarette provenienti dalla Slovenia, il limite di 200 pezzi.
Con tale provvedimento si è andato incontro agli interessi dei rivenditori italiani operanti sui territori confinanti con la Slovenia.
Ulteriore salvaguardia potrà aversi con l'intensificazione dei controlli alla frontiera, fino al momento in cui la Slovenia dovrà adeguare il prezzo delle sigarette a quello applicato dagli altri Stati dell'Unione Europea.
In tale ottica, il Comando generale della Guardia di Finanza ha fatto presente che, a seguito dell'ingresso della Slovenia nell'Unione Europea, avvenuto nel mese di maggio 2004, sono venuti meno gli obblighi doganali connessi all'attraversamento della linea confinaria, per cui i valichi di confine terrestri con quel Paese non sono più presidiati da militari del Corpo.
Si è tuttavia provveduto a segnalare ai reparti interessati l'opportunità di valorizzare, tra i servizi d'istituto volti al controllo «fiscale» del territorio, le ispezioni
in itinere lungo le principali direttrici di collegamento con la Slovenia.
I risultati conseguiti, fino a settembre di quest'anno, dal Comando regionale Friuli Venezia Giulia nel controllo del territorio svolto in prossimità dei valichi di confine compresi nelle province di Trieste, Gorizia e Udine, hanno determinato 146 sequestri di tabacchi lavorati esteri destinati al consumo personale, per un totale di Kg. 349,4.


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Più in generale, nell'anno 2004 e nei primi nove mesi del 2005, il citato reparto territoriale ha conseguito, nel comparto in argomento e sull'intero territorio regionale, i risultati riepilogati nei seguenti prospetti:
nell'anno 2004, gli interventi eseguiti sono stati n. 109; i soggetti verbalizzati sono stati n. 122; i sequestri di tabacchi lavorati esteri sono stati pari a kg. 6.581,28 e i tributi evasi sono stati pari a euro 50.125;
nell'anno 2005 (nel periodo gennaio-settembre), gli interventi eseguiti sono stati n. 169; i soggetti verbalizzati sono stati n. 173; i sequestri di tabacchi lavorati esteri sono stati pari a Kg. 7.080,28 e i tributi evasi sono stati pari a euro 335.944.
Il Sottosegretario di Stato per l'economia e per le finanze: Manlio Contento.

NARDINI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
in Puglia nell'ambito della stabilizzazione dei lavoratori LSU, prevista dalle leggi n. 468 del 1997 e n. 81 del 2000, alcune centinaia degli stessi sono stati assunti in consorzi di cooperative che operavano, operano ed opereranno fino al 31 dicembre 2005 negli istituti scolastici con mansioni di ausiliari delle pulizie-bidelli per 35 ore settimanali sulla base di una convenzione stipulata con il Ministero dell'istruzione;
dal 1 gennaio 2006 gli appalti in scadenza verranno sottoposti a gara d'appalto europea senza che tale condizione consenta alcuna certezza sulla quota di riserva occupazionale a favore delle anzidette maestranze;
tale prospettiva starebbe determinando una viva preoccupazione ed il timore, dopo solo 5 anni, di una espulsione dal mercato del lavoro quale conseguenza di un esito non favorevole della gara di appalto europea;
la preoccupazione e il timore relativi alla eventuale non aggiudicazione della gara di appalto europea, sussisterebbero anche in caso di esito positivo, poiché il salario netto di un operatore è di 770 euro mensili, somma questa che verrebbe ridotta quale conseguenza delle meno ore di lavoro richieste dall'aggiudicatario dell'appalto agli operatori impiegati nella scuola -:
quali misure si intendano assumere per garantire una effettiva stabilità del posto di lavoro degli ex LSU, a fronte del fatto che l'esigenza di servizio del settore scolastico viene affrontata solo con operazioni di esternalizzazione dei servizi stessi;
se non si intenda procedere alle assunzioni dei predetti lavoratori in un nuovo processo di internalizzazione degli stessi servizi in considerazione dell'assoluta carenza di personale nel settore scolastico dei servizi.
(4-16679)

Risposta. - L'interrogante esprime preoccupazioni circa il rischio di espulsione dal mondo del lavoro dei dipendenti dei consorzi d'impresa che espletano il servizio di pulizia in alcune istituzioni scolastiche, in particolare della Puglia, a seguito della intervenuta terziarizzazione del relativo servizio; per scongiurare tale pericolo l'interrogante chiede interventi.
Va premesso che per terziarizzazione si intende l'adozione di provvedimenti per stabilizzare il rapporto di lavoro dei soggetti utilizzati nei progetti di lavoro socialmente utili attraverso convenzioni con enti esterni alla pubblica amministrazione che si impegnano ad assumere i lavoratori e a corrispondere la relativa retribuzione; pertanto il relativo rapporto di lavoro si instaura esclusivamente con enti esterni alla pubblica amministrazione.
Ciò precisato, per quanto d'interesse di questa Amministrazione va detto che le procedure di terziarizzazione dei servizi di pulizia nelle scuole per la stabilizzazione dei lavoratori socialmente utili ivi utilizzati sono state definite con decreto ministeriale n. 65 del 24 aprile 2001, emesso di concerto


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con il Ministro del lavoro e della previdenza sociale ed il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, in applicazione delle disposizioni contenute nell'articolo 78, comma 31, della legge n. 388 del 23 dicembre 2000 (legge finanziaria 2001).
In applicazione delle suddette disposizioni, in data 7 giugno 2001, è stata stipulata una Convenzione quadro con quattro Consorzi che, tra l'altro, ha previsto la stabilizzazione dei lavoratori socialmente utili utilizzati presso gli istituti scolastici al 30 giugno 2001.
La Convenzione è stata poi censurata dall'Unione europea con procedura d'infrazione n. 2002/4476 per violazione della direttiva 92/50/CEE in materia di pubblici appalti. A seguito dei contatti intercorsi con la Commissione, l'infrazione stessa è stata composta.
Dovendosi procedere alla gara d'appalto europea, il ministero, per assicurare omogeneità di comportamento da parte degli Uffici scolastici regionali che dovranno indire le gare d'appalto, ha emanato la direttiva n. 68 del 28 luglio 2005.
Si evidenzia che nelle premesse della suddetta direttiva, integralmente richiamate dall'articolo 1 della direttiva stessa, è espressamente menzionato il contratto collettivo nazionale di lavoro del personale dipendente da imprese esercenti servizi di pulizia e servizi integrati/multiservizi sottoscritto in data 25 maggio 2001 ed, in particolare, l'articolo 4 del contratto collettivo nazionale di lavoro il quale dispone che, in caso di cessazione dell'appalto, l'impresa subentrante, a parità di termini, modalità e prestazioni contrattuali, s'impegna all'assunzione del personale facente capo all'impresa cessata.
I lavoratori di cui trattasi, quindi, non si trovano in una condizione di precarietà, come è stato ritenuto pure dal Consiglio di Stato nel parere n. 365/04, Sez. 11/9.6.2004; ciò in quanto - a fronte della normativa di riferimento ed in particolare del decreto ministeriale n. 65/2001 - attualmente i lavoratori in argomento hanno una posizione lavorativa stabilizzata, atteso che i rapporti consolidatisi con i rispettivi Consorzi traggono origine da contratti a tempo indeterminato, finanziati con apposite risorse previste dalle leggi finanziarie.
Questa circostanza, del resto, risulta anche all'interrogante che, giustamente, si riferisce ai lavoratori in questione con la definizione di personale «
ex LSU».
Va infine fatto presente che la legge finanziaria 2006 prevede un apposito stanziamento per gli esercizi 2006, 2007 e 2008 e consentirà, così, l'attivazione di contratti di durata triennale con le imprese aggiudicatarie.
Alla luce di quanto sopra esposto le preoccupazioni espresse nell'interrogazione non hanno ragione d'essere.
Il Sottosegretario di Stato per l'istruzione, per l'università e per la ricerca: Valentina Aprea.

ONNIS. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
in Sardegna, la stampa locale ha recentemente richiamato l'attenzione sul problema delle adozioni internazionali, con particolare riferimento ai rapporti che, su questo specifico tema, intercorrono tra l'Italia e la Bielorussia (L'Unione Sarda, edizione del 5 novembre 2005, pagina 19);
si apprende, così, che «140 famiglie» italiane, che aspirano all'adozione di un bambino bielorusso, «hanno superato tutti gli "sbarramenti", hanno avuto assegnati i piccoli, hanno contattato i bambini e non riescono a portarli in Italia. In pratica, queste famiglie non possono rientrare, perché rientrerebbero da sole: i bambini non sono autorizzati dal Governo bielorusso a venire in Italia con i loro futuri genitori» (L'Unione Sarda, citata);
inoltre, secondo la stessa fonte, «oltre 600 famiglie sono in attesa, e vengono tenute sul filo del rasoio senza avere la certezza dell'assegnazione del bambino, anche avendo soddisfatto gli obblighi economici e amministrativi»;


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finora, infatti, nella materia in esame, la «Bielorussia non si è adeguata all'operato di altri Paesi»;
si auspica, pertanto, un intervento del «Ministro per gli affari esteri ... al fine di ridare il sorriso a questi bambini e la tranquillità a tanti genitori»;
nel quadro cui si è fatto riferimento si inserisce anche la particolare vicenda - rievocata dal quotidiano già citato, nel medesimo contesto - della signora Annalisa Dessalvi, «prima single autorizzata a creare una famiglia con un'adolescente bielorussa», la quale, ancora oggi, è costretta a vivere nello Stato d'origine -:
quali iniziative siano state finora assunte, e si vogliano ulteriormente intraprendere, nell'ambito dei rapporti internazionali con il Governo della Bielorussia, per favorire il più rapido superamento delle difficoltà lamentate dalle famiglie italiane - e in particolare dalla signora cagliaritana Annalisa Dessalvi - nel condurre a compimento le procedure di adozione dei bambini di quello Stato e nel trasferimento degli adottandi in Italia.
(4-17862)

Risposta. - Nell'ottobre del 2004, a seguito di una serie di interventi del Presidente Lukascenko in cui si denunciava una tratta di bambini bielorussi e gli effetti negativi dei soggiorni all'estero dei minori, le Autorità di Minsk hanno sospeso l'accettazione di nuove richieste di adozione internazionale nonché le procedure adottive già avviate, in attesa degli esiti di una ricognizione delle adozioni realizzate a partire dal 1997 e di modifiche alla normativa in materia.
La nuova normativa, varata il 14 gennaio 2005, è ispirata a criteri restrittivi per quanto riguarda l'adozione internazionale che assume un più deciso carattere di sussidiarietà rispetto a quella nazionale e parallelamente vengono introdotte misure di sostegno economico a favore di famiglie bielorusse affidatarie o adottanti di minori abbandonati.
Il ministero degli affari esteri, sin dalla scorsa primavera, ha svolto ripetuti passi a diversi livelli per sensibilizzare le Autorità bielorusse sulle gravi conseguenze del blocco delle adozioni e degli orientamenti di maggior chiusura profilatisi anche in tema di soggiorni temporanei all'estero di bambini bielorussi.
Al tempo stesso si è sollecitata un'adeguata riflessione del Governo di Minsk sul problema delle procedure di adozione internazionale di minori già avviate - secondo i dati della nostra Ambasciata i casi sono 154 - con l'invito a giungere a soluzioni conformi a principi di umanità e giustizia, nel rispetto dei vincoli affettivi già stabilitisi tra i bambini e gli aspiranti genitori adottivi.
Alle richieste italiane si è opposto da parte bielorussa un pregiudiziale atteggiamento di chiusura, rinviandone la presa in considerazione alla conclusione di un nuovo protocollo bilaterale in materia di adozioni internazionali tra la nostra Commissione per le adozioni internazionali e quel ministero dell'istruzione.
A seguito di ripetuti passi svolti a Roma ed a Minsk, la parte bielorussa informava a fine luglio di essere autorizzata «ai più alti livelli» a confermare la volontà del suo Paese di discutere con spirito costruttivo con le Autorità italiane per trovare una soluzione alle pratiche di adozione avviate prima dell'entrata in vigore della nuova normativa ed agli altri problemi riguardanti i minori.
In questo contesto, veniva concordato un percorso che prevedeva la visita in Bielorussia di una delegazione della Commissione parlamentare per l'infanzia, preceduta da un incontro a Minsk a livello di alti funzionari, nell'intento di preparare il nuovo Protocollo di intesa tra la Commissione per le adozioni internazionali e la competente Autorità Centrale bielorussa per consentire la ripresa della presentazione da parte italiana di domande di adozione e di mettere in moto, con la sottoscrizione di un apposito documento, un processo per sbloccare gradualmente le procedure di adozione avviate secondo la precedente normativa.


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Gli incontri avuti dai negoziatori italiani il 13 e 14 ottobre 2005 non hanno avuto esito positivo, poiché non è stato possibile finalizzare le previste intese in vista della loro firma in occasione della successiva visita a Minsk della Delegazione della Commissione parlamentare per l'infanzia, avvenuta dal 24 al 26 ottobre. Nell'imminenza della partenza dei Parlamentari si doveva registrare anzi l'indisponibilità bielorussa a sottoscrivere il documento riguardante le procedure adottive bloccate con l'entrata in vigore della nuova normativa, la cui soluzione doveva quindi trovare impropriamente collocazione nell'ambito del protocollo destinato a regolare le future adozioni.
Durante il soggiorno a Minsk della Commissione, da parte bielorussa veniva elaborato e sottoposto ai Parlamentari un testo insoddisfacente.
La successiva tornata negoziale a livello di alti funzionari, svoltasi a Minsk dal 26 al 28 ottobre, pur facendo registrare qualche limitato avanzamento, si è arenata sull'inadeguata formulazione bielorussa dell'articolo del nuovo Protocollo destinato a regolare le adozioni pendenti.
I contatti non si sono interrotti e sono continuati per via diplomatica, consentendo di mettere a punto un nuovo testo dell'articolo in questione che veniva incontro alle esigenze di carattere umanitario e di equità manifestate dall'Italia, nell'intento di salvaguardare l'interesse prioritario dei bambini ed i legami affettivi creatisi tra loro e le famiglie che ne avevano chiesto l'adozione.
Il nuovo Protocollo di collaborazione italo-bielorusso in materia di adozione è stato quindi firmato a Minsk il 12 dicembre scorso e, oltre a fissare modalità e procedure per le future domande di adozione, contiene l'impegno delle Autorità bielorusse ad esaminare, entro febbraio 2006, tutte le procedure pendenti alla data dell'ottobre 2004, comprese quelle per le quali è intervenuta nel frattempo una decisione negativa, nell'intento di favorire il ricongiungimento dei bambini bielorussi con quelli che essi già da tempo considerano i loro genitori adottivi.
Non si dispone infine di specifici elementi sulla procedura adottiva riguardante la Signora Annalisa Dessalvi, che non risulta tra quelle pendenti presso le Autorità bielorusse.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Roberto Antonione.

PAPPATERRA. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
il recente caso delle zecche sui treni ha acceso i riflettori sulle drammatiche condizioni in cui versano i trasporti ferroviari italiani, conseguenza dei continui tagli che Trenitalia effettua soprattutto nel sud del paese;
un altro esempio eclatante della situazione descritta è rappresentato dallo smantellamento della stazione di Vaglio Lise a Cosenza nonché dello scalo di San Marco-Roggiano, importante snodo ferroviario della Valle dell'Esaro, che, a tutt'oggi, versa in uno stato di totale abbandono;
da anni, infatti, a seguito della ristrutturazione delle Ferrovie dello Stato e nonostante l'elettrificazione della tratta Cosenza-Sibari, gli scali ricadenti su detta tratta vivono una condizione di forte disagio e inefficienza operativa, in particolare quello di San Marco-Roggiano;
la su menzionata stazione serve moltissimi comuni della Valle dell'Esaro (San Marco Argentano, Roggiano Gravina, Malvito, Santa Caterina Albanese, Fagnano, Mottafollone, San Sosti, San Donato di Nivea, Sant'Agata d'Esaro), con una popolazione complessiva di oltre 30.000 abitanti molti dei quali lavoratori pendolari che, quotidianamente, si servono del servizio ferroviario per raggiungere il posto di lavoro stante i costi eccessivi che comporterebbe lo spostarsi con mezzi propri;
da tempo ormai, solo pochi treni locali fermano in questo scalo che risulta assolutamente privo di una qualsiasi forma di assistenza nonché dell'essenziale


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servizio di biglietteria, attualmente affidato a agenzie con orari di apertura limitati -:
se e come le autorità competenti, di concerto con le amministrazioni locali, intendano risolvere la situazione in oggetto garantendo, nello specifico, un potenziamento dello scalo di San Marco-Roggiano inteso nel senso di un miglioramento della sua funzionalità e di un deciso incremento dei treni in transito.
(4-17184)

Risposta. - In riferimento all'interrogazione in esame, si forniscono i seguenti elementi di risposta comunicati dalla società Ferrovie dello Stato.
Viene premesso che l'offerta dei servizi regionali viene definita d'intesa con le Regioni le quali costituiscono l'interlocutore primario di Trenitalia s.p.a, per l'attività di programmazione di tali servizi.
Con il nuovo orario in vigore all'11 dicembre 2005, l'attuale offerta di trasporto interessante la stazione di San Marco Roggiano verrà incrementata ripristinando il servizio con treni regionali per due collegamenti attualmente effettuati con autobus da e per Cosenza-Sibari.
Relativamente alla richiesta di un incremento dei collegamenti interessanti lo scalo in questione, viene osservato che detta stazione sviluppa un volume di traffico in salita/discesa di 5 viaggiatori medi al giorno relativamente a ciascun treno del trasporto regionale. Peraltro, anche i treni di lunga percorrenza registrano un numero di viaggiatori estremamente esiguo di viaggiatori in partenza dalla suddetta stazione.
Sulla base di questi dati, Ferrovie dello Stato ritiene che l'attuale offerta, in assenza di consistenti incrementi della domanda, sia adeguatamente dimensionata alle esigenze di mobilità ed alle potenzialità commerciali espresse dal territorio servito.
Il Sottosegretario di Stato per le infrastrutture e per i trasporti: Nino Sospiri.

PASETTO, ROSATO, CARBONELLA e TUCCILLO. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
la compagnia aerea Alitalia potrebbe, tra qualche mese, essere costretta a lasciare a terra i 70 aerei «Md80», che costituiscono il nerbo della sua flotta a medio raggio. Lo stop sarebbe causato dall'imminente entrata in vigore dei nuovi limiti di inquinamento acustico e ambientale negli aeroporti francesi, tedeschi e britannici da cui gli «Md80» potrebbero presto essere impossibilitati ad atterrare a causa dei loro motori considerati troppo inquinanti e rumorosi;
l'entrata in vigore delle nuove disposizioni rischia di ripercuotersi negativamente su Alitalia che dovrebbe sospendere parte dei voli sulle rotte dell'Europa occidentale, lasciando così spazio alla concorrenza;
da quanto si apprende dagli organi di stampa la compagnia aerea Alitalia sta valutando la possibilità di redistribuire gli aerei meno inquinanti della propria flotta (gli Airbus 319, gli Airbus 320 e gli Airbus 321) su alcune delle rotte dell'Europa occidentale, ma il numero di questi aerei disponibili non permetterebbe la completa sostituzione degli «Md80» che rischierebbero pertanto di non poter viaggiare, con inevitabili costi per la compagnia aerea;
una possibile soluzione è quella di rimotorizzare gli «Md80» e, secondo fonti sindacali, l'ipotesi sarebbe già stata presa in considerazione dall'azienda, ma per il momento messa da parte a causa dell'eccessiva onerosità dell'operazione in rapporto alle attuali disponibilità finanziarie;
i costi per la sostituzione dei propulsori si aggirano, infatti, tra i 2,5 e i 3 milioni di euro per aereo e, quindi la spesa complessiva potrebbe arrivare sino a 210 milioni, troppi per velivoli la cui età media si aggira sui 20 anni;
le restrizioni all'operatività degli «Md80» riguardano anche le flotte di Meridiana, che ne ha 17, e di ItaliAirlines, che ne ha 5 -:
quali iniziative il Governo abbia intrapreso o intenda intraprendere per evitare


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che l'applicazione delle nuove disposizioni in materia di inquinamento acustico si ripercuotano negativamente sulle compagnie aeree nazionali.
(4-14691)

Risposta. - In merito alle problematiche evidenziate con l'atto ispettivo cui si risponde, sono state richieste informazioni all'Ente nazionale per l'aviazione civile il quale rappresenta che i nuovi limiti di inquinamento acustico e ambientale previsti dalla Direttiva dell'Unione Europea n. 2002/30/CE sono stati recepiti dall'Italia il 17 febbraio 2005.
Lo scopo precipuo di tale direttiva è quello della riduzione del rumore prodotto dai velivoli civili a reazione, mediante restrizioni alle operazioni nell'ambito degli aeroporti facenti parte dell'Unione Europea.
Già da molti anni esiste in Europa una generale tendenza verso un quadro ambientale sempre più soddisfacente mirato a ridurre le emissioni acustiche degli aeromobili civili, alla luce sia delle Direttive UE contro i velivoli a reazione certificati dall'ICAO con annesso 16, cap. 2, sia delle certificazioni acustiche degli elicotteri, sia dall'introduzione dell'annesso 16, cap. 4 per le future generazioni di velivoli a reazione. Le compagnie aeree, quindi, sono tenute ad uniformare le proprie flotte ai requisiti stabiliti dalle normative in vigore.
L'Ente aeronautico fa presente che i velivoli a cui la Direttiva è applicabile sono quelli a reazione il cui peso massimo al decollo deve essere maggiore ai 34.000 Kg, oppure a quelli il cui numero dei passeggeri deve essere maggiore di 19 e che siano «marginalmente conformi». Infatti, per «marginalmente conforme» si intende un velivolo a reazione certificato acusticamente da una autorità di aeronavigabilità, secondo i requisiti prescritti dall'ICAO annesso 16, vol. I, cap. 3 per il quale la somma delle eccedenze acustiche, vale a dire il margine globale positivo rispetto ai limiti ammessi, non sia superiore a 5 EPNd(B). L'EPNd(B) è l'unità di misura del livello del rumore utilizzata per la certificazione dei velivoli a reazione secondo il citato annesso 16, cap. 3.
A riguardo, l'ENAC precisa che ogni velivolo a reazione viene certificato acusticamente mediante una serie di prove che prevedono tre procedure separate per le diverse fasi di volo (decollo, sorvolo, avvicinamento), ognuna delle quali, dopo opportune correzioni, consente di determinare un livello di rumore per ogni fase. Questi tre livelli corretti rappresentano la certificazione acustica del tipo di velivolo.
Parallelamente, in funzione di alcuni parametri caratteristici dello stesso velivolo quali il peso massimo al decollo e il numero di motori, i requisiti dell'annesso 16 indicano tre livelli di rumore massimi ammissibili (per decollo, sorvolo, avvicinamento) che non possono essere superati. Quando il velivolo a reazione, dopo aver effettuato le prove di rumore secondo l'annesso 16, cap. 3, possiede tutti i tre livelli di rumore certificati, inferiori a quelli massimi ammissibili stabiliti dalla stessa norma, si ritiene acusticamente certificato.
L'Ente nazionale per l'aviazione civile fa presente che la somma delle tre differenze fra i livelli ammissibili previsti dal succitato annesso 16 ICAO e i corrispondenti livelli certificati, fornisce il «margine cumulativo». Se tale margine cumulativo è maggiore di 5 EPNd(B) allora il velivolo a reazione non è sottoposto alle restrizioni operative previste dalla Direttiva UE 2002/30/CE articolo 3, paragrafo d, perché non è considerato «marginalmente conforme».
L'ENAC rappresenta, infine, che i velivoli a reazione della serie MD-80 attualmente operati dal vettore Alitalia, così come da altri operatori nazionali ed europei, possiedono margini Cumulativi molto superiori a 5 EPNd(B) prescritti dalla Direttiva UE 2002/30/CE e, dunque non sono soggetti a restrizioni operative.
Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti: Pietro Lunardi.

PECORARO SCANIO. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il giorno 7 ottobre 2005 il settimanale L'Espresso riportava un reportage del giornalista


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Fabrizio Gatti che, fingendosi clandestino, ha vissuto una settimana, dal 23 al 30 settembre, con gli immigrati nel centro di permanenza temporanea di Lampedusa, sotto il nome di Bilal Ibrahim el Habib;
l'inchiesta pubblicata dal settimanale mette in luce in maniera inequivocabile le condizioni disumane e degradanti in cui vengono tenuti gli immigrati nel Centro di detenzione di Lampedusa, un luogo nel quale l'umiliazione dei migranti e la negazione della loro dignità umana sembrano diventate ormai la regola;
dal racconto il Centro di permanenza temporanea appare, più che una struttura di accoglienza, un vero e proprio «girone» dell'inferno, con torture psicologiche, violenze fisiche e vessazioni nei confronti del clandestini ospitati nel Centro. Un diario di otto giorni per raccontare cosa vuol dire arrivare in Italia da clandestino, essere ripescato in mare e rinchiuso con altre centinaia di immigrati in un Centro di permanenza temporanea;
nel lungo reportage, il giornalista descrive il supplizio degli interrogatori e dei riconoscimenti, con gli immigrati che appena sbarcati vengono portati nel Centro e fatti sfilare nudi tra i carabinieri che li schiaffeggiano, dei musulmani obbligati dai militari a guardare film pornografici e, per chi rifiuta, insulti e botte. Un reportage crudo, in cui si scopre che uomini disperati in cerca di un futuro migliore vengono fatti oggetto di umiliazioni, abusi, violenze, si chiede di sapere;
il 15 e il 16 settembre, pochi giorni prima dell'inchiesta de L'Espresso, dodici delegati di Strasburgo avevano visitato il Cpt e avevano trovato solo 11 stranieri rinchiusi -:
quali iniziative il ministro interrogato intenda prendere di fronte ai gravissimi e vergognosi episodi di violenza denunciati;
per quale motivo o per quale curiosa coincidenza in occasione del 15 settembre 2005 a Lampedusa si trovavano solo 11 reclusi.
(4-17443)

Risposta. - A seguito delle polemiche sollevate dall'articolo de L'Espresso, il 17 ottobre 2005 il Ministro dell'interno si è personalmente recato a Lampedusa per ispezionare il centro ed incontrare il sindaco dell'isola, il prefetto di Agrigento e le autorità locali di pubblica sicurezza.
Due giorni dopo è stato avviato il lavoro al Viminale, con una conferenza di servizi alla quale hanno preso parte, oltre agli esperti del Ministero dell'interno e della protezione civile, il presidente della regione Sicilia, l'assessore regionale al territorio e all'ambiente, e il sindaco di Lampedusa, che hanno fornito un contributo importante alla soluzione dei problemi.
Innanzitutto, si sono concordati alcuni interventi immediati rivolti a potenziare e migliorare la ricettività dell'attuale centro di Lampedusa. A tal fine, è stata disposta l'acquisizione di un terreno adiacente alla struttura per costruirvi nuovi servizi igienici ed è stata anche individuata un'altra area dove installare, nei casi di emergenza, una tendopoli destinata ai migranti clandestini in attesa di ulteriore sistemazione.
Si è deciso, inoltre, di ridimensionare il ruolo del centro, trasformandolo in un centro di soccorso e di prima accoglienza, non più di assistenza e, pertanto, di rinnovare la convenzione con le Misericordie. Si tratta di adeguare la configurazione giuridica del centro alla funzione che esso è venuto via via assumendo sotto la spinta della crescente ondata migratoria.
In questa ottica sarà potenziato il sistema di trasferimento degli immigrati clandestini, in modo da rispettare sempre una capienza massima di 300 persone. Sarà, inoltre, possibile migliorare l'accoglienza e superare anche talune criticità dell'attuale gestione amministrativa.
Insieme a questi interventi di urgenza verrà avviata la costruzione di un nuovo centro, utilizzando l'area attualmente occupata da una caserma dell'esercito. Tale soluzione, superate finalmente le ultime difficoltà, risulta ora bene accetta alla comunità locale, mentre prima non lo era. L'obiettivo è quello di realizzarla prima della prossima estate.


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Inoltre, mentre si accentua la tendenza dei nuovi flussi migratori a differenziare gli approdi sul terreno siciliano, come rivelano anche le cronache odierne, è stato deciso di sviluppare la capacità di accoglienza dell'isola madre con tre distinte iniziative collegate tra di loro: la realizzazione a Porto Empedocle di una tensostruttura per l'attività di soccorso e di prima accoglienza; la ristrutturazione e la riapertura del centro di Agrigento; l'ampliamento e la razionalizzazione del centro di Caltanissetta, che diventerà così una moderna struttura polifunzionale per il controllo dell'immigrazione clandestina.
Il Governo, consapevole delle difficoltà esistenti e con l'intento di agevolare questo articolato programma, ha prorogato lo stato di emergenza a Lampedusa, accogliendo la proposta del Ministro dell'interno di nominare un commissario
ad hoc che dovrà occuparsi personalmente dell'intera operazione, con poteri direttamente conferitigli dal Ministro dell'interno.
Ma se l'immigrazione clandestina via mare continuerà a riproporsi, non si potrà scaricarne tutto il peso sulla sola regione Sicilia, che pure se ne è fatta carico con intelligenza e generosità politica. Purtroppo, il fenomeno procede - e con ben altra intensità - anche per via terra, investendo prevalentemente il centro nord del paese. Perciò tutte le regioni e le comunità locali interessate hanno il dovere di contribuire a fronteggiarlo, prestando attenzione alla dignità umana dei migranti e, non meno, alla sicurezza degli italiani.
Tornando alla situazione del centro di Lampedusa, che dal 1o gennaio ad oggi il centro di permanenza temporanea è stato visitato dal commissario europeo per i diritti dell'uomo, da ventitré parlamentari europei, da sei parlamentari nazionali, da due ministri del Governo italiano, da un ambasciatore, da due funzionari dell'Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati e da due assessori regionali. Al seguito di queste autorità, sono entrati nel centro di permanenza temporanea e, in taluni casi, ripetutamente, più di venti accompagnatori, assistenti e interpreti.
Per quanto riguarda la visita da parte di una delegazione di euro parlamentari avvenuta il 15 e 16 settembre 2005, cui fa riferimento l'interrogante, si precisa che, in quell'occasione, prima dell'arrivo dei parlamentari europei, sono state eseguite le consuete procedure
standard di smistamento dei clandestini sbarcati, volte a ricondurre, come normalmente viene fatto in situazioni di sovraffollamento, la struttura nei limiti fisiologici di accoglienza.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Giampiero D'Alia.

PISA, CRUCIANELLI e VERTONE. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
numerosi quotidiani ed agenzie di stampa del 20 settembre 2005 riportano alcune dichiarazioni rilasciate dal ministro della difesa, onorevole Antonio Martino, riguardanti la durata e l'estensione della partecipazione italiana alle operazioni in Afghanistan;
in particolare l'agenzia Ansa delle ore 10,35 riporta la seguente frase attribuita al ministro Martino: «Il nuovo compito dell'Alleanza Atlantica è molto impegnativo, perché mano a mano che la missione si estende Isaf arriverà a coprire anche gli altri settori dell'Afghanistan, il sud e l'est del Paese. A quel punto avremo davvero la possibilità di ricostruire il Paese»;
la stessa agenzia attribuisce al ministro una previsione di permanenza delle truppe italiane in Afghanistan per ulteriori dieci anni, previsione che l'onorevole Martino dichiara essere - sempre stando all'agenzia citata - non sua ma del segretario generale della Nato;
il quotidiano l'Unità dello stesso 20 settembre riporta, a proposito di questa decisione Nato di estendere le proprie responsabilità in quel Paese, che Spagna, Germania e Francia avrebbero espresso la propria contrarietà al progetto, ed in particolare all'unificazione delle operazioni Isaf ed Enduring Freedom come richiesto


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dal segretario alla Difesa statunitense Donald Rumsfeld durante un recente vertice informale dell'Alleanza tenutosi a Berlino;
lo stesso quotidiano riporta inoltre che l'Italia avrebbe invece espresso la propria adesione a tale richiesta e che pertanto si va verso una unificazione, almeno a livello di comando, delle due operazioni con una crescente responsabilità diretta della Nato anche nelle operazioni vere e proprie di guerra;
il quotidiano il Giornale, della stessa data, afferma inoltre che, in previsione di questa estensione delle operazioni afgane, il governo britannico avrebbe già deciso di aumentare di 6500 uomini il proprio contingente nel Paese -:
a quale titolo il Ministro abbia dato la sua disponibilità alla richiesta americana e se in questa direzione esista già una precisa scelta del Governo italiano che prelude ad un eventuale accordo;
se, in particolare il ministro Martino abbia effettivamente già assicurato agli Stati Uniti la propria approvazione ad una estensione delle responsabilità della Nato in Afghanistan, nonché un ampliamento dell'impegno italiano;
se il ministro conferma che l'Italia ha espresso la propria adesione anche al progetto di unificazione delle missioni Isaf ed Enduring Freedom o all'Unificazione del loro comando;
se pertanto il ministro abbia anche assunto impegni, analogamente a quanto sarebbe stato deciso dal governo britannico, di aumentare il contingente italiano nel paese e di affidargli compiti più direttamente bellici sulla base delle richieste statunitensi;
se il Governo abbia discusso di queste decisioni.
(4-16756)

Risposta. - In via preliminare, è opportuno ricordare che le due Operazioni in atto in Afghanistan - International Security Assistence Force (Isaf) e Enduring Freedom - alle quali partecipa l'Italia, sono diverse ma complementari negli obiettivi e trovano fondamento giuridico e legittimazione nel pronunciamento delle Nazioni Unite, negli espliciti atti di indirizzo del Parlamento italiano e nei relativi provvedimenti legislativi di autorizzazione.
Ciò premesso, il successo delle elezioni presidenziali dell'ottobre 2004 e di quelle parlamentari del 18 settembre scorso sono la dimostrazione dell'efficacia dell'intervento internazionale a sostegno del percorso democratico di un Paese che non presentava certo favorevoli prospettive.
La Forza di assistenza, Isaf agisce sotto il capitolo VII della Carta delle Nazioni Unite, per mantenere un ambiente sicuro nella città di Kabul e nelle aree limitrofe, nel quadro degli Accordi di Bonn.
Il contributo nazionale è di circa 2.100 militari, inquadrati in reparti di
Force protection, del Genio, Nbc, Trasmissioni, Carabinieri, con 3 elicotteri Ab 212 rischiarati a Kabul e con due velivoli C-130 schierati negli Emirati Arabi Uniti.
Il Comando dell'operazione ruota su base semestrale ed è esercitato dalla NATO; dallo scorso 4 agosto è assegnato all'Italia che per tale funzione ha schierato in teatro il comando di proiezione di Solbiate Olona -
Nato Rapid Deployable Corps - Italy.
L'assunzione del comando da parte dell'Italia testimonia l'elevato livello di credibilità e prestigio di cui godono le nostre Forze Armate.
L'Italia, inoltre, ha assunto dallo scorso mese di aprile la guida del
Provincial Recostruction Team (Prt) di Herat - con compiti prevalentemente di supporto ai progetti di ricostruzione e di sviluppo - ed ha contribuito con altri Paesi, alla costituzione del collegato Forward Support Base, ubicato nell'aeroporto della medesima località.
Il nostro Paese, dal 1o giugno 2005, ha altresì ricevuto dalla Nato l'incarico di
Regional Area coordinator West tra i cui compiti è compreso quello di armonizzare e coordinare le attività dei PRT presenti nella Regione Ovest dell'Afghanistan.
Per quanto riguarda la missione
Enduring Freedom, si tratta di una missione finalizzata a contrastare il terrorismo internazionale


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che impegna una grande coalizione di circa 30 paesi. Essa fu avviata nell'ottobre 2001, sulla base di una serie di risoluzioni del Consiglio di Sicurezza tese alla stabilizzazione e ricostruzione dell'Afghanistan sotto il legittimo Governo.
L'Italia vi partecipa con una unità navale, la Fregata «Libeccio» che opera sotto bandiera nazionale in operazioni di identificazione, sorveglianza e riconoscimento, di interdizione marittima delle attività del terrorismo internazionale e di monitorizzazione di eventuali traffici illeciti, nell'Oceano indiano.
Quanto alle correlazioni tra Isaf e
Enduring Freedom, già nell'ottobre 2002, il Governo, durante il dibattito parlamentare per la partecipazione del contingente Nibbio all'operazione Enduring Freedom, rimarcò che entrambe le operazioni agiscono sotto l'egida dell'Onu e perseguono il medesimo obiettivo di pacificazione e di normalizzazione dell'Afghanistan e che entrambe comportano l'impiego di forze militari armate.
Non può sfuggire, a tal riguardo, che nel corso dei dibattiti parlamentari sui decreti di proroga delle missioni in campo internazionale, parte delle forze politiche di opposizione hanno sostenuto l'opportunità del passaggio di tutte le operazioni in Afghanistan nell'ambito di Isaf, sotto comando Nato.
Ciò posto, da tempo, in ambito Nato è stata affrontata la questione della possibile integrazione delle due missioni, nell'ottica di un rafforzamento del comune impegno di contrasto al terrorismo.
Riferendo sulla situazione in Afghanistan ed in particolare sulle due missioni, il Ministro Martino, nell'ambito dei suoi interventi riguardanti la partecipazione italiana alle missioni internazionali, rispettivamente del 26 marzo 2003 dinanzi alle Commissioni riunite Esteri e Difesa della Camera dei deputati e del 20 gennaio 2005 dinanzi alle Commissioni riunite Difesa della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica, aveva già annunciato lo stato del dibattito interno all'Alleanza sulla possibilità di una più stretta correlazione tra le due missioni, precisando che tale eventualità si sarebbe, comunque, decisa in seno all'Alleanza stessa.
È proprio nel quadro di questo dibattito che, nell'ambito della riunione dei Ministri della difesa, tenutasi a Berlino il 13 e 14 settembre 2005, è stata riaffrontata la questione delle due missioni in Afghanistan.
Nella riunione è emersa la concorde valutazione degli Alleati circa il positivo ruolo svolto dalla Nato per la stabilizzazione del Paese e per la creazione di prospettive di democrazia e ricostruzione e sviluppo. È stato altresì rimarcato il grande mutamento del contesto sociale, a cui certamente ha contribuito in maniera rilevante la presenza dell'Alleanza e di Isaf.
Rispetto all'ipotizzata integrazione, seppur graduale, delle operazioni in corso, Isaf - condotta dalla Nato - ed
Enduring Freedom, nel corso del dibattito, sono emerse diverse posizioni, ma non sono state prese decisioni.
Si tratta di uno scenario ipotetico ed in corso di approfondimento che muove dall'esigenza di adeguare l'attuale strategia militare alla mutata situazione.
In particolare, è stato osservato come - in parallelo allo sviluppo delle capacità Nato per la condotta delle operazioni - sia necessario dotarsi, nell'ambito di operazioni di stabilizzazione, di capacità specificatamente concepite per interventi nei settori della ricostruzione, dell'addestramento, della gestione delle crisi e delle attività di polizia. Questo anche in risposta ad un'avvertita esigenza, sostenuta anche dal Presidente Karzai di configurare un ruolo più ampio della Nato nel processo di stabilizzazione e ricostruzione dell'Afghanistan.
Alcune posizioni hanno manifestato propensione per il mantenimento di una sostanziale distinzione fra le due operazioni che rispondono a due obiettivi diversi e avvalendosi di capacità diverse, rimettendo in discussione lo schema di unificazione del Comando delle due operazioni (un unico Comando Nato con due Vice-Comandi, uno dei quali affidato agli Usa, anche con compiti di controterrorismo), approvato dal Consiglio Atlantico il 30 giugno scorso.
Diversamente, altre posizioni richiamano l'opportunità di procedere ad una più


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stretta sinergia Isaf-Enduring Freedom, fino alla loro possibile integrazione, sottolineando che le attuali differenze non devono far perdere di vista l'unicità dell'obiettivo di creare un Afghanistan stabile.
Lo stesso Segretario generale della Nato nel trarre le conclusioni del recente vertice di Berlino, ha messo in evidenza l'orientamento generale per una formula che rifletta il minimo comune denominatore della valorizzazione delle sinergie tra Isaf ed
Enduring Freedom, rinviando la trattazione della materia a futuri incontri.
Si tratta, dunque, di un dibattito aperto rispetto al quale i vari rappresentanti, nei diversi consessi alleati nei quali viene affrontato, portano il proprio contributo di idee.
Differente cosa sono le decisioni rispetto alle quali la posizione nazionale dovrà essere assunta secondo i tempi ed i modi previsti.
Il Ministro della difesa: Antonio Martino.

PISA, GRANDI e PANATTONI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro delle comunicazioni. - Per sapere - premesso che:
il mercato dei libri scolastici rappresenta un comparto economico e culturale di assoluta importanza che rappresenta, con un fatturato di 400 milioni di euro l'anno, circa un terzo del intero mercato del libro;
il 9 giugno 2005, è stato sottoscritto tra le Poste Italiane e il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, un accordo finalizzato ad offrire alle famiglie italiane la possibilità di prenotare i testi scolastici sia tramite internet che rete telefonica, e di ottenerne la consegna a domicilio in contrassegno o previo pagamento effettuato con carta di credito;
detto servizio viene completato daun'offerta di finanziamento al tasso del 7,50 per cento (TAEG massimo 7,77 per cento rimborsabile in dodici rate mensili;
in base ai termini dell'accordo, Poste Italiane Spa provvederà a fornire le copie dei testi prenotati per il tramite della società di vendita di libri on-line BOL, posseduta dai due grandi gruppi editoriali Bertelsmann e Mondadori;
l'attuazione dell'accordo, posto in essere senza coinvolgere le associazioni di settore degli editori e dei librai italiani, comprimerebbe in maniera drastica il mercato dell'editoria scolastica, escludendo di fatto dal mercato moltissime imprese librarie, con serie conseguenze economiche e occupazionali in particolare sulle piccole imprese, che da sempre svolgono anche un'importantissima funzione orientativa a favore degli studenti e delle famiglie italiane nell'acquisto dei libri scolastici e del materiale di supporto scolastico;
non risulta che Poste Italiane Spa abbia bandito alcuna gara per la fornitura dei volumi oggetto del servizio in questione, circostanza che, alla luce dell'ingente valore economico dell'operazione, configura una palese violazione delle norme nazionali e comunitarie in materia di gare e appalti -:
se, anche alla luce delle richieste delle associazioni di settore, non ritenga di dover riconsiderare i termini di un'operazione che rappresenta una fortissima distorsione strutturale del mercato dei libri scolastici alterando la concorrenza e penalizzando una parte consistente degli operatori del settore;
quali siano i motivi quali non è stata bandita dal ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca una regolare gara d'appalto pubblica, non solo per la scelta del primo partner oggi identificato in Poste Italiane Spa per l'offerta del servizio, ma anche per la ricerca della società incaricata di acquisire i testi scolastici oggi identificata nella società BOL del gruppo Mondadori, così da evitare un evidente ed ulteriore conflitto di interessi;
se il Governo, non ritenga di chiedere agli organi direttivi della società di


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ridefinire i termini dell'operazione, in maniera che essa non favorisca indebitamente un'impresa riconducibile alla proprietà del Presidente del Consiglio dei ministri.
(4-17253)

Risposta. - Si risponde all'interrogazione parlamentare in esame, concernente il protocollo d'intesa sottoscritto da questo Ministero e da poste italiane per la prenotazione e la distribuzione dei libri di testo per le scuole secondarie di primo e secondo grado.
L'iniziativa in argomento intende offrire, su tutto il territorio nazionale, alle famiglie degli alunni delle scuole secondarie di 1o e 2o grado che ritengano di aderire all'iniziativa stessa, un servizio inteso a garantire la consegna dei testi scolastici presso il proprio domicilio in tempo utile per l'avvio dell'anno scolastico; ciò anche al fine di evitare conseguenze negative sul regolare inizio e svolgimento dell'attività didattica riferibili alla non completa disponibilità dei libri di testo da parte di tutti gli alunni.
In particolare, il servizio di cui trattasi permette alle famiglie degli studenti di prenotare, via INTERNET o via
Call Center, i libri di testo sulla base delle adozioni deliberate dall'istituzione scolastica ai prezzi di copertina, senza costi aggiuntivi per la prenotazione e la consegna.
Il pagamento dei testi può essere effettuato dalle famiglie in contrassegno o con carta di credito o ancora dilazionato, a seconda della preferenza e del canale di prenotazione utilizzato dai richiedenti.
Le famiglie possono controllare lo stato dell'ordine consultando il sito di poste italiane. I testi scolastici ordinati sono poi recapitati mediante la rete logistica di poste italiane presso l'indirizzo richiesto dalle famiglie, in orari in precedenza concordati con esse.
Non sono previsti oneri per l'esecuzione del protocollo, né per il ministero né per le scuole, sia che esse aderiscano al protocollo, sia che non aderiscano.
Va precisato che, nel rispetto del principio dell'autonomia, spetta esclusivamente alle singole scuole aderire all'iniziativa; l'adesione, pertanto, è assolutamente a discrezione delle scuole nell'esplicazione dell'autonomia loro riconosciuta dall'ordinamento. Le famiglie, poi, sono a loro volta libere di usufruire del servizio.
L'intesa quindi semplifica il ciclo di acquisizione dei libri di testo e determina un ampliamento dell'area distributiva, reso possibile dalla non esclusività del protocollo stesso, in quanto aggiunge un'opzione ai tradizionali canali di reperimento dei testi.
Essa è perciò di rilevante utilità sociale e contribuisce ad attenuare i disagi delle famiglie e degli alunni derivanti, in particolare, dalle attese in libreria per acquistare e prenotare testi che talvolta non trovano.
L'iniziativa stessa riveste un particolare interesse soprattutto nelle aree del territorio che, per le motivazioni più diverse, risultano meno servite dagli usuali operatori di settore.
L'intesa tende ad assicurare alle famiglie un servizio più pratico, sicuro e conveniente e si inserisce in una precisa politica del ministero volta al contenimento del costo dei libri, che pesano sempre più sul bilancio delle famiglie in genere e di quelle economicamente disagiate in particolare. A quest'ultimo proposito va ricordato che ogni anno l'amministrazione eroga un contributo di 103 milioni di euro per l'acquisto dei libri da parte delle famiglie meno abbienti.
Va precisato altresì che, come previsto dall'intesa, sulla base delle adesioni ricevute dagli istituti scolastici e dalle famiglie, poste italiane e l'amministrazione scolastica verificheranno, attraverso una Commissione bilaterale, se vi siano le condizioni per praticare un'offerta economicamente più vantaggiosa per le famiglie.
Come rilevato dal ministero delle attività produttive in riferimento ad un atto di sindacato ispettivo parlamentare di analogo contenuto rivolto anche a quell'amministrazione oltre che a questo ministero, l'iniziativa rientra nel novero delle molteplici azioni del Governo volte a favorire gli acquisti nell'attuale situazione economica. Infatti, molteplici sono stati gli interventi in tal senso, tra gli altri l'iniziativa della Federazione azionale cartolerie e cartolibrerie


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denominata «Scuola Kit a 25 euro», allo scopo di andare incontro alle esigenze dei consumatori. Lo stesso ministero delle attività produttive ha in quell'occasione espresso l'avviso che la circostanza dovrebbe operare quale impulso ad assumere analoghe iniziative con le medesime finalità vista la possibilità per ogni esercente commerciale di attivare una postazione di vendita on line con una semplice comunicazione al Comune competente per territorio.
Come fatto presente anche da poste italiane, il sistema era già stato sperimentato con successo lo scorso anno in alcune scuole di Milano, ottenendo il gradimento dei ragazzi e dei loro genitori.
Da parte sua poste italiane, nel rispetto della sua missione, si è proposta quindi quale elemento di collegamento tra le famiglie e le società specializzate del settore che hanno inteso aderire all'iniziativa.
Per ciò che concerne le modalità operative del servizio, poste italiane ha precisato che esso è stato aperto ad ogni operatore del settore a parità di oneri e condizioni in un contesto di libera concorrenza ed è stato pensato esclusivamente nell'interesse della «clientela», cioè le famiglie.
Inoltre, con riferimento alle modalità di selezione delle società di distribuzione poste italiane ha precisato che il relativo rapporto contrattuale, in via di definizione, è da ricondursi per Poste Italiane tra i c.d. «contratti attivi», cioè tra quei contratti che sono esclusi dall'ambito di applicazione delle direttive comunitarie in materia di appalti.
In questa prima applicazione il protocollo operativo di intesa ha visto l'attivazione di un accordo con una società di distribuzione di libri scolastici (la Mondolibri Spa - Divisione Bol) con la quale sono stati avviati, senza vincoli di esclusiva, rapporti indirizzati alla consegna dei libri di testo agli alunni delle scuole secondarie.
La società di distribuzione si è avvalsa per il reperimento dei testi, sotto la sua esclusiva responsabilità, della collaborazione delle principali case editrici e di alcune società di distribuzione di libri scolastici in ambito nazionale e/o locale.
In conclusione, quindi, pur essendo comprensibili le preoccupazioni degli operatori della filiera libraria, il mercato dei libri scolastici è un mercato in regime di libera concorrenza in cui ogni operatore, sia tradizionale che innovativo (poste italiane, grande distribuzione, ecc...) può agire nel rispetto del servizio offerto al cliente finale (la famiglia).
A questo proposito, va ulteriormente sottolineato che l'accordo di cui trattasi non attribuisce alcuna situazione di esclusiva a favore di poste italiane, tant'è che, qualora soggetti diversi da poste italiane dovessero offrire analoghi servizi, l'amministrazione scolastica è disponibile a sottoscrivere nuovi protocolli d'intesa. Il tutto in un quadro di trasparenza e nell'esclusivo interesse dell'utenza.
Il Sottosegretario di Stato per l'istruzione, per l'università e per la ricerca: Valentina Aprea.

PORCU. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
Salvatore Cuccuru nato a Macomer (Nuoro) il 5 giugno del 1921, ha in corso da 60 anni (sessanta) una pratica per il riconoscimento della pensione privilegiata;
il Cuccuru, Ex Aviere scelto II Squadra Aerea di Padova, ha reso alla Patria enormi servigi: ha combattuto la seconda Guerra Mondiale è stato decorato con Croce al merito di guerra; ha subito prigionia nel lager XI/B da parte tedesca e successivamente è stato deportato in Inghilterra come prigioniero di guerra;
nel maggio del 2002 il decreto 145 del Ministero della Difesa ha respinto la sua datata richiesta con la seguente motivazione: «non è stata accertata la dipendenza da causa di servizio con la prescritta procedura medico legale»;
in realtà, nella documentazione sanitaria prodotta dal Cuccuru, - peraltro ottenuta dall'ospedale militare di Padova


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solo dal 23 settembre 1996, - si attesta che la patologia del Cuccuru «dipende da causa di servizio» che per detto accertamento è stata seguita la prescritta procedura medico legale. (cartella clinica del Policlinico Militare di Padova - 26 gennaio 1943, ricovero nel reparto di Medicina) e che (veniva diagnosticata «la Bronchite Catarrale»;
il 2 febbraio 1943, veniva trasferito all'Ospedale Militare di Monselice dove l'equipe medica gli ha diagnosticato «Catarro Bronchiale Cronico» e trasferito presso la Stazione Metereologica di Tarvisio per la prosecuzione della cura in alta montagna e qui catturato l'8 settembre 1943, dalle truppe tedesche;
tuttavia interpretazioni difformi dalle documentazioni sanitarie sulla PML (procedura medico legale) hanno indotto anche la Corte dei conti della Sardegna con sentenza 360/2003 depositata il 22 aprile 2003, a rigettare il ricorso presentato dal Cuccuru avverso il provvedimento del ministero del 2002: infatti si legge «non è stata accertata la dipendenza da causa di servizio della propria infermità»;
da qui nasce una nuova richiesta del Cuccuru per ulteriori delucidazioni all'Ospedale Militare di Padova che in data 22 dicembre 2004 - prot. 8/80 arch, CMO - confermava e attestava che «il Cuccuru ha contratto la malattia «catarro bronchiale cronico» in servizio e a causa di servizio e che la diagnosi è stata accertata con provvedimento medico legale»;
nella sentenza della Corte dei conti per sostenere il rigetto, si fa inoltre riferimento all'articolo 10 lettera c) del regio-decreto e si afferma che gli istituti di medico legali abilitati avevano sede, nell'epoca della guerra, a Torino, Firenze, Napoli e Roma e che il Cuccuru non ha dunque eseguito questa fase dell'accertamento; tuttavia, nell'articolo 5 del predetto decreto si stabiliva che una volta redatto il verbale, a cura del sanitario abilitato ad denunciare le conclusioni diagnostiche e ad esprimere il parere tecnico sulle conseguenze della infermità e sulla sua dipendenza dal servizio, essa veniva consegnata al Comandante del Corpo, cui competeva trasmettere l'intero fascicolo alle competenti Commissioni Medico Ospedaliere;
tale procedimento ha avuto sicuramente seguito, pur nella tempesta della guerra, come emerge dalle risultanze negli archivi del Policlinico Militare di Padova dove viene registrata sia la patologia, sia la dipendenza da causa di servizio nonché l'accertamento secondo la procedura medico legale;
il Cuccuru una volta rientrato in Italia dalla prigionia inglese (16 maggio 1946) a Napoli, ha comunque tentato di avviare la pratica ottenere un risarcimento per la partecipazione alla guerra e per l'infermità contratta; ma il foglio matricolare (documento indispensabile per la pratica pensionistica) andato perduto, veniva consegnato solo il 22 ottobre 1966 quindi dopo 20 anni dal ritorno in Patria del Cuccuru;
in ogni caso la disciplina pensionistica prevede che quando l'accertamento e il procedimento medico legale hanno luogo durante il servizio, la prescrizione si attua solo sulle rate pregresse e non sul diritto alla pensione;
ma, nonostante tutto lasciasse presagire un esito finalmente positivo, il riesame della domanda, richiesto alla luce delle nuove informazioni avute dall'Ospedale Militare di Padova (2004) è stato nuovamente respinto dal Ministero: «non sono emersi elementi tali da giustificare l'emissione di un provvedimento diverso» -:
se alla luce di quanto sommariamente esposto il Ministro non ritenga indispensabile fornire indicazioni certe in merito alle diverse interpretazioni che hanno fino ad ora impedito al Cuccuru di potere godere della pensione;
quali iniziative intenda adottare nell'immediato, per riesaminare la domanda del Cuccuru al fine di garantire il godimento


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di un diritto, a parziale risarcimento di una odissea burocratica che dura da ben più di mezzo secolo.
(4-15399)

Risposta. - In via preliminare, si osserva che l'istanza di pensione privilegiata presentata dal Signor Salvatore Cuccuru - aviere scelto durante il 2o conflitto mondiale ed in congedo dal 16 luglio 1946 - è stata rigettata (decreto n. 145 datato 15 maggio 2002) per intempestività della stessa.
Infatti, non è risultato che l'infermità lamentata dall'interessato sia stata riconosciuta, in costanza di servizio e con la prescritta procedura medico-legale, dipendente da causa di servizio, né che il riconoscimento sia stato chiesto entro il termine perentorio di cinque anni dalla data del congedo (articolo 139 del decreto del Presidente della Repubblica 1092 del 1973), essendo la relativa domanda pervenuta in data 5 marzo 2001.
Anche il successivo ricorso avverso il predetto provvedimento che l'interessato ha proposto alla Corte dei conti - sezione giurisdizionale per la Sardegna, è stato rigettato per infondatezza dello stesso (sentenza n. 360 del 27 marzo 2003).
Medesimo esito negativo ha avuto l'istanza di riesame presentata dal Cuccuru in data 8 gennaio 2005, non essendo emersi elementi tali da giustificare l'adozione di un nuovo e diverso provvedimento.
In particolare, gli elementi portati a sostegno dell'istanza di riesame (desunti dalla rubrica generale dei ricoveri relativi all'anno 1943), già considerati dalla Corte dei conti in sede di ricorso, non sono risultati sufficienti a dimostrare l'avvenuto riconoscimento dell'infermità.
Infatti, pur risultando sulla predetta rubrica dei ricoveri la dicitura «sì dipende» (priva, tra l'altro, di un preciso riferimento provvedimentale: numero/data/etc.) riferita all'infermità dell'interessato, tale elemento non è sufficiente a comprovare l'avvenuto espletamento della prescritta procedura medico-legale per il riconoscimento della dipendenza da causa di servizio.
In base alla normativa all'epoca vigente - modificatasi solo per effetto del decreto del Presidente della Repubblica n. 461 del 2001 - era, infatti, necessario che, dopo un primo riscontro diagnostico di malattia (effettuato nel caso specifico presso strutture sanitarie ospedaliere), la Commissione medico-ospedaliera, valutato il nesso causale, si esprimesse con apposito processo verbale in merito ad eventuale riconoscimento della dipendenza da causa di servizio.
Peraltro, le cartelle cliniche - distrutte dopo la prevista conservazione per un trentennio - qualora reperite, non avrebbero potuto essere considerate documento sostitutivo ed equipollente a detto verbale.
In conclusione, atteso che l'amministrazione ha posto in essere ogni adempimento previsto dalla normativa vigente, non si intravedono i presupposti per un eventuale riesame della pratica in questione, stante l'oggettiva impossibilità di dimostrare l'avvenuto riconoscimento della dipendenza da causa di servizio dell'infermità contratta.
Il Ministro della difesa: Antonio Martino.

RANIERI. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
il Centro per la scienza e l'alta tecnologia (Ics) di Trieste opera sotto l'egida dell'Unido, agenzia delle Nazioni Unite per lo sviluppo industriale che si occupa di progetti di cooperazione scientifica, formazione e assistenza sulle nuove tecnologie ai paesi in via di sviluppo;
al nostro Paese, in quanto principale contribuente - 3,5 milioni di euro annui - compete la proposizione dei candidati al vertice dell'Ics medesimo;
nel 2003, a seguito del pensionamento per raggiunti limiti d'età dell'allora direttore Francesco Pizzio, il Ministero degli affari esteri propose alla Commissione di alti funzionari dell'Onu, nominata dal direttore generale dell'Unido, Carlos Magarinos, i nominativi della dottoressa Luisa Mestroni, del dottor Graziano Bertogli e del dottor Giusto Sciarabba. Il Direttore Generale dell'UNIDO, su designazione


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della Commissione selezionatrice, nominò direttore dell'Ics la dottoressa Mestroni, e conferì l'incarico di vice direttore e Direttore delle Operazioni, al dottor Bertogli. Il terzo nominativo proposto, il dottor Sciarabba, venne dalla Commissione giudicato inidoneo;
nel dicembre del 2004 l'UNIDO pose sotto osservazione amministrativa l'Ics, inviando una apposita Commissione Ispettiva a Trieste. Il rapporto finale della Commissione Ispettiva accertò una serie di violazioni amministrative, irregolarità gestionali e specifici episodi di conflitto di interessi, in particolare, tra la società Forgea International di Ugo Leone, ex direttore dell'Ics, che si aggiudica a partire dal 1998, svariati appalti relativi alla gestione dei corsi dell'Ics, via via con costi sempre crescenti raggiungendo il massimo ammontare o sotto la gestione Mestroni-Bertogli;
il dossier degli ispettori di Vienna ha portato la dottoressa Mestroni a dimettersi, mentre il suo vice, il dottor Bertogli, pure lui indagato e censurato nell'inchiesta per gravi responsabilità amministrative, è rimasto al suo posto. Nuovo direttore dell'Ics, sempre su proposta del MAE, è stato poi nominato il succitato dottor Sciarabba, a suo tempo giudicato inidoneo;
va considerato, infine, su 88 incarichi apicali alle Nazioni Unite quali Rappresentanti o Inviati Speciali del Segretario Generale, di nomina diretta del Segretario Generale, il nostro Paese, ne ha ottenuti soltanto 2 a fronte, ad esempio, dei 4 ottenuti dalla Germania, dalla Norvegia e dal Senegal, dei 4 del Canada, dei 4 di spessore del Pakistan, dei 3 dell'Olanda, eccetera -:
quali siano le valutazioni del Ministro interrogato in merito ai fatti sopra riportati e se non ritenga, altresì, doveroso riferire sulle risultanze della Commissione Ispettiva dell'UNIDO che ha portato a pesanti addebiti a carico della dottoressa Mestroni e del dottor Bertogli, le cui candidature sono state proposte dal ministero degli affari esteri;
se, anche a seguito dei risultati deludenti forniti dai funzionari predetti, non ritenga di dover chiarire quali siano i criteri adottati dal MAE nella selezione dei candidati, che hanno portato alla nuova designazione ed alla successiva nomina al vertice dell'Ics, del dottor Giusto Sciarabba, già dichiarato inidoneo dall'UNIDO nel 2003;
se non ritenga, altresì doveroso per il futuro, prestare maggiore attenzione alle specifiche competenze, esperienze professionali inerenti all'Organismo per cui si compete e curriculum vitae di quanti il nostro paese segnala per la nomina ad alti incarichi alle Nazioni Unite e alle altre organizzazioni comunitarie e internazionali in generale, ed in particolare per le nomine all'Ics;
infine, se non intenda riferire sulla scarsa presenza e rilevanza del nostro paese negli incarichi apicali di nomina diretta del Segretario Generale delle Nazioni Unite ed anche dei vertici di Agenzie Specializzate, Fondi e Programmi di Sviluppo delle Nazioni Unite.
(4-17872)

Risposta. - Nel 2003 la Direzione generale per la Cooperazione allo Sviluppo, con l'approvazione del Comitato direzionale, ha assegnato all'Ics (centro internazionale per le scienze) di Trieste, dipendente dall'Unido, un contributo volontario di 325.000 euro per la supervisione di corsi di formazione per tecnici del settore geo-minerario provenienti da paesi del vicino Oriente e dei Balcani. I corsi sarebbero stati organizzati in Sardegna dal Consorzio Forgea Internazional. Il Consorzio Forgea International è un centro di formazione di alto livello, che opera nel settore geo-minerario ed in quelli collegati dell'ambiente e della gestione delle aree costiere, con l'intento di assistere i Pvs del Sud-Mediterraneo e dell'Europa Orientale per un migliore sfruttamene delle risorse geo-minerarie ed aiutarli nei processi di trasformazione, economicamente sostenibile, dei residui minerari in nuovi materiali. Il Consorzio aveva già ricevuto in passato contributi di minore entità dall'Ics-Unido per l'organizzazione di corsi consimili.


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La missione condotta nel dicembre del 2004 nella sede triestina dell'Ics dagli ispettori dell'Unido è stata diretta a verificare eventuali irregolarità nella gestione amministrativa del contributo assegnato al Centro nel 2003 per i corsi organizzati dal Consorzio. La direzione dell'Unido non ha ancora fatto conoscere le sue conclusioni sui rilievi della missione ispettiva. Nel frattempo, il 20 maggio 2005, la dr.ssa Mestroni ha rassegnato le dimissioni da Managing Director dell'Ics, ricevendo dall'Unido una liberatoria su ogni addebito nei suoi confronti, mentre è ancora in corso il contratto sottoscritto dall'Unido con il dottor Graziano Bertogli (scadenza fine 2006), con le funzioni di Deputy Managing Director dell'Ics.
La nomina del «Managing Director» dell'Ics è disposta - ai sensi dell'articolo 6 dell'Accordo Italia-Unido - dal Direttore generale dell'Unido, dopo valutazione delle candidature da parte dello "Steering Committee». Tale Comitato (costituito da rappresentanti dell'Unido, da un Ambasciatore presso Unido in rappresentanza dei Paesi emergenti, e da rappresentanti del ministero degli esteri) ha esaminato i curricula delle candidature pervenute, giungendo all'unanime decisione di sottoporre al Direttore generale dell'Unido, Carlos Magarinos, una
short list di candidati al posto di Managing Director del Centro triestino. Il Direttore generale dell'Unido ha comunicato al nostro Rappresentante Permanente presso le Organizzazioni Internazionali in Vienna di aver intervistato i candidati inseriti nella short list, e di «aver ritenuto le qualifiche tecniche e manageriali e l'esperienza professionale del prof. Giusto Sciarabba ben adatte a ricoprire la posizione di Direttore Esecutivo dell'Ics», nonché di «aver dato istruzione ai competenti uffici dell'Unido di avviare tempestivamente le procedure per l'assunzione del prof. Sciarabba entro il mese di settembre del 2005.
In merito alla presenza di funzionari italiani presso le Nazioni Unite va notato, come il nostro Paese sia passato in pochi anni da una condizione di sottorappresentanza (62 unità nel 1998) ad una di sovrarappresentanza (105 unità attuali), ove si consideri che la quota che spetta all'Italia nel Segretariato Onu, calcolata sulla base di una serie di criteri che tengono in considerazione il peso di ogni singolo Paese, varia da una soglia minima di 70 ad una massima di 92 unità.
Per quanto riguarda più in particolare i gradi apicali -
Under e Assistant Secretary General - la nostra presenza è in linea con quella di altri Paesi di riferimento, quali Regno Unito, Francia, Germania e Giappone, anche se è opportuno rilevare che il loro contributo al bilancio Onu è maggiore del nostro (nel caso del Giappone è quasi quattro volte maggiore).
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Roberto Antonione.

ROSATO. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il Piccolo dell'8 marzo 2005, riporta in un articolo la vicenda di un cittadino albanese arrivato di recente in Italia per assistere la figlia di 4 anni, ammalata di leucemia, ricoverata presso l'ospedale infantile Burlo Garofalo di Trieste per essere sottoposta a cure, grazie all'ospitalità dell'Agmen, l'associazione genitori malati emopatici neoplastici che mette a disposizione dei cittadini stranieri appartamenti in cui soggiornare per il periodo in cui i figli sono ricoverati presso la struttura triestina;
il cittadino albanese una volta giunto in Italia, si è presentato presso la questura di Trieste per presentare la domanda di concessione del permesso di soggiorno, come previsto dall'articolo 5 del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero decreto legislativo 25 luglio 1998 n. 286 e successive modificazioni, secondo il quale il permesso deve essere richiesto al questore della provincia in cui lo straniero si trova entro 8 giorni dal suo ingresso nel territorio italiano;


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secondo quanto riportato dal quotidiano, il dirigente dell'Ufficio stranieri e un investigatore della questura di Trieste avrebbero giudicato non veritiere le dichiarazioni dell'uomo, ritenendo che fosse entrato in Italia da oltre otto giorni;
le conclusioni della questura, su cui molto hanno influito anche le forti difficoltà del cittadino ad esprimersi e comprendere una lingua pressoché sconosciuta e la mancanza di un interprete, hanno portato all'adozione di un'ordinanza di espulsione;
come previsto dal decreto-legge n. 241 del 2004 convertito dalla legge n. 271 del 2004, che ha introdotto alcune modifiche al testo unico e alla legge Bossi Fini, la decisione è stata comunicata tempestivamente al giudice di pace, che ne decide la convalida o l'annullamento; come previsto dal decreto legge n. 241 del 2004, secondo cui in attesa della definizione del procedimento di convalida, lo straniero espulso è trattenuto in uno dei centri di permanenza temporanea ed assistenza, il cittadino albanese, secondo quanto riferito dall'articolo di stampa, è stato rinchiuso nella camera di sicurezza del commissariato per i due giorni in cui ha atteso la decisione del giudice di pace;
nel rispetto di quanto previsto dal decreto-legge n. 241 del 2004, per cui l'udienza deve svolgersi con la partecipazione di un difensore, deve essere sentito l'interessato, se compare, e va verificata l'osservanza dei termini e la sussistenza dei requisiti previsti, il cittadino albanese è stato sentito da un avvocato e assistito da un interprete;
l'esame del giudice di pace ha permesso di accertare che il cittadino albanese sia entrato in territorio italiano il 28 febbraio, mentre la Questura aveva considerato la data dell'ingresso in Grecia ovvero nello spazio Schengen, e ha tenuto conto di quanto riferito dall'assistente sociale dell'ospedale infantile, che ha confermato che la figlia è ricoverata da metà gennaio e che la presenza del padre era stata richiesta dalla madre della bambina che, qui a Trieste con la piccola, si è sentita male più volte e ha ritenuto necessario il supporto del padre;
considerate tutte le informazioni e le circostanze, il giudice di pace ha deciso di annullare l'ordinanza di espulsione, permettendo al cittadino albanese di essere liberato dalla camera di sicurezza e assistere finalmente la famiglia, oltre che evitare di essere espulso e sottostare al divieto di rientrare in Italia per i prossimi 10 anni, così come previsto per questi casi dai commi 13 e 14 dell'articolo 13 del Testo unico in materia di immigrazione -:
se non condivida come questo episodio, faccia emergere la necessità di rivedere la Bossi Fini, anche al fine di garantire allo straniero maggiore assistenza per tutelarlo dalle difficoltà di espressione e interpretazione linguistica, e modificare il testo laddove esso prevede il divieto di rientro in Italia per 10 anni per lo straniero che non ha presentato domanda di permesso di soggiorno, eccessivamente repressiva anche nei confronti di chi omette la richiesta a causa di motivi non gravi e non pericolosi per la tutela pubblica;
se non ritenga di dotare tutte le questure di sufficienti strutture e risorse per consentire l'interpretariato.
(4-13481)

Risposta. - Il 4 marzo 2005 il cittadino albanese, cui fa riferimento l'interrogante, veniva accompagnato presso la questura di Trieste per regolarizzare la sua posizione sul territorio nazionale, da un socio dell'Associazione genitori malati emopatici neoplastici.
Il cittadino extracomunitario, infatti, era stato trovato dal socio Agmen nell'alloggio che la stessa associazione aveva messo a disposizione della moglie per assistere la figlia, senza esserne autorizzato e sprovvisto di permesso di soggiorno.
Per procedere ai necessari accertamenti, la Questura ha dovuto stabilire la data di entrata in Italia dello straniero in questione, che effettivamente non conosceva l'italiano e che, a tale scopo, veniva messo


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in contatto con un fratello residente a San Donà di Piave (VE).
Quest'ultimo riferiva che era a conoscenza della presenza in Italia del fratello per motivi di salute della figlia, ma non era in grado di indicare la data dell'ingresso del familiare.
Successivamente, il cittadino albanese compilava di suo pugno il modulo di identificazione per i cittadini stranieri, redatto in lingua albanese, nel quale dichiarava di essere entrato nel nostro Paese il 14 febbraio 2005.
La data, peraltro, corrispondeva al visto d'ingresso Schenghen rilasciato al predetto cittadino dalle Autorità greche in Albania per motivi turistici per una validità di 30 giorni.
In ragione delle dichiarazioni rese nella propria lingua dal cittadino albanese e della circostanza che, in assenza di controlli di frontiera nel territorio Schenghen, non poteva essere individuata altra data di ingresso, in base alla normativa vigente, le Autorità di Pubblica Sicurezza hanno elevato il decreto di espulsione.
L'adozione di tale provvedimento si è resa necessaria poiché il cittadino non aveva provveduto a dichiarare la sua presenza nel territorio nazionale all'autorità di pubblica sicurezza entro 8 giorni lavorativi dalla data dell'ingresso e ad avanzare contestuale richiesta di un «permesso di soggiorno», che è il solo titolo che legittima il soggiorno dello straniero nel nostro territorio per lo stesso motivo e per la stessa durata indicati nell'eventuale visto.
In merito all'asserita carenza di strumenti e personale presso le Questure che consentano ai cittadini extracomunitari di esprimersi nella propria lingua, si precisa che tali Uffici hanno a disposizione moduli di identificazione di cittadini stranieri redatti in francese, inglese, tedesco, sloveno, serbo-croato, cirillico, rumeno, arabo, spagnolo, albanese ed altri idiomi.
Si soggiunge, inoltre, che i predetti Uffici dispongono di interpreti anche esterni.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Giampiero D'Alia.

RUSCONI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
lunedì 20 giugno 2005, verso le 17.30, in frazione Sala di Calolziocorte (Lecco), si è verificato un incidente ferroviario che ha visto coinvolti il treno 4996, partito da Bergamo alle 17.04 e diretto a Lecco con arrivo alle 17.40, e la Range Rover del signor Giorgio Corno rimasto miracolosamente illeso tra i rottami della sua auto;
l'evolversi dei fatti ha mostrato che l'incidente è stato causato dal mancato abbassamento delle sbarre del passaggio a livello e dal mancato funzionamento dei segnalatori visivi posti sia sulla strada (a beneficio degli automobilisti), sia sulla ferrovia (a beneficio del conducente e dei passeggeri del convoglio);
purtroppo quanto accaduto non è una novità. Nella frazione Sala di Calolziocorte, all'altezza dei passaggi a livello che intersecano le vie San Rocco e C.so Europa, entrambi sulla linea Lecco-Bergamo, è ormai da diversi anni che si registrano questi incidenti che solo per puro miracolo non si sono trasformati in tragedia. Addirittura il 4 settembre 2003 per ben tre volte nel giro di poche ore non si abbassarono le sbarre dei due passaggi a livello;
nel mese di maggio di quest'anno un pullman ha rischiato la collisione sui binari e solo per una frazione di secondo ha evitato l'impatto col treno;
sembra che anche la sera di venerdì 24 giugno, quattro giorni dopo l'incidente in oggetto, le sbarre siano rimaste ancora alzate al passaggio del treno;
nei giorni scorsi anche i passaggi a livello di Cisano e Pontida, due stazioni poste sulla linea Lecco-Bergamo, hanno registrato lo stesso guasto;
la situazione di rischio e pericolo che incombe sui passaggi a livello di Calolziocorte e su tutta la linea ferroviaria, è palese;


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l'indignazione degli abitanti della zona e degli automobilisti di passaggio si somma alla forte preoccupazione per la sicurezza. Preoccupazione che non sembra coinvolgere chi di competenza, più volte sollecitato ad intervenire -:
quali siano i motivi dei mancati interventi;
se esista un piano di studio che preveda l'eliminazione degli inconvenienti che ormai quotidianamente si verificano su tutta la tratta;
se non si ritenga necessaria la riprogettazione del sottopasso di Sala, previsto fin dal 1992.
(4-15590)

Risposta. - Si fa presente che la problematica riguardante le modalità di superamento dei passaggi a livello in caso di guasto è da tempo all'attenzione del ministero delle infrastrutture e dei trasporti che ha attivato già dalla fine dello scorso anno un confronto con Rete Ferroviaria Italiana s.p.a. finalizzato a proporre alcune modifiche al Codice della Strada.
Inoltre, è in corso un ambizioso programma di soppressione dei passaggi a livello: infatti dal 1990 al 2004 ne sono stati soppressi complessivamente 3.126; dei quali 1.382 sulla rete fondamentale e 1.744 su quella complementare.
Sulla base delle risorse stanziate sono in corso interventi soppressivi per complessivi, 631 passaggi a livello a valere sui fondi delle leggi 189 del 1983 e 354 del 1998.
La soppressione di ulteriori 356 passaggi a livello è prevista nel contesto della realizzazione di interventi di più ampia valenza mirati al potenziamento della rete infrastrutturale quali quadruplicamenti, raddoppi, varianti ecc.
Sono in corso altresì le progettazioni esecutive di opere già provviste delle necessarie autorizzazioni e della relativa copertura finanziaria per la soppressione di ulteriori 45 passaggi a livello, per un totale di interventi di eliminazione pari a 1.032.
Sulla specifica questione indicata nella presente interrogazione, Ferrovie dello Stato s.p.a, ha riferito che il passaggio a livello automatico presso il quale è avvenuto l'incidente del 20 giugno 2005 è sito in località Sala di Calolziocorte al km 23+918 della linea ferroviaria Bergamo-Lecco, nella tratta Calolziocorte-Cisano in corrispondenza della strada
ex statale 639 «dei laghi di Pusiano e Garlate».
Fanno parte del medesimo impianto anche altri due passaggi a livello automatici posti ai km 23+819 e 24+567.
L'impianto è protetto da segnale proprio per i treni provenienti dalla stazione di Cisano e dal segnale di partenza della stazione di Calolzio per i treni provenienti dalla stessa.
In caso di guasto che impedisca la chiusura delle sbarre di uno dei passaggi a livello i segnali permangono al rosso. In questi casi viene ordinata al macchinista la marcia a vista; consistente, all'approssimarsi del passaggio a livello, nell'invio di segnali sonori e nel procedere in modo tale da poter arrestare tempestivamente il treno al presentarsi di un qualsiasi ostacolo non superando comunque la velocità di 4 km/h.
Per quanto riguarda la manutenzione effettuata su tale impianto si fa presente che nel periodo dal 1o giugno 2004 al 1o giugno 2005 sono state svolte 652 ore di attività di manutenzione da parte del personale, ben oltre quanto previsto dalla specifica normativa.
Non risultano che ci siano state anormalità né il giorno 4 settembre 2003 né il 24 giugno 2005, date citate nell'atto ispettivo.
Circa la presunta difformità tra aspetto del segnale e posizione delle barriere verdi con barriere aperte non esistono agli atti delle stazioni limitrofe segnalazioni in merito.
Ferrovie dello Stato precisa infine che è prevista la soppressione del passaggio a livello al km 23+918 a seguito della realizzazione di un sottovia a cura dell'Anas s.p.a, come da convenzione n. 7 del 18 gennaio 2001.
Il Sottosegretario di Stato per le infrastrutture e per i trasporti: Nino Sospiri.


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RUSCONI e MEDURI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro per la funzione pubblica. - Per sapere - premesso che:
in data 15 luglio 2005 è stato approvato dal Consiglio dei ministri il decreto del Presidente della Repubblica che dispone che «per l'anno scolastico 2005-2006, il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca è autorizzato, ai sensi dell'articolo 1-quater del decreto-legge 28 maggio 2004 n. 136, con modificazioni, dalla legge 27 luglio 2004 n. 186, e dell'articolo 1, comma 99, della legge 30 dicembre 2004 n. 311, a trattenere in servizio, a decorrere dal 1 settembre 2005 e fino al compimento del settantesimo anno di età, un contingente pari a 175 unità di personale dirigente delle istituzioni scolastiche»;
detto contingente è ripartito con decreto del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca nel rispetto dei fabbisogni prioritari;
tale provvedimento si è reso necessario «al fine di fronteggiare le esigenze di conduzione delle istituzioni scolastiche con personale di provata esperienza e capacità»;
risulta all'interrogante che l'Ufficio Scolastico della Calabria, in contraddizione rispetto alle altre regioni italiane, avrebbe deciso di incaricare dei precari, contro la legittima richiesta di alcuni dirigenti scolastici in servizio;
risulta, inoltre, all'interrogante che l'autorizzazione del Consiglio dei ministri sarebbe pervenuta con perfetto tempismo, ben prima della scadenza del termine per il collocamento a riposo di coloro che hanno richiesto di permanere in servizio e che fino al 31 agosto sono tenuti ad assicurare la normale attività delle scuole -:
di esaminare e verificare i provvedimenti assunti dalla direzione generale della Calabria e la coerenza degli stessi con decreto del Presidente della Repubblica del 15 luglio 2005.
(4-16404)

Risposta. - Si risponde, su delega della Presidenza del Consiglio dei Ministri, all'interrogazione parlamentare in esame riguardante gli incarichi di presidenza effettuati dall'Ufficio scolastico regionale della Calabria per la copertura dei posti di dirigenti scolastici vacanti e disponibili a decorrere dal 1o settembre 2005.
Come già ricordato dall'interrogante, in data 15 luglio 2005, è stato approvato dal Consiglio dei Ministri lo schema di decreto del Presidente della Repubblica che ha autorizzato la permanenza in servizio di n. 175 unità di personale dirigente della scuola fino al compimento del settantesimo anno di età, per l'anno scolastico 2005/2006.
Il decreto del Presidente della Repubblica datato 19 luglio 2005, è stato registrato alla Corte dei Conti il 19 agosto 2005 e pubblicato nella
Gazzetta Ufficiale del 31 agosto 2005.
A seguito della comunicazione di approvazione dello schema di decreto del Presidente della Repubblica da parte della Presidenza del Consiglio dei Ministri avvenuta il 18 luglio 2005, questa Amministrazione, in pari data, con nota n. 174, ne ha dato comunicazione agli Uffici scolastici regionali.
In detta nota si invitavano i Direttori generali regionali, nelle more del perfezionamento del decreto, a disporre il trattenimento in servizio del personale interessato, sussistendone le condizioni, nel limite dei posti a suo tempo segnalati; si chiariva, inoltre, che tutti gli atti già posti in essere, per la copertura dei posti di dirigente scolastico, rimanevano impregiudicati, tenuto conto della fase ormai avanzata di svolgimento delle operazioni finalizzate al corretto, imminente avvio dell'anno scolastico 2005/2006.
Ciò in quanto ogni Ufficio scolastico regionale, nella propria autonomia organizzativa, aveva proceduto, fino a quel momento, ai vari adempimenti finalizzati alla copertura dei posti di dirigente scolastico, secondo scadenze che, nell'osservanza delle date finali poste dalla vigente normativa, sembrassero le più idonee ed efficaci rispetto al complesso delle operazioni da


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compiere per assicurare l'ordinato avvio dell'anno scolastico.
Per quanto riguarda la Regione Calabria risulta, in effetti, che alcuni dirigenti scolastici avevano prodotto domanda di trattenimento in servizio fino al compimento del 70o anno di età, ma tali istanze non avevano potuto trovare accoglimento in quanto, al momento della richiesta, non vi era alcun provvedimento che lo permettesse.
Solo dopo la conclusione di tutte le operazioni di copertura dei posti di dirigente scolastico vacanti e disponibili e quando erano già in atto le ulteriori operazioni riguardanti il restante personale della scuola, che devono concludersi entro il 31 luglio, l'Ufficio scolastico regionale ha avuto comunicazione dell'approvazione del decreto del Presidente della Repubblica e non ha potuto, pertanto, disporre la permanenza in servizio di coloro che lo avevano richiesto.
Il Sottosegretario di Stato per l'istruzione, per l'università e per la ricerca: Valentina Aprea.

SANDI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il decreto-legge 30 giugno 2005, n. 115, «Disposizioni urgenti per assicurare la funzionalità di settori della pubblica Amministrazione» stabilisce all'articolo 5 i requisiti per la guida dei ciclomotori;
il predetto articolo modifica l'articolo 116 del decreto legislativo n. 285 del 1992 nel modo seguente:
il punto a) sostituisce il comma 1-ter e prevede l'obbligo di conseguire il certificato di idoneità alla guida dei ciclomotori anche per le persone che hanno la maggiore età;
il punto b) prevede l'inserimento del comma 1-quater, dove è stabilito che i requisiti fisici e psichici richiesti per la guida dei ciclomotori sono quelli prescritti per la patente di categoria A (ivi compresa quella speciale);
queste disposizioni provocheranno di fatto l'impossibilità delle persone ipovedenti di usufruire del ciclomotore in quanto, non raggiungendo gli 8/10 di visus complessivo, non potevano conseguire (allora) la patente A o B o C ed oggi non possono conseguire il patentino per la guida dei ciclomotori, necessario dal 1 ottobre 2005;
le norme della Comunità europea prevedono un visus di almeno 6/10 per il conseguimento di qualsiasi patente di guida valida per circolare anche sulle nostre strade;
a parere dell'interrogante, questo divario porta alla creazione di una categoria dei cittadini europei di «serie B», ed arreca agli ipovedenti un duplice danno sia con riferimento alla loro mobilità, sia con riferimento al fatto che con un visus complessivo di 7/10 o 6/10, gli stessi non possono venire considerati ciechi civili od invalidi civili, dato che la minorazione comporta un'invalidità del 15 per cento ben lontana dal 46 per cento necessario per il collocamento mirato, o del 74 per cento per il diritto ad un assegno mensile, o del 100 per cento per il diritto alla pensione -:
se esistano le condizioni perché anche il nostro Paese possa adottare lo stesso limite di visus - 6/10 complessivi - (considerato nei limiti fisiologici per la pericolosità) per il conseguimento del patentino per la guida dei ciclomotori e consentire anche a questi cittadini, meno fortunati, di avere una maggiore mobilità.
(4-16335)

Risposta. - Si osserva che la normativa nazionale vigente nella materia segnalata contenuta nell'articolo 325 del decreto del Presidente della Repubblica n. 495 del 1992 non si pone in contrasto con le norme comunitarie in quanto la direttiva 91/439/CE dispone che gli Stati membri possono stabilire norme più severe di quelle minime fissate dal Legislatore comunitario in materia di requisiti psicofisici alla guida.


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La successiva direttiva 2000/56/CE non ha apportato modifiche al riguardo.
Sulla base di ciò, con il decreto ministeriale 28 giugno 1996 ed il successivo decreto ministeriale 30 settembre 2003 n. 40T, sono stati confermati, per esigenze di tutela della sicurezza della circolazione, i limiti nella guida per i soggetti ipovedenti previsti dall'articolo 325 del decreto del Presidente della Repubblica. n. 495 del 1992.
Le medesime priorità sono state quindi confermate nella stesura delle norme del decreto legge 30 giugno 2005, n. 115.
Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti: Pietro Lunardi.

SGOBIO. - Al Ministro delle comunicazioni, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
il call center di Poste Italiane spa di Reggio Calabria occupava, fino allo scorso mese di giugno 2004, circa 150 lavoratori 89 dei quali assunti con contratto a tempo indeterminato e 57 presi «in affitto» da due società la Ali e la Adecco con contratto di lavoro interinale che prevedeva quattro proroghe da utilizzare in un arco di tempo definito allo scadere del quale non sarebbe più stato rinnovato;
il suddetto call center ha svolto negli anni una gran mole di lavoro gestendo l'informazione sui servizi erogati a favore dell'utenza privata e istituzionale, e di recente, effettuando la promozione e la vendita dei nuovi prodotti postali con grande ritorno economico per Poste Italiane spa;
grazie alla estrema professionalità e competenza dimostrata dagli addetti, il call center reggino ha raggiunto importanti obiettivi aziendali, ottenendo il riconoscimento quale punto di eccellenza in Italia;
il management di Poste Italiane spa, a fronte di tale bilancio positivo, anziché provvedere alla regolarizzazione ed alla stabilizzazione del personale assunto in forma precaria ed all'ampliamento degli organici, non ha provveduto al rinnovo dei contratti di lavoro interinale non più prorogabili dei suddetti lavoratori con palese discriminazione rispetto ai loro colleghi del call center di Roma che, malgrado il loro contratto di assunzione fosse anch'esso non più prorogabile, sono stati assunti a tempo indeterminato da Poste Italiane spa;
tale scelta aziendale, secondo l'interrogante sciagurata, perpetrata ai danni di 57 famiglie calabresi è andata ad inasprire la già drammatica crisi occupazionale che vive la provincia di Reggio Calabria, palesandosi come grave atteggiamento discriminatorio che l'azienda ed il Governo hanno deciso di porre in essere contro i lavoratori del Mezzogiorno -:
se siano a conoscenza dei motivi in base ai quali nei confronti dei lavoratori del call center di Reggio Calabria non siano stati adottati gli stessi provvedimenti che hanno comportato l'assunzione a tempo indeterminato e quindi la definitiva stabilizzazione dei lavoratori del call center di Roma;
se non ritengano dover sollecitare Poste Italiane spa a procedere all'assunzione stabile e definitiva dei lavoratori interinali del call center di Reggio Calabria inserendoli nella dotazione organica della società, od in caso contrario, a garantire loro la continuità lavorativa attraverso la prosecuzione a tempo indeterminato del contratto di lavoro interinale, così come previsto dalla legge n. 30 del 2004 (cosiddetta legge Biagi).
(4-11068)

Risposta. - Si ritiene opportuno premettere che, a seguito della trasformazione dell'ente in società per azioni, il Governo non ha il potere d'intervenire nella gestione aziendale che, com'è noto, rientra nella competenza specifica degli organi statutari della società la quale, pertanto, organizza secondo le logiche imprenditoriali ritenute più opportune le risorse di cui dispone, al fine di raggiungere il duplice obiettivo di assicurare condizioni di operatività compatibili con una gestione economicamente


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equilibrata, nonché di garantire un efficiente servizio all'utenza.
Il ministero delle comunicazioni - quale autorità nazionale di regolamentazione del settore postale - ha tra i propri compiti quello di verificare il corretto espletamento del servizio universale erogato da Poste italiane.
Tale attività è volta ad accertare che la qualità del servizio svolto su tutto il territorio nazionale risponda ai parametri fissati dalla normativa comunitaria e nazionale, recepiti nel contratto di programma, e ad adottare idonei strumenti sanzionatori nel caso in cui si dovesse verificare il mancato rispetto degli standard qualitativi fissati.
Ciò premesso, allo scopo di poter disporre di elementi di valutazione in merito a quanto rappresentato dall'interrogante, si è provveduto ad interessare la società poste italiane la quale, in relazione alla mancata assunzione a tempo indeterminato dei lavoratori che hanno svolto la loro attività presso il
call center di Reggio Calabria con contratti interinali non più prorogabili, ha comunicato che l'azienda effettua l'assunzione di lavoratori temporanei in relazione a specifiche esigenze di servizio che possono derivare sia dall'acquisizione di specifiche commesse, sia dalla necessità di sostituire unità assenti per lunghi periodi, sia da picchi di attività non sostenibili unicamente mediante il ricorso ai normali assetti produttivi aziendali; con il cessare delle predette esigenze di servizio, il rapporto di lavoro si risolve alla naturale scadenza contrattuale.
La società poste italiane ha, poi, reso noto che, come normalmente avviene nei casi in cui l'azienda ricorre al supporto di lavoratori temporanei, sia la durata del contratto, sia le successive proroghe formano oggetto di apposita informativa nei confronti dei diretti interessati e delle organizzazioni sindacali.
Riguardo al
call center calabrese, la concessionaria ha precisato che in tempi recenti si è verificata una contrazione delle esigenze che hanno determinato il ricorso al lavoro flessibile, sia per effetto del processo di mobilità volontaria avviato, a seguito dello specifico accordo con le organizzazioni sindacali, in data 29 luglio 2004, sia per le riammissioni in servizio dei lavoratori assunti con contratto a termine a seguito di provvedimento giudiziale.
L'accordo citato - stando a quanto riportato - consentirà il rientro nella regione Calabria di quelle unità applicate presso le altre regioni che hanno avanzato domanda di trasferimento in tal senso.
La società poste italiane ha, altresì, comunicato che i contratti concernenti le unità applicate presso il
call center di Reggio Calabria sono stati prorogati fino al 13 gennaio 2046.
In riferimento al
call center di Roma, infine, la società poste italiane ha fatto presente che l'assunzione di alcune unità a tempo indeterminato è scaturita dall'acquisizione di una specifica commessa che prevede lo svolgimento del servizio in via esclusiva.
Il Ministro delle comunicazioni: Mario Landolfi.

ZACCHERA. - Al Ministro degli affari esteri, al Ministro per le pari opportunità. - Per sapere - premesso che:
da anni è critica la situazione per le adozioni internazionali di minori, con angoscianti situazioni per migliaia di famiglie che con estrema difficoltà riescono a concludere i complicati iter di adozione;
più volte l'interrogante è intervenuto per segnalare casi anomali, oltre ad aver presentato la proposta di legge 4998 presentata il 12 maggio 2004 tendente ad ottenere più trasparenza in queste procedure, come richiesto da molte Associazioni, famiglie ed esperti del settore come - segnatamente - quelli riuniti nel portale www.loretobambino.it che raccoglie innumerevoli famiglie impegnate in questo campo;
la situazione si è fatta sempre più critica nei paesi dell'ex blocco dell'Europa Orientale ed in Russia, dove le autorità locali frappongono sempre più difficoltà a procedere nelle adozioni, nonostante che


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spesso siano già state svolte tutte le necessarie procedure burocratiche;
al centro di quello che purtroppo a volte diventa un vero e proprio «business» stanno anche numerose Agenzie italiane che richiedono alle famiglie autorizzate dai Tribunali dei Minori somme anche cospicue per le procedure di adozione spesso con tempi e modi molto discutibili e nonostante che spesso - purtroppo - le situazioni si incagliano e non hanno uno sbocco in termini ragionevoli;
perlomeno farraginosi devono essere giudicati i sistemi di controllo in questo settore, con la presenza di più Enti a volte in concorrenza tra di loro;
la situazione si è fatta particolarmente grave in Bielorussia dove da ormai molti mesi - e precisamente dal mese di ottobre 2004 - risultano essere state bloccate in modo unilaterale tutte le pratiche di adozione nonostante che circa 160 coppie italiane, dopo aver pagato, tutto il dovuto, si ritrovano ad avere già assegnati i figli adottivi (con i quali, spesso si sono già iniziati a tenere rapporti) ma che gli stessi bambini non sono loro consegnati, con complicanze e conseguenze gravissime sia per le coppie italiane che per gli stessi bambini adottandi;
oltre a queste coppie risultano all'interrogante - dall'esame diretto delle documentazioni disponibili - che diverse centinaia di altre coppie hanno già pagato alle Agenzie italiane migliaia di euro per l'adozione di bambini in Bielorussia, ma che tutte queste pratiche risultano essere parimenti bloccate -:
quale sia l'esatta situazione delle adozioni di minori in essere tra Italia e Bielorussia ed in particolare quanti siano i bambini bielorussi già assegnati a coppie italiane e quante coppie invece risultano aver invano già pagato per procedure dall'incerto sviluppo;
se, in questo senso, i Ministri interrogati non ritengano di dover avviare un monitoraggio della situazione sopra descritta evitando sovrapposizioni di funzioni e di intervento ed anzi finalmente chiarendo chi abbia la responsabilità di gestire e controllare questa situazione;
in particolare, quante siano le Agenzie autorizzate in Italia ad operare adozioni in Bielorussia e quante abbiano avuto tale autorizzazione dalle autorità di Minsk, quante siano state le adozioni andate a buon fine rispetto alle pratiche in giacenza e quale sia il giudizio del Governo sulla serietà di queste Agenzie;
quali siano gli attuali rapporti con il governo bielorusso su queste vicende, quali passi abbiano fatto le autorità italiane per sbloccare questa situazione, quali siano state le risposte bielorusse e quali si ritengano saranno gli sviluppi di questa incresciosa situazione.
(4-17864)

Risposta. - Nell'ottobre del 2004, a seguito di una serie di interventi del Presidente Lukascenko in cui si denunciava una tratta di bambini bielorussi e gli effetti negativi dei soggiorni all'estero dei minori, le Autorità di Minsk hanno sospeso l'accettazione di nuove richieste di adozione internazionale nonché le procedure adottive già avviate, in attesa degli esiti di una ricognizione delle adozioni realizzate a partire dal 1997 e di modifiche alla normativa in materia.
La nuova normativa, varata il 14 gennaio 2005, è ispirata a criteri restrittivi per quanto riguarda l'adozione internazionale che assume un più deciso carattere di sussidiarietà rispetto a quella nazionale e parallelamente vengono introdotte misure di sostegno economico a favore di famiglie bielorusse affidatarie o adottanti di minori abbandonati.
Il ministero degli affari esteri, sin dalla scorsa primavera, ha svolto ripetuti passi a diversi livelli per sensibilizzare le Autorità bielorusse sulle gravi conseguenze del blocco delle adozioni e degli orientamenti di maggior chiusura profilatisi anche in tema di soggiorni temporanei all'estero di bambini bielorussi.
Al tempo stesso si è sollecitata un'adeguata riflessione del Governo di Minsk sul problema delle procedure di adozione internazionale


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di minori già avviate - secondo i dati della nostra Ambasciata i casi sono 154 - con l'invito a giungere a soluzioni conformi a principi di umanità e giustizia, nel rispetto dei vincoli affettivi già stabilitisi tra i bambini e gli aspiranti genitori adottivi.
Alle richieste italiane si è opposto da parte bielorussa un pregiudiziale atteggiamento di chiusura, rinviandone la presa in considerazione alla conclusione di un nuovo protocollo bilaterale in materia di adozioni internazionali tra la nostra Commissione per le adozioni internazionali e quel ministero dell'istruzione.
A seguito di ripetuti passi svolti a Roma ed a Minsk, la parte bielorussa informava a fine luglio di essere autorizzata «ai più alti livelli» a confermare la volontà del suo Paese di discutere con spirito costruttivo con le Autorità italiane per trovare una soluzione alle pratiche di adozione avviate prima dell'entrata in vigore della nuova normativa ed agli altri problemi riguardanti i minori.
In questo contesto, veniva concordato un percorso che prevedeva la visita in Bielorussia di una delegazione della Commissione parlamentare per l'infanzia, preceduta da un incontro a Minsk a livello di alti funzionari, nell'intento di preparare il nuovo Protocollo di intesa tra la Commissione per le adozioni internazionali e la competente Autorità centrale bielorussa per consentire la ripresa della presentazione da parte italiana di domande di adozione e di mettere in moto, con la sottoscrizione di un apposito documento, un processo per sbloccare gradualmente le procedure di adozione avviate secondo la precedente normativa.
Gli incontri avuti dai negoziatori italiani il 13 e 14 ottobre 2005 non hanno avuto esito positivo, poiché non è stato possibile finalizzare le previste intese in vista della loro firma in occasione della successiva visita a Minsk della Delegazione della Commissione parlamentare per l'infanzia, avvenuta dal 24 al 26 ottobre. Nell'imminenza della partenza dei Parlamentari si doveva registrare anzi l'indisponibilità bielorussa a sottoscrivere il documento riguardante le procedure adottive bloccate con l'entrata in vigore della nuova normativa, la cui soluzione doveva quindi trovare impropriamente collocazione nell'ambito del protocollo destinato a regolare le future adozioni.
Durante il soggiorno a Minsk della Commissione, da parte bielorussa veniva elaborato e sottoposto ai Parlamentari un testo insoddisfacente.
La successiva tornata negoziale a livello di alti funzionari, svoltasi a Minsk dal 26 al 28 ottobre, pur facendo registrare qualche limitato avanzamento, si è arenata sull'inadeguata formulazione bielorussa dell'articolo del nuovo Protocollo destinato a regolare le adozioni pendenti.
I contatti non si sono interrotti e sono continuati per via diplomatica, consentendo di mettere a punto un nuovo testo dell'articolo in questione che veniva incontro alle esigenze di carattere umanitario e di equità manifestate dall'Italia, nell'intento di salvaguardare l'interesse prioritario dei bambini ed i legami affettivi creatisi tra loro e le famiglie che ne avevano chiesto l'adozione.
Il nuovo Protocollo di collaborazione italo-bielorusso in materia di adozione è stato quindi firmato a Mink il 12 dicembre scorso e, oltre a fissare modalità e procedure per le future domande di adozione, contiene l'impegno delle Autorità bielorusse ad esaminare, entro febbraio 2006, tutte le procedure pendenti alla data dell'ottobre 2004, comprese quelle per le quali è intervenuta nel frattempo una decisione negativa, nell'intento di favorire il ricongiungimento dei bambini bielorussi con quelli che essi già da tempo considerano i loro genitori adottivi.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Roberto Antonione.

ZANELLA. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
sulla base di quanto comunicato dal ministero dell'interno nel mese di dicembre 2002, con una circolare alle prefetture,


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può essere consentita la permanenza sul territorio nazionale agli extracomunitari in attesa di regolarizzazione, in caso di licenziamento o di apertura di una vertenza con il datore di lavoro che si rifiuta di regolarizzarli, attraverso la concessione di un permesso di soggiorno per attesa di occupazione;
secondo quanto riportato da «La nuova Venezia» del 16 gennaio 2003, l'associazione artigiani Cgia di Mestre segnala che «la circolare ministeriale nulla dice circa i casi in cui è il lavoratore a licenziarsi e, a tal proposito, dalle prefetture arrivano risposte contrastanti» che spaziano dall'invito a lasciare il Paese al rilascio di un permesso per attesa di occupazione-:
se non ritenga che sia importante verificare se nella legge 189 del 30 luglio 2002 vi sia una lacuna di questa entità che pregiudica un gran numero di lavoratori immigrati;
se non ritenga che il ministero dell'interno in presenza di questa lacuna debba comunicare al più presto alle prefetture come comportarsi in presenza di casi analoghi a quelli denunciati dall'associazione artigiani Cgia di Mestre per evitare confusione e possibili abusi.
(4-05070)

Risposta. - L'avvenuta regolarizzazione di circa 700 mila lavoratori stranieri - collegata all'esistenza di un contratto di lavoro - è stata un'operazione che non ha precedenti in Europa per dimensioni, complessità degli adempimenti e tempi di realizzazione.
Il procedimento conclusosi nel 2004 ha fornito una risposta all'esigenza di far emergere dal «lavoro nero» numerosissimi lavoratori immigrati impiegati per lo più presso imprese, aziende agricole, famiglie.
Durante la fase operativa, il ministero dell'interno e il ministero del lavoro e delle politiche sociali sono intervenuti ripetutamente per risolvere i problemi relativi alla cessazione del rapporto di lavoro nelle more della regolarizzazione.
In particolare, il ministero dell'interno con la circolare del 4 dicembre 2002 richiamata anche dall'interrogante, e quella successiva del 15 gennaio 2003 ha precisato che, in caso di mancato perfezionamento della procedura di regolarizzazione per motivi dipendenti dal datore di lavoro (morte, licenziamento eccetera), era consentita l'ulteriore permanenza dello straniero sul territorio nazionale, in analogia a quanto previsto dall'articolo 22, comma 11, del decreto legislativo 286 del 1998 come modificato ed integrato dalla legge 189 del 2002.
Pertanto, a seguito dell'accertamento della fine del rapporto di lavoro, si è provveduto all'archiviazione delle istanze di regolarizzazione e quindi al rilascio al lavoratore straniero di un permesso di soggiorno per attesa occupazione da parte delle Questure.
Si soggiunge, altresì, che proprio per venire incontro alle obiettive esigenze dei lavoratori stranieri licenziati o comunque rimasti senza lavoro, spesso facili prede della criminalità, il ministero dell'interno è intervenuto, ancora una volta, con circolare n. 2 del 3 aprile 2003, prevedendo specifiche modalità agevolate presso una apposita postazione dedicata dello sportello polifunzionale, attivato presso tutte le Prefetture, per la stipula del contratto di soggiorno per lavoro tra il lavoratore straniero e il nuovo datore di lavoro e, quindi, al rilascio del relativo permesso di soggiorno della durata di un anno.
Pressoché contestualmente, il ministero del lavoro e delle politiche sociali, con circolare dell'8 aprile 2003, ha anche precisato che, in tali casi, il nuovo datore di lavoro dovesse comunicare alla Prefettura la disponibilità ad assumere lo straniero rimasto senza impiego e che, nelle more della conclusione della procedura di regolarizzazione, il rapporto di lavoro non potesse avere corso potendosi instaurare soltanto all'atto della stipula del contratto di soggiorno per lavoro.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Giampiero D'Alia.


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ZANELLA, CENTO, BULGARELLI, RUSSO SPENA, DE SIMONE e MASCIA. - Al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
il 27 luglio 2003, nel campo di accoglienza di Bari-Palese, una roulottopoli sulla vecchia pista dell'aeroporto militare, si sono verificati momenti di protesta dei manifestanti no-global contro lo stato di detenzione inumano degli immigrati e contro le procedure di identificazione ritenute eccessivamente lunghe e pertanto lesive dei diritti umani;
nel campo si trovano un'ottantina di profughi e immigrati, molti dei quali arrivati a Lampedusa e dalle coste siciliane nelle scorse settimane e in attesa di ricevere una risposta alla domanda di asilo;
malgrado le statistiche trionfalistiche e la «stretta» sui controlli di frontiera, continuano ad arrivare in Italia migliaia di profughi e di immigrati esclusi da qualunque possibilità di ingresso legale e dunque costretti alla clandestinità con il consueto corollario di accaniti rastrellamenti per rintracciare immigrati senza scampo, con l'internamento dei nuovi arrivati nei «centri di permanenza temporanea» (cpt) e nei nuovi «centri di transito», camuffati da centri di «prima accoglienza e soccorso»;
tutti i migranti sono trattati dai mezzi di informazione e dagli organi di polizia come «clandestini» anche quando appare evidente la loro condizione di richiedenti asilo;
si è arrivati alla proclamazione dell'ennesimo stato di emergenza-immigrazione da parte del Governo, autorizzando tutte le strutture decentrate dello Stato ad adottare prassi al di fuori della normativa prevista, per la creazione dei centri di detenzione e dei nuovi centri di transito e le prefetture già da tempo hanno avuto carta bianca per attrezzare strutture improvvisate presso palestre, scuole, capannoni industriali e caserme, aprendo un numero imprecisato di «centri di transito» per gli immigrati appena sbarcati,prima della loro deportazione con autobus, sotto scorta, verso i centri di permanenza temporanea della Puglia e della Calabria;
i «centri di accoglienza che funzionano ormai come veri centri di permanenza temporanea» anche se sono costituiti da tende da campo e da roulotte, come a Bari Palese, in cui sono internati immigrati in condizione di irregolarità amministrativa che non hanno commesso alcun reato, sono tecnicamente a tutti gli effetti, ad avviso degli interroganti, dei campi di «concentramento» (o di internamento che dir si voglia), in cui persone innocenti vengono recluse e spogliate di tutti i loro diritti. In quanto tali, essi sono strutture extragiuridiche ed incostituzionali;
queste strutture, spesso stazioni di transito verso i più capienti «centri di raccolta» pugliesi, stanno diventando così la risposta normale rispetto al fenomeno costituito dalla crescita dei migranti da respingere o da espellere per effetto delle nuove disposizioni di legge, che restringono l'accesso alla procedura d'asilo (ed anche per effetto delle disposizioni amministrative che consentono alla commissione centrale di intervenire direttamente nei cpt, accelerando al massimo l'accompagnamento forzato in frontiera di quanti vedono respinta la propria domanda di asilo);
risulta frequente, sia quando si verifica il trasferimento in Puglia, sia quando gli immigrati rimangono per giorni a Lampedusa o a Pantelleria, l'impossibilità di raggiungere persone che vengono trattenute al di là di quanto previsto dalla legge, senza ricevere copia dei provvedimenti, senza avere diritto ad un interprete, senza potere comunicare in alcun modo con l'esterno (possibilità questa consentita solo dopo l'internamento e l'identificazione);
risulta agli interroganti che si neghi agli avvocati nominati dai richiedenti asilo di presentare istanza di ammissione a tale procedura atteso che solo il richiedente


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possa fornire quegli elementi biografici che possano fondare la domanda: in questo modo, considerata l'impossibilità di esprimersi in italiano (o in inglese o in francese), oltre che per l'assenza di interpreti indipendenti e di informazioni obiettive al riguardo, si chiude di fatto ogni possibilità di richiedere asilo -:
se i Ministri interrogati non ritengono ormai improcastinabile adoperarsi con ogni provvedimento per il rigoroso rispetto dei diritti fondamentali della persona umana e per il rispetto dei diritti basilari dei richiedenti asilo attualmente trattenuti presso tali strutture;
se non reputino opportuno predisporre verifiche ed ispezioni per verificare le condizioni di trattenimento di coloro che vi sono internati e la possibilità effettiva di accesso alle procedure dell'asilo e della protezione umanitaria anche mediante la garanzia della presenza di interpreti e un minimo di informazioni ed il riconoscimento dei diritti di difesa.
(4-07186)

Risposta. - Va premesso, innanzitutto, che la migrazione di ingenti quantità di persone da una parte all'altra della terra in cerca di asilo politico è uno dei fenomeni più inquietanti e gravi con il quale ci si deve confrontare e la cui dimensione è destinata ad accrescersi proporzionalmente con l'aumento delle aree di crisi nel mondo.
Per migliorare le procedure dedicate al riconoscimento dello status di rifugiato e per far fronte il più rapidamente possibile alla verifica delle condizioni che possono far accogliere le domande presentate, è stato emanato il decreto del Presidente della Repubblica n. 303 del 16 settembre 2004, regolamento attuativo delle specifiche disposizioni in materia introdotte dalla cosiddetta legge Bossi-Fini, la n. 189 del 2002.
Con questo intervento regolamentare, è stato realizzato uno dei punti fondamentali della citata legge, dotando il nostro paese di sette Commissioni territoriali per il riconoscimento dello
status di rifugiato, dislocate in varie parti del territorio nazionale, e di altrettanti centri di identificazione ad essi specificamente dedicati.
La valutazione da parte delle citate Commissioni territoriali è, inoltre, certamente più completa e garantita, essendo stata introdotta la partecipazione piena, non più semplicemente consultiva, dei rappresentanti dell'Alto commissario Onu per i rifugiati con diritto di voto nelle Commissioni e con la possibilità di un riesame delle decisioni da parte dell'organo amministrativo di secondo grado garantendo la presenza sul territorio, nelle more, del richiedente asilo.
Nel corso dell'istruttoria intesa al riconoscimento dello
status di rifugiato, il richiedente è invitato a riferire sulle vicende che lo hanno motivato ad allontanarsi dal suo Paese ed a dimostrare, anche con eventuale documentazione, la veridicità dei fatti narrati.
Il verbale viene poi letto allo straniero, vengono corrette eventuali imprecisioni e viene poi, come sopra precisato, controfirmato dall'interessato e dall'interprete.
Questo sistema di tutela viene, altresì, integrato dalle nuove disposizioni che consentono, nel caso di presentazione del ricorso all'autorità giudiziaria, la valutazione del prefetto delle situazioni che consigliano la permanenza in Italia nel periodo di tempo necessario per la decisione del ricorso.
A ciò si aggiunga che la vecchia Commissione centrale, oggi Commissione nazionale per il diritto d'asilo, ha mutato ruolo e funzioni, assumendo compiti di indirizzo e coordinamento nonché di formazione dei componenti delle Commissioni territoriali, oltre che poteri decisionali in tema di revoche e cessazione degli
status concessi.
Tra le attività già poste in essere dalla Commissione nazionale, si evidenzia la realizzazione di un opuscolo informativo per i richiedenti lo
status di rifugiato, redatto ai sensi dell'articolo 2, comma 6, del citato regolamento, e disponibile, oltre che in italiano, anche in inglese, francese, spagnolo ed arabo.
Il documento, che le Questure consegnano ai richiedenti, indica in modo chiaro, in una lingua da questi comprensibile, i


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casi in cui è possibile ottenere il riconoscimento di rifugiato secondo le nostre leggi e la Convenzione di Ginevra.
Leggendo l'opuscolo, lo straniero interessato è messo nelle condizioni di conoscere ogni modalità relativa a tale domanda (dove e a chi presentarla), gli effetti della stessa e l'intero iter procedimentale che ad essa farà seguito.
Nel documento sono presenti anche utili elementi circa l'aiuto e l'assistenza che possono fornire enti religiosi o laici nella predisposizione della domanda stessa e l'indicazione della facoltà di farsi assistere da un avvocato in sede di audizione davanti alla Commissione territoriale.
L'opuscolo indica puntualmente gli organi preposti a decidere sulle istanze presentate, le procedure previste per impugnare un eventuale rigetto delle stesse e fornisce una panoramica dei diritti e dei doveri connessi al riconoscimento dello
status di rifugiato nel nostro Paese.
Vengono, in particolare, evidenziate le modalità di iscrizione del minore alla scuola dell'obbligo e l'accesso ai servizi finalizzati all'accoglienza del richiedente asilo, sprovvisto di mezzi di sostentamento, erogati dagli enti locali.
Per quel che riguarda, infine, l'attività della citata Commissione presso la struttura di Bari-Palese, si evidenzia che l'organo collegiale, prima dell'entrata in vigore del citato regolamento attuativo, al fine di garantire il più sollecito esame delle istanze ancora pendenti davanti a quella Commissione, ha continuato i suoi lavori a pieno ritmo, con la convocazione settimanale delle sue tre Sezioni, spostandosi in alcune città, tra le quali anche Bari, dove si trovavano stranieri in attesa della conclusione della loro istanza di rifugio, decidendo
in loco su tali richieste.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Giampiero D'Alia.