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PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 1 e delle proposte emendative ad esso presentate (vedi l'allegato A - A.C. 458 ed abbinate sezione 6).
Ha chiesto di parlare l'onorevole Dario Galli. Ne ha facoltà.
DARIO GALLI. Signor Presidente, come i colleghi hanno già ampiamente illustrato, la Lega Nord è assolutamente contraria al provvedimento di cui si sta discutendo in questi giorni e di cui abbiamo discusso in maniera abbastanza irrituale il 27 dicembre (con una presenza peraltro ridottissima dei parlamentari che avevano richiesto la convocazione in via straordinaria). Sono gli ultimi giorni utili della legislatura ed esaminiamo un provvedimento che ritengo non interessi quasi nessuno dei cittadini italiani.
Il provvedimento di indulto, di amnistia - o il miscuglio dei due che sta emergendo - è giustificato dalla situazione delle carceri; perciò, consideriamo i numeri: nelle carceri italiane, sono reclusi circa 60 mila detenuti, dei quali più di un terzo sono cittadini extracomunitari. Quindi, i cittadini italiani in carcere sono, in realtà, soltanto poco più di 40 mila.
Come è stato illustrato precedentemente, si tratta di una percentuale bassissima se confrontata con quella di tutti i paesi equivalenti al nostro da un punto di vista sociale, culturale, storico ed economico.
La Lega Nord, su tale versante, già ha cercato una prima soluzione ed in parte l'ha approntata; il ministro Castelli è riuscito finalmente, dopo anni di chiacchiere, a stringere i primi accordi bilaterali con alcuni paesi extracomunitari. Conseguentemente, una parte di questi detenuti sono tornati nella loro terra per estinguere la pena o, comunque, sono usciti dalle nostre carceri e dal nostro paese.
Se si continuasse su questa strada e si riuscisse anche solo a far uscire tutti gli extracomunitari dalle nostre carceri, mandandoli in quelle del loro paese, allora risolveremmo automaticamente il problema degli istituti di detenzione italiani; oltretutto, probabilmente riusciremmo a ridurre drasticamente i reati commessi da persone extracomunitarie, che credo vadano volentieri nelle nostre galere - dove vivono in situazioni poco diverse da quelle di un albergo di buona levatura! -, mentre ritengo che avrebbero qualche difficoltà ad accettare l'idea di andare a scontare la pena nelle carceri dei loro paesi di provenienza.
Inoltre, se il problema è rappresentato dalla capacità contenitiva delle carceri, la questione, come in ogni paese civile, dovrebbe essere risolta costruendo più istituti detentivi, e non dando per scontato che i posti disponibili sono quelli giusti e che, allora, bisogna far uscire i carcerati dalle galere!
Del resto, questo ha fatto la sinistra, poiché, durante il suo quinquennio di Governo (dal 1996 al 2001), ha chiuso dodici istituti di pena, mentre vorrei ricordare che, in questa legislatura, ne sono stati aperti alcuni ed il ministro Castelli è riuscito ad impostare un nuovo programma di edilizia carceraria che comunque risolverà, assieme ad una serie di altre indicazioni che la Lega ha dato, tale problema negli anni a venire.
Se tali proposte fossero in discussione oggi, al posto del provvedimento in esame, esse risolverebbero, in maniera intelligente, il problema del sovraffollamento delle carceri. Vorrei segnalare, infatti, che abbiamo avanzato numerose proposte su pene alternative, sul lavoro fuori dal carcere
e su condizioni particolari per i detenuti che accettino di inserirsi lavorativamente nella società.
Ovviamente, di queste cose, che sarebbero troppo impegnative e che darebbero un minor ritorno in termini mediatici, nessuno, al di fuori della Lega, si interessa, mentre vedo che tutti si buttano su questa pagliacciata - che, comunque, non sarà portata a termine, perché sappiamo tutti benissimo che non riuscirà a superare positivamente l'esame di quest'aula -, pensando di avere chissà quale beneficio mediatico!
Anche in questo caso, vorrei rilevare che il problema della giustizia e del sovraffollamento delle carceri presenta una dimensione decisamente più ampia, che riguarda l'intero settore della giustizia.
DARIO GALLI. Noi ricordiamo - e lo abbiamo denunciato in quest'aula moltissime volte - che la situazione relativa sia alle Forze dell'ordine, sia soprattutto ai magistrati è assolutamente abnorme rispetto agli altri paesi paragonabili al nostro. Dico «abnorme» non nel senso che ne abbiamo meno - come si potrebbe pensare, visti i risultati disastrosi nel comparto della giustizia -, ma nel senso che ne abbiamo un numero enormemente maggiore!
Infatti, con l'ultimo concorso, svolto durante questa legislatura, siamo arrivati ad avere quasi 10 mila magistrati, contro i 2 o 3 mila dell'Inghilterra; nonostante ciò, nel solo settore della giustizia civile, vi sono 10 milioni di processi arretrati. Sto parlando di 10 milioni di processi, uno ogni cinque cittadini! La durata media dei processi civili, inoltre, oscilla tra i 9 ed i 10 anni, quando negli altri paesi essi durano da qualche mese a qualche anno al massimo.
Ma devo soprattutto rilevare che l'amnistia o l'indulto che oggi alcuni richiedono, nel nostro paese, in realtà, esistono per istituzione. Noi, infatti, abbiamo una sorta di amnistia di Stato, nel senso che il 90 per cento dei reati commessi nel nostro paese resta comunque senza colpevoli. Pertanto, nove delinquenti su dieci hanno l'amnistia garantita dallo Stato, perché hanno la certezza di non essere presi, di non venire condannati e di non andare a finire in galera!
Un altro esempio che dimostra l'assoluta inutilità di quanto si sta attualmente discutendo l'abbiamo avuto proprio qui, in quest'aula. Infatti, qualche anno fa, dopo la visita del Papa ricordata anche da altri colleghi, è stato comunque varato un provvedimento di clemenza, poiché da questa Assemblea un «indultino» è uscito. Assieme all'indultino, sono usciti dalle prigioni italiane anche 6 mila carcerati. Peccato che, di questi 1.500 ritornati immediatamente nel giro di qualche mese. Infatti, sono usciti dalle carceri - avrebbe dovuto trattarsi di un'azione di apertura nei confronti del reintegro di tali cittadini -, ma 1.500 su 6 mila hanno pensato bene di delinquere immediatamente e di ritornare in galera! Ovviamente, se 1.500 sono tornati in carcere, viste le percentuali dei risultati ottenuti dalla magistratura e dalle Forze dell'ordine, ciò vuol dire che anche quasi tutti gli altri sono comunque ritornati a fare i delinquenti. Infatti, se uno su quattro è ritornato in galera, anche gli altri tre, con grande probabilità, non hanno commesso azioni molto diverse!
Quello che pare non interessare minimamente i colleghi sia dell'opposizione sia in parte, della maggioranza è che il problema non sono tanto i 6 mila carcerati usciti o i 1.500 rientrati in carcere, ma il fatto che se 1.500 ritornano in galera, vuol dire che ci sono almeno 1.500 cittadini normali ed onesti, 1.500 famiglie normali ed oneste che hanno subito un reato commesso da questi carcerati che voi avete fatto uscire anticipatamente dalle carceri. Di questo non parla nessuno ed il problema è solo fare uscire i carcerati delle prigioni, e non pensare alle conseguenze che i cittadini normali, che ovviamente sono la stragrande maggioranza nel nostro paese, subiscono per questa uscita dal carcere. Voi avete sulla coscienza 1.500
cittadini offesi spesso nei propri averi e nei propri capitali, ma anche nel proprio corpo, nella propria integrità fisica, perché avete fatto uscire dal carcere 6 mila delinquenti! Alcuni di questi carcerati, a parte i casi più eclatanti come quello di Izzo e soci, hanno addirittura compiuto degli omicidi, che voi avete sulla coscienza, ma di cui pare qui non interessi a nessuno.
Come parlamentare facente parte di questa maggioranza, mi dispiace veramente stare qui a perdere tempo, ripeto, su un provvedimento che comunque non andrà a buon fine, quando ci sarebbero tante altre cose da fare in quest'aula. Solo rimanendo nel campo della giustizia, c'è il problema della legittima difesa che, come l'onorevole Intini - particolarmente affezionato al gruppo della Lega - ha ricordato, non significa trasformare il nostro paese nel Far west. Peraltro, l'Italia lo è già perché quando in alcune città, come Napoli, per qualche mese all'anno si contano due morti ammazzati al giorno, mi pare che il Far west lo abbiamo già in casa senza bisogno della Lega o delle sue proposte. Come avevano bene descritto la collega Lussana ed il ministro Castelli, il provvedimento sulla legittima difesa non incentiva i cittadini a diventare una sorta di sceriffi privati, ma semplicemente - cosa che solo in questo paese può succedere - consente ai cittadini che sono stati offesi a casa loro, nei loro averi, nei loro effetti, nel loro corpo, almeno nei pochi casi in cui riescono a difendersi, di essere tutelati dallo Stato per aver compiuto questo gesto di autodifesa. Infatti, in Italia, quando si verifica la rapina in una villa, una oreficeria o una tabaccheria, in cui magari il tabaccaio, l'orefice o il proprietario di casa vengono ammazzati o feriti gravemente, dopo un po' di tempo chi ha commesso il reato è già libero per strada si trova chi magari è riuscito a difendersi ancora impelagato in pratiche di tribunale per giustificare un atto normale e naturale di autodifesa. Altro che Far west, signor Intini: evidentemente, lei vive ancora negli anni d'oro della «Milano da bere» del socialismo craxiano, ma il paese di oggi lei non lo conosce. C'erano altre leggi, come quella sulla prostituzione ed altre ancora, che probabilmente avrebbero avuto un valore aggiunto per il paese ben superiore a quello che stiamo creando con il provvedimento in esame.
Mi dispiace anche - e mi rivolgo sempre ai colleghi del centrodestra - che vengano sprecati questi ultimi giorni di legislatura in quanto stiamo facendo. Noi abbiamo lasciato per strada, insieme a tante cose utili che, va riconosciuto, abbiamo fatto per il paese, il provvedimento sulla competitività, ma non è che il nostro paese sia migliorato in questo senso. Abbiamo parlato per un po' di dazi e poi anche qui vi è stato il silenzio assoluto, come se il problema cinese non esistesse più.
Ieri abbiamo parlato di mille miliardi gettati nella spazzatura, di 70 mila euro spesi in telefonate pornografiche, di 3 miliardi di euro per i clisteri dati ai cittadini; e non siamo capaci di parlare seriamente di federalismo fiscale, che risolverebbe questi problemi e darebbe uno sviluppo diverso al nostro paese.
Ci sono problemi irrisolti: il problema della Turchia, che ogni giorno ci dà una dimostrazione fisica di quanto le posizioni della Lega siano assolutamente giustificate; il problema della Cina, che incombe non solo sul futuro delle nostre aziende, ma anche sul futuro del nostro sistema sociale e dei nostri figli. La sicurezza pubblica non è assolutamente tutelata: mi riferisco a quella dei cittadini, e non a quella dei delinquenti. Vi sono pubblici ministeri che continuano a fare i politici, che emettono sentenze politiche, che intervengono nel merito delle leggi e che liberano terroristi riconosciuti dall'ONU.
Rispetto a ciò non riusciamo a fare niente! Pochi mesi fa, vi è stato lo scandalo di 500 famiglie musulmane che non mandano i loro figli alla scuola di Stato, e non abbiamo fatto niente! Qualche settimana fa, vi è stato lo scandalo di 200 asilanti politici (che poi sono risultati essere solo 20 su 200), a cui il presidente di una provincia italiana ha concesso come dormitorio la sala del consiglio provinciale!
Di queste cose non abbiamo detto niente! E siamo qui a parlare di mettere fuori qualche delinquente, che per sfortuna è andato in galera a farsi qualche mese di carcere, magari dopo aver ammazzato qualcuno o stuprato qualche ragazza: non so se ci rendiamo conto di quanto stiamo facendo (Applausi dei deputati del gruppo della Lega Nord Federazione Padana)!
Che queste cose le faccia la sinistra a me sta anche bene e lo posso capire perfettamente: loro stanno prendendo in giro strumentalmente i detenuti, perché sanno benissimo che questo provvedimento non verrà approvato. Ma a loro fa comodo: pensano, forse, di prendere qualche voto in più, non so da chi. E, comunque, la sinistra vuole distruggere il nostro sistema: più delinquenti ci sono nelle strade e più sono contenti. Peccato che non abbiano la stessa sensibilità in altre circostanze, loro che sono buonisti, che sono intelligenti, insieme ai meridionali. Io sono lombardo e mi scuso se sono un po' ignorante o, comunque, meno intelligente della media nazionale, secondo le indicazioni che ci sono arrivate da molto in alto. Peccato che loro, che sono così attenti a tutte le questioni di giustizia e di garanzia, non lo siano quando sono implicati direttamente. Peccato che un leoncavallino a Milano per voi è un combattente, mentre a Bologna è un delinquente. Pertanto, se a Milano si cerca di fare qualcosa, si scatena la piazza; mentre, se il sindaco comunista bolognese dice che bisogna rispettare la legalità, va tutto bene (Applausi dei deputati del gruppo della Lega Nord Federazione Padana)!
Parlando di grandi numeri, peccato che siate qui a dannarvi per qualche delinquente, per fargli scontare qualche mese in meno di carcere; mentre nei paesi comunisti veri, dove avete governato per settant'anni, di queste cose non si parlava neanche. La gente veniva presa, impacchettata, spedita in Siberia e lasciata lì sino alla fine (breve!) dei loro giorni. Non capisco come mai, ancora oggi, non vi siano manifestazioni da parte dei vostri leader illuminati, dei Veltroni, dei Rutelli, dei Pannella di turno, sulle 30 mila esecuzioni capitali all'anno che il più grande paese comunista al mondo - la Cina - oggi (e non nel Medioevo!) continua ad eseguire, senza che nessuno dica nulla!
FRANCO GRILLINI. «Nessuno tocchi Caino» lo dice tutti gli anni! Non dire stupidate!
DARIO GALLI. Ti ho già detto prima cosa devi andare a fare, in privato; se vuoi, te lo dico anche alla radio, però non credo ti convenga...
FRANCESCO GIORDANO. Presidente, è una questione di stile: non si può parlare così!
DARIO GALLI. Quanto la sinistra dice (non so se lui è un «sinistro» o, forse, un ambidestro) mi interessa relativamente; ma ciò che mi preoccupa è soprattutto la posizione dei colleghi di centrodestra.
FRANCESCO GIORDANO. Presidente, non si può parlare così!
DARIO GALLI. L'UDC ha sempre assunto la posizione che sappiamo; ma mi rivolgo ai colleghi di Forza Italia, e lo dico veramente in maniera costruttiva: voi siete veramente convinti che la maggioranza del vostro elettorato si aspetti da voi l'amnistia? Secondo voi, con riferimento a coloro che nel 2001 ci hanno dato il voto (svolgendo anche velocemente un'indagine statistica su 10 mila, mille, 100 soggetti), vi aspettereste che il 50 per cento più uno dicesse «sì» all'amnistia?
Forse, oltre a non conoscere il paese, non conoscete il vostro elettorato. Non credo che l'elettorato di centrodestra sia giustizialista: assolutamente! È formato da persone di grande buonsenso. Ma, proprio per questa considerazione, le persone di grande buonsenso vogliono che la giustizia funzioni, che in galera ci vadano solo quelli che hanno commesso reati, e non coloro che non li hanno commessi. Consideriamo che, oltretutto, le pene in Italia sono normalmente ridicole.
Ci sono i patteggiamenti, ci sono gli sconti di pena, c'è la buona condotta, e i cittadini di centrodestra di buonsenso vogliono che alla fine di tutto questo iter chi è stato condannato si sconti la sua pena fino alla fine. Non so che tipo di paese abbiate in mente o che tipo di elettorato pensiate di conoscere, ma se in molte occasioni la Casa delle libertà ha perso qualche voto, non date la colpa alla Lega, che non ha mai fatto della propaganda antimeridionalista, al massimo ha solo denunciato fatti giusti. Pensate invece al fatto che per prendere i voti degli elettori di centrodestra bisogna fare politiche di centrodestra, e la politica del centrodestra non è quella del giustizialismo bensì quella della giustizia: la giustizia deve funzionare e chi ha commesso una colpa (non entro nel merito perché ogni cittadino, ogni carcerato, ha la sua storia), pur avendo avuto le sue ragioni, è andato contro le regole del buon vivere civile e deve pagare la sua pena. Ritengo che i nostri elettori da noi questo vogliano. La Lega l'ha detto, l'ha promesso in campagna elettorale, e in questi cinque anni di legislatura ha mantenuto l'impegno preso e lo mantiene ancora oggi: noi siamo contrari a questo provvedimento (Applausi dei deputati del gruppo della Lega Nord Federazione Padana - Congratulazioni)!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Guido Giuseppe Rossi. Ne ha facoltà.
GUIDO GIUSEPPE ROSSI. Continuiamo, anche questa mattina, un dibattito che ormai si trascina da cinque anni. La realtà è questa: questo dibattito, che ormai sta assumendo toni grotteschi e surreali va avanti da cinque anni! Da cinque anni assistiamo ciclicamente alla riesumazione dei provvedimenti di clemenza, amnistia e indulto, che quasi sempre corrispondono a campagne politico-propagandistiche che qualcuno deve fare perché non riesce a trovare in altro modo la visibilità politica che gli deriverebbe dal consenso elettorale che non c'è (dunque, bisogna inventarsi campagne che possano avere una loro collocazione per quanto riguarda i mass media e un ristretto numero di operatori di settore nel campo della comunicazione).
Questo dibattito, piuttosto surreale, che va avanti da cinque anni ha avuto dei picchi, dei momenti alti e bassi ma ha anche registrato, in maniera abbastanza chiara, un dato incontrovertibile: non ci sono, cioè, le condizioni politiche per licenziare un provvedimento di questo tipo.
Grazie anche alla presa di posizione ferma e coraggiosa della Lega, che poi ha trascinato sulla sua scia i colleghi di Alleanza nazionale e acceso la luce del dubbio in molti dei nostri colleghi appartenenti ai partiti sia della maggioranza, sia, anche, dell'opposizione, l'approvazione di questo provvedimento è stata bloccata. Noi rivendichiamo il merito politico, il coraggio e anche la lucidità politica di questa azione, anche in ossequio, così come è già stato ricordato più di una volta, alla ragione sociale della coalizione di cui siamo parte.
La Casa delle libertà, i cittadini e l'elettorato di centrodestra sostanzialmente non vedono di buon occhio e non approvano provvedimenti di questo tipo, che si risolvono in una semplice apertura delle carceri per far uscire qualche migliaio di detenuti, perché questa è la sostanza di ciò che si vuole fare.
Non si è in un momento importante, un momento storico al quale la società italiana vuole dare una risposta con un provvedimento di clemenza collettiva. Non c'è un cambiamento radicale del modo di vedere la giustizia e le politiche carcerarie in questo paese, ma c'è una volontà molto semplice e qualunquista di alcuni settori politici, assolutamente minoritari in questo paese, di aprire le porte delle carceri e far uscire i detenuti.
È ovvio che l'elettorato e i cittadini della Casa delle libertà non si riconoscono in un progetto di questo tipo e noi, molto fedelmente, in maniera molto coerente, diamo voce a questa impostazione, perché è ovvio che un Governo che si richiama a politiche di centrodestra ben difficilmente,
in una condizione normale come questa, si può presentare con provvedimenti di questo tipo.
Siamo alla vigilia di una campagna elettorale: gli schieramenti, all'interno del loro progetto politico, dichiarino ai cittadini e agli elettori, in maniera molto trasparente, cosa vogliono fare se, eventualmente, andranno al Governo di questo paese.
Se l'Unione, in tutta libertà, vuole essere l'artefice di provvedimenti di questo tipo, pensi ad inserirli nel suo programma elettorale. Su tale programma, cerchi di avere il consenso dei cittadini e, successivamente, giunta in questo Parlamento con un mandato elettorale molto preciso - ovviamente per adesso c'è ancora l'articolo 79 della Costituzione che, per fortuna, prevede il quorum dei due terzi dei componenti di quest'aula -, cerchi di arrivare al risultato che si sta proponendo, ossia un provvedimento di clemenza.
Non essendoci oggi queste condizioni, anzi, trovandoci nella condizione peggiore, perché il dibattito in cinque anni non è riuscito a decollare e si trova oggi in una fase assolutamente stanca sul finire di questa legislatura, è chiaro che stiamo facendo un dibattito che, a nostro avviso, non solo è inutile, ma è anche dannoso. Esso è dannoso allo spirito dell'articolo 79 e agli istituti dell'amnistia e dell'indulto, che - non lo vogliamo dimenticare - sono istituti eccezionali, molto importanti e delicatissimi, in quanto danno la potestà, la forza e il potere alla Repubblica e alle sue istituzioni di essere «generosi» - se vogliamo utilizzare questo termine - nei confronti di chi ha sbagliato e ha trasgredito le regole del vivere comune e le leggi di questo paese, ma in un momento eccezionale.
Questo è il punto fondamentale. Si tratta di un istituto eccezionale che si usa in momenti storici eccezionali. Oggi, se mi permettete, 12 gennaio 2006, a due settimane dalla fine della legislatura e dallo scioglimento delle Camere, non è un momento storico eccezionale.
Abbiamo ripetuto più di una volta queste cose e le ripetiamo ancora. Oggi, in questo momento - lo andremo a verificare tra poco - non ci sono i numeri per l'amnistia. Oggi, con le posizioni espresse in aula, non ci sono nemmeno i numeri per l'indulto, perché non ci sono i necessari due terzi dei componenti favorevoli all'approvazione di questo provvedimento.
Dunque, spero che già nella giornata di oggi venga data una risposta politica e parlamentare chiara, possibilmente con il voto palese, che rappresenta in maniera evidente ed oggettiva nei confronti dei cittadini ciò che è avvenuto in quest'aula. Tale voto chiuderà questa vicenda.
Una vicenda che - ripeto - ha impegnato per troppo tempo e in malo modo le aule parlamentari e che non serve nemmeno alla popolazione carceraria, che è stata forse illusa troppe volte da provvedimenti di questo tipo.
Deve essere fatta chiarezza e sarà fatta; e se, come noi speriamo, l'Assemblea boccerà definitivamente sia l'amnistia sia l'indulto, un ringraziamento da parte dei cittadini dovrà essere rivolto al gruppo della Lega Nord Federazione Padana, che con coerenza e coraggio si è sempre schierata assolutamente contro questo tipo di provvedimenti (Applausi dei deputati del gruppo della Lega Nord Federazione Padana).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Falanga. Ne ha facoltà.
CIRO FALANGA. Nel corso di questa legislatura vi sono stati altri provvedimenti che hanno registrato una mancanza di accordo e di intesa tra i partiti della maggioranza. Ricordo, ad esempio, il provvedimento sulla devolution voluto dal gruppo della Lega Nord Federazione Padana e contrastato dal gruppo dell'UDC Unione dei democratici cristiani e dei democratici di centro (CCD-CDU) o la riforma della legge elettorale voluta dall'UDC e contrastata dalla Lega.
Ebbene, in queste occasioni il Presidente del Consiglio, con le sue innegabili doti di persuasione, faceva giungere in Assemblea i parlamentari dell'intera maggioranza dopo che essi avevano concordato
e trovato un'intesa per la soddisfazione degli interessi ora degli uni ora degli altri, in qualche occasione contrapponendoli e compensandoli. Riusciva così l'operazione.
Questa mattina, per il provvedimento in esame, la maggioranza arriva in Assemblea in assoluto dissenso. Da una parte il gruppo di Alleanza nazionale e dall'altra il gruppo della Lega Nord Federazione Padana, peraltro con argomenti davvero, ma davvero sconcertanti.
Mi riferisco agli argomenti di ordine tecnico e giuridico sottoposti e segnalati dalla questione pregiudiziale presentata da parlamentari di Alleanza nazionale, che fanno riferimento all'articolo 3 della Costituzione, con un richiamo ad un precetto costituzionale relativamente ad un istituto previsto dalla Costituzione. Essi dimenticano, forse, che l'articolo 79 concerne gli istituti dell'amnistia e dell'indulto, espressamente previsti con una norma chiara dalla Carta costituzionale.
Come si può pensare, allora, di sollevare un'eccezione di costituzionalità, con la presentazione di una questione pregiudiziale, tirando in ballo l'applicazione in via analogica di un precetto costituzionale, quando la norma che viene esaminata in Assemblea è esattamente rispondente ad una precisa disposizione costituzionale?
A nulla vale l'argomento relativo al sistema delle esclusioni, perché sappiamo che tutti i provvedimenti dal dopoguerra ad oggi sono stati caratterizzati da questo sistema. Vi è stata sempre una previsione di esclusione di alcuni reati.
Vi sono stati, poi, argomenti di squallida e miserevole demagogia, giunti dai banchi della Lega Nord Federazione Padana. Ha detto bene l'onorevole Finocchiaro: leggete. Si è fatto cenno nell'intervento dell'onorevole Luciano Dussin al traffico di droga fuori le scuole. È escluso, onorevole Dussin: questa espressione di cultura populista non funziona più nel nostro paese. I cittadini non sono più disponibili a seguirvi su questa linea di populismo e demagogia scadente, squallida e miserevole.
Se non vi è stato un accordo su questo provvedimento la ragione è chiara: è un provvedimento che non ha in sé interessi di parte, non ha in sé interessi economici, politici o comunque di parte. È un provvedimento che interessa i diritti civili di gente detenuta in carcere in condizioni disumane, ma ciò per questa maggioranza non ha alcuna rilevanza.
Pertanto, non valeva la pena di tirare in ballo le doti di persuasione del Presidente del Consiglio per indurre la maggioranza a presentarsi in quest'aula in maniera compatta e licenziare un provvedimento che si discute da quattro anni! Non ne valeva la pena per queste ragioni, e queste ragioni dovrebbero essere tali da farvi provare, per quanto ancora ne siete capaci, un'emozione, una sensazione di vergogna nei confronti del popolo italiano e di questa fascia di cittadini detenuti nelle carceri che, per quanto responsabili di reati - badate bene - sono destinatari di norme costituzionali per la garanzia dei loro diritti umani.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Vascon. Ne ha facoltà.
LUIGINO VASCON. Signor Presidente, se vi è qualcuno che si deve vergognare è colui che, in questo momento, ha terminato il suo intervento accusandoci di essere squallidi, miserevoli e demagogici!
CIRO FALANGA. Poi ti dico perché!
LUIGINO VASCON. Io non ti ho disturbato: impara l'educazione!
CIRO FALANGA. Poi ti dico perché!
LUIGINO VASCON. Lo sono tutti coloro che si sono permessi di andare a lusingare, ad illudere circa una possibile amnistia ed indulto, non noi che siamo coerenti, non noi che abbiamo sempre mantenuto la nostra linea politica!
Per quanto riguarda i rapporti con il cittadino, caro Falanga, vediamo chi, eticamente, a livello politico, in questa sede ha mantenuto i rapporti con gli elettori e
con i cittadini! Proprio tu non puoi parlare (Applausi dei deputati dei gruppi della Lega Nord Federazione Padana e di Alleanza Nazionale)!
Dovremmo pensare piuttosto a quei cittadini che non sono dietro le sbarre, ma che sono a casa e che lavorano quotidianamente. Si stava appunto parlando di salto delle quaglie e dei «quagliotti», tanto per capirci!
Comunque, vorrei ricordare che il popolo italiano, il popolo di lavoratori tutto sopporta ma, una volta terminata la giornata di lavoro e dopo aver contribuito con il pagamento quotidiano di tasse e dei vari oneri, la notte vorrebbe riposare tranquillamente all'interno delle proprie mura domestiche. Invece, purtroppo, sappiamo benissimo che così non è! Noi al nord viviamo delle tristi esperienze quotidiane, e mi riferisco alle famose rapine in ville e via dicendo. Dobbiamo chiarire una cosa: sembra che in carcere tutti siano persone innocenti e perbene che, per le bizzarrie della magistratura, dei carabinieri, della polizia e della Guardia di finanza o per il fatto che sono antipatiche vengono messe in galera! Sembra che siano tutti dei poveri Cristi, casualmente capitati nella rete; invece, provate a pensare a quante energie, sia economiche sia fisiche, vengono spese, a come si espongono quotidianamente i carabinieri, la polizia, la Guardia di finanza, che riescono ad assicurare nelle maglie della cosiddetta giustizia questi galantuomini che, guarda caso, vivono negli hotel di Stato!
Si parla di condizioni disumane, ma si è mai andati a vedere in che stato versano i detenuti nelle altre carceri di Europa (non dico in giro per il mondo), tanto per intenderci? Alla fine della legislatura sembra di essere quasi ai saldi di fine stagione: si promette e si vende di tutto! Prodotti gratis e sconti per illuderci alla fine di raggranellare qualche voto! Non è così che si portano a casa i voti, caro collega Falanga, ma con l'onestà, la coerenza delle proprie idee, mantenendo fede al rapporto tra eletto e cittadino, rispettando i programmi elettorali; e noi siamo sempre stati fermi e coerenti sulla nostra linea. Ai delinquenti non facciamo sconti, né concediamo indulto e tanto meno amnistia!
Provate a pensare piuttosto a quelle famiglie che hanno subito e subiscono soprusi da parte di una delinquenza a spasso per il paese! Proviamo a metterci nei panni di chi non riesce a cancellare il ricordo di incursioni notturne, di furti, di scippi e di borseggi e via dicendo! Perché non ci mettiamo da quella parte, che è quella giusta, perché indifesa, non dalla parte di coloro i quali, dopo reiterati reati, vanno, per qualche mese o per qualche anno, in galera! Andiamo a vedere di che cosa sono accusati! Andiamo a vedere quanto lavoro la magistratura ha svolto per mettere in galera queste persone!
E oggi, proprio ai fini della campagna elettorale, vorremmo fare sconti a questi galantuomini? Credo che i galantuomini abitino altrove e non in carcere; e proprio alla popolazione che abita fuori dal carcere dovremmo rivolgerci, evitando di promettere provvedimenti che magari, con un cambio di maggioranza, verrebbero elargiti il giorno dopo.
Questa non è democrazia, questa non è serietà politica, questa non è serietà intellettuale, questa non è onestà, ma semplicemente una volgare forma demagogica e strumentale volta a raggranellare qualche consenso in più! Anche se voglio proprio vedere se il popolo italiano accetterà un provvedimento del genere!
Noi siamo fermi e coerenti con le nostre idee, lo abbiamo scritto e mantenuto nel programma elettorale. Ma ciò evidentemente a qualcuno dà fastidio, probabilmente a qualcuno che ha qualche scheletro nell'armadio; noi no! Io e i miei colleghi, quando ci siamo dovuti esporre, lo abbiamo fatto in maniera coerente, a testa alta; pertanto, come rispondiamo noi, devono farlo anche gli altri.
Quando prima sentivo parlare di condizioni disumane, mi passavano davanti agli occhi le figure di tante persone che hanno dovuto radicalmente cambiare il proprio modo di vita, se non addirittura il luogo di residenza, a causa della pressione malavitosa.
Non è forse il caso di svolgere una riflessione più profonda a livello politico, valutando serenamente e in maniera equa con chi abbiamo a che fare da una parte e dall'altra? Se non riusciamo a fare ciò, è evidente che non siamo legittimati a legiferare nel merito e credo che, se il buonsenso - al di là dell'appartenenza politica - riesce a scindere le due cose, forse troveremo una via d'uscita molto più serena e molto meno strumentale e demagogica di quella alla quale siamo costretti ad assistere in quest'aula.
Anche soggetti non eletti in Parlamento hanno assunto posizioni a dir poco demagogiche e strumentali, volte a carpire la buona fede e a coinvolgere addirittura il Santo Padre. Cioè, hanno utilizzato qualsiasi forma pur di arrivare a scalfire la fermezza dei due gruppi parlamentari che si sono sempre opposti a queste due misure di clemenza per noi inaccettabili.
Ripeto, occorrerebbe svolgere un'analisi molto più attenta, che non sia strumentale e illusoria, bensì realistica. Ci sono cittadini che soffrono e soffriranno per molti anni ancora i soprusi di una mancata giustizia; di ciò dobbiamo occuparci, non di colui che dopo aver commesso diversi reati si trova in carcere.
Politicamente, possiamo andare avanti a testa alta proprio perché siamo coerenti. È vero, siamo un partito popolare e populista, ma di queste nostre origini siamo fieri perché quanto promesso in campagna elettorale lo stiamo mantenendo, mentre altri queste cose non le fanno, ma hanno la memoria corta.
Ebbene, di ciò ci vantiamo perché possiamo dire che non abbiamo mai cambiato le regole a metà del gioco e non accettiamo che altri lo facciano per conto nostro. Saremo sempre coerenti con il nostro programma e nel rapporto con i cittadini. Quando andiamo in giro non dobbiamo di certo abbassare lo sguardo! Siamo convinti che la nostra posizione si rispecchi nella quotidianità dell'intero popolo, aldilà della posizione politica, nel cittadino, che ormai neanche più denuncia ciò che è costretto a subire. Per quale motivo? Perché nel momento in cui il colpevole viene individuato e poche ore dopo, siccome viene denunciato a piede libero, lo ritroviamo di nuovo in strada, abbiamo anche paura a denunciarlo: questo è il ragionamento della gente. Siamo di fronte a un iceberg giudiziario: soltanto una piccola percentuale dei reati viene denunciata, proprio perché manca la fiducia nell'organo giudicante e dunque nella giustizia.
Se ora, dopo aver riscontrato ciò, andiamo anche a premiare questi galantuomini, questi signori, con l'indulto e con l'amnistia, provate a pensare a che livello può scendere il grado di stima e di fiducia del privato cittadino nei confronti della giustizia. Ma, probabilmente, a qualcuno questo ben poco importa, a qualcuno interessa semplicemente, quando apre il cassetto dei voti, trovarvi qualche voto in più - a mio avviso ciò è molto discutibile, anzi non ci credo per nulla -, in barba al mandato parlamentare. Il parlamentare e il Parlamento devono infatti tutelare e difendere i diritti del cittadino e legiferare per conto del cittadino, ma del cittadino perbene, che rispetta le regole, non del delinquente che mi entra in una villa di notte, magari per rubare un cellulare e pochi monili d'oro. Non stiamo infatti parlando di rapine del secolo, ma di una violenza ormai diffusa, inarrestabile e inimmaginabile, proprio perché da una parte vi è un impegno enorme delle Forze di polizia - carabinieri, Polizia di Stato, Guardia di finanza -, che nonostante tutto continuano nella loro opera, e dall'altra vi è un sistema che dopo poche ore rimette in libertà determinati soggetti, fino a sette, otto, dieci volte in cui viene reiterato il reato.
Ora in quest'aula, secondo la volontà di determinati esponenti politici, dovremmo deliberare nel merito, e dunque mandare a casa queste persone, e magari pagargli anche il biglietto di ritorno e chiedergli scusa dicendo: scusate, vi abbiamo trattenuto troppo? La cella non era di vostro gradimento? Volevate l'aria condizionata?
Se non rispettiamo il diritto del cittadino ad essere tutelato mediante le forme che la legge prevede, commettiamo un
errore pari a quello di chi non vuol sentire e non vuol capire e tradiamo il mandato popolare che ci è stato affidato attraverso democratiche elezioni: non saremmo coerenti, e dunque non saremmo presentabili al cospetto dell'elettorato alle prossime elezioni.
Dal momento che non vogliamo ciò e che siamo moralmente ed onestamente coerenti, signor Presidente, onorevoli colleghi, esprimeremo voto contrario sul provvedimento in esame. Abbiamo fermamente assunto una decisa posizione contraria proprio per rispetto non soltanto nei confronti di tutti coloro i quali hanno subito la violenza e le vessazioni da parte di questi signori, ma anche nei confronti di chi quotidianamente ci difende. Dobbiamo pensare alle famiglie che hanno perso i propri cari nell'espletamento del loro lavoro, a tutte le persone che si espongono quotidianamente e a tutti coloro i quali corrono rischi per svolgere il proprio lavoro, per difendere e tutelare la sicurezza di tutti i cittadini italiani (Applausi dei deputati del gruppo della Lega Nord Federazione Padana).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Luciano Dussin. Ne ha facoltà.
LUCIANO DUSSIN. Signor Presidente, l'esito delle votazioni sulle questioni pregiudiziali e sulla questione sospensiva mi ha fatto cambiare radicalmente opinione sul valore dei sondaggi che circolano in questo paese. Ebbene, da tali sondaggi emerge che tra le priorità dei cittadini vi sono il lavoro, la casa e la sicurezza. Quest'ultima, talvolta, supera le altre due necessità.
Ebbene, in quest'aula, la Lega nord e Alleanza nazionale, con meno del 20 per cento dei consensi, si trovano a rappresentare oltre il 95 per cento dei cittadini italiani. C'è qualcosa che non quadra. C'è un imbroglio latente, che tra l'altro non si riesce neanche a nascondere, né a sinistra né nelle parti confuse della Casa delle libertà, che crea un evidente malessere nei cittadini elettori, i quali si aspettano dai propri rappresentanti politici risposte tempestive e corrette, che siano in sintonia con le loro esigenze di sicurezza. L'imbroglio c'è.
È lo stesso imbroglio che noi abbiamo denunciato quando è stato approvato l'indultino; anche allora ci siamo trovati noi della Lega e i colleghi di Alleanza nazionale, con il 20 per cento scarso di consenso elettorale, a rappresentare oltre il 90 per cento dei cittadini italiani. Ciò vuol dire che a sinistra e, in parte, nella Casa delle libertà c'è chi continua nell'imbroglio. Un imbroglio senza dignità, nascosto nelle apparizioni televisive da parte dei leader dei vari partiti, che parlano di tutto, ma evidentemente non hanno il coraggio di dire le cose come stanno. Ciò che dicevo prima lo ripeto anche adesso: coraggio e sincerità vorrebbero che un segretario di partito si presentasse nel «salotto buono» di Vespa chiedendo ai cittadini elettori il loro voto in cambio della liberazione di decine di migliaia di malviventi, ladri, truffatori, spacciatori; ma ciò non avviene perché il risultato sarebbe quello di ottenere zero voti, anche se poi alla chetichella costoro si ritrovano all'interno di questa aula con maggioranze trasversali e votano contro il 95 per cento del sentimento dei nostri cittadini.
È uno dei mali della politica di questo paese, e difatti sappiamo quanto sono lontani i nostri cittadini dal mondo politico e da chi li rappresenta. Purtroppo, è difficile creare alternative valide, perché, oltre ad imbrogliare nei programmi e nei voti trasversali, si riesce anche a cooptare gli organi di informazione, quindi l'imbroglio continua e i cittadini sono sempre più lontani da quello che in realtà accade.
LUCIANO DUSSIN. Neanche i sondaggi tengono più, perché di fronte all'imbroglio crolla tutto, crolla però anche la nostra credibilità. È allora vanto e motivo di orgoglio da parte degli uomini della Lega differenziarsi da chi l'imbroglio lo perpetua.
Sono stato tra i pochi deputati ad ascoltare gli ultimi interventi di ieri sera e ricordo l'intervento dell'onorevole Taormina, di Forza Italia, che da buon democristiano ha «incensato la sua dichiarazione di voto a favore dell'indulto e dell'amnistia scarcera ladri e, tuttavia, ha speso due parole buone nei confronti dei deputati di Alleanza nazionale e della Lega. Tutto sommato, noi non condividiamo assolutamente nulla di quello che ieri sera ha detto in quest'aula l'onorevole Taormina, perché ci divide un muro di cemento armato spesso quattro metri!
PRESIDENTE. Onorevole Dussin, posso chiederle una cortesia? Poiché lei è membro autorevole dell'Ufficio di Presidenza e condivide con me e altri colleghi la gestione complessa della Camera, faccio un piccolo strappo al regolamento interrompendola; poi le renderò la parola.
Molti parlamentari, poiché come voi tutti sapete è prevista una maggioranza qualificata, mi chiedono quando avrà luogo il voto, in quanto è stato presentato anche un emendamento soppressivo. Ho chiesto all'onorevole Gibelli quale sia l'intenzione del suo gruppo e la risposta è stata che intendono utilizzare i tempi loro concessi. Per tale motivo, per dare ordine al dibattito e per garantire i colleghi - mia massima e costante preoccupazione - ritengo che si possa proseguire la seduta dando modo ai deputati della Lega e agli altri che lo desiderino di esprimersi liberamente, sapendo che il voto non avrà luogo comunque prima delle 16,30 del pomeriggio.
Onorevole Dussin, le rendo la parola e le chiedo scusa se ho approfittato della sua cortesia.
LUCIANO DUSSIN. Come dicevo, noi ci sentiamo orgogliosamente fieri della diversità di vedute e di comportamenti parlamentari che ci distingue sia dalla sinistra, sia anche all'interno delle forze politiche presenti nella Casa delle libertà.
Il tema della sicurezza è per noi fondamentale. Su questo tema noi siamo a posto con la nostra coscienza, perché quello che si poteva fare è stato fatto. Mi riferisco, ad esempio, alla legge in materia di immigrazione, la famosa Bossi-Fini. Guarda caso, anche oggi, la Lega Nord Federazione Padana e Alleanza nazionale sono le forze politiche che si preoccupano della sicurezza dei cittadini. Si tratta, quindi, degli stessi gruppi parlamentari che hanno - vorrei dire - quasi imposto la necessaria modifica della precedente legge in tema di immigrazione. Noi siamo riusciti a rimediare ad uno degli errori clamorosi commessi dalla sinistra, che si era tradotto in una mancata sicurezza nelle nostre città. Ricordo, a questo proposito, che con la cosiddetta legge Turco-Napolitano si era riusciti a raggiungere la «bella cifra» di sette reati su dieci commessi nelle città capoluogo di provincia da parte di extracomunitari. Ciò sta a significare che quella legge - quella loro legge - è stata un fiasco assoluto! Per questo motivo, siamo intervenuti in questa materia introducendo delle regole chiare: permesso di lavoro, impronte digitali e alloggio. Così facendo, un po' alla volta, le cose si stanno sistemando.
Stiamo lavorando, come ricordavo prima, anche sulle carceri perché, a nostro avviso, più delinquenti girano liberi per le nostre strade, peggio staranno i nostri cittadini; più istituti carcerari nuovi avremo a disposizione, maggiore sarà la sicurezza dei nostri cittadini. Non serve, quindi, avere chissà quali tipi di conoscenze particolari per comprendere queste cose elementari.
Sulla questione sicurezza, desidero raccontare quanto accaduto in una missione all'estero della Commissione parlamentare di cui faccio parte. Nel corso di tale missione, siamo riusciti ad ottenere un colloquio con il ministro dell'interno inglese il quale, lo ricordo, è un laburista e, come tale, collocabile politicamente in un'area di centrosinistra, che non è certo il centrosinistra comunista del nostro paese, ma tutt'altra cosa. Con tale ministro si discuteva su come si riesca, in Inghilterra, ad arginare il fenomeno del terrorismo e della immigrazione, che comporta inevitabilmente dei problemi. Di fronte
alle risposte fornite alle nostre domande dal ministro dell'interno inglese, i nostri deputati di Rifondazione comunista presenti sono rabbrividiti in quanto si chiedevano come fosse possibile che in un paese come l'Inghilterra, guidato dal centrosinistra, vi fossero posizioni che andavano al di là di quello che noi si è riusciti, nostro malgrado, a fare in Italia con le modifiche apportate alla legge Bossi-Fini. In Inghilterra, lo ricordo, si parla addirittura di introdurre la carta di identità con misurazioni biomediche - gli inglesi non si fidano ormai neanche delle impronte digitali -, in particolare, la misurazione dell'iride.
Da parte nostra sono sorti, quindi, dubbi sul fatto che un paese, ripeto, a guida del centrosinistra, potesse essere così radicalmente convinto della necessità di garantire la sicurezza al suo interno. Ricordo, in particolare, la domanda formulata da un parlamentare di Rifondazione comunista al suddetto ministro. Quel collega chiese se in Inghilterra ci fossero i centri di permanenza temporanea, dove prefetture e questure trattengono gli immigrati clandestini per il riconoscimento e l'espatrio successivo. Il collega era sicuro che la risposta che avrebbe fornito il ministro inglese sarebbe stata negativa. Il ministro inglese, invece, si è quasi scandalizzato per quel tipo di domanda che gli veniva rivolta e ha risposto: «Sì, anche in Inghilterra vi sono i centri di permanenza temporanea. Ci mancherebbe altro! Altrimenti le nostre prefetture lavorerebbero per fare cosa? Forse per trattenere qualcuno e lasciarlo in libertà in attesa di individuarne le generalità, magari dopo sei mesi quando lo stesso è già sparito?» Alla successiva domanda posta al ministro inglese circa il sorgere di eventuali ed ulteriori problemi che tali strutture creerebbero, il rappresentante del Governo inglese ha fornito una risposta ovvia, che darebbe qualsiasi autorità di un paese normale del mondo: «C'è il carcere!»
L'esponente di Rifondazione comunista è sobbalzato: «Come? Il carcere per gli immigrati in un paese civile come il vostro?». Capite, allora, la lontananza che c'è tra il buonsenso che esprime il nostro movimento, la Lega Nord Federazione Padana, e ciò che la sinistra comunista di questo paese continua a propugnare?
Occorre rimarcare una differenza che molti, nella Casa delle libertà, non hanno ancora colto: il nostro elettorato è diverso da quello della sinistra. L'elettorato che dà il voto alla sinistra vota per la sinistra in ogni caso: possono parlare di famiglia, ma possono anche essere per i matrimoni tra gli uomini (come si ricordava in altre occasioni); possono parlare di sicurezza, ma possono approvare la legge Turco-Napolitano, che fa entrare la gente senza impronte digitali, senza un lavoro e senza una casa, creando tutti i problemi che conosciamo; possono dire tutto ed il contrario di tutto, ma raccolgono un voto di protesta che va comunque a loro. Il nostro elettorato è completamente diverso: è pragmatico; chiede cose che si aspetta gli vengano date.
Molto spesso, noi riusciamo a dare al nostro elettorato le risposte che si attende, ma su certi temi non riusciamo a fare in modo che ciò accada. Ebbene, il tema in discussione oggi ha dimostrato che esiste una lacuna enorme all'interno della Casa delle libertà: che deputati di Forza Italia e dell'UDC non riescano a cogliere il sentimento del 95 per cento dei cittadini italiani è gravissimo! Comunque, non è giustificabile che, in piena campagna elettorale (ci siamo già), partiti che dovrebbero cercare di recuperare un po' di consenso elettorale (come fece Bush durante la sua campagna elettorale) si lascino guidare da persone che siedono in quest'aula e che io non ho mai apprezzato.
Mi riferisco, ad esempio, al presidente della Commissione giustizia, con il quale abbiamo già avuto modo di alzare il tono della voce in diverse occasioni. Il presidente della Commissione giustizia, onorevole Pecorella, di Forza Italia, ha fatto di tutto per impedire che, nelle ultime ore di questa legislatura, giungesse all'esame dell'Assemblea il provvedimento sulla legittima difesa dei cittadini, mentre ha contribuito in maniera determinante a portarci qui, a perdere le ultime ore di lavoro
significativo per discutere come far uscire i ladri dalle galere. Una confusione assoluta che, ovviamente, si paga in termini elettorali!
A dire il vero, non è che il sottoscritto si preoccupi tanto se questi partiti della coalizione perdono consensi: per fortuna, abbiamo approvato una legge elettorale che riesce a premiare chi appaga le aspettative dei cittadini e punisce chi non lo fa! Ognuno si assume le sue responsabilità e, ovviamente, piangerà con proprie lacrime quando, a breve, dovrà constatare ciò che ha già avuto modo di constatare nelle ultime consultazioni elettorali.
Se uno vuole farsi del male, lo faccia: non ci sono problemi! Però, deve essere chiara una cosa: la Lega Nord è un'altra cosa; è un altro partito; è un partito radicato nel territorio, che coglie le esigenze dei propri cittadini e che, in campagna elettorale, avrà anche il coraggio di mandare i suoi uomini a spiegare cos'è successo in quest'aula in materia di sicurezza. Non parleremo male soltanto dei compagni comunisti, ma ricorderemo anche gli atteggiamenti che sono stati tenuti all'interno dei due partiti, in precedenza menzionati, della Casa delle libertà. Non succeda mai che il sottoscritto legga in un programma elettorale o magari su qualche quotidiano locale, che qualche esponente dell'UDC o di Forza Italia inneggia alla sicurezza: sarò il primo a sbugiardarlo! Non possono raccontare bugie!
È per questo che noi continuiamo a testimoniare la nostra distanza assoluta anche rispetto ad atteggiamenti di riavvicinamento amichevole (come quello dell'onorevole Taormina, di cui ho già detto ieri sera). Il muro che ci divide è troppo spesso! Noi continueremo il nostro lavoro: continueremo a tenere d'occhio l'immigrazione clandestina in questo paese e saremo pragmatici nell'affrontare il problema del terrorismo. Al riguardo, faccio notare che quello con cui dobbiamo fare i conti oggi non è il terrorismo delle Brigate rosse: quello era un terrorismo vigliacco; questo viene portato avanti da kamikaze!
Quando il terrorismo è animato da persone che mettono a repentaglio la loro vita, di solito gli Stati di diritto e democratici perdono, perché prima crollano i ponti, si inquinano gli acquedotti e si abbattono le torri e solo dopo ci si muove. Allora, la Lega intende distinguersi dai garantisti che devono garantire agli integralisti musulmani gli stessi diritti dei nostri cittadini e, di fatto, li lasciano liberi di fare ciò che vogliono nel nostro paese, salvo poi piangere lacrime di coccodrillo quando questi integralisti riescono a realizzare le loro devastanti iniziative sul nostro territorio. Noi intendiamo, in primo luogo, non parificarne i diritti a quelli dei nostri cittadini e, in secondo luogo, intraprendere azioni preventive. Affermare questo sembra quasi essere contro lo Stato di diritto. Invece, è significativamente vero il contrario.
La Corte costituzionale in questo paese è riuscita, sotto l'aspetto della gestione dei processi, della magistratura, delle denunce e così via, a parificare i diritti di chi non è cittadino a quelli dei nostri cittadini. Figuratevi quanto i terroristi islamici integralisti approfittino di queste sbagliate aperture che la Corte ha cercato di riconoscere loro! Voglio ricordare che la Costituzione italiana è redatta per i cittadini italiani. Il titolo relativo ai diritti e ai doveri dei cittadini è riferito ai cittadini italiani e si è cittadini italiani in base ad una legge precisa. Gli altri sono ospiti e beneficiano di un regime diverso di garanzie.
Anche in questo caso, quando abbiamo cercato di spiegare che c'è una differenza, se vogliamo difenderci, la sinistra comunista è insorta, e l'ala buonista che garantisce perdite di vagoni di consenso elettorale a Forza Italia ed all'UDC ogni volta che si va a votare, si è confusa con la sinistra. Voglio ricordare a chi non vuole capire ed è responsabile anche del naufragio del proprio partito che i voti non si ottengono qui, all'interno di questa Assemblea, ma devono essere ricercati al di fuori del Palazzo. Le maggioranze trasversali che si coalizzano in quest'aula, ogni tanto, non portano alcun voto, neppure uno, ad una compagine o ad una alleanza che si propone per le prossime consultazioni
elettorali. I voti devono essere ottenuti fuori. Il cittadino, quando va a votare, vorrebbe capire se vota per il soggetto A o per il soggetto B, non per A più B, altrimenti non capisce nulla. Tuttavia, ciò continua ad avvenire ed è - ripeto - una fortuna che sia stata modificata la legge elettorale, in modo che ognuno si presenta di fronte al proprio elettorato con la propria faccia, con il simbolo del proprio partito. Dopo, potrà anche scegliere una coalizione, è vero, ma questo deve essere letto come una riduzione del danno. Alcuni sono peggiori e, probabilmente, quelli dell'altra parte sono un po' migliori: però la mia faccia, la mia figura, i miei intenti, proposte e voti continueranno a differenziarsi, quando servirà, anche nell'arco della prossima legislatura, se sarò ancora eletto deputato.
Come ripeto, noi parliamo chiaramente, già in campagna elettorale, e non ci nascondiamo dietro a mancate programmazioni elettorali per poi cercare maggioranze trasversali in questa Assemblea. Siamo consapevoli del fatto che la necessità del paese non è quella di liberare le persone che spacciano droga fuori dalle scuole. Mentre noi viviamo in quest'aula, i nostri figli sono alla mercé di persone che spacciano droga davanti ai cancelli delle scuole e, magari, veniamo a saperlo tra uno, due o tre anni. Questi soggetti che spacciano droga devono essere premiati, devono essere scarcerati due anni prima? Gli arresti riguardano uno ogni centomila, perché gli altri la fanno franca sistematicamente. Se quello che è dentro lo mettiamo fuori, dimostriamo agli altri centomila che sono già fuori che non hanno nulla da temere da questo Stato che ha il ventre molle.
Io continuo a interrogarmi sulla vasta delusione che anima il mio spirito anche all'interno della coalizione in cui mi trovo a votare; per fortuna, il nostro movimento riesce a differenziarsi nei casi più pregnanti, come quello odierno. Ebbene, la mia delusione è nel cogliere lo stato confusionale e la mancanza di personalità di molti parlamentari anche della Casa delle libertà, i quali non hanno il coraggio di esprimere il proprio voto - come è successo stamattina in occasione dell'esame delle questioni sospensiva e pregiudiziali - per bloccare questo provvedimento di clemenza. In Assemblea, non li trovi; ma in Transatlantico o fuori o alla buvette dichiarano, delle misure di clemenza in discussione, che sarebbero proposte da matti. Però, dopo, in Assemblea, se il pollice è rivolto verso l'alto, votano insieme a Bertinotti e agli altri! È questo che è deludente; se lo colgo io, è colto anche fuori delle aule di questo Parlamento.
Sulla sicurezza, non intendiamo recedere neppure di un solo passo; quando trattiamo con i nostri militanti o incontriamo i cittadini italiani, noi ci presentiamo con il viso e con la coscienza pulite. Per fortuna, il mio partito mi ha sempre garantito di entrare in una sezione della Lega e di non dover abbassare gli occhi di fronte a militanti disattesi in aspettative che fossero incentrate su questioni importanti. Questioni importanti che - lo ribadisco - sono certamente costituite dalla sicurezza ma anche da altri temi. Penso, ad esempio, a determinati comportamenti politici in base ai quali noi ci siamo distinti da quasi tutto il resto del Parlamento relativi al voto sul Trattato costituzionale dell'Unione europea. Unione che nasce senza anima perché a sinistra non volevano l'indicazione delle radici cristiane, il che è stato accettato da parte della Casa delle libertà, confusa: tanto, essere cristiani o non esserlo è identico; l'importante, è partecipare al gioco, all'imbroglio (mi richiamo, al riguardo, alle battute iniziali del mio intervento).
Ma penso anche alle nostre chiare prese di posizione sulla difesa delle nostre imprese da quanti speculano sul lavoro e sulla schiavitù minorili; mi riferisco a chi penetra nel nostro paese determinando la chiusura di molte nostre attività. Anche questo è motivo di orgoglio, essere lontani «anni luce» dalle politiche del centrosinistra, ma anche dalle politiche di parte della Casa delle libertà, che non riesce a cogliere aspetti importanti.
Va da sé, in sostanza, che entusiasma di più il cittadino elettore sapere che sarà governato da un Governo che gli consentirà di riappropriarsi della libertà e della ricchezza che non, piuttosto, sapere, ad esempio, di grandi investimenti che saranno realizzati o inaugurati tra dieci decenni.
Peraltro, la libertà è ricchezza. Se nei nostri territori, dieci o quindici anni fa, si era meno ricchi, pure, però, si partiva per andare in vacanza un mese senza neanche chiudere i cancelli di casa: a mio avviso, dunque, eravamo più ricchi allora che non adesso.
LUCIANO DUSSIN. Sono questi i motivi che, dunque, ci differenziano enormemente da uno schieramento, ma anche da buona parte dei nostri pseudoalleati (Applausi dei deputati del gruppo della Lega Nord Federazione Padana).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Pagliarini. Ne ha facoltà.
GIANCARLO PAGLIARINI. Onorevoli colleghi, siamo arrivati a questo voto in un modo sicuramente rocambolesco; ieri, i colleghi di Alleanza nazionale hanno dichiarato, a più riprese, che è stata compiuta una forzatura del regolamento e, in effetti, a ben riflettere, se si trattava di una misura importante e necessaria, perché non la si è varata in questi cinque anni? Quindi, il dubbio che siamo in presenza di una caccia al voto rimane.
Questo non è il mio campo; comunque, ho chiesto di intervenire - e ringrazio il collega Polledri, che interverrà dopo - perché vi è un punto che vorrei veramente sottolineare e che non è stato affrontato sinora. Si continua a parlare in questa sede della necessità di «svuotare» le carceri, dove la qualità della vita sarebbe terribile. Ebbene, fermo restando che la soluzione giusta è quella del ministro Castelli - che riesce a negoziare che alcuni extracomunitari, già detenuti nelle nostre prigioni, scontino la loro pena nelle carceri dei paesi di origine -, vi chiedo, però, colleghi, cosa c'entri il problema di alleggerire le carceri con i soldi, con le pene pecuniarie? Non c'entra niente.
Però, se voi prendete gli articoli 1 e 6 del provvedimento in esame e leggete le disposizioni relative alle sanzioni pecuniarie, constatiamo una cosa del genere.
Pensate, onorevoli colleghi, che all'articolo 1, relativo all'amnistia, è scritto che è concessa amnistia per ogni reato per il quale è stabilita una pena pecuniaria, da sola o congiunta con una pena detentiva! Quindi, tralasciando la pena detentiva, vorrei rilevare che ci accingiamo a votare per concedere l'amnistia a persone che sono libere e che non sono in prigione (non vi è, quindi, la necessità di svuotare le carceri), ma a cui è stata comminata una pena pecuniaria (cioè, che devono pagare dei soldi allo Stato). Ebbene, in questo caso si approva un'amnistia a beneficio di persone che sono libere e fuori dal carcere, decidendo che non devono più dare soldi allo Stato! Ma non staremo mica scherzando?
Se esaminiamo anche l'articolo 6 del provvedimento in esame, ritroviamo lo stesso concetto. Leggiamo, infatti, che è concesso indulto, nella misura non superiore a 10 mila euro, per le pene pecuniarie, sole o congiunte alle pene detentive. Allora, sempre dimenticando le pene detentive, vorrei evidenziare che ci accingiamo a votare un progetto di legge con il quale si concede indulto alle persone che devono versare dei soldi allo Stato, decidendo che non devono più pagare 10 mila euro! Ma, colleghi, ci rendiamo conto di ciò che stiamo facendo, o no?
Cosa c'entrano queste disposizioni con il problema delle carceri? Ci sono persone che sono libere, non stanno in prigione ed hanno solo debiti verso lo Stato, ma noi vogliamo approvare un progetto di legge che prevede che tali somme, concedendo l'amnistia o l'indulto, non debbano essere pagate! Ma ci rendiamo conto? Coloro che vogliono approvare questo testo l'hanno letto? A questo punto, ho veramente dei dubbi!
È incredibile: ribadisco che è concesso indulto nella misura non superiore a 10 mila euro per le pene pecuniarie; pertanto, se una persona deve pagare 12 mila euro allo Stato, non ne versa 10 mila, pagando solamente i residui 2 mila! Ma non ho capito perché questa persona non deve dare 10 mila euro allo Stato!
Signor Presidente, ho chiesto di svolgere un intervento necessariamente breve, perché non si tratta propriamente del mio campo, tuttavia vorrei segnalare che si tratta di una scelta che non riesco veramente a capire! Dobbiamo anche aggiungere che, in Commissione bilancio, abbiamo chiesto al Governo (perché era nostro compito) di quantificare gli effetti del mancato gettito di questi 10 mila euro, dovuti da gente che non sta in prigione, cui lo Stato rinuncia. Abbiamo chiesto quanto verrebbe a costare alla finanza pubblica tale scelta, ma il Governo non è riuscito a fornire una risposta; pertanto, non sappiamo se si tratti di 100 mila euro, di un milione di euro o di 200 milioni di euro! Non si sa, e dunque non vi è copertura finanziaria!
Un collega dell'opposizione, molto attento ai numeri, ha affermato che, se qualcuno esce di prigione, si spende di meno, perché verrebbero meno le sue «spese vive», e forse si riesce a ridurre dei costi. Ciò, tuttavia, non è vero, perché adesso mi riferisco soltanto a coloro che non sono in prigione; in ogni caso, come sapete, il costo per la gestione delle nostre carceri è essenzialmente fisso, poiché è dato dagli ammortamenti, dagli stipendi delle guardie carcerarie e via dicendo.
Si tratta, quindi, di una perdita secca per la finanza pubblica; parlo di «perdita» perché ci tengo a ribadirlo. Noi, infatti, con gli articoli 1 e 6 del provvedimento in esame, stiamo cancellando i debiti verso lo Stato di persone che non sono in prigione, ma che devono pagare delle sanzioni pecuniarie. Qualcuno mi dovrebbe spiegare cosa c'entri ciò con il problema del sovraffollamento delle carceri e tutto il resto, fermo restando che anch'io, come tutti i componenti del gruppo della Lega Nord Federazione Padana, sono dell'idea che chi sta in prigione, dopo che sono stati celebrati tutti i processi a suo carico, giustamente e logicamente ci debba rimanere.
Tuttavia, al di là di questo, non capisco veramente il motivo per cui si debbano cancellare anche le sanzioni pecuniarie di persone che non stanno in prigione; esse hanno solo dei debiti verso lo Stato, ma con il testo del provvedimento in esame li cancelliamo! Signori colleghi, mi dispiace, ma per me ciò rappresenta veramente una scelta assurda ed incredibile!
Pertanto, vorrei dichiarare che ho chiesto di intervenire nella discussione per sottolineare tale questione, poiché forse non tutti sono a conoscenza del fatto che stiamo approvando un progetto di legge che prevede anche misure di questo genere, il cui costo il Governo non è stato in grado di stimare! È una cosa veramente incredibile (Applausi dei deputati del gruppo della Lega Nord Federazione Padana)!
PRESIDENTE. Constato l'assenza dell'onorevole Ercole...
CESARE ERCOLE. Sono qua, Presidente!
PRESIDENTE. Onorevole Ercole, ma dove devo andare a recuperarla...? Va bene: per la mia magnanimità e per la mia liberalità, merita di prendere la parola!
Prego, onorevole Ercole, ha facoltà di parlare.
CESARE ERCOLE. Signor Presidente, vorrei fare alcune considerazioni sul concetto di moralità, che deve essere ben presente a tutti noi rappresentanti del popolo. In particolare, un concetto di moralità e di morale intesa come considerazione delle persone che hanno subito danni da parte della delinquenza, anche ricollegandoci ai vecchi concetti filosofici che ci vengono da illustri filosofi della Magna Grecia, come Platone ed Aristotele, fino agli ultimi del secolo scorso, come Kant, Fichte, Schelling ed Hegel.
Su queste considerazioni di moralità ci dobbiamo chiedere: è morale liberare persone che hanno causato danni ad altre persone? Noi pensiamo di no. Noi pensiamo che i concetti di amnistia o di indulto contenuti in questo provvedimento debbano essere cassati. Già alcuni colleghi, nei precedenti interventi, hanno messo in evidenza quanto sia devastante dal punto di vista della sicurezza dei nostri concittadini il fatto di aprire le carceri a chi ha commesso dei reati, a chi ha commesso dei soprusi, a chi ha violentato o rubato, e quindi a chi ha commesso veramente dei fatti immorali.
Allora, il concetto di moralità deve essere ben presente tra di noi; a questo punto credo che questo concetto, da parte sia della sinistra sia di chi fa parte di questa maggioranza sia alquanto aleatorio.
CESARE ERCOLE. Noi abbiamo ripetuto più volte in quest'aula e in questi anni, in modo coerente ed unanime, che sia l'indulto, sia l'amnistia non sono fatti per la Lega. Noi siamo contrari a questi provvedimenti di clemenza generalizzata, in quanto li consideriamo contrastanti con l'esigenza della certezza della pena che ci siamo impegnati a soddisfare in campagna elettorale. Lo ricordo, in particolare, ai colleghi di Forza Italia, che sostengono invece la necessità di una misura di amnistia e di indulto. D'altro canto, non possiamo dimenticare che i cittadini italiani, i cittadini onesti, oggi hanno paura perché, purtroppo, nonostante l'impegno di questo Governo, nel nostro paese vengono commessi crimini sempre maggiori e il tasso di criminalità è elevato. I cittadini onesti hanno paura quando sono nelle loro abitazioni la sera e quando si recano al lavoro in ufficio. I cittadini ci chiedono sicurezza, legalità, non di aprire le porte dei nostri penitenziari ad un numero di detenuti ancora indeterminato.
Persone che sono in carcere perché hanno subito una condanna, nel caso dell'indulto, passata in giudicato si ritroverebbero a piede libero senza aver completato il percorso di rieducazione e riabilitazione che la detenzione comunque comporta. Inoltre, tali soggetti verrebbero rimessi in libertà senza un vaglio preventivo circa la loro pericolosità sociale. Abbiamo detto più volte che riteniamo ciò inaccettabile.
Allo stesso modo, riteniamo inaccettabili le argomentazioni che fondano la necessità di un provvedimento di amnistia e di indulto sul sovraffollamento carcerario. Il fenomeno esiste e taluni ritengono che esso sia addirittura connaturato all'istituzione carcere, ma va affrontato in altri modi, con altri metodi, evitando di scaricare il problema, ancora una volta, sui cittadini onesti. A nostro giudizio, ciò sarebbe ancor più inaccettabile.
Per quanto riguarda, poi, le condizioni di vivibilità nei nostri penitenziari, le abbiamo riconosciute più volte, e ne dobbiamo discutere, tanto che in questi anni il problema è stato affrontato anche dal nostro ministro Castelli. Ciò dimostra che la Lega non fa la «faccia feroce», che la Lega non è crudele, al contrario di quanto è stato scritto, in queste ultime settimane su pagine autorevoli, diciamo così, dei nostri quotidiani.
Tuttavia, se la Lega deve scegliere, sicuramente è dalla parte di cittadini. È, infatti, vero che, per ogni soggetto detenuto all'interno dei nostri penitenziari, fuori vi è un altro soggetto, ossia la vittima dei reati, qualcuno che ha subito un'offesa non solo al proprio patrimonio, ma - molte volte - anche alla propria persona. A tali individui onesti, le vittime dei reati, va il pensiero della Lega Nord. Non possiamo consentire che l'utilizzo di strumenti di tale tipo conduca ad una duplice offesa nei confronti delle vittime dei reati. Si tratta di vittime purtroppo silenti.
In questa Assemblea molte volte ho sentito parlare dei diritti dei carcerati, ma nessuno si preoccupa dei diritti dei cittadini onesti, nessuno si preoccupa di difendere i cittadini onesti della criminalità. Costoro, torno a ripeterlo, subirebbero una duplice offesa: quella ricevuta nel
momento in cui hanno subito un'aggressione, quando magari sono stati lasciati soli da uno Stato che non è potuto intervenire, e quella che si verifica quando lo Stato stesso rimette in libertà i loro aggressori, i loro aguzzini. Ciò, ancora una volta, per noi della Lega, è inaccettabile.
Eppure, ancora una volta, abbiamo assistito a forzature nella procedura, forzature del regolamento, forzature del calendario. In ciò vi è stata una complicità trasversale tra l'Unione, capeggiata dalla Rosa nel Pugno, e la Casa delle libertà, il centrodestra, nel cui ambito la sponda è stata offerta da Forza Italia e dall'UDC. Forse, dietro vi è anche un grande «manovratore trasversale», che ha pensato bene di assecondare le decisioni - o le richieste - di taluni e di inserire nel calendario dei lavori il provvedimento di amnistia ed indulto, che sembra essere diventata la priorità in questo paese, l'esigenza primaria per tutti i cittadini, quando, invece, altri provvedimenti di sicuro avrebbero corrisposto maggiormente agli interessi di chi oggi, nel paese, si attende, torno a ripeterlo, legalità e sicurezza.
Non dimentichiamo che alcuni mesi fa una statistica stilata da un'agenzia affermava chiaramente che il 50 per cento dei cittadini italiani era contrario a questi provvedimenti, e - guarda caso - il 50 per cento di tale 50 per cento era costituito da giovani, ossia da persone al di sotto dei 30 anni. Ciò ci testimonia chiaramente come la pensino i nostri giovani su questo provvedimento.
Comunque, è chiaro che questo dibattito si muove, ancora una volta, all'insegna dell'ipocrisia. Il testo che ci troviamo ad affrontare e votare non prevede soltanto l'indulto, come ricordava ieri l'onorevole Bonito, con l'astensione dei Democratici di sinistra e della Margherita; vi è inserita anche l'amnistia. Registriamo tale ipocrisia. Addirittura, l'onorevole Bonito domanda a chi servirà questo provvedimento. Infatti, esso si applica a chi ha commesso reati fino al 1o giugno 2001. Questa è un'altra delle forzature che si sono tentate ieri, in sede di Commissione. Infatti, pur di parlare di amnistia e pur di vincere, pur di continuare in tale atteggiamento ipocrita, si voleva «scavalcare» la Costituzione, si voleva violare l'articolo 79 della stessa, che parla chiaro, laddove afferma che si può trattare di amnistia e di indulto solo per i reati commessi fino alla data di presentazione della prima proposta - o disegno - di legge in materia.
Ieri abbiamo assistito ad un'autentica farsa, poi smascherata dall'onestà intellettuale di qualcuno: mi riferisco al relatore Mormino. E il presidente della Commissione, onorevole Pecorella, è stato ambiguo: voleva protrarre in avanti il termine di applicazione dell'amnistia, al 2001, e si cercava di portarlo ancora avanti al 2002 e poi al 2003, considerando la data nel testo unificato delle proposte di legge approvato dalla Commissione.
Perché tutto ciò? Perché ci rendiamo conto che non è vero che questa amnistia non desterebbe allarme sociale o riguarderebbe quei reati che non destano allarme sociale. Infatti, nell'amnistia che volete e che ci è stata prospettata dall'onorevole Buemi e dalla Rosa nel Pugno, si fa riferimento ai reati puniti con pene definitive fino a quattro anni; e quel termine non è il massimo edittale previsto dal nostro codice. Si può andare oltre: possono essere amnistiati reati per i quali il codice prevede una pena maggiore. Infatti, poi, vi siete affrettati a scrivere, in questo progetto di amnistia che ci propinate, che essa si applicherebbe anche ai recidivi, ai delinquenti abituali, professionali o per tendenza, e che nel computo della pena che si dovrebbe amnistiare non si tiene conto delle circostanze aggravanti e della recidiva. Bell'inganno: siete stati veramente furbi!
Noi, di fronte a queste nefandezze e, soprattutto, ad un concetto cui la Lega tiene molto - che è quello di moralità - diciamo «no» a questo provvedimento, ribadendo ancora la nostra forza, il nostro coraggio e la nostra trasparenza nel dire ai nostri concittadini: noi siamo con voi, noi vi difenderemo sino all'ultimo (Applausi dei deputati del gruppo della Lega Nord Federazione Padana)!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Landi di Chiavenna. Ne ha facoltà.
GIAN PAOLO LANDI di CHIAVENNA. Signor Presidente, quello di cui stiamo discutendo da ieri pomeriggio è un tema di particolare importanza e delicatezza e credo debba essere trattato con altrettanta importante delicatezza e sensibilità.
Ogni qual volta discutiamo su temi attinenti alla libertà personale, all'etica e alla morale e anche su temi riguardanti la linea conduttrice di uno Stato liberale, di uno Stato di diritto, che vuole tutelare e difendere la legalità, credo si debba adottare un approccio, non solo lessicale, ma anche di approfondimento e di ragionamento estremamente pacato ed equilibrato.
In occasione dell'esame di un precedente provvedimento, l'onorevole Boato - che è qui presente - ha definito gli esponenti di questa formazione politica «estremisti di destra». Ora, a parte l'esperienza dell'onorevole Boato di estremismo di sinistra o di movimenti extraparlamentari, non credo che opporsi ad un provvedimento di amnistia e di indulto possa automaticamente qualificare gli esponenti di questo partito come estremisti di destra. Noi apparteniamo ad una destra libera, liberale e democratica europea, che ritiene opportuno e fondamentale - è stato detto negli interventi precedenti, dal collega Gasparri e da altri che mi hanno preceduto - difendere i principi della sicurezza e della legalità del nostro Stato.
Allora, mi domando - e domando anche al Presidente Biondi - se uno Stato liberale e di diritto, uno Stato che si richiama ai principi fondamentali delle libertà individuali, possa esprimere posizioni di debolezza, di tolleranza, di lassismo nei confronti di un fenomeno crescente, quale quello della delinquenza, della criminalità sempre più diffusa a livello mondiale, dalla quale, purtroppo, non è esente neanche il nostro paese.
Può uno Stato di diritto, uno Stato di legalità, dare l'impressione, la sensazione o, addirittura, la certezza di cedere di fronte all'aggressione delle grandi organizzazioni criminali, che utilizzano anche ingenti quantità di denaro, oltre che di risorse umane? Può uno Stato liberale e di diritto rinunciare a far valere i suoi principi fondamentali, pur avendo chi commette un reato il diritto evidentemente di ripresentarsi di fronte alla platea della società civile pronto ad essere recuperato?
Può uno Stato di diritto annullare il principio fondamentale della corretta valutazione e della necessaria espiazione della pena, a fronte della quale molte migliaia di persone, che hanno magari subito danni ingenti dal punto di vista della salute o del patrimonio personale, si vedono in qualche modo trattate come cittadini di serie B?
Se non siamo in grado di tutelare l'interesse della società, della gente perbene, che guarda allo Stato e a questo Parlamento con l'attenzione dei legislatori, cioè di coloro che fanno il bene della collettività, ritengo che potremmo commettere, così come accaduto in altre occasioni, una discriminazione forte nei confronti della società morale, di quella maggioranza silenziosa di persone che hanno un comportamento etico e morale.
Non ritengo, quindi, che questo provvedimento, al di là dei tecnicismi e delle obiezioni che sono state sollevate sulla sua efficacia - di cui parlerò in sintesi fra qualche minuto -, abbia un effetto utile e propositivo per costruire uno Stato veramente liberale e di diritto. Non ritengo neanche che serva o sia utile sottolineare che, di fronte all'eccesso di popolazione carceraria, è necessario ricorrere a provvedimenti di clemenza per risolvere i problemi del sovraffollamento carcerario.
Uno Stato libero, liberale, di diritto, della legalità, non può evidentemente utilizzare provvedimenti estremi o scorciatoie per risolvere il problema del sovraffollamento delle carceri. Si deve arrivare, invece, con una politica forte, precisa e puntuale, a creare le condizioni affinché lo Stato italiano abbia più carceri e che queste siano più dignitose, in modo che la popolazione carceraria possa vivere in condizioni umane, senza per questo sbandare
verso la facile demagogia, creando le condizioni per cui un carcerato debba (è stato ricordato Beccaria, l'equità e l'umanità della pena) ritenersi quasi un privilegiato rispetto a molte sacche della società italiana che hanno veri e grandi problemi di sopravvivenza quotidiana.
Non credo, quindi, che dal punto di vista del merito e della sostanza questo provvedimento possa essere considerato un provvedimento utile e addirittura necessario. Anzi, ritengo e riteniamo che sia un provvedimento estremamente pericoloso e devastante, anche per il concetto di cultura della rieducazione. Amnistia e indulto svolgono un effetto contrario a quello voluto, perché promuovono e sollecitano il concetto della tolleranza e della impunibilità del crimine, accentuando la pulsione criminale per la cultura lassista di uno Stato.
Ritengo che l'Italia abbia bisogno di tutto fuorché di dare l'impressione e la sensazione che, nell'incapacità di regolare e amministrare le politiche della sicurezza, debba ricorrere ad amnistie e indulti a causa di un carico giudiziario elevatissimo e perché non si è nelle condizioni di poter amministrare la giustizia in tempi ragionevoli: questa è la via sbagliata! È la via sbagliata che un partito laico, liberale e democratico come Alleanza nazionale non può tollerare e che un liberale come il sottoscritto rifiuta apertamente.
Noi vogliamo e abbiamo necessità di tutelare gli interessi e i principi di garantismo nei confronti di tutte le persone, con processi agili e veloci, con un corpo giudiziario che possa governare la giustizia senza briglie, lacci e laccioli, una giustizia che sia giustamente e correttamente finanziata e con una politica carceraria che consenta di avere strutture logistiche e ambientali degne di un paese moderno ed importante come l'Italia. Soprattutto, abbiamo la necessità di sottolineare che la proprietà assoluta per questo paese, per questo Stato di legalità e di diritto è la certezza che chi commette un reato debba essere velocemente processato e, una volta accertata la sua responsabilità penale, ne debba patire le conseguenze espiando la pena fino alle estreme conseguenze.
Non è possibile, in altre parole, che lo Stato si arrenda di fronte alla criminalità, al crimine organizzato e alla macrocriminalità solo perché non è in grado di amministrare la politica della giustizia. Ciò è aberrante, contraddittorio e non può appartenere alla cultura del diritto del nostro Stato e della nostra società.
Infine - vorrei concludere -, stiamo assistendo ad una escalation di nuovi fenomeni criminali, non solo autoctoni ma anche stranieri. La popolazione carceraria è composta per il 40 per cento di immigrati clandestini. Vi è una grande pericolosità sociale per l'incolumità dello Stato che deriva dal terrorismo. Noi non possiamo abbassare la guardia. Non possiamo dare l'impressione alle grandi organizzazioni criminali italiane e straniere che lo Stato è incapace di difendere i propri cittadini e di amministrare correttamente la giustizia e che, di fronte all'incapacità di uno Stato debole e tollerante, si approvano amnistie e indulti.
Questo non è accettabile e non è tollerabile da parte non solo di Alleanza nazionale, ma anche di alcun partito che abbia a cuore gli interessi dello Stato e della nazione. Non si tratta di fare politiche demagogiche o elettorali, si tratta di difendere gli interessi generali dello Stato. L'aggressione della criminalità italiana e straniera è forte. Se noi cediamo di fronte a una politica forte, ferma e di contrasto di qualunque forma di criminalità, diamo all'Italia e all'Europa, quindi al popolo italiano, agli europei e alla comunità internazionale, la sensazione o, forse, la certezza che l'Italia ha il ventre molle, che si può entrare, commettere delitti e poi ottenere facilmente l'amnistia o l'indulto.
Ciò è intollerabile e, per queste ragioni, credo che la posizione di Alleanza nazionale, seguita dalla Lega, sia una posizione di grande senso di responsabilità. Non vorrei chiudere con un appello un po' elettoralistico, ma credo veramente - mi rivolgo agli amici e colleghi di Forza Italia e dell'UDC - che la Casa delle libertà, che
si è creata e costituita sui grandi valori della libertà, del diritto e delle garanzie, ma anche della tutela della sicurezza, non possa mancare a questo appuntamento. Uniti, insieme e coesi su questi temi fondamentali, possiamo continuare a credere di governare il paese con grande interesse e responsabilità (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale)!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Angela Napoli. Ne ha facoltà.
ANGELA NAPOLI. Signor Presidente, la ringrazio di avermi consentito, nel darmi la parola, di lasciare agli atti la mia posizione personale e quella di un intero partito, Alleanza nazionale. Si tratta di una posizione non preconcetta, che non vuole far scaturire una dimostrazione di ostruzionismo ad ogni costo. Si tratta di una posizione legata, innanzitutto, ad un valore etico e morale, che credo ciascun parlamentare debba avere nei confronti di ogni cittadino onesto del nostro paese.
Signor Presidente, io sono sicura, ascoltando i vari interventi che si sono susseguiti in questi due giorni, che nessun parlamentare che siede in quest'aula, girando per l'Italia intera, di fronte alla richiesta di sicurezza che proviene da parte di tutti i cittadini onesti, abbia omesso di richiamare la necessità della certezza della pena.
Il richiamo della certezza della pena però, non può essere fatto solo a parole e solo nei momenti particolari attraversati dalla nostra nazione; non può essere fatto solo di fronte alla visione di reati che vengono commessi e perpetrati quotidianamente a discapito dei numerosissimi cittadini onesti, né solo ed esclusivamente nel momento in cui l'Italia è costretta a registrare reati gravissimi quali omicidi, violenze o quelli legati al terrorismo e ad altro.
Si dice che questo provvedimento di amnistia e di indulto lascerebbe fuori i reati di associazione mafiosa e di terrorismo, e quelli che vengono considerati reati più gravi. Ma, nel dire ciò, non si pensa che i reati legati alla criminalità comune e non a quella organizzata vengono commessi da persone per lo più giovani ed anche immigrati che si avviano, purtroppo, proprio ponendo in essere questi reati meno gravi, verso la strada della criminalità organizzata.
Un'eccessiva clemenza evidenziata nei confronti dei reati apparentemente meno gravi - ma comunque reati - non farebbe altro che incentivare chi già ha una visione sbagliata, scorretta del modo di vita, verso la strada della criminalità organizzata.
Mi chiedo quale fiducia può continuare ad avere nei suoi rappresentanti politici un paese che viene richiamato continuamente alla necessità di garantire la sicurezza dei cittadini, un paese che è rappresentato da partiti politici che nei loro programmi elettorali non hanno mai abbandonato l'argomento della garanzia della sicurezza dei cittadini, un paese che elegge rappresentanti al Parlamento italiano e che li trova disponibili ad atti di clemenza (che non è vero vadano solo relegati o visti come rivolti a persone di poco conto, nel senso della criminalità), un paese che si trova di fronte a questi comportamenti dei componenti del Parlamento.
Quale componente della Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno della criminalità organizzata mafiosa o similare, ho girato per l'Italia intera, ed ho audito rappresentanti di associazioni, di categorie, delle organizzazioni sindacali, componenti dei comitati per l'ordine e la sicurezza, magistrati, rappresentanti delle Forze dell'ordine. Vi posso garantire che non vi è stata una sola persona che non abbia sollevato nel corso delle varie audizioni la richiesta pressante nei confronti del Parlamento italiano di garantire la certezza della pena.
Nel nostro paese i processi hanno tempi lunghissimi e diventa, giorno dopo giorno, sempre più difficile individuare l'autore del reato e garantire la pena relativa. Quando a tale risultato si riuscisse ad addivenire nel corso dei vari gradi del processo, diventa assurdo - di fronte ad una legislazione italiana diventata eccessivamente garantista, alle riduzioni,
agli sconti di pena - varare, in un momento di campagna elettorale, un provvedimento di questo genere che ha natura propagandistica.
Come affermato da più parti, non si illudano più i detenuti con questi provvedimenti di amnistia e di indulto, affermando che le carceri sono stracolme e vivono situazioni strutturali e di disagio tali da rendere incostituzionale o, se vogliamo, non legittima dal punto di vista dei diritti umani la permanenza nelle stesse da parte di chi è sottoposto alla fase di detenzione. Non è vero, onorevole Presidente, onorevoli colleghi! Non è solo vero il fatto che il Governo ha provveduto a varare la costruzione di nuove carceri, è anche vero che sono stati varati progetti di recupero delle persone in fase di detenzione, poiché all'interno delle carceri veramente la sopravvivenza è degna di essere ritenuta tale.
Sfido tutti i parlamentari di quest'aula a trovare un solo carcere della Calabria (è rinomata in senso negativo) in cui si possa ritenere non idonea la sopravvivenza di chi ha commesso determinati reati! Non nascondiamoci di fronte ad esigenze che non esistono!
Dobbiamo valutare, invece, la tutela e la garanzia della sicurezza del cittadino onesto. Noi parlamentari abbiamo mai pensato di varare provvedimenti di «indulto« e di «amnistia» per le vittime dei reati? Cosa abbiamo fatto per le vittime dei reati? Di fronte a provvedimenti come questi vi sarà una platea di cittadini onesti che, certamente, diranno sempre più: «Ma cosa mandiamo a fare determinate persone in Parlamento a rappresentare l'onestà, la moralità e l'etica di noi cittadini?».
Allora, cerchiamo di ragionare e di capire e non preoccupiamoci di essere in una fase propagandistica preelettorale.
Credo che a nessuno debbano piacere i voti e i consensi elettorali provenienti da gente che vive nel malaffare e che non ha scontato fino in fondo la pena che gli è stata inflitta e che, certamente, una volta uscita dal carcere, continuerà ad essere recidiva.
Dunque, noi parlamentari, che siamo stati chiamati qui a rappresentare i cittadini onesti, preferiamo ricevere i consensi elettorali di gente che si è macchiata di reati, piuttosto che i consensi elettorali della gente perbene, della gente onesta che magari dopo una giornata di lavoro, tornando a casa, viene colpita sotto tutti i punti di vista da un qualsiasi malvivente che tanto sa di non pagare e che si sente protetto da Parlamenti che possono dall'oggi al domani varare provvedimenti di indulto e di amnistia?
Ma come può il Parlamento italiano continuare a parlare di garanzia della sicurezza dei cittadini senza tener conto che prima di tutto, accanto alla garanzia dei cittadini onesti, si dovrebbe parlare di garanzia per tutti i rappresentanti delle Forze dell'ordine che, a seguito di questi provvedimenti di clemenza, si troverebbero di fronte i soggetti che con grandi sacrifici avevano affidato alle patrie galere? E noi oggi ci permettiamo di garantire la vita dei malviventi piuttosto che il riordino di tutti i rappresentanti delle Forze dell'ordine che garantiscono davvero l'incolumità dei cittadini italiani!
Allora, facciamoci questo esame di coscienza. Non si tratta di una semplice presa di posizione che nasce da Alleanza nazionale o dalla Lega, ma di una presa di posizione che discende dal fatto che siamo stati eletti anche alla luce di impegni che abbiamo assunto con i cittadini. E questi cittadini oggi non dobbiamo deluderli, anche se in prossimità delle elezioni!
Che si prendano pure i voti dei malviventi: qui c'è gente onesta che continuerà a rappresentare i cittadini onesti fino in fondo, con tutti gli strumenti a nostra disposizione e nel rispetto dei nostri valori morali (Applausi dei deputati dei gruppi di Alleanza Nazionale e della Lega Nord Federazione Padana)!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Polledri. Ne ha facoltà.
MASSIMO POLLEDRI. Signor Presidente, non so se ha mai avuto modo di
vedere il manifesto del Presidente Casini. È un bel manifesto, nel quale - se ben ricordo - è riportata la seguente frase: «È la responsabilità che tiene unito il paese». Ebbene, oggi mi sento di sottoscriverla: è una bella frase. La responsabilità... Tuttavia, dobbiamo chiederci: responsabilità verso chi, verso che cosa? Ma, soprattutto, in base a quali princìpi? Quali sono i princìpi che illuminano la responsabilità?
Tenere unito il paese è un esercizio importante, cui si fanno molti richiami solamente in funzione di alcuni simboli. Non basta ricordarci dell'unità del paese solo dal punto di vista geografico o dal punto di vista simbolico, della bandiera: i simboli sono un elemento di unione - la parola deriva dal greco: «ciò che unisce» - mentre diabolico è ciò che divide; ma possiamo rimanere uniti soltanto per una bandiera o per un inno? Non credo. Credo che quello che tiene unito il paese e le fondamenta della responsabilità non siano né il profilo del Presidente Casini, certamente apprezzabile per la sua storia personale, né la bandiera, né l'inno, ma qualcosa in più, che tocchiamo con mano.
Dovremmo chiedere a questo paese e a chi ci ascolta in questo momento - probabilmente siamo sintonizzati su Radio radicale, che ringraziamo per il servizio pubblico che svolge - se siamo veramente credibili, al di là dei fatti di questi giorni. Certo, la responsabilità è collegata con la legalità e la moralità. Se ne parla tanto e arrivano alcune risposte. Non voglio assumere posizioni faziose; però, di fronte a quello che sentiamo, se dovessimo chiedere alle persone se siamo credibili come politici, in base alle nostre parole, vi anticipo che la maggior parte di coloro che ci ascoltano - magari non tutti quelli «orientati» - ci direbbe: sono tutte chiacchiere! Siete dei chiacchieroni! Siete tutti uguali!
Purtroppo, dicono questo, e non è merito o colpa di una parte o dell'altra, ma probabilmente della mancanza di una riflessione, cui non si può rispondere, come fanno ad esempio i colleghi dei Democratici di sinistra, con un «codice etico»: ma davvero pensiamo che il codice etico possa costituire la risposta alla crisi della legalità e della moralità che riguarda tutto il paese? Si tratta infatti di un paese di furbi, non soltanto a cominciare da chi ha i baffi, la barca e le scarpe da un milione di lire. Il problema riguarda il pubblico funzionario che non fa il suo dovere, il medico che non fa tutto quello che deve fare, il paziente che cerca di fregare il posto all'altro, insomma tutti coloro i quali non fanno il proprio dovere.
Si tratta, dunque, di una crisi generalizzata, ma noi, come politici, dobbiamo affrontare in questo Parlamento quella che è, come ha osservato la collega Napoli, anche una crisi della moralità e della legalità, alla quale, ripeto, non si può far fronte con un codice etico o con un'authority: il Presidente Prodi si è inventato l'authority! Ma siamo pieni di authority in questo paese, che per dieci anni non hanno vigilato da nessuna parte, né quando lui era all'IRI, né da altre parti! Chiedo scusa per i toni, ma quando sento queste cose e ci rifletto sopra, ancora adesso mi arrabbio.
L'unità del paese, dunque: su cosa vogliamo tenerlo unito? La collega Napoli ha parlato di mafia. Ricorro ad una citazione, tratta da un libro di qualcuno che si occupava di mafia: «La sola possibilità per lo Stato di segnare un'inversione di rotta mi sembra consista nel garantire un livello minimo di convivenza civile. Una delle precondizioni, delle clausole fondamentali di un simile contratto di convivenza consiste nell'assicurare l'applicazione della legge e nel contrastare efficacemente la criminalità. Se non si realizzano queste condizioni, è inutile rifugiarsi nell'illusione generosa che lo sviluppo possa cancellare, come per magia, la mafia».
Chi ha scritto queste parole era Giovanni Falcone, in collaborazione con Padovani, nel libro Cose di Cosa nostra. Vi è quindi un problema di applicazione della legge. La sinistra ci rinfaccia spesso molti dei condoni economici che hanno inciso in un momento grave dell'economia del nostro paese, come se quelli di sinistra condoni non ne avessero mai fatti. Un
certo clima nei comportamenti pubblici lo avvertiamo anche noi, ma a nostro avviso a mancare non sono le leggi, bensì la loro applicazione. Al riguardo vorrei citare qualche esempio. Esiste una severa norma penale contenuta nel decreto-legge luogotenenziale n. 66 del 1948 che vieta i blocchi stradali e ferroviari, che invece vengono sempre tollerati. Vi è poi l'articolo 21 della Costituzione, che vieta la pubblicazione a stampa di spettacoli contrari al buon costume; ciononostante, la pornografia prospera tranquilla. Esiste una dettagliata normativa sul commercio ambulante, eppure i falsi si vendono sempre. Ora ci siamo anche inventati l'alto commissariato: perfetto, ma la legge chi la fa rispettare? Esiste la normativa in materia di circolazione stradale, limiti di velocità e quant'altro, ma tale normativa viene sempre rispettata?
Le leggi non mancano. L'amara conclusione, però, è che - anche qui cito un magistrato, autore di un articolo dal titolo «Crisi della legalità: significato e responsabilità», contenuto in Magistratura indipendente - «la sistematica tolleranza di tali comportamenti costituisce un sintomo inequivocabile di un atteggiamento dei pubblici poteri generalmente portato a nutrire nei confronti dell'illegalità un atteggiamento di fatalistica rassegnazione». Fatalistica rassegnazione che oggi noi rinforziamo nel paese.
Ripeto: responsabilità verso chi? Responsabilità verso il cittadino comune! Oggi, molti colleghi lo hanno già detto, che immagine consegniamo a questo paese, sotto il profilo della certezza della legalità? Gli consegniamo un'immagine di sfiducia in un apparato che non sa rispondere in tempi brevi alla richiesta di legalità e non sa dare un'efficacia operativa alle esigenze più elementari della collettività. Ma, allora, voi potreste dirmi (e qualcuno dei colleghi della sinistra lo fa): siete forse contro i carcerati? Noi non siamo contro i carcerati. Questa non è una captatio benevolentiae: sicuramente non siamo a caccia di popolarità, come fa chi digiuna sempre alla vigilia di Natale, aspettando che tipo di digiuno ci sarà il prossimo anno. Tutti gli anni c'è il digiuno annunciato del signor Pannella e dei suoi compagni di partito, ma io vorrei chiedere loro: qual è l'impegno nei confronti dei carcerati? Esiste solamente l'impegno di renderli liberi o esiste oggi un impegno di renderli cittadini liberi? Li si può rendere cittadini liberi se c'è un percorso di rieducazione, di riabilitazione e di estinzione del proprio debito con la società. Una volta scontata la pena, essi devono ritornare cittadini come gli altri, ma questo debito va scontato, e nelle carceri forse è necessario un lavoro tutti i giorni. È necessario che vi sia anche la possibilità di lavorare nel carcere, perché gran parte dei carcerati chiede soprattutto due cose. Anzitutto, processi veloci. È possibile che vi sia ancora gente in attesa di giudizio per mesi, se non per anni? In secondo luogo, chiede di poter lavorare all'interno delle carceri. Queste due esigenze devono essere garantite; al riguardo, si stanno compiendo passi in avanti, ma sempre piccoli.
Non basta, quindi, scarcerare o porre un problema di dignità, oppure parlare, in generale, di solidarietà: non è questa la carità! È necessario invece il recupero del senso della legalità. Invece, così facendo, oggi noi creiamo nel paese un vulnus. Oggi, da cittadino, mi sento sicuramente un fesso, così come la gente che ci ascolta, la quale si chiede perché debba rispettare le leggi dato che in galera non ci va nessuno e i pochi che ci vanno sono messi in libertà. Ecco, allora, lo ripeto, la necessità del recupero del senso di legalità, strettamente connesso con il senso della moralità e con quello etico.
A questo riguardo, desidero citare un messaggio di Giovanni Paolo II estratto da un suo discorso svolto davanti ai rappresentanti del mondo del lavoro nel 1992. Il Papa, in quell'occasione disse: «Il recupero etico a livello personale ed a livello sociale risultano tra loro strettamente connessi. Le ingiustizie e i mali sociali, autentiche strutture di peccato e di peccati sociali, derivano dall'accumulazione e concentrazione anche di molti peccati personali».
Il tema di cui si discute è, quindi, attuale e ad esso si deve politicamente dare una risposta.
Quella che oggi si propone, però, noi non la riteniamo una risposta. Il rispetto della legalità è chiamato ad essere non un semplice atto formale, non quindi un codicillo etico o un'authority (questa bella parola inglese!). A questo proposito, ricordo che «loro», dopo dieci anni di IRI, dove hanno dato grandissima prova delle loro capacità manageriali, sono usciti sicuramente puliti: chi c'era prima e chi è venuto dopo è stato condannato per corruzione, ma nel corso del periodo in cui c'erano «loro» non è successo assolutamente nulla. «Lui» era bravissimo, mentre quello che è venuto subito dopo l'hanno buttato in galera per corruzione, ma «lui», oggi, pontifica di questione morale e fa le pulci ai Democratici di sinistra. Conseguentemente, colleghi, vi invito a prestare attenzione anche a chi sta da quella parte (Applausi dei deputati del gruppo della Lega Nord Federazione Padana).
Desidero citare anche un breve passaggio di una riunione della Conferenza episcopale italiana: «Il rispetto della legge e della legalità è chiamato ad essere non un semplice atto formale ma un gesto personale che trova nell'ordine morale la sua anima e la sua giustificazione. Certo, moralità e legalità sono nozioni distinte». Ora, quando parliamo di unità, attorno a che cosa si parla di unità? L'unità è attorno ai valori fondanti! Esiste un rapporto tra moralità e, quindi, etica, e legalità? Credo, di sì. E l'anello di congiunzione è stato attorno allo sradicamento di alcuni valori che sono stati portati avanti in un determinato modo. In particolare, si è parlato di concepire sì la politica ma anche l'umanità. Si è parlato molto anche di secolarizzazione e di relativismo. A tale riguardo, desidero citare un'altra persona la quale sostiene: «Lo sfascio dello Stato, l'invasione della criminalità, sia minuta sia organizzata, e la desacralizzazione del costume pubblico e privato sono due facce della stessa medaglia. Il progetto secolarizzante che, preparato negli anni Cinquanta e Sessanta, ha manifestato i suoi effetti più dirompenti ancora oggi, ha colpito e dissipato quel patrimonio di moralità ancora presente, anche perché hanno cercato di porvi un'alternativa. Non deve sorprendere, quindi, se si è diffusa una cultura della illegalità che è l'esatto corrispondente, a livello del diritto, di quella cultura permissiva che ha trionfato in campo morale». Ho citato un mio ministro che in questo ruolo non sarà Batman o Nembo Kid, ma come filosofo e come morale è sicuramente buono: si tratta del ministro Buttiglione. Quello appena citato è un brano estratto da un suo libro.
Come diceva poc'anzi la collega Angela Napoli, c'è un parallelo tra la concezione della moralità, l'esercizio anche di quella personale, l'etica e il principio di legalità. Ma che principio di legalità ci può essere - giustamente, veniva detto - da chi porta avanti i Pacs? Qual è, in questo caso, la morale, il valore fondante se è la famiglia l'elemento principale che tiene unito questo paese?
Allora, la si deve smettere di affermare, talvolta anche dai più alti scranni, che la Lega è contro l'unità! Per carità, è molto peggio l'attentato alle istituzioni da parte di chi vuole il matrimonio tra gay, di chi è contro la famiglia (Applausi dei deputati del gruppo della Lega Nord Federazione Padana)...
DARIO GALLI. Bravo Polledri!
MASSIMO POLLEDRI. Mi piacerebbe ascoltare questo richiamo! Non basta ricordare l'unità attorno alla bandiera! Benissimo, benissimo, all'ombra della bandiera staremo tutti bene! Ma poi, quando sotto la bandiera avremo i matrimoni tra gay, l'aborto, l'adozione, la dissoluzione dei contributi, l'islam che ci dirà cosa dovremo fare, non so se ci starò bene sotto quella bandiera: prendo e vado all'estero, lo dico subito! Magari finirò sotto la bandiera di un paese meno aperto, meno progressista, ma riuscirò a vivere meglio, io e la mia famiglia!
Signor Presidente, chiedo scusa per questo sfogo e mi avvio a concludere. Qui
non è in gioco soltanto l'approvazione di una legge o una battaglia per prendere più voti: qui si discute seriamente, per quanto è ancora dato fare in questo anno in questo paese, di un principio fondamentale, del principio di legalità, che è quello che ci tiene uniti. A nostro giudizio, far passare il testo in esame significherebbe dare un'ulteriore martellata sulla credibilità del paese, sul senso di responsabilità e sul senso di unità! Grazie (Applausi dei deputati del gruppo della Lega Nord Federazione Padana).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Meroi. Ne ha facoltà.
MARCELLO MEROI. Signor Presidente, è da ieri che, unitamente ai colleghi della Lega, i deputati di Alleanza nazionale stanno cercando di spiegare le motivazioni, le ragioni per le quali siano contrari al provvedimento.
Come abbiamo già detto ieri, signor Presidente, siamo contrari per questioni di metodo e di merito. Nel metodo, chi è intervenuto per il mio gruppo prima di me ha già spiegato appieno le motivazioni. Avevamo chiesto di velocizzare l'esame non di questo provvedimento, ma di altri. Avevamo chiesto, ad esempio, di velocizzare l'esame dei provvedimenti riguardanti il riassetto anche economico dei Carabinieri e delle Forze dell'ordine. Ciò non è stato possibile.
D'altra parte, abbiamo visto dispiegarsi, in questi giorni, un iter procedurale (finalizzato all'approvazione eventuale del provvedimento di concessione dell'amnistia e dell'indulto, che, come vedremo poi, è di difficile realizzazione) che è apparso molto anomalo rispetto a tutti gli altri casi verificatisi in precedenza.
Anzitutto, vi è stata una velocizzazione dei lavori in Commissione ed ancora manca un passaggio in Commissione bilancio, sede nella quale dovranno essere valutati con la massima attenzione i risvolti anche economici e finanziari del provvedimento. Ho già affermato ieri di ritenere assolutamente legittima la convocazione straordinaria della Camera dei deputati per il 27 dicembre (in periodo di chiusura). Tuttavia, in quell'occasione, si è notato - e si trattava di un segnale che doveva comunque dare qualche indicazione - che non erano presenti neanche tutti i sottoscrittori della richiesta di convocazione straordinaria e di valutazione, da parte della Camera, di un provvedimento di clemenza. Inoltre, abbiamo dato vita ad una seduta notturna, quella di ieri sera, che ricordiamo essere una delle pochissime di questa legislatura.
In passato, ad una procedura analoga non si è fatto ricorso nemmeno quando venivano in rilievo provvedimenti di grande importanza.
Alleanza nazionale è contraria per motivazioni che attengono non soltanto al metodo. Cercherò, ora, di illustrare le nostre valutazioni attinenti al merito, preannunciando che altri colleghi interverranno successivamente per il mio gruppo.
Intanto, avremmo preferito che la situazione carceraria, le strutture carcerarie e la condizione di detenzione di tanti cittadini fossero valutate non soltanto sulla base di un provvedimento di amnistia e di indulto, ma fossero comunque «lette» in un quadro più ampio e generale, in modo da verificare anche quelle che potevano essere le ricadute sulla disciplina della recidiva recentemente approvata.
Chiedevamo, quindi, il coordinamento di questo testo ed una valutazione da effettuare con la massima attenzione in un momento successivo, cioè all'inizio della prossima legislatura. Avremmo evitato, tutto sommato, di affrontare problemi gravi e molto importanti come questo - lo riconosciamo - in periodi nei quali, certamente, si può pensare che da parte di qualcuno, magari, sia stata effettuata una valutazione di carattere elettoralistico e propagandistico in luogo di una attenta valutazione dei problemi inerenti questo provvedimento. Ciò non è stato possibile e lo abbiamo denunciato. Non siamo d'accordo, e abbiamo cercato anche di farlo capire a qualche esponente della nostra stessa maggioranza.
Da qualche altra parte, si afferma, nel merito, che questo provvedimento tenderebbe a svuotare le carceri e ad alleggerire, in qualche modo, una situazione di estrema pressione anche nelle strutture interne e nella gestione dei dipartimenti carcerari. In realtà, questo non è vero perché, come noi tutti sappiamo e come riconosciuto anche dall'opposizione nel corso di autorevoli interventi svolti anche questa mattina, questo provvedimento, di fatto, si applica ai reati commessi sino al giugno 2001. Allora, non è necessario essere attenti giuristi ma è sufficiente una lettura abbastanza superficiale del provvedimento per distinguere tra i due casi. Infatti, quanto ai reati commessi antecedentemente, è chiaro che coloro che sono in carcere, e hanno già subito un processo, vi si trovano per aver commesso reati estremamente gravi e ad essi, quindi, non si applica questo provvedimento. Invece, quanto a coloro che hanno commesso reati in epoca successiva, è inapplicabile per questioni di carattere temporale. Perciò, è vanificata la richiesta o, comunque, lo scopo di coloro che sostengono che questo provvedimento in qualche modo aiuta una gestione meno pressante della situazione carceraria.
Come ricordavo in precedenza, è necessaria anche una valutazione sulla problematica della recidiva che, a nostro avviso, avrebbe dovuto essere valutata con la massima attenzione. Qualche dubbio sorge in ordine al mancato inserimento in questo provvedimento - che avrebbe dovuto essere di carattere generale e, comunque, dotato di una sua logica interna - di alcune norme del codice penale relative a reati che - come affermato stamani dall'onorevole Gasparri - avrebbero potuto già essere stati derubricati o, comunque, trattati in sede giudiziaria con provvedimenti di carattere alternativo certamente non necessitanti la carcerazione.
Riteniamo che questo provvedimento è affrettato, pasticciato e fuori tempo e, come affermavo in precedenza, forse maggiormente in linea con alcune esigenze di carattere elettoralistico di una certa sinistra fintamente solidarista piuttosto che attenta ai reali e complessi problemi della giustizia.
Ecco perché, a conclusione di questo intervento, voglio ricordare la nostra posizione. Noi continueremo ad intervenire. Non siamo assolutamente d'accordo né sulla amnistia né sull'indulto previsti da questo provvedimento. La nostra posizione è chiarissima all'interno di questo Parlamento e della maggioranza. Esprimiamo, comunque, un «no» che non è pregiudiziale perché abbiamo motivato politicamente e anche con valutazioni di carattere etico e morale la nostra posizione.
Mi si permetta di concludere con una osservazione relativa ad un aspetto cui ho già accennato in un intervento nella tarda serata di ieri. Ho ascoltato - lo dico con il massimo rispetto - alcuni colleghi che hanno richiamato le parole pronunciate da Giovanni Paolo II secondo in quest'aula. Affermavo ieri, e voglio ribadirlo, che nel momento in cui si cita un grande uomo, che ha fatto la storia della nostra civiltà e del nostro mondo, comunque uno dei più grandi uomini degli ultimi secoli, non è possibile estrapolare alcuni pensieri che piacciono e allontanare altri pensieri che, invece, piacciono meno. I valori espressi da Giovanni Paolo II in quest'aula qualche anno fa, richiamavano, oltre alla solidarietà, anche la famiglia; inoltre, si ispiravano ad una netta chiusura all'aborto ed a tradizioni e principi nei quali tutti ci riconosciamo. Riconoscervisi parzialmente vuol dire non rendere un buon servizio alla propria intelligenza ed alla propria coerenza.
Ecco perché Alleanza nazionale esprimerà un voto convintamente contrario a questo provvedimento perché, anche per una questione etica, morale e politica, oltreché di merito, preferiamo difendere le ragioni dei cittadini onesti a discapito di coloro che, in qualche maniera, contro questi cittadini onesti hanno operato (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Patarino. Ne ha facoltà.
CARMINE SANTO PATARINO. Signor Presidente, come hanno già dichiarato gli altri colleghi di Alleanza nazionale intervenuti, noi siamo contrari a questo provvedimento non pregiudizialmente, ma perché non è serio, non è utile, non è giusto né, tanto meno, è dettato, come qualcuno cerca di farci credere, da ragioni di carattere umanitario.
Non è un provvedimento serio perché viene proposto, in fretta e furia, nelle ultimissime ore di questa legislatura con due scopi precisi: il primo, offrire al leader - o, meglio, ai due leader - dell'Unione qualche strumento in più per reclutare altri alleati con cui affrontare le prossime elezioni politiche; il secondo, dare fiato a vecchi «tromboni» della politica per fare propaganda ed inserirsi demagogicamente, e con spietato cinismo, nella gravissima questione del sovraffollamento delle carceri.
Non è un provvedimento utile, perché è applicabile solo per quei reati commessi in data antecedente al giugno 2001.
Non è un provvedimento giusto, anzitutto perché esclude proprio quei reati che prevedono sanzioni blande; quindi, perché non raggiunge la finalità di ridurre le permanenze dei processi in quanto, nel caso venisse approvato, rimarrebbero pur sempre in piedi centinaia di migliaia di processi per reati di non eccessiva gravità punibili con pene fino a quattro anni di reclusione e che si sono accumulati in questi cinque anni, ovvero dal primo giugno 2001.
Noi siamo i primi a sostenere il grave problema del sovraffollamento delle carceri o delle pessime condizioni in cui sono costretti a vivere i carcerati a causa delle gravi carenze igienico-sanitarie o dell'angustia degli spazi loro assegnati o della mancanza assoluta di tutte quelle strutture e di tutti quegli strumenti di cui abbisogna l'essere umano. Lo hanno detto tutti i colleghi di Alleanza nazionale intervenuti in questo dibattito e chi vi parla si è più volte, in passato, recato nelle carceri dove ha potuto constatare e denunciare il gravissimo stato in cui sono costretti a vivere i detenuti e, in molti casi, anche gli agenti di custodia. Di questi ultimi si dice poco o niente; addirittura, se si parla, quando se ne parla, lo si fa senza alcun rispetto per il difficile compito che essi svolgono. Tutti, dunque, accomunati dallo stesso destino, vigilati e vigilanti, in edifici fatiscenti che sono assolutamente invivibili per qualsiasi essere umano. Ebbene, quando un cittadino sbaglia, noi abbiamo sempre sostenuto - e lo sosteniamo con forza in questa vicenda - che può essere punito (e certo deve esserlo, se i reati compiuti sono gravi) privandolo della libertà, ma non negandogli il diritto della sua dignità di uomo. Tuttavia, tale risultato si ottiene facendogli scontare la pena in ambienti civili e confortevoli anziché scarcerandolo, il che sarebbe diseducativo per tutti. Dunque, si operi tutti insieme perché vengano costruite nuove, più moderne e più adeguate strutture carcerarie.
Non si tratta, quindi, di un provvedimento dettato da ragioni umanitarie perché stride fortemente con i diritti della gente sana, di tanti cittadini onesti, di tanti lavoratori che compiono quotidianamente enormi sacrifici per mantenere con decoro le proprie famiglie e per trasmettere ai propri figli il senso del dovere e del rispetto per gli altri. Costoro sono i primi a volere uno Stato autorevole, serio e, soprattutto, garante delle libertà e dei diritti dei cittadini per bene. Sono proprio loro che non accettano debolezze da parte delle istituzioni, e che non consentono che si sia indulgenti e clementi nei confronti di tutti coloro che continuano a delinquere ai danni dei cittadini che vivono nella legalità.
Sono queste le ragioni fondamentali per le quali il gruppo di Alleanza nazionale continuerà la propria battaglia affinché il provvedimento in esame non venga approvato (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Fatuzzo. Ne ha facoltà.
FABIO FATUZZO. Signor Presidente, nel corso della seduta di ieri ho ascoltato attentamente gli interventi che si sono
susseguiti in aula. Uno dei colleghi più rispettabili che siede in questa Assemblea ha parlato di esigenza di sicurezza; qualcun altro, invece, ha parlato del bisogno di varare questo provvedimento di clemenza che si avvertirebbe nella popolazione italiana.
Non credo che sia così. Non credo, infatti, che si possano porre sullo stesso piano l'esigenza di sicurezza ed il bisogno presunto di questo provvedimento di clemenza, che alcuni hanno avvertito, ma di cui non ho sentito alcuna eco. Ciò anche perché i giornali sono pieni di fatti delinquenziali e di rapine compiute nelle case, e vorrei osservare che la violazione della propria casa o del proprio domicilio rappresenta la violenza più grave che si possa subire.
Infatti, vedere violata la propria sicurezza, guardare i propri cari minacciati senza poter far nulla e, al contempo, assistere a questa «pantomima» - nel corso della quale si esprimono sentimenti di solidarietà non verso coloro che hanno subito i reati, ma piuttosto nei confronti di coloro che li hanno commessi -, mi sembra sia qualcosa di estremamente frustrante. Ciò provoca l'allontanamento dalla politica: fenomeno che noi, rappresentanti del popolo italiano, non dovremmo permettere.
Non solo. Vorrei rilevare che, con l'approvazione di un eventuale provvedimento di clemenza (sia che si parli di indulto, sia che si tratti di amnistia), andremmo contro quel senso di sicurezza che dobbiamo restituire alle tante vecchiette che vengono scippate per la strada, con notevoli danni anche sul piano dell'incolumità fisica, nonché ai pensionati. Vorrei ricordare, a titolo di esempio, che alcuni giorni fa un pensionato di Acireale è stato scippato della sua povera pensione, appena riscossa alla posta.
Dobbiamo altresì restituire il senso di sicurezza a coloro che hanno subito violenza carnale, e che correrebbero il rischio di reincontrare i loro violentatori. Abbiamo visto anche che, in alcuni casi, non l'averli reincontrati, ma la paura di incontrarli nuovamente ha condotto addirittura al suicidio delle vittime.
Con il provvedimento in esame, inoltre, toglieremmo la sicurezza ai numerosi ragazzini che hanno trovato, finalmente, il coraggio di denunciare gli spacciatori di morte, vale a dire coloro che, con la scusa della «modica dose», oppure utilizzando tantissimi espedienti (il sistema di nascondere la dose di droga nel buco di un muretto, oppure di riporla in un sacchetto e celarla in un cassonetto della spazzatura), vanno a portare la morte fin davanti alle scuole. Ebbene, quei poveri ragazzini, che hanno trovato finalmente il coraggio di denunziare gli spacciatori, vedrebbero allora vanificati i loro atti di coraggio; anzi, dovrebbero addirittura temere per la propria vita, per colpa di una falsa pietà e di una carità pelosa di cui noi, di Alleanza nazionale, non vogliamo essere assolutamente colpevoli!
Allo stesso modo, l'esigenza che si avverte in tutta Italia, soprattutto nelle parti più disagiate, in cui è più difficile vivere (vale a dire, nel Meridione), è quella di avere una maggiore sicurezza, specie in quelle povere, poche campagne che ancora sono rimaste coltivate, nelle quali spesso si assiste a furti ed a danneggiamenti assurdi!
Vorrei segnalare, a tale proposito, che l'altro giorno ho parlato con un coltivatore diretto della provincia di Ragusa, il quale mi ha raccontato che, per rubargli un paio di scarpe, gli hanno procurato un danno di 300 euro. In altri termini, un paio di scarpe da lavoro, che i ladri avrebbero potuto comprare, in qualsiasi mercatino, per soli 10 o 20 euro, gli hanno arrecato un danno di 300 euro!
Tali eventi accadono perché tante volte i criminali sono sicuri della loro impunità, essendo certi di non dover pagare pegno e di non dover scontare le conseguenze degli atti delinquenziali commessi. Infatti, non soltanto le maglie della legge sono già troppo larghe, ma addirittura noi deputati veniamo in quest'aula a parlare di indulto, o addirittura di amnistia!
Oltretutto, per entrare nel metodo, ritengo che questo provvedimento di clemenza sia estremamente inopportuno, non soltanto, come dicevo, per i tanti fatti di delinquenza che si sono verificati in questi giorni, ma specialmente perché noi corriamo il pericolo di creare delle aspettative terribili e pericolose, che hanno dato luogo in altri casi a delle ipotesi di reato. Siamo troppo vicini alle elezioni e troppo facilmente si potrebbe scambiare questa disponibilità nei confronti di coloro i quali hanno commesso atti di delinquenza per una futura attesa di un ritorno elettorale, da cui noi vogliamo essere assolutamente lontani e non vogliamo che sospetti di nessuna maniera ci sfiorino.
Si è parlato tante volte in quest'aula delle difficoltà in cui vivono coloro i quali sono ristretti nelle carceri: ma le carceri sono carceri, non sono luoghi di villeggiatura, non possono essere alberghi o luoghi in cui si debba stare a proprio agio nelle condizioni migliori! Il carcere è un luogo di restrizione in cui colui il quale ha commesso un atto di delinquenza, un reato a danno degli altri, delle cose e, specialmente - cosa ancora più grave -, delle persone, deve essere portato a riflettere sugli errori commessi e, se possibile, a rinsavire, senza alimentare speranze di continui interventi di clemenza, di indulto o di amnistia. Lo dico anche perché sappiamo che nella prima Repubblica ci sono stati tantissimi provvedimenti di clemenza, ma nessuno di questi ha portato successivamente ad una diminuzione dei reati. Anzi, piuttosto, subito dopo ogni atto di clemenza, puntualmente, c'è stata una impennata negli ingressi nelle carceri e nella commissione dei reati.
Se si vuole affrontare il problema del sovraffollamento delle carceri, ebbene apriamo un confronto con la magistratura, chiediamo che la pena sia non soltanto certa, come noi abbiamo sempre detto, ma sia anche preceduta da una giustizia certa ma rapida! Non è possibile che un processo si dilunghi per tantissimi anni e non è possibile neanche che reati gravissimi vengano messi da parte e non vengano perseguiti, perché c'è un magistrato il quale ritiene, a 34 o 35 anni di distanza, di riaprire, per esempio, l'inchiesta relativa al suicidio di Luigi Tenco. Non so se Luigi Tenco si sia suicidato: allora, le indagini effettuate accertarono queste circostanze. Tuttavia, a 34 anni di distanza, voi pensate veramente che sia più importante andare a verificare l'episodio di Luigi Tenco o piuttosto perseguire i tanti reati che tante problematiche e tanta incertezza sul piano della sicurezza delle persone e delle cose diffondono all'interno della società?
Chiariamo tutto questo, chiariamo con la magistratura che non è possibile andare ad inseguire per tanti anni delle ipotesi. Poniamo dei limiti alle indagini e facciamolo in termini seri, non attraverso sotterfugi per cui le indagini vengono aperte ma non ufficialmente e, quindi, sei mesi più altri sei mesi diventano anni ed anni, perché per il primo o i primi due anni non vengono iscritti gli indagati ma si continuano ad utilizzare le Forze di polizia all'interno del tribunale per inseguire le proprie idee, gli esposti anonimi ricevuti, per poi chiudere le indagini prima ancora di averle ufficialmente aperte. Lo dico anche perché la magistratura deve tener conto del fatto che il Parlamento, nelle legislature che si sono succedute, credo abbia affrontato il problema dello snellimento dei processi con i giudici di pace, gli arbitrati, tutto quanto è servito a sgomberare il tavolo del giudice dalle problematiche meno importanti: tutto ciò è stato fatto. Ora occorre che anche la magistratura faccia un po' di esame di coscienza e tenga conto del fatto che tutti i lavoratori, tutti coloro i quali svolgono attività in Italia hanno degli orari di lavoro e che, alla fine di questo orario di lavoro, ci dev'essere una concretizzazione dello stesso. Soltanto i filosofi, gli uomini di pensiero, i poeti, coloro i quali vivono di rendita sono autorizzati a pensare ed a produrre sul piano intellettuale, per quanto vogliono e per quel poco che vogliono. Tutti gli altri dovrebbero, di fronte alla propria coscienza ed al popolo italiano, concretizzare il proprio lavoro. Concretizzare il proprio lavoro, nel caso
della magistratura, vuol dire indagini completate e sentenze emesse e depositate.
Vorrei inoltre affrontare il problema dal punto di vista ideologico. Si parla di indulto e di amnistia. Questo provvedimento cos'è? Un regalo, uno sconto. Ma qui non siamo nel periodo dei saldi, anche se il periodo temporale corrisponde! Stiamo legiferando ed affrontando il problema della giustizia. Non si può affrontare il problema del sovraffollamento delle carceri scarcerando coloro i quali hanno commesso atti di delinquenza, perché, a tal punto, tanto varrebbe sfrondare il codice penale, riducendolo alla previsione e punizione di due o tre reati più gravi e lasciare successivamente che ognuno si comporti come all'interno della giungla.
Il problema essenziale qual è? Il problema, signor Presidente, è che, quando si riceve un dono che non si è chiesto, e lo si riceve ope legis, nulla determina un rinsavimento. L'indulto, infatti, a chi viene esteso? A tutti coloro i quali sono nelle condizioni previste dalla legge, a prescindere dal fatto che abbiano continuato, sul piano personale, sul piano intellettuale e su quello operativo all'interno delle carceri - perché sappiamo che le carceri molte volte consentono il rapporto con l'esterno - a mantenere quei rapporti con l'ambiente delinquenziale che ha contribuito ai loro atti criminosi. Ciò vuol dire che il giorno dopo nessun atto di rinsavimento vi sarebbe. Ma veramente crediamo che lo «spauracchio» dei cinque anni potrebbe rappresentare un elemento dissuasivo, quando un tentativo di rapimento, in Veneto, non è stato nemmeno sanzionato con l'arresto perché non si era concretizzato il tentativo di reato?
Siamo in una situazione in cui la legislazione italiana è già anche troppo permissiva, consente anche troppo a coloro i quali commettono reati di sfuggire all'immediata sanzione. Troppe volte ho incontrato rappresentanti delle Forze dell'ordine che si sono rammaricati per essersi imbattuti nuovamente, dopo pochi giorni, in coloro i quali avevano catturato, a rischio della propria incolumità, senza nemmeno avere un riconoscimento da parte dello Stato. Dunque, finiamola di dire che un provvedimento di clemenza servirebbe anche a ridurre, nei prossimi cinque anni, l'incremento di reati all'interno della società italiana! Ogni qualvolta, torno a ripeterlo, nel corso della prima Repubblica, vi è stato un provvedimento di clemenza, immediatamente dopo vi è stata un'impennata di reati e di ingressi in carcere che, in realtà sono reingressi, perché si tratta di coloro i quali hanno commesso reati, che erano stati condannati e incarcerati e che sono tornati puntualmente a delinquere.
Oltretutto, perché tutto ciò avviene? Perché si torna a delinquere? In merito, occorre aprire anche una riflessione: chi delinque non lo fa, nella maggior parte dei casi - nel 99 per cento dei casi, perché determinato da necessità. Chi ruba la mela, chi commette reati in campagna per sfamarsi, già rientra nella comprensione della legge. Chi commette reati, nella maggior parte dei casi, è persona che ha scelto volontariamente di percorrere una via diversa da quella del rispetto della legge, della legittimità e della fatica. Chi commette reati, chi ruba, chi rapina, lo fa semplicemente perché non vuole lavorare, perché preferisce questa «scorciatoia» per potersi arricchire. Chi spaccia droga non lo fa perché costretto dalla necessità della fame. Lo fa perché si vuole arricchire, come purtroppo gli consentono di sperare molti episodi cui assistiamo, i molti casi di organizzazione dello spaccio di droga che non vengono sanzionati immediatamente e che, quindi, consentono a chi vuole seguire tale strada di sperare di poterlo fare impunemente.
Quindi, è inutile pensare di determinare un rinsavimento, in tale maniera. Su un giornale di Catania, alcune settimane fa, ho letto di un operatore dell'alimentazione, il quale gestiva, assieme ai fratelli e ad altri dipendenti, una struttura tra le più avviate e frequentate, in una delle piazze più note di Catania. Io stesso, con altri colleghi, sono stato spesso a mangiare in tale locale. Improvvisamente, abbiamo scoperto che sono stati arrestati perché, assieme agli alimenti, essi proponevano
anche cocaina e droghe pesanti, volendo non solo allargare il loro giro d'affari (come sarebbe stato legittimo), bensì accelerare la loro ricchezza.
Allora, approvare un provvedimento di clemenza e porgere una mano a coloro i quali non ne hanno assolutamente bisogno, avendo dimostrato di voler continuare a delinquere e, anziché costringerli a riflettere sulle loro malefatte, consentire loro di uscire fuori dal carcere e di tornare a delinquere, credo sia assolutamente offensivo nei confronti di coloro i quali, invece, svolgono la loro attività legittimamente e nel pieno rispetto della legge.
Ritengo che nello scorcio finale della legislatura avremmo dovuto occuparci celermente, con immediatezza e con efficacia di riconoscere il legittimo diritto alla difesa, specialmente nel proprio domicilio, nonché il legittimo diritto dei tutori dell'ordine di vedere finalmente riordinate le loro carriere, di vedere finalmente riconosciuti i loro diritti e di vedere finalmente riordinata una struttura organizzativa interna che li lascia fortemente insoddisfatti e che determina tante volte una mortificazione cui dobbiamo finalmente porre fine.
Ritengo che questo Parlamento, nel momento in cui poche settimane ci dividono dal voto, dovrebbe mettere da parte questo provvedimento di clemenza, di indulto e di amnistia ed affrontare, piuttosto, la riorganizzazione delle carriere dei tutori dell'ordine, cosa che avremmo dovuto fare da molto tempo e che è bene che finalmente si faccia (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale)!
PRESIDENTE. Constato l'assenza dell'onorevole Catanoso, che aveva chiesto di parlare: s'intende che vi abbia rinunziato.
Ha chiesto di parlare l'onorevole Mantini. Ne ha facoltà.
PIERLUIGI MANTINI. Signor Presidente, torno ad illustrare la posizione, credo chiara, del gruppo della Margherita su questa vicenda ingarbugliata, che riguarda il provvedimento sull'amnistia e l'indulto. È una pagina poco edificante per la politica italiana, perché si sono alimentate giuste e comprensibili illusioni. Tuttavia, nel momento in cui prendo la parola, non mi sembra che le prospettive dei lavori dell'Assemblea siano tali da corrispondere a queste esigenze.
Abbiamo discusso per tutta la legislatura della possibilità e dell'opportunità di un provvedimento di clemenza, come noto, da più parti sollecitato: e mi riferisco non solo alle parole del Pontefice più volte ripetute in quest'aula, ma anche alla oggettività dei problemi che riguardano le nostre carceri. Mi riferisco, inoltre, alle denunce e alle inchieste svolte dalle associazioni di volontariato che si occupano dei temi del carcere e mi riferisco ad una realtà dolorosa ed obiettiva che tutti noi conosciamo, in modo particolare i parlamentari che visitano le carceri nell'ambito delle proprie funzioni ispettive.
È una condizione che non può essere trattata con le parole, con gli strumenti e con i metodi della pura demagogia o del populismo, che pure è stato rivendicato da qualche collega della Lega, direi audacemente, negli interventi svolti in mattinata. Quella del mondo carcerario è una realtà che impegna tutta intera la responsabilità della classe politica dirigente del paese, perché non si può rispondere a condizioni incivili e disumane ampiamente documentate (non sto certo a ripetere in questa sede le cifre e i dati) semplicemente con un «faremo», «vedremo», «provvederemo», «costruiremo nuove carceri».
Non v'è dubbio: nessuno ritiene che si tratti della soluzione migliore a queste condizioni di inciviltà che, non a caso, evocano l'inadempimento di principi costituzionali a cui profondamente crediamo e che connotano il nostro tessuto civile e democratico (cioè, quello dell'umanità della pena e della civiltà delle condizioni in cui essa si sconta), a fronte della speranza che la pena possa essere (anche se non automaticamente), alla fine, un momento di recupero di fiducia in se stessi, nella società e, quindi, un'occasione importantissima per uscire dal circuito criminale e dalle occasioni di delinquere.
Perché ciò avvenga, però, occorre che la società, l'ordinamento democratico e costituzionale vivano fuori dalle carceri, con i propri valori, ma anche al loro interno. Dinanzi a questo problema, annoso, doloroso, non sono sufficienti - lo ripeto - le richieste di procedere alla costruzione di nuove carceri. Si tratta di richieste che ho sentito formulare dai colleghi in particolare di Alleanza nazionale e della Lega - ma anche da altri -, ai quali devo doverosamente domandare perché in questi anni non si sono fatti passi concreti in avanti in questa direzione, avendo avuto essi stessi responsabilità piene di Governo.
Il punto, però, è anche un altro, perché siamo tutti largamente convinti, nel Parlamento, che occorrano politiche per nuove e più civili carceri ma anche politiche contro il carcere, diverse cioè dalla risposta carceraria. Il ragionamento, invero, diventa un po' più complesso, ma solo all'apparenza, perché i dati sono chiari: se si punta solo alla costruzione di nuove carceri, si punta anche ad oberare il bilancio statale dedicato alla politica penitenziaria con nuove spese in termini di risorse, personale, magistratura dedicata, cioè, spese nel carcere per il carcere.
Probabilmente, in tempi di vacche magre, rese ancor più magre da dissennate politiche economiche, si sottraggono risorse per politiche alternative al carcere. Non si tratta di un discorso teorico né puramente ideologico perché, se riflettiamo in concreto sulla popolazione detenuta - oltre 20 mila detenuti oltre il limite massimo di capienza delle nostre carceri -, dobbiamo ammettere che un terzo circa dei detenuti è in attesa di giudizio, cioè, si trova in uno stato di custodia cautelare.
Leggevo di recente un saggio di un giurista americano sulle emergenze della democrazia e, tra gli elementi di una certa allarmante deriva che le esigenze di contrasto del terrorismo determinano in tutti i paesi, non solo occidentali (in termini però di depotenziamento dei diritti civili, individuali, costituzionali), veniva citato il fatto che si sta per introdurre una legge che aumenterebbe, addirittura fino a 2 mesi, il termine per la custodia cautelare. Se in altri paesi diventa un dato così preoccupante una custodia cautelare di due mesi, dobbiamo interrogarci seriamente e responsabilmente tutti insieme se sia giusto o meno il regime di custodia cautelare che abbiamo nel nostro paese.
Forse, si potrebbe immaginare, anziché l'indulto di turno, rituale, anche un approccio diverso: ad esempio, una riduzione del novero e una diversa valutazione delle circostanze che portano alla custodia cautelare in Italia, perché credo che questo sia il modo di ragionare anche del cittadino comune. Se si deve pensare a una misura di sfoltimento delle carceri, che, al momento, non consentono la detenzione di un così alto numero di reclusi, forse sarebbe più logico farlo iniziando da alcune categorie particolari: per esempio, i tossicodipendenti - di questo abbiamo già parlato - e chi non è ancora stato condannato in via definitiva e, quindi, si presume innocente.
È evidente, però, che non si può immaginare che non vi siano esigenze come quella dell'arresto di chi commette reati in flagranza o di chi abbia commesso gravi reati che destano serio allarme sociale o costituisca un forte pericolo di ripetere azioni criminali, di fuga o di inquinamento delle prove. Dunque, nell'ipotizzare un diverso approccio riduttivo nei confronti della custodia cautelare in Italia, dovremmo anche pensare ad adeguate misure di sicurezza alternative al carcere - nel mondo anglosassone e in Inghilterra si discute sul braccetto elettronico e su altre forme -, che hanno anch'esse dei costi.
Dunque, si deve capire quale politica si vuole fare, perché se si spendono soldi solo ed esclusivamente, peraltro in modo puramente evocativo, per costruire nuove carceri, è evidente che essi non saranno spesi per far crescere nuovi servizi e per garantire misure di sicurezza alternative alla pena detentiva.
Questa ed altre riflessioni mancano e sono mancate nelle carenti e dissennate politiche sulla giustizia svolte in questi anni. Sono problemi risalenti nel tempo; nessuno li addebita solo ed esclusivamente all'attuale Governo. Tuttavia, bisogna addebitare
all'attuale Governo la mancanza del senso di responsabilità e l'incapacità di individuare le priorità del paese con cui i temi della giustizia sono stati affrontati.
Siamo in condizioni seriamente emergenziali per una democrazia che non voglia essere debole con gli imputati eccellenti e forte con i poveri cristi, rinchiusi, invece, nelle patrie galere. Occorre che si pensi ad un provvedimento di natura clemenziale limitato, ragionato e ragionevole, che ponga un argine, un parziale rimedio, nei confronti dell'illegalità incostituzionale diffusa nelle nostre carceri.
È per questo che il gruppo della Margherita, sin dall'inizio, con molta coerenza, insieme agli altri gruppi dell'Ulivo, peraltro, ha fatto propria e presentato al Parlamento la proposta sull'indulto. Si tratta di un indulto limitato e revocabile nei confronti di chi dovesse delinquere dopo avere ottenuto questo beneficio. Dunque, è una misura equilibrata ma concreta, per affrontare un problema grave e serissimo, che non si può disconoscere, francamente, come molti stanno facendo.
Siamo stati, invece, contrari a questa «giostra» - permettetemi di definirla così - dell'amnistia, perché l'amnistia, per come è stata tecnicamente scritta nel testo del provvedimento in esame e dopo un inutile, estenuante dibattito durato un'intera legislatura, risulta un provvedimento totalmente inutile sul piano pratico.
Sappiamo che la Costituzione impone, con l'articolo 79, terzo comma, che sia rispettato il termine della data di presentazione della proposta di legge sull'amnistia come termine di efficacia per i reati in essa conclusi, nel senso che non si estende l'amnistia ai reati commessi successivamente alla presentazione della proposta di legge di amnistia, e la data che concretamente abbiamo è il 1o giugno 2001. È un limite invalicabile. So che qualcuno tenterà arditamente ed anche spudoratamente di valicarlo (probabilmente anche attraverso emendamenti), ma è un termine scritto con grande chiarezza nella Costituzione ed anche nelle sentenze, sia pure precedenti alla riforma, della Corte costituzionale del 1968. Dunque, per senso di responsabilità, ritengo impropri gli esercizi interpretativi svolti contra legem contro un articolo assai chiaro della nostra Costituzione.
D'altronde, non mi soffermo nel sottolineare che quella disposizione costituzionale non è affatto «capricciosa», ma ha una sua ratio del tutto evidente, poiché non è ammissibile che possa beneficiare dell'amnistia chi commette reati dopo la presentazione della proposta di legge di amnistia, contando quindi su un effetto clemenziale che un'amnistia aperta anche a reati commessi successivamente finirebbe per trasformare in criminogeno.
L'amnistia è stata presentata nel testo in esame in forza anche della mancanza di una seria volontà (lo ripeto, ma non sarebbe necessario perché due gruppi dell'attuale maggioranza stanno svolgendo ostruzionismo in Assemblea), soprattutto da parte della destra. Per la ferma volontà dei gruppi della destra sull'amnistia, e per la verità anche sull'indulto, non è mai stata raggiunta una ragionevole intesa in questa legislatura.
Pensare oggi di approvare un'amnistia per reati commessi anteriormente al 1o giugno 2001 significa esattamente votare una «non amnistia». Lo sappiamo; dobbiamo avere l'onestà, la serietà, il senso di responsabilità per riconoscerlo, perché sappiamo che i reati commessi anteriormente, anche solo nel 1999 o nel 2000 (per considerare le date più vicine), sono prescritti o prossimi alla prescrizione.
Avremmo, quindi, l'annuncio, le «grida» manzoniane dell'amnistia, senza che venga compiuta. Credo non sia serio nei confronti del paese, proprio perché riteniamo che l'amnistia per i reati minori, o cosiddetti bagatellari, come si usava dire un tempo, sia un provvedimento utile e necessario, soprattutto se accompagnato da serie riforme strutturali per l'efficienza della giustizia e per lo snellimento dei nostri processi.
L'amnistia è un bluff ed è per questo motivo che la Margherita, DL-L'Ulivo ed i gruppi dell'Ulivo hanno deciso con chiarezza
di votare contro una finta amnistia e a favore, invece, di una misura ragionevole e limitata di indulto.
Dovrei confidare, se potessi fare affidamento sulle parole di Voltaire, secondo il quale l'illusione è il primo dei piaceri, su uno sviluppo diverso dei nostri lavori e sulla possibilità che si raggiunga, almeno sull'indulto, la maggioranza necessaria, prescritta dalla Costituzione, con il quorum molto alto dei due terzi che, tuttavia, è possibile raggiungere in questo Parlamento.
Vorrei ripetere che l'intero centrosinistra, unito, voterà l'indulto e rivolgere un ultimo appello ai colleghi del centrodestra (si tratta di una materia trasversale su cui ciascuno deve compiere libere e responsabili valutazioni) affinché votino l'indulto. Si può anche ragionare su eventuali correzioni e limitazioni, nonché sulla misura dell'indulto; tuttavia, vorrei rivolgere un ultimo appello affinché, in modo ragionevole e non demagogico, si possa oggi adottare una misura limitata, equilibrata, ragionevole ed utile dinanzi ad un'emergenza dei diritti civili e costituzionali, di fronte ai quali nessuna forza può chiamarsi fuori, nemmeno in nome di comprensibili interessi di propaganda elettorale. Soprattutto, nessuno può sostituire alla ragionevolezza di queste argomentazioni e dei problemi che abbiamo dinanzi gli eccessi demagogici, populistici e, spesso, incivili ed irritanti, con cui sono state svolte le argomentazioni e le posizioni in quest'aula da forze di Governo che dovrebbero avere la responsabilità complessiva delle politiche sulla giustizia ed anche sulla clemenza (le politiche di clemenza sono parte della politica della giustizia).
Credo davvero che sia possibile, anche da parte dei gruppi del centrodestra, votare, magari apportando anche correzioni, la proposta di un indulto ragionevole e limitato. Non posso, invece, dare alcun credito a posizioni mistificatorie espresse in «politichese» di fronte ad un problema tanto serio che riguarda il paese intero, come quelle di alcuni gruppi: mi riferisco, per eccesso di chiarezza, ai gruppi di Forza Italia e dell'UDC, nonché al presidente Pecorella; ho letto, al riguardo, una sua intervista esplicita apparsa oggi su Il Sole 24 ore, volta a fugare ogni dubbio, secondo cui o l'amnistia e l'indulto o niente!
La verità è che non si vuole niente, perché l'amnistia che taluno propone, così com'è scritta, è niente, mentre l'indulto è una misura ragionevole, sostenibile e civile!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Didonè. Ne ha facoltà.
GIOVANNI DIDONÈ. Signor Presidente, vorrei fornire alcune risposte anche all'onorevole Mantini, il quale ha affermato che, nel corso di questi cinque anni, sono state messe in atto politiche carcerarie dissennate da parte del ministro Castelli; invece, sono del parere che le politiche dissennate dal punto di vista carcerario siano state compiute da chi ha chiuso precedentemente le carceri, senza prevedere nuovi interventi per soddisfare le varie necessità.
Ricordo - anche i numeri sono importanti - che i detenuti sono 56.840 (uno più uno meno) e gli stranieri sono 18.584. Sicuramente, si tratta di un problema che è esploso in questa ultimi 10-15 anni. Quindi, il Governo dell'Ulivo che ci ha preceduto avrebbe dovuto prevedere l'incremento di queste persone che si recavano nel nostro paese, magari anche motivate da buone intenzioni, ma che poi, in seguito alle difficoltà che erano costrette ad affrontare, molto spesso finivano nelle reti della malavita, dedicandosi ad attività che non erano sicuramente nel rispetto della legge.
Tutto ciò dimostra che la politica dell'Ulivo ha fatto sì che emergesse un problema carcerario. Ricordiamo che nel 2003 è stato approvato il cosiddetto indultino che ha permesso a 5.936 detenuti di uscire dal carcere, e non mi sembra che ciò abbia risolto i problemi, anzi circa 1.800 delinquenti sono tornati nelle patrie galere. Dunque, notiamo che tali interventi non producono gli effetti sperati.
A mio avviso, coloro che frequentano i palazzi istituzionali raramente parlano
con la gente. Presidente, cinque minuti fa, ho ricevuto una telefonata da un artigiano che lavora 20 ore su 24 che, avendo ascoltato parte del dibattito, mi ha chiesto di non mollare e di non consentire che siano lasciati liberi coloro che hanno commesso reati (ladri, stupratori, delinquenti comuni).
Il convincimento diffuso tra la gente è che siano molti a delinquere, ma solo pochi quelli che poi pagano per quanto hanno commesso. Quando svolgevo le funzioni di sindaco, ad esempio, nonostante le forze dell'ordine si dessero da fare, spesso ciò non era sufficiente. Infatti, una sera un extracomunitario colto in flagranza di reato e condotto immediatamente in carcere, il giorno successivo era nuovamente in circolazione. Ovviamente, il giudice avrà applicato la legge, ma il problema è che le leggi, a mio avviso, spesso sono dalla parte di chi delinque! Pensiamo, ad esempio, al patteggiamento e ad altri riti che spesso consentono a chi è colpevole di non pagare pienamente il proprio debito con la giustizia.
Quindi, occorre ascoltare ciò che dice la gente, occorre essere presenti sul territorio, affinché i lavoratori onesti possano sentirsi al sicuro quando rientrano nella propria abitazione. Si tratta di un aspetto importante. A mio avviso, stiamo andando su una brutta china, ed è necessaria un'inversione di tendenza. Apprendiamo continuamente notizie sempre più allarmanti riguardanti situazioni di pericolo, o peggio, omicidi e quant'altro, in particolare nei confronti di persone inermi che si trovavano nelle proprie abitazioni e la cui sicurezza non è più garantita neppure quando sono all'interno della propria famiglia.
A mio avviso, non dovremmo essere bloccati in questo modo dalla proposta in esame, in questo ultimo scorso di legislatura, con le numerose altre iniziative che dovremmo assumere, e che sono richieste dai cittadini, come sa chi lavora con la gente e parla con la gente. Il problema, ripeto, ha già avuto una risposta con il cosiddetto indultino del 2003, e dunque su tale problema abbiamo già discusso e il Parlamento si è già espresso. Avremmo dunque dovuto utilizzare l'ultima fase della legislatura per andare a risolvere altri problemi impellenti del nostro paese, soprattutto di chi lavora, di chi produce, di chi non vede realizzarsi una serie di iniziative, dalle infrastrutture al sostegno all'esportazione e via dicendo, alle quali avremmo dovuto essere più attenti e che avremmo dovuto seguire con maggiore convinzione.
Un'altra domanda - se non la prima - che dobbiamo porci su questo tema è se il paese, la gente normale, la società civile chiedono un provvedimento di questo genere e ne hanno bisogno. Sono convinto di no. Ho riferito a titolo di esempio una telefonata poc'anzi ricevuta: potremmo andare sul territorio per approfondire l'argomento, e constateremmo come le risposte sarebbero di tutt'altro tenore, se solo avessimo la possibilità di consultare direttamente i cittadini, anziché una persona che in questi cinque anni che ho trascorso in Parlamento ho visto digiunare parecchie volte e che si mette a digiunare periodicamente per far apparire i problemi che la gente reale non sente e non condivide. Sono sicuro che la stragrande maggioranza, se non il 100 per cento, dei cittadini di sinistra, anche dell'Ulivo, non avverte l'esigenza di adottare un provvedimento di indulto o di amnistia.
Chiedo al collega che mi ha preceduto per quale motivo nella precedente legislatura non sia stato adottato un provvedimento di indulto o di amnistia. Ora lo vediamo riproposto in maniera consistente e quasi dovuta, mentre in cinque anni non hanno affrontato l'argomento: forse che allora le carceri non erano sovraffollate? A me risulta il contrario, quindi molto probabilmente i problemi che dovevano allora essere affrontati sono stati rimandati, attribuendone la responsabilità al centrodestra, che invece non ha tale responsabilità.
Un'altra questione importante è capire se vi siano le condizioni storiche e politiche per concedere l'amnistia o l'indulto. Anche in questo caso dobbiamo rispondere con un no secco. Ripeto: lo abbiamo
appena approvato nel 2003 e sono usciti dal carcere 5936 detenuti. Mi sembra che questa sia già stata una risposta molto ampia secondo il mio punto di vista; anzi noi eravamo contrari anche a questo tipo di indulgenza e lo abbiamo sempre sostenuto.
Un altro problema di non poco conto che ha affrontato l'onorevole Pagliarini è che, oltre allo sconto della pena detentiva, è prevista anche l'eliminazione di sanzioni pecuniarie che i condannati sono tenuti a pagare allo Stato; anche questo mi sembra che sia un modo non corretto di portare avanti queste iniziative, perché se uno è fortunato e capita in un periodo in cui magari può usufruire dell'indulto o dell'amnistia e non paga la sanzione, arrecando anche un danno pecuniario, mentre se uno è sfortunato si vede costretto a pagare. Vi è, quindi, anche una diversità di trattamento che, secondo il mio punto di vista, è incostituzionale, soprattutto nei confronti dei detenuti che hanno anche sostenuto e già scontato la pena.
Oltre a queste motivazioni ve ne sono anche altre, perché, ad esempio, bisogna considerare anche chi tra le Forze dell'ordine è costretto a prendere iniziative rischiose tutti i giorni e vede poi i delinquenti rimessi in libertà con un colpo di spugna. Personalmente, ricordo di aver subito una rapina e sono stato anche trascinato via con la macchina dei rapinatori. L'impressione è stata molto negativa ed il fatto che si trattasse di persone senza alcuna sensibilità mi è stato confermato successivamente, quando sono stato chiamato a testimoniare ad un processo in cui questi stessi rapinatori un mese dopo, durante un'altra rapina, avevano ucciso un carabiniere delle Forze dell'ordine.
Queste sono considerazioni che devono essere fatte e per tutti questi motivi la Lega Nord voterà contro questi provvedimenti.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Parolo. Ne ha facoltà.
UGO PAROLO. Presidente, aggiungere considerazioni a quelle che sono già state fatte è molto difficile perché è già stato detto di tutto riguardo all'argomento che stiamo trattando. Vorrei allora fare alcune considerazioni, sempre attinenti ovviamente all'argomento che stiamo trattando, ma di carattere più generale. Cercherò allora di rispondere a voce alta ad una domanda che, secondo me, ci siamo fatti in tanti dentro questa aula, all'interno sia della maggioranza che dell'opposizione, ma credo che questa domanda se la siano fatta anche i cittadini che stanno seguendo i lavori parlamentari.
Per quale motivo, a fronte di pochissime sedute che rimangono da svolgere in Assemblea prima della chiusura della legislatura, il Parlamento si è impaludato in questa discussione che sta sottraendo tempo prezioso, il poco tempo che rimane, ai lavori parlamentari? Qual è la logica che può indurre la maggioranza soprattutto e l'opposizione - la logica di quest'ultima si comprende di più - ad utilizzare le pochissime sedute rimanenti del Parlamento per trattare di un argomento che, com'è noto, non porterà consenso elettorale? A meno che non si voglia pensare che 50 mila o 60 mila detenuti più qualche parente possano influenzare il voto di 50 milioni di cittadini; ciò, anche solo in termini di semplice proporzione numerica, mi parrebbe veramente inverosimile. Rispondere a questa domanda è sinceramente molto difficile; sono due giorni che ci penso e non sono riuscito ancora a darmi una risposta.
Nel corso degli ultimi giorni della scorsa legislatura ero presente in Assemblea e ricordo benissimo come utilizzò quel poco tempo rimanente l'allora maggioranza di centrosinistra. Il centrosinistra utilizzò quei pochi giorni disponibili per eliminare, ad esempio, i ticket sui medicinali, provocando un deficit di bilancio per tutte le regioni a cui poi il successivo Governo della Casa delle libertà ha dovuto far fronte. Ma, al di là del comportamento certamente disdicevole dal punto di vista delle responsabilità, quella del centrosinistra fu una scelta che ha portato indubbiamente, almeno nelle loro speranze, consenso. È evidente, infatti, che quando si
danno i medicinali totalmente gratis ai cittadini, i quali si aspettano legittimamente di avere il più possibile e senza spendere dallo Stato, non si può che ricevere da essi consenso.
Il centrosinistra di allora, sempre negli ultimi giorni della scorsa legislatura, varò la riforma costituzionale, approvata, lo ricordo, con un colpo di mano, con soli quattro voti di scarto. Un centrosinistra che agì incurante delle proteste dell'allora opposizione di centrodestra e completamente immune dalle critiche che provenivano dai settori della società civile scandalizzati per il modo in cui si procedette a modificare la Carta costituzionale. Il centrosinistra, in quell'occasione, fece quella riforma sulla base di un calcolo preciso: cercare di intercettare i voti degli elettori del nord, i voti della Lega Nord, i voti di quegli elettori che cercavano una speranza di cambiamento nel paese. In altre parole, il centrosinistra fece quella riforma seguendo una logica politica.
Cito un altro esempio. Sempre negli ultimi giorni della scorsa legislatura i ministri del centrosinistra utilizzarono tutto il loro tempo a disposizione per riempire i ministeri e ogni apparato statale di uno stuolo di dirigenti ministeriali cosiddetti di area. Ricordo benissimo le famose assunzioni che furono fatte a spron battuto, anche a Camere già sciolte, per lasciare un degno ricordo a chi sarebbe poi venuto dopo ed avrebbe dovuto lavorare in quei ministeri.
Quelli citati sono sicuramente comportamenti disdicevoli dal punto di vista dell'etica politica, ma hanno una logica e un senso per chi fa politica in modo cinico. Ciò detto, mi chiedo qual è la logica che guida la Casa delle libertà, che si è impantanata in questa avventura. Questa logica non riesco a comprenderla e non riesco neanche a capire che cosa ci possa spingere a fare queste anziché altre cose nelle poche sedute parlamentari che ci rimangono prima della fine della legislatura e che sarebbero senz'altro utili per i cittadini. Perché anteporre il provvedimento di amnistia e di indulto a quello sulla legittima difesa? In ciò, a mio avviso, non c'è una logica, a meno che non vi siano altri motivi che in questo momento a me sfuggono. Comunque, sia noi della Lega Nord Federazione Padana sia gli amici di Alleanza nazionale non intendiamo condividere dal punto di vista politico questa scelta. Noi, insieme ad Alleanza nazionale, abbiamo fatto sapere chiaramente al paese che non intendiamo accettare e condividere la scelta di portare avanti il provvedimento in tema di amnistia e di indulto.
Sappiamo bene, peraltro, che l'amnistia, in questo caso, sarebbe di mera facciata, perché sarebbe riferibile al 2001 e gli effetti sarebbero, ovviamente, molto limitati. Quindi, più che di uno strumento per risolvere i problemi, si tratta di un modo per lavarsi la coscienza e, forse, per prendere in giro chi ha legittime aspettative al riguardo.
Entrando nel merito, mi sembra che un aspetto della questione non sia stato ricordato adeguatamente. I due provvedimenti di clemenza interesserebbero soltanto una parte delle persone detenute in carcere ed escluderebbero, in modo del tutto paradossale, proprio quelle alle quali dovremmo rivolgerci in via prioritaria. Mi riferisco alle persone che sono in carcere in attesa di processo. In un paese civile, queste dovrebbero costituire la parte minoritaria, quasi insignificante, della popolazione carceraria. In Italia, invece, le persone detenute in carcere in attesa di giudizio costituiscono una quota rilevantissima: sono quasi il 50 per cento o, comunque, si avvicinano alla metà dei detenuti.
Ebbene, noi dimostriamo sensibilità, come è stato affermato rievocando anche le parole del Papa, e siamo disposti a prestare attenzione ai carcerati, ma non a quelli tra loro che potrebbero essere innocenti non soltanto di fronte alla legge, ma anche nella sostanza! I provvedimenti di cui ci stiamo occupando non interessano, infatti, quei cittadini detenuti che, dal punto di vista delle norme, sono innocenti fino alla sentenza di condanna definitiva e che potrebbero essere innocenti anche sul piano sostanziale. Questa è
veramente un'ingiustizia! Altro che giustizia! Questa è un'ingiustizia con la «i» maiuscola!
Siamo di fronte ad una situazione determinata dalla paralisi del sistema giudiziario. Se proprio volessimo dare un aiuto a queste persone, dovremmo escogitare tutti insieme, destra e sinistra, in questi ultimi giorni della legislatura, un provvedimento legislativo che possa far celebrare i processi che sono attesi da anni. I cittadini vengono dapprima detenuti per un tempo anche abbastanza lungo, senza avere la possibilità di vedere celebrati i processi che li riguardano; poi, vengono scarcerati per decorrenza dei termini; quindi, devono aspettare dieci, quindici o venti anni per ottenere una sentenza definitiva di assoluzione!
Allora, dovremmo concentrarci anzitutto sui problemi che riguardano i cittadini potenzialmente onesti di fronte alla giustizia, di fronte alla società italiana e, magari, anche nei fatti. Poi, volendo, potremmo concentrarci sui problemi dei cittadini che, invece, si trovano in carcere dopo essere stati giudicati con sentenza definitiva e che, quindi, di fronte alla giustizia sono colpevoli.
Signor Presidente, a queste considerazioni e domande non ho trovato risposte negli interventi succedutisi in questi giorni, che hanno rafforzato la nostra contrarietà alla scelta che è stata effettuata. Mi rivolgo agli amici di Forza Italia ed a quelli dell'UDC: possibile che non riusciamo a capire che una maggioranza dovrebbe utilizzare gli ultimi giorni della legislatura per dare risposte concrete ai bisogni del paese? Dovremmo fare le cose che i cittadini si aspettano dai loro governanti.
Il Governo dovrebbe lasciare un segno prima dello scioglimento delle Camere. Qual è il segnale che lasciamo noi? Quello di aver voluto fare una finta amnistia? Sappiamo bene come andrà a finire questo «teatrino»: tra un'ora, si chiuderà il sipario - possiamo anticiparlo - perché non ci saranno i numeri per portare avanti il provvedimento di amnistia. Quindi, avremo recitato, avremo soltanto fatto finta di voler dare una risposta!
Naturalmente, l'opposizione, che ha inscenato la rappresentazione, si assumerà la responsabilità di ciò che succederà di fronte al paese. Non potranno sottrarsi alle loro responsabilità neanche quelle frange della maggioranza che hanno assecondato la scelta: senza l'apporto di una parte della maggioranza, la rappresentazione non sarebbe neanche cominciata! Questo è il dato di fatto ed anche il dato politico che dobbiamo cogliere!
Davanti a queste considerazioni, ribadisco che rimango allibito. È legittimo che ogni maggioranza cerchi di utilizzare lo strumento che la democrazia mette a sua disposizione, vale a dire il Governo, per orientare verso di sé, in modo democratico, il consenso dei cittadini.
Credo che stiamo facendo esattamente l'opposto. Le regole della democrazia mi sembra si siano invertite.
Concludo, ritenendo che il mio pensiero sia stato espresso abbastanza chiaramente. Lascio queste mie osservazioni ai colleghi che vorranno riflettere e capire che, forse, da martedì prossimo in avanti dovremo utilizzare le sedute che restano per fare qualcosa di utile per i cittadini. Non possiamo fare cose tanto complicate, perché mancano circa venti giorni allo scioglimento delle Camere. Tuttavia, in venti giorni possiamo lanciare qualche segnale positivo e importante ai cittadini, tutti insieme, cari amici della Casa delle libertà. Forse sarebbe auspicabile, anche per far dimenticare queste due o tre giornate certamente non gloriose del nostro Parlamento (Applausi dei deputati del gruppo della Lega Nord Federazione Padana).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Kessler. Ne ha facoltà.
GIOVANNI KESSLER. Signor Presidente, innanzitutto voglio sottolineare la nostra soddisfazione per essere arrivati finalmente a discutere di amnistia e di indulto in Assemblea. Si tratta di qualcosa che tutti insieme avremmo dovuto fare ben prima di arrivare all'ultima ora della legislatura, anche in condizioni che non
sono non le più auspicabili per questa discussione importante. Alcune proposte di legge in materia di indulto erano state presentate già nel 2001 anche da deputati del nostro gruppo. Nel 2003 eravamo già arrivati, in sede di Commissione giustizia, ad un testo largamente condiviso in materia di indulto. Poi, nel dicembre 2003, la discussione e l'iter parlamentare di quel provvedimento, purtroppo, si bloccarono perché, per una scelta, a dire il vero, non nostra, si preferì optare per lo strumento del cosiddetto indultino, nella speranza di poter in tal modo arrivare più velocemente ad una risposta indulgenziale ai problemi connessi alla situazione carceraria. Tale provvedimento di legge, appunto quello relativo al cosiddetto indultino, secondo la maggior parte di noi non avrebbe necessitato la maggioranza dei due terzi dei voti per la sua approvazione.
Si sa come sia andata a finire. Alcuni di noi furono facili profeti nel dire che quel provvedimento non incideva sui nodi del problema ed era assolutamente inadeguato e limitato. Infatti, a distanza di due anni, ci troviamo a riprendere il discorso su di un atto di clemenza nei confronti di coloro che si trovano in carcere.
Dicevo che, comunque, è bene che si sia arrivati nella sede propria, cioè nell'Assemblea della Camera dei deputati, in cui ciascuno può esprimere apertamente e direttamente le proprie posizioni e, soprattutto, con il voto può assumersi le proprie responsabilità. Finora, infatti, balletti tattici, qualche piccola ipocrisia e tanto populismo hanno danneggiato questo dibattito. È ora di lasciarli da parte. È giunto il momento che ogni gruppo parlamentare assuma una propria posizione con un voto che sia chiaro e attenga al contenuto della proposta. Questa è anche la posizione del gruppo dei Democratici di sinistra, che illustro brevemente, una posizione che guarda al contenuto della proposta. Ribadisco che il nostro gruppo è favorevole ad un atto di clemenza nei confronti dei detenuti e lo è, coerentemente, già da alcuni anni, cioè da quando abbiamo presentato alcune proposte di legge di indulto alla Camera. Il nostro gruppo è favorevole, non solo e non tanto per una sorta di generico buonismo e, men che meno, per chissà quali interessi di fine legislatura - come ha affermato l'onorevole Parolo - che ci muoverebbero a chiedere un atto di clemenza.
Non sono certo gli interessi elettorali quelli cui noi guardiamo in questo momento con riferimento a questo provvedimento; forse, alla facile demagogia ricorre proprio chi fa uno stantio e solo propagandistico ostruzionismo. Noi agiamo prima di tutto per ragioni di giustizia e di umanità, valori nei quali ritengo tutti ci riconosciamo; valori che valgono per tutti, anche per quanti si trovino in carcere per comportamento giudicato penalmente rilevante con sentenza definitiva.
Anche i detenuti, infatti, sono persone cui si applicano i principi di umanità e di giustizia, come dichiara, peraltro, la nostra Costituzione; ma oggi, colleghi - in questi anni, in particolare -, chi è in carcere non soffre solo per la pena della privazione della libertà legittimamente inflittagli da un tribunale. Il detenuto italiano è sottoposto, oggi, ad un supplemento di sofferenza che gli deriva dalle condizioni in cui le nostre carceri si trovano: condizioni da tutti descritte come assolutamente inadeguate; condizioni di sovraffollamento, dove sovente non vengono rispettati quei minimi diritti che devono essere garantiti anche alle persone detenute. I diritti relativi alla dignità della persona, anche se detenuta, non sempre sono rispettati a causa della situazione in cui oggi versano le carceri italiane. Non è dunque giusto che, per le nostre mancanze, per quelle del nostro sistema o dell'amministrazione penitenziaria, nonché per le scelte legislative sbagliate compiute da questo Parlamento anche in questa legislatura, ebbene, non è giusto che per tali motivi i detenuti debbano soffrire ulteriormente rispetto alla pena legittimamente inflittagli.
Colleghi, noi variamo leggi come la Bossi-Fini, la quale, prevedendo che venga detenuto ogni cittadino straniero che non risponda all'obbligo di rimpatrio, contribuisce a far sì che le carceri «scoppino»
di extracomunitari; variamo leggi come la cosiddetta ex Cirielli, provvedimenti che lo stesso ministro della giustizia riconosce come ingestibili dal sistema carcerario. Ebbene, non possiamo però fare ricadere le nostre colpe - quelle del sistema o quelle legate alle vostre scelte legislative - sui carcerati, che hanno diritto come tutti a condizioni di vita degne, al rispetto della loro dignità anche nella loro situazione di detenuti.
Ecco perché noi, in ragione di una scelta eccezionale di giustizia e di umanità nei confronti dei detenuti - che oggi, in carcere, non possono godere, e non per colpa loro, di una situazione di rispetto dei loro diritti e della loro dignità -, siamo favorevoli alla misura di clemenza eccezionale dell'indulto. Certamente, tale misura non è «la» soluzione; è piuttosto un tampone eccezionale per una situazione altrettanto eccezionale che noi abbiamo determinato.
Una soluzione potrebbe essere, invece, abrogare le leggi testé citate, nonché altre che inutilmente scelgono quale strada maestra della politica criminale quella della carcerazione. Tale strada, invece, è assai spesso sbagliata.
Una soluzione potrebbe, altresì, essere quella di investire nelle misure alternative alla pena, vale a dire investire nei servizi sociali carcerari del Ministero della giustizia, nel rendere possibile il percorso di recupero dei carcerati per evitarne anche, poi, la recidiva. Ma oggi, un provvedimento di clemenza nei confronti dei detenuti e di chi soffre in carcere, ingiustamente e per colpa nostra, è un atto, in qualche modo risarcitorio, di giustizia e di umanità.
Ecco perché noi Democratici di sinistra, come tutto il centrosinistra, siamo favorevoli all'indulto « senza se e senza ma», colleghi di Forza Italia!
Diverso è il discorso sull'amnistia: in questo caso, mi rivolgo a tutti, compreso chi, fuori da questo Parlamento, ha invocato l'amnistia come la soluzione dei problemi carcerari. Infatti, va detto molto chiaramente a chi non lo sa che l'amnistia non è un atto di clemenza e che non ha nulla a che vedere con la situazione carceraria. Ciò perché l'approvazione dell'amnistia non incide in alcun modo né sul sovraffollamento carcerario, né sulle condizioni di vita dei detenuti, e non determina assolutamente la liberazione di detenuti condannati in via definitiva.
L'amnistia, invece, come sappiamo - ma dobbiamo dirlo a chi non lo sa -, cancella i processi, nonché le indagini in corso per una serie di reati. L'amnistia, in altri termini, rappresenta un «colpo di spugna» giudiziario su una serie generalizzata di reati. Certo, non si tratta di reati gravissimi, ma sono fatti che sono comunque importanti per la vita sociale: pensiamo, ad esempio, alle truffe, alle appropriazioni indebite ed a tanti altri reati che, qualora dovesse passare l'amnistia, non verrebbero più perseguiti nei tribunali, e non sarebbero nemmeno più indagati dalla magistratura.
In questo modo, non si renderebbe giustizia alle vittime del reato e, ancora una volta in questa legislatura...
PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, vi prego di fare un po' di silenzio, per cortesia!
GIOVANNI KESSLER. Credo che forse i colleghi dovrebbero risolvere i problemi del centrodestra non in aula, ma (Commenti dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale)... Scusate, ma è un po' di tempo che parlo assistendo alle vostre liti «in diretta» (Commenti dei deputati dei gruppi di Alleanza Nazionale e della Lega Nord Federazione Padana)...!
PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, per cortesia! Il collega stava parlando serenamente, ma c'era un po' di rumore (Commenti)! Io stesso ho richiamato l'esigenza di prestare un ascolto sereno!
Prego, onorevole Kessler, prosegua pure il suo intervento.
GIOVANNI KESSLER. La ringrazio, signor Presidente. Come dicevo, l'amnistia non influisce in alcun modo sulla situazione dei detenuti in carcere che ho appena descritto e che necessita - quella sì!
- di un intervento legislativo. Essa rappresenta un «colpo di spugna» giudiziario e fa venir meno una richiesta di giustizia proveniente sia dalla società, sia dalle stesse vittime dei reati, che verrebbero pretermesse dall'amnistia stessa poiché, in questo modo, i loro diritti non verrebbero riconosciuti.
A tutto concedere, l'amnistia può essere definita un atto di politica giudiziaria. Infatti, alcuni dei suoi sostenitori in quest'aula l'hanno invocata poiché libererebbe gli armadi dei pubblici ministeri e dei giudici, consentendo loro di dedicarsi più velocemente ai processi non coperti da amnistia: si tratterebbe, come dire, di una misura di «velocizzazione» della giustizia.
Sarebbe certamente una misura tampone, e non rappresenterebbe un intervento strutturale di snellimento dell'attività giudiziaria. Allora, chiamiamo le cose con il loro nome: l'amnistia non è un atto di clemenza! Tutt'al più, essa può essere ritenuta un atto di clemenza per i giudici e per i pubblici ministeri; ma onestamente, onorevoli colleghi, lasciatemi dire che, oggi, non vi è bisogno di un atto di clemenza anche per i magistrati inquirenti e giudicanti! Vi è bisogno, invece, di giudici e di pubblici ministeri che svolgano bene il loro lavoro, senza interferenze esterne, come dimostrano quotidianamente di saper fare.
Non dobbiamo interferire per legge ancora una volta, in questa legislatura, per bloccare uno o più processi, oppure una generalità di procedimenti. Semmai, un'amnistia potrà essere concessa se risulterà collegata ad una riforma strutturale della giustizia, così come venne fatto in occasione dell'approvazione dell'ultimo provvedimento di amnistia, nel 1989, funzionale all'entrata in vigore del nuovo codice di procedura penale.
L'amnistia stessa, tuttavia, non può essere ritenuta una misura strutturale per far funzionare la giustizia: semmai, ripeto, può essere considerata ammissibile qualora fosse collegata ad una proposta di riforma generale della giustizia, e solo in quel caso, allora, potrebbe essere giudicata accettabile. Ecco perché noi siamo contrari all'amnistia e voteremo contro questi primi articoli di amnistia, votando a favore dell'emendamento soppressivo, per ragioni, che ho cercato di spiegare, di merito e solo di merito. Ecco perché, invece, voteremo convintamene a favore dell'indulto e spero che, in quest'aula, tutti i gruppi parlamentari si prendano la responsabilità, con il loro voto, di votare per ragioni di merito, non per ragioni di tattica o per ragioni di ipocrisia per poi dare la colpa gli uni agli altri.
Credo che, non solo i detenuti, ma tutta l'opinione pubblica e tutti i nostri elettori meritino questa attenzione e questa sincerità anche da parte nostra.
PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, per motivi tecnici e anche personali, sospendo brevemente la seduta (Applausi).
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