Allegato B
Seduta n. 726 del 27/12/2005
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INTERROGAZIONI PER LE QUALI È PERVENUTA
RISPOSTA SCRITTA ALLA PRESIDENZA
AMORUSO, GIRONDA VERALDI, MAGGI e GALLO. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
l'Associazione studi e ricerche per il Mezzogiorno ha pubblicato un rapporto dal quale si evince che nel contesto internazionale il sistema portuale del Sud Italia soffre tuttora di gravi carenze;
i porti presi in considerazione dallo studio - Bari, Gioia Tauro, Napoli, Salerno e Taranto (dai quali passa il 28 per cento della movimentazione di merci dell'intera Italia) - mostrano lacune per lo stato delle infrastrutture, le strategie di crescita del traffico e le politiche di sviluppo degli affari;
tale stato dei fatti, se rispondente al vero, danneggia gravemente un Paese come l'Italia che ha più di seimila chilometri di coste e si trova al centro dei commerci del Mar Mediterraneo;
i porti del Mezzogiorno soffrono particolarmente la concorrenza di quelli del Nord Europa (Amburgo, Anversa e Rotterdam in testa) che, dall'alto delle loro dimensioni e capacità economiche, stanno monopolizzando la ricezione delle merci che giungono via mare dall'emergente Cina;
particolarmente strategico è il porto di Bari - vera porta d'accesso all'Italia per le merci da Grecia, Turchia e Medio Oriente - per il cui stato di salute, in occasione delle recenti celebrazioni dei suoi 150 anni di attività, gli operatori marittimi pugliesi hanno insistito sulla necessità di aumentarne l'integrazione col tessuto socio-economico della città attraverso il completamento del nuovo piazzale nell'area Pizzoli-Marisabella e la capacità di ricezione commerciale a fronte del settore passeggeri (pari a 1.339.646 nel 2004) che sta invece registrando buone performance;
sempre con riferimento alla Puglia, un recente studio del Censis ha messo in evidenza il forte stato di sofferenza patito dai porti di Brindisi e Taranto;
alla luce delle richiamate premesse appare chiaro come l'economia del Mezzogiorno, ancora molto dipendente dalle attività marittime, possa soffrire gravi conseguenze per il suo complessivo stato di salute -:
quale sia il volume delle merci trattate dai citati porti del Mezzogiorno, sia in termini assoluti che in termini percentuali rispetto ai porti del Nord Europa;
quali iniziative normative e operative ritenga di adottare a sostegno della portualità del Mezzogiorno;
in particolare per quanto riguarda i porti di Bari, Brindisi e Taranto quali siano gli attuali programmi di investimenti e progetti.
(4-15692)
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Risposta. - In merito a quanto evidenziato con l'atto ispettivo in esame, si rappresenta che relativamente al Porto di Bari e, in particolare per il nuovo piazzale nell'area Pizzoli-Marisabella, il completamento dell'opera, per un importo da progetto pari a circa 60 milioni di euro, sarà finanziato con somme che si renderanno disponibili non appena il Ministero dell'ambiente e tutela del territorio procederà alla valutazione di impatto ambientale.
Per quanto riguarda, invece, le iniziative operative da adottare a sostegno della portualità del Mezzogiorno con particolare riferimento ai porti di Bari, Brindisi e Taranto, si fa presente che nel programma triennale 2004/2006 sono stati previsti interventi di opere infrastrutturali per un importo complessivo di 33.050.000,00 euro e di opere di manutenzione straordinaria per un importo complessivo di 759.937,07 euro.
Nel programma operativo triennale 200/2007 sono invece previsti stanziamenti per circa 142 milioni di euro a valere sulla legge 166/2002 e per circa 22 milioni di euro a valere sugli ordinari fondi di bilancio.
Per completezza di informazione si allega un prospetto recante i dati di traffico relativi ai porti di Bari, Taranto, Salerno e Gioia Tauro. (Allegato disponibile presso il servizio Assemblea).
Il Viceministro delle infrastrutture e dei trasporti: Mario Tassone.
AMORUSO. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
il 27 settembre 2005 la Lega Nazionale per la Democrazia, il partito che si oppone al regime comunista del Myanmar, ha compiuto il 17o anno di vita;
per questa occasione, il partito guidato dal premio Nobel per la pace (più volte arrestata e incarcerata dal regime birmano) Aung San Suu Kyi ha lanciato un nuovo appello alla comunità internazionale ad intervenire sulle violazioni ai diritti umani che avvengono nel Myanmar: «Essendo membro delle Nazioni Unite, il Myanmar ha l'obbligo di seguire le raccomandazioni dell'Assemblea generale, delle sue agenzie e del segretario generale»;
il problema è che finora il regime birmano è sempre stato sordo a qualunque tipo di richiamo, dalle risoluzioni della Commissione per i diritti umani dell'ONU ai documenti emanati dal Parlamento europeo, fino alle numerose interrogazioni presentate e approvate nel Parlamento italiano;
la situazione dei diritti umani nel Myanmar sta assumendo contorni drammatici: secondo l'ultimo rapporto di Amnesty International ogni giorno sono chiusi in carcere mediamente 1.100 prigionieri politici;
perfino i Paesi dell'Asean si sono ribellati al regime birmano costringendolo, con un forte atto politico, a rinunciare al turno 2006 di presidenza dell'Associazione delle Nazioni del Sud-Est asiatico e a non poter svolgere questo ruolo fin quando la democrazia non avrà fatto progressi -:
a che punto sia il dialogo sui diritti umani tra il Myanmar da una parte, l'Unione europea e l'Italia dall'altra;
quali iniziative intenda adottare, in sede di Onu e Unione europea, per un'azione politica presso il Myanmar più forte e coesa di quanto avvenuto finora.
(4-17051)
Risposta. - L'Italia, sia a livello bilaterale che a livello multilaterale, in ambito Nazioni Unite, ASEAN (Association of Southeast Asian Nations) ed Unione europea, segue con costante attenzione la questione birmana, avendo ripetutamente richiesto il rispetto dei diritti umani ed un reale processo di democratizzazione in Myanmar (Birmania), nonché, fin dal 30 maggio 2003, la liberazione del Premio Nobel Aung San Suu Kyi, leader del partito di opposizione NLD (Lega Nazionale per la Democrazia).
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Il Governo italiano ha adottato numerose iniziative internazionali nei confronti della Giunta militare che governa la Birmania.
In ambito europeo, l'Italia ha contribuito direttamente, fin dal 1996, all'adozione di una Posizione Comune dell'Unione europea sulla Birmania, che prevede misure sanzionatorie. Tra queste si ritiene opportuno ricordare l'espulsione del personale militare addetto alle rappresentanze diplomatiche, l'embargo sulle armi, munizioni ed attrezzature, la sospensione dei programmi di sviluppo non umanitari, il congelamento di beni, il divieto di rilascio di visti per i vertici birmani, politici e militari, e loro familiari. È stato inoltre disposto che i Paesi membri UE non abbiano incontri ufficiali a livello politico con le autorità di Yangon. Tale Posizione Comune è stata ripetutamente modificata e rinnovata, sempre con il contributo del Governo italiano, ed è stata da ultimo confermata, il 25 ottobre 2004, con alcune ulteriori misure sanzionatorie, anche di natura economica. In aggiunta a questi strumenti giuridici di «secondo pilastro» (adottati ai sensi dell'articolo 15 del trattato sull'Unione europea), analoghi provvedimenti (Regolamenti CE) sono stati adottati da parte della Commissione europea per ciò che concerne gli aspetti di «primo pilastro».
Constatata l'assenza di progressi nel settore dei diritti umani, l'Unione europea ha deciso di presentare anche nel corso della sessione annuale della III Commissione dell'Assemblea Generale ONU di New York, una nuova risoluzione sui diritti umani nel Paese. Su iniziativa dell'Unione, la Commissione delle Nazioni Unite per i Diritti Umani di Ginevra, nel corso della sua sessione della scorsa primavera, ha peraltro già adottato - in analogia a quanto già avvenuto in passato - una risoluzione di condanna di Myanmar per gravi violazioni dei diritti umani e delle libertà fondamentali.
Sempre a livello multilaterale, il Governo italiano continua ad avere un ruolo attivo sulla questione anche in ambito Nazioni Unite; l'Italia partecipa, infatti, al Gruppo di Lavoro informale sulla Birmania e mantiene regolari contatti, sostenendone l'operato, con il Rappresentante Speciale del Segretario Generale, l'Ambasciatore Razali Ismail, e con Paulo Sergio Pinheiro, Special Rapporteur per la situazione dei diritti umani in Myanmar, che ho io stessa incontrato a New York nel mese di ottobre.
A tal riguardo il nostro Paese ha seguito anche con particolare interesse lo svolgimento della recente visita in Myanmar dell'Inviato Speciale del Segretario Generale, Ali Alatas, con l'auspicio che essa possa aprire un qualche nuovo spiraglio nei rapporti delle Nazioni Unite con la Giunta militare. L'Italia continua a fornire, inoltre, il proprio sostegno all'ILO (International Labour Organization) ed a condannare l'uso del lavoro forzato da parte del regime birmano.
Sul piano bilaterale, infine, il Governo italiano ha svolto e continua a svolgere un proprio ruolo in relazione alla situazione birmana. L'Italia è uno dei soli quattro Paesi europei rappresentati diplomaticamente a Yangon, nella convinzione che i canali diplomatici assicurino, comunque, un contatto diretto e non filtrato con quella difficile realtà.
Nel dicembre 2003 a Bangkok io stessa ho rappresentato il nostro Paese al Forum internazionale sulla Birmania, denominato «Bangkok Process», tentativo di soluzione diplomatica della questione, promosso dal Governo tailandese.
Il Governo italiano inserisce sistematicamente la questione birmana negli argomenti discussi con gli interlocutori asiatici. In particolare, nel corso del 2004 e del 2005, nella mia veste di Sottosegretario agli Esteri competente per l'Asia, ho avuto numerosi colloqui sul tema con l'Ambasciatore Razali, con i Ministri degli Esteri di Thailandia, Malaysia, Vietnam, Indonesia e Filippine e con esponenti del Parlamento e del Governo in esilio birmano, nonché consultazioni dirette con i miei omologhi europei.
Analoghi colloqui dedicati al Myanmar hanno luogo in occasione delle visite di personalità del Sud Est asiatico in Italia. Inoltre si è provveduto a convocare, a più
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riprese, l'Ambasciatore di Myanmar a Roma per esprimere la forte preoccupazione e il grande disappunto del Governo italiano per la situazione interna del Paese, per la mancanza di reali passi in avanti nella democratizzazione e nella riconciliazione nazionale e per il reiterato atteggiamento di chiusura delle Autorità birmane.
In particolare, la privazione della libertà del Premio Nobel Aung San Suu Kyi, è per noi una questione di grande rilievo: di recente, da ultimo durante il dibattito svoltosi in Consiglio di Sicurezza sul tema «Donne, pace e sicurezza» del 27 ottobre, ma anche in occasione del Vertice UE-ASEAN di Jakarta, e durante il Vertice ASEM (Asia-Europe Meeting) di Kyoto, ho richiesto l'immediata liberazione del carismatico leader politico birmano, ribadendo l'esigenza non più rinviabile di includere nel processo di democratizzazione birmana il principale partito di opposizione al regime, l'NLD. Le richieste italiane sono state avanzate in parallelo ad analoghi passi da parte europea nei confronti del Ministro degli Esteri birmano, U Wing Aung, cui è stata consegnata una lista di 90 prisoners of concern ed è stata sollecitata una accresciuta collaborazione con l'ONU.
Sempre nell'ottica di non lasciare intentata alcuna possibilità di veicolare alle Autorità birmane la nostra preoccupazione per la grave situazione dei diritti umani e delle libertà democratiche in Myanmar e di ottenerne qualche risposta positiva, il Ministero degli Affari Esteri ha recentemente disposto l'invio di una missione in Birmania del competente Capo dell'Ufficio Sud-Est Asiatico della Direzione Generale per l'Asia e l'Oceania, Consigliere d'Ambasciata Giuseppe Mistretta (stante il divieto di visite politiche derivante dalla citata Posizione Comune UE). Egli ha avuto gli scorsi 7 e 8 ottobre una serie di incontri sia con Autorità di Governo, che con i portavoce del principale partito dell'opposizione NLD. Nel corso della missione, il Cons. Mistretta ha altresì incontrato gli ambasciatori europei ed asiatici, nonché il Rappresentante dell'Inviato Speciale del Segretario Generale dell'ONU Razali, così come le principali ONG (Organizzazioni non Governative) operanti in loco. La missione italiana ha suscitato particolare interesse fra i Rappresentanti dei Paesi ASEAN, con i quali l'Italia ha mantenuto uno stretto coordinamento (oltreché con i Paesi UE, naturalmente) sulla questione birmana, nella convinzione che solo tramite un coordinamento fra le posizioni europee ed asiatiche possa scaturire una efficace pressione sulle Autorità di Yangon, affinché accettino di confrontarsi sulla situazione interna in Birmania, primo passo per cercare di favorire una qualche svolta democratica del regime.
A fronte di questa pressione internazionale si sono registrati solo alcuni incerti segnali da parte delle Autorità di Yangon, la cui effettiva portata resta peraltro da verificare a fronte del grave quadro in materia di diritti umani sopra delineato. Nel luglio scorso la giunta militare di Myanmar ha annunciato l'inizio del rilascio di un certo numero di detenuti, tra cui alcuni prigionieri politici. Questi ultimi - secondo il rapporto 2005 di Amnesty International - sarebbero oltre 1.300, come confermano anche i Capi Missione UE accreditati nel Paese
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Margherita Boniver.
ANNUNZIATA. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
nel mese di giugno 2003 la ITALFERR, società di ingegneria delle Ferrovie dello Stato, ha fatto pervenire ai comuni interessati lo stralcio del progetto preliminare relativo al quadruplicamento della linea ferroviaria Salerno-Battipaglia, affinché questi enti potessero effettuare le verifiche e gli adempimenti di cui al comma 5 dell'articolo 3 del decreto legislativo 20 agosto 2002, n. 180, rientrando l'opera tra quelle individuate dal 1 programma delle infrastrutture strategiche, approvato con deliberazione C.I.P.E. del 21 dicembre 2001, n. 121;
l'esame del suddetto progetto ha evidenziato una serie di interventi che, così
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come previsti, inciderebbero in maniera devastante sull'intero territorio dell'Agro Nocerino-Sarnese;
nelle conclusioni della relazione tecnica predisposta dall'ingegner Luigi Canale, dirigente del settore tecnico del comune di Nocera inferiore, si legge quanto segue: «Senza ombra di dubbio, questa nuova linea ferroviaria va ad infliggere una nuova e più profonda ferita ad una delle zone più produttive di tutto l'Agro Nocerino-Sarnese, con evidenti riflessi drammatici dal punto di vista ambientale e paesaggistico con l'ulteriore taglio a fette del territorio e la creazione di barriere, oserei dire montagne, che di fatto mineranno la continuità originaria producendo danni irreversibili e conseguenze estremamente negative sui collegamenti, sulle infrastrutture esistenti e sull'economia della zona. L'opera, così come prevista, inciderà in maniera fortemente negativa sull'equilibrio idrogeologico di tutta l'area, già pesantemente compromesso dalla realizzazione della linea "A monte del Vesuvio" che, come è noto, ha modificato sostanzialmente i livelli delle falde acquifere della zona, interferendo col sistema originario con inquinamenti e collegamenti delle falde profonde e superficiali. Infine, appare del tutto evidente l'impatto estremamente negativo sia sull'assetto urbanistico dell'area sia sull'economia dell'intera zona, il cui volano, per una ripresa significativa, era stato individuato nella nascita dei due poli industriali di Fosso Imperatore e di Casarzano, la cui attuazione diventa, alla luce di quanto sopra, evidentemente impossibile»;
la viva preoccupazione determinata dalle gravi interferenze ambientali, idrogeologiche ed economiche emerse dall'esame del progetto preliminare, ha indotto una mobilitazione generale di amministratori, forze politiche, imprenditori e rappresentanze cittadine;
il Consiglio Comunale di Nocera Inferiore, riunito in sessione d'urgenza in data 12 settembre 2003, ha espresso all'unanimità la propria ferma opposizione alla realizzazione di quest'opera, così come prevista. Altri comuni si apprestano ad adottare analogo provvedimento -:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti;
se non ritenga di intervenire in questa vicenda, per quanto di sua competenza, al fine di evitare danni irreparabili ad un territorio costretto a pagare un tributo altissimo in termini ambientali ed economici, a fronte di un beneficio che sarà rivolto esclusivamente al rilancio di altre zone del paese, vanificando gli sforzi e le ingenti risorse impegnate in quest'area negli ultimi anni per lo sviluppo del suo tessuto produttivo, sociale ed occupazionale.
(4-07547)
Risposta. - In merito all'interrogazione in esame, Ferrovie dello Stato Spa ha riferito che la legge del 21 dicembre 2001, cosiddetta «Legge obiettivo» ha delegato il Governo ad emanare uno o più decreti legislativi volti a definire un quadro normativo finalizzato alla celere realizzazione delle infrastrutture e degli insediamenti produttivi strategici e di preminente interesse nazionale per la modernizzazione e lo sviluppo del Paese.
Tali infrastrutture ed insediamenti strategici tra cui il «Quadruplicamento della linea Salerno-Battipaglia» sono stati individuati, in sede di prima applicazione, dal CIPE con delibera n. 121/2001.
Con il 41 decreto legislativo n. 190 del 20 agosto 2002, in vigore dal 10 settembre 2002, il Governo ha regolato la progettazione, l'approvazione dei progetti e la realizzazione delle infrastrutture in questione, stabilendo tra l'altro delle precise scadenze per l'inoltro al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e successiva approvazione del CIPE.
Il quadruplicamento della linea Napoli-Salerno-Battipaglia è un intervento previsto dal PGT e già inserito nel Contratto di programma 2001-2005 e, quale completamento della direttrice Napoli-Battipaglia, già interessata per il tratto nord Napoli-Salerno dalla realizzazione della nuova linea «a monte» del Vesuvio, realizza, tramite
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il raccordo con la linea Alta Velocità a Nord ed a Sud, il collegamento veloce Nord-Sud nella sua interezza.
Gli obiettivi specifici di progetto sono i seguenti: specializzazione dell'intera linea costiera Napoli-Battipaglia al traffico regionale, attraverso l'eliminazione del traffico merci e di parte del traffico a lunga percorrenza; contrazione dei tempi di percorrenza tra Roma e Reggio Calabria di circa 1 h e 20'; estensione delle capacità di trasporto prevista a Nord di Napoli, fino a Battipaglia, ovvero alla diramazione delle linee per Reggio Calabria e per Potenza-Metaponto, generale miglioramento della puntualità attraverso la specializzazione delle linee per tipologia di traffico; incremento dell'offerta commerciale, con particolare riguardo al settore merci.
Tra le principali finalità dell'intervento va inoltre evidenziata l'eliminazione dell'attuale rilevante criticità costituita dalla necessità, per i principali flussi nord-sud, di attraversare il nodo di Salerno, confluendo nella galleria Santa Lucia di sagoma limitata.
Il progetto, inoltre, prevede, come da disposto della legge 190/02, oltre gli elaborati progettuali, anche un completo studio di impatto ambientale, in cui vengono dettagliatamente affrontati e minimizzati gli aspetti legati all'ambiente ed al paesaggio attraversato.
In tale ambito sono stati evidenziati complessi vincoli infrastrutturali che hanno portato all'individuazione di un «corridoio» del tracciato nel primo tratto del suo sviluppo, e costretto all'abbandono di altre due possibili soluzioni: la prima con sviluppo in adiacenza all'attuale linea, in corrispondenza della galleria Santa Lucia, e con fruizione diretta della stazione di Salerno, si è dimostrata impraticabile per l'alta urbanizzazione del territorio; la seconda con sviluppo verso monte (in vicinanza della località Mercato San Severino), si è dimostrata non fattibile per motivi idrogeologici e per la presenza di falde acquifere di notevole entità, tecnicamente non gestibile sia in fase di realizzazione delle gallerie, sia ad opere ultimate.
Nell'ambito del corridoio in questione, sono stati eseguiti i seguenti interventi: sono stati garantiti tutti i collegamenti stradali e ferroviari esistenti, interferenti nell'esiguo tratto in rilevato previsto, con la previsione progettuale di sottopassi e cavalcaferrovia adeguati; sono state previste opere di mitigazione del rumore (barriere) e di riambientalizzazione del territorio interessato, sia nella fase di costruzione che di esercizio della nuova linea; sono state ampiamente studiate e minimizzate le problematiche relative all'assetto idrogeologico della zona di interesse; tanto da affermare che, utilizzando tecniche di scavo meccanizzato con fronte di pressione (scudo) e particolari costruttivi all'avanguardia (giunti di tenuta tra conci della galleria), le perturbazioni ai livelli di falda incontrati sono minime ed in molti casi del tutto nulle.
Per quanto concerne invece l'impatto dell'opera sull'assetto urbanistico dell'area e sull'economia della intera zona, si evidenzia che il tracciato proposto nasce nel rispetto di alcuni vincoli sul territorio ben definiti (presenza di infrastrutture stradali e ferroviarie, impianto di depurazione in località San Giorgio, sottostazione ENEL in prossimità del fiume Casarzano, eccetera), e che l'allineamento iniziale (punto origine) è imposto dall'esistenza di opere già realizzate da circa dieci anni sulla linea a monte del Vesuvio (spalla del viadotto San Valentino, punto di innesto, e la galleria artificiale di scavalco del binario dispari dell'interconnessione per Salerno).
Tale allineamento resta coerente con lo studio di fattibilità del prolungamento della linea a monte del Vesuvio fino a Battipaglia, presentato dalle Ferrovie dello Stato alla regione Campania, contestualmente alla richiesta di approvazione del progetto della linea a monte del Vesuvio (1987) e condiviso con delibera della regione Campania n. 7043 del 21 dicembre 1987 dove veniva stabilito: «di prendere atto dello studio di fattibilità intrapreso dall'Ente FS per la realizzazione del sistema AV sulla direttrice Roma-Napoli con arretramento a Battipaglia; di provvedere con successivo atto deliberativo alla presa d'atto del progetto
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di Alta velocità per la parte di tracciato interessante il territorio della Campania ivi compresi gli svincoli per Salerno e Battipaglia da un lato e per Napoli centrale e Roma dall'altro».
Attesa la necessità dell'allineamento del «quadruplicamento» alla linea a monte del Vesuvio nel sito già costruito, si deve rilevare che la zona industriale di Fosso Imperatore, i cui insediamenti sono stati avviati recentemente e non ancora completati, successivi alla realizzazione delle opere ferroviarie sopra citate, è a breve distanza alla zona di collegamento delle due linee e, pertanto, ne resta inevitabilmente interessata.
La problematica è stata comunque esaminata nel corso delle riunioni temute da Rete ferroviaria italiana Spa con la regione Campania, e questa con il comune di Nocera Inferiore e con l'Associazione industriali di Salerno, evidenziando le motivazioni ed i vincoli a base della scelta del tracciato.
In tali sedi Rete ferroviaria italiana Spa ha già dichiarato la disponibilità ad apportare in sede di progettazione definitiva miglioramenti al progetto, con un attraversamento a minor impatto (viadotto in luogo di rilevato) nell'impossibilità di modificarne la sostanza, a meno di notevoli costi per la collettività (derivanti dall'abbattimento di opere ferroviarie già realizzate, ritardi rilevanti nell'attivazione della linea a monte del Vesuvio, in fase avanzata di costruzione), e/o della riduzione delle caratteristiche prestazionali del nuovo collegamento.
Nel corso degli approfondimenti progettuali effettuati in relazione alle richieste di integrazione formulate sia dalla Commissione speciale di mutazione di impatto ambientale sia dagli enti territoriali e dall'assessorato ai trasporti della regione Campania è emersa la fattibilità di una nuova soluzione che limita l'impatto sul territorio dell'Agro Nocerino-Sarnese, nell'ambito del corridoio infrastrutturale originario.
La nuova soluzione ha origine dal Bivio Sarno, in corrispondenza circa dell'innesto della bretella di collegamento con la linea Codola-Sarno-Cancello, ed affianca la linea attuale fino al posto di movimento di Torricchio, che assume il ruolo di distributore del traffico merci e regionale sulla relazione Battipaglia-Marcianise, per poi allontanarsi dalla linea esistente e ricongiungersi al tracciato del progetto originario.
La nuova configurazione del progetto utilizza l'attuale bretella di collegamento con la linea Cancello-Sarno e non interessa più l'insediamento industriale di «Fosso Imperatore», zona in espansione ed oggetto di importanti investimenti pubblici e privati, risolvendo le criticità emerse nella fase istruttoria da parte della Commissione speciale VIA e della regione Campania.
Nel tratto centrale del progetto, in considerazione anche dei risultati delle indagini geognostiche di approfondimento eseguite ai fini idrogeologici, è prevista una variante planoaltimetrica che, localizzando più a nord il tracciato, consente di prevedere una fermata di interscambio con l'esistente linea ferroviaria Salerno-Mercato San Severino-Avellino, concretizzando così il collegamento trasversale con l'entroterra irpino richiesto dagli enti territoriali.
Infine, per ridurre le interferenze dell'interconnessione Battipaglia con le aree fortemente antropizzate di Bellizzi e Battipaglia, è prevista una variante di tracciato che trasla verso sud la linea attuale; la variante, necessaria per l'interconnessione Battipaglia e per costituire il futuro corretto tracciato della direttrice Napoli-Reggio Calabria, minimizza l'impatto sul territorio.
Tale nuovo progetto, che costituisce revisione di quello già consegnato al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti il 10 giugno 2003, con il relativo studio di impatto ambientale è stato trasmesso al medesimo Ministero ai fini dell'avvio della procedura per l'accertamento della compatibilità ambientale dell'opera e per il perfezionamento dell'intesa Stato-regione sulla sua localizzazione, in data 15 marzo 2005 ai sensi dell'articolo 3 del decreto legislativo n. 190/2002.
Da ultimo si rappresenta che il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti è in attesa di conoscere le determinazioni del Ministero dei beni culturali ed ambientali,
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del Ministero dell'ambiente e tutela del territorio nonché della Regione.
Il Sottosegretario di Stato per le infrastrutture e per i trasporti: Nino Sospiri.
ANNUNZIATA. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
il sistematico ricorso di Poste italiane S.p.A. allo strumento dei contratti a termine per il reclutamento di personale, ha determinato un impressionante contenzioso giudiziario costituito da circa 20 mila ricorsi che vedono, laddove conclusi, soccombere puntualmente l'azienda;
il costante impiego di lavoratori precari avvicendati sugli stessi posti di lavoro, anche per lunghi periodi di servizio, senza che nessuno venga assunto a tempo indeterminato, rappresenta, così come evidenziato dalla stessa Corte Suprema di Cassazione, una evidente violazione delle tutele di legge che prevedono, invece, l'eccezionalità e la straordinarietà del ricorso al lavoro a tempo determinato;
Poste Italiane S.p.A. continua, secondo l'interrogante inspiegabilmente, ad ignorare gli autorevoli pronunciamenti giurisprudenziali, insistendo in una auto-lesionistica resistenza giudiziaria dagli oneri finanziari incredibili che sicuramente si rifletteranno sui costi, sugli investimenti e sulla qualità del servizio;
appare, ancorché, disarmante l'atteggiamento del Governo, a parere dell'interrogante sostanzialmente pilatesco, che di fronte ad una gravissima situazione che investe i diritti dei lavoratori e la gestione di fondamentali servizi del Paese, ancora una volta, declina le proprie responsabilità di vigilanza sull'azienda dichiarandosi, appena pochi giorni fa, per il tramite del neo Ministro alle comunicazioni, On. Landolfi, incompetente ad intervenire nel merito della questione -:
se il Ministro in indirizzo, non ritenga, diversamente dal suo collega On. Landolfi, per le delicate prerogative del suo Ministero, intervenire sulla vicenda evidenziata in premessa al fine di evitare quelli che appaiono all'interrogante pericolosi precedenti di arbitrarie interpretazioni delle norme che tutelano il diritto al lavoro nel nostro Paese, specie nei processi di privatizzazione di grandi aziende pubbliche.
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Risposta. - In ordine alla interrogazione in esame, concernente i contratti a termine effettuati dall'Ente Poste Italiane, si fa presente quanto rappresentato al riguardo dalla direzione provinciale del lavoro di Roma.
In via preliminare, si precisa che le origini del contenzioso sulla materia in esame, vanno individuate nelle massicce assunzioni a termine effettuate, nel periodo 1997-2002, per far fronte ad una allocazione non ottimale delle risorse umane che aveva determinato importanti ripercussioni sul servizio erogato, nonché per accompagnare la fase di ristrutturazione e organizzazione aziendale.
L'azienda, a fronte di tale fenomeno, sta difendendo la propria posizione nelle sedi giudiziarie sostenendo la piena legittimità del ricorso ai contratti a termine.
La soccombenza nei giudizi ha, tuttavia, comportato la riammissione forzata di un rilevante numero di risorse che, nella maggioranza dei casi, non risulta possibile collocare nelle sedi in cui avevano precedentemente lavorato in virtù dei contratti a termine impugnati.
Tale situazione ha prodotto un significativo squilibrio occupazionale che ha imposto la necessità di ridistribuire sul territorio le unità risultanti «eccedentarie» verso strutture che presentassero maggiori margini di utilizzazione.
La società, riferisce, altresì, che a fronte di tale esigenza, nell'intento di affrontare il percorso di sviluppo aziendale secondo un moderno modello di relazioni industriali, nel luglio 2004 è stata raggiunta un'intesa con le organizzazioni sindacali avente ad oggetto il riequilibrio e lo sviluppo occupazionale. Nell'ambito di tale intesa è stato affrontato lo specifico tema della gestione
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degli effetti delle riammissioni del personale già assunto con contratto a tempo determinato, ciò al fine di un reimpiego in base alle effettive e verificate esigenze occupazionali dei ricorrenti (circa 2300) e ad una loro ricollocazione territoriale nella stessa provincia o nella stessa regione, o in regioni limitrofe.
L'azienda ha affermato che a decorrere dal gennaio 2003, anche alla luce delle nuove disposizioni di legge in materia, è stata operata una progressiva e consistente riduzione dell'attivazione dei contratti a tempo determinato, facendo ricorso per la soddisfazione del fabbisogno di personale flessibile all'istituto della somministrazione, come da accordo sindacale del dicembre 2002.
Il Sottosegretario di Stato per il lavoro e per le politiche sociali: Maurizio Sacconi.
BIMBI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
lo schema di decreto legislativo concernente le norme generali ed i livelli essenziali delle prestazioni sul secondo ciclo del sistema educativo di istruzione e formazione, ai sensi della legge 28 marzo 2003, n. 53 approvato dal Consiglio dei Ministri del 27 maggio 2005, è accompagnato da un allegato contenente i quadri orari dei futuri percorsi liceali;
dalla lettura dei quadri orari l'insegnamento della geografia è presente in diversi indirizzi ma sempre accorpato ad altri insegnamenti. In particolare, nel quadro orario relativo al futuro liceo economico l'insegnamento della geografia compare con la dizione Scienze naturali e Geografia e con la specificazione che Scienze naturali comprende l'insegnamento di Biologia, Chimica e Scienze della Terra. Il monte ore assegnato a questo insegnamento composito è di 2 ore settimanali nei primi 4 anni;
attualmente l'insegnante di Scienze naturali ha a disposizione 7 ore settimanali nel 1 biennio per svolgere gli insegnamenti di Biologia, Chimica e Scienze della Terra;
l'insegnante di Geografia economica opera nel triennio finale con 2 ore settimanali per ogni anno;
dal quadro orario previsto si desume che l'insegnamento della Geografia sarà devoluto agli insegnanti di Scienze e che scomparirà l'insegnamento della Geografia economica e la relativa classe di concorso (A039);
manca inoltre qualsiasi cenno sulle sorti dell'insegnamento della geografia nell'indirizzo turistico dove, a rigore, dovrebbe trovare spazio adeguato come disciplina fondamentale;
l'articolo 6 del decreto attuativo, con riferimento al liceo economico al punto 1 cita, tra l'altro, che «Il percorso del liceo economico ... fornisce allo studente le conoscenze, le competenze, le abilità e le capacità necessarie per conoscere forme e regole economiche, sociali, istituzionali e giuridiche, individuando la interdipendenza tra i diversi fenomeni e cogliendo i rapporti tra le dimensioni globale e locale»;
viviamo in un mondo dominato sempre più da relazioni globali ed in cui le relazioni sovranazionali sono sempre più determinanti a garantire il benessere del paese, appare quindi una scelta non coerente e assurda quella di marginalizzare o eliminare un insegnamento di cruciale valore formativo e, per quanto attiene al percorso economico, altamente professionalizzante come quello della geografia economica -:
in virtù di quanto sopra esposto, se non ritenga, in sede di discussione ed elaborazione dello schema di decreto legislativo, di promuovere iniziative dirette ad una più approfondita valutazione delle scelte riguardanti la materia di geografia economica;
quale sia la sorte degli insegnanti della classe di concorso A039 Geografia, qualora la materia venisse ridotta in tutti
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gli indirizzi e comunque affidata a docenti di altre classi di concorso (Lettere, Scienze).
(4-16168)
Risposta. - L'interrogante chiede iniziative dirette ad una più approfondita valutazione delle scelte riguardanti la geografia, ed in particolare, la geografia economica nei licei economici, atteso che il quadro orario del relativo percorso liceale, contenuto nell'allegato allo schema del decreto legislativo, concernente le norme generali ed i livelli essenziali delle prestazioni sul secondo ciclo del sistema educativo di istruzione e formazione professionale, che è stato approvato in prima lettura dal Consiglio dei Ministri il 27 maggio 2005, reca l'insegnamento della geografia con la dizione scienze naturali e geografia e non contiene l'insegnamento della geografia economica.
La questione riguardante l'insegnamento della geografia e della geografia economica nel liceo economico è stata superata nel senso auspicato dall'interrogante.
Infatti, il piano degli studi del liceo economico, così come configurato nell'Allegato C (Indicazioni nazionali per i piani di studio personalizzati dei percorsi liceali) al decreto legislativo 17 ottobre 2005, n. 226, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, Supplemento ordinario del 4 novembre 2005, valorizza opportunamente l'insegnamento della Geografia e della Geografia economica che è un insegnamento obbligatorio per tutti gli studenti, e quindi anche per coloro che optano per il settore turistico dell'indirizzo aziendale, prevedendo per tale insegnamento n. 66 ore di insegnamento annuale per quattro anni.
Gli obiettivi specifici di apprendimento per il primo biennio riguardano:
la terra come dimora dell'uomo;
la geografia della popolazione;
la geografia delle risorse economiche;
gli strumenti della geografia;
la geografia come disciplina cronospaziale.
Gli obiettivi specifici di apprendimento per il secondo biennio riguardano:
la geografia economica dell'Italia e dell'Europa;
la geografia dell'Unione europea;
le grandi aree regionali: America settentrionale e Asia orientale;
le grandi aree regionali: Nord Africa e Medio Oriente, Africa subsahariana, Asia meridionale, America Latina, Oceania;
geopolitica del mondo attuale;
il mondo globalizzato e i suoi squilibri.
Il Sottosegretario di Stato per l'istruzione, per l'università e per la ricerca: Valentina Aprea.
BORNACIN, LOSURDO, ASCIERTO, ANGELA NAPOLI, GAMBA, BUTTI, LA GRUA, MACERATINI, MEROI, CASTELLANI, GASPARRI, BRIGUGLIO, GIANNI MANCUSO, STRANO, MAGGI, PEZZELLA, PORCU, ONNIS, PATARINO, BELLOTTI, DELMASTRO DELLE VEDOVE, GALLO, AMORUSO, ROSITANI, GIORGIO CONTE, CARUSO, ANEDDA, ANTONIO PEPE, ARMANI, BENEDETTI VALENTINI, BUONTEMPO, CATANOSO, TAGLIALATELA, ARRIGHI, GIULIO CONTI, FATUZZO, GIRONDA VERALDI, LA STARZA e LEO. - Al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
secondo fonti giornalistiche negli ultimi tempi, sul territorio nazionale, si è registrata una escalation di atti criminosi da parte di nomadi di etnia Rom, non ultimo il tentato rapimento di un neonato di soli 5 mesi nel pieno centro cittadino di Firenze e le molte denunce di furti, scippi, borseggi e, talvolta, intimidazioni e percosse nel Tigullio genovese -:
se esistano dati ufficiali sul reale numero di presenze Rom in Italia e, in caso negativo, se non si reputi necessario
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adottare sistemi più concreti e sicuri per controllare l'ingresso, la permanenza e gli spostamenti sul territorio nazionale di queste popolazioni;
se non si reputi doveroso, al fine di salvaguardare la sicurezza dei cittadini, adottare misure più restrittive ed immediate nei confronti di quei nomadi la cui colpevolezza è stata accertata dall'Autorità competente ovvero provvedere allo sgombero cautelativo dell'intero campo o area ospitante chi delinque;
se non intenda procedere ad un monitoraggio delle somme destinate ai campi nomadi nelle diverse aree metropolitane del nostro paese.
(4-18148)
Risposta. - Va premesso, innanzitutto, che le questioni sollevate dall'interrogante sono indubbiamente complesse e investono le competenze del Ministero dell'interno, oltre a quelle di altri Ministeri e delle autonomie territoriali.
Tra queste, l'esigenza di conoscere dati sulla presenza di comunità nomadi sul territorio nazionale appare di particolare attualità come dimostrato anche dalla analoga proposta contenuta nel documento conclusivo dell'indagine conoscitiva sull'infanzia in stato di abbandono o semiabbandono approvato, il 15 novembre scorso, dalla Commissione parlamentare per l'infanzia.
Allo stato attuale, il Ministero dell'interno, tuttavia, non dispone di dati statistici in ordine alla effettiva consistenza numerica delle comunità Rom presenti su tutto il territorio nazionale, ma di dati talvolta disponibili su base locale, e quindi disaggregati, esclusivamente in ordine ai campi attrezzati dagli enti locali, come nel caso di Genova dove, nei tre insediamenti rom di varia etnia esistenti, sostano complessivamente all'incirca 160 persone.
Un «censimento» di questo tipo incontrerebbe, d'altra parte, obiettive difficoltà, tenuto conto che vi sono comunità nomadi di nazionalità italiana, che molte di esse non sono ospitate negli appositi campi predisposti dalle amministrazioni comunali, ma andrebbero rintracciate nei tanti «accampamenti» di fortuna, talora in gruppi molto piccoli, e che, infine, la stessa natura nomade dei soggetti interessati renderebbe fatalmente ben presto inattendibili i dati raccolti.
Non sono neppure disponibili statistiche in ordine alla «delittuosità» dei nomadi, costituendo, tale eventuale dato, un fattore di tipo «etnico» che perciò, nei sistemi informatici di raccolta dati delle Forze di polizia, non è oggetto di sistematica rilevazione, a differenza della nazionalità.
La legislazione italiana in materia di immigrazione è, inoltre, necessariamente informata, come noto, al principio dell'uguaglianza di tutti gli stranieri e, quindi, i Rom non di nazionalità italiana sono assoggettati al medesimo regime applicabile ad ogni altro straniero extracomunitario.
Per analoghe ragioni non possono svolgersi azioni di controllo costante di polizia sulle attività delle comunità in questione e sui loro spostamenti, che contrasterebbero, verosimilmente, con fondamentali diritti riconosciuti anche agli stranieri dalla Costituzione.
Vengono attuate, invece, forme di vigilanza e controllo calibrate, in ciascuna località, in relazione alle specifiche problematiche emergenti, secondo le valutazioni e le pianificazioni degli interventi decise, nelle rispettive sfere, dalle autorità provinciali di pubblica sicurezza e dalle amministrazioni comunali volta a volta interessate, attraverso i Corpi di polizia municipale.
Le fenomenologie criminali che vedono più frequentemente coinvolti nomadi Rom sono costituite, come è noto, dai reati contro il patrimonio, in particolare furti, truffe e rapine.
Per dare un segno concreto della costante attività di contrasto, si evidenziano alcune delle principali operazioni di polizia giudiziaria concluse nell'ultimo periodo dalla polizia di Stato.
Il 14 maggio del 2004 personale della questura di Milano ha eseguito il fermo di due nomadi sul conto dei quali erano stati acquisiti gravi indizi di colpevolezza per tentata rapina, resistenza e violenza a pubblico ufficiale; i due sono risultati coinvolti nell'investimento e nella successiva aggressione,
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avvenuta la settimana prima, di due operatori di polizia impegnati in un servizio di controllo del territorio nei pressi di un campo nomadi milanese.
Nel settembre dello stesso anno sono state eseguite importanti operazioni a Cosenza e a Padova.
Nel corso della prima sono state eseguite numerose perquisizioni domiciliari nei confronti di nomadi, che hanno portato al sequestro di 2,5 chilogrammi di hashish, preziosi per un valore di circa 20 mila euro e di 4 proiettili calibro 7.65; inoltre sono state individuate 5 donne di etnia rom responsabili di una rapina ai danni di un supermercato.
L'operazione svolta a Padova ha, invece, consentito l'arresto di due nomadi di nazionalità bulgara, ritenuti responsabili di acquisto di schiavi e favoreggiamento dell'immigrazione clandestina.
Il 20 ottobre 2004 sono state eseguite nelle province di Rovigo, Padova, Venezia, Reggio Emilia e Roma 13 ordinanze di custodia cautelare in carcere nei confronti di altrettante persone accusate di associazione per delinquere finalizzata alla truffa e alla ricettazione; il sodalizio aveva truffato varie compagnie assicuratrici simulando numerosi incidenti stradali ed era composto, in prevalenza, da nomadi-giostrai.
Nello stesso mese di ottobre, la questura di Vicenza ha arrestato 4 nomadi ritenuti responsabili di 38 episodi di furto aggravato (per lo più di autovetture), di ricettazione e di altri reati tra i quali un tentativo di rapina ai danni di un istituto di credito della provincia.
Nel corso del 2005, si segnalano, in particolare, gli arresti, eseguiti il 13 settembre in varie province siciliane, di 4 nomadi accusati di associazione per delinquere finalizzata alla commissione di furti e rapine in danno di abitazioni private nel territorio del comune di Augusta e zone limitrofe; inoltre, l'11 ottobre, a Verona, di altri due nomadi accusati di ingenti furti ai danni di un rappresentante e di un laboratorio orafo locali.
In relazione alla zona del Tigullio genovese, cui fa esplicito riferimento l'interrogante, la questura di Genova ha comunicato che, negli ultimi tempi, non sono stati segnalati reati di percosse o intimidazioni ad opera di nomadi.
Negli ultimi mesi, nell'area del Tigullio, e precisamente nella zona tra Rapallo e Lavagna, sono stati compiuti da giovani rom 4 furti che hanno condotto all'arresto di tre giovani donne della stessa etnia.
Sono stati, inoltre, segnalati, all'autorità giudiziaria, in stato di libertà, due nomadi, rispettivamente per furto e tentativo di furto posto in essere nella zona tra Chiavari e Lavagna.
Venendo, infine, alla richiesta di procedere ad un monitoraggio delle somme destinate ai campi nomadi nelle diverse aree metropolitane, le iniziative destinate alla realizzazione di insediamenti attrezzati per le minoranze nomadi, vertendo sull'impiego di risorse finanziarie, ricadono nell'ambito delle autonome scelte degli enti locali.
A seguito, peraltro, della riforma del Titolo V della Costituzione, che ha ulteriormente potenziato le prerogative delle autonomie locali, non appare possibile alcuna forma di sindacato né di rilevazione sulle modalità di impiego delle risorse finanziarie da parte degli enti locali nel senso auspicato dagli interpellanti.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Giampiero D'Alia.
CARDIELLO. - Al Ministro delle politiche agricole e forestali. - Per sapere - premesso che:
a seguito degli eventi atmosferici calamitosi avvenuti negli ultimi giorni in provincia di Salerno, gli olivicoltori hanno subito notevoli danni;
il contributo per la raccolta e la trasformazione viene erogato dall'AGEA in due tempi;
per l'anno 2003 la gran parte degli olivicoltori a tutt'oggi non ha ricevuto il saldo;
le associazioni di categoria interpellate dagli stessi, hanno riferito che negli anni 1998/1999 erroneamente furono versate
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somme maggiori, e che pertanto il saldo del 2003 non sarà versato a compensazione delle somme versate erroneamente -:
quali utili interventi intenda adottare il Ministro per il recupero del saldo della campagna 2003 a favore degli olivicoltori, e se risulti vero che l'AGEA di sua iniziativa ha compensato il recupero in eccesso delle campagne 98/99.
(4-17176)
Risposta. - Con riferimento a quanto rappresentato nell'interrogazione in esame ed, in particolare, ai pagamenti effettuati dall'Altea a favore dei produttori olivicoli per la campagna 2003/04, si fa presente che l'agenzia, con circolare n. 35 del 29 luglio 2005 (Gazzetta Ufficiale n. 180 del 4 agosto 2005), indirizzata a tutti i soggetti interessati, ha comunicato il superamento dei massimali di olio ammissibili ed il recupero delle maggiori somme erogate per le campagne 1998/1999 e 1999-2000.
Al riguardo, si ricorda che il regolamento 1638/98 del Consiglio del 20 luglio 1998 ha introdotto, a partire dalla campagna 1998/99, un quantitativo nazionale massimo garantito (Qnmg), come misura di stabilizzazione finanziaria, al fine di riequilibrare la crescita della spesa per la produzione dell'olio di oliva, determinata dall'incremento dei volumi prodotti nei principali Paesi produttori.
Per le campagne 1998/1999 e 1999/2000 la Comunità europea, con decisione della Commissione del 29 aprile 2005 (Gazzetta Ufficiale Comunità europea del 3 maggio 2005 n. L112) ha stabilito in via definitiva che i produttori italiani hanno superato il quantitativo nazionale massimo garantito, determinando l'avvio del procedimento di ricalcolo delle quantità effettivamente ammissibili all'aiuto per ciascun produttore.
Pertanto, è stato necessario ricalcolare la quantità ammissibile e rideterminare i relativi importi, spettanti a ciascun produttore per le campagne indicate in precedenza. Alla data della citata decisione comunitaria, gli aiuti, riferiti alle campagne olearie 1998/1999 e 1999/2000, erano stati da tempo erogati; pertanto, è stato necessario procedere al recupero della somma rideterminata a carico di ciascun produttore a partire ed a valere sugli aiuti ammessi per la campagna 2003/2004.
In fase di definitivo accertamento tecnico dei requisiti per le campagne 1998/1999 e 1999/2000, sulla base della quantità nazionale massima garantita, è stato ricalcolato il quantitativo di olio ammissibile all'aiuto e recuperata la somma erogata in eccesso.
L'Agenzia, non solo, attraverso la pubblicazione della circolare n. 35 del 29 luglio 2005 nella Gazzetta. Ufficiale, ha reso partecipi tutti i produttori interessati, nonché le unioni di produttori olivicoli, della decisione della Commissione europea, ma ha, altresì, operato in ottemperanza del dovere di comunicazione istituzionale.
Infatti, le Unioni nazionali, riconosciute ai sensi dell'articolo 10, comma 2, 3o trattino del regolamento CE 2261/1984 e successive modificazioni ed integrazioni, «ricevono dallo Stato membro interessato gli anticipi sull'aiuto alla produzione, nonché il saldo degli aiuti e procedono senza indugio alla loro ripartizione ai produttori membri delle organizzazioni che le compongono».
L'Agea, eroga, pertanto, gli aiuti calcolati ammissibili alle Unioni e comunica alle stesse nel dettaglio il calcolo degli importi spettanti e degli eventuali recuperi.
In ottemperanza della legge 24 del 1990, il relativo regolamento attuativo dell'Agea, all'articolo 4, comma 4, stabilisce che «per i procedimenti amministrativi ad istanza di parte, laddove la medesima risulti inoltrata tramite organismi mandatari, il provvedimento finale è comunicato al mandatario con effetto di adempimento nei confronti dei destinatari».
Le convenzioni in essere con le Unioni nazionali, all'articolo 16, penultimo capoverso stabiliscono che «l'Unione è obbligata a fornire al singolo socio dell'Associazione aderente, l'esatta indicazione delle somme versate, anche con riferimento a quanto previsto dal decreto del Presidente della Repubblica n. 727 del 1974».
Inoltre, l'articolo 26, ultimo comma, prevede che «l'Unione e le Associazioni
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aderenti per la parte di propria competenza, si impegnino a consentire ai soci che hanno presentato domanda di aiuto la partecipazione al procedimento ed il diritto di accesso ai documenti amministrativi, nelle forme e con le modalità previste dalla legge 7 agosto 1990, n. 241».
Alla luce di tali considerazioni e visto che l'Agea ha comunicato a tutte le unioni, per singolo produttore, l'ammontare degli importi recuperati ed il motivo del recupero, se ne desume che l'unione, a cui ogni singolo produttore aderisce, avrebbe dovuto fornire ogni adeguata delucidazione.
Il Ministro delle politiche agricole e forestali: Giovanni Alemanno.
CATANOSO. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
dopo i fatti accaduti il 23 luglio a Sharm el Sheik molti nostri connazionali, che avevano programmato di passare le vacanze nella località suddetta, hanno chiesto di annullare la prenotazione fatta in precedenza;
tale richiesta è pienamente motivata dall'evidente stato di pericolosità dell'area che al momento è sotto presidio militare e dai comunicati della Farnesina che sconsigliano di recarsi a Sharm el Sheik;
a fronte di alcuni operatori turistici che hanno dato prova della loro serietà e professionalità, rimborsando pienamente i clienti che hanno manifestato la volontà di recedere, ce ne sono altri che invece si ostinano a chiedere il pagamento della penale;
tale richiesta è al contempo a giudizio dell'interrogante iniqua e pericolosa, poiché da un lato fa pagare all'utenza situazioni di cui non ha colpa e dall'altro spinge coloro che non vogliono perdere i soldi della prenotazione a partire ugualmente e a recarsi in aree di evidente pericolosità -:
se il Governo non ritenga necessario e urgente adottare iniziative di carattere normativo volte a prevedere maggiori forme di tutela per i cittadini nei confronti degli operatori turistici, in ipotesi come quella descritta in premessa.
(4-16228)
Risposta. - Premesso che non si ha competenza nel rapporto tra Associazioni turistiche ed utenti, si segnala che il Ministero degli esteri svolge un ruolo di monitoraggio costante delle zone a rischio dei diversi paesi del mondo pubblicando, ove necessario, una raccomandazione volta a sconsigliare ai connazionali di recarsi in determinati territori.
La gran parte delle Associazioni di categoria dei tour operators italiani, laddove appare nel testo pubblicato dalla Farnesina la frase «si sconsiglia», adottano generalmente come prassi nei confronti dei propri consociati un rimborso spesa per lo meno parziale del costo del biglietto aereo e del pacchetto turistico oppure in alternativa propongono alte mete turistiche allo stesso prezzo in luoghi ritenuti più sicuri.
Più volte le Associazioni di categoria sopraindicate hanno segnalato iniziative nei confronti del Ministero per le attività produttive volte ad ottenere fondi governativi per sostenere gli oneri dei rimborsi ai clienti in casi di emergenza, chiedendo l'appoggio di questa Amministrazione.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Roberto Antonione.
COSTA. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
secondo una recente approfondita indagine, anche a carattere scientifico, il numero delle infezioni contratte da pazienti nel corso dei ricoveri in 400 ospedali italiani ammonterebbe annualmente a 700.000 unità: di questi, più di 5000, sempre annualmente, morirebbero proprio a causa delle infezioni contratte;
le statistiche dicono dunque che ogni ricoverato negli ospedali italiani ha forte probabilità di subire un'infezione anche grave;
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nel passato sono state assunte a livello regionale diverse iniziative destinate ad attivare in proposito i controlli -:
se il Ministro non ritenga di adottare al riguardo iniziative di coordinamento;
se vi siano iniziative in corso da parte del Ministero della salute;
se siano state eseguite verifiche volte ad individuare le cause prime delle infezioni, dal momento che si verificano duemila nuovi casi al giorno di infezioni, in grandissima parte curabili e guaribili senza conseguenze, ma in non pochi casi capaci di conseguenze serie, quando non mortali;
se sia da ritenersi semplicistico oppure corrisponda a verità che gran parte delle citate infezioni trae origine dalla mancata igiene delle mani da parte degli operatori sanitari;
se risulti che gli stessi operatori sanitari avrebbero mediamente cinque contatti al giorno con i pazienti senza lavarsi le mani, sia pure a causa dell'intensità del lavoro.
(4-14710)
Risposta. - Le infezioni associate all'assistenza sanitaria e socio-sanitaria (denominate «ospedaliere» -o «nosocomiali»), sono un insieme piuttosto eterogeneo di condizioni, sovente non prevenibili, diverse sotto il profilo microbiologico, fisiologico ed epidemiologico, le quali sono indicatori della qualità del servizio offerto ai pazienti ricoverati nelle strutture ospedaliere.
Tali infezioni hanno un elevato impatto sulla spesa sanitaria, incidendo significativamente sui costi sanitari e prolungando le degenze ospedaliere dei pazienti; inoltre esse influenzano in modo notevole la capacità dei presidi ospedalieri di garantire il ricovero di altri pazienti.
Il fenomeno delle infezioni ospedaliere è diffuso, in quanto legato alla circolazione ed alla capacità infettante di un numero elevato di microrganismi di varia natura (batterica, virale, fungina) circolanti in ambito ospedaliero, nonché, alla particolare suscettibilità che hanno i soggetti ospedalizzati, sottoposti a vario tipo di interventi diagnostici e terapeutici, nei confronti di questi agenti infettanti. Inoltre, dato l'elevato uso di terapie antibiotiche in ambito ospedaliero, i batteri che causano infezioni ospedaliere sono frequentemente resistenti ad uno o più antibiotici. Gli studi effettuati in alcuni Paesi hanno dimostrato la sussistenza di una frequenza delle infezioni ospedaliere, variabile dal 5 per cento o fino a più del 20 per cento dei soggetti ospedalizzati, soprattutto in dipendenza al reparto in cui sono ricoverati, cosa che a sua volta è indice della gravità della patologia trattata e della suscettibilità all'infezione.
Pertanto, la più alta frequenza di infezioni si verifica nei reparti di terapia intensiva, dove circolano anche batteri multiresistenti agli antibiotici Staphilococcus aureus meticillinoresistente, Pseudomonas spp., Escherichia coli e Acinetobacter baumanii).
Nonostante l'elevato impatto, sia sociale che economico, dovuto alle infezioni ospedaliere, i sistemi di sorveglianza e di controllo e le azioni per ridurne gli effetti sono ancora piuttosto disomogenei, da Paese a Paese e a livello nazionale, anche se negli ultimi anni sono stati messi a punto ed implementati numerosi programmi.
Gli studi effettuati indicano che è possibile prevenire il 30 per cento delle infezioni ospedaliere, con il conseguente abbassamento dei costi ed il miglioramento del servizio sanitario.
In Italia, stime recenti evidenziano che circa 500.000 pazienti, su 9 milioni e mezzo di ricoverati l'anno, sono affetti da un'infezione contratta in ospedale: vale a dire che una percentuale compresa tra il 5 e il 17 per cento dei pazienti ospedalizzati si ammala ogni anno di un'infezione e il 3 per cento ne muore. Setticemie, polmoniti, infezioni da catetere venoso centrale, infezioni urinarie e del sito chirurgico sono molto diffuse.
Mentre non ci sono misure che permettano di impedire del tutto le infezioni ospedaliere, esistono varie misure che ne possono diminuire incidenza e gravità, le quali ruotano attorno alle seguenti iniziative: approfondita conoscenza della diffusione
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degli agenti infettivi e delle patologie da essi provocate nelle diverse istituzioni ospedaliere. Ciò si traduce in una necessaria sorveglianza attiva in diversi ospedali e reparti; implementazione delle misure di igiene personale ed ambientale, con particolare riguardo al lavaggio delle mani del personale sanitario, nonché all'uso di tutti i dispositivi di protezione individuali e di contenimento della trasmissione di agenti infettivi (mascherine, camici, soprascarpe, guanti, ed altro); corretta gestione del paziente, con adozione rapida, se del caso, delle procedure di isolamento, nonché corretta implementazione delle procedure diagnostiche, di intervento chirurgico e terapeutico, con adozione degli standard previsti in merito all'uso dei cateteri, degli antibiotici, dei disinfettanti e delle modalità di sterilizzazione.
Queste misure devono essere coordinate; valutate nella loro efficacia e, se del caso, modificate dall'apposito Comitato di controllo per la lotta alle infezioni, presente in ciascuna struttura ospedaliera.
Peraltro, a seguito di un'indagine nazionale condotta recentemente dall'Istituto superiore di sanità, si è rilevato che solo nel 50 per cento dei 428 ospedali che hanno partecipato all'indagine è stato attivato detto Comitato.
Il Ministero della salute ha sempre posto particolare attenzione alle infezioni associate all'assistenza sanitaria e socio-sanitaria; sin dagli anni '80, infatti, sono stati prodotti documenti di indirizzo sulla lotta contro le infezioni ospedaliere, fornendo indicazioni organizzative e procedurali.
In Italia, inoltre, sono stati condotti numerosi studi di prevalenza (numero di casi presenti in una determinata popolazione e in un determinato momento) e di incidenza (numero di nuovi casi che si registrano in una determinata popolazione) che hanno riportato una frequenza non trascurabile di infezioni ospedaliere. Per tale motivo, la sorveglianza e il controllo delle infezioni associate all'assistenza sanitaria sono stati inseriti tra gli obiettivi del nuovo piano sanitario nazionale.
Il Centro per la prevenzione e il controllo delle malattie, istituito presso il Ministero della salute, ha avviato un importante progetto che prevede lo sviluppo di sistemi di monitoraggio delle infezioni associate alle diverse forme di assistenza sanitaria e socio-sanitaria residenziale e domiciliare, nonché la promozione dell'adesione a pratiche, assistenziali evidence based, attraverso: la diffusione di linee guida; la definizione di programmi formativi per il personale addetto al controllo delle infezioni, associate all'assistenza sanitaria e socio sanitaria; la realizzazione di programmi di comunicazione del rischio relativamente alle infezioni nelle strutture sanitarie e socio-sanitarie.
In data 13 ottobre 2005 è stata avviata la campagna contro le infezioni ospedaliere, promossa dall'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) con il programma «Global patient safety challenge 2005-2006».
L'Italia, che condivide e partecipa a tale iniziativa tramite l'attività istituzionale del Ministero della salute, si è impegnata a: monitorare accuratamente il profilo epidemiologico delle infezioni associate all'assistenza sanitaria; promuovere l'igiene delle mani, come uno dei metodi di controllo efficace di tali infezioni, attraverso campagne di sensibilizzazione, educazione e motivazione di tutto il personale sanitario.
Il Ministro della salute: Francesco Storace.
DEIANA. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
in data 28 gennaio scorso il servizio N.A.S. dei Carabinieri di Roma ha proceduto a un'ispezione igienico sanitaria nella sede del Day Hospital di Ginecologia dell'Ospedale San Camillo, diretto dalla dottoressa Giovanna Scassellati, dove vengono effettuati interventi di I.V.G.;
la struttura pubblica, per quanto appurato dalla stessa relazione estremamente dettagliata in ogni sua parte - ha messo in evidenza, perfino, come all'interno del reparto si trovino stampati opportuni depliant in diverse lingue per
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facilitare il rapporto di comunicazione con le donne extracomunitarie nell'ambito di un progetto di prevenzione dell'I.V.G. del Comune di Roma ha evidenziato una situazione igienico-sanitaria assolutamente nella norma sia per quanto riguarda la sala operatoria, giudicata in buone condizioni igieniche e strutturali, sia per quanto riguarda i medicinali presenti in sala operatoria ed altrove che, da controllo effettuato a campione, sono risultati tutti in corso di validità e conservati a temperature adeguate;
a distanza di qualche giorno, nella medesima struttura è stata effettuata una nuova ispezione dei N.A.S. e questa volta senza che ne fosse stata avvertita la Direzione Sanitaria dell'ospedale;
tali ripetute visite, in una situazione di estrema delicatezza e riservatezza com'è il reparto di un Day Hospital dove si effettuano interruzioni volontarie di gravidanza, oltre a determinare condizioni di oggettivo impedimento nello svolgimento delle normali attività degli operatori medici e paramedici ingenera nelle degenti una grave stato di allarme e di difficoltà psicologica -:
se in merito a queste ispezioni c'è una specifica direttiva del Ministro e, nel caso, a quale logica corrisponda una modalità di attuazione in forme tanto reiterate.
(4-13218)
Risposta. - In merito alla questione sollevata nell'atto parlamentare in esame, il Comando Carabinieri per la Sanità ha comunicato che il N.A.S. di Roma, in data 20 gennaio 2004, «è stato interessato dal Nucleo operativo del Reparto operativo del Comando provinciale di Roma per un esposto, da parte di sedicente Virginia Meoli, ove veniva asserito che presso il Day Hospital legge 194 del 1978 (interruzione volontaria della gravidanza) dell'Ospedale San Camillo una dottoressa eseguiva l'interruzione della gravidanza oltre il tempo consentito dalla legge, nonché presunte carenze igieniche.
Il 28 gennaio 2005, militari del suddetto N.A.S. hanno proceduto ad attività ispettiva presso detto nosocomio, riscontrando lievi carenze strutturali, relative alla parziale esfoliazione della tinteggiatura dei locali. Contestualmente, hanno appurato che effettivamente esiste, presso quel reparto di maternità, un'infermiera che si chiama Virginia Meoli, la quale, però, ha disconosciuto completamente l'esposto inoltrato al Reparto Operativo».
Il Comando Carabinieri ha precisato che «l'8 febbraio 2005 personale del N.A.S. di Roma, dopo aver ricevuto da questo Comando un altro esposto anonimo nel quale venivano segnalate irregolarità igienico strutturali presso il reparto ospedaliero suddetto, si è portato nuovamente in loco, senza dare corso ad alcuna attività ispettiva, atteso che i militari si sono resi subito conto che gli inconvenienti rappresentati erano analoghi a quelli indicati nell'esposto precedente. A fronte di ciò si sono limitati a prendere contatti con il Direttore sanitario dell'Azienda ospedaliera San Camillo-Forlanini, Dottoressa Allocca Amalia, apprendendo che il reparto in questione, a breve termine, sarebbe stato oggetto di trasferimento in altra sede più idonea, al fine di consentire la ristrutturazione di quella attualmente occupata».
Tramite la Prefettura di Roma, la Direzione sanitaria, dell'Azienda citata ha comunicato che le ispezioni in esame «sono avvenute senza arrecare disagio alle pazienti o disguidi, in quanto l'accesso alle aree di assistenza sanitaria è avvenuto esclusivamente al termine dell'attività, senza alcun contatto con le utenti».
Non v'è, ovviamente, alcuna direttiva ministeriale ispiratrice di tali accessi, che, peraltro, costituiscono un episodio isolato, oltre che autonomo.
Il Sottosegretario di Stato per la salute: Domenico Zinzi.
DELMASTRO DELLE VEDOVE. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
nel quotidiano Latina Oggi di domenica 12 giugno 2005, alla pagina 4, è apparsa una lunga intervista resa dal Presidente
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del TAR di Latina dottor Franco Bianchi, che, ritenendo, secondo l'interrogante, che la divisione dei poteri sia una ... funzione matematica e non già il metodo organizzativo di una società moderna e democratica, spiega una serie di buone ragioni per cui i politici dovrebbero essere messi sotto tutela;
dopo avere affermato che «in questa provincia è necessario un richiamo morale, un grido d'allarme da parte delle istituzioni che devono tornare a parlare di legalità», il dottor Bianchi incredibilmente afferma che «i politici, in diversi casi sono anche amministratori e quindi noi, come istituzioni, siamo tenuti a dare loro un indirizzo;
il dottor Bianchi spiega la ragione del suo intervento pubblico nel seguente modo: «Perché tutti i giorni leggo i giornali locali. Pagina dopo pagina. E trovo articoli, grandi o piccoli, che parlano continuamente di querelle politiche per innumerevoli ragioni. Tutti fatti di evidente illegalità;
il presidente del TAR di Latina, che si sente investito del potere di «rieducare» gli uomini politici, precisa, in una esplosione di ... umiltà: «Insomma, sia chiaro, secondo me questi politici devono avere lo stesso concetto di legalità che abbiamo noi rappresentanti istituzionali e, se così non è, dobbiamo dare il nostro contributo affinché lo capiscano. E per questo loro devono restare fuori da questa iniziativa, parlamentari compresi»;
appare preoccupante per l'ordine democratico una serie di affermazioni di questo genere, tanto che il quotidiano Latina Oggi, nell'articolo citato, registra un imbarazzato silenzio delle istituzioni;
nel frattempo, però, è evidente che il dottor Franco Bianchi avrebbe avuto notizia - come egli stesso ha esplicitamente dichiarato - di «fatti di evidente illegalità» ed è dunque altrettanto evidente che egli, magistrato, ha di certo provveduto a segnalare tali fatti alla competente procura della Repubblica, per non rendersi egli stesso responsabile di un reato di natura omissiva laddove avesse deciso di non denunciarli -:
se intenda verificare che il dottor Bianchi abbia denunciato le illegalità cui ha fatto riferimento nell'intervista;
se non ritenga, in caso negativo, che il comportamento dello stesso dottor Bianchi abbia rilevanza sul piano disciplinare.
(4-15206)
Risposta. - Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo parlamentare in esame si fa presente che il Consiglio di Stato, appositamente interpellato al riguardo, ha comunicato quanto segue.
Sul quotidiano Latina Oggi di domenica 12 giugno 2005 è apparsa un'intervista del Presidente del TAR di Latina, dottor Franco Bianchi, seguita, in data 1o luglio 2005, da una nota dello stesso, rivolta ai giornalisti e agli organi di stampa, con la quale vengono forniti chiarimenti su quanto da lui dichiarato.
Da tale nota si evince, tra l'altro, che l'intervista in questione aveva ad oggetto, essenzialmente, il tema della legalità nell'esercizio di poteri pubblici e nella necessità di diffondere, ad ogni livello, cultura giuridica sull'azione amministrativa, in rapporto al sempre più complesso e mutevole ordinamento vigente.
La nota specifica, altresì, che con talune espressioni che potrebbero aver dato adito a fraintendimenti (come quella di «salotto di legalità»), il presidente Bianchi intendeva riferirsi, all'istituzione di un comitato composto da illustri esponenti del mondo giuridico pontino, per coordinare e indirizzare un'attività scientifica d'alto livello nelle materie della giuspubblicistica.
Nella medesima nota si annuncia, infatti, che dal novembre 2005 si sarebbero svolte, nelle forme seminariali già seguite in precedenza, incontri di studio, anche itineranti, in altri comuni oltre Latina, per affrontare le complesse problematiche giuridiche sorte dalla recente legge sul procedimento amministrativo (n. 15 del 2005) e dall'applicazione del testo unico degli enti
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locali n. 267 del 2000, in particolare per le norme riguardanti la gestione dei servizi pubblici locali.
In effetti, si rileva come un'attività seminariale di questo tipo sia stata di fatto svolta, negli ultimi tre anni, presso la Sala Borsellino della procura di Latina, su iniziativa del TAR di Latina, congiuntamente all'ordine degli avvocati e all'associazione degli avvocati amministrativisti di Latina, riscuotendo ampi consensi per l'elevata presenza di oltre 200 interessati all'anno tra avvocati e funzionari di comuni ed enti pubblici.
I fraintendimenti emersi a seguito dell'intervista del presidente Bianchi del 12 giugno 2005 sembrano essere definitivamente cessati a seguito di tali chiarimenti, vista anche l'ampia diffusione che i quotidiani locali - nell'esplicitare le finalità eminentemente scientifiche dell'iniziativa - hanno fornito alla suddetta nota del 1o luglio 2005, che appare in effetti chiarire i reali propositi auspicati ed offerti dallo stesso presidente Bianchi nell'intervista del 12 giugno.
In conclusione, si ritiene che possa desumersi, dall'esame complessivo della vicenda, che il presidente Bianchi non intendesse, nelle sue dichiarazioni, riferirsi a singoli casi, concreti e specifici, di illegalità riscontrati nell'esercizio dell'attività giudiziaria, ma, in generale, alle illegalità messe quotidianamente in evidenza dalla stampa, evidenziando la sua disponibilità ad offrire il proprio contributo, congiuntamente con altri soggetti del mondo istituzionale e scientifico, per fornire alle amministrazioni pubbliche indirizzi e orientamenti, in ordine alle attuali e principali problematiche del diritto amministrativo.
Il Ministro per i rapporti con il Parlamento: Carlo Giovanardi.
DIDONÈ. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
uno degli aspetti di fondamentale importanza per garantire un servizio scolastico efficiente e improntato a princìpi di semplificazione e snellimento delle procedure è quello del conferimento delle supplenze;
l'articolo 4 della legge n. 124 del 1999 distingue infatti: le supplenze annuali, le supplenze temporanee fino al termine delle attività didattiche e le supplenze temporanee, nei casi diversi da quelli sopra evidenziati, in cui rientrano anche le cosiddette supplenze brevi, già regolate dall'articolo 521 del TU del 1994, n. 297;
per le supplenze annuali e temporanee sino al termine delle attività didattiche si utilizzano le graduatorie permanenti, mentre per le altre supplenze temporanee e le supplenze brevi si provvede utilizzando le graduatorie di circolo o di istituto;
nella realtà della singola scuola si vengono a creare situazioni, nell'ambito dell'assegnazione delle supplenze ai sensi del decreto ministeriale 25 maggio 2005 contenente il regolamento per le supplenze, che determinano un grosso dispendio di tempo e di lavoro, di risorse economiche a carico della scuola che portano spesso ad un non adeguato servizio per gli studenti;
secondo l'interrogante l'istituzione scolastica deve infatti scorrere, per assegnare le supplenze, le graduatorie, inviando un telegramma al singolo aspirante supplente, attendere 48 ore per la risposta, cui si aggiunge poi il tempo per l'entrata in servizio, in caso di risposta affermativa. In caso di risposta negativa invece si dovrà procedere con il successivo in graduatoria, con un nuovo telegramma;
si registra quindi da un lato la possibilità che il meccanismo di selezione e assunzione dei supplenti richiedaun dispendio di tempo enorme a discapito dell'esigenza di introdurre subitoun insegnante in classe; dall'altro si registra un aumento delle spese telefoniche per il conferimento di dette supplenze, in quanto le graduatorie di istituto sono molto ampie
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e gli iscritti debbono essere interpellati tutti fino alla copertura dei posti, con conseguente aumento delle chiamate;
si rende quindi opportuno, ad avviso dell'interrogante, rendere meno complessa e lunga la procedura per l'individuazione del personale insegnante supplente -:
quali iniziative intenda adottare il ministro interrogato per dare risposta a questo problema che pregiudica la qualità del servizio scolastico e di insegnamento, rendendo più snelle e meno onerose le procedura di individuazione dei supplenti.
(4-12857)
Risposta. - L'interrogazione parlamentare in esame, concerne le procedure di conferimento delle supplenze da parte dei dirigenti scolastici per la sostituzione dei docenti assenti.
Si concorda con l'interrogante circa l'esigenza di semplificazione e snellimento delle vigenti procedure, che risultano onerose e non del tutto funzionali per la tempestiva sostituzione degli insegnanti assenti.
Per soddisfare questa esigenza occorre introdurre nuove disposizioni, atte a semplificare e snellire l'attuale meccanismo di selezione ed assunzione dei supplenti e ad assicurare una maggiore efficacia ed efficienza dell'azione amministrativa, nel rispetto delle garanzie derivanti da una procedura pubblica di reclutamento; in particolare, è necessario apportare modifiche al Regolamento recante norme sulle modalità di conferimento delle supplenze al personale docente ed educativo, adottato con decreto ministeriale n. 201 del 25 maggio 2000 ai sensi dell'articolo 4 della legge n. 124 del 3 maggio 1999.
A tale proposito, sono stati avviati gli opportuni contatti con le Organizzazioni Sindacali e sono in fase di avanzata elaborazione modifiche al suddetto Regolamento.
Il Sottosegretario di Stato per l'istruzione, per l'università e per la ricerca: Valentina Aprea.
FIORI. - Al Ministro della sanità e al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
in data 10 maggio 1991 l'ingegnere Emilio Picello scriveva al Ministro della sanità pro tempore per denunciare quanto segue:
a) una carrozzina a rotelle per il figlio disabile costava lire 1.600.000 comprata da privato e 2.700.000 lire se acquistata dalle Usl;
b) i pannolini per incontinenti, che costavano lire 400 cadauno al supermercato, le Usl li pagavano al fornitore lire 833 cadauno, più del doppio;
c) le scarpe ortopediche, che al privato costavano 200.000 lire, le Usl le pagavano al fornitore lire 800.000, 4 volte di più!;
d) così per tutti gli articoli del cosiddetto «Nomenclatore-Tariffario delle protesi dirette al recupero funzionale e sociale dei soggetti affetti da minorazioni fisiche, psichiche o sensoriali...», documento approvato di volta in volta con decreto ministeriale a firma del Ministero della sanità pro tempore;
il ministero non rispose mai alla letteradell'ingegnere Emilio Picello;
nel giugno 1995 l'ingegnere Emilio Picello si rivolse con analoga lettera all'allora Presidente del Consiglio dei ministri dottor Lamberto Dini, e per conoscenza al Ministro della sanità professor Elio Guzzanti il quale rispose al Picello con lettera del 6 luglio 1995, ove ammetteva che nel Nomenclatore-Tariffario qualcosa non andava; tuttavia non accadde nulla. Tutto continuò come prima e cioè lo stesso ausilio o presidio per disabili presentava diversità di prezzo nel caso che l'acquirente fosse un privato o un'Azienda sanitaria locale;
il 27 settembre 1996 l'ingegnere Emilio Picello si rivolse, sempre con lettera del medesimo tenore delle precedenti, al Ministro della sanità in carica, onorevole Rosy Bindi. Non ebbe alcuna risposta;
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nel 1995 il Nomenclatore-Tariffario costava ai Servizio sanitario nazionale circa 1.200 miliardi di cui 400-500 miliardi spesi per il «sovraprezzo» applicato agli acquisti effettuati dalle Usl;
infatti il Nomenclatore-Tariffario esiste dal 1981 e quindi è giusto chiedersi quante migliaia di miliardi siano state incassate fino ad oggi dai fornitori delle Usl per i suddetti, illegittimi, sovraprezzi;
le lettere dell'ingegnere Emilio Picello erano diventate nel frattempo altrettanti esposti alla magistratura: ebbene, il fascicolo è passato nelle mani di 3 sostituti procuratori della Repubblica e di un collegio per i reati ministeriali senza che siano pervenute notizie di sorta -:
se non ritengano opportuno far eseguire con la massima urgenza accertamenti volti a verificare la sussistenza dei fatti denunciati e, in caso affermativo, adottare le opportune iniziative (preventive e repressive) per eliminare certe inammissibili e illecite «storture» del Servizio sanitario nazionale che comportano «sprechi» e «guadagni» illegittimi per migliaia di miliardi.
(4-00415)
Risposta. - Il provvedimento che attualmente regola le prestazioni, di assistenza protesica, le relative modalità di erogazione nell'ambito del Servizio sanitario nazionale e le tariffe è il decreto ministeriale 27 agosto 1999, n. 332, che ha sostituito la precedente disciplina definita con il decreto ministeriale del 28 dicembre 1992.
Il Regolamento prevede che per gli apparecchi acquistati direttamente dalle aziende USL «i prezzi corrisposti dalle aziende USL sono determinati mediante procedure pubbliche di acquisto espletate secondo la normativa vigente» (articolo 8, comma 2), sulla base di specifiche direttive emanate dalle singole regioni.
Le variazioni delle tariffe - determinatesi tra il precedente decreto del 1992 e la normativa vigente - devono considerarsi, nel complesso, di modesta entità, tenuto conto del periodo di tempo trascorso.
Tra le iniziative adottate nel tempo dal Ministero della salute, ai fini della revisione e dell'ammodernamento del settore in esame, va ricordata l'istituzione della Commissione, nazionale per l'assistenza protesica, con compiti di studio, consulenza e proposta.
La Commissione, composta da professionisti sanitari professionalmente e personalmente impegnati nella tutela della disabilità, aveva l'obiettivo di semplificare le procedure di erogazione e i percorsi di fornitura, di razionalizzare la riclassificazione e di definire l'aggiornamento tecnologico dei dispositivi elencati.
La Commissione ha concluso i lavori nel settembre 2001, formulando una serie di proposte per la revisione del vigente Regolamento sull'assistenza protesica.
Ai sensi dell'Accordo tra il Governo, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano del 22 novembre 2001, è stata istituita la Commissione nazionale per la definizione e l'aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza (LEA), insediatasi il 27 luglio 2004.
A questo organismo è affidato il compito di valutare, nel tempo, i fattori scientifici, tecnologici ed economici che motivano il mantenimento, l'inclusione o l'esclusione delle prestazioni, tra cui le prestazioni di assistenza protesica, dai LEA.
Nel procedere a tale revisione, l'intervento dello Stato deve limitarsi alla definizione del «livello essenziale» dell'assistenza protesica (servizi e prestazioni che il Servizio sanitario nazionale è tenuto a garantire a coloro che ne hanno diritto); alle regioni compete la disciplina delle «modalità di erogazione» di tale livello di assistenza, delle procedure di acquisizione di protesi, ortesi ed ausili e delle modalità di individuazione dei fornitori, nel rispetto della normativa comunitaria e dei principi della tutela della concorrenza e del mercato.
Dallo scorso mese di giugno, la Commissione ha avviato i lavori per la revisione della disciplina concernente l'assistenza protesica.
Il Ministero della salute ben consapevole di fenomeni discorsivi, peraltro rilevati in epoche non recenti, nelle procedure
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d'acquisto dei beni, espletate dagli enti sanitari territoriali, desidera confermare il proprio impegno concreto ad effettuare un monitoraggio sui prezzi d'acquisto per gli ausili forniti dal Servizio sanitario nazionale, al fine di verificare se (beninteso, fatte salve le competenze e funzioni di livello regionale e locale) le differenze nei prezzi, individuate dall'interrogante e correlate immotivatamente alla natura privata o pubblica del soggetto acquirente, siano ancora rilevabili, quali possano esserne le conseguenze sull'andamento della spesa sanitaria nel nostro Paese e quali strumenti correttivi debbano essere adottati, ai vari livelli istituzionali, per eliminare siffatte, inammissibili distonie.
Il Ministro della salute: Francesco Storace.
FIORI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
il CIEPP è un sindacato di recente costituzione che rappresenta una parte considerevole di inquilini che occupano in locazione immobili di proprietà Inarcassa distribuiti in varie zone di Roma;
risulta all'interrogante che l'Inarcassa, avviando le trattative con le Organizzazioni Sindacali tese a definire i rapporti con gli inquilini interessati a mantenere la locazione o ad aderire alla dismissione degli immobili locati, avrebbe escluso dai negoziati il sindacato CIEPP nonostante le numerose istanze avanzate da quest'ultimo;
ad avviso dell'interrogante, tale esclusione, determina una non legittima ed immotivata discriminazione di un importante interlocutore eletto dalle parti interessate -:
se non ritenga opportuno intervenire presso l'Inarcassa affinché la future riunioni aventi ad oggetto la regolazione dei rapporti con gli inquilini, prevedano la inderogabile partecipazione del sindacato CIEPP al fine di tutelare gli inquilini che vi hanno aderito.
(4-12397)
Risposta. - Con riferimento all'interrogazione in esame, si fa presente, in via preliminare, che questo Ministero non è venuto a conoscenza dell'esistenza del sindacato CIEPP.
Al riguardo, occorre precisare che non esistono procedure particolari da seguire per la costituzione di un sindacato, né esiste alcun obbligo per i sindacati di segnalare la propria esistenza ed operatività a questo Ministero. Infatti - attesa la mancata attuazione dell'articolo 39 della Costituzione - nel vigente ordinamento le organizzazioni sindacali vivono ed operano come associazioni private, libere di organizzarsi e di agire come meglio credono.
Ciò premesso, si precisa che questa Amministrazione non è competente a rilasciare alcuna sorta di autorizzazione o ad effettuare alcun «intervento» al riguardo, afferendo la materia in oggetto squisitamente alla sfera privatistica delle relazioni industriali.
Infatti il titolo, per un'organizzazione sindacale, per la partecipazione alla contrattazione collettiva e l'assunzione di qualità di parte contrattuale si consegue, in generale, per effetto della capacità di imporsi, mediante il concreto esercizio di attività di tutela dell'interesse collettivo della categoria, come interlocutore negoziale della controparte.
Il Sottosegretario di Stato per il lavoro e per le politiche sociali: Maurizio Sacconi.
FOLENA. - Al Ministro degli affari esteri, al Ministro dell'interno, al Ministro per l'innovazione e le tecnologie. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto rivela Reporters Sans Frontieres la divisione cinese del noto portale internet «Yahoo!» avrebbe collaborato con le autorità locali per l'arresto del giornalista dissidente Shi Tao;
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Tao è stato condannato a 10 anni di prigionia per aver divulgato in tutto il mondo alcune «direttive segrete» emanate dal governo di Pechino: veri e propri divieti rivolti ai direttori di tutte le testate nazionali, scritti con tono intimidatorio, che stabilivano il divieto di raccontare il quindicesimo anniversario della rivolta di Piazza Tienanmen, svoltosi lo scorso giugno;
Tao, che si è servito di «Yahoo!» per aprire un indirizzo e-mail, sarebbe stato rintracciato attraverso i messaggi di posta elettronica spediti tramite il servizio offerto dal portale;
è legittimo domandarsi se tale «collaborazione» sia possibile anche in Italia, sulla base del recente decreto antiterrorismo e quindi quali siano le garanzie di privacy e di libertà garantite dall'attuale ordinamento -:
se il Ministro degli affari esteri intenda sollevare formale protesta presso il governo cinese;
se il Ministro dell'interno ritenga che un fatto simile possa accadere anche in Italia in base alla legislazione vigente;
se il Ministro dell'innovazione tecnologica intenda attuare politiche più restrittive a garanzia della privacy degli utenti italiani.
(4-16864)
Risposta. - In merito a quanto segnalato dall'interrogante nell'atto parlamentare in argomento, si ritiene opportuno sottolineare che il tema del rispetto dei diritti umani in Cina forma già da tempo oggetto di costante attenzione da parte dell'Unione Europea e dei Governo italiano
A tale proposito si ricorda che, già a partire dal 1997 e su richiesta cinese, è in corso un dialogo strutturato UE-Cina sui diritti umani che, a cadenza semestrale, si svolge alternativamente a Pechino e nella capitale europea incaricata della Presidenza di turno dell'Unione. In questo ambito sono affrontate le questioni più importanti relative al rispetto dei diritti umani. Tali consultazioni consentono, inoltre, all'Unione europea di segnalare all'attenzione delle Autorità cinesi casi individuali di violazione dei diritti umani, per i quali vengono sollecitati interventi di clemenza e/o riparazione.
Nel corso dell'ultima sessione di tale dialogo, svoltasi in Lussemburgo il 24 e 25 febbraio 2005, da parte della Presidenza lussemburghese sono state nuovamente evidenziate le aree del settore dei diritti umani, nelle quali l'UE spera di vedere realizzati progressi nel breve-medio periodo. Tra i temi affrontati con particolare attenzione figurano, oltre alla ratifica del Patto Internazionale sui Diritti Civili e Politici (firmata dalla Cina nel 1998) e al rilascio delle persone detenute in seguito ai fatti del 1989, proprio quello della promozione della libertà di espressione attraverso la rimozione delle restrizioni ai media. L'Unione Europea, inoltre, non ha mancato di dare particolare rilevanza alla tematica del rispetto dei diritti umani in Cina anche in occasione dell'ottavo summit UE-Cina, che si è tenuto a Pechino il 5 settembre u.s.
In merito ai risultati del suddetto dialogo strutturato, i Capi Missione dell'Unione Europea rilevano l'esistenza di segnali positivi, determinati dalla disponibilità manifestata dal Governo di Pechino a realizzare alcune aperture in tema di rispetto dei diritti umani, segnatamente nel campo dei diritti economici, sociali e culturali. Essi registrano, tuttavia, un atteggiamento ancora improntato ad una notevole chiusura relativamente alle tematiche della libertà religiosa e del massiccio ricorso alla pena capitale ed alla tortura, così come a varie forme di «detenzione amministrativa».
La prossima sessione, che avrà luogo il 24 e 25 ottobre 2005, sarà incentrata sulle tematiche del rispetto della libertà religiosa e del ruolo del sistema giudiziario, vale a dire quei settori in cui, a parere dell'Unione Europea, si sarebbero registrati i risultati meno soddisfacenti nel corso dell'ultimo anno.
La questione del rispetto dei diritti umani viene altresì sollevata da parte italiana in ogni possibile occasione di incontro bilaterale con esponenti del governo cinese.
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Da ultimo, lo scorso 18 marzo a Roma l'On. Ministro ha nuovamente evocato, nel corso del suo incontro con il Ministro degli Esteri della Repubblica Popolare Cinese Li Zhaoxing, la questione del rispetto dei diritti umani, ribadendo la necessità che Pechino compia i passi necessari (come la ratifica del Patto dei Diritti Civili e Politici delle Nazioni Unite) per favorire un processo di normalizzazione con l'Occidente.
Per quanto riguarda in particolare lo stato della libertà di espressione e della libertà di stampa nel Paese, secondo quanto riferiscono i Capi Missione dell'Unione Europea accreditati a Pechino, il Governo cinese continua ad adottare una politica di restrizioni alla libertà di espressione sia attraverso le testate giornalistiche, che attraverso internet. Le Autorità locali sottopongono a censure ed arresti giornalisti e docenti universitari che, secondo le stesse Autorità, avrebbero abusato della propria libertà di espressione. Anche i reporter e le agenzie di stampa stranieri non sarebbero sfuggiti a tali controlli, registrando inoltre nell'ultimo anno un aumento del monitoraggio delle proprie attività. Nel corso degli ultimi mesi, il Dipartimento per la Propaganda ha proibito la copertura mediatica di una serie di temi considerati «sensibili», limitando alla versione delle agenzie ufficiali la diffusione di notizie su altri eventi. Nel maggio scorso, le Autorità cinesi hanno annunciato un rafforzamento dei controlli nel settore delle telecomunicazioni ed in quello multimediale, attuando nuovi regolamenti che costituiscono di fatto un passo indietro rispetto alle iniziative di liberalizzazione avviate nel 2004.
In merito, infine, al caso specifico del giornalista cinese Shi Tao, citato nella presente interrogazione, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
Shi Tao, 37 anni, giornalista per il Dangdai Shang Bao, è stato condannato il 30 aprile 2005 a dieci anni di carcere per aver inviato a siti web stranieri il testo di una circolare interna con cui le autorità di pubblica sicurezza cinesi avvertivano i giornalisti dei pericoli di destabilizzazione sociale derivanti dal ritorno in Cina di alcuni dissidenti, in occasione del quindicesimo anniversario degli incidenti di piazza Tien An Men del 1989.
Tale diramazione, avvenuta attraverso server del service provider Yahoo! ubicati in territorio cinese, ha indotto le autorità cinesi a sollecitarne la collaborazione al fine di identificare e perseguire il mittente. La suddetta compagnia si è giustificata con la necessità di conformarsi alle leggi del paese in cui opera.
La multinazionale Yahoo! con sede giuridica negli Stati Uniti è da tempo presente in Cina dove ha effettuato importanti investimenti quali nel 2003 l'acquisto per 120 milioni di dollari del motore di ricerca «3721.com» e, più di recente, per la cifra di un miliardo di dollari, del sito di commercio elettronico cinese «Alibaba». Da anni Yahoo! consente la censura della versione cinese del suo motore di ricerca. Nel 2002 Yahoo! ha infatti sottoscritto un impegno in virtù del quale essa si conforma alle regolamentazioni cinesi in materia di censura. Le ricerche considerate «sensibili» dalle autorità cinesi, come ad esempio «Indipendenza di Taiwan», consentono il solo recupero di documenti di riferimento limitati e già approvati.
Nel caso di Shi Tao, è stata la Yahoo!Holdings (Hong Kong) Ltd. a fornire alle autorità di pubblica sicurezza cinesi le informazioni che hanno portato alla sua identificazione e condanna a 10 anni di prigione. Yahoo! Holdings (Hong Kong) Ltd. è soggetta, dal 1o luglio 1997, alla legislazione di Hong Kong, una Regione Amministrativa Speciale della Repubblica Popolare Cinese.
L'Italia, come del resto l'Unione europea, è consapevole delle restrizioni poste in Cina alla libertà d'espressione anche attraverso Internet. Alla crescita esponenziale del numero degli utenti della «rete» (con cifre di fruitori che superano i 100 milioni di utenti la Cina è già oggi il secondo paese al mondo per numero di utenti), corrisponde una parallela sofisticatezza delle tecniche utilizzate dalle autorità cinesi per limitare la diffusione di critiche anti-governative.
Oltre al monitoraggio dei materiali che circolano in rete, la Cina sta introducendo
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una serie di misure volte a richiedere la registrazione (e quindi l'identificazione) di tutti i siti a scopo non commerciale e dei partecipanti alle varie chat, e-forum, blog. Le misure restrittive non si limitano alle sole opinioni anti-governative, ma prendono di mira anche quei contenuti giudicati dalle autorità cinesi contrari alla «morale» (pornografia, culti di sette religiose non riconosciute, eccetera), all'«ordine pubblico» e alla «sicurezza nazionale».
La diffusione tra la popolazione dell'accesso a Internet rende peraltro evidentemente problematici i provvedimenti governativi di contenimento delle manifestazioni di libera espressione anche attraverso questo medium. La collaborazione di service provider stranieri (come nella fattispecie citata dall'On. interrogante) ad attività configurabili come ausiliarmente censorie dell'azione repressiva cinese può essere ricondotta ad interessi e autonome valutazioni delle singole imprese, da parte di operatori desiderosi di affermarsi in un mercato che, per le sue gigantesche dimensioni, sembra offrire straordinarie opportunità commerciali.
Da parte sua la comunità internazionale (e in tale ambito l'Unione Europea in particolare) vigila costantemente su questi aspetti. In diverse occasioni l'UE, nell'ambito del dialogo sui diritti umani avviato con la Cina, ha espresso le sue preoccupazioni, sollecitando al tempo stesso una più puntuale definizione normativa da parte cinese dei reati contro la morale, l'ordine pubblico e la sicurezza nazionale, che appaiono prestarsi ad abusi a causa di una certa qual vaghezza.
In particolare, interventi puntuali sono stati anche compiuti in quei casi di giornalisti o attivisti dei diritti umani perseguiti per opinioni espresse su internet. L'Italia, quale membro di rilievo dell'UE, è pienamente partecipe di questi sforzi, nella consapevolezza che la dimensione europea assicura quella massa critica atta a dare efficacia ad un interlocutore che voglia ingaggiare la Cina su un argomento sensibile come quello dei diritti umani.
Il caso specifico del giornalista Shi Tao è all'attenzione dell'Unione Europea. Il suo nominativo è stato inserito già dal febbraio di quest'anno nella lista dei casi individuali che con cadenza semestrale la UE solleva con le Autorità cinesi. L'Unione Europea intende esprimere la sua preoccupazione per gli ostacoli posti nell'accesso a siti web contenenti parole quali «diritti umani», «democrazia» e «libertà» e, su un piano generale, per il rafforzamento della censura cinese in particolare attraverso Internet. L'Unione Europea intende inoltre sollecitare la RPC a rinunciare all'obbligo da parte dei service provider di ottenere una licenza governativa per operare.
Da parte del Governo italiano e dell'Unione europea si continuerà a seguire con estrema attenzione l'evoluzione della situazione dei diritti umani in Cina e non si mancherà di richiamare il Governo cinese al pieno rispetto dei diritti e delle libertà fondamentali nel Paese.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Margherita Boniver.
FOLENA e MANTOVANI. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
lo scrittore turco Orhan Pamuk rischia fino a tre anni di reclusione, in base all'articolo 301/1 del codice penale turco, per aver sostenuto, in una intervista al quotidiano svizzero Tages Anzeiger, che l'impero ottomano ha sterminato un milione di armeni e trentamila curdi;
il tribunale amministrativo turco ha bloccato, il 22 settembre 2005, una conferenza sulle responsabilità dell'impero ottomano nel genocidio degli armeni a causa della loro posizione filo-russa nella prima guerra mondiale;
il prossimo 3 ottobre l'Unione europea incontrerà ufficialmente la Turchia per l'avvio dei negoziati al fine dell'adesione di questo paese all'Unione;
il primo ministro turco Erdogan ha criticato la decisione del tribunale ma il ministro della giustizia Cicek, nel maggio
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scorso, aveva definito «traditori» i turchi che avrebbero dovuto prendere parte al convegno;
nonostante ciò, la posizione ufficiale di Ankara rimane negazionista rispetto alle responsabilità dell'impero ottomano nel genocidio del popolo armeno -:
se il ministro e il Governo siano a conoscenza dei fatti suddetti;
se il ministro intenda protestare ufficialmente presso il governo turco per la situazione giudiziaria di Pamuk e l'annullamento del convegno richiamato in premessa;
se il Governo non ritenga che il governo di Ankara debba assicurare piene e radicali riforme al fine di instaurare nel paese un livello di libertà di opinione assimilabile a quello dei paesi membri dell'Unione;
se il Governo, inoltre, non ritenga necessario che le autorità di Ankara si impegnino a riconoscere le responsabilità turche e ottomane nello sterminio degli armeni e dei curdi e ad avviare un serio negoziato al fine di riconoscere pienamente i diritti delle minoranze etniche nel loro paese.
(4-17040)
Risposta. - La vicenda che vede coinvolto il noto scrittore Orhan Pamuk, incriminato per dichiarazioni rese ad un giornale svizzero sull'uccisione di 30 mila curdi e un milione di Armeni» e rinviato a giudizio il prossimo 16 dicembre, ha assunto un particolare rilievo sia per la quasi contestualità con le decisioni europee sull'avvio dei negoziati di adesione, che per il fatto che la condanna sia avvenuta sulla base di un codice penale (articolo 301.4 «denigrazione della Turchia e del popolo turco») appena riformato proprio per tener conto degli standard europei. Nel caso specifico, la decisione è stata assunta dalla procura di un Tribunale distrettuale di Istanbul, lo stesso che da ultimo ha condannato a 6 mesi il giornalista armeno Hrant Dink per lo stesso reato.
Fatto salvo naturalmente il rispetto del principio di indipendenza della magistratura, occorre tuttavia chiedersi - e tale questione è stata posta anche in occasione della recente visita ad Ankara del Commissario europeo Rehn - se a fronte di ricorrenti interpretazioni estensive non occorra intervenire per precisare la natura di un reato quale quello di «denigrazione della Turchia» la cui genericità è all'origine della vicenda. Per connessione, si segnala del resto che lo stesso Commissario Rehn ha incontrato lungamente Pamuk ad Istanbul durante la suddetta visita.
Quanto alla conferenza «Armeni durante il crollo dell'Impero Ottomano: responsabilità scientifica e problemi democratici», va segnalato come la stessa fosse già stata rinviata una prima volta, per ragioni di opportunità, lo scorso maggio, senza che ne derivassero reazioni specifiche a livello governativo; dopo la decisione di sospensione adottata dal Tribunale amministrativo di Istanbul il 21 settembre, le massime Autorità di Governo sono invece intervenute esprimendosi in senso fortemente critico. Una volta che comunque - superato il divieto del tribunale spostando la sede dell'incontro in una diversa Università - la conferenza si è potuta svolgere, il Ministro degli esteri Gul ha inviato una lettera aperta agli organizzatori (visibile sul sito ufficiale del Ministero affari esteri turco) che da un lato offre «copertura politica» all'iniziativa (la prima del genere in Turchia), dall'altro fornisce indicazioni di rilievo sulla posizione ufficiale di Ankara; Gul afferma infatti che si intende continuare ad aprire gli archivi dell'epoca e ricorda la proposta fatta a Yerevan di costituire una Commissione mista di storici.
Può quindi rilevarsi come in questa occasione le Autorità si siano mosse con decisione e tempestività; la questione armena rimane sicuramente una delle più difficili da affrontare, poiché chiama in causa il complesso periodo che portò alla nascita dell'odierna Repubblica turca. Registriamo come il tema cominci finalmente ad uscire dalla sfera della negazione più o
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meno esplicita per approdare a quella di un dibattito, almeno sul piano accademico.
Risultano pertanto confermati due aspetti essenziali della Turchia moderna: da un lato l'inevitabile resistenza di alcune forze al processo riformistico, ed il caso Pamuk verosimilmente non sarà che uno dei tanti, dall'altro il venire alla luce, quasi per forza propria, di questioni sulle quali la Turchia sta cominciando a riflettere, quella armena ed anche quella curda.
Riteniamo che a fronte di tali dinamiche il ruolo dell'Unione europea e dei Paesi membri debba essere - tanto più dopo l'avvio dei negoziati di adesione - quello di un costante richiamo allo scrupoloso rispetto degli impegni assunti, ma senza sterili contrapposizioni, sostenendo viceversa le forze che vedono chiaramente quale sia la direzione da mantenere, in coerenza con una strategia che ha contribuito a trasformare radicalmente la Turchia nel giro di solo pochi anni.
Nell'ambito dell'ormai avviato processo di riforme, il Governo turco è profondamente impegnato nella realizzazione e nell'effettiva attuazione dei provvedimenti necessari all'adeguamento del Paese agli standard europei di piena garanzia dei diritti umani. È utile, infatti, sottolineare come negli ultimi anni la Turchia abbia dato una fortissima accelerazione a tale processo di riforme politiche, che restano una priorità nell'agenda europea del Paese insieme alla realizzazione dei criteri economici di Copenaghen e dell'acquis comunitario. Tali riforme vertono in particolare, per quanto concerne il settore dei diritti umani, sull'ampliamento delle libertà di opinione, di associazione e di stampa e sul riconoscimento dei diritti culturali delle etnie non turche.
In merito all'avanzamento del Paese verso la piena garanzia dei diritti umani ed al raggiungimento di livelli di libertà di opinione assimilabili a quelli dei Paesi membri dell'Unione, si segnala l'approvazione da parte del Parlamento turco di emendamenti a dieci articoli della Costituzione che hanno introdotto, tra le altre, le seguenti fondamentali riforme: la completa eliminazione della pena di morte dal testo costituzionale (articoli 15, 17, 38, 87), l'introduzione nella legge primaria del principio di parità uomo-donna (articolo 10), l'ampliamento della libertà di stampa (articolo 30), il prevalere del diritto internazionale pattizio su quello interno (articolo 90). Nella specie, sul fronte della libertà di espressione sono state adottate alcune importanti riforme legislative nel senso di un riavvicinamento agli standard europei, quali l'abrogazione dell'articolo 8 della legge anti-terrorismo (in tema di propaganda anti-unitaria e separatista), nonché le riforme degli articoli 159 e 312 del codice penale, rispettivamente in tema di vilipendio alle istituzioni dello Stato ed incitamento all'odio razziale.
A riprova della volontà turca di, garantire la concreta attuazione delle riforme per migliorare le istituzioni democratiche e assicurare il pieno rispetto dei diritti umani, l'Esecutivo ha istituito lo scorso anno un meccanismo di monitoraggio delle riforme con funzioni di controllo e di stimolo, di cui fanno parte i Ministeri degli esteri, della giustizia e dell'interno. L'ultima riunione ha avuto luogo il 14 giugno scorso e nel corso dell'informativa ai capi missione dell'Unione europea su tale incontro, svolta dal Vice segretario generale per l'Unione europea del Ministero degli affari esteri turco, ambasciatore Acet, è stato rilevato come il Governo turco abbia mantenuto fermo l'impegno di monitorare attivamente il processo di riforme politiche in vista della loro piena ed effettiva realizzazione. In particolare, si segnala l'entrata in vigore il 1o giugno scorso del nuovo codice penale e delle leggi correlate, provvedimenti legislativi espressamente richiesti dal Consiglio europeo alle Autorità turche per l'avvio dei negoziati di adesione all'Unione europea, che sono stati regolarmente avviati lo scorso 3 ottobre.
Per quel che riguarda, più in generale, la realizzazione di ulteriori riforme nel campo dei diritti umani, la Commissione europea ha recentemente fornito un aggiornamento sugli esiti del «monitoraggio» delle riforme interne in Turchia, in vista della pubblicazione del Rapporto annuale in novembre: ne risulta un quadro complesso e non privo
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di ombre, ma caratterizzato nell'insieme da forti elementi positivi, specie in relazione all'aspetto di concreta attuazione delle riforme. Si segnalano, da un lato, il crescente rilievo dell'attività del Comitato parlamentare per i diritti umani e di quello istituito presso il Primo ministro, e dall'altro una serie di sentenze di tribunali ordinari e del Consiglio di Stato che hanno adottato importanti decisioni in materia, rispettivamente, di libertà di stampa e di non discriminazione tra confessioni religiose. Nondimeno, forte insoddisfazione è stata espressa dalla Commissione europea sul progetto di legge in materia di Fondazioni, giudicato ancora al di sotto degli standard europei soprattutto per via del mancato riconoscimento dell'autonomia patrimoniale di tali enti. È utile ricordare, infine, che resta molto attuale in Turchia la questione dei rapporti con le minoranze non musulmane, motivo dell'adozione di provvedimenti a tutela delle minoranze religiose ed in materia di protezione e tutela dei soggetti impegnati nella difesa dei diritti fondamentali (Human Rights Defenders).
Da ultimo e per completezza di informazione, si segnala che la Turchia non ha formato oggetto di nessuna risoluzione per violazione dei diritti umani e delle libertà fondamentali nel corso della III Commissione dell'Assemblea generale delle Nazioni unite a New York (settembre-dicembre 2004), né nell'ambito dei lavori dell'ultima Commissione per i diritti umani svoltasi a Ginevra (14 marzo - 22 aprile 2005).
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Roberto Antonione.
FONTANINI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
nelle scuole medie inferiori del comune di Resia la situazione che si presenta non è di certo favorevole al buon insegnamento;
infatti da molti anni avvengono sostituzioni di insegnanti nel corso dell'anno scolastico, interrompendo in tal modo un'attività già programmata e consolidata;
evidenti sono le conseguenze negative per gli studenti, costretti a subire mutamenti e nuove metodologie che influiscono sull'apprendimento e quindi sulla loro preparazione culturale;
in seguito a quanto sopra descritto, si è svolto un incontro tra le famiglie degli alunni interessati, l'amministrazione comunale di Resia e la scuola media statale «A. Zardini» di Pontebba;
nel corso di questo incontro sono state sottolineate le ripercussioni negative sui ragazzi dei numerosi cambiamenti, soprattutto dal punto di vista dell'attività didattica e si è sottolineata l'esigenza di assicurare un servizio di qualità nell'insegnamento data la fascia di età degli alunni ed il periodo di transizione che già la scuola sta attraversando con l'avvio della riforma -:
quali iniziative il Ministro interrogato intenda adottare per assicurare agli alunni del comune di Resia una continuità didattica nelle discipline impartite nella scuola dell'obbligo e in particolare come si intenda fronteggiare un turn over di insegnanti che ha raggiunto livelli insostenibili per un corretto insegnamento.
(4-15887)
Risposta. - L'interrogante chiede iniziative per assicurare agli alunni delle scuole medie di Resia, ed in particolare agli allievi della scuola media statale «A Zardini» di Pontebba, continuità didattica.
Al riguardo si fa presente che nel corrente anno scolastico la situazione presso la scuola media di Resia, associata alla scuola media «A Zardini» di Pontebba, per l'avvicendamento di personale docente in corso d'anno, è notevolmente migliorata rispetto all'anno scolastico 2004-2005. Infatti, fin dall'inizio dell'anno scolastico 2005-2006 i posti disponibili sono stati ampiamente coperti con docenti con contratto annuale e soltanto alcuni spezzoni orari sono stati assegnati a personale docente in attesa dell'individuazione dell'avente titolo.
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Inoltre, alcuni docenti con contratto a tempo determinato, che hanno già prestato servizio nella succitata sede sono rientrati nella medesima e ciò consente di assicurare agli allievi continuità didattico-educativa.
Gli inconvenienti che si sono verificati nel decorso anno scolastico nella continuità dell'insegnamento sono stati causati dalla difficoltà ad individuare personale disponibile a raggiungere luoghi particolarmente disagiati, quali le zone della Val Resia e dall'esigenza di attingere detto personale dalle graduatorie d'istituto disponibili in quel momento, in attesa della pubblicazione delle nuove graduatorie d'istituto di terza fascia.
Si chiarisce al riguardo che per la gestione da parte dei capi d'istituto delle supplenze che si rendano necessarie in periodi dell'anno in cui eventualmente non risultano ancora predisposte le relative aggiornate graduatorie di reclutamento, è prevista dall'articolo 40 della legge 27 dicembre 1997, n. 449, la specifica tipologia di contratto «in attesa dell'avente diritto». In tal caso, l'attribuzione avviene sulla scorta di graduatorie previgenti, tramite contratti a carattere provvisorio, in attesa dell'individuazione dell'avente titolo.
Si fa comunque presente che in sede di modifiche al Regolamento supplenze del personale docente, già in avanzata fase di elaborazione, questa Amministrazione sta valutando la praticabilità di soluzioni atte a ridurre e contenere il periodo in cui nelle scuole possano persistere contratti di carattere provvisorio «in attesa dell'avente titolo».
Il Sottosegretario di Stato per l'istruzione, per l'università e per la ricerca: Valentina Aprea.
FRANCESCHINI, OTTONE e SANDRI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle attività produttive. - Per sapere - premesso che:
nel 2000 il gruppo Alcoa, attualmente uno dei più importanti produttori mondiali di alluminio e allumina, ha acquisito lo stabilimento di Ferrara;
all'epoca dell'acquisizione lo stabilimento di Ferrara produceva circa un milione di cerchioni in alluminio all'anno, dando occupazione a circa 350-370 addetti;
con la gestione Alcoa il sito ha cominciato a soffrire di profondi problemi, secondo gli interroganti, a causa della totale assenza di strategie tecniche e commerciali della casa madre: sono state perse importanti quote di mercato, la produzione di cerchioni è scesa a una media di 500/600 mila ruote all'anno, il sito ha perso circa 8-20 milioni di euro l'anno;
oggi lo stabilimento di Ferrara si trova in una situazione di blocco degli investimenti da parte della casa madre, che rischia di far perdere anche i clienti europei;
a fronte della crisi Rover (uno dei principali clienti, per la quale Alcoa produceva circa 200.000 ruote) la casa madre ha smesso di sostenere lo stabilimento bloccando di fatto gli investimenti e non rimpiazzando le commesse Rover con altre;
in questi mesi Alcoa Italia ha condotto, presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, un'importante trattativa legata agli stabilimenti di Porto Vesme e Fusina, al fine di ottenere una consistente riduzione dei costi energetici;
il giorno 8 giugno 2005 si è tenuto un incontro tra Governo e proprietà per affrontare la crisi di Alcoa Italia;
il giorno 9 giugno 2005 si è tenuto un incontro a Ferrara, tra Istituzioni locali e proprietà, alla presenza delle organizzazioni sindacali;
il 13 giugno 2005 si è tenuto l'incontro annuale tra Alcoa Italia e sindacati per fare il punto della situazione italiana e fissare gli investimenti;
il 20 giugno 2005 i dipendenti del sito Alcoa di Ferrara hanno rivolto un appello
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al Presidente di Alcoa esprimendo la loro profonda preoccupazione per la situazione creatasi nello stabilimento in cui lavorano;
risulta agli interroganti che gli impianti della location di Ferrara non sarebbero mai stati rinnovati, al punto da compromettere la competitività, nonostante gli sforzi fatti dai dipendenti, che hanno raggiunto faticosamente e con impegno gli obiettivi prefissati;
Alcoa sembra abbia aperto delle trattative per la cessione dell'intera Bu Ruote, che non riguarderebbe lo stabilimento di Ferrara e che fanno ipotizzare una politica industriale volta alla chiusura dell'impianto -:
se non si adottano urgenti misure per la riqualificazione e il rilancio dell'impianto sarà messo a repentaglio il futuro di 330 famiglie dei lavoratori impiegati;
quali siano i contenuti e gli sviluppi delle trattative in corsa per risolvere la crisi e scongiurare il pericolo della chiusura della location Alcoa di Ferrara;
se non ritengano opportuno convocare un tavolo congiunto alla presenza di tutti i soggetti coinvolti: Governo nazionale, Istituzioni locali, proprietà e organizzazioni sindacali, per definire con più puntualità le modalità e i tempi degli interventi a sostegno dello stabilimento di Ferrara.
(4-15471)
Risposta. - Il Governo sta seguendo l'evolversi delle vicende delle aziende italiane della multinazionale americana Alcoa soprattutto dopo l'approvazione della legge n. 80/05 sulla competitività che ha confermato, fino al 2010, i regimi energetici agevolati per le attività industriali energivore.
Infatti, si sono tenute molteplici riunioni con il coinvolgimento di tutti i soggetti interessati al fine di trovare un percorso condiviso tra le parti. L'ultima di queste, si è svolta il 14 settembre 2005 presso la sede del Comitato per il coordinamento delle iniziative per l'occupazione della Presidenza del Consiglio dei ministri al fine di verificare la situazione aziendale degli stabilimenti Alcoa di Ferrara e di Zola Predosa (Bo).
Al riguardo ed in tale sede, l'azienda, pur ribadendo l'apprezzamento per i risultati ottenuti in seguito alla proroga delle tariffe agevolate, ha illustrato le difficoltà incontrate dal gruppo in Italia a seguito della contrazione del mercato. Le ipotesi di soluzione prese in considerazione dall'azienda, al fine di garantire la continuità produttiva ed occupazionale dei due stabilimenti, sono state condizionate dalla decisione della Alcoa Corporate di considerare non più strategici i business legati alla produzione di ruote. In tale quadro, il rappresentante dell'azienda ha informato circa l'attività di ricerca di un nuovo imprenditore che, ad oggi, ha visto la presentazione di diverse e qualificate dichiarazioni di intento da parte di imprenditori che si sono impegnati a presentare proposte di acquisto vincolanti sia sul piano industriale che su quello occupazionale. L'azienda, pertanto, procederà alla valutazione delle proposte sulla base di criteri che attengono, in primo luogo, alla conservazione del sito produttivo e al raggiungimento della massima occupazione, impegnandosi a dare informazioni alle parti sociali, compatibilmente con il rispetto dei vincoli contrattuali e di riservatezza.
Inoltre, l'azienda ha dichiarato di poter garantire la presenza di volumi produttivi per tutto il mese di ottobre. In considerazione di ciò, le parti si sono impegnate a non intraprendere azioni unilaterali che possano contrastare con il percorso definito.
Il Sottosegretario di Stato per le attività produttive: Mario Valducci.
GAMBA. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
con Prot. n. 37365 del 8 luglio 2005, la direzione Regionale della Lombardia - Centro Servizi Amministrativi di Milano - del Ministero dell'istruzione Universitaria e ricerca rendeva noto il calendario delle
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operazioni Personale ATA per l'Anno Scolastico 2005/2006 e contestualmente l'elenco in graduatoria dei destinatari di proposta di contratto di lavoro a tempo determinato e a tempo indeterminato;
dall'esame della graduatoria definitiva della Provincia di Milano di aspiranti collaboratori scolastici riservatari appartenenti al gruppo 2 (disabili ex articolo 1 legge n. 68 del 1988) appare una notevole incidenza di soggetti riconosciuti da un limitato numero di commissioni provinciali, e quasi tutte della medesima area geografica;
maggiormente, osservando la graduatoria definitiva della Provincia di Milano dei riservatari appartenenti al gruppo 3 (altre categorie ex articolo 18 comma 2 legge n. 68 del 1999) si nota che la stessa è formata quasi totalmente da elementi vagliati dalla Commissione Provinciale di Agrigento;
tali evidenze creano una legittima perplessità, quando non una vera e propria tensione negli altri aspiranti al ruolo -:
se il Ministro sia già a conoscenza di tali notizie, quali iniziative e/o provvedimenti intenda porre in essere, e nel caso, quali accorgimenti ritenga siano da attivare per evitare che si determinino situazioni pregiudizievoli del diritto dei legittimi aspiranti, e comunque al fine di ripristinare condizioni di inequivocabile trasparenza.
(4-16527)
Risposta. - Si comunica quanto riferito dal Direttore generale regionale per la Lombardia in merito alle perplessità espresse dall'interrogante sulle graduatorie definitive dei collaboratori scolastici beneficiari della riserva dei posti prevista dalla legge n. 68 del 12 marzo 1999: «Norme per il diritto al lavoro dei disabili».
I suddetti candidati, inclusi nella graduatoria provinciale permanente della Provincia di Milano, ammontano a 90 e risultano, tutti, in possesso della regolare documentazione prodotta dai competenti uffici provinciali di collocamento: 21 dei medesimi provengono dalla provincia di Agrigento.
Il Sottosegretario di Stato per l'istruzione, per l'università e per la ricerca: Valentina Aprea.
ALFONSO GIANNI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
in seguito alla rottura delle trattative in corso tra gli autotrasportatori della Fiat di Melfi e i committenti, gli autisti delle bisarche sono scesi in sciopero dallo scorso 26 aprile per chiedere una revisione delle tariffe;
ieri si è tenuto un incontro tra le parti, a Roma che non è stato risolutivo;
la Fiat ha deciso di bloccare dalle ore 22,00 del 13 maggio 2005 la produzione dello stabilimento di Melfi e chiederà la cassa integrazione per i circa 5000 operai che vi lavorano;
il blocco della produzione è annunciato a partire da lunedì 16 maggio anche per lo stabilimento Iveco di Suzara che vedrà ridotta la sua attività produttiva da due turni di lavoro a uno;
per quanto riguarda gli altri stabilimenti l'azienda stà valutando ulteriori conseguenze -:
come intenda il Ministro intervenire per derimere una situazione di stallo intervenuta tra gli autotrasportatori e i committenti;
cosa il Ministro interrogato intenda fare visto il protrarsi di una situazione insostenibile da parte dei lavoratori degli stabilimenti in questione e dei loro familiari.
(4-14513)
Risposta. - Con riferimento all'interrogazione in esame, relativa alla rottura delle trattative tra gli autotrasportatori della Fiat di Melfi ed i committenti, si fa presente che
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la questione è stata risolta e le relative problematiche superate.
Il Sottosegretario di Stato per il lavoro e per le politiche sociali: Maurizio Sacconi.
ALFONSO GIANNI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
Atesia spa è una societa leader dei call center con capitale azionario all'80 per cento COS e per il restante 20 per cento Telecom Italia;
Atesia spa impiega per la propria attività circa 4.000 operatrici ed operatori con contratti di collaborazione coordinata e continuativa o con contratti di collaborazione coordinata e continuativa a progetto;
le forme contrattuali atipiche che sono impiegate non danno alcuna stabilità alle lavoratrici ed ai lavoratori ed hanno tutti scadenza al 30 settembre 2005;
le lavoratrici ed i lavoratori, da diversi mesi, si sono organizzati in un organismo sindacale denominato «Collettivo Precari Atesia» per condurre una battaglia sindacale al fine di ottenere un contratto di lavoro a tempo indeterminato;
tale Collettivo ha raccolto il consenso della grande maggioranza degli operatori, consenso che si è espresso in una massiccia partecipazione a scioperi, manifestazioni ed assemblee;
tale Collettivo ha avuto proficui momenti di confronto con le istituzioni locali, regione Lazio, provincia e comune di Roma, in merito alla rilevanza sociale che Atesia riveste per la città;
la mattina del giorno 22 luglio 2005 l'azienda Atesia s.p.a. ha messo in libertà e dunque, data la particolare forma contrattuale retribuita a cottimo, senza reddito, per un tempo indefinito, alcune centinaia di lavoratrici e lavoratori;
il pomeriggio del giorno 22 luglio 2005 veniva organizzata un'assemblea in sala break dal Collettivo Precari Atesia con la partecipazione di numerosi lavoratori per discutere come far fronte alla decisione unilaterale dell'azienda;
al termine dell'assemblea la Direzione aziendale convocava due lavoratori e due lavoratrici rappresentanti del «Collettivo» per comunicargli l'avvenuto licenziamento in tronco «risoluzione per giusta causa del contratto»;
i quattro lavoratori licenziati sono stati ritenuti «responsabili» di partecipare ad una riunione non autorizzata (l'assemblea sindacale) oltreché notati, ad invitare i propri colleghi a partecipare all'assemblea;
per i quattro licenziati si tratta, chiaramente di una ritorsione da parte dell'azienda;
il comportamento aziendale, suscita allarme sociale e preoccupazione politica per la lesione dei diritti sindacali -:
se il ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti descritti;
se non intenda verificare la sussistenza di comportamenti antisindacali;
se non ritenga necessario intervenire, allo scopo di trovare una soluzione al problema reintegrando gli operatori licenziati.
(4-16268)
Risposta. - Con riferimento all'interrogazione in esame, dagli accertamenti effettuati dalla Direzione provinciale del lavoro di Roma, presso la Atesia spa è emerso quanto segue.
I lavoratori Valerio Alessandro Gentile, Emanuela Dei, Riccardo Riccardi e Mariella Tolomeo sono risultati occupati presso la Società Atesia - con contratto di lavoro a progetto, il primo dei quattro, e di collaborazione coordinata e continuativa i restanti tre - fino al 22 luglio 2005, data in cui i rispettivi contratti sono stati unilateralmente rescissi dalla Società Atesia,
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con apposite comunicazioni scritte, che i lavoratori hanno rifiutato di ritirare personalmente.
Successivamente la Società ha confermato le rescissioni a mezzo telegramma.
Più in particolare si precisa che i lavoratori in parola, in coincidenza di un'assemblea, indetta autonomamente dal Collettivo Precari Atesia, si sarebbero recati nelle sale di lavoro per sollecitare i colleghi in servizio a partecipare alla stessa.
Secondo la Società l'invito ad abbandonare le postazioni per partecipare alla citata assemblea, avrebbe determinato un grave disturbo dell'attività lavorativa e, pertanto, configurato «una lesione del vincolo fiduciario» con «un gravissimo inadempimento delle obbligazioni contrattuali» tale da determinare la risoluzione dei rispettivi contratti.
Si fa presente, poi, che, prescindendo dalla natura del rapporto di lavoro in essere dei quattro lavoratori, qualsiasi azione intesa ad ottenere la riassunzione (nel caso di lavoro subordinato), ovvero la prosecuzione del relativo contratto (nel caso di lavoro a progetto o di collaborazione), è materia di esclusiva competenza del Magistrato del Lavoro, cui i medesimi lavoratori potranno rivolgersi previo tentativo di conciliazione presso il Servizio Politiche del Lavoro della Direzione Provinciale del Lavoro di Roma.
A quest'ultimo riguardo si riferisce che la Atesia spa ha ricevuto comunicazioni in tal senso da parte dei lavoratori Mariella Tolomeo, Valerio Gentile e Riccardo Riccardi.
Il Sottosegretario di Stato per il lavoro e per le politiche sociali: Maurizio Sacconi.
JANNONE. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
i numerosi incidenti ferroviari avvenuti recentemente su tratte di carattere regionale, impongono degli interventi urgenti per evitarne altri;
è indispensabile avviare un monitoraggio di tutta la rete ferroviaria italiana, compresi i sistemi di allarme, i semafori, i segnali sonori, eccetera, per verificare quali siano le situazioni a rischio e provvedere ad aumentare la sicurezza sulla rete;
le linee ferroviarie sono spesso carenti in infrastrutture, tanto che in alcune tratte internazionali (come l'asse Bologna- Verona-Brennero) i convogli viaggiano ancora in un unico binario;
su di un totale di 16.000 chilometri di linea ferroviaria soltanto meno di un terzo hanno un sistema di controllo che permettere il blocco in automatico di un convoglio qualora il macchinista non rispettasse, sia per errore umano che tecnologico, la segnaletica semaforica;
i treni di nuova generazione sono datati di notevoli sistemi per la sicurezza, ma sono ancora in numero ristretto quelli in effettiva circolazione sulle tratte con più affluenza;
molti pendolari e fruitori del servizio di Trenitalia spa in genere, segnalano, anche con iniziative di protesta simboliche, i numerosi disagi cui quotidianamente sono costretti a subire, quali la presenza di convogli carichi oltre le reali possibilità delle carrozze, ma soprattutto il costante ritardo dei treni;
lo stress del viaggio ed il disagio verso questo mezzo di trasporto, è sicuramente destinato a crescere se si considera il degrado delle carrozze e dei sedili;
l'incremento della sicurezza e dell'efficienza rappresentano le prerogative indispensabili per qualsiasi aumento tariffario -:
quali misure siano allo studio da parte degli operatori del trasporto per investire nelle infrastrutture su rotaia e soprattutto nelle tecnologie per la sicurezza dei treni e della rete ferroviaria;
quali misure siano allo studio per rendere le linee ferroviarie più sicure ed efficienti;
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quali misure si intendano attuare per i continui ritardi e disservizi in modo da prendere in considerazione le reiterate lamentele dell'utenza.
(4-16969)
Risposta. - In merito all'interrogazione, per quanto riguarda la sicurezza della circolazione sull'intera rete ferroviaria, Ferrovie dello Stato spa ha confermato che essa rappresenta un obiettivo di fondamentale importanza per il quale vengono applicati standard estremamente severi.
I circa 16.000 chilometri della rete con caratteristiche infrastrutturali e tecnologiche diverse su cui circolano ogni giorno oltre 9.200 treni sono tutti attrezzati con sistemi di sicurezza adeguati sia alle caratteristiche di traffico sia alle massime velocità che i treni possono raggiungere. Non esistono pertanto linee meno sicure di altre ma linee differentemente attrezzate in relazione ai flussi di traffico, alla velocità ed alla frequenza dei treni.
Rete ferroviaria italiana spa sta comunque lavorando per incrementare i già elevati standard di sicurezza della rete: significativo è il contributo offerto dalla installazione dei sistemi a tecnologia innovativa che controllano la marcia dei treni attivando la frenatura d'emergenza nel caso di mancato rispetto dei segnali o dei vincoli infrastrutturali.
Il programma di sviluppo ed installazione di tali sistemi prevede entro il 2007 la copertura di 10.500 chilometri di rete fondamentale con il sistema controllo marcia treno e la copertura dei rimanenti 5.500 di rete complementare con il sistema supporto alla condotta.
Il sistema controllo marcia treno, il cui sviluppo è stato avviato agli inizi del 2000, controlla la marcia dei treni attivando in modo automatico la frenatura d'emergenza quando riscontra un mancato rispetto dei segnali da parte del treno o il superamento della velocità rispetto ai limiti imposti dal segnalamento dai vincoli strutturali e dal materiale rotabile.
L'installazione del sistema controllo marcia treno è iniziata nel 2003 e vede coinvolte le più grandi imprese esperte nella tecnologia ferroviaria nel comune sforzo di attrezzaggio in tempi rapidi della rete ferroviaria.
Ad oggi tale sistema è stato installato su circa 3.700 chilometri di linea ed il programma prevede un piano di installazione di 3.000 chilometri l'anno.
Il sistema supporto alla condotta, il cui sviluppo è in corso, è di più rapida installazione sia a terra sia a bordo; tale sistema attiva automaticamente la frenatura d'emergenza del treno nell'eventualità che non venga correttamente riconosciuto da parte del personale di condotta - tramite l'azionamento di apposito interfaccia - l'aspetto dei segnali cui il treno si approssima e comunque in caso di superamento di un segnale a via impedita.
L'avvio delle installazioni è previsto a partire dalla seconda metà del corrente anno e si prevede il completamento della copertura sui 5.500 chilometri entro il 2007.
A supporto di queste tecnologie innovative è in corso di realizzazione il sistema radiomobile GSM-R ad uso esclusivo ferroviario - già in funzione su 2.300 chilometri - che garantisce le comunicazioni terra-treno sia per le comunicazioni di servizio relative alla circolazione e manutenzione ferroviaria sia per le chiamate di emergenza anche nelle tratte ferroviarie situate in galleria. Si prevede che entro il 2006 sarà attrezzata la rete fondamentale (7.500 chilometri) mentre la restante rete complementare sarà attrezzata entro il 2009.
In attesa del completamento dei predetti sistemi innovativi, per favorire il processo di transizione verso le nuove tecnologie, RFI, d'intesa con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha adottato provvedimenti tecnico/normativi che prevedono l'adozione di ulteriori misure a protezione della circolazione ferroviaria.
Con le pianificazioni sopra descritte si è sostanzialmente saturata la capacità produttiva della imprese di settore e pertanto la realizzazione degli investimenti è condizionata anche dalla capacità di risposta dell'intero sistema industriale italiano ed europeo.
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Per quanto riguarda il trasporto regionale, Ferrovie dello Stato ha premesso che alcuni disservizi nel trasporto pendolare sono ascrivibili a due fattori di fondamentale importanza quali: da un lato la forte e continua crescita della domanda di trasporto da parte della clientela in particolare gravitante intorno ai principali nodi, la quale ha richiesto maggiori ed imprevisti piani di investimento del materiale rotabile; dall'altro i lavori in corso per l'adeguamento ed il rinnovamento delle infrastrutture che comportano talvolta qualche criticità nella regolarità della circolazione ma che apporteranno vantaggi in termini di qualità dei servizi resi.
Per quanto attiene il piano di rinnovamento del materiale rotabile del trasporto regionale, Ferrovie dello Stato fa presente che già a partire dai primi mesi del 2005 hanno avuto inizio le prime consegne di alcuni materiali (carrozze a doppio piano treni Minuetto) che continueranno progressivamente fino al 2008. A partire dal 2004 è stato inoltre avviato il progetto di investimento per le nuove carrozze ad alta capacità (treni Vivalto) le cui consegne sono iniziate nel mese di ottobre 2005 e proseguiranno secondo un piano a valenza pluriennale.
Si aggiunge infine che oltre ai piani di acquisto di nuovo materiale, proprio al fine di ridurre i disservizi per la clientela, a partire dal mese di febbraio 2005 è stato attivato anche un piano straordinario di ristrutturazione e ammodernamento del materiale già in servizio che ha consentito complessivamente il recupero di gran parte del parco rotabile.
Il Sottosegretario di Stato per le infrastrutture e per i trasporti: Nino Sospiri.
SANTINO ADAMO LODDO, CABRAS, PISAPIA, BENVENUTO, MILANA, SGOBIO, FRIGATO, TOLOTTI, PISTONE, ZACCARIA, GIACOMELLI, RAVA, MARINO, BANTI, MASCIA, RUGGERI, REDUZZI, QUARTIANI, RAFFALDINI, MARCORA, MOSELLA, NIGRA, LEONI, VILLETTI, MANTOVANI, ROSATO, VILLARI, SORO, NUVOLI, PAPPATERRA, GROTTO, DEIANA, ALFONSO GIANNI, RIA, ZANELLA, ERCOLE, BELLILLO, VERRO, BLASI e STERPA. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
la società Torriani Spa con sede a Cologno Monzese (Milano) storica legatoria in corso Roma, con 73 dipendenti, ha comunicato la propria decisione di dismettere l'attività con gravi conseguenze sui livelli occupazionali;
venerdì 24 giugno 2005, presso la sede dell'Associazione dei Poligrafici alla presenza del vice direttore generale dell'Associazione medesima dott. Massimo Villani, del titolare dell'azienda, nel corso di un incontro con le rappresentanze sindacali, il vice presidente della Regione dottor Marco Cipriano ed i sindaci di Cologno Monzese e di Brugherio rispettivamente nelle persone dell'arch. Mario Soldano e del dottor Carlo Cifronti, hanno ribadito la necessità di una soluzione che tuteli i lavoratori considerando anche la possibilità della Cassa Integrazione Guadagni;
le trattative svoltesi hanno sempre mirato a salvaguardare i posti di lavoro dei 73 dipendenti;
il verificarsi di tale situazione preoccupa tutte le rappresentanze politiche ed istituzionali del territorio anche quelle di maggioranza -:
se il Ministro, come in altre analoghe circostanze, non intenda convocare i legali rappresentanti della Torriani Spa per una adeguata ed immediata soluzione che garantisca ai dipendenti la continuità del posto di lavoro.
(4-16542)
Risposta. - Presso questo Ministero, a seguito di specifica richiesta da parte delle Organizzazioni sindacali di categoria, in data 20 luglio 2005, è stato tenuto un incontro per l'esame della situazione della Società Torriani spa.
Nel corso della riunione è stato concordato che la Direzione aziendale avrebbe
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inoltrato domanda di Cassa integrazione guadagni straordinaria per crisi aziendale per cessazione di attività, ai sensi del decreto ministeriale 18 dicembre 2002, per un numero massimo di 73 dipendenti, a far data dal 1o agosto 2005 sulla base di quanto stabilito nel Protocollo del 1o luglio 2005 e successive integrazioni.
Sono stati, inoltre, presi accordi per quanto riguarda la procedura di mobilità e da ultimo le Parti hanno concordato di avvalersi della deroga prevista dall'articolo 8, comma 4, della legge n. 236 del 1993 e di fissare il termine di detta procedura al 31 luglio 2006.
Si comunica, infine, che l'azienda ha presentato, in data 22 settembre 2005, domanda di Cassa integrazione guadagni straordinaria per il periodo decorrente dal 1o agosto 2005 al 31 luglio 2006.
Il Sottosegretario di Stato per il lavoro e per le politiche sociali: Maurizio Sacconi.
MAZZUCA POGGIOLINI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro per le pari opportunità. - Per sapere - premesso che:
l'Istituto Tecnico «L. B. Alberti» è localizzato nell'edificio di Viale della Civiltà e del Lavoro a Roma dagli anni 50, con un numero di circa 500 iscritti;
ad oggi le classi sono tutte concentrate nel medesimo istituto, il che favorisce il corretto svolgimento delle lezioni e delle attività tecniche con materiali e suppellettili adeguate;
nel 2004 l'Istituto Alberti ha visto aumentare il numero degli iscritti, che provengono dal centro città e dai comuni limitrofi, tanto da dover formare anche una classe in più;
l'Istituto Alberti ha utilizzato fondi del proprio bilancio per ristrutturare e rendere più decoroso e fruibile all'utenza scolastica l'edificio, ristrutturando ambienti e recuperando materiali e suppellettili degne di un museo storico;
l'istituto Alberti ha affrontato ingenti spese per la messa a norma dei locali e dei laboratori tecnici destinati agli studenti;
il giorno 19 maggio 2004 è stata pubblicata su un quotidiano a tiratura nazionale la notizia che il suddetto Istituto avrebbe ceduto alcune aule, senza un motivo apparente, al vicino Liceo Scientifico Cannizzaro;
tale improvvisa notizia non trovava conferma negli organi amministrativi dell'istituto Alberti, che ad oggi non hanno mai rilasciato nessuna comunicazione ufficiale in merito;
l'eventuale cessione di aule creerebbe una modifica strutturale interna all'Istituto Alberti costringendo gli alunni ad usare una scala emergenza-antincendio esterna per raggiungere le aule di lezione, con evidente pericolo per la propria incolumità;
l'eventuale cessione di aule costringerebbe gli alunni dell'Istituto Alberti ad effettuare turni di lavoro doppi per le attività informatiche fondamentali per un istituto tecnico;
i genitori degli alunni dell'istituto Alberti in data 30 maggio 2005 si sono riuniti in assemblea per evidenziare la loro preoccupazione sull'accaduto;
la questione è stata segnalata dai genitori degli alunni all'Assessorato alle Politiche della scuola della provincia di Roma, all'Ufficio Scolastico Regionale e al Dirigente scolastico della scuola stessa;
non si reputa giusto che l'istituto Alberti, che da tempo opera con serietà e impegno, debba essere penalizzato a vantaggio di un Liceo, istituto privilegiato per l'accesso diretto all'Università, come previsto dalla nuova normativa, in danno degli istituti tecnici in questo non favoriti -:
se il Ministro per la pubblica istruzione intenda adottare provvedimenti adeguati
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a garantire e tutelare il diritto allostudio anche degli alunni di un istituto tecnico, privati di aule scolastiche.
(4-15226)
Risposta. - L'interrogante chiede provvedimenti riguardo alla cessione di n. 5 aule da parte del Dirigente scolastico dell'Istituto di istruzione superiore «L.B. Alberti» in favore del Liceo «Cannizzaro», entrambi situati a Roma.
Si premette che il ministero per le pari opportunità ha comunicato di non poter fornire notizie utili in considerazione della specificità della materia.
La questione riguardante la cessione in uso di alcune aule scolastiche dell'Istituto superiore L.B. Alberti al Liceo scientifico Cannizzaro è stata oggetto di esame il 6 settembre 2005 presso il «Tavolo interistituzionale con il Comune di Roma e la Provincia di Roma per le emergenze edilizie» funzionante presso l'Ufficio scolastico regionale del Lazio. In tale sede era stato concordato di assegnare al Liceo scientifico Cannizzaro i locali ubicati al primo e secondo piano. In data 7 settembre 2005 è stato siglato un accordo, tra i dirigenti scolastici interessati, che prevede la cessione in uso di n. 5 aule da parte dell'I.I.S. L.B. Alberti a favore del L.S. Cannizzaro.
I dirigenti scolastici hanno convenuto che la soluzione prevista al Tavolo delle Emergenze avrebbe comportato tempi che avrebbero messo a rischio il regolare inizio dell'anno scolastico e pertanto i locali utilizzati dal Liceo scientifico Cannizzaro sono stati dislocati al primo e terzo piano dell'Istituto.
L'Amministrazione Provinciale, presente all'incontro avvenuto il 6 settembre, si è impegnata ad affrontare e risolvere le questioni legate, in particolare: alla messa in opera delle porte di emergenza ai vari piani, messa a disposizione dell'ascensore atto a superare le barriere architettoniche, la consegna della palestra e la predisposizione della via di accesso diretta per il Liceo, al fine di evitare confusione tra gli studenti dei due Istituti.
Il Sottosegretario di Stato per l'istruzione, per l'università e per la ricerca: Valentina Aprea.
MONTECCHI. - Al Ministro della salute, al Ministro delle politiche agricole e forestali. - Per sapere - premesso che:
il Ministero della salute con decreto del 23 maggio 2003, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 179 del 4 agosto 2003, è intervenuto per adottare misure urgenti riguardanti l'infezione di brucellosi diffusasi in alcuni allevamenti situati nelle province di Reggio Emilia e Parma nella primavera del 2003;
il suddetto provvedimento ha indicato anche specifiche forme di indennizzo per l'abbattimento degli animali;
a distanza di due anni la provincia di Reggio Emilia è nuovamente interessata all'epidemia che ha colpito tre aziende zootecniche;
è necessario intervenire tempestivamente per impedire la diffusione dell'epidemia e tutelare il territorio della regione Emilia-Romagna riconosciuta «ufficialmente indenne» a livello europeo dalla brucellosi bovina con decisione 2003/165/CE del 10 marzo 2003 -:
quali misure intenda adottare per garantire l'indennizzo dei capi abbattuti in base agli stessi parametri indicati nel decreto del 23 maggio 2003.
(4-15599)
Risposta. - Il decreto ministeriale 23 maggio 2003, concernente le «Indennità per abbattimento degli animali affetti da brucellosi», è stato emanato, in via del tutto eccezionale, per assicurare la tutela del patrimonio zootecnico dei capi di bestiame affetti da brucellosi nelle province di Parma e Reggio-Emilia.
Nel 2003, nonostante la regione interessata avesse acquisito con la decisione della Commissione europea 2003/164/CE la qualifica di territorio ufficialmente indenne da brucellosi bovina, si erano verificati nelle
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province di Reggio-Emilia e Parma alcuni focolai di brucellosi con carattere evolutivo.
Per evitare la diffusione della malattia nel resto della regione e di comprometterne, di conseguenza, la qualifica di territorio ufficialmente indenne, il Ministero della salute ha ritenuto necessario disporre immediatamente l'abbattimento totale dei capi presenti nelle due province.
Poiché la normativa vigente prevede, per gli allevatori che subiscono tali perdite, indennizzi non soddisfacenti nel caso in cui si verifichino in via eccezionale ed imprevedibile dei focolai di brucellosi in territori ufficialmente indenni, il Ministero della salute ha autorizzato con il citato decreto ministeriale a partire dal 1o gennaio 2003 per i focolai accertati, la previsione dell'indennizzo, pari al 100 per cento del valore di mercato del capo abbattuto, di cui alla legge 2 giugno 1988, n. 218, nella misura del 50 per cento a carico del Fondo sanitario nazionale a destinazione vincolata, e, per l'altro 50 per cento a carico del Fondo regionale.
Nonostante l'articolo 2 della legge suddetta escluda, per i casi di brucellosi e tubercolosi, la previsione dell'indennità di abbattimento pari al 100 per cento del valore di mercato dell'animale abbattuto, il citato decreto ministeriale è stato emanato sulla base di un criterio di interpretazione estensiva della legge, esclusivamente al fine di circoscrivere una situazione del tutto anomala ed eccezionale, quale il manifestarsi di focolai di malattia in una Regione ufficialmente indenne.
Il prefetto di Reggio-Emilia, a seguito di un'incontro con la delegazione delle organizzazioni provinciali di categoria degli agricoltori, ha rappresentato la richiesta delle suddette organizzazioni di un rifinanziamento del decreto in esame, allo scopo di procedere al totale abbattimento dei bovini infetti preseti in alcune stalle e garantire una adeguata profilassi sanitaria. Tale richiesta è stata inoltrata anche al Ministero delle politiche agricole e forestali.
La regione Emilia-Romagna, inoltre, ha richiesto al Ministero della salute di erogare le indennità agli allevatori per il 2005 secondo le disposizioni del decreto ministeriale 23 maggio 2003.
Il Ministero della salute, con una nota indirizzata alla prefettura e all'ente regionale, ha precisato che tali istanze non possono essere accolte, attesa l'eccezionalità del citato provvedimento, il quale, come specificato nelle premesse, poteva essere applicato soltanto ai focolai già accertati, a decorrere dal 1o gennaio 2003.
A sostegno di tale motivazione, è stata data informativa sulla nota di avvertenza n. 149 del 3 luglio 2003 della Corte dei Conti, formulata nelle more dell'esame del decreto citato, la quale ha ravvisato nel provvedimento i caratteri di eccezionalità volti a circoscrivere i focolai manifestatisi in una regione in possesso della qualifica di «ufficialmente indenne».
Poiché è stata ravvisata, inoltre, la presenza di un interesse alla tutela del patrimonio zootecnico, manifestato dalla previsione di un collaterale contributo regionale sulla base del criterio tendenziale di non addossare la totalità dell'indennizzo a carico dello Stato, l'organo di controllo ha ritenuto, eccezionalmente, di poter dare corso al provvedimento in esame.
Il Sottosegretario di Stato per la salute: Cesare Cursi.
OSVALDO NAPOLI. - Al Ministro della salute, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
il 21 giugno 2005 Iolanda Semplici, direttore generale dell'azienda ospedaliera universitaria di Siena, dopo una riunione con tutti i responsabili delle chirurgie ha chiesto loro di tagliare per 66 giorni (dal 1 luglio al 4 settembre) meta dei posti letto, che sono in tutto 63;
da alcune notizie sembra che tale misura avesse l'obiettivo di ridurre le spese dell'azienda ospedaliera, almeno per i mesi estivi, al fine di sanare il buco di bilancio dell'azienda stessa;
il direttore generale ha ottenuto il benestare di tutti tranne che del professor
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Enrico Pinto, primario di chirurgia oncologica, che per la peculiarità del proprio reparto, ha comunicato l'impossibilità di ridurre a metà i posti letto. Il reparto gestito dal professore, infatti, accoglie pazienti gravemente malati e spesso bisognosi di interventi repentini e ridurre i posti letto avrebbe significato negare le cure necessarie a queste persone;
il professor Pinto ha, quindi, continuato ad accettare tante persone quante il suo reparto è in grado di accogliere;
a seguito di questo, il direttore generale ha deciso di sospendere i turni di accettazione chirurgica nel reparto del professor Pinto e di affidarli temporaneamente ad altre due unità, con grave danno dei pazienti, degli studenti specializzandi che non potranno per i prossimi due mesi espletare la pratica chirurgica e della stessa azienda che, a parere dell'interrogante, non solo ne perderà in prestigio ma anche economicamente;
secondo l'interrogante, ove la motivazione dei tagli fosse un buco di bilancio, la soluzione individuata dall'azienda sarebbe peggiore del male, visto che dimezzando l'accettazione si dimezzano anche le entrate -:
se non intenda, relativamente alla vicenda sopra descritta, ai sensi di quanto previsto dall'articolo 1, comma 172, della legge n. 311 del 2004 (finanziaria 2005), disporre l'accesso presso l'azienda ospedaliera universitaria di Siena, per verificare se le scelte della stessa siano state o meno determinate da eventuali problemi di bilancio e se comunque, nel caso in esame possa ritenersi garantita l'erogazione dei livelli essenziali di assistenza.
(4-15918)
Risposta. - È opportuno precisare che, secondo quanto previsto dalla riforma istituzionale (legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, «Modifiche al Titolo V della parte seconda della Costituzione»), la competenza degli enti regionali sull'organizzazione dei servizi sanitari, ed in particolare su quella della rete ospedaliera, si è ulteriormente consolidata. Le norme di livello nazionale devono limitarsi alla definizione di standard o di indirizzi, mirati a garantire un giusto equilibrio tra le macroaree di assistenza (ospedaliera, territoriale, di prevenzione).
Il processo di riordino ospedaliero è, peraltro, in atto da tempo (le prime indicazioni nazionali in materia risalgono alla legge 23 ottobre 1985 n. 595); nel decreto legge 18 settembre 2001, n. 347, convertito nella legge 16 novembre 2001, n. 405, recante «Interventi urgenti in materia di spesa sanitaria», l'orientamento del Ministero della salute, conforme alle indicazioni ed alle esperienze regionali, è stato quello di ridurre i posti letto per acuti (lo standard di dotazione media regionale è pari a 4 posti letto per mille abitanti), a favore di quelli per la riabilitazione e, ancor più, a favore di forme diverse dalla ospedalizzazione, con conseguente aumento dei servizi sanitari sul territorio.
L'articolo 4 dell'Intesa Stato-regioni del 23 marzo 2005, in riferimento a quanto previsto dall'articolo 1, comma 173, lettera d) della legge 30 dicembre 2004, n. 311, (legge finanziaria 2005), prevedeva che le regioni si impegnassero ad adottare, entro il mese di settembre 2005, provvedimenti di determinazione dello standard di posti letto, accreditati ed effettivamente a carico del Servizio sanitario regionale, non superiore a 4,5 posti letto per mille abitanti, comprensivi di quelli per la riabilitazione e per la lungodegenza post-acuzie, adeguando coerentemente le dotazioni organiche dei presidi ospedalieri pubblici. Rispetto a tali standard è compatibile una variazione che in ogni caso, non può superare il 5 per cento in più, in rapporto alle diverse condizioni demografiche. Le Regioni, inoltre, si sono impegnate ad adottare i provvedimenti per promuovere il passaggio dal ricovero ordinario al ricovero diurno ed il potenziamento di forme alternative al ricovero ospedaliero, con il raggiungimento della riduzione della assistenza ospedaliera erogata.
Per la verifica degli adempimenti connessi alla predetta intesa, l'articolo 12 istituisce presso il Ministero dell'economia e finanze un Tavolo tecnico costituito oltre
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che dal citato Ministero, da: Dipartimento per gli affari regionali della Presidenza del Consiglio dei ministri, Ministero della salute, regioni, Agenzia per i servizi sanitari regionali, segreteria della Conferenza Stato-regioni, Segreteria della conferenza dei Presidenti.
È previsto, inoltre, un Tavolo di livello politico, Governo (Ministeri della salute ed economia e finanze) e regioni e province autonome.
Sulla vicenda segnalata dall'interrogante la prefettura - ufficio territoriale del Governo di Siena ha comunicato che il Direttore generale dell'azienda ospedaliera universitaria senese con provvedimento in data 21 giugno 2005 ha disposto la riduzione, dal 1o luglio al 4 settembre, del 50 per cento del numero dei posti letto dei reparti chirurgici per consentire la concessione delle ferie estive al personale, e l'accorpamento temporaneo, necessario per liberare l'ala ovest del sesto piano del complesso ospedaliero.
L'accorpamento ha ricompreso anche il reparto della Unità operativa chirurgica (U.O.C.) chirurgia oncologica, diretta dal professor Enrico Pinto, direttore del dipartimento di chirurgia generale ed oncologica, che si è opposto a tale decisione, continuando ad accettare i pazienti, indirizzati verso il proprio dipartimento, oltre il limite stabilito dalla direzione generale, in considerazione della pecularietà del reparto, che accoglie pazienti gravemente malati.
Il direttore generale ha deciso, pertanto, di sospendere i turni di accettazione presso il reparto di chirurgia oncologica e di affidarli temporaneamente ad altre unità di chirurgia.
Il provvedimento ha provocato una accesa campagna stampa a favore dell'annullamento del provvedimento restrittivo, unitamente a proteste formali ed a messaggi di solidarietà, anche da parte dei cittadini e degli studenti specializzandi.
In data 29 giugno 2005 il professor Pinto informava il prefetto di Siena dell'accaduto, sottolineando i gravi disagi che ne sono derivati per l'assistenza dei pazienti.
Al riguardo, il direttore generale, con lettera del 1o agosto 2005 ha fatto sapere quanto di seguito riportato: «non sono state ridotte le risorse a disposizione del Dipartimento di chirurgia generale ed ocologica e delle altre unità operative che ne fanno parte; i posti letto dell'Unità di chirurgia non sono stati ridotti ed è stato rispettato il numero concordato all'inizio dell'anno; il provvedimento di limitazione ha riguardato esclusivamente la temporanea riduzione dei posti letto nel periodo estivo (dal 1o luglio al 4 settembre) ed ha interessato diversi reparti chirurgici (compreso quello di chirurgia oncologica) per complessivi 39 posti letto su un totale di 105; tale misura restrittiva è stata applicata da molti anni e non ha mai fatto evidenziare disagi da parte degli utenti; peraltro, nell'azienda non si sono verificate liste di attesa; quanto ai politraumatizzati, si sottolinea che la questione non è pertinente, trattandosi di patologie proprie dell'emergenza-urgenza che è assicurata 24 ore su 24; i fattori coincidenti che hanno contribuito alla decisione sono stati due: 1) contrazione stagionale delle attività chirurgiche programmate; 2) concentrazione delle richieste delle ferie da parte del personale medico ed infermieristico.
Da rilevare che tutto il personale infermieristico dell'ospedale, senza eccezioni, come più volte verificato con le organizzazioni sindacali, è collocato in attività assistenziali.
La riduzione è stata programmata dopo l'analisi dei dati storici degli anni precedenti, dai quali emerge come, nel periodo estivo (luglio-agosto), il numero dei ricoveri e degli interventi, nelle unità operative alle quali si riferisce il provvedimento, è ridotto del 18 per cento».
Il direttore generale, inoltre, ha segnalato che i reparti dell'area chirurgica interessata dai «tagli» sono accomunati da livelli di qualità di assistenza sostanzialmente omogenei, che consentono all'attività chirurgica ed a quella in emergenza-urgenza di rispondere a tutte le esigenze, comprese quelle oncologiche, pertanto, tutti i reparti di chirurgia generale svolgono la loro attività con modalità omogenee, sia per qualità che per quantità.
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Anche per l'interventistica in campo oncologico, i dati dimostrano un sostanziale equilibrio fra i reparti.
Il direttore generale ha sottolineato che «l'organizzazione dipartimentale ed interdipartimentale dell'Azienda ospedaliera universitaria senese è basata sul principio della centralità del paziente ed esclude la «proprietà» dei posti letto da parte dei singoli primari garantendo, tramite aggiustamenti organizzativi interni, che siano comunque soddisfatte anche le pecularietà assistenziali e la libera scelta del cittadino.
La sospensione dell'accettazione per il reparto di chirurgia generale ed oncologica del professor Pinto è stata dettata dalla necessità di «dirottare», temporaneamente, l'accettazione stessa su reparti meno affollati.
Tuttavia, essendosi, in tempi successivi, verificate le condizioni richieste dalla direzione sanitaria, l'accettazione è stata ripristinata a decorrere dal 18 luglio 2005.
Il Sottosegretario di Stato per la salute: Cesare Cursi.
ONNIS. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
la stampa ha recentemente reso noti i risultati di un'indagine sulle sostanze che compongono le creme solari (La Repubblica, edizione del 23 maggio 2005, pagina 22);
tale indagine avrebbe in particolare analizzato e comparato dodici prodotti solari tra i più diffusi in Italia;
si apprende, quindi, che, in questi preparati, sarebbero state individuate anche sostanze potenzialmente pericolose per la salute, quali il fenossietanolo («solvente antibatterico ma che avrebbe effetti negativi sul sistema riproduttivo») e i «liberatori di formaldeide ... capaci di cedere questa molecola che il Cancer International Researeh Center classifica come cancerogena» (fonte citata);
le associazioni che tutelano gli interessi dei consumatori hanno di conseguenza sollecitato l'avvio di un'indagine, per iniziativa del Ministro interrogato, al fine di accertare se e in quale misura tali sostanze, nelle quantità utilizzate per la preparazione dei filtri solari, possano recare danno alla salute;
da tempo gli specialisti del settore raccomandano di esporsi ai raggi solari - soprattutto nelle aree di mare e di montagna - solo con l'adozione delle opportune cautele e, prima di tutto, assicurando all'epidermide uno schermo adeguato, quale quello che dovrebbe essere offerto dalle creme sopra indicate;
l'uso dei filtri solari è quindi, ormai, assai diffuso, soprattutto per proteggere l'epidermide dei bambini, più sensibili agli effetti negativi dei raggi ultravioletti;
appare pertanto opportuno verificare l'attendibilità della ricerca cui si è fatto riferimento, per inibire la vendita di prodotti pericolosi per la salute o, se i dubbi così sollevati non ottenessero conferma, per evitare la diffusione di notizie inutilmente allarmanti -:
se le notizie sopra riferite trovino conferma nei dati a disposizione del Governo;
quali verifiche siano state compiute, finora, circa gli effetti dei filtri solari sulla salute dell'utilizzatore, anche a distanza di tempo dall'applicazione del prodotto, e se, sulla scorta dell'inchiesta cui si è fatto riferimento, non si ritenga opportuno avviare ulteriori indagini in merito.
(4-14671)
Risposta. - Le sostanze indicate dall'interrogante vengono utilizzate quali conservanti nei prodotti cosmetici e sono ammesse dalla direttiva 76/768/CE, recepita nel nostro Paese con la legge 11 ottobre 1986, n. 713, purché le sostanze siano state sottoposte alla valutazione del Scientific committee on cosmetic products and non food products (SCCNFP).
Detto organismo, recentemente denominato Scientific committee on consumer products (SCCP), ne ha confermato la sicurezza per i consumatori, a condizione che
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vengano rispettate le concentrazioni di cui all'allegato VI della predetta direttiva, corrispondente all'allegato V della legge n. 713/86.
Si precisa che nella definizione di «conservanti» rientrano le sostanze utili a inibire lo sviluppo di microrganismi nei prodotti cosmetici.
Relativamente alle sostanze che hanno destato i timori delle Associazioni di tutela dei consumatori, si sottolinea che l'utilizzo del fenossietanolo, come conservante, è regolato dalla direttiva richiamata e dalla legge nazionale di recepimento, già citata.
Il relativo parere del Scientific committee on cosmetic products and non food products è precedente al 1999; nel 2003, peraltro, la commissione di cosmetologia francese, nel riesaminare i derivati del glicol etilenico utilizzati nei cosmetici, ha preso in esame anche il fenossietanolo, e, sulla base di uno studio di assorbimento cutaneo in vitro e di uno di tossicità subcronica, si è dichiarata favorevole a mantenere la concentrazione massima dell'1 per cento nel prodotto finito.
Per quanto riguarda la formaldeide, la concentrazione massima autorizzata di FO libera è 0,2 per cento, come richiesto dal «panel» di esperti del Cosmetic ingredient review (CIR); l'allegato V, sezione I, parte I, n. 5, della legge n. 713 del 1986 limita a 0,1 per cento la concentrazione massima di FO libera nei prodotti destinati all'igiene della bocca.
È, in ogni caso, obbligatorio segnalare in etichetta la presenza di FO, laddove la concentrazione massima nel prodotto finito superi lo 0,05 per cento.
I «liberatori di FO» consentiti nei prodotti cosmetici come conservanti sono 4: imidazolidinyl urea, diazolidinyl urea, sodium hydroxymethyl glycinate e benzylhemiformal.
Nell'allegato V della legge sui cosmetici sono indicate le concentrazioni massime entro le quali è consentito l'impiego di tali sostanze, le quali si degradano quasi totalmente a FO; questo rende difficile la messa a punto di metodi analitici in grado di stimare il loro contenuto nel prodotto finito.
La valutazione Sccnfp/586/02, peraltro, ha affermato che la salute del consumatore è garantita con un valore di FO totale, presente nei liberatori di FO, non superiore allo 0,2 per cento nel prodotto cosmetico finito.
In base allo stesso parere del Sccnfp, i prodotti di degradazione, diversi da FO, dei 4 conservanti non suscitano preoccupazioni per la salute del consumatore.
Allo stato delle attuali conoscenze scientifiche, non si possono rilevare particolari situazioni di rischio derivanti dalla presenza nei cosmetici di sostanze quali il fenossietanolo ed i liberatori di formaldeide, purché utilizzati nelle concentrazioni ed alle condizioni consentite.
Il Ministero della salute, peraltro, conferma la propria attenzione in merito ad eventuali e diverse risultanze scientifiche che accertino con veridicità i possibili danni alla salute prodotti dalle suddette sostanze.
Il Sottosegretario di Stato per la salute: Domenico Zinzi.
ONNIS. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
recenti ricerche, aventi ad oggetto i deodoranti per ambienti, avrebbero evidenziato, tra le sostanze utilizzate per il confezionamento di quei prodotti, alcune componenti pericolose per la salute (La Repubblica, edizione del 19 agosto 2005, pagina 23);
le analisi, svolte dapprima in Francia, in seguito alla segnalazione di cinque associazioni di consumatori e in relazione a 76 deodoranti per ambienti (commercializzati, oltre che in Francia, in Italia, Spagna, Portogallo e Belgio), avrebbero rivelato la presenza di «sostanze irritanti come l'acetaldeide, l'acroleina, l'etanolo, il tricloroetilene. In alcuni deodoranti era presente anche il Dehp, una sostanza che può danneggiare il sistema riproduttivo»;
in Italia, la Procura della Repubblica di Torino avrebbe avviato un'indagine sul tema sopra indicato, disponendo ulteriori
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analisi, il cui esito, già pervenuto agli inquirenti, confermerebbe i motivi d'allarme, in quanto, nei prodotti presi in considerazione, sarebbero state riscontrate anche «tracce di benzene e formaldeide, segnalate dalla IARC - l'agenzia internazionale delle ricerche sul cancro - fra le più pericolose e nocive»;
secondo il magistrato che ha promosso l'indagine predetta, nelle etichette dei prodotti reperibili sul mercato non vengono indicate tali sostanze potenzialmente nocive, benché si tratti «di informazioni che il consumatore ha diritto di conoscere», e sarebbe necessario predisporre, con urgenza, nello specifico settore, «una normativa di prevenzione come quella sui cosmetici e sui farmaci» -;
se le notizie sopra riferite trovino conferma nei dati a disposizione del Governo;
se, in mancanza di dati aggiornati, non si ritenga opportuno promuovere, con urgenza, ogni opportuna verifica sulla composizione dei deodoranti per ambienti attualmente commercializzati in Italia;
quali iniziative siano state assunte, o si vogliano urgentemente intraprendere, nell'ambito delle competenze del Governo, per tutelare la salute dei consumatori, ove essi effettivamente risultassero esposti al rischio di entrare in contatto con le sostanze nocive cui si è fatto riferimento.
(4-16766)
Risposta. - L'Associazione indipendente di consumatori altroconsumo ha condotto un'inchiesta finalizzata a misurare il livello delle sostanze organiche volatili (VOC), presenti nell'ambiente domestico a seguito dell'utilizzo di deodoranti per ambienti.
Dall'inchiesta sarebbero emersi due problemi, il primo relativo alla presenza di alcune sostanze cancerogene, di perturbatori endocrini, di allergeni e di irritanti; l'altro riguarda il contenuto delle indicazioni riportate sulle etichette, carenti dal punto di vista informativo e fuorvianti sulle effettive proprietà del prodotto.
L'utilizzo di sostanze nei deodoranti è disciplinato in modo organico e dettagliato da diverse disposizioni comunitarie e nazionali: la direttiva 92/332/CEE, recepita con il decreto legislativo 3 febbraio 1997, n. 52, concernente la classificazione, etichettatura ed imballaggio delle sostanze e preparati pericolosi, la direttiva 99/45/CE sui preparati pericolosi, recepita con il decreto legislativo 14 marzo 2003, n. 65, che prevede, tra l'altro, l'indicazione in etichetta degli ingredienti allergizzanti, qualora presenti in quantità superiori allo 0,1 per cento.
Inoltre, le norme IFRA (International fragrance association) prevedono, per i deodoranti ambientali in confezione aerosol, l'applicazione di criteri specifici per la valutazione degli aspetti tossicologici e di sicurezza degli ingredienti dei profumi e fragranze.
Per quanto riguarda le fragranze viene seguito anche un codice di autoregolamentazione, aggiornato costantemente, che prevede che tutti gli ingredienti utilizzati per la preparazione delle fragranze siano sottoposti ad un'approfondita valutazione della sicurezza, per l'uso nei cosmetici, detersivi e altri prodotti per la casa, fra i quali i deodoranti per ambienti domestici.
Tale valutazione si avvale dello specifico programma di sicurezza, condotto dal «Research institute of fragrance materials» (RIFM), dal quale risulta che l'uso di impiego e il dosaggio, nei prodotti profumati destinati al consumatore (fragranze, muschi artificiali, acetaldeide, dietilftalato e potenziali allergeni della pelle), sono conformi agli standard regolamentari.
In un contesto più generale di sicurezza ed informazione del consumatore, sono applicabili anche ai prodotti in esame le disposizioni del decreto legislativo 25 maggio 2004, n. 172, sulla sicurezza generale dei prodotti e del decreto legislativo 25 gennaio 1992, n. 74, in materia di pubblicità ingannevole e comparativa.
Quanto sopra precisato conferma l'attenzione del legislatore nella definizione di un esaustivo quadro normativo per la tutela della sicurezza e salute dei consumatori.
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Il Ministero della salute non ha avuto disponibilità dei dati originali sulle indagini analitiche svolte dalla Associazione altroconsumo.
Peraltro, sono stati identificati tutti i prodotti contestati e sono state recuperate le relative etichette.
Le sostanze in questione possono, tuttavia, essere ricondotte a due tipologie di esposizione all'uomo; sostanze contenute in prodotti destinati a deodorare gli ambienti, il cui rilascio nell'ambiente avviene con tecniche diverse (spray, diffusori o altro); sostanze generate dalla combustione di particolari prodotti (bastoncini di incenso, candele profumate o altro).
Nel primo caso, pur trattandosi di prodotti di libera vendita, sono comunque applicabili le norme di classificazione/etichettatura di pericolo in funzione del contenuto, nonché le norme di divieto d'uso di particolari componenti, come il divieto d'uso di sostanze classificate cancerogene di categoria 1 e 2 nei prodotti venduti al consumo.
Appare improbabile che in prodotti di questo tipo possano essere contenute in quantità significativa sostanze particolarmente pericolose per l'uomo.
Il secondo caso è, invece, sicuramente più complesso, poiché riguarda i prodotti di combustione. Nel caso dei bastoncini di incenso, dati di letteratura scientifica riportano informazioni sulla composizione delle emissioni, a seguito di combustione: viene rilevata, in effetti, la presenza nel fumo di PM25 (Materiale articolato con diametro aerodinamico <25 um), di formaldeide, acetaldeide, acroleina e di PAH (Idrocarburi policiclici aromatici) (Guo Z et al., 2004; Ho SS et al, 2002; Jetter et al., 2002).
Le quantità rilasciate sono, tuttavia, molto basse e le concentrazioni che si possono rilevare negli ambienti dipendono in maniera determinante dalle condizioni di utilizzo, ossia dalle quantità di prodotto sottoposto a combustione, rispetto alle dimensioni dell'ambiente interno nel quale si opera.
Non appare, pertanto, proponibile sottoporre a test tossicologico tutte le sostanze contenute nei prodotti deodoranti per ambienti, ne quelle che si possono formare per combustione, poiché nella maggior parte dei casi si tratta di sostanze le cui proprietà sono note.
Appare invece necessario effettuare una valutazione quantitativa del rischio, per stabilire se, in condizioni di uso prolungato e in ambienti confinati, esista un rischio concreto per l'uomo; inoltre, norme di etichettatura più mirate saranno certamente utili per evitare utilizzazioni potenzialmente a rischio.
A seguito della segnalazione dell'Associazione altroconsumo, è stata avviata un'indagine conoscitiva, finalizzata ad accertare: i nominativi dei produttori o degli importatori di tali preparati; la composizione chimica quali-quantitativa di ogni preparazione, eventualmente notificata come pericolosa in base all'articolo 15 del decreto legislativo 14 marzo 2003, n. 65, avvalendosi della Banca dati sui preparati pericolosi dell'Istituto superiore di sanità; la composizione delle etichette utilizzate per confezionare ogni singolo preparato.
L'istituto superiore di sanità (ISS) ha verificato, presso l'archivio preparati pericolosi, la composizione chimica dei deodoranti ambientali, per i quali sono state fornite le etichette originali.
È sostanzialmente emerso quanto segue: solo alcuni dei prodotti oggetto di verifica sono stati riscontrati all'interno dell'Archivio preparati pericolosi (la dichiarazione della composizione chimica per l'archivio è obbligatoria solo per i preparati che si classificano pericolosi ai sensi del decreto legislativo menzionato; per i preparati la cui composizione chimica è presente nell'Archivio, nessuna delle sostanze pericolose riscontrate nelle indagini analitiche effettuate e citate dall'interrogante risulta indicata come componente; è molto probabile, quindi, che tali sostanze siano presenti come impurezze o come componenti minori di miscele naturali (esempio aromi, fragranze eccetera), in quantità minime, rilevabili, tuttavia, mediante tecniche analitiche ad elevata sensibilità.
L'Istituto superiore sanità ritiene presumibile che tali ridottissime concentrazioni di sostanze pericolose non rappresentino un
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rischio reale per l'uomo, alla luce dei criteri scientifici per la valutazione del rischio attualmente vigenti.
L'Istituto superiore sanità ha ancora in atto la verifica della congruità tra quanto indicato nelle etichette, in termini di classificazione, e quanto contenuto nella banca dati sui preparati pericolosi.
Presso il Ministero della salute sono in corso incontri della Commissione consultiva sulle sostanze chimiche con rappresentanti della federchimica e dell'Associazione altroconsumo per verificare se, al di là dell'applicazione delle norme di classificazione/etichettatura, la presenza in tracce di sostanze particolarmente pericolose debba essere considerata indesiderabile o meno, anche in assenza di un rischio quantitativamente accertato per l'uomo.
Nel sottolineare che al momento non esiste alcuna normativa europea sui deodoranti per ambiente, il Ministero della salute conferma la propria attenzione in merito a possibili evidenze scientifiche che, per questi prodotti, rendano evidenti i rischi per la salute umana.
Il Sottosegretario di Stato per la salute: Domenico Zinzi.
PASETTO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro delle attività produttive. - Per sapere - premesso che:
martedì 17 maggio 2005, in Ginevra, negli uffici della divisione europea della Colgate Palmolive, i membri del comitato di coordinamento sindacale sono stati informati, dalla stessa direzione, del progetto di centralizzare tutte le produzioni di ORAL CARE (dentifrici) in un nuovo sito di produzione che sarà localizzato in un'area dell'Est Europa;
a riguardo, i dirigenti aziendali hanno dichiarato che la società intende consolidare le produzioni europee, investendo nella costruzione di un nuovo stabilimento concepito con criteri moderni e innovativi, aggiungendo che le attuali unità operative non sono più compatibili;
tale piano comporterà la chiusura entro il 2007 dei cinque siti che attualmente producono dentifrici in Europa con ricadute negative, in termini occupazionali, per un totale di 617 lavoratori, ripartiti rispettivamente tra Inghilterra (424 unità lavorative), Polonia (33 unità lavorative), Romania (45 unità lavorative), Turchia (15 unità lavorative), Italia (100 unità lavorative);
per lo stabilimento italiano, ubicato nel comune di Anzio, si tratta di un reparto di produzione, pertanto direttamente interessato al riassetto organizzativo, e che tenuto conto dell'indotto e dei lavoratori temporanei, l'impatto occupazionale potrebbe essere stimato del 50-70 per cento in più;
la chiusura delle linee di dentifricio ad Anzio coinvolgerebbe direttamente ulteriori 60 lavoratori adesso impiegati nelle aziende fornitrici, come la Laminated Tubes Italia, la Grafibox di Cisterna ed altre sparse sul territorio provinciale di Roma e Latina;
dagli organi di stampa si evince una forte preoccupazione tra i lavoratori che hanno già indetto una giornata di sciopero, cui sta facendo seguito l'interessamento degli Enti locali coinvolti per la costituzione di un tavolo interistituzionale -:
come ritengano di affrontare la situazione di emergenza occupazionale scaturita dalla paventata chiusura dello stabilimento della Colgate Palmolive di Anzio;
se non ritengano indispensabile attivarsi già da subito per la predisposizione di un piano d'azione progressivo e condiviso, che veda impegnate in modo coordinato ed unitario le istituzioni pubbliche, politiche e sindacali;
se sia opportuno istituire presso la Presidenza del Consiglio dei ministri un tavolo interistituzionale che veda coinvolti la regione Lazio, le province di Roma e Latina, nonché i comuni interessati (Anzio, Nettuno, Aprilia, Cisterna e Latina), anche al fine di individuare possibili alternative
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soluzioni sul piano economico e di ricollocazione lavorativa.
(4-14774)
PASETTO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro delle attività produttive. - Per sapere - premesso che:
martedì 17 maggio 2005, in Ginevra, negli uffici della divisione europea della Colgate Palmolive, i membri del comitato di coordinamento sindacale sono stati informati, dalla stessa direzione, del progetto di centralizzare tutte le produzioni di Oral Care (dentifrici) in un nuovo sito di produzione che sarà localizzato in un'area dell'Est Europa;
a riguardo, i dirigenti aziendali hanno dichiarato che la società intende consolidare le produzioni europee, investendo nella costruzione di un nuovo stabilimento concepito con criteri moderni e innovativi, aggiungendo che le attuali unità operative non sono più compatibili;
tale piano comporterà la chiusura entro il 2007 dei cinque siti che attualmente producono dentifrici in Europa con ricadute negative, in termini occupazionali, per un totale di 617 lavoratori, ripartiti rispettivamente tra Inghilterra (424 unità lavorative), Polonia (33 unità lavorative), Romania (45 unità lavorative), Turchia (15 unità lavorative), Italia (100 unità lavorative);
per lo stabilimento italiano, ubicato nel Comune di Anzio, si tratta di un reparto di produzione, pertanto direttamente interessato al riassetto organizzativo, e tenuto conto dell'indotto e dei lavoratori temporanei, l'impatto occupazionale potrebbe essere stimato del 50-70 per cento in più;
la chiusura delle linee di dentifricio ad Anzio coinvolgerebbe direttamente ulteriori 60 lavoratori adesso impiegati nelle aziende fornitrici, come la Laminated Tubes Italia, la Grafibox di Cisterna ed altre sparse sul territorio provinciale di Roma e Latina;
dagli organi di stampa si evince una forte preoccupazione tra i lavoratori che hanno già indetto una giornata di sciopero, cui sta facendo seguito l'interessamento degli Enti locali coinvolti per la costituzione di un tavolo interistituzionale -:
come ritengano affrontare la situazione di emergenza scaturita dalla paventata chiusura dello stabilimento della Colgate Palmolive di Anzio;
se non ritengano indispensabile attivarsi già da subito per la predisposizione di un piano d'azione progressivo e condiviso, che veda impegnate in modo coordinato ed unitario le istituzioni pubbliche, politiche e sindacali;
se sia opportuno istituire presso la Presidenza del Consiglio dei ministri un tavolo interistituzionale che veda coinvolti la Regione Lazio, le Province di Roma e Latina, nonché i Comuni interessati (Anzio, Nettuno, Aprilia, Cisterna e Latina), anche al fine di individuare possibili alternative soluzioni sul piano economico e di ricollocazione lavorativa.
(4-14896)
Risposta. - Con riferimento alle interrogazioni in esame, dagli accertamenti effettuati dalla Direzione Provinciale del Lavoro di Roma, presso lo Stabilimento della ditta Colgate Palmolive S.r.l., sito in Anzio, è emerso quanto segue.
La multinazionale Colgate Palmolive ha predisposto un piano di riorganizzazione dell'intero gruppo operante in Europa che prevede, tra l'altro, l'accentramento in un unico stabilimento della produzione di dentifrici, attualmente effettuata in Italia (Anzio), Inghilterra, Turchia, Polonia e Romania.
Il nuovo stabilimento verrà approntato in un paese dell'Est europeo non ancora identificato e l'attività dovrebbe iniziare alla fine del 2007.
In Anzio, dopo il trasferimento della produzione di dentifrici nel centro sopra menzionato, secondo le previsioni, dovrebbe effettuarsi esclusivamente la produzione di detergenti per uso personale; tale circostanza
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comporterebbe un esubero di circa 90 unità lavorative.
Si fa presente, infine, che presso lo stabilimento italiano sono attualmente dipendenti della Colgate Palmolive Italia S.r.l. n. 12 dirigenti, n. 110 impiegati e n. 531 operai.
Il Sottosegretario di Stato per il lavoro e per le politiche sociali: Maurizio Sacconi.
PATRIA e STRADELLA. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
i minori G.V e V.V sono stati portati dalla madre Galina Korotkova nel territorio della Federazione Russa, utilizzando la frode in quanto la predetta ha ingannato il Consolato russo a Genova adducendo falsamente la morte del proprio padre ed ottenendo i visti turistici per i minori senza il necessario consenso scritto del padre degli stessi;
la permanenza in territorio russo dei minori è illegale in quanto i loro visti di soggiorno in Russia sono scaduti il 17 luglio 2005 e il Questore di Alessandria ha decretato il ritiro dei passaporti e dei documenti validi per l'espatrio dei bambini;
il 13 settembre 2005 il tribunale per i minori di Torino ha con provvedimento immediatamente esecutivo sospeso la potestà genitoriale spettante alla madre, Galina Korotkova sui suoi figli i quali sono stati affidati al padre quale unico genitore attualmente esercente la potestà genitoriale sui figli stessi ed ordinando il loro immediato rimpatrio a cura del Consolato d'Italia a Mosca e con la collaborazione dovuta dalle autorità russe in base alle vigenti Convenzioni internazionali;
il Consolato d'Italia ha richiesto la collaborazione delle autorità russe per far rimpatriare i bambini sulla base dell'articolo 46 ultimo comma della Convenzione consolare tra la Repubblica Italiana e la Federazione Russa;
finora le autorità russe non hanno dato alcuna risposta ufficiale alle ben 7 note verbali trasmesse dall'Ambasciata d'Italia a Mosca adducendo in modo informale varie obiezioni di natura giuridica del tutto infondate;
le autorità russe pretenderebbero in sostanza che la decisione del padre sia confermata da un tribunale russo, il che è del tutto sbagliato in quanto i tribunali russi non hanno a riguardo alcuna competenza;
il rimpatrio dei bambini è imposto anche dalla Convenzione di New York sui diritti del fanciullo ed in particolare dall'articolo 11, comma 1 che prevede, testualmente: «gli Stati adottano provvedimenti per impedire gli spostamenti e il non ritorno illecito di fanciulli all'estero» come è avvenuto in questo caso;
l'articolo 8 della stessa Convenzione prevede inoltre che «gli Stati parti si impegnano a rispettare il diritto del fanciullo ivi compresa la sua nazionalità» -:
se non ritenga assolutamente indispensabile ed urgente intervenire per il caso illustrato in premessa, presso le autorità russe perché sia puntualmente attuato l'articolo 46 della Convenzione consolare tra la Repubblica Italiana e la Federazione Russa e l'articolo 11 della Convenzione di New York sui diritti del fanciullo provvedendo al rimpatrio immediato dei piccoli G.V. e V.V. che hanno subìto già un grave trauma psichico a causa di questo espatrio illegale e dell'allontanamento dal loro padre.
(4-17687)
Risposta. - I minori Vignera hanno fatto rientro con il padre in Italia lo scorso 12 novembre. La notizia è stata fornita telefonicamente dallo stesso dottor Vignera all'ambasciata d'Italia a Mosca.
I minori Giuseppina Valentina e Vincenzo Vignera erano stati condotti in Russia dalla madre il 15 giugno scorso e successivamente trattenuti in quel Paese senza il consenso del padre.
Il dottor Vignera si era pertanto rivolto al tribunale dei Minorenni di Torino ottenendo,
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con provvedimento provvisorio, l'affidamento dei figli. Ai fini del rientro dei minori in Italia, questo Ministero e l'ambasciata a Mosca avevano effettuato, sin dagli inizi della vicenda, ripetuti interventi sulle Autorità russe, sia invocando i principi fondamentali della Convenzione di New York sui Diritti del Fanciullo del 20 novembre 1989, sia facendo appello alla Convenzione consolare italo-russa in vigore dal 1o maggio 2004 che prevede la collaborazione tra i due Stati ai fini del ritorno dei minori nel Paese di origine. Nell'interesse superiore dei minori, la nostra Ambasciata non aveva altresì mancato di esperire ogni possibile tentativo di conciliazione tra le parti al fine di risolvere il caso in tempi rapidi.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Roberto Antonione.
PECORARO SCANIO. - Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
risulta all'interrogante che, sarebbe intenzione del Comando Generale della Guardia di Finanza di procedere alla soppressione del Comando Brigata di Cetraro (Cosenza) ed al conseguente, accorpamento alla Compagnia di Paola, ove sarà trasferito il personale attualmente in servizio nella cittadina tirrenica;
siffatta evenienza sta suscitando giustificato allarme e vivissima preoccupazione presso la comunità locale e l'opinione pubblica interessata;
gli Enti territoriali, attraverso i loro organi, hanno già assunto, od intendono assumere forti e decise iniziative di contrasto nel presupposto che la paventata chiusura dell'importante Comando di Polizia Giudiziaria allontani ancora di più lo Stato dai cittadini in un settore, quello del mantenimento dell'ordine e della sicurezza pubblica che, soprattutto a Cetraro e nelle località limitrofe, ha necessità di essere potenziato piuttosto che indebolito anche perché l'esistenza di una struttura portuale in cui si svolgono attività come la pesca, o di tipo turistico, necessitano di un maggiore controllo e sorveglianza contro il possibile proliferare di attività economiche illegali -:
se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti e se questi corrispondano al vero;
se e quali provvedimenti intendano adottare ognuno per la parte di propria competenza, volti a scongiurare la soppressione del Comando Brigata della Guardia di Finanza a Cetraro in Provincia di Cosenza;
se non ritengano opportuno non solo rinviare l'applicazione, ma addirittura annullare il provvedimento in questione, in considerazione dell'ottimo lavoro fin qui svolto in oltre quarant'anni dalla Brigata di Cetraro e dal suo personale a tutela e salvaguardia degli interessi non solo dei cittadini ma principalmente dello Stato italiano.
(4-14574)
Risposta. - In riferimento alla lamentata soppressione del Comando Brigata di Cetraro (Cosenza), il Comando generale della Guardia di finanza ha fatto presente che il dispositivo territoriale nella provincia di Cosenza comprende un Comando provinciale alle cui dipendenze operano un Nucleo provinciale di polizia tributaria, quattro Compagnie, due Tenenze e sei Brigate, per un organico complessivo pari a n. 437 unità (11 ufficiali, 184 ispettori, 98 sovrintendenti e 144 appuntati/finanzieri).
Inoltre, a contrasto della criminalità organizzata nella citata provincia opera il G.I.C.O. del Nucleo regionale di polizia tributaria Calabria, con dotazioni organiche pari a n. 52 unità (4 ufficiali, 43 ispettori, 1 sovrintendente e 4 appuntati/finanzieri).
Nell'ambito della provincia di Cosenza, nel contesto di un più ampio progetto di razionalizzazione dei reparti territoriali del Corpo della guardia di finanza in campo nazionale, a fronte della soppressione della Brigata di Cetraro, è stata disposta, tra l'altro: l'elevazione a rango di Compagnia della Tenenza di Castrovillari ed a rango di
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Tenenza delle Brigate di San Giovanni in Fiore e di Amantea; l'istituzione di n. 5 nuclei mobili, per una maggiore presenza a contrasto dei traffici illeciti; il rafforzamento delle dotazioni di personale dei reparti della provincia per oltre 20 unità.
I suddetti interventi di revisione, come precisato dal Comando generale, sono finalizzati ad assicurare adeguati livelli di operatività tenendo conto, d'altra parte, delle esigenze di riduzione dei costi di gestione indotte dalla congiuntura economica e dalle disponibilità di bilancio.
Tuttavia, al fine di operare ulteriori approfondimenti, il predetto Comando generale della Guardia di finanza ha adottato un apposito provvedimento con il quale è stato disposto il differimento al 1o luglio 2006 della soppressione della Brigata di Cetraro inizialmente prevista con decorrenza 1o agosto 2005.
Il Sottosegretario di Stato per l'economia e per le finanze: Maria Teresa Armosino.
PECORARO SCANIO. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
la trasmissione Report in onda su Rai 3 in prima serata l'8 maggio 2005 ha reso nota la possibilità di evidenziare l'utilizzo improprio di farmaci, in particolare cortisonici, negli allevamenti, mediante una serie di esami su cosiddetti «organi bersaglio», che risultano alterati da eventuali abusi di somministrazione; tale metodo non è in uso né in Italia, né a livello europeo;
in data 27 gennaio 2005 con l'emendamento 6.064 firmato dal sottosegretario Cursi a nome del Governo presentato al decreto-legge n. 314 del 2004, convertito dalla legge n. 26 del 2005 è stato prorogato al 31 dicembre 2007 il termine dell'applicazione di un codice a barre sui medicinali veterinari; dall'esame dei testi e delle discussioni parlamentari non è possibile rilevare il motivo di questa proroga, salvo un emendamento soppressivo del gruppo Verde al Senato, respinto senza discussioni;
il citato codice a barre deve considerarsi uno strumento di controllo della circolazione e dell'abuso di utilizzo di detti medicinali, nonché di contrasto all'importazione clandestina di prodotti o di principi attivi medicinali per uso animale; l'approvazione della proroga al 2007 parrebbe invece andare in direzione della riduzione di controlli sulla somministrazione di farmaci ad animali destinati all'alimentazione umana, quando invece la trasmissione Report ha mostrato che si tratta di pratica ampiamente diffusa e in danno della salute pubblica -:
quali attività il Ministero pone in essere per contrastare l'abuso di farmaci negli allevamenti.
(4-15649)
Risposta. - Un «uso improprio» dei medicinali veterinari può verificarsi esclusivamente alle condizioni previste dal Decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 119, concernente l'attuazione di direttive comunitarie relative ai medicinali veterinari, qualora, in assenza di medicinali autorizzati per una specifica patologia, si ricorra alla somministrazione: di un medicinale veterinario, il cui impiego è autorizzato in Italia per un'altra specie animale o per altri animali della stessa specie, ma per un'altra affezione; in mancanza di tale medicinale, di un medicinale autorizzato in Italia per l'impiego sull'uomo; in mancanza del medicinale di cui alla lettera b), di un medicinale veterinario preparato estemporaneamente da un farmacista, conformemente alle indicazioni contenute nella prescrizione veterinaria, entro i limiti imposti dalla normativa vigente.
Nei casi in cui il medicinale sia somministrato ad animali, la cui carne o i cui prodotti sono destinati al consumo umano, il medico veterinario responsabile dell'allevamento deve prescrivere appropriati tempi di attesa, allo scopo di garantire che gli alimenti prodotti con gli animali trattati non contengano residui nocivi per i consumatori.
Qualora non siano indicati nella confezione del medicinale impiegato per le specie interessate, i suddetti tempi devono
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essere tali da garantire la sicurezza del consumatore.
Se il medicinale viene somministrato ad animali, la cui carne o i cui prodotti sono destinati al consumo umano, il veterinario dovrà disporre di un registro numerato in cui annotare tutte le opportune informazioni, concernenti i trattamenti con i medicinali in questione (data in cui gli animali sono stati esaminati, identificazione del proprietario, numero di animali trattati, diagnosi clinica, medicinali prescritti, dosi somministrate, durata del trattamento ed eventuali tempi di attesa raccomandati).
Si precisa, inoltre, che fatte salve disposizioni più restrittive, la vendita di medicinali veterinari, ad azione immunologia, e di premiscele medicate, nonché di specialità medicinali o di medicinali veterinari prefabbricati, contenenti chemioterapici, antibiotici, antiparassitari, corticosteroidi, antinfiammatori, sostanze psicotrope, neurotrope, tranquillanti e beta-agonisti, prescritti per la terapia di animali destinati alla produzione di alimenti per l'uomo, viene effettuata soltanto dietro presentazione di ricetta medica veterinaria non ripetibile in triplice copia, di cui la prima è conservata dal farmacista, la seconda viene da questi inviata alla competente ASL entro una settimana dalla vendita, e la terza deve rimanere in possesso del titolare degli impianti di allevamento.
Si sottolinea, peraltro, che sul mercato nazionale sono presenti numerosi medicinali veterinari autorizzati, contenenti oxitocici, prostaglandine, progestinici, gonadotropine, gonadoreline, corticosteroidi sistemici, cosa che, di fatto, dovrebbe limitare in modo rilevante l'eventuale ricorso, per tali categorie di prodotti, al cosiddetto «uso improprio».
L'attuale regime di dispensazione dei medicinale veterinari ad animali destinati alla produzione di alimenti per l'uomo (ricetta medico veterinaria non ripetibile in triplice copia), che è adottato solo in Italia, rappresenta per gli organi deputati alla vigilanza sul territorio (ASL, Servizi veterinari regionali) uno strumento adeguato per effettuare controlli incrociati, fra gli esercizi di vendita e i titolari di impianti di allevamento, sul consumo dei medicinali veterinari in esame.
L'attività di vigilanza ispezione e controllo sulla distribuzione e sull'impiego dei medicinali veterinari spetta agli Enti regionali e alle Aziende sanitarie locali, le quali sono tenute a trasmettere annualmente al Ministero della salute una relazione in merito (Decreto ministeriale 16 maggio 2001, n. 306).
Il Ministero della salute, inoltre, nello svolgimento dell'attività di coordinamento, ha costituito un Gruppo di lavoro per valutare le problematiche connesse all'azione di farmacosorveglianza sul territorio nazionale, del quale fanno parte anche rappresentanti regionali.
Presso la competente direzione generale, peraltro, è operante un sistema di Farmacovigilanza deputato a raccogliere, fra l'altro, informazioni sull'uso improprio dei medicinali veterinari.
L'attività di controllo sul corretto uso dei farmaci negli allevamenti di animali, produttori di alimenti per l'uomo, prevede anche la ricerca di residui di sostanze farmacologicamente attive negli animali stessi e nei loro prodotti, programmata sulla base del Piano nazionale residui (PNR), emanato annualmente dal Ministero della salute, conformemente alle direttive comunitarie 96/22/CE e 96/23/CE.
Si sottolinea che gli studi sulle tecniche utili per la verifica di trattamenti illeciti vengono seguiti con interesse, anche per il verificarsi del frequente uso fraudolento a scopo anabolizzante dei cortisonici.
Tale interesse è stato evidenziato nel PNR 2005, il quale sottolinea la necessità che, all'atto del prelievo al macello, sia data immediata comunicazione ai Servizi veterinari competenti per l'allevamento di origine, al fine di predisporre l'attività di farmacovigilanza ed escludere un'eventuale omissione di registrazione dei trattamenti farmacologici effettuati.
Per tali sostanze, risultati analitici inferiori ai limiti massimi di residui, in assenza di regolare registrazione del trattamento, devono essere tenuti in debita considerazione, allo scopo di escludere un uso fraudolento delle stesse.
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Relativamente alla proroga dei termini legislativi per l'applicazione sulle singole confezioni dei medicinali veterinari di un codice a barre, si fa presente che il sistema, oltre al numero di lotto, deve contenere elementi idonei per la rintracciabilità del farmaco e del suo utilizzo, al fine di monitorarne l'impiego, la cui correttezza o meno è direttamente correlata alla presenza/assenza di residui negli alimenti destinati al consumo umano, nonché di reprimerne l'uso illegale.
Le informazioni che devono essere presenti nel codice a barre sono le seguenti: nome del prodotto, numero di autorizzazione all'immissione in commercio; descrizione del prodotto; data di scadenza; codice del distributore; prezzo del prodotto; controindicazioni.
Si precisa che, da parte delle Aziende produttive, sono state riscontrate oggettive difficoltà nell'individuazione di un codice a barre che potesse contenere tutte le informazioni sopra riportate e che fosse di dimensioni tali da essere apposto sulle confezioni ridotte (per esempio di vaccini, diluenti per vaccini, prodotti per uccellini da gabbia e da voliera, medicinali per piccoli animali da affezione, eccetera).
Va sottolineato che, a seguito dell'entrata in vigore del decreto del Ministero della sanità 16 maggio 2001, n. 306, l'industria farmaceutica nazionale aveva istituito uno specifico gruppo di lavoro; si è subito, tuttavia, evidenziata l'impossibilità di risolvere a livello nazionale il tema della rintracciabilità, a causa della complessità ed eterogeneità delle singole realtà produttive, concentrate, per lo più, in pochi siti di produzione per molti Paesi di destinazione e, in alcuni casi, per tutti i Paesi del mondo.
Di conseguenza, la realizzazione di sistemi di rintracciabilità differenti da Paese a Paese, oltre che economicamente oneroso, risultava di difficoltosa gestione pratica.
Nel frattempo, l'entrata in vigore dei Regolamenti comunitari sulla sicurezza alimentare, che attribuiscono notevole rilievo alla rintracciabilità, ha evidenziato la necessità di trovare sistemi uniformi a livello internazionale.
Il gruppo di lavoro citato si è rivolto ad una equipe di esperti comunitari del centro studi CEESA (Centre european d'etude pour la Santè Animale), specializzati in produzione e confezionamento, al fine di stabilire un codice a barre uniforme.
Tale gruppo, a seguito di uno studio dettagliato, durato fino alla metà del 2004, ha potuto identificare il metodo «EAN-Data Matrix 200 centaur» quale soluzione per la creazione di uno standard internazionale universalmente riconosciuto e con le caratteristiche già menzionate, compatibile con tutti i sistemi informatici.
La proposta di standard è stata presentata alla Commissione europea nel giugno 2004 e ne è ipotizzata la piena operatività non prima di 2 o 3 anni.
Alla luce di tali considerazioni, e tenuto conto della rilevanza ai fini della sicurezza alimentare dell'adozione di un codice universalmente riconosciuto, è prevalsa la scelta della proroga dei termini di applicazione del codice a barre.
Il sistema attualmente in vigore per garantire l'identificazione e la rintracciabilità dei lotti dei medicinali veterinari in commercio consente, in qualsiasi momento, di monitorare il flusso del medicinale nel corso del processo distributivo, e quindi, di rintracciarlo, per poter ricorrere, se necessario, all'adozione di eventuali misure restrittive (ritiro di lotti dal mercato) per i medicinali veterinari responsabili di effetti collaterali negativi o che presentano difetti di qualità.
È in atto, inoltre, il recepimento della direttiva 2004/28/CE del Parlamento europeo e del consiglio, di modifica della direttiva 2001/82/CE recante un codice comunitario relativo ai medicinali veterinari; con tale recepimento sarà possibile definire le basi di un sistema (codice a barre, banca dati medicinali, nuovo regime di dispensazione) per l'implementazione delle attuali metodiche di vigilanza e farmacovigilanza.
Il Sottosegretario di Stato per la salute: Cesare Cursi.
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PECORARO SCANIO. - Al Ministro delle attività produttive, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio. - Per sapere - premesso che:
il decreto del Ministro delle attività produttive adottato di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, del 28 luglio 2005, stabilisce le tariffe incentivanti con cui saranno remunerati i sistemi di produzione di energia elettrica dalla fonte solare fotovoltaica, introducendo finalmente anche in Italia, con un ritardo incomprensibile di oltre un anno, il cosiddetto «conto energia», peraltro a giudizio dell'interrogante in una forma inutilmente molto complessa e con obiettivi inspiegabilmente molto limitati;
l'articolo 9, comma 2, del decreto ministeriale 28 luglio 2005 prevede che l'Autorità per l'energia elettrica e il gas (AEEG) individui il soggetto (definito «soggetto attuatore» dall'articolo 2, comma 1, lettera h), del decreto) che eroga le tariffe incentivanti, le modalità e le condizioni per l'erogazione, ivi inclusa la verifica del rispetto delle disposizioni degli articoli 4 e 10, tenuto conto di quanto disposto agli articoli 12 e 13 del medesimo decreto;
la AEEG, con la deliberazione n. 183 del 2 settembre 2005, ha avviato un procedimento per la formazione di provvedimenti per dare attuazione all'articolo 9 del decreto ministeriale 28 luglio 2005, fissando in 15 giorni la durata massima del procedimento, decorrenti dalla data di pubblicazione del suddetto provvedimento;
la AEEG, con la deliberazione n. 188 del 14 settembre 2005, ha stabilito al comma 2 che il soggetto che eroga le tariffe incentivanti ai sensi dell'articolo 7 del decreto ministeriale 28 luglio 2005, definito «soggetto attuatore», è la società Gestore della rete di trasmissione nazionale Spa (GRTN);
il Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 11 maggio 2004 ha stabilito l'unificazione della proprietà e gestione della rete elettrica nazionale di trasmissione, e in ragione di questo è stato annunciato che la società TERNA Spa, titolare del 90 per cento della rete elettrica nazionale di trasmissione, si fonderà con GRTN entro novembre 2005;
l'ENEL possedeva fino a tempi recenti il 100 per cento di TERNA Spa, quindi ne ha ceduto il 14 per cento sul mercato e ne è stata annunciata la prossima cessione del 29,99 per cento alla Cassa Depositi e Prestiti Spa (Cdp), che ne assumerà il controllo;
Cdp è titolare del 10,2 per cento di ENEL, e l'Autorità Garante della concorrenza e del mercato ha concesso il via libera «condizionato» all'operazione di fusione di GRTN e TERNA Spa, imponendo entro il 2009 la cessione da parte di Cdp della propria quota del 10,2 per cento dell'ENEL, per evitare un possibile conflitto di interessi nella misura in cui Cdp si ritrovi da un lato a controllare Terna-Grtn e, dall'altro, a detenere una quota rilevante nel capitale di Enel Spa: una situazione che potenzialmente - è stato sottolineato dall'Antitrust - potrebbe indurre a comportamenti in grado di influenzare l'operato a favore dell'operatore elettrico;
Cdp ha proposto ricorso al Tar del Lazio avverso il provvedimento dell'Autorità Garante della concorrenza e del mercato di autorizzazione condizionata dell'operazione di fusione di Terna Spa con GRTN;
a giudizio dell'interrogante, la designazione di GRTN a sua volta importante azionista di Enel Spa, presenta un concreto conflitto di interessi rispetto alla delicata questione dell'avvio effettivo del programma fotovoltaico nazionale;
non si è inoltre tenuto conto della legge 186 del 1968, tuttora vigente, che assegna al Comitato Elettrotecnico Italiano (CEI), e solo ad esso, il potere normativo in materia di impianti elettrici ed elettronici, una legge sempre disattesa dalla prassi fin qui seguita in materia di impianti fotovoltaici, per i quali ci si è sempre, e impropriamente, riferiti all'Enel -:
quali siano le valutazione del Governo in merito all'operazione descritta in premessa.
(4-16845)
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Risposta. - Il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 11 maggio 2004, nel dettare i criteri e le modalità per l'unificazione della proprietà e della gestione della rete elettrica di trasmissione nazionale, esclude esplicitamente dal trasferimento alla società TERNA Spa alcune funzioni istituzionali dell'attuale GRTN (Società gestore della rete di trasmissione nazionale Spa), tra le quali la gestione degli incentivi CIP 6 e dei certificati verdi per la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili.
La funzione di «soggetto attuatore» attribuita al GRTN dall'Autorità per l'energia elettrica e il gas, relativamente alle tariffe incentivanti di cui al decreto interministeriale 28 luglio 2005, pur non prevista esplicitamente nel decreto del Presidente del Consiglio dei ministri citato, sembra assimilabile, per analogia, alle funzioni sopra indicate, e quindi non dovrebbe essere trasferita alla società Terna, pena l'effettivo configurarsi del conflitto di interessi paventato dall'interrogante; il Governo intende vigilare affinché ciò non avvenga.
Per quanto riguarda il rispetto del ruolo normativo attribuito al CEI dalla legge 1o marzo 1968, n. 186, si rimanda all'allegato al decreto interministeriale 28 luglio 2005, nel quale sono citate oltre 20 norme CEI rilevanti ai fini dell'attuazione del decreto medesimo. Si rammenta, peraltro, che il rispetto delle norme tecniche CEI, come delle analoghe norme UNI in altri settori, non è un obbligo, ma conferisce soltanto presunzione di conformità alla regola d'arte, non è quindi di per sé illegittimo l'eventuale riferimento ad altre normative.
Si fa presente, infine, che il gestore della rete di trasmissione nazionale Spa (GRTN), per quanto risulta a questa amministrazione, non possiede alcuna quota azionaria di ENEL S.pa ma solo la totalità delle azioni dell'acquirente unico Spa e del gestore del Mercato elettrico Spa, oltre ad una partecipazione nel CESI Spa.
Il Sottosegretario di Stato per le attività produttive: Mario Valducci.
PERROTTA. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
nell'ultima riforma delle fasce medicinali, alcuni farmaci sono passati dalla fascia A o B alla C e le società farmaceutiche, solitamente, scaricano i costi maggiori su quelli della fascia C per compensare i mancati introiti; inoltre è da considerare che moltissimi medicinali della fascia C, negli ultimi anni, hanno subito esagerati aumenti di prezzo: si pensi ad esempio al «Lunis Spray» che è arrivato a costare 13,50 euro o al «Dissenten» che attualmente costa (nella confezione da 15 compresse, 2 mg) 5 euro -:
se il Ministro intenda intervenire per evitare che si verifichino questi ingenti aumenti di prezzo;
se sia stato fatto un protocollo d'intesa con le società farmaceutiche per impedire alle stesse di aumentare oltre l'ISTAT, il prezzo delle medicine della fascia C;
se il prezzo delle medicine che prima erano in fascia A, poi passate in fascia C, ed infine tornate nella A, viene calcolato in base all'aumento che il prodotto ha subito passando nella fascia C oppure rimane quello della fascia A.
(4-09452)
Risposta. - In riferimento all'interrogazione parlamentare in esame si precisa che, con decreto-legge 27 maggio 2005, n. 87, convertito con modificazioni nella legge 26 luglio 2005 n. 149, il Ministero della salute ha adottato alcune disposizioni urgenti relative al prezzo dei farmaci non rimborsabili dal Servizio sanitario nazionale.
In particolare, il provvedimento prevede (articolo 1, comma 3) che i prezzi dei farmaci appartenenti alle classi di cui alle lettere c) e c-bis) del comma 10 dell'articolo 8 della legge 24 dicembre 1993, n. 537, come modificato dalla legge 30 dicembre 2004, n. 311, possono essere modificati in aumento dalle aziende farmaceutiche soltanto nel mese di gennaio di ogni anno dispari e, quindi, a partire dal mese di gennaio 2007.
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Le farmacie pubbliche e private, inoltre, possono praticare sconti fino al 20 per cento sul prezzo massimo di vendita, stabilito dalle aziende, per i medicinali senza obbligo di prescrizione medica (SOP) e per quelli di automedicazione (OTC).
L'Agenzia italiana del farmaco (AIFA) nel termine prescritto dalla suddetta normativa, ha compilato, diffuso e reso disponibile sul proprio sito INTERNET l'elenco dei farmaci ai quali trova applicazione la suddetta misura.
Inoltre, sono state stampate e distribuite n. 40.000 copie di un numero speciale del bollettino di informazione sui farmaci (BIF), contenente tale elenco, destinato, a partire dal 27 luglio 2005, a tutte le farmacie del territorio nazionale in duplice copia.
Il medesimo numero è disponibile anche sul sito INTERNET citato.
L'elenco comprende le 3953 specialità medicinali di classe C, da vendersi su presentazione di ricetta medica, commercializzate alla data di entrata in vigore del decreto-legge, con prezzo vigente alla stessa data (27 giugno 2005).
Si evidenzia, inoltre, che, dall'analisi dell'ultimo monitoraggio condotto dall'Osservatorio sull'impiego dei medicinali (OsMED) per l'anno 2004, la spesa per i farmaci con brevetto scaduto (generici) ha rappresentato il 10,1 per cento del mercato dei prodotti rimborsati dal SSN (rispetto al 9,8 per cento del 2003) ed il 21,7 per cento delle prescrizioni totali (il 20,8 per cento nel 2003); l'impiego dei generici risulta, pertanto, in aumento rispetto al 2003, sia in termini di dosi prescritte che di spesa farmaceutica.
È stato distribuito a 360.000 medici e farmacisti il numero 3/2005 del Bollettino di informazione sui farmaci; la rivista, che ha l'obiettivo di accrescere l'informazione in campo sanitario e soprattutto nell'area dei farmaci, contiene un esauriente articolo sul mercato dei farmaci generici in Italia e, oltre ad essere inviata agli operatori del settore, come usualmente avviene nell'ambito dell'attività di comunicazione all'esterno svolta dall'agenzia, è disponibile anche sul rispettivo sito istituzionale.
Il Ministro della salute: Francesco Storace.
PERROTTA. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
risulta all'interrogante che nell'Ufficio Provinciale di collocamento di Napoli vi sarebbero state denunce di mobbing -:
se quanto risulta all'interrogante risponda al vero e, in caso affermativo, se siano stati effettuati accertamenti in merito da parte del direttore generale dottor Notaro;
nel caso in cui ciò non sia avvenuto, se il Ministro intenda attivarsi per appurare la veridicità delle denunce;
quali iniziative il Ministro intenda adottare per evitare il ripetersi di simili episodi e perché siano sanzionati eventuali abusi.
(4-09456)
Risposta. - Con riferimento all'interrogazione in esame, si comunica che non risultano, sia presso la direzione regionale che presso la direzione provinciale del lavoro di Napoli, procedimenti pendenti in materia di mobbing.
Il Sottosegretario di Stato per il lavoro e per le politiche sociali: Maurizio Sacconi.
PERROTTA. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
come si evince da un comunicato stampa dell'Adnkronos, datato 9 dicembre 2004, oltre un miliardo di bambini nel mondo vivono in povertà, quasi la metà dei bambini del pianeta così come rivela il rapporto annuale dell'Unicef;
nei paesi in via di sviluppo un bambino su tre vive in case prive di servizi igienici, ed uno su sette non ha accesso all'assistenza sanitaria, ed ogni giorno 29.158 bambini al di sotto dei cinque anni muore a causa di malattie che potrebbero essere prevenute;
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tale quadro rappresenta una terribile ma veritiera realtà -:
se il Ministro interrogato intenda intervenire, presso i governi del Terzo Mondo, affinché siano adottate misure urgenti e celeri per dare adeguata soluzione alla problematica sopra indicata;
se il Ministro intenda incentivare campagne per sensibilizzare maggiormente l'opinione pubblica affinché siano aumentate le eventuali donazioni ed offerte riguardo a questa agghiacciante problematica.
(4-12023)
Risposta. - In merito a quanto segnalato dall'Onorevole interrogante nel presente atto parlamentare, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
L'UNICEF (Fondo Nazioni Unite per l'Infanzia) riceve annualmente un contributo volontario che pone l'Italia fra i primi dieci donatori.
Tale contributo viene utilizzato dal Fondo per realizzare programmi di assistenza nei 161 paesi dove esso opera, in linea con le cinque priorità strategiche, approvate da tutti i membri del Consiglio Esecutivo dell'UNICEF, tra cui l'Italia, di seguito elencate:
1) lotta all'HIV/AIDS;
2) educazione per le bambine;
3) protezione della prima infanzia;
4) programmi di immunizzazione;
5) protezione dei bambini e delle bambine.
Le priorità di cui ai punti 3 e 4 rispondono proprio alle richieste di riduzione della povertà infantile. L'ammontare del contributo italiano per il 2005 è stato di 12 milioni di euro.
Per quanto concerne in particolare l'incentivazione di campagne di sensibilizzazione dell'opinione pubblica sulla situazione dell'infanzia nel mondo, si rappresenta che il Comitato Italiano UNICEF è molto attivo in questo settore. Ogni anno vengono organizzate le «Giornate per la Cooperazione Italiana», nel corso delle quali particolare attenzione viene posta sui temi dello sviluppo, tra cui principalmente quelli inerenti la povertà, la fame e i diritti dei minori.
Le Giornate per la cooperazione sono state organizzate anche quest'anno dal 27 ottobre al 7 dicembre con titolo «Insieme per crescere - Italia e Paesi in via di sviluppo» e anche quest'anno sono stati previsti molti incontri sul tema dei minori.
Una delle tematiche prioritarie della Cooperazione Italiana, infatti, è proprio la promozione e la tutela dei diritti fondamentali dei minori. Per quanto riguarda, in particolare, la tutela della salute e la prevenzione delle malattie dei bambini, la DGCS (Direzione Generale per la Cooperazione allo Sviluppo) del Ministero degli esteri include attività in tale ambito in tutti i programmi che si occupano di sanità pubblica, che sono quelli più diffusi in Africa, America Latina, Balcani, Medio Oriente e Sud Est Asiatico.
Questi interventi includono regolarmente specifici programmi per ridurre la mortalità infantile attraverso: azioni per migliorare la nutrizione, vaccinazioni, interventi di sanità pubblica per ridurre la diffusione delle malattie trasmissibili causate da acqua contaminata e mancanza di igiene, prevenzione e cura delle patologie più diffuse con azioni speciali per le infezioni da HIV, la tubercolosi e la malaria.
Nei programmi multilaterali di sviluppo umano le suddette azioni di sanità pubblica sono sempre collegate strettamente alle azioni per migliorare il reddito delle famiglie più povere, che sono anche le più esposte alle malattie, per migliorare il contesto ambientale rendendolo più sano e per collegare la difesa della salute ai programmi educativi di base nelle scuole e nella comunità. Attenzione particolare viene dedicata alla formazione del personale sociosanitario di base che si occupa dei programmi materno-infantili ed alle dotazioni di farmaci, materiali di consumo, attrezzature diagnostiche ed altre forniture indispensabili per la lotta contro le patologie infantili.
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Di seguito sono sinteticamente presentate le iniziative-tematiche più significative finanziate dalla Cooperazione Italiana in favore dei bambini degli adolescenti e dei giovani ripartite per principali temi, contesti geografici e paesi di intervento. Tali iniziative sono anch'esse realizzate attraverso una strategia multisettoriale integrata che mira a promuovere e tutelare i diritti fondamentali dei minori, primariamente il diritto alla salute fisica e psichica. I programmi, sempre realizzati in collaborazione con i Governi beneficiari, sono rivolti ai giovani quali risorsa primaria per lo sviluppo sostenibile dei paesi e per il rafforzamento dei processi di pace e della democrazia: essi sostengono le istituzioni a livello centrale e decentrato, rafforzano la rete delle organizzazioni della società civile sul territorio, promuovono sistematicamente la partecipazione comunitaria, rafforzano le organizzazioni giovanili facendo partecipare i giovani beneficiari alla identificazione, realizzazione dei servizi di base (sociali, sanitari, educativi etc.) e della informazione, sensibilizzazione e monitoraggio degli interventi in loro favore.
1. Prevenzione e lotta al traffico per sfruttamento del lavoro minorile nelle forme peggiori e a ogni forma di violenza e abuso.
La Direzione Generale della Cooperazione allo Sviluppo del Ministero degli Esteri italiano sta finanziando e realizza, direttamente o attraverso le Organizzazioni Internazionali e le ONG italiane, vari progetti mirati alla prevenzione e alla lotta al traffico di bambini, bambine e adolescenti a rischio per vendita di organi, per sfruttamento sessuale anche attraverso il turismo, per il loro utilizzo nei conflitti armati e per tutte le altre forme peggiori di sfruttamento definite dalla Convenzione ILO (International Labour Organization) n. 182 e dalla relativa Raccomandazione n. 190, quali nuove forme di schiavitù. La Convenzione, sottoscritta a Ginevra nel 2000 e ratificata dal nostro Paese nel 2002, costituisce una priorità nelle Linee Guida della Cooperazione Italiana sulla tematica minorile.
I programmi vengono, affidati per la loro realizzazione, di volta in volta, a OO.II (Organizzazioni Internazionali), a ONG, a Regioni e ad Enti Locali e promuovono sempre attività di cooperazione decentrata.
Tra le iniziative più importanti, si ricordano:
In Africa:
Senegal: il programma bilaterale Lotta alle peggiori forme di sfruttamento del lavoro minorile, realizzato con l'Unicef per 1,4 milioni di euro. Il programma interviene a favore di circa 400 mila minori in dieci aree del Paese, con un intervento integrato di sviluppo sociale e di lotta alla povertà, per la promozione e realizzazione dei diritti fondamentali dei minori, con la specifica finalità di contribuire a ridurre e abolire le forme peggiori di sfruttamento del lavoro, di violenza e di abuso.
Etiopia: il programma bilaterale, affidato alle Ong, di Lotta allo sfruttamento del lavoro minorile nelle sue peggiori forme nella Regione di Addis Abeba e nella Regione Oromia, con un contributo di 2,6 milioni di euro. Il programma ha come obiettivo specifico la facilitazione dell'accesso dei minori a rischio di esclusione sociale ai servizi di base quali educazione e sanità, e reintegrare i bambini soggetti alle forme peggiori di sfruttamento del lavoro minorile.
In America centrale:
Guatemala, Salvador e Honduras: Programma Regionale con PILO/IPEC (International Program on the Elimination of Child Labour), per la prevenzione e l'eliminazione del lavoro minorile nelle discariche, con un contributo di 2,2 milioni di dollari in collaborazione con la Regione Piemonte. L'obiettivo generale del progetto è di contribuire alla prevenzione ed eliminazione del lavoro minorile in un settore ad altissimo rischio qual è quello dei rifiuti solidi urbani.
Nicaragua: il programma bilaterale con l'Unicef, con il coinvolgimento di Regioni e ONG italiane, per il Sostegno dei Diritti dell'Infanzia e dell'Adolescenza/Lotta alla
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povertà e alle peggiori forme di sfruttamento del lavoro infantile, per un valore complessivo di 1,5 milioni di euro. Il programma è focalizzato sulla prevenzione e la lotta alle forme peggiori di sfruttamento del lavoro minorile, la tratta, lo sfruttamento e l'abuso sessuale. Il programma ha una rilevante componente di cooperazione decentrata, nel quadro delle strategie regionali di lotta alla povertà.
In Asia:
India: con FILO/IPEC, Lotta alla povertà e alle peggiori forme di sfruttamento del lavoro minorile nell'industria e nell'artigianato a Karnataka, con un contributo di 3,2 milioni di dollari. Beneficiari del programma saranno in primo luogo i bambini al di sotto dei 15 anni che lavorano nelle industrie della seta (circa 4.500). Si propone un pacchetto di servizi orientati alla prevenzione del fenomeno: il miglioramento dell'accesso all'istruzione, la sottrazione dei bambini al lavoro e l'individuazione di opportunità alternative di sbocchi professionali per gli adolescenti.
2. Lotta alla tratta e allo sfruttamento sessuale dei minori.
La Cooperazione italiana ha perseguito una strategia coerente di sostegno ad iniziative anti-tratta, sia attraverso il contributo volontario annuale alle Organizzazioni Internazionali sia attraverso il finanziamento di progetti mirati.
In Area Balcanica:
Aree prioritarie d'intervento sono state la Regione Balcanica, con particolare riferimento ad Albania, Kossovo, Serbia-Montenegro, Macedonia, Croazia, realizzate attraverso OIM (International Organization for Migration), Banca Mondiale e Unicef.
Inoltre, un'iniziativa bilaterale sull'Albania - per la prevenzione del fenomeno dei minori non accompagnati e a rischio di tratta - presenta un carattere fortemente innovativo coinvolgendo, quali partner della DGCS, tre Regioni: Puglie, Marche ed Emilia Romagna.
In Africa:
Nigeria: il programma, svolto con l'UNICRI (United Nations Interregional Crune and Justice Research Institute) e l'ECPAT Italia (End Prostitution Child Pornography and Traffiking of Children of Sexua! Purposes), Iniziativa contro la tratta di minori e giovani donne dalla Nigeria in Italia ai fini di sfruttamento sessuale per circa 800.000 dollari. Il programma intende operare sul piano sociale, rafforzando le associazioni locali per le attività di prevenzione, assistenza e recupero delle ragazze vittime della tratta; sul piano istituzionale, definendo e sperimentando meccanismi di cooperazione tecnica tra magistratura e forze di polizia italiane e nigeriane.
Mali e Costa d'Avorio: Lotta al traffico di minori, un programma condotto con POIM con un contributo italiano di 850.000 euro. Una iniziativa in favore dei bambini e adolescenti del Mali, sottoposti a sfruttamento nelle piantagioni di cacao e di cotone, nella confinante Costa d'Avorio. Il programma prevede il coinvolgimento a tutti i livelli delle istituzioni nazionali e locali e delle Ong attive sul territorio.
A livello regionale
In Africa
Infine, con l'UNICEF e l'IRC, la Cooperazione italiana ha contribuito alla ricerca Africa - «Policy Responses» per la preparazione del Piano d'Azione U.E. contro il traffico di esseri umani - minori e giovani donne, nell'ambito delle consultazioni U.E.-Africa dove l'Italia insieme alla Svezia è referente per la tematica specifica.
La ricerca è stata pubblicata nella collana «Innocenti Insight» intitolata «Child Trafficking in West Africa: Policy Responses» in otto Paesi dell'Africa Occidentale (Benin, Burkina Faso, Camerun, Costa d'Avorio, Gabon, Mali, Nigeria e Togo) e analizza le possibili linee d'azione contro il traffico dei minori. La seconda fase del progetto ha consentito la raccolta di dati ed informazioni su vari Paesi africani, mappando le principali rotte del traffico e individuando i principali protagonisti nelle azioni di lotta e contrasto.
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In America centrale:
Repubblica Dominicana: il programma Lotta allo sfruttamento sessuale dei bambini e degli adolescenti anche attraverso il turismo sessuale a danno dei minori di età, in collaborazione con l'UNICEF e ECPAT Italia, con un contributo di 800.000 euro. La Repubblica Dominicana è meta di consistenti flussi turistici, con una forte presenza di turismo italiano. Parte di questo turismo è purtroppo rappresentata dal turismo sessuale, che vede spesso vittime adolescenti e bambini in giovanissima età. Il programma prevede e realizza una formazione mirata di operatori e soggetti istituzionali per la prevenzione e la lotta alla pedopornografia nazionale e internazionale anche attraverso internet, con il valido contributo di esperti italiani del Ministero degli interni, della Giustizia, della Difesa e del Turismo.
Regione Centro Americana/Caraibi: in collaborazione con il TACRO (The Americas and Caribbean Regional Office) dell'UNICEF, Lotta al traffico di bambini ed adolescenti vittime di pedopornografia on line, sfruttamento sessuale anche nel turismo e di adozioni internazionali clandestine, con un contributo di 2,7 milioni di euro. L'iniziativa riguarda Guatemala, El Salvador, Honduras, Nicaragua, Panama, Costa Rica, Belize e Messico. In particolare, nei primi quattro Paesi verranno realizzate azioni di prevenzione e contrasto del fenomeno e di sostegno alle giovani vittime, con il coinvolgimento di ONG e di esperti italiani; in tutti e otto i Paesi, invece, verrà realizzata una ricerca a livello regionale per accertare l'entità del problema e disegnare una mappatura dei flussi della tratta.
In Asia:
Asia orientale: in collaborazione con l'Ufficio regionale dell'UNICEF (EAPRO: East Asia and the Pacific Regional Office), e specificamente in Cambogia, Vietnam, Laos, Indonesia, Filippine e Thailandia, è stato finanziato dalla cooperazione italiana il programma Lotta al traffico dei minori per sfruttamento sessuale, con un contributo di oltre 5 milioni di euro. L'iniziativa è stata lanciata in occasione della Conferenza Internazionale di Yokohama (dicembre 2001). Il programma prevede un finanziamento per il necessario coordinamento regionale delle attività contro il traffico di bambini e bambine a livello transnazionale e sei programmi Paese con specifiche azioni di sensibilizzazione delle Istituzioni coinvolte, di formazione di funzionari e quadri responsabili delle politiche in favore di bambini ed adolescenti e di sostegno alla rete delle ONG specializzate sul tema.
A livello globale (Asia, Balcani, America Centrale)
Infine, l'UNICRI sta per realizzare in collaborazione con ECPAT International in Asia, Africa, America Latina e Europa dell'Est il «Global Program Against the Trafficking of Human Beings», con un contributo italiano di 980.000 euro. La DGCS finanzia il segmento di età 0-18 anni, con particolare riguardo alla tratta dei minori per scopi di sfruttamento sessuale ai fini commerciali. L'UNICRI sta organizzando una azione di cooperazione decentrata con quelle istanze locali che vedono la presenza sul loro territorio di minori stranieri sfruttati sessualmente.
3. Giustizia minorile/minori in conflitto con la legge.
La DGCS è impegnata anche nella tutela e nella promozione dei diritti dei minori «in conflitto con la legge», spesso in rapporto a prolungati periodi di guerra e alla conseguente disgregazione di famiglie e comunità. I progetti finora realizzati e quelli in fase di avvio hanno un duplice scopo: da una parte, assicurare a livello istituzionale, un sistema di amministrazione di giustizia minorile, dall'altra, tutelare i diritti dei bambini e adolescenti, primi fra tutti la salute fisica, mentale e l'educazione, rafforzare il ruolo sociale della famiglia con particolare riguardo alle madri capofamiglia e della comunità attuando iniziative volte alla prevenzione e alla riabilitazione. Tutti gli interventi vengono attuati con il coinvolgimento di ONG italiane e locali
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specializzate sulla tematica, radicate sul territorio.
Tra le iniziative finanziate si ricordano:
In Africa:
Angola: il programma Istituzione di un sistema di giustizia minorile, con un contributo di 2,7 milioni di euro. Il programma, realizzato dall'UNICRI, insieme al Ministero di Giustizia angolano ha istituito il Tribunale per la giustizia minorile con la relativa formazione di giudici minorili e cerca di ripristinare un sistema giudiziario anticamente esistente: il meccanismo di riconciliazione comunitaria. Il programma ha sviluppato due componenti: la prima nell'area legale-istituzionale (amministrazione della giustizia minorile, creazione del tribunale e verifica della sua operatività), la seconda in quella sociale (sviluppo e lotta alla povertà, protezione dei diritti dei minori). Inoltre, il programma favorisce il ritorno a Luanda alle famiglie di origine l'inserimento dei giovani e adolescenti a rischio nelle strutture e nelle associazioni tramite processi di formazione professionale.
Mozambico: l'UNICRI sta avviando il programma Istituzione di un sistema di giustizia minorile,in collaborazione con il Ministero di Giustizia mozambicano, con un contributo della cooperazione italiana, di 2 milioni di euro. Beneficiari tutti i minori di 16 anni in attesa di giudizio, e i minori di 19 anni attualmente detenuti nelle carceri di Maputo che potranno usufruire delle iniziative di formazione professionale. Anche questo programma prevede la formazione degli operatori istituzionali e sociali e una componente di sviluppo dei servizi sociali ed educativi di base sul territorio, in una ottica di prevenzione e di rafforzamento delle reti sociali di sicurezza. Il programma si attua con il coinvolgimento di ONG locali e italiane presenti sul territorio e specializzate sulla tematica.
In America centrale:
El Salvador: l'UNDP sta concludendo il programma Violenza in una società a transizione: prevenzione della delinquenza giovanile, con un contributo DGCS di 2 milioni di dollari. Nel Paese la violenza quotidiana è il maggior deterrente allo sviluppo umano ed economico: il programma realizza attività di prevenzione e di reinserimento sociale di giovani a rischio di esclusione con il contributo dell'UNICEF, di numerose Ong locali e la collaborazione di diverse municipalità e comitati cittadini. Lo scopo è creare alternative di vita ai «mareros» (ragazzi di strada e abbandonati, a rischio di devianza che entrano a fare parte di bande armate denominate marras) e contemporaneamente a lavorare a stretto contatto con il sistema giudiziario minorile.
In Asia:
Afghanistan: «Protezione dei bambini e degli adolescenti in conflitto con la legge, con un contributo di 800.000 euro. Un intervento realizzato attraverso l'UNICEF Kabul rivolto alla prevenzione, recupero e riabilitazione dei minori in conflitto con la legge e promozione di una cultura di rispetti dei diritti umani e civili dei minori. Nelle gravissime condizioni in cui versa il Paese, c'è un enorme bisogno di intervenire per recuperare quei minori che per reati lievi finiscono in carcere in situazioni di promiscuità con detenuti adulti.
4. Tutela e promozione dei diritti fondamentali dell'infanzia e dell'adolescenza/lotta alla povertà.
La Cooperazione italiana finanzia programmi di aiuti alimentari in vari Paesi, specie in Africa, a favore dei nuclei familiari più poveri, a sostegno delle mense attraverso lo school-feeding, combattendo la fame e la malnutrizione infantile e agendo sul duplice fronte dell'emergenza e dello sviluppo.
Nell'ambito delle numerose iniziative per la lotta all'AIDS, la malaria e la TBC, attraverso i canali multilaterale, bilaterale, ONG ed emergenza, particolare attenzione viene rivolta ai bambini ed alle loro famiglie.
Tra i settori di intervento: la prevenzione, il controllo della trasmissione materno-infantile
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dell'HIV, l'educazione e l'informazione, l'assistenza agli orfani e il loro reinserimento, la sicurezza nelle trasfusioni e l'igiene ospedaliera, il miglioramento dei servizi per i malati e le loro famiglie.
La DGCS, inoltre, si è impegnata per la tutela e la promozione dei diritti delle bambine e delle adolescenti, affinché, alla pari con i bambini, possano partecipare a tutti i livelli della vita sociale, economica, politica e culturale del loro Paese e eliminare fenomeni di abuso e violenza sessuale come quelli di matrimoni e gravidanze precoci e di pratiche tradizionali sessuali altamente pericolose per la salute fisica e psichica delle bambine e delle adolescenti.
La Cooperazione italiana ha finanziato recentemente, nell'ambito del programma UNICEF «Child Protection Strategy», un progetto concernente la lotta contro le mutilazioni genitali delle bambine e delle adolescenti (FGM, Female Genital Mutilation). Tale iniziativa, «Stop FGM», verrà realizzata dalle ONG italiane proponenti, AIDOS (Associazione italiana donne per lo sviluppo), e NPSG (Non c'è Pace senza Giustizia), attraverso un contributo volontario all'UNICEF di 1,8 milioni di euro.
In Africa:
10 Paesi: con l'OMS, l'iniziativa regionale di Prevenzione materno fetale e sostegno alle famiglie colpite da HIV/AIDS, con un contributo DGCS di 8 milioni di euro. L'iniziativa coinvolge Angola, Burkina Faso, Burundi, Costa d'Avorio, Mozambico, Rwanda, Swaziland, Tanzania, Uganda e Zimbabwe (con la prospettiva di estendere il programma ad altri 3 paesi in una seconda fase). Prevede attività di vario tipo, quali: la prevenzione della trasmissione materno-fetale del virus; il trattamento ARV alla madre e sostegno alimentare alla famiglia; la mitigazione dell'impatto dell'AIDS con attività di prevenzione delle minorenni abusate e oggetto di violenza sessuale.
Egitto: con la Banca Mondiale, si sta avviando l'iniziativa «Alleviazione della povertà e diritti civili e legali per bambine, adolescenti e giovani donne», con un contributo di 1,5 milioni di euro. Il fenomeno della non registrazione alla nascita, colpisce in particolare le bambine e le adolescenti degli strati più poveri della società, con conseguente privazione dei diritti ad una carta di identità e della fruizione dei diritti fondamentali all'educazione, all'assistenza sanitaria e più tardi alla pensione. Il fenomeno è sempre più percepito non solo come un problema di giustizia e di eguaglianza, ma anche come fattore oggettivo di limitazione ai diritti di cittadinanza, di impedimento grave all'accesso ai servizi sociali di base e ostacolo allo sviluppo del Paese.
Nell'Arca Balcanica:
Albania: un programma di Cooperazione Decentrata in partenariato con le Regioni Emilia-Romagna, Marche e Puglia sul Rafforzamento istituzionale per il decentramento dei servizi sociali sul territorio a favore dei minori albanesi a rischio di tratta e di emigrazione clandestina e del servizio nazionale per le adozioni per la protezione dei diritti dell'infanzia attraverso l'armonizzazione della legislazione albanese con la normativa UE per la Convenzione dell'Aia sulle adozioni internazionali - Contributo DGCS: 2 milioni di euro. Il programma, sostiene le istituzioni albanesi competenti a livello Centrale e le Municipalità a realizzare attività volte alla prevenzione e tutela dei minori vittime di sfruttamento, prostituzione, traffico a scopo sessuale, abbandono, abusi e maltrattamenti, malnutrizione, analfabetismo ed emigrazione clandestina. Le Regioni italiane contribuiscono inoltre, a sviluppare le capacità del Governo nazionale e delle istituzioni locali a promuovere sul territorio la programmazione e la realizzazione dei servizi sociali di base a favore dei minori e dei giovani a rischio, coinvolgendo Ong locali e italiane maggiormente specializzate sulla tematica minorile e sociale e presenti sul territorio albanese.
In America Latina:
Bolivia: con l'UNICEF, si sta avviando il programma «Difesa dei diritti dei minori in Bolivia: Istituzionalizzazione dell'Istituto per la Difesa dell'Infanzia e dell'Adolescenza della Municipalità di E. Alto». Contributo
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di 1,8 milioni di euro. Il programma è rivolto alla creazione e allo sviluppo di una rete di servizi integrati sul territorio per accrescere la quantità e la qualità dei servizi sociali ed educativi in favore dell'infanzia e dell'adolescenza in condizioni di particolare vulnerabilità e a rischio.
Argentina, Uruguay e Paraguay: con un contributo volontario all'UNDP, l'iniziativa regionale «Interventi urgenti in favore dei minori di età in condizioni di estrema vulnerabilità in Paesi selezionati dell'America del Sud»; con un contributo di 1 milione di euro. È un vasto e articolato intervento multisettoriale e integrato - nel quadro di una iniziativa regionale di lotta alla povertà - per ridurre le condizioni di elevata vulnerabilità in cui si trova attualmente la popolazione minorile nei Paesi considerati.
5. Bambini e adolescenti nei conflitti armati e in contesti di post-conflitto.
Gli esperti stimano in centinaia di migliaia i minori - ragazzi e ragazze - direttamente coinvolti in operazioni belliche e in almeno 300.000 gli adolescenti arruolati in eserciti, formazioni militari e para militari, molti reclutati legalmente e obbligatoriamente, altri rapiti e comunque costretti ad arruolarsi forzatamente; milioni sono i bambini, gli adolescenti e i giovani vittime dei conflitti che faticosamente cercano possibili strade di sopravvivenza, reinserimento educativo, sociale e occupazionale nei propri Paesi o attraverso l'emigrazione nelle situazioni postconflittuali. La cooperazione italiana finanzia e realizza attraverso Organizzazioni Internazionali quali la Banca Mondiale, l'UNICEF e l'OIM, le Ong e le Regioni italiane, una serie di progetti a favore di bambini ed adolescenti coinvolti nei conflitti armati e vittime di guerra in alcuni Paesi in perenne situazione di conflitto e di post-conflitto.
Di seguito alcune delle iniziative più significative:
In Africa:
Eritrea: con l'UNICEF, si è concluso il programma Mahzel - Reintegrazione sociale e tutela dei minori - con un contributo DGCS di 3,2 milioni di euro. Il programma, protratto per 3 anni, ha avuto lo scopo di rafforzare i sistemi di salvaguardia tradizionali a favore dei minori, e puntare in particolare al recupero dei bambini risultati orfani a seguito della guerra di liberazione dell'Eritrea. L'iniziativa ha consentito anche di completare la formazione di 94 insegnanti elementari.
Nella Regione Balcanica:
Balcani: il programma regionale The Social Development Iniziative for the Southern Eastern Europe, finanziato dalla cooperazione italiana alla Banca Mondiale con un contributo di 1,9 milioni di euro. L'iniziativa vuole contribuire ad accrescere le condizioni generali di stabilità e di coesistenza civile tra le popolazioni dei vari Stati della regione, sostenendo e rafforzando le istituzioni preposte all'erogazione dei servizi sociali e le varie forme di associazionismo a livello locale degli adolescenti e giovani, considerati come agenti e risorse fondamentali per lo sviluppo della pace, della democrazia e dell'economia sostenibile nell'area balcanica. Un significativo risultato all'interno di tale strategia è rappresentato dai 21 centri giovanili Babylon, dislocati in varie città della Macedonia, per offrire luoghi di incontro e scambio tra giovani di tutti i gruppi etnici presenti nell'area balcanica, rendendoli promotori di una cultura basata sul rispetto e la tolleranza reciproca.
Bosnia-Erzegovina: il programma, affidato alle ONG, Sviluppo della condizione dei bambini e dei giovani in Bosnia-Erzegovina, - con un contributo DGCS di 2,8 milioni di euro. D'obiettivo è quello di potenziare la partecipazione della popolazione giovanile alla vita socio-economica del Paese definendone il ruolo quali soggetti del cambiamento e della ricostruzione. Il progetto prevede: supporto istituzionale e sostegno alla formulazione di politiche nazionali; promozione dell'associazionismo giovanile; sviluppo dell'imprenditoria giovanile e dell'occupazione.
Bosnia-Erzegovina: il programma di cooperazione decentrata in partenariato con le Regioni Emilia Romagna e Marche. Tutela
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per il reinserimento di minori con handicap fisico e psichico vittime dei conflitti armati e promozione di imprenditorialità sociale, - in fase di avvio è stato finanziato dalla cooperazione italiana con un contributo di 4,3 milioni di euro. Il programma si propone di favorire l'accesso ai servizi educativi, il recupero psicologico e la riabilitazione psicomotoria dei minori e giovani traumatizzati dalle violenze subite durante il conflitto armato. L'iniziativa coinvolge Università e Istituzioni italiane specializzate in collaborazione con le omologhe della Bosnia-Erzegovina.
America Latina
Colombia: con l'OIM, si sta avviando il «Programma a sostegno dei bambini e degli adolescenti ex combattenti in Colombia». Contributo DGCS 1,48 milioni di euro. In Colombia sono almeno 7.500 i minorenni tra le fila dei vari gruppi armati irregolari. Il programma è rivolto alla creazione e allo sviluppo di una rete di servizi integrati a livello del territorio per favorire la riabilitazione e il reinserimento dei bambini e degli adolescenti coinvolti.
In generale:
Unicef/IRC in collaborazione con l'Istituto degli Innocenti - Programma per la costituzione di un European Network for a Research Agenda on Children and Armed Conflicts - L'attività di formazione che l'Istituto degli Innocenti ha svolto sul tema dei bambini e conflitti armati, è stata finanziata della Cooperazione Italiana al fine di istituire un network di esperti italiani ad alto livello. Sono stati realizzati due seminari presso la sede dell'Istituto. Il primo - nazionale - svoltosi dal 15 al 17 ottobre 2003, ha dato indicazioni per il monitoraggio e la valutazione di progetti di cooperazione rivolti all'infanzia e all'adolescenza. Il secondo - europeo - svoltosi il 30 e 31 ottobre 2003, si è confrontato sugli interventi di reintegrazione di minori coinvolti nei conflitti armati partendo dalle esperienze realizzate sul campo ed individuando delle buone pratiche di intervento.
Nel quadro dei seguiti della Conferenza Internazionale di Freetown «From War to Classroom. From Crisis to Recovery. The Italian Cooperation for the West African Children», la Cooperazione Italiana intende costituire un fondo apposito per la realizzazione di una iniziativa regionale in favore dei bambini, adolescenti e giovani in Sierra Leone e altri Paesi dell'Africa Occidentale.
Il programma si configura nel suo complesso attraverso la costituzione di un apposito trust fund del valore globale di circa 5 milioni di euro, da finalizzare nell'arco complessivo di 24 mesi. L'iniziativa è finalizzata ad assicurare il necessario sostegno finanziario a progetti e iniziative promosse e realizzate dalle istituzioni centrali e locali, dalle ONG e dalle altre rilevanti organizzazioni impegnate nello sviluppo democratico e socio-economico della Sierra Leone e dei Paesi interessati dall'iniziativa.
L'iniziativa sarà focalizzata alle azioni di sviluppo sociale ed economico aventi quali beneficiari diretti e indiretti bambini e giovani in condizioni di particolare vulnerabilità (bambini e adolescenti soldato ed ex-combattenti, bambini vittime traumatizzati, orfani e abbandonati, bambine abusate e vittime di violenza, ecc.), anche al fine di accrescere le condizioni generali di stabilità e di coesistenza civile tra le popolazioni dei vari Stati della regione, sostenendo e rafforzando le istituzioni preposte all'erogazione dei servizi sociali in favore delle fasce minorili della popolazione e le varie forme di associazionismo presenti a livello locale impegnate in favore dei bambini e dei giovani.
Da parte del Governo italiano si continuerà a seguire con estrema attenzione l'evoluzione della situazione dei diritti fondamentali dell'infanzia nel mondo e non si mancherà di affrontare il problema anche nei più importanti consessi internazionali.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Margherita Boniver.
PERROTTA. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
come si evince da un comunicato Asca del 27 gennaio 2005, la guerra nella
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regione nord-occidentale del Darfur continua, nonostante lo scorso 9 gennaio il Governo del Sudan e SPLM abbiano firmato un accordo che pone fine alla ventennale guerra tra il Nord e il Sud del Paese;
la Caritas Italiana, a seguito di una visita in quei luoghi, ha denunciato la difficile situazione presente nel Sudan;
Caritas Italiana sta avviando una serie di progetti di collaborazione con alcune diocesi del Sudan e tra i vari progetti vi è il reinserimento degli sfollati e dei rifugiati nella comunità di appartenenza -:
se il Ministro interrogato ritenga di dover intervenire presso il Governo del Sudan, al fine di promuovere una strategia di sviluppo nel lungo periodo che coinvolga, in maniera partecipata, le comunità locali rendendole protagoniste della realizzazione della pace;
se ritenga di dover realizzare una campagna di sensibilizzazione, in modo da ottenere aiuti di ogni tipo.
(4-12767)
Risposta. - Il conflitto nella regione sudanese del Darfur - originato da una rivalità interetnica tra gruppi tribali nomadi arabi e agricoltori sedentari africani, entrambi di religione musulmana - per il controllo delle risorse vitali (proprietà della terra e approvvigionamento idrico), si è sviluppato sul piano militare a partire dal febbraio 2003 in seguito all'intervento governativo contro i ribelli dell'SLA (Sudan liberation movement) e del JEM (Justice and equality movement).
Il conflitto armato si è innescato con la ribellione contro il Governo di Khartoum delle locali etnie africane (Fur, Zaghawa e Masalit) che rivendicano una più equa ripartizione della ricchezza e del potere sinora essenzialmente in mano alle minoranze di origine araba.
Si sono finora registrati circa 180 mila morti e oltre due milioni di sfollati interni o rifugiati nel vicino Ciad e, per tale motivo, la crisi del Darfur rappresenta oggi, secondo le Nazioni Unite, la più grave emergenza umanitaria in atto.
Con la firma il 9 gennaio scorso a Nairobi dell'accordo finale di pace tra il Governo di Khartoum e l'SPLM/A (Sudan People's Liberation Movement/Army), si sono accresciute le speranze di una soluzione negoziata anche della situazione in Darfur.
Il 2 febbraio, la Commissione internazionale di inchiesta sulle violazioni dei diritti umani in Darfur, istituita con la Risoluzione 1564 del 18 settembre 2004 e presieduta dal giurista italiano Antonio Cassese, ha documentato in un rapporto di 170 pagine i crimini commessi in Darfur e le violazioni dei diritti umani fondamentali. Nel Rapporto non si definisce genocidio quanto avvenuto in Darfur, ma si parla di «crimini contro l'umanità» e «crimini di guerra» e si raccomanda fortemente che il Consiglio di sicurezza faccia ricorso alla Corte penale internazionale (CPI). Inoltre al rapporto è allegata una lista di persone individuate come responsabili dei crimini commessi. Il 6 giugno il procuratore della CPI, l'argentino Luis Moreno Ocampo, ha confermato la competenza della Corte nei confronti dei responsabili delle violazioni dei diritti umani nel Darfur. La Corte ha quindi ufficialmente dato inizio alla fase istruttoria precisando che «l'inchiesta sarà indipendente e si concentrerà sui responsabili dei crimini qualificabili come crimini contro l'umanità».
Il 5 luglio ad Abudja è stata firmata dal Governo di Khartoum e dai due gruppi ribelli, Sudan liberation movement (SLA) e Justice and equality movement (JEM), la Declaration of Principles, passo significativo verso una soluzione del conflitto.
Una recrudescenza degli scontri nel Darfur, con attacchi a convogli militari e atti di banditismo a danno dei dipendenti e dei mezzi delle ONG che operano nella regione, hanno portato ad un rinvio della ripresa dei colloqui tra le parti, inizialmente previsti per il 24 agosto.
Il 15 settembre è iniziato il sesto round del negoziato tra il Governo del Sudan e i ribelli che dovrebbe protrarsi sino alla fine dell'anno.
L'Italia ha costantemente assicurato il proprio sostegno sia al processo di pace in
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Sudan sia alla ricerca di una soluzione della crisi nel Darfur e ha sempre sottolineato, in occasione delle periodiche riunioni del Consiglio dell'Unione europea, la necessità di assicurare il rispetto degli impegni assunti da parte delle Autorità di Khartoum e delle forze ribelli (Sudan liberation movement e Justice and equality movement) con la firma dell'Accordo di cessate il fuoco di N'Djamena dell'8 aprile 2004 e con i Protocolli umanitario e di sicurezza del 9 novembre 2004.
Ci siamo inoltre adoperati a livello bilaterale sia con le autorità sudanesi e sia con i rappresentanti dei movimenti SLA e JEM per ribadire la necessità di salvaguardare il processo negoziale onde pervenire ad una soluzione pacifica della crisi.
Il nostro Paese partecipa attivamente al sostegno finanziario della missione di monitoraggio dell'Unione Africana denominata AMIS (African union mission in Sudan), tramite la Peace facility dell'Unione europea ed è presente con un Ufficio della cooperazione a Nyala, nel Sud del Darfur, affidato alla dottoressa Barbara Contini, che gestisce i nostri aiuti umanitari in coordinamento con l'Ambasciata.
L'Italia, inoltre, ha recentemente incrementato il proprio contributo bilaterale alla missione di pace dell'UA, portandolo a più di 1 milione di euro ed assicurando l'avvicendamento di un osservatore militare nella località di Tiné e di un pianificatore per la logistica dei voli aerei presso il Quartier Generale della AMIS ad El-Fasher. Altri due nostri Ufficiali nel settore della logistica sono stati designati per assumere le loro funzioni a Khartoum e ad Addis Abeba.
Infine l'Italia si è resa disponibile a fornire all'AMIS un B-707 per il trasporto del contingente gambiano nel quadro delle operazioni NATO volte a far affluire in Darfur contingenti africani destinati a portare gli effettivi della missione di protezione dalle 3716 unità attuali alle 7731 previste.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Alfredo Luigi Mantica.
PERROTTA. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
da una nota dell'Assoconsum del Lazio si evidenzia con un articolo di Panorama n. 9 un'anomala situazione inerente alcuni farmaci;
da un'indagine svolta dalla stessa associazione dei consumatori si è evidenziato il problema del Baycol che appartiene alla classe degli anticolesterolo usato per prevenire eventi coronarici;
nel 2001 fu ritirato con l'accusa di aver causato decessi, specie se affidato ai fibrati -:
se il farmaco sia ancora in commercio sul territorio nazionale e, in caso affermativo per quali motivi sia stato riammesso.
(4-13506)
PERROTTA. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
da una nota dell'Assoconsum del Lazio si evidenzia con un articolo di Panorama n. 9 un'anomala situazione inerente alcuni farmaci;
da un'indagine svolta dalla stessa associazione dei consumatori si è evidenziato il problema del Lipobay che appartiene alla classe degli anticolesterolo usato per prevenire eventi coronarici;
nel 2001 fu ritirato con l'accusa di aver causato decessi, specie se affidato ai fibrati -:
se il farmaco sia ancora in commercio e, in caso affermativo, per quali motivi sia stato riammesso.
(4-13509)
Risposta. - Il farmaco «Baycol», a base di Cerivastatina, che in Italia ha assunto i nomi commerciali di «Lipobay», «Stativa» e «Cervasta», nell'agosto del 2001 è stato ritirato dal commercio in tutti i 15 Paesi europei nei quali era stato registrato, a seguito della procedura di mutuo riconoscimento.
Si precisa che a tutt'oggi non è presente sul mercato nazionale, poiché nel gennaio
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2002 le rispettive autorizzazioni all'immissione in commercio sono state definitivamente revocate.
Il Ministro della salute: Francesco Storace.
PERROTTA. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
il buco della spesa farmaceutica è stato nel 2004 di 1.350 milioni di euro;
da una nota dell'Assoconsumi di Napoli si evince che la Campania ha un notevole disavanzo -:
a quanto ammonti lo sfondamento della Regione Campania nel 2004;
se sia aumentato o diminuito e di quanto rispetto agli anni 2000 e 2001.
(4-13699)
PERROTTA. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
la conferenza Stato-Regioni ha raggiunto un accordo sulla ripartizione del Fondo sanitario 2005 sulla base di 90 miliardi di euro;
il tetto della spesa farmaceutica è stato confermato nella misura del 13 per cento -:
a quanto ammontasse la ripartizione per l'anno 2001;
quale fosse il tetto di spesa farmaceutica prevista per lo stesso anno;
relativamente alla regione Campania, quale fosse il tetto di spesa previsto per il 2001 ed a quanto ammonti quello previsto per l'anno 2005;
sempre con riferimento alla regione Campania, quale fosse il tetto di spesa farmaceutica per l'anno 2001 ed a quanto ammonti quello previsto per il 2005.
(4-13708)
Risposta. - Il disavanzo della spesa farmaceutica per la regione Campania ammonta, per l'anno 2004, a 274 milioni di euro, mentre per gli anni 2000 e 2001 la voce corrispondente ammonta, rispettivamente, a 285 e 444 milioni di euro.
Per il 2001, lo stanziamento complessivo destinato al Servizio sanitario nazionale è stato di 71.270 milioni di euro, con una spesa farmaceutica stimata nella misura del 13,08 per cento, corrispondente, in valore assoluto, alla somma di 9.322 milioni di euro.
Relativamente alla regione Campania, lo stanziamento previsto per l'anno 2001 per la spesa sanitaria è stato quantificato nella cifra di 6.767 milioni di euro (per il 2005, lo stanziamento è stato di 7.962 milioni di euro), con una previsione di spesa farmaceutica di euro 819 milioni, mentre per il 2005 il «tetto» corrisponde a 1.035 milioni di euro (legge 30 dicembre 2004, n. 311, legge finanziaria 2005).
Si precisa che il «tetto di spesa farmaceutica», individuato nel valore del 13 per cento, è stato previsto con la legge finanziaria 2002; in precedenza, erano vigenti parametri variabili da regione a regione.
Il Ministro della salute: Francesco Storace.
PERROTTA. - Al Ministro delle attività produttive. - Per sapere - premesso che:
negli ultimi 5 anni si sono avute vendite da capogiro di armi leggere, per lo più a paesi sottosviluppati antidemocratici o sotto embargo (Cina); nel mondo tra il 1990 ed il 2005 sono morti 2,5 milioni di bambini a causa delle «armi leggere»;
solo 15 paesi hanno sottoscritto nel mondo un trattato sul commercio delle armi;
l'Italia è il secondo produttore di armi di piccolo calibro, pistole e fucili; i brokers delle armi godono di impunità dovuta ad assenza di leggi contro di loro;
negli ultimi mesi, un broker delle armi, è stato arrestato e, sebbene vi fosse
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la prova che avesse comprato e venduto armi a paesi sotto embargo, è stato rilasciato;
ciò è stato dovuto al fatto che le armi non erano state fatte passare sul nostro territorio -:
se non sia il caso di adottare iniziative volte a colmare quello che appare all'interrogante un vuoto normativo.
(4-14005)
Risposta. - Non risulta che l'Italia, negli ultimi cinque anni, abbia effettuato «vendite da capogiro di armi leggere». Al contrario, risulta che vi è stata un'enorme contrazione nelle esportazioni.
La disciplina normativa che regola le esportazioni di armi leggere automatiche (a raffica) è contenuta nella legge n. 185/90 e successive modifiche. Tale legge, che attribuisce le principali competenze al Ministero degli affari esteri, è da ritenersi, senza ombra di dubbio, fra le più restrittive tra quelle attualmente vigenti.
Anche per le esportazioni di armi leggere semi-automatiche, per le quali è competente il Ministero dell'interno, di fatto viene applicata la citata legge n. 185/90. Detto Dicastero applica scrupolosamente le regole del Codice di condotta dell'Unione europea e, quando trattasi di Paesi sensibili, si avvale del parere del Ministero degli affari esteri.
Quanto al ruolo dell'Italia nell'ambito commerciale di cui trattasi, si ricorda che l'Italia è uno dei 15 Paesi firmatari della soluzione sul commercio delle anni, denominata «Codice di condotta dell'Unione europea per le esportazioni di armi».
Inoltre, l'Italia è tra i 42 Paesi firmatari del Trattato sul commercio internazionale delle armi, attualmente in vigore; denominato «Protocollo contro la fabbricazione illecita e il traffico delle armi da fuoco, delle loro parti, componenti e munizioni». Terzo protocollo supplementare alla Convenzione delle Nazioni Unite contro il crimine organizzato internazionale.
Riguardo al fatto che l'Italia è uno dei maggiori produttori di armi leggere, si fa presente che l'attività dei brokers, con riguardo anche alla destinazione finale delle armi, non può prescindere dalla citata normativa vigente in Italia.
Al riguardo, si precisa che alle aziende italiane del settore sono sempre state negate esportazioni, anche di armi sportive, verso la Cina che è sotto embargo.
Si fa presente, infine, che in merito all'arresto del broker straniero di cui si fa riferimento nell'interrogazione in esame, l'ANPAM (Associazione nazionale produttori armi e munizioni), interessata al riguardo, ha riferito di non essere a conoscenza del soggetto coinvolto nell'operazione.
Il Sottosegretario di Stato per le attività produttive: Mario Valducci.
PERROTTA. - Al Ministro delle attività produttive. - Per sapere - premesso che:
le tariffe elettriche italiane sono le più alte d'Europa;
in molte centrali ad olio combustibile d'Europa vi è il recupero del vapore eccedente, che viene riciclato per riscaldare le città vicine agli impianti;
la centrale di Civitavecchia non recupera questo vapore, ma lo scarica nelle acque del mare circostante, con danno anche ambientale -:
quanto costerebbe l'adeguamento nella centrale di Civitavecchia per recuperare il vapore eccedente e riscaldare la città;
se il Governo intenda adottare opportune iniziative che permettano il recupero di questa fonte energetica.
(4-14323)
Risposta. - La problematica avanzata dall'interrogante risulta essere di grande interesse nell'ambito dell'attuale politica energetica nazionale che, infatti, insiste sulla necessità di garantire al sistema Paese un adeguato ventaglio di possibilità, per fronteggiare la strutturale carenza in tema di disponibilità di fonti energetiche primarie.
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Il recupero di vapore eccedente dall'attività di centrali termoelettriche, per un eventuale impiego per il riscaldamento urbano (teleriscaldamento), rappresenta una delle possibili opzioni per assicurare sia un minore impatto ambientale, con lo spegnimento dei sistemi di riscaldamento individuali, sia un risparmio energetico determinato da una minore richiesta di utilizzo di fonti energetiche primarie.
Entrando nel merito dei quesiti specifici sollevati dall'interrogante, si fa presente che, nel territorio del comune di Civitavecchia, è presente un sistema di recupero energetico dell'energia termica dall'acqua di raffreddamento dei locali impianti termoelettrici.
Infatti, la società Nuova azzurro gestisce un impianto di piscicoltura locale che sfrutta il calore dell'acqua di scarico della centrale di Torre Valdaliga Nord.
Eventuali ulteriori utilizzi di energia termica a bassa entalpia, come quelli che si ottengono recuperando il calore delle acque di scarico, potrebbero svilupparsi nel campo della serricoltura, individuando però i soggetti imprenditoriali disposti ad investire nel settore, che allo stato attuale non si sono manifestati.
Un utilizzo di calore ad alta entalpia, utile per una rete di teleriscaldamento urbano, necessita di modifiche impiantistiche presso le centrali, giustificabili a livello di investimento a fronte dell'esistenza di uno specifico bacino di utenza e di condizioni climatiche adatte.
Il Sottosegretario di Stato per le attività produttive: Mario Valducci.
PERROTTA. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
in Inghilterra l'acqua Dasani è stata ritirata dal commercio, dalla Coca-Cola, a causa di un'elevata quantità di bromato;
quest'acqua potrebbe essere in commercio anche in Italia, così come segnalato dall'Assoconsum di Napoli -:
se sia stata commercializzata in Italia;
se in questo caso sia stata ritirata dal mercato.
(4-14359)
Risposta. - In merito ai quesiti contenuti nell'interrogazione parlamentare in esame, si precisa che l'acqua «Dasani» non risulta commercializzata nella Regione Campania.
La stessa è distribuita solo in Gran Bretagna, come indicato nell'addendum 1 della notifica 2004/159, nell'ambito del sistema di allerta comunitario della Sanco (European commission health and consumer protection directorate general), denominato Ransff (Rapid system alert food and feed).
La regione Campania, al riguardo, ha sottolineato che «gli accertamenti eseguiti nell'ambito delle attività che a qualsiasi titolo avrebbero potuto detenere l'acqua Dasani (depositi all'ingrosso, rivendite, ristorazione, case di cura eccetera) hanno evidenziato la totale assenza di tale prodotto».
Il Sottosegretario di Stato per la salute: Domenico Zinzi.
PERROTTA. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
gli italiani sono i maggiori consumatori di acque minerali, così come si evince da una segnalazione pervenuta all'interrogante dall'Assoconsum;
l'industria minerale italiana, che dispone di un ricchissimo e variegato patrimonio sorgivo, ha quindi l'opportunità di una grande crescita grazie anche al business dell'esportazione;
prevalgono i consumi di acque lisce e a bassa mineralizzazione, ma sono in crescita anche le acque a naturale effervescenza e quelle lievemente carbonate, mentre sono in calo i consumi delle acque frizzanti;
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sul mercato italiano delle acque minerali sono operative circa 180 fonti che imbottigliano oltre 280 diverse marche;
le regioni sono responsabili delle varie concessioni -:
quante fonti vi sono in Piemonte.
(4-14515)
PERROTTA. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
gli italiani sono i maggiori consumatori di acque minerali, così come si evince da una segnalazione pervenutami dall'Assoconsum;
l'industria minerale italiana, che dispone di un ricchissimo e variegato patrimonio sorgivo, ha quindi l'opportunità di una grande crescita grazie anche al business dell'esportazione;
prevalgono i consumi di acque lisce e a bassa mineralizzazione, ma sono in crescita anche le acque a naturale effervescenza e quelle lievemente carbonate, mentre sono in calo i consumi delle acque frizzanti;
sul mercato italiano delle acque minerali sono operative circa 180 fonti che imbottigliano oltre 280 diverse marche;
le regioni sono responsabili delle varie concessioni -:
quante fonti vi sono in Basilicata.
(4-15003)
Risposta. - La regione Piemonte ha precisato che risultano, allo stato attuale, in funzione 15 stabilimenti di imbottigliamento, che utilizzano, ai fini della commercializzazione, 27 fonti di acque minerali.
I dati della produzione regionale 2004, forniti dalla Direzione turismo sport parchi, sono i seguenti: produzione litri: 1.395.718.050, addetti: 585.
Relativamente alle acque minerali autorizzate nella regione Basilicata, si riporta il seguente elenco pervenuto dal dipartimento regionale competente, tramite la prefettura - ufficio territoriale del Governo di Potenza:
Elenco acque minerali imbottigliate in Piemonte ai fini della commercializzazione.
Ditta: Pian della Mussa Spa; Sede legale: Villaggio Albaron 10070 Balme (Torino); Stabilimento: Villaggio Albaron 10070 Balme (Torino); Denominazione acqua minerale: Pian della Mussa - Fonte Sauzé.
Ditta: Pontevecchio Srl; Sede legale: Strada Carignano 46 ter 10024 Moncalieri (Torino); Stabilimento: Via Ponte Pietra 3 10062 Luserna San Giovanni (Torino); Denominazione acqua minerale: Sorgente Oro Alpi Cozie.
Ditta: Pontevecchio Srl; Sede legale: Strada Carignano 46 ter 10024 Moncalieri (Torino); Stabilimento: Via Ponte Pietra 3 10062 Luserna San Giovanni (Torino); Denominazione acqua minerale: Sparea.
Ditta: Pontevecchio Srl; Sede legale: Strada Carignano 46 ter 10024 Moncalieri (Torino); Stabilimento: Via Ponte Pietra 3 10062 Luserna San Giovanni (Torino); Denominazione acqua minerale: Sorgente Seccarezze Fonte delle Alpi.
Ditta: Pontevecchio Srl; Sede legale: Strada Carignano 46 ter 10024 Moncalieri (Torino); Stabilimento: Via Ponte Pietra 3 10062 Luserna San Giovanni (Torino); Denominazione acqua minerale: Valmora.
Ditta: Pontevecchio Srl; Sede legale: Strada Carignano 46 ter 10024 Moncalieri (Torino); Stabilimento: Via Ponte Pietra 3 10062 Luserna San Giovanni (Torino); Denominazione acqua minerale: Monviso.
Ditta: Acque oligominerali Valverde Srl; Sede legale: Regione Zacconale Quarona Sesia (Vercelli); Stabilimento: Regione Zacconale Quarona Sesia (Vercelli); Denominazione acqua minerale: Valverde.
Ditta: Acque oligominerali Valverde Srl; Sede legale: Regione Zacconale 13017 Quarona Sesia (Vercelli); Stabilimento: Regione
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Zacconale 13017 Quarona Sesia (Vercelli); Denominazione acqua minerale: Gioiosa della Valsesia.
Ditta: Alpe Guizza Spa; Sede legale: Viale Kennedy 65 30037 Scorzè (Venezia); Stabilimento: SS 419 km. 7 13893 Donato (Biella); Denominazione acqua minerale: Fonte Caudana.
Ditta: Lauretana Spa; Sede legale: Frazione Campiglie 56 13895 Graglia (Biella); Stabilimento: Frazione Campiglie 56 13895 Graglia (Biella); Denominazione acqua minerale: Lauretana.
Ditta: Spumador Spa; Sede legale: Via alla Fonte 13 Frazione Caslino al Piano 22071 Cadorago (Como); Stabilimento: Via alla Sorgente 1 28040 Oleggio Castello (Novara); Denominazione acqua minerale: Fonte Serena.
Ditta: Acque e terme di Vigezzo Spa; Sede legale: S.S. 337 Valle Vigezzo 28854 Malesco (Verbania); Stabilimento: S.S. 337 Valle Vigezzo 28854 Malesco (Verbania); Denominazione acqua minerale: Alpia.
Ditta: Davide Campari - Milano Spa; Sede legale: Via Filippo Turati 27 20121 Milano; Stabilimento: Località Molinetto 28862 Crodo (Verbania); Denominazione acqua minerale: Crodo Lisiei.
Ditta: Davide Campari - Milano Spa; Sede legale: Via Filippo Turati 27 20121 Milano; Stabilimento: Località Molinetto 28862 Crodo (Verbania); Denominazione acqua minerale: Fonte di Valle d'Oro.
Ditta: Davide Campari - Milano Spa; Sede legale: Via Filippo Turati 27 20121 Milano; Stabilimento: Località Molinetto 28862 Crodo (Verbania); Denominazione acqua minerale: Fonti di Crodo - Sorgente Cesa.
Ditta: Bognanco Acque Minerali Srl; Sede legale: Via Sant'Isidoro 27 21021 Angera (Varese); Stabilimento: Piazzale Rampone 10 28842 Bognanco (Verbania); Denominazione acqua minerale: Ausonia.
Ditta: Bognanco Acque Minerali Srl; Sede legale: Via Sant'Isidoro 27 21021 Angera (Varese); Stabilimento: Piazzale Rampone 10 28842 Bognanco (Verbania); Denominazione acqua minerale: Gaudenziana.
Ditta: Bognanco Acque Minerali Srl; Sede legale: Via Sant'Isidoro 27 21021 Angera (Varese); Stabilimento: Piazzale Rampone 10 28842 Bognanco (Verbania); Denominazione acqua minerale: San Lorenzo.
Ditta: Fonti di Vinadio Spa; Sede legale: Frazione Roviera 12010 Vinadio (Cuneo); Stabilimento: Frazione Roviera 12010 Vinadio (Cuneo); Denominazione acqua minerale: Sant'Anna di Vinadio.
Ditta: Coralba Srl; Sede legale: Via Cuneo 4 12029 San Damiano Macra (Cuneo); Stabilimento: Via Cuneo 4 12029 San Damiano Macra (Cuneo); Denominazione acqua minerale: Coralba.
Ditta: Fonti di San Maurizio Sas; Sede legale: Via IV Novembre 16 12088 Roccaforte Mondovì (Cuneo); Stabilimento: Via IV Novembre 16 12088 Roccaforte Mondovì (Cuneo); Denominazione acqua minerale: Nuova Gareisa.
Ditta: Acque Minerali Srl; Sede legale: Viale Marconi 36 20081 Abbiategrasso (Milano); Stabilimento: Via delle Terme 62 Frazione Lurisia 12088 Roccaforte Mondovì (Cuneo); Denominazione acqua minerale: Santa Barbara di Lurisia.
Ditta: Acque Minerali Srl; Sede legale: Viale Marconi 36 20081 Abbiategrasso (Milano); Stabilimento: Via delle Terme 62 Frazione Lurisia 12088 Roccaforte Mondovì (Cuneo); Denominazione acqua minerale: Fonte Acquam.
Ditta: San Pellegrino Spa; Sede legale: Via Castelvetro 17/23 20100 Milano; Stabilimento: Via Ottavio Rovere 41 12075 Garessio (Cuneo); Denominazione acqua minerale: San Bernardo Sorgente Rocciaviva.
Ditta: Fonti Feja Spa; Sede legale: Via A. Casati 100 20043 Arcore (Milano); Stabilimento: Località Feja 74 15060 Castelletto D'Orba (Alessandria); Denominazione acqua minerale: Sovrana.
Ditta: Fonti Feja Spa; Sede legale: Via A. Casati 100 20043 Arcore (Milano); Stabilimento:
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Località Feja 74 15060 Castelletto D'Orba (Alessandria); Denominazione acqua minerale: Nuova Augusta.
Ditta: Fonti Feja Spa; Sede legale: Via A. Casati 100 20043 Arcore (Milano); Stabilimento: Località Feja 74 15060 Castelletto D'Orba (Alessandria); Denominazione acqua minerale: San Rocco.
Elenco acque minerali autorizzate in regione Basilicata
Ditta: Monticchio Gaudianello Spa; Denominazione acqua minerale: Gaudianello Monticchio.
Ditta: Monticchio Gaudianello Spa; Denominazione acqua minerale: Ninfa.
Ditta: Fonte Itala Srl; Denominazione acqua minerale: Itala.
Ditta: Cutolo Michele e Figli Srl; Denominazione acqua minerale: Cutolo Rionero Fonte Blues.
Ditta: Cutolo Michele e Figli Srl; Denominazione acqua minerale: Nuova Cutolo Rionero.
Ditta: Cutolo Michele e Figli Srl; Denominazione acqua minerale: Visciolo.
Ditta: Cutolo Michele e Figli Srl; Denominazione acqua minerale: Santa Maria degli Angeli.
Ditta: Cutolo Michele e Figli Srl; Denominazione acqua minerale: La Francesca - Sospesa.
Ditta: Sorgente Traficante Srl; Denominazione acqua minerale: Sorgente Traficante.
Ditta: Sorgente Traficante Srl; Denominazione acqua minerale: Sveva.
Ditta: Sorgente Traficante Srl; Denominazione acqua minerale: Lilia.
Ditta: Sorgente Traficante Srl; Denominazione acqua minerale: Vivien.
Ditta: SIAM Monticchio Spa; Denominazione acqua minerale: Toka.
Ditta: SIAM Monticchio Spa; Denominazione acqua minerale: Solaria.
Ditta: SIAM Monticchio Spa; Denominazione acqua minerale: Felicia.
Il Sottosegretario di Stato per la salute: Domenico Zinzi.
PERROTTA. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
gli italiani sono i maggiori consumatori di acque minerali, così come si evince da una segnalazione pervenutami dall'Assoconsum;
l'industria minerale italiana, che dispone di un ricchissimo e variegato patrimonio sorgivo, ha quindi l'opportunità di una grande crescita grazie anche al business dell'esportazione;
prevalgono i consumi di acque lisce e a bassa mineralizzazione, ma sono in crescita anche le acque a naturale effervescenza e quelle lievemente carbonate, mentre sono in calo i consumi delle acque frizzanti;
sul mercato italiano delle acque minerali sono operative circa 180 fonti che imbottigliano oltre 280 diverse marche;
le regioni sono responsabili delle varie concessioni -:
quante fonti vi sono in Veneto.
(4-14753)
Risposta. - Si fa presente che il Presidente della Giunta Regionale del Veneto, per il tramite dell'ufficio del rappresentante dello Stato per i rapporti con il sistema delle autonomie nella regione Veneto, ha comunicato che nella regione suddetta sono state rilasciate complessivamente diciotto concessioni per l'estrazione di acqua minerale da imbottigliamento, delle quali ne sono attive quattordici.
Il Sottosegretario di Stato per la salute: Domenico Zinzi.
PERROTTA. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
gli italiani sono i maggiori consumatori di acque minerali, così come si evince
Pag. LXXI
da una segnalazione pervenutami dall'Assoconsum;
l'industria minerale italiana, che dispone di un ricchissimo e variegato patrimonio sorgivo, ha quindi l'opportunità di una grande crescita grazie anche al business dell'esportazione;
prevalgono i consumi di acque lisce e a bassa mineralizzazione, ma sono in crescita anche le acque a naturale effervescenza e quelle lievemente carbonate, mentre sono in calo i consumi delle acque frizzanti;
sul mercato italiano delle acque minerali sono operative circa 180 fonti che imbottigliano oltre 280 diverse marche;
le regioni sono responsabili delle varie concessioni -:
quante fonti vi sono in Trentino Alto Adige.
(4-14755)
Risposta. - In Alto Adige sono presenti le seguenti sorgenti di acque minerali, oggetto di concessione per l'imbottigliamento:
concessionario Aquaeforst S.r.l. Lagundo sorgente San Vigilio, Merano;
concessionario Fonti Terme di Brennero s.r.l., Appiano sorgente Sanct Zacharias;
concessionario Fonte Plose S.p.A., Bressanone sorgente Plose;
concessionario Kaiserwasser S.r.l., San Candido sorgente Kaiserwasser, Sorgente dell'Imperatore;
concessionario Kaiserwasser S.r.l., San Candido Sorgente Lavaredo.
Con delibera della Giunta provinciale di Bolzano del 16 ottobre 2000, n. 3919, sono state riconosciute, a livello provinciale, trenta sorgenti di acque minerali, non tutte idonee all'imbottigliamento.
Relativamente alla Provincia Autonoma di Trento, si riporta l'elenco delle sorgenti oggetto di concessione mineraria ubicate nel rispettivo territorio:
ALLEGATO 1
Nr. |
Denominazione sorgente |
Comune |
Quota (m.s.l.d.m.) |
Comune catastale |
p.f. |
Caratteristiche chimiche |
1 |
Bagno Kochenmoss |
Naturno |
565 |
Stava |
66 |
Fluorata, iodata, leggermente sulfurea |
2 |
Bagni di Egardo |
Parcines |
500 |
Parcines |
2035/56 |
Iodata, tracce di alluminio, litio, bromo e cromo |
3 |
Sorgete Bagno Taufer |
Cermes |
615 |
Cermes |
1389 |
Ferruginosa, iodata tracce di bromo |
4 |
Bagni dell'Orso |
Lana |
1530-1640 |
Lana |
203/2 203/3 |
Radioattiva fluorata |
5 |
Sorgenti radioattive/Grande galleria |
Lana |
1504 |
Lana/ Cermes |
198/3 721/4 |
Radioattiva, fluorata, lodata, tracce di arsenico |
6 |
Bagni di Salto |
Martello |
1650 |
Martello |
2217/1 |
Radioattiva, tracce di litio e uranio
|
Pag. LXXII
Nr. |
Denominazione sorgente |
Comune |
Quota (m.s.l.d.m.) |
Comune catastale |
p.f. |
Caratteristiche chimiche |
7 |
Bagno Lad |
S. Pancrazio |
820 |
S. Pancrazio |
281/1 |
Tracce di litio, rame, zinco, ferro |
8 |
Lotterbad |
Ultimo |
1100 |
S. Valpurga |
165 |
Ferruginosa, iodata tracce di elementi insoliti |
9 |
Bagni di Mezzo |
S. Pancrazio |
1050 |
S. Pancrazio |
2213/1 |
Solfata, calcica, ferruginosa, pH acido |
10 |
Oltreacqua |
Ultimo |
1050 |
S. Valpurga |
222/1 |
Ferruginosa, iodata, leggermente sulfurea, tracce di elementi insoliti |
11 |
Bagni della cascata/Sorgete salvifica |
S. Leonardo in Passiria |
750 |
S. Leonardo |
578/2 |
Fluorata, ferruginosa, iodata tracce di elementi insoliti |
12 |
Terme di Brennero/St. Zacherias Sorgente Augen |
Brennero |
1313 |
Brennero |
52/6 52/9 |
Iodata, tracce di elementi insoliti termale 21 C° |
13 |
Plose-Plancios |
Bressanone |
1820 |
Afers |
1091/32 |
Radioattiva |
14 |
Bagni di Razzes/Sorgente sulfurea |
Castelrotto |
1230 |
Castelrotto |
4488 |
Sulfurea, iodata, tracce di elementi insoliti |
15 |
Bagni di Razzes/Sorgete ferruginosa |
Castelrotto |
1400 |
Castelrotto |
4488/1 |
Solfata, ferruginosa, tracce di boro |
16 |
Bagni Salomone |
Rasun Anterselva |
1092 |
Anterselva |
1102 |
Radioattiva tracce di arsenico |
17 |
Bagni di Pervalle |
Valdaora |
1440 |
Valdaora |
1208/1 |
Sulfurea, solfata, calcica, magnesiaca, iodata, tracce di elementi insoliti |
18 |
Bagni di Braies Vecchia |
Braies |
1400 |
Braies |
2441 |
Solfata, calcica, magnesiaca |
19 |
Bagni di S. Candido/Lavaredo |
S. Candido |
1320 |
S. Candido |
2276/2 |
Solfata, calcica, magnesiaca, fluorata, iodata, tracce di elementi insoliti
|
Pag. LXXIII
Nr. |
Denominazione sorgente |
Comune |
Quota (m.s.l.d.m.) |
Comune catastale |
p.f. |
Caratteristiche chimiche |
20 |
Bagni di S. Candido/Imperatore |
S. Candido |
1323 |
S. Candido |
2275 |
Solfata, calcica, tracce di elementi insoliti |
21 |
Bagni di S. Candido/S. Candido |
S. Candido |
1321 |
S. Candido |
2280/1 |
Solfata, calcica, magnesiaca, fluorata, iodata, tracce di elementi insoliti, tracce di ferro, boro, litio e bario |
22 |
Bagni di S. Candido/Fiera |
S. Candido |
1279 |
S. Candido |
2282/2 |
Solfata, calcica, magnesiaca, ferruginosa, iodata, tracce di elementi insoliti |
23 |
Bagni di Moso |
Sesto |
1370 |
Sesto |
460 |
Solfata, fluorata, calcica, magnesiaca, leggermente sulfurea |
24 |
Bagni di Casanuova/Sorgente Stahl |
Gais |
947 |
Gais |
739/1 |
Radioattiva, pH leggermente acido, tracce di arsenico ed alluminio, iodata |
25 |
Bagni di Cortina |
Marebbe |
1250 |
Marebbe |
3314/1 |
Solfata, calcica, fluorata, iodata, tracce di elementi insoliti |
26 |
Bagni Valdander |
S. Martino in Badia |
1460 |
S. Martino |
1591/3 |
Solfata, calcica, iodata, tracce di cromo e selenio |
27 |
Bagni di Rumestiuns/Sorgente solforosa |
La Valle |
1400 |
La Valle |
2224 |
Sulfurea, iodata, tracce di cromo e litio |
28 |
Bagni di Pedraces |
Badia |
1363 |
Badia |
1002/1 |
Sulfurea, fluorata, iodata, pH alcalino, tracce di elementi insoliti |
29 |
Bagni di Folana |
Tesimo |
832 |
Folana |
325/1 |
Solfata, tracce di elementi insoliti
|
Pag. LXXIV
Nr. |
Denominazione sorgente |
Comune |
Quota (m.s.l.d.m.) |
Comune catastale |
p.f. |
Caratteristiche chimiche |
30 |
Valluzza |
Funes |
1508 |
Funes |
1478/11 1-112- 118 |
Solfata, fluorata, ferruginosa, pH nettamente acido, tracce di elementi insoliti |
Pag. LXXV
ALLEGATO 2
CONCESSIONI MINERARIE PER ACQUE MINERALI E TERMALI
ACQUE TERMALI
Denominazione concessione |
Comune ove ricade l'area di concessione |
Tipo di acqua (come da provvedimento concessorio) |
Estensione dell'area in concessione (dato arrotondato in ettari) |
Data provvedimento di conferimento o di rinnovo della concessione |
Decorrenza del conferimento o del rinnovo della concessione |
Data di scadenza della concessione |
Titolare della concessione |
Sede legale del titolare della concessione |
Note |
Portata media (l/sec) |
Terme di Comano |
Lomaso |
termominerale |
7 |
5 settembre 1930 |
5 settembre 1930 |
4 settembre 2029 |
Azienda Consorziale Terme di Comano |
Lomaso |
uso termale | 1,120 |
Bagno di Comano-Hydra |
Bleggio inferiore,
Lomaso, Stenico |
termominerale |
86 |
25 agosto 1995 |
25 agosto 1995 |
24 agosto 2005 |
Azienda Consorziale Terme di Comano |
Lomaso |
uso termale |
Bacino idrico che alimenta le sorgenti utilizzate nello Stabilimento bagni di Vetriolo («Vetriolo») |
Levico Terme |
minerale |
69 |
12 febbraio 2003 |
1o maggio 2003 |
28 febbraio 2011 |
Levicofin S.r.l. |
Levico Terme |
uso termale |
0,670 |
Alloch |
Pozza di Fassa |
minerale |
1 |
25 ottobre 1996 |
11 luglio 1996 |
10 luglio 2006 |
Terme Dolomia S.r.l. |
Pozza di Fassa |
uso termale |
11,00 |
Antica Fonte Rabbi |
Rabbi |
minerale |
19 |
27 settembre 1996 |
11 luglio 1996 |
10 luglio 2006 |
Comune di Rabbi |
Rabbi |
uso termale |
8,000 |
Pamera |
Roncegno |
minerale |
3 |
22 aprle 2004 |
1o maggio 2004 |
30 aprile 2024 |
Comune di Roncegno |
Roncegno |
futuro uso termale |
0,330 |
Acquaforte S. Antonio |
Caderzone |
minerale |
19 |
6 marzo 2003 |
10 aprile 2003 |
9 aprile 2013 |
Comune di Caderzone |
Caderzone |
uso termale |
0,250 |
Antica Fonte di Peio |
Peio |
minerale |
16 |
17 giugno 1930 |
17 giugno 1930 |
16 giugno 2029 |
Comune di Peio |
Peio |
uso termale |
0,170 |
Peio |
Peio |
minerale |
6 |
28 luglio 2000 |
4 agosto 2000 |
3 agosto 2010 |
Comune di Peio |
Peio |
uso termale |
2,500 |
Bagni di S. Orsola |
S. Orsola Terme |
minerale |
37 |
3 ottobre 1932 |
3 ottobre 1932 |
2 ottobre 2031 |
Comune di S. Orsola |
S. Orsola |
inattiva da tempo
(portata quasi assente) |
0,000 |
Sorgente Trozi |
Bresimo |
minerale |
4 |
17 maggio 1933 |
17 maggio 1933 |
16 maggio 2032 |
Comune di Bresimo |
Bresimo |
programma di sviluppo termale
in corso | 0,490 |
Fonti di Bresimo |
Bresimo |
minerale |
99 |
20 ottobre 2000 |
27 ottobre 2000 |
26 ottobre 2010 |
Comune di Bresimo |
Bresimo |
programma di sviluppo termale
in corso |
|
|
|
|
|
|
|
|
|
TOTALE |
24,530
|
ACQUE MINERALI DA IMBOTTIGLIAMENTO
Denominazione della concessione |
Comune ove ricade l'area di concessione |
Tipo di acqua (come da provvedimento concessorio) |
Estensione dell'area in concessione (dato arrotondato in ettari) |
Data provvedimento di conferimento o di rinnovo della concessione |
Decorrenza del conferimento o del rinnovo della concessione |
Data di scadenza della concessione |
Titolare della concessione |
Sede legale del titolare della concessione |
Note |
Portata media (l/sec) |
Fonte Alpina |
Peio |
minerale |
7 |
23 aprile 1971 |
23 aprile 1971 |
22 aprile 2021 |
Comune di Peio |
Peio |
attiva, affittata a terzi
per imbottigliamento |
0,170 |
Palon |
Peio |
minerale |
18 |
28 gennaio 2002 |
1o febbraio 2002 |
31 gennaio 2022 |
Comune di Peio |
Peio |
attiva, affittata a terzi
per imbottigliamento |
10,000 |
Levico Casara |
Levico Terme |
minerale |
22 |
16 aprile 2003 |
1o maggio 2003 |
30 giugno 2014 |
Levico Acque Minerali S.r.l. |
Levico Terme |
attiva ad uso imbottigliamento |
1,500 |
Prà dell'Era |
Carisolo-Pinzolo |
minerale |
213 |
26 aprile 1973 |
26 aprile 1973 |
25 aprile 2008 |
Surgiva F.lli Lunelli S.p.A. |
Carisolo |
attiva ad uso imbottigliamento |
1,000 |
Le Pozze |
Roncegno |
minerale |
277 |
6 ottobre 1995 |
6 ottobre 1995 |
5 ottobre 2005 |
Cinquevalli S.r.l. |
Trento |
non ancora attiva |
12,000 |
|
|
|
|
|
|
|
|
|
TOTALE |
24,670
|
(Quadro aggiornato al 24 giugno 2005)
Il Sottosegretario di Stato per la salute: Domenico Zinzi.
Pag. LXXVI
PERROTTA. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
gli italiani sono i maggiori consumatori di acque minerali, così come si evince da una segnalazione pervenutami dall'Assoconsum;
l'industria minerale italiana, che dispone di un ricchissimo e variegato patrimonio sorgivo, ha quindi l'opportunità di una grande crescita grazie anche al business dell'esportazione;
prevalgono i consumi di acque lisce e a bassa mineralizzazione, ma sono in crescita anche le acque a naturale effervescenza e quelle lievemente carbonate, mentre sono in calo i consumi delle acque frizzanti;
sul mercato italiano delle acque minerali sono operative circa 180 fonti che imbottigliano oltre 280 diverse marche;
le regioni sono responsabili delle varie concessioni -:
quante fonti vi siano in Abruzzo.
(4-14881)
Risposta. - In riferimento all'interrogazione parlamentare in oggetto, la prefettura ufficio territoriale del Governo dell'Aquila ha comunicato che le acque minerali esistenti nel territorio della regione Abruzzo, regolarmente autorizzate all'imbottigliamento, sono le seguenti:
acque minerali «Sorgente Santa Croce» e «Fonte S. Antonio Sponga», site nei Comuni di Canistro e Civitella Roveto (L'Aquila), imbottigliate dalla società «Sorgente Santa Croce S.p.A.»;
acque minerali «Fonte Valle Reale» e «Fonte Primavera», site nel comune di Popoli, imbottigliate dalle società «Gran Guizza S.p.a» e «San Benedetto S.p.a.».
Il Sottosegretario di Stato per la salute: Domenico Zinzi.
PERROTTA. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
gli italiani sono i maggiori consumatori di acque minerali, così come si evince da una segnalazione pervenutami dall'Assoconsum;
l'industria minerale italiana, che dispone di un ricchissimo e variegato patrimonio sorgivo, ha quindi l'opportunità di una grande crescita grazie anche al business dell'esportazione;
prevalgono i consumi di acque lisce e a bassa mineralizzazione, ma sono in crescita anche le acque a naturale effervescenza e quelle lievemente carbonate, mentre sono in calo i consumi delle acque frizzanti;
sul mercato italiano delle acque minerali sono operative circa 180 fonti che imbottigliano oltre 280 diverse marche;
le regioni sono responsabili delle varie concessioni -:
quante fonti vi siano in Puglia.
(4-14883)
Risposta. - Con riferimento all'interrogazione in esame, si riporta il prospetto inviato dall'Assessorato alle attività industriali della regione Puglia, per il tramite della prefettura-ufficio territoriale del Governo di Bari, relativo alle fonti di acqua minerale autorizzate sul territorio regionale.
Fonti di acqua minerale in Puglia.
Denominazione concessione: Acquaviva, denominazione acqua minerale: Acquaviva, comune: Acquaviva delle Fonti in provincia di Bari, tipologia acqua: minerale naturale, note: (non operante).
Denominazione concessione: Castello, denominazione acqua minerale: Amata, comune: Adelfia-Casamassima in provincia di Bari, tipologia acqua: oligo-minerale naturale, note: (operante).
Denominazione concessione: Montechiaro, denominazione acqua minerale: Montechiaro, comune: Conversano in provincia di Bari, tipologia acqua: minerale naturale, note: (non operante).
Denominazione concessione: Verna, denominazione acqua minerale: Verna, comune: Conversano in provincia di Bari, tipologia acqua: oligo-minerale naturale, note: (non operante).
Denominazione concessione: Murgianella, denominazione acqua minerale: Murgianella,
Pag. LXXVII
comune: Gravina in Puglia in provincia di Bari, tipologia acqua: oligo-minerale naturale per le diete povere di sodio, note: (non operante).
Denominazione concessione: Orsinella, denominazione acqua minerale: Orsinella, comune: Poggiorsini in provincia di Bari, tipologia acqua: oligo-minerale naturale per le diete povere di sodio, note: (operante).
Denominazione concessione: Giardinella, denominazione acqua minerale: Giardinella, comune: Fasano in provincia di Brindisi, tipologia acqua: minerale naturale, note: (non operante).
Denominazione concessione: Sacro Cuore, denominazione acqua minerale: Sacro Cuore, comune: Fasano in provincia di Brindisi, tipologia acqua: minerale naturale, note: (non operante).
Denominazione concessione: Canali, denominazione acqua minerale: Canali, comune: Carmiano in provincia di Lecce, tipologia acqua: minerale naturale, note: (non operante).
Denominazione concessione: Grazia, denominazione acqua minerale: Grazia, comune: Corigliano d'Otranto in provincia di Lecce, tipologia acqua: minerale naturale, note: (non operante).
Denominazione concessione: Madonnina, denominazione acqua minerale: Eureka, comune: Corigliano d'Otranto in provincia di Lecce, tipologia acqua: oligo-minerale naturale, note: (operante).
Denominazione concessione: Clotia, denominazione acqua minerale: Clotia, comune: Cutrofiano in provincia di Lecce, tipologia acqua: oligo-minerale naturale per le diete povere di sodio, note: (non operante).
Denominazione concessione: Casina Schipa, denominazione acqua minerale: Fonte Angelico, comune: Monteroni-Lecce in provincia di Lecce, tipologia acqua: minerale naturale, note: (operante).
Denominazione concessione: Sorgente della Coltura, denominazione acqua minerale: Paravita, comune: Parabita in provincia di Lecce, tipologia acqua: minerale naturale, note: (non operante); Denominazione concessione: Linarelle, denominazione acqua minerale: Linarelle, comune: Vernole in provincia di Lecce, tipologia acqua: oligo-minerale naturale per le diete povere di sodio, note: (non operante).
Denominazione concessione: Valle d'Itria, denominazione acqua minerale: Valle d'Itria, comune: Martina Franca in provincia di Taranto, tipologia acqua: oligo-minerale naturale per le diete povere di sodio, note: (non operante).
Il Sottosegretario di Stato per la salute: Domenico Zinzi.
PERROTTA. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
l'ENAM - Ente nazionale assistenza magistrale - è un ente pubblico non economicocon personalità giuridica di diritto pubblico ed è posto sotto la vigilanza del Ministero dell'università, dell'istruzione e della ricerca, ha le finalità assistenziali e previdenziali indicate dalla legge istitutiva -:
quanti dipendenti erano in servizio nel 2001 e quanti nel 2004;
quanto è costato il personale in riferimento agli anni di cui sopra.
(4-15017)
Risposta. - Si risponde anche a nome del Ministero del lavoro e delle politiche sociali all'interrogazione parlamentare indicata in oggetto, con la quale l'interrogante chiede notizie riguardo al numero di personale operante presso l'Ente nazionale di assistenza magistrale e il relativo costo per gli anni 2001 e 2004.
Come già noto all'interrogante, l'Ente nazionale di assistenza magistrale (ENAM) è un ente di diritto pubblico istituito con il decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 21 ottobre 1947, n. 1346 e sottoposto alla vigilanza di questa Amministrazione. I compiti del predetto Ente si rilevano principalmente dallo Statuto approvato, nella sua ultima stesura, con decreto del ministero dell'istruzione di concerto con i ministeri del tesoro e del lavoro il 15 settembre 1997.
Pag. LXXVIII
L'Enam svolge finalità assistenziali e previdenziali nei confronti dei propri iscritti che sono, d'ufficio e a domanda, rispettivamente gli insegnanti e i direttori didattici (ora Dirigenti scolastici) in servizio a tempo indeterminato e a tempo determinato nelle scuole elementari e materne statali.
Per quanto riguarda il numero del personale utilizzato presso l'Ente stesso, risulta che nell'anno 2001 ammontava a n. 86 dipendenti, di cui 7 unità assunte e retribuite dal giugno 2001, ed a n. 78 dipendenti nel 2004.
La spesa relativa all'anno 2001 ammontava a lire 3.879.384 e per l'anno 2004 ad euro 2.614.448.
Si precisa che la spesa relativa al personale, riferita all'anno 2004 è aumentata a seguito dell'applicazione del Contratto collettivo nazionale di lavoro riferito al biennio economico 2002/2003.
I dati di cui sopra sono stati dedotti dalle tabelle inviate dall'Enam stesso all'ufficio vigilante di questa Amministrazione.
Il Sottosegretario di Stato per l'istruzione, per l'università e per la ricerca: Valentina Aprea.
PERROTTA. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
gli italiani sono i maggiori consumatori di acque minerali, così come si evince da una segnalazione pervenutami dall'Assoconsum;
l'industria minerale italiana, che dispone di un ricchissimo e variegato patrimonio sorgivo, ha quindi l'opportunità di una grande crescita grazie anche al business dell'esportazione;
prevalgono i consumi di acque lisce e a bassa mineralizzazione, ma sono in crescita anche le acque a naturale effervescenza e quelle lievemente carbonate, mentre sono in calo i consumi delle acque frizzanti;
sul mercato italiano delle acque minerali sono operative circa 180 fonti che imbottigliano oltre 280 diverse marche;
le regioni sono responsabili delle varie concessioni -:
quante fonti vi sono in Sardegna.
(4-15088)
Risposta. - Con riferimento all'interrogazione parlamentare in esame, si comunica che la prefettura-ufficio Territoriale del Governo di Cagliari, ha precisato, come da notizie pervenute dall'assessorato, regionale all'industria della Sardegna, che le concessioni minerarie per acque minerali attualmente vigenti sono complessivamente n. 18, di cui n. 11 in attività e n. 4 ubicate nella provincia di Cagliari.
Si indica il prospetto inviato dall'Assessorato, nel quale sono riportate, tutte le concessioni, con il comune e la provincia di riferimento, nonché i titolari delle medesime ed i rispettivi marchi commerciali.
Titoli minerari per acque minerali della regione Sardegna.
Denominazione concessione mineraria: Santa Lucia, comune di Bonorva, provincia di Sassari, titolare: acqua minerale Santa Lucia, situazione vigente, marchi commerciali: Santa Lucia.
Denominazione concessione mineraria: Sorgente Montes, comune di Codrongianus, provincia di Sassari, titolare: Devilla Caria e +, situazione: vigente inattiva.
Denominazione concessione mineraria: San Martino, comune di Codrongianus, provincia di Sassari, titolare: provincia di Sassari, situazione: vigente, marchi commerciali: San Martino.
Denominazione concessione mineraria: S'acqua Cotta, comune di Villasor, provincia di Cagliari, titolare: Idroterme di Villasor Srl, situazione: vigente, marchi commerciali: Sondalia, Giara.
Denominazione concessione mineraria: Zinnigas, comune di Siliqua, provincia di Cagliari, titolare: Sarda Acque minerali Spa, situazione: vigente, marchi commerciali: Levia, Pura, S. Angelo, S. Giorgio.
Denominazione concessione mineraria: Sattai, comune di Guspini, provincia di
Pag. LXXIX
Cagliari, titolare: Sattai Srl, situazione: vigente, marchi commerciali: Sattai.
Denominazione concessione mineraria: Donnurtel-Monte Spada, comune di Fonni, provincia di Nuoro, titolare: Acque minerali Monte Spada Spa, situazione: vigente, marchi commerciali: Mitica.
Denominazione concessione mineraria: San Leonardo, comune di Santulussurgiu, provincia di Oristano, titolare: Fonti di S. Leonardo di Siete Fuentes Spa, situazione: vigente, marchi commerciali: San Leonardo.
Denominazione concessione mineraria: Monte di Deu, comune di Tempio Pausania, provincia di Sassari, titolare: A.L.B. Srl, situazione: vigente, marchi commerciali: Smeraldina.
Denominazione concessione mineraria: Funtana Giaga, comune di Macomer Bortigiadas, provincia di Nuoro, titolare: Sarbe Srl, situazione: vigente, marchi commerciali: Funte Fria, Eleonora.
Denominazione concessione mineraria: Monte Limpas, comune di Tempio Pausania, provincia di Sassari, titolare: Gallura acque minerali Srl, situazione: vigente inattiva.
Denominazione concessione mineraria: Beddoro-San Pantaleo, comune di Olbia, provincia di Sassari, titolare: San Pantaleo Srl, situazione: vigente, marchi commerciali: San Pantaleo, Rocce Sarde.
Denominazione concessione mineraria: Su Pranu, comune di Villasor, provincia di Cagliari, titolare: Fonte San Giacomo Snc, situazione: vigente, marchi commerciali: Federica.
Denominazione concessione mineraria: Battitoia, comune di Tempio Pausania, provincia di Sassari, titolare: Società Giovanile Due A.C., situazione: vigente inattiva.
Denominazione concessione mineraria: Stazzo Astasia, comune di Luogosanto Luras, provincia di Sassari, titolare: Pileri Srl, situazione: vigente inattiva.
Denominazione concessione mineraria: Monte Mannu, comune di Austis, provincia di Nuoro, titolare: Sa Itria Srl, situazione: vigente inattiva.
Denominazione concessione mineraria: Monte Limpas Vaccileddi, comune di Tempio Pausania Aggius, provincia di Sassari, titolare: Acque chiare società giovanile Snc, situazione: vigente inattiva.
Denominazione concessione mineraria: Monte Lemo, comune di Pattada, provincia di Sassari, titolare: Abba Srl, situazione: vigente inattiva.
Da notare che alcune concessioni imbottigliano da due o più fonti, intendendo come fonti sia le scaturiggini naturali che i pozzi perforati.
In Sardegna attualmente vi sono 18 concessioni minerarie di cui 11 in attività, localizzate in prevalenza nelle province di Cagliari e Sassari. A queste corrispondono diversi marchi commerciali.
Il Sottosegretario di Stato per la salute: Domenico Zinzi.
PERROTTA. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
da una segnalazione dell'Assoconsum e del Duemila, risulta in continuo aumento il ricorso al day hospital ed al day surgery ovvero alle dimissioni in giornata del paziente sia che si tratti di analisi o visite, sia che il problema riguardi piccoli interventi chirurgici;
con queste «modalità» si è ottenuto un notevole risparmio di costi delle degenze ospedaliere -:
quali iniziative intenda adottare al fine di incentivare ancora di più queste metodologie.
(4-15099)
Risposta. - Il decreto del Presidente della Repubblica 20 ottobre 1992, recante «Atto di indirizzo e coordinamento alle regioni per l'attivazione dei posti di assistenza a ciclo diurno negli ospedali», stabilisce le finalità dell'assistenza diurna ospedaliera e indirizza legioni ad istituire, nelle diverse unità operative ospedaliere, un numero di posti di degenza diurna non inferiore al 10 per cento del numero di posti letto di dotazione ordinaria. Vengono, inoltre, indicati gli indici ottimali di attività, secondo i seguenti parametri: posto-letto, indice di rotazione non inferiore ad uno e
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non superiore a due per ciascun giorno di funzionamento; funzionamento della struttura per non meno di duecentocinquanta giorni all'anno; tasso di occupazione dei posti letto tendenzialmente prossimo al 100 per cento, con riferimento ai parametri sopra riportati.
Il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 novembre 2001, in materia di Livelli essenziali di assistenza (LEA) elenca, nell'allegato 2C, le prestazioni, incluse nei Livelli essenziali di Assistenza, che presentano un profilo organizzativo potenzialmente inappropriato o per le quali occorre, comunque, individuare modalità più appropriate di erogazione.
Vengono definiti «inappropriati» i casi seguiti in regime di ricovero ordinario o in day hospital, per i quali le strutture sanitarie possono assicurare un diverso setting assistenziale, con identico beneficio per il paziente e con minore impiego di risorse.
Al riguardo è riportato un elenco di 43 DRG «ad alto rischio di inapropriatezza», se erogate in regime di degenza ordinaria, e per le quali sulla base delle rilevazioni regionali, deve essere indicato un valore percentuale/soglia di ammissibilità.
Le regioni, pertanto, hanno individuato i valori soglia di ammissibilità per i 43 DRG, attivando tutte le procedure necessarie affinché non venissero superati tali limiti.
Relativamente al day surgery, già, a suo tempo, l'Accordo della conferenza Stato-regioni del 1o agosto 2002 «Accordo tra il Ministro della salute, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano sul documento di linee guida per l'organizzazione delle attività di surgery ha evidenziato come il regime assistenziale, alternativo al ricovero ordinario, contribuisca al miglioramento complessivo dell'efficienza delle strutture.
L'articolo 5 prevede che il ricorso alla day surgery sia valutato per ogni singolo paziente, in piena autonomia e responsabilità da parte del medico, sulla base di criteri clinici e organizzativi propri della struttura, nonché in relazione agli aspetti di natura, socio-familiare del paziente stesso.
Per l'effettuazione delle prestazioni è richiesto il consenso informato e documentato del paziente.
L'Accordo suddetto, oltre a definire le linee guida, riporta un elenco indicativo degli interventi e delle procedure chirurgiche che possono essere eseguiti facendo ricorso a questa tipologia di ricovero.
Si segnala che, nell'ambito dei lavori propedeutici alla definizione del Nuovo sistema informativo sanitario (cosiddetto progetto «I mattoni del servizio sanitario nazionale»), che vede il Ministero della salute fra gli attori coinvolti con funzioni d'indirizzo, coordinamento e controllo, insieme al Ministero dell'economia e delle finanze, al Dipartimento per l'innovazione e le tecnologie e ad alcune regioni, si sta procedendo ad ampliare la lista di prestazioni sanitarie, che possono essere erogate in regime di ricovero diurno (day hospital e day surgery), secondo il criterio dell'appropriatezza clinico-organizzativa, con il prevedibile positivo risultato della riduzione dei costi a carico del Servizio unitario azionale, come auspicato dall'interrogante.
Il Sottosegretario di Stato per la salute: Cesare Cursi.
PERROTTA. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
gli italiani sono i maggiori consumatori di acque minerali, così come si evince da una segnalazione pervenuta all'interrogante dall'Assoconsum;
l'industria minerale italiana, che dispone di un ricchissimo e variegato patrimonio sorgivo, ha quindi l'opportunità di una grande crescita grazie anche al business dell'esportazione;
prevalgono i consumi di acque lisce e a bassa mineralizzazione, ma sono in crescita anche le acque a naturale effervescenza e quelle lievemente carbonate, mentre sono in calo i consumi delle acque frizzanti;
sul mercato italiano delle acque minerali sono operative circa 180 fonti che imbottigliano oltre 280 diverse marche;
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le regioni sono responsabili delle varie concessioni -:
quante fonti vi siano in Toscana.
(4-15121)
Risposta. - In riferimento all'interrogazione in esame, si trasmette l'elenco delle acque minerali riconosciute dalla Regione Toscana, nel quale sono evidenziate, quelle attualmente imbottigliate (disponibile presso il Servizio Assemblea).
Si riporta inoltre, un prospetto generale concernente gli elementi identificativi delle acque minerali ubicate nel territorio della suddetta Regione (disponibile presso il Servizio Assemblea).
Il Sottosegretario di Stato per la salute: Domenico Zinzi.
PERROTTA. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
come si evince da una segnalazione pervenuta all'interrogante dall'Assoconsum, vi è stato un ritiro preventivo di 103 quintali di alimenti contaminati dal Sudan rosso I;
l'operazione di cui sopra è stata realizzata dai forestali italiani che hanno, così, coinvolto, un marchio ed una ditta che appartengono al Gruppo Arena;
tra i vari prodotti sono state sequestrate circa 100 confezioni da 400 grammi di Pennette alla puttanesca;
in base alla normativa di riferimento è previsto che lo smaltimento di ciò che poi verrà messo in commercio, avvenga entro 4 mesi, trascorsi i quali i prodotti debbono essere distrutti -:
quali iniziative si pensa di adottare al fine di evitare che prodotti contaminati continuino ad essere immessi sul mercato;
se non sia il caso di effettuare controlli più rigidi;
per quali motivi non si è proceduto come è previsto.
(4-15186)
PERROTTA. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
come si evince da una segnalazione pervenutami dall'Assoconsum, vi è stato un ritiro preventivo di 103 quintali di alimenti contaminati dal Para Red, ritenuto genotossico e cancerogeno dagli esperti;
il Corpo forestale dello Stato tra agosto 2004 e marzo 2005 ha sequestrato 4.625 confezioni di alimenti contaminati dal peperoncino rosso;
la Fsa ha puntato il dito contro i Burritos della Old el Paso dinner kit, piatto in cui è stato scovato il Para Red;
in base alla normativa di riferimento è previsto che lo smaltimento di ciò che poi verrà messo in commercio, avvenga entro 4 mesi, trascorsi i quali i prodotti debbono essere distrutti -:
quali iniziative si pensi di adottare al fine di evitare che prodotti contaminati continuino ad essere immessi sul mercato;
se non sia il caso di effettuare controlli più rigidi;
per quali motivi non si sia proceduto come è previsto.
(4-15297)
PERROTTA. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
come si evince da una segnalazione pervenutami dall'Assoconsum, vi è stato un ritiro preventivo di 103 quintali di alimenti contaminati dal Para Red, ritenuto genotossico e cancerogeno dagli esperti;
il Corpo forestale dello Stato tra agosto 2004 e marzo 2005 ha sequestrato 4.625 confezioni di alimenti contaminati dal peperoncino rosso;
la Fsa ha puntato il dito contro il piatto pronto confezionato dalla General Mills, le Enchiladas, nel quale è stato scoperto il colorante Para Red;
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in base alla normativa di riferimento è previsto che lo smaltimento di ciò che poi verrà messo in commercio, avvenga entro 4 mesi, trascorsi i quali i prodotti debbono essere distrutti -:
quali iniziative si pensi di adottare al fine di evitare che prodotti contaminati continuino ad essere immessi sul mercato;
se non sia il caso di effettuare controlli più rigidi;
per quali motivi non si sia proceduto come è previsto.
(4-15298)
Risposta. - Relativamente all'emergenza della contaminazione di prodotti alimentari trasformati con il colorante denominato Sudan I, II, III, IV, si precisa che, fin dal 2003, il Ministero della salute si è attivato, dando seguito alle segnalazioni nazionali e comunitarie, o effettuando notifiche al sistema di allerta comunitario per i prodotti contaminati, fabbricati in Italia e commercializzati in territorio extranazionale.
Per quanto riguarda i controlli ufficiali sul territorio nazionale, anche per l'anno 2005 gli Assessorati alla sanità delle Regioni e Province Autonome sono stati invitati a proseguire il Piano nazionale di monitoraggio relativo alla presenza di Sudan I, II, III e IV nel peperoncino, nel curry e nei loro derivati.
Il monitoraggio prevede il campionamento di peperoncino essiccato, tritato o polverizzato, di curry, di insaccati, di formaggi, di paste alimentari, di salse, di sughi e condimenti, di prodotti da forno, di olive (farcite o aromatizzate con peperoncino), di prodotti ittici aromatizzati al peperoncino (tonno, alici, eccetera), con un numero minimo di campioni per regione, pari a 20 campioni per milione di abitanti, e con particolare riguarda ai prodotti tipici regionali.
Nel contempo, il Ministero della salute ha provveduto a fornire le necessarie indicazioni agli Uffici di sanità marittima, aerea e di frontiera (USMAF), allo scopo di intensificare, fin dal 2004, i controlli analitici all'importazione sul peperoncino essiccato e frantumato, le cui risultanze hanno consentito di distruggere gli alimenti risultati contaminati.
Le misure di controllo sugli alimenti adulterati dai coloranti Sudan sono state potenziate a seguito della decisione della Commissione europea 2005/402/CE del 23 maggio 2005, che ha disposto l'applicazione delle suddette misure, oltre che sull'importazione di peperoncino, anche su quella di altri prodotti risultati adulterati, come curcuma ed olio di palma.
In merito ai quesiti posti dall'interrogante sul colorante Para red, sostanza simile al colorante Sudan, usata in modo fraudolento negli alimenti, si precisa che il Ministero della salute, dopo la New Notification n. 05-236 del 3 maggio 2005 della Commissione europea, relativa ad alcuni coloranti non autorizzati, fra i quali Para Red, Rhodamine B, Orange II, Bixin, ha invitato tutti i competenti Assessorati alla unità a predisporre gli opportuni controlli su diversi prodotti alimentari ed ha chiesto all'Istituto superiore di sanità di fornire i metodi di analisi attualmente disponibili per la ricerca dei suddetti coloranti.
Per tali sostanze, l'Autorità Europea per la sicurezza alimentare (European Food Safety Authority - EFSA) sta riesaminando i dati tossicologici disponibili; a livello europeo, inoltre, si è stabilito di realizzare un network tra laboratori comunitari, per lo sviluppo di metodi analitici per la determinazione del Para Red e di altre sostanze non consentite impiegate per finalità coloranti.
In merito ai timori espressi dall'interrogante, si ribadisce che sul territorio nazionale sono stati intensificati i controlli ufficiali sugli alimenti, sia per la ricerca del Sudan I, II, III e IV, che per gli altri coloranti non autorizzati, segnalati dalla Commissione Europea.
Il Sottosegretario di Stato per la salute: Cesare Cursi.
PERROTTA. - Al Ministro delle attività produttive. - Per sapere - premesso che:
come si evince da un comunicato Ansa, datato 20 giugno 2005, per reggere
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le sfide della competizione globale occorrono strumenti normativi adeguati;
sempre più spesso imprese che avrebbero le potenzialità per espandersi e per competere adeguatamente sui mercati internazionali non possono farlo a causa dei vincoli normativi, imposti in passato;
occorre prendere atto che ci si trova di fronte ad una nuova realtà dalla quale derivano altri problemi, nuovi anch'essi -:
se non sia il caso di adottare iniziative normative volte a modificare gli attuali parametri antitrust previsti per i processi di crescita delle imprese.
(4-15492)
Risposta. - In riferimento all'atto di sindacato ispettivo indicato in esame, occorre premettere che, attesa la genericità della problematica nello stesso evidenziata, la tematica sarà necessariamente affrontata, di seguito, sotto un profilo generale.
Al riguardo, si evidenzia che dal punto di vista della politica di concorrenza, la strategia relativa ai processi di crescita esterna delle imprese può esplicarsi attraverso due ambiti di intervento: quello normativo e, soprattutto, quello della prassi applicativa.
Partendo dall'ambito normativo e, in particolare, da quello comunitario, si fa presente che, anche a seguito di alcune pronunce negative da parte della giurisprudenza nonché di alcune divergenze di approccio emerse con gli Stati Uniti, la normativa sulla tutela della concorrenza è stata oggetto di una riforma di carattere generale, la cui utilità pratica però, limitatamente alla problematica sollevata, si traduce essenzialmente in una semplificazione e razionalizzazione volta ad alleggerire gli oneri burocratici a carico delle imprese, nei processi di concentrazione.
Forse più importanti, sotto il profilo specifico, sono alcune misure tese ad accrescere ulteriormente l'affidabilità e credibilità dell'attività istruttoria svolta dai servizi della Commissione Europea, quali l'istituzione della figura del Capo economista (specialista di elevata professionalità incaricato di verificare l'esattezza dell'analisi economica) o l'intensificazione della collaborazione con gli operatori nel corso della procedura di controllo.
Con riguardo all'Italia, si deve rilevare che, per quanto non sia stato ancora operato l'allineamento della normativa nazionale alla riforma sopra menzionata (che comunque è allo studio), l'Autorità garante della concorrenza e del mercato ha di solito evidenziato un approccio aperto che, attraverso una interpretazione estensiva del dato normativo, coerente con la giurisprudenza comunitaria, ha spesso anticipato l'evoluzione della prassi comunitaria. Inoltre, proprio di recente, l'Autorità antitrust italiana ha diffuso una Comunicazione nella quale esprime l'esigenza di intensificare la collaborazione con le parti della concentrazione sia nella fase antecedente la notificazione dell'operazione sia in quella successiva, offrendo a tal fine la propria disponibilità.
In linea di principio, tuttavia, ciò che può incidere maggiormente sulle possibilità di crescita esterna delle imprese è la prassi applicativa, a prescindere dai parametri di valutazione accolti nei singoli ordinamenti.
Infatti, il dato normativo non può che essere generico, sì da adattarsi ad una realtà in continua evoluzione, che non può essere anticipata da alcun legislatore (si pensi alla creazione di nuove tecnologie).
Spetta poi all'Autorità di controllo, nella sua autonomia, dare forma concreta alle disposizioni di legge, alla luce del contesto culturale, storico e politico nel quale è chiamata ad operare. Infatti, spesso le varie giurisdizioni internazionali evidenziano approcci distinti, volti magari a privilegiare l'interesse dei concorrenti rispetto a quello dei consumatori. Peraltro, proprio per questo motivo, si vanno intensificando a livello internazionale gli sforzi volti a favorire una convergenza e una cooperazione sugli affari di interesse comune che stanno dando buoni frutti.
Peraltro, se si prende in considerazione la prassi applicativa, non sembrano fondate le affermazioni contenute nell'atto in esame circa l'esistenza di vincoli (normativi o di altro genere) alle potenzialità di espansione delle imprese.
Infatti, al di là del clamore suscitato da pochi casi di particolare risonanza mediatica,
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è un dato oggettivo che soltanto una percentuale infinitesimale delle concentrazione notificate alla Commissione o all'autorità garante della concorrenza e del mercato forma oggetto di divieto. Inoltre, nei casi problematici, l'orientamento normalmente seguito da entrambe le Istituzioni tende comunque alla salvaguardia dell'operazione, attraverso un'autorizzazione condizionata alla modifica del progetto di concentrazione o all'assunzione di impegni delle parti, volti ad ovviare alle criticità emerse nell'istruttoria.
Per citare alcuni dati statistici, rilevabili dalle Relazioni annuali dell'autorità garante, nel 2004 i casi di concentrazione esaminati dall'Autorità antitrust italiana sono stati 612. Di questi, 91 si sono conclusi con un non luogo a procedere, mentre 521 sono stati oggetto di decisione formale. In un solo caso, l'Autorità ha aperto una istruttoria formale (ovvero ha ritenuto che l'operazione fosse suscettibile di essere vietata), concludendo il procedimento con una autorizzazione. Analogamente, nel 2003 su 577 casi di concentrazione esaminati dalla stessa Autorità Garante, 3 sono state le istruttorie formali, a fronte delle quali si sono avute 2 autorizzazioni subordinate all'adozione di misure correttive e, nel terzo caso, il ritiro volontario del progetto da parte degli interessati.
Astraendosi per un attimo dall'ambito concorrenziale, non può poi sottacersi quello che è in realtà un problema di carattere strutturale, tipico del tessuto industriale italiano, caratterizzato da una marcata preponderanza di micro e piccole imprese, la cui proprietà sembra più interessata a conservare il controllo nell'ambito familiare, che non alla crescita dimensionale dell'azienda. Non a caso il Governo, conscio di tale realtà, ha inteso intervenire al riguardo con l'istituzione, in favore di detta tipologia d'impresa, del premio di concentrazione di cui all'articolo 9 della legge 14 maggio 2005, n. 80 («Disposizioni urgenti nell'ambito del Piano di azione per lo sviluppo, economico, sociale e territoriale...»).
Dalle considerazioni sopra svolte, sembrano sussistere sufficienti elementi per ritenere non ipotizzabile una modifica dei parametri antitrust con l'obiettivo di favorire i processi di crescita delle imprese.
Il Sottosegretario di Stato per la salute: Mario Valducci.
PERROTTA. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
l'Autorità Portuale di Savona è un ente per il quale gli organi di rappresentanza sono sottoposti alla legge n. 441 del 1982;
il Presidente, Alessandro Becce, ha percepito nel 2003 un reddito pari a 213.944,00 euro -:
quale sia la composizione del Consiglio d'Amministrazione;
quale sia il costo del summenzionato consiglio;
quali componenti siano di nomina di organi dello Stato e da chi siano nominati.
(4-16057)
Risposta. - L'Autorità portuale di Savona è un ente pubblico non economico istituito e disciplinato dalla legge 84/1994 recante il «riordino della legislazione in materia portuale» e successive modifiche ed integrazioni.
L'ente non è dotato di un consiglio di amministrazione e gli organi dell'ente, ai sensi dell'articolo 7 della citata legge 84 del 1994, sono il presidente, il comitato portuale, il segretario generale ed il collegio dei revisori dei conti.
Ai sensi dell'articolo 9, comma 1 della normativa citata, il comitato portuale è così composto:
a) dal presidente dell'Autorità portuale che lo presiede;
b) dal comandante del porto sede dell'Autorità portuale con funzioni di vice presidente;
c) da un dirigente dei servizi doganali della circoscrizione doganale competente in
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rappresentanza del Ministero dell'economia e delle finanze;
d) da un dirigente dell'ufficio speciale del genio civile per le opere marittime in rappresentanza del SIIT - Ministero delle infrastrutture e dei trasporti;
e) dal presidente della giunta regionale o da un suo delegato;
f) dal presidente della Provincia o da un suo delegato;
g) dal sindaco del Comune in cui è ubicato il porto o dai sindaci dei Comuni ricompresi nella circoscrizione portuale o dai loro delegati;
h) dal presidente della camera di commercio, artigianato e agricoltura competente o da un suo delegato;
i) da sei rappresentanti delle seguenti categorie:
1. armatori;
2. industriali, imprenditori di cui agli articoli 16 e 18 della legge 84/1994;
3. spedizionieri;
4. agenti e raccomandatari marittimi;
5. autotrasportatori operanti nell'ambito portuale.
j) da sei rappresentanti eletti dei lavoratori;
k) da un rappresentante delle imprese ferroviarie operanti nei porti.
I componenti di cui alle lettere i), j) e k) sono nominati dal presidente e tutti gli altri sono membri di diritto.
I membri del comitato portuale delle Autorità portuali percepiscono un gettone di presenza che, nel caso dell'Autorità portuale di Savona, ammonta a 77,47 euro.
L'Autorità portuale ha infine informato che la spesa del comitato portuale è statapari a euro 14.511,85 nell'anno 2003 e di euro 11.817,08 nell'anno 2004.
Il Viceministro delle infrastrutture e dei trasporti: Mario Tassone.
PERROTTA. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
la Servimpresa - Azienda Speciale della C.C.I.A.A. di Cremona è un ente per il quale gli organi di rappresentanza sono sottoposti alla legge n. 441 del 1982;
il Presidente, Luciano Bergami, ha percepito nel 2003 un reddito pari a 73.224,00 euro -:
quale sia la composizione del Consiglio di amministrazione;
quale sia il costo del summenzionato consiglio;
quali componenti siano di nomina di organi dello Stato e da chi siano nominati.
(4-16108)
Risposta. - In relazione alla Servimpresa, azienda speciale della C.C.I.A.A. di Cremona, si rappresenta quanto segue.
Il Consiglio di amministrazione, attualmente in carica, è stato nominato con delibera di Giunta camerale n. 189 del 5 novembre 2003 e si è insediato il 14 novembre successivo.
Esso è composto da: Luciano Bergami (presidente), Giacomo Spedini (vice presidente), Romeo Romaneschi (membro), Massimo Toresani (membro), Giuliano Grossi (membro), Giuseppe Capellini (membro);
Il compenso lordo annuo liquidato al presidente ammonta ad euro 5.165,00; mentre gli altri membri del Consiglio di amministrazione percepiscono un gettone di presenza di euro 62,00 lorde per ogni riunione dello stesso (mediamente tre riunioni l'anno).
Non sono previsti ulteriori oneri a tale titolo a carico dell'azienda: pertanto sul bilancio relativo all'anno 2004 è gravata complessivamente la somma di euro 14.771,93 di cui 8.428,93 quale compenso e
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rimborsi spese ai componenti del Collegio dei revisori dei conti.
Gli unici componenti nominati da Organi dello Stato, in questa Azienda speciale come in tutte le altre, sono due membri effettivi ed un membro supplente all'interno del Collegio dei revisori dei conti. Un membro effettivo - con funzioni di Presidente del collegio - ed un supplente sono nominati dal Ministero delle attività produttive, mentre un altro membro effettivo viene nominato dal Ministero dell'economia e delle finanze.
Il Sottosegretario di Stato per le attività produttive: Roberto Cota.
PERROTTA. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
l'Autorità Portuale di Palermo - Palermo è un ente per il quale gli organi di rappresentanza sono sottoposti alla legge n. 441 del 1982;
il Presidente, Bevilacqua Antonio, ha percepito nel 2003 un reddito pari a 407.475,00 euro -:
quale sia la composizione del consiglio d'amministrazione;
quale sia il costo del summenzionato consiglio;
quali componenti siano di nomina di organi dello Stato e da chi siano nominati.
(4-16249)
Risposta. - L'Autorità portuale di Palermo è un ente pubblico non economico istituito e disciplinato dalla legge 84 del 1994 recante il «riordino della legislazione in materia portuale» e successive modifiche ed integrazioni.
L'ente non è dotato di un consiglio di amministrazione e gli organi dell'ente, ai sensi dell'articolo 7 della citata legge 84 del 1994, sono il presidente, il comitato portuale, il segretario generale ed il collegio dei revisori dei conti.
Ai sensi dell'articolo 9, comma 1 della normativa citata, il comitato portuale è così composto:
a) dal presidente dell'Autorità portuale che lo presiede;
b) dal comandante del porto sede dell'Autorità portuale con funzioni di vice presidente;
c) da un dirigente dei servizi doganali della circoscrizione doganale competente in rappresentanza del Ministero dell'economia e delle finanze;
d) da un dirigente dell'ufficio speciale del genio civile per le opere marittime in rappresentanza del SIIT - Ministero delle infrastrutture e dei trasporti;
e) dal presidente della giunta regionale o da un suo delegato;
f) dal presidente della Provincia o da un suo delegato;
g) dal sindaco del Comune in cui è ubicato il porto o dai sindaci dei Comuni ricompresi nella circoscrizione portuale o dai loro delegati;
h) dal presidente della camera di commercio, artigianato e agricoltura competente o da un suo delegato;
i) da sei rappresentanti delle seguenti categorie:
1. armatori;
2. industriali;
3. imprenditori di cui agli articoli 16 e 18 della legge 84 del 1994;
4. spedizionieri;
5. agenti e raccomandatari marittimi;
6. autotrasportatori operanti nell'ambito portuale;
j) da sei rappresentanti dei lavoratori;
k) da un rappresentante delle imprese ferroviarie operanti nei porti;
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I membri del comitato portuale delle Autorità portuali percepiscono un gettone di presenza che, nel caso dell'Autorità portuale di Palermo, ammonta a 123,00 euro.
L'Autorità portuale ha infine informato che la spesa del comitato portuale è stata pari a euro 11.836,00 nell'anno 2003 e di euro 17.975,73 nell'anno 2004.
Il Viceministro delle infrastrutture e dei trasporti: Mario Tassone.
PERROTTA. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
c'è chi sfrutta l'acqua e le sue eventuali impurezze solo per creare guadagni, senza alcun freno riguardo la salute dei cittadini;
sono in vendita filtri per l'acqua del rubinetto, che se vantano di purificare l'acqua, in realtà ne abbassano la durezza e sono inutili rispetto ai rischi microbiologici;
sono in commercio, così come segnalatoci dall'Assoconsum di Colleferro, caraffe e filtri da applicare ai rubinetti, pericolosi e luoghi di coltura per i batteri e di rilascio di sostanze che compromettono la buona qualità dell'acqua del rubinetto -:
se il Ministro interrogato non ritenga di dover adottare più severe e rigorose misure per la produzione di questi oggetti, visti i rischi paventati.
(4-16334)
Risposta. - Il Ministero della Salute ha predisposto uno schema di decreto al fine di adeguare il Decreto del ministro della sanità 21 dicembre 1990, n. 443, «Regolamento recante disposizioni tecniche concernenti apparecchiature per il trattamento domestico di acque potabili» al progresso scientifico, tecnico e normativo, con riferimento, in particolare, al Decreto legislativo 2 febbraio 2001, n. 31 e successive modificazioni, di attuazione della direttiva 98/83/CE.
Nello schema è previsto che le autorizzazioni riguardanti le apparecchiature in questione siano a tempo determinato e che l'approvazione di tutte le apparecchiature installate nei pubblici esercizi e il loro costante monitoraggio venga svolto dalle unità di controllo territoriali.
Il Ministero della salute è orientato a confermare le attuali procedure autorizzative per le tipologie di apparecchi a carbone, con la novità di estenderle anche agli apparecchi ad osmosi inversa e ad ultrafiltrazione, che non solo sono i più diffusi, ma in questi ultimi anni hanno dimostrato di essere maggiormente soggetti a creare problematiche riguardo alla contaminazione microbica e alla durezza dell'acqua in uscita (difficoltà nel rispetto dei 15 gradi francesi).
I produttori ed importatori delle restanti tipologie descritte nell'articolo 3 del Decreto ministeriale n. 443 del 1990, avranno come unico obbligo la notifica, nella forma di autocertificazione, delle installazioni effettuate presso le Aziende sanitarie locali.
Le prove analitiche introdotte con il nuovo protocollo sperimentale non sono aumentate, trovando, peraltro, solo una formulazione più chiara rispetto all'allegato I del decreto menzionato.
La previsione di una centralizzazione dei collaudi presso l'Istituto superiore di sanità o presso i laboratori autorizzati dal Ministero della salute, potrà rendere uniformi i controlli, con metodiche analitiche validate e aggiornate sugli orientamenti scientifici di organismi ufficiali di livello europeo e internazionale.
Lo schema del nuovo decreto, approvato dall'Istituto superiore di sanità, dal Consiglio superiore di sanità e dal tavolo tecnico istituito presso la Conferenza Stato-regioni, dovrà essere sottoposto alla verifica della suddetta Conferenza.
Il Sottosegretario di Stato per la salute: Domenico Zinzi.
PISTONE. - Al Ministro dell'interno, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
l'istituto di vigilanza «Deltapol Italia Scarlpaz», il 27 dicembre 2004, per mezzo
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raccomandata AR, ha comunicato agli Enti competenti, tra cui la regione Lazio, e alle organizzazioni sindacali di categoria, l'apertura della procedura di mobilità per 460 lavoratori della sede di Roma per esubero di organico;
la suddetta categoria di lavoratori sta attraversando una fase delicata a causa dello stallo delle trattative per il rinnovo del C.C.N.L., scaduto ormai da otto mesi, per il quale le organizzazioni sindacali di categoria hanno indetto due giornate di sciopero generale, svoltesi a fine dicembre, cui hanno aderito migliaia di lavoratori del settore;
l'apertura della procedura di mobilità per i 460 dipendenti della «Deltapol Italia Scarlpaz» si inserisce in un quadro complessivo fortemente preoccupante per tutta la categoria della vigilanza privata, in quanto gli oltre 8.000 operatori di Roma e provincia si vedono costretti a convivere con varie forme di inosservanza delle norme contrattuali da parte di un consistente numero di aziende (inosservanza della L. 626, mancati versamenti contributivi e previdenziali, concorrenza sleale, mancato rispetto della contrattazione nazionale e territoriale);
il comparto della vigilanza privata attraversa altre gravi crisi, come quella che attanaglia il gruppo FINURBE, con la trasformazione forzata per oltre 2000 lavoratori da dipendenti in soci di cooperativa, e che potrebbe innescare dinamiche pericolose per la tenuta complessiva degli stessi livelli occupazionali esistenti;
a parere dell'interrogante, le motivazioni addotte dalla «Deltapol Italia Scarlpaz» sulla situazione di eccedenza e di esubero del personale, appaiono strumentali e non trovano nessuna giustificazione anche dal punto di vista prettamente economico, tenuto del fatto che l'esercizio finanziario dell'anno 2004 è stato chiuso con un saldo negativo di soli 1.119 euro -:
se non ritengano opportuno intervenire, presso i soggetti interessati, ciascuno per gli ambiti di propria competenza, a tutela dei diritti e della dignità dei lavoratori coinvolti, nell'intento di individuare, insieme alle parti in causa, soluzioni capaci di scongiurare la decisione assunta dai vertici aziendali o, in alternativa, approntare una ricollocazione di questi lavoratori in altre società del settore, garantendo loro i diritti di anzianità e di servizio acquisiti.
(4-12399)
Risposta. - Con riferimento all'interrogazione in esame, dagli accertamenti effettuati dalla Direzione provinciale del lavoro di Roma è emerso quanto segue.
L'iniziale apertura della procedura di mobilità per i 460 dipendenti della «Deltapol Italia Scarlpaz», si è concretizzata in data 21 marzo 2005 presso la Regione Lazio, con l'accordo sottoscritto dalle Organizzazioni sindacali dei dipendenti della Deltapol, Confcooperative e Deltapol Italia, con la messa in mobilità di n. 67 lavoratori di cui n. 34 addetti ad attività di reception, n. 18 al settore amministrativo, n. 5 a servizi tecnici e generali e solamente n. 10 con la qualifica di guardia particolare giurata.
Successivamente il numero dei lavoratori interessati alla suddetta mobilità si è ulteriormente ridotto a 65 unità, a seguito delle dimissioni di una posizione e per scadenza del contratto a tempo determinato per un'altra posizione.
Si fa presente, poi, che la Deltapol Italia Scarlpaz, a far data dal 1o agosto 2005, ha ceduto il ramo d'azienda alla Deltapol Group s.p.a. con il conseguente passaggio di tutti i lavoratori ai quali è stato mantenuto lo stesso trattamento economico e normativo in essere.
Per completezza si specifica che di quanto sopra la società in parola ha dato comunicazione alle Organizzazioni Sindacali di Categoria con le quali è stato stilato verbale di accordo così come previsto dall'articolo 47 della legge 29 dicembre 1990, n. 428.
Il Sottosegretario di Stato per il lavoro e per le politiche sociali: Maurizio Sacconi.
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REALACCI. - Al Ministro delle attività produttive, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
il mercato delle candele in Italia ha subito una crescita esponenziale dal 2000 ad oggi, facendo aumentare i consumi e l'utilizzo del prodotto nelle famiglie, trasformandolo da semplice elemento di uso domestico, con funzione d'emergenza in caso di black out, ad un vero complemento d'arredo, segno di stile dell'abitare la casa. L'introduzione di essenze profumate nella paraffina, abbinata alle forme più accattivanti e al calore della luce, ne hanno poi consacrato il successo di pubblico;
il consumo pro capite passa dai 40 grammi ai 100 grammi in pochi anni e il settore si trasforma da nicchia a vero e proprio mercato;
in questo scenario favorevole, concomitante con l'aumento della domanda, si presentano sul mercato nuovi interlocutori: molti con poca esperienza nel campo delle candele, a volte del tutto improvvisati e, come spesso accade, approfittando della mancanza di norme chiare e precise, hanno iniziato un'importazione «selvaggia», cercando sempre e solo il prezzo più competitivo, a scapito della sicurezza;
oggi il mercato delle candele è invaso da prodotti di varia provenienza, realizzati con materie prime non sicure - paraffine sature di policiclici aromatici, benzene o zolfo; profumate con additivi a base di solventi al piombo; stoppini con anime di nailon o piombo, per citarne alcuni a puro titolo d'esempio - in grado d'inquinare l'ambiente in proporzione maggiore rispetto al fumo passivo provocato dalle sigarette;
oggi, oltre alle candele profumate e a quelle non gradite agli insetti, per la maggior parte importate direttamente anche dai Gruppi della Grande Distribuzione, senza un controllo scientifico ed oculato, immettendo nel mercato veri e propri agenti inquinanti, anche il mercato delle decorazioni per pasticceria, ultimo baluardo della qualità italiana, è stato contaminato dall'importazione di candele per torta che dovrebbero, necessariamente, essere conformi al contatto con gli alimenti;
da una parte abbiamo le grandi insegne della distribuzione organizzata, sia italiana, sia straniera che, inseguendo le logiche del mercato e del profitto, iniziano ad importare candele profumate e repellenti per gli insetti, spacciandole, forse inconsciamente, per ecologiche. Il risultato è che il 100 per cento delle candele asiatiche, attualmente in circolazione nel mercato domestico, sono inquinanti e pericolose. Ci sono sempre, al loro interno, elementi tossici come benzene, ftalati, formaldeide, piombo e zolfo, per citarne dei più comuni e dannosi;
dall'altra parte abbiamo i distributori di prodotti professionali per pasticcerie e gelaterie, dove sono commercializzate anche le candele idonee al contatto con gli alimenti. Sono le classiche candele da utilizzare sulle torte per i compleanni, in gran maggioranza festeggiati dai bambini. Solo il tempo di cantare «Tanti auguri» ed ecco che lo zolfo si sprigiona in ossido di zolfo tossico e lo stoppino di nailon sprigiona dalla fiamma delle candeline le sue diossine che vengono necessariamente malate dallo sfortunato «festeggiato». Anche in questo caso la mancanza di una normativa puntuale ed attenta, permette l'importazione di candele di ogni genere, alcune addirittura denominate «magiche» hanno dosi di polvere da sparo e zolfo per fare scintille e microesplosioni, con rilascio di sostanze tossiche a livelli impressionanti;
l'azienda «Cereria Terenzi Evelino S.r.l», per fare solo un esempio concreto, da oltre trent'anni è leader nel mercato delle candele da torta e oggi anche nel settore della grande distribuzione, con le candele profumate e decorate, prodotte severamente con materiali certificati e sicuri. Negli ultimi anni, più pesantemente in quello in corso, questa azienda è stata sottoposta ad un dura prova dall'importazione selvaggia, per i continui e sleali
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attacchi subiti da prodotti di prezzo più competitivo, ma realizzati con materie prime non sicure e fortemente inquinanti;
la tipologia di produzione, la formulazione del centro di costo della Cereria Terenzi, è caratterizzata, per la maggior parte, dall'incidenza della materia prima, per cui non si teme la mano d'opera a basso costo proveniente dai paesi asiatici, bensì l'incidenza del costo delle paraffine, costo determinato da un mercato globale del settore petrolifero. Questo, in sostanza, significa che il rapporto qualità e sicurezza delle candele è direttamente proporzionale al costo delle materie prime che hanno prezzi allineati in tutto il mondo;
mentre le candele da torta realizzate in Cina sono risultate ad analisi di laboratorio altamente tossiche ed inquinanti. In alcuni casi queste candele contengono una percentuale di zolfo molto al di sopra del limite consentito, quindi fortemente inquinante, anche a causa dell'evidente anima di nailon nello stoppino -:
se i Ministri interrogati intendano adottare adeguate iniziative di carattere normativo volte a disciplinare la materia tutelando così i consumatori e i produttori scrupolosi ed attenti all'etica della qualità, della sicurezza e dell'ambiente.
(4-16629)
Risposta. - Il potenziale rischio per l'uomo derivante dall'utilizzo di candele di qualsiasi tipo, profumate, mangia-fumo e decorative, è legato essenzialmente ai prodotti di combustione, che varia a seconda delle sostanze contenute nelle candele stesse, in particolare gli additivi o le impurità nei materiali utilizzati per la loro produzione. È possibile la presenza, nei fumi dei vari tipi di candele, di sostanze pericolose, quali formaldeide, idrocarburi policiclici aromatici o altri.
Va comunque rilevato che le quantità rilasciate di tali sostanze sono tuttavia molto basse e che le concentrazioni che si possono rilevare negli ambienti dipendono fortemente dalle condizioni di utilizzo, cioè dalle quantità di candele bruciate, rispetto alle dimensioni dell'ambiente interno.
Dal punto di vista normativo, si rileva una sostanziale assenza di norme specifiche che garantiscano la sicurezza dei consumatori nei confronti di prodotti di questo tipo, specialmente per quanto riguarda quelli di importazioni da Paesi terzi, ad eccezione delle disposizioni generiche contenute nel decreto legislativo 17 marzo 1995 n. 115, riguardante la sicurezza generale dei prodotti. In particolare per quanto riguarda il problema specifico preso in esame dalla presente interrogazione, e cioè le candele da utilizzare a contatto con prodotti alimentari (torte di compleanno), si rammenta che tutti i materiali e oggetti che vengono in contatto con alimenti devono rispondere a disposizioni, sia nazionali che comunitarie che regolano questa materia, in particolare il decreto del Presidente della Repubblica n. 777 del 23 agosto 1982, il decreto-legge n. 108 del 25 gennaio 1992, il reg. n. 1935/2004/CE - articolo 3. Secondo tali norme i prodotti in argomento non devono assolutamente costituire un rischio per la salute umana rendendo nocivi gli alimenti con cui vengono in contatto o deteriorare inaccettabilmente i loro caratteri organolettici.
Non esistono disposizioni specifiche sugli oggetti in cera a contatto con gli alimenti, per quanto riguarda elenchi di componenti ammessi o a restrizioni di impiego, ma è responsabilità delle aziende produttrici e degli importatori verificare e dichiarare la rispondenza dei propri prodotti alle norme vigenti, provvedendo ad analizzare e valutare il potenziale rischio al quale vengono esposti i consumatori attraverso l'ingestione di alimenti. Nel caso delle candeline di compleanno va comunque osservato che la superficie posta a contatto con la torta è estremamente ridotta (o assente se vengono utilizzati anche gli appositi supporti in plastica) e che il tempo di contatto è limitato a pochi minuti e a temperatura non superiore a quella dell'ambiente. Per tali motivi non vengono favoriti fenomeni di migrazione massiva di costituenti dalla candelina alla torta, anche se è ovvio che
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maggiore è la purezza del prodotto, minore la probabilità di rischio tossicologico per il consumatore.
È senz'altro opportuno che si arrivi ad una definizione di una norma specifica che stabilisca, in termini di composizione chimica, quali siano le sostanze utilizzabili nella produzione dei vari tipi di candele o, in alternativa, quali sostanze siano vietate. L'Istituto superiore di sanità ha dichiarato la propria disponibilità per un approfondimento della problematica.
Il Viceministro delle attività produttive: Adolfo Urso.
RICCIO. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
il TAR Lazio nella sentenza n. 14062/2004, emessa a seguito del ricorso n. 10240/2004, proposto dalla Federazione Italiana dei medici di famiglia (F.I.M.G.) avverso il decreto del Ministro della salute del 31 maggio 2004, pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 135 del 2 luglio 2004, ha svolto talune considerazioni in merito alla obbligatorietà o meno dei percorsi formativi di ECM (educazione medica continua in medicina), mediante formazione ed aggiornamento, valutati in base ai cosiddetti «crediti formativi», secondo i criteri di che all'articolo 16-bis comma 2 del decreto legislativo n. 502 del 1992 e successive modificazioni ed integrazioni;
argomenta il TAR che «la formazione si attua mercé la partecipazione a corsi, convegni e seminari, organizzati da istituzioni pubbliche o private accreditate, nonché con la frequenza di soggiorni di studio e la partecipazione a corsi, convegni e seminari, organizzati da istituzioni pubbliche o private accreditate, nonché con la frequenza di soggiorni di studio e la partecipazione a studi clinici controllati e ad attività di ricerca, di sperimentazione e di sviluppo». «L'ECM s'appalesa obbligatoria solo per i sanitari dipendenti dagli enti del SSN, o per quelli che con esso collaborano in regime di convenzione o d'accreditamento, tant'è che questo se ne accolla i costi. Viceversa, per i professionisti, che erogano prestazioni sanitarie non coperte dal SSN, il controllo della prestazione connesso alla formazione e all'aggiornamento è rimesso, oltre che al mercato (ossia all'apprezzamento, o meno, del cliente-paziente), agli Ordini ed ai collegi professionali, onde per costoro l'ECM rappresenta un onere, non già un obbligo»;
alla luce di tali argomentazioni, sembrerebbe che il programma ECM debba ritenersi obbligatorio solo per gli operatori dipendenti o convenzionati, mentre l'obbligatorietà sembrerebbe doversi escludere per i liberi professionisti;
sempre rispetto ai liberi professionisti si pone un ulteriore problema: se i punti dei «crediti formativi» nell'anno nel quale essi sono prodotti dovessero eccedere il numero minimo richiesto per quell'anno, possano essere, per la parte eccedente detto minimo, utilizzati per essere cumulati con quelli prodotti in un anno successivo, al fine di raggiungere il numero richiesto in quest'ultimo anno;
problemi entrambi che coinvolgono una quantità ingente di giovani professionisti, che vorrebbero intraprendere la libera professione -:
quale sia la posizione del ministero della salute in ordine ai due prospettati aspetti.
(4-16749)
Risposta. - Il ricorso proposto dalla Federazione italiana dei medici di famiglia (FIMMG) contro il decreto del Ministro della salute del 31 maggio 2004, in materia di requisiti per le società scientifiche e le Associazioni tecnico scientifiche delle professioni sanitarie, è stato rigettato con sentenza del Tar Lazio n. 14062 del 18 novembre 2004.
Poiché l'obbligatorietà del programma ECM per i liberi professionisti non era l'oggetto del ricorso, il TAR competente si è limitato a svolgere, nelle premesse, alcune considerazioni sugli articoli 16-bis e 16-ter del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 e successive modificazioni, al fine di
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«chiarire per sommi capi il quadro fattuale e normativo di riferimento del decreto ministeriale impugnato».
Si precisa, inoltre, che la circolare del Ministro della salute del 5 marzo 2002 e il Piano sanitario 2003/2005 hanno confermato l'obbligatorietà della formazione continua per tutti i professionisti della salute.
È da sottolineare che, già a suo tempo, l'Accordo fra il Ministro della salute e le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sancito dalla Conferenza Stato-regioni del 20 dicembre 2001, ha recepito le determinazioni assunte dalla Commissione nazionale per la formazione continua in medicina in merito all'ambito di estensibilità dell'obbligo del programma di educazione continua in medicina (ECM).
Per quanto riguarda l'ulteriore quesito posto dall'interrogante, inerente le modalità di acquisizione dei crediti formativi, si precisa che la formazione obbligatoria degli operatori sanitari prevede per il quinquennio 2002-2006 un numero complessivo di crediti pari a centocinquanta, ripartiti secondo un criterio di progressività (da dieci crediti per il 2002 fino a cinquanta per il 2006).
Il Ministro della salute, con la circolare già richiamata, resa subito disponibile sul sito istituzionale nella sezione dedicata all'ECM, ha previsto, sulla base delle determinazioni contenute nell'Accordo tra Stato e regioni del 20 dicembre 2001, che l'operatore sanitario possa acquisire i crediti formativi, da un minimo della metà fino al massimo del doppio dei crediti, stabiliti dalla Commissione nazionale per l'anno di riferimento.
I crediti non conseguiti devono, necessariamente, essere recuperati nel corso dell'anno successivo, mentre i crediti in eccedenza costituiscono una «riserva» per l'operatore sanitario, valevole per l'anno seguente.
Il Sottosegretario di Stato per la salute: Cesare Cursi.
ROSSIELLO. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
la sentenza della Corte Costituzionale n. 270 del 23 giugno 2005 ha dichiarato l'incostituzionalità dell'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 288 del 2003, dell'articolo 3, commi 2 e 3, dell'articolo 4, comma 3, dell'articolo 13, comma 1 e dell'articolo 16, commi 1 e 2 dello stesso decreto legislativo;
tutti i commi dichiarati incostituzionali affidavano al ministero della salute la potestà (diritto) di nominare i propri rappresentanti nei consigli di amministrazione sia degli I.R.C.C.S. trasformati in fondazioni che di quelli non trasformati, affermando che ... «queste disposizioni sono incostituzionali nella parte in cui pretendono di riservare, mediante organi legislativi, alcune designazioni ministeriali in ordinari organi di gestioni o di controllo di enti pubblici, che non appartengono più all'area degli enti statali, ribadendo, quindi, la esclusiva potestà delle Regioni alla nomina degli organi di gestione di enti, nello specifico Istituti di Ricerca che agiscono come strutture sanitarie, per la parte assistenziale, del Servizio Sanitario Regionale;
è stato dichiarato incostituzionale il potere di controllo sugli atti amministrativi degli I.R.C.C.S., da parte del ministero della salute, affermando che «il riconoscimento degli I.R.C.C.S. come enti autonomi, dotati di propri statuti ed organi di controllo interni ed operanti nell'ambito della legislazione regionale di tipo concorrente rende manifesto come non sia conforme a Costituzione attribuire al ministero della salute veri e propri poteri di controllo amministrativo su di essi», con ciò ribadendo ulteriormente l'autonomia che la Costituzione attribuisce e riconosce alle Regioni nelle azioni di controllo delle Aziende Sanitarie del Servizio Sanitario Regionale, in quanto rispondenti alla legislazione regionale;
la Corte Costituzionale ha inteso, dichiarando l'illegittimità costituzionale dei predetti commi del decreto legislativo n. 288 del 2003, ribadire «che ciascuna Regione possa esercitare il proprio potere
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legislativo anche in questo particolare settore»... che è quello delle Aziende Sanitarie del Servizio Sanitario Regionale;
risulta che il ministero della salute abbia emanato in data 29 luglio 2005 i decreti di nomina dei commissari straordinari degli I.R.C.C.S. pubblici della regione Puglia, Ospedale Oncologico di Bari e Istituto «De Bellis» di Castellana Grotte;
questi atti risulterebbero non conformi alla sopracitata sentenza della Corte Costituzionale;
secondo l'interrogante alla luce della predetta sentenza, pertanto, sarebbe stato auspicabile da parte del Ministero affrontare, in attesa delle modifiche del decreto legislativo n. 288 del 2003 nella Conferenza Stato Regioni, le problematiche del vuoto legislativo creatosi e concertare con le Regioni la nomina dei Commissari, in quanto il principio che attribuisce il potere di nomina alle Regioni, dichiarato dalla Corte Costituzionale, rende nullo il potere attribuito al Ministro della salute dalle precedenti normative -:
quali siano state le ragioni per le quali si è proceduto in maniera intempestiva e senza consultare il presidente della giunta regionale della Puglia, alla emanazione dei decreti di nomina dei Commissari dei succitati I.R.C.C.S. e se non ritenga opportuno revocarli.
(4-16267)
Risposta. - Con riferimento all'interrogazione parlamentare in esame, relativa alla sentenza della Corte costituzionale n. 270 del 23 giugno 2005, in materia di censure di illegittimità costituzionale dell'articolo 42 della legge 16 gennaio 2003, n. 3 e del decreto legislativo 16 ottobre 2003, n. 288, sul riordino degli Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico (IRCCS), si precisa che la sentenza, al paragrafo 16, ha evidenziato i poteri dello Stato in materia, ai sensi del 3o e 4o comma dell'articolo 16 del decreto legislativo citato.
In particolare, «numerose disposizioni del decreto legislativo prevedono poteri ministeriali e procedure di leale collaborazione fra Stato e regioni e ciò non solo nella fondamentale fase dell'adozione dello statuto, ma anche nel riconoscimento di nuovi Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico nella conferma del riconoscimento, nello scioglimento degli organi delle fondazioni e degli Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico non trasformati, nella nomina dei commissari, nelle procedure di devoluzione dei patrimoni degli Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico estinti, nella conferma provvisoria del carattere scientifico degli Istituti esistenti (in particolare, gli articoli 2, 3, 5, 14, 15, 16, 17, 19 del decreto legislativo citato).
Tali poteri, tuttavia, sono opportunamente affiancati dalla previsione di una necessaria intesa fra il Ministro ed il Presidente della regione interessata».
Va sottolineato che, per gli Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico, per i quali sono concluse le procedure per la conferma del riconoscimento del carattere scientifico, è cessata la funzione di vigilanza ministeriale a decorrere dal 14 luglio 2005.
Gli altri Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico, invece, poiché il legislatore ha implicitamente subordinato il passaggio al nuovo regime normativo, previsto dal decreto legislativo 288 del 2003, alla conferma del carattere scientifico, rimangono ancora assoggettati alla disciplina precedente.
Pertanto, il Ministro della salute dispone di una potestà di nomina ampiamente discrezionale nella scelta dei Commissari straordinari, vincolata esclusivamente dall'esigenza che le persone prescelte dispongano di «comprovata esperienza scientifica o amministrativa nel settore pubblico o privato» (decreto-legge 19 giugno 1997, n. 171, convertito nella legge 31 luglio 1997, n. 258, concernente disposizioni urgenti per assicurare la gestione degli Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico).
La suddetta normativa, attribuendo esclusivamente al Ministro la valutazione circa la sussistenza del predetto requisito, senza l'indicazione di alcuno specifico criterio o vincolo o procedura selettiva, ha confermato il carattere fiduciario dell'incarico di Commissario straordinario.
Una conferma ulteriore si ritrova nell'articolo 1, comma 2, del decreto legge, che
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prevede che «i commissari straordinari e i vice commissari sono revocabili dal Ministro della salute in qualunque momento ...».
Il decreto legislativo n. 288 del 2003 non può trovare applicazione per i due Istituti segnalati nell'interrogazione in esame («Oncologico» di Bari e «De Bellis» di Castellana Grotte), dal momento che gli stessi non hanno ricevuto ancora la conferma del carattere scientifico, permanendo, pertanto, vigente il potere ministeriale di commissariamento.
I provvedimenti di nomina dei Commissari straordinari per i suddetti Istituti, inoltre, sono stati determinati dalla necessità di individuare un organo con poteri di direzione per il periodo strettamente necessario a completare la procedura di conferma del carattere scientifico, ovvero in attesa della nomina degli organi (Consiglio di amministrazione o Consiglio d'indirizzo e verifica) da parte della regione Puglia.
Le suddette considerazioni hanno indotto a ritenere che, in attesa degli adempimenti di competenza degli organi regionali a seguito della sentenza della Corte istituzionale n. 270 del 2005, il potere di nomina dei Commissari straordinari degli Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico pubblici spetti esclusivamente al Ministro della salute, ai sensi della legge 258 del 1997.
Il Ministro della salute: Francesco Storace.
SASSO. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
in materia di tutela della salute il lavoro di prevenzione è fondamentale sia per garantire i diritti dei singoli cittadini sia per evitare successivi costi di natura sia sociale sia economica alla collettività;
presso il Policlinico di Bari si registra un costante e preoccupante aumento dei tempi d'attesa per le visite senologiche:
tale situazione di disservizio penalizza un'intera fascia di popolazione che per condizioni economiche, sociali e culturali non ha altri canali se non quello del settore pubblico per accedere al diritto alla prevenzione, diritto da cui conseguentemente si trova esclusa;
nel 1999 era stato elargito al Ministero un finanziamento di otto milioni di euro alla regione Puglia, per attivare il progetto regionale di diagnosi precoce del carcinoma mammario -:
se il Ministro sia a conoscenza della situazione delle liste di attesa presso il Policlinico di Bari e se sia a conoscenza di come siano stati impiegati tali fondi dalla regione Puglia.
(4-12709)
Risposta. - Gli interventi mirati alla riduzione dei tempi d'attesa per le prestazioni sanitarie hanno condotto all'Accordo Stato-regioni dell'11 luglio 2002, che ha definito i criteri e le modalità di accesso alle prestazioni diagnostiche e terapeutiche, suddividendole in quattro classi di priorità per i ricoveri, e in tre classi per le prestazioni ambulatoriali, in ragione dell'urgenza del trattamento.
Nell'ambito del progetto «I mattoni del servizio sanitario nazionale», inoltre, alcune prestazioni, qualificate di interesse nazionale, sono state riconosciute come prioritarie al fine della tempestività nell'erogazione; fra queste sono ricomprese le patologie oncologiche.
Le informazioni relative ai tempi di erogazione ricadono nell'obbligo di pubblicità circa l'attività delle aziende USL e delle aziende ospedaliere, da realizzarsi attraverso la Carta dei servizi, prevista dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 19 maggio 1995.
Nei mesi scorsi il Ministro della salute, mediante la somministrazione agli Assessorati alla sanità delle regioni e delle province autonome di uno specifico questionario, ha effettuato un'indagine mirata a conseguire un quadro informativo sui provvedimenti emanati dalle singole regioni, in osservanza della normativa vigente e degli Accordi, sottoscritti, a tutela della salute del cittadino, tra i diversi soggetti istituzionali.
È stata, inoltre, effettuata una verifica, su base nazionale ed estesa a livello di Aziende sanitarie, da parte del Comando carabinieri per la sanità.
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La collaborazione tra il livello centrale e quello regionale è stata ribadita con la decisione del Ministro della salute e del Presidente della conferenza dei presidenti delle regioni e province autonome, di istituire un tavolo tecnico congiunto, in materia di liste d'attesa.
La riforma del Titolo V della Costituzione (Legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3) ha valorizzato ulteriormente le autonomie locali, consentendo alle regioni la possibilità di optare per le scelte ritenute migliori per la tutela degli interessi della propria collettività, fatta salva l'erogazione dei Livelli essenziali di assistenza.
Si sottolinea, peraltro, che l'Accordo dell'11 luglio 2002 prevede, a livello regionale, l'individuazione delle specifiche cliniche per ogni classe di priorità, per le patologie e per le prestazioni che le stesse regioni indicheranno di interesse per il livello territoriale considerato.
Sull'interrogazione in esame, l'Assessorato alla sanità della regione Puglia ha fornito un dettagliato rapporto, per il tramite della prefettura-ufficio territoriale del Governo di Bari.
Dai dati pervenuti, risulta che il progetto regionale denominato «Realizzazione di provvedimenti per la diagnosi precoce del carcinoma mammario» è stato predisposto nel 1999 dall'Assessorato alla Sanità, con l'apporto di esperti in materia nell'ambito delle azioni finalizzate al perseguimento degli obiettivi prioritari del Piano sanitario nazionale 1998-2000.
La regione Puglia dotò il suddetto progetto di un finanziamento complessivo di euro 8.309.000 circa e fissò, con provvedimenti nn. 1746 dell'11 dicembre 2000 e 1358 del 3 settembre 2004, i seguenti obiettivi da raggiungere: attività idonee ad incrementare le prestazioni di radiodiagnostica senologica dagli 88.000 esami eseguiti nel 1999 a 165.000 esami per anno (corrispondenti al 40 per cento della popolazione femminile pugliese compresa tra i 40 ed i 69 anni); criteri per riparto del fondo tra le dodici aziende USL ed il Servizio autonomo di radiologia ad indirizzo senologico dell'azienda ospedaliera universitaria policlinico di Bari, sede del Centro di riferimento regionale per la diagnostica della patologia mammaria.
Sulla scorta dei finanziamenti assegnati dalla amministrazione regionale, pari a euro 3.400.000 circa, le aziende sanitarie hanno realizzato le seguenti attività progettuali: potenziamento delle unità operative di radiodiagnostica senologica tramite l'acquisto, tra il 2001 ed il 2003, di specifiche attrezzature e, precisamente, di 20 sviluppatrici, 16 mammografi e 15 ecografi, per una spesa di euro 1.950.000 circa; svolgimento nell'anno 2004 di corsi di formazione e di aggiornamento del personale medico, dei tecnici di radiologia e del personale addetto alla rete informatica, per una spesa di 361.000 euro; adeguamento strutturale della sede del Servizio autonomo di radiologia ad indirizzo tecnologico dell'Azienda policlinico di Bari, al fine di consentire lo svolgimento dei corsi di aggiornamento e formazione del personale e la collocazione del server del sistema informativo regionale, con una spesa di 645.000 euro; realizzazione del sistema informatico regionale delle unità operative di radiodiagnostica, che svolgono attività senologica (propedeutica alla costituzione del registro regionale della patologia mammaria), per una spesa di 413.000 euro, con la consegna nel 2003 delle attrezzature a tutte le Unità operative; programmazione e controllo sulle attività delle Unità operative da parte del Comitato regionale di coordinamento, per una somma di 46.400 euro.
La Giunta regionale ha assegnato alle Aziende di unità sanitaria locale circa 915.000 euro per l'ulteriore dotazione di 6 ecografi, 5 mammografi, 3 sviluppatrici e di un mezzo mobile, da utilizzarsi per le esigenze di tutto il territorio regionale.
Per quanto riguarda il sistema informatico, l'Amministrazione regionale è impegnata nel ricercare tempestive soluzioni che consentiranno a tutte le Unità operative di connettersi al sistema stesso.
Una quota di finanziamento ancora disponibile (pari ad euro 4 milioni circa) è stata destinata dal Governo regionale al potenziamento delle dotazioni organiche delle Unità operative di radiodiagnostica senologica, previa verifica della loro connessione
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alla rete informatica, tramite assunzioni di unità di personale a tempo determinato e/o con rapporto di convenzione, oppure attraverso l'incentivazione di quello già in servizio.
Quest'ultima iniziativa, subordinata al completamento di altre precedentemente avviate, assicurerà all'utenza prestazioni omogenee e tempestive su tutto il territorio regionale, evitando la concentrazione spontanea della domanda nei centri di eccellenza quali il Servizio autonomo di radiologia ad indirizzo senologico dell'Azienda policlinico di Bari.
In merito alla riduzione delle liste d'attesa, il costante impegno al riguardo del Ministero della salute si è concretizzato nel disegno di legge finanziario 2006, nel quale è stato previsto un Piano sanitario nazionale di riduzione delle liste di attesa, che ricomprende gli interventi che le regioni devono realizzare per accedere ai finanziamenti destinati al ripiano dei disavanzi del Servizio sanitario nazionale per gli anni 2002, 2003 e 2004.
Gli interventi sono i seguenti: individuazione dell'elenco delle prestazioni per le quali sono fissati i tempi massimi di attesa da parte delle singole Regioni e, in caso di mancata fissazione, definizione di tali tempi a livello nazionale, a garanzia degli assistiti; la realizzazione del Centro unico di prenotazione (CUP) da parte delle regioni; il divieto di sospensione delle attività di prenotazione e di erogazione delle prestazioni sanitarie (cosiddette agende chiuse) da parte delle strutture del Servizio sanitario nazionale; la conferma dell'obbligo delle aziende sanitarie locali, dei presidi ospedalieri e delle aziende ospedaliere di tenere il registro delle prestazioni specialistiche ambulatoriali, di diagnostica strumentale e di laboratorio, e dei ricoveri ospedalieri; l'applicazione di sanzioni pecuniarie per chi violi gli obblighi di cui sopra; l'istituzione della Commissione nazionale sull'appropriatezza delle prescrizioni, per coinvolgere i medici di famiglia nella razionalizzazione della domanda sanitaria e per monitorare il fenomeno delle liste di attesa.
Il Sottosegretario di Stato per la salute: Domenico Zinzi.
SASSO, GRIGNAFFINI, CAPITELLI e MARTELLA. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
il soggetto «diversamente abile» è titolare di una serie di diritti previsti dalle norme internazionali, dalla Costituzione italiana, dalle leggi statali e substatali e «l'affermazione del principio di uguaglianza e di pari dignità» si concretizza nel diritto del cittadino ad una politica attiva da parte della pubblica amministrazione, tale da assicurare «il pieno sviluppo della persona umana»;
il diritto allo studio non è solo un'affermazione di principio, ma è un obbligo della Repubblica e in tal senso la legge 104/92 attribuisce all'alunno «diversamente abile» un diritto soggettivo perfetto alla frequenza delle classi comuni «nelle scuole di ogni ordine e grado dove saranno garantite attività di sostegno mediante l'assegnazione di docenti specializzati»;
il lungo cammino dell'inserimento di tutti i soggetti «diversamente abili» e la loro piena integrazione hanno avuto un'accelerazione negli ultimi anni a tal punto che il trend di crescita risulta raddoppiato e il dato di iscrizione, in modo particolare nella scuola dell'infanzia e nella secondaria di 2 grado, raggiunge quasi il traguardo del pieno inserimento;
la quantificazione dei posti rispetto al sostegno risulta essere, secondo la normativa vigente, «fissata nella misura di un insegnante per ogni gruppo di 138 alunni complessivamente frequentanti gli istituti scolastici statali della provincia» e questo dato per la provincia di Bari su 265.799 alunni è di 1.926 unità, a fronte dei 1.917 (organico consolidato) assegnati dall'Ufficio scolastico regionale oggi;
con nota del 27 maggio 2005 prot. 5753 è stata richiamata «l'attenzione dei dirigenti scolastici alle fasi di esame delle richieste di posti di sostegno, particolarmente quelli in deroga», richiamando gli stessi dirigenti alle loro responsabilità e sollecitando ad una interpretazione limitativa
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della normativa. Tale sollecitazione non ha influenzato le richieste e però, a fronte di 4.626 alunni «diversamente abili», oltre all'organico consolidato, sono stati assegnati solo 1.003 oltreché un mezzo dei posti in deroga;
il numero dei posti che vincola l'amministrazione per le assunzioni a tempo indeterminato (di sole 216 unità per il 2005/2006) è dato dal rapporto tra consolidato e titolari in servizio e questo implica una forte riduzione dei posti, specialmente nella secondaria e nella scuola dell'infanzia dove, a fronte di 210 posti di consolidato (280 se calcolati sui bambini frequentanti con il rapporto di 1/138) sono stati assegnati 24 immissioni nei ruoli o ancora, nel 2 grado su 323 posti di consolidato e più di 482 posti in deroga, sono stati assegnati 21 posti da ripartire tra le quattro aree disciplinari, con effetti di estremo disagio per i docenti in attesa da anni e per l'utenza che continuerà a vivere la discontinuità dell'insegnamento, affidato annualmente a docenti diversi;
in molte scuole le richieste hanno superato il fabbisogno assegnato e da denunce pervenute dalle associazioni dei soggetti «diversamente abili» e dalle famiglie, il problema della piena integrazione non risulta pienamente risolto, come invece accade in altre realtà;
presso le Università si continuano ad istituire corsi di specializzazione in grado di formare personale che forse non avrà alcuna possibilità di trovare posto a tempo indeterminato per l'insegnamento su sostegno per la scarsa sensibilità del legislatore, con deleteri effetti sulla crescita dei soggetti «diversamente abili», soggetti indifesi e proprio per questo più a rischio -:
quali siano le motivazioni che hanno indotto l'amministrazione, in un contesto così delicato, a non considerare criteri di ripartizione più efficaci e in grado di soddisfare le reali esigenze dei disabili e del per- sonale altamente qualificato preposto all'insegnamento e all'assistenza.
(4-16812)
Risposta. - In via preliminare si ribadisce che l'attenzione agli alunni disabili e al pieno sviluppo delle loro potenzialità, sia in ambito scolastico che ai fini dell'inserimento nella vita attiva, costituisce una priorità assoluta di questo ministero e del nostro sistema di istruzione e formazione, come testimonia il fatto che il nostro Paese da tempo occupa una posizione prioritaria e di avanguardia nell'Unione Europea in materia di integrazione e sostegno.
In effetti negli ultimi quattro anni il numero dei docenti preposti all'integrazione e al sostegno è passato da 74.000 (a.s. 2001/2002) ad oltre 83.000 (a.s. 2004/2005), con un rapporto docenti/alunni nella realtà nazionale corrispondente a 1/1,9.
Com'è noto all'interrogante il riconoscimento dell'alunno disabile e l'assegnazione allo stesso delle ore necessarie per la piena realizzazione del diritto allo studio ed all'integrazione, richiede una procedura articolata e complessa alla cui realizzazione concorrono numerosi livelli istituzionali, soggetti e organismi, gruppi operativi, ciascuno con compiti ben definiti e tra loro complementari. Il numero delle ore di sostegno attribuito ad ogni alunno è pertanto il risultato degli accertamenti tecnici, delle valutazioni e delle determinazioni assunte in maniera coordinata ed interagente da una pluralità di soggetti esperti, sulla base di un'approfondita conoscenza e consapevolezza delle sue effettive difficoltà e di un attento esame delle modalità più idonee a superarle.
Né va trascurato che, in base alle norme vigenti, i docenti di sostegno non vengono assegnati al singolo alunno disabile, ma alla scuola nel suo complesso, che, dal canto suo, provvederà poi, nell'ambito del piano dell'offerta formativa, ad organizzare e mettere a disposizione le risorse secondo le soluzioni organizzative, operative e didattiche più rispondenti alle esigenze.
Va poi precisato che non sempre e necessariamente un maggior numero di ore di sostegno è garanzia di un'integrazione e di un apprendimento migliori. Infatti, rilevano rispetto all'efficacia degli interventi, le metodologie educative e gli strumenti didattici adottati, il coordinamento progettuale, organizzativo ed operativo fra docente della classe e docente di sostegno gli strumenti
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attraverso i quali si può realizzare un effettivo processo di recupero e di crescita degli alunni in difficoltà.
Tra l'altro va tenuto presente che la legge 104 del 1992 e le disposizioni attuative della stessa prevedono che le disabilità debbano corrispondere a patologie dovute a «minorazione fisica, psichica e sensoriale, stabilizzata o progressiva». Circostanza questa troppo spesso non tenuta presente dalle ASL, che definiscono come handicap situazioni di disagio connesse a fattori di natura socio-ambientale, con la conseguenza che sono sottratte dal budget complessivo rilevanti disponibilità che dovrebbero, più opportunamente, essere destinate ad alunni più bisognosi di azioni di sostegno.
È da precisare inoltre, che non rientra nella competenza della ASL, indicare, in sede di certificazione dell'handicap, il fabbisogno di ore di sostegno dell'alunno disabile, atteso che tale incombenza spetta al GLHO (gruppo di lavoro operativo) operante presso ogni scuola, che provvede, all'inizio di ciascun anno scolastico, ad elaborare il PEI (piano educativo individualizzato), con il quale sono definiti gli interventi finalizzati al sostegno ed al recupero dell'alunno disabile.
Inoltre, la presenza di alunni disabili comporta l'obbligo per l'Amministrazione di costituire classi con non più di 20 alunni ai sensi del decreto ministeriale 141 del 1999, fatto questo che contribuisce ulteriormente a migliorare la programmazione delle attività mirate al recupero delle disabilità ed a limitare il rischio di emarginazione dell'alunno disabile rispetto al gruppo classe.
Con il decreto ministeriale n. 61 dell'8 luglio 2005 sono state ripartite a livello regionale e, quindi, provinciale, le 35.000 assunzioni a tempo indeterminato di personale docente con decorrenza 1o settembre 2005; alla provincia di Bari sono stati assegnati 216 posti di sostegno per alunni portatori di handicap.
L'interrogante ritiene inadeguato il predetto contingente di 216 posti, che si ripercuoterebbe negativamente sulla domanda del servizio di istruzione da parte dei disabili, oltre che sulle aspettative di lavoro del personale docente fornito di specializzazione e rimasto escluso dalle assunzioni in ruolo.
Riguardo alla situazione specifica della Puglia, il Direttore generale dell'Ufficio scolastico regionale ha fatto presente che nell'ultimo quinquennio l'organico di diritto (c.d. organico consolidato) dei posti di sostegno della Regione è rimasto invariato, anche se le leggi finanziarie degli anni 2002, 2003 e 2004 hanno previsto una riduzione degli organici del personale docente; tale invarianza è stata assicurata proprio in considerazione della particolare fascia di utenza.
Inoltre, la stabilità dell'organico consolidato ha consentito la copertura con docenti con contratto a tempo indeterminato in misura percentuale maggiore rispetto alle altre tipologie di posti; infatti, nella provincia di Bari, nell'ultimo quinquennio, sono state immesse in ruolo ben 734 unità.
Nella ripartizione tra i vari ordini e gradi di scuole sono stati privilegiati quelli della scuola primaria e secondaria di 1o grado, ove l'utenza è numericamente maggiore e più stabile.
Nella scuola per l'infanzia e nella scuola secondaria di 2o grado, dove si rileva una minore stabilità nelle frequenze, le esigenze vengono comunque ampiamente soddisfatte con l'istituzione di posti in deroga.
L'Ufficio scolastico regionale, con quest'ultima tipologia di posti, pari a 1.003 per il corrente anno scolastico, è sempre riuscito a corrispondere alla domanda di integrazione scolastica sulla base dei pareri tecnici formulati dal Gruppo provinciale di lavoro per l'integrazione (Gruppo H) funzionante presso ciascun Centro servizi amministrativi, cui compete valutare le proposte delle singole istituzioni scolastiche, in conformità all'Atto d'indirizzo e coordinamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica del 24 febbraio 1994.
Peraltro, non si possono contrapporre le unità di alunni disabili, pari a 4.626, ai 2.920 posti, di cui 1.917 posti di organico consolidato e 1.003 posti in deroga, in quanto ad ogni docente di sostegno, fatti
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salvi i casi di maggiore gravità, vanno affidati più di un alunno (fino a 4), a seconda della natura dell'handicap; ciò proprio per favorire l'integrazione del disabile nel gruppo classe; diversamente si rischia di provocare l'effetto contrario dell'emarginazione, come già detto in precedenza.
Per le considerazioni precedenti il Direttore generale ritiene che la dotazione complessiva dei posti di sostegno della provincia di Bari è proporzionata alla dotazione organica complessiva della Regione e coerente con le prescrizioni della legge 104 del 1992.
Il Sottosegretario di Stato per l'istruzione, per l'università e per la ricerca: Valentina Aprea.
SGOBIO. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro delle attività produttive. - Per sapere - premesso che:
da notizie provenienti da ambienti sindacali si apprende che la «Iar Siltal» di Abbiategrasso (Milano), che produce elettrodomestici (lavatrici e dryer), chiude lo stabilimento e 524 dipendenti, in maggioranza donne, rischiano di rimanere senza un lavoro;
la scelta di chiudere l'unità del gruppo è stata motivata con la crisi di mercato, la necessità di ridurre i costi e le difficoltà con l'amministrazione locale: per cui la costruzione delle lavatrici verrà trasferita a Pignataro, in provincia di Caserta, mentre gli asciugatori andranno in produzione a Ticinetto (Alessandria);
il gruppo vanta circa 1.300 dipendenti in Europa: oltre un migliaio sono i dipendenti in Italia, distribuiti tra i 300 addetti di Alessandria, i 200 di Caserta e di Bassano del Grappa -:
se non ritengano opportuno adoperarsi presso i soggetti interessati, ciascuno per gli ambiti di propria competenza, al fine di salvaguardare gli attuali livelli occupazionali, a tutela dei diritti e della dignità dei lavoratori, e individuare insieme alle parti soluzioni utili a garantire il futuro produttivo dello stabilimento.
(4-08786)
Risposta. - Con riferimento all'interrogazione in esame, da notizie fornite dalla Direzione provinciale del lavoro di Milano è emerso quanto segue.
La Iar Siltal, si trova in regime di Cassa integrazione guadagni straordinaria dal 1o agosto 2005, a seguito di accordo presso questo ministero, per 12 mesi più 12 mesi, per 160 dipendenti, con l'esclusione della sede di Abbiategrasso dove l'attività produttiva è cessata.
Infatti, per motivi di crisi di mercato e necessità di ridurre i costi, la Società ha lasciato, nello stabilimento di Abbiategrasso, solo un piccolo presidio di lavoratori, esattamente n. 18 dipendenti.
Si fa presente, poi, che come da precedenti accordi, raggiunti con le organizzazioni sindacali al fine di realizzare il piano di salvataggio, circa 200 lavoratori si spostano giornalmente da Abbiategrasso verso lo stabilimento di Ticineto (Alessandria), con autobus messi a disposizione dall'azienda.
Il Sottosegretario di Stato per il lavoro e per le politiche sociali: Maurizio Sacconi.
SGOBIO e PISTONE. - Al Ministro delle comunicazioni, al Ministro delle attività produttive, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
nei giorni scorsi, l'Amministratore Delegato di Albacom, Corrado Sciolla, ha annunciato l'acquisto del 100 per cento delle quote di Albacom da parte della British Telecom;
le quote rilevate dalla British Telecom sono state cedute da ENI, BNL e Mediaset;
in concomitanza dell'annuncio dell'acquisizione di Albacom da parte della
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British Telecom, l'azienda ha comunicato ai propri dipendenti drastiche riduzioni di costi del personale per ottenere il pareggio di cassa, tanto che già nel periodo maggio 2003-maggio 2004, con licenziamenti e messa in mobilità di circa 100 lavoratori, l'azienda ha cercato di raggiungere tale obiettivo;
nonostante il fatto che 100 dipendenti si siano licenziati volontariamente o siano andati in mobilità senza opporsi, a distanza di pochi mesi l'azienda ha dichiarato di trovarsi nella necessità di ridurre i costi di struttura di decine di milioni di euro, per raggiungere il pareggio di cassa;
una delle manovre annunciate dai vertici è la cessione di ramo d'azienda per 370 lavoratori, la maggior parte dei quali residente ed operante su Palermo, giusto un mese dopo la cessazione del contributo che la Regione Sicilia ha erogato ad Albacom per svariati anni;
la preoccupazione maggiore dei lavoratori è quella di finire nelle «scatole cinesi» (società che a loro volta potrebbero effettuare cessioni di ramo oppure attivare procedure di mobilità), che molte aziende utilizzano per portare i propri dipendenti fuori dal mondo del lavoro, nel giro di poco tempo;
Albacom ha inoltre annunciato l'intenzione di aprire la procedura di mobilità per 120 lavoratori e come se non bastasse, l'azienda intende ottenere ulteriori riduzioni di costi, attraverso il «ritocco» delle buste paga con interventi su orario di lavoro, indennità per la reperibilità notturna e festiva e riconoscimento di aumenti dovuti a rinnovo contrattuale;
i lavoratori di Albacom auspicano un intervento degli azionisti uscenti per il riassorbimento dei dipendenti dichiarati in esubero nonché reali garanzie di salvaguardia di tutti i posti di lavoro;
a parere degli interroganti, in tutta la vicenda Albacom, i lavoratori rischiano di pagare sulla loro pelle, l'incapacità della gestione dei vertici aziendali -:
se non ritengano opportuno intervenire, ciascuno per gli ambiti di propria competenza, presso i soggetti interessati, a tutela dei diritti e della dignità dei lavoratori, al fine di individuare e predisporre, insieme alle parti, soluzioni e misure alternative a quelle annunciate dai vertici aziendali, capaci di salvaguardare gli attuali livelli occupazionali e utili ad assicurare il futuro produttivo dell'azienda.
(4-12248)
Risposta. - La società Albacom, posseduta da diversi azionisti, è stata acquisita per l'intero capitale dalla Società British Telecom nel febbraio 2005. Relativamente alla situazione della Albacom S.p.a., si rappresenta quanto segue.
A seguito dei risultati negativi di bilancio registrati a decorrere dal 2001, la Albacom ha intrapreso una serie di iniziative incidenti sulla struttura aziendale nonché sui processi lavorativi aziendali, finalizzate a controllare e ridurre i costi fissi.
In particolare, oltre a bloccare le nuove assunzioni e a ridurre determinati costi di consulenza la società ha avviato, nel corso dell'anno 2003, una procedura di riduzione del personale per n. 131 lavoratori. Tale procedura si è conclusa con l'accordo sindacale del 17 giugno 2003, con il quale si è deciso di collocare in mobilità n. 119 lavoratori, attraverso un programma graduale iniziato il 1o luglio 2003 e terminato il 29 febbraio 2004.
Stante la persistente situazione aziendale di crisi, la società, in relazione ad ulteriori necessari interventi per la riduzione del costo del lavoro, ha raggiunto in data 18 gennaio 2005 un Accordo con le organizzazioni sindacali, scaturito peraltro dall'esame del Piano industriale 2004-2009, con il quale sono state individuate le iniziative di riorganizzazione dell'organico nonché della disciplina dei rapporti di lavoro finalizzate alla riduzione ulteriore dei costi aziendali.
In particolare, le iniziative intraprese sono le seguenti: la cessione del ramo d'azienda afferente all'area del Customer Care, riguardante n. 284 dipendenti appartenenti alle sedi di Palermo, Roma Granai,
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Milano Crespi e Milano S. Donato. Il trasferimento è iniziato a decorrere dal 1o giugno 2005 in favore della società Accenture Outsourcing S.r.l.; utilizzo del personale della società Albacom per lo svolgimento di attività sino ad oggi svolte da fornitori esterni. Tale iniziativa è stata avviata a decorrere da febbraio 2005 e riguarda prevalentemente le attività svolte nell'ambito delle direzioni tecniche (customer service, sistemi informativi, operazioni tecniche); revisione, concordata tra le parti con verbale del 3 marzo 2005, di alcuni trattamenti riservati ai lavoratori. In particolare: a) è stato fissato il calendario delle ferie collettive (16 giorni per l'anno 2005); b) è stato deciso di recuperare le festività cadenti di domenica, in sostituzione della monetizzazione delle stesse; c) è stata ridefinita la disciplina della reperibilità, al fine di una migliore ottimizzazione della disponibilità dei lavoratori e dei relativi costi; sono state ridefinite dall'azienda, in senso riduttivo, le modalità di fruizione di determinati benefit concessi ai lavoratori, quali, ad esempio, i telefoni cellulari, le auto aziendali, le percentuali di retribuzione variabile commisurate al raggiungimento degli obiettivi individuali.
In data 26 aprile 2005, inoltre, l'azienda e le organizzazioni sindacali hanno siglato un Accordo per la gestione della procedura di mobilità per n. 105 lavoratori (anziché n. 120, come era stato previsto dall'azienda in sede di avvio della procedura medesima). La collocazione in mobilità sarà attuata mediante un programma graduale iniziato il 1o maggio 2005 e da concludersi entro il 15 marzo 2006.
I criteri prioritari utilizzati per la collocazione medesima sono la non opposizione dei lavoratori nonché la maturazione già realizzata o da realizzarsi - nel corso del periodo di mobilità - del trattamento di quiescenza. L'azienda ha stabilito, a titolo di incentivazione all'esodo, diverse misure di sostegno economico ed ha, altresì, messo a disposizione dei lavoratori interessati l'attività di società specializzate per la ricollocazione in nuovi posti di lavoro.
Sulla base delle iniziative sopra descritte, intraprese anche attraverso il costante confronto con le Organizzazioni sindacali, la società ha operato un ridimensionamento della propria organizzazione, finalizzato ad un migliore equilibrio economico-finanziario.
Il Sottosegretario di Stato per le attività produttive: Mario Valducci.
SGOBIO. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro delle attività produttive. - Per sapere - premesso che:
il 20 aprile prossimo i lavoratori della «Genny» (acquisita nel 2001 dal Gruppo Prada) si fermeranno per due ore per protestare contro la decisione assunta dai vertici aziendali di aprire la procedura di mobilità per circa 70 dei 210 dipendenti;
da notizie provenienti da ambienti sindacali si apprende che l'azienda ha motivato la decisione di aprire la procedura di mobilità «con la crisi del settore e le difficoltà del gruppo» -:
se non ritengano opportuno e urgente intervenire, ciascuno per gli ambiti di propria competenza, presso i soggetti interessati, a tutela dei diritti, della dignità e delle professionalità dei lavoratori coinvolti, nell'intento di scongiurare quanto deciso dai vertici aziendali e garantire loro un futuro occupazionale certo e sereno.
(4-13778)
Risposta. - Con riferimento all'interrogazione in esame, dagli accertamenti effettuati dalla Direzione provinciale del lavoro di Ancona presso la Ditta «Genny» (Gruppo Prada) è emerso quanto segue.
La Genny ha depositato, presso la suddetta Direzione provinciale, comunicazione ex articolo 4, comma 11, legge n. 223 del 1991 riguardante la riduzione del personale per 71 unità delle 198 in forza.
A motivazione di tale decisione l'azienda adduce la «necessità di recuperare margini di efficienza che le perduranti e forti criticità del mercato di riferimento stanno continuando a ridurre mettendo a repentaglio,
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ove non si intervenga tempestivamente, la salvaguardia stessa dell'intera unità produttiva».
Detta procedura di mobilità si è conclusa con accordo sindacale sottoscritto in data 27 maggio 2005 presso l'Assindustria di Ancona, in forza del quale saranno collocati in mobilità n. 57 lavoratori in luogo dei 71 inizialmente previsti.
All'atto della cessazione definitiva del rapporto di lavoro l'azienda corrisponderà ai lavoratori, a condizione della sottoscrizione di un verbale di conciliazione in sede sindacale, ex art. 41 una incentivazione all'esodo la cui entità sarà successivamente definita d'intesa con le organizzazioni sindacali territoriali.
Si fa presente, infine, che la Genny S.r.l. ha attivato, con decorrenza 27 giugno 2005 per la durata di 12 mesi, il ricorso alla Cassa integrazione guadagni straordinaria per crisi aziendale, come stabilito con verbale di esame congiunto ex articolo 2 decreto del Presidente della Repubblica 218 del 2000 sottoscritto in data 13 giugno 2005 presso la Regione Marche.
Il Sottosegretario di Stato per il lavoro e per le politiche sociali: Maurizio Sacconi.
SGOBIO. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro delle attività produttive. - Per sapere - premesso che:
i 30 lavoratori della «Nonwovens» di Mongrassano (Cosenza), azienda che produce uno speciale tipo di tessuto esportato in tutto il mondo, in particolare negli Stati Uniti d'America, sono in procinto di perdere il posto di lavoro, a causa del rischio concreto di chiusura dell'azienda;
la suddetta azienda, che è nata alla fine del 1994 come associata del Poligrafico e Zecca dello Stato, che riceve cospicui finanziamenti da parte della 448/92 che hanno permesso l'acquisto dei macchinari indispensabili per la produzione;
nel 2001 il Poligrafico ha deciso di dismettere l'azienda e di trasferire il tutto alla «Sixtina Holding»;
anche dopo la cessione, la «Nonwovens» ha continuato a produrre e restare sul mercato, senza però, a parere dell'interrogante, una vera e concreta logica industriale -:
se non ritengano opportuno intervenire, ciascuno per gli ambiti di propria competenza, presso i soggetti interessati, al fine di tutelare i diritti, la dignità e la professionalità dei lavoratori coinvolti, per garantire ai lavoratori stessi un futuro certo e sicuro, in aree geografiche estremamente delicate dal punto di vista occupazionale e purtroppo già interessate da altre e gravi vertenze.
(4-14173)
Risposta. - Con riferimento all'interrogazione in esame, dagli accertamenti effettuati dalla Direzione provinciale del lavoro di Cosenza, è emerso quanto segue. La società Nonwoven Industries S.p.A. opera con due distinti stabilimenti in Peschiera Borromeo (Milano) e Bisignano (Cosenza), per la produzione di un tessuto speciale largamente esportato in molti paesi.
Nel corso dell'ultimo biennio ha attraversato una fase di profonda crisi dovuta essenzialmente all'entrata sul mercato di concorrenti dell'Europa dell'Est e dell'Asia, nonché ad una minore richiesta dello stesso prodotto da parte degli U.S.A.
Tale situazione ha comportato per la Società la necessità di far ricorso, a partire dal 29 agosto 2005 al trattamento di Cassa integrazione guadagni straordinaria, per crisi aziendale, per la quasi totalità della forza lavoro, pari a 29 unità occupate presso il locale stabilimento, senza tuttavia avanzare richiesta di pagamento diretto dello stesso trattamento.
La temporanea soluzione adottata è avvenuta con il pieno consenso delle organizzazioni sindacali, manifestato nell'incontro svoltosi presso la Regione Calabria in data 19 settembre 2005.
Allo stato attuale non è possibile fare delle previsioni, a meno che fatti nuovi e favorevoli non modifichino le attuali condizioni di mercato.
Il Sottosegretario di Stato per il lavoro e per le politiche sociali: Maurizio Sacconi.
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SGOBIO. - Al Ministro delle attività produttive, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
nei giorni scorsi, i vertici della «Matec», azienda di proprietà della famiglia Lonati, che produce macchine tessili e che occupa 300 lavoratori, con sede a Scandicci (Firenze), ha annunciato che, a partire del 2006, cesserà la produzione;
la decisione, secondo la Fim-Cils e la Fiom-Cgil, che hanno subito indetto una serie di mobilitazioni, è stata spiegata dalla proprietà con le difficoltà di mercato del settore meccanotessile;
il gruppo, presente a Brescia con un'altra azienda che occupa 2.000 operai, già tra la fine del 2002 e i primi mesi del 2003 aveva registrato una crisi che, dopo una lunga trattativa, era culminata con la riduzione dei lavoratori della Matec da 500 a 300 unità;
negli ultimi mesi c'erano stati altri pesanti segnali e c'era stato l'accordo con i sindacati per una Cassa integrazione ordinaria di nove settimane;
da notizie provenienti da ambienti sindacali si fa notare il bizzarro atteggiamento della proprietà, che, da una parte lamenta il calo degli ordini, le difficoltà economiche e la cessazione della produzione a Scandicci, e, dall'altro, invece, acquista una ditta concorrente operante su Brescia che impiega 300 addetti -:
se non ritengano opportuno intervenire, ciascuno per gli ambiti di propria competenza, presso i soggetti interessati, nell'intento di convocare un tavolo di trattativa tra le parti, che sappia individuare soluzioni alternative a quelle annunciate dall'azienda e utili a salvaguardare la continuità produttiva dello stabilimento e gli attuali livelli occupazionali, in un'area già purtroppo attraversata da altre e gravi vertenze.
(4-15795)
Risposta. - La vertenza dell'azienda Matec di Scandicci, produttrice di macchine tessili, di proprietà del Gruppo bresciano Lonati, attualmente, è seguita a livello territoriale. La Regione Toscana, infatti, interessata al riguardo, ha informato di aver attivato un tavolo sulle problematiche della società.
Secondo quanto precisato dalla regione Toscana, nel corso dell'ultimo incontro al quale hanno partecipato, oltre alla stessa regione Toscana, i rappresentanti dei lavoratori e i rappresentanti delle istituzioni territorialmente competenti (provincia di Firenze e Comune di Scandicci), è stato verificato che la volontà del gruppo Lonati è di andare alla dismissione dello stabilimento Matec.
Tale decisione è stata motivata dalla proprietà dell'azienda, dalla contrazione del fatturato del gruppo che sarebbe sceso da 60.000,00 euro nell'anno 2002 a 19.000,00 euro nel I semestre del 2005.
In relazione a quanto emerso nel corso del citato incontro, la regione Toscana si è impegnata ad aprire un tavolo permanente teso anche a verificare la possibilità della cessione di un ramo d'azienda, ad investire della problematica il Governo centrale ed a promuovere incontri tra la proprietà, le parti sociali e la stessa regione Toscana nel tentativo di mantenere attivo il sito produttivo e di salvaguardare i livelli occupazionali che, ove si andasse alla dismissione del sito di Scandicci, ammonterebbero a 299 unità.
Il Sottosegretario di Stato per le attività produttive: Mario Valducci.
SINISCALCHI. - Al Ministro delle politiche agricole e forestali. - Per sapere - premesso che:
dalla denuncia diffusamente apparsa sugli organi di stampa (Il Mattino 11 ottobre 2005) si apprende che si sta espandendo sul mercato la falsificazione del rinomato «limoncello»;
stando a quanto si è appreso, addirittura due bottiglie su tre del rinomato limoncello di Sorrento risulterebbero «taroccate»;
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la gran parte dei prodotti messi in commercio, presenterebbe una etichetta ingannevole per il consumatore;
l'allarme sulla falsificazione delle bottiglie di limoncello, è stato lanciato direttamente dai produttori campani;
tra i dati emersi desta particolare allarme quello relativo alla percentuale delle genuinità sorrentine in relazione alla provenienza delle materie prime;
su un numero superiore alle trecento etichette del rinomato liquore, che in tutto il mondo portano in evidenza la denominazione «Sorrento», soltanto il 6 per cento circa di esse utilizzerebbe la materia prima proveniente effettivamente dalle coltivazione della costiera, con relativa certificazione;
il Presidente del «Consorzio di tutela del limone igp di Sorrento», a tutela del prodotto simbolo della penisola sorrentina, ha conseguentemente lanciato l'allarme sulla falsificazione del prodotto;
alla luce di quanto sembrerebbe emergere, inevitabile si rileva un regime di concorrenza sui prezzi iniquo e penalizzante per coloro i quali, producendo il limoncello attraverso una lavorazione pregiata ed artigianale, non possono praticare prezzi «stracciati»;
conseguentemente, la dilagante distribuzione, anche a livello internazionale, di prodotti industriali, attraverso la adulterazione delle lavorazioni artigianali, ingannevoli per il consumatore, rischia di determinare la scomparsa del tradizionale limoncello doc, realizzato solo con selezionati limoni coltivati sulla costiera sorrentina -:
se il Ministro interrogato non ritenga necessaria una intensificazione dei controlli per verificare la regolarità dell'impiego di limoni e di etichette, rispettivamente nella fase di produzione e di commercializzazione del «limoncello»;
quali iniziative, accertati i fatti esposti in premessa, intenda adottare al fine di scongiurare l'induzione in errore da parte del consumatore e la penalizzazione dei produttori campani scrupolosamente dediti alla lavorazione del prodotto attraverso l'utilizzo di selezionati limoni provenienti dalla costiera amalfitana.
(4-17256)
Risposta. - Con riferimento a quanto rappresentato nell'interrogazione in esame preme, innanzi tutto, evidenziare che il ministero delle politiche agricole e forestali è da sempre impegnato in azioni di salvaguardia e valorizzazione del patrimonio agroalimentare italiano, risorsa fondamentale del Paese ed immagine del made in Italy nel mondo.
Infatti, la valorizzazione e la salvaguardia dei prodotti del nostro Paese costituiscono i principi guida dell'azione dell'amministrazione, che ha assunto tra le priorità quella di fornire norme generali sulla tracciabilità e di mettere insieme tutte le strutture che operano sul versante dei controlli, sia quelle direttamente legate all'amministrazione che quelle esterne, oltre ovviamente alle realtà regionali.
Quanto al caso specifico oggetto dell'atto in esame, si ricorda che lo stesso disciplinare di produzione prevede all'articolo 7 che i prodotti elaborati, derivanti dalla trasformazione del limone, possano utilizzare il riferimento della denominazione «Sorrento» solo qualora si attengano a determinati vincoli diretti a fornire garanzie al consumatore finale sulla vera origine del prodotto.
In particolare, si evidenzia che:
i limoni utilizzati per la trasformazione devono essere conformi a quanto prescritto dal disciplinare di produzione;
deve essere esattamente indicato il rapporto ponderale tra quantità utilizzata della IGP «Limone di Sorrento» e quantità di prodotto ottenuto;
l'elaborazione e/o trasformazione dei limoni deve avvenire esclusivamente nella zona di origine;
deve essere dimostrato l'utilizzo della IGP «Limone di Sorrento» mediante l'acquisizione e la detenzione delle ricevute di
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acquisto dai produttori iscritti all'Albo e successiva annotazione sui documenti ufficiali.
L'obiettivo è tutelare la qualità delle produzioni agroalimentari e dare certezza ai consumatori sull'origine delle materie prime e dei prodotti commercializzati sul territorio nazionale.
In linea con tali obiettivi è stato predisposto il decreto legislativo n. 297 del 2004 «Disposizioni sanzionatorie in applicazione del regolamento (CEE) n. 2081 del 1992, relativo alla protezione delle indicazioni geografiche e delle denominazioni di origine dei prodotti agricoli e alimentari», atto a salvaguardare a livello nazionale le produzioni di qualità da qualsiasi usurpazione o frode.
Il sistema previsto di controlli approfonditi e sistematici per ogni fase della produzione fino al confezionamento del prodotto Dop e Igp, effettuati dall'organismo incaricato dal ministero al controllo ed alla vigilanza, assicura la rintracciabilità del prodotto in ogni segmento della filiera e fornisce in tal modo garanzia al consumatore finale della conformità del prodotto acquistato al disciplinare di produzione.
Sempre in linea con tali obiettivi, si ricorda che l'amministrazione favorisce la realizzazione di interventi e manifestazioni volti alla valorizzazione dell'immagine ed al miglioramento della qualità dei prodotti riconosciuti attraverso i consorzi di tutela e gli altri organismi; consorzi di tutela che ricevono, altresì, il sostegno del ministero in sede nazionale ed internazionale anche dal punto di vista legale.
Quanto ai controlli diretti a verificare l'impiego di limoni ed etichette rispettivamente nella fase di produzione e di commercializzazione del «limoncello di Sorrento», si ricorda l'azione svolta dall'Ispettorato centrale repressione frodi, da sempre impegnato in attività di controllo al fine di perseguire eventuali illeciti ed escludere qualsivoglia confusione nel consumatore finale sulla provenienza e sugli ingredienti utilizzati.
Azione di tutela che l'ispettorato svolge in sinergia con i Consorzi di tutela delle Dop ed Igp nazionali riconosciute a livello comunitario.
Il complesso di tali azioni è diretto a non disperdere l'importante valore aggiunto per l'economia del Paese dato dalle produzioni tipiche di qualità.
Il Ministro delle politiche agricole e forestali: Giovanni Alemanno.
SQUEGLIA. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
da una denuncia prodotta in via penale da un insegnante incaricato, nell'istituto superiore di II grado «A. Volta» di Castel San Giovanni (Piacenza), emergono gravi e palesi irregolarità nelle procedure di assegnazione degli incarichi di docenza;
responsabile di tali irregolartà, secondo il citato atto sarebbe il dirigente scolastico dell'istituto, professor Gianni Anselmi, che, con atto illegittimo, ha revocato un incarico di docenza, da lui precedentemente affidato, fino alla nomina dell'avente diritto, al professor Carlo Crisci, autore della denuncia;
sempre secondo il denunciante, l'atto di revoca risulta del tutto illegittimo non essendovi nella graduatoria delle materie di competenza alcun avente diritto;
lo stesso Crisci è stato successivamente depennato da tutte le graduatorie in cui risultava precedentemente inserito nel medesimo istituto, adducendo a motivazione una mancanza di requisiti;
gli atti di cancellazione, impugnati presso la sezione lavoro del tribunale di Piacenza, sono risultati privi di qualunque fondamento, come testimoniato dalla sentenza di reintegro emessa dallo stesso tribunale;
tale sentenza non ha comunque prodotto alcun beneficio per il ricorrente,
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stante il rifiuto opposto dall'Anselmi alla richiesta di reintegro;
lo stesso dirigente scolastico, interrogato dal Crisci sulle ragioni di tale comportamento ed invitato a mettere per iscritto le motivazioni del rifiuto al reintegro, avrebbe testualmente risposto: «se te lo scrivo vado in galera»;
quanto sopra è stato oggetto di denuncia penale per falso ideologico e falso in atto pubblico presentata in data 14 settembre 2005, presso la questura di Piacenza -:
se, nelle more degli accertamenti conseguenti all'azione penale avviata dal Crisci e sulla scorta delle deliberazioni assunte dal tribunale di Piacenza, non reputa opportuna e doverosa un'indagine ispettiva presso l'istituto superiore di II grado «A. Volta» di Castel San Giovanni (Piacenza), per verificare la regolarità delle procedure utilizzate nella definizione delle graduatorie per i docenti non abilitati e nell'assegnazione degli incarichi, nonché la legittimità e la correttezza degli atti posti in essere dal dirigente del suddetto istituto, professor Gianni Anselmi, in relazione a quanto oggetto di denuncia.
(4-17200)
Risposta. - Nell'interrogazione parlamentare in esame, l'interrogante esprime valutazioni critiche sul comportamento tenuto dal dirigente scolastico dell'Istituto di istruzione superiore «A. Volta» di Castel San Giovanni (Piacenza) relativamente alla formazione e definizione delle graduatorie di istituto dei docenti aspiranti a supplenza per l'anno scolastico 2004-2005.
In particolare, l'interrogante segnala il caso di un docente non di ruolo non abilitato cui era stata conferita una supplenza «fino a nomina dell'avente diritto», successivamente revocata dal dirigente scolastico.
Si ritiene utile premettere che, al fine di assicurare l'erogazione della prestazione didattica sin dall'effettivo inizio delle lezioni, i dirigenti scolastici provvedono al conferimento di supplenze «in attesa dell'assunzione degli aventi diritto» ai sensi dell'articolo 40, comma 9, della legge 27 dicembre 1997, n. 449; disposizione, questa, che è stata richiamata tra l'altro nella circolare ministeriale prot. n. 566 del 10 settembre 2004, concernente le graduatorie di circolo e di istituto per l'anno scolastico 2004-2005.
Va fatto presente, inoltre, che gli aspiranti a supplenza in possesso del prescritto titolo di studio ma non anche dell'abilitazione all'insegnamento vanno inseriti nella terza fascia della graduatoria di istituto, atteso che la prima fascia comprende gli aspiranti inseriti nelle graduatorie provinciali permanenti e la seconda fascia comprende gli aspiranti abilitati non inclusi nelle graduatorie permanenti.
Ciò premesso, per quanto riguarda il caso segnalato, il competente ufficio scolastico periferico ha comunicato quanto segue.
Secondo quanto previsto dal decreto ministeriale n. 39 del 30 gennaio 1998 (Testo coordinato delle disposizioni impartite in materia di ordinamento delle classi di concorso a cattedre e a posti di insegnamento tecnico-pratico e di arte applicata nelle scuole ed istituti di istruzione secondaria ed artistica) e successive modifiche, il titolo di studio di cui è in possesso l'interessato - il diploma di laurea in Scienze Politiche - non è titolo valido per l'insegnamento nelle classi di concorso 17/A, 39/A, 42/A e 48/A. Pertanto, il dirigente scolastico, nel momento in cui si è accorto della indebita inclusione del docente in parola nelle graduatorie di istituto per le succitate classi di concorso, ne ha disposto l'esclusione avvalendosi dell'istituto giuridico dell'autotutela.
Avverso l'esclusione, in data 27 marzo 2005, l'interessato ha presentato ricorso ex articolo 700 e articolo 669-ter del codice di procedura civile al fine di ottenere, con provvedimento d'urgenza, la reintegrazione del contratto individuale di lavoro a tempo determinato stipulato in data 29 ottobre 2004 e revocato dal dirigente scolastico.
Con provvedimento del Tribunale di Piacenza (R.G.L. 97/2005), i1 giudice adito, in accoglimento del ricorso de quo, ha reintegrato, con effetti dalla data del provvedimento
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di revoca del 12 febbraio 2005, il docente nell'incarico oggetto del contratto di lavoro.
A seguito del suddetto provvedimento del giudice del lavoro, il Dirigente Scolastico ha provveduto a reintegrare dal 12 febbraio 2005 il docente nell'incarico oggetto del contratto di lavoro del 29 ottobre 2004, vale a dire fino alla nomina dell'avente diritto.
Dal 21 febbraio 2005, essendo intervenuta la nomina dell'avente diritto, il rapporto di lavoro si è esaurito per effetto dell'avvenuta realizzazione della clausola risolutiva del contratto.
Pertanto, non risulta fondata l'affermazione secondo cui il dirigente scolastico non avrebbe dato seguito al provvedimento cautelare di reintegro.
Risulta altresì che l'interessato, con ricorso ex 414 codice di procedura civile depositato presso il Tribunale di Piacenza - Giudice del Lavoro - il 23 maggio 2005, ha impugnato il provvedimento di revoca del contratto individuale di lavoro nonché il successivo atto di annullamento del medesimo contratto unitamente ad ogni altro atto amministrativo connesso, precedente e susseguente. La prossima udienza è stata fissata dal Giudice per il 21 dicembre 2005.
Attualmente, quindi, si è nell'attesa della sentenza che sarà pronunciata dalla competente autorità giudiziaria sul ricorso presentato dal docente ai sensi dell'articolo 414 del codice di procedura civile.
Il Sottosegretario di Stato per l'istruzione, per l'università e per la ricerca: Valentina Aprea.
STUCCHI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro delle attività produttive. - Per sapere - premesso che:
numerose aziende operanti nella Bergamasca proseguono con i piani di ristrutturazione volti alla razionalizzazione delle proprie strutture, anche ricorrendo alla chiusura di unità produttive locali o alla cessione o fusione con altri gruppi: tra esse quelle del tessile;
la Franzoni Filati Spa nata nel 1962, è un'azienda leader a livello europeo, con un fatturato annuo di oltre 119 milioni di euro e una produzione annua di filati di circa 37 milioni di kilogrammi. In 40 anni di attività il Gruppo ha conosciuto una crescita costante arrivando alle attuali 6 unità operative: 4 nel Nord Italia, 1 nel Sud Italia e 1 nel Sud Est della Turchia;
sino al 2000 l'azienda era caratterizzata da circa 700 dipendenti ed un fatturato complessivo dell'ordine dei 250 miliardi di vecchie lire: il 40 per cento della produzione era indirizzato all'esportazione, in prevalenza in Europa, e la crescita media annua del gruppo era intorno al 15 per cento ben al di sopra della media del settore;
successivamente l'azienda è stata oggetto di una politica di riassetto produttivo che ha comportato la chiusura a settembre 2003 dello stabilimento di Pognano (Bergamo) e il coinvolgimento del Ministero del lavoro e delle politiche sociali (Direzione degli Ammortizzatori Sociali) con provvedimenti CIGS (cassa integrazione guadagni straordinaria) per il periodo 2003-2004;
con riferimento allo stabilimento di Albano S. Alessandro, già interessato da un provvedimento di cassa integrazione per 29 lavoratori, l'azienda ha deciso in questi giorni di sospendervi la produzione di filati, nella quale sono impiegate 88 persone -:
quali iniziative intendano attuare i Ministri interrogati per salvaguardare i lavoratori della Franzoni filati Spa.
(4-12111)
Risposta. - Con riferimento all'interrogazione in esame, dagli accertamenti effettuati dalla Direzione provinciale del lavoro di Bergamo, presso la Ditta Franzoni Filati S.p.A., con sede legale a Esine (Brescia) e stabilimento di Albano S. Alessandro (Bergamo), è emerso quanto segue.
La Società ha richiesto e ottenuto per tutte le proprie unità aziendali la Cassa
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integrazione guadagni straordinaria, con decreto di questo ministero dell'8 luglio 2005.
Presso lo stabilimento di Albano S. Alessandro le unità interessate alla Cassa integrazione guadagni straordinaria sono 74, per il periodo dal 25 aprile 2005 al 20 marzo 2006, mentre 4 unità lavorano a tempo pieno; inoltre è stata aperta una procedura di mobilità con accordo sindacale del 7 ottobre 2005 per 12 lavoratori, su base volontaria, al fine di consentire una loro ricollocazione.
Si fa presente, inoltre, che presso lo stabilimento sito in Calcinate le unità interessate dalla Cassa integrazione guadagni straordinaria sono 7, per il periodo dal 21 marzo 2005 al 20 marzo 2006, mentre altre 60 unità lavorano a tempo pieno, anche se l'attività non è più a ciclo continuo.
Si rappresenta, infine, che: nello stabilimento di Cividate Camuno (Brescia) operano, con lavorazione a ciclo continuo (ma con un settore ad attività ferma), n. 106 dipendenti di cui n. 19 posti in Cassa integrazione guadagni straordinaria; in quello di Esine (Brescia), vi operano, con lavorazione non più a ciclo continuo, n. 193 unità, 25 delle quali poste in Cassa integrazione guadagni straordinaria, si è proceduto alla messa in mobilità di 6 persone.
Il Sottosegretario di Stato per il lavoro e per le politiche sociali: Maurizio Sacconi.
STUCCHI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
i principali soggetti istituzionali che sul territorio, a vario titolo, sono chiamati ad occuparsi di sicurezza stradale sono numerosi: Polizia stradale, Carabinieri, Guardia di Finanza, Polizie Municipali, ACI, Provveditorato agli Studi, ASL, Provveditorato Regionale alle opere pubbliche, Regione, Provincia, Comune (Assessorati), Ministero delle infrastrutture e dei Trasporti, Anas. Questi soggetti, a seconda dei loro compiti e funzioni, devono comunicare o promuovere azioni volte a risolvere eventuali situazioni pericolose per la collettività;
nel pomeriggio del 21 giugno 2005, è occorso un ennesimo incidente, senza vittime, al passaggio a livello in corrispondenza dell'abitato di Calolziocorte, frazione di Sala (Lecco): un'autovettura con un uomo a bordo è stata investita e trascinata in un limitrofo fossato da un treno locale partito da Bergamo alle 17.04;
secondo le ricostruzioni fornite dal conducente dell'autovettura la collisione è stata causata dalle sbarre del passaggio a livello che non si sono abbassate in previsione del transito del treno e dalla mancanza di segnali luminosi di avvertimento del pericolo;
il Comune di Calolziocorte approvò agli inizi degli anni novanta un intervento finalizzato alla eliminazione del passaggio a livello che prevedeva la realizzazione di un sottopasso ferroviario (SS n. 639 dei Laghi di Pusiano e Garlate). I lavori furono appaltati nel 1992 alla ditta Cavalleri di Dalmine (Bg). Il progetto fu ridefinito ed approvato in sede di Conferenza dei Servizi: nel mese di febbraio 2000 la Giunta Regionale autorizzò l'Anas a realizzare i lavori, che ha stanziato per questo intervento un finanziamento di 774.685,35 Euro. Successivamente i lavori vennero sospesi, quindi ripresi ed affidati alla stessa ditta nel 2003, ed infine nuovamente interrotti nel 2004;
il Sindaco del Comune di Calolziocorte ha sollecitato l'Anas a superare quanto prima i problemi progettuali e dare risposte certe sui tempi di realizzazione del sottopasso. L'opera infatti necessita ora di ulteriori 880 mila euro e il progetto deve tenere conto di alcune situazioni, quali: la falda acquifera; la presenza di una rotatoria; le prospettive di raddoppiamento della linea ferroviaria -:
quali iniziative intenda adottare il Ministro interrogato presso l'Anas per garantire la sicurezza dei cittadini e superare le
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problematiche che impediscono da anni la realizzazione dell'opera menzionata.
(4-15362)
Risposta. - I lavori di adeguamento della sede stradale della statale n. 639 «dei laghi di Pusiano e di Garlate» al tipo IV (CNR 80), con eliminazione del passaggio a livello tra i km. 31+500 e 32+000, sono stati consegnati in data 20 gennaio 2003, con ultimazione contrattuale stabilita al 14 gennaio 2004.
Tuttavia, per la mancanza dell'autorizzazione della Comunità montana Val San Martino i lavori hanno potuto avere inizio solo in data 5 novembre 2003.
L'Anas informa che il successivo evidenziarsi di alcune problematiche, di seguito descritte, è stato causa di una sospensione parziale in data 26 marzo 2004 e di successiva sospensione totale in data 1o giugno 2004.
Il progetto originario prevedeva la costruzione, interamente fuori opera, di un manufatto scatolare da spingere successivamente al di sotto della sede ferroviaria, sfruttando un'apposita platea di varo in cemento armato. Lungo i tratti in trincea delle rampe di imbocco al sottopasso ferroviario, erano previsti in alcuni tratti muri di controspinta a gravità, in altri la semplice scarpata rivestita con telo di impermeabilizzante (Hdpe).
Nel corso dell'esecuzione dei lavori è stato accertato che la falda, trovandosi ad appena 50 centimetri sotto il piano di campagna, avrebbe esercitato sul manufatto realizzato una spinta al galleggiamento che non era stata determinata correttamente nel calcolo statico. Tale circostanza ha reso inoltre necessario progettare diversamente i muri di contenimento, inizialmente previsti a gravità sostituendoli con un manufatto a U impermeabilizzato con una guaina in Hdpe di maggiore lunghezza.
La società stradale fa presente, infine, che, considerati l'aumento dei costi di realizzazione dell'opera e la necessità di contenere il più possibile i tempi di sospensione dei lavori, è stato deciso di suddividere l'intervento in due fasi: la prima comprendente le opere strutturali da affidarsi all'impresa appaltatrice (perizia di variante tecnica senza aumento di spesa) e la seconda relativa al completamento dei lavori (svincoli di raccordo con la viabilità esistente, pavimentazione stradale, barriere di sicurezza, segnaletica, ecc.) da appaltarsi successivamente. Entrambi i progetti sono in corso di definizione.
Il Viceministro delle infrastrutture e dei trasporti: Ugo Martinat.
VENDOLA. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
il 14 maggio 2004 il Governo in base alla legge n. 350 del 2003 (Legge finanziaria 2004), concedeva ai 1700 ex dipendenti delle CCR (Case di Cura Riunite) di Bari una prima proroga della mobilità per il periodo che andava dal 14 maggio 2004 al 31 dicembre 2004, con una riduzione dell'indennità che passava dall'80 per cento al 60 per cento;
tale riduzione non poteva e non doveva essere applicata in quanto si trattava della prima e dell'unica proroga di mobilità, per cui non andava effettuata nessuna decurtazione, tant'è vero che l'articolo 3 comma 137 della legge n. 350 del 2003 così recita: «...la misura del trattamento è ridotta del 20 per cento ma tale riduzione non si applica nei casi di prima proroga o di nuova concessione...»;
il 19 gennaio 2005 veniva concessa agli ex dipendenti delle CCR una nuova proroga della mobilità per il periodo che andava dal 1 gennaio al 31 dicembre 2005, con una indennità pari a quanto previsto dall'articolo 1 comma 155 della legge n. 311 del 2004 (Legge finanziaria 2005), ossia una ulteriore decurtazione dell'indennità dal 60 per cento al 50 per cento, decurtazione che rende ancora più misere e incerte le condizioni economiche
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e di vita sociale dei dipendenti in questione -:
se non si ritenga necessario e urgente che sia applicato il disposto normativo dell'articolo 3 comma 137 della legge n. 350 del 2003, ossia siano rispettati i criteri di decurtazione stabiliti dalla stessa norma che non menzionavano il taglio dell'indennità dall'80 per cento al 60 per cento trattandosi di prima proroga;
quali interventi urgenti il Governo intenda adottare al fine di accelerare l'emanazione del decreto di proroga della mobilità sancito dalla legge n. 311 del 2005.
(4-13475)
Risposta. - Le problematiche occupazionali che coinvolgono i lavoratori della Società Case di Cura Riunite di Bari, sono risolte con le disposizioni contenute all'articolo 1, comma 155, della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (finanziaria per l'anno 2005) e, nello specifico, sulla base dell'accordo siglato il 19 gennaio 2005 in sede ministeriale presso la Direzione generale della tutela delle condizioni di lavoro di questo ministero.
È stato, infatti, predisposto il decreto interministeriale che prevede l'ammissione al trattamento straordinario di integrazione salariale in favore dei lavoratori della suddetta società per il periodo dal 1o gennaio 2005 al 31 dicembre 2005.
Si fa presente, poi, che gli ex lavoratori delle Case di Cura Riunite di Bari, prima dell'applicazione in loro favore della legge n. 350 del 2003, sulla base di quanto disposto dall'articolo 1, comma 5, del decreto-legge n. 10 del 2002, convertito, con modificazioni nella legge n. 172 del 2002, avevano già beneficiato di un trattamento pari all'80 per cento dell'importo massimo dell'indennità di mobilità.
Tale trattamento aveva prorogato un precedente analogo trattamento di sostegno al reddito.
È stata, quindi, disposta la riduzione, prevista dalla stessa legge 350, di quanto percepito al termine del precedente periodo di proroga, essendosi ritenuta, in conseguenza di quanto sopra, la inapplicabilità della condizione di esenzione prevista nei casi di «proroga o prima concessione».
Il Sottosegretario di Stato per il lavoro e per le politiche sociali: Maurizio Sacconi.
VILLANI MIGLIETTA. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro delle attività produttive. - Per sapere - premesso che:
dal «Libro nero sulla Cina», frutto del lavoro di Amnesty International e di Human Right Watch, si apprende che sei milioni di cinesi sono costretti ai lavori forzati, senza paga, in campi di concentramento detti Laogai;
le ditte cinesi che accettano da committenti europei lavoro a basso costo, in realtà, si occupano solo in parte della produzione effettiva, subappaltando il resto a questi campi di lavoro forzato e limitandosi poi ad apporre la loro etichetta;
grazie a questo escamotage si spiega il segreto degli «imbattibili» prezzi cinesi;
nei Laogai, oltre al lavoro forzato, vengono praticati la detenzione amministrativa (senza imputazione e senza processo), il lavoro minorile, torture di ogni genere e addirittura ci sono fondati sospetti che sia in atto, in queste strutture, un traffico di organi per trapianti;
la denuncia dei metodi basati sullo sfruttamento e la coercizione che contribuiscono sensibilmente alla tanto sbandierata crescita economica della Cina, è stata lanciata con una interrogazione al Parlamento europeo -:
se non si ritenga necessario pertanto, aldilà delle ovvie considerazioni di natura economica e sociale, imporre l'embargo totale di tutte le merci cinesi fino a quando non siano definitivamente chiusi i Laogai;
se non si ritenga necessario, per insuperabili valutazioni etiche, che la Cina dimostri,
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con chiarezza, di rispettare i diritti umani e la libertà religiosa.
(4-16630)
Risposta. - In merito a quanto segnalato dall'interrogante nell'atto parlamentare in esame, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
Fonti dell'Unione Europea hanno recentemente rilevato le numerose e persistenti violazioni dei diritti umani, che si consumerebbero nelle carceri e nei campi di lavoro cinesi. In particolare, preoccupano le testimonianze riguardanti il diffuso ricorso alla tortura - tanto nel corso degli interrogatori che durante la detenzione - soprattutto nei penitenziari siti nelle aree rurali. Anche la Procura Generale del Popolo ha dovuto riconoscere l'esistenza di un serio problema legato all'utilizzo di pratiche illegali, generalmente finalizzate all'estorsione di confessioni, da parte delle forze di polizia. Si ricorda, a questo proposito, che la recente (agosto 2005) legge sull'Amministrazione dell'Ordine Pubblico - che riguarda, in ogni caso, solo i reati minori - specifica che le prove estorte mediante il ricorso a mezzi illegali non potranno essere utilizzate ai fini dell'eventuale condanna.
In merito al problema del ricorso alla «detenzione amministrativa» - che viene applicata in presenza di reati minori, con finalità di «rieducazione» e senza che venga preventivamente esperito un procedimento giurisdizionale - vale ricordare che le Autorità cinesi hanno più volte annunciato l'intenzione di procedere all'adozione di un provvedimento legislativo inteso a riformare l'intero sistema di «rieducazione mediante il lavoro» attualmente in vigore. Nondimeno, permarrebbero delle significative resistenze da parte del Ministero per la Pubblica Sicurezza relativamente alla possibilità, prevista dal provvedimento legislativo annunciato, di appellare dinnanzi ad un tribunale l'eventuale sentenza di condanna. Allo stato, tale sentenza viene pronunciata da organi amministrativi e non giurisdizionali e la condanna, formalmente finalizzata alla «rieducazione», comporta, nella maggior parte dei casi, il ricorso ai lavori forzati.
L'espressione cinese lao gai dal significato «rieducazione attraverso il lavoro» si riferisce, infatti, proprio ad un sistema di campi di lavoro forzato, verosimilmente dispersi sull'intero territorio della Repubblica Popolare Cinese. Tale sistema repressivo, risalente già ai primi anni del governo comunista sulla Cina continentale, costituisce uno degli strumenti del sistema cinese di pubblica sicurezza avente lo scopo di punire e riformare, anche attraverso processi di indottrinamento, i responsabili di atti giudicati criminosi e comunque devianti. Possono essere pertanto detenuti in tali campi non solo i responsabili di atti di violenza, ma anche quelli di reati di opinione, in particolare manifestazioni di dissenso contro il Partito Comunista Cinese, o contro la morale pubblica.
Non esistono statistiche ufficiali sul numero di tali campi né tanto meno sul numero di individui in essi detenuti, informazioni segretate dalle Autorità cinesi. Secondo stime di organizzazioni non governative il numero dei campi sarebbe di oltre un migliaio. In occasione dell'ultima tornata del Dialogo sui Diritti Umani tra Unione Europea e Cina, lo scorso mese di febbraio, la parte cinese dichiarò che erano 260.000 le persone detenute in campi lao gai. In occasione della Presidenza italiana dell'Unione Europea nel 2003 le Autorità cinesi consentirono peraltro la visita di un campo di detenzione nei pressi di Pechino durante la quale fu rivelato che il 70 per cento dei detenuti erano membri della setta religiosa Falun Gong.
Nell'ambito del Dialogo dell'Unione Europea con la Cina sui Diritti Umani tale capillare sistema repressivo riceve particolare attenzione ed il tema è abitualmente sollevato con le Autorità cinesi. In tale foro di dialogo, queste hanno assicurato di stare attualmente elaborando una riforma che dovrebbe fornire un quadro legale e normativo più certo e meno rigido ad una materia che finora si è certamente distinta per la sua durezza e la possibilità di ampi abusi da parte degli apparati di pubblica sicurezza.
Secondo la riforma in considerazione, i campi verrebbero ribattezzati «Istituti per
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la Correzione degli Atti Illeciti»; sarebbero previsti ricorsi giurisdizionali e garantito il diritto al patrocinio legale. Il termine di detenzione (attualmente di periodi fino ad un massimo di tre anni con la possibilità di servire un quarto) sarebbe limitato ad un anno e mezzo.
Con riferimento all'individuazione da parte dell'On. interrogante del lao gai quale fondamento del vantaggio competitivo cinese, va rilevato che studi ed analisi di organizzazioni non governative hanno sostenuto che il sistema del lao gai può nel suo insieme aver beneficiato della progressiva apertura della Cina agli scambi economici internazionali; è tuttavia statisticamente impossibile quantificare quanti e quali articoli made in China siano stati direttamente prodotti con il ricorso al lavoro forzato.
A causa della complessità dei mercati internazionali e della natura talvolta labirintica delle pratiche di subappalto dei processi produttivi è evidentemente assai difficile identificare quali prodotti possono essere stati assemblati con il ricorso - in tutto o in parte - al lao gai. Senza una maggiore cooperazione sia da parte cinese (che riveli in particolare la reale estensione del sistema e la sua capacità di contribuire alla produzione di beni e servizi) che da parte dei produttori occidentali (che rivelino l'identità dei propri partner commerciali e l'ubicazione dei propri centri di produzione manifatturiera in Cina) non è possibile escludere assolutamente che un consumatore occidentale, acquistando un prodotto made in China non stia indirettamente acquistando un prodotto anche frutto del sistema lao gai.
È comunque ragionevole assumere che fenomeni di sfruttamento del lavoro forzato a fini commerciali costituiscano l'eccezione piuttosto che la regola. Il tessuto produttivo cinese è infatti costituito da migliaia di imprese (moltissime con partecipazione di capitale straniero e un numero significativo anche con capitale italiano) che sempre di più aderiscono ai principi del mercato ed al rispetto delle regole basilari dell'economia nell'era della globalizzazione.
Del possibile legame tra lavoro forzato ed esportazioni cinesi la comunità internazionale è da tempo e resta ben consapevole. Alle pressioni organizzate di questa non è infatti estranea la decisione, presa fin dal 1991, dal Consiglio di Stato cinese di adottare divieti di esportazione di prodotti lao gai e di vietare joint ventures tra investitori stranieri e operatori commerciali cinesi che fanno ricorso a manodopera reperita nei campi di lavoro forzato.
Su un piano generale è forse utile ricordare che, in materia di diritti umani, esiste dal 1997 un dialogo strutturato UE-Cina che si svolge, su base semestrale, alternativamente nella capitale europea che esercita la Presidenza di turno dell'Unione ed a Pechino, nel corso del quale vengono regolarmente affrontate questioni particolarmente sensibili tra le quali il rispetto delle libertà fondamentali ed in particolare quelle religiose, le detenzioni arbitrarie, la tortura, i diritti delle minoranze, la pena di morte e altre.
Tali consultazioni consentono, inoltre, all'Unione Europea di segnalare casi individuali di detenuti per reati di opinione, di condannati a morte, di vittime di trattamenti inumani e degradanti sui quali vengono sollecitati interventi di clemenza e/o riparazione. La Cina è stata più volte invitata a migliorare il grado di tutela dei diritti umani attraverso l'abolizione formale della pena di morte e la ratifica dello Statuto della Corte Penale Internazionale. La 19ma sessione del dialogo - del quale si stanno attualmente valutando le modalità per renderlo più efficace e foriero di risultati concreti - si è tenuta a Lussemburgo il 24-25 febbraio scorsi, l'ultima a Pechino il 24 e 25 ottobre 2005.
In merito ai risultati del dialogo UE-Cina, il recente rapporto dei Capi Missione dell'Unione Europea - che si riferisce al periodo compreso fra il 21 gennaio e il 20 settembre 2005 - rileva l'esistenza di segnali positivi, determinati dalla disponibilità manifestata dal Governo di Pechino a realizzare alcune aperture in tema di rispetto dei diritti umani, segnatamente nel campo dei diritti economici, sociali e culturali. Il Rapporto registra, tuttavia, un
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atteggiamento ancora improntato ad una notevole chiusura relativamente alle tematiche della libertà religiosa e del massiccio ricorso alla pena capitale ed alla tortura, così come a varie forme di «detenzione amministrativa». Nel campo della libertà d'espressione e di informazione, inoltre, vi sarebbero numerosi e preoccupanti segnali di un'ulteriore compressione dei già ridotti margini di libertà tollerati dalle Autorità cinesi.
Nel novero dei portati di maggior rilievo del dialogo UE-Cina, il rapporto mette in evidenza:
l'impegno del Ministero degli Esteri cinese di presentare, entro la fine del 2005, un rapporto al Consiglio di Stato sulla ratifica del Patto Internazionale sui Diritti Civili e Politici. Spetterà poi al Consiglio di Stato la decisione ultima circa l'opportunità di sottoporre la ratifica al Congresso Nazionale del Popolo per l'approvazione definitiva. Le Autorità di Pechino hanno inoltre creato una specifica task force interministeriale che si occupa specificatamente della questione;
l'accettazione da parte cinese della visita - che si terrà nel periodo compreso fra il 21 novembre e il 2 dicembre 2005 - dello Special Rapporteur delle Nazioni Unite sulla Tortura;
la firma, il 20 luglio u.s., dell'accordo con cui la Cina si impegna a consentire l'apertura di una delegazione regionale del Comitato della Croce Rossa Internazionale. Nondimeno, l'accesso ai centri di detenzione cinesi non verrà consentito;
l'impegno della Procura Suprema del Popolo di dare priorità alle misure intese ad evitare l'impiego della tortura nel corso degli interrogatori;
l'adozione, il 1o maggio u.s., di un provvedimento legislativo che si propone di garantire l'esercizio del diritto di petizione. Il rapporto rileva, tuttavia, che tale diritto è ancora oggetto di pesanti restrizioni.
Si segnala, infine, che la questione del rispetto dei diritti umani viene altresì sollevata da parte italiana in ogni possibile occasione di incontro bilaterale con esponenti del governo cinese. Da ultimo, lo scorso 18 marzo a Roma l'On. Ministro ha nuovamente evocato, nel corso del suo incontro con il Ministro degli Esteri della Repubblica Popolare Cinese Li Zhaoxing, la questione del rispetto dei diritti umani, ribadendo la necessità che Pechino compia i passi necessari (come la ratifica del Patto dei Diritti Civili e Politici delle Nazioni Unite) per favorire un processo di normalizzazione con l'Occidente.
Da parte del Governo italiano e dell'Unione Europea si continuerà a seguire con estrema attenzione l'evoluzione della situazione dei diritti umani in Cina e non si mancherà di richiamare il Governo cinese al pieno rispetto dei diritti e delle libertà fondamentali nel Paese.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Margherita Boniver.
ZANELLA e BOATO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
il 30 settembre 2004 ricorre il 27 World Maritime Day, l'appuntamento internazionale più importante promosso dall'IMO (International Maritime Organization);
i lavoratori marittimi sono tra i meno garantiti, soprattutto quelli dei paesi più poveri, vittime della globalizzazione e della concorrenza; i marittimi imbarcati sul 10-15 per cento delle navi della flotta mondiale lavorano in condizione di schiavitù (Rapporto 2001 Icons - International Commission on Shipping);
a Venezia ogni anno approdano più di 200.000 marittimi; lavorano sui cargo o sulle navi da crociera e sono filippini, russi, indiani, bulgari, turchi, cinesi, ucraini, indonesiani, polacchi, pakistani, inglesi, birmani, italiani, iraniani, cingalesi,
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siriani e sono una piccola parte di quell'esercito di marinai che, sulle circa 50.000 navi mercantili che solcano i mari, movimentando il 90 per cento del commercio mondiale, percorrendo in lungo e in largo i tre quarti del globo terrestre;
solo nel Porto di Venezia si fatturano 1.250 milioni di euro all'anno per gli operatori del settore, 650 milioni di euro di entrate statali e, compreso l'indotto, ci sono 18.500 posti di lavoro;
sono numerose le vicende come quella del mercantile straniero Flash, posto sotto sequestro dalle autorità nel porto di Augusta e lì abbandonato dagli armatori; una questione di cui si sono fatti carico volontari che hanno dovuto fare spola tra banchina e rada per non lasciar morir di fame i 15 marinai, pakistani, siriani e greci bloccati a bordo senza viveri che non potevano riprendere il mare né lasciare la nave, per non diventare clandestini e perdere ogni diritto sullo stipendio, che del resto non vedevano da mesi;
la Convenzione internazionale ILO 163 (Seafarer's Welfare Convention, 1987), trattato voluto dall'International Labour Organization, obbliga lo Stato che lo ratifica a fornire a tutti i marittimi, senza distinzione, «adeguati strumenti e servizi di assistenza sociale sia nei porti che a bordo delle navi»; l'Italia, unico Stato in Europa, ancora non l'ha ratificata;
dallo scorso luglio nei porti di tutto il mondo e su tutte la navi è in vigore il nuovo codice internazionale di sicurezza (Codice ISPS), che sta rendendo ancora più complicata e isolata la già difficile quotidianità del marittimo: ad esempio le maggiori difficoltà, fino al divieto per alcune nazionalità, di scendere a terra durante la sosta della nave in porto, anche solo per telefonare a casa -:
se il Governo italiano intenda aderire alla Convenzione ILO n. 163 del 1987 e alla relativa raccomandazione n. 173 del medesimo anno che contiene utili e necessarie misure di tutela e salvaguardia dei marittimi;
se i Ministri interpellati non ritengano in particolare di dover condividere il divieto della violazione di diritti elementari relativi alle condizioni di vita e di lavoro dei marittimi imbarcati sulle navi che utilizzano i nostri mari e i nostri porti e quindi di attivarsi affinché il nostro paese aderisca, come hanno fatto altri Stati, alle raccomandazioni e alle convenzioni internazionali predisposte a questo scopo per svolgere una adeguata, conseguente e sistematica azione di promozione e di controllo;
se non sia necessario ed urgente controllare e adottare iniziative affinché non siano utilizzate bandiere di comodo da parte di armatori senza scrupoli, la violazione delle norme di sicurezza e dei diritti sindacali e i fallimenti di comodo che producono da una parte gravi rischi per i nostri mari e i nostri porti e dall'altra parte conseguenze drammatiche rispetto ai marittimi imbarcati.
(4-15695)
Risposta. - Con riferimento all'interrogazione in esame si fa presente, in via preliminare, che l'Italia non ha ratificato la convenzione ILO n. 163 del 1987, inerente ai lavoratori marittimi e la relativa raccomandazione n. 173 del 1987, anche se, invero, il nostro Paese non è l'unico; infatti, risulta attualmente che la convenzione sia stata ratificata da sole 15 nazioni.
L'Italia, comunque, applica integralmente il regolamento n. 415 del 2003 in materia di ingresso e transito dei marittimi stranieri, al pari degli altri Paesi dell'Unione Europea.
Si fa presente, in particolare, che l'atto in esame è qualificabile come «una convenzione quadro», mentre alcuni principi specifici hanno trovato una puntuale applicazione attraverso convenzioni di contenuto più settoriale, attualmente in vigore, come la convenzione n. 55 del 1936 concernente gli obblighi dell'armatore in caso di malattia o di infortunio della gente di mare, la convenzione n. 147 del 1976, concernente la Marina Mercantile - Norme minime, la convenzione n. 145 del 1976
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sulla continuità dell'impiego per la gente di mare e la convenzione n. 134 del 1970 sulla prevenzione degli infortuni della gente di mare.
Si comunica, infine, che i principi della Convenzione internazionale ILO n. 163 saranno contenuti nel nuovo strumento negoziale che sarà adottato nella nuova convenzione quadro (Ginevra 7/23 febbraio 2006).
Il Sottosegretario di Stato per il lavoro e per le politiche sociali: Maurizio Sacconi.