Resoconto stenografico dell'Assemblea
Seduta n. 720 del 15/12/2005
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Si riprende la discussione.

(Dichiarazioni di voto sulla questione di fiducia - Emendamento 1.2000 del Governo - A.C. 6177 )

PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto sulla questione di fiducia.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Rotondi. Ne ha facoltà.

GIANFRANCO ROTONDI. Signor Presidente, la Democrazia cristiana voterà la fiducia al Governo e alla finanziaria.
Abbiamo espresso nei giorni scorsi, attraverso il nostro presidente, Publio Fiori, delle perplessità per l'andamento del dibattito che ha preceduto il varo della manovra finanziaria. Non siamo completamente soddisfatti delle risposte che sono state date, ma tutta la linea di novità e di continuità, in un certo senso, che riguarda il concordato è una risposta che va incontro alle questioni poste dalla DC e, per questa ragione, noi voteremo a favore.
Deprechiamo fortemente che vi sia stata l'annunciata intenzione, per la prima volta nella storia civile di questo paese, non già di dare soldi ai partiti politici, ma di togliere soldi agli stessi per garantire trasparenza nella gestione dei loro bilanci e per dare garanzie ai creditori dei medesimi partiti politici.
Deprechiamo fortemente che il Governo abbia ritirato una proposta che, per la prima volta, andava incontro alla domanda di trasparenza che l'opinione pubblica pone ai partiti che usufruiscono di denaro pubblico. Chiederemo al ministro di dire pubblicamente qual è il partito politico che ha chiesto denaro a fronte di trasparenza. Lo vogliamo sapere.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Zeller. Ne ha facoltà.

KARL ZELLER. Signor Presidente, a nome delle Minoranze linguistiche esprimo, innanzitutto, forte rammarico perché il Governo, anche quest'anno, ha impedito al Parlamento di dare il proprio contributo alla legge finanziaria. Il Governo ha presentato, all'ultimo momento, un maxiemendamento, chiedendo il voto di fiducia e vanificando, in questo modo, la possibilità di una discussione seria e democratica.
Tale comportamento è grave, anche perché il Governo propone una serie di argomenti nuovi, mai discussi prima, né in Commissione, né in quest'aula. Mi riferisco, in particolare, alla nuova disciplina delle concessioni idroelettriche.
Mentre il decreto Bersani ha rispettato in toto le prerogative statutarie della regione Val d'Aosta e delle province autonome di Trento e di Bolzano, con il comma 491 ora si propone addirittura la soppressione della relativa clausola di salvaguardia.
Lo scopo è evidente: con la proroga di dieci anni delle concessioni, il Governo vuole vanificare le procedure in atto per l'assegnazione delle concessioni idroelettriche in scadenza.
Le due province hanno infatti già legiferato in materia e a fine anno scade il termine per le rispettive domande. Ma non si illuda il Governo: noi andremo avanti convinti che le nostre leggi, a differenza di quelle statali, sono in linea con il diritto comunitario e con la Costituzione. Abbiamo competenza concorrente in materia e garantiremo più concorrenza e più mercato a partire dal 2006 e non solo dal 2041.
Vi è di più: il Governo propone di trasferire ai comuni confinanti con le province autonome 10 milioni di euro, sospendendo i trasferimenti erariali per le funzioni ex statali trasferite a Trento e a Bolzano. Si tratta di un emendamento demagogico per accontentare il governatore del Veneto, che si pone in palese contrasto con il nostro statuto e le relative norme di attuazione, che non consentono interventi di questo tipo. Inoltre, è ingiustamente punitivo e del tutto irragionevole perché colpisce solamente Trento e Bolzano, e non riguarda, invece, le altre regioni speciali. Ricorreremo ancora una


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volta alla Corte costituzionale e non esiteremo a portare il caso energia davanti alla Corte di giustizia del Lussemburgo: siamo fiduciosi che ivi si farà giustizia. Ciò non toglie che si tratta di attacchi gravissimi alla nostra autonomia, che non rimarranno senza risposta. Annuncio quindi il nostro convinto voto contrario alla questione di fiducia e alla legge finanziaria di questa maggioranza (Applausi dei deputati dei gruppi Misto-Minoranze linguistiche, dei Democratici di sinistra-L'Ulivo, Misto-La Rosa nel Pugno e Misto-Verdi-l'Unione).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Zanella. Ne ha facoltà.

LUANA ZANELLA. La legge finanziaria, in particolare questo voto di fiducia, altro non sono che la degna conclusione di questi cinque anni di legislatura; ed il voto di fiducia, nonostante la maggioranza schiacciante su cui il Governo ha potuto e può contare, è stato utilizzato in totale disprezzo del Parlamento per imbrigliare e rendere compatto un centrodestra sempre più disgregato, confuso, disordinato. Inoltre, tale strumento è stato utilizzato per impedire il dispiegarsi libero di una discussione a tutto campo in aula, nel luogo costituzionalmente istituito per il dibattito e il confronto tra differenti scelte e soluzione ai tanti e drammatici problemi che siamo chiamati ad affrontare, che il Governo dovrebbe risolvere con il contributo di tutti ed invece non risolve. Basti pensare alla vicenda che riguarda il Governatore della Banca d'Italia, la situazione in cui versa la legge sul bilancio, l'interesse e la necessità per i consumatori e per il sistema paese nel suo complesso che, invece, venga affrontata con molto rigore ed urgenza.
Quella del porre continuamente il voto di fiducia è una questione cruciale, un aspetto che voglio sottolineare con forza. Da tre anni si opera sulla legge finanziaria a colpi di decreti-legge e voti di fiducia su maxiemendamenti che modificano completamente i testi presentati inizialmente. Fino alla fine i parlamentari non sanno quale forma e che peso avrà la manovra, così il paese, le forze sociali ed economiche, le categorie, gli enti locali, le regioni sono mantenute all'oscuro. Non è forse vero che con l'ultimo maxiemendamento presentato all'Assemblea ieri sera si corregge la manovra precedente di circa 4 miliardi e che, nonostante le garanzie di Tremonti sull'assenza di condoni dalla sua finanziaria, si ripropongono concordati e condoni, mentre gli interventi una tantum ammontano a quasi 2 miliardi?
Il tutto è proposto a scatola chiusa, con arroganza e mancanza di rispetto per il Parlamento e per il paese. La Commissione ha avuto una manciata di minuti per esaminare il testo, un «malloppone» di oltre 600 commi, e all'opposizione è stato persino negato in Commissione - l'abbiamo presentato perché restasse agli atti la posizione dell'Unione - il voto su un ordine del giorno. Naturalmente, al Senato si riproporrà la stessa identica storia.
Il rischio, colleghe e colleghi, è che l'eccezionalità divenga normalità e che questa modalità di affrontare la sessione di bilancio, assolutamente antidemocratica e lesiva della dignità stessa delle istituzioni parlamentari, si riproponga in futuro, anche in altri contesti e perfino con nuove maggioranze.
È una via troppo comoda per il Governo questa, perché evita «assalti alla diligenza», conflitti e dissensi, specialmente se i margini di manovra sono molto, molto ridotti. Comporta, però, un prezzo altissimo per la democrazia e il senso stesso della rappresentanza.
Colleghi, signor Presidente, rappresentante del Governo, noi da anni siamo messi e messe nell'impossibilità di rappresentare i problemi dei nostri territori, come - per quanto mi riguarda - la questione della salvaguardia di Venezia, dei tagli operati al finanziamento della legge speciale, visto che i fondi sono ormai tutti concentrati sull'opera strategica MOSE. Dove rappresento le istanze alternative? Quando posso informare in modo compiuto il Parlamento e rappresentare le ragioni delle realtà locali?


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Sono scelte gravissime ed è altrettanto inaccettabile che le proposte dei singoli parlamentari del centrodestra, da quelle più clientelari e localiste a quelle più condivisibili, divengano oggetto di mercanteggiamento tutto interno ai partiti della maggioranza, in una sorta di estenuante contrattazione extraistituzionale e parallela all'attività parlamentare vera e propria.
Il gruppo Misto-Verdi-l'Unione non solo voterà contro la fiducia per le ragioni che abbiamo illustrato e che illustreremo anche nella dichiarazione precedente la votazione finale sul provvedimento, ma denuncia con forza lo stravolgimento da voi operato delle regole che disciplinano uno dei momenti fondamentali dell'istituzione che abitiamo.
Anche per questo, e concludo signor Presidente, è bene che il Governo, la maggioranza, il cosiddetto Polo delle liberà vadano a casa e non danneggino ulteriormente il nostro paese e le nostre istituzioni (Applausi dei deputati dei gruppi Misto-Verdi-l'Unione, dei Democratici di sinistra-L'Ulivo, di Rifondazione comunista, Misto-La Rosa nel Pugno, Misto-Comunisti italiani).

PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Zanella.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Sciacca. Ne ha facoltà.

ROBERTO SCIACCA. Grazie signor Presidente. Esprimo profonda delusione per la situazione determinatasi: con queste parole, ieri, il Presidente Casini commentava la notizia della richiesta del voto di fiducia sul disegno di legge finanziaria. Ci troviamo, dopo ventiquattro ore dalla delusione espressa dal Presidente, in sede di dichiarazione di voto sulla questione di fiducia al disegno di legge finanziaria. Naturalmente ci associamo a questa delusione e crediamo che anche il paese sia particolarmente deluso da questa maggioranza che, di fronte ai gravi problemi economici che attraversa l'Italia, ci propone ancora una volta una manovra rabberciata, confusa e più che mai «creativa», così «creativa» che gli stessi colleghi della maggioranza hanno chiesto di poterci capire qualcosa, ma gli è stato impedito.
Certo signor Presidente - mi rivolgo al Presidente Casini -, ci saremmo aspettati che la sua delusione si trasformasse in iniziativa concreta; ciò non è successo e, mi duole dirlo, lei oggi, signor Presidente, appare più un leader di partito che un Presidente di garanzia.
Questa è una manovra che, di fronte ai dati allarmanti della nostra economia - come hanno ricordato già nel dettaglio molti colleghi -, pone al centro la vendetta; vendetta nei confronti delle regioni e dei comuni che negli ultimi anni, negli ultimi mesi, anche nelle ultime settimane vi hanno tolto la fiducia scegliendo il centrosinistra. Ancora vendetta nei confronti del sud, che ormai da molto vi ha abbandonato; vendetta addirittura contro la città di Torino, a cui non avete accordato i finanziamenti per le opere delle Olimpiadi a pochi mesi dall'inizio dei giochi.
Si tratta di una manovra creativa che, ancora una volta, non creerà sviluppo, non rilancerà i consumi e non farà muovere il paese! Una manovra di cui, ancora una volta, le coperture pensate da Tremonti con i concordati o, sarebbe meglio dire, con i condoni, le una tantum delle presunte dismissioni immobiliari non garantiranno la sicurezza dei saldi e le uniche coperture certe saranno ancora una volta i tagli agli enti locali.
Continuate a sostenere di non aumentare le tasse, ma con quali soldi i cittadini italiani, le famiglie italiane dovranno pagarsi tutti quei servizi comunali che, a causa dei tagli del Governo, i comuni rischiano di non poter più assicurare (potrebbero anche essere costretti ad aumentare le aliquote)? Mi riferisco a cose molto concrete che riguardano le nostre famiglie: gli asili nido, le mense scolastiche, i trasporti locali e così seguitando.
Nelle ultime settimane poi si è aperto un dibattito politico su un grave problema del nostro paese che riguarda soprattutto le grandi città: mi riferisco, in particolare,


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all'emergenza abitativa. Abbiamo assistito, devo dire sbigottiti, alle proposte più varie e fantasiose, ma questa era la sede per fornire risposte concrete.
Si potevano aumentare i contributi per il fondo affitti; si poteva prevedere un forte aiuto alle coppie giovani per l'acquisto della prima casa; si poteva definire un progetto di rilancio dell'edilizia residenziale pubblica. Non si è voluto fare! Non lo avete voluto fare!
Vi siete limitati a promettere di vendere agli affittuari parte del patrimonio abitativo, ex IACP, omettendo però di dire che quelle case non vi appartengono, non appartengono allo Stato, ma sono e dipendono dalle regioni. Un vero e proprio volantino elettorale che è un boomerang!
Ma vi è dell'altro: in questa manovra, particolarmente odioso (purtroppo, non ha ricevuto sui media l'attenzione che meritava) è il sostanziale annullamento della politica di cooperazione allo sviluppo. Nel nostro mondo ogni anno muoiono 6 milioni di bambini per fame, l'AIDS sta eliminando dall'Africa un'intera generazione, si muore ogni giorno di parto, di malaria, di malattie diarroiche, si muore di malattie che, da noi in Occidente, non sono nemmeno più considerate tali e, di fronte a questo scenario così devastante, cosa è accaduto?
Avete avuto il coraggio di diminuire ancora una volta i finanziamenti all'aiuto pubblico allo sviluppo.
Il Presidente del Consiglio, ad ogni meeting internazionale, promette di tutto e di più: è arrivato persino a promettere che il nostro contributo all'aiuto pubblico allo sviluppo sarebbe giunto all'1 per cento del PIL. Oggi siamo allo 0,11: ultimi tra i paesi industrializzati!
Colleghi, siamo ormai di fronte ad una situazione scandalosa, oltre la semplice polemica politica parlamentare. Siamo oltre la pur legittima indignazione per le regalie sui decoder al fratello del Presidente del Consiglio!
Si tratta di una classe dirigente che non si fa carico di dare risposte reali ai drammi del mondo, al nostro futuro ambientale; una classe dirigente che non si fa carico del destino dei nostri figli!
Vi è un forte elemento che potremmo dire di immoralità. È, infatti, una manovra di chi fugge, di chi è già consapevole che non sarà più alla guida del nostro paese a partire dai prossimi mesi ed, in maniera consapevole, evita di dare le risposte giuste ai problemi reali dell'Italia.
Si tratta, quindi, di chi non si preoccupa del prestigio del nostro paese e del mondo, checché ne dica il Presidente Berlusconi!
La maggioranza ed il Governo stanno incendiando i pozzi prima della ritirata. Avete votato una legge elettorale voluta a maggioranza a pochi mesi dal voto! Avete votato una riforma delle istituzioni - ho concluso - anch'essa approvata a colpi di maggioranza, una riforma che spaccherà il paese!
Si tratta di una manovra finanziaria che sarà approvata con il voto di fiducia per evitare che emergano le evidenti divisioni all'interno della stessa maggioranza! È questa l'eredità che lasciate alla fine della legislatura ed è per questo che sarete ricordati.
In conclusione, vorrei dire che vi è solo un elemento di sollievo in questa discussione: si tratta dell'ultima legge finanziaria del Governo Berlusconi e gli italiani, ad aprile, sapranno scegliere una classe dirigente adeguata alle grandi sfide che ci attendono (Applausi dei deputati dei gruppi Misto-Comunisti italiani, dei Democratici di sinistra-L'Ulivo, di Rifondazione comunista, Misto-La Rosa nel Pugno e Misto-Verdi-l'Unione)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Di Gioia. Ne ha facoltà.

LELLO DI GIOIA. Signor Presidente, ci troviamo a discutere questa ultima legge finanziaria ed anche il maxiemendamento presentato dal Governo e già oggi alcuni istituti di ricerca indipendenti hanno sottolineato il declassamento del nostro paese.


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Ciò dimostra in modo inequivocabile che la politica economica e finanziaria di questo esecutivo è stata fallimentare, una politica che ha determinato nel paese una situazione di disagio, creando le condizioni per aumentare la povertà relativa e assoluta.
Si tratta di una politica economica e finanziaria che ha avuto inizio nel 2002 con scelte sbagliate, che non hanno prodotto nessuna possibilità di rilancio della nostra economia. I dati sono sotto gli occhi di tutti: nonostante la presentazione del maxiemendamento il debito cresce - ormai siamo giunti ad oltre il 108 per cento - e il rapporto deficit-PIL sicuramente non sarà quello che avete preventivato, anzi riteniamo che nel prossimo anno si attesterà oltre il 5 per cento.
Avete distrutto la ricchezza di questo paese, avete distrutto l'avanzo primario, giunto ormai ad un limite insostenibile. I dati in nostro possesso dimostrano che nel prossimo anno sicuramente si registrerà il dato negativo, pari allo 0,3 per cento in meno.
In buona sostanza avete creato una condizione di difficoltà sia per quanto riguarda le aree del nord - e lo avete dimostrato tagliando di 60 milioni di euro i fondi per le Olimpiadi di Torino, nonostante diversi parlamentari, tra cui l'onorevole Buemi, abbiano sostenuto con forza questa importante iniziativa - sia per quanto riguarda il Mezzogiorno, nel quale si registra una situazione di debolezza strutturale, crescendo meno del centro e del nord.
Nel corso della discussione della legge finanziaria avevamo presentato alcuni emendamenti anche al fine di fornire una risposta chiara ai problemi determinati dall'assenza dello Stato con riferimento al Mezzogiorno e, in particolare, alla Calabria. L'onorevole Pappaterra aveva presentato un emendamento relativo alla Locride sul quale il Governo si era impegnato a fornire una risposta, che tuttavia non vi è stata. Questa è la considerazione che avete del Mezzogiorno! Vi ricordate di questa zona del nostro paese solo quando vi sono dei morti!
Al di là delle considerazioni del ministro Tremonti - che nell'esporre il concordato contenuto nel suo maxiemendamento ci diceva con tranquillità (la tranquillità di un ministro che ha cambiato pelle) che tale questione si riproporrà anche con i prossimi Governi -, il dato vero è che ogni qual volta il ministro ha scommesso ha perso, in quanto non è in grado di fornire risposte. E i cittadini italiani, i cittadini del Mezzogiorno d'Italia scommettono che perderete le elezioni del 2006, perché hanno avuto risposte negative, perché hanno capito che siete semplicemente coloro i quali vendono un prodotto che non hanno, perché avete creato povertà, perché non avete creato sviluppo, perché non avete creato le precondizioni per determinare lo sviluppo.
Con questa legge finanziaria avete anche tagliato sul sociale, avete tagliato sulle carceri, avete tagliato sulla ricerca in agricoltura, avete tagliato per il Mezzogiorno d'Italia, avete tagliato, in buona sostanza, su quelli che potevano essere dati positivi di un rilancio e quindi della possibilità di aprire una nuova stagione, che avrebbe dovuto essere discussa, in un momento di grande difficoltà economica a livello nazionale, con l'intero Parlamento.
Questo non c'è stato...

PRESIDENTE. Onorevole Di Gioia...

LELLO DI GIOIA. Non c'è stato perché avete l'arroganza di pensare che la gente vi segua: no, avete sbagliato, avete sbagliato ancora una volta! I cittadini italiani, signor Presidente, signor viceministro, hanno capito quello che avete fatto, e per questo il 9 aprile vi daranno una risposta netta: perderete le elezioni, che daranno la fiducia al centrosinistra, che perseguirà quell'impostazione, delineata nella relazione di minoranza, per lo sviluppo, per l'occupazione e per dare risposte ai bisogni degli italiani e del Mezzogiorno d'Italia (Applausi dei deputati dei gruppi Misto-La Rosa nel Pugno, dei Democratici di sinistra-L'Ulivo, della Margherita, DL-L'Ulivo e Misto-Verdi-l'Unione).


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PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Di Gioia. Le ho consentito di parlare un minuto in più perché ho visto che era «lanciato»!
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Nuvoli. Ne ha facoltà.

GIAMPAOLO NUVOLI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, ancora una volta, ricorrendo al voto di fiducia, diventato purtroppo ormai consuetudine, il Governo rende impossibile qualsivoglia momento di confronto democratico e migliorativo, vanificando di fatto il lavoro svolto dal Parlamento. Questo è soltanto uno dei motivi per i quali l'UDEUR voterà contro la richiesta di fiducia.
La manovra, caratterizzata dalla mancanza di una seria programmazione, si presenta fortemente dispersiva, assai poco incisiva, contraddittoria e inutile. Essa appare miope, priva di respiro e di misure rigorose, assolutamente inadeguata e incapace di rilanciare la competitività e lo sviluppo del nostro sistema paese.
L'UDEUR è fortemente preoccupata e nel contempo delusa del fatto che anche in questo caso ci troviamo di fronte ad una manovra che è destinata a lasciare molti interrogativi, ancora una volta, senza risposta. La manovra messa in atto, la più pesante degli ultimi anni, delinea forti politiche depressive e conferma in modo evidente la politica di tagli indiscriminati perseguita dall'attuale esecutivo. È la sesta manovra correttiva del ministro Tremonti in soli due mesi e mezzo, ma è ancora inadeguata perché molte spese sono sottostimate.
In sostanza, il maxiemendamento dovrebbe consentire il raggiungimento dell'obiettivo di indebitamento netto previsto per il 2005. Esso, tuttavia, non risolve certamente i problemi del 2006, che richiederanno un'ulteriore manovra correttiva. Per l'anno 2006, infatti, la maggior parte degli interventi sarà di difficile realizzazione. Il nostro paese sta attraversando la crisi economica e sociale più grave degli ultimi decenni, e questi ultimi cinque anni di governo hanno visto il peggioramento costante e progressivo di tutti i parametri ed indici economici nazionali: crescita del prodotto interno lordo, produzione industriale, debito pubblico, avanzo primario.
Siamo, purtroppo, di fronte ad un Governo che ha compromesso l'intera economia del paese e che ha ammesso che l'indebitamento tendenziale era peggiore di quello dichiarato e che la realizzabilità delle norme contenute nel testo originario del disegno di legge finanziaria era incerta. La correzione della manovra economica non fa altro che documentare il peggioramento strutturale dei nostri conti pubblici e confermare che vi era un buco di circa quattro miliardi di euro che va ad aggiungersi a quello di sei miliardi di euro, portando così l'entità delle correzioni delle ultime settimane a ben dieci miliardi di euro.
È stata apportata, dopo i precedenti tagli di 800 milioni di euro, una nuova riduzione al fondo di riserva per le spese correnti di 300 milioni di euro, mettendo in tal modo a serio rischio una delle poche riserve per la gestione delle emergenze e dei conti pubblici. A generare poi ulteriore incertezza sulla finanza pubblica concorre anche la mancanza di trasparenza. Tale questione, già sollevata dalla Corte dei conti, è da considerarsi solo un esempio.
In definitiva, la qualità delle politiche messe in campo dall'esecutivo non coglie minimamente l'urgenza delle sfide che abbiamo di fronte. In particolare, quella in esame è una manovra socialmente ingiusta perché penalizza le fasce più deboli e i servizi fondamentali per i cittadini; inoltre, non tiene conto dei crediti maturati dalle regioni - come è emerso in modo clamoroso per la Sardegna qualche settimana fa - e liquida in modo ambiguo il problema della gestione delle aree protette.
A nostro avviso, occorreva individuare la giusta direzione per fare uscire il paese dalle difficoltà sapendo che la posta in gioco è la qualità del futuro; ed invece si è voluto seppellirla. Il Governo dovrà, quindi, necessariamente compiere un ulteriore sforzo per far credere ai cittadini


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che questa manovra sia efficace per il paese e un toccasana per i conti dello Stato.
Per tutte queste ragioni, i deputati della componente politica Popolari-UDEUR del gruppo Misto negheranno convintamente la fiducia richiesta dal Governo sul maxiemendamento alla finanziaria per il 2006 (Applausi dei deputati dei gruppi Misto-Popolari-UDEUR e Misto-La Rosa nel Pugno).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Russo Spena. Ne ha facoltà.

GIOVANNI RUSSO SPENA. Signor Presidente, quella in discussione è l'ultima legge finanziaria della legislatura e speriamo sia anche l'ultima in assoluto di un Governo di destra.
Quest'ultima finanziaria è stata una deprimente via crucis, fra l'altro con profili di forte incostituzionalità sia per il Governo sia per la maggioranza. È un tentativo di disperato galleggiamento di un Governo che ha fallito nell'analisi, nelle proposte e negli obiettivi. Un Governo che vede andare in frantumi il suo tentativo di tenere insieme un blocco sociale basato, insieme, sul liberismo, sul populismo e sull'emergenzialismo. Una manovra economica pesante - pari complessivamente a 28 miliardi di euro - che descrive un quadro preoccupante di dumping sociale, di straordinarie iniquità e, nello stesso tempo, di degrado dei conti pubblici e di declino economico del paese.
Il sistema produttivo italiano in molti settori di punta, da quello agricolo a quello industriale e a quello manifatturiero, diventa complessivamente marginale nella nuova dimensione internazionale delle produzioni e dei lavori. Basti pensare che, nonostante le manovre economiche di stampo proprietario di redistribuzione di salari, stipendi e pensioni verso profitti e rendite, l'intreccio fra economia legale ed illegale, il disavanzo di bilancio dello Stato si aggira fra il 5 e il 6 per cento del PIL. A questi dati si aggiunga il fatto che gli errori gravi di politica economica del Governo, che non ha voluto incrementare la domanda qualificata, costruire programmi di settore, rilanciare la progettazione di distretti industriali capaci di generare sinergie produttive fondate sulla qualità del prodotto e non sulla competitività stracciona dell'inseguimento della forza lavoro al prezzo più basso, costringono l'Italia nella palude della stagnazione. Francia, Germania e la stessa Gran Bretagna nelle loro pur diverse articolazioni hanno comunque innestato la marcia della ripresa attraverso l'intervento pubblico, che per rilanciare la domanda si avvale di agenzie specializzate in materia di formazione, tecnologia, selezione delle priorità produttive, filiera di innovazione e di ricerca. Qui in Italia è il buio totale! L'unica ossessiva manovra politica del Governo è stata quella di abbassare le tasse ai ricchi, infrangendo anche il principio costituzionale della progressività fiscale.
La conseguenza prevedibile, annunciata, elementare: il Governo ha portato il paese dentro una spirale in cui convivono manovre antipopolari, stagnazione economica ed aumento del deficit. È un inedito storico in Italia, un fallimento assoluto; anzi, una bancarotta fraudolenta, se si pensa anche ai ripetuti e pessimi condoni, che sono un punto fondamentale, negativo e grave, di questa manovra e se si pensa ai conflitti di interesse, non ultimi quelli che riguardano opere gravi, inutili e figlie di un prometeismo produttivista come la TAV in Val di Susa.
Alla bancarotta del Governo corrisponde una narrazione sociale di sofferenza, di disagio, di vero e proprio impoverimento di massa. A ciò alludono le precarizzazioni, che evocano ormai una relazione sociale, il degrado dei diritti universalistici alla salute e alla formazione, la trasformazione dello Stato sociale in Stato residuale minimo, in Stato caritatevole.
Viene incentivata anche la privatizzazione dei beni comuni, a partire dall'acqua, che vengono mercificati affinché il loro valore d'uso diventi, invece, campo di profitti e rendite private.


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Un'ossessione proprietaria, dicevo. Non a caso vengono colpite le amministrazioni centrali. Il pubblico impiego vede cancellati contratti e collaborazioni. Nelle università, migliaia di precari pubblici entrano nei percorsi disperati della disoccupazione. Il patrimonio edilizio pubblico viene privatizzato, proprio mentre nelle aree metropolitane il diritto alla casa, anzi all'abitare, diventa una drammatica priorità.
Nemmeno una parola il Governo spende sull'agricoltura. Nemmeno una parola sul Mezzogiorno: un'area geopoliticamente rilevante di 20 milioni di persone trasformata in zona franca, in luogo di lavoro nero, sommerso, precario, di discariche e megainceneritori, in territori militarizzati dove un modello di sviluppo distorto (basti pensare alla concezione delle grandi opere, a partire dal ponte sullo stretto di Messina) alimenta la crescita delle mafie come veri e propri segmenti dei processi di accumulazione, dei processi di valorizzazione del capitale della borghesia mafiosa.
Occorre, invece, varare piani produttivi corrispondenti ad una concezione di sviluppo autocentrato, una vera e propria politica industriale fondata sulla programmazione territoriale e la predisposizione di un sistema pubblico di servizi strategici rapportati all'innovazione delle imprese più dinamiche, condizionando le incentivazioni agli incrementi occupazionali. Piani industriali, insomma, piani per il lavoro e messa in sicurezza del territorio: questi i presupposti minimi di una politica meridionalista. Ma essi sono negati ed avversati, vorrei dire, dall'antimeridionalismo identitario del Governo Berlusconi-Tremonti-Bossi.
Siamo di fronte ad un paradosso che allude ad una situazione molto grave, che è parte strutturale di questa manovra economica del Governo. Esso ha voluto la controriforma costituzionale della cosiddetta devoluzione leghista, vera e propria secessione liberista che mette in competizione fra loro territori e comunità. E poi, con perfidia, ormai da tre finanziarie, come altra faccia della medaglia, attua un disegno di massima centralizzazione autoritaria e statocentrica sul piano fiscale e finanziario.
Viene tagliato, in questa manovra, il 7 per cento circa dei trasferimenti di risorse agli enti locali, che stanno già raschiando, da due anni, il fondo del barile. Il Governo, mentre parla di riduzione dell'imposizione fiscale ai ricchi, vuole che gli enti locali strangolino i cittadini con tributi comunali e balzelli vari, se non vogliono ridurre sotto lo standard minimo i servizi sociali e la costruzione di infrastrutture!
È un'operazione elettoralistica mediocre, ma che, soprattutto, denota una scarsa cultura istituzionale, soprattutto perché tende a mortificare la partecipazione democratica che si va pian piano ravvisando sul territorio - ed è un bene per la nostra democrazia -, tende a bloccare un'identità di comunità che rinasce nel conflitto sociale nel rispetto delle diversità, a strangolare finanziariamente esperienze di nuova democrazia. Sto pensando alla rete dei bilanci partecipativi, allo spazio pubblico inedito delle nuove municipalità, ai nessi amministrativi.
Insomma, occorre voltare pagina drasticamente, anche con interventi decisi e con terapie d'urto che redistribuiscano le risorse, assegnino una posizione centrale alla questione sociale e salariale, tassino le grandi rendite e rilancino un indispensabile, ineludibile intervento pubblico qualificato.
L'obiettivo, per cui abbiamo lavorato unitariamente in questi giorni con organiche proposte alternative alla finanziaria del Governo, è quello di ritessere pazientemente la rete, la corrispondenza di progetti e di programmi con il conflitto sociale, sindacale e delle comunità territoriali. La radicalità e insieme lo spirito unitario delle lotte, con il sapere collettivo maturo espresso da comunità come quelle della Val di Susa, ci permetteranno di costruire, dal basso, le proposte alternative dell'Unione.
Non vogliamo, infatti, soltanto sconfiggere Berlusconi, lasciandoci poi irretire da una dannosa coazione a ripetere, come se


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il pensiero unico del mercato non fosse stato sconfitto dalla crisi stessa della globalizzazione, dalla guerra preventiva, dall'autoritarismo, dal proibizionismo e da un liberismo che naufraga nella durezza della crisi di civiltà. Berlusconi - questo è il punto - non ha rappresentato una fastidiosa anomalia; quindi, non si può pensare di tornare alle politiche di cinque anni fa attraverso, tra l'altro, il filtro di poteri forti che, di volta in volta, si ridislocano nella grammatica dell'alternanza. No! Berlusconi ha rappresentato una lettura, una interpretazione della globalizzazione liberista. È questo nocciolo duro che va sconfitto.
Io penso, con tutta la buona volontà, che non ce la faremo solo attraverso defatiganti mediazioni tra vertici politici, nel chiuso delle stanze, sui programmi; se, invece, la partecipazione democratica - come ci hanno detto le primarie - è la cifra e l'identità stessa dell'Unione, il bene supremo dell'Unione, allora è bene che il conflitto irrompa sui tavoli programmatici.
Noi di Rifondazione comunista non abbiamo un'idea organicistica della società e nemmeno una concezione storicistica del potere; quindi, pensiamo che sia bene che i movimenti, nella loro piena autonomia, disturbino il manovratore, soprattutto quando - spero presto - nella prossima legislatura il centrosinistra sarà al Governo.
Questo è il nostro azzardo democratico e per questo ci battiamo (Applausi dei deputati dei gruppi di Rifondazione comunista, dei Democratici di sinistra-L'Ulivo, Misto-Verdi-l'Unione e Misto-La Rosa nel Pugno)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Dario Galli. Ne ha facoltà.

DARIO GALLI. Signor Presidente, egregio signor Primo ministro, la Lega Nord voterà favorevolmente alla richiesta di fiducia sulla legge finanziaria e lo farà in modo convinto sia nel merito sia nel metodo. Nel merito perché il cosiddetto maxiemendamento presentato dal Governo contiene ulteriori aggiustamenti strutturali della finanza pubblica e, soprattutto, perché ha resistito alla tentazione di facili regali preelettorali. Siamo favorevoli anche sul metodo perché, da anni, ribadiamo il concetto che la più importante legge annuale - la legge finanziaria - dovrebbe essere approvata in maniera più moderna e più vicina alla metodologia usata nei paesi occidentali paragonabili al nostro. Il voto di fiducia somiglia molto a quello che dovrebbe essere la norma: una legge presentata dal Governo, approfondita e migliorata nelle Commissioni competenti e, poi, presentata in aula per un semplice voto di approvazione; infatti, quello che è sostanzialmente il programma politico dell'anno successivo di ogni maggioranza dovrebbe sfuggire all'antica e antiquata liturgia delle singole richieste.
Approfittiamo, comunque, di questa dichiarazione di voto per ribadire la nostra approvazione su questa legge nel suo complesso; ricordiamo, infatti, che questa manovra, pur avendo assunto alla fine un'entità considerevole, è per il quinto anno di seguito - cioè da quando c'è la Casa delle libertà al Governo - una manovra esclusivamente di razionalizzazione e di contenimento delle spese. Per la quinta volta consecutiva, infatti, non ci sono incrementi di tasse, imposte e balzelli. Il grosso della manovra - 6 miliardi di euro - è ottenuto dalla riduzione di spese correnti dei ministeri centrali circa spese ritenute, giustamente, inutili - consulenze, viaggi, convegni e servizi esterni - che nulla hanno a che fare con i servizi resi al cittadino e contro i quali si è, da sempre, battuta la Lega Nord. Altri tre miliardi arrivano da dismissioni di immobili, cioè quegli immobili dove sono finiti, per decenni, i soldi delle tasse dei contribuenti italiani nella farneticante visione economica dei passati Governi di centrosinistra che, non solo non hanno mai reso nulla, ma che oggi hanno un costo di sola manutenzione superiore all'esiguo rendimento locativo che riescono a fornire.
La struttura portante della finanziaria è, quindi, perfettamente in linea con quanto promesso agli elettori nella campagna


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delle politiche del 2001; oltretutto, perfettamente in linea con quanto la Lega Nord chiede da sempre.
Ci sono altre voci che richiedono qualche approfondimento, come la riduzione dei trasferimenti agli enti locali. La Lega Nord, sempre vicina agli enti decentrati, ha sempre posto il problema della sperequazione della finanza derivata, chiedendo degli aggiustamenti anche in questa tornata per ridurre tale sperequazione. A tal proposito, ricordiamo che, accanto ad enti locali assolutamente virtuosi, come i comuni, le province e le regioni del nord - padane -, esistono situazioni diametralmente opposte in altre zone italiane. Senza dilungarsi, non si può, comunque, non citare la copertura propria dei comuni settentrionali che, ormai, supera mediamente il 50 o 60 per cento, contro il 15 o 20 per cento, al massimo, dei comuni meridionali, o l'assoluto spreco da parte delle regioni meridionali, che consumano, oltretutto, soldi non propri, a confronto delle oculate gestioni delle regioni padane. I 26 mila dipendenti della regione Sicilia, confrontati con i 2.300 della regione Lombardia, o le 32 mila guardie forestali siciliane a confronto con le 500 lombarde sono numeri rispetto ai quali, nell'interesse complessivo del paese, non si può più fare finta di nulla. Per non parlare dei fuoriclasse: Loiero, che raddoppia l'ufficio stampa; Jervolino, che finanzia le moschee; o l'«immarcabile» Bassolino che, dopo averci stupito con la sua miniambasciata in affitto nella 5a strada di New York, ora ci vuole assolutamente strabiliare con la sua proposta di dare 3 mila euro al mese di pensione, a 55 anni, a chi abbia ricoperto per cinque anni la carica di assessore nella regione Campania.
Un disegno di legge finanziaria, quindi, che, nei limiti del possibile, va nella direzione giusta e che ricerca nella riduzione strutturale dei costi e nella riduzione del peso complessivo dello Stato e della sua burocrazia le risorse per far tornare i conti della finanza pubblica. In questo senso, quindi, respingiamo con altrettanta decisione le critiche del centrosinistra, critiche assolutamente strumentali e prive di fondamento che, di fatto, non sono mai minimamente suffragate da fatti e da numeri.
Gli odierni paladini del centrosinistra, futuri ministri e sottosegretari in pectore hanno dimenticato troppo in fretta i disastri da loro stessi provocati nella scorsa legislatura e negli anni ancora precedenti. Dimenticano l'introduzione dell'IRAP, la riduzione dell'IRPEF dei ricchi dal 51 al 46 per cento e l'introduzione del lavoro precario (mi pare che il ministro Treu fosse dei loro), per non parlare della sfiducia complessiva introdotta nel paese con l'incondizionato appoggio da Roma, prima, e dalla Bruxelles di Prodi, dopo, alla delocalizzazione delle industrie e all'invasione di prodotti dall'Estremo Oriente. Tra i vostri banchi, ancora si aggirano fisicamente i personaggi che, durante la prima Repubblica, chiudevano il bilancio con il 13 o 14 per cento di «sbilancio» (erano gli anni del «CAF») ed un debito pubblico che, a moneta corrente, sarebbe equivalente all'iperbolica cifra di 200 miliardi di euro all'anno. Altro che lo 0,1 per cento in più o in meno rispetto al 3 per cento, di cui oggi l'Italia è accusata dagli istituti di valutazione finanziaria!
Ancora oggi, quali sono le vostre ricette alternative visto che tutto quello che la Casa delle libertà ha fatto o fa per voi è da buttare dalla finestra? Gli italiani ascoltano soltanto presunti leader che dicono che tra poco ci faranno conoscere il loro programma e, nel frattempo, scimmiottano quanto da noi realizzato, affermando che la legge n. 30, forse, non è così male e che la riforma delle pensioni, comunque, non si tocca e che, addirittura, la «ex Cirielli», alla fine, ha qualche validità. Certamente, è difficile, in genere, nel caravanserraglio del centrosinistra, capire quale sia la linea politica, in campo economico e non solo. Si va dalla posizione contraria alla fecondazione assistita al matrimonio tra gay, dalla famiglia tradizionale ai poveri bambini adottabili dalle coppie di sole mamme o di soli papà, ma anche da chi vuole decuplicare i lavoratori socialmente utili a chi vorrebbe il modello


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danese del licenziamento facile o da chi vorrebbe la liberalizzazione di qualunque cosa (vedasi la direttiva Bolkestein voluta da Prodi e contestata dalla CGIL) a chi vorrebbe nazionalizzare la FIAT. A proposito: Bertinotti faccia in fretta perché altrimenti, tra poco, da nazionalizzare non resterà più alcunché. Quanto sta accadendo in questi giorni, riguardo alla FIAT, è la prova dei danni che il vostro atteggiamento ideologico ha causato al paese negli ultimi trent'anni: è passata da 250 mila a 30 mila dipendenti in trent'anni e, ancora oggi, dopo avere ricevuto 200 mila miliardi dai contribuenti italiani, ha il coraggio di chiedere ulteriori mobilità e licenziamenti. Nella stessa pagina dei giornali di oggi, Montezemolo critica il Governo per la sua incapacità di far ripartire l'economia. Se tutti, in questi anni, avessero fatto come lui, come la FIAT, dove sarebbe il nostro paese? La FIAT ha delocalizzato in Polonia, in Ungheria e in India e si appresta a farlo in Cina. Con che coraggio vengono a chiedere queste cose? Con il coraggio che ha chi è stato abituato da voi a ricevere denaro in cambio di nulla, di chi è abituato a fare l'industriale ai convegni di Confindustria ma non si è mai sporcato le mani in un reparto vero di una fabbrica vera.
Questi sono i vostri campioni, i simil-industriali con il cuore a sinistra ed il portafoglio a destra. In questi cinque anni, la Casa delle libertà ha dato un segnale preciso in tal senso e, nel limite del possibile, ha cercato di riavviare l'economia vera delle medie, piccole e piccolissime imprese e di quelle poche vere grandi imprese rimaste, chiudendo definitivamente con il passato fatto di regali agli amici; Autostrade, Telecom e Cirio-De Rica credo che ricordino qualcosa.
Ciò sta finalmente dando i primi risultati; vi piaccia o no, la disoccupazione è ai minimi storici degli ultimi venti anni ed primi segnali di ripresa economica sono ormai sotto gli occhi di tutti. Voi, cosa proponete? Il ritorno al passato, le economie di Stato, i lavoratori socialmente utili? O, più modernamente, la sofisticata finanza romana, quella degli appoggi politici, quella che scatena la magistratura ogni qual volta qualcuno tenti di scalfirne il dominio...?
Ritengo che in questa Assemblea tutti ricordino quanto successo nella scorsa legislatura, i 20 mila miliardi di vecchie lire concessi senza colpo ferire per il salvataggio della Banca di Roma nonché le risorse destinate al Banco di Napoli, all'Acquedotto pugliese ed alla Sicilcassa. Esattamente come, nella vicenda di Tangentopoli, i giudici operarono solo su Milano - come se non fosse noto a tutti quanto, nelle cose pubbliche, accadeva in Campania, in Sicilia ed in Puglia -, allo stesso modo, nel caso della Sicilcassa, si coprirono 6 mila miliardi di vecchie lire di «buco», dei quali i primi 2 mila furono persi con fidi dati a dieci soli clienti, senza che alcun direttore o funzionario di quell'istituto fosse minimamente indagato o almeno rimosso dal proprio posto (Applausi dei deputati del gruppo della Lega Nord Federazione Padana). Che differenza rispetto alla cronaca di questi giorni...!
Per concludere, ribadiamo dunque il nostro voto favorevole; certo - e mi rivolgo ai colleghi della maggioranza - la Lega avrebbe voluto qualcosa di più, soprattutto per le categorie che con maggiore impegno stanno sostenendo il paese, per tutte le imprese - per le quali comunque si è cominciato ad operare un minimo di riduzione del costo del lavoro; ma qualche altro segnale, seppur piccolo, su altri fronti (ad esempio l'IRAP) sarebbe stato forse giusto dare - e per la famiglia, rispetto alla quale non sono comunque mancati in questi anni segnali di attenzione ed iniziative (ma negli anni a venire essa dovrà essere sostenuta con maggiore forza).
Non sottovalutiamo comunque la difficoltà che alcuni partiti della Casa delle libertà hanno nell'affrontare certi argomenti, come il costo del pubblico impiego o, comunque, della burocrazia dello Stato in genere. Agli stessi partiti, peraltro, dobbiamo riconoscere di avere mantenuto l'impegno sulla strada delle riforme e di avere concluso l'iter parlamentare della riforma federale. In un paese dove nulla di


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sostanziale cambia da quarant'anni, si tratta di un risultato da non sottovalutare perché è evidente che la strada finale da percorrere resta quella della responsabilità diretta e del controllo diretto.
Nella situazione esistente, la Casa delle libertà, in cinque anni, ha comunque portato il paese a risultati importanti, ma più in là non è possibile spingersi: serve un salto qualitativo, è indispensabile una nuova rivoluzione mentale. I cittadini si devono riavvicinare veramente alla cosa pubblica con la giusta consapevolezza di quanto danno e la giusta pretesa di quello che devono ricevere; la politica deve uscire dai palazzi del potere e tornare all'originale spirito di servizio nei confronti dei cittadini.

PRESIDENTE. Onorevole Dario Galli...

DARIO GALLI. La Casa delle libertà ha intrapreso questa strada e solo essa potrà portarla a termine. Il futuro del paese, se si vuole rimanere un paese industrializzato, libero e occidentale, passa da questa maggioranza; dall'altra parte, vi è il ritorno al buio del passato ed un futuro di progressivo impoverimento, di perdita della libertà e di perdita della nostra cultura. Ritengo che il paese non abbia scelta (Applausi dei deputati dei gruppi della Lega Nord Federazione Padana e di Alleanza Nazionale)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Liotta. Ne ha facoltà.

SILVIO LIOTTA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, un voto di fiducia su una manovra così complessa e articolata, come quella sulla quale siamo chiamati a votare, non è certamente lo strumento più adatto per un esame approfondito e per lo sviluppo della dialettica parlamentare; ma l'opposizione, che di ciò si lamenta, raccoglie il frutto della linea seguita per tutta la legislatura: mai accogliere l'apertura al dialogo da parte della maggioranza; mai accettare una proposta del Governo - anzi, contrastarla sempre -; mai serenità e obiettività di giudizio, essendo il Presidente del Consiglio, secondo la loro valutazione, il male assoluto.
Abbiamo costantemente ascoltato un «no» pregiudiziale, sempre e su tutto, e assistito ad un uso strumentale delle procedure e delle tecniche parlamentari al solo fine di bloccare o almeno ostacolare le iniziative del Governo e della maggioranza, quale che fosse l'argomento in discussione e l'interesse del paese.
Anche oggi constatiamo che il voto di fiducia appare necessario, anche per le migliaia di proposte emendative che, presentate in buona parte dall'opposizione, sono volte soltanto a ritardare l'approvazione della finanziaria, indipendentemente dai suoi contenuti e dalla sua impostazione.
Dunque, occorreva superare questa strettoia, e pervenire all'approvazione di una manovra finanziaria alla quale bisogna riconoscere senso di responsabilità, saggezza ed equità.
Essa, infatti, non aumenta il carico fiscale sui cittadini, pur se in un quadro economico-finanziario nazionale ed internazionale molto difficile, affronta con coraggio alcuni dei nodi strutturali che impediscono un'efficace politica di sviluppo, eleva, anziché diminuire, le risorse per il settore sociale, contribuendo, così, alla difesa della persona e della famiglia. Non si può, peraltro, tacere che siamo alla vigilia delle elezioni; eppure, ciò su cui si chiede la fiducia non è certamente una legge finanziaria «elettorale», che cerca il consenso e basta, bensì un provvedimento che sviluppa una linea complessiva, ispirata a razionalità e a responsabilità.
La Casa delle libertà fonderà, quindi, le proprie speranze di vittoria non sull'uso distorto delle risorse pubbliche e del potere consolidato, ma su una proposta che la contrappone al centrosinistra sul terreno stesso della democrazia. Infatti, di fronte ad un'opposizione che si presenterà al paese con una candidatura senza alternative, dietro cui si celano tutte le contraddizioni e le antitesi di un accordo politico impossibile, il centrodestra, pur nella unità del suo schieramento, permetterà


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opzioni differenziate, attorno alle quali raccogliere il consenso degli elettori, secondo la logica della legge elettorale proporzionale.
Già: il sistema proporzionale! L'UDC ne è promotrice perché un sistema democratico è tanto più forte quanto più libere ed articolate sono le scelte proposte ai cittadini, e ciò pur nella stabilità garantita dal premio di maggioranza e dalla logica di coalizione. È su questo punto che occorre misurarsi.
Nel centrosinistra, le diversità spesso sono antitesi, ma si tenta di celarle dietro un'unità esteriore, cui il rito delle primarie ha offerto una copertura che, a nostro giudizio, è solamente di facciata. Nel centrodestra, invece, saranno gli elettori a compiere le scelte che riterranno più opportune, sapendo di votare per un polo fortemente aggregato ed unito, ma capace di esprimere sensibilità diverse.
Noi dell'UDC abbiamo operato in questi anni nella Casa delle libertà con lealtà ed intelligenza, per migliorare il lavoro comune. Abbiamo adottato lo stesso atteggiamento in sede di predisposizione ed esame del disegno di legge finanziaria, rivendicando, orgogliosamente, i nostri valori ed i nostri principi quali protagonisti.
La democrazia italiana uscirà fuori da questa prova rafforzata e modernizzata. L'esito del voto sarà più autentico e leggibile, grazie al nostro impegno per introdurre il sistema elettorale proporzionale. Per tutti questi motivi, a nome del gruppo parlamentare dell'Unione dei democratici cristiani e dei democratici di centro, confermo la nostra piena e convinta fiducia al Governo (Applausi dei deputati del gruppo dell'Unione dei democratici cristiani e dei democratici di centro).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Soro. Ne ha facoltà.

ANTONELLO SORO. Signor Presidente, desidero esprimere al Presidente del Consiglio ed al Governo, a nome del mio gruppo, le ragioni di un'accresciuta sfiducia, nonché i rinnovati motivi di opposizione a questo Esecutivo ed alla politica che ha segnato la vita della legislatura che si sta concludendo.
L'onorevole Berlusconi ha guidato l'Italia verso il declino, e non occorrono le stime severe delle società di rating per certificare il bilancio di cinque anni di Governo. Non occorrono neanche le stime degli organismi internazionali che si occupano del monitoraggio dell'economia mondiale, che hanno espresso le loro valutazioni in queste settimane, ma bastano le cifre contenute nei documenti governativi trasmessi al Parlamento.
Il debito pubblico, infatti, ha ripreso a crescere più velocemente del prodotto interno lordo, e dovrà scontare, in futuro, un trend dei tassi d'interesse nient'affatto tranquillo. L'indebitamento tendenziale, inoltre, è destinato a crescere fino ad oltre il 5 per cento, il gettito tributario è costantemente inferiore alle previsioni ed i consumi delle famiglie sono paralizzati nel contesto di quelle nuove povertà, assolutamente sottostimate, di cui ha parlato il presidente del nostro gruppo.
La produzione industriale, per di più, reca un segno costantemente negativo (come abbiamo visto anche in questi giorni) e gli investimenti fissi lordi sono pressoché immobili.
Le spese correnti sono aumentate, il saldo primario è stato azzerato e l'economia reale segna una crescita zero. Ci sono tutte le condizioni per descrivere un paese non competitivo, che si muove all'indietro nella classifica dei paesi affidabili. Non è un caso che il nostro paese perda credibilità nel contesto internazionale; perde credibilità nella fiducia dei cittadini e nel tasso di legalità. Non è un caso che il sistema bancario sia scosso da tensioni esplosive, mentre il Governo e la sua maggioranza sono incapaci di approvare una legge sul risparmio in grado di restituire regole e garanzie.
Il Governo dell'onorevole Berlusconi ha dissestato la finanza pubblica, ha sprecato in poco tempo il credito virtuoso costituito da Amato, Ciampi e Prodi negli anni precedenti. Incertezze e precarietà rendono ogni giorno più insicuri gli imprenditori


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che hanno scommesso nello sviluppo del Mezzogiorno. Proprio per il Mezzogiorno, infatti, il Governo ha in questi anni pressoché azzerato ogni forma di sostegno e il bilancio di questi anni è disastroso. L'Italia è un paese sotto tutela e viene digerito come una banalità il richiamo del Fondo monetario internazionale che definisce la presentazione del bilancio italiano ben al di sotto delle pratiche di trasparenza adottate comunemente dei paesi occidentali industrializzati. A questa condizione bisognerebbe opporre un Governo autorevole, competente, con le idee chiare; bisognerebbe mettere in campo una manovra economica e finanziaria coraggiosa, rigorosa, di respiro strategico, per indicare un futuro per l'Italia, per ripensare un ruolo nel nuovo equilibrio internazionale, per cogliere le opportunità della globalizzazione di ritorno che ha restituito centralità al Mediterraneo nel trasporto delle merci provenienti dal continente asiatico, per esaltare i punti di vantaggio e competitivi presenti nel nostro paese, per investire nelle intelligenze e nei saperi, per ricucire le faglie sociali generate in questi anni. Insomma, per proporre un disegno politico.
Nella manovra che ci viene offerta non c'è niente di questo, non ci sono segni di cambiamento, non c'è il segno di una qualunque riforma. C'è la manifestazione plateale e imprudente di tutta la inadeguatezza di questa compagine, della improvvisazione e dell'incontenibile disprezzo per gli interessi generali del paese. La finanza creativa ha ceduto il passo al piccolo cabotaggio; al riguardo basta ripercorrere la sequenza caotica degli ultimi 75 giorni. Il Governo ha presentato il 29 settembre la manovra, il 30 settembre la parte fiscale della manovra, il 17 ottobre un decreto-legge con misure correttive per il 2005, il 28 ottobre un emendamento al bilancio a legislazione vigente con una correzione del tendenziale 2006, l'8 novembre un emendamento - con voto di fiducia - sul decreto fiscale, il 9 novembre un maxiemendamento sulla legge finanziaria con totale riscrittura del testo in circa 400 commi ed ora un nuovo maxiemendamento, presentato in ora notturna, in un clima farsesco, con riscrittura dell'intero testo in 600 commi, con 100 pagine di un emendamento che nessuno conosce. Si tratta di una sequenza micidiale che crea seri problemi alla qualità dei documenti di bilancio, che impedisce e vanifica il lavoro delle Commissioni parlamentari, genera incertezza sulla finanza pubblica, chiude qualunque possibilità di accesso informativo a quanti hanno responsabilità costituzionale di decidere sulle leggi di bilancio.
Noi votiamo oggi su un testo sostanzialmente sconosciuto, deciso al di fuori delle sedi proprie della nostra democrazia, con un Consiglio dei ministri che vota una copertina vuota, formalizza solo ieri l'approvazione di un testo già depositato in Parlamento, un Parlamento che non può interferire. Io capisco l'espressione di amarezza e delusione usata dal Presidente della Camera a commento di questo ennesimo voto di fiducia, ma sinceramente non può bastare. Anche il Presidente Casini dovrebbe fare un consuntivo del suo mandato e chiedersi quanto sia andata modificandosi in questi cinque anni la natura parlamentare della nostra democrazia, quale sia il tasso di legalità costituzionale presente nel nuovo ordinamento materiale, passivamente subito, spesso gradito e ostentato, in altre parole chiedersi e dirci cosa abbia fatto il Presidente della Camera per invertire questa deriva.
Nel merito, le ragioni del nostro dissenso non sono minori. Per ciò che possiamo sapere, il nuovo testo, oggetto - com'è noto - di profondi contrasti all'interno della maggioranza, ricco - come sempre - di miserie elettoralistiche, non risana i conti pubblici, non favorisce la crescita, non favorisce il riequilibrio territoriale, non contiene misure in favore della competitività delle imprese, svuota invece le casse degli enti locali e trasferisce un peso insostenibile alle famiglie, deprime l'economia, riduce i fattori di coesione sociale, genera nuove divisioni ed esalta quelle esistenti.
Ne hanno parlato altri colleghi, non è estraneo a questo giudizio il rifiuto ostinato


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ed ostentato di una risposta concreta e positiva alla domanda di risarcimento della regione sarda per la violata autonomia finanziaria, stabilita in Costituzione. Ma noi abbiamo cercato un segno riconoscibile di una matrice politicamente responsabile della manovra. Ne abbiamo trovati due, non equivocabili: il primo è il condono, vero contrassegno identitario di questo Governo. Puntuale come le feste di fine anno, riemerge la filosofia di fondo del berlusconismo: la «fiera del saldo fiscale». Costante è anche la cosmesi lessicale per trovare nuovi nomi alle cose vecchie. La «pornotax» diventa «tassa etica» ed il condono diventa «programmazione fiscale» preventiva, per il futuro, con «premio accessorio di adeguamento» - si chiama così ora -, per il biennio passato, adeguamento sulla parola, senza accertamenti futuri: un affare! Gli effetti dei condoni, dopo cinque anni, sono ormai un dato verificabile: incertezza sulle entrate, con effetti di fibrillazione sui saldi di finanza pubblica, allentamento - ed, infine, rottura - del rapporto fiduciario tra i cittadini e le istituzioni sul terreno delicato della fiscalità e crescita inarrestabile dell'evasione fiscale.
L'altro marcatore che abbiamo individuato e che riappare ineluttabile, come un fiume carsico, è il conflitto di interessi. Lo registriamo perché, al di là del peso in sé della vicenda dei decoder per il digitale terrestre, colpisce la rozza superficialità con cui l'argomento è stato trattato: dalla farsa del Consiglio dei ministri «tecnico», convocato ieri, dopo la denuncia del senatore Zanda e dell'onorevole Violante, alla banalità degli argomenti invocati a giustificazione. Riemerge quella cultura, un po' autoritaria ed un po' peronista, che mette in secondo piano i valori, le regole e le procedure dello Stato democratico. L'onorevole Berlusconi non riconosce il conflitto di interessi, perché considera la cosa pubblica come una proprietà privata e gli interessi privati come un bene pubblico da tutelare, da favorire con le leggi e con i decreti.
Per questo, signor Presidente, questo voto segna, in qualche modo, l'epilogo di questa legislatura, il punto conclusivo del Governo della destra in questa fase della politica italiana. Avremmo preferito, in questa occasione, un confronto ed un epilogo diversi; avremmo preferito misurare le distanze sulla base di un confronto vero, sui cinque anni passati, ma anche sul futuro che immaginiamo per nostro paese. Invece, il Presidente del Consiglio ha preferito la scorciatoia di un voto blindato, ha preferito, come già in molte occasioni - la riforma elettorale, la riforma della Costituzione, le leggi sulla giustizia -, chiudere la discussione, un po' per timore della stessa, un po' per paura della sua maggioranza. I parlamentari della maggioranza stessa tacciono, come «consegnati», come in un regime illiberale. Tacciono i loro dubbi, le loro incertezze, la loro delusione per un'esperienza fallimentare.
Signor Presidente, noi non siamo felici per questo epilogo. Non abbiamo mai pensato che l'insuccesso di questo Governo potesse giovare all'Italia. L'onorevole Berlusconi ha portato il paese in questo nuovo autunno della Repubblica e noi sappiamo che non sarà facile risalire la china, ritrovare il passo giusto verso il futuro. Ci proveremo con tutta la forza delle nostre ragioni, nella consapevolezza dei nostri doveri, perché noi abbiamo un'altra idea dell'Italia, della democrazia, del processo di formazione delle leggi, della gerarchia dei valori, della pluralità e della diffusione dei poteri. Per questo, la nostra alternatività non discende dalla convenienza di una stagione, ma trova radici profonde nella storia e nella vita degli italiani, radici profonde e robuste, capaci di resistere alle spinte divisive di una miserrima legge elettorale.
Con questi sentimenti e con queste intenzioni, noi voteremo contro la fiducia a questo Governo (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-L'Ulivo, dei Democratici di sinistra-L'Ulivo e di Rifondazione comunista - Congratulazioni).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Alberto Giorgetti. Ne ha facoltà.


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE PIER FERDINANDO CASINI (ore 18,48)

ALBERTO GIORGETTI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, onorevoli rappresentanti del Governo, purtroppo in quest'aula si celebra un rito, cui abbiamo assistito più volte negli anni scorsi, legato alle contestazioni della sinistra sul metodo e nel merito di provvedimenti di natura finanziaria che Alleanza nazionale ha condiviso, continua a condividere e sostiene anche con questo voto di fiducia.
Cari colleghi, si tratta di temi che non avete il coraggio di affrontare. In questa sede, parlate di declino e, quasi con un sentimento di compiacimento, parlate di una condizione di grave difficoltà dell'Italia nel rapporto con l'Europa, all'interno della competizione globale, come se in qualche modo le ricette della sinistra (non abbiamo ancora capito quali possano essere, se non la presentazione, anche nell'ambito di questo dibattito sul disegno di legge finanziaria, di proposte legate quasi esclusivamente all'inasprimento fiscale) fossero oggi credibili per una ripresa sostanziale del sistema paese in un quadro di competizione internazionale sempre più forte.
Alleanza nazionale è serena di fronte a questo voto di fiducia, consapevole del lavoro svolto in Commissione bilancio dal relatore, da tutta la Commissione e dal Governo. Certo, come valutazione assoluta, il ricorso alla questione di fiducia non è sempre lo strumento migliore per affrontare il dibattito. Ma, in questo caso, riteniamo che si sia definitivamente resa chiara la necessità di una modifica delle procedure parlamentari inerenti al disegno di legge di bilancio e al disegno di legge finanziaria, perché, così come sono, hanno ormai mostrato il loro tempo. Vi è, quindi, la necessità di intervenire su tali procedure.
Noi difendiamo il nostro voto sulla questione di fiducia posta dal Governo nel merito. Innanzitutto, vogliamo sfatare il tema dell'Europa. Onorevoli colleghi, la realtà è che, con questa manovra finanziaria, ulteriormente migliorata dal testo del maxiemendamento e dal lavoro in Commissione, riusciremo a presentarci in Europa con i conti credibili all'interno del patto di stabilità, rimanendo partner affidabili sia in sede europea sia in sede internazionale.
È un'Italia in cui si vara una legge finanziaria che non è elettoralistica, come ha fatto nell'anno 2000, con la legge finanziaria per il 2001, il Governo di centrosinistra. Non è un disegno di legge finanziaria che punta in qualche modo a «pagare» il territorio e le categorie. Non è, quindi, un disegno di legge finanziaria che trasferisce i problemi della contabilità pubblica sui Governi successivi.
È un disegno di legge finanziaria di rigore, che, alla luce del maxiemendamento, ha il coraggio di migliorare i saldi per 2 miliardi e 600 milioni di euro, mantenendo alcune caratteristiche di fondo fondamentali in cui Alleanza nazionale crede: da una parte, i valori che caratterizzano il nostro partito; dall'altra, la concreta realizzazione delle iniziative. I valori di riferimento sono legati a temi importanti: ad esempio, il tema dell'attenzione nei confronti della famiglia, rispetto al quale con questo disegno di legge finanziaria, grazie al lavoro in Commissione ed al lavoro complessivo del Governo, si sono ottenute risposte assolutamente rilevanti.
Un altro tema importante è quello della contribuzione per i nuovi nati nel 2005 e nel 2006, su cui Alleanza nazionale e tutto il Governo hanno investito. L'attenzione nei confronti del sistema famiglia, che progressivamente è cambiato nel tempo e che ha bisogno di ulteriori sostegni (mi riferisco, ad esempio, agli asili nido sui quali abbiamo incentrato il nostro interesse), dimostra con grande concretezza come sia possibile supportare, con norme concrete e con un miliardo di euro di risorse stanziate, un progetto politico e i valori profondi in cui si crede.
Tale forte attenzione si sviluppa anche su temi che caratterizzano da sempre le battaglie della destra politica italiana. Mi riferisco, ad esempio, alla sicurezza, tema


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che Alleanza nazionale, come gruppo parlamentare, ha sollevato in sede di Consiglio dei ministri. Ha portato avanti una battaglia che ha, comunque, prodotto dei risultati: più di un miliardo e 300 milioni di euro negli scorsi quattro anni sono stati destinati al rinnovo contrattuale delle forze dell'ordine e delle Forze armate. Nel maxiemendamento riferito a questo disegno di legge finanziaria, grazie all'intervento di Alleanza nazionale, ulteriori 230 milioni di euro sono destinati ai rinnovi contrattuali per le forze dell'ordine e sono previste 2500 assunzioni, di cui 1.500 per le forze di polizia; inoltre, oltre 100 milioni di euro sono destinati alle infrastrutture e ai mezzi di cui i nostri uomini, che lavorano quotidianamente sul territorio, hanno bisogno per poter perseguire un progetto serio e qualificato di prevenzione in materia di sicurezza e di ordine pubblico.
Sono battaglie che Alleanza nazionale ha portato avanti anche in quei settori così delicati che riguardano il sistema del welfare e il nuovo mercato del lavoro.
In questa legge finanziaria si persegue un progetto che ha visto la luce con i primi provvedimenti di natura finanziaria e che prosegue anche all'interno di questo testo, pur nella ristrettezza complessiva delle risorse economiche. Mi riferisco, per esempio, al tema degli ammortizzatori sociali, agli oltre 600 milioni di euro destinati alle crisi industriali nel loro complesso e alla flessibilità, necessaria per adeguare le risorse alla legge Biagi, che, al contrario di quanto sostiene l'opposizione, certo non ha portato livelli di disoccupazione, ma che, in questi anni, ha progressivamente aumentato l'occupazione e ha ridotto la povertà, cari colleghi.
Dovete finirla di sbandierare la povertà come un trofeo della sinistra! Noi oggi dobbiamo sostenere la situazione della nostra economia, dando strumenti adeguati alle imprese e adottando interventi che diano la giusta garanzia per il futuro ai nostri giovani.
All'interno di questa legge finanziaria si ha il coraggio di fare tutto ciò con strumenti flessibili, creando per la prima volta anche un fondo, che è stato fortemente voluto da Alleanza nazionale, per sostenere le giovani coppie nell'acquisto della prima casa, anche laddove i contratti di lavoro a tempo indeterminato non siano certi.
Si tratta di un fondo di garanzia sulla base del quale anche gli istituti di credito potranno garantire un progetto di vita a queste giovani coppie, di fronte ad uno scenario che sempre più prevede condizioni di flessibilità del mercato di lavoro, rispetto al quale, tuttavia, il Governo sta dando segnali importanti di rinnovamento in tema di riforme e di risorse da destinare.
La legge finanziaria interviene anche sul tema fiscale. Qui, cari colleghi, non dobbiamo prenderci in giro quando parliamo di programmazione fiscale. Alla base, evidentemente, c'è il tema della riforma che abbiamo già affrontato, di un abbattimento della pressione fiscale, che è continuata in questi anni e che sta continuando anche con questa legge finanziaria, e di un'attenzione nei confronti delle imprese relativamente all'abbassamento del costo del lavoro.
Questi temi riguardano lo sviluppo, il futuro e il coraggio, per la prima volta, di prevedere un pacchetto di norme coraggiose. Questa è una legge finanziaria coraggiosa, che va dalla dimensione etica (mi riferisco all'inserimento di una tassazione sui beni che riguardano la pornografia e, più in generale, l'incitamento alla violenza, che è un tema sensibile che riguarda le famiglie), alla criminalità e alla prevenzione di questi episodi. Da parte del gruppo di Alleanza nazionale, del relatore e di tutta la maggioranza, c'è stato il coraggio di credere in questa iniziativa.
Dall'altra parte, noi comunque contiamo di intervenire immaginando un futuro forte, legato all'innovazione tecnologica e alla ricerca. Cominciamo a dire con grande chiarezza che in questa legge finanziaria vi sono provvedimenti legati alla detassazione fiscale per le fondazioni che sviluppano la ricerca - detassazione fiscale totale - ed è prevista l'istituzione di


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un fondo di oltre 100 milioni di euro per la prevenzione dei tumori e la ricerca oncologica.
Più in generale, ricordo il sostegno alla detassazione del 5 per mille, ossia alla contribuzione volontaria da parte dei soggetti sottoposti ad imposta, che privilegia il settore della ricerca e delle attività collaterali e di sostegno del terzo settore, che rappresentano una leva importante nella nostra società e che completano il quadro di interventi che gli enti locali quotidianamente attuano.
Voi, cari colleghi, non avete ancora capito che non si può pensare di strumentalizzare il tema del patto di stabilità attorno alla questione degli enti locali, immaginando e prospettando situazioni disastrose in termini di disservizi in capo alla pubblica amministrazione. Non è così!
Oggi i servizi verso il cittadino sono legati ai comuni, ma il patto di stabilità con questa legge finanziaria è stato ammorbidito e dà la possibilità agli enti locali di giostrarsi tra investimenti e spesa corrente.
Inoltre, è previsto anche un sistema di sostegno attraverso le deduzioni e le detrazioni fiscali, la contribuzione, i bonus e i fondi creati in questi anni. Penso alla destinazione di risorse da parte delle regioni e al fondo per le politiche sociali, che è stato creato attraverso la riduzione coraggiosa - sempre voluta da Alleanza nazionale - dei costi della politica.
Quel fondo è stato più volte da voi strumentalizzato nei mesi scorsi in termini di ristrettezza per le regioni. Evidentemente, noi abbiamo una visione complessiva, strategica, che emerge anche all'interno di questa legge finanziaria, che prevede un percorso di rafforzamento sul tema della competitività delle imprese, andando ad agevolare il pacchetto complessivo degli strumenti a disposizione dell'impresa: la detassazione dei brevetti, l'idea coraggiosa attorno ai distretti industriali - che voi, cari colleghi, avete contestato -, la possibilità di pianificare per realtà territoriali che hanno costruito l'ossatura e la struttura di sviluppo in questi anni e la competizione internazionale delle piccole e medie imprese che ha fatto dell'Italia la potenza economica che oggi ancora conosciamo, la possibilità di stabilire direttamente con l'Agenzia delle entrate una tassazione complessiva che metta anche lo stesso distretto nello condizioni di poter sviluppare politiche di rafforzamento all'interno di alcuni settori.
Allora, da una parte, c'è il sostegno e l'innovazione tecnologica; dall'altra, il supporto alla ricerca, la garanzia dei livelli di assistenza sanitaria nei confronti di tutti i cittadini italiani, il tema del sostegno alla famiglia, la difesa, la sicurezza e l'impegno nelle missioni internazionali.
Questi sono valori che appartengono ad un'idea e ad un grande progetto, che Alleanza nazionale persegue anche in questa legge finanziaria, votando questa fiducia, e che ha l'ambizione e la convinzione di proseguire anche nei prossimi cinque anni. Non fatevi illusioni, questi saranno i temi che consentiranno al centrodestra di vincere ancora le elezioni politiche (Applausi dei deputati dei gruppi di Alleanza Nazionale, di Forza Italia, dell'Unione dei democratici cristiani e dei democratici di centro e della Lega Nord Federazione Padana - Congratulazioni)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Agostini. Ne ha facoltà.

MAURO AGOSTINI. Signor Presidente, l'ultima legge finanziaria della legislatura dovrebbe rappresentare...

PRESIDENTE. Colleghi, per cortesia!

MAURO AGOSTINI... l'occasione di un bilancio, di un'operazione-trasparenza su quanto si è fatto, su quanto resta da fare e sugli ostacoli che si sono incontrati nell'attività di governo: insomma, questo si dovrebbe fare di fronte al paese. Invece, il Governo ha cercato, fin da settembre, di scantonare da questo rendiconto. «Non mettiamo le mani nelle tasche degli italiani»; «abbiamo realizzato tutti gli obiettivi»: queste sono le piacevolezze che abbiamo


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ascoltato in questi mesi ed anche oggi in quest'aula. Tuttavia, il paese è sfibrato, ripiegato su se stesso, ha bisogno di una prospettiva nuova, che si può costruire solo partendo da un'analisi esatta dello stato effettivo delle cose. Lo stato effettivo delle cose ci consegna un duplice record realizzato da questo Governo: un'economia ferma tra recessione e stagnazione e conti pubblici fuori controllo. Cari colleghi, raggiungere questo duplice obiettivo insieme richiede impegno e, persino, professionalità, perché realizzarlo contemporaneamente è qualcosa di storico. Capirei se si dicesse che abbiamo i conti pubblici un po' «ballerini» ma abbiamo immesso liquidità nel sistema e, quindi, l'economia va bene o, viceversa, che abbiamo i conti molto rigorosi, quindi abbiamo asciugato risorse per tenere in equilibrio i conti pubblici e, di conseguenza, l'economia fatica.
Voi invece avete realizzato esattamente questo duplice e contemporaneo obiettivo. La verità è che siamo in presenza del fallimento pieno di una politica economica. Guardiamo alla crescita e prendiamo il trimestre più favorevole per l'economia italiana: nel terzo trimestre del 2005 la Francia cresce dello 0,7 per cento, la Germania dello 0,6 per cento, la Spagna dello 0,8 per cento e l'Italia dello 0,3 per cento. Insomma, nel terzo trimestre 2005 l'Italia cresce meno della metà degli altri concorrenti diretti in Europa. Se allarghiamo di più lo sguardo e ci riferiamo agli ultimi anni, vediamo che, purtroppo, questo trend - lo dico senza alcun compiacimento al collega di Alleanza nazionale che ha appena parlato - si conferma.
L'Italia è cresciuta, dal 2002 fino al 2004, del 3,7 per cento; la Francia nello stesso periodo del 6,4, la Spagna del 12,3, la media dell'area euro è del 5,6 per cento. Quindi, l'Italia cresce, nel contesto europeo, due punti, due punti e mezzo in meno della media europea e, tutto ciò, in un contesto internazionale eccezionalmente favorevole.
Leggo una citazione dall'ultima relazione del Governatore della Banca d'Italia: «Il prodotto mondiale», ha detto Fazio il 31 maggio scorso, «è aumentato, nel 2004, del 4 per cento in termini reali. Ponderando le produzioni nazionali sulla base dei poteri d'acquisto, la crescita è del 5,1 per cento, la più alta da oltre due decenni, da oltre vent'anni». Questo non lo dice l'Internazionale socialista, ma il Governatore della Banca d'Italia, che quanto ad esercizio della vigilanza non può essere portato ad esempio di fronte a nessuno, ma che per quanto riguarda la qualità degli uffici della Banca d'Italia rappresenta ancora un punto di riferimento certo.
Questo è lo stato della situazione, lo stato dell'arte. Certo, in questo scivolamento non vi è solo una vostra responsabilità. Vi è un problema di fondo strutturale, ma voi non avete fatto niente, non avete mai nemmeno messo in agenda il problema dello scivolamento della qualità dell'apparato produttivo italiano e, se qualcosa avete fatto, avete soltanto aggravato il problema.
La grande «gelata» di questi anni si è abbattuta solo su una parte della società italiana, la classe media, coloro che fino a qualche anno fa non vivevano certo negli agi, ma stavano mediamente bene, erano sereni, arrivavano tranquillamente alla fine del mese, risparmiavano qualcosa e poi, magari, con i rendimenti di quei risparmi potevano pagare i buoni-libro, i libri di testo per i figli o le vacanze. Si tratta della classe media italiana che è stata l'architrave dello sviluppo e della democrazia nel nostro paese.
Ebbene, su quella parte della società italiana avete colpito, e colpito con grande durezza e con grande determinazione, e avete colpito anche quella fetta della società italiana che aveva guardato a voi nel 2001 e che sperava, appunto, di avere una crescita più forte e più significativa.
Qui si determina una cesura vera, autentica. È riemersa in questi anni in maniera netta ed evidente una questione salariale. È riemerso, anzi è emerso per la prima volta nella storia italiana, il fenomeno della figura sociale del lavoratore povero, cioè di colui che arriva ad avere un posto di lavoro ma che, nonostante


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questo posto di lavoro, naturalmente precario per le riforme che avete fatto, non arriva a «sbarcare il lunario».
La politica fiscale dei condoni, il taglio dei trasferimenti agli enti locali sono stati la parte più evidente della politica che ha colpito la classe media italiana. Questo è il segno delle operazioni che avete fatto. Tagliare i trasferimenti agli enti locali non è un'operazione contabile. Tagliare i trasferimenti agli enti locali significa incidere nella «carne» e nel «sangue» del potere d'acquisto di una parte fondamentale della società italiana, così come procedere con la politica dei condoni significa ridistribuire, anche in questo caso, risorse.
Si prosegue lungo questa strada con il disegno di legge finanziaria con il concordato aggiunto al condono, ipotecando tra l'altro nei prossimi esercizi il rapporto tra fisco e contribuente per i prossimi due anni. Questo è un fatto di gravità inaudita. Durante la vigenza del vostro Governo, durante le sessioni di bilancio avete fatto manovre per 93,8 miliardi di euro, cioè 180 mila miliardi delle vecchie lire, dal 2002 fino ad oggi. E, nel fare questo ingentissimo complesso di manovre, non avete trovato il modo di restituire il fiscal drag, caro collega di Alleanza nazionale. Altro che inasprimento fiscale, la politica del centrosinistra! Questa è restituzione fiscale! Avete impedito che, ogni anno, 1,7 miliardi di euro tornasse nelle tasche degli italiani, di una parte della società italiana, vale a dire di 16 milioni di lavoratori dipendenti, di 17 milioni di pensionati! Questa è l'infrastruttura della società italiana! Questi sono i soggetti in carne ed ossa che hanno sofferto in questi anni per la politica che avete portato avanti, per la redistribuzione alla rovescia del reddito nel nostro paese!
Per quanto riguarda le imprese, con una mano avete dato e con l'altra avete tolto, mentre, con riferimento al Mezzogiorno, avete fatto scivolare l'utilizzo dei fondi comunitari al 2007, 2008 e 2009. Avete compiuto un disastro!
Siete arrivati persino ad espropriare i 450 milioni di euro del credito sportivo che sono stati accumulati in oltre cinquant'anni di storia! Avete tolto queste risorse che dovrebbero essere destinate alle palestre, agli impianti sportivi, a quelle infrastrutture di cui il nostro paese ha bisogno.
L'ultima considerazione riguarda il metodo, su cui anche lei, Presidente Casini, ha speso qualche timida parola: mi riferisco a come si forma il bilancio dello Stato, a quella che una volta - così ci veniva insegnato - veniva chiamata la democrazia del bilancio (o, per meglio dire, si dovrebbe chiamare la democrazia del bilancio!).
Non solo avete svuotato costantemente il Parlamento, ma, come ha scritto Manin Carabba recentemente, le procedure della sessione di bilancio per il 2006 hanno ricalcato ed aggravato le patologie registrate negli ultimi anni.
È già stato ricordato dal collega Soro, ma lo richiamo rapidamente. Il Governo ha presentato il 29 settembre il disegno di legge finanziaria, il bilancio dello Stato a legislazione vigente per il 2006 e la prima sezione della relazione previsionale; il 30 settembre, ha presentato il decreto-legge n. 203, contenente la parte fiscale della manovra per il 2006; il 17 ottobre, il decreto-legge n. 211, con misure correttive per il 2005; il 28 ottobre, un emendamento al bilancio a legislazione vigente, con una correzione del tendenziale per il 2006; il 30 ottobre, la seconda sezione della relazione previsionale e programmatica; l'8 novembre, un emendamento al decreto-legge n. 203 che, nel frattempo, aveva anche incorporato i contenuti del decreto-legge n. 211; il 9 novembre, un emendamento alla stessa legge finanziaria, di nuovo, con accluso voto di fiducia; il 14 dicembre, ieri, avete presentato l'altro maxiemendamento.
Ministro Tremonti, chi si può raccapezzare in questo guazzabuglio, in questo ginepraio che avete realizzato? Avete determinato un'opacizzazione crescente e costante nella formazione del bilancio e nella gestione del bilancio! I voti di fiducia si sono susseguiti ai voti di fiducia e si susseguono ancora oggi ai voti di fiducia! Avete dovuto sottostare anche all'umiliazione


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di dover riconvocare un Consiglio dei ministri (ieri vi ha costretto a farlo il nostro presidente Violante) per aggirare e per poter riaffermare gli interessi privati del Presidente del Consiglio!
Quindi, anche sul metodo e sul versante dei conti pubblici raggiungete un duplice record: conti fuori controllo e cancellazione degli istituti della democrazia di bilancio! Non è un caso che, proprio lungo questa linea, anche la Corte dei conti, proprio oggi, vi ha sanzionato per l'atteggiamento che avete tenuto con riferimento alle sanatorie dei pregressi illeciti contabili, come è nelle vostre intenzioni.
La questione, quindi, non è soltanto quella di cambiare manico, come avverrà rapidamente con le elezioni. La questione è che si avverte la necessità di un salto di qualità delle politiche. Occorre attuare politiche diverse, come abbiamo cercato di affermare in questo intervento e, soprattutto, in tante altre occasioni. La stagione programmatica dell'Unione si è resa evidente in queste settimane ed è chiara e limpida nei nostri programmi e nei nostri obiettivi.
Lo sforzo programmatico è notevole, il sostegno del paese anche! L'Italia può essere certa che esiste un'altra strada, dopo tutti i guai che avete combinato nella gestione della finanza pubblica, non rispondendo minimamente ai problemi dell'economia reale e della società italiana (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo, della Margherita, DL-L'Ulivo, di Rifondazione comunista, Misto-Comunisti italiani e Misto-Verdi-l'Unione - Congratulazioni)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Antonio Leone. Ne ha facoltà.

ANTONIO LEONE. Signor Presidente, il gruppo di Forza Italia esprimerà un voto favorevole sulla fiducia chiesta dal Governo.
Per una volta, cari colleghi, alla fine di una legislatura ci troviamo in una situazione inedita per il nostro paese: da un lato, il provvedimento oggetto del voto di fiducia - ovvero una legge finanziaria non elettoralistica, per la prima volta nella storia - e, dall'altro, il conseguente scontento da parte di molti di quei parlamentari che vi avevano riposto - come peraltro è da sempre avvenuto nella storia di questo Parlamento - le varie istanze per rispondere alle tante esigenze del territorio e dei cittadini.
Anche in ciò siamo orgogliosi di esserci differenziati dai Governi che ci hanno preceduto e lo siamo ancora di più se torniamo per un attimo con la memoria al 2001, vale a dire all'ultima legge finanziaria dei Governi della sinistra quando, tra le varie misure demagogiche varate, venne inserita e strombazzata ai quattro venti l'abolizione dei ticket sui farmaci. Una misura demagogica che non solo non servì a nulla per le elezioni che si sono tenute nel maggio successivo, ma che ha provocato un «buco» di oltre 20 mila miliardi di vecchie lire, cui ha dovuto porre rimedio proprio il Governo Berlusconi. Questo, tanto per non dimenticare il senso di responsabilità di cui ci siamo fatti carico in questi anni a dispetto del diffuso senso di irresponsabilità con il quale le sinistre impazzano nel nostro paese, come se tutto fosse una eterna campagna elettorale.
La manovra finanziaria per il 2006 ha lo scopo di far rientrare il deficit pubblico entro i parametri di Maastricht nell'arco di due anni e, nello stesso tempo, di favorire la ripresa economica che si è avviata nei primi trimestri di quest'anno e che è in via di rafforzamento e consolidamento.
In questi anni, abbiamo fatto salti mortali per restare in Europa, in quel tipo di Europa fatta di regole e paletti - tanto cara a Romano Prodi - che soffoca la libertà di movimento dei Governi, creando ovunque solo difficoltà di gestione e malcontento. Eppure, in questi anni il Governo Berlusconi è riuscito a mantenere in ordine i conti pubblici, senza peraltro inasprire il carico fiscale. Anzi, si è potuto procedere ad una sostanziale riduzione dell'IRPEF dell'ordine di 12 miliardi di euro, a ridurre l'IRAP e l'IRPEG e, attraverso questa finanziaria, a ridurre ancora


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di 2 miliardi i contributi sociali, al fine di ridimensionare il cuneo fiscale e parafiscale e migliorare così la competitività del nostro sistema produttivo.
Con le sinistre al Governo - gli italiani se lo ricorderanno - le tasse rincorrevano nuove tasse, il costo della vita saliva, l'occupazione non cresceva e i preparativi per l'arrivo dell'euro si tramutavano automaticamente in nuove imposte che strozzavano la capacità di ripresa del nostro sistema produttivo.
In questo finire di legislatura, proponiamo una finanziaria responsabile, rigorosa e di ampio respiro, che pone le basi per uno sviluppo solido e duraturo per la nostra economia e per una ulteriore crescita. La disoccupazione è scesa al 7,5 per cento - al di sotto della media europea dell'8,6 per cento -, superando altri paesi come Germania, Francia e Spagna. La disoccupazione è quasi del tutto scomparsa al nord, mentre al centro e al sud è in costante diminuzione; e non si tratta di occupazione precaria, ma di riduzione dell'area del lavoro nero e, gradualmente, di trasformazione del lavoro precario in lavoro stabile.
Stiamo costruendo un'Italia che non teme il futuro, un'Italia che ha fiducia e che sa cogliere i segnali di ripresa. Basta osservare cosa accade nelle istituzioni locali, governate in maggioranza proprio dai partiti che vanno dai Democratici di sinistra ai Comunisti italiani, dalla Margherita a Rifondazione comunista: enti locali che continuano ad autoimpoverirsi per come viene sperperato il denaro pubblico, enti locali che buttano via risorse per foraggiare inutili e spesso costosissime consulenze, anziché investire nelle forze-lavoro già presenti in seno alle istituzioni, peraltro spesso mal retribuite ed emarginate.
Se fossero le sinistre a vincere le prossime elezioni, proprio per continuare a sostenere le folli spese dei propri enti locali Prodi e compagni non esiterebbero ad aumentare il carico fiscale sui cittadini e sulle imprese per drenare risorse che invece andrebbero lasciate libere di alimentare i redditi delle famiglie ed il mercato.
Sono state realizzate significative iniziative di politica economica, poste in essere senza mai mettere le mani nelle tasche dei cittadini, senza inasprimenti fiscali e senza deteriorare gli equilibri di bilancio e ciò anche grazie ad innovativi interventi di finanza straordinaria, tanto criticati dalle sinistre, ma imitati da altri grandi paesi.
Nella passata legislatura è accaduto esattamente il contrario: cittadini ed imprese sono stati sovraccaricati di tasse e, contemporaneamente, si sono bloccate le spese in conto capitale per la realizzazione di infrastrutture.
Non è un caso che i pur tanti Presidenti del Consiglio che si sono succeduti a Palazzo Chigi negli anni di governo ulivista non hanno aperto un solo cantiere degno di nota, anche perché sono sempre stati troppo occupati a pensare a come passare da una campagna elettorale all'altra. Un paese reale, di cui si parla in questa legge finanziaria, non un paese virtuale, come invece viene rappresentato dal centrosinistra.
Il provvedimento in esame è decisamente in controtendenza rispetto a tutte le leggi finanziarie di fine legislatura alle quali il nostro paese è abituato. Per una volta, si è evitato il classico «assalto alla diligenza», che serviva solo a lasciare «buchi» nel bilancio perché vi provvedesse il Governo successivo.
In quest'aula abbiamo ascoltato critiche contraddittorie da parte dei vari esponenti delle sinistre. Da un lato, si accusa il Governo di ricorrere a una finanza allegra, vale a dire di aver aumentato la spesa; dall'altro, si accusa il Governo di ogni nefandezza nel campo dei contenimenti di spesa. Si schiariscano le idee ma, soprattutto, facciano anch'essi un'operazione verità e dicano chiaramente cosa intendono fare di più e di meglio rispetto a quello che abbiamo fatto noi. Hanno sempre intenzione di tartassare i contribuenti per sostenere un sistema farraginoso, che deve pesare solo sulle spalle della gente? Che cosa si prepara a fare il «latitante» professor Prodi, che è così convinto di tornare a sedere a Palazzo Chigi? Tratterà i contribuenti


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come ha già fatto con il suo Governo, chiedendo solo e soltanto sacrifici da immolare sull'altare di un'Europa in cui egli aspettava di andare solo per riparare dopo lo schiaffo politico ricevuto da D'Alema, che lo costrinse alle dimissioni? Non crediamo che questo paese meriti una classe dirigente litigiosa, che passa il proprio tempo a tramare contro tutto e tutti, che pensa a tassare le rendite finanziarie e a ripristinare la tassa di successione.
La legge finanziaria in esame è figlia di un lavoro che si è protratto nel tempo, figlia di un modo di gestire la cosa pubblica serio, parsimonioso ed anche lungimirante. Gli interventi di programmazione fiscale, ad esempio, previsti dal maxiemendamento riguardano una questione di civilizzazione ed introducono una norma moderna, come moderno è l'intero impianto del provvedimento. Il nostro paese è stato, suo malgrado, allenato a politiche di maglia larga ed irresponsabili, che hanno prodotto il debito che conosciamo e lo strozzamento della crescita dal quale stiamo lentamente ma inesorabilmente uscendo.
Siamo un paese poco incline alla responsabilità. Questo è uno dei dati drammatici con cui abbiamo a che fare da sempre, e nella storia troppo spesso la classe politica ha fomentato ed aggravato la situazione, lasciando che il paese scivolasse sull'orlo del baratro. Non vogliamo abbandonare l'Italia nelle grinfie di uomini che hanno sempre usato lo Stato in funzione degli interessi degli apparati partitici, apparati che continueremo a combattere per modernizzare la politica, così come stiamo modernizzando e rilanciando il paese.
So che non ci riuscirete, ma vi sfidiamo fin d'ora a trovare gli argomenti per convincere gli italiani, dopo che per anni avete preferito il gioco del «tanto peggio, tanto meglio», sperando che il paese sprofondasse nell'immenso «buco» economico che avevate creato soltanto per addossare la colpa a chi avrebbe vinto le elezioni. Oggi le cose sono cambiate, e sono cambiate in meglio. Non ve lo aspettavate, e siete in grave difficoltà perché non sapete cosa dire ai vostri stessi elettori. Rassegnatevi, perché non troverete mai un elettorato così sprovveduto e cieco da buttare nel nulla il proprio voto per ritornare al passato, ad una politica virtuale e non reale.
Gli italiani hanno a cuore il proprio futuro. Voi, da sempre, avete a cuore soltanto le vostre poltrone, ma non preoccupatevi: grazie anche alla nuova legge elettorale, le manterrete il prossimo anno, ma saranno ancora quelle dei banchi dell'opposizione (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia, di Alleanza Nazionale e della Lega Nord Federazione Padana)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mazzuca Poggiolini (Commenti). Ne ha facoltà.

CARLA MAZZUCA POGGIOLINI. Signor Presidente... Un po' di silenzio, per favore (Commenti)... Un po' di rispetto...

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, un po' di rispetto nei confronti dell'onorevole Mazzuca Poggiolini, per cortesia, anche perché tutto questo rumore ritarda l'inizio della votazione.
Prego, onorevole Mazzuca Poggiolini, prosegua.

CARLA MAZZUCA POGGIOLINI. Mi è d'obbligo, dopo questo intervento, ringraziare pubblicamente, a nome di tutta l'opposizione e di tutta l'Unione, il presidente Prodi, e quei Governi, Amato e Ciampi (Commenti di deputati dei gruppi di Forza Italia e della Lega Nord Federazione Padana) ...

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi...

CARLA MAZZUCA POGGIOLINI. ...che, con responsabilità e sacrificio...

PRESIDENTE. Onorevole Mazzuca Poggiolini, si fermi...

CARLA MAZZUCA POGGIOLINI. ... hanno messo al sicuro l'Italia, e gli italiani,


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in Europa. Guai se allora non vi fosse stato quel Governo! Noi voteremo «no» ancora una volta e con convinzione alla fiducia richiesta da questo Governo. In primo luogo, perché ha fatto della fiducia, applicata al disegno di legge finanziaria, un atto di imperio, presentando, ormai per il terzo anno, un maxiemendamento che ha esautorato del tutto il confronto parlamentare. Così facendo, voi vi siete assunti tutta la responsabilità del declino che purtroppo interessa l'Italia. Avete puntato su sgravi fiscali, bonus e altre invenzioni che di fatto non hanno portato giovamento allo sviluppo del paese, come dimostrano i dati internazionali. In secondo luogo, vi diciamo «no» perché avete tagliato i fondi agli enti locali ed avete messo in crisi quello stato sociale che è il vanto della nostra civiltà.
Per fortuna, siamo alla fine di questa drammatica esperienza politica e noi confidiamo che al nostro «no» si aggiunga il «no» convinto di tutta l'Italia e di tutti gli italiani (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo e Misto-La Rosa nel Pugno - Commenti).

PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto sulla questione di fiducia.

GIANCARLO GIORGETTI. Presidente della V Commissione. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIANCARLO GIORGETTI. Presidente della V Commissione. Signor Presidente, intervengo per proporre alcune correzioni formali al testo del maxiemendamento. Al comma 140, i riferimenti ai commi 142 e 143 vanno intesi come ai commi 143 e 144. Al comma 141, lettera a), il riferimento al comma 142 va inteso come riferimento al comma 143. Al comma 143, lettera h), il riferimento al comma 138 va inteso come al comma 140. Al comma 145, il riferimento al comma 142 va inteso come al comma 141. Al comma 148, il riferimento ai commi 142 e 144 va inteso come ai commi 140 e 142. Al comma 174, il riferimento ai commi 6, 7, 56 e 57 va inteso come ai commi 9, 10, 56 e 57. Al comma 310, il riferimento ai commi 283 e 284 va inteso come ai commi 282 e 284. Al comma 328, nella novella, al comma 5, le parole: «del presente decreto» si intendono sostituite dalle seguenti: «della presente disposizione». Al comma 370, il riferimento ai commi da 368 a 376 si intende ai commi da 371 a 376. Al comma 414, lettera b), il riferimento al comma 204 va inteso al comma 294.

ANTONIO BOCCIA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANTONIO BOCCIA. Signor Presidente, mi scusi, ma trovo che vi sia qualcosa di difficile comprensione.

PRESIDENTE. No, onorevole Boccia, mi sembra che sia tutto a posto.

ANTONIO BOCCIA. Per me non è tutto a posto. Signor Presidente, vorrei che lei mi chiarisse anzitutto sulla base di quale competenza il presidente della V Commissione corregge un emendamento presentato dal Governo. La cosa mi pare perlomeno un po' «stonata». Forse, sarebbe dovuto intervenire il rappresentante del Governo per chiarire di aver commesso l'errore di non aver fatto un «lifting» al maxiemendamento presentato.
Questa, a mio avviso, è un'anomalia! Certamente, non chiedo adesso che si debbano far trascorrere altre ventiquattrore prima di esprimere il voto di fiducia su queste ultime modifiche introdotte al testo del maxiemendamento; però, le chiederei di svolgere una riflessione su questo fatto anche perché, così facendo, si può creare un precedente che potrebbe condurre l'Assemblea a discutere sul contenuto - diciamo - della formalità delle modifiche testè introdotte. Se lei, Presidente, mi dà rassicurazioni sulle due questioni che le ho appena posto, l'andamento dei lavori mi sarà più chiaro.


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RENZO INNOCENTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

RENZO INNOCENTI. Signor Presidente, prima che lei risponda alle questioni sollevate dal collega Boccia, voglio fare osservare a lei, ai colleghi e ai rappresentanti del Governo, che nel testo a fronte, distribuito in aula, si rinvengono, rispetto all'emendamento presentato dal Governo, in alcune parti, alcuni testi «limati», cioè un po' contratti (parentesi con dei puntini di sospensione che si riferiscono forse al testo). Si tratta di omissis o non sono riportate per brevità? Poiché ciò lo si può osservare anche con riferimento a questioni delicate quali quella, ad esempio, di cui al comma 144, desidererei avere da lei qualche rassicurazione in merito al testo in questo momento all'esame dell'Assemblea.

PRESIDENTE. Onorevole Innocenti, è chiaro che capita quando la tipografia non capisce qualche parola. Si è verificato anche in passato (Commenti del deputato Innocenti)...
No, l'ho visto, l'ho presente: a pagina 151, ad esempio...
Onorevole Boccia, lei ha ragione: il presidente Giorgetti ha svolto un'azione di supplenza ma, naturalmente, la lettura delle correzioni poteva aver luogo in sede di coordinamento formale. È stato chiesto che si procedesse in tal modo anche da parte del Governo, ma sono stato io a chiedere al presidente Giorgetti di farlo adesso, perché è giusto farlo ora. Con l'ausilio degli uffici ho verificato che si tratta soltanto di coordinamento formale.
Per quanto concerne uno dei punti a cui Giorgetti ha fatto riferimento, gli uffici mi hanno fatto notare che, in realtà, l'incongruenza era presente nel testo trasmesso dal Senato; non lo troverà, quindi, onorevole Boccia, tra le cose lette dal presidente Giorgetti, proprio perché l'ho fatto espungere, perché il problema non poteva essere ... Si tratta, forse, di un errore di coordinamento formale, ma poiché era nel testo del Senato, l'ho fatto espungere.
Vi ringrazio (Commenti del deputato Innocenti).
No, il testo è quello... (Commenti)!
Mi scusi, onorevole Innocenti, la voglio rassicurare: il testo che si vota è quello pubblicato dove ci sono i puntini, vuol dire che non c'è nulla ...

RENZO INNOCENTI. Signor Presidente, come non c'è nulla?

PRESIDENTE. Non so cos'altro dirle ... Il testo che conta (Commenti del deputato Innocenti) ... Scusi, scusi, onorevole Innocenti, il testo che conta è questo (Commenti)... Quello in cui compaiono i puntini è un aiuto che abbiamo dato ai parlamentari, ma il testo che fa fede è quello in cui non ci sono i puntini, pubblicato nell'allegato A.

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