Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 716 del 2/12/2005


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PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MARIO CLEMENTE MASTELLA

La seduta comincia alle 9,05.

GABRIELLA PISTONE, Segretario, legge il processo verbale della seduta di ieri.
(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del regolamento, i deputati Lazzari e Parolo sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
Pertanto i deputati complessivamente in missione sono sessantuno, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Informativa del Governo concernente la prima applicazione della recente normativa sul contrasto del terrorismo internazionale (ore 9,07).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di un'informativa del Governo concernente la prima applicazione della recente normativa sul contrasto del terrorismo internazionale.

(Intervento del ministro dell'interno)

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il ministro dell'interno, onorevole Pisanu.

BEPPE PISANU, Ministro dell'interno. Signor Presidente, onorevoli colleghi, a poco più di tre mesi dalle stragi di Londra e di Sharm el Sheik, l'attentato di Amman e quelli sventati nelle scorse settimane in alcuni paesi europei e in Australia confermano che la strategia delle formazioni jihadiste non è cambiata. L'obiettivo politico finale di Al Qaeda rimane la creazione di un'unica «grande nazione islamica». Perciò, l'abbattimento dei regimi islamici ritenuti «apostati», primi fra tutti la Giordania, l'Egitto e l'Arabia Saudita, rappresenta il passaggio ineludibile per giungere al «califfato» più volte evocato da Bin Laden.
Sia Al Zawahiri, il medico egiziano «numero due» di Al Qaeda, sia Al Zarkawi, il capo sempre più autonomo del terrorismo in Iraq, operano in questa direzione, sebbene da due prospettive differenti. Il primo si preoccupa di preservare il consenso della comunità islamica e quindi critica le sanguinose aggressioni a danno degli sciiti e dei civili musulmani compiute da Al Zarkawi, mentre quest'ultimo mira a colpire con ogni mezzo gli Stati «apostati» dell'Islam e, in subordine, i paesi occidentali più impegnati nella lotta al terrorismo internazionale. Pertanto, nei paesi islamici appaiono esposti al rischio anche le sedi e i simboli dei governi e delle economie dell'occidente, così come i semplici turisti e gli operatori umanitari. Basti pensare al recente sequestro in Iraq di due europei, due canadesi e un americano.
Questi bersagli, infatti, risultano funzionali tanto alle esigenze «politiche» di Al Qaeda, preoccupata di non colpire i musulmani, quanto alle strategie «militari» di Al Zarkawi, più facilmente realizzabili


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nei territori islamici che non al di fuori di questi.
Ricordo che solo nell'anno in corso si sono avuti otto attentati contro simili obiettivi in Qatar, Turchia (due attentati), Egitto, Pakistan (due attentati), Indonesia e Giordania. Per completare il quadro, ricordo anche la convertita belga che si è fatta esplodere in Iraq ieri l'altro.
In questo contesto, l'attacco all'Europa sembra rimanere appannaggio di cellule endogene, cioè di gruppi autonomi che agiscono nelle aree urbane del continente, per mettere a segno grandi attentati, scuotere l'opinione pubblica e condizionare gli orientamenti politici di fondo, come a Madrid e a Londra. Aggiungo che il rientro in Europa di «combattenti iracheni» è ancora una ipotesi, sebbene priva di consolidati riscontri. Comunque, sarebbe proprio Al Zarkawi il regista di questa strategia. Egli mirerebbe alla costituzione di una sua rete anche in Europa, dove potrebbe già contare su elementi baathisti in grado di fornire supporto tecnico per operazioni terroristiche.
Si tratta di un disegno potenzialmente assai minaccioso, perché potrebbe dar vita a strutture operative praticamente slegate da qualsiasi riferimento ambientale e, quindi, più difficilmente individuabili.
Peraltro, con lo stesso Al Zarkawi hanno più volte interloquito le filiere algerine, tuttora molto attive in Europa, così come attive risultano anche le componenti marocchine.
Detto questo, ricordo che in un messaggio reso noto da Al Qaeda, all'indomani degli attentati spagnoli, si affermava l'esigenza strategica di indurre i Governi di Spagna, Italia, Gran Bretagna e Polonia a ritirare i propri contingenti dall'Iraq, per isolare l'America e provocare il fallimento della sua missione militare. E ricordo anche che a metà novembre scorso il Global Islamic Media Front, sigla promotrice del cosiddetto «telegiornale» di Al Qaeda, ha diffuso via Internet un video nel quale si ribadisce la strategia dell'organizzazione terroristica: arruolamento, addestramento e incitamento dei mujahidin via web; promozione del jihad mediatico per intimidire i «crociati»; esaltazione di Al Qaeda in Mesopotamia come esempio per tutti gli altri movimenti armati. Successivamente, il 24 novembre, la stessa sigla ha diffuso un comunicato di minaccia nei confronti del Presidente del Consiglio dei ministri e del popolo italiano.
In generale, possiamo considerare i vari comunicati di minaccia contro il nostro paese come opera di utenti Internet sensibilizzati da Al Qaeda, i quali mirano ad innalzare la nostra percezione di rischio, giocando anche sulla conoscenza dell'attualità politica italiana.
In questa situazione, dobbiamo continuare a ritenere possibile un attentato nel nostro paese. Perciò, anche se ad oggi non si colgono segnali certi di attività preparatorie, la sicurezza delle Olimpiadi invernali di Torino assume un valore prioritario. La risonanza mondiale dell'evento e la sua coincidenza con la campagna elettorale possono, infatti, risultare di grande interesse per le organizzazioni terroristiche. Del resto, nella più recente storia dei Giochi olimpici i precedenti non mancano.
Voglio assicurare al Parlamento che le Forze di polizia hanno messo a punto un ampio ed accurato piano per l'ordine e la sicurezza pubblica, che è ora in avanzata fase di realizzazione. Esso prevede, tra l'altro, l'impiego di 9 mila operatori delle forze dell'ordine, l'apertura di una Centrale operativa olimpica collegata a 21 sale operative di sito e l'attivazione di un Centro nazionale di informazione sulle Olimpiadi, in stretto rapporto con le polizie e i servizi di intelligence di numerosi paesi.
Tutto ciò premesso, riferisco ora dettagliatamente sulla prima applicazione delle disposizioni approvate dal Parlamento nel luglio scorso, partendo da quelle che forniscono alle Forze di polizia nuovi strumenti investigativi e di penetrazione informativa.
Dico subito che questi strumenti sono stati impiegati con estrema oculatezza e con senso della misura, in adesione agli


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orientamenti di fondo che hanno consentito l'amplissima convergenza parlamentare sulle proposte del Governo.
In particolare, nei primi tre mesi di vigenza del decreto sono stati effettuati diciotto colloqui investigativi in carcere, che hanno avuto luogo principalmente nelle sedi delle procure distrettuali. Nell'apposita circolare, ho sottolineato l'esigenza di mantenere questi interventi entro un quadro ben coordinato a livello centrale, rispettando così la ratio evidente dell'articolo 1 del decreto.
Il nuovo permesso di soggiorno a fini investigativi è stato rilasciato finora in quattro casi, ad altrettanti stranieri che hanno offerto la loro collaborazione agli organi investigativi. Com'è noto, l'articolo 2 attribuisce questo provvedimento alla discrezionalità dei questori, i quali si attengono alle precise direttive del Dipartimento della pubblica sicurezza, prestando altresì la massima collaborazione ai procuratori della Repubblica nei casi in cui il permesso viene rilasciato su loro richiesta.
Non si registrano invece casi di rilascio della carta di soggiorno a fini investigativi. E ciò a motivo del carattere di straordinaria rilevanza della collaborazione che giustifica l'applicazione di questo istituto premiale.
Anche per le intercettazioni preventive da parte dei servizi di informazione e di sicurezza, ci si è mossi con grande cautela e in stretta aderenza alle disposizioni dell'articolo 4.
Passiamo ora alle espulsioni per motivi di ordine pubblico e sicurezza, che sono, voglio sottolinearlo, un efficacissimo strumento preventivo nei confronti dei più pericolosi fondamentalisti islamici; pericolosi, perché contigui ad organizzazioni terroristiche o perché impegnati in attività di supporto logistico o di propaganda jihadista e antioccidentale.
Le espulsioni sono anche una valvola di sicurezza per sopperire ai ritardi con cui gli ordinamenti giuridici occidentali si stanno adeguando alla minaccia del terrorismo suicida: un'insidia micidiale, che vanifica tutti gli strumenti di deterrenza fin qui usati nei confronti di chi voleva portare morte senza sacrificare la propria vita. Si tratta di ritardi culturalmente e politicamente comprensibili, perché la ricerca di strumenti nuovi ci conduce fatalmente su una frontiera pericolosa: quella del baratto - che sarebbe comunque effimero ed illusorio - tra libertà e sicurezza.
Occorre muoversi con prudenza, senza lasciare nulla di intentato per la sicurezza della collettività, ma contenendo al minimo le compressioni delle libertà individuali garantite dalla Costituzione. Fino ad oggi, sono stati adottati venti provvedimenti di espulsione a carico di stranieri ritenuti pericolosi per l'ordine pubblico o la sicurezza nazionale, quattro dei quali ai sensi dell'articolo 3 del decreto-legge n. 144, del quale parliamo. Le nuove norme sono state cioè utilizzate nei soli casi in cui quelle già in vigore potevano risultare inidonee o inefficaci. Finora risultano impugnati soltanto due provvedimenti.
Di grande utilità si sono dimostrate le norme introdotte dall'articolo 10 per punire la fabbricazione e il possesso di documenti falsi ed agevolare l'identificazione delle persone fermate. Per quanto riguarda le prime, quelle relative alla fabbricazione e al possesso di documenti falsi, si sono già registrate ottantotto incriminazioni, generalmente connesse al favoreggiamento dell'immigrazione clandestina.
Al momento, non sono ancora emersi collegamenti concreti tra questo tipo di attività, cioè l'immigrazione clandestina, ed il terrorismo di matrice islamica, ma alcuni extracomunitari, contigui ad ambienti fondamentalisti, sono risultati particolarmente attivi nell'agevolare l'immigrazione clandestina, specie attraverso il reperimento di falsi documenti di identità.
Il fermo prolungato a fini di identificazione è stato applicato in dieci casi, due dei quali hanno richiesto il prelievo coattivo di campioni biologici per l'estrazione del profilo del DNA, naturalmente previa autorizzazione del magistrato. A questo proposito, desidero evidenziare l'utilità di una disciplina complessiva ed unitaria, anche in vista della costituzione di una


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banca dei dati del DNA, come è già avvenuto in molti altri paesi europei.
Le nuove norme sull'arresto e sul fermo, previste dall'articolo 13, sono state finora applicate complessivamente 15 volte, con 12 arresti in flagranza e 3 fermi a carico di stranieri in possesso di falsi documenti per l'espatrio.
Non si è ancora presentata l'occasione, invece, per applicare i nuovi articoli 270-ter, quater e quinquies del codice penale, introdotti dall'articolo 15, in ordine alla nozione di finalità terroristica ed alle relative fattispecie di reclutamento ed addestramento. Lo stesso dicasi, su un diverso terreno, per la disposizione che ha ampliato l'ambito di intervento dei militari nella vigilanza degli obiettivi fissi, estendendolo alla identificazione e alla perquisizione sul posto.
Come ricorderete, onorevoli colleghi, il decreto-legge n. 144 del 2005 ha previsto anche strumenti di prevenzione amministrativa, sotto forma di nuovi o più stringenti controlli che si sono rivelati subito piuttosto efficaci. Mi riferisco innanzitutto all'articolo 7 del decreto-legge che assicura fino al 31 dicembre 2007 il controllo di polizia sugli esercizi pubblici di telefonia ed Internet, condizionando lo svolgimento di tali attività al rilascio di una specifica licenza.
L'articolo prevedeva, inoltre, l'adozione di un decreto amministrativo di attuazione sugli Internet point, decreto che ho firmato il 16 agosto, dopo averlo concertato con i colleghi Landolfi e Stanca ed aver acquisito il parere favorevole del Garante per la protezione dei dati personali.
Sino al 31 ottobre 2005, sono state presentate 822 richieste di licenza e 3.910 richieste di regolarizzazione per le attività già avviate.
Entro la stessa data sono stati disposti 85 nuovi rilasci e 2 dinieghi. Nel contempo, sono state effettuati 938 controlli, che hanno determinato la revoca di 46 licenze, un provvedimento di sospensione e 15 comunicazioni di reato all'autorità giudiziaria.
Gli uffici, attenendosi alle direttive da me impartite, hanno cercato di operare in maniera selettiva per limitare il più possibile i disagi per l'utenza e, successivamente, hanno provveduto a semplificare alcuni adempimenti amministrativi, recependo le istanze degli enti locali e di alcune categorie imprenditoriali, come gli albergatori ed i tabaccai.
Mentre è ancora presto per esprimere una valutazione dell'apporto che i nuovi controlli possono offrire sul piano investigativo, si è già percepita la loro efficacia deterrente, con indubbi effetti in termini di prevenzione.
E veniamo ora alle norme sugli esplosivi, contenute nell'articolo 8, attuato con un altro decreto a mia firma. Il provvedimento porta la data del 15 agosto e stabilisce restrizioni per l'importazione, la commercializzazione, il trasporto e l'impiego di detonatori ad accensione elettrica (a bassa e media intensità) e degli esplosivi di seconda e terza categoria. Sottolineo che tali misure hanno anticipato un indirizzo poi rapidamente affermatosi a livello europeo e internazionale.
Debbo dire che, mentre per quanto riguarda il trasporto degli esplosivi le imprese si stanno rapidamente adeguando ai nuovi standard di sicurezza, alcuni problemi sono sorti invece in relazione ai più severi controlli sull'uso degli esplosivi stessi e, in particolare, per il monitoraggio delle attività di brillamento nelle cave. Si stanno ora mettendo a punto gli accorgimenti opportuni per evitare che le esigenze di vigilanza ostacolino gravemente le attività produttive.
Nel contempo, si è dato l'avvio a controlli accurati su tutti i depositi di esplosivo e sugli esercizi di minuta vendita. Al 31 ottobre risultavano effettuate quasi mille verifiche, con la denuncia a piede libero di 29 persone ed il sequestro di circa 2 tonnellate di materiale esplosivo e pirotecnico. Per quanto riguarda invece le autorizzazioni all'acquisto e alla movimentazione di esplosivi, sono state ritirate o aggiornate quasi 700 licenze.
Sempre in sede di misure amministrative, il 15 agosto scorso, con un altro provvedimento, è stata subordinata al nulla osta dei questori l'ammissione degli


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allievi alle scuole di volo. La disposizione resterà in vigore fino al 31 dicembre 2006.
Come previsto dall'articolo 6, restano ora da adottare il regolamento interministeriale sulla conservazione dei dati del traffico telefonico e telematico - ormai pressoché definito in sede tecnica - e altri due decreti a mia firma.
L'esitazione su tale argomento è determinata anche dal fatto che, in sede europea - sia nel Consiglio GAI dei ministri dell'interno e della giustizia, sia nel Parlamento europeo -, l'argomento è oggetto di attento esame e né l'una né l'altra sede sono ancora pervenute ad una conclusione che dovrebbe orientare in maniera definitiva anche le nostre scelte.
Con il primo dei suddetti provvedimenti si provvederà ad individuare le infrastrutture informatizzate di interesse nazionale alle quali il servizio di polizia postale e delle comunicazioni deve assicurare protezione informatica. A tal fine sono stati interpellati - ecco una delle ragioni della lentezza - tutti gli organi costituzionali, i Ministeri e gli enti interessati; mi riferisco, in particolare, al Consiglio superiore della magistratura, al CNEL, al Consiglio di Stato, alla Corte dei conti, alle Autorità garanti, all'ISTAT, al CNR, alla Banca d'Italia e alla CONSOB. Preciso tuttavia che non tutti hanno ancora comunicato la propria adesione. D'altra parte, la polizia postale ha già stipulato una lunga serie di convenzioni per la difesa da attacchi informatici, che coinvolgono Poste italiane, RAI, Telecom, Rete ferroviaria italiana, Snam Rete Gas, Gestore della rete di trasmissione nazionale, ACI e ABI.
Con il secondo decreto dovranno invece essere stabilite, ai sensi dell'articolo 18, le condizioni, le modalità di affidamento e le caratteristiche funzionali dei servizi di sicurezza sussidiaria all'interno di porti, stazioni ferroviarie e metropolitane. Questo provvedimento sarà definitivamente messo a punto alla luce delle decisioni della Camera sulla configurazione generale dei servizi di sicurezza sussidiaria.
Nel frattempo, misure di sicurezza sussidiaria sono comunque state adottate da Trenitalia e da alcune autorità portuali. Inoltre la Polizia di frontiera, con l'ausilio dei reparti cinofili, ha svolto speciali servizi di prevenzione e controllo in sette aeroporti, compiendo 2 mila 200 interventi nel periodo agosto-ottobre, mentre la Polizia ferroviaria ha effettuato più di 6 mila servizi negli scali ferroviari e sui treni.
Debbo infine fare cenno all'articolo 17 del decreto-legge n. 144 del 2005, il quale mira a ridurre gli oneri impropri gravanti sulla polizia giudiziaria a causa della notifica degli atti giudiziari. La prima applicazione della norma ha già fatto registrare qualche effetto positivo, sia pure in maniera non uniforme su tutto il territorio nazionale, con diminuzioni apprezzabili del personale impiegato nelle attività di notifica: meno 20 per cento per la Polizia di Stato, meno 16 per cento per l'Arma dei carabinieri e meno 9 per cento per la Guardia di finanza, con conseguente vantaggio per le attività specificamente rivolte all'attuazione delle misure antiterrorismo. Per assestare la prassi applicativa di questa norma, sono in corso contatti e approfondimenti tra il Ministero dell'interno e quello della giustizia, il quale deve fronteggiare ora il corrispondente aggravio del carico di lavoro degli uffici che si occupano, appunto, di notifiche, esecuzioni e protesti. Il breve tempo trascorso dall'entrata in vigore non consente ancora di valutare adeguatamente gli eventuali effetti della disposizione sull'andamento dei processi.
Per completezza, debbo da ultimo dar conto al Parlamento delle attività che in questo stesso periodo di prima applicazione del decreto-legge n. 144 del 2005 sono state svolte nel campo delle pianificazioni e procedure di emergenza per la gestione delle crisi. Mi riferisco, in particolare, all'aggiornamento del piano nazionale per la gestione di eventi di natura terroristica, definito con la direttiva ministeriale del maggio 2004, che fece seguito all'istituzione dell'unità di crisi. Per superare talune incertezze sulla linea di comando e sulle modalità di coinvolgimento dei Vigili del fuoco, della Protezione civile e di tutti gli enti comunque interessati ad


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un evento terroristico, è stato costituito un gruppo di esperti che ha rapidamente messo a punto le linee guida per le attività di gestione dell'emergenza.
Il documento è stato sottoposto al Comitato nazionale per l'ordine e la sicurezza pubblica che lo ha approvato nella riunione del 15 agosto scorso. Questo sistema viene ora sperimentato sul campo con un programma di esercitazioni che ha interessato le città di Milano (23 settembre), Roma (3 ottobre), Napoli (22 ottobre) e Torino (27 ottobre). Queste prove hanno fatto emergere alcune criticità sulla catena di comando, sul raccordo tra le pianificazioni centrali e quelle periferiche, sui sistemi tecnici di collegamento e sulla distribuzione territoriale degli specialisti di polizia, quali artificieri, cinofili e reparti di volo. Al fine di perfezionare i dispositivi di sicurezza e di testarne continuamente l'efficacia, le esercitazioni proseguiranno ora in altre località del territorio nazionale anche senza preavviso.
Come potete constatare, onorevoli colleghi, le misure che, a fine luglio scorso, avete approvato sono state applicate con puntualità ed efficacia, come attestano i dati che vi ho or ora riferito. Mi scuso con voi per la lunghezza dell'esposizione, ma credo che lo spirito degli ordini del giorno Elio Vito e Violante fosse proprio quello di permettere al Parlamento di seguire da vicino la progressiva attuazione del «pacchetto», in modo da verificarne il rendimento e, ove necessario, effettuare tempestive correzioni.
Proprio in quest'ottica e apprestandomi ad ascoltare con la massima attenzione le osservazioni e le proposte dei colleghi, vorrei qui indicare due temi sui quali mi pare valga la pena riflettere. Il primo è la revisione delle norme sulla produzione e la vendita di segnali distintivi delle Forze di polizia. Il secondo è l'estensione dei casi di revoca della cittadinanza. Mi riferisco, in particolare, al caso in cui emergano fatti o circostanze dolosamente taciuti dal neocittadino e tali da precludere, se conosciuti prima, la concessione della cittadinanza stessa.
Ma non posso concludere questo rapporto senza fare un riferimento, seppure breve, alle recenti polemiche suscitate dalla pronuncia della Corte d'appello di Milano. Ovviamente, non discuto la sentenza, ma debbo pur meditare sulla vicenda processuale che l'ha preceduta: tre presunti terroristi sono stati arrestati per decisione dei magistrati sulla base di scrupolose indagini condotte dalle Forze di polizia; successivamente altri magistrati li hanno condannati e altri ancora li hanno assolti. Come è già accaduto più volte in questi ultimi anni, le decisioni dei diversi organi della magistratura, chiamati a pronunciarsi sulle accuse di terrorismo internazionale, fanno emergere notevoli disparità di valutazione anche nell'ambito di una stessa vicenda giudiziaria. L'approccio diverso è frutto probabilmente di sensibilità e prassi differenziate, tipiche della cultura giuridica occidentale, che ripropongono problematiche almeno in parte già affrontate nel nostro paese per il terrorismo interno.
Tutto ciò non crea soltanto sconcerto nell'opinione pubblica, ma viene anche interpretato come un segnale di debolezza negli ambienti dell'islamismo radicale. Ecco perché ho sottolineato la necessità di forme sempre più strette di autonomo coordinamento della magistratura, capaci di dare maggiore coerenza all'azione giudiziaria nei confronti del terrorismo internazionale. Ovviamente, ciò non esclude più autorevoli decisioni del Parlamento.
Per parte mia, in questi anni, proprio alla formula del coordinamento ho costantemente improntato l'attività delle forze dell'ordine, convinto di poter conseguire per questa via i risultati migliori. In ogni caso, non posso perdere di vista neppure per un attimo le specifiche responsabilità che la legge affida al ministro dell'interno per la tutela dell'ordine e della sicurezza né, tanto meno, posso eludere la domanda di sicurezza che sale dai cittadini.
Per dare risposte puntuali e legittime a questa domanda, continuerò, dunque, ad usare tutti gli strumenti di prevenzione e contrasto a mia disposizione, naturalmente nello spirito che ha orientato il


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Parlamento in sede di conversione del decreto-legge sulle nuove misure antiterrorismo. Grazie (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia e di Alleanza Nazionale).

(Interventi)

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Cicchitto. Ne ha facoltà.

FABRIZIO CICCHITTO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor ministro, la sua relazione richiederebbe, signor ministro, molto di più dei cinque minuti che ci sono concessi: quindi, procederò schematicamente ad alcune valutazioni.
L'azione del Governo e delle Forze dell'ordine si confronta con il terreno della prevenzione del reato; e sappiamo tutti quanti che il terreno preventivo richiede interventi che fanno i conti con una realtà che è certamente molto meno definita della situazione repressiva a crimine avvenuto. Ma questa è la partita che stiamo giocando: una partita molto difficile, che vede il nostro pieno consenso all'azione del Governo e all'azione che le Forze dell'ordine stanno conducendo.
Tuttavia, ciò non ci esime dal fare i conti con una grande contraddizione che sta emergendo proprio in questi giorni per quel che riguarda, ripeto, l'azione preventiva rivolta ad evitare qualche dramma al nostro paese.
Questa contraddizione esiste tra l'azione svolta dalle Forze dell'ordine e quella svolta da una parte della magistratura caratterizzata, in sostanza, da una oscillazione tra un organico giustizialismo, per quel che riguarda l'interpretazione del reato di concorso esterno in associazione mafiosa, e in molti casi, invece, una linea ultragarantista, sia pure con contraddizioni, per quello che riguarda l'azione preventiva contro il terrorismo.
Questo rilievo non è mio, originale, ma anche di Lucia Annunziata, la quale rilevava giustamente su La Stampa, per quel che riguarda uno dei soggetti recentemente assolti, che costui ha dato ospitalità, ad Amburgo, dal 1989 al 2002, ad uno dei personaggi più significativi dell'attentato dell'11 settembre e, successivamente, in Italia, ha riservato ad un agente della Siria analoga ospitalità. Ebbene, se i magistrati si fossero trovati di fronte ad un «picciotto», il quale dava ospitalità a personaggi della mafia dello stesso rilievo, certamente la condanna sarebbe stata sicura.
In questo caso, invece, è stata pronunciata un'assoluzione. Le assoluzioni, in certi casi, vengono concesse in via di fatto; in altri casi - si vedano le continue teorizzazioni della dottoressa Forleo - sono disposte addirittura sulla base di una valutazione ideologica, operando una distinzione fra la «giusta resistenza» all'occupante ed il terrorismo...

PIER PAOLO CENTO. Presidente, richiami l'onorevole Cicchitto!

PRESIDENTE. Onorevole Cento...

PIER PAOLO CENTO. Non si possono attaccare i magistrati citando nomi e cognomi, come ha fatto Cicchitto con la dottoressa Forleo (Commenti dei deputati del gruppo di Forza Italia)...

PRESIDENTE. Onorevole Cento!

FABRIZIO CICCHITTO. Presidente, se il collega mi consente di proseguire (Commenti del deputato Cento)...

PRESIDENTE. Onorevole Cento...!

FABRIZIO CICCHITTO. ... senza dare in escandescenze...

PIER PAOLO CENTO. Non lo puoi fare...! Presidente, gli faccia rispettare il regolamento!

PRESIDENTE. Onorevole Cento, la prego. Onorevole Cicchitto, anche lei...

FABRIZIO CICCHITTO. Anch'io, Presidente? Io sono semplicemente intervenuto...


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PRESIDENTE. Vada avanti, onorevole Cicchitto.

FABRIZIO CICCHITTO. Come dicevo, vorrei porre l'accento su questa contraddizione molto rilevante. Mi auguro che la contraddizione fra l'azione di prevenzione che svolgono le Forze dell'ordine e la valutazione di alcuni magistrati non finisca col favorire il manifestarsi di qualche tragedia, perché stiamo lavorando per la prevenzione, con tutte le conseguenze del caso.
Approviamo la linea che il ministro sta seguendo, che, per un verso, è di estremo rigore, per un altro, giustamente, è volta ad aprire un colloquio con la comunità islamica. Al riguardo, esprimiamo una valutazione positiva anche in ordine alla composizione della consulta e anche alla presenza nella stessa di tendenze estreme che è meglio che siano inserite in un contesto istituzionale e che non vengano, quindi, lasciate all'esterno, prive di ogni monitoraggio (alcune polemiche fatte da giornalisti che apprezziamo non tengono conto di questo dato).
Certamente, è auspicabile un'azione di maggior coordinamento della magistratura nelle forme che essa reputa più opportune. Tuttavia, come gruppo di Forza Italia, esprimiamo un totale dissenso sull'ipotesi di mettere in capo alla procura antimafia anche i poteri in materia di terrorismo. In primo luogo, perché nutriamo delle grandi riserve su una simile concentrazione di potere giudiziario. In secondo luogo, perché le competenze sono diverse. Infine, perché, poiché c'è una dialettica tra magistratura inquirente e magistratura giudicante e non è ipotizzabile che, oltre la superprocura, si istituiscano anche tribunali speciali, ciò non risolverebbe il problema, ma creerebbe soltanto questioni di altro tipo. Quindi, su questo, esprimiamo un dissenso.
Approviamo l'azione del Governo e la sua relazione. Rileviamo, quindi, con grande preoccupazione l'esistenza di una contraddizione fra l'azione del Governo, l'azione della Polizia, dei Carabinieri e della Guardia di finanza, l'azione dell'intelligence, rispetto alla quale condivido interamente l'articolo che Pierluigi Battista ha scritto ieri sul Corriere della sera, e quella di alcuni settori della magistratura.
Per quanto riguarda il confronto con la comunità islamica, riteniamo che esso vada contrassegnato dalla combinazione di rigore e di apertura che costituiscono la caratteristica dell'azione del Governo, e in esso, di quella sua, onorevole ministro degli interni (Applausi dei deputati del gruppo di Forza Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Minniti. Ne ha facoltà.

MARCO MINNITI. Signor Presidente, vorrei anzitutto ringraziarla, signor ministro, per la tempestività con la quale ha inteso rispondere agli obblighi che il Parlamento aveva previsto per il Governo nel momento in cui è stato approvato il decreto che fissava misure straordinarie ed urgenti nella lotta contro il terrorismo.
In cinque minuti, vorrei porre tre questioni e alla fine farle una raccomandazione. La prima questione, signor ministro.
Lei ha confermato qui che abbiamo un quadro della minaccia che permane grave, anzi starei per dire gravissimo.
Non mi prenda per petulante se ricordo che oggi abbiamo discusso dell'applicazione delle recenti norme antiterrorismo: tuttavia, signor ministro, non le sfugga che il 18 ottobre 2001 questa Camera aveva votato in via definitiva un precedente decreto antiterrorismo. Lo ha fatto sull'onda dell'emozione dell'attacco alle Torri gemelle. Bene, in quel decreto vi erano due norme particolarmente importanti: la prima faceva riferimento alla possibilità di utilizzare nella lotta contro il terrorismo agenti sotto copertura; la seconda riguardava il coordinamento.
Bene, signor ministro, sono passati quattro anni e due mesi e quelle norme non sono ancora applicate: mancano i regolamenti governativi! Posso dirle, signor ministro, che considero - senza polemiche - incredibile che, dopo tanto tempo, misure considerate assolutamente urgenti e indispensabili nella lotta contro


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il terrorismo siano ancora non operative. Le raccomando vivamente tale questione!
La seconda questione, che emerge anche dalla sua relazione, riguarda la strategia di risposta al terrorismo nel nostro paese: vi è un evidente punto debole, che avevamo anche riscontrato, signor ministro, nella discussione svoltasi nell'agosto di questo anno. Vi è un problema evidente di coordinamento tra l'attività giudiziaria. Le dico con grande sincerità che, di fronte ad un unico rapporto di polizia, il fatto che due procure, una di Brescia e l'altra di Napoli, diano giudizi radicalmente differenti - non entro nel merito dei giudizi - costituisce un punto di debolezza del sistema paese, un paese impegnato nella lotta al terrorismo non può permettersi tutto ciò.
Non so come l'onorevole Cicchitto possa dire che si esclude categoricamente qualunque forma di coordinamento; penso invece che quella forma di coordinamento tra le procure nella lotta al terrorismo...

FABRIZIO CICCHITTO. Non ho detto del coordinamento...

MARCO MINNITI. ... debba costituire invece una priorità, se possibile, già in questa legislatura.
Abbiamo avuto un segnale molto importante anche da parte del Consiglio superiore della magistratura. Penso che quel segnale e quel monito vadano ascoltati, altrimenti vi è il rischio di presentarci di fronte a questioni così delicate come un paese che si muove in ordine sparso.
Non le sfugge, ad esempio, signor ministro, quanto sia importante il coordinamento a livello europeo attraverso l'azione di Eurojust: teoricamente l'Italia dovrebbe presentarsi ad Eurojust con ventisei rappresentanti. È possibile tutto ciò? Richiamo ad una forte attenzione su questi temi e sollevo anche due questioni specifiche.
La prima riguarda la mancanza di fondi per la banca dati e anche di fondi adeguati per il pagamento degli interpreti. Lei sa che spesso, su questioni delicate che riguardano le indagini, il problema degli interpreti diventa questione essenziale per poter comprendere quanto sia stato oggetto di attività giudiziaria.
Infine, su tale questione ho ascoltato le sue parole sulla sentenza Daki: penso che il Parlamento debba stabilire il principio per il quale le sentenze debbano essere in ogni caso rispettate. Tuttavia, non sfugge che vi è un problema, che riguarda l'uniformità di giudizio della magistratura. È questo un punto anche di cultura giuridica, giustamente qui sollevato.
Le aggiungo però che vi è anche un'altra questione, che forse va affrontata esplicitamente, e cioè che nel nostro paese a volte si fa confusione tra l'attività di intelligence e quella di polizia giudiziaria, che, come lei sa e come i colleghi sanno, nel nostro ordinamento sono attività separate: all'intelligence spetta la capacità di previsione, di individuazione e di anticipazione; alla polizia giudiziaria trovare le prove. Se facciamo confusione e corto circuito su questo terreno, rischieremo di non avere alla fine risultati importanti.
Vengo ora alla terza questione. Non dobbiamo mai abbassare la guardia sul terreno dei princìpi. La lotta al terrorismo in Italia e nelle grandi democrazie va fatta nel rispetto dello Stato di diritto. In questi giorni vi è stato il monito particolarmente importante da parte del ministro degli esteri dell'Unione europea, il britannico Straw, che a nome dell'Unione europea ha inviato un messaggio particolarmente forte all'amministrazione americana.
Penso che di questo messaggio bisogna tenere conto anche in questo Parlamento; lo dico anche a quanti, nei giorni scorsi, di fronte ad una questione da me posta, cioè di fronte alla lettura della testimonianza difensiva del signor Lady presentata dalla dottoressa Pesci, hanno in qualche modo considerato le mie dichiarazioni come se fossero atti di lesa maestà. Io chiedevo che la Presidenza del Consiglio dicesse qualcosa, il che poi è avvenuto; posso tuttavia dirvi che, dopo un profluvio di dichiarazioni particolarmente aggressive nei miei confronti - l'epiteto più dolce è stato quello utilizzato dall'onorevole Cicchitto,


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che mi ha chiamato «fazioso» -, alle ore 20,32, tuttavia, la dottoressa Pesci ha fatto una dichiarazione che vorrei in questa sede leggere perché rimanga agli atti: le pratiche di rendition sono pratiche note nel mondo; ritengo che addirittura l'Italia abbia chiesto al Governo di effettuare delle pratiche di rendition, per cui credo ci sia stata una legittimazione di fatto.
Lo dico perché è giusto che in quest'aula, nel momento in cui io vengo per così dire insultato...

PRESIDENTE. Onorevole...

MARCO MINNITI. ...su questioni - termino, signor Presidente - così delicate, si sappia anche perché faccio determinate dichiarazioni.
Infine, una raccomandazione, signor ministro. Ritengo che bisogna tenere fuori dalla campagna elettorale il terrorismo. La tentazione è molto forte, vi è stata anche qualche «scivolata» in questo senso; tuttavia, ritengo che lo sforzo che bisogna fare in questo Parlamento - nella libertà di posizioni, di maggioranza e di opposizione (che non devono essere in alcun modo offuscate) - sia quello di non incrinare il punto di incontro e di impegno comune raggiunto nell'agosto scorso. Infatti, quel punto di impegno comune di questo Parlamento è un patrimonio del paese.

PRESIDENTE. Onorevole Minniti...

MARCO MINNITI. Non so se quell'impegno unitario ci possa garantire, ma sicuramente, signor ministro, ci rende più forti.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Gasparri. Ne ha facoltà.

MAURIZIO GASPARRI. La puntuale relazione del ministro Pisanu non può che essere accolta con soddisfazione dal Parlamento, e quindi condivisa nella sostanza, negli intenti e nei toni dal nostro gruppo, in coerenza con l'atteggiamento di ampia e piena collaborazione con il Parlamento che caratterizzò l'importante discussione estiva per l'approvazione dei provvedimenti antiterrorismo. Quindi, rivolgo un ringraziamento sincero e sentito al ministro Pisanu.
Qualche considerazione è però inevitabile su questioni che egli stesso ha offerto ancora una volta alla meditazione del Parlamento. Non possiamo eludere la domanda di sicurezza - ha detto il ministro Pisanu -, vi sono attentati possibili in Italia. Ritengo che il ministro faccia bene a sottolineare tale rilievo - che purtroppo è ben presente nella coscienza di ciascuno di noi per la posizione geografica, storica e politica del nostro paese - e a richiamare tutti ad un impegno legislativo, politico e morale nella lotta contro il terrorismo internazionale, senza sottovalutare il terrorismo interno, sul quale il Governo ha ottenuto risultati importantissimi.
Noi dobbiamo sicuramente dare il massimo sostegno al Governo nell'azione che occorre svolgere. Quanto alle Olimpiadi invernali di Torino, il ministro dell'interno ha richiamato la delicatezza di questo appuntamento, la sua capacità evocativa, i precedenti che nella storia hanno purtroppo visto eventi di questa natura utilizzati dal terrorismo internazionale: i dati che ci sono stati offerti e l'impegno delle Forze dell'ordine sono rassicuranti, quindi confidiamo nel pieno successo della regia che deve accompagnare e precedere eventi di tale importanza.
Condivido anche quanto prima l'onorevole Cicchitto osservava sul ruolo dell'intelligence, quando ha richiamato un intelligente articolo apparso ieri sul Corriere della sera, scritto da Pierluigi Battista: si evoca sempre l'intelligence; si dice: bisogna utilizzare le strategie e le strutture dell'intelligence. È chiaro che l'intelligence deve agire nel rispetto delle regole della democrazia e dello Stato di diritto, ma non si può fare una continua campagna di denigrazione di queste strutture. Anche in questi giorni, alcuni quotidiani, uno in particolare, anche insultando il Comitato parlamentare di controllo dei servizi nella sua interezza, hanno reiterato ricostruzioni ridicole su alcune vicende che hanno


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visto l'Italia ed suoi servizi attenti ed impegnati per la sicurezza interna ed internazionale, e non per alimentare campagne di disinformazione. Allora, è più corretta la chiave di lettura di Pierluigi Battista sul Corriere della sera, mentre è francamente preoccupante la denigrazione di altri organi di informazione.
Vi è un rapporto, afferma il ministro dell'interno, tra immigrazione clandestina e terrorismo. Noi non intendiamo criminalizzare tutta l'immigrazione clandestina, tuttavia le norme della cosiddetta legge Bossi-Fini, ad avviso mio e del nostro gruppo, vanno semmai rafforzate, al fine di favorire quei controlli che, nei centri di permanenza temporanea ed in altre strutture, vanno svolti senza essere contestati o contrastati, come, con intenti demagogici e provocatori, anche recentemente si è fatto!
Vorrei rappresentare, altresì, che le iniziative riguardanti i call center - che, spesso, sono stati ricettacolo di attività illegali - adottate dopo l'entrata in vigore delle norme ad essi relativi ci confortano.
È necessaria, inoltre, una maggiore attenzione nei confronti di quella che è stata definita la «generazione jihad». Non sfugge neanche alla politica italiana, infatti, che, in Inghilterra ed in Francia, immigrati di seconda generazione, nati proprio in quei paesi, hanno dato luogo a ribellioni nelle banlieue, o addirittura ad attentati terroristici. L'integrazione, allora, deve essere una scelta responsabile, ma chi si integra deve accettare le regole della nostra convivenza civile e democratica.
Per quanto concerne la Consulta islamica, il ministro dell'interno mi permetta, dopo tutte queste lodi, di esprimere, nella franchezza delle mie valutazioni, qualche perplessità sul ruolo dell'UCOII. Abbiamo letto, infatti, troppe dichiarazioni farneticanti di Piccardo per non essere preoccupati!
È stato affermato che è meglio integrare all'interno di un organismo che lasciare fuori dalle istituzioni, tuttavia sappiamo quanto sia attento il ministro Pisanu, e confidiamo sul fatto che la presenza dei rappresentanti dell'UCOII all'interno di tale consulta non possa permanere qualora si dovessero registrare ulteriori, farneticanti - ribadisco farneticanti - dichiarazioni dei vertici di quell'organizzazione in materia di terrorismo. Porte aperte, dunque, a chi rispetta le regole dello Stato di diritto, ma occorre dimostrare severità e fermezza nei confronti di chi propaganda il terrorismo e la violenza!
Il ministro dell'interno, inoltre, ha invitato a meditare sulle recenti vicende giudiziarie. Il ministro Pisanu ha affermato che alcune decisioni possono provocare sconcerto ed ingenerare l'impressione di un atteggiamento di debolezza nei confronti del terrorismo. Vorrei ricordare che sono stato tra coloro che hanno polemizzato con tali decisioni, fino ad essere chiamato in causa da quei soggetti che non hanno condiviso le critiche espresse da alcuni esponenti del Parlamento.
Chiedo scusa delle offese, se ve ne sono state, tuttavia ribadisco la mia preoccupazione da cittadino...

PRESIDENTE. Onorevole Gasparri...

MAURIZIO GASPARRI. ...prima ancora che da parlamentare!
Il ministro dell'interno ha altresì parlato di coordinamento delle attività giudiziarie, ma ha detto di non escludere più autorevoli decisioni da parte del Parlamento. Vorrei ricordare, a tale riguardo, che sono tra i presentatori di una proposta di legge volta a far sì che la Procura nazionale antimafia si occupi anche di lotta al terrorismo, pur nel rispetto di opinioni diverse e consapevole dei limiti dei poteri democratici ed istituzionali che devono sussistere tra Parlamento, esecutivo ed autorità giudiziaria.
Credo non si possa continuare a mantenere questa azione disordinata delle procure, dal momento che, come ha sostenuto lei, signor ministro, vi sono decisioni affidate alle prassi ed a sensibilità diverse. Dobbiamo conferire maggiore certezza all'azione degli investigatori, delle Forze dell'ordine, dell'intelligence e di chi si sacrifica sulle strade. Tali strutture,


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infatti, non possono vedere vanificato il loro sforzo quotidiano da decisioni, a volte surreali, assunte da alcuni settori della magistratura.
Ribadisco, quindi...

PRESIDENTE. Onorevole Gasparri, si avvii a concludere!

MAURIZIO GASPARRI. ...che, se - e concludo, signor Presidente - il coordinamento che il signor ministro ha invocato è possibile, occorrerebbe esaminare in quali termini possa essere realizzato. A tal fine, si apra un dialogo trasparente tra Governo, CSM ed altri organismi, altrimenti si valuti, con serenità, la possibilità di istituire la procura nazionale antiterrorismo precedentemente menzionata.
Vorrei trattare un ultimo argomento, signor Presidente. Vorrei rilevare, infatti, che non possiamo condurre la lotta al terrorismo internazionale con scarsi mezzi finanziari. Ribadisco pertanto, a nome del nostro gruppo, l'invito affinché l'Unione europea consenta l'effettuazione di maggiori spese, in deroga ai limiti stabiliti dal Patto di stabilità e crescita, per le attività di contrasto al terrorismo.
Infatti, difendere le città, installare telecamere ed attrezzare meglio le Forze dell'ordine costa! Di fronte ad un terrorismo che dispone di mezzi sterminati, vorrei osservare che condurre la lotta contro l'illegalità internazionale con la lesina degli scarsi mezzi è molto difficile. L'Unione europea si risvegli e si riscuota! Bisogna difendere non solo la nostra identità, la nostra religione e la nostra cultura, ma anche la nostra gente ed il nostro territorio; per realizzare ciò, non servono soltanto idee e valori, ma anche mezzi economici!
Se, ministro Pisanu, si avvierà su questa strada...

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Gasparri...!

MAURIZIO GASPARRI. ...Alleanza Nazionale le sarà accanto con convinzione (Applausi dei deputati dei gruppi di Alleanza Nazionale e di Forza Italia)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Lusetti. Ne ha facoltà.

RENZO LUSETTI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il ministro Pisanu ci ha ricordato, con puntualità, che il terrorismo è un flagello globale, da affrontare con serietà e determinazione. Come lei sa, signor ministro, la nostra risposta è stata una scelta di piena collaborazione e di assunzione di responsabilità dinanzi ad un fenomeno che minaccia la quotidianità della comunità nazionale e transnazionale.
Nelle comunicazioni che lei ha testè reso all'Assemblea, ministro Pisanu, ha sostenuto che la minaccia è ancora grave e che è stata fronteggiata con tutti i mezzi di prevenzione e di contrasto messi a disposizione dal suo provvedimento contro il terrorismo internazionale.
Lei ricorda il dibattito in aula, che è stato largamente ispirato, quando approvammo la conversione in legge del relativo decreto-legge, nel luglio dell'anno in corso, dall'intenzione comune di fronteggiare il fenomeno del terrorismo. Ricordo, tuttavia, che nonostante l'appoggio di gran parte dell'Unione, o meglio dell'opposizione, il provvedimento ha subito alcuni rinvii, per alcune divisioni interne al Governo. Tuttavia, lei, signor ministro, ricorderà anche che il decreto-legge, pubblicato il 27 luglio sulla Gazzetta ufficiale, è stato convertito in legge ed approvato definitivamente il 30 luglio 2005. Quindi in soli tre giorni vi è stata una forte convergenza sul tema da parte di questo Parlamento.
Lei, signor ministro, ha ribadito inoltre che la politica sulla sicurezza si basa su tre pilastri fondamentali: controllo del terrorismo, prevenzione e coordinamento. Su questi temi siamo d'accordo e condividiamo questa azione. Tuttavia, mi consenta, signor ministro, di fare alcune precisazioni. Per quanto riguarda l'ultimo punto, ossia il coordinamento, è importante rilevare - lo ha già affermato lei stesso, nel suo intervento - che vi sono addirittura 160 autorità giudiziarie che si occupano di contrasto al terrorismo e che le nostre proposte prevedevano - se ricorda bene, signor ministro - un sistema


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di coordinamento, a prescindere dal nome da attribuirgli, soprattutto in relazione ai problemi dei colloqui investigativi ed alle intercettazioni.
Lei, signor ministro, ci chiese di valutare l'opportunità di approvare il decreto-legge così come era, per rivederlo in seguito con attenzione, dopo averlo sperimentato per un lasso ragionevole in di tempo. Così abbiamo fatto, non insistendo sui nostri emendamenti, che pure ci sembravano giusti, sotto tale profilo. Dunque, le voglio evidenziare alcune circostanze: oggi lo stesso CSM chiede un provvedimento su un referente unico che coordini le indagini sul terrorismo. Non sono d'accordo con l'onorevole Cicchitto - l'onorevole Cicchitto, in questo momento, non mi ascolta, ma non fa nulla - e non so se il problema sollevato dallo stesso onorevole Cicchitto sia di natura semantica: in altre parole, non so se è la parola «superprocura» a spaventarlo, ma ritengo che un problema di coordinamento esista, se vogliamo potenziare le indagini del terrorismo.
Il secondo punto è quello della guerra al terrorismo. Essa non si vince solo con la repressione giudiziaria - anche se quest'ultima è indispensabile, come lei, signor ministro, ha rilevato -, ma occorre conoscere il fenomeno e contrastarlo, impiegando sul campo le forze necessarie, e soprattutto una migliore comprensione intellettuale del nemico. Quindi, si tratta di intensificare la prevenzione.
Sono d'accordo con lei, signor ministro, e non sono d'accordo con il collega Gasparri, perché credo che sulla consulta vi sia stata una giusta azione da parte del Governo per cercare di comprendere in maniera diversa il fenomeno ed intensificare veramente, oggettivamente, seriamente e concretamente l'opera di prevenzione che il Governo deve ed intende fare nella lotta e nella guerra al terrorismo.
Infine, il terzo punto è rappresentato dall'attività di intelligence, di cui tutti parlano. Sappiamo che essa è fondamentale per prevenire i fenomeni terroristici ed anche per smantellare le cellule radicate nel territorio di un paese, così come accade nel nostro e così come lei ha detto nella sua relazione. Tuttavia, a parte i riferimenti che hanno fatto i colleghi Cicchitto e Gasparri in precedenza, confondendo anche - l'uno con l'altro - gli articoli di Battista con quelli di Annunziata (Commenti del deputato Gasparri)...
No, Gasparri, tu hai confuso ciò che ha detto Cicchitto in precedenza. Non è, tuttavia, questo il problema.
Concordo con le dichiarazioni del collega Minniti sulla circostanza che il problema vero è l'uniformità di giudizio nella magistratura. Sappiamo che tutte le sentenze debbono essere rispettate, perché siamo in uno Stato di diritto. Ciò che intendo sottolineare nel mio intervento è che, assolvendo Mohammed Daki non si condanna l'intelligence che, per noi, è determinante nella lotta al terrorismo.
Concludo, onorevoli colleghi, affermando che questo fenomeno richiede la convergenza di tutte le forze politiche, come ai tempi della guerra vittoriosa contro il terrorismo interno. A pochi mesi dalle elezioni politiche, è importante che la lotta al terrorismo non sia esclusiva prerogativa di una sola parte politica o della sola maggioranza di Governo. La lotta al terrorismo, infatti, non deve essere uno strumento di propaganda elettorale - come ha fatto palesare, qualche giorno fa, il Presidente del Consiglio, in una convention di Forza Italia - ma è un lavoro di tutte le forze politiche, di maggioranza e di opposizione, con un forte sostegno al lavoro indispensabile e determinante di tutte le Forze di polizia, che sono un patrimonio del paese.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Gibelli. Ne ha facoltà.

ANDREA GIBELLI. Signor Presidente, signor ministro, la lotta al terrorismo non la si fa solo con gli strumenti che tutti insieme abbiamo messo a punto prima dell'estate di quest'anno, ma soprattutto con un atteggiamento culturale: si dà così anche risposta alla magistratura rispetto alle considerazioni che aveva fatto lei. Mentre nell'agosto di quest'anno il paese


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era coinvolto dalla vicenda di dove collocare il centro in termini politici, in Gran Bretagna Tony Blair, premier della patria delle libertà individuali, affermava: «Se cambiano le regole, cambiamo anche noi. Non possiamo offrire le nostre opportunità a chi viene nel nostro paese e ci risponde con le bombe». Questo è un cambiamento di atteggiamento culturale che in quel paese ha aperto un amplissimo dibattito a 360 gradi su misure enormemente più potenziate nella lotta al terrorismo, che noi come Lega nord avevamo sintetizzato con il termine «tolleranza zero». Abbiamo monitorato cosa sta facendo la Gran Bretagna, cosa sta ipotizzando la Francia, cosa hanno già fatto gli Stati Uniti e l'Australia per non correre rischi inutili. Noi siamo stati fortunati fino ad oggi. Quindi, un bilancio autentico non si può fare e mi auguro che non venga mai fatto, per il bene dei nostri concittadini e per la sicurezza di questo paese.
È altrettanto vero che, se vogliamo combattere il terrorismo, dobbiamo non solo individuare misure di repressione ma, in maniera coraggiosa, norme di comportamento. Mi rendo conto di toccare un tema particolarmente delicato, però non c'è più nemmeno un sussulto, ad esempio, in relazione al fatto che continuano in maniera automatica sbarchi di clandestini nel nostro paese, le cui notizie oramai occupano le ultime pagine dei quotidiani. Se c'è, come è stato indicato, una parte della politica, cioè il centrosinistra, che ha tentato di delegittimarci attraverso la magistratura, questa magistratura sta delegittimando gli strumenti che abbiamo messo a punto, minando la sicurezza del paese: quindi, il ripensamento va visto soprattutto in questo rapporto. Nei pochi minuti a mia disposizione vorrei trattare una questione che riguarda le norme di comportamento e il modello che dovremmo adottare in questo paese senza se e senza ma, cioè un sistema di identità di riferimento che collide, mi spiace dirlo, con la proposta della consulta islamica che lei ha avanzato. Riteniamo che tale iniziativa non sarebbe dovuta essere solo di suo appannaggio ma, per le motivazioni politiche che l'accompagnano, avrebbe meritato una maggiore discussione all'interno del Consiglio dei ministri. Per questo le farò due esempi, proprio perché l'opinione pubblica ha bisogno di chiarezze anche in rapporto a quello che ha detto il collega Cicchitto, che, contrariamente a me, ha un'opinione diversa. Nel 2002 Magdi Allam a pagina 139 del suo libro Bin Laden in Italia, mai smentito, scriveva: «Al Qaeda è nata come una filiazione dei Fratelli musulmani. La banca Al Taqwa di Lugano, la banca dei Fratelli musulmani, era la principale arteria tramite cui i finanziamenti di Al Qaeda passavano in Italia. Il banchiere che manovrava i soldi di Al Qaeda in Europa era Hassan Tubbai, l'intimo amico di Nour Dachan», componente dell'attuale consulta islamica che lei ha istituito. Questa autoreferenzialità rischia di dare un messaggio ambiguo al paese e di attribuire a queste persone una patente politica che non meritano, come il secondo componente che ha già espresso pareri politici e non di supporto alla sua struttura. L'imam di Salerno, componente della consulta islamica, dice: «Quello che conta in un rapporto è il rispetto reciproco e la cultura delle persone», in riferimento polemico alla questione dei matrimoni misti.
Ma questa affermazione, relativa al rispetto reciproco e alla cultura della persona, fa riferimento alla nostra cultura o alla sua cultura, dove si ritiene che, per diritto coranico, da 1400 anni, la donna è subalterna all'uomo e i figli appartengono alla religione migliore, ossia all'Islam?
Se consentiremo, a quattro mesi dalle elezioni, a questo genere di membri della consulta islamica di accreditarsi come opinionisti, daremo un messaggio sbagliato ad un paese che invece ha bisogno, lo dico a nome della Lega Nord, di una cultura di riferimento basata su valori irrinunciabili, senza ipocrisia, nell'ambito di un confronto che non può dividere in maniera così netta l'Islam integralista da quello moderato (perché questa distinzione non esiste sul piano culturale, bensì eventualmente sul piano personale).


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L'Islam, come dice Magdi Allam, è un'altra cosa rispetto all'Occidente, che sa distinguere le varie categorie di pensiero. Se applichiamo all'Islam il nostro metro di giudizio, commettiamo, lei per primo, un errore fatale, che rischia di creare uno strumento peggiore del male che dobbiamo combattere (Applausi dei deputati dei gruppi della Lega Nord Federazione Padana, di Forza Italia e di Alleanza Nazionale).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Deiana. Ne ha facoltà.

ELETTRA DEIANA. Signor ministro, lei ci ha fornito un lungo e dettagliato elenco di iniziative che sono state promosse dal suo ministero, in base al decreto-legge n. 144 del 2005 e ha collocato tutto ciò in un contesto globale di politica internazionale. Lei sa bene che sia sul decreto-legge sia sulla analisi della situazione internazionale noi abbiamo forti e rilevanti punti di divergenza con lei.
Non abbiamo condiviso il recente provvedimento di contrasto al terrorismo internazionale per la logica di fondo che lo ispira e per le conseguenze molto negative che ne possono derivare per la cultura - mi sembra che l'ultimo intervento che abbiamo ascoltato sia esemplificativo di questo rischio -, per la civiltà giuridica, per le relazioni che il nostro paese ha con il resto dell'Europa e inoltre sotto il profilo del complicato rapporto che siamo obbligati, storicamente e politicamente, a costruire con le comunità immigrate legate appunto al fenomeno dell'immigrazione.
Lei afferma che siamo in una condizione di grave rischio per la sicurezza: su questo non ci sono dubbi, così come lei ha ragione quando definisce il terrorismo di Al Qaeda come un fenomeno reale, ramificato, in espansione, estremamente pericoloso. I fatti che ci ha riferito sono estremamente chiari ed esemplificativi; allo stesso modo non ci sono dubbi sul fatto che questo tipo di terrorismo costituisca innanzitutto un progetto politico autonomo e non sia derivazione di altri fenomeni. Tuttavia, le divergenze rispetto alla sua analisi intervengono sulla valutazione complessiva del contesto, che non ha fatto nascere quel terrorismo, ma sicuramente ne sta permettendo la diffusione indiscriminata e crescente proprio nel cuore delle città europee.
Lei e il suo Governo, signor ministro, vi dimenticate della guerra in Iraq e dei suoi effetti devastanti, come sostengono gli analisti seri dei paesi direttamente interessati, cioè la Gran Bretagna e gli Stati Uniti.
Credo che non si possa affrontare un'analisi delle ramificazioni del terrorismo internazionale alqaedista senza connetterla con la scelta sciagurata che è stata compiuta dall'amministrazione Bush e con la subordinazione di alcuni paesi, compreso il nostro, nel seguirla in un'avventura senza precedenti dal punto di vista degli effetti di collasso che tale avventura sta provocando nelle relazioni internazionali tra questa parte del mondo e quell'altra.
L'azione di prevenzione che lei ci ha descritto è tutta costruita su logiche securitarie o, perlomeno, alimenta fortemente tali logiche, imprimendo alla nostra cultura una spinta continua verso un'enorme quantificazione di desideri securitari. L'intervento del collega Gibelli è stato molto esemplificativo in questo senso.
Dall'altra parte, quest'azione di prevenzione tende a depotenziare il valore altissimo della civiltà giuridica europea, che dovrebbe essere rivendicata come una risorsa essenziale anche nella costruzione di un diverso rapporto con le altre civiltà.
Il discorso relativo ai diversi gradi di giudizio sui presunti terroristi a Milano rimanda ad una problematica di fondo, ossia alla differenza che c'è tra controllo, prevenzione e previsione del fenomeno terroristico e la sua fenomenologia e l'azione nei confronti dei presunti terroristi. C'è una differenza enorme tra l'azione di intelligence e di sorveglianza, che sicuramente deve essere potenziata nel rispetto delle regole costituzionali, e le azioni di polizia giudiziaria e giurisdizionale, che devono essere rigorosamente


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ispirate ai principi garantisti della nostra Costituzione, anche nei confronti di queste persone.
Un eventuale coordinamento degli organismi che si occupano di contrasto al terrorismo non può assolutamente significare la semplificazione delle pratiche giudiziarie e l'annullamento delle diverse sensibilità giuridiche.

PRESIDENTE. Onorevole Deiana, concluda.

ELETTRA DEIANA. Concludo, Presidente.
Infatti, la pena sarebbe proprio il rischio grandissimo, che stiamo correndo, di passare da uno Stato di diritto ad uno Stato di polizia, perseguendo la sicurezza a prezzo della libertà e dei diritti e operando, con ciò stesso, una torsione antidemocratica e autoritaria della stessa funzione delle forze dell'ordine, che sono forze a presidio di un ordine democratico e non poliziesco.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Sciacca. Ne ha facoltà.

ROBERTO SCIACCA. Signor Presidente, abbiamo ascoltato la relazione del ministro, che è stata lunga e dettagliata. Lo ringraziamo perché ha rispettato gli impegni verso il nostro Parlamento.
Tuttavia, proprio perché il tema è molto delicato, per quanto riguarda gli aspetti tecnici penso che ci sia bisogno di un'ulteriore riflessione.
Per quanto attiene agli aspetti politici, invece, voglio cogliere l'occasione per esprimere qualche giudizio. Infatti, la sua relazione viene svolta oggi, dopo una polemica infiammata tra maggioranza ed opposizione dovuta soprattutto alla dichiarazione del Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi e alle relative risposte dell'opposizione.
Mi richiamo, ovviamente, a ciò che è stato riferito dai giornali, ma c'è anche una relazione sulla vicenda del Ministero dell'interno; mi riferisco ai 203 arresti per terrorismo avvenuti da quando sono in vigore le norme, dopo l'11 settembre 2001.
È evidente, signor ministro, che da ciò che lei ci ha detto e dai documenti del Ministero dell'interno emerge un'azione molto importante.
Tuttavia, mi chiedo se sia possibile affrontare in questo modo un argomento così delicato, che riguarda anche lo Stato di diritto del nostro paese. A questa domanda, inevitabilmente dobbiamo rispondere che c'è bisogno di maggiore serietà. Se lei, signor ministro, dovesse svolgere una relazione - non sto facendo una provocazione: poi spiegherò - per quantificare quello che è avvenuto sul fronte della lotta alla corruzione e alla mafia, in quella relazione verrebbero conteggiati anche Previti o Dell'Utri? Come dicevo, non voglio fare provocazioni, però bisognerebbe chiarire il metodo che si adotta. Rispetto a questi argomenti, chi parla a nome del Governo? Il Presidente del Consiglio o il ministro dell'interno? Dico questo, perché il ministro dell'interno oggi ha smentito quanto dichiarato dal Presidente del Consiglio. Non ci sono 203 terroristi ormai definitivamente condannati. Quindi mi chiedo se in Italia esista ancora uno Stato di diritto e se esista la possibilità di difendersi per tutti o solo per qualcuno.
Colgo inoltre l'occasione per far presente al collega Cicchitto che nel suo intervento egli ha sbagliato, perché l'esempio che ha fatto non è calzante, dal momento che dà l'impressione che chi manda in carcere i mafiosi viene poi giudicato negativamente. Ha sbagliato esempio: avrebbe fatto meglio a non farlo.
Aggiungo che - siccome gli equivoci e gli errori possono essere molti - gli italiani hanno letto i giornali ed hanno verificato che tra i 203 arresti per terrorismo ci dovrebbero essere anche i quattro marocchini fermati (e poi scarcerati nel marzo del 2002 a Bologna), mentre visitavano la Cattedrale di San Petronio, riprendendola con una cinepresa; i 15 pakistani fermati nell'agosto dell'anno successivo e rilasciati dopo dieci mesi, accusati di trasportare sul mercantile sul quale viaggiavano addirittura uranio per Al Qaeda; i


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terroristi che volevano inquinare l'acquedotto di Roma con il cianuro; quelli che volevano far saltare in aria l'ambasciata americana e i tre pescatori egiziani di Anzio, assolti anche dalla Cassazione, che volevano far saltare un McDonald's.
Insomma, come dicevo, gli equivoci e gli errori possono essere tanti. D'altra parte, non siamo noi a dire che ci sono problemi nell'applicazione delle norme. Manca il coordinamento e vi sono molte lacune; questo lo dicono molte procure.

PRESIDENTE. Onorevole Sciacca, la invito a concludere.

ROBERTO SCIACCA. Molti dei soggetti che operano in prima linea nella lotta alla criminalità e al terrorismo rilevano che ci sono problemi di risorse. D'altra parte, noi Comunisti italiani avevamo già sostenuto in quest'aula che non bastano le norme per la lotta al terrorismo. Intanto perché esse sono a volte contraddittorie e sicuramente non contengono le risorse necessarie, ma anche perché - colgo l'occasione per dirlo per l'ennesima volta - una lotta come questa, che è una lotta mondiale al terrorismo, non può essere affrontata nei termini con i quali l'Italia la sta affrontando. Anzi, siccome il ministro chiedeva consigli, credo che potremmo affrontare meglio il problema del terrorismo e dare una mano all'intero pianeta nella lotta contro il terrorismo se l'Italia...

PRESIDENTE. Onorevole Sciacca, deve proprio concludere.

ROBERTO SCIACCA. ...si adoperasse per ritirare le truppe dall'Iraq. Questo sarebbe un buon modo per dare sicurezza all'intero pianeta e al nostro paese.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Cento. Ne ha facoltà.

PIER PAOLO CENTO. Signor Presidente, signor ministro, i Verdi erano e sono contrari alle norme speciali antiterrorismo. Come confermano i dati forniti oggi al Parlamento, da una parte si mette a rischio la tutela dei diritti e delle garanzie delle libertà individuali, dall'altra non si ottiene alcun risultato serio ed efficace nella lotta al terrorismo. Non vi è, nei dati forniti dal ministro dell'interno, alcun dato rilevante, che possa farci ritenere che questa norma ha contribuito ad allentare il pericolo di un attentato terrorista nel nostro paese.
Semmai, signor ministro, queste norme sono servite per qualche atto amministrativo, a chiudere qualche Internet point all'interno della città: poca roba, per i diritti e per le garanzie che sono stati messi a repentaglio.
Cresce l'allarme terrorismo; addirittura, il ministro Pisanu lancia tale allarme in relazione ai pericoli paventati in occasione dello svolgimento delle Olimpiadi a Torino nei prossimi mesi.
I deputati Verdi ribadiscono l'unico consiglio utile ed efficace in termini di politica internazionale, se si intende allontanare il rischio di un attentato terrorista nel nostro paese: quello di procedere rapidamente al ritiro dei soldati italiani dall'Iraq. Quella sì che sarebbe una svolta politica rilevante anche nella lotta al terrorismo ed a garanzia della sicurezza del nostro paese!
Signor ministro, oggi ha compiuto un atto politico rilevante: non ha parlato dei 203 terroristi che il Presidente del Consiglio Berlusconi ha citato, nei giorni scorsi, in una polemica strumentale con l'opposizione.
Signor ministro lo dica con chiarezza, perché non basta il silenzio: dove sono i 200 terroristi arrestati e venduti alla propaganda politica di questo paese? Non ci sono e lei lo sa, signor ministro.
In realtà, il dibattito di oggi, le parole misurate, ma da non sottovalutare, del ministro Pisanu e le dichiarazioni dell'onorevole Cicchitto del gruppo di Forza Italia ci fanno capire come questa materia venga utilizzata ancora una volta per colpire l'autonomia della magistratura.
Si usa la lotta al terrorismo, nonché l'applicazione rigorosa delle nostre norme del codice di procedura penale e del codice penale, come accaduto a Milano ed


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in decine di altri casi (in tali casi, le azioni di prevenzione del terrorismo si sono dimostrate un bluff, perché gli imputati sono stati successivamente assolti) non per rivedere le norme sul terrorismo, ma per lanciare un attacco alla magistratura, alla dottoressa Forleo, nonché per ricondurre al controllo politico l'autonomia e l'indipendenza dei magistrati.
Il ministro ha taciuto su un altro dato emerso dalle cronache, dal dibattito politico: mi riferisco alla presenza eventuale di agenti della CIA e di altri paesi stranieri che, nel nostro paese, prelevano persone che sono detenute, interrogandole ed utilizzandole in maniera difforme dal nostro ordinamento.
È possibile, ministro, che lei non abbia speso una parola in ordine a tale fatto di grande rilevanza, che ha occupato le prime pagine dei giornali e su cui permane un silenzio reticente da parte del Governo italiano?
Queste sono le ragioni per cui i Verdi sono assolutamente insoddisfatti dell'informativa resa dal Governo; pertanto, pur offrendo tutto il nostro contributo rispetto a misure serie nella lotta al terrorismo, confermiamo la nostra non condivisione delle norme approvate a fine luglio scorso.

PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento dell'informativa all'ordine del giorno.

Ordine del giorno della prossima seduta.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

Lunedì 12 dicembre 2005, alle 10,30:

Discussione congiunta dei disegni di legge:
S. 3613 - Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2006) (Approvato dal Senato) (6177).
S. 3614 - Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2006 e bilancio pluriennale per il triennio 2006-2008 (Approvato dal Senato) (6178).
Nota di variazioni al bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2006 e bilancio pluriennale per il triennio 2006-2008 (6178-bis).
Seconda nota di variazioni al bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2006 e bilancio pluriennale per il triennio 2006-2008 (6178-ter).

La seduta termina alle 10,35.