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PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto sul complesso del provvedimento.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Emerenzio Barbieri. Ne ha facoltà.
EMERENZIO BARBIERI. Esprimiamo, come gruppo dell'UDC, l'assenso all'approvazione di questo disegno di legge, che a nostro giudizio, contrariamente a quanto sostenuto dall'opposizione, modifica alcuni aspetti significativi della normativa vigente che disciplina il Consiglio universitario nazionale.
Che la struttura del Consiglio universitario nazionale necessitasse di un'armonizzazione e di una rivisitazione in alcune sue parti lo dimostra l'atteggiamento responsabile che l'opposizione ha mantenuto nel corso dell'iter del provvedimento in Commissione, dove sono state recepite alcune sue proposte emendative.
Al di là dei correttivi riguardanti la composizione del Consiglio universitario nazionale, ritengo che due siano gli aspetti che appaiono senza dubbio innovativi e che introducono elementi di democraticità fino ad ora assenti. Il primo è quello relativo allo svolgimento del procedimento disciplinare, che non prevede attualmente il principio del contraddittorio e che si basa su un criterio gerarchico; un criterio «baronale», secondo il quale il giudizio veniva espresso soltanto da pari grado e che viene oggi, invece, abolito in favore di una corte che giudica tutti a prescindere dal ruolo ricoperto.
L'altro aspetto innovativo, che potrebbe in futuro eliminare il nepotismo imperante nello svolgimento dei concorsi universitari, è quello recato dal comma 8 dell'articolo 1, che prevede l'esclusione dalle commissioni esaminatrici di quei componenti che ricoprono a pieno titolo la qualifica di professore e di ricercatore nel corso di procedure concorsuali volte al reclutamento di professori ordinari ed associati e di ricercatori. Certamente questa norma non esclude a priori la possibilità delle cosiddette baronie universitarie, ma potrebbe rendere più ardua l'assunzione di figli, nipoti ed affini.
Il provvedimento in esame, lo ripetiamo, è importante. Per tutti questi motivi, dichiaro il voto favorevole del gruppo dell'Unione dei democratici cristiani e dei democratici di centro (Applausi dei deputati del gruppo dell'Unione dei democratici cristiani e dei democratici di centro).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Martella. Ne ha facoltà.
ANDREA MARTELLA. Signor Presidente, non posso condividere l'entusiasmo e il giudizio positivo espresso poc'anzi dal collega Emerenzio Barbieri, sebbene consideri positivo che, nel corso dell'esame del provvedimento in sede referente, siano state accolte alcune delle proposte emendative
che noi, come opposizione, avevamo presentato. Tuttavia, tra le nostre proposte emendative non sono state accolte proprio quelle che avrebbero dato un altro senso al provvedimento.
Pertanto, quello in esame rimane, come ho già detto in precedenza, un provvedimento privo di una visione strategica. Si prevede invece, per la terza volta consecutiva, una proroga per gli attuali componenti del Consiglio universitario nazionale. Il provvedimento, inoltre, non attribuisce a quest'ultimo organismo alcun potere in più, non riduce le aree scientifico-disciplinari e, soprattutto, non prevede la non rieleggibilità, che noi avevamo posto come condizione per una verifica del nostro atteggiamento durante l'esame in Assemblea del disegno di legge.
Non si comprende, in particolare, il motivo per il quale il CUN debba rimanere in vita in questo modo, senza che ad esso si possa apportare alcuna modifica. Ci troviamo, conseguentemente, sempre di fronte ad ulteriori proroghe. Anche l'emendamento da noi presentato, con il quale si cercava di creare una dialettica tra il Governo ed il Parlamento che tenesse conto anche dei pareri espressi dal Consiglio universitario nazionale non è stato accolto.
Per queste ragioni, dichiaro il nostro voto contrario sul provvedimento in esame. Ci auguriamo che al Senato, in sede di terza lettura siano introdotte quelle modifiche idonee a configurare in maniera diversa la funzionalità del Consiglio universitario nazionale.
Siamo ormai a fine legislatura e, conseguentemente, possiamo tracciare un bilancio sull'attività svolta dal Governo in materia universitaria. Tale bilancio, a nostro avviso, è assolutamente fallimentare, come testimonia il fatto che l'Assemblea si accinge ad approvare questo provvedimento ed anche altre nuove disposizioni per i ricercatori e i professori universitari. Queste ultime disposizioni, come sappiamo, hanno creato disagio e suscitato proteste nell'ambiente universitario, proprio perché si tratta di norme che non affrontano in maniera seria i veri nodi che afferiscono al sistema universitario italiano a causa dell'assenza di un disegno strategico per la qualificazione e lo sviluppo dello stesso.
Quelli trascorsi sono stati anni persi, anche con riferimento agli obiettivi europei che si dovrebbero conseguire entro il 2010.
Ci siamo trovati di fronte non soltanto ai provvedimenti di cui ho detto, ma anche ad una serie di disegni di legge caotici e parziali dai quali è derivata l'interruzione del processo di innovazione intrapreso dalle università negli ultimi anni, che, anziché destrutturato, andava monitorato, corretto e messo a fuoco in maniera più efficace con riferimento alla realizzazione dei provvedimenti previsti.
Invece, nel corso di questi anni, abbiamo assistito ad una progressiva destrutturazione del sistema universitario, che ha prodotto - e non era mai accaduto! - quella paralisi degli atenei e quello stato di disagio dell'intero mondo universitario che tutti abbiamo visto manifestarsi in tutti i suoi elementi soprattutto in questi ultimi mesi.
A tutto ciò si aggiungano le disposizioni di una legge finanziaria che - purtroppo, non avremo modo di discuterne in questa sede a causa dell'atteggiamento della maggioranza e del Governo - riduce ulteriormente - tutti lo sappiamo - i finanziamenti alle università, non prevede risorse per gli adeguamenti stipendiali (che rimangono a carico degli atenei), riduce pesantemente i fondi per l'edilizia universitaria e non prevede alcuna risorsa per le nuove disposizioni approvate in merito ai professori e ricercatori universitari.
Quindi, complessivamente, siamo di fronte ad una politica che, nel corso di questi anni, ha portato, come sappiamo, non soltanto ad una contrazione dei finanziamenti, ma anche ad un blocco delle assunzioni che ha impedito un rinnovamento del corpo docente delle nostre università, con il conseguente rischio di invecchiamento del medesimo. Infatti, un gran numero di professori andrà in pensione nei prossimi anni senza che, a seguito del blocco delle assunzioni perdurato
nel corso degli anni, si sia potuto provvedere al necessario ingresso nel mondo universitario di nuovi studiosi, di nuovi docenti.
Eppure, è molto forte l'interesse dei giovani per gli studi universitari, com'è dimostrato dal fatto che le immatricolazioni sono aumentate. Tale interesse andrebbe coltivato; ma per farlo c'è bisogno anche di un'intesa più forte delle università con le imprese e gli enti pubblici, per sostenere l'innovazione e la ricerca e, di conseguenza, la competitività del nostro paese, per uscire dalla crisi che attraversiamo e per evitare gli attuali rischi di declino.
La legislatura volge al termine senza che sia stato risolto neanche uno dei problemi delle università: ci siamo trovati di fronte soltanto a norme improvvisate! Noi avevamo pensato a ben altre misure, volte a dare risposta ad alcune questioni fondamentali che andavano risolte in questo scorcio di legislatura. Voglio indicarne alcune in maniera molto schematica.
Innanzitutto, doveva essere riaperta ai giovani la porta verso la docenza universitaria, verso la carriera universitaria, in ragione dell'urgente bisogno di professori universitari che insegnino e che facciano ricerca con grande libertà, soprattutto nel decennio più produttivo della vita intellettuale (dai 30 ai 40 anni). A tale proposito, abbiamo proposto, come tutti ricorderete, un programma straordinario di assunzione di giovani professori e ricercatori.
Abbiamo proposto anche di risolvere il problema degli attuali ricercatori universitari mediante l'istituzione della terza fascia della docenza, che, invece, è stata contrastata e non è stata voluta dal Governo.
Inoltre, abbiamo proposto, e proponiamo (presenteremo una proposta di legge nei prossimi giorni), di realizzare subito un sistema nazionale di valutazione, tramite un'autorità nazionale che possa valutare i singoli, le strutture, la qualità delle attività universitarie, la didattica, la ricerca, il funzionamento degli atenei e del ministero, con chiari connotati di indipendenza e terzietà sia rispetto al Governo sia rispetto alle università.
Ancora, abbiamo proposto di rilanciare la ricerca libera, di cui c'è bisogno nelle università in tutti i campi, nessuno escluso, nonché di aumentare il finanziamento dei PRIN. Ribadiamo anche la necessità di defiscalizzare tutte le attività di ricerca svolte congiuntamente da università ed imprese, proprio per favorire il rapporto di cui dicevo in precedenza. Abbiamo proposto di completare l'assetto autonomistico dell'università. Troppe leggi e leggine regolano la vita universitaria, stratificandosi confusamente da oltre settant'anni: eppure, recenti atti governativi hanno rilanciato il ruolo del centralismo ministeriale, rimettendo in discussione l'autonomia degli atenei.
Abbiamo proposto di riprendere e portare a compimento l'autonomia dell'università mediante una normativa quadro essenziale sui principi regolatori dell'autonomia che abroghi le norme che imbrigliano il sistema e ne soffocano l'autonomo dispiegamento, riduca la burocrazia e deleghi alle singole università tutte le competenze che non attengono alla definizione degli obiettivi strategici del sistema.
Erano - e sono - questioni che abbiamo sollevato nel corso di questa legislatura, insieme alla determinazione di apportare significativi miglioramenti all'attuale legge sui concorsi locali, significativi miglioramenti che non si sono certo prodotti a seguito dell'approvazione del testo del Governo; si trattava di norme, proposte e provvedimenti presentati nel corso di questa legislatura, ma che non sono stati presi in esame seriamente da parte della maggioranza, che non sono stati discussi e rispetto ai quali non abbiamo potuto dare un contributo dal momento che ci siamo trovati di fronte a misure parziali che non hanno tenuto conto delle reali esigenze dell'università.
Mi avvio alla conclusione, ribadendo il nostro voto contrario per le ragioni sinora
esposte e per il complessivo giudizio negativo sull'attività del Governo in questo ambito (ma non solo, naturalmente).
Mi auguro che, in futuro, spetti al centrosinistra, in un auspicato Governo dell'Unione, affrontare questi temi in maniera seria e garantire non solo la modernizzazione del nostro sistema universitario, ma anche la possibilità che il nostro sistema faccia ulteriori passi in avanti.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Rodeghiero. Ne ha facoltà.
FLAVIO RODEGHIERO. Signor Presidente, il disegno di legge del Governo al nostro esame, approvato dal Senato, risponde alla volontà già manifestata dal Parlamento nel corso delle audizioni sul tema del ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca e di altri rappresentanti del Governo.
L'articolato, nel suo complesso, non può che incontrare il voto favorevole del gruppo della Lega Nord, stante il fatto che il provvedimento interviene innovando il Consiglio universitario nazionale quale organo di rappresentanza del sistema universitario, rispetto all'attuale configurazione, per la quale esso rappresenta le istituzioni autonome universitarie, il cui specifico ruolo di rappresentanza degli atenei è attribuito così alla Conferenza dei rettori delle università italiane, organo che, costituito dai rettori, assolve per sua natura tale specifica funzione.
È vero, come è stato sottolineato, che il sistema nazionale universitario avrebbe bisogno di un intervento organico; tuttavia, questo provvedimento prende atto, rispetto alla legge 15 maggio 1997, n. 127, che regola l'attuale assetto del CUN, della nuova situazione di autonomia che si è creata dopo il 1989 con la legge n. 168 del 1989 e provvede ad una necessità avvertita dal mondo accademico e dalla stessa realtà parlamentare, come evidenziato dal dibattito sulle norme legislative con cui il Consiglio universitario nazionale è stato prorogato negli ultimi anni, scelta di prorogatio dovuta proprio anche alla criticità delle norme con lo regolano.
Riteniamo, pertanto, importante approvare questo provvedimento, per risolvere i problemi della vigente normativa e ridare, complessivamente, credibilità al Consiglio universitario nazionale per far sì che torni ad essere organo pienamente rappresentativo dell'intero mondo universitario.
In questa direzione, riteniamo importante la previsione della presenza nel Consiglio di un esponente della dirigenza amministrativa e del rappresentante dei presidi di facoltà; riteniamo positivo aver assicurato il raccordo e l'interazione con gli altri organi universitari e l'aver conservato l'intervento disciplinare nei confronti della docenza che continua ad essere effettuato dal consiglio di disciplina eletto dal Consiglio tra i suoi membri docenti, ma con l'introduzione del principio del contraddittorio e l'abolizione del criterio gerarchico.
Infine, ma non certamente quale ultimo elemento, desidero sottolineare come sia positivamente confermata la base elettiva dell'organo.
Sulla base di queste considerazioni, dichiaro il voto favorevole del nostro gruppo (Applausi dei deputati dei gruppi della Lega Nord Federazione Padana, di Forza Italia e di Alleanza Nazionale).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bimbi. Ne ha facoltà.
FRANCA BIMBI. Signor Presidente, l'intervento dell'onorevole Emerenzio Barbieri aiuterà particolarmente il ministro a dichiarare, in occasione di trasmissioni televisive, di avere compiuto l'ennesima riforma che cambia dalle fondamenta il sistema universitario italiano: ebbene, abbiamo riformato anche il CUN!
Ebbene, no! Abbiamo solo concesso al CUN di poter svolgere le sue elezioni, ma non si è compiuta alcuna riforma di sistema: qualche aggiustamento buono, qualcuno pessimo ma, nel complesso, nessun vero intervento sul CUN che vada nella direzione di allargarne la rappresentanza,
renderla più corrispondente agli attuali cambiamenti - anche nelle discipline e nei rapporti tra le stesse - e di aumentarne la responsabilizzazione.
Dunque, grosso modo, abbiamo dinanzi, come università rispetto al sistema paese, una serie di sfide. Innanzitutto, coniugare il diritto allo studio e l'accesso all'università richiesto dall'aumento stesso delle immatricolazioni con il riconoscimento del merito - dagli studenti ai professori o, forse meglio, dai professori agli studenti -; estendere inoltre l'istruzione universitaria, perché ve ne è bisogno per affrontare in maniera positiva i processi di globalizzazione affinché davvero, nella società della conoscenza, quest'ultima sia un bene comune; sviluppare altresì l'eccellenza affinché i giovani di talento, indipendentemente dalle diseguaglianze sociali - e anzi rimontando le stesse, così come richiestoci dall'articolo 3 della Costituzione - possano giungere, da giovani e precocemente, a livelli massimi di esplicazione delle loro potenzialità, non solo scientifiche ma anche di presenza nel governo degli atenei; superare, a tale riguardo, un gap di genere assoluto. Ormai, infatti, vediamo laurearsi più ragazze che ragazzi; ragazze più brillanti, con votazioni mediamente più alte, ma di fatto, poi, assolutamente discriminate anche nelle carriere scientifiche. Vi è, infine, la sfida - ma si tratta di sfide tutte collegate - consistente nel collocare di nuovo l'università e la ricerca come pilastri per il rilancio delle politiche del paese - in particolare, di quelle industriali - nella società della conoscenza, aumentando la penetrazione della cultura tecnologica e, soprattutto, costruendo percorsi di incontro tra le culture umanistiche, la cultura della tutela dell'ambiente e quella, per così dire, dei «tecnologici con cuore» anziché «senza cuore».
Negli anni del suo Ministero, il Governo di centrodestra ha ignorato e denigrato, presso l'opinione pubblica, le proposte di chi, all'interno dell'università, ha continuato a lavorare e ad impegnarsi; questa grave delegittimazione sta demotivando tutto il sistema e riguarda anche il CUN. Le misure adottate, dall'istituzione di centri di eccellenza - istituiti come «cattedrali nel deserto», e quindi incapaci di funzionare nonostante i finanziamenti - fino alla recente approvazione della legge sul reclutamento, sono state varate all'insegna dell'improvvisazione e del sostegno al particolarismo ed alla frammentazione del sistema universitario. Il Parlamento si è trovato costretto ad approvare le università telematiche e ad personam, quasi prive di corpo docente.
C'è un tentativo di creare un sistema duale anche nei percorsi universitari di primo livello. Inoltre, non sono state riconosciute le funzioni docenti dei ricercatori, si penalizza il tempo pieno e si normano i contratti di insegnamento e di ricerca, svalutando i dottori di ricerca e mettendoli alla pari con qualsiasi altra figura generica di esperto. Sono state tagliate, per di più, le risorse finanziarie, ed è aumentata la loro incertezza per l'intera legislatura, anche a causa di quanto disposto dal disegno di legge finanziaria che dovremo esaminare in questa Assemblea.
Tali scelte hanno svilito ulteriormente i principi di merito nella vita universitaria e si riflettono anche nella pseudoriforma del Consiglio universitario nazionale (CUN). Noi, con il nostro prossimo Governo, vogliamo invece aumentare immediatamente i finanziamenti all'università, stabilendo alcune priorità. Procederemo, infatti, ad assunzioni a tempo indeterminato per giovani con dottorato di ricerca, applicando la Carta europea dei ricercatori, con particolare attenzione alle selezioni per merito ed alle retribuzioni iniziali, fissate a livello europeo, contrastando altresì le discriminazioni di genere nelle selezioni scientifiche.
Daremo, inoltre, garanzie di certezza immediata per la corresponsione, in tempi certi, delle borse di studio a tutti gli studenti vincitori; incentiveremo i curricula scientifici per superare il gap che affligge il paese ed incoraggeremo anche la sperimentazione, attraverso l'alta formazione, di scuole tecniche superiori, integrando corsi universitari di primo livello
di tipo tecnico, scientifico e tecnologico ad elevata occupabilità con l'alta formazione professionale.
Rivedremo l'accesso alla docenza non solo per valorizzare i dottori di ricerca, ma anche per separare reclutamento e progressione di carriera, al fine di pervenire ad un ruolo unico e per contemperare l'autonomia di scelta degli atenei con le necessità di riproduzione delle comunità scientifiche. Inoltre, incentiveremo gli atenei ad adottare buone pratiche didattiche: per questo motivo, bisognerà riordinare per davvero il Consiglio universitario nazionale e costituire un organismo rappresentativo sia delle università che degli enti di ricerca. Va varata da subito, infine, la valutazione della riforma della didattica.
Tali obiettivi immediati fanno riferimento a strumenti prioritari per la riforma universitaria, come l'istituzione di un'agenzia indipendente per la valutazione ed il cambiamento della governance degli atenei, al fine di conferire una maggiore responsabilizzazione senza seguire, tuttavia, un modello dualistico di università. Occorre rivedere, altresì, i criteri di allocazione del fondo di finanziamento ordinario delle università, conferendo sia una maggiore certezza, sia una migliore premialità ai finanziamenti stessi, impegnandosi anche a superare gli squilibri strutturali del sistema, in particolare quello esistente tra gli atenei del nord e quelli del sud.
Per questi motivi, sarà necessario adottare un testo unico, mediante una legge di sistema, a sostegno dell'intera autonomia universitaria, e la riforma di un organismo come il Consiglio universitario nazionale rientra nell'ambito di un tale progetto. Tuttavia, siccome non c'è neanche l'intenzione di realizzare ciò nell'intera legislazione approvata sia dalla maggioranza, sia dall'attuale Governo, preannunzio che, per questi motivi, il mio gruppo voterà contro il disegno di legge in esame (Applausi dei deputati del gruppo della Margherita, DL-L'Ulivo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Titti De Simone. Ne ha facoltà.
TITTI DE SIMONE. Signor Presidente, anche per il nostro gruppo si tratta di un provvedimento del tutto insufficiente, che, di fatto, ripropone l'ennesima proroga del Consiglio universitario nazionale nella sua composizione attuale, che rimane sostanzialmente invariata, introducendo solo qualche aggiustamento.
Vorrei osservare, dunque, che il disegno di legge in esame non rappresenta certamente la vera riforma di questo organismo, autorevole ed importante, che il mondo accademico attende da diversi anni. Il Governo, sostanzialmente, si presenta anche a questo appuntamento con una proposta del tutto fallimentare.
Altri sarebbero stati, quindi, gli interventi necessari: noi abbiamo provato a segnalarli con una serie di emendamenti - nostri ed anche degli altri gruppi - per apportare modifiche reali, di sistema, che riguardano la composizione della rappresentanza ed un suo equilibrio democratico; criteri che riguardano un equilibrio democratico anche delle discipline; criteri fondamentali di trasparenza e di governance, quali quelli della non rieleggibilità che, di fatto, ha paralizzato e svuotato, in questi anni di proroghe continue, tale organismo.
Insomma, altre sarebbero state, anche su questo terreno, le iniziative urgenti da proporre all'esame del Parlamento. Si è scelta un'altra strada: quella, sostanzialmente, di «tirare avanti», di ricorrere ad una proroga continua e permanente, che certamente produrrà un nulla di fatto, un'ennesima cristallizzazione e l'«ingessamento» di tali organismi.
Tutto ciò, naturalmente, rappresenta una scelta che il Governo e questa maggioranza debbono ascrivere alla loro responsabilità e che rientra nel quadro di una politica sbagliata che è stata condotta in questi ultimi anni sul terreno dell'università. Si tratta di una politica non solo sbagliata, ma dannosa: basti pensare ai «tagli» esorbitanti che questo Governo ha
proposto sul capitolo dell'università e della ricerca e che nel disegno di legge finanziaria che ci apprestiamo a discutere vengono sostanzialmente riproposti; una politica di «tagli» delle risorse e degli investimenti che ha messo gli atenei italiani in una condizione di difficile sopravvivenza, nonostante tale problema sia stato segnalato da tutte le organizzazioni della docenza. In proposito, vorrei ricordare in quest'aula la vibrante protesta della Conferenza nazionale dei rettori, che certamente non si può considerare un'organizzazione estremista, che ha rappresentato proteste molto forti e vibranti, con minacce di dimissioni dei rettori italiani, ed ancora, in questi giorni, la mobilitazione contro i «tagli» che questo disegno di legge finanziaria che ci apprestiamo a discutere riserva, ancora una volta, al capitolo dell'università e della ricerca, mortificandone profondamente il ruolo e la funzione sociale e strategica che essa riveste per il nostro paese.
A tutto ciò si aggiunge la destrutturazione del sistema dell'università pubblica che questo Governo e questa maggioranza hanno voluto portare avanti, passo dopo passo, arrivando ad approvare una riforma dello stato giuridico della docenza che, come è noto, è stata bocciata solennemente da tutte le componenti del mondo accademico: dalla Conferenza dei rettori a da tutte le organizzazioni della docenza, da tutte le organizzazioni sindacali di qualsiasi ispirazione politica, dalla componente studentesca e, soprattutto, dal mondo - straordinario - dei ricercatori, risorsa fondamentale ed importantissima della nostra ricerca nell'università pubblica, penalizzata da questo provvedimento, che, in modo insensato, il ministro Moratti ha voluto portare a tutti costi, malgrado il dissenso profondo che si è registrato su di esso, all'approvazione da parte del Parlamento. Ma vi è soprattutto il rifiuto delle generazioni di giovani studiosi e ricercatori che si vedono sostanzialmente espulsi dal sistema della ricerca pubblica con un provvedimento che ne stabilisce una precarietà senza fine. È questo il segnale più preoccupante, più mortificante e più penoso della politica di questo Governo, che non ha saputo investire realmente sull'università pubblica e sulla ricerca e che, invece, ha chiuso, ha sbarrato le porte dell'accesso a migliaia e migliaia di giovani ricercatori, di cui la nostra ricerca ha bisogno ed in cui la nostra ricerca pubblica si sostanzia.
Altre sarebbero state le politiche necessarie in questo settore, a partire da un'iniezione fortissima di politiche pubbliche. In questi anni, le abbiamo sostenute nelle aule del Parlamento e delle Commissioni parlamentari, opponendoci sempre con grande puntualità, precisione e rigore alle vostre iniziative, con proposte di merito, diametralmente opposte a quelle che voi, invece, avete portato avanti.
Le riproporremo nella sostanza, per quanto sarà possibile, anche nel corso dell'esame della prossima legge finanziaria: mi riferisco a un'iniezione di risorse di investimento pubblico per la stabilizzazione e l'accesso di giovani ricercatori nel sistema pubblico delle università e della ricerca.
È una scelta strategica di prospettiva politica su cui vogliamo insistere anche nello scorcio finale di questa legislatura. Essa rappresenta, a nostro giudizio, le fondamenta di un progetto di alternativa della scuola, dell'università e della ricerca pubblica, che vogliamo mettere in campo anche nei prossimi mesi, nel corso della campagna elettorale, e che costituisce una prospettiva strategica di alternativa per questo paese (Applausi dei deputati del gruppo di Rifondazione comunista).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Perrotta. Ne ha facoltà.
ALDO PERROTTA. Signor Presidente, il mio intervento sarà brevissimo. Qui non stiamo parlando della riforma universitaria, bensì della riforma del Consiglio universitario nazionale. Per quanto riguarda la riforma universitaria, come sapete, colleghi dell'opposizione, l'abbiamo già approvata, e siete stati già battuti. È inutile ripetere considerazioni svolte qualche mese fa.
Vorrei ricordare ai colleghi che hanno sollevato quelle poche critiche sulla riforma del Consiglio universitario nazionale che abbiamo meglio specificato la rappresentanza degli studenti. Inoltre, abbiamo previsto una rappresentanza nella Conferenza dei presidi di facoltà, abbiamo stabilito che i componenti elettivi non siano eleggibili per più di due volte, ed abbiamo meglio specificato le competenze ed i poteri del collegio di disciplina.
Nel respingere nettamente le critiche della sinistra, in quanto il provvedimento in esame è il corollario della riforma attesa dal mondo universitario, e nel ringraziare la Commissione per l'ottimo lavoro svolto, preannuncio il voto favorevole di Forza Italia (Applausi dei deputati del gruppo di Forza Italia).
CESARE CAMPA. Bravo, Perrotta!
ANGELO SANTORI. Bravo!
ERNESTO MAGGI, Relatore. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ERNESTO MAGGI, Relatore. Signor Presidente, intervengo non solo come relatore sul provvedimento, ma anche come rappresentante di Alleanza nazionale. Sono state sollevate molte critiche da parte dei colleghi del centrosinistra e sono state svolte molte considerazioni in negativo. Ritengo che vi sia stata molta distrazione su quanto è stato fatto in questi anni in Commissione e in Assemblea: mi riferisco al riordino degli enti e degli istituti di ricerca, alla riforma dell'istruzione a tutti i vari gradi e livelli, al riordino dello stato giuridico dei docenti universitari e al Consiglio universitario nazionale. Non si può dire che non siano state esaminate - ed anche approvate - proposte emendative dei colleghi del centrosinistra; ed alcuni emendamenti in Commissione sono stati accolti anche su proposta dei colleghi del centrosinistra.
Il Consiglio universitario nazionale, istituito con la legge n. 127 del 1997, ha una struttura che proviene da un Governo di centrosinistra, per alcuni versi sostanzialmente antidemocratica. Si veda la composizione del collegio giudicante: sarebbe scorretto che vi fossero docenti universitari. Quindi, il collegio giudicante ha avuto una platea più democratica, che prima non c'era.
Mi stupisce che, avendo fra l'altro allargato la rappresentanza del sistema universitario nell'ambito del CUN, ciò non venga visto come elemento positivo. I colleghi affermano che, in questi anni, tutto è stato inutile e, addirittura, dannoso. Laddove tutto fosse stato inutile, noi non avremmo problemi: loro dicono che l'anno prossimo vinceranno le elezioni e, quindi, provvederanno ad un ulteriore riordino. Io, invece, ritengo che il malato «scuola, istruzione, università e ricerca» abbia reagito - e lo abbia fatto con forza - agli interventi del Governo e della maggioranza.
Ritengo che tali reazioni siano come quelle di un malato che ha saputo reagire ad interventi drastici, per qualche verso: altro che inutili!
Quindi, a fronte di questo, a mio avviso si è cercato solo di immaginare un progetto, una prospettiva o un futuro che sono tutti da vedere. Mi permetto di dire, in alternativa alle considerazioni svolte dai colleghi del centrosinistra, che il problema è tutto da discutere e, se ci sono ancora questioni da aggiustare, da emendare, da integrare o da riformare, non c'è problema. Siccome anche per noi del centrodestra la prospettiva della vittoria nella primavera del 2006 rientra pienamente nelle nostre aspettative, non c'è problema. Se ci sarà da fare altro, lo faremo con la vittoria della primavera del 2006 (Applausi dei deputati dei gruppi di Alleanza Nazionale e di Forza Italia)!
PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto sul complesso del provvedimento.
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