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PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze, onorevole Molgora, ha facoltà di
DANIELE MOLGORA, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Signor Presidente, con l'atto di sindacato ispettivo in esame, si chiedono notizie in merito all'intesa siglata il 22 e 23 marzo 2005 tra la società sportiva Lazio società per azioni e l'Agenzia delle entrate per debiti tributari, nonché notizie relative allo stato di insolvenza di detta società.
società per azioni e l'Agenzia delle entrate, ai sensi dell'articolo 3, comma 3, del decreto-legge 8 luglio 2002, n. 138, convertito in legge, con modificazioni, dall'articolo 1 della legge 8 agosto 2002, n. 178.
che, al verificarsi di determinate condizioni, consente di prescindere dalle condizioni previste dall'articolo 19 del decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 29 settembre 1973, in tema di dilazione di pagamento delle imposte iscritte a ruolo.
PRESIDENTE. L'onorevole Delmastro Delle Vedove ha facoltà di
SANDRO DELMASTRO DELLE VEDOVE. Onorevole sottosegretario, ritengo si renda conto anche da solo di come non possa dichiararmi soddisfatto della risposta fornita, anche se debbo riconoscere di avere apprezzato il suo senso istituzionale, in quanto non è semplice essere chiamato, in qualità di sottosegretario, a rispondere a questo tipo di atto di sindacato ispettivo e, nel contempo, essere di provenienza leghista, con tutto ciò che questo comporta.
chi, come me, esercita una libera professione proprio dichiarando: caro avvocato, sono in tali condizioni e vorrei avere dall'Agenzia delle entrate 23 anni di tempo per ripianare i debiti contratti, tenuto conto che non pago miliardi a chi dà due calci al pallone.
PRESIDENTE. Speriamo che la salute del sottosegretario sia perfetta...
In proposito, l'Agenzia delle entrate ha precisato che la vicenda tributaria in questione riguarda l'accordo transattivo sottoscritto, in via definitiva, in data 20 maggio 2005, tra la società sportiva Lazio
In via preliminare, l'Agenzia delle entrate ha osservato che, per il compimento di tale attività, l'Agenzia medesima ha dato incarico ad una sola società di consulenza e, precisamente, alla Roland Berger Strategy Consultants, società a responsabilità limitata.
Per quanto concerne la richiesta di notizie su «quale sia stato l'orientamento formulato dall'Avvocatura dello Stato, che ha espresso un parere in data 29 marzo 2005, sull'ipotesi di accordo tra fisco e società sportiva Lazio, sul tema dello stato d'insolvenza della parte debitrice e sull'obbligo, in questo caso, di pronunciare da parte del tribunale competente la dichiarazione di fallimento», l'Agenzia delle entrate ha rappresentato che non risulta agli atti che l' Avvocatura dello Stato abbia espresso un parere in data 29 marzo 2005 e che, inoltre, nei pareri resi dal suddetto organo legale in data 21 marzo 2005 e 25 marzo 2005 non è stato espresso alcun orientamento sull'argomento sopra prospettato, e cioè non sull'ipotesi di fallimento, ma soltanto sull'accordo. Il fatto che l'Avvocatura dello Stato abbia rilasciato pareri nel giro di pochi giorni indica un'attenzione che spesso non è tale in altre situazioni.
Peraltro, l'Agenzia stessa ha fatto presente che lo stato di insolvenza, nel concetto definito dall'articolo 5 del regio decreto n. 267 del 16 marzo 1942, assunto dall'Agenzia quale esclusivo parametro di riferimento, costituisce uno dei presupposti soggettivi per il ricorso alla transazione prevista dall'articolo 3, comma 3, del decreto-legge n. 138 dell'8 luglio 2002, di cui l'Agenzia delle entrate ha l'onere di verificare la sussistenza.
L'Agenzia delle entrate ha osservato che, a carico della società sportiva Lazio spa, pendeva presso il competente tribunale di Tivoli un procedimento prefallimentare la cui prima udienza era fissata per il 24 marzo 2005, che, ad avviso dell'Agenzia medesima, risulterebbe essere stato archiviato, secondo quanto emerge anche dalle notizie di stampa del tempo, anche per effetto della produzione da parte della società del parere reso dalla commissione consultiva per la riscossione, in data 29 marzo 2005, in ordine all'istanza di transazione dei tributi iscritti a ruolo presentata dalla società.
Con riferimento al quesito relativo alla ragione per la quale «sia stata iscritta dal fisco ipoteca sul centro sportivo di Formello soltanto in data 31 marzo 2004, sì da consentire al debitore, oggi, di agitare lo spauracchio della dichiarazione di fallimento come momento di invalidazione dell'ipoteca», l'Agenzia delle entrate ha rappresentato che, ai sensi dell'articolo 77 del decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 29 settembre 1973, il concessionario della riscossione può procedere all'iscrizione di ipoteca soltanto decorso il termine di cui all'articolo 50, comma 1, del decreto n. 602 del 1973, nel termine di sessanta giorni dalla data di notifica della cartella.
Per quanto riguarda la società di cui trattasi, il ruolo di 85.453.892,72 euro, in forza del quale è stata iscritta la richiamata ipoteca sul centro sportivo di Formello, è stato reso esecutivo in data 25 novembre 2003 ed è stato consegnato al concessionario il 25 dicembre 2003: quest'ultimo ha proceduto alla notifica della cartella di pagamento il 22 gennaio 2004 e, di conseguenza, ad avviso della medesima Agenzia, l'ipoteca che lo stesso concessionario ha iscritto il 31 marzo 2004 non avrebbe potuto essere iscritta prima del 24 marzo 2004.
Relativamente alla richiesta di notizie sulle altre società che, negli ultimi cinque anni, avrebbero avuto la possibilità di dilazionare i debiti tributari, l'Agenzia delle entrate ha osservato che, alla stessa, non risulta che siano state consentite dilazioni di pagamento in un arco di tempo pari a 23 anni, non essendovi in passato disposizioni normative, quali quella prevista dall'articolo 3, comma 3, del decreto-legge n. 138 della 2002, convertito con modificazioni dalla legge n. 178 del 2002
Quindi, se è vero che l'Agenzia delle entrate ha applicato una norma esistente, è anche vero che interventi di questo tipo suscitano sentimenti di costernazione da parte delle altre imprese in difficoltà, soprattutto se si pensa che il problema Lazio è legato al crack Cirio e che non è stato determinato dalla necessità di salvaguardare posti di lavoro, che costituiscono comunque un elemento da tutelare.
Notavo anche un interesse particolare - forse, con una sorta di malignità non espressa - nel Presidente, che la osservava attentamente, quasi a dire: sentiamo un po' cosa dice il sottosegretario.
Onorevole sottosegretario, lei sa che non possiamo essere d'accordo; non possiamo, anzitutto, perché, qualunque sia la normativa contenuta nel regio decreto n. 267 del 1942 ancora in vigore, essa stabilisce, non già la facoltatività della dichiarazione di fallimento ma, al contrario, la obbligatorietà della stessa qualora vi sia uno stato di insolvenza. Quest'ultimo risulta in modo esplicito, non tanto per la procedura prefallimentare dinanzi al tribunale di Tivoli - che, per le più svariate ragioni, può essere stata archiviata e può essere decaduta -, quanto in ragione del fatto che l'impresa ha la necessità, ammesso che poi vi riesca, di pagare il proprio debito nei confronti dell'erario in un arco di tempo di 23 anni: non si può non considerare tale circostanza uno stato di insolvenza. Vorrei sapere, infatti, quali aziende manifatturiere del nord, onorevole sottosegretario, non sarebbero in grado di pagare in 23 anni i loro debiti; debiti che, in ipotesi, derivano - e lei lo sa perfettamente - da condizioni e precondizioni molto più serie, in quanto noi assistiamo, nelle regioni del nord, al fallimento di imprese che, pur essendo, in ipotesi, strutturalmente sane, sono state sottoposte a dichiarazioni di fallimento per 100, 200, 300 milioni. Si tratta spesso di imprese che hanno quaranta, cinquanta, cento, duecento dipendenti, e che non sono nelle condizioni di saldare il loro debito nei confronti dello Stato solo perché lo Stato non consente loro di pagare in 23 anni. E queste imprese - badi bene, onorevole sottosegretario, anche ciò le è ben noto - accumulano debiti non perché pagano stipendi di miliardi di vecchie lire a ragazzi di 25 anni che tirano calci al pallone, ma per colpa di terzi, pagando stipendi abbastanza miseri (o, comunque, semplicemente contrattuali) ai loro dipendenti: 1000, 1.300 o 1.500 euro. Vi è, quindi, anche una valutazione di natura morale che non consente di ritenere lecito quanto è stato compiuto dall'Agenzia delle entrate.
Termino, onorevole sottosegretario, da deputato piemontese - che, quindi, non può neppure essere accusato di conflitto di interessi, essendo un accesso tifoso della Juventus -, ricordando che la squadra altrettanto nobile, anche se mia avversaria, del Torino calcio non ha avuto l'opportunità che invece ha avuto la squadra capitolina della Lazio.
Dunque, anche sotto questo profilo, mi domando quali possano essere le ragioni di un atto di preferenza esercitato nei confronti di una società calcistica rispetto ad altre (forse ancora più blasonate della Lazio); e mi domando, altresì, quale requisito morale codesta società debba avere nei confronti di tutte quelle imprese, onorevole sottosegretario, che si sono rivolte a
Questa è la ragione, onorevole sottosegretario, per la quale non posso assolutamente dichiararmi soddisfatto della sua risposta, anche se, come ripeto, ho apprezzato fortemente il suo impegno, impegno che si vedeva sofferto: se vi fosse stato un misuratore della pressione sanguigna, credo che avremmo riscontrato dati preoccupanti anche per la sua salute.
La ringrazio, onorevole sottosegretario.