Allegato B
Seduta n. 702 del 9/11/2005


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AFFARI ESTERI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro degli affari esteri, il Ministro della difesa, per sapere - premesso che:
la mattina dell'8 novembre 2005, su Rainews24 è andato in onda un video che testimonia che l'esercito americano, nel novembre 2004, durante la massiccia offensiva con la quale riprese il controllo della città irachena ribelle di Falluja, fece uso di armi chimiche proibite dalle convenzioni internazionali, in particolare di Nk-77, nuova versione del nefasto napalm, ampiamente usato in Vietnam e di fosforo bianco, che in gergo militare viene chiamato Willy Pete, un agente che brucia la pelle in modo irreversibile e penetra nel corpo, carbonizzandolo;
nel filmato, che contiene anche le testimonianze di ex militari americani, vengono mostrati riprese del bombardamento al fosforo e sequenze drammatiche che mostrano gli effetti dell'agente chimico, oltre che sui guerriglieri iracheni anche sui civili, comprese donne e bambini di Falluja;
il sospetto dunque è che le truppe americane avrebbero utilizzato sostanze chimiche proibite dalle convenzioni internazionali non per illuminare postazioni nemiche ma al solo scopo di colpire indiscriminatamente la popolazione locale;
sarebbe gravissimo che un paese che ha scatenato un conflitto per abbattere un dittatore accusandolo di avere armi di distruzione di massa, usi contro la popolazione civile le stesse armi che diceva di combattere;
la giornalista del quotidiano il Manifesto Giuliana Sgrena fu rapita, lo scorso febbraio 2005, proprio mentre cercava testimonianze sugli effetti delle bombe che hanno distrutto Falluja, quando ebbe la consapevolezza di quello che tutti ormai in Iraq sapevano è cioè che in Iraq veniva utilizzato questo genere di armi chimiche;
non esiste un bilancio ufficiale di quanti morti abbia comportato la strage di Falluja, cittadina di soli 200 mila abitanti: secondo stime ufficiali diramate dal Pentagono le vittime sarebbe state tra 1.000 e i 1.500, secondo il personale medico tra i 4.000 e i 6.000, mentre quello che realmente si sa è che solo 700 sono state le vittime riconosciute prima di essere sepolte;
l'uso di queste sostanze incendiarie sui civili è vietato dalle convenzioni dell'Onu del 1980 e che l'uso di armi chimiche è vietato da una convenzione che gli Stati Uniti hanno firmato nel 1997. Pertanto l'inchiesta giornalistica di Rainews24 vuole essere la denuncia di un crimine, della violazione di una convenzione firmata dagli Stati Uniti nel 1997 e non rispettata;
il Pentagono respinge le accuse di aver usato armi chimiche a Falluja. Il portavoce del ministero della difesa americano, il maggiore Todd Vician, ha dichiarato all'Ansa che «Chi vuol screditare gli Stati Uniti trova utile inventare la falsa accusa che gli Usa stiano usando armi di questo genere», pur precisando di non aver visto il documentario di Rainews24 e commentando quindi sulla base delle contestazioni di questo genere fatte nel corso del tempo alle forze americane;
l'Osservatorio militare teme che dopo l'uso indiscriminato in Bosnia e Kosovo dell'uranio impoverito, dall'Iraq si possano ereditare gli effetti del fosforo bianco che anche se meno devastanti dal punto di vista fisico sono altrettanto fatali per chi, ignaro si trova contaminato;
secondo l'interpellante la responsabilità della strage di Falluja ricade anche su quei paesi, come il nostro, che hanno supportato l'aggressione americana all'Iraq;
la comunità internazionale, incluso il nostro paese, dovrebbe intervenire;


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l'inchiesta di Rainews 24 rappresenta un positivo segnale in controtendenza per l'informazione del servizio pubblico radiotelevisivo e per la Rai una buona occasione per contribuire a restituire serietà di contenuti all'informazione;
in tale contesto ad avviso degli interpellanti il rientro immediato del nostro contingente è una scelta obbligata. È ora che il nostro paese cessi di essere complice di questa carneficina, ritiri dai territori teatro di guerra le proprie truppe di occupazione e si attivi per l'invio di una forza multinazionale di pace -:
se il Governo italiano sapeva o meno, e se intendano o meno esprimere la più ferma condanna in merito a quanto emerso dai documenti filmati e fotografici trasmessi da Rainews24.
(2-01718) «Bellillo, Boato».

Interrogazioni a risposta orale:

CRUCIANELLI, BUFFO, CALZOLAIO e LULLI. - Al Ministro degli affari esteri, al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
si apprende a seguito di una inchiesta giornalistica dell'emittente «Rai news 24» che durante i bombardamenti di Fallujah del novembre 2004, si sarebbe utilizzato da parte delle truppe statunitensi il fosforo bianco, definito in gergo militare «Willi Pete»;
a suffragio di tale inchiesta vengono riportate testimonianze di ex militari statunitensi, in particolare uno di loro avrebbe dichiarato: «ho sentito via radio il comando di usare il Willi Pete, il nome con cui noi chiamiamo il fosforo bianco»;
l'utilizzo di tale arma chimica sarebbe dimostrato anche dalle immagini strazianti delle vittime, tra le quali donne e bambini, di Fallujah. Tali filmati mostrano corpi bruciati con indosso vestiti intatti;
l'Amministrazione degli Stati Uniti ha sempre smentito l'utilizzo di armi non convenzionali, ma dalla stessa inchiesta emergerebbe anche l'impiego di un'arma chiamata MK77, in pratica una versione del Napalm;
vari accordi internazionali vietano l'utilizzo di armi non convenzionali duranti i conflitti, tra cui l'impiego di sostanze incendiarie e di armi chimiche -:
se tali notizie rispondano al vero, se i vertici del nostro contingente militare impiegato in Iraq fossero a conoscenza dell'utilizzo di armi non convenzionali durante l'assedio di Fallujah quali iniziative il Governo intenda assumere nei confronti dell'Amministrazione statunitense a seguito di tali accadimenti.
(3-05142)

RANIERI, SPINI, CALZOLAIO, CABRAS, MELANDRI, CRUCIANELLI, FUMAGALLI, SERENI, CARLI, NANNICINI, RUZZANTE e LULLI. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
la trasmissione «Fallujah: la strage nascosta» di Rai News 24 andata in onda l'8 novembre, mostra e documenta un uso diverso e improprio del fosforo bianco (consentito solo per l'illuminazione delle postazioni nemiche) nelle attività di assedio della città di Fallujah;
secondo l'inchiesta il fosforo bianco sarebbe stato invece utilizzato per bombardare la città con conseguenze gravi sulla popolazione civile;
che la Convenzione CWC proibisce l'impiego di armi chimiche e di agenti chimici nei conflitti;
tutti gli Stati aderenti sono tenuti ad osservare dette proibizioni e limitazioni -:
se il Governo sia informato sulla qualità dei materiali bellici impiegati dalla coalizione, oltre quelli di pertinenza e in dotazione e, in ogni caso, se il Governo non ritenga di riferire al Parlamento su tale questione, così come avvenuto nel


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Parlamento britannico in una recente audizione dell'esecutivo di quel Paese su tale vicenda.
(3-05143)

CIMA. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
sul canale satellitare all-news della Rai alle 7,30 dell'8 novembre è andato in onda un servizio di 22 minuti firmato dall'inviato di Rai News 24 Sigfrido Ranucci e curata da Maurizio Torrealta, sull'assedio americano a Falluja in Iraq nel novembre del 2004 dal titolo: «Falluja. La strage nascosta»;
secondo la ricostruzione dell'autore del servizio durante l'offensiva americana del novembre 2004, per riprendere il controllo della città di Falluja, i militari americani fecero uso di armi chimiche proibite dalle convenzioni internazionali, in particolare di Nk-77, una nuova versione del napalm ampiamente usato in Vietnam e proibito nel 1980, ed anche del terribile fosforo bianco, un agente che brucia la pelle in modo irreversibile e penetra nel corpo carbonizzandolo;
nel servizio sono presentate interviste a testimoni oculari, militari americani, abitanti di Falluja e giornalisti, tra cui l'italiana Giuliana Sgrena;
vengono mostrate foto tenute dai registri cimiteriali di Falluja, di cadaveri ritrovati in città dopo la battaglia del 2004 per favorire l'identificazione che mostrano volti deformati ed anneriti, alcuni in stato di avanzata decomposizione, ma alcuni volti sono carbonizzati, calcinati e semistaccati dal cranio, corpi rattrappiti e semicarbonizzati, ma che non sono morti tra le fiamme, perché sono tutti vestiti ed il tessuto degli abiti è intatto;
il militare americano veterano dall'Iraq, Jeff Englehart, intervistato da Rai News 24 ha testimoniato di aver sentito «l'ordine di fare attenzione perché veniva usato fosforo bianco su Falluja. Nel gergo militare viene chiamato «Willy Pete». Il fosforo bianco, brucia i corpi, addirittura li scioglie. Ho visto i corpi bruciati di donne e bambini. Il fosforo esplode a forma di nuvola e chi si trova nel raggio di 150 metri è spacciato, perché brucia le molecole di ossigeno e una volta attecchito sulla pelle, in modo irreversibile, brucia fino all'osso»;
in una conferenza stampa tenuta lo scorso 25 ottobre all'Europarlamento di Strasburgo il direttore del centro studi su Falluja, Mohammad Tareq al-Deralji ha raccontato di «testimoni che hanno visto a Falluja una pioggia di sostanze incendiarie di vari colori che quando colpivano bruciavano le persone, e anche quelli che non erano colpiti avevano difficoltà a respirare, i cadaveri che ho visionato mostravano che alcuni erano stati uccisi nel sonno»;
il documentario mostra filmati circolati clandestinamente, indicati come ripresi da soldati americani a Falluja in cui si vedono nella notte i lampi e la fontana di fuoco bianco di bombe al fosforo;
nel documentario viene intervistata la deputata laburista inglese Alice Mahon che, dopo che ad una sua interrogazione alla Camera dei comuni sull'uso di fosforo e di napalm Mk-77 in Iraq, il Ministro della difesa ammise che era vero, scusandosi per aver risposto in precedenza il falso, negando sempre, si è dimessa per non essere complice di crimini di guerra;
il fosforo può essere impiegato sia come arma incendiaria, sia come arma chimica, proibito, come anche il napalm, come arma, è tollerato dalla convenzione internazionale sulla non proliferazione delle armi chimiche solo come mezzo per illuminare la notte o per fabbricare fumogeni;
il sottosegretario di Stato per gli affari esteri Alfredo Luigi Mantica, nella risposta all'interrogazione n. 4-11821 dell'on. Bulgarelli, pubblicata il 14 febbraio 2005, ha affermato sull'ipotesi di uso di armi non convenzionali da parte delle forze americane durante l'attacco di Falluja


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del novembre 2004, di non avere elementi di riscontro sui fatti evocati -:
se il Governo è a conoscenza dell'utilizzo da parte delle forze armate americane in Iraq, di sostanze chimiche proibite e se ad informarlo siano state le autorità americane e quali iniziative ha intrapreso nei confronti degli Stati Uniti.
(3-05144)

DEIANA e PISA. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
come risulta da numerose agenzie di stampa e da articoli di quotidiani nazionali che riportano una denuncia fatta dal Washington Post, sembrerebbe che la Cia abbia organizzato prigioni segrete in varie parti del mondo per detenere prigionieri accusati di appartenenza a organizzazioni terroristiche;
tali strutture sarebbero solo un tassello del sistema di prigioni segrete istituite quattro anni fa - dopo l'11 settembre, sulla base di un ordine esecutivo dello stesso Bush -, dalla Cia e la cui esistenza sarebbe nota solo a un ristretto numero di funzionari sia negli Stati Uniti che nei Paesi ospitanti;
ciò che sembrerebbe evidente è che i Servizi segreti americani continuano a utilizzare luoghi con caratteristiche di extraterritorialità, per evitare battaglie legali sull'habeas corpus dei prigionieri fantasma che vi sono trattenuti, aggirando in questo modo sia le leggi americane, che non consentirebbero i trattamenti particolarmente feroci che tali prigionieri sembrano ricevere durante gli interrogatori e la loro detenzione - come avviene a Guantanamo e come è accaduto nella prigione di Abu Graib -, sia le leggi del diritto internazionale;
le località segrete in questione vengono identificate come black sites, siti neri, e la Cia e la Casa Bianca, in merito alla loro esistenza, invocano l'interesse della sicurezza nazionale e l'importanza delle operazioni segrete che vi si svolgono, tanto che c'è stata persino una richiesta al Congresso di non indagare sulle condizioni di detenzione e sulle modalità degli interrogatori dei prigionieri;
attorno a questi black sites vige, dunque, la più totale assenza di notizie certe e di trasparenza per quanto riguarda chi vi è detenuto, quali siano le tecniche di interrogatorio che vengono utilizzate, quanto duri il periodo di detenzione e chi e in che modo assuma le decisioni in merito ai prigionieri;
sarebbero questi i luoghi predisposti a ricevere i presunti terroristi che nel corso di questi anni sono scomparsi o sono stati oggetto di sparizioni in varie parti del mondo, le ormai note renditions, di cui si è occupato anche il Senato degli Stati Uniti e sulle quali - in particolare per il caso del signor Abu Omar scomparso a Milano nel febbraio del 2003 - sono state inoltrate al Governo, a più riprese, richieste di chiarimento dall'interrogante per le quali ha ottenuto costantemente risposte, a suo giudizio, elusive;
alcune di queste prigioni oltre che in Thailandia e in Afghanistan si troverebbero anche in territorio europeo; la Slovacchia, la Russia, la Bulgaria e la Repubblica Ceca potrebbero ospitare alcuni di questi black sites, e malgrado i responsabili di questi Paesi neghino di essere a conoscenza di tali prigioni, il Washington Post afferma di essere in possesso di importanti documenti che lo dimostrano;
queste continue rivelazioni della stampa internazionale sono avvalorate da dichiarazioni di esponenti di rilievo della Casa Bianca, come Stephen Hadley, attuale consigliere per la sicurezza nazionale, il quale non solo non smentisce ma anzi conferma che le disposizioni presidenziali in tema di norme riguardanti gli interrogatori dei prigionieri sono ferree, al di sopra dei controlli internazionali, e che i militari e gli agenti del controspionaggio sono strettamente tenuti a rispettare queste norme stabilite dalla Casa Bianca per non incorrere in sanzioni disciplinari, come già avvenuto -:
se queste reiterate notizie non abbiano spinto il Governo a prodigarsi per


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ottenere informazioni tali da consentire di rispondere all'interrogante in maniera più esaustiva di quanto non sia avvenuto in precedenza su argomenti analoghi;
di quali informazioni disponga;
come intenda procedere per imprimere la massima pressione ad un'azione volta, anche sul piano delle relazioni internazionali, a che sia fatta luce su questi black sites e siano cancellati i soprusi e la negazione di ogni diritto umano e civile che vi si compiono.
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Interrogazione a risposta in Commissione:

DELMASTRO DELLE VEDOVE. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
il rapporto di Mehlis per la Commissione di inchiesta sull'uccisione di Hariri pone sul banco degli imputati il governo di Damasco, con motivazioni che peraltro esigono approfondimenti;
il rapporto appare indubbiamente influenzato - ed era forse inevitabile che così fosse - dal clima politico maturato in Libano dopo l'assassinio di Hariri;
la seconda parte del rapporto dal titolo «Il retroscena» nei paragrafi 25-26 e seguenti descrive la struttura dei rapporti siro-libanesi scrivendo testualmente: «Visto che c'è una presenza militare e di sicurezza in Libano, l'assassinio di Hariri non poteva essere compiuto senza una conoscenza precedente da parte delle autorità incaricate della sicurezza siriane e libanesi»;
questo argomento costituisce il fondamento dell'accusa lanciata contro la Siria, e ciò malgrado l'istintiva considerazione della sfortunata serie dei grandi crimini terroristici avvenuti a New York, a Londra ed a Madrid, ove vi sono organi di sicurezza e di intelligence più dotati, più organizzati e più capaci;
questo tipo di ragionamento è rafforzato al paragrafo 123 che recita: «C'è un motivo plausibile di ritenere che la decisione di assassinare Hariri non può essere stata presa senza il consenso di alti ufficiali, nè senza la complicità dei loro omologhi organi di sicurezza libanesi»;
appare inoltre evidente - e molti autorevoli giornali hanno sottolineato il particolare - che il rapporto si fonda sulle testimonianze di personaggi noti per le loro posizioni fortemente antisiriane ed addirittura uno di essi è già stato condannato come truffatore e falsario già condannato dalle autorità siriane e libanesi;
è quindi riscontrato un autentico paradosso tenuto conto che il rapporto accusa la Siria mentre nella conclusione dal titolo «I risultati delle indagini» si sottolinea la necessità, per la commissione, di proseguire nelle ricerche e di compiere indagini su diversi punti essenziali, indagini e ricerche che richiedono non poco tempo (paragrafo 20), in quanto le indagini su un simile omicidio, con i suoi vari risvolti internazionali, necessitano di mesi, se non di anni, per costruire un terreno solido per eventuali processi da celebrare nelle sedi competenti;
il Presidente della Siria Bashar Al Assad ha più volte dichiarato l'estraneità della Siria offrendo anche l'argomento logico secondo cui è difficile immaginare che l'autore del delitto sia lo Stato che subisce le più gravi conseguenze politiche dal delitto medesimo;
la Siria, per tentare di avvalorare la propria posizione, ha varato il decreto costituzionale n. 96 del 29 ottobre 2005, che prevede la costituzione di una Commissione d'Inchiesta Speciale, per dar vita ad uno strumento costruttivo per la collaborazione tra Siria, Commissione d'Inchiesta Internazionale ed Autorità Giudiziaria libanese;
nessuna posizione può essere assunta come veritiera senza che siano valutati i risultati concreti e fattuali delle varie commissioni


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che a vario titolo cercano la verità sul gravissimo assassinio di Hariri;
per la verità il nostro Governo, d'intesa con i governi europei, dovrebbe promuovere ogni iniziativa tendente a «raffreddare» il rapporto con la Siria, ancor più nel momento in cui, invece, il rapporto con l'Iran ha raggiunto punte di tensione di elevatissima pericolosità -:
se, alla luce delle palesi incertezze che si leggono nel rapporto della Commissione Internazionale di Inchiesta sull'omicidio di Hariri ed alla luce della iniziativa del governo siriano di costituire una Commissione d'Inchiesta Speciale per una approfondita collaborazione con gli organismi internazionali, non si ritenga di dover favorire un processo di distensione che «raffreddi» la tensione nell'area mediorientale in un momento particolarmente delicato caratterizzato dalla grave crisi con l'Iran.
(5-04927)