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PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato: Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 1o ottobre 2005, n. 202, recante misure urgenti per la prevenzione dell'influenza aviaria.
PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Avverto che il presidente del gruppo parlamentare dei Democratici di sinistra-L'Ulivo ne ha chiesto l'ampliamento senza limitazione nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del regolamento.
Avverto altresì che la XII Commissione (Affari sociali) si intende autorizzata a riferire oralmente.
Il relatore, onorevole Castellani, ha facoltà di svolgere la relazione.
CARLA CASTELLANI, Relatore. Signor Presidente, signor ministro, signor sottosegretario, onorevoli colleghi, è oggi all'esame dell'Assemblea la conversione in legge del decreto-legge n. 202 del 1o ottobre 2005, recante misure urgenti per la prevenzione dell'influenza aviaria.
Il decreto-legge in titolo è stato adottato dal Governo in considerazione del fatto che in alcune aree dell'est europeo è stata rilevata la presenza del virus H5N1, responsabile della cosiddetta influenza aviaria, rendendo così necessario ed urgente assumere tempestive misure di contrasto alla propagazione del virus nel territorio italiano, oltre che misure di prevenzione per la popolazione in caso di pandemia. Si tratta di misure, queste, che sono tutte coerentemente in linea con il piano nazionale multifase per la pandemia influenzale.
Il provvedimento è già passato all'esame dell'altro ramo del Parlamento, dove è stato modificato, rispetto al testo originario, con il recepimento di emendamenti, alcuni presentati dall'opposizione, ed è stato approvato lo scorso 19 ottobre con l'ampia maggioranza.
Com'è ormai noto, l'influenza aviaria è causata dal virus H5N1, da cui sono affetti prevalentemente uccelli migratori, polli e tacchini. Questo virus, presente endemicamente nei paesi asiatici, può infettare l'uomo solo se esso vive in condizioni igieniche molto precarie, in condizioni di contratto promiscuo con i volatili ed in presenza di un'alta patogenicità e concentrazione del virus e di una bassa capacità delle difese immunitarie dell'uomo.
Di fatto, dal 2003 ad oggi si sono registrati circa 130 casi di infezione umana in Vietnam, Indonesia, Thailandia e Cambogia, con 60 decessi e soli due casi di trasmissione da un uomo a uomo, di cui uno in Thailandia ed uno in Vietnam. Le epidemie da virus H5N1 negli allevamenti avicoli del sud-est asiatico hanno provocato la morte per infezione o per abbattimento di oltre 150 milioni di capi.
Dal mese di luglio ad oggi si sono verificate, anche in diversi paesi dell'est europeo (in Russia, Bulgaria, Romania, Croazia, oltre che in Kazakistan, Turchia e Grecia) molteplici focolai di infezione da H5N1 nei volatili, con la conseguente necessità
di un'attenta bonifica degli allevamenti infetti e del blocco delle importazioni di queste carni.
È sulla base di tali eventi che l'Organizzazione mondiale della sanità ha allertato i Governi sul concreto rischio di una pandemia influenzale, tenendo conto della ciclicità degli eventi pandemici e del fatto che tutte le pandemie influenzali del secolo scorso hanno esordito con importanti epidemie animali, così come oggi si sta verificando per l'influenza aviaria.
Naturalmente, tutti sappiamo che, affinché possa verificarsi una pandemia, è necessaria una mutazione del virus H5N1, che potrebbe essere facilitata o indotta dal presentarsi contemporaneamente in uno stesso soggetto umano dei due tipi di virus, quello dell'influenza aviaria e quello dell'influenza umana.
Ad oggi però, nel nostro paese, anche grazie alle tempestive misure messe in atto dal ministro della salute (ricordo le ordinanze di agosto e ottobre 2005), non esistono focolai infettivi e la produzione avicola italiana è tra le più sicure del mondo, anche perché gode di un'alta rete di sorveglianza e di controllo su tutta la filiera, dall'allevamento alla commercializzazione. Inoltre, anche grazie al professionale ed attento lavoro dei servizi veterinari, il nostro è un prodotto sicuro e di alta qualità.
Prima di entrare nel merito del provvedimento, vorrei richiamare l'attenzione del ministro e dell'aula sul tema dei mass media e su quale potrebbe essere il corretto approccio informativo alla popolazione in merito a tematiche che hanno o possono avere un impatto emotivo sulla pubblica opinione.
Sta accadendo, infatti, per le carni bianche quanto è accaduto per le carni bovine al tempo della cosiddetta sindrome da mucca pazza. Anche l'allarmismo di allora si mostrò infondato perché, a fronte dei rarissimi casi di morte in Italia per BSE, la filiera delle carni bovine subì una crisi che durò nel tempo.
Devo dare atto a lei, signor ministro, nonché al ministro per le politiche agricole e forestali ed al sottosegretario competente di essere sempre intervenuti per tranquillizzare la pubblica opinione, dicendo che era necessario uno stato di allerta ma che non bisognava fare allarmismo. Ritengo, però, che tale problema vada risolto a monte; in particolare, a mio avviso, sarebbe opportuno fornire alla popolazione italiana, e non solo, una comunicazione scientificamente corretta su quelle che possono essere le problematiche attinenti alla salute.
Signor ministro, intendo richiamare la sua attenzione affinché siano al più presto messe in campo tutte le misure possibili, oltre a quelle già previste nel provvedimento al nostro esame, al fine di sostenere in maniera adeguata il settore agricolo, che, con i suoi 180 mila occupati e con un fatturato di 4,5 miliardi di euro, costituisce un comparto produttivo importante della nostra economia.
Entrando nel merito del provvedimento, i commi 1 e 2 dell'articolo 1, modificati dal Senato, prevedono l'istituzione presso il Ministero della salute di un Centro nazionale di lotta ed emergenza contro le malattie animali. Il centro è chiamato a svolgere funzioni di indirizzo, coordinamento e verifica ispettiva attraverso una unità centrale di crisi, unica per tutte le malattie animali, in coordinamento con le analoghe strutture regionali e locali, anche per finalità di profilassi internazionale. L'individuazione nel dettaglio delle funzioni e dei compiti del centro è demandata ad un decreto del ministro della salute, che ne dovrà altresì definire composizione ed organizzazione. È previsto che nell'espletamento dei suoi compiti il centro si avvalga della collaborazione degli istituti zooprofilattici sperimentali, del centro di referenza nazionale per l'epidemiologia, del dipartimento di veterinaria dell'Istituto superiore di sanità in collaborazione con le regioni e le province autonome, nonché con le facoltà universitarie di medicina veterinaria e con gli organi della sanità militare. Il Senato ha previsto che il centro si avvalga altresì dei centri di referenza degli istituti zooprofilattici sperimentali, in particolare di quello per l'influenza aviaria di Padova. Le modalità
della partecipazione alle attività del centro e dell'unità di crisi del Ministero delle politiche agricole e forestali e degli enti di ricerca ad esso collegati dovranno essere definite con decreto del ministro delle politiche agricole e forestali.
I commi 3 e 5 dell'articolo 1 dispongono l'istituzione nell'ambito del Ministero della salute di un quarto dipartimento, quello per la sanità pubblica veterinaria, la nutrizione e la sicurezza degli alimenti. Nel dipartimento, articolato in tre uffici di livello dirigenziale generale, confluiscono, tra l'altro, l'attuale direzione generale della sanità veterinaria e degli alimenti, il predetto Centro nazionale di lotta ed emergenza contro le malattie animali, nonché il comitato nazionale per la sicurezza alimentare. La dotazione organica del Ministero della salute viene conseguentemente incrementata di tre posti di dirigente di prima fascia.
I commi 4 e 4-bis dell'articolo 1, modificati o introdotti dal Senato, prevedono il reclutamento con contratti a tempo determinato di durata triennale di sessanta dirigenti veterinari di primo livello e di cinquanta operatori del settore della prevenzione, dell'assistenza e del controllo sanitario. Il Senato ha precisato che il numero dei dipendenti da assumere deve intendersi come numero massimo.
Il comma 5-ter dell'articolo 1, introdotto dal Senato, attribuisce al ministro della salute il potere di sospendere con propria ordinanza l'attività venatoria sull'intero territorio nazionale. La sospensione può essere totale ovvero limitata ad alcune specie e in ogni caso protratta per non oltre sei mesi.
L'articolo 2, modificato dal Senato, prevede che all'acquisto di medicinali o di altro materiale profilattico da destinare alla prevenzione del rischio epidemico, anche per i cittadini italiani residenti nelle aree di infezione, si possa procedere mediante le risorse del fondo per le spese impreviste di cui all'articolo 9 della legge n. 468 del 5 agosto 1978. Ciò su richiesta del ministro della salute e proposta del ministro dell'economia e delle finanze. Un successivo accordo in sede di Conferenza Stato-regioni dovrà definire le modalità di costituzione, da parte delle regioni, di analoghe scorte di farmaci antivirali e di altro materiale profilattico; al riguardo, è precisato che le scorte regionali dovranno essere in quote pari a quelle acquisite dal Ministero della salute.
L'articolo 3, modificato dal Senato, cambia l'attuale denominazione del «Comando Carabinieri per la salute» in quella di «Comando Carabinieri per la tutela della salute». Dispone, inoltre, il potenziamento dell'organico del Comando. Il Ministero della salute provvede a tutti gli oneri previsti per il trattamento economico del personale, per i quali è autorizzata la spesa di 400 mila euro per il 2005 e di 4 milioni e 500 mila euro a decorrere dal 2006.
L'articolo 4 regola la copertura finanziaria degli oneri del provvedimento, stimati in complessivi 700 mila euro per il 2005 ed in 15 milioni e 200 mila euro annui a partire dal 2006. Alla copertura si provvede mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa recata dal comma 2 dell'articolo 1 del decreto-legge n. 355 del 2000, destinata al potenziamento della sorveglianza epidemiologica della encefalopatia spongiforme bovina. L'articolo prevede anche che il Ministero della salute possa riassegnare alle attività di prevenzione e di profilassi internazionale, alle attività di registrazione ed immissione in commercio dei prodotti fitosanitari e medicinali veterinari ed ai controlli sanitari in materia di sicurezza alimentare le entrate derivanti dalle tariffe riguardanti i prezzi dei farmaci a basso costo, anche in deroga al limite di incremento delle riassegnazioni di entrate stabilito dalla legge finanziaria per il 2005.
L'articolo 5, nel testo modificato dal Senato, definisce misure di sostegno al mercato delle carni avicole, il cui consumo ha subito una netta contrazione in connessione con il diffondersi dell'allarme relativo all'influenza aviaria. L'intervento scelto consiste nel ritiro dal mercato di un quantitativo massimo di 17 mila tonnellate di prodotto, per un importo massimo di 20 milioni di euro. L'organismo incaricato
delle operazioni di ritiro è l'Agenzia per le erogazioni in agricoltura. Relativamente alle modalità di ritiro, nonché alla definizione del prezzo, dovrà intervenire il ministro delle politiche agricole e forestali con un proprio decreto di natura non regolamentare. È prevista, quindi, la copertura finanziaria dell'operazione di ritiro del prodotto dal mercato.
Infine, l'articolo 6 disciplina l'entrata in vigore del provvedimento.
Onorevoli colleghi, il provvedimento è stato esaminato in XII Commissione in maniera parziale: hanno avuto luogo la relazione e la discussione sulle linee generali e, nella seduta dello scorso 3 novembre, a causa dei tempi ristretti, è stato possibile effettuare soltanto l'illustrazione delle proposte emendative, che sono state ritirate dai proponenti per essere ripresentate in Assemblea. Nel corso del dibattito, è emersa, pur essendo differenti le posizioni politiche, una sostanziale condivisione delle finalità del provvedimento. Il mio auspicio è che, anche in questo ramo del Parlamento, il disegno di legge di conversione in esame possa essere approvato con un'ampia maggioranza, nell'interesse della tutela della salute dell'intera collettività nazionale.
Per quanto concerne i pareri espressi in sede consultiva, quelli delle Commissioni I, VII e XI sono favorevoli senza condizioni od osservazioni. La Commissione agricoltura ha espresso parere favorevole, con una condizione inerente alla previsione di ulteriori misure di sostegno al settore avicolo e con un'osservazione in merito all'opportunità di incentivare ulteriori forme di tracciabilità volontaria dei prodotti avicoli nazionali, al fine di consentire la loro immediata riconoscibilità da parte dei consumatori. Anche la Commissione politiche dell'Unione europea ha espresso parere favorevole, con un'osservazione inerente all'opportunità di rendere compatibile quanto previsto dall'articolo 5 del provvedimento con la normativa comunitaria in materia di aiuti di Stato.
La Commissione bilancio, sulla base dei chiarimenti forniti dal Governo con la documentazione predisposta dal ministro dell'economia e delle finanze, ha espresso parere favorevole con alcune condizioni che, peraltro, non essendo riferite al rispetto dell'articolo 81, quarto comma, della Costituzione, non rappresentano condizioni vincolanti.
Anche il Comitato per la legislazione ha espresso parere favorevole, con condizioni che possono essere considerate, nel complesso, di natura più formale che sostanziale.
Mi avvio a concludere, ribadendo l'auspicio di poter verificare un'ampia convergenza dell'Assemblea sul provvedimento, dando atto al ministro della salute e al Governo di essersi attivati su questa delicata tematica sanitaria con tempestività ed incisività, nell'interesse dei cittadini italiani, meritando per questo concreto approccio un giusto apprezzamento da parte dell'Unione europea e degli altri paesi (Applausi dei deputati dei gruppi di Alleanza Nazionale e della Lega Nord Federazione Padana).
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il rappresentante del Governo.
FRANCESCO STORACE, Ministro della salute. Signor Presidente, mi riservo di intervenire in sede di replica.
PRESIDENTE. Sta bene.
È iscritta parlare l'onorevole Labate. Ne ha facoltà.
GRAZIA LABATE. Signor Presidente, ministro della salute, onorevoli colleghi, il provvedimento al nostro esame appronta misure urgenti per la prevenzione dell'influenza aviaria. Esso costituisce uno strumento per affrontare un rilevante problema di sanità pubblica, a causa della sua contagiosità, per la variabilità antigenica del virus influenzale, per l'esistenza di serbatoi animali e per le possibili gravi complicanze sull'uomo.
Dal 1999 ad oggi, a livello mondiale, si è registrato un aumento progressivo delle epidemie di influenza aviaria. A partire dalla fine del mese di luglio scorso, i rapporti ufficiali all'Organizzazione internazionale
epizoozie (OIE) da parte delle autorità governative dimostrano che il virus influenzale H5N1 ha esteso la sua diffusione geografica.
La possibile diffusione del virus in ulteriori paesi non può essere esclusa. L'Organizzazione mondiale della sanità raccomanda un'accresciuta sorveglianza sulle epidemie nel pollame e sulle morie degli uccelli migratori, nonché la rapida introduzione di una serie di misure di contenimento che sono state raccomandate sia dalla FAO sia dall'Organizzazione internazionale epizoozie.
Una aumentata sorveglianza per casi di malattie respiratorie in persone con storia di esposizione al pollame infetto è ugualmente raccomandata nei paesi in cui sono note e sono nate le epidemie del pollame. L'invio di campioni clinici e di virus sia umani che animali permette studi che contribuiscono alla valutazione dell'eventuale rischio pandemico ed aiutano ad assicurare che il lavoro verso lo sviluppo di un vaccino prosegua e sia vicino.
L'espansione dei virus preoccupa. L'emergenza di un ceppo H5N1, che si trasmette rapidamente nell'uomo, indicherebbe l'inizio di una pandemia. Dunque, i problemi fondamentali che dobbiamo affrontare, approntando un valido sistema di sorveglianza, devono costituire (il ministro conosce la mia opinione, perché sollevai tale questione in una interrogazione a risposta immediata del 13 settembre 2005 ed il ministro fu d'accordo) i pilastri di un sistema integrato di allerta, ma non di allarmismo. Tuttavia, i fatti di cronaca e l'opinione pubblica dimostrano invece che, con fondatezza o non fondatezza di analisi e di giudizi, si sono verificate circostanze che hanno creato allarmismo nei cittadini e nei consumatori. Altra cosa è invece un razionale e giusto spirito di allerta di fronte ad un evento probabile.
Nonostante gli sforzi, le epidemie del sud-est asiatico, che hanno provocato la morte o l'abbattimento di 150 milioni di uccelli, hanno avuto gravi conseguenze per l'agricoltura e per molti allevatori, che traggono le fonti di sostentamento di reddito e di cibo da piccoli allevamenti.
La maggior parte dei casi umani è stata collegata al contatto diretto con pollame malato o morto nelle aree rurali, mentre sono stati registrati solo pochissimi esempi di limitata trasmissione da persona a persona.
Ciò che sappiamo, signor Presidente, signor ministro, con certezza e su base scientifica, è che, alla base dell'epidemiologia dell'influenza, vi è la marcata tendenza di tutti i virus influenzali a variare, cioè ad acquisire cambiamenti nelle proteine di superficie (la collega Castellani, che è medico, potrebbe insegnarlo a noi, che siamo ricercatori della materia) che permettono ai virus di aggirare la barriera costituita dall'immunità, presente nella popolazione con esperienza pregressa di infezione. Ciò spiega perché l'influenza possa ripetutamente colpire la popolazione a causa di ricorrenti epidemie.
Attualmente, sia come profilassi che come terapia, sono disponibili vaccini per tutte le influenze che stagionalmente affrontiamo, che variano ogni anno a seconda del mutare del ceppo del virus. Abbiamo a disposizione - questo la scienza ci consegna - farmaci antivirali che, se assunti tempestivamente, possono bloccare la diffusione del virus da una cellula all'altra dell'organismo, attenuando i sintomi e abbreviando il decorso della malattia.
Perciò, il principale e migliore strumento per combattere ogni anno, dando sicurezza ai cittadini, le varie epidemie influenzali che abbiamo conosciuto fin qui, e per non indurre in visioni distorte l'attenzione degli stessi cittadini tra virus influenzali stagionali e probabile eventualità di un virus della aviaria, è quello dell'informazione preventiva, della conoscenza dei meccanismi di azione di tipo virale e della vaccinazione antinfluenzale, che continua a essere di anno in anno - e anch'io voglio darne atto al Ministero della salute - oggetto di raccomandazioni da parte del ministero stesso perché venga affrontata.
Avevo però già sottolineato il problema al ministro Storace, il quale, giustamente, dalla fine del mese di agosto, è al lavoro
su questo grave problema per senso di responsabilità di un paese che, come il nostro, può contare peraltro, rispetto all'Europa e al resto del mondo, su una rete di sorveglianza sulla salute animale tra le più efficaci.
Non dimentico che abbiamo una rete di veterinari pubblici, al servizio delle nostre aziende sanitarie locali, pronti ad intervenire, come avvenne - lo ha ricordato la collega Castellani - allorquando fummo colpiti dalla vicenda della BSE, e che addirittura - lo ricordo alla collega Castellani - in tre mesi furono in grado di mettere in atto un sistema di allerta e di sorveglianza tale da consentire al nostro paese di fronteggiare efficacemente un problema di quella portata, nonostante l'Europa si trovasse sgomenta a causa delle posizioni dell'Inghilterra, molto restia ai controlli, persino fiscali e al centesimo, sulla popolazione bovina animale che risiedeva negli allevamenti.
Dando atto al ministero di questa importante iniziativa, vorrei ricordare al ministro ed a tutti noi - poiché è un problema comune di cui tutti dobbiamo farci carico - che non possiamo sentirci gratificati dalla copertura di circa il 10 per cento della nostra popolazione a rischio (bambini e anziani) in occasione dell'influenza, che pare - lo apprendiamo dalle fonti del Ministero della salute - avrà il suo picco in occasione delle feste natalizie.
Occorrerà, mai come quest'anno, raggiungere almeno la copertura del 25 per cento della nostra popolazione, sapendo che dobbiamo rimanere allertati per il rischio che potrebbe verificarsi per l'arrivo anche dell'influenza aviaria.
L'azione dei medici di medicina generale, delle unità sanitarie locali e delle regioni italiane - che, a seguito di diverse riunioni, hanno tutti predisposto i loro piani contro l'influenza stagionale - sta costituendo un'efficace intervento di informazione e di prevenzione sul territorio. Sta di fatto, però, che, in questi giorni, ancora una volta, abbiamo assistito all'indisponibilità del vaccino presso le farmacie di alcune regioni: ciò chiama in causa la capacità di predisporre in tempo utile gli strumenti preventivi e di profilassi, nonché la capacità di concertazione con i produttori ed i distributori perché il cittadino, ancorché informato, abbia risposte tempestive ed efficaci.
Lo stesso vale per gli antivirali. Abbiamo assistito ad una campagna, destinata all'opinione pubblica, in seguito alla quale, dalla cessazione della produzione di Tamiflu, correnti migratorie di cittadini italiani hanno, dalla mia regione, varcato i confini verso la Svizzera e la Francia per fare scorte di antivirali. Ciò deve porci un interrogativo: stiamo svolgendo una corretta informazione oppure vi è un'azione distorsiva rispetto alla condotta che dovremmo avere? Una condotta che, facendo barriera contro l'influenza stagionale - che giungerà -, faccia altresì chiarezza sulla circostanza che non può essere fatto «passare», nell'opinione pubblica, sic et simpliciter, che, assunta una dose di Tamiflu oggi, ci si immunizza contro l'eventuale pandemia che dovesse verificarsi. Allora, da tale punto di vista, occorre davvero rafforzare con maggiore efficacia anche le campagne informative dirette al cittadino che sgomberino il campo da facili allarmismi, diano il senso di responsabilità di un sistema di allerta ma, nel contempo, mettano gli stessi cittadini italiani in condizioni, effettivamente, di conoscere i termini reali della questione.
A nostro avviso - ma ribadisco che non vi è alcuno spirito polemico nel nostro convincimento, essendo maturato girando attraverso le regioni italiane per dovere d'ufficio e leggendo attentamente quanto accade nel paese in questi giorni -, effettivamente è preoccupante che, sia per la banale influenza sia per l'accoppiamento facile influenza-influenza aviaria, si sia creato un sistema di panico e di cattiva informazione. Al riguardo, mi ha fatto molto piacere che il ministro Storace abbia corretto dichiarazioni rese da importanti autorità internazionali, secondo le quali sembrava che l'uovo crudo non si potesse più mangiare; ciò aveva infatti determinato una situazione di panico nei cittadini, che, mentre già dovevano comprendere cosa si poteva fare delle carni
bianche e delle uova cotte, sono stati bombardati da una serie di iniziative e di informazioni le quali, a nostro avviso, non hanno giovato ad una percezione razionale dei problemi e, quindi, all'adozione di comportamenti efficaci in ordine alla verificazione della possibile evenienza.
Quindi, chiarezza di informazioni, parole chiare, rassicuranti, né facili illusioni né allarmismi; dobbiamo dichiarare con chiarezza - e lo deve fare la massima autorità competente nel nostro paese: il ministro della salute - che, per ora, il vaccino antinfluenza aviaria non esiste. Quindi, non si facciano facili banalizzazioni sul tema; possiamo solo affrontare il virus influenzale di stagione, previsto in fase conclamata verso le festività natalizie e predisporre - e questo decreto già affronta la materia - tutti gli strumenti più efficaci e tempestivi perché si sia all'altezza della probabile evenienza. Chiaramente, nessuno intende nascondere la gravità della situazione nell'ipotesi dovesse verificarsi l'evenienza temuta, situazione che occorrerebbe fronteggiare con tutti gli strumenti del caso, in costante coordinamento, però, con l'Europa e con il nostro sistema regionale. Tale sistema regionale, fino ad oggi, grazie alle leggi dell'ordinamento, detiene i poteri di organizzazione e di gestione di tutti gli aspetti di prevenzione, promozione e tutela, tanto della salute umana quanto di quella animale.
Allora, su cosa dobbiamo basarci per fronteggiare il possibile rischio? Il decreto alla nostra attenzione, lo affronta? E lo fa sufficientemente?
Questo è il punto centrale del dibattito, cui faceva riferimento la collega Castellani, che purtroppo si è interrotto la scorsa settimana, a causa dell'andamento dei lavori della Camera dei deputati, impedendoci di entrare nel merito dei nostri emendamenti. Abbiamo tuttavia ripresentato tali proposte emendative in Assemblea, con il responsabile spirito di collaborazione che anche una forza di opposizione deve avere di fronte a materie così delicate, predisponendoci ad avere un atteggiamento positivo verso il decreto-legge in esame.
Su alcune proposte, comunque vogliamo verificare la disponibilità del ministro della salute, il quale, già presso il Senato, ha mostrato sensibilità e disponibilità a modificare il provvedimento in esame; pertanto, mi sembra che il signor ministro debba mostrare ancora tutta la sua disponibilità ad accogliere ciò che può migliorare il testo, rifiutando contrapposizioni basate esclusivamente su una visione ideologica e di parte.
È mia modestissima opinione che, se vogliamo che questo strumento sia realmente efficace, occorra darsi quattro direttrici fondamentali di marcia. In primo luogo, bisogna bloccare l'ingresso del virus. Il decreto-legge in esame lo fa, predisponendo alcune misure di sorveglianza alle nostre frontiere, ai valichi di frontiera, al sistema aeroportuale e, più in generale, alle modalità d'ingresso, nel nostro paese, di possibile pollame infetto. Per realizzare ciò, tuttavia, occorrono unità operative opportunamente formate per assolvere a tale compito.
Il Ministero della salute possiede già questo personale; tuttavia vi è un problema di ordine generale, determinato dalla scarsità di risorse e da contratti di lavoro non congrui. Vi sono, infatti, circa 114 unità che lavorano ai nostri valichi, nonché presso le strutture aereoportuali, ma che purtroppo, signor Presidente e signor ministro, sono state finora impiegate con contratti di collaborazione coordinata e continuativa.
Vorrei ricordare che il Governo aveva già preso l'impegno di assumere, all'inizio del 2005, con un contratto a tempo determinato almeno triennale, tale personale, il quale, signor Presidente, risulta fondamentale per bloccare l'ingresso del virus nel nostro paese; purtroppo, l'esecutivo non è stato in grado di adottare tale misura.
Mi sono fatta inviare dal Senato una documentazione dalla quale apprendo che la Commissione bilancio ha presentato all'Assemblea una proposta di modifica - quindi, devo dare atto al ministro Storace di aver assolto con onore ad un impegno - che prevede di assumere detti soggetti
con contratto a tempo determinato triennale, perché il signor ministro sa che essi costituiscono la nostra prima task force. Pertanto, o siano in grado di disporre di personale efficiente, qualificato e stabile, capace di svolgere l'azione di sorveglianza degli animali che transitano all'interno del nostro paese, controllando il loro stato di salubrità, oppure dovremmo successivamente fare i conti con realtà molto più difficili da fronteggiare.
La seconda questione, a mio avviso, è costituita dal miglioramento dei sistemi di sorveglianza. In tal caso, ministro Storace, mi permetta di evidenziare che, come lei sa, da parte mia e del mio gruppo provengono tutti suggerimenti migliorativi, poiché non esiste una vocazione al perfezionismo a tutti i costi. Tuttavia, mi sembra che, per come è congegnato il decreto-legge in esame, non sia contemplato il coordinamento di tutti gli strumenti disponibili nell'ambito del sistema di sorveglianza. Vorrei portare un esempio in tal senso.
Vorrei ricordarle che non sono stata contraria all'istituzione di un Centro nazionale di sorveglianza per la prevenzione delle malattie derivanti dal mondo animale. Tuttavia, vorrei rivolgerle una domanda: come potrà funzionare bene quel centro, se lei non disporrà uno stretto coordinamento (per predisporre linee guida, informazioni efficaci e via dicendo) con l'altro Centro nazionale esistente in materia di prevenzione delle malattie infettive?
Questi due istituti, infatti, o lavoreranno insieme, oppure lei non potrà immaginare che il Centro nazionale di lotta ed emergenza contro le malattie animali definisca linee guida, curi i rapporti con le regioni e l'Unione europea e predisponga indirizzi per la prevenzione e la tutela della salute animale, mentre non è previsto alcuno strumento di raccordo con l'altro Centro nazionale per la prevenzione e la tutela delle malattie infettive sull'uomo.
Ci siamo permessi di presentare un emendamento che mirava all'accordo dei centri nazionali di coordinamento. Siamo, infatti, a conoscenza di quanto essi siano importanti e sappiamo altresì quanto gli stessi siano utili nel quadro del coordinamento europeo ed in quello con la CDC di Atlanta, al di là dell'oceano, perché le misure - come mi rispose giustamente il ministro Storace in aula - non possono essere adottate da un singolo paese e nemmeno solo in ambito europeo. Esse devono avere un'efficace azione di coordinamento globale.
La terza direttrice di marcia è incrementare le nostre difese. Come affermavo in precedenza, sarei molto contenta se il sistema di vaccinazione per l'influenza di tipo invernale coprisse almeno il richiamato quantitativo di popolazione. Al riguardo, occorre fare anche uno sforzo, signor ministro, affinché, oltre ai bambini ed agli anziani da una certa età in poi ed a coloro che presentano patologie croniche di tipo bronco-polmonare e cardiaco, siano compresi anche gli insegnanti delle scuole e coloro che operano negli uffici a contatto con il pubblico. Vi è pertanto bisogno di predisporre un piano maggiormente coordinato, con il quale si incrementino gli strumenti di difesa. Gli strumenti di difesa sono, appunto, efficaci campagne di informazione per la vaccinazione sulla popolazione, non solo sulla parte esposta, ma anche su quella che, trovandosi a contatto con una moltitudine di persone, potrebbe rappresentare un veicolo di infezione nel caso si verificasse il grave e combinato disposto della sommatoria dei due virus. Allo stesso tempo, gli strumenti di difesa sono offerti da ciò che lei, signor ministro, ha ricordato: 136 milioni di dosi di farmaci antivirali e la prenotazione del possibile futuro vaccino anti-epidemia da influenza aviaria.
Non ho, tuttavia, riscontrato nell'articolato del provvedimento l'efficace strumento di cui lei aveva parlato, ossia la stipulazione di accordi di programma con le industrie farmaceutiche. Anche questi non sono, infatti, aspetti in cui basta esprimere una volontà: abbiamo avuto conoscenza, dalla lettura dei giornali - quindi, non si tratta certamente di un riscontro ufficiale -, che molte tra le
grandi imprese produttrici si trovano in difficoltà, dopo aver individuato il virus, a mettere il proprio sistema di produzione in condizione di permettere ai cittadini una certa sicurezza quantitativa, in una prima fase, per fronteggiare la situazione e, successivamente, una sicurezza nel caso si concretizzasse la deprecata e dannabile ipotesi di dover far fronte alle esigenze di tutta la popolazione.
Ultima direttrice di marcia è la riduzione dell'impatto del virus. Al riguardo, vi è un punto fondamentale nel provvedimento in discussione. Per ridurre l'impatto, è necessario che le strutture attuali funzionino a pieno regime. Al riguardo, si apre, ministro Storace, la discussione degli istituti zooprofilattici sperimentali. Lei sa - e ce ne ha dato atto in più occasioni, quando abbiamo discusso questo tema - che sono proprio tali istituti i centri di riferimento, oltre a quello di Padova, previsto nel provvedimento. È a tali centri che giungono le raccomandazioni comunitarie, le direttive inerenti i test da effettuare e gli esami di laboratorio per il controllo dello stato di salute di un animale che magari è affetto da una malattia in un dato momento. Ed allora, come è possibile, signor ministro, che in questo provvedimento non si è fatta menzione del potenziamento di detti istituti? Lei sa - al pari di me - che non si tratta di un problema da ignorare, poiché la situazione, allo stato dell'arte, degli istituti zooprofilattici sperimentali è di carenza di personale. I blocchi alle assunzioni previsti nella legge finanziaria per l'anno 2006 colpiscono tali istituti, che non possono assumere con strumenti di flessibilità. Essi hanno bisogno di rafforzare la propria azione, così come è stato loro richiesto, a seguito di tutti gli incontri che il ministro - in rappresentanza di tutto il paese - ha avuto in Europa e nel mondo in occasione di alcuni focolai di infezione nell'Europa orientale. Come è possibile, dunque, pensare di approntare un provvedimento che affronta prevenzione e tutela sul rischio da influenza aviaria, senza offrire un minimo di risposte ad istituti che, per qualità scientifica e strumentazione tecnologica, rappresentano il primo baluardo di riferimento per disporre sul campo delle indagini e dei controlli sul mondo animale?
Per tale motivo - il ministro Storace lo sa e ne parlavamo prima dell'inizio della discussione sulle linee generali - abbiamo predisposto misure emendative che non sono rivolte ad un incremento folle delle somme da stanziare, poiché siamo responsabili e consapevoli della situazione economica nella quale si trova - purtroppo - il nostro paese. Occorre almeno una misura credibile (per un triennio, 10 milioni di euro), che consenta a tali istituti di assumere personale, al fine di far fronte al maggior carico di lavoro e dotarsi di kit e test sperimentali per svolgere celermente le analisi in costanza di popolazione animale affetta da una qualche patologia, che potrebbe costituire un focolaio sul quale il virus potrebbe attecchire.
Noi abbiamo presentato pochi emendamenti rivolti ad un maggiore coordinamento con le regioni ed all'implementazione degli istituti zooprofilattici sperimentali.
Ci auguriamo - come ha detto la collega Castellani - che lo spirito costruttivo di lavoro della nostra Commissione ed i segnali tempestivi dati dal Governo su una materia così delicata si incontrino con proposte non di parte, ma necessarie a dotarci, anche attraverso un decreto-legge, degli strumenti necessari.
Per questo motivo, come gruppo di opposizione dei Democratici di sinistra, domani proporremo all'Assemblea che il decreto-legge in discussione sia il primo punto all'ordine del giorno della seduta e non subisca condizionamenti, per l'andamento dei lavori dell'Assemblea o per l'esame di altri provvedimenti che potrebbero registrare l'uso da parte nostra di strumenti regolamentari volti a rivedere profondamente norme, a modificarle, ad interloquire con la maggioranza e con il Governo del nostro paese, che finora, per la verità, si è dimostrato molto sordo su provvedimenti generali molto importanti.
Lo faremo per questo motivo, a dimostrazione della nostra onestà intellettuale e
della nostra volontà di collaborare, perché il problema interessa tutto il paese; ma anche a dimostrazione della nostra volontà di trovare come interlocutore un Governo sensibile a migliorare le cose, senza tenere un atteggiamento di blindatura su tutto, che - lo ripeto - non serve a nessuno. Infatti, il problema dell'influenza aviaria è questione che travalica gli schieramenti politici.
Ciò anche al fine di ritrovare un Parlamento sensibile e responsabile, che affronta tale problema e che si dota di strumenti efficaci, anche per quel diritto all'informazione dei cittadini del nostro paese che spesso, signor Presidente Fiori, sono trattati più come cittadini soggetti ai controlli e alle procedure amministrative che come utenti, i quali devono poter avere informazioni in qualità di consumatori.
Il pur giusto - per quanto minacciato dalla Comunità - strumento della tracciabilità volontaria, che il ministro ha adottato, non offre ancora al cittadino consumatore tutta la necessaria sicurezza. Infatti, l'etichetta oggi mi dice che il prodotto è italiano, e ciò mi rassicura; che è fatto nella provincia di Roma o di Genova, e ciò mi rassicura. Ma il sistema dei codici segretati a barre (002 o 003) non mi dice da quale allevamento proviene il prodotto o chi è il produttore.
Chiunque vada a fare la spesa da un macellaio o in un supermercato vorrebbe che, accanto agli strumenti che il Ministero della salute predispone in accordo con il Ministero delle attività produttive, si preveda che i grandi distributori, i macellai ed i rivenditori al dettaglio debbano attenersi almeno ad una circolare. Se io, Grazia Labate, chiedo cosa significa il codice a barre, che almeno mi sia detto se il prodotto proviene da Aia, Arena, Amadori oppure da un piccolo allevamento rurale del mio Appennino ligure!
In questo caso, per il consumatore l'azione di etichettatura non è solo un'azione di controllo o di tutela burocratica amministrativa. È un'azione efficace di informazione per il diritto del cittadino ad essere più informato ed evitare quella débâcle della perdita di mercato del 50 per cento che sta mettendo in serio scacco l'economia italiana ed il mondo agricolo.
Ma, al riguardo, il collega Sedioli, molto più competente di me, interverrà nel merito (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo, della Margherita, DL-L'Ulivo e di Rifondazione comunista).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Mosella. Ne ha facoltà.
DONATO RENATO MOSELLA. Signor Presidente, signor ministro, signor sottosegretario Cursi, onorevoli colleghi e colleghe, come è stato già detto: l'esaurimento delle scorte di vaccino antinfluenzale nel nostro paese è da giorni una notizia. Purtroppo, amplificata in modo spropositato da gran parte dei mezzi di informazione, essa ha attraversato tutti gli strati sociali.
I medici di famiglia rilevano che le richieste di vaccino antinfluenzale sono aumentate del 30-40 per cento rispetto allo scorso anno. A chiedere di essere immunizzate non sono più solo le persone a rischio (anzi, in base alle notizie che da giorni raccogliamo, quelle a rischio denotano una certa lentezza nel provvedere a sottoporsi al vaccino). Si tratta di un fenomeno non nuovo, causato, com'è evidente, dal fatto che nella pubblica opinione si è creata una sorta di sillogismo che attribuisce al vaccino antinfluenzale una funzione di prevenzione e di difesa contro la cosiddetta influenza aviaria.
Tutto ciò è infondato, come peraltro hanno confermato la relatrice e la collega che mi ha preceduto. In realtà, infatti, non sarà possibile parlare di vaccino contro l'influenza aviaria sino a quando non vi sarà la certezza che essa si trasmette da uomo a uomo.
D'altra parte, hanno destato molta preoccupazione nell'opinione pubblica mondiale le dichiarazioni rilasciate la scorsa settimana dal Presidente degli Stati Uniti circa una possibile pandemia causata dal virus dei polli, che solo in America
metterebbe a rischio due milioni di vite umane. L'amministrazione americana ha chiesto al Congresso di stanziare 7,1 miliardi di dollari per attuare un piano di contrasto alla possibile diffusione dell'influenza aviaria. L'obiettivo è quello di garantire 20 milioni di dosi di vaccino contro l'H5N1, finanziare la ricerca sui vaccini e rendere disponibili le quantità di antivirali che dovessero essere necessarie.
La parola d'ordine è di non trascurare il fattore tempo; in altre parole: non farsi trovare impreparati. L'Organizzazione mondiale della sanità informa che ad oggi il virus H5N1 ha contagiato 121 persone, ne ha uccise 62 e si è diffuso tra il pollame di vaste aree d'Europa e dell'Asia. È di qualche ora fa la notizia che un nuovo focolaio si è aperto negli Urali, in una regione che nei mesi scorsi era stata già colpita dall'influenza dei polli.
L'Organismo europeo di sorveglianza dell'influenza aviaria ricorda che la malattia per ora non ha contagiato alcun cittadino dell'Unione, ma è rimasta a livello animale, a differenza di quanto avvenuto nel sud-est asiatico. Tuttavia, l'invito è a non abbassare la guardia e a non minimizzare gli allarmi a livello internazionale. Occorre rafforzare le difese in Europa ed anche impegnarci attivamente ad aiutare i paesi vicini.
La domanda è d'obbligo: stiamo facendo tutto il necessario in questa direzione? Sono stati messi in atto tutte le misure e i protocolli che afferiscono a questa materia? Al momento non lo sappiamo. Il decreto-legge al nostro esame è un provvedimento molto delicato, perché, se di alcuni aspetti siamo sicuri, su altri restano forti l'incertezza e la preoccupazione.
I cittadini sono giustamente attenti al tema e preoccupati dal continuo succedersi di notizie, seguite poi da smentite, che non fa altro che alimentare una certa inquietudine.
L'Organizzazione mondiale della sanità ha avvertito che le malattie virali, soprattutto quelle a trasmissione aviaria, non conoscono frontiere e, dunque, vi è un rischio pandemia. Il direttore generale dell'Organizzazione mondiale della sanità ha ribadito che esistono chiari indizi che questa influenza si trasformerà in una pandemia, di cui non si conosce però il tempo e lo sviluppo. Lo ha fatto a Ginevra, nell'ambito della Conferenza internazionale sull'influenza aviaria promossa dalla stessa Organizzazione mondiale della sanità, dall'Agenzia dell'ONU per l'agricoltura e l'alimentazione (FAO), dall'Organizzazione mondiale per la salute animale e dalla Banca mondiale, proprio con l'intento di trovare un consenso globale sul controllo del virus.
La convinzione del responsabile dell'Organizzazione mondiale della sanità è che occorre essere pronti al fine di evitare che l'influenza aviaria possa causare danni enormi.
Si tratta di parole che non ci confortano, ma chiariscono la dimensione reale del problema.
L'attenzione va concentrata soprattutto sul rischio pandemia nelle aree sottosviluppate e dalle condizioni igieniche precarie, come ad esempio il sud-est asiatico. Riteniamo che i paesi di quell'area del pianeta non debbano essere lasciati soli e che lo sforzo messo in atto dal mondo occidentale per salvaguardare se stesso debba mirare anche ad aiutare quelle popolazioni e quei sistemi sanitari che necessitano di sostegno, anche in termini di professionalità e di mezzi.
Dei 15 sottotipi di virus aviari esistenti quello più preoccupante per la sua capacità di mutare rapidamente e di acquisire i geni di virus in grado di infettare altre tipologie animali - e non è escluso possa colpire anche l'uomo, come abbiamo ascoltato dai colleghi - è l'H5N1, circolante dal 1997: il ministro lo sa bene, come lo sappiamo noi. Vi sono due dati certi: purtroppo, si sono già sviluppati ceppi virali resistenti al farmaco antivirale comunemente usato. Inoltre, è forte la preoccupazione per la verificata trasmissione da uomo a uomo, sia pure limitata ad un paio di casi in Thailandia ed in Vietnam. Certo, si tratta di episodi avvenuti in un contesto sociale di profondo degrado e di condizioni igieniche più che
precarie. Il virus aviario, infatti, secondo le informazioni scientifiche di cui disponiamo al momento, non sarebbe adatto all'uomo. Tuttavia, i virus A e B che possono infettare l'uomo sono soggetti a cambiamenti genetici imprevedibili e del tutto nuovi. Pertanto, riteniamo che vada potenziata la ricerca, altrimenti il rischio è di trovarci di fronte ad un virus sconosciuto e con una capacità di reazione tardiva che può costare vite umane. Ripeto: è necessario potenziare la ricerca.
Non siamo qui per generare allarmismo, ma per svolgere con consapevolezza e responsabilità il nostro compito di legislatori. Va detto, però, che la maggioranza, negli ultimi mesi e nelle ultime settimane, non sempre si è comportata con correttezza. Al Senato abbiamo assistito a qualche tentativo, per fortuna fermato dall'opposizione e dalle regioni, di attuare forzature sul testo del decreto-legge.
FRANCESCO STORACE, Ministro della salute. Fermato da chi? Deve dire da chi è stato fermato! Da me è stato fermato...!
DONATO RENATO MOSELLA. Un esempio riguarda l'ospedale Spallanzani, con riferimento alla cui vicenda l'opposizione ha condotto un'azione che lei ha visto molto decisa e molto determinata; perché mi pare che le prerogative della regione sullo Spallanzani, per lei che è stato anche presidente della regione, fossero un dato scontato.
Restano, comunque, nel testo del provvedimento norme che poco hanno a che fare con la prevenzione del rischio pandemia, come ad esempio la nomina di tre direttori generali per un nuovo dipartimento presso il ministero, oppure il cambio della denominazione dell'Arma dei carabinieri per la salute. Nessuno dice che non siano iniziative da assumere. Riteniamo, però, che non sia necessario inserirle in un decreto-legge urgente che ha bisogno di una larga convergenza per andare speditamente in porto. Tali norme non ci sembrano, francamente, tanto urgenti da dover essere inserite in un decreto-legge che, invece, dovrebbe mostrarci l'accordo che il Governo ha siglato con le case farmaceutiche per l'opzione di acquisti di cicli antivirali dei farmaci e dell'eventuale vaccino. Questo tema ci sembra pertinente all'argomento in esame, ma è il nostro modesto parere. È evidente la necessità di attrezzarsi per avere una specificità anche organizzativa in tali settori, come è stato detto molto bene da chi mi ha preceduto. L'individuazione di tre nuovi direttori generali non ci richiama subito alla mente un piano di prevenzione (e mi fermo...).
Vi è una palese confusione nelle notizie date. Una decina di giorni fa, ad esempio, si è verificato un allarme riguardante le uova e le carni di pollo, smentito addirittura dal vicepresidente della Commissione europea, Frattini.
CARLA CASTELLANI, Relatore. Su richiesta del ministro.
DONATO RENATO MOSELLA. Ritorno al tema: il vaccino antinfluenzale in distribuzione è importante per assicurare una protezione alle fasce a rischio, ma tale protezione riguarda l'influenza e non il rischio aviaria. Crediamo che, accanto agli sforzi compiuti, il ministero debba porre maggiore attenzione soprattutto all'aspetto farmacologico dell'aumento della produzione di antivirali ed alla contestuale e capillare informazione in merito a ciò che sta accadendo.
Questo riteniamo debba essere fatto bene, ed in tal senso avrà il sostegno necessario da parte nostra. Occorre innanzitutto fornire ai medici di famiglia gli strumenti formativi ed informativi per aiutare i pazienti, perché sono loro che si trovano ad interloquire direttamente, viso a viso, con i cittadini, ed è a loro che è chiesto di dare risposta a paure ed inquietudini sempre più diffuse. Diciamo «no» agli spot che si possono immaginare. Concordiamo sulla necessità di adottare misure di emergenza; tuttavia, è sul tipo di misure che abbiamo idee diverse.
In sintesi, i punti sui quali a nostro avviso il decreto deve concentrarsi sono i seguenti. Innanzitutto, occorre operare sui
controlli, che difficilmente sono gestibili soltanto a livello ministeriale. Non comprendiamo infatti tutta questa premura di accentramento, quando è noto che un'articolazione territoriale efficiente risulta assai più efficace di strutture o di «carrozzoni». È un paradosso che questa esigenza di centralità la manifesti proprio il Governo della devolution! Non comprendiamo infatti perché le regioni, senza oneri per lo Stato, debbano provvedere a recuperare cicli antivirali. Non fanno parte dei livelli essenziali di assistenza? E come faranno le regioni a garantire questo impegno, se siamo in presenza, da quattro anni, di un costante sotto-finanziamento del Fondo sanitario nazionale? È solo un escamotage politico, per dire che non vi sono abbastanza soldi per garantire i cicli antivirali annunciati in tante conferenze stampa, signor ministro! Per quale motivo le regioni devono essere condizionate in questo modo? Il ministero forse ignora che il coordinamento delle regioni ha un proprio gruppo tecnico permanente, che con il Centro per il controllo delle malattie ha un piano di lavoro dettagliato sulle pandemie? Questo approccio commissariale sembra dettato da una scarsa conoscenza dell'organizzazione del nostro sistema sanitario. Forse non c'è stato ancora il tempo di delineare il quadro globale. È anche per questo che la scelta di puntare tutto sul vaccino ci sembra quanto meno discutibile. Al momento, il vaccino non c'è, non esiste. Se ne parlerà solo quando uno specifico virus provocherà contagio all'uomo. La costosa prenotazione del vaccino potrà anche rivelarsi inutile e forse dispendiosa.
Pertanto, occorrerebbe rafforzare la rete di protezione e la dotazione di cicli antivirali nei paesi nei quali vi è questo rischio forte. Nel nostro paese, occorre invece garantire una solida rete sanitaria, coinvolgendo in primis i «medici sentinella», che sono quelli che possono garantire ai pazienti una risposta efficace nella fase terapeutica. Bisogna informare i medici di base e dare un adeguato sostegno alla medicina del territorio, consentendo alle regioni di attrezzarsi in coordinamento e non attraverso una sorta di imposizione.
Occorre poi sostenere l'attività dei laboratori di virologia, che devono mettere a punto test veloci. Abbiamo anche previsto delle proposte emendative a sostegno del settore dell'avicoltura, così duramente colpito dall'allarmismo che si è diffuso nel paese, perché è il settore che sta pagando nell'immediato il prezzo più alto. Sono infatti a rischio decine di migliaia di aziende e decine di migliaia di lavoratori. In particolare abbiamo presentato una proposta emendativa che consente l'accesso alla cassa integrazione anche al settore dell'avicoltura, al fine di fronteggiare la crisi determinata dal drastico calo dei consumi di queste settimane. Non possiamo permettere che su questo aspetto vi sia indifferenza da parte del Parlamento.
Noi non faremo ostruzionismo. Anche in Commissione abbiamo provato a mandare avanti le nostre proposte emendative, ma poi purtroppo, per una questione di tempi, siamo arrivati all'esame del provvedimento in Assemblea. Sentiamo, perciò, l'obbligo di evidenziare tutti i limiti di questo provvedimento, che in questo ramo del Parlamento può e deve essere modificato e migliorato, nell'interesse di tutti i cittadini (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-L'Ulivo, dei Democratici di sinistra-L'Ulivo e di Rifondazione comunista).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Sedioli. Ne ha facoltà.
SAURO SEDIOLI. Signor Presidente, signor ministro, signor sottosegretario, onorevoli colleghi, ho avuto la possibilità di partecipare alla discussione sulle linee generali che si è svolta in XII Commissione, così come in quella che si è svolta in Commissione agricoltura, per l'espressione del parere di competenza. In entrambi i casi, il Governo ci ha sollecitati a convertire in legge con urgenza questo decreto. Io ed il mio gruppo siamo d'accordo in merito a tale aspetto e, pertanto, affronteremo la discussione con grande
senso di responsabilità, come accaduto al Senato.
Vorrei, tuttavia, che fosse chiaro che il nostro senso di responsabilità ci porta a proporre miglioramenti a tale provvedimento e gli emendamenti presentati non devono essere certamente intesi soltanto come un'iniziativa dell'opposizione per l'opposizione, poiché rappresentano le richieste provenienti con forza dal paese.
Le grandi manifestazioni che si sono svolte in questi giorni (mi riferisco a quella di Forlì, con 5 mila persone, tra allevatori e lavoratori, a quella di Cesena, che si è svolta questa mattina, con 20 mila partecipanti, alla manifestazione che si terrà domani a Bologna) pongono con forza l'esigenza di intervenire con chiarezza e con mezzi adeguati per affrontare questa situazione di crisi, non solo sanitaria.
L'onorevole Labate ha già parlato delle proposte che avanziamo per quanto riguarda il rafforzamento della prevenzione, degli interventi di carattere sanitario, dell'organizzazione e del coordinamento del sistema di sicurezza. Permettetemi di intervenire soprattutto in ordine ad un altro aspetto, vale a dire le conseguenze dell'influenza aviaria e di un suo possibile sviluppo in epidemia o pandemia in tutta la filiera avicola.
Riteniamo intanto che vi sia una causa da rimuovere subito: quella dell'informazione. Non chiediamo, quando parliamo di informazione, di nascondere la verità e neppure di attenuarla, ma chiediamo - lo chiedono, soprattutto, gli allevatori ed i lavoratori - un'adeguata e corretta informazione.
Ho partecipato alle manifestazioni, ma in nessun caso e da nessuna parte sono state messe in discussione le misure di prevenzione; anzi, in molti casi, i nostri allevatori, anche negli anni passati, hanno autonomamente affrontato questi problemi e, nonostante i costi, dal punto di vista finanziario e dello sforzo organizzativo per adottare ulteriori misure, sono pronti a fare tutto ciò che è possibile perché il nostro paese sia messo in totale sicurezza. Non è questo in discussione; il problema è l'informazione!
Purtroppo, il nostro paese è stato attraversato da un'ondata di paura, di psicosi, di timore per la possibilità, che come sappiamo è esclusa, che il virus possa essere trasmesso all'uomo attraverso la catena alimentare. È una vera psicosi immotivata!
Sappiamo bene che non vi sono casi di trasmissione dall'uomo all'uomo, che attraverso le carni e l'alimentazione non si acquisisce il virus e che nei casi riscontrati, soprattutto in Asia, la trasmissione è avvenuta da animali vivi ammalati, non attraverso l'alimentazione, in un contesto di condizioni igienico-sanitarie a noi sconosciute.
Vorrei che nelle varie trasmissioni mandate in onda al riguardo non vedessimo soltanto le immagini orribili, per non dire qualcosa di peggio, dei mercati o dei macelli di quei paesi che affrontano questa situazione in un degrado inammissibile, ma anche i nostri centri di macellazione, i nostri allevamenti. Signor ministro, ogni tanto li vado a visitare e, quando si entra in quei luoghi, è come se si entrasse in un ospedale per tutte le misure di carattere sanitario preventive che vengono adottate ed imposte non solo a chi vi lavora, ma anche a chi li visita.
Va detto anche che i nostri allevamenti da tempo hanno adottato misure preventive che non trovano riscontro neppure nei paesi europei.
Va detto con forza che, da trent'anni, il cento per cento degli allevamenti italiani hanno polli a terra, con una fitta rete di controlli sanitari.
Ebbene, se questa è la situazione, appare incomprensibile come l'informazione e la preoccupazione che si è determinata nei cittadini abbiano comportato, in Italia, un calo dei consumi pari al 60 per cento e un calo dei prezzi pari al 50 per cento, mentre altri paesi - la Germania, la Francia, l'Inghilterra - non conoscono questo dramma, pur registrando una flessione sia nel mercato sia dei prezzi.
Signor ministro, in questi giorni, l'abbassamento dei consumi è stato bloccato, dunque vi è una possibilità di ripresa. Sono convinto che ciò sia dovuto anche al
fatto che in televisione non si parla soltanto del cigno, del pappagallo, dell'anatra svedese, ma si forniscono informazioni più certe per il consumatore. Ritengo che anche l'etichetta possa aver determinato questa tenuta dei consumi, evitando un ulteriore crollo degli stessi. Pertanto, la strada da seguire è quella dell'informazione sulla sicurezza.
Noi tutti siamo stati testimoni dell'assaggio di carni di pollo nelle diverse manifestazioni che si sono svolte, tuttavia ritengo che ciò non possa costituire l'unica strada da seguire per garantire una ripresa dei consumi. Non basta dire: mangia carne di pollo perché è buona! Occorre dimostrare nei fatti come funziona il nostro sistema di sicurezza; sono convinto che molti non lo conoscono.
Credo abbia fatto bene la mia regione, l'Emilia Romagna, ad inviare a tutti i capifamiglia un depliant che informa su cosa sia l'influenza aviaria, su come si possano tranquillamente consumare la carne, le uova, le produzioni avicole, in quanto ritengo vi sia la necessità di una informazione molto capillare a tale proposito. Sono d'accordo anche sul fatto che il medico di famiglia possa svolgere una importante funzione al riguardo.
Signor ministro, per quanto riguarda l'etichetta obbligatoria, lei sa che ciò potrebbe comportare qualche problema con riferimento alla normativa europea. Dunque, occorre prepararsi, utilizzando strumenti altrettanto validi, come quello della tracciabilità volontaria. Disponiamo del disciplinare Avitalia, approvato dal Ministero dell'agricoltura, che è ben fatto e che fornisce molte informazioni; quindi, nel caso in cui dovessero sorgere procedure di infrazione nei confronti del nostro paese, possiamo seguire anche questa strada.
Colgo l'occasione per evidenziare la necessità che i provvedimenti sulla sicurezza alimentare giacenti in Parlamento siano approvati al più presto, ma intanto ritengo che la questione della tracciabilità sia una delle condizioni essenziali per fornire le informazioni al consumatore. Certamente - come affermava l'onorevole Labate - tali informazioni saranno più precise se ai numeri si fanno corrispondere, presso i centri di consumo e di distribuzione, indicazioni sull'allevamento, sul macello e sul mangimificio interessati. Quindi, ritengo che queste misure concorrano a dare maggior fiducia al consumatore. A mio avviso è proprio questa la strada da seguire e in tal senso abbiamo presentato alcuni emendamenti.
Come già ho detto, la nostra situazione è sicura e sotto controllo e costanti monitoraggi vengono compiuti ogni giorno nel nostro paese. Vi è un intreccio di iniziative tra enti pubblici, compresi quelli locali, e privati per affrontare i problemi dell'insorgenza, qualora si dovesse verificare, di casi di influenza aviaria. L'influenza aviaria non è presente nel nostro paese e, se si dovessero verificare alcuni casi, siamo in grado di isolarli e di combatterli. È questa la certezza che dobbiamo dare. E, comunque, anche in quei casi le carni di pollo non sono pericolose perché i nostri usi e la nostra cucina nazionale dà la possibilità di consumare con tranquillità i prodotti avicoli.
Signor Presidente, signor ministro, la crisi del settore è profonda e questo comparto è in ginocchio. Si tratta di un settore che produce un milione e 200 mila tonnellate di carne, un fatturato di 4,5 miliardi di euro, con 80 mila addetti ed altri 100 mila nell'indotto. Tutto ciò non può che suscitare in noi una forte preoccupazione. Il mio territorio, la Romagna, rappresenta il 20 per cento della produzione agricola nazionale, il 35 per cento del fatturato e 12 mila addetti alla filiera. Si è già arrivati alle prime chiusure, come nel caso della centrale avicola di Forlì. A quei lavoratori che oggi chiedono misure urgenti affinché non si verifichi il tracollo, va tutta la nostra solidarietà.
Questa mattina la Confagricoltura ha affermato che i danni sono stimabili in 70 milioni di euro al mese. Tale associazione naturalmente valuta soltanto i danni alla filiera agricola, ma a questi dobbiamo aggiungere quelli per i lavoratori, per le loro famiglie e per tutto l'indotto. Basti sapere che, in seguito alla riduzione della produzione, si è diminuito l'acquisto di
granturco, di grano e di altri componenti dei mangimi. Siamo di fronte ad una possibile crisi cerealicola nel nostro paese, che già versa in una situazione di grande difficoltà.
Pensiamo, inoltre, alle conseguenze per quanto riguarda l'intero settore della produzione di attrezzature per la filiera avicola: gli imballaggi, i trasporti e la seconda lavorazione delle carni avicole. Come dicevo, si tratta di una situazione drammatica.
Vi è la necessità di affrontare anche tali aspetti nel provvedimento in esame. Sono convinto che ciò possa avvenire dopo aver letto il resoconto del dibattito svoltosi al Senato. Il ministro Storace ha affermato che nel passaggio tra Senato e Camera si sono determinate le condizioni per reperire le coperture di alcuni emendamenti e che, pertanto, tali modifiche avrebbero anche potuto essere apportate. Inoltre, ho ascoltato le dichiarazione del ministro Alemanno che prevede uno stanziamento di altri 40 milioni di euro. Lo stesso ministro aggiunge che l'introduzione di tale stanziamento è possibile anche con un emendamento al decreto in oggetto.
Ebbene, signor ministro, noi abbiamo presentato alcuni emendamenti proprio su tali questioni. Esiste la possibilità che essi siano approvati o riformulati, qualora il Governo avanzi proposte in quella direzione. Dunque, vi è la possibilità di muoverci verso le conclusioni emerse dall'incontro del tavolo di coordinamento interministeriale presso la Presidenza del Consiglio coordinato dal sottosegretario Letta.
In tale sede ritengo siano emerse proposte per affrontare il problema, alcune delle quali probabilmente non potranno essere inserite nel decreto-legge in esame, mentre per altre ciò è possibile: iniziamo, dunque, con gli interventi che possono essere realizzati subito e con gli stanziamenti previsti. Abbiamo presentato le nostre proposte emendative, e vi sono anche quelle della maggioranza. Vi è dunque la possibilità di compiere un buon lavoro, rispetto alla crisi che si è determinata.
Quanto alle misure, le regioni Veneto, Emilia-Romagna e Lombardia hanno già inviato al Governo la richiesta di dichiarare lo stato di crisi. Si è costituito il tavolo di crisi nazionale al quale ho fatto cenno. Le questioni da affrontare immediatamente sono quelle degli ammortizzatori sociali e della cassa integrazione, individuando tutte le misure che si possono assumere per i dipendenti, e non soltanto per quelli a tempo indeterminato, ma anche per gli stagionali, che in questo settore sono numerosi; la sospensione e il differimento dei termini relativi agli adempimenti e ai versamenti tributari; la sospensione dei pagamenti previdenziali e assistenziali e dei pagamenti delle rate delle operazioni creditizie e di finanziamento.
Un ulteriore aspetto è costituito dai ritiri, di cui all'articolo 5. Tale norma prevede la possibilità, da parte dell'AGEA, di ritirare 17 mila tonnellate di produzione avicola congelata, con uno stanziamento di 20 milioni di euro. È necessario raddoppiare tale stanziamento, perché già ora, nel corso di poche settimane, abbiamo superato questa quota. Il ritiro del prodotto per aiuti umanitari può essere una valvola di sfogo, e mi auguro al riguardo che la norma sia stata concordata con la Comunità europea, in quanto vi sono regole precise (ritengo ciò sia accaduto, dal momento che la norma è contenuta nel decreto-legge, altrimenti si tratterebbe di una «bufala»). Auspico pertanto, come promesso dal ministro delle politiche agricole, che si possa passare da 20 a 40 milioni di euro. Occorre inoltre prevedere gli indennizzi per il fermo degli allevamenti e, soprattutto, un piano di ristrutturazione del settore.
Concludo ribadendo l'invito rivolto al ministro, all'Assemblea e a tutte le forze politiche a migliorare il provvedimento e a concluderne l'esame rapidamente, in quanto ritengo vi siano le condizioni per farlo, e chiedendo un'iniziativa italiana a livello di Unione europea. I paesi coinvolti sono Francia, Regno Unito, Spagna, Germania e Italia, vale a dire i principali paesi produttori, con un bilancio di 30 miliardi di euro e 500 mila occupati. Il problema deve diventare un problema dell'Unione
europea e l'Italia deve svolgere appieno il suo ruolo affinché si trovino le forme di coordinamento e le risorse per il cofinanziamento delle iniziative assunte nei diversi paesi.
Ritengo si tratti di un obiettivo che dobbiamo perseguire - un obiettivo politico, che dunque non può essere inserito nel decreto-legge - in quanto ci troviamo di fronte a una crisi del settore avicolo che non riguarda soltanto gli allevatori e i dipendenti, ma che influisce negativamente anche sui nostri comportamenti alimentari. Le carni bianche sono essenziali per una corretta dieta e rinunciare a tale alimento può essere dannoso per la salute.
Credo quindi vi siano le condizioni affinché questo dibattito approdi a conclusioni positive e mi auguro che la Camera possa approvare il disegno di legge in esame entro questa settimana (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).
PRESIDENTE. È iscritta parlare l'onorevole Valpiana. Ne ha facoltà.
TIZIANA VALPIANA. Signor Presidente, desidero anzitutto esprimere il mio rammarico per l'impossibilità di discutere questo argomento in Commissione, ciò tanto più alla luce del dibattito che si sta svolgendo qui oggi. Un intervento come quello di poc'anzi dell'onorevole Sedioli, con un approccio più dal punto di vista agricolo che non da quello sanitario, ha introdotto delle informazioni e delle riflessioni che sarebbe stato utile analizzare tutti insieme, disponendo del tempo necessario in Commissione, anche in prospettiva dell'avvio del dibattito in aula. Tutti sappiamo, signor ministro, che proprio il lavoro in Commissione rende possibile raggiungere degli obiettivi concreti. Pertanto, ribadisco il mio forte rammarico per l'occasione persa in tale discussione. Mi auguro che sia comunque possibile realizzare un proficuo lavoro in aula. Tutti siamo consci dell'urgenza dei problemi causati dalla crisi dell'influenza aviaria.
Credo però che vada sottolineato come i nostri approcci sono differenti: partiamo da riflessioni diverse e, soprattutto, riteniamo necessarie e auspicabili delle misure differenti.
Prima di entrare nel merito del decreto-legge e delle misure proposte dal ministro Storace, vorrei soffermarmi su alcune riflessioni relative all'attuale situazione, presente a livello mondiale. Il problema reale, a mio avviso, non è tanto l'influenza aviaria, ma la paura di questa influenza. È una sottolineatura di tipo psicologico, però, come abbiamo visto, tale elemento comporta conseguenze concrete e, soprattutto, dei risultati drammatici.
Il clima di emergenza legato alla possibilità di diffusione del virus dell'influenza aviaria, a livello mondiale diventa ogni giorno più stringente. Devo convenire che il convegno di Ginevra, svoltosi in questi giorni su tale argomento, evidenzia in misura ancora maggiore come tale allarme mondiale sia pressante. Oltre a questo allarme per la salute che circola tra i cittadini, vi è la diffusione di una paura, per così dire, globalizzata, che ha recato gravi danni economici alla filiera agricola nazionale. Questo comparto riveste un importante valore economico per il sistema produttivo generale, e in aggiunta impiega, tra allevamenti, mangimifici e attività di vendita, oltre 180 mila addetti. In seguito, mi soffermerò in particolare sul caso della mia regione, il Veneto, dove si trova più del 50 per cento degli allevamenti avicoli nazionali.
Va premesso che il virus non è certamente un'invenzione, e quindi non deve essere sottovalutato. Ritengo però che nell'affrontare questo tema serva soprattutto razionalità e vadano limitati tutti gli allarmismi ingiustificati, adottando scelte sensate.
Personalmente, ritengo che nel panico diffuso - o che forse è stato diffuso ad arte - sia presente molta irrazionalità. È compito del Governo, del Parlamento riportare razionalità nella discussione. Tale panico è innescato da comportamenti irrazionali da parte delle persone, dei singoli cittadini e, a livello mondiale, anche da parte dei Governi.
Spero che un dato sia chiaro per tutti. Forse assume un valore maggiore se ad evidenziarlo è la sottoscritta, vegetariana da oltre trent'anni, che con orrore si avvicina ad un prodotto animale. È assolutamente chiaro per tutti che il virus non si trasmette mangiando carne avicola, ma solo dagli animali vivi. Tutti lo sappiamo, come sappiamo che la cottura della carne rende assolutamente impossibile il contagio, anche qualora il virus fosse presente nelle produzioni italiane, ma non lo è. Lo dico non tanto per rivolgermi al ministro, ma soprattutto per oppormi, ancora una volta, alla disinformazione diffusa in questo periodo. Verifichiamo tutti come le vendite di carni avicole siano crollate. È un atteggiamento assolutamente irrazionale, se rapportato alla realtà.
Sappiamo anche che gli antivirali probabilmente non servono, e sappiamo anche che i vaccini non sono ancora disponibili e forse potrebbero rivelarsi inutili, ma sia i singoli sia i Governi si stanno creando scorte che forse, ce lo auguriamo tutti, non serviranno a nulla. Ritengo, pertanto, che la vera epidemia non sia l'influenza aviaria ma la paura. Una paura irrazionale che si sta impadronendo di tanti, forse perché ormai è considerato normale - credo che in molti soffino su questo fuoco - vivere costantemente con una sensazione di insicurezza di un pericolo sconosciuto, di fantasmi che non danno tregua. Risulta allora facile, di volta in volta, cercare di dare un volto concreto a questi fantasmi creando, a partire da problemi esistenti ma che sono però ingigantiti e tali spingere le persone a comportamenti irrazionali, l'allarme. Allarme che si è chiamato AIDS, mucca pazza, terrorismo e che ora si chiama influenza dei polli. Così, i media tutti giorni ci bombardano e ci informano su pericoli, sulle bombe, sugli attentati e ora anche sulla salute delle galline polacche, dei pappagalli vietnamiti e dei polli cinesi, in uno stillicidio quotidiano che non può lasciare tranquilli i cittadini. Forse, questo allarmismo è creato ad arte per distrarre le persone dai veri problemi che creano l'insicurezza in questo mondo: l'inaccettabile squilibrio tra il nord e il sud del mondo, la morte per fame di milioni di bambini, le troppe guerre scatenate e presto dimenticate, la morte di centinaia di migliaia di persone spazzate via da eventi naturali che spesso poco hanno di naturale e contro i quali comunque non si fa prevenzione né si fanno arrivare aiuti urgenti, a meno che tali eventi non coinvolgano qualche centinaio di turisti occidentali.
TIZIANA VALPIANA. Altri sono gli allarmi: l'inquinamento, il mutamento del clima, l'aria irrespirabile, l'acqua inquinata, problemi, questi, che causano molto più vittime del virus dei polli.
Il discorso fondamentale è che dovremmo spostare la nostra attenzione dal commercio e dal mercato alla salute, convogliando l'attenzione e gli sforzi internazionali a preservare e a promuovere la salute su scala globale con azioni credibili ed urgenti, cooperando con gli altri paesi del mondo senza richiuderci ciascuno nel proprio guscio. Ciò deve essere fatto se non vogliamo che le malattie si diffondano nei prossimi decenni senza più controllo e con conseguenze imprevedibili per tutto il pianeta.
Oggi, l'urgenza è quella di porre rimedio al preoccupante e diffuso clima di allarmismo esistente nel paese: una colossale campagna mediatica che ha convinto gli italiani che sta per arrivare un male grande contro il quale non c'è rimedio. Ciò è stato fatto senza alcun senso di responsabilità; sono stati sparati numeri da capogiro, alcuni inventati di sana pianta, altri veri ma completamente fuori contesto (in Indonesia, un paese di 200 milioni di abitanti, ci sono stati sei decessi). In questo modo si è rinfocolato quel marketing della paura su cui ormai si sono concentrati quasi tutti gli sforzi dell'industria farmaceutica.
La paura globale, alimentata con tutti i mezzi mediatici, si sta trasformando in un
affare colossale per la casa farmaceutica che produce l'antivirale che non sappiamo ancora se sarà o no efficace e, quindi, se sarà utile o meno. È necessario, pertanto, fare chiarezza sia per smarcarci dall'allarmismo strumentale agli interessi delle multinazionali farmaceutiche sia dal rischio di ignorare un problema reale.
Vorrei rimarcare, anche se ciò è bizzarro, che oggi a preoccuparci non è né il cancro né l'AIDS, ma l'influenza aviaria che ha causato in Asia negli ultimi dieci anni 200 morti pari allo 0,000000001 per cento dei decessi totali verificatesi in quel continente negli ultimi dieci anni.
La paura è quella che si possa ripresentare una pandemia influenzale come la cosiddetta spagnola, che nel 1918 causò la morte di quaranta milioni di persone. Noi sappiamo che potrebbe succedere, anzi che è abbastanza probabile che prima o poi accada perché, a differenza degli altri virus, quello influenzale muta ininterrottamente. Ciò va detto con grande gaudio, forse, dei produttori di vaccino i quali, pertanto, ogni anno possono commercializzare una nuova formula di vaccino.
Ma, fino a questo momento, il ceppo «A» (che vuol dire «avicola») H5N1, virus influenzale isolato nel 1961, è risultato aggressivo tra i polli, ma innocuo per gli esseri umani. Ora, però, si è visto che il ceppo medesimo è in grado di trasmigrare alla nostra specie; ed il fatto che non si riesca a capire bene in quale modo ciò avvenga aumenta l'allarme.
La paura del ritorno di una pandemia è accresciuta, oggi, anche dalla rapidità dei collegamenti: si calcola che un'epidemia trasmissibile per via aerea come l'influenza può fare il giro del mondo in 24 o 48 ore! E, proprio in previsione di un fenomeno siffatto, dovuto alla vita moderna, l'Organizzazione mondiale della sanità aveva istituito, nel 1952, la Global Influenza Surveillance Network (Rete di sorveglianza globale sull'influenza), che aveva il compito di registrare immediatamente i primi focolai di infezione e mettere in guardia le strutture sanitarie locali.
Ma, da una ventina d'anni a questa parte, i grandi finanziatori internazionali hanno attaccato in tutti i modi la sanità pubblica, smantellando i presidi che potrebbero segnalare e contenere una eventuale epidemia. In Africa, in Asia, in America latina, i programmi di aggiustamento strutturale del Fondo monetario hanno preteso la distruzione dei sistemi sanitari nazionali in cambio della dilazione dei pagamenti del debito estero, mentre, dalle nostre parti, hanno imposto pesanti tagli alle spese, agli stanziamenti per la ricerca e persino alle reti di monitoraggio epidemiologiche, quelle che raccolgono i dati sulla diffusione delle malattie. L'epidemiologia italiana, un tempo invidiata e imitata, oggi sta letteralmente agonizzando a causa della penuria di mezzi e di ricercatori, ed anche la rete dei controlli veterinari sta subendo la stessa sorte.
Debbo dire, poi, che trovo particolarmente sconcertante constatare che i paesi ricchi stanno chiedendo alle case farmaceutiche di rendere accessibili i farmaci per una pandemia ancora ipotetica, mentre stiamo impedendo ai paesi poveri di fare la stessa cosa con farmaci necessari a combattere pandemie reali quali l'AIDS/HIV, la malaria e addirittura la tubercolosi.
Ma c'è un'altra domanda che io vorrei porre e che si pongono molti ricercatori, molti medici e molti studiosi: se il rischio è concreto, ha senso lanciare una campagna di vaccinazione di massa?
Alcuni ricercatori ci dicono che non soltanto non ha senso, ma addirittura potrebbe essere dannoso. La vaccinazione di massa è inutile perché, una volta effettuato il salto di specie, il virus tende a mutare ulteriormente per accomodarsi nell'ospite umano e, inoltre, quando esso raggiunge una forma stabile, sono necessari dagli otto ai dodici mesi per mettere a punto un vaccino sicuro e per organizzarne la distribuzione.
Altri, virologi ed epidemiologi insigni come Webster e Dianzani, sconsigliano addirittura l'uso dei vaccini - leggo per riportare la frase esatta - «in tutti i casi in cui si teme che il patogeno possa essere un nuovo ricombinante (e in particolare
un virus che abbia compiuto di recente il salto di specie): visto che, almeno in linea teorica, il vaccino potrebbe causare una produzione eccessiva di anticorpi». In presenza di un virus che sembra avere effetti letali proprio per un'eccessiva reazione del sistema immunitario, non sembra una buona idea tentare un vaccino, rischiando di incrementare l'ulteriore ricombinazione del mutante con ceppi influenzali più comuni: i nuovi vaccini rischiano di mettere a disposizione del virus un altro po' di materiale e di rendere più efficiente la sua capacità di trasformazione.
Insomma - ci dicono alcuni insigni studiosi -, se c'è un'annata in cui il vaccino non andrebbe consigliato, è proprio quella di una possibile pandemia! Non me ne intendo, non lo so, ma queste cose si trovano nei siti ufficiali dell'OMS.
I cittadini continuano a non essere informati sui comportamenti da adottare, su cosa sia effettivamente rischioso e cosa mero allarmismo e disinformazione, mentre non si sta assumendo alcun provvedimento concreto per limitare, ad esempio, i danni causati dalla caccia agli uccelli migratori e da un sistema di allevamenti intensivi che, forse, non sono più sostenibili - lo dico pensando a quello che è successo per la «mucca pazza» negli anni precedenti - per l'ambiente e per la salute dei cittadini. Ancora una volta, dobbiamo trovarci a contenere, con le misure che prenderemo, un diffuso panico ingiustificato: è già accaduto per la SARS, per la «mucca pazza» e per le inesistenti epidemie di meningite; ora, tocca al virus H5N1!
Credo che sia importante ribadire le informazioni soprattutto per chi ci ascolta fuori di qui. È importante ribadire che è un timore assolutamente irrazionale quello di essere contagiati dall'influenza aviaria per via alimentare, dato che il virus non si trasmette attraverso i cibi cotti, ma solo mediante il contatto con l'animale infetto.
Vorrei ricordare, inoltre, che nel sito Internet del Ministero della sanità si può leggere che il vaccino antinfluenzale è consigliato solo ad alcune categorie di persone a rischio e la Federazione italiana medici pediatri (FIMP) ribadisce che quest'anno andrebbero vaccinati solo i bambini a rischio e non tutti bambini, come si apprende attraverso alcuni canali di informazione.
Un'informazione scorretta e faziosa ha fatto credere che la vaccinazione antinfluenzale protegga direttamente dalla malattia aviaria, ma non esiste alcuna evidenza scientifica ed incitando alla vaccinazione di massa o allargando anche solo l'indicazione a categorie che a rischio non sono finiremmo per consumare le scorte di vaccino che, invece, possono essere utili, anzi indispensabili, alle categorie a rischio.
Rispetto ai casi di malattie dei polli trasmesse all'uomo, vorrei citare alcune cifre diffuse dall'Organizzazione mondiale della sanità, ancora una volta, per abbassare il livello di allarme.
L'Organizzazione mondiale della sanità afferma che siamo nella «fase tre», ossia un'infezione umana, con un nuovo sottotipo, ma senza diffusione da uomo ad uomo o con rari casi per contatti stretti: siamo, dunque, in un periodo di allerta pandemica, ma non di pandemia.
I casi di contagio interspecifico, ossia dal pollo all'uomo, sono stati, in totale, cento, tutti in Estremo Oriente, con sessantacinque decessi (come ha ricordato precedentemente il collega Sedioli, i mercati di animali in quei paesi sono promiscui, perché sono assenti le misure igieniche o, se ci sono, sono del tutto insufficienti).
Dunque, nel nostro paese non c'è diffusione di pandemia tra i polli. Inoltre - lo dobbiamo ricordare ancora una volta -, affinché il virus si trasmetta nell'uomo, deve avvenire un'altra mutazione, quella che consente al virus di trasmettersi da uomo a uomo senza la mediazione di un animale, e finora questa mutazione non c'è stata.
Credo, dunque, necessario ribadire ai nostri concittadini che con le tecnologie, le capacità scientifiche ed i mezzi di cui oggi disponiamo non possiamo farci prendere da un'irrazionale paura medievale. È successo con il virus Ebola e con la SARS.
Potevano esserci delle pandemie, ma non si sono verificate. L'epidemia di influenza H5N1 potrebbe avvenire e, se sì, chissà mai quando. Probabilmente - auguriamocelo - non avverrà.
Attualmente, il problema sanitario vero riguarda solo la salute dei volatili, e al momento gli unici interventi indispensabili sono quelli che i singoli paesi devono attuare per prevenire i contagi, intensificando i controlli negli allevamenti, alle frontiere, limitando la caccia (ed io plaudo molto all'articolo che prevede che il ministro della sanità possa, in caso di necessità, intervenire in materia di caccia) e preparando strutture ed una rete di intervento nel paese per affrontare con eventuali farmaci e vaccini, nel momento in cui saranno necessari e di sicura efficacia (altrimenti, sono soldi di tutti noi buttati via), teoriche mutazioni.
Penso che il rischio della pandemia umana vada evitato e ridotto sostanzialmente controllando il diffondersi del virus negli animali (a questo proposito, ho presentato alcune proposte emendative, che esamineremo più avanti).
In ogni caso, non possiamo non tenere in considerazione il modo in cui sono allevati gli animali, perché sussiste uno stretto legame tra il loro «stile di vita», le loro condizioni, ed il loro benessere. Quindi, pericolose malattie virali che si diffondono tra gli animali potrebbero - lo ripeto: potrebbero - diffondersi anche tra gli umani. Vorrei ricordare (anche questa è una riflessione che dobbiamo fare insieme) che il nostro è ormai l'unico paese europeo privo dell'Agenzia nazionale per la sicurezza alimentare.
La nostra Commissione ha lavorato per oltre tre anni all'istituzione di tale agenzia nazionale, con pareri difformi anche all'interno dello stesso Governo tra il ministro della salute e quello dell'agricoltura, ma di essa purtroppo non si è fatto più nulla, mentre ritengo che tale agenzia sarebbe stata oggi, avendola già organizzata, un efficace strumento di lotta e contrasto allo sviluppo delle pandemìe veicolate dal cibo.
Mi addentro brevemente - temo che il tempo a mia disposizione stia per terminare - nel merito delle misure proposte per influire sull'allarme dell'influenza aviaria, che trovo particolarmente parziali e, in alcuni casi - come ho detto a proposito del vaccino -, forse addirittura controproducenti.
Manteniamo grossi dubbi sul meccanismo centralizzato di prevenzione, poiché riteniamo che le regioni siano il veicolo attraverso cui meglio intervenire, fronteggiare e prevenire l'influenza aviaria e le vere responsabili nella gestione delle emergenze sanitarie. Vi è una centralizzazione del settore che ci sembra particolarmente controproducente e sbagliata e temiamo che dietro ad essa vi siano addirittura clientelismi o volontà di accentramento nelle mani del ministero di tutta una serie di competenze che, secondo noi, dovrebbero invece fare capo alle regioni.
Vi è un altro articolo che ci trova particolarmente attenti e critici, quello del finanziamento «ad occhi chiusi» all'industria avicola. A parte il fatto che non capiamo il senso dell'inserimento in un decreto del ministro della sanità di una norma riguardante il settore avicolo, ci chiediamo poi in cambio di che cosa venga dato questo aiuto all'industria: cosa si chiede in cambio alla produzione avicola italiana? Da parte nostra prevediamo un giusto indennizzo per le perdite previste dalle aziende (che non dovrebbe essere inserito in questo decreto oppure che dovrebbe essere, come noi abbiamo auspicato, più completo e predisposto insieme al ministro dell'agricoltura in modo da affrontare il tema sotto un aspetto più globale), e dunque sostegno alle imprese, ma anche una tutela - che in questo provvedimento manca completamente - dei lavoratori dipendenti.
A tale proposito vorrei ricordare che gli addetti a tale settore, direttamente e in tutto il comparto, sono circa 180 mila e che nel provvedimento non sono previsti gli ammortizzatori sociali tra cui, ad esempio, la cassa integrazione.
Ricordo inoltre - mi riferisco particolarmente alla regione Veneto che, come
dicevo prima, rappresenta il 50 per cento circa dell'intera produzione nazionale in questo settore - che vi sono circa 10 mila lavoratori fissi e stagionali stranieri, lavoratori che insieme al posto di lavoro perderanno, in quanto stagionali, anche il permesso di soggiorno, con una ricaduta sociale e umana di questo problema piuttosto estesa: non possiamo affrontare un provvedimento di legge senza considerare anche l'aspetto di una tale ricaduta sulla vita dei lavoratori.
Ritengo dunque che, come ha già detto il collega Sedioli, sia estremamente importante prevedere un intervento adeguato da parte del Governo e delle regioni a sostegno di questo comparto, attraverso soprattutto gli ammortizzatori sociali a favore dei dipendenti. A tale proposito, ritengo che andrebbe costituito un tavolo di crisi per monitorare la situazione e coordinare tutti gli interventi nel settore e anche che a tale tavolo di crisi dovrebbero partecipare le organizzazioni agricole, le confederazioni sindacali ed i rappresentanti dell'industria: non possiamo approvare infatti un provvedimento così monco come quello che discuteremo nei prossimi giorni.
Vi sono sicuramente alcune misure che potrebbero essere adottate; cercheremo insieme di migliorare le altre. Ma è, a mio avviso, importante che, accanto agli interventi disposti dal decreto, si prendano tutta una serie di altre misure a sostegno del comparto così duramente danneggiato da una propaganda e da una paura diffuse probabilmente ad arte da chi, invece, da tale sistema, può anche trarre dei guadagni, diretti ed indiretti.
Ritenendo le disposizioni recate dal decreto manifestamente insufficienti, abbiamo quindi presentato numerose proposte emendative, nella speranza che possano essere approvate così da migliorare il testo del provvedimento arricchendolo e completandolo.
A nostro giudizio, però, ben altre sarebbero state le misure da adottare; ad esempio, si sarebbe dovuto: ridurre drasticamente il numero di animali per chilometro quadrato nel nostro paese, stabilendo un carico zootecnico fissato a livello nazionale e sostenibile; mettere in sicurezza gli allevamenti industriali, varando un piano sanitario urgente che, oltre all'etichettatura - misura, comunque, estremamente importante che è stata presa (ma ci piacerebbe venisse adottata non solo sull'onda dell'emergenza, bensì stabilmente) e ... il ministro mi ha fatto perdere il filo...
PRESIDENTE. Capita, onorevole: lo riprenda...
TIZIANA VALPIANA. Lo posso riprendere, ma comunque non ha importanza, nel senso che, attraverso la discussione, nella seduta di domani, delle proposte emendative riferite al provvedimento, avremo senz'altro modo di riprendere tali argomenti.
Quindi, accogliendo l'invito del ministro a concludere - ma anche per tutti quanti noi ritengo sia giunta l'ora di terminare questa fase dell'esame -, mi aspetto tuttavia che, dalla discussione che seguirà e dall'apporto che il Parlamento potrà dare, il provvedimento possa sicuramente ricevere dei miglioramenti in quanto, così com'è, lo consideriamo estremamente monco.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Ercole. Ne ha facoltà.
CESARE ERCOLE. Signor Presidente signor ministro, signor sottosegretario, onorevoli colleghi, con il decreto-legge in esame questa Assemblea parlamentare è ancora una volta chiamata ad approvare una serie di misure e di interventi urgenti al fine di contrastare una nuova emergenza sanitaria, quella legata alla cosiddetta influenza aviaria, nel tentativo di contenere sia i problemi sanitari sia i danni alla produttività derivanti dal rischio, eventuale e futuro, di una diffusione dell'infezione nel nostro paese.
Com'è noto, l'infezione è stata oggetto, nelle ultime settimane, di una costante attenzione, da parte della stampa e dei media, a causa della scoperta di nuovi
focolai di influenza aviaria negli animali, dapprima in alcuni paesi dell'Estremo Oriente e poi nell'est dell'Europa. Nonostante l'improvvisa messa in stato d'allerta delle istituzioni nazionali ed internazionali a vario titolo competenti e l'adozione di specifiche misure precauzionali, la risonanza mediatica che ha accompagnato i nuovi casi infettivi ha contribuito a provocare una sorta di allarmismo diffuso tra la popolazione.
In realtà, è necessario preliminarmente specificare che l'influenza aviaria non rappresenta un fenomeno virale di recente affermazione; l'influenza è stata infatti identificata per la prima volta oltre cent'anni fa in Italia, nel corso di un'epidemia. Da allora, il virus H5N1, responsabile dell'infezione, si presenta periodicamente, ad intervalli regolari, in tutte le regioni del mondo. Se si esclude l'attuale sviluppo in Asia, recenti manifestazioni di questa infezione si sono registrate, ad Hong Kong, nel 1997, nel 1998 e nel 2003; nei Paesi bassi e nella Repubblica di Corea, nel 2003; nel 1999, inoltre, il diffondersi, in Italia, del virus H7N1 - una forma patogena considerata meno pericolosa dell'H5N1 - ha causato l'epidemia in numerosi allevamenti di polli nazionali.
Tali dati, testimoniano che i virus responsabili dell'influenza aviaria non rappresentano un fenomeno del tutto nuovo sullo scenario internazionale e che, negli ultimi anni, si è riusciti, con un certo successo, a contenere il rischio di un contagio di massa. L'esperienza maturata dal 1997 ad oggi ha peraltro dimostrato come la trasmissione all'uomo del virus aviario H5N1 - che nel sud-est asiatico ha infettato circa centocinquanta milioni di uccelli - sia un evento estremamente raro; l'uomo può infettarsi con il virus dell'influenza aviaria solo a seguito di contatti diretti con animali infetti e con le loro deiezioni, mentre non vi è alcuna evidenza di trasmissione attraverso il consumo di carni agricole o uova dopo la cottura.
Tutti i casi umani di contagio (circa 120, di cui quasi il 50 per cento ha avuto come esito il decesso) sono stati registrati, infatti, esclusivamente in persone che hanno avuto stretti e ravvicinati contatti con animali malati, ed esclusivamente in paesi dove le condizioni igienico-sanitarie di vita delle popolazioni non sono certo ottimali. Ovviamente, la presenza di un rischio, seppur remoto e residuale, di morte per influenza aviaria impone l'adozione di misure di salvaguardia e di prevenzione, al fine di garantire la sicurezza e la tranquillità dei nostri cittadini.
I dati a disposizione, tuttavia, non sembrano comunque giustificare l'allarmismo che, nelle ultime settimane, sembra essersi diffuso nel paese. Alla luce di tali premesse, si comprende l'importanza del decreto-legge in esame quale provvedimento atto ad affrontare, in maniera sistemica, il rischio di infezione da influenza aviaria, salvaguardando al contempo sia l'esigenza di garantire la sicurezza sanitaria dei cittadini, sia la necessità di tutelare l'altrettanto importante valore della produzione avicola nazionale.
Come è noto, infatti, l'allarmismo collettivo che ha accompagnato la scoperta dei nuovi focolai di influenza aviaria si è ripercosso negativamente sul consumo delle carni bianche, il quale, negli ultimi mesi, ha registrato una drastica riduzione (pari a circa il 30 per cento del valore iniziale) che rischia di compromettere l'intera filiera produttiva. Tale modifica delle abitudini alimentari quotidiane si rivela, tuttavia, inutile ai fini della prevenzione del rischio del contagio, il quale, come si è detto, dipende esclusivamente dal contatto fisico con l'animale infetto.
Da qui l'esigenza che, con il decreto-legge in esame, siano adottate specifiche misure a sostegno di un settore produttivo che rischia di essere immotivatamente penalizzato, anche a causa di una cattiva informazione dei consumatori. Va infatti specificato che, indipendentemente dalla contrazione dei consumi, l'influenza aviaria tende a produrre danni ingenti ai produttori, poiché il tasso di mortalità tra gli animali è elevato e gli esemplari infetti, generalmente, devono essere abbattuti per prevenire la propagazione della malattia. Vorrei evidenziare che, secondo stime della FAO, dal 28 gennaio 2004 ad oggi
sarebbero stati abbattuti, nelle regioni infette, circa 20-25 milioni di volatili; si tratta, tuttavia, di dati da intendersi come sottostimati, in quanto elaborati sulla base di una percentuale minima degli inventari avicoli realmente presenti nell'area contagiata.
Nel generale apprezzamento per le misure previste dal decreto-legge in fase di conversione, vorrei pertanto sottolineare come, a prescindere dalle disposizioni orientate alla prevenzione dei possibili pericoli sanitari legati ad un'eventuale diffusione del virus tra la popolazione, importanza prioritaria assume, al momento attuale, l'adozione di misure, come quelle di cui all'articolo 5 del provvedimento, finalizzate a sostenere un comparto, quello avicolo, che rappresenta un settore caratteristico ed essenziale per la nostra produzione agroindustriale.
La drastica riduzione dei consumi che si sta verificando nel comparto impone, infatti, di riportare l'attenzione degli stessi consumatori sulle proprietà nutrizionali, nonché sulla qualità e sicurezza delle carni bianche nazionali. Le tabelle di composizione degli alimenti, aggiornate al 1997 dall'Istituto nazionale di ricerca per gli alimenti e la nutrizione (INRAN), evidenziano infatti che i contenuti proteici e di ferro delle carni di pollo e di tacchino sono decisamente alti, smentendo il luogo comune che le riteneva carni poco nutrienti, dunque scarsamente indicate per il regime alimentare degli sportivi e dei ragazzi. Pollo e tacchino si confermano, inoltre, tra le carni più magre, con minor contenuto di colesterolo e con un'ottima composizione in acidi grassi. Da qui, le raccomandazioni di numerosi esperti della nutrizione ad includere più spesso il pollo, il tacchino e la faraona nella propria dieta.
È importante evidenziare che tutti questi risultati sono merito di un attento metodo di allevamento, rispettoso del benessere degli animali, dell'ambiente e, soprattutto, di quelle norme igienico-sanitarie che rappresentano la vera garanzia per il consumatore. Vorrei ricordare inoltre che, dall'inizio del secolo ad oggi, i prezzi delle carni avicole a valori costanti sono più che dimezzati, rappresentando, insieme a uova e latte, la razione proteica più a buon mercato.
Non vanno peraltro taciuti i recenti sforzi compiuti in tutto il comparto avicolo al fine di garantire la massima sicurezza dei consumatori in ordine alla qualità ed alla tracciabilità dei prodotti nazionali.
In particolare, ricordiamo anche la recente adozione, da parte del Ministero della salute, di alcune misure mirate ad intensificare i controlli veterinari ed alimentari alle frontiere nonché le ispezioni dei NAS all'interno del paese. Oltre alle disposizioni urgenti recentemente indirizzate agli uffici di frontiera ed alle regioni per rafforzare i controlli alle importazioni, segnalo l'ordinanza ministeriale del 26 agosto 2005, con la quale il ministro, recependo nel nostro paese le raccomandazioni dell'Organizzazione mondiale della sanità, ha confermato l'obbligo di registrazione per le aziende di volatili ed introdotto misure di quarantena nel controllo degli spostamenti dei volatili stessi.
Al fine di garantire un'adeguata informazione al consumatore sulla provenienza delle carni acquistate si è, inoltre, prevista l'etichettatura obbligatoria delle carni fresche di volatili da cortile, misura, questa, che renderà possibile individuare l'origine, l'andamento, la provenienza, la data ed il numero di lotto dello stabilimento di macellazione e di sezionamento, analogamente a quanto già avviene per le carni bovine.
Infine, sempre tra i provvedimenti amministrativi, segnalo l'istituzione di una rete di sorveglianza per il controllo dell'infezione negli animali, destinata ad operare grazie alla cooperazione ed integrazione tra i servizi di sanità pubblica veterinaria, gli istituti zooprofilattici, i posti di ispezione frontaliera e gli USMAF (Uffici di sanità marittima, aerea e di frontiera).
Alle misure disposte a livello nazionale vanno, peraltro, aggiunte le recenti iniziative assunte da alcune regioni al fine di promuovere il continuo ammodernamento del comparto. In particolare, segnalo che
la regione Lombardia - seguendo l'esempio della regione Veneto - ha, da ultimo, disposto lo stanziamento delle prime risorse, pari ad 1,8 milioni di euro, per dare avvio al piano di riassetto del settore avicolo regionale.
Nel complesso, la capillarità e l'efficienza dei controlli sanitari attuati nel nostro paese, che ormai è ai vertici tra i paesi europei per la sanità e la qualità delle produzioni agricole, spiegano perché sia importante insistere sulla sicurezza delle carni bianche nazionali, per difendere uno tra i pochi settori agricoli che garantisce l'autoapprovvigionamento del nostro mercato. Nel 2004, infatti, in Italia sono state prodotte 1.134.000 tonnellate di carne di pollame e 13 miliardi di uova. Il consumo totale è risultato tra i più alti in Europa, pari ad 1 milione di tonnellate di carni avicole, con oltre 18 chilogrammi pro capite; il consumo di uova ha raggiunto i 12 miliardi, con un consumo pro capite di oltre 200 uova. Il comparto ha registrato un fatturato pari ad oltre 5,3 miliardi di euro. Anche a livello occupazionale i dati desunti dal quinto censimento generale dell'agricoltura, del 22 ottobre 2000, confermano che l'allevamento avicolo risulta essere il più diffuso nel nostro paese, praticato in settantasette aziende allevatrici su cento, con oltre 180 mila unità lavorative, tra produzione ed indotto. Le aziende avicole rilevate sul territorio nazionale sono, in totale, 521 mila, con diversa distribuzione a livello regionale: circa il 75 per cento della produzione nazionale, con oltre 128 milioni di capi di allevamento, è, infatti, localizzata nel nord del paese, mentre le aziende del centro Italia contano 22 milioni circa di capi e le aziende del sud del paese circa 17 milioni di capi.
Secondo la Confederazione italiana agricoltori, l'attuale fenomeno dell'influenza aviaria rischia di determinare la chiusura di circa il 20 per cento degli allevamenti italiani. Tali statistiche confermano la responsabilità che questo Parlamento ha rispetto alla tutela del comparto avicolo dai rischi attuali e futuri derivanti dal fenomeno dell'influenza aviaria. In tale prospettiva, ricordo due emendamenti che ho già provveduto a sottoporre all'esame della XII Commissione in sede referente, dove, tuttavia, a causa dei tempi ristretti a disposizione, si è preferito rinviarne l'esame all'Assemblea. In particolare, mi riferisco a due emendamenti che intendono disporre nuove misure di sostegno a favore del comparto avicolo. Nel merito, si chiede di adottare una serie di interventi a sostegno degli allevatori avicoli, delle imprese di macellazione avicola e dei commercianti all'ingrosso di carni avicole, tra cui, in particolare, la sospensione o il differimento dei termini relativi agli adempimenti tributari, la sospensione dei pagamenti dei contributi previdenziali ed assistenziali e la sospensione dei pagamenti di rate di mutuo.
Ed è proprio a parziale risposta di tali emendamenti, risalente ad un'ora fa, un lancio di agenzia secondo cui il ministro del lavoro e delle politiche sociali, Maroni, ha già annunciato misure a sostegno delle imprese e dei lavoratori. Il ministro ha, infatti, dichiarato l'intenzione di intervenire sulle casse in deroga, provvedimento che consente ai lavoratori che non hanno avuto la possibilità di usufruire della cassa integrazione e della mobilità di accedere a tali ammortizzatori sociali. Questa è già una prima risposta data dal Ministero del welfare. Mi auguro che anche il ministro delle finanze sia possibilista sulla questione della sospensione dei pagamenti. È da sottolineare, quindi, ancora una volta, l'esigenza di garantire massimo sostegno al comparto avicolo.
Mi auguro che questa Assemblea parlamentare sappia affrontare con massima attenzione e consapevolezza il provvedimento in esame e che, anche a livello mediatico, il tema in esame sia affrontato con la dovuta responsabilità, al fine di evitare che una comunicazione allarmistica produca nella popolazione effetti di psicosi di massa, che rischiano di produrre danni più ingenti del pericolo stesso che si intende prevenire (Applausi dei deputati dei gruppi della Lega Nord Federazione Padana e di Alleanza Nazionale).
PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.
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