Resoconto stenografico dell'Assemblea
Seduta n. 698 del 28/10/2005
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(Intervista rilasciata dall'ex brigatista Cinzia Banelli - n. 2-01699)

PRESIDENTE. L'onorevole Di Serio D'Antona ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-01699 (vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 7).

OLGA DI SERIO D'ANTONA. Signor Presidente, il 23 ottobre 2005 è apparsa sul Corriere della sera un'intervista fatta dal giornalista Giovanni Bianconi a Cinzia Banelli. Ricordo che Cinzia Banelli è, a suo dire, una ex brigatista, condannata a 36 anni di reclusione per gli omicidi dei professori Massimo D'Antona e Marco Biagi (20 anni da parte del giudice di Roma e 16 da parte del giudice di Bologna).
Pregherei il sottosegretario Ventucci di prestare attenzione, dal momento che non sono presenti in aula i rappresentanti dei ministeri competenti (mi riferisco ai ministeri dell'interno e della giustizia) e, pertanto, l'attenzione del sottosegretario sarebbe importante per non limitarsi a leggere soltanto una velina.
Tra l'altro, il fenomeno brigatista rappresenta una particolare peculiarità in questo paese rispetto anche agli altri paesi europei.
Non dimentichiamo che, tra gli anni Settanta e Ottanta, questo fenomeno ha prodotto oltre 500 morti e circa 400 mila feriti ed è stato commesso l'errore, dopo l'ultimo omicidio del professor Ruffilli, nel 1988, di abbassare la guardia. Diversi elementi o documenti, dal 1992, con riferimento ad attentati di minore entità, erano stati lasciati dalle Brigate rosse ed avrebbero consentito, se vi fosse stata maggior attenzione da parte degli inquirenti, di comprendere che le Brigate rosse si stavano ricostituendo e avrebbero colpito di nuovo.
Pertanto, credo che una certa attenzione su questo fenomeno - non voglio creare allarmismi - debba essere mantenuta sempre alta, per evitare altri strazi, perché questo paese ne ha già vissuti abbastanza.
Sono stati comminati 36 anni di reclusione a Cinzia Banelli, senza che fossero concessi quei benefici che la legge sui pentiti prevede e ciò perché la sua collaborazione è stata ritenuta insufficiente.
Infatti, dalla sua testimonianza non è emerso alcun dato che non fosse già a conoscenza degli inquirenti; neppure la chiave di accesso al computer è bastata, perché dalla lettura dei documenti trovati in quel computer non è emerso alcun elemento di rilevante novità.
L'articolo apparso sul Corriere della sera è stato seguito da un altro articolo apparso il giorno successivo, in cui vi era un diretto attacco alla commissione ministeriale che ha avuto il compito di analizzare tutti gli atti processuali per decidere se a Cinzia Banelli sarebbe stato concesso il programma di protezione. Questa commissione ministeriale, per ben due volte, non ha ritenuto che vi fossero elementi meritevoli di un programma di protezione e, quindi, per la seconda volta, le è stato negato.
L'intervista della Banelli è stata seguita, il giorno successivo, da un articolo dello stesso giornalista, Giovanni Bianconi, nel quale si riportavano anche dichiarazioni molto gravi dell'avvocato della Banelli, Grazia Volo, con attacchi quasi calunniosi nei confronti della commissione, asserendo che i benefici di questo tipo erano stati concessi a persone non meritevoli del programma di protezione.
Dunque, mi rivolgo al Governo anche alla luce della gravità di alcuni aspetti emersi dall'intervista di Cinzia Banelli. Da


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tale intervista si evince che il comportamento della Banelli è stato determinato più dalla volontà di farla franca che da un vero pentimento. Colpisce, ad esempio, il risentimento che ella manifesta nei confronti dei suoi complici e le ragioni di tale risentimento. La Banelli dice: «Proprio loro che m'imputavano uno scarso rispetto delle regole le avevano violate. Viaggiare nello stesso scompartimento, una sola arma, numeri di telefono da cui si poteva risalire ad altri. Ci avevano detto che erano state prese tutte le precauzioni, ma evidentemente non era così».
Ancora, sia durante il processo sia durante l'intervista, Cinzia Banelli ha sostenuto che le nuove Brigate rosse hanno tratto ispirazione dai documenti degli irriducibili nelle carceri: «Cominciarono a circolare gli scritti dei prigionieri politici delle Brigate rosse, gli irriducibili chiusi in carcere. Dalla lettura di quei testi si avviò un dibattito che poi è proseguito in ambito più ristretto. Da lì nacquero i Nuclei comunisti combattenti, poi divenuti Brigate rosse con l'omicidio D'Antona». Quindi, la possibilità di comunicare tra detenuti e persone esterne determina conseguenze molto pericolose per il paese.
Che certezza abbiamo che Cinzia Banelli a suo modo non stia ancora lanciando messaggi sovversivi? La Banelli afferma: «Conta la strategia che si fa testimonianza: la volontà di tenere accesa una fiaccola, di dire che c'è ancora spazio per un'opposizione combattente anche se non arriverà alla vittoria. Io non ho mai pensato di fare la rivoluzione, ma di riproporre il patrimonio politico-teorico delle Brigate rosse, la strategia della lotta armata a prescindere da una lotta di classe diffusa». «Quindi» - domanda l'intervistatore -, «l'assenza del "contesto" non è un anticorpo contro il terrorismo?». La risposta della Banelli è: «No e la nostra storia lo dimostra. Per questo penso che un giorno le Brigate rosse potrebbero tornare. Non oggi né domani, ma un giorno è possibile».
Ritengo che consentire la diffusione delle idee delle Brigate rosse, che non uccidono per la rivoluzione ma soltanto per riaffermare il proprio patrimonio politico e teorico, sia gravissimo ed estremamente pericoloso per la sicurezza di tutti i cittadini del nostro paese.
Inoltre, Cinzia Banelli afferma che le Brigate rosse potrebbero tornare e rappresentare ancora una minaccia. Per questi motivi teme anche per la sua propria vita e paradossalmente chiede per sé il programma di protezione che fu negato a Marco Biagi, da lei assassinato. È questo il vero paradosso.
Chiedo al Governo di sapere se Cinzia Banelli è stata autorizzata a rilasciare questa intervista e, in tal caso, sapere da chi è stata autorizzata. Inoltre, nell'ipotesi che non vi sia stata alcuna autorizzazione, chiedo di sapere come sia stato possibile che ella, nella sua posizione, possa aver avuto accesso agli organi di stampa e, in questo caso, quali iniziative intenda adottare il Governo affinché non si ripetano episodi di analoga natura.

PRESIDENTE. Il Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri, senatore Ventucci, ha facoltà di rispondere.

COSIMO VENTUCCI, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Signor Presidente, onorevole Di Serio D'Antona, vorrei sottolineare che l'argomento è talmente delicato che non leggerò una semplice velina, bensì la ponderata risposta che le avrebbe letto il sottosegretario Valentino, oggi non presente per impegni istituzionali precedentemente assunti. Comunque, spesso in aula portiamo testi scritti perché è opportuno leggere quei documenti che devono restare agli atti in modo da non lasciare tale compito alla facondia del singolo, verso la quale ciascuno può avere o meno una particolare predisposizione.
Il Ministero dell'interno ha rappresentato che nei confronti di Cinzia Banelli, la quale è stata detenuta presso il carcere di Sollicciano dal 24 ottobre 2003 al 20 maggio 2005, la procura della Repubblica presso il tribunale di Roma, con nota del 12 novembre 2004, ha avanzato richiesta


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di applicazione delle misure di assistenza e di protezione, di cui al decreto-legge 15 gennaio 1991, n. 8, convertito, con modificazioni, nella legge 15 marzo 1991, n. 82, in relazione alle indagini relative all'omicidio del professor Massimo D'Antona ed all'associazione sovversiva con finalità di terrorismo-banda armata denominata «Brigate rosse per la costruzione del Partito comunista combattente».
Analoga richiesta è stata avanzata, in data 18 gennaio 2005, alla procura della Repubblica presso il tribunale di Bologna in relazione alle indagini relative all'omicidio del professor Marco Biagi.
La Commissione centrale per la definizione e l'applicazione delle speciali misure di protezione, acquisiti la documentazione necessaria ed i provvedimenti dell'autorità giudiziaria di Roma e Bologna, in data 8 marzo 2005, ha deliberato di non accogliere le predette proposte di applicazione delle misure di assistenza e di protezione nei confronti della Banelli e dei suoi familiari.
In relazione alle condizioni ed ai requisiti previsti dalla normativa in vigore per l'accoglimento della richiesta in questione, deve rammentarsi che, ai sensi dell'articolo 9 del decreto legge 15 gennaio 1991, n. 8, convertito, con modificazioni, nella legge 15 marzo 1991, n. 82, «ai fini dell'applicazione delle speciali misure di protezione, assumono rilievo la collaborazione o le dichiarazioni rese nel corso di un procedimento penale. La collaborazione e le dichiarazioni predette devono avere carattere di intrinseca attendibilità. Devono altresì avere carattere di novità o di completezza o per altri elementi devono apparire di notevole importanza per lo sviluppo delle indagini o ai fini del giudizio ovvero per le attività di investigazione sulle connotazioni strutturali, le dotazioni di armi, esplosivi o beni, le articolazioni e i collegamenti interni o internazionali delle organizzazioni criminali di tipo mafioso o terroristico-eversivo o sugli obiettivi, le finalità e le modalità operative di dette organizzazioni». Questo è quanto previsto dall'articolo 9.
Tanto premesso, il Ministero dell'interno ha sottolineato, nel merito, che dalla proposta della procura di Bologna è emerso che le dichiarazioni rese dalla Banelli sono iniziate dopo che le procure, interessate ad indagini collegate sui delitti delle Brigate rosse (Roma, Firenze e Bologna), avevano già chiesto ed ottenuto l'emissione di provvedimenti cautelari a carico di molti indagati, raggiunti da gravi indizi di colpevolezza ed avevano anche già richiesto il rinvio a giudizio degli imputati.
La conseguente possibilità di confrontare le sue dichiarazioni con gli elementi probatori già raccolti aveva indotto la stessa Banelli a modificare, negli interrogatori dell'8 settembre 2004 e successivi, l'atteggiamento che aveva caratterizzato il precedente interrogatorio del 5 agosto 2004, allorché «aveva cercato di minimizzare il proprio ruolo nell'attentato ai danni del professor Marco Biagi e le proprie conoscenze degli appartenenti all'organizzazione».

OLGA DI SERIO D'ANTONA. Lei mi sta facendo la storia del processo...

COSIMO VENTUCCI, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Da tale atteggiamento la Banelli recedette allorché venne posta di fronte ai «rilevanti elementi probatori» che sostenevano i provvedimenti cautelari già adottati e le avanzate richieste di rinvio a giudizio.
Il giudice per le indagini preliminari di Roma, nel rigettare, in data 21 dicembre 2004, la richiesta di arresti domiciliari avanzata dalla Banelli, aveva sottolineato come le dichiarazioni rese dall'imputata nel corso dell'incidente probatorio non costituissero, avuto riguardo alla personalità e alla pericolosità dell'imputata, elemento idoneo a confortare un giudizio di attenuazione delle esigenze cautelari.
Per quanto concerne le indagini svolte in ordine alle dichiarazioni della Banelli dalla polizia giudiziaria, la lettura dell'informativa della Divisione investigazioni generali ed operazioni speciali della questura


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di Bologna dimostra come esse si concretizzino nella rilettura degli interrogatori della Banelli alla luce della documentazione già acquisita agli atti, poiché trovata nella disponibilità di altri coimputati e precedentemente sequestrata, dunque in una presa d'atto della conformità delle dichiarazioni ai contenuti dei documenti sequestrati o altrimenti acquisiti.
Quanto al contenuto dei documenti dei quali la Banelli avrebbe consentito la decriptazione, «riferendo le chiavi del cifrario utilizzato che li rendeva incomprensibili», si tratta di documenti che nulla aggiungono a quanto già accertato, sulla scorta delle indagini svolte prima della richiesta di rinvio a giudizio, sia per quanto attiene alle fasi preparatoria ed esecutiva degli attentati in danno del professor Massimo D'Antona e del professor Marco Biagi, sia per quanto attiene alla struttura organizzativa dell'associazione sovversiva-banda armata denominata BR-PCC, sia per quel che concerne i rapporti di questa con i Nuclei comunisti combattenti e struttura di questi.
Il giudice per le indagini preliminari di Roma, con sentenza 1o marzo 2005, non ha concesso alla Banelli l'attenuante della collaborazione di cui all'articolo 4 del decreto-legge 15 dicembre 1979, n. 623, convertito con modificazioni nella legge 6 febbraio 1980, n. 15, applicando le sole attenuanti generiche, ed infliggendo alla Banelli, per i reati di cui era chiamata a rispondere, fra cui l'omicidio del professor Massimo D'Antona, la pena di venti anni di reclusione.
Il giudice per le indagini preliminari di Roma, con provvedimento del 7 marzo 2005, ha respinto la richiesta di arresti domiciliari reiterata dall'imputata il 1o marzo 2005, sottolineando che di fronte all'evidenza delle prove raccolte dalla DIGOS e alla completezza degli esiti delle indagini non sono emersi, se non in termini pienamente confermativi di quanto già acquisito, elementi di particolare valore investigativo: l'apporto investigativo dato dalla Banelli, oltre a non essere apparso decisivo per l'individuazione o la cattura dei concorrenti relativamente alle più gravi ipotesi di reato, non è stato ritenuto emergenza idonea a fondare il convincimento di una reale dissociazione dell'imputata medesima dal contesto associativo terroristico di appartenenza, presupposto ulteriore cui il legislatore condiziona il riconoscimento dell'attenuante della collaborazione.
Tali decisioni dell'autorità giudiziaria hanno costituito il presupposto di fatto dei provvedimenti adottati dalla commissione centrale ex articolo 10 della legge n. 82 del 1991. Dalla medesima commissione centrale, la posizione della Banelli è stata segnalata al Dipartimento per l'amministrazione penitenziaria (quella dei suoi familiari alle competenti autorità di pubblica sicurezza), ai fini dell'adozione delle ordinarie misure di protezione, nonché al direttore dell'Ufficio centrale interforze per la sicurezza personale (UCIS). Di tali misure l'UCIS ha assicurato l'immediata attivazione.
La procura della Repubblica presso il tribunale di Roma, con nota del 18 aprile 2005, ha chiesto una nuova valutazione dei presupposti e delle condizioni per l'ammissione della Banelli al programma speciale di protezione.
È stato trasmesso, in proposito, il dispositivo della sentenza del 19 marzo 2005 di condanna della Banelli, emessa dal giudice per le udienze preliminari di Roma, nel giudizio abbreviato per alcune rapine, con il riconoscimento dell'attenuante della collaborazione, nonché l'ordinanza del 31 marzo 2005 del tribunale di Roma, sezione per il riesame dei provvedimenti sulla libertà personale, che ha disposto la sostituzione della custodia cautelare con agli arresti domiciliari.
Anche la procura della Repubblica presso il tribunale di Bologna, con una nota del 20 maggio 2005, avanzava richiesta di riesame per l'ammissione della Banelli al programma speciale di protezione, trasmettendo a tal fine l'ordinanza del 20 maggio 2005 del tribunale di Bologna, che disponeva la sostituzione della custodia cautelare con gli arresti domiciliari nei confronti della Banelli.


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La commissione, con delibera del 26 maggio 2005, ha confermato la precedente delibera dell'8 marzo, non accogliendo le richieste di riesame avanzate dalle procure di Roma e di Bologna.
Ciò per le seguenti ragioni. Anzitutto, perché le ordinanze, per la loro natura incidentale e cautelare, non possono contrapporsi alla valutazione di merito compendiata nel dispositivo delle relative sentenze che hanno definito i processi; in particolare, dalla lettura dell'ordinanza del tribunale di Bologna, emerge che la condotta collaborativa della Banelli deve realisticamente interpretarsi come una mera condotta di dissociazione; essa, infatti, non ha comportato quegli elementi di novità, di completezza e di notevole importanza che consentono di ritenere che, ad una presa di distanza dall'organizzazione criminale, sia corrisposta una collaborazione nel senso inteso dall'articolo 9 della legge n. 82 del 1991 e dell'articolo 3 del decreto ministeriale n. 161 del 2004.
Inoltre, vi è il fatto che le dichiarazioni della Banelli si siano sovrapposte alle conoscenze già acquisite dagli investigatori.
Infine, vi è la circostanza che permangono, seppure attenuate nella valutazione del giudice del riesame, le esigenze di cui all'articolo 275 del codice di procedura penale, se è vero che la custodia in carcere è stata sostituita dalla misura comunque detentiva, quale è quella degli arresti domiciliari.
Al fine di garantire a Banelli Cinzia ed ai suoi familiari la massima tutela, è stato nuovamente interessato l'Ufficio centrale interforze per la sicurezza personale, nonché i prefetti competenti, per l'adozione delle misure di sicurezza necessarie (in base al decreto-legge n. 83 del 2002, convertito nella legge n. 133 del 2002).
Ciò posto, il Ministero dell'interno ha comunicato che, in relazione alle determinazioni della commissione centrale, la Banelli non risulta destinataria di misure di assistenza e di protezione, di cui alla legge n. 82 del 1991 sui collaboratori di giustizia, né soggiace ai relativi obblighi connessi, tra i quali il divieto di rilasciare interviste a terzi.
Il Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria del Ministero della giustizia ha riferito che, dagli atti del fascicolo personale dell'ex detenuta in questione, non risulta alcuna traccia della missiva scritta a mano dalla stessa ed inviata all'onorevole Olga Di Serio D'Antona.
Ha precisato, inoltre, che Cinzia Banelli, per tutta la durata della sua attenzione in carcere, è stata sottoposta al «visto di censura» sulla corrispondenza, dal quale è esclusa la sola corrispondenza epistolare dei detenuti e degli interessati indirizzata ad organismi internazionali amministrativi o giudiziari, preposti alla tutela dei diritti dell'uomo, di cui l'Italia fa parte (articolo 38, comma 11, del decreto del Presidente della Repubblica n. 230 del 30 giugno 2000), nonché la corrispondenza epistolare indirizzata ai difensori di fiducia, secondo la norma prevista dagli articoli 103 (commi 5 e 6) e 104 del codice di procedura penale.
Sia la procura di Roma sia la procura di Bologna hanno inoltre riferito di non aver mai autorizzato Cinzia Banelli a rilasciare l'intervista pubblicata il 23 ottobre 2005 su Il Corriere della sera, né quest'ultima ha mai chiesto di essere a ciò autorizzata.
Per accertare «come sia stato possibile che Cinzia Banelli nella sua posizione abbia avuto accesso agli organi di stampa», la procura di Bologna ha aperto il procedimento n. 3013 del 2005 RGNR, modello 45, concernente «atti relativi ad intervista di Cinzia Banelli a Il Corriere della sera».
Tale procedimento è stato iscritto per iniziativa della procura, in seguito alla pubblicazione dell'articolo, su segnalazione del procuratore generale della corte di appello di Bologna, senza alcuna previa informativa da parte di organi di polizia giudiziaria.

PRESIDENTE. L'onorevole Di Serio D'Antona ha facoltà di replicare.


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OLGA DI SERIO D'ANTONA. Signor Presidente, devo dire, con grande stupore, che qui è stato ripercorso tutto l'iter processuale, che, come si può ben immaginare, già conosco. Non era questo l'oggetto della mia interpellanza urgente rivolta al Governo.
Condivido assolutamente le affermazioni, qui riportate dal sottosegretario Ventucci, sul fatto che Cinzia Banelli non abbia fornito alla commissione ministeriale preposta a concedere gli arresti domiciliari - e questo l'ho già scritto nell'interpellanza - elementi di novità rispetto a quello che gli inquirenti già non sapessero e che quindi la sua dissociazione non corrisponda poi ad una reale collaborazione. Su ciò siamo d'accordo.
Se è vero, come è vero, e come il sottosegretario Ventucci sostiene, che nessuna autorizzazione è stata concessa a Cinzia Banelli a rilasciare interviste, e, se è vero, come è vero, che la procura di Bologna sta svolgendo accertamenti per capire come questo sia stato possibile, a questo punto allora la mia domanda è in parte esaurita ed in parte disattesa in quanto nell'interpellanza chiedevo anche quali provvedimenti si intendano adottare per evitare che ciò accada nuovamente.
Detto ciò, rivolgo un'ulteriore richiesta al Governo a svolgere un ulteriore accertamento amministrativo per capire come mai, di fronte ad una così evidente violazione di quelli che sono gli obblighi previsti a carico di una persona posta agli arresti domiciliari - peraltro solo ed esclusivamente per un senso umanitario, considerata la sopravvenuta maternità; con questo non si vuole certo infierire nei confronti di un bambino di un anno e mezzo, ma ciò non toglie però che la società debba comunque difendersi dalla pericolosità di questi soggetti - non sia stato adottato dal giudice competente un immediato provvedimento di revoca degli arresti domiciliari per Cinzia Banelli. Mi attendo, quindi, in tempi brevissimi, non so se è il caso di presentare un'ulteriore interpellanza...

PRESIDENTE. Certamente, sì.

OLGA DI SERIO D'ANTONA. ..., da questo Governo una risposta precisa per capire come mai, ripeto, gli arresti domiciliari non siano stati revocati a Cinzia Banelli.

PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interpellanze all'ordine del giorno.

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