![]() |
![]() |
![]() |
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Castagnetti. Ne ha facoltà.
PIERLUIGI CASTAGNETTI. Signor Presidente, come è stato ricordato, Francesco Fortugno era un dirigente ed un consigliere regionale della Margherita. Molti di noi lo conoscevano e gli erano legati da lunghi anni di militanza per le stesse idee e gli stessi obiettivi. Francesco Rutelli ha già espresso in altre sedi la costernazione e l'indignazione di tutto il partito. Oggi noi sentiamo la responsabilità di andare oltre il dolore e cercare la strada per pagare il debito che lo Stato ha verso quella vita barbaramente stroncata dalla 'ndrangheta, verso la sua famiglia, la sua città e la sua regione.
Io parto ricordando un'interrogazione a risposta immediata del 5 ottobre 2004, presentata dal collega Loiero, insieme ai colleghi Camo e Meduri, i quali lamentavano, in quell'occasione, la pratica costante delle intimidazioni e degli attentati ai danni di amministratori locali, imprenditori e semplici lavoratori - sosteneva il collega Loiero -, in un crescendo senza precedenti per violenza e mezzi usati.
Loiero e gli altri colleghi volevano sapere come il Governo intendesse contrastare questa escalation della criminalità calabrese; denunciavano come la 'ndrangheta fosse diventata la più importante associazione criminale del mondo; denunciavano come la loro regione fosse sotto assedio. E poi lanciarono l'accusa: tutto questo sembrava avvenire nell'indifferenza dello Stato.
Lei oggi, signor ministro, ha usato parole forti. In quell'occasione, di fronte a quella denuncia, venne qui a fornire una risposta burocratica il ministro per i rapporti con il Parlamento.
Un anno fa, alcuni sindaci - ricordo ad esempio quello di Villa San Giovanni - si
dimisero per urlare la loro rabbia e la loro paura. Alcuni di noi li incontrarono per chiedere di resistere, promettendo loro che non li avremmo lasciati soli. Ancora questa mattina, lei lo sa bene, vi è stata una pesante intimidazione a carico del presidente di Sviluppo Italia e del vicepresidente degli industriali di Reggio Calabria Lamberti. Quindi, tutto ciò non finisce.
Signor ministro, lo ha affermato lei, siamo di fronte alla più grande organizzazione criminale del mondo: 112 cosche; un affiliato ogni 345 abitanti. Sono numeri che fanno rabbrividire. Vi è un tasso di omicidi 17 volte superiore a quello nazionale; si registra un volume di affari in nero che, secondo alcune analisi, supera i 35 mila milioni di euro, di cui 22 mila e 340 sono prodotti dal traffico di droga e il resto da appalti pubblici, estorsioni e quant'altro. Tali introiti, secondo le associazioni dei produttori, sarebbero per il 50-60 per cento a carico degli imprenditori industriali (l'80 per cento, secondo il presidente Callipo).
L'ex procuratore antimafia, dottor Vigna, proprio in questi giorni, intervistato da un giornalista sicuramente molto serio e stimato, credo anche dal Governo, ha così commentato: è un messaggio di avversione alla parte politica che svolgeva le primarie, quindi a tutta l'Unione, e riguarda, in particolare, gli attuali amministratori locali. Con alcuni dei precedenti amministratori le cosche avevano connivenze e collusioni, adesso vogliono piegare i nuovi ai loro interessi. E, proseguendo, alla domanda: la 'ndrangheta è più pericolosa di «Cosa nostra»? La risposta è: assolutamente sì! E ancora: in che cosa si differenzia dalla mafia palermitana? Si tratta di una criminalità di una rudezza particolare, che ha collegamenti organici con strutture massoniche deviate, come hanno evidenziato i «processi Olimpia» celebrati negli anni scorsi.
Ecco, vede, signor ministro, non certo per amore di polemica, condivido il suo appello ad un lavoro unitario, perché la situazione è drammatica. La situazione della Calabria è drammatica! In questo momento la voglia di polemizzare non attraversa nessuno di noi, deve crederci. Ma abbiamo il dovere di chiederle, come stanno facendo tutti i cittadini calabresi, di essere più preciso. Di fronte a questa tragedia, non abbiamo colto, nella sua pur seria relazione, l'indicazione, la traccia di misure straordinarie, proporzionate, come lei stesso aveva promesso, alla gravità di questa situazione.
Quali mezzi sta investendo per combattere quella che oggi è considerata da lei la più grande organizzazione mondiale della criminalità, dislocata in quell'angolo del nostro paese? Quali risorse lei è riuscito ad ottenere con la prossima legge finanziaria per combattere il terrorismo e la mafia? Ma lei sa che nel disegno di legge finanziaria le risorse per il funzionamento della Direzione investigativa antimafia sono state ridotte del 20 per cento? Meno 20 per cento in termini di risorse finanziarie, e tale riduzione riguarda anche le Forze di polizia e i carabinieri.
Com'è possibile dare sostanza agli impegni che lei, signor ministro, ha qui enunciato? Noi abbiamo il dovere, mi creda, non per fare polemica, ma per responsabilità, la stessa che lei ha dichiarato di avere e di questo noi non dubitiamo, di chiederle conto di tutto ciò.
Signor ministro, si è consultato con il suo collega, ministro della giustizia? Lei sa che i procuratori delle province della Calabria, che sono stati riuniti dal prefetto che lei ha inviato tempestivamente, sono tutti «segnati» da polemiche, da sospetti, da accuse, in alcuni casi persino da denunce di partiti della maggioranza, che contestano a questi procuratori di occuparsi troppo della lotta alla mafia e alla 'ndrangheta?
Signor ministro, è informato che la mafia di Calabria e di Sicilia, come ha detto ieri sera alla televisione il procuratore Macrì, ha già aperto i suoi cantieri del ricatto e dell'intimidazione attorno alla costruzione del ponte sullo Stretto?
Non abbiamo colto traccia di un impegno su questi temi. Abbiamo letto i numeri, e lei oggi ce li ha ribaditi, dell'impegno e dei risultati ottenuti ed abbiamo
ascoltato anche le cose che lei ha detto, lunedì pomeriggio, alla popolazione della Calabria sulla necessità che essa si assuma le proprie responsabilità e reagisca, e non si pieghi al ricatto, alla violenza e all'intimidazione. Ma converrà con noi che, per le popolazioni di quelle terre, che lei ha invitato a spezzare le catene dell'omertà, constatare che ventitré omicidi nella stessa area, in un anno, non hanno ancora il nome di un responsabile, che nessuno è colpevole (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-L'Ulivo, dei Democratici di sinistra-L'Ulivo, Misto-Comunisti italiani e Misto-SDI-Unità Socialista), rende difficile aderire all'appello all'eroismo, se quelle stesse popolazioni non sentono la vicinanza, la protezione e il sostegno dello Stato.
Ieri, con lo stesso spirito non polemico, il Presidente del Consiglio dei ministri, mentre inaugurava una sede del suo partito, ha detto: « Ho mandato un messaggio, ho mandato il ministro Pisanu, che cos'altro dovevo fare?». In quelle parole abbiamo letto la rinuncia dello Stato, quasi l'accettazione di un'impotenza.
Ci sia consentito dire che, in queste ore di dolore e di disperazione, lo Stato si è fatto rappresentare, oltre che dal Capo dello Stato, soprattutto, non dico unicamente, dal coraggio civile del presidente Loiero, dal magistero coraggioso del vescovo Bregantini, dalla resistenza politica, esposta ad ogni rischio, di quei sindaci dei tantissimi piccoli comuni calabresi che sfilavano con la fascia tricolore, e dalla indomita speranza di futuro contenuta in quello striscione del corteo studentesco che recava scritto: «L'omertà è la vostra forza, noi giovani saremo la vostra fine». Ma lo Stato centrale, il Governo, noi tutti, ci mettiamo anche noi, non possiamo sentirci in pace. Lo dobbiamo a Francesco Fortugno, alla sua famiglia e a tutti i calabresi (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-L'Ulivo, dei Democratici di sinistra-L'Ulivo, di Rifondazione comunista, Misto-Comunisti italiani, Misto-SDI-Unità Socialista e Misto-Verdi-l'Unione - Congratulazioni).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Minniti. Ne ha facoltà.
MARCO MINNITI. Signor Presidente, signor ministro dell'interno, lei sa che ho apprezzato più volte il suo impegno, la sua sensibilità, la sua capacità di mantenere un dialogo anche con l'opposizione. Tuttavia, non sarei sincero se oggi le dicessi che lei mi ha convinto.
Signor ministro, domenica scorsa è successo qualcosa che in qualche modo cambia la vita della Calabria. In quell'omicidio di una persona perbene, come lei ha detto, c'è un drammatico salto di qualità. Cos'altro deve succedere perché quel messaggio di allarme, di preoccupazione e, insieme, di aiuto venga raccolto da questa Assemblea e dal Governo del nostro paese?
Si è trattato di un omicidio di mafia, certo, di un omicidio che conteneva, per le sue modalità, un chiarissimo e fortissimo messaggio politico. Possiamo dire così: quell'omicidio, l'omicidio di Franco Fortugno, diceva due cose. La prima, signor ministro: noi facciamo quello che vogliamo in Calabria! La seconda: in Calabria non può, non deve cambiare nulla! Sono due cose, signor ministro, che mettono in discussione un principio fondamentale dello Stato democratico, vale a dire la sovranità: quando si può fare qualunque cosa, a qualunque ora del giorno, colpendo chiunque, viene messa in discussione la sovranità!
Avevamo avuto segnali, in un drammatico crescendo. Lei, signor ministro, ha parlato delle intimidazioni ai sindaci. Non ha riferito il dato: negli ultimi quattro anni, quegli attentati sono raddoppiati. Proprio ieri, al presidente di Sviluppo Italia, a colui che deve occuparsi dello sviluppo della Calabria, sono arrivati i pallini di piombo! Cioè, non si ferma nulla.
Il punto è questo: la risposta che bisogna dare. Anche in questo Parlamento bisogna rispondere ad una domanda che è inquietante e drammatica e che si pongono i calabresi: chi comanda effettivamente in Calabria? Posso darle, signor
ministro, la mia risposta? La mia risposta è che, nonostante l'impegno delle Forze di polizia, di coloro che sono in prima fila, in Calabria, lo Stato la partita la sta drammaticamente perdendo. Ascoltate queste parole: lo Stato la sta drammaticamente perdendo! E, quando dico questo, mi rivolgo alla maggioranza, mi rivolgo al Governo, ma anche all'opposizione! La sta drammaticamente perdendo!
Allora, la risposta deve essere forte. Vogliamo dire con grande chiarezza che non è più possibile continuare con l'ordinaria amministrazione. Io le propongo cinque punti, signor ministro, proprio perché sono convinto che la risposta deve essere unitaria. Posso anche dirle, signor ministro, che la risposta non può essere indistinta: unitaria, forte, sì, ma dobbiamo metterci d'accordo su quello che bisogna fare.
La prima cosa: mandare sul territorio della Locride non un gruppo di esperti, ma un contingente cospicuo interforze (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo e della Margherita, DL-L'Ulivo), della Guardia di finanza, dell'Arma dei carabinieri, della Polizia di Stato - non i militari! -, per andare lì e dimostrare una cosa: coloro che hanno commesso l'omicidio di Fortugno e coloro che hanno autorizzato e mandato il killer devono sapere che si dovranno pentire di quella decisione, perché lo Stato è capace di contrastare quella scelta.
Signor ministro, se non avranno modo di pentirsi, glielo dico qui, in questo Parlamento, vi saranno altri omicidi politici in Calabria, perché si è rotto ormai un velo. Ed è bene che, in questo Parlamento, si parli un linguaggio di chiarezza ed ognuno si assuma fino in fondo le sue responsabilità. Vi saranno altri omicidi politici. A quel punto, non si potrà dire, nessuno potrà dire: noi non sapevamo; non abbiamo ascoltato; noi non abbiamo capito bene quello che stava avvenendo.
La seconda questione: vogliamo affrontare seriamente il problema della giustizia?
Ho sentito oggi, ed ho letto sui giornali, che il ministro Castelli ha dichiarato che tutto va bene nella giustizia calabrese. Ma che sta dicendo? C'è un problema di funzionamento degli uffici giudiziari: il ministro della giustizia se ne occupi. Se ne occupi ...
PRESIDENTE. Onorevole Minniti ...
MARCO MINNITI. ... anche il CSM, dirimendo i conflitti. Ma posso aggiungere una cosa? A mio avviso, va immediatamente applicato in Calabria un gruppo di magistrati della Direzione nazionale antimafia, in maniera tale che si possa dare un impulso serio e forte alle indagini (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo, della Margherita, DL-L'Ulivo e di Rifondazione comunista).
Il terzo punto ... Le chiedo scusa, signor Presidente, ma forse è costruttivo fare una discussione. Io potrei rapidamente concludere, ma penso che l'occasione non vada sprecata. Utilizzerò due minuti, se possibile, altrimenti taccio subito.
Il terzo punto concerne i patrimoni. Io considero essenziale la lotta ai patrimoni. Tuttavia, signor ministro, vorrei farle rilevare che, nel 2002, i sequestri dei patrimoni e le confische, in Calabria, sono stati 44 - pochissimi -, mentre nel 2003 sono scesi a trenta. Nel 2002, i sequestri di aziende mafiose sono stati undici - pochissimi -, mentre nel 2003 sono stati pari a zero! Sinceramente, se pensiamo di combattere la mafia in questo modo, siamo veramente disarmati!
Signor ministro, in questo Parlamento stiamo esaminando la legge delega sui beni confiscati. In quella legge delega, presentata da voi, dal Governo, dalla maggioranza, c'è scritto che la revisione per la confisca può essere fatta da chiunque ne abbia interesse. Non c'è precedente al mondo di questa legislazione. Fermatevi prima che sia troppo tardi (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo, della Margherita, DL-L'Ulivo e di Rifondazione comunista)! Stiamo disarmando tutti!
Quarto punto: una Conferenza Stato-regioni sulla Calabria, insieme con la regione
Calabria, sui temi della sicurezza. Infine, signor ministro, misure urgenti sul terreno delle politiche sociali. Ogni taglio della legge finanziaria su questi temi rischia di spingere ragazze e ragazzi dentro l'orbita delle organizzazioni criminali.
Signor ministro, capisco il senso delle sue parole, tuttavia, vorrei farle un richiamo. Lei non deve comprendere chi ha paura in Calabria. Nemmeno a lei è possibile consentire ciò, signor ministro. Lei deve impegnarsi, insieme al Governo e all'intero Parlamento, a dare fiducia alla Calabria. Un Governo non comprende mai la paura dei suoi cittadini; un Governo dà fiducia ai suoi cittadini, altrimenti non si capisce più nulla.
Ecco, noi (e quando dico «noi» mi riferisco al Parlamento) e voi del Governo abbiamo il dovere di dare ascolto ai giovani di Locri, ai sindaci, al vescovo, che ieri è stato chiarissimo nella sua omelia. Ascoltate, ascoltiamo la Calabria, così come ha fatto il Presidente Ciampi. Personalmente, nella mia modestia, colgo questa occasione per ringraziarlo della sua visita.
In conclusione, mi scuso per la foga del mio discorso (chi mi conosce sa che normalmente sono più freddo), ma provo una certa stanchezza per quello che avverto, a volte, come uno stucchevole «ti-tic, ti-toc» dell'ordinaria amministrazione.
Basta! Basta con l'ordinaria amministrazione. Non vorrei che, mentre a Roma si continua a discutere...
PRESIDENTE. Onorevole Minniti...
MARCO MINNITI. ... venga definitivamente espugnata la Calabria. È una grande questione del paese. È l'Italia che non può permettersi che la Calabria sia espugnata (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo, della Margherita, DL-L'Ulivo, di Rifondazione comunista, Misto-Comunisti italiani, Misto-SDI-Unità Socialista, Misto-Verdi-l'Unione e Misto-Popolari-UDEUR - Congratulazioni).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Gasparri. Ne ha facoltà.
MAURIZIO GASPARRI. Signor Presidente, ministro Pisanu, onorevoli colleghi, ovviamente non possiamo che rinnovare lo sdegno del nostro gruppo parlamentare di fronte a questo orribile delitto e, quindi, la solidarietà alla famiglia Fortugno, alla comunità politica e a tutte le istituzioni che sono state colpite da questo atto criminale.
Non credo sia il momento di dar luogo a polemiche o strumentalizzazioni; tuttavia, alcune affermazioni svolte precedentemente, anche se è stato usato il sistema della citazione e dell'intervista giornalistica, fanno sembrare quasi reale una dicotomia che, francamente, avverto il dovere di respingere, ossia la situazione di una politica precedente e recentemente perdente, come capita nell'alternanza democratica, collusa, debole, indecisa, complice di fenomeni criminali e di un'altra politica, attualmente vigente in Calabria, che avrebbe requisiti adamantini di fronte a questi fenomeni.
Credo sia un modo ingiusto, semplicistico - uso un termine attenuato -, ma inaccettabile di ragionare.
In primo luogo, nell'esprimere lo sdegno, la solidarietà, la rabbia di fronte a questo ennesimo delitto, vogliamo che si accerti la verità, che si indaghi. La presenza sul territorio deve essere importante dal punto di vista non solo quantitativo, ma anche qualitativo, di intelligence, di qualità investigativa. Al riguardo, ringrazio il ministro Pisanu per la sua esposizione, per i dati forniti e per la crudezza con cui ha messo il Parlamento e le istituzioni, ancora volta, di fronte alla gravità dei fenomeni criminali che riguardano la Calabria.
In altre occasioni, quando il ministro Pisanu ha svolto questi richiami, si diceva che ciò avrebbe distolto l'attenzione da altri fenomeni criminali, come se evidenziare una gerarchia dell'orrore e della ferocia - ahimé, esiste anche questa! - potesse dimostrare minore rigore e vigore verso fenomeni come quello della mafia o altri ancora. Abbiamo avuto emergenze in Campania in tempi non lontani: si tratta di definire alcuni fenomeni e oggi il ministro Pisanu, con cifre, circostanze e fatti, li ha
ricordati nella loro crudezza e nella loro - ahimè - globalità, e anche nell'impegno dello Stato. Anche noi vogliamo ricordare gli arresti: oggi, egli ha citato un'ennesima operazione di traffico internazionale di droga, ma in questi anni pericolosi latitanti, anche in Calabria e anche appartenenti all'ndrangheta, sono stati arrestati.
L'impegno c'è, certo, ma ne occorre ancora di più! Nella diatriba sulla presenza o meno dello Stato, ritengo che questo debba essere più presente: non è giusto dire che lo Stato non c'è, e sarebbe ovviamente impossibile dire che basta ciò che si è fatto. Su questi fronti, l'impegno non basta mai, ma non possiamo accettare tale dicotomia e tale analisi (si potrebbero citare casi, situazioni, personaggi, inchieste e indagini, ma non è questo il momento): vi sono state tante vicende, che ben conosce in Calabria chi alla Calabria stessa dedica impegno, attenzione e presenza.
A proposito della magistratura, pur comprendendo il lavoro rischioso e il prezzo che nel passato anch'essa ha pagato in termini di vite umane in Calabria (lo sappiamo bene e ci inchiniamo di fronte a quei ricordi), occorre anche ricordare che a volte vi sono scontri al suo interno.
In ordine alle inchieste che in qualche caso riguardano alcuni settori della magistratura, che non dovrebbero essere «disturbati» perché impegnati (almeno così ci augureremmo che fosse) esclusivamente nella lotta ai reati di fenomeni criminali, le denunce - lo dico all'onorevole Castagnetti, che forse non era sufficientemente informato - a volte nascono all'interno delle stesse procure, che sono l'una contro l'altra. Le indagini, a volte, vengono alimentate (non voglio usare il termine «faida», che sarebbe forse eccessivo) da fenomeni di scontro e di sospetto che partono dall'interno della stessa magistratura: da qui è sorta la necessità di ispezioni e di alcuni interventi che certamente non sono volti a frenare l'azione della magistratura, che anzi si vorrebbe più incisiva, più rapida e ricca di successi, dopo l'individuazione da parte delle forze dell'ordine di molti responsabili di reati.
Voglio ricordare anche la necessità di un maggiore impegno per lo Stato, per le forze dell'ordine: il ministro dell'interno non si è sottratto né si sottrae alle sue responsabilità, e certamente, anche a seguito di questo dibattito parlamentare scaturito dalle sue comunicazioni, egli trarrà spunti e stimoli per intraprendere alcune iniziative, talune delle quali, molto ragionevoli, sono state indicate. Anche l'intervento dell'onorevole Minniti, in alcuni punti delle sue proposte, non può non essere condiviso.
Mi chiedo, tuttavia, perché a volte anche gli organi di autogoverno della magistratura si attardino così tanto nell'individuare i soggetti cui affidare la responsabilità di alcuni uffici. Si è impiegato perfino un anno e mezzo per nominare il procuratore aggiunto di Catanzaro, mentre vi sono ancora vacanze di organico che non dipendono dal Governo.
Qualche volta, abbiamo discusso della giusta autonomia della magistratura, ad esempio quando si è affrontata la riforma dell'ordinamento giudiziario. Dopodiché, i Governi rispondono (perché così accade ed è inevitabile) di responsabilità che appartengono anche ad altri organi, che mi permetto di esortare ad una solerzia maggiore, ad una maggiore rapidità nelle decisioni: non sono sedi dove incarichi tanto cruciali possano rimanere vacanti per un anno o un anno e mezzo, o anche più!
Anche queste cose vanno dunque dette: che il fenomeno criminale è devastante, che lo Stato deve intervenire, ma che tutte le istituzioni debbono essere coinvolte in questa azione di contrasto; il semplicistico «schemino» dei buoni e dei cattivi non ci sta bene.
Per quanto riguarda le misure da adottare, il ministro Pisanu ha certamente idee chiare e sobrietà di atteggiamenti, e a tale proposito egli non ha mai avuto la disponibilità ad assumere atteggiamenti spettacolari. Tuttavia, credo che sia presente, proprio per le parole oggi da lui pronunciate alla Camera, rinnovando quelle espresse al Senato, la gravità della situazione: occorre un rafforzamento in termini di organici e di presenze.
Questa mattina, i quotidiani parlavano della possibilità di impiegare i militari: non sono favorevole alla militarizzazione del territorio, ma molte volte le Forze armate impiegate in attività cosiddette di routine hanno sgravato le Forze di polizia da compiti di presidio e di controllo del territorio, che possono essere assolti anche da strutture militari, lasciando alle forze dell'ordine (Polizia, carabinieri ed altri) il compito di svolgere un'attività maggiormente investigativa.
L'emergenza è alta; a mio avviso, questo delitto ci chiama ad un impegno ulteriore.
Non ho voluto polemizzare, non so se si sia trattato di un delitto rivolto contro lo svolgimento delle primarie; le occasioni, i luoghi, i momenti, hanno un valore anch'essi nella simbologia di queste organizzazioni criminali, ma quanto dobbiamo evitare sono, a mio avviso, le strumentalizzazioni. È necessario invece intensificare l'impegno contro fenomeni che hanno radici, ahimé, purtroppo profonde e che, in tale fase, questo Governo - il Viminale e le altre strutture - hanno contrastato e contrastano con coraggio. Dobbiamo quindi moltiplicare gli sforzi, ma anche evitare letture francamente semplicistiche (Applausi dei deputati dei gruppi di Alleanza Nazionale e dell'Unione dei democratici cristiani e dei democratici di centro).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Pittelli. Ne ha facoltà.
GIANCARLO PITTELLI. Signor Presidente, onorevole ministro, onorevoli colleghi, l'assassinio di Francesco Fortugno, uomo mite, politico onesto e stimato, non rappresenta, a prescindere dalla simbologia che lo accompagna, una violenta e definitiva aggressione alla sola istituzione regionale; coinvolge ciascuno di noi, nessuno escluso. È l'aggressione all'intera Calabria onesta, alla sua gente ed al suo diritto a legittime prospettive di crescita culturale, economica e sociale.
Onorevoli colleghi, è l'ultimo avviso alla politica ed al suo primato, alla politica in ogni suo settore, a tutti gli schieramenti, ad ogni partito. Sia ben chiaro, onorevole Minniti, che dobbiamo respingere la tentazione di far retrocedere il livello dell'impegno dello Stato ad una pura azione di carattere militare, così come l'analisi sulle cause non deve risalire alla cultura in auge ai primi del Novecento, che immaginava il sud, e quindi la Calabria, come Vandea di baroni assenteisti, di plebi ignoranti e di politici corrotti, tale da legittimare la necessità di liberarsi del pesante fardello del Mezzogiorno.
Oggi, per recuperare a pieno titolo questa regione e tutto il Mezzogiorno nel processo di evoluzione complessivo dell'Italia all'interno della nazione europea, occorre una risposta ferma, un impegno corale di tutte le forze sane che hanno a cuore il futuro del paese, e non solo quello della Calabria. Si deve procedere seguendo una moderna visione dell'unità del paese, che sconfigga la cultura delle due Italie e costruisca le basi solide di un nuovo processo unitario, in cui le regioni del sud diventino centrali nell'azione del Governo nazionale. Ma si deve altresì cambiare radicalmente l'approccio dei governi regionali ai temi dello sviluppo e va stimolata l'assunzione di nuove responsabilità nelle classi dirigenti locali che, abbandonati i metodi del clientelismo più becero e ripristinata la legalità in tutti gli ambiti della vita sociale, si devono fare portatrici di un reale risanamento morale e materiale dell'intera società calabrese.
Sono questi i termini ed i contenuti di una nuova questione meridionale, all'interno della quale acquista sicuramente priorità la situazione calabrese. Di quest'ultima, lo Stato deve prendere coscienza, non solo perché oggi piangiamo una vittima illustre, ma anche perché la storia insegna che, ogni qual volta si sia ritenuto di poter fare a meno di una parte del paese abbandonandola al suo destino, è stata l'intera nazione a pagarne le spese e le conseguenze, in termini di credibilità e di tenuta democratica, nonché di costi sociali. Costi molto più rilevanti di quanti non ne comporti una forte e radicale azione di promozione dello sviluppo civile di questa regione.
Oggi non vi sono più alibi per alcuno, né per il Governo regionale, né per le forze politiche, né per gli imprenditori, né per gli intellettuali, né per le forze sociali, e nemmeno per la politica, che deve immediatamente costruire una trincea di legalità attraverso un patto indissolubile tra le forze di ogni schieramento, così come, a livello nazionale, avvenne a fronte della minaccia del terrorismo, all'epoca degli anni di piombo.
Tutti hanno l'obbligo di assumersi responsabilità ormai ineludibili. I cittadini pretendano dalla politica che essa respinga qualunque forma di condizionamento e riacquisti legittimazione, proponendo una classe dirigente adeguata alle sfide della globalizzazione; i cittadini devono aiutare le forze dell'ordine a riappropriarsi del territorio. Non abbiamo bisogno di militarizzazione ma di personale delle forze dell'ordine e della magistratura qualificato e specializzato nel contrasto alla criminalità organizzata; abbiamo altresì bisogno di una forte presa di coscienza civile, del recupero di essa.
Come dicevo, tutti hanno l'obbligo di assumersi responsabilità ineludibili.
La magistratura dismetta, finalmente, le devastanti e, quelle sì, delegittimanti faide - mi rivolgo a lei, onorevole Gasparri -, nelle quali è impegnata con grande rilievo mediatico, che da anni invadono e condizionano la vita giudiziaria della regione e che, da mesi, sono all'esame del Consiglio superiore della magistratura. Tale organismo non decide, ma quando lo fa, assume posizioni pilatesche, rispondenti esclusivamente a logiche correntizie.
I magistrati si impegnino, pur nella inviolabilità dell'obbligatorietà dell'azione penale, nel prioritario perseguimento di delitti di criminalità organizzata ed impediscano la vanificazione dell'opera delle forze dell'ordine, anziché ricercare soddisfazioni sul piano sia dell'immagine, sia della raccolta di effimeri consensi dell'opinione pubblica, attraverso l'avvio clamoroso di procedimenti contro la politica e la pubblica amministrazione, la maggior parte dei quali finiscono, poi, con silenziosi proscioglimenti od assoluzioni.
O si opera coralmente, senza divisioni ideologiche e territoriali, oppure l'intero paese è destinato a vedere vanificati gli sforzi di modernizzazione. Occorre avere il coraggio di riconoscere la diversità dei ritmi di crescita della Calabria, inversamente proporzionali a quelli del resto d'Italia; sicché questa convivenza di modernizzazione apparente e di residuati socio-culturali del passato rappresenta il terreno comune di coltura dell'assistenzialismo, della corruzione e della piccola e grande criminalità. Credo che su questo terreno sia stato trucidato Francesco Fortugno.
PRESIDENTE. Onorevole Pittelli, si avvii a concludere!
GIANCARLO PITTELLI. Giungo alle conclusioni, Presidente.
Bisogna abbassare i toni della politica e della polemica politica: non c'è più spazio per i toni alti ed esasperati in quest'aula! Essi, infatti, sono il primo momento di denuncia della debolezza della politica, ed espongono la politica stessa alla permeabilità della criminalità organizzata.
Chiediamo al Governo il suo forte sostegno e siamo sicuri di ottenerlo, signor ministro. Da quest'Assemblea, a cui tutto il paese guarda, deve partire un messaggio chiaro ai calabresi. Questo messaggio deve fare proprio quello lanciato dal Capo dello Stato, testimoniando l'ampiezza, la portata ed il significato di esso. Deve trattarsi di un messaggio che sia conseguenza di atti politici concreti ed immediati, diretti a promuovere lo sviluppo nella sicurezza e nella legalità. Deve essere un messaggio rivolto ai giovani calabresi, per dire loro che possono e devono rimanere in Calabria per operare per il loro futuro, senza ricercare approdi più sicuri.
Chiediamo, dunque, il sostegno del Governo, certi di ottenerlo: ne abbiamo la cognizione e la certezza attraverso le sue parole, signor ministro (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia e dell'Unione
dei democratici cristiani e dei democratici di centro)!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Ranieli. Ne ha facoltà.
MICHELE RANIELI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor ministro, il gruppo parlamentare dell'Unione dei democratici cristiani e dei democratici di centro, che ho l'onore di rappresentare con questo mio intervento, apprezza le comunicazioni rese dal ministro Pisanu, cui va il nostro ringraziamento per il lavoro che sta svolgendo. Desideriamo altresì ringraziare il signor ministro, unitamente al Capo dello Stato, il Presidente Ciampi, anche per la sensibilità dimostrata e per la loro immediata presenza in Calabria, manifestando sia vicinanza alla famiglia del dottor Fortugno, sia solidarietà ed attenzione verso i calabresi e le loro istituzioni. Si è trattato di un atto di solidarietà gradito ed apprezzato da tutti i calabresi ricchi di buona volontà.
La criminalità organizzata va combattuta, a mio avviso, con eguale impegno in ogni angolo del territorio in cui essa si manifesti. In alcune circostanze - si veda la Sicilia -, l'abbiamo combattuta con fermezza, una fermezza dovuta anche alla malvagità con cui si era manifestata. In altri luoghi, probabilmente, gli inquirenti hanno sottovalutato alcuni fenomeni criminali. Infatti, la 'ndrangheta, per tradizione, è stata sempre considerata un'associazione malavitosa di secondo ordine, anche senza la guerra ai cosiddetti politici illustri che non ha avuto, o ai cosiddetti politici da inguaiare o da difendere. Queste sono citazioni un po' della Cassandra, o dell'esimio Presidente emerito della Repubblica Cossiga, ed un po' anche di studiosi del diritto e dei fatti penali.
Tuttavia, questa sottovalutazione, dovuta agli ordini incoerenti della 'ndrangheta, ha provocato oggi un forte condizionamento, un forte indice di criminalità. L'indice di criminalità calabrese è ormai superiore a quelli della Sicilia e della Campania messi insieme, secondo alcune statistiche pubblicate di recente. Basti pensare che, negli ultimi 12 mesi, nella Locride vi sono stati ben 23 omicidi di importanti professionisti in vari settori, dalla medicina ad altre professioni, e - ahimè - soltanto in uno o due casi sono stati scoperti gli autori di tali fatti criminosi. Per non parlare, poi, di tutta una serie di atti intimidatori di cui sono stati oggetto amministratori pubblici ed imprenditori!
I segnali, dunque, erano percepiti da tempo, ma gli inquirenti non hanno colto pienamente la portata di tale fenomeno. Non è bastato pensare che circa il 43 per cento della piccola e media impresa si è allontanata ed ha abbandonato la Calabria, perché non può sottostare continuamente al linciaggio, alle intimidazioni, alla richiesta di pagamenti di tangenti, ma anche ad un credito - che non è usurario! - praticato dagli istituti bancari. Tali imprese hanno dovuto allontanarsi verso altri lidi, verso il centro-nord, anche perché sospettate di connessione con le mafie e le 'ndranghete calabresi e perché spesso non ricevevano il certificato nulla-osta antimafia nemmeno per il piccolo subappalto. Quindi, come detto, hanno dovuto abbandonare la Calabria. Molti rappresentanti degli enti locali, oltre 300 consiglieri comunali, sono stati intimiditi perché si sono eretti a scudo ed a difesa degli interessi della pubblica amministrazione, contrastando il fenomeno criminale mafioso.
Ebbene, si è creato un pericoloso circolo vizioso, che ha fatto regredire la Calabria - in generale - e la provincia di Reggio Calabria, ed ahimè anche quella di Vibo Valentia - in particolare -, nelle cui aree il rischio di povertà è ormai tre volte superiore a quello medio delle città del resto d'Italia. Dove vi è povertà, maggiore è il rischio di cadere nelle mani della criminalità organizzata, che vi può reclutare manodopera a mani basse.
PRESIDENTE. Onorevole Ranieli, si avvii a concludere.
MICHELE RANIELI. Ebbene, l'assassinio del dottor Fortugno, vicepresidente del consiglio regionale della Calabria, offende
i tanti calabresi onesti, provoca indignazione, rabbia e sgomento e crea un senso di smarrimento tra i cittadini, che si sentono abbandonati dallo Stato e dalle istituzioni.
È necessario, pertanto, valorizzare le istituzioni locali, sostenere i rappresentanti eletti e ridare fiducia ai cittadini, attraverso una concreta azione di prevenzione e di controllo e di repressione nel territorio dei fenomeni criminali. Sono necessarie anche iniziative mirate a garantire l'occupazione e lo sviluppo sociale.
Dobbiamo, purtroppo, dire con sincerità, - e mi avvio alla conclusione, signor Presidente - che in questi ultimi tempi, forse anche noi, classe dirigente, abbiamo affievolito la speranza di potercela fare. Ma, a seguito di quest'atto orrendo ed infame, che ha colpito uno tra i massimi vertici delle istituzioni calabresi, si impone un salto culturale, un «colpo d'ala», per liberarci dalla paura e dall'omertà e, in tal senso, i giovani studenti di Locri ci incoraggiano e ci stimolano verso una forte reazione! Insieme possiamo farcela; vicino a questi studenti, insieme a loro, dobbiamo combattere per liberare la Calabria dalla paura, ed in tal senso, il Governo, lo Stato ed il Parlamento ci devono essere vicini, ci devono sostenere ed aiutare, perché altrimenti, da soli, non possiamo farcela! Ma ci devono aiutare anche con iniziative adeguate.
PRESIDENTE. Onorevole Ranieli, concluda.
MICHELE RANIELI. Sul punto, mi permetto di condividere alcune significative proposte avanzate dall'onorevole Minniti. Tuttavia, non posso condividere atteggiamenti polemici e strumentali, quali quelli dell'onorevole Castagnetti.
Per tali motivi, signor Presidente, signor ministro, onorevoli colleghi, ritengo che vi sia ancora una fiamma di speranza per quei giovani d'oggi che noi tutti abbiamo il dovere di non lasciar morire. Credo siano necessari interventi significativi, quali un pacchetto di misure per il sud e la Calabria mirato all'occupazione, per contribuire all'eliminazione di quell'isolamento in cui la Calabria stessa è ricaduta; ma occorre anche il completamento degli organici negli uffici giudiziari ed il rafforzamento delle Forze di polizia.
Sarebbe opportuna la rotazione dei responsabili degli uffici delle procure per superare le incrostazioni e valutare la possibilità di restituire i poteri di indagine e di fermo alle stesse Forze di polizia, così come abbiamo fatto per combattere l'emergenza costituita dal fenomeno del terrorismo.
Credo che, alla luce di queste brevi considerazioni, sia opportuno e indispensabile che le forze politiche al Governo collaborino tutte insieme, non solo al fine di riconquistare il territorio calabrese, ma soprattutto per ridare fiducia ai calabresi e a tutto il Mezzogiorno nel sistema paese (Applausi dei deputati dei gruppi dell'Unione dei democratici cristiani e dei democratici di centro, di Forza Italia e di Alleanza Nazionale).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Dario Galli. Ne ha facoltà.
DARIO GALLI. Signor ministro dell'interno, devo dire che partecipo con un po' di imbarazzo a questo dibattito, perché immagino che lo si sia fatto identico decine di volte nel passato e credo, con molto dispiacere, che lo si farà in maniera identica decine di volte nel futuro.
GIOVANNI RUSSO SPENA. Speriamo di no!
DARIO GALLI. Innanzitutto, desidero esprimere, a nome personale e del movimento che ho l'onore di rappresentare, la vicinanza sincera alla famiglia e il cordoglio profondo per l'omicidio del dottor Fortugno.
Stiamo facendo la fotocopia di tanti altri dibattiti, come dicevo, perché in questo Parlamento si tratta il fenomeno criminale delle regioni del Sud come se fosse qualcosa di normale, percentualmente poco invasivo, che si possa affrontare semplicemente con i mezzi ordinari o poco
più, vista l'entità magari leggermente superiore rispetto ad altre aree del paese.
Mi pare evidente che la situazione sia leggermente diversa. Ci sono aree del paese dove non c'è un po' di criminalità. Ci sono aree del paese - lo dico con grande dispiacere - dove di fatto la criminalità, più che uno Stato parallelo, costituisce lo Stato e nelle quali lo Stato ufficiale, che noi in qualche modo rappresentiamo in parte, fa semplicemente da comparsa. Vi sono aree dove il 30-40-50-60 per cento dell'economia reale è gestita dalla malavita. Devo dire che si fa fatica a capire come si possa parlare di presenza delle istituzioni.
Credo che chi, facendo parte della mafia, della camorra o dell'ndrangheta, sta ascoltando questo dibattito in questo momento sarà estremamente soddisfatto per come viene svolto, perché è altrettanto ridicolo che si facciano confronti tra destra e sinistra, come se ci fosse una differenza di comportamento politico.
Ricordo - anche qui lo dico con dispiacere e non certo con compiacimento - che anche nelle regioni governate da anni dal centrosinistra o, addirittura, dalla sinistra, come la Campania (dove la regione e i comuni più importanti, come Napoli, sono in mano al centrosinistra), assistiamo periodicamente a situazioni che non sono assolutamente diverse da quelle della Calabria.
Qualche tempo fa, a Napoli Scampia, c'erano due morti ammazzati al giorno. La vicenda è finita non perché sia intervenuto lo Stato, ma perché la mafia ha trovato un nuovo equilibrio e, quindi, per un po' di tempo andrà avanti così.
Dico queste cose perché ho l'onore di militare in un movimento che fa della libertà a tutti i livelli, della libertà vera, il proprio vero e fondamentale principio. Vorremmo che ciò fosse diffuso dappertutto, fra tutti i cittadini del nostro paese e del mondo intero.
Anche nelle regioni che noi in qualche modo rappresentiamo, qualche anno fa, c'è stato il tentativo di infiltrazione di stampo mafioso, camorristico e, probabilmente, anche da parte della 'ndrangheta calabrese. Ciò grazie soprattutto a quei «geni illuminati», quegli «scienziati della politica» della prima Repubblica e, forse, anche della seconda Repubblica, che il nostro paese ha espresso sempre con grande dovizia e che hanno inventato il soggiorno obbligato, mandando centinaia e, in alcune occasioni, migliaia di delinquenti dal Sud nelle regioni del Nord, dove questo tipo di delinquenza non c'era (Commenti dei deputati del gruppo di Rifondazione comunista). Forse, si pensava che si sarebbero redenti, vedendo le persone normali che, per vivere, andavano in fabbrica a lavorare.
Questo tentativo, ovviamente, non ha risolto il problema della malavita, ma ha innescato un processo pericoloso anche nelle regioni settentrionali che, però, non ha attecchito.
Infatti, negli anni Settanta e Ottanta, quando tale fenomeno si è verificato, vi è stato anche da noi il tentativo, da parte della criminalità, di entrare nell'economia spicciola, chiedendo il pizzo o la tangente a commercianti, negozianti, piccoli imprenditori. Però, la risposta della popolazione è stata assolutamente diversa: dopo un primo momento di sgomento e paura di fronte ad un fenomeno che non si conosceva, la gente ha reagito ed ogni volta che qualcuno chiedeva qualcosa si andava immediatamente dai carabinieri e dalla polizia a denunciare la questione. Di fatto, il fenomeno è morto sul nascere. Ciò vuol dire che, dove c'è la libertà vera dei cittadini, dove le persone hanno la possibilità di decidere autonomamente, anche in senso economico, della propria esistenza tutto diventa più difficile per la malavita.
Del suo intervento, signor ministro dell'interno, che ovviamente apprezzo dal punto di vista istituzionale, condivido soprattutto la parte finale, che invece qualche collega, forse, non ha compreso nella maniera più corretta. Se non c'è la reazione dei cittadini «normali» - lo dico tra virgolette, intendendo per normali quelli che vogliono vivere una vita normale - non ci sarà nessuna possibilità di tornare
ad una situazione accettabile in regioni dove il 30-40-50-60 per cento dell'economia reale è in mano alla malavita.
In questo senso condivido in parte anche l'intervento dell'onorevole Minniti che, però, ha portato a conclusioni che onestamente non ho capito. Lo condivido nella parte in cui dice che serve un intervento straordinario. Io per primo mi rendo perfettamente conto che una persona che volesse vivere la propria vita in una certa maniera, se abita in una zona particolare come quella e come molte altre, ha obiettivamente alcune difficoltà a farlo. Quindi, credo che, senza un intervento dall'esterno, tale possibilità per quelle persone non vi potrà mai essere.
Non condivido, però, le conclusioni perché ricordo che non si tratta di un problema di finanziamenti, di tagli, o delle solite cose che si dicono con riguardo alle regioni meridionali. Ricordo che la maggior parte di tali situazioni accadono perché vi sono tanti soldi concentrati, soprattutto nelle opere pubbliche, da spartire. Dietro l'omicidio di domenica vi è un problema legato ad una struttura ospedaliera. Non so se sia vero, non è importante in questo momento, ma c'è sempre il problema di qualcuno che vuole mettere le mani sui soldi che arrivano cospicuamente nelle casse pubbliche.
Quando l'economia è fatta dalle persone veramente (Commenti dei deputati di Rifondazione comunista)... Vedo che la questione vi fa ridere, del resto avete i vostri problemi sia da una parte, sia dall'altra. Forse, non dovrei ridere io, che vivo in una zona un po' diversa dalla vostra...
FRANCESCO GIORDANO. Quella della mafia del Brenta!
DARIO GALLI. Ma occupatevi della camorra e della mafia!
PRESIDENTE. Colleghi, potremmo evitare tutto ciò in questa occasione...
DARIO GALLI. I colleghi della sinistra potrebbero evitare di ridere, visto che sto parlando di cose serie e sto andando nella direzione opposta a quella che loro credono.
GIOVANNI RUSSO SPENA. Ma chi ride? Noi piangiamo.
DARIO GALLI. Però, viste le città dove vivono...
GIOVANNI RUSSO SPENA. Le vostre città sono civili...
DARIO GALLI. Certo non mi riferivo a loro personalmente, ma dovrebbero interessarsi più seriamente dei problemi reali nelle loro regioni.
Per concludere, credo che, senza un intervento serio, adeguato, consistente e fuori dagli schemi tradizionali, non cambierà assolutamente nulla nelle regioni che sono schiave della malavita organizzata. Se non si dà alle persone la possibilità di essere libere veramente, se non si dà alle persone la possibilità di scegliere, nella propria vita, che tipo di attività intraprendere, che tipo di futuro dare ai propri figli, credo che, per tali regioni, di sviluppo adeguato - come tutti in questo Parlamento vorrebbero ci fosse - non ce ne sarà assolutamente.
Devo anche dire che non è con questo atteggiamento liturgico, con i funerali di Stato - anche se la presenza delle autorità è giusta per sottolineare la vicinanza alle famiglie delle vittime - e con l'atteggiamento estetico delle autorità che sfilano quando i fatti sono successi, che si possono risolvere le questioni. Sui giornali ci sono nomi e cognomi di famiglie, di luoghi dove le persone si incontrano per delinquere, dove si incontrano per organizzare attività mafiose o camorristiche o altro. Possibile che lo Stato non riesca ad arrivare un minuto prima ed intervenire veramente? E non si tratta del centrodestra, quando c'era il centrosinistra era uguale.
È vergognoso quello che fa la magistratura, che se la prende con le persone normali e poi, quando ci sono i problemi seri, si defila, quando, in qualche caso, non è addirittura in contatto con alcune organizzazioni di questo tipo!
Io che rappresento una realtà fortunatamente molto diversa, posso dire che, se coloro che rappresentano i popoli delle regioni meridionali in quest'aula vogliono davvero risolvere i problemi di quelle regioni, li devono prendere per quello che sono: situazioni assolutamente fuori dall'ordinario, che, o si affrontano con mezzi veramente speciali, oppure semplicemente non verranno mai risolti, e saremo qui ogni anno a ripetere liturgie, come quella di oggi.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Russo Spena. Ne ha facoltà.
GIOVANNI RUSSO SPENA. Il dolore, che il gruppo di Rifondazione comunista rivolge alla signora Fortugno e al partito del dottor Fortugno si unisce ad un tenue filo di speranza. Ritornano infatti le lenzuola bianche appese alle ringhiere di Locri, come nella Palermo che si ribellò alle mafie dopo l'omicidio Falcone. Il nostro partito e il nostro giornale, Liberazione, hanno anch'essi da questa mattina le lenzuola appese alle proprie finestre. Credo che questo sia un elemento importante di partecipazione democratica, di fronte ad un omicidio gravissimo ed annunciato.
È gravissimo perché muta i paradigmi. Per trovare un altro morto eccellente fra gli uomini politici calabresi bisogna riandare all'agosto del 1989, quando fu ucciso Lodovico Ligato. Ma è gravissimo anche per la scelta delle modalità spettacolari: il dottor Fortugno poteva essere ucciso altrove, prima o dopo. Hanno scelto la strada della sfida stragista, del messaggio forte alla politica, all'amministrazione e al tentativo di ricontrattazione del potere. La 'ndrangheta non aveva mai ucciso - salvo il caso Ligato che ho ricordato e quello del magistrato Scopelliti nel 1991 - in maniera così eclatante da richiamare l'attenzione degli investigatori e dei giornalisti.
Si è trattato inoltre, come dicevo, di un delitto annunciato, perché esso è giunto dopo anni di omicidi, di attentati, di minacce, di atti intimidatori e di condizionamenti sui sindaci. Come ha detto in maniera dolente ieri il vescovo: tutti sapevano tutto in Calabria! Ciò perché la 'ndrangheta ha potuto diventare parte integrante dei processi di accumulazione economica in Calabria nella parziale disattenzione investigativa. Essa è stata coperta da una sorta di cono d'ombra.
È da anni che noi ed altri colleghi della sinistra parliamo in Commissione antimafia di questa sottovalutazione dello Stato: che vi è stata, signor ministro! Mentre cresceva il potere economico dell'organizzazione dentro e fuori della Calabria (penso a Genova, a Milano, penso al riciclaggio del denaro che avviene non nel sud, ma nei santuari di Losanna, di Lucerna e di Milano). È da anni che diciamo invano che le capacità investigative erano scarse, sia per mancanza di mezzi, di persone e di dotazioni, sia per lacune, contraddizioni e gravi omissioni delle stesse procure. È bene che ognuno si assuma le proprie responsabilità, anche l'attuale Governo. Non voglio fare una polemica di basso profilo, ma il ministro della giustizia si è interessato troppo, probabilmente, della procura di Milano e troppo poco delle procure calabresi.
Non a caso la 'ndrangheta è stata, con accortezza, al riparo quasi del tutto dal fenomeno dei collaboratori di giustizia. È un caso che non vi siano stati nella 'ndrangheta collaboratori di giustizia? In tal modo, i confini fra economia legale ed illegale sono diventati sempre più incerti e labili. Esistono, questo è il dato emerso dai rapporti degli ultimi dieci anni della Guardia di finanza, veri e propri scambi di servizio - così vengono definiti - fra circuito illegale e circuito legale. Penso agli appalti legali e ai subappalti illegali, talora interconnessi; penso a titolarità di esercizi commerciali e turistici, dove la commistione è completa; penso allo smaltimento di rifiuti da parte di imprese regolari, che viene assunto dalla criminalità organizzata, e ai crescenti profitti delle ecomafie.
Evidentemente, allora, questo è un tema che dobbiamo approfondire, perché è anche un problema di modello di sviluppo.
Se, infatti, si investe ancora sulle costruzioni faraoniche e sul gigantismo del ponte sullo Stretto, con le attese di fondi pubblici molto ingenti da lucrare, e si smantellano tutti i controlli sugli appalti e subappalti, si creano attività criminogene, come dimostrano anche i rapporti ufficiali, che segnalano l'inserimento, già da ora organizzato, delle mafie nella costruzione delle grandi opere, in un contesto di terziarizzazione assoluta del modello di sviluppo.
I modelli di sviluppo in Calabria, come in tutto il Sud, devono essere autocentrati, rapportati alla comunità ed alle risorse locali, alla messa in sicurezza del territorio, con un controllo rigoroso delle destinazioni e dei percorsi dei fondi pubblici.
Le mafie, lo sappiamo ormai da anni, soprattutto chi studia questi fenomeni, crescono nelle zone franche, come questo Governo vuole sia il Mezzogiorno, in Calabria, come a Shangai e come a Singapore.
Sempre le zone franche vedono la grande penetrazione delle mafie.
Più forze dell'ordine e più magistratura, che sono necessarie, senza interventi strutturali falliranno! I territori inerti e passivi, infatti, sono campi di penetrazione di comando delle mafie. I territori vanno resi vitali attraverso la partecipazione democratica, una nuova imprenditorialità, il potenziamento della rete di sicurezza sociale e la ricostruzione civica di fronte al degrado urbano. Non a caso la 'ndrangheta è l'organizzazione, come ricordato dal collega Minniti, meno colpita dai sequestri e dalla confisca dei beni. Invece, signor ministro, lei lo sa, le mafie si sconfiggono, da Napoli a Giugliano a Palermo a Trapani a Reggio Calabria, attaccandone i beni, ricchezze e profitti, attraverso l'antimafia sociale, popolare, di massa che è il recupero di un senso civico - allora sì, è efficace - di una coscienza di massa democratica che ha un percorso nel quale crescere. Altrimenti, facciamo i grilli parlanti, pronunciamo ammonimenti, in qualche modo, vani!
Occorre quindi ricostruire nella pratica quotidiana percorsi di legalità.
Cosa vi è di più importante, sul piano dell'antimafia, del lavoro delle cooperative che lavorano la terra confiscata alle mafie, che producono olio, vino e legumi, che hanno il sapore dell'indignazione, della ribellione, della democrazia e della legalità e che sanno, in qualche modo, ricostruire il percorso di legalità con il consumo?
Signor ministro, non permetta che la sua maggioranza distrugga quella legge così alta, così importante di antimafia sociale che è stata voluta da Libera, da milioni di italiani e che, purtroppo, rischia di essere smantellata per volere della maggioranza in questo Parlamento!
Non servono insomma leggi speciali; non serve, collega Galli, la militarizzazione del territorio. Servono, invece, percorsi di legalità che camminano sulle gambe delle donne e degli uomini; serve una grande riforma della politica, dello spazio pubblico e della municipalità. È questo il nostro assalto civico! Su questo dobbiamo impegnarci (Applausi dei deputati dei gruppi di Rifondazione comunista, dei Democratici di sinistra-L'Ulivo e Misto-Comunisti italiani - Congratulazioni)!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Cusumano. Ne ha facoltà.
STEFANO CUSUMANO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor ministro dell'interno, di fronte all'efferata inquietante azione criminale che ha colpito a morte il professore Francesco Fortugno, i popolari-UDEUR desiderano rinnovare i sensi del loro più profondo cordoglio e la loro vicinanza ai familiari, a tutte le istituzioni calabresi, ai dirigenti della Margherita, ai diversi livelli di responsabilità, così dolorosamente colpiti, interpretando pienamente i sentimenti del Capo dello Stato, al quale esprimiamo gratitudine per la sua illuminata guida al servizio del paese.
Un omicidio annunciato, firmato dalla 'ndrangheta, la più potente organizzazione criminale italiana e non solo, visto che il coordinamento delle indagini sul gravissimo fatto di sangue è subito passato nelle mani del sostituto procuratore antimafia
della DDA di Reggio Calabria, dottor Giuseppe Creazzo, con l'alta vigilanza del neo procuratore antimafia dottor Pietro Grasso, al quale rinnoviamo gli auguri di un intenso e incisivo lavoro al servizio del paese contro la violenza mafiosa.
Un delitto dimostrativo per frenare quel processo di rinnovamento che è iniziato nella Calabria devastata da un lungo abbandono. Una sorta di messaggio trasversale della 'ndrangheta al neogoverno regionale, alla politica calabrese, chiamata a gestire - come diceva il ministro - le rilevanti risorse destinate alle regioni dell'obiettivo 1, e quindi anche alla Campania e alla Sicilia.
La 'ndrangheta ha fatto la sua mossa, colpendo un uomo di grandi qualità umane, professionali e civili. Ora lo Stato deve rispondere, per assicurare il migliore utilizzo delle risorse nazionali e comunitarie, al riparo da logiche dissennate di inquinamento e di utilizzo criminale delle stesse.
Siamo consapevoli che è difficile agire contro una criminalità così ben radicata e, per tale motivo, riteniamo indispensabile un'azione da parte del Governo - e lo chiediamo con forza al ministro dell'interno - per un intervento di controllo e di bonifica del territorio calabrese, per spazzare via in tal modo una criminalità che sembra dominare la regione e, in particolare, la Locride. Un'azione per rafforzare la presenza dello Stato con nuove risorse economiche, con un consolidamento dei propri presidi e, quindi, con un più intenso controllo del territorio da parte delle forze dell'ordine.
Compito della politica deve essere quello di fornire una risposta efficace, articolata, facendo da rete tra tutte le istituzioni, a tutti livelli, perché il problema della criminalità organizzata in Calabria è un problema nazionale, così come lo è nel meridione, in Sicilia e in Campania, con inquietanti e riemergenti pulsioni delinquenziali, senza limiti e senza coscienza.
I Popolari-UDEUR chiedono quindi un intervento energico e deciso per agevolare e rafforzare l'attività di contrasto alla criminalità organizzata, e si augurano che ciò avvenga da subito, affinché la Calabria e i suoi cittadini recuperino la fiducia nelle istituzioni e possano ritornare ad una convivenza civile dove la parola «serenità» non sia solo un auspicio.
La battaglia contro la criminalità organizzata si può e si deve vincere; resta questa la speranza dei Popolari-UDEUR. Per questa ragione, raccogliamo appieno l'invito del ministro dell'interno ad un'azione unitaria, comune, che interpreti i sentimenti, le azioni, le idealità di tutte le forze politiche, per un gioco che esalti al meglio la lotta contro l'illegalità e il malaffare e porti le istituzioni al centro di una comune battaglia che segni una svolta in Italia e nel mondo (Applausi dei deputati dei gruppi Misto-Popolari-UDEUR, dei Democratici di sinistra-L'Ulivo, Misto-Comunisti italiani e Misto-Verdi-l'Unione).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Ceremigna. Ne ha facoltà.
ENZO CEREMIGNA. Signor Presidente, onorevole ministro, anche i deputati socialisti rinnovano il loro omaggio alla memoria del vicepresidente della regione Calabria, Francesco Fortugno, ed esprimono il loro sincero cordoglio ai familiari, al suo partito, all'intero consiglio regionale calabrese.
C'è in noi dolore e amarezza, ma anche e soprattutto indignazione e rabbia, perché vediamo e sentiamo in giro troppe reazioni rituali e di maniera che, a nostro avviso, nascondono una reale sottovalutazione dei problemi che l'efferato delitto di domenica scorsa ha invece evidenziato per l'ennesima volta in modo proditorio.
Lo Stato in Calabria c'è: questo è ciò che lei, signor ministro, ha dichiarato recandosi tempestivamente sul luogo del crimine. Veda, signor ministro, è proprio su questa affermazione che abbiamo tutti il dovere di riflettere senza forzature, senza polemiche, ma anche senza sottovalutazioni autoconsolatorie perché, purtroppo, lo Stato presente in Calabria è sovente uno Stato che subisce cocenti
sconfitte, nonostante il prodigarsi degli uomini e delle donne, delle istituzioni, delle forze dell'ordine locali, che cercano in ogni modo di fare la loro parte, troppo spesso in condizioni di disperante svantaggio.
Su questo dobbiamo interrogarci senza infingimenti. Siamo impegnati in Calabria, così come in Sicilia, in Campania e in gran parte della Puglia, in una lotta che troppo spesso è impari, contro una criminalità sempre più ricca di mezzi, di tecnologie, sempre più temuta per la sua pervasiva capacità di controllo del territorio. E tutto ciò non può essere relegato a fenomeno locale, regionale, comunque dimensionato. No! Siamo di fronte a pericoli di rilievo nazionale ed anche - come lei ha detto - internazionale, soprattutto se facciamo riferimento alla 'ndrangheta. Ed è proprio perché questa consapevolezza tarda a farsi strada che si rischia ogni giorno di più di consegnarsi ad una deriva di progressivo arretramento delle istituzioni rispetto alla criminalità.
Quasi metà del territorio del paese rischia di essere sottomesso al controllo criminale. Milioni di cittadini italiani vivono in soggezione, talora fatalisticamente rassegnati ad una sorta di immodificabilità della situazione. Tutto ciò per noi è semplicemente insopportabile, ed è questo che sinteticamente delinea la vera, autentica «emergenza criminalità». Ed è per questo, signor ministro, che l'azione del Governo in tutti questi anni non si è dimostrata all'altezza del livello dello scontro in atto.
Signor ministro, noi consideriamo giusta la preoccupazione che ha portato, ad esempio, il Governo ad adottare provvedimenti eccezionali in presenza della minaccia oscura, incombente del terrorismo. Tuttavia, siamo pur sempre al cospetto di una minaccia annunciata. Come è possibile che, invece, di fronte ad una sempre più consistente realtà, come quella del crimine organizzato che diventa padrone di intere parti del paese, che semina lutti, incute paura, devasta l'economia, taglieggia l'intrapresa, strozza il commercio, la risposta dello Stato sia ancora così debole ed episodica, così insufficiente ed alla fine, proprio per questo, fatalmente perdente?
Dunque, bisogna partire da questa consapevolezza, prendendo in carico l'esigenza di dare finalmente vera centralità, priorità, rilievo, spessore nazionale all'azione di contrasto al crimine organizzato, adeguando - se necessario, con il contributo di tutti - in tempi rapidi la nostra stessa legislazione, ma soprattutto rafforzando più che si può, meglio che si può, prima che si può in termini qualitativi e quantitativi, l'intera strumentazione in uomini, mezzi, tecnologie e strutture posti alla base della riconquista della legalità nell'intero nostro paese. Solo così, se saremo noi per primi a farci carico di una battaglia senza quartiere alle mafie di ogni natura, diventerà allora legittimo chiamare le donne e gli uomini di Calabria, come di tutte le zone del paese inquinate dal crimine, ad impegnarsi in prima persona per riappropriarsi della loro libertà, della coesistenza civile, del loro diritto al futuro.
PRESIDENTE. Onorevole Ceremigna....
ENZO CEREMIGNA. Signor Presidente, sto concludendo.
Milioni di cittadini stanno pagando troppo in termini di soggezione a sistemi criminali che ne condizionano il presente e ne pregiudicano pesantemente il destino. Noi socialisti democratici ribadiamo la nostra disponibilità, il nostro impegno verso un'azione decisa, che sia ad un tempo di esemplare repressione del crimine e di forte impulso alla costruzione della più diffusa legalità. Ma spetta al Governo l'assunzione di una superiore responsabilità, che finora non è stata sistematica e che non può essere surrogata dalle promesse del giorno dopo.
Sotto questo profilo, come non registrare lo stridore nei comportamenti di un Capo del Governo che non avverte neanche la necessità di fare una telefonata di cordoglio ai familiari della vittima, accontentandosi di aver svolto il suo burocratico compitino?
Ecco perché, signor ministro, parliamo di sottovalutazione, di superficialità talvolta
colpevole, sul fenomeno criminale! Ed ecco perché, in questo contesto, non possiamo che considerare la sua informativa, ancorché corretta e con toni di sincera partecipazione, non sufficientemente in grado di fornire le risposte urgenti che la Calabria giustamente si attende da noi (Applausi dei deputati dei gruppi Misto-SDI-Unità Socialista, dei Democratici di sinistra-L'Ulivo, della Margherita, DL-L'Ulivo, Misto-Comunisti italiani e Misto-Verdi-l'Unione).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Bellillo. Ne ha facoltà.
KATIA BELLILLO. Signor ministro, lei ha affermato con chiarezza che l'omicidio di Francesco Fortugno è opera della 'ndrangheta calabrese; lei ha poi invitato i calabresi onesti a reagire e si è augurato che la vicenda non finisca nel «tritacarne» della politica. Lo abbiamo letto sui giornali, e lei lo ha ripetuto qui oggi.
Ci dispiace, signor ministro, ma nonostante la stima che nutriamo per la sua persona, questa volta non ci ha convinto, e non solo lei; non convince soprattutto l'atteggiamento dell'intero Governo su questo nuovo, ennesimo, tragico omicidio della criminalità organizzata. Non convince il silenzio del Presidente del Consiglio, di fronte al sangue appena versato di un amministratore pubblico, un rappresentante di quello stesso Stato che lei sostiene essere impegnato a combattere i criminali.
Questo Governo si è contraddistinto, ancora una volta, per un silenzio che io giudico assordante; non il suo, signor ministro, ma quello del Presidente del Consiglio, che ha risposto con tono sprezzante al grido di dolore della vedova Fortugno. Un Capo di Governo non può alzare le spalle e dire: cosa altro dovevamo fare?
Ben altra è stata la risposta popolare di questi giorni. Per la prima volta in Calabria tante e tante persone, tanti sindaci con i loro gonfaloni e tante ragazze e ragazzi hanno manifestato con determinazione per la propria libertà e contro la criminalità organizzata.
Vi è un problema di fondo. Lei, signor ministro, dice che questo è un delitto di 'ndrangheta. Allora vorremmo che il Presidente del Consiglio ci dicesse se in Italia esiste o meno la criminalità organizzata, se esistono la mafia, la camorra, la 'ndrangheta, la sacra corona unita; vorremmo che ci dicesse se nel nostro paese i fenomeni di malavita sono ancora ramificati nella società, nel mondo degli affari e in settori della politica.
Vogliamo che finalmente il Presidente del Consiglio dichiari che con la mafia, con la criminalità organizzata non vogliamo più convivere. Vorremmo ascoltare una parola del premier, e invece troviamo solo silenzio. È un silenzio che io giudico colpevole, perché voi in questi anni di Governo avete fatto la voce grossa con gli immigrati, i poveracci e anche contro i piccoli delinquenti di strada, senza peraltro riuscire a fermare nemmeno quelli.
Ma cosa ha fatto il Governo contro la criminalità organizzata? Assolutamente nulla! Cosa ha fatto il Governo per aumentare la trasparenza negli appalti e sui flussi di capitali oscuri? Non dimentichiamo la quantità di denaro che, grazie allo scudo fiscale da voi varato, è rientrata in Italia senza fornire spiegazioni, senza tracciabilità. E quanti di quei capitali, signor ministro, avevano alle spalle una formazione illecita? Quanti di quei capitali hanno contribuito al rafforzamento delle cosche?
In questa sede, un collega della Lega ha parlato dei giovani, delle persone del Sud, che devono essere libere. Ma come si fa, senza una politica economica? In questi anni sono aumentati la disoccupazione ed il lavoro precario.
L'emigrazione è ripresa, ma questo dramma oggi riguarda quasi esclusivamente l'emigrazione «intellettuale». Sa, signor ministro, che su 50 mila giovani laureati nel 2002 nel Mezzogiorno d'Italia, 20 mila sono ancora disoccupati e altri 20 mila si sono trasferiti al Nord?
La verità è che in questi anni la criminalità organizzata in Italia è cresciuta e si è rafforzata per la colpevole assenza di una reale, concreta e convinta politica di
contrasto. Nella virulenza della 'ndrangheta, della camorra e della mafia - mi consenta di dirlo con molta franchezza -, pesano le ambiguità delle leggi sulla giustizia, costruite, purtroppo, per un certo uso e consumo. Nelle zone a rischio sono stati ridotti gli organici delle Forze di polizia e dei Carabinieri, sono state smantellate le squadre investigative e le procure sono sottodimensionate in termini di organico. Non credo servano i posti di blocco, c'è, invece, la necessità di specialisti qualificati che lavorino in quei territori e che sappiano ricostruire quella ragnatela di rapporti che consentono alla criminalità di prendere il controllo del territorio. Servirebbe, inoltre, polso fermo contro le collusioni della politica, ma voi, purtroppo, su ciò fate orecchie da mercante (Applausi dei deputati dei gruppi Misto-Comunisti italiani, dei Democratici di sinistra-L'Ulivo, della Margherita, DL-L'Ulivo e Misto-Verdi-l'Unione).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Cento. Ne ha facoltà.
PIER PAOLO CENTO. Signor Presidente, signor ministro, onorevoli colleghi, anche i parlamentari Verdi esprimono in maniera sentita e non retorica la partecipazione al dolore e al lutto per l'assassinio dell'onorevole Francesco Fortugno che ha colpito, in un giorno peraltro « bello » della vita democratica del paese (durante lo svolgimento delle elezioni primarie), innanzitutto la famiglia Fortugno, il consiglio regionale della Calabria, il gruppo della Margherita e l'intera comunità politica e civica di quella regione.
Non c'è dubbio che questa azione criminale si inserisce in un contesto di forte degrado determinato da una persistente operatività della criminalità organizzata in Calabria. Azione sottovalutata dallo Stato, dal Governo e forse anche dal Parlamento e dalla politica nel suo insieme. Proprio oggi Il Sole 24 Ore pubblica un ampio servizio sulle vicende della mafia in Calabria e riporta alcune dichiarazioni, rilasciate dal presidente della Confindustria di quella regione, dottor Pippo Callipo, che hanno colpito noi Verdi. In particolare, il dottor Callipo dichiarava, facendo riferimento anche ad un carteggio con la Presidenza della Repubblica, cui aveva fatto seguito una sollecita risposta del Presidente Ciampi, leggo testualmente: «Ci hanno lasciato soli. Alcuni funzionari del Ministero dell'interno erano scesi per proporci dei questionari tipo: cosa ne pensano gli imprenditori della mafia? Domande grottesche» - dice il presidente di Confindustria della Calabria - «si è così lasciato passare inutilmente il tempo».
Il ministro dell'interno, oggi, come spesso fa nell'ambito di un rapporto positivo instaurato con il Parlamento, ha reso un'informativa tecnicamente ineccepibile sulle condizioni della criminalità organizzata, sui suoi intrecci e sulla pesantezza della situazione che, in Calabria e in altre regioni del meridione, si vive. Però, noi ci domandiamo, e lo domandiamo al ministro dell'interno: ma non vi è stato, forse, un ritardo di comprensione, di azione, di capacità di essere al fianco dei cittadini, di quegli imprenditori, come il presidente della Confindustria di quella regione, che chiedevano, in tempi non sospetti, ma vivendo drammaticamente la condizione dell'oppressione della criminalità, un intervento dello Stato? Ce la possiamo cavare con i funzionari del ministero che si recano in Calabria a fare questo tipo di domande? Non so se tutto ciò sia vero, ma non ho motivo di dubitarne; e questo non lo dico io, che sono notoriamente un militante di una parte politica, ma se queste sono affermazioni del presidente di Confindustria della regione Calabria, forse, qualche cosa di più tempestivo si poteva fare.
Noi Verdi siamo convinti che la lotta alla criminalità organizzata si conduca con forza e determinazione nell'ambito del rispetto degli strumenti di intervento ordinari di cui questo Stato dispone.
PRESIDENTE. Onorevole Cento, concluda.
PIER PAOLO CENTO. Concludo, Presidente.
Questa lotta la si conduce anche con la capacità, ad esempio, di intervenire sul legame che esiste tra il sistema degli appalti e la criminalità - a tale riguardo, penso al ponte sullo Stretto -, nonché ragionando, sulla base dei dati in possesso del ministro dell'interno sul rapporto esistente tra criminalità organizzata e grande traffico di stupefacenti, sulla necessità di cambiare politiche nella direzione di un minore proibizionismo, qualora ciò consentisse di combattere la criminalità organizzata e i suoi affari.
Questi sono i motivi del nostro impegno, della nostra disponibilità a svolgere un lavoro, anche unitario, in Parlamento, purché esso sia portato avanti senza retorica e con chiarezza, in termini concreti e non solo a parole (Applausi dei deputati dei gruppi Misto-Verdi-l'Unione, dei Democratici di sinistra-L'Ulivo e della Margherita, DL-L'Ulivo).
PRESIDENTE. Constato l'assenza dell'onorevole Milioto, che aveva chiesto di parlare: s'intende che vi abbia rinunziato.
Ha chiesto di parlare l'onorevole Falanga, al quale ricordo che dispone di un minuto. Ne ha facoltà.
CIRO FALANGA. Signor Presidente, i Repubblicani europei esprimono cordoglio ai familiari del dottor Fortugno e alle istituzioni calabresi.
Personalmente, onorevole ministro dell'interno, le esprimo la stima che le ho già manifestato in altre occasioni. Tuttavia, quest'oggi, devo segnalarle una distonia tra i suoi intendimenti, sicuramente onesti, ne sono certo, e l'attività legislativa di questo Governo. Infatti, nell'ambito di una politica di contenimento della spesa pubblica, il comma 3 dell'articolo 31 del disegno di legge finanziaria per il 2006, modificando l'articolo 13 della legge 2 aprile 1979, n. 97, elimina l'indennità di missione per i magistrati impegnati nelle sedi disagiate; e gli uffici giudiziari della Calabria sono considerati sedi disagiate.
Credo che la predetta disposizione, onorevole ministro, non vada nella direzione dell'impegno da lei dichiarato. La previsione di un'indennità rappresentava, per i giudici, una sorta di incentivo a trattenersi a lavorare in quell'amata ed amara terra calabrese, mirava a scongiurare i continui trasferimenti, che sono di nocumento alla lotta alla criminalità.
Signor ministro, riveda la disposizione e, nella direzione da lei dichiarata, elimini una norma che toglie l'incentivo ai giovani magistrati che lavorano in quella terra (Applausi dei deputati del gruppo della Margherita, DL-L'Ulivo)!
PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento dell'informativa urgente all'ordine del giorno.
Ringrazio il ministro Pisanu e tutti i deputati intervenuti.
![]() |
![]() |
![]() |