Resoconto stenografico dell'Assemblea
Seduta n. 664 del 28/7/2005
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Si riprende la discussione.

(Ripresa dichiarazioni di voto)

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Sergio Rossi. Ne ha facoltà.

SERGIO ROSSI. Signor Presidente, a nome dei parlamentari della Lega Nord Federazione Padana, dichiaro il voto favorevole del nostro gruppo alla risoluzione predisposta dai rappresentanti dei partiti della Casa delle libertà, con la quale la


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Camera, dopo aver valutato positivamente il Documento di programmazione economico-finanziaria presentato dal Governo, lo integra con ulteriori raccomandazioni.
I firmatari di tale risoluzione nutrono sensibilità diverse e, di conseguenza, come è giusto e come accade sempre in politica, ognuno ha dovuto recepire considerazioni e punti di vista parzialmente diversi dai propri. Porto un esempio: il Documento di programmazione economico-finanziaria prevede l'obiettivo di accelerare gli investimenti in opere pubbliche, materiali ed immateriali, nel Mezzogiorno, nonché nelle altre aree del paese dove la dotazione di infrastrutture è più carente. In altri termini, nel Mezzogiorno, secondo la linea prospettata nel DPEF, si dovrà investire sempre ed in ogni caso, anche nelle zone dove le infrastrutture non sono affatto carenti, mentre nelle altre aree si investirà solo laddove la dotazione infrastrutturale è maggiormente inadeguata.
La Lega Nord, come è noto, in questo campo adotta un approccio meno ideologico e più pragmatico. Come già rilevato, ciascuno ha rinunciato a qualcosa di suo: il risultato, pertanto, è un documento di indirizzo politico sostanzialmente condiviso dei partiti della maggioranza e che voglio sperare il Governo rispetterà.
Vorrei segnalare che, per il gruppo della Lega Nord Federazione Padana, il punto più importante della risoluzione approvata lo scorso anno era quello che impegnava l'esecutivo a promuovere la tempestiva conclusione del lavoro istruttorio dell'Alta commissione per il coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario ed a sottoporre al più presto al Parlamento la relazione volta a dare attuazione all'articolo 119 della Costituzione, poiché ciò comporterà automaticamente una maggiore responsabilità ed un'intensificazione della lotta all'evasione. Si tratta, come sapete tutti, del cosiddetto federalismo fiscale.
Purtroppo quell'impegno, condiviso dalla maggioranza della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica, non è stato rispettato dal Governo, anche per un inspiegabile ritardo, imputabile proprio alle regioni. La questione è stata riproposta all'interno della risoluzione presentata quest'anno, impegnando il Governo a provvedere alla tempestiva comunicazione delle conclusioni del lavoro istruttorio svolto dall'Alta commissione per il coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario ed a sottoporre al più presto al Parlamento la citata relazione volta a dare attuazione all'articolo 119 della Costituzione.
Altri due punti particolarmente validi della risoluzione della maggioranza, a nostro avviso, sono, rispettivamente, quello che impegna l'esecutivo a realizzare la liberalizzazione dei mercati dei prodotti e dei servizi, mediante la riduzione delle barriere d'entrata (con particolare riferimento ai servizi di rete, finanziari e professionali), nonché l'invito a rafforzare gli interventi finalizzati a condurre un'efficace lotta all'evasione fiscale, intensificando i controlli, in particolare, nei territori a maggior rischio di evasione, sulla base dei dati elaborati dall'ISTAT, anche attraverso l'attivazione della collaborazione di diverse istituzioni pubbliche e degli enti territoriali.
Un'efficace lotta all'evasione fiscale può costituire, in effetti, un potente strumento di contrasto dei fenomeni di illegalità e criminalità organizzata presenti in vaste aree del territorio anche attraverso il riciclaggio dei proventi nelle attività economiche.
Questi sono, in estrema sintesi, alcuni tra i punti più significativi della risoluzione Crosetto n. 6-00107, sulla quale il gruppo della Lega Nord esprimerà un voto favorevole.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Maninetti. Ne ha facoltà.

LUIGI MANINETTI. Signor Presidente, signor ministro, onorevoli colleghi, svolgo alcune brevi considerazioni sul Documento di programmazione economico-finanziaria oggi al nostro esame, strumento da molti sottovalutato, ma di grande importanza nella definizione della politica economica


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del paese, poiché costituisce un momento di confronto e di dibattito costruttivo tra tutti gli attori coinvolti.
Nella valutazione del contenuto del documento presentato quest'anno dal Governo, non si può prescindere da alcune considerazioni preliminari sulla condizione generale dell'Italia, e ciò va fatto senza adottare toni catastrofici e disfattisti fini a se stessi, ma con grande realismo e responsabilità e, soprattutto, con la consapevolezza di dover adottare strategie efficaci e misure che diano risposte chiare alle esigenze della società ed, in particolare, alle famiglie, ai lavoratori ed alle imprese.
La situazione di crisi strutturale del sistema, che si manifesta a tutti i livelli, richiede un grande sforzo per trovare un punto di equilibrio tra la necessità di attuare rigorose politiche di bilancio e la necessità di adottare politiche di sviluppo e di rilancio dell'economia, destinando ad esse sempre maggiori risorse.
Il vero punto nodale che la politica è chiamata a risolvere è proprio questo: assumersi la responsabilità di scelte che tengano conto di tale difficile equilibrio, senza «mettere la testa sotto la sabbia»; scelte che siano coraggiose e decise, per condurre la fase di transizione verso un nuovo modello di sviluppo, profondamente diverso dal passato, perché diverso è il quadro generale in cui esso si inserisce.
Il documento oggi al nostro esame va esattamente in tale direzione, ragione per cui ne condividiamo sia l'impostazione - estremamente realistica e aderente alla situazione generale del paese dal punto di vista economico e sociale -, sia gli obiettivi di finanza pubblica e di politica economica.
Il documento prende lo spunto dagli impegni, assunti in sede Ecofin, di riportare nell'arco di due anni il livello di disavanzo nei margini consentiti e pone l'accento sulla situazione attuale di bassa crescita economica, che rappresenta il vero punto di discrimine tra la scorsa legislatura e quella attuale e che pone difficoltà obiettive maggiori rispetto al passato e rende la gestione dell'economia molto più complicata. Bisogna, infatti, tenere conto del trend - ormai duraturo - di bassa crescita, con il quale devono misurarsi sia le politiche economiche sia quelle di bilancio. Ci sembrano, quindi, efficaci le misure previste per la prossima manovra finanziaria, nella quale sono previsti aggiustamenti di natura strutturale, non più facendo ricorso a misure una tantum, con il mantenimento della regola del 2 per cento, volta a contenere il livello della crescita della spesa al di sotto del PIL nominale, con la previsione di meccanismi premiali per le amministrazioni virtuose.
Concordiamo, inoltre, sulla maggiore attenzione rivolta alla qualità della spesa ed effettuata nella valutazione del mantenimento del patto di stabilità interno, con il rafforzamento dell'azione nel campo delle infrastrutture - materiali ed immateriali -, cui saranno destinati maggiori investimenti, con sempre maggiori liberalizzazioni del mercato dei prodotti e dei servizi e la semplificazione delle procedure burocratiche.
Ma gli aspetti maggiormente qualificanti del documento, anche per le diverse sensibilità che esistono all'interno dei partiti della maggioranza, come rilevava in precedenza l'onorevole Sergio Rossi, sono - ad avviso dell'UDC - almeno tre.
Il primo aspetto riguarda la necessità di alleggerire il carico tributario con un deciso intervento sull'IRAP, su cui da tanto - ormai troppo - tempo si discute e che tanto pesa sulle imprese e sul costo del lavoro. Il secondo aspetto attiene alla necessità di adottare misure a tutela del potere d'acquisto delle famiglie, in particolare prevedendo l'introduzione graduale del quoziente familiare, che permetterebbe una maggiore equità fiscale. Il terzo aspetto pone attenzione all'attività dei piccoli comuni, al fine di garantire che le disponibilità di bilancio siano compatibili con le sempre più importanti e numerose funzioni svolte sul territorio. In particolare, auspichiamo che la definizione del patto di stabilità interno permetta la necessaria flessibilità per le spese in conto capitale.


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Fin d'ora, assicuriamo il nostro massimo impegno affinché queste tre misure siano concretamente adottate, poiché le riteniamo parte fondante della nostra azione politica.
In sostanza, dall'analisi del documento emerge la consapevolezza di una crisi strutturale favorita da una serie di fragilità del nostro sistema economico e sociale: il cosiddetto nanismo delle imprese; un capitalismo orientato più alla conservazione della rendita che verso la progettualità e il profitto; il progressivo invecchiamento della popolazione, che toglie energie e forze al paese e fa lievitare la spesa sociale; il livello di indebitamento non sostenibile, che non permette quel livello di investimenti necessario per far ripartire il nostro paese; una pubblica amministrazione ritenuta spesso più ammortizzatore sociale che fattore di sviluppo; il divario ancora persistente tra nord e sud, che non riesce a concorrere alla crescita.
Alla presenza di tali condizioni, in cui faremmo fatica a competere con paesi vecchi e sazi, come la Germania, è ancora più difficile competere con concorrenti giovani, agili e molto motivati come la Cina e l'India.
Di fronte a tale realtà, però, sappiamo che la strada da seguire non può essere quella di rincorrere questi paesi sul piano del costo del lavoro, poiché sarebbe uno sforzo vano e assolutamente inutile, una battaglia persa in partenza, con uno spreco di risorse e di energie.
Ognuno di noi - noi come maggioranza che ha la responsabilità delle scelte, ma anche l'opposizione, che non può comportarsi in modo irresponsabile - deve avere la consapevolezza che la ricetta per risollevare il nostro paese è una sola e consiste in una maggiore capacità competitiva, in una maggiore produttività, sia nell'ambito della pubblica amministrazione che nel settore privato, che diano la possibilità di spostare risorse laddove sono necessarie.
Per fare ciò, occorre diminuire la spesa corrente e combattere l'evasione fiscale, prestare più attenzione alla scuola, alla formazione dei lavoratori, alla ricerca e alle infrastrutture. Lo sforzo richiesto al paese è notevole, ma questa è l'unica strada perseguibile. In altre parole, è necessario fare qualche sacrificio in più oggi, per avere benefici in futuro.
Ritengo che la prospettiva indicata dal documento, nel contemperare difficoltà oggettive, rispetto dei vincoli e necessità di ripresa, vada nella giusta direzione, ed è per questo motivo che dichiaro, a nome del gruppo dell'UDC, il voto favorevole sulla risoluzione presentata dalla maggioranza (Applausi dei deputati dei gruppi dell'Unione dei democratici cristiani e dei democratici di centro, di Forza Italia e di Alleanza Nazionale).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole D'Antoni. Ne ha facoltà.

SERGIO ANTONIO D'ANTONI. Signor Presidente, signor ministro, onorevoli colleghi, il gruppo della Margherita ha presentato, insieme a tutti i gruppi dell'Unione, un documento alternativo al Documento di programmazione economico-finanziaria in esame. In quel documento vi sono proposte precise, analisi attente e, a nostro giudizio, è indicata una via per uscire da questa condizione di crisi, di non sviluppo, di mancata crescita.
Invece, sia il Documento di programmazione economico-finanziaria sia la risoluzione della maggioranza che approva quel documento non hanno queste caratteristiche. Mi sarei aspettato, da parte del ministro Siniscalco, una replica adeguata al dibattito generale. Ho seguito attentamente la replica del ministro, il quale ha tenuto a precisare che non si può avere una visione né ottimistica né pessimistica, bensì realistica. Egli, poi, ha concluso la sua replica dicendo che la situazione economica non è brillante, però l'inflazione è sotto controllo e l'occupazione va bene.
Signor ministro, non vogliamo essere pessimisti né catastrofisti, ma allo stato attuale vi è una situazione di crescita sotto zero, vi è una condizione complessiva di occupazione stagnante, in calo nelle zone deboli del paese, vi è una caduta del


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potere d'acquisto delle famiglie e delle pensioni. In questa situazione, signor ministro, ci mancava pure che dicesse che la situazione economica è brillante!
A quel punto, anche lei si sarebbe fatto prendere dall'euforia complessiva in cui spesso, nel dibattito di questi mesi, abbiamo visto coinvolti molti membri del Governo, a partire dal Presidente del Consiglio.
Penso che per il paese, che in questo momento è l'ultimo in Europa per crescita e sviluppo e che ha i conti fuori controllo, un'analisi più attenta, profonda e vera sia indispensabile proprio per fare in modo che la via di uscita abbia le caratteristiche forti che deve avere e si basi sul consenso sociale.
Il Presidente della Repubblica, in questi anni, ci ha ricordato costantemente che la base fondamentale per una ripresa del nostro sviluppo è quella di creare fiducia. A tale fine, signor ministro, lei sa che ci vuole un grande consenso sociale, che è l'unica base che può creare fiducia. Solo i soggetti collettivi, infatti, con i loro comportamenti, sono in grado di fare in modo che anche i comportamenti individuali corrispondano alla fiducia, alla credibilità nel futuro, alla propensione al consumo e all'investimento e alla fiducia in se stessi. Ciò è esattamente quello che manca.
Chi ha ascoltato attentamente le audizioni sul Documento di programmazione economico-finanziaria, si è reso conto che le parti sociali di questo paese esprimono un giudizio nettamente critico. In sostanza, vi è una situazione di dissenso sociale che non ha precedenti, perché riguarda una platea di forze complessiva, da quelle imprenditoriali e delle piccole imprese ai lavoratori, dai centri di ricerca a tutti coloro che ne sono coinvolti.
Bisogna ricreare il patrimonio di consenso sociale che l'Italia ha costruito faticosamente negli anni Novanta e che, purtroppo, negli ultimi quattro anni è stato disperso e distrutto. Questo patrimonio era diventato un modello in Europa. La concertazione e la partecipazione democratica dei grandi soggetti collettivi costituiscono la base per uscire dalla situazione di crisi, se si vogliono trovare soluzioni che abbiano il consenso e che portino, successivamente, a comportamenti coerenti. Senza tali comportamenti, non avremo maggiori investimenti, maggiore consumo, né una maggiore capacità di credere nel futuro di questo paese.
Per tali ragioni, il nostro documento indica la strada e noi dobbiamo ricostruire il percorso di fiducia, che, ahimè, in questi anni si è perduto e che voi avete distrutto, non so quanto consapevolmente o inconsapevolmente. Sicuramente, questo è uno dei più grandi fallimenti del Governo che questa maggioranza sostiene.
Se le forze sociali si assumono la responsabilità e partecipano al risanamento del paese, dando l'esempio a tutti, non si può considerare tale comportamento un elemento sussidiario. La concertazione si è trasformata in dialogo sociale, poi in consultazione e, infine, è diventata una mera programmazione di riti senza conclusioni. Essa non costa niente ma, forse, costituisce il patrimonio più grande di cui dispone l'Italia e che voi avete sostanzialmente distrutto.
Ecco perché dobbiamo ricominciare da lì e il nostro documento indica questa condizione. Dobbiamo farlo con la consapevolezza che l'Italia ha le energie, le forze, le intelligenze e le capacità per farcela e per uscire da questa crisi. L'Italia, però, vuole una guida coerente e seria, che in questo momento il vostro documento di programmazione economico-finanziaria e la vostra risoluzione non garantiscono.
Per quel che riguarda due temi specifici, ossia l'inflazione sotto controllo e l'occupazione, complessivamente e nel Mezzogiorno, credo che vada compiuta una riflessione vera.
Non c'è bisogno di essere grandi esperti e grandi economisti per accorgersi che l'inflazione è sotto controllo per la caduta dei consumi e non per un controllo reale e per l'abbassamento dei prezzi e delle tariffe.
In tutto questo sta avvenendo una perversa redistribuzione della ricchezza al contrario. Sta avvenendo, cioè, una redistribuzione


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in cui i poveri trasferiscono la loro ricchezza ai ricchi. Questo è quanto di peggio possa avvenire in una situazione di non sviluppo come quello italiano.
La gran parte dei presenti in questo Parlamento è cresciuta in una cultura in cui lo Stato per primo dava l'esempio: dava di più a chi ha di meno, e dava di meno a chi ha di più. Questa è stata la grande lezione delle varie culture che complessivamente il Novecento ha consegnato al nuovo secolo. Tale grande patrimonio di culture oggi vede un capovolgimento della situazione: si dà di più o tutto a chi ha di più o tutto, e si dà di meno o zero a chi ha di meno o zero.
La vicenda dei 6 miliardi di IRPEF è la dimostrazione palese di tale ragionamento. Non si possono regalare 6 miliardi di IRPEF a chi ha redditi superiori ai 100 mila euro, perché ciò significa non avere conseguenze sui consumi e rafforzare una posizione solida come quella di chi ha raggiunto il suddetto standard di vita. Poiché oggi si ritorna a parlare di lotta all'evasione, ricordo - il ministro lo sa benissimo dato che fa questo mestiere da anni - che in Italia vi sono solo 230 mila persone che superano i 100 mila euro all'anno per il fisco. Quindi, a quelle 230 mila persone, che sono pochissime perché gli altri evadono, abbiamo fatto un regalo di 6 miliardi di euro! Vi rendete conto dell'enormità di quello che avete fatto (Applausi dei deputati del gruppo della Margherita, DL-L'Ulivo)? La prima misura che avrebbe dovuto essere prevista nel Documento di programmazione economico-finanziaria era di ritirare quel provvedimento, farsi restituire i 6 miliardi e redistribuirli in maniera più equa, come il nostro documento propone, per dare potere d'acquisto, per combattere l'inflazione, per evitare l'ingiustizia palese che è davanti agli occhi di tutti voi e di cui vi portate interamente la responsabilità.
Dovreste riflettere anche su un altro aspetto dell'inflazione attuale. Il petrolio, come voi sapete, aumenta ogni giorno di più.

PRESIDENTE. Onorevole D'Antoni...

SERGIO ANTONIO D'ANTONI. Concludo, signor Presidente.
Sul petrolio, il cui costo si scarica sui prodotti petroliferi, come la benzina, consumati dalla gran parte dei cittadini, vi è una tassa occulta. Il Governo che abbassa le tasse, nei fatti le aumenta ogni giorno attraverso l'aumento del petrolio, perché aumenta l'IVA sulla benzina e su tutti i prodotti petroliferi. Anche questo dovrebbe farvi riflettere...

PRESIDENTE. Concluda, onorevole D'Antoni.

SERGIO ANTONIO D'ANTONI. Presidente, aveva detto dieci minuti...

PRESIDENTE. Li ha superati abbondantemente.

SERGIO ANTONIO D'ANTONI. Pensavo di no...

PRESIDENTE. Invece sì.

SERGIO ANTONIO D'ANTONI. Concludo.
Vi ricordo soltanto che, in presenza di questa condizione che è davanti ai vostri occhi, vi è una situazione pesante nelle aree deboli del paese, nel Mezzogiorno in particolare, cui il Documento di programmazione economico-finanziaria non dà alcuna risposta, al contrario della nostra risoluzione.
Voteremo contro il vostro documento e chiederemo una mobilitazione popolare perché finalmente il paese si accorga che questa situazione non può (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-L'Ulivo, dei Democratici di Sinistra-L'Ulivo, Misto-Comunisti italiani e Misto-Verdi-l'Unione)...

PRESIDENTE. Grazie, onorevole D'Antoni.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Alberto Giorgetti. Ne ha facoltà.


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ALBERTO GIORGETTI. Signor Presidente, ci troviamo nelle fasi finali del confronto sul Documento di programmazione economico-finanziaria che Alleanza Nazionale ha condiviso in sede di Governo ed intende sostenere in questa sede votando a favore della risoluzione Crosetto n. 6-00107. Il confronto - come sempre, purtroppo, negli ultimi anni - è stato drogato dalla demagogia e dalla volontà dell'opposizione di strumentalizzare un quadro economico non particolarmente confortante ed esprimere una posizione di contrasto nei confronti del Governo che appare in molti casi pregiudiziale.
Vorrei sottolineare, colleghi, anche esaminando le posizioni storicamente assunte dai Governi precedenti, quanto è strumentale la posizione che l'opposizione in questa sede intende sostenere nella demolizione complessiva dell'interpretazione della politica economica del Governo, della congiuntura e delle aspettative della crescita.
Il Documento di programmazione economico-finanziaria per gli anni 2000-2003 recita al suo interno che la linea di politica economica e sociale che il Governo sostiene per il prossimo quadriennio si fonda, colleghi, sulla ragionevole aspettativa che l'economia italiana possa riportarsi su un sentiero di sviluppo caratterizzato da tassi di crescita più elevati di quelli dell'ultimo triennio, che trovi al proprio interno stabilmente iniziative per sostenere imprese in un paese competitivo ed articolato nell'economia mondiale, che incentivi le motivazioni per riprendere il cammino della crescita, immaginando, colleghi - lo dice il vostro Documento di programmazione economico-finanziaria per gli anni 2000-2003 -, una crescita stimata, per il 2003, del 2,9 per cento. Sono dati che voi consideravate oggettivi, alla luce di una congiuntura che mai è stata affrontata, all'interno di tali documenti, con particolare attenzione alle questioni della competitività, che oggi invece ponete con forza.
Se andiamo a vedere la risoluzione Mussi sul DPEF per gli anni 2001-2004, in essa si fa riferimento ad una serie di interventi significativi anche sul versante fiscale, invitando il Governo a ridurre in modo permanente le aliquote dell'IRPEF, a sostenere i nuclei familiari con carichi ingenti, ad intervenire per ridurre la pressione fiscale legata all'abitazione principale e per rivedere le regole di deducibilità delle spese per assistenza e cura dei figli e dei familiari (questione che è stata puntualmente affrontata da questo Governo, con una serie di interventi), ad intervenire per abbassare l'IRAP. Quindi la questione fiscale era una priorità anche per i Governi di centrosinistra, ma oggi voi sostenete in quest'aula esattamente il contrario!
Nella risoluzione dell'opposizione si chiede di operare una drastica correzione degli indirizzi di politica economica e sociale seguiti negli ultimi quattro anni, finalizzati al rinnovamento del paese ed alla realizzazione di un competitivo sistema Italia: tema che non era certo alla vostra attenzione negli anni precedenti! È interessante anche la questione fiscale: abbandonate il tema dell'abbassamento della pressione fiscale, che volete invece mantenere costante nei prossimi tre anni, recuperando con una politica tributaria rigorosa ed equa un livello adeguato di compliance fiscale e adeguando le conseguenti misure.
Dunque, cari colleghi, non possiamo accettare in questo quadro di essere accusati di incoerenza o di poca lucidità nelle valutazioni in merito alla crescita del sistema Italia e alle iniziative che avrebbero dovuto essere varate per mantenere un percorso di rigore e di stabilità dei conti pubblici e allo stesso tempo di rilancio del sistema competitivo Italia. In qualche modo vi agganciate alle critiche che sono state formulate dalle associazioni di categoria nei confronti di un Governo che non sarebbe stato sufficientemente pronto, secondo tali associazioni, a dare tutti quei segnali per una ripresa di un sistema che è stato bloccato per trent'anni! E proprio voi non prendete in considerazione gli aspetti più importanti che


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queste categorie evidenziano: l'abbassamento del carico fiscale e l'abbassamento del costo del lavoro.
L'onorevole D'Antoni faceva prima riferimento ad una questione assolutamente rilevante, che è quella della politica della concertazione, tesa a stabilire un sistema di rapporti tra Governo e parti sociali che consenta un rilancio del nostro sistema paese. Come mai però egli tralascia la questione dei contratti regionali - per uscire dal guado e dare più velocità allo sviluppo -, posta con grande attenzione in questi giorni proprio dal segretario generale della CISL? Si tratta di una questione che, a mio modo di vedere, deve essere affrontata, ma che si va a scontrare clamorosamente con le considerazioni svolte in questa sede dall'onorevole D'Antoni, il quale così dimostra di non avere particolare attenzione nei confronti del sindacato che ha avuto l'onore di rappresentare e presiedere.
Allora vedete, colleghi, i temi sono pesanti e delicati; per questo devono essere affrontati con grande razionalità. Diamo atto a questo Documento di programmazione economico-finanziaria e al ministro Siniscalco di aver adottato un atteggiamento particolarmente prudente e rigoroso sugli aspetti legati ai conti pubblici.
Mi riferisco anche al piano presentato in sede europea in ordine al rientro progressivo per rispettare i limiti del Patto di stabilità.
L'Italia inserita in questo contesto rappresenta un nuovo modello per quanto riguarda la tenuta e la credibilità stessa del Patto di stabilità e questo è un aspetto che caratterizza in modo significativo la politica economica di questa maggioranza, così come ha caratterizzato i precedenti Documenti di programmazione economico-finanziaria di questo Governo.
Si pone poi il problema - è un tema fondamentale - del rilancio dello sviluppo e di riuscire a varare una serie di iniziative che tengano conto delle necessità del paese in questa fase e che riescano a produrre effetti positivi per rilanciare il sistema, sfruttando una congiuntura che sembra oggi migliorare (a tale riguardo, le aspettative degli imprenditori per i prossimi mesi sembrano essere positive).
Condividiamo le linee guida previste nel Documento di programmazione economico-finanziaria del Governo concernenti la tematica delle infrastrutture (aspetto trattato dall'onorevole Armani). Vi è la necessità di procedere con velocità sotto il profilo della realizzazione delle leggi obiettivo, delle grandi opere, anche con strumenti innovativi che consentano ai partner privati di partecipare con grande sicurezza a questi appalti.
Molto importante è il tema della liberalizzazione dei mercati, della semplificazione e riduzione degli oneri burocratici. In ordine a tale aspetto, forse un passo in più, ministro Siniscalco, doveva essere compiuto anche dal Parlamento; infatti, la questione del rapporto tra le multiutilities, pubbliche e private, ed i soggetti che possono svolgere nel settore privato attività legate ai pubblici servizi è un tema importante per l'abbassamento delle tariffe nei confronti delle famiglie e dei ceti più deboli. È un tema importante anche per consentire al mercato di ricoprire un ruolo maggiore; vi deve, comunque, essere un salto di qualità per riuscire ad immaginare politiche che tutelino il potere d'acquisto delle famiglie, nonché la qualità dei servizi resi.
L'alleggerimento del carico tributario è una questione che ci sta particolarmente a cuore.
Il gruppo di Alleanza Nazionale ha voluto affrontare nella risoluzione presentata dalla maggioranza un aspetto che vorremmo porre all'attenzione dell'Assemblea. A parte gli interventi sull'IRAP che, a nostro avviso, dovrebbero essere più selettivi e non generalizzati nel sostegno alle piccole e medie imprese (come accaduto negli anni scorsi) e tenere conto sempre di più della necessità di innovazione tecnologica della piccola e media impresa, uno degli aspetti fondamentali su cui riflettere riguarda le speculazioni che abbiamo osservato anche in questi giorni in ordine alle rendite finanziarie. Tale questione forse meriterebbe una riflessione


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ed una valutazione attenta da parte di questo Parlamento per non inficiare l'istituto europeo che abbiamo recepito anche nel nostro ordinamento e dare anche grande concretezza con riferimento a quelle operazioni che sono realmente finalizzate al sostegno di percorsi di rilancio del sistema economico produttivo rispetto alle mere speculazioni finanziarie.
Il gruppo di Alleanza Nazionale, quindi, intende portare avanti questo Documento di programmazione economico-finanziaria, rinviando una valutazione più puntuale e precisa alla prossima legge finanziaria, con riferimento alla quale ci aspettiamo interventi analitici, specifici ed articolati, affinché tutte le iniziative varate anche recentemente (dal decreto sulla competitività al disegno di legge attualmente al Senato) proseguano. Riteniamo, infatti, che le stesse possano contribuire in modo significativo al rilancio del sistema Italia (Applausi dei deputati dei gruppi di Alleanza Nazionale, di Forza Italia e dell'Unione dei democratici cristiani e dei democratici di centro).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Maurandi. Ne ha facoltà.

PIETRO MAURANDI. Signor Presidente, nelle discussioni di questi giorni sul Documento di programmazione economico-finanziaria mi hanno meravigliato le affermazioni di qualche esponente della maggioranza secondo cui la politica può poco o niente nei confronti della crisi economica, perché si tratta di crisi internazionale o perché il nostro paese ha componenti strutturali profonde.
Eravate tuttavia voi che, nel 2001, con grande piglio decisionista, utilizzavate più o meno l'espressione: vi facciamo vedere noi come si fa a governare e ad uscire dalle difficoltà! Basta eliminare lacci e laccioli. Basta con le concertazioni, i sindacati, le regole ed i contratti nazionali! Troppe tasse, troppe leggi, troppi magistrati e troppe sentenze! Via tutto ciò e vedrete che risultati! Saremo tutti più prosperi e più ricchi! Così dicevate!
È proprio per questo che non siete più credibili agli occhi dei cittadini, i quali confrontano e misurano la differenza, l'abisso, tra l'ambizione delle promesse e la povertà dei risultati. Un'ambizione che sfiorava l'irresponsabilità, che faceva velo nella comprensione dei problemi e delle difficoltà del paese e della sua economia, delle quali vi erano già segnali evidenti prima del 2001 e prima dell'11 settembre.
Eccoli i risultati, sono tutti messi in fila proprio in questo DPEF. Il risultato è che Eurostat ha corretto i vostri conti - le tabelle A e B del DPEF sono anche frutto di questa correzione -, rivelando che il rapporto deficit-PIL dal 2001 è sempre stato superiore al 3 per cento, con la sola eccezione del 2002 e che, per il 2005, viaggia al 4,3 per cento, se va bene. Così è stata fatta giustizia della finanza creativa, dei trucchi di bilancio, delle una tantum spacciate come soluzioni.
Il risultato è che l'Ecofin vi ha dettato gli obiettivi di riduzione del rapporto deficit-PIL dell'1,6 per cento in due anni. Insomma, il risultato è che l'Italia è stata messa sotto tutela dall'Ecofin per il fatto evidente che il Governo non è in grado di disciplinare la finanza pubblica.
Che dire poi dell'avanzo primario. Per qualche anno avete detto peste e corna dei Governi di centrosinistra, ma il centrosinistra vi ha consegnato un avanzo primario pari al 5,7 per cento del PIL nel 2000! Un risultato prezioso, raggiunto a fatica, con sacrifici equamente distribuiti; un risultato da conservare e possibilmente da migliorare. Invece, chiuderete il 2005 con un avanzo primario allo 0,6 per cento; cinque punti in meno, vi siete mangiato un punto all'anno! Conseguentemente, il rapporto debito-PIL continua a crescere dal 106 del 2004 al 108 del 2005.
Dovreste almeno spiegare come avete fatto a ridurre in questo stato la finanza pubblica: ci vuole un po' di talento anche per questo. Ma non lo spiegate affatto, cercate solo responsabilità altrove e responsabilità altrui.
La realtà è che questo DPEF, l'ultimo della legislatura, è la certificazione del fallimento di questo Esecutivo nella gestione


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della finanza pubblica e nel governo delle difficoltà dell'economia italiana. Per di più continuate con vecchie modalità, con vecchi vizi e vecchie abitudini che hanno caratterizzato tutti i DPEF di questa legislatura; non a caso il ministro, questa mattina, ha rivendicato la continuità di questo DPEF con gli altri.
Si registra il solito ottimismo di previsioni sull'andamento del PIL: il Governo prevede crescita zero per il 2005 e 1,5 per cento per il 2006. Ma centri di previsione come l'OCSE, il Centro studi della Confindustria ed altri prevedono una riduzione del PIL nel 2005 e un aumento al di sotto dell'1 per cento nel 2006.
Inoltre, è azzardato diffondere l'idea - come si è cercato di fare - che la recessione è finita, che la ripresa è ormai in atto e che ci affacciamo con le carte in regola al nuovo anno, come ha detto il ministro questa mattina. Lo avete detto in occasione di ogni DPEF e regolarmente avete sbagliato.
Il ministro stamattina ha cercato di raffreddare gli entusiasmi, se mai vi fossero. In sostanza, ha parlato di basso profilo, ma di una situazione accettabile. Ma scherziamo davvero! Il mondo e l'Europa intorno a noi crescono, anche se con grande difficoltà, mentre l'economia italiana arranca e la finanza pubblica è fuori controllo; il resto sono propositi indeterminati.
Il profilo è basso e la nebbia è fitta, signor ministro! Per di più questa volta la presunta ripresa si fonda sulla tenuta mite dei consumi; un elemento fragile - come ha affermato questa mattina il ministro - in presenza di un andamento negativo delle esportazioni nette e degli investimenti.
Ed è incredibile che nelle previsioni vengano sottovalutati i riflessi che potrebbero derivare alla crescita dall'aumento del prezzo del greggio, visto che tutti i fattori che in questi anni lo hanno spinto in alto persistono e, semmai, tendono ad accentuarsi. Ed è anche sbagliato illudersi ed illudere i cittadini che l'aggiustamento strutturale della finanza pubblica non avrà effetti depressivi sulla crescita.
Se poi si passa al contenuto della manovra, si comprende che essa resta del tutto indeterminata e fumosa. Lo resta nella quantità, perché alla cifra dell'aggiustamento, dettata da Ecofin, che ammonta a 11,5 miliardi nel 2006, andrebbe aggiunta la cifra per finanziare le politiche di sviluppo da voi enunciate. Inoltre, si dovrebbe spiegare dove devono essere reperite le risorse, ma niente di tutto questo è presente nel DPEF.
La manovra resta indeterminata anche nella qualità, perché le misure vengono semplicemente elencate: opere pubbliche, liberalizzazione e semplificazione, meno tasse, aumento del potere di acquisto delle famiglie e controllo della spesa corrente. Ma qui siamo alle repliche, alla stanca ripetizione di una recita che abbiamo già visto e sentito. In queste condizioni gli obiettivi di riportare il rapporto tra deficit e PIL sotto il 3 per cento nel 2007 e il rapporto tra debito e PIL intorno al 100 per cento nel 2009 appaiono del tutto improbabili.
Prima di concludere voglio inoltre toccare le altre questioni del Mezzogiorno e della lotta all'evasione fiscale.
Signor Presidente, chiederei un po' di silenzio.

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, per cortesia.
Onorevole Maurandi, la prego di continuare.

PIETRO MAURANDI. In merito al Mezzogiorno, nel DPEF è riportato che intendete proseguire nella strategia di sviluppo territoriale già avviata. Tuttavia, nel corso di questi anni è accaduto qualcosa! Infatti, è accaduto che, dopo sette anni in cui il Mezzogiorno è cresciuto in misura maggiore della media nazionale, ora si trova nuovamente a crescere al di sotto di tale media. Inoltre, è accaduto che nel Mezzogiorno l'occupazione è diminuita tra il 2002 e il 2004. Ma allora, non vi viene in mente che, di fronte a questi risultati, la vostra strategia di sviluppo dovrebbe essere cambiata radicalmente, invece che confermata?


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In merito alla lotta all'evasione fiscale, a noi fa piacere constatare che il Governo dopo quattro anni scopra questo terreno di intervento. Si tratta di una scoperta, di una vera e propria scoperta, dopo anni di condoni di ogni tipo e dopo regali agli evasori, iniziando da coloro che hanno portato i capitali all'estero. Siamo lieti di questa scoperta, ma abbiamo un sospetto che non è stato cancellato nel corso di questa discussione. Mi riferisco al sospetto che l'enfasi sulla lotta all'evasione fiscale altro non sia che il tentativo di voler usare i presunti proventi della lotta all'evasione come falsa copertura degli oneri per la manovra della legge finanziaria. Abbiamo già sollevato questo problema nel corso del dibattito in sede di Commissioni, ma non abbiamo ricevuto alcuna assicurazione, neppure in occasione della replica del ministro. Quindi, il nostro sospetto si rafforza ed aumenta. Per tali ragioni e per le altre ricordate dai colleghi nel corso del dibattito, voteremo contro il DPEF e contro la risoluzione della maggioranza che lo sostiene.
In conclusione, devo aggiungere che in queste condizioni ci siamo assunti un'importante responsabilità. Abbiamo presentato una risoluzione unica a nome di tutti i gruppi dell'Unione, frutto di una convinta e profonda convergenza sulle linee essenziali per la gestione della finanza pubblica e per la ripresa dello sviluppo. Vogliamo soprattutto trasmettere un messaggio al paese: siamo convinti che l'Italia abbia le risorse, umane, intellettuali, scientifiche ed economiche per uscire dalla crisi e dalle difficoltà, lungo un sentiero di equità e sviluppo.

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE PIER FERDINANDO CASINI (ore 17,10)

PIETRO MAURANDI. Quello che non ha è un Governo credibile che abbia la volontà e l'autorevolezza necessarie per mobilitare le forze vive del nostro paese. Con questa scelta ci candidiamo ad assolvere questo ruolo e questa responsabilità (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di Sinistra-L'Ulivo e della Margherita, DL-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Crosetto. Ne ha facoltà.

GUIDO CROSETTO. Signor Presidente, le sollecitazioni che sono venute dagli interventi dei colleghi Maurandi, Villetti e D'Antoni non possono non essere colte. L'onorevole Giorgetti ha ricordato una caratteristica fondamentale della sede nella quale ci troviamo: ciò che viene detto è immodificabile e rimane agli atti. È dunque curioso osservare come i giudizi sulle politiche economiche in Italia siano cambiati dal 1996 ad oggi. Mi sono sempre augurato che esistesse, fra maggioranza e opposizione, quanto meno la capacità di fare sintesi del passato e di leggere i numeri, che non possono essere modificati da interpretazioni politiche. Ci si accorge tuttavia, anche in occasione della discussione del DPEF, che ciò non è possibile, e che si cerca sempre, anche in questo momento, di nascondere la verità.
Il DPEF compie un'operazione seria, così come i precedenti, partendo da un'analisi reale dell'economia italiana e del «sistema-paese Italia» in una globalizzazione che non ha pietà e che non lascia scampo alle debolezze. Nel 1996 il tasso di crescita del prodotto interno lordo italiano era pari all'1, 4 per cento, a fronte di una media europea del 2 per cento. Dopo il 1995, le esportazioni europee sono cresciute con una media del 5,6 per cento, mentre quelle italiane sono aumentate del 3,2 per cento. La quota di mercato mondiale dell'Italia nel 1995 era pari al 4,2 per cento ed è arrivata al 3, 2 per cento nel 2002, mentre sono rimaste invariate le quote di Francia e Germania.
Da questi dati scarni emerge che le ragioni della debolezza strutturale dell'economia italiana non vanno ricercate negli interventi di politica economica. Dal 1996 ad oggi si è verificato un fatto che si cerca di minimizzare, ma che ha costituito un evento storico: l'introduzione dell'euro ha fatto mancare l'elemento di maggiore


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competitività della nostra economia, vale a dire la svalutazione. Nel DPEF è chiaro, così come era chiaro nelle previsioni formulate dal Governo nel 2000 e così come era chiaro nei DPEF presentati negli anni precedenti, che tale elemento di competitività mette a nudo le debolezze di un sistema strutturale che non possono trovare soluzioni immediate nelle manovre di politica economica, ma che trovano soluzioni a medio termine nel cambio del sistema. Il DPEF in esame tenta di affrontare tale questione, tracciando la linea del cambiamento del «sistema economico Italia», che non è un mero cambiamento di politica economica, ma una radicale rivoluzione. È ciò che ha ricordato, forse con ironia, l'onorevole Maurandi, e che questa maggioranza, da quattro anni, tenta con difficoltà di portare avanti.
Si tratta dunque della prosecuzione di un percorso iniziato quattro anni fa, che certamente procede con difficoltà, anche perché nessuno poteva immaginare che in tale periodo si sarebbero verificati terremoti economici tali da influenzare questa possibilità di cambiamento. A fronte di ciò, se viene consentito anche a un esponente della maggioranza qualche spunto di polemica, la risoluzione presentata dall'opposizione può definirsi curiosa. Si tratta di un documento su cui si è trovata una sintesi, per la quale c'è stato bisogno di tutte le lettere dell'alfabeto, che non bastavano e che sono diventate 34! La risoluzione contiene dunque 34 punti totalmente discordanti tra loro: in un punto si sostiene l'aumento della spesa pubblica e nell'altro il contenimento della spesa pubblica; in uno si auspica l'investimento di maggiori risorse e in un altro si afferma che non devono essere aumentate le tasse e che la tassazione deve essere mantenuta al livello attuale. È dunque un documento che, come diceva un vecchio spot, contiene al suo interno tutto e il contrario di tutto.
Penso che questo paese di tutto abbia bisogno tranne che, da una parte o dall'altra, di demagogia. Un'assunzione delle condizioni di partenza e una risposta seria sono l'unica cosa che questo paese si aspetta da noi, da entrambe le parti. Affrontare i problemi non con il tentativo di trovare soluzioni comuni, ma dare tutte le soluzioni, non rappresenta sicuramente il modo per affrontare questa crisi, né adesso né domani.
Per tali motivi il gruppo di Forza Italia, condividendo questo DPEF, voterà favorevolmente sulla risoluzione n. 6-00107 di cui sono primo firmatario, nella speranza e convinzione che molte volte, nei momenti di tenebra, sia molto meglio accendere un cerino che non continuare ad imprecare contro (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia, Alleanza Nazionale e dell'Unione dei democratici cristiani e dei democratici di centro).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Giudice. Ne ha facoltà.

GASPARE GIUDICE. Signor Presidente, era mia intenzione svolgere alcune valutazioni sul DPEF, in particolare in relazione al Mezzogiorno. Per economia di tempo, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale della mia dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Onorevole Giudice, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
Sono così esaurite le dichiarazioni di voto.
Avverto che è stata chiesta la votazione nominale mediante procedimento elettronico.

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