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PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto sul complesso del provvedimento.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Zeller. Ne ha facoltà.
KARL ZELLER. Signor Presidente, noi della componente delle Minoranze linguistiche del gruppo Misto non crediamo che il disegno di legge in esame sia sufficiente per guarire i mali della giustizia, ad iniziare dalla lentezza dei processi. Condividiamo la necessità di premiare i magistrati bravi, ma non crediamo che gli esami teorici, che non sempre sono indice di laboriosità, siano la strada giusta.
Siamo poi assolutamente contrari al cosiddetto emendamento Bobbio, che limita l'accesso agli incarichi direttivi, anche perché ha un po' il sapore di essere stato studiato ad hoc per bloccare la carriera di «certe» persone. Condividiamo però alcuni degli obiettivi fondamentali del disegno di legge. Anche noi guardiamo con favore alle norme che sanciscono una determinata separazione tra le carriere di giudice e di pubblico ministero, sul modello sperimentato in altri paesi dell'Unione europea.
Durante il dibattito svoltosi sul disegno di legge in prima lettura in questa Camera avevamo chiesto di tenere conto delle particolarità della provincia autonoma di Bolzano, legate ai concorsi speciali dei magistrati, alla proporzionale etnica ed al bilinguismo e tutte le nostre richieste sono state accolte. Con l'istituzione di una sezione distaccata della Corte d'assise d'appello a Bolzano viene risolto un annoso problema: a Trento non è infatti possibile garantire il bilinguismo nei procedimenti
penali, mentre Bolzano è ben attrezzata a tale scopo. Si è risolto anche il problema dei comuni di Lauregno e Proves, che passano da Bolzano alla sezione distaccata di Merano.
Le innovazioni più importanti riguardano però la riserva delle funzioni direttive e semidirettive dei magistrati provenienti dal concorso speciale per Bolzano, la facoltà per i magistrati di Bolzano di concorrere, sempre all'interno del circondario di Bolzano, al conferimento di incarichi direttivi e semidirettivi, nonché quella di passare dalla funzione giudicante alla requirente e viceversa.
L'applicazione pedissequa della riforma avrebbe comportato la paralisi della giustizia a Bolzano, vanificando le garanzie della proporzionale e del bilinguismo previste dallo Statuto di autonomia e dalle norme di attuazione.
Ringrazio pertanto l'opposizione e anche la maggioranza, in particolare il relatore Nitto Palma, il presidente Pecorella e il ministro Castelli, per la grande sensibilità dimostrata verso i problemi della giustizia in provincia di Bolzano ed annuncio il voto di astensione della componente delle Minoranze linguistiche del gruppo Misto.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Volontè. Ne ha facoltà.
LUCA VOLONTÈ. Signor Presidente, col voto odierno si pone termine ad un lungo percorso parlamentare segnato da ampie discussioni nelle Commissioni e in Assemblea e da approfonditi confronti con i magistrati e con gli avvocati.
Nessuno può affermare di non aver avuto occasione in quattro anni di essere ascoltato dal Governo e dalla maggioranza. L'Associazione nazionale magistrati è scontenta, gli avvocati anche, ma purtroppo per ragioni opposte.
La riforma dell'ordinamento giudiziario faceva parte del programma della Casa delle libertà e, nei passaggi parlamentari di questi anni, è stata molte volte oggetto di miglioramenti, via via salutati da una parte dei magistrati e degli avvocati come ottimi e buoni - ma parziali - risultati positivi.
Oggi ognuno di loro avrebbe voluto un po' più recepite le proprie ragioni e noi, come lo stesso relatore Nitto Palma ci ha riconosciuto nelle scorse settimane, avremmo desiderato introdurre altri ulteriori miglioramenti, che la maggioranza stessa riteneva utili.
Il Governo ha posto però una questione importante e l'urgenza dei tempi, soprattutto per l'attuazione della riforma dell'ordinamento giudiziario, la fine della legislatura e gli anni trascorsi a discutere con grande apertura hanno indotto alla scelta del voto di fiducia.
Dopo quattro anni è ragionevole approvare questo testo, al quale nei vari passaggi tutti noi abbiamo dato un notevole contributo di miglioramento. I princìpi di fondo di questa riforma dell'ordinamento giudiziario sono da noi condivisi pienamente.
Il voto di fiducia è quindi un segno di buon senso, un voto che giunge a pochi giorni dall'improprio e surrettizio tentativo, tutto italiano, di introdurre nel nostro sistema una sorta di «tricameralismo».
Quindi, il voto di fiducia vuole anche ribadire la piena autonomia del potere legislativo, di tutto il Parlamento; sì, dopo quattro anni, approviamo la riforma dell'ordinamento giudiziario e, in fondo, con tale voto, vogliamo ribadire tutta la nostra responsabilità, autonomia ed indipendenza di organo parlamentare (Applausi dei deputati dei gruppi dell'Unione dei democratici cristiani e dei democratici di centro e di Forza Italia).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Acquarone. Ne ha facoltà.
LORENZO ACQUARONE. Signor Presidente, onorevoli colleghi, i gruppi parlamentari dell'Unione (e quindi tutta l'opposizione) mi hanno dato l'incarico di esprimere la comune opinione - il che significa il comune dissenso - sul disegno di legge in esame. Sono grato ai colleghi e
cercherò di esprimere, nei ristretti limiti di tempo consentiti dal regolamento, tale comune pensiero.
Siamo contrari, per ragioni di metodo e di sostanza; quanto alle prime, non possiamo tollerare che una questione di tanta importanza, certamente di rilievo costituzionale, sia stata risolta attraverso il ricorso al voto di fiducia, il che, del resto, è già avvenuto il 30 giugno dello scorso anno, quando sulla materia in esame si era egualmente proceduto all'approvazione tramite votazione fiduciaria. Ciò ha impedito, signor Presidente, quel concorso di idee e quel confronto aperto che sarebbero stati auspicabili in quanto, di una riforma - ma non di quella in esame - dell'ordinamento giudiziario il nostro paese ha certamente bisogno.
Presidente, appartengo alla categoria di quanti ritengono che tali provvedimenti non debbano essere varati «sudditi» dei giudici; ma, certamente, neppure devono essere approvati «contro» i giudici. Questa riforma è tutta pervasa da un sentimento contro la magistratura, specie quella penale; ciò, francamente, non è in alcun modo accettabile. Tenere conto del parere del Consiglio superiore della magistratura non significa - e mi rivolgo al Presidente della Camera ora facente funzioni - ritenere che il Consiglio superiore della magistratura sia una «terza Camera»; significa, piuttosto, approfondire un confronto che dovrebbe essere aperto con tutti gli operatori del diritto. Noi registriamo una palese contrarietà al provvedimento in esame da parte non solo dei giudici ma anche di tutta l'avvocatura, persino da esponenti delle camere penali che per tradizione non sono certamente uomini di destra.
Signor Presidente, quando il «sorridente» ministro Giovanardi - e, francamente, non so quali ragioni abbia per sorridere in un momento così triste - afferma, in televisione, che non si deve espropriare il Parlamento, espressione della sovranità popolare, rilascia una dichiarazione giusta. Eppure, quando poi viene in quest'aula, impone il voto di fiducia perché la maggioranza sa benissimo che altrimenti il provvedimento non sarebbe approvato, per le divisioni che la lacerano; ebbene, il ministro, allora, contraddice quanto prima ha affermato perché non è il Parlamento, in questo momento, detentore del potere sovrano: al contrario, la maggioranza parlamentare è succube di un Esecutivo che, a Dio piacendo, è in via di agonia.
Consideri, onorevole Presidente, che il pervasivo sentimento contro i giudici è giunto sino al varo di una misura ad personam contro un giudice noto per la sua alta professionalità. Mi stupisce non si disponga nulla contro la procura di Milano perché, data l'occasione - tant'è! - potevano arrivare anche a ciò...! Veda, signor Presidente, onorevoli colleghi, atteso che della procura di Milano sto parlando, vorrei ricordare una famosa commedia di Ferravilla, nella quale un imputato (un imputato «continuo»), Tecoppa, ogni volta che viene condannato, dichiara: Signor giudice, non accetto!
A me sembra che questa maggioranza, di fronte alle pronunce dei giudici, anche e soprattutto quelli di Milano, abbia assunto tale posizione: non accetto! Non potendo risolvere il problema con quelli che ci avevano insegnato, sui banchi dell'università, essere i metodi normali per contrastare una pronuncia del giudice (l'appello, il ricorso per Cassazione e via dicendo), segue la via più semplice - ma certamente indecente! - di approvare leggi che, in qualche modo, offendono la nostra cultura giuridica.
Ma scendiamo nell'esame del merito, oltre che nell'esame dell'indecoroso metodo. Ricordo che il Presidente della Repubblica rinviò il provvedimento alle Camere e, come venne giustamente notato dal collega Zaccaria, con un po' d'innovazione rispetto ai tradizionali rinvii, quasi sempre connotati da mancanza di copertura finanziaria, lo rinviò per notevoli ragioni di rilevata incostituzionalità.
I punti emergenti nel messaggio presidenziale erano quattro, ma, in verità, era l'intero sistema ad essere messo sotto accusa ed a dover essere riesaminato. Si è ristretto il dibattito al Senato della Repubblica, e lo si è ristretto anche in
quest'aula. Esaminiamo, tuttavia, anche ciò che è stato fatto in ordine ai quattro punti segnalati dal Presidente della Repubblica.
Il primo concerne la relazione del ministro della giustizia sulle linee guida della futura politica giudiziaria; a Dio piacendo, è stata eliminata, ma fino ad un certo punto, poiché vi è pur sempre una relazione finale del ministro sull'attività giudiziaria svolta, e ciò non ha nulla a che fare con i poteri del ministro della giustizia in tale materia.
Era prevista, consequenzialmente, una forma di monitoraggio per osservare l'esito dei procedimenti giudiziari. Si trattava di una «invasione» così clamorosa che anche questa maggioranza ha dovuto fare marcia indietro. Non l'ha fatta, invece, su un altro punto, il quale, se non fosse una cosa seria, sarebbe addirittura ridicola. Infatti, il Presidente della Repubblica ha osservato che, in caso di dissenso tra l'opinione del CSM e quella del ministro della giustizia in ordine al conferimento o alla proroga degli incarichi direttivi, l'unica via consentita dal nostro ordinamento costituzionale vigente era quella di ricorrere dinanzi alla Corte costituzionale, e non al TAR.
Cosa ha fatto il Senato, e cosa stiamo facendo noi, in questo momento, al riguardo? Stiamo disponendo che si ricorra al tribunale amministrativo regionale al di fuori dei casi in cui non è previsto il conflitto di attribuzione tra i poteri dello Stato!
Allora, questa norma è inutiliter scripta: non significa nulla, poiché non riesco a vedere quale interesse legittimo possa avere il ministro della giustizia nei confronti delle nomine direttive; o meglio, ne vedo, ed anche troppi, ma presumo che non possano essere scritti in un ricorso dinanzi al tribunale amministrativo regionale. Ma se non sussiste un interesse personale del ministro nei confronti di una nomina, allora francamente non so quando vi sia un conflitto di attribuzione tra poteri!
Non parliamo, poi, di ciò che concerne il problema dei concorsi. È stato sostenuto che, attraverso questa pletora di concorsi, paralizzeremo l'attività giurisdizionale. Vorrei ricordare che, il 30 giugno dello scorso anno, un collega affermò, in questa Assemblea, che, se il disegno di legge delega in oggetto fosse divenuto legge dello Stato, sarebbe stata una cosa veramente strana riuscire ad emettere un giudizio. Infatti, tra giudici membri delle commissioni giudicatrici e magistrati sottoposti al giudizio delle medesime commissioni giudicatrici, non ci sarebbe stato più nessuno in grado, in qualche modo, di rendere giustizia!
Vorrei evidenziare che, anche se è stata soppressa la previsione di affidare la materia dei concorsi alla scuola di specializzazione, se considero lo stato della scuola di specializzazione della pubblica amministrazione, mi viene quasi timore nel pensare ad una scuola di specializzazione diversa da quella già esistente all'interno del Consiglio superiore della magistratura: infatti, si tratta un po' del refugium peccatorum di tutti i colleghi professori che non riescono a trovare una sede, ma desiderano rimanere a Roma.
Però, quando, si introduce tale previsione per un provvedimento che spetta al Consiglio superiore della magistratura - che peraltro deve valutare i risultati della scuola di specializzazione -, onorevoli colleghi, ogni promozione diviene un incarico direttivo ed ogni promozione importante avrà come conseguenza un ricorso al tribunale amministrativo regionale.
Non si sono, dunque, rispettati i punti oggetto di rinvio da parte del Presidente della Repubblica.
Vi è un eccesso di burocratizzazione; vi è un eccesso di gerarchia. Dubito che i poteri assegnati al procuratore capo possano essere compatibili con la norma costituzionale che impone l'esercizio dell'azione penale. Quindi, se si considera bene il testo, non vi è nulla di ciò che sarebbe servito per una seria riforma dell'ordinamento giudiziario.
Signor Presidente, se il signor ministro avesse la bontà di seguire il dibattito, mi vorrei permettere di consigliargli la lettura non - come ho fatto altre volte - di un libro forse per lui un po' ostico, ossia
l'Esprit des lois di Montesquieu, ma di un libricino semplice semplice, di Piero Calamandrei sui buoni rapporti tra giudici ed avvocati. È un libricino semplice che, tuttavia, dà l'impressione e la sensazione netta che, pur essendo su posizioni contrapposte, si può comunque dialogare nell'interesse comune e nell'interesse della giustizia.
Questo provvedimento non fa nulla per porre rimedio ai mali endemici della nostra giustizia, quali la lentezza e la paralisi di molti suoi settori. Di ciò abbiamo bisogno. L'ordinamento giudiziario non è una riforma dei codici. L'ordinamento giudiziario è un istituto servente per far funzionare bene i codici nei vari settori. Di tutto ciò, nel provvedimento in esame, non vi è alcunché.
Pertanto, noi oggi voteremo contro l'approvazione di questo provvedimento, da un lato con tristezza e, dall'altro, con la grande speranza che tra pochi mesi tale provvedimento farà la fine che deve fare, ossia sarà cassato dal nostro ordinamento giuridico (Applausi dei deputati dei gruppi Misto-popolari UDEUR, dei Democratici di Sinistra-L'Ulivo, della Margherita, DL-L'Ulivo, Misto-Comunisti italiani, di Rifondazione comunista, Misto-SDI-Unità Socialista e Misto-Verdi, l'Unione - Congratulazioni).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Cola. Ne ha facoltà.
SERGIO COLA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, ho letto con attenzione gli interventi del 30 giugno 2004, quando questo provvedimento giunse all'esame dell'Assemblea per la seconda lettura. Debbo dire che oggi sono state ripetute - da ultimo, dall'onorevole Acquarone - le stesse argomentazioni. Tali argomentazioni sono caratterizzate da un fuori tema, nel vero senso della parola. Si tratta solamente di proclami di principio; non vi è nessun esame concreto del contenuto del provvedimento e, quindi, nemmeno alcuna critica seria, perché vi sarebbero state difficoltà molto fondate nell'affrontare tale argomento. Me ne rendo perfettamente conto. Me ne sono reso altresì conto nell'ascoltare l'intervento dell'onorevole Violante, il quale ritiene che la riforma dell'ordinamento giudiziario possa tracciare la strada per risolvere i problemi atavici di crisi della giustizia. Egli, infatti, ha fatto richiamo ai provvedimenti approvati nella XIII legislatura che, a mio modo di vedere, nulla hanno a che fare con la riforma dell'ordinamento giudiziario. La riforma dell'ordinamento giudiziario non è, infatti, assolutamente finalizzata a risolvere la lentezza della giustizia italiana.
Onorevole Acquarone, la stimo moltissimo; tuttavia, quando si fanno determinate affermazioni, bisogna farle cognita causa. Non bisogna fare affermazioni di carattere demagogico senza il sostegno ed il cosiddetto riscontro. Se, infatti, l'onorevole Acquarone avesse prestato più attenzione nel seguire questo provvedimento, si sarebbe reso conto che, in seconda lettura, quanto approvato dal Senato è stato completamente stravolto dall'intervento della Camera dei deputati.
Infatti, proprio in omaggio all'esigenza di dar corso ad un dialogo e ad un contraddittorio serrato presso la Commissione giustizia, si sono svolte decine di audizioni (ANM, Consiglio nazionale forense, OUA, Camera penale, Camera civile, AIGA) e sulla base di esse - onorevole Acquarone, legga bene le carte! - è stato stravolto il provvedimento, proprio perché la Camera ha tenuto presente gran parte dei suggerimenti dell'Associazione nazionale magistrati. Mi sembra che questo sia un fatto indiscutibile, che elimina i dubbi e le perplessità che oggi sono espressi costantemente sulla stampa; stampa che, a dispetto e contrariamente a quanto si dice, non è assolutamente al servizio del centrodestra ma, forse, dell'Ulivo.
Vorrei anche aggiungere che il provvedimento in esame è condiviso, per l'80 per cento del suo contenuto, da tutta la magistratura, anche da quella politicizzata. Ciò non emerge nel corso delle sue esternazioni; queste affermazioni, infatti, vengono rese sinceramente nell'ambito di un esame di coscienza che essa svolge con se stessa o quando colloquia con noi. Invece,
all'esterno si fanno soltanto proclamazioni di principio, senza entrare assolutamente nel merito.
Onorevole Acquarone, sono due i punti importanti del provvedimento che in un certo senso sono contestati: la netta separazione delle funzioni e la disciplina dei concorsi. Ebbene, per quanto riguarda la netta separazione delle funzioni, onorevole Acquarone, lei è un avvocato e sa che le ragioni dell'avvocatura sono diametralmente opposte a quelle della magistratura (Applausi dei deputati dei gruppi di Alleanza Nazionale, di Forza Italia e della Lega Nord Federazione Padana): la magistratura vuole che la situazione rimanga inalterata, mentre gli avvocati vogliono la separazione delle carriere. Qui, invece, sembra che vi sia un'armonica opposizione a questo provvedimento. Proprio perché vi è, a livello estremistico, tra magistratura e avvocatura, un'opposizione a quanto abbiamo stabilito, forse abbiamo imboccato la strada giusta.
Onorevole Acquarone, lei ricorderà il periodo di Tangentopoli e la commistione di funzioni che allora si registrava. Ricorderà i pubblici ministeri che, dopo qualche mese, svolgevano le funzioni di giudici terzi, giudicando sugli stessi filoni che avevano seguito e per cui avevano richiesto mandati di cattura o ordinanze di custodia cautelare poi emesse. Ricorderete il colloquio e la corrispondenza di amorosi sensi fra un pubblico ministero di Milano, Di Pietro, e un GIP di Milano, Ghitti. Quest'ultimo, di fronte a una richiesta di ordinanza cautelare, rispose con un bigliettino dicendo: se vuoi far arrestare questo soggetto, devi formulare la richiesta in modo diverso e ti dirò come fare. Mi sembra che questo sia veramente il presupposto per arrivare ad una netta separazione delle carriere. Vogliamo veramente scherzare? Vogliamo veramente dire come è gestito il CSM in questo momento?
Tante volte sono intervenuto per fare rispettare determinate regole, onorevole Violante, circa la capacità e la professionalità di una persona che avrebbe dovuto rivestire un incarico direttivo. Mi è stato risposto: ci dispiace, questa procura della Repubblica appartiene a Unicost, quest'altra appartiene a Magistratura democratica, questa ai Verdi e quest'altra a magistratura indipendente (Applausi dei deputati dei gruppi di Alleanza Nazionale, di Forza Italia, della Lega Nord Federazione Padana)! Ma veramente vogliamo scherzare? Veramente vogliamo nascondere la realtà con un'ipocrisia senza precedenti?
Onorevole Violante, recentemente, i politologi e gli storici, anche quelli di sinistra, hanno acquisito un dato; la sinistra comunista nel 1990, 1991 e 1992, dopo la caduta del muro di Berlino, trovò una fonte di sopravvivenza: la via giudiziaria della politica. E la praticò molto bene (Commenti dei deputati del gruppo dei Democratici di Sinistra-L'Ulivo)!
ANDREA LULLI. Vergognati!
SERGIO COLA. Questa via la praticò distruggendo partiti politici (Commenti del deputato Alfonso Gianni), distruggendo la prima Repubblica, ma soprattutto facendo morire o di cancro o nel proprio intimo persone come Andreotti ed altri, nei cui confronti sono stati instaurati processi politici che si sono risolti come voi ben sapete.
Entrando nel merito, la riforma prevede l'accesso di secondo grado nella magistratura, la temporaneità degli incarichi giudiziari, la tassatività degli illeciti disciplinari, l'accoglimento della richiesta dell'ANM, la gerarchizzazione della procura della Repubblica, un aumento delle funzioni dei consigli giudiziari. Tutte queste proposte sono state accolte e fatte proprie su suggerimento dell'opposizione e dell'ANM.
Di che cosa, quindi, vogliamo discutere? Vogliamo discutere veramente del sesso degli angeli oppure vogliamo fare solamente delle esercitazioni di ipocrisia?
Non penso di dovermi dilungare oltre, perché, se effettivamente si guardasse la realtà cognita causa, non ci si lascerebbe andare ad affermazioni siffatte. Concludo dunque il mio intervento limitandomi ad una constatazione. Se vi è stata negli anni
1993, 1994 e 1995 un'invasione di potere da parte di certa magistratura - quella, sì, politicizzata - che è stata seguita - forse, questo sì -, a causa di intimidazioni, anche da altri magistrati, i quali sono assolutamente liberi e indipendenti, e se vi è stata un'invasione delle sfere degli altri poteri, violando in maniera chiarissima il principio del contratto sociale e quello della divisione dei poteri di Montesquieu, abbiamo il sacrosanto dovere di ristabilire questo principio, che sta alla base di una vera e completa democrazia. Tale principio, a tutt'oggi, non esiste proprio per questa caratterizzazione politica della magistratura.
Sì, quindi, a questo ordinamento giudiziario! Voi avete fatto un'opposizione esclusivamente per impedire il varo dei decreti legislativi. Noi abbiamo fatto ricorso alla fiducia affinché questo provvedimento fosse approvato entra la fine della legislatura.
Onorevole Acquarone, concludo il mio intervento con un richiamo: ricordo i volti dell'onorevole Violante e dell'onorevole Finocchiaro quando giunse il famoso rinvio del Capo dello Stato. Essi impallidirono, perché ritenevano che il provvedimento fosse stato rinviato alle Camere per una serie infinita di profili di illegittimità costituzionale. Invece, onorevole Acquarone, il provvedimento è stato rinviato per circostanze contingenti, che non hanno nessun rilievo nell'assetto e nella struttura di questo provvedimento. Diciamoci la verità: lei è un esperto di diritto e sa che gli argomenti rilevati dal Capo dello Stato sono delle inezie nel vero senso della parola (Commenti dei deputati del gruppo dei Democratici di Sinistra-L'Ulivo)!
MAURA COSSUTTA. Vergognati!
SERGIO COLA. Noi vi abbiamo posto riparo, perché è nostra ferma volontà riformare l'ordinamento giudiziario, affinché finalmente, con la divisione dei poteri, l'Italia riacquisti la via della democrazia completa e assoluta (Applausi dei deputati dei gruppi di Alleanza Nazionale, di Forza Italia e della Lega Nord Federazione Padana - Congratulazioni)!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Lussana. Ne ha facoltà.
CAROLINA LUSSANA. È difficile intervenire dopo l'appassionato intervento dell'onorevole Cola. È chiaro, tuttavia, che, come Lega, vogliamo lasciare una traccia importante in questo dibattito.
Finalmente siamo arrivati all'atto conclusivo di un tormentato iter legislativo che ha avuto per oggetto la riforma dell'ordinamento giudiziario. Come più volte abbiamo evidenziato, l'ordinamento giudiziario attende di essere riformato da oltre cinquant'anni, visto che risale al 1941 ed è antecedente alla Costituzione repubblicana.
Da sempre si avvertiva l'esigenza, condivisa, di elaborare un disegno organico che lo riformasse, adeguandolo ai nuovi valori della democrazia, per la riconosciuta importanza di questa nell'ordinamento come la madre di tutte le riforme in materia di giustizia.
Nel corso di decenni di vita repubblicana, nonostante una lunga serie di tentativi settoriali e disorganici, non è mai stato avviato un lavoro parlamentare di intervento complessivo riguardante lo status dei giudici e dei pubblici ministeri per la riconosciuta enorme difficoltà di incidere su ciò che rappresenta l'assetto fondamentale del potere giudiziario e che non può essere risolto a livello di normativa secondaria.
Ebbene, dopo cinquantasei anni di colpevole omissione, grazie al ministro Castelli e alla Casa delle libertà, oggi stiamo approvando questa importante riforma, ottemperando a un preciso impegno sottoscritto con i nostri elettori.
È bene ricordare che questo provvedimento ha incontrato fortissime resistenze, soprattutto da parte dei principali destinatari: i magistrati, la magistratura associata, l'Associazione nazionale magistrati. Le loro tesi, però, sono state sposate da chi siede nei banchi dell'opposizione. Gli oppositori di questa coraggiosa riforma, lungi dal riconoscere i miglioramenti apportati al testo anche su loro richiesta, si sono
mossi unicamente con l'obiettivo di contrastare comunque la riforma e hanno continuato a sollevare proteste massimaliste, funzionali all'unico scopo di bloccare tout court il cambiamento e conservare un assetto giudiziario vecchio, non più rispondente alle reali esigenze della giustizia vera.
Risulta chiaro a tutti come la materia dell'ordinamento giudiziario sia estremamente delicata perché carica di conseguenze non solo e non tanto per i diretti destinatari della riforma, quanto anche per gli utenti. Onorevole Acquarone, questa non è una riforma contro la magistratura, è una riforma per i magistrati, per quei magistrati che non sono politicizzati e vogliono essere apprezzati per i loro meriti professionali e non per le appartenenze o le simpatie politiche. Questa è una riforma per i cittadini che ci chiedono di rispondere alla domanda di giustizia, ed in questo i Governi che ci hanno preceduto sono stati totalmente inefficienti.
Si può non essere d'accordo sul merito delle scelte effettuate, ma riteniamo che la magistratura associata ed anche il CSM siano andati oltre, troppo. Si è arrivati al limite del volere alimentare uno scontro istituzionale, uno scontro tra poteri dello Stato dai toni inaccettabili. Sono ancora fresche le polemiche dello sciopero dello scorso 14 luglio, il quarto sciopero contro la riforma. A prescindere dalle opinioni sul fatto che quest'ultima astensione dal lavoro sia stata legittima o meno, è grave ed inaccettabile la motivazione che ha ispirato tale sciopero, l'intento per cui è stato posto in essere: non per rivendicazioni economiche e giuridiche, ma per condizionare o, peggio, minacciare il Parlamento che, in quanto direttamente eletto dal popolo, è sovrano ed esclusivo detentore della funzione legislativa.
Cari colleghi dell'opposizione, dell'Unione, così fervidi paladini della Costituzione, non è violazione materiale della Costituzione quella dei magistrati che interferiscono in una sfera ed in una funzione che non è loro propria come quella legislativa, che la Costituzione riserva al Parlamento? Autonomia ed indipendenza non possono essere sempre invocate a senso unico.
Sono state fatte molte polemiche, ieri dall'onorevole Bonito ed oggi dall'onorevole Acquarone, con riguardo al potere del ministro della giustizia di riferire in merito alle linee di politica giudiziaria. Si è detto che verrebbe violato l'equilibrio dei poteri dello Stato e che il ministro Castelli, addirittura in aula, potrebbe aprire un dibattito sulle sentenze. Questa è un'interpretazione creativa, onorevole Bonito. Avrei anche potuto tenerla in considerazione come possibile obiezione se lei fosse stato altrettanto chiaro nel denunciare l'ingerenza del potere giudiziario in quello legislativo, cosa che non ha fatto.
Nessuno in quest'aula si è unito al richiamo doveroso del Presidente Pera, che ha redarguito il CSM per aver travalicato i suoi compiti istituzionali. Capisco, colleghi, che molti di voi siano stati magistrati e, magari, torneranno a fare i magistrati. Però, adesso siete parlamentari e dovete difendere le prerogative del Parlamento (Applausi dei deputati dei gruppi della Lega Nord Federazione Padana, di Forza Italia e di Alleanza Nazionale)! Questo è doveroso!
Ripercorriamo alcuni aspetti della riforma. Innanzitutto, con tale riforma vogliamo dare un diverso accesso alla magistratura. Oggi un laureato in giurisprudenza vince un concorso e raggiunge il traguardo della vita. Noi vogliamo che vi siano alcuni paletti e che si valuti la meritocrazia. Ecco perché la preparazione di base del candidato, la richiesta di titoli aggiuntivi ed una valutazione permanente anche sull'operato e sulla professionalità del magistrato: questo dovrà fare la scuola della magistratura che verrà istituita. Non vi sarà alcuna ingerenza nei compiti del CSM. Di altre cose si deve occupare il CSM.
È giusto che un magistrato sia valutato! È giusto che il magistrato sia obbligatoriamente sottoposto, ogni cinque anni, ad una valutazione, della quale si dovrà tenere conto nel curriculum dei magistrati. Con questa riforma non sarà più possibile un avanzamento di carriera legato al mero
criterio dell'automatismo e dell'anzianità! Abbiamo scelto lo strumento del concorso, ma non è certo «un concorsificio» quello che vogliamo realizzare, come pure ho sentito dire più volte dai banchi dell'opposizione. Cerchiamo di non essere ridicoli: si tratta di due concorsi in 45 anni di attività come magistrato! Il concorso è necessario per mandare avanti quei magistrati che sono più preparati e che svolgono al meglio il loro operato.
Per quanto riguarda la temporaneità degli incarichi direttivi, questa è necessaria affinché non si creino delle forme di potere precostituito. Anche la questione della tipicizzazione degli illeciti disciplinari è di interesse per i cittadini, perché questi vogliono sentirsi dire, nero su bianco, quali sono i comportamenti illeciti di un magistrato e quali invece non lo sono. Ebbene, noi abbiamo messo, nero su bianco, quando deve scattare obbligatoriamente la sanzione disciplinare. E voi invece ci dite che abbiamo limitato la libertà dei magistrati! Ma qual è la libertà dei magistrati? Per voi, ad esempio, è limitare la libertà di un magistrato se lo si sanziona perché ha omesso un provvedimento senza motivazione o perché si sottrae in modo abituale o ingiustificato al lavoro giudiziario? Pensiamo poi agli incarichi che un magistrato può svolgere al di fuori delle proprie funzioni: ebbene anche tali casi devono poter essere sanzionati disciplinarmente.
Avete detto che vogliamo comprimere le libertà costituzionali e politiche dei magistrati. Nulla di più falso! Certamente vogliamo impedire che un magistrato che si reca ad una manifestazione «girotondina» o no global, magari il giorno dopo debba decidere di un provvedimento cautelare, non a carico dei manifestanti ma a carico delle Forze di polizia, che hanno compiuto il loro sacrosanto dovere di difendere la sicurezza dei cittadini (Applausi dei deputati dei gruppi della Lega Nord Federazione Padana, di Forza Italia e di Alleanza Nazionale)! Per questo dico che si tratta di una riforma per la gente e sicuramente a favore della gente. E potrei andare avanti con gli esempi.
Si è detto che vi è una gerarchizzazione delle procure. No, colleghi, non si tratta di una gerarchizzazione! Il significato è piuttosto quello di voler dare un'omogeneità all'azione penale, pur nel rispetto del principio dell'obbligatorietà dell'azione penale. Questo, perché oggi vi è purtroppo disomogeneità, che poi crea problemi per quanto riguarda l'attività investigativa. Allo stesso modo, è stato sacrosanto stabilire che il titolare dei rapporti con la stampa è il procuratore capo. Basta alla giustizia che spettacolarizza! Basta alle fughe di notizie per comparire sui media - perché magari si tratta di un'inchiesta più spettacolare rispetto alle altre - perché questo crea problemi in termini di violazione dei segreti d'ufficio!
Questi sono i motivi per cui noi difendiamo questa riforma. E siamo orgogliosi di essere riusciti a portarla a compimento come Governo della Casa delle libertà. Certo, ci rendiamo conto che essa non sarà esaustiva di tutte le problematiche che inficiano la nostra giustizia; tuttavia, noi abbiamo avuto il coraggio di vincere resistenze stratificate, contrarie al cambiamento e motivate da difese oltranziste di privilegi corporativi, che voi state difendendo in quest'aula!
CAROLINA LUSSANA. Si tratta di privilegi che non possono più essere giustificati! Questa riforma è un ottimo punto di partenza per risolvere la crisi della giustizia. È la prima grande vera riforma della storia repubblicana (Applausi dei deputati dei gruppi della Lega Nord Federazione Padana, di Forza Italia e di Alleanza Nazionale - Congratulazioni)!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Perlini. Ne ha facoltà.
ITALICO PERLINI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, non voglio fare polemiche, perché oggi è un giorno importante
per la storia della Repubblica e per la Casa delle libertà. Noi oggi manteniamo un altro impegno, che abbiamo assunto nel 2001 con i cittadini che ci hanno votato. Vorrei dire però che il nostro impegno va oltre il mandato dei nostri elettori, perché noi lo abbiamo assunto e rispettato nei confronti dell'intero paese.
Vedete, colleghi, personalmente ho vissuto in prima persona tutto l'iter legislativo di questo disegno di legge.
Se, per un momento, andassimo a vedere come siamo partiti e come siamo arrivati, si potrebbero cancellare tutte le accuse di antidemocraticità, di sopraffazione e di imposizione della nostra volontà, perché abbiamo accolto numerose obiezioni e numerose richieste dell'Associazione nazionale dei magistrati (sono state puntualmente e ripetutamente ascoltate in Commissione). Abbiamo, altresì, accolto molti sostanziali emendamenti presentati dall'opposizione, ma tutto ciò non è servito a niente, perché il vero intendimento dell'opposizione era quello impedirci di intervenire in una riforma così importante, quale quella dell'ordinamento giudiziario. Avremmo potuto accogliere tutto, ma avremmo continuato a ricevere dei «no» e delle gravi opposizioni.
I colleghi che mi hanno preceduto hanno puntualmente espresso i punti qualificanti della legge.
Vorrei aggiungere che siamo stati equilibrati; non abbiamo dato fondo a tutte le richieste che avrebbero determinato cambiamenti essenziali (mi riferisco alla categoria degli avvocati che avrebbero voluto l'affermazione decisa della separazione delle carriere). Tuttavia, abbiamo cercato, in tutti i modi, di conservare un impianto che modificasse il vecchio ordinamento giudiziario ormai non più rispondente alle necessità della nazione ma che, comunque, potesse avere una certa rispondenza nell'istanza generale dei cittadini, non di singoli settori della società. Ciò si contrappone nettamente allo spirito di opposizione corporativistica che - attenzione - non ha nulla a che vedere, come è stato sottilmente sostenuto dalla controparte, con una presunta opposizione, una presunta volontà di perseguire la categoria dei magistrati. Non è questo quindi il punto!
L'approvazione della legge sull'ordinamento giudiziario risponde ad una esigenza strutturale, di adattamento ai bisogni della società, perché l'ordinamento sia più rispondente alle sue necessità. Respingiamo, pertanto, le critiche e le accuse che ci sono state rivolte, confortati - come rilevato prima dall'onorevole Cola - dalle cosiddette obiezioni poste dal Capo dello Stato che non hanno riguardato gli elementi strutturali e fondamentali della legge, ma solo quelli marginali.
È per questo che siamo orgogliosi che il Governo Berlusconi abbia introdotto questa nuova riforma che si aggiunge alle altre e che ci proietta nel futuro del paese nella nostra opera di riforma. Preannunzio, pertanto, il nostro voto favorevole sul provvedimento in esame (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia e della Lega Nord Federazione Padana).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Nicolosi. Ne ha facoltà.
NICOLÒ NICOLOSI. Signor Presidente, preannunzio il voto favorevole dei Liberal-democratici, Repubblicani, Nuovo PSI sul provvedimento che ci accingiamo a votare.
Il provvedimento, che condividiamo, è stato portato avanti con coraggio, tenacia e razionale passione dal Governo e dalla maggioranza fino ad oggi. È un altro punto cardine del programma di Governo, merito del Presidente Berlusconi ed, in particolare, del ministro Castelli che, con determinazione e freddezza nordica, ha resistito, ribattendo con lucidità e fermezza agli attacchi subiti, meritando il nostro apprezzamento politico ed il mio personale.
Quindi, non avendo potuto esprimere la mia fiducia al Governo perché giunto in ritardo, colgo l'occasione di questo mio intervento per esprimerla ora al Governo e al ministro Castelli (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Liberal-democratici, Repubblicani, Nuovo PSI).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Buontempo. Ne ha facoltà.
TEODORO BUONTEMPO. Signor Presidente, intervengo a titolo personale, ma anche nella veste di vicepresidente del gruppo di Alleanza Nazionale.
Il collega Cola ha riferito molte cose giuste e lo ringraziamo per il lavoro svolto in Commissione, ma durante il suo intervento, a mio avviso, nella foga oratoria, si è lasciato andare a considerazioni che non rispecchiano la posizione dell'intero gruppo di Alleanza nazionale.
Nutriamo profondo rispetto verso l'istituto della magistratura e siamo certamente critici nei confronti di coloro che hanno fatto un uso politico del potere della magistratura. Tuttavia, non dobbiamo dimenticare l'altissimo prezzo che hanno pagato con vite umane non solo le forze dell'ordine, che ringraziamo, ma anche tanti magistrati che, per portare la moralizzazione nelle pubbliche amministrazioni, hanno pagato con la vita (Applausi). Infatti, in Sicilia, in Calabria e in molte altre regioni, il confine tra la malavita organizzata e la politica era molto labile e chi, in quei luoghi, ha avuto il coraggio di rappresentare lo Stato merita rispetto da parte di tutti noi (Applausi di deputati del gruppo di Alleanza Nazionale).
PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto sul complesso del provvedimento.
NITTO FRANCESCO PALMA, Relatore. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
NITTO FRANCESCO PALMA, Relatore. Signor Presidente, solo per scrupolo, desidero far presente che nello stampato del disegno di legge in esame, A.C. 4636-bis-D, vi sono alcuni refusi tipografici, peraltro non presenti nell'allegato A al resoconto della seduta di ieri, ove il testo su cui è stata posta la fiducia è riportato correttamente.
In particolare, a pagina 13, seconda colonna, numero 6, seconda riga, deve leggersi: «possano» in luogo di: «possono», come stampato. Alla stessa pagina, stessa colonna e numero, alla diciottesima riga, deve leggersi: «requisiti richiesti, siano» in luogo di: «requisiti, siano», come stampato. Infine, a pagina 80, seconda colonna, comma 46, quinta riga, deve leggersi: «votare per un solo» in luogo di: «votare un solo», come stampato.
PRESIDENTE. Mi pare si tratti manifestamente di errori di stampa.
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