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PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato: Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 27 maggio 2005, n. 87, recante disposizioni urgenti per il prezzo dei farmaci non rimborsabili dal Servizio sanitario nazionale.
PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Avverto che i presidenti dei gruppi parlamentari dei Democratici di Sinistra-L'Ulivo e della Margherita, DL-L'Ulivo ne
hanno chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del regolamento.
Avverto altresì che la XII Commissione (Affari sociali) si intende autorizzata a riferire oralmente.
Il relatore, onorevole Minoli Rota, ha facoltà di svolgere la relazione.
FABIO STEFANO MINOLI ROTA, Relatore. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il decreto-legge oggi all'esame dell'Assemblea, recante disposizioni urgenti per il prezzo dei farmaci non rimborsabili dal Servizio sanitario nazionale, intende offrire ai cittadini l'opportunità di prezzi migliori di quelli attuali - imposti oggi come prezzi unici di riferimento - per i medicinali a loro carico, appartenenti alle cosiddette fasce C e C-bis.
Il decreto, all'articolo 1, modificato dal Senato, disciplina la possibile sostituzione dei farmaci indicati nella ricetta medica appartenenti alla predetta fascia C (e quindi a totale carico dell'assistito), al fine di contenere la spesa per medicinali da parte del cittadino.
In particolare, si prevede l'obbligo per il farmacista, sulla base della sua specifica competenza professionale, di informare il cliente «dell'eventuale presenza in commercio di medicinali aventi uguale composizione in principi attivi, nonché forma farmaceutica, via di somministrazione, modalità di rilascio e dosaggio unitario uguali». Il farmacista, su richiesta del cliente, deve fornire tale medicinale avente prezzo più basso, tranne nel caso in cui la ricetta preveda espressamente l'insostituibilità del farmaco stesso nel caso specifico.
Si ricorda che la disposizione in esame è simile a quanto previsto dal decreto-legge n. 347 del 2001, convertito con legge n. 405 dello stesso anno - della quale all'epoca sono stato relatore -, che regola, tra l'altro, il prezzo di rimborso dei farmaci di uguale composizione a totale carico del Servizio sanitario nazionale (appartenenti, quindi, alla cosiddetta fascia A.
In particolare, la normativa richiamata stabilisce un meccanismo di riduzione del rimborso dei medicinali di fascia A del prontuario; tali medicinali sono rimborsati al farmacista dal Servizio sanitario nazionale fino a concorrenza del prezzo più basso del corrispondente prodotto disponibile nel normale ciclo distributivo. Questi ultimi medicinali di riferimento sono individuati sulla base di apposite direttive definite dalla regione o dalla provincia autonoma.
Il medico, nel prescrivere un farmaco avente un prezzo superiore al suddetto minimo, può porre sulla ricetta adeguata indicazione che precluda al farmacista la sostituzione del prodotto. In assenza di tale indicazione, il farmacista propone all'assistito il medicinale avente il prezzo più basso nell'ambito di quelli individuati secondo la disciplina summenzionata.
Nel decreto-legge oggi al nostro esame, la modalità proposta di contenimento del costo (in questo caso, a totale carico del cittadino-paziente) è la medesima.
Al comma 2 dell'articolo 1 del provvedimento, che ha subito modificazioni nel corso dell'esame da parte del Senato, si prevede, inoltre, la compilazione e la diffusione ai medici di medicina generale, ai pediatri convenzionati, agli specialisti ed agli ospedalieri, nonché alle aziende sanitarie territoriali ed alle aziende ospedaliere dell'elenco di detti farmaci (detto anche «lista di trasparenza»), entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto-legge in esame, da parte della Agenzia italiana del farmaco; si prevede altresì l'esposizione obbligatoria al pubblico, all'interno di ciascuna farmacia, di una o più copie dell'elenco.
È importante ricordare che l'Agenzia italiana del farmaco ha già provveduto a pubblicare, sul proprio sito, un elenco di oltre 3.900 specialità medicinali di classe C, da vendersi previa presentazione di ricetta medica, raggruppate sulla base del medesimo principio attivo o della stessa associazione di principi attivi, con identico dosaggio, forma farmaceutica e via di somministrazione.
I commi dal 3 al 6 dell'articolo 1 del provvedimento, sempre modificati dal Senato, prevedono interventi sui prezzi; vorrei
segnalare, in particolare, che l'aumento del prezzo dei citati medicinali appartenenti alle cosiddette fasce C e C-bis (vale a dire, a totale carico dell'assistito) è bloccato per due anni grazie ad un importante accordo intervenuto tra le associazioni di categoria, in rappresentanza delle imprese di settore (Farmindustria e Anifa), ed il Ministero della salute. Successivamente, potrà essere rivisto solo a cominciare dal mese di gennaio di ogni anno dispari.
I prezzi attualmente in vigore rimarranno, pertanto, gli stessi fino al gennaio 2007, garantendo, quindi, oltre un anno di blocco del costo in commercio di quei prodotti per la cura delle patologie lievi, spesso coadiuvanti della qualità della vita per le persone più deboli, quali anziani e bambini. Rimane salva, grazie all'approvazione presso il Senato di una proposta emendativa, la possibilità per le aziende di variare il prezzo in qualsiasi momento solo in caso di diminuzione dello stesso.
Il decreto-legge in esame ha previsto, inoltre, la modificazione della dicitura sulla confezione da «prezzo unico» a «prezzo massimo di vendita» per i farmaci senza obbligo di prescrizione medica (SOP) e per quelli di automedicazione (OTC). Su detto prezzo massimo, stampato sulla confezione, le farmacie pubbliche e private avranno la facoltà di applicare uno sconto fino al 20 per cento per i farmaci cosiddetti SOP e OTC, in virtù di un accordo intervenuto tra il Ministero della salute, la Federfarma e l'Assofarma. Inoltre, su tutte le confezioni di tali medicinali, comprese quelle già in commercio, deve essere applicata un'etichetta adesiva riportante la nuova dicitura «prezzo massimo di vendita», sostitutiva della dicitura «prezzo unico», entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto-legge.
Il comma 6-bis, introdotto dal Senato, dispone che, qualora il farmacista non segnali al paziente-consumatore la presenza di medicinali sostituibili al farmaco prescritto dal medico, come previsto dall'articolo 1 del provvedimento in esame, sono previste, a carico dello stesso, sanzioni pecuniarie che vanno da 500 mila lire a 3 milioni di lire. Tali sanzioni sono espresse in vecchie lire, e quindi saranno da commutare in euro, in quanto fanno riferimento al decreto legislativo n. 539 del 1992. In caso di reiterazione delle violazioni, sempre al comma 6-bis, è addirittura prevista la chiusura temporanea dei battenti della farmacia.
Gli articoli seguenti del provvedimento, che vanno dall'articolo 1-bis all'articolo 1-quinquies, sono stati interamente introdotti durante l'esame da parte del Senato della Repubblica. In particolare, con l'articolo 1-bis si introduce la definizione di «medicinali equivalenti», nei quali rientrano sia i farmaci previsti dall'articolo 1 del decreto-legge in esame (vale a dire, quelli di fascia C e C-bis), sia i farmaci generici con obbligo di prescrizione medica già indicati dalla normativa vigente e sopra menzionata ai fini del rimborso al farmacista da parte del Servizio sanitario nazionale.
Sulle confezioni di tali prodotti, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge in esame, deve essere posta in evidenza la dicitura «medicinale equivalente», in modo da facilitare la comprensione del paziente-consumatore rispetto a quei farmaci fino ad oggi appellati come «generici», inducendolo spesso a ritenerli di ampio spettro di cura anziché di eguale efficacia terapeutica rispetto ai cosiddetti «farmaci griffati».
Attraverso l'articolo 1-ter, al primo comma, si assegna all'Agenzia italiana del farmaco il compito di individuare le specialità per le quali debbano essere previste anche confezioni monodose o confezioni contenenti una singola unità posologica. L'individuazione di tali specialità deve essere espletata entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto-legge.
La norma in esame si richiama alla disposizione prevista dalla legge finanziaria per il 2005, introdotta attraverso l'approvazione di una proposta emendativa presentata dai gruppi parlamentari di minoranza ed accettata dal Governo, a testimonianza
della responsabilità sociale che l'intero Parlamento e lo stesso Governo rivolgono ad una materia così delicata per la tutela della salute dei cittadini e per il doveroso contenimento della spesa sanitaria.
Analogamente, con il provvedimento in esame, sono previsti, all'articolo 1-ter, interventi da parte dell'Agenzia per la produzione di confezioni ottimali e per la cosiddetta costituzione delle confezioni start, per il primo ciclo di cura, attribuendo - in tal modo - alla stessa Agenzia il compito di stilare un elenco di prodotti medicinali per i quali sia possibile ricorrere alla prescrizione ed alla vendita per unità posologiche. Sempre entro il termine di 90 giorni, un decreto del ministro della salute stabilirà il termine entro il quale le nuove confezioni dovranno essere disponibili presso le farmacie.
L'articolo 1-quater prevede che sulle confezioni esterne o sui contenitori di prodotti farmaceutici o dei rimedi fitoterapici ed omeopatici sia riportato in caratteri Braille il nome commerciale del prodotto. Entro il 31 dicembre 2006, il ministro della salute, d'intesa con le rappresentanze delle industrie farmaceutiche e dei soggetti non vedenti, definirà le modalità per informare gli stessi soggetti non vedenti e ipovedenti sul mese ed anno di scadenza del prodotto e sugli eventuali segnali convenzionali per particolari condizioni d'uso. La medesima indicazione Braille è riportata in apposito cartoncino da inserire all'interno delle confezioni le cui dimensioni non consentano la scrittura Braille esterna, come accade frequentemente per i prodotti omeopatici.
Le imprese che realizzano i prodotti di cui al comma 1 si uniformano alle disposizioni di cui all'articolo 1 entro il 31 dicembre 2005. Una disposizione transitoria stabilisce che tutti i prodotti confezionati anteriormente a tale data possono comunque essere distribuiti sino al 31 dicembre 2006.
Da ultimo, è stato introdotto nel corso dell'esame del provvedimento al Senato, l'articolo 1-quinquies, che tratta una materia differente, ma altrettanto importante. Infatti, tale articolo interviene su un aspetto specifico dell'attività libero-professionale del medico, la cosiddetta professione intra moenia, ossia lo svolgimento di attività libero-professionale da parte della dirigenza medica del Servizio sanitario nazionale, prorogando di un anno - dal 31 luglio 2005 al 31 luglio 2006 - il termine ultimo previsto dalla normativa vigente per l'utilizzo di studi professionali esterni in caso di carenza di strutture e spazi idonei. Al riguardo, si rammenta che il termine del 31 luglio 2005 è stato fissato per effetto del decreto-legge n. 89 del 23 aprile 2003, che aveva prorogato di due anni il termine originario stabilito dal decreto legislativo n. 502 del 1992.
Sempre in riferimento a tale decreto legislativo, occorre ricordare, per il personale medico, l'introduzione nell'ordinamento dell'esclusività del rapporto di lavoro dirigenziale, che comportava il divieto dell'attività libero-professionale extramuraria. Di recente, desidero ricordarlo, con il decreto-legge n. 81 del 29 marzo 2004, del cui disegno di legge di conversione sono stato relatore, il Governo ha finalmente ripristinato la possibilità di scelta della libera professione dei medici, dando loro la facoltà di optare, mediante apposita richiesta, per il rapporto non esclusivo. In tal modo, si è tornati ad assicurare al medico la libertà di scelta e non gli si preclude più la direzione di strutture semplici e complesse.
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il rappresentante del Governo.
FRANCESCO STORACE, Ministro della salute. Signor Presidente, spendo solo poche parole per aderire all'impostazione del relatore.
Riservandomi di intervenire più approfonditamente in sede di replica, ringrazio la Commissione - in particolare, il presidente Palumbo - per l'importante lavoro a seguito del quale il provvedimento è giunto all'esame dell'Assemblea; ringrazio, in particolare, per il sostegno fornito dalla maggioranza, in sede politica e nei passaggi parlamentari precedenti, e anche
dall'opposizione, nonché per il garbo con cui quest'ultima ha sostenuto le proprie ragioni. Abbiamo svolto una discussione finalizzata ad offrire qualcosa di positivo al nostro paese.
PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Labate. Ne ha facoltà.
GRAZIA LABATE. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor ministro, signor sottosegretario, il testo del provvedimento alla nostra attenzione giunge alla ribalta non solo del dibattito parlamentare ma anche della cronaca quotidiana. Infatti, più passa il tempo, più si rileva la sua profonda erraticità rispetto ai fini che esso intende perseguire.
Non si scorgono i benefici del provvedimento in termini di risparmio per i cittadini, ma si alimenta una sorta di «caccia alle streghe»: tutti contro tutti, alla faccia della concorrenza, del mercato, della tutela del cittadino-utente, della trasparenza e delle promesse di risparmio «virtuali», la cui fallacia è sotto i nostri occhi: basta leggere la cronaca e le notizie di agenzia delle ultime 48 ore. Si invocano i NAS ed ispezioni della Guardia di finanza, si accusano traditori di patti non mantenuti, si minacciano ritorsioni aprendo i supermercati ai prodotti da banco e non si è disponibili, ministro Storace, a cambiare nulla dell'ormai decimo provvedimento, in quattro anni, che affronta, di volta in volta, parti della politica farmaceutica del paese, tutt'affatto consone a rispondere alle vere questioni che avevamo ed abbiamo di fronte: competitività, compatibilità con la spesa pubblica, integrazione nella complessiva politica sanitaria del paese, dialogo con i produttori, con i prescrittori, con i distributori e con i consumatori finali.
Anche questa volta si è partiti da un intendimento giusto: far risparmiare i cittadini, le loro famiglie, aumentare un poco quel potere di acquisto così eroso non solo dai dati oggettivi del lungo e difficile periodo recessivo che stiamo attraversando ma da politiche sbagliate, per tenere in equilibrio domanda e offerta di beni e servizi, politiche che, ministro Storace, stanno giungendo velocemente come nodi al pettine dell'attualità e del futuro delle famiglie italiane.
Anche questa volta, nel tentativo di usare i pochi mesi di lavoro istituzionale che abbiamo di fronte, si predispone un provvedimento non ponendosi la domanda vera: vogliamo fare propaganda o realizzare specchietti per le allodole? Vogliamo soffiare bolle di sapone, illudendo i cittadini italiani che girovagando di quartiere in quartiere, di frazione in frazione e, al limite, di città in città, si troveranno di fronte a mirabili sconti, dallo 0 al 20 per cento, sui prodotti da banco senza prescrizione medica? Ciò per risparmiare - così lei, ministro Storace, mi rispose - almeno 100 euro all'anno? Per carità: essendo genovese e ligure non lo sottovaluto... Ma ho già fatto rilevare, in più occasioni, con dati alla mano, l'effimero di questo decreto-legge, la risibilità di un provvedimento che non affronta a monte la questione della determinazione del prezzo dei farmaci, ma introduce su quelli da banco una politica di marketing, banale quanto inefficace, del saldo con sconto massimo sino al 20 per cento. Si dice, infatti, che il cittadino risparmierà e le farmacie si faranno concorrenza.
Il problema vero nel nostro paese è che dovremmo eliminare vincoli e rigidità anche nel sistema di distribuzione del farmaco e negli erogatori del farmaco attraverso le farmacie. Lei, signor ministro, ha in mano un'arma importante: il rinnovo della convenzione con i farmacisti.
FRANCESCO STORACE, Ministro della salute. Non io, le regioni!
GRAZIA LABATE. L'abbiamo avuta precedentemente ed oggi, essendo tale convenzione in scadenza, ne disponiamo nuovamente.
Quindi, occorre aprire il tavolo delle trattative e rimuovere antichi privilegi, i nodi di quelle convenzioni che costituiscono le rigidità per cui il sistema in Italia non è competitivo. Non è mettendole in competizione, praticando sconti fino al 20
per cento, che si risolve il problema delle farmacie nel nostro paese. Anzi, a mio avviso (so che lei, giustamente, sta prendendo atto del suo settore e, quindi, gira tutta l'Italia), va bene così: vi sono fin troppe farmacie che svolgono bene il lavoro professionale e di rapporto con il cittadino.
Pertanto, la minaccia dei supermercati è un po' come le minacce di Pirro: non serve a niente. Si immagina di «americanizzare» il consumo degli italiani, i quali, come accade negli Stati Uniti d'America o in altri paesi, dovrebbero recarsi nei drugstore e nei supermercati e fare incetta di sacchetti da mezzo chilo di farmaci non soggetti alla prescrizione medica. Ciò finché qualcuno ci dirà che i nostri armadietti sono pieni di farmaci.
L'altro giorno, ho contestato il viceministro Baldassarri, presso Assobiomedica: egli ha affermato che bisognerebbe predisporre confezioni ottimali. Gli ho ricordato che il nostro unico emendamento approvato in sede di esame della legge finanziaria ha proposto proprio questo e tale prescrizione è diventata legge dello Stato; ma nulla si fa. Allora, è necessario un confronto leale su questi temi. Altrimenti - lo ripeto -, si ha proprio la sensazione che «fatta la legge, scoperto l'inganno».
In sostanza, in base alle poche conoscenze che abbiamo fin qui, il cittadino italiano, oggi, grazie a questo decreto, regione per regione, provincia per provincia, dovrebbe risparmiare sui farmaci da banco che costano sotto i 5 euro circa 0,50 centesimi di euro e su quelli che costano sopra i 5 euro tra 0,75 centesimi e 1 euro.
Nessuno mette in conto - neanche lei, signor ministro, che pure è attento alla sensibilità dei cittadini e delle famiglie - che i costi di trasporto per andare da una farmacia all'altra alla caccia dello sconto massimo sono elevati. Nessuno calcola che - fatta la legge, trovato l'inganno - saremo in presenza di effetti distorsivi nel consumo di questi farmaci: l'aumento delle scorte negli armadietti e lo scardinamento del principio del prezzo unico del medicinale sul territorio nazionale, che costituisce una garanzia per il cittadino, che sa di pagare per il medesimo medicinale lo stesso prezzo in tutta Italia e in qualsiasi momento. Non stiamo parlando di beni di consumo alla stregua dei fustini per la lavatrice o delle noccioline, ma pur sempre di medicinali, anche se senza ricetta!
Questo decreto non risolve il problema dei prezzi, che sono elevati anche in rapporto agli altri paesi europei. Il ministro e il sottosegretario Cursi lo sanno quanto me, perché ne abbiamo parlato: la diversità tra l'Italia e gli altri paesi europei sta nel sistema posto a base della determinazione del prezzo. Vorrei citare alcuni paesi, ma credo che sappiamo tutti benissimo come stanno le cose. Fa fede al riguardo la documentazione depositata in Commissione affari sociali della Camera, che più chiara di così non potrebbe essere. Non è una documentazione di parte, ma si tratta di dati scientifici ed economici rilevabili attraverso i dati Eurostat ed Eurobarometro.
Quindi, la realtà è chiara ai nostri occhi. Il peso dei costi della distribuzione è diverso nei paesi europei. Il regime dell'IVA è diverso; l'Italia è uno dei paesi con l'IVA sui farmaci più alta.
Quindi, come vede, ministro Storace, vi sono problemi strutturali che nessun paese europeo - anche questo aspetto è documentato dalla Commissione - ha mai pensato di risolvere emanando un decreto con il quale si prescrive alle farmacie di applicare uno sconto dallo 0 al 20 per cento, a partire dall'indomani, per vedere se il cittadino risparmia di più. Infatti, in Europa si sa bene quali sono i fattori strutturali della produzione, come si determinano i prezzi e quali sono i volumi di vendita degli OTC e dei farmaci senza prescrizione e senza ricetta medica.
Quindi, anche queste argomentazioni, alla fine, diventano «di lana caprina», perché o ci confrontiamo sui dati veri, oppure si rischia di svolgere un dibattito tra sordi.
Il problema che mi pongo, quindi, è che con questo decreto gli effetti distorsivi rischiano di aumentare in maniera incontrollata.
Nel gennaio 2007, dato il blocco dei prezzi previsto nel decreto, avremo il danno e la beffa. «Ma, tanto» - come mi ha detto il ministro Storace con una simpatica battuta che mi ha rivolto in Transatlantico - «governerete voi!». Grazie per l'augurio. È certo che governeremo noi...
FRANCESCO STORACE, Ministro della salute. Era una battuta, infatti!
CARLA CASTELLANI. Era solo una battuta!
GRAZIA LABATE. ... ma evitate di aggiungere guasti ad oltranza, perché i cittadini italiani non sono attori passivi che bevono tutto e il contrario di tutto.
Da tempo denunciamo - si vedano gli atti parlamentari di questa legislatura rispetto ai precedenti nove decreti in materia - la politica dei tetti, dei tagli, del blocco dei prezzi, le anomalie dei prezzi dei medicinali di fascia C, gli aumenti eccessivi di alcuni prodotti, proponendovi, non con la diatriba ideologica, ma con proposte di legge, ossia con strumenti seri, di affrontare un'appropriata politica del farmaco nel paese, che deve far parte del mercato europeo e mondiale.
La politica del farmaco deve dare sostegno alla ricerca e all'innovazione; deve produrre una corretta ed efficace informazione scientifica; per stare nel mercato dell'innovazione, ha bisogno di stabilità, di strategie di medio e lungo periodo e non di provvedimenti tampone, adottati di anno in anno; deve essere compatibile con la spesa pubblica realmente disponibile; ha bisogno di concertazione con tutti gli attori della filiera e, per essere efficace, non può mai dimenticare che il farmaco non è solo un prodotto, ma un bene etico di grande rilevanza sociale.
Invece, no: di volta in volta si mettono lacci e lacciuoli ai produttori, tetti, tagli, ticket ai cittadini, ritardi nei rinnovi delle convenzioni, ritardi nei trasferimenti alle regioni che generano a catena passività, mancati pagamenti ai fornitori, comprese le farmacie. Vi sono, poi, finti premi di prezzo, ministro Storace, che non hanno fatto nulla per l'industria, ed ampliamenti o restringimenti delle liste dei farmaci.
L'appello degli oncologi italiani di questi giorni sulle patologie rilevanti - che credo debba attrarre la sua attenzione - chiede che vengano messi a disposizione dei cittadini farmaci antitumorali più efficaci, che sono quelli più costosi perché sono i più innovativi: si tratta degli immunoclonali, di cui abbiamo bisogno per una moderna terapia antitumorale. Invece, apriamo la stagione dei saldi per la pasticchetta contro il mal di testa e lo sciroppino contro il catarro. Per carità, non ho nulla contro il tema dell'automedicazione per i piccoli disturbi che, però, non interrompono la vita quotidiana, compreso il lavoro.
In proposito, occorrerebbe meditare su una recente indagine promossa dal Censis e presentata proprio pochi giorni fa, dalla quale emerge con chiarezza che abbiamo bisogno di strumenti nuovi e di regole che stimolino il mercato. Al tempo stesso, occorre stimolare l'autogestione individuale tramite la conoscenza e l'opportuna informazione, nonché la mediazione professionale e qualificata non solo di chi sta di là dal banco, ma anche di colui che è prescrittore. Non abbiamo bisogno, ministro Storace, di ulteriori vincoli, di rigidità, di burocratizzazione.
Bisogna agire sul fronte dell'offerta, anche offrendo al cittadino una consapevole libertà di scelta attraverso, ad esempio, una politica di informazione e di pubblicità che - come il collega Minoli Rota sa - porti alla revisione del decreto legislativo n. 541 del 1992. Al riguardo, vi sono proposte di questa parte del Parlamento depositate da anni: solo nei giorni passati le abbiamo prese in mano, ma tutti sappiamo che non vedranno la fine della legislatura.
Se il sistema si libera dalle rigidità, i prezzi si abbassano in funzione della competizione tra produttori, distributori e consumatori finali, che scelgono, e non in funzione del fatto che si possano aumentare negli anni dispari piuttosto che in quelli bisestili. Chi pagherà, alla fine, il 1o
gennaio 2007? Ministro Storace, pagherà il cittadino! Cosa credete che faranno le imprese? Si porteranno avanti nel prezzo per i due anni di blocco! Cosa credete che succederà o sta già succedendo nelle farmacie? Peraltro, queste non sono un tutto indistinto dalle Alpi alle piramidi: vi sono quelle grandi delle aree metropolitane, quelle dei piccoli e piccolissimi centri urbani e rurali e quelle grandissime, come in alcuni quartieri della nostra capitale. Altro che concorrenza: faranno cartello, potendo esercitare una facoltà - il decreto non impone neanche l'obbligo! - di sconto dallo 0 al 20 per cento, oppure soccomberanno, come nei centri rurali, dove il volume delle vendite non è tale da consentire di praticare il 10, 15 o 20 per cento di sconto.
Tutto ciò, ministro Storace, onorevoli colleghi, è stato ampiamente detto, scritto, depositato, a partire dall'Autorità garante per il mercato, fino alle memorie depositate in Commissione da tutta la filiera della produzione farmaceutica e della distribuzione. Disponete quindi di suggerimenti, di proposte emendative migliorative del provvedimento, che tuttavia rifiutate. Non avete voluto correggere errori marchiani perfino dal punto di vista del richiamo all'ordinamento giuridico vigente, ed oggi ce lo dice un organo tecnico, il Comitato per la legislazione di questo ramo del Parlamento. Ci avete risposto «no», oppure ci chiedete di trasfondere il contenuto dei nostri emendamenti in ordini del giorno. Invece, noi condurremo una battaglia di merito a partire dalla prossima settimana, emendamento per emendamento, perché siamo convinti, come lo sono molti colleghi della maggioranza, che il decreto-legge in esame poteva e può essere migliorato proprio per favorire coloro che lei vuole tutelare, signor ministro: i cittadini italiani e le loro famiglie. Non si possono costringere questi ultimi a migrare di luogo in luogo per risparmiare, ma bisogna sviluppare una corretta competizione, agevolare la trasparenza rispetto alla sostituibilità con farmaci meno costosi, costruire un'informazione consapevole e guidata di tutti i cittadini.
Certo che presenteremo gli ordini del giorno di merito! Ma quelli, come si sa, sono ordini del giorno captatio benevolentiae, oppure demagogici, che impegnano soltanto il Governo ad assicurare che i farmaci siano pagati in tempo utile, come è successo al Senato. Il problema è che, per impegnarsi davvero su quell'ordine del giorno, il Governo sa che deve rispettare i patti, a partire dalla copertura del disavanzo 2004. Intanto domani ci auguriamo che sia rispettato ed onorato il patto della dirigenza medica, altrimenti saremo veramente nei guai con i medici del nostro paese. Mi auguro quindi che il Consiglio dei ministri dia finalmente il via libera a questa intesa, che si protrae ormai da mesi come pre-intesa senza trasformarsi in atto formale del nostro paese.
Insomma, ministro Storace, avremmo voluto che lei avesse dato certezza alle farmacie, ai produttori, ai distributori e ai cittadini italiani. Non credo che con la demagogia e con gli ordini del giorno si possa portare avanti un provvedimento che centri l'obiettivo che lei, signor ministro, voleva perseguire; ce lo ha detto anche la Conferenza Stato-regioni.
Penso, ministro Storace, che non ce la possiamo più cavare in questo paese con il gioco dei prismi o con le illusioni ottiche! Se questo decreto vuol far risparmiare i cittadini italiani, cambiamolo, cambiatelo! Noi siamo qui a contribuire con voi, per il bene comune. Date un segnale di disponibilità al confronto. Lo sapete bene che non potete giocare sulla pelle dei cittadini, perché è iniziato il marketing della campagna elettorale. Fate davvero uno sconto uguale per tutti e non giocate con la volpe sotto l'ascella, mettendo l'uno contro l'altro. Non è questo che i cittadini, i produttori e i distributori si aspettano da un decreto responsabile di un Governo responsabile (Applausi dei deputati dei Democratici di Sinistra-L'Ulivo e della Margherita, DL-L'Ulivo)!
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Burtone. Ne ha facoltà.
GIOVANNI MARIO SALVINO BURTONE. Signor Presidente, il provvedimento in discussione è il primo decreto-legge presentato dal nuovo ministro Storace. Si tratta di un atto che è stato amplificato all'esterno con una certa enfasi. Il Governo ha voluto pubblicizzare un'ipotesi di riduzione della spesa farmaceutica a carico dei cittadini. Purtroppo, i cittadini verificheranno che i risultati non saranno così esaltanti come quelli preannunciati.
Non c'è dubbio però che parliamo di un settore delicato, di acquisto di prodotti a volte necessari, non rimborsabili, che pesano notevolmente sui bilanci delle famiglie, specie quelle meno agiate. Si tratta di una spesa che, come ci dicono i dati, nel 2004 ha subito una contrazione. Al riguardo, abbiamo voluto dare una spiegazione seria, amara, signor ministro: di fronte alla crisi economica che vive il nostro paese, le famiglie sono arrivate a tagliare quelle spese non ritenute indispensabili, comprese quelle relative ai farmaci per patologie minori. La delicatezza sociale della questione posta dal decreto-legge in esame non ha portato ad un nostro atteggiamento pregiudiziale, meno che mai ostruzionistico. Abbiamo guardato e guardiamo al provvedimento con spirito costruttivo. È per questo che abbiamo lavorato con impegno in Commissione affari sociali al fine di migliorare il provvedimento.
Non abbiamo avuto reticenze nel definire giuste ed utili le misure contenute nei primi due commi dell'articolo 1 del decreto-legge in questione. Mi riferisco alle norme per l'impulso alla pubblicazione delle liste di trasparenza dei medicinali di fascia C, quelle per agevolare il meccanismo della sostituzione, con preferenza di vendita del medicinale meno costoso a parità di sostanza attiva. Non abbiamo però trovato altrettanta disponibilità nella maggioranza e nel Governo ad ascoltare le nostre valutazioni critiche sulla scelta di fondo di affidare alle farmacie - al fine di abbassare il prezzo dei medicinali non rimborsabili dal Servizio sanitario nazionale - il meccanismo dello sconto variabile fino al 20 per cento del prezzo del farmaco. La nostra posizione non deriva da un'aprioristica opposizione al provvedimento, ma dalla seria constatazione dell'applicazione concreta del decreto-legge nonché di sconti non omogenei sul territorio nazionale, nelle singole regioni e nelle stesse città.
In alcune città, nella farmacia di un certo quartiere un farmaco ha un prezzo superiore a quello praticato nella farmacia del quartiere confinante. Addirittura, in una regione, la Sicilia (lo dico con amarezza), non si praticano sconti. Alcuni farmaci costano di più rispetto a quelli del resto del territorio nazionale. Anche questo dato, signor ministro, la dice lunga sulla gestione della sanità siciliana di un Governo di centrodestra. I governatori siciliani sono stati i primi a prevedere i ticket sui ricoveri del pronto soccorso e sulla farmaceutica. La spesa della sanità privata in Sicilia, per colpa del Governo di centrodestra, è la più alta e quando occorre dare un minimo sostegno, vi è la latitanza delle autorità sanitarie rispetto alla possibilità di creare un confronto con coloro che operano nel settore. Non vi è traccia in Sicilia di sconti per i farmaci non rimborsabili.
Chiudendo questa parentesi regionale, vorrei tornare ad esprimere alcune considerazioni sul provvedimento in esame: ci sembra più serio, rispetto alle politiche del Governo praticate nella regione siciliana.
Abbiamo chiesto di riflettere in Commissione per il timore concreto che avvertiamo della nascita di nuove disuguaglianze tra i territori e tra i cittadini in ordine ad un bene costituzionalmente garantito, quale è la salute.
Va detto con chiarezza, tra l'altro, che i prezzi dei farmaci di fascia C sono in Italia più alti, specie se confrontati con quelli dei paesi europei. Un farmaco di larghissimo utilizzo, l'acido acetilsalicilico, conosciuto come Aspirina, per unità di dosi in Italia costa 0,20 euro, in Spagna, 0,15 euro, in Francia, 0,11 euro ed in Germania, 0,10 euro. Stesso discorso per
un altro analgesico, la Novalgina: per unità di dose, 20 millilitri in Italia costano 0,27 euro, mentre in Francia 0,13 euro. Un altro esempio può essere rappresentato da una pomata antimicotica, il Canesten: questo farmaco, da 30 grammi, in Spagna costa circa il 60 per cento in meno rispetto all'Italia.
Di fronte a tale negativa specificità italiana nel confronto tra i paesi europei, il Governo, signor ministro, sceglie la scorciatoia di interventi inadeguati ed inappropriati, non avendo il coraggio di interventi strutturali. La determinazione del prezzo del farmaco deve tenere conto delle esigenze di equità, di sostenibilità, di tutela dei consumatori e di sostegno alle imprese che vogliono fare innovazione e ricerca.
Abbiamo colto questi limiti non per una critica aprioristica e abbiamo voluto presentare alcuni seri emendamenti per migliorare il provvedimento. Queste proposte si sono mosse su tre livelli. Per quanto riguarda il primo, abbiamo inteso inserire, in maniera esplicita, anche i medicinali senza obbligo di prescrizione medica, ad esempio la Tachipirina, tra quelli facenti parte delle liste di trasparenza e per i quali il farmacista è tenuto ad informare il paziente dell'esistenza di equivalenti meno costosi e, su richiesta dello stesso, a consegnare un prodotto più economico.
Il secondo livello di intervento riguarda la definizione del regime dei prezzi dei medicinali di fascia C e C-bis, tenuto conto - lo ripetiamo - che in Italia i prezzi sono più alti rispetto a quelli dei paesi europei.
Siamo contrari all'iniziativa del Governo dello sconto variabile ed abbiamo proposto un'operazione strutturale: allineare i prezzi italiani a quelli registrati nei principali paesi europei e tenere sotto controllo l'andamento nel tempo.
In attesa della definizione di questo nuovo metodo, occorre ridurre il prezzo di tutti i medicinali di fascia C del 10 per cento. Si tratta, dunque, di provvedimenti che potrebbero incidere sull'alto prezzo delle medicine sostenuto dai cittadini e che, soprattutto, potrebbero eliminare tutti gli inconvenienti legati alla discrezionalità delle farmacie di praticare sconti sui medicinali senza ricette. Quindi, si tratterebbe di uno sconto fisso per tutti i cittadini, che godrebbero del medesimo prezzo su tutto il territorio nazionale; infatti, il prezzo unico è un valore che va tutelato, in quanto assicura l'uguaglianza dei cittadini di fronte alla salute.
Il terzo livello di intervento riguarda l'impegno a ridurre la spesa farmaceutica nel sistema sanitario nazionale, soprattutto attraverso il sostegno a diffondere il consumo di farmaci generici meno costosi.
Anche su tale tema il Governo procede con una posizione bizzarra, sostituendo la terminologia «medicinale generico», con la seguente: «equivalente». Il Governo, quindi, decide di muoversi in controtendenza rispetto al processo di armonizzazione in atto in Europa; infatti, la direttiva del 2004 - che dovrà essere recepita dagli Stati membri entro il novembre 2005, per quanto concerne il funzionamento e il mercato interno - ha definito in maniera chiara e univoca il medicinale generico. Probabilmente, signor ministro, «equivalente» è un termine più attraente per il paziente, ma si tratta di un termine rischioso, in quanto può ingenerare confusione, rallentando la necessaria incentivazione dell'uso di medicinali generici.
Noi intendiamo fare di più - per questo abbiamo presentato diverse proposte emendative -, vogliamo incidere nel bubbone delle clientele e delle speculazioni. Non vogliamo certamente criminalizzare medici e informatori scientifici, anzi li rispettiamo; tuttavia, vi sono alcuni corrotti che operano con il metodo che volgarmente viene chiamato comparaggio.
Dunque, per frenare queste deviazioni negative, per incentivare l'uso dei medicinali generici, abbiamo proposto l'introduzione, graduale e sperimentale, dell'obbligo per il medico di riportare sulla ricetta solo il principio attivo del medicinale, di motivare il divieto di sostituzione, di privilegiare le confezioni ottimali per l'inizio di terapia.
In conclusione, signor Presidente, la nostra posizione sul provvedimento in esame è molto critica. Si tratta di un testo
che è stato propagandato eccessivamente ed i limiti dello stesso sono chiari e netti. Lo sconto, come proposto, rischia di creare discriminazioni tra cittadini di diverse regioni, tra abitanti di grandi città e abitanti di piccoli comuni nonché tra i cittadini più deboli, che si trovano in condizioni di disagio fisico e psicologico e che non sono in grado di andare alla ricerca delle migliori condizioni di acquisto. Né servirà, signor ministro, per questo obiettivo, il call center che ha voluto propagandare.
Il farmaco è un bene sanitario ed economico: sanitario perché deve preservare la salute, economico perché potrebbe permettere di risparmiare sugli altri costi sanitari. Riteniamo che si debba fare di più, che sia necessario un nuovo patto etico (mettere insieme medici, aziende e farmacisti), per delineare nuovi interventi strutturali di politica farmaceutica che ristabiliscano, nel rispetto del mercato, la centralità costituzionale della salute del cittadino (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-L'Ulivo e dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Giacco. Ne ha facoltà.
LUIGI GIACCO. Signor Presidente, signor ministro, signor sottosegretario, onorevoli colleghi, il disegno di legge di conversione, con modificazioni, del decreto-legge 27 maggio 2005, n. 87, recante disposizioni urgenti per il prezzo dei farmaci non rimborsabili dal Servizio sanitario nazionale, cioè quelli previsti in fascia C e C-bis, nelle intenzioni del Governo e del ministro Storace, che lo ha annunciato con molta enfasi, avrebbe lo scopo di calmierare il prezzo dei farmaci a carico dei cittadini. Già in queste settimane, alla prova dei fatti, si rileva che le misure adottate sono del tutto inadeguate a raggiungere lo scopo e, anzi, rischiano di aggravare la situazione dei prezzi, così come evidenziato dalla stessa Autorità garante per la concorrenza ed il mercato, nella sua segnalazione del 3 giugno 2005, ai sensi dell'articolo 21 della legge n. 287 del 1990.
L'Autorità suggerisce l'introduzione nel provvedimento in esame di ulteriori misure volte sia a favorire la concorrenza tra farmaci, incentivando soprattutto l'utilizzo di quelli generici, sia a stimolare la concorrenza tra i distributori al dettaglio. L'Autorità ritiene necessario l'inserimento di tali modifiche e, contestualmente, l'introduzione di disposizioni più incisive per favorire la concorrenza nella produzione e, soprattutto, nella distribuzione dei farmaci non rimborsabili, dal momento che la concorrenza costituisce lo strumento più potente per assicurare la riduzione dei prezzi e la diffusione di tale beneficio a tutta la collettività.
Il provvedimento in esame appare ispirato ad una politica del farmaco semplicistica ed inefficiente. Il decreto-legge delinea un intervento parziale, mentre occorre una visione globale delle problematiche del sistema del farmaco, che vanno dagli incentivi a ricerca, innovazione e distribuzione ad una maggiore equità nei confronti di tutti gli attori della filiera, dalla confezione con il minor numero di unità posologiche, in assenza di prescrizione medica, alla questione del cosiddetto comparaggio, fino all'informazione corretta per i cittadini.
Durante questa legislatura, come è stato già sottolineato dall'onorevole Labate, il Governo ha preferito adottare ben nove provvedimenti di urgenza senza far nulla per incidere sul sistema del farmaco a livello strutturale, mediante cioè un complesso organico e completo di interventi. Il Governo, ancora una volta, corre ai ripari con un altro intervento restrittivo, questa volta riferito alla fascia C, ovvero ai farmaci non rimborsabili.
Oltre al blocco imposto dei prezzi, i cui rincari sicuramente si scaricheranno all'inizio del 2007, l'unica soluzione individuata è quella di mettere in concorrenza le farmacie sul prezzo dei farmaci senza obbligo di prescrizione e di quelli di automedicazione. Lo sconto applicato discrezionalmente dalle farmacie è comunque non significativo per il cittadino, comportando
ad ogni modo un'ingiusta discriminazione tra cittadini in base al luogo di residenza.
I gruppi di opposizione hanno chiesto l'audizione dei soggetti interessati dal decreto-legge, dai diversi componenti della filiera farmaceutica alle associazioni dei consumatori. Quindi, abbiamo presentato una serie di emendamenti migliorativi, ma nessuno di essi è stato approvato perché si vuole blindare il testo pervenuto dal Senato.
Lo stesso Comitato per la legislazione ha evidenziato nel suo parere diverse osservazioni, come ad esempio la non riconducibilità dell'articolo 1-quinquies, introdotto dal Senato, che proroga il termine relativo all'utilizzo di studi professionali esterni per lo svolgimento dell'attività intramuraria, la non rispondenza dell'immediata applicabilità delle misure disposte per l'inserimento della scrittura in caratteri Braille per non vedenti ed ipovedenti, la mancanza della relazione sull'analisi tecnico-normativa e di quella sull'analisi di impatto della regolamentazione ed, infine, osservazioni sotto il profilo dell'efficacia del testo per la semplificazione ed il riordinamento della legislazione vigente, nonché sotto il profilo della chiarezza e della proprietà della formulazione.
In una situazione in cui le famiglie italiane vedono eroso il proprio potere d'acquisto da una politica che privilegia in misura sempre maggiore i ceti più ricchi rispetto a quelli più poveri, ci si sarebbe augurato che questo provvedimento fosse davvero dotato dell'efficacia di ridurre la spesa farmaceutica e, soprattutto, quella delle famiglie. Purtroppo, come ormai è evidente da quattro anni, la politica del Governo è solo una «politica dell'annuncio», senza che ad essa corrisponda la realtà dei fatti (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo, della Margherita, DL-L'Ulivo e di Rifondazione comunista).
PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Valpiana. Ne ha facoltà.
TIZIANA VALPIANA. Signor Presidente, gli interventi dei colleghi che mi hanno preceduto, i quali hanno posto in rilievo, con precisione e chiarezza, gli aspetti negativi del provvedimento in esame, mi facilitano il compito.
Ritengo che all'atto della presentazione del decreto-legge ci si sarebbe dovuti chiedere, in primo luogo da parte del ministro, cosa sia un farmaco e se esso possa essere trattato come qualsiasi prodotto di consumo o voluttuario. A tale domanda si deve certamente rispondere in modo negativo. Occorre ripensare la politica del farmaco, tenendo conto del diritto alla salute dei cittadini e della necessità di evitare che la tutela di tale diritto possa essere sottoposta alla più grave delle discriminazioni, vale a dire alla discriminazione di ordine economico.
Dunque, alla base della riflessione sul prezzo dei farmaci e sulle relative politiche, occorre rispondere a tali domande, riconsiderando la suddivisione dei farmaci nelle varie categorie e l'individuazione dei farmaci da inserire nelle fasce C e C-bis. L'obiettivo perseguito dal Ministero con il decreto-legge in esame è quello di calmierare il prezzo dei farmaci di fascia C. Ritengo tuttavia che le misure adottate, e sulle quali si sono soffermati i colleghi che mi hanno preceduto, siano assolutamente inadeguate. Chiederemo pertanto, qualora il provvedimento venga convertito, che sia condotta, trimestralmente o semestralmente, un'analisi sull'efficacia del provvedimento stesso. Le misure da esso previste, a mio avviso, risulteranno controproducenti, in quanto muovono da una concezione superficiale della politica sui farmaci.
Il decreto-legge, ancor prima della sua conversione, ha già creato confusione e polemiche: si è visto che esso, di fatto, non verrà attuato e che si tratta, dunque, soltanto di uno specchietto per le allodole. L'effetto-annuncio, al contrario di quanto accaduto in occasione di precedenti interventi sulle politiche farmaceutiche e sulle politiche sanitarie da parte di questo Governo, è durato l'espace d'un matin. Abbiamo già constatato che le farmacie non hanno praticato lo sconto previsto, peraltro facoltativo, e che si è creata, nell'ambito
delle categorie interessate, una bagarre senza precedenti. Il neopresidente di Farmindustria, Dompè, che è un vero fan, sulla base di quanto in genere scrive sul ministro della sanità, pur plaudendo all'iniziativa, afferma che il decreto-legge da solo può servire a ben poco. Da parte di tutti gli altri operatori, meno entusiasti di quanto sia il presidente Dompè, le critiche non sono state risparmiate, fino a giungere, da parte di Federfarma, a un espresso boicottaggio del provvedimento, come è stato denunciato dalle associazioni dei consumatori, in una polemica crescente che è arrivata, credo per la prima volta, all'insulto. Ritengo infatti sia la prima volta che un ministro della salute si rivolge ai rappresentanti dei farmacisti chiamandoli «professionisti dell'imbroglio». Si tratta di un pensiero che probabilmente molti altri hanno avuto, ma che nessuno si era permesso di esplicitare!
Se il decreto-legge in esame ha avuto un merito, esso è stato quello di rendere finalmente esplicito e chiaro a tutti il gioco delle parti sul prezzo dei farmaci, sul quale invece finora si era mantenuto il silenzio, nel tentativo di coprire le diverse posizioni. In questa partita, invece, tutti i contendenti hanno denunciato chiaramente i loro interessi egoistici e di parte e le posizioni pregiudiziali: ritengo si sia trattato di un momento di chiarezza.
Purtroppo, tuttavia, in questo balletto di accuse e controaccuse, misure non attuate e scelte boicottate si è registrata l'assenza di un dato importante: la salute del cittadino.
Si registra, inoltre, l'assenza di risorse economiche a disposizione dei cittadini, sempre meno in condizione di prendersi cura della propria salute. Tutto ciò avviene in un paese nel quale, al di là dell'enunciazione della Costituzione sul diritto alla salute, ormai i cittadini debbono farsi carico della maggior parte della spesa sanitaria, in particolare di quella relativa ai farmaci.
Al gruppo di Rifondazione comunista, al di là delle polemiche e delle diverse scelte sulla politica dei farmaci, interessa proprio la salute del cittadino e le risorse che questi deve impiegare per tutelare da solo la propria salute: lo Stato, nel tempo, si è sottratto a questo dovere.
È proprio considerando questi aspetti che analizziamo gli effetti e l'efficacia del decreto-legge oggi in esame, che avrebbe dovuto essere «taglia prezzi». Premetto che, a nostro avviso, una norma ha senso solo se «obbliga» i farmacisti ad informare; prevedere che i farmacisti «possano» farlo, non ha alcun significato. Ebbene, l'articolo 1 obbliga il farmacista, all'atto della presentazione di una ricetta prescrivente un farmaco di fascia C, ad informare il cliente dell'esistenza di preparati equivalenti ed a fornire, su richiesta del paziente, quello al prezzo più basso. Si tratta di una disposizione volta sicuramente a migliorare l'informazione e la consapevolezza in questo ambito. Credo che, di fatto, ciò aiuterà i cittadini, se non altro a non rimanere ancorati all'utilizzo di un farmaco più costoso, solo perché prescritto dal proprio medico, e a comprendere che non sempre la griffe è sinonimo di maggior efficacia. Anzi, probabilmente, quasi mai lo è.
In merito ai farmaci cosiddetti generici, il ministro intende cambiare tale dizione che, di fatto, sembra poco accattivante. Ricordo però che questo termine viene utilizzato in tutto il resto d'Europa e, quindi, credo difficilmente potrà essere sostituito da un'indicazione più accattivante; ciò proprio per non rendere difficili politiche analoghe su tutto il territorio europeo.
Rilevo al riguardo un interrogativo di fondo. Perché i medici spesso prescrivono farmaci a prezzi maggiori, quando esistono specialità medicinali a prezzi inferiori, ma del tutto equivalenti sotto l'aspetto dell'efficacia? Riteniamo opportuno, pertanto, intervenire sia in relazione all'informazione nei confronti dei cittadini, sia sul versante dei farmacisti e dei medici, nonché sull'informazione scientifica del farmaco e le relazioni che da questa derivano. Quest'ultimo argomento è oggetto da diverse legislature di dibattito in Commissione.
Crediamo che la scelta di concedere ai farmacisti la possibilità di operare uno sconto sino al 20 per cento sul prezzo di alcuni farmaci (è una possibilità, non un obbligo) non aiuterà i cittadini, ma li discriminerà in base alla provenienza geografica, sia nelle regioni sia nelle stesse città. Inoltre, gli sconti saranno così irrisori che nella maggior parte dei casi non varrà la pena di impegnarsi nella ricerca affannosa di tali occasioni.
Abbiamo già verificato alcuni episodi a livello locale, in particolare nelle periferie, allorquando si sono registrate vere e proprie incette di farmaci nelle farmacie che applicano gli sconti maggiori. Accade che i cittadini, spesso gli anziani o, in genere, i più deboli economicamente, ritengano opportuno fare scorte, acquistando farmaci di fascia C nelle farmacie che praticano gli sconti maggiori. Lo riteniamo un effetto perverso...
FRANCESCO STORACE, Ministro della salute. Allora non è vero che il decreto-legge non è efficace: è efficacissimo!
TIZIANA VALPIANA. Ho detto che ciò si è verificato solo in certi casi, e più precisamente nella periferia di alcune specifiche località.
FRANCESCO STORACE, Ministro della salute. Mettetevi d'accordo!
TIZIANA VALPIANA. Tali approvvigionamenti di scorte di farmaci si sono verificati come se si preannunciasse un periodo di guerra - speriamo non avvenga mai - ed i cittadini avessero bisogno di tali scorte. È un effetto perverso, contrario a tutto ciò che abbiamo realizzato in questi anni per disincentivare il consumismo farmaceutico e rendere le persone edotte, consapevoli del fatto che il farmaco è necessario per curare la salute, ma non è un bene voluttuario, non va consumato a sproposito, e quindi è un bene del quale non va in alcun modo fatta incetta.
Credo che l'altro effetto perverso che avremo sarà che alcune farmacie costituiranno un cartello, mentre le altre, quelle più piccole e situate in territori disagiati non facilmente raggiungibili, che resteranno al di fuori di questo meccanismo, rischieranno di soccombere a seguito dell'adozione di questo tipo di politica.
Noi non auspichiamo la politica dello sconto perché pensiamo, partendo dal presupposto che il farmaco è necessario per la cura della salute e non costituisce un bene voluttuario, che quello che andrebbe fatto sarebbe rendere tutti i farmaci rimborsabili da parte del Servizio sanitario nazionale e, qualora si decidesse di adottare una politica di sconto, che essa fosse applicata in modo da prevedere uno sconto e un prezzo omogeneo su tutto il territorio nazionale. A questo proposito, abbiamo presentato un apposito emendamento con il quale si chiede una diminuzione del 10 per cento del prezzo del farmaco; una riduzione che sia certa, uguale per tutti, ed obbligatoria, eliminando così ogni possibile discrezionalità.
Desidero soffermarmi anche su altri aspetti; in particolare, la confezione monodose e, quindi, la possibilità di avere la singola unità posologica. A questo proposito ricordo ancora l'audizione svolta nel 1994, in Commissione affari sociali, dall'allora ministro della sanità, Costa - ministro della cui volontà e capacità di attuare le proprie scelte miranti ad eliminare gli ostacoli burocratici nessuno può dubitare -, che in quella occasione dichiarò che si sarebbe lavorato per rendere disponibile la singola unità posologica e la confezione monodose. Da allora sono passati quasi dodici anni - io sono componente di quella Commissione da tre legislature - senza alcun risultato. Speriamo che il ministro Storace, da questo punto di vista, abbia maggior successo.
FRANCESCO STORACE, Ministro della salute. Chi era il ministro?
TIZIANA VALPIANA. Costa.
FRANCESCO STORACE, Ministro della salute. Nel frattempo però vi è stata la Bindi!
TIZIANA VALPIANA. Trovo addirittura scandaloso che nel nostro paese non si riesca ad avere i farmaci nella confezione necessaria e utile e vi sia, invece, un enorme spreco di farmaci.
Un altro aspetto su cui desidero soffermarmi, anche come convinta paziente e utente di rimedi omeopatici, è l'articolo 1-quater del disegno di legge di conversione in esame. Con riferimento a tale articolo abbiamo ricevuto numerosissime pressioni per la sua soppressione; io credo invece che esso abbia rappresentato una giusta aggiunta al testo. Comprendo le difficoltà cui andrà incontro l'industria omeopatica a seguito della scelta operata, ma ritengo che, prima di tutto, si debba tenere conto del diritto del cittadino non vedente o ipovedente di poter scegliere il farmaco corretto, in modo da non andare incontro ad episodi di pericolo e a situazioni sgradevoli. Sui farmaci omeopatici anche il cittadino vedente trova spesso difficoltà, proprio per il tipo di confezione e per la somiglianza di tutti i blister, a scegliere tra un farmaco e l'altro. A questo riguardo, ricordo che un'industria omeopatica, a differenza di altre, ha scelto di differenziare i colori dei tubetti dei granuli; questo suo accorgimento è stato premiato proprio perché esso aiuta il cittadino ad orientarsi meglio nella scelta e a non fare confusione tra un rimedio omeopatico e l'altro.
In conclusione, ritengo che il cittadino non vedente abbia il diritto di avere una maggiore informazione in ordine ai farmaci. Diamo all'industria farmaceutica tutto il tempo necessario per adeguarsi apponendo sulla confezione - questo gli si chiede -, in caratteri Braille, il nome commerciale del prodotto. A tutte le e-mail e le lettere che abbiamo ricevuto in cui ci viene detto che ciò non è possibile perché i rimedi omeopatici hanno una pluralità di componenti (contengono trenta o quaranta principi attivi), rispondo che queste obiezioni lasciano il tempo che trovano perché, ripeto, quello che viene chiesto all'industria farmaceutica è di apporre semplicemente sulla confezione il nome commerciale del prodotto, cosa, questa, abbastanza fattibile. Ritengo che si potrà arrivare ad una mediazione, ma tengo a ribadire che quella appena richiamata è una scelta di civiltà che noi abbiamo operato in Commissione da molto tempo e che, come tale, deve essere attuata. Non spreco parole (anzi, credo proprio di sprecarle ...) sull'articolo 1-quinquies, che ancora una volta dimostra come i due diversi regolamenti ed i diversi criteri adottati presso la Camera e presso il Senato facciano sì che quest'ultimo abbia, spesso e volentieri, la possibilità di introdurre nei decreti-legge materie eterogenee, che nulla hanno a che fare con il testo presentato per la conversione. Come si sa, il Senato può farlo, mentre il regolamento della Camera ed i criteri adottati dalla nostra Presidenza per valutare l'ammissibilità degli emendamenti non consentono di introdurre altre materie nel testo dei decreti-legge, pure raramente caratterizzati da un contenuto omogeneo.
Ad esempio, il Senato ha, per così dire, colto l'occasione offerta dal decreto-legge in esame, che riguarda il prezzo dei farmaci ed il mondo che ruota intorno al farmaco, per introdurre nel testo la proroga della possibilità di utilizzare gli studi professionali esterni per svolgere la libera professione intra moenia. Al riguardo, credo che l'articolo 1-quinquies debba essere soppresso (in tal senso vanno alcuni emendamenti da noi presentati) e che la materia vada disciplinata da un apposito provvedimento. Ad ogni modo, nel prosieguo dell'esame, avremo modo di illustrare i nostri emendamenti e di prendere posizione su quelli presentati dai colleghi.
Colgo l'occasione per sottolineare che mi ha rammaricato molto la scelta operata in Commissione dal relatore, il quale, da un lato, ha invitato i molti colleghi della maggioranza che hanno presentato proposte emendative a ritirarle e, dall'altro, ha espresso parere contrario tout court su quelle presentate da deputati dell'opposizione. Penso che la materia, che riguarda molto da vicino la salute dei cittadini, soprattutto di quelli più anziani e meno
abbienti, nei confronti dei quali tutti noi dovremmo avere un occhio di riguardo, dovrebbe essere trattata meglio.
Auspico che venga manifestata la disponibilità a collaborare ed a non blindare il testo, che richiede moltissimi miglioramenti e che può veramente essere migliorato. Se il testo rimarrà quello che è, sebbene sia presto per fare una dichiarazione di voto, credo che il nostro voto contrario sarà scontato.
PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Castellani. Ne ha facoltà.
CARLA CASTELLANI. Signor Presidente, signor ministro, signor sottosegretario, onorevoli colleghi, l'onorevole Labate sa che nutro profonda stima nei suoi confronti perché ho avuto modo di apprezzare il buonsenso e l'equilibrio da lei dimostrati quando, nella scorsa legislatura, ha rivestito la carica di sottosegretario per la salute. Proprio per questo, però, non riesco a comprendere come l'onorevole Labate possa sostenere, a poco più di trenta giorni dalla sua entrata in vigore, che il decreto-legge in esame abbia già fallito il colpo. La stessa onorevole Valpiana prevede un monitoraggio trimestrale; io, invece, ritengo che ad una prima valutazione si possa procedere non prima di un anno di applicazione.
Allo stesso modo, se è vero, onorevole Labate, che questo Parlamento ha licenziato nove provvedimenti per fare in modo che lo sforamento del tetto della spesa farmaceutica (fissata dal vostro Governo al 13 per cento) rientrasse nei limiti previsti, non è assolutamente vero che questo è semplicemente il decimo provvedimento: quello in esame è - finalmente - il primo provvedimento che affronta il problema del cittadino che deve pagare il farmaco di tasca propria. Ritengo che questo sia il primo passo di un percorso importante che dovrà essere compiuto verso la determinazione del prezzo dei farmaci, intervenendo su tutta la filiera.
Va dato atto al Governo, grazie anche alla sensibilità sociale del ministro della salute e del sottosegretario, il quale ci ha accompagnato nei nostri lavori parlamentari nel corso di questi anni, di avere adottato un provvedimento, quello che ci accingiamo a convertire in legge, che vuole costituire un segnale, onorevole Valpiana, di grande attenzione nei confronti di tutti i cittadini italiani, in particolare verso le categorie più deboli (gli anziani, i pensionati e le famiglie monoreddito), che vedranno ridotto il costo della spesa farmaceutica a loro carico.
Il provvedimento nasce, a mio avviso, da due motivazioni sostanziali. La prima è legata all'aumento, negli ultimi 10 anni (dal 1995 al 2004) della spesa per i farmaci di fascia C (quelli pagati direttamente dai cittadini) che hanno subito un incremento pari a più del 50 per cento. La seconda riguarda il prezzo dei farmaci di fascia C che, in Italia, è mediamente più alto, di circa il 20 per cento per alcuni prodotti e del 40 per cento per altri, di quello praticato in tutti gli altri paesi dell'Unione europea.
Chiedo ai colleghi che sono intervenuti e che erano la maggioranza del Governo di centrosinistra che ha governato il paese dal 1996 al 2001: dove erano? Come mai non si è intervenuto, visto che la stessa Federfarma ha denunciato, in più occasioni, l'anomalia, tutta italiana, dell'aumento eccessivo del prezzo dei farmaci di fascia C, sostenendo la necessità di porre riparo a questa anomalia? E se è vero che per centrare il cuore del problema, che è quello di adeguare il prezzo dei farmaci italiani a quello europeo, sarà necessario intervenire in un futuro molto prossimo, signor ministro, sulla formazione a monte del prezzo dei farmaci, sulla distribuzione e sull'IVA, è altrettanto vero che le norme previste dai commi 1 e 2 dell'articolo 1 del decreto-legge in oggetto daranno vita, attraverso un definitivo impulso alle liste di trasparenza dei medicinali di fascia C, ad una forma positiva di concorrenza tra farmacie, basata sulla professionalità dei farmacisti e sulle loro capacità gestionali ed organizzative, a vantaggio sicuramente degli utenti.
La conferma prevista nel decreto-legge che il solo farmacista può vendere tutti i
medicinali, sia specialistici sia da banco, garantisce, infatti, la professionalità dei farmacisti che risulta certamente rafforzata nel provvedimento, a maggior tutela della salute dei cittadini, onorevole Valpiana, senza inficiare in alcun modo il principio dell'automedicazione.
L'introduzione di confezioni a posologia limitata consentirà, anche per questa tipologia di farmaci, non solo un risparmio per i cittadini, ma anche una limitazione all'abuso e allo spreco dei farmaci, tutelando, anche in questa maniera, la salute dei cittadini.
Anche la scrittura Braille sulle confezioni di farmaci è una misura etica, a favore di una categoria di cittadini svantaggiata, come gli ipovedenti ed i non vedenti, ma il cuore del provvedimento, che consentirà un reale risparmio per i cittadini nell'acquisto dei farmaci senza obbligo di prescrizione medica e quelli di automedicazione, poggia, a mio avviso, su tre elementi fondamentali: l'utilizzo dei farmaci equivalenti, lo sconto, fino al 20 per cento, applicabile dalle farmacie sia pubbliche sia private ed il blocco biennale dei prezzi che può essere modificato in aumento soltanto nel mese di gennaio di ogni anno dispari.
Valuteremo tra un anno, onorevoli colleghi, l'efficacia di questo provvedimento, ma perché queste norme possano raggiungere a pieno la loro efficacia sarà necessario, signor ministro, far conoscere ai cittadini tutti, con un'informazione capillare, magari attraverso spot di comunicazione istituzionale, le opportunità di risparmio previste dalla legge, affinché possano consapevolmente esercitare un loro diritto in ogni area geografica del nostro paese.
Mi avvio alla conclusione, esprimendo una valutazione decisamente positiva su questo provvedimento, anche per il metodo utilizzato dal ministro nella stesura dello stesso, un metodo concertativo che ha visto tutti gli attori che intervengono nel settore della farmaceutica - produttori, farmacisti, medici prescrittori - dimostrare una notevole sensibilità istituzionale, rinunciando magari, ognuno per la parte di competenza, a prassi consolidate e, forse, a qualche privilegio.
Quindi, signor ministro, signor sottosegretario, onorevoli colleghi, l'auspicio di Alleanza nazionale è che questo decreto-legge trovi immediata conversione in legge, proprio per raggiungere le finalità che il provvedimento stesso intende perseguire (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Lucchese. Ne ha facoltà.
FRANCESCO PAOLO LUCCHESE. Signor Presidente, signor ministro, signor sottosegretario, onorevoli colleghi, il provvedimento oggi in esame interviene in materia di contenimento del prezzo dei farmaci a totale carico dell'acquirente. Mi sembra importante sottolineare questo ultimo riferimento, poiché prima a tale categoria corrispondeva una fascia di medicinali in regime di libero mercato, che negli ultimi tempi aveva comportato una lievitazione dei costi e quindi della spesa da parte del cittadino.
Per raggiungere l'obiettivo del contenimento sono stati previsti alcuni interventi, quali il blocco dei prezzi per due anni; la possibilità di aumentare il costo negli anni dispari; la sostituzione da parte del farmacista dei farmaci prescritti con ricetta, laddove non vi sia una espressa indicazione del medico, con un medicinale di minor costo; la possibilità per la farmacia di effettuare degli sconti sui medicinali senza prescrizione, i cosiddetti SOP e quelli di automedicazione. Mi sembra che tali misure costituiscano una sintesi dell'obiettivo che si intende raggiungere.
Nei giorni scorsi si è svolto un dibattito nel paese tra gli addetti ai lavori, alla luce del quale, nella maggioranza dei cittadini e degli operatori, si è formata la convinzione che tale provvedimento raggiungerà l'obiettivo prefissato, al di là di piccole osservazioni che si possono comunque svolgere: l'obiettivo sarà sicuramente raggiunto perché le indicazioni previste nel disegno di legge lo consentiranno.
Al fine di una maggiore efficacia, è stato previsto l'obbligo per il farmacista di informare il cliente sulla possibilità di sostituire il farmaco con un altro «equivalente», nonché quello di indicare sulla confezione il prezzo massimo, in modo tale da potervi applicare l'eventuale sconto; è stato altresì previsto l'obbligo di predisporre l'elenco dei medicinali da parte dell'Agenzia italiana del farmaco (AIF) e di garantire al riguardo la massima pubblicità: a tale obbligo ha fatto riferimento poco fa la collega Castellani nel corso del suo intervento.
Vorrei svolgere qualche considerazione sulle norme inserite nel testo durante l'esame svolto al Senato.
L'articolo 1-bis introduce la definizione di medicinale «equivalente» che viene a modificare in certo senso quella di medicinale «generico». I neologismi nella lingua italiana esistono e possono sempre essere proposti: la questione è solo quella di accettarli!
Anche se con il termine «equivalente» si intende un principio attivo equivalente ad un altro principio attivo, laddove invece per «equivalenti» si intendano confezioni con principi attivi diversi, ciò potrebbe provocare una certa confusione nell'utente, il quale potrebbe trovarsi di fronte ad una serie di medicinali sui quali vi è scritto che sono equivalenti gli uni con gli altri, ma che in realtà non sono equivalenti nel principio attivo ma sono equivalenti solo in quella determinata categoria. Si tratta quindi di spiegare meglio, e sicuramente gli utenti impareranno a capirlo e ad accettarlo, cosa significhi quel concetto di «equivalente» che ha sin qui determinato qualche perplessità.
Per quanto concerne l'inserimento al Senato della disposizione relativa alla disponibilità della confezione monodose, vorrei svolgere qualche riflessione, avendo letto e riletto il comma 165 dell'articolo 1 della legge 30 dicembre 2004, n. 311, al quale fa riferimento il comma 1 dell'articolo 1-ter, che introduce la norma sulle confezioni monodose.
Il decreto-legge prevede la possibilità di una prescrizione alla vendita per unità posologiche, le quali, a mio avviso, possono anche non significare una singola unità posologica, ma anche due, tre unità e così via. Mi sembrerebbe più corretto - al riguardo si potrebbe introdurre una modifica nel testo ed invito a tale proposito il ministro ad attivarsi - che siano messe in commercio le cosiddette «confezioni di avvio», più congrue rispetto a quelle monodose. L'Agenzia italiana del farmaco dovrebbe poi predisporre l'elenco dei medicinali che saranno inseriti in tale confezione di avvio attraverso un determinato numero di pezzi, in modo tale da non creare sprechi; l'uso della confezione monodose servirebbe invece soltanto all'interno delle farmacie, rispetto ad ipotesi di intolleranza o di allergia ma non a quelle dell'efficacia che, come medico, dico che non si realizzerebbe; utilizzare una serie di confezioni monodose, secondo me, costituirebbe uno spreco poiché l'efficacia non potrebbe mai verificarsi. Se nel frattempo venissero, però, introdotte le confezioni d'avvio, il problema sarebbe superato, come peraltro previsto dalla legge finanziaria per il 2005.
Per quanto riguarda il carattere Braille, si è aperta una discussione per i medicinali omeopatici o fitoterapici, poiché la dimensione di questi farmaci non consentirebbe l'inserimento dell'indicazione Braille; per ovviare a tale difficoltà, l'articolo 1-quater del decreto-legge prevede, al riguardo, l'inserimento nella confezione di un cartoncino pieghevole, recante la detta indicazione. Comunque, posso far presente al Governo come siano, per così dire, tollerabili le difficoltà che in alcune confezioni si determinano con l'inserimento delle indicazioni Braille.
Ho presentato in Commissione, e nuovamente in Assemblea - con l'intento anzitutto di segnalare la questione, senza tuttavia ritenere tale aspetto essenziale ai fini della conversione del decreto -, una proposta emendativa tesa ad inserire nelle scatole l'indicazione rappresentata da un triangolo rosso contenente un'automobile. Ciò, per segnalare l'attenzione che deve porsi alla guida in caso di uso di medicinali che possono provocare sonnolenza,
disturbi dell'equilibrio, del movimento, delle vista, dell'udito, sensazione di ebbrezza o grave interferenza con l'alcol. In particolare, mi riferisco ad alcuni tipi di medicinali, quali i sedativi, gli ipnotici, i tranquillizzanti, gli antidepressivi, gli antistaminici.
La proposta emendativa in questione è stata dichiarata inammissibile. Non voglio al riguardo fare polemiche, tuttavia il giudizio di inammissibilità avrebbe potuto essere fondato se il disegno di legge di conversione del decreto fosse stato in prima lettura; atteso, invece, che il Senato lo ha già esaminato modificando il decreto nel senso di prevedere l'inserimento nelle scatole di una indicazione con caratteri Braille, anche la modifica da me proposta poteva essere presa in considerazione. Comunque, il rischio è di appesantire l'esame del provvedimento, non ritenendosi essenziale la modifica; posso pertanto ritirare la mia proposta e presenterò eventualmente un altro emendamento per segnalare la necessità di provvedere in tal senso, necessità che risulta anche dalle statistiche: almeno il 10 per cento degli incidenti stradali è infatti provocato dall'uso di questi medicinali.
In molti paesi europei, peraltro, già esiste una indicazione di questo tipo; potremmo perciò disciplinare tale materia in modo adeguato. Ho già presentato una proposta di legge al riguardo e potremmo affrontare la questione in un'altra sede, esaminando un diverso provvedimento. Anche l'utilizzo degli studi professionali (in via di deroga) mi sembra importante in questo senso.
Per concludere, dopo aver illustrato brevemente gli obiettivi e gli interventi connessi al provvedimento in esame, credo che il fine perseguito dal decreto-legge - e dalla futura legge - possa essere raggiunto. Devo dare atto al ministro di avere contribuito ad un rapido iter del decreto al Senato; devo altresì sollecitare la Camera a condurre un esame altrettanto celere, in modo che diventi presto legge un provvedimento che è già in vigore nei confronti dei cittadini, i quali ne beneficeranno sostenendo una spesa minore sicché, per così dire, le loro tasche saranno, almeno in questo caso, rispettate (Applausi dei deputati dei gruppi dell'Unione dei democratici cristiani e dei democratici di centro, di Forza Italia e della Lega Nord Federazione Padana).
PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Moroni. Ne ha facoltà.
CHIARA MORONI. Signor Presidente, devo anzitutto osservare che in questa legislatura non è certo la prima volta che discutiamo di provvedimenti che, in merito al tema della spesa sanitaria, riguardano la spesa farmaceutica. Ritengo che abbiamo sempre dovuto affrontare provvedimenti assolutamente parziali e, per così dire, emergenziali; mai che avessero previsto, se non una soluzione, almeno una misura strutturale per affrontare il tema della spesa farmaceutica.
Inoltre, sono dell'avviso che, anche in questo caso, il modo di affrontare il tema della spesa farmaceutica è quello della cura per così dire sintomatica, anziché quello della prevenzione della malattia. La tendenza all'aumento della spesa farmaceutica è condivisa da tutti i paesi occidentali e non necessariamente negativa, perché è evidente che l'aumento della spesa farmaceutica ha a che vedere con l'allungamento della vita, con il miglioramento delle opportunità terapeutiche e, quindi, con la possibilità di avere a disposizione farmaci innovativi che ci permettano di curarci meglio e di affrontare la salute non solo come assenza di patologie, ma come un più ampio e benessere psicofisico (ognuno di noi legittimamente ricerca, soprattutto nell'età più avanzata, le migliori opportunità terapeutiche).
Ebbene, credo che occorra ragionare su tale questione tentando di inquadrare il tema della spesa farmaceutica nell'ambito dell'adozione di misure strutturali, ma, soprattutto, attraverso una visione d'insieme. Bisogna altresì dimostrare la capacità strategica di sapere collocare il necessario contenimento della spesa farmaceutica all'interno della più ampia questione dell'ottimizzazione (non mi piace
adoperare il termine «contenimento») delle risorse rispetto all'aumento della spesa sanitaria, in un momento in cui certamente non è semplice realizzare ciò.
Vorrei osservare che, a maggior ragione, non è semplice per un Governo nazionale, che si deve quotidianamente misurare sia con i conflitti sollevati dinanzi alla Corte costituzionale, a causa dell'autonomia delle regioni in tale materia, sia con la necessità di mantenere quella unitarietà, quella universalità e quella capacità solidaristica del Servizio sanitario nazionale che, spesso, non collima non solo con la legittima volontà di autonomia delle singole regioni, ma anche con il loro arbitrio.
Le regioni, infatti, adottano politiche in materia di salute che, talvolta, riducono i cittadini ad avere condizioni molto diverse sul territorio nazionale, spingendoli, in alcuni casi, addirittura alla «migrazione sanitaria». Al riguardo, auspico che si riesca a raggiungere l'obiettivo di non assistere più al manifestarsi di tale fenomeno in questo paese, poiché già oggi non dovremmo vederlo ma, ahimè, continuiamo a constatarne l'esistenza!
Vorrei rappresentare che, chiaramente, apprezzo lo spirito del decreto-legge in esame. Esso, infatti, intende misurarsi con il tema, emerso in questi ultimi tempi, del carovita: mi riferisco al calo del consumo del latte e del pane nella quarta settimana del mese. Sussiste la necessità di offrire risposte ai cittadini in ordine al fenomeno dell'aumento del costo della vita, legato alle contingenze economiche che ben conosciamo (vale a dire, ad una certa forma di introduzione dell'euro, e via dicendo), ma che incide in misura maggiore sui soggetti più deboli, e dunque sui malati che si devono recare in farmacia per acquistare medicinali, pagandoli di tasca propria.
Vorrei rilevare in Italia, comunque, oggi l'assistenza ai cittadini, anche sotto il profilo farmaceutico, raggiunge livelli qualitativi assolutamente buoni. Essa, infatti, offre risposte adeguate attraverso la possibilità di ottenere, tramite il Servizio sanitario nazionale, una serie di farmaci non solo «salvavita», ma che incidono sulla qualità della vita stessa.
CHIARA MORONI. Nonostante ciò, credo che le misure proposte dal decreto-legge in esame, giuste e lodevoli, volte a garantire il risparmio dei cittadini, non siano tuttavia efficaci ed efficienti rispetto allo scopo che esso si prefigge.
Apprezzo indubbiamente la norma, recata dall'articolo 1, che si muove in tal senso: mi riferisco alla sostituibilità, da parte del farmacista, dei farmaci anche...
FRANCESCO STORACE, Ministro della salute. L'obbligo!
CHIARA MORONI. L'obbligo...! In realtà, signor ministro, l'obbligo si trasformerà in una possibilità, poiché esso è condizionato al fatto che il medico non scriva sulla ricetta che il farmaco non è sostituibile. Allora, si può ancora parlare di obbligo?
In questo caso, emerge anche un altro tema. Signor ministro, lei mi ha sollecitato, e, come lei sa, rispondo sempre e puntualmente alle sue sollecitazioni. Infatti, vorrei osservare che si può imporre un obbligo ad un professionista - e lo si può anche sanzionare, giustamente, in caso di inadempimento - nella misura in cui gli si lascia l'autonomia, la capacità e la possibilità di assolvere completamente a tale obbligo, attraverso la sua capacità professionale (dal momento che è stato preparato adeguatamente dall'università italiana).
Così non sarà, ma certo non per colpa del ministro, e neanche per colpa del farmacista, e forse nemmeno per una colpa specifica del medico: sarà per colpa del sistema!
È chiaro ed evidente che si dispone che il farmacista «deve» sostituire il farmaco con un medicinale che fino ad oggi abbiamo
definito «generico» - vorrei evidenziare che abbiamo cercato di far comprendere alla gente che il farmaco generico è un medicinale che può utilizzare tranquillamente -, e da quando il decreto in esame sarà convertito in legge lo chiameremo «equivalente», tuttavia la possibilità di sostituzione dipende dal fatto che il medico consenta di farlo.
Viviamo in un altro mondo se pensiamo che il medico, qualche volta - naturalmente, faccio quest'affermazione con tutto il rispetto dovuto alla classe medica - non abusi, non già per specifica volontà negativa, quanto per tutelarsi anche rispetto alle responsabilità medico-legali in cui possa incorrere, scrivendo sulla ricetta che un certo farmaco non è sostituibile. Non voglio rivolgere, poi, un'accusa precisa in tal senso a qualcuno, ma non abbiamo ancora risolto, nel nostro paese, il tema del comparaggio, cioè della spinta dei medici alla prescrizione di alcuni farmaci anziché di altri; ed il criterio della «non sostituibilità», che il medico potrà apporre sulla ricetta e che impedirà al farmacista di permettere al cittadino di usufruire di un prezzo più basso del farmaco che quest'ultimo deve comprare, sarà di certo parzialmente inficiato dai convincimenti di alcune industrie farmaceutiche che in tal senso agiranno con grande impegno.
Ritengo che su questo tema sarebbe importante ed utile, invece, sperimentare anche in Italia la possibilità che il medico indichi nella ricetta il principio attivo. I medici italiani sono perfettamente preparati per farlo; se non lo fossero - ma credo lo siano - certamente dovrebbero prepararsi. In tal modo, si potrebbe obbligare integralmente il farmacista - che sarebbe ben contento di farlo, esercitando la sua capacità professionale, che non è certo quella di fare il commesso - a discriminare, anche scegliendo rispetto al principio attivo indicato dal medico il farmaco meno caro, più efficace e più efficiente per il cittadino-paziente che a lui si presenta con una ricetta.
Ritengo che in tal modo vareremmo una riforma strutturale di grande respiro, una vera riforma della farmaceutica, dando la possibilità ai medici di scrivere nella ricetta il principio attivo e sottraendoli ad un fenomeno che spesso è non comparaggio, ma una «pressante sollecitazione» che molti medici vivono con disagio e che talvolta si trasforma in una vessazione. Daremmo anche la possibilità ai cittadini di essere più sicuri, di avere prescrizioni adeguate, utili e necessarie. Daremmo, infine, al farmacista la possibilità di esercitare la propria professione.
Rispetto al tema del blocco dei prezzi dei farmaci e della possibilità di aumentarli nel mese di gennaio di ogni anno dispari, certamente si tratta - anche in questo caso - di una misura emergenziale. Capisco che bisogna offrire risposte al problema dell'aumento indiscriminato del prezzo dei farmaci. Ricordo, tuttavia, che esiste una norma, varata dal Parlamento, in questa legislatura, che prevede che il ministero debba comunque controllare i prezzi dei farmaci, evitandone un aumento indiscriminato.
Credo che anche riguardo a tale aspetto sia necessario considerare la possibilità di varare riforme strutturali circa il prezzo dei farmaci, che riguardino tutta la filiera produttiva e che possano offrire una soluzione a tale problema, allineando i prezzi dei farmaci italiani alla media dei prezzi dei farmaci europei, scandalosamente più bassa, soprattutto riguardo ad alcuni farmaci. Su ciò ritengo debbano essere date risposte precise ai cittadini. I cittadini non ci chiedono, soprattutto in fine di legislatura, provvedimenti che soddisfino i loro bisogni immediati; ci chiedono provvedimenti che possano dare risposte, soluzioni a problemi - ripeto - non solo immediati, ma che sono conseguenti ad anni di misure non strutturali, che amplificheranno il loro effetto negativo, proprio se non si risponderà con l'adozione di misure strutturali. Una di queste misure riguarda il prezzo dei farmaci e, quindi, l'opportunità dei cittadini italiani di essere uguali ai cittadini del resto d'Europa anche rispetto all'utilizzo del portafoglio in farmacia.
Vengo, ora, al tema centrale del decreto-legge, riguardante la possibilità per le farmacie di vendere i farmaci senza obbligo di prescrizione e quelli di automedicazione, detti farmaci da banco, con una possibilità di sconto del 20 per cento. Sostanzialmente, si tratta di introdurre in Italia una modifica del sistema del prezzo del farmaco.
La mia valutazione non sarà inerente la questione economica, che può riguardare i farmacisti o altre categorie, ma tenterò di svolgere considerazioni incentrate sul principio del mercato e della distribuzione del farmaco in Italia.
Con il decreto-legge in discussione si modifica un principio importante, ossia che il prezzo del farmaco sia imposto ed unico su tutto il territorio nazionale. Questo non è un tema secondario, perché innescare il meccanismo della concorrenza su un prodotto ad altissimo contenuto etico come il farmaco, credo sia una scelta da operare con grande ponderazione ed attenzione. È una scelta da cui non si torna indietro, che può avere grosse ripercussioni non già solo dal punto di vista commerciale, ma soprattutto dal punto di vista della tutela della salute dei cittadini, che è il tema centrale di cui l'Assemblea e la Commissione si sono sempre occupati e si devono occupare.
Allora, innescare il meccanismo della concorrenza significa sottrarre il cittadino a quella cultura che abbiamo tentato di consolidare e che anche il ministro Sirchia ha cercato di implementare attraverso quel libricino, che abbiamo condiviso e che è arrivato in tutte le famiglie italiane, in materia di buon uso del farmaco, di suo utilizzo oculato e del tentativo di evitarne l'abuso.
È evidente che innescare principi di concorrenza, come accade con qualsiasi altro prodotto commerciale, e, quindi, lasciare al libero mercato un prodotto di così alto contenuto etico comporta intrinseci elementi di pericolo sui quali bisognerebbe riflettere con grande attenzione.
Ritengo che il sistema della distribuzione del farmaco in Italia sia in assoluto il migliore del mondo. Molte ricerche dimostrano come la soddisfazione dei cittadini rispetto al rapporto con la farmacia e i farmacisti sia di grandissimo livello; ma, a parte ciò, emerge come sul territorio la tutela rispetto all'abuso del farmaco sia esercitata anche attraverso il fatto di non innescare principi di concorrenza rispetto a questo prodotto.
Dopodiché, l'ipotesi di applicare tali sconti indistintamente a tutti i clienti della farmacia implica decisamente una contraddizione. Si dice che questo decreto-legge è giusto perché in uno Stato liberale bisogna andare anche verso la liberalizzazione di prodotti che riguardano la salute dei cittadini. Ma, allora, se si dà la possibilità ad un commerciante (perché, a questo punto, il farmacista diventa un commerciante al pari degli altri) di praticare uno sconto, come si può imporlo a tutti i clienti, indistintamente? È evidente che ogni esercizio commerciale ha una platea di clienti che vi si recano tutti i giorni ed un'altra platea di clienti che passano una volta ogni tanto. Se si è commercianti e si prevede una concorrenza anche sul farmaco e, quindi, sulla salute dei cittadini, allora essa deve essere libera e non si può certo imporre che lo sconto venga praticato a tutti i cittadini ed a tutti i clienti.
È questo il tema su cui questo decreto non avrà efficacia, neanche dal punto di vista elettorale e, tutto sommato, ciò mi riguarda anche direttamente, facendo io parte della maggioranza. Tuttavia, credo siano altre le strategie dal punto di vista elettorale.
Tale decreto non avrà efficacia per una semplice ragione, ossia perché quanto da esso disposto non sarà omogeneo per tutti i cittadini italiani. Questa è l'altra grave conseguenza derivante da questo decreto, che non solo modifica l'unitarietà del prezzo, ma anche quella del trattamento dei cittadini sul territorio nazionale.
Infatti, è assolutamente evidente per tutti che le farmacie dei grandi gruppi multinazionali, che hanno acquistato farmacie in blocco in tutta Italia, che sono entrati nel mercato italiano e che hanno un forte potere di acquisto a livello europeo,
saranno in grado di praticare lo sconto del 20 per cento. Le farmacie vicine a quelle appartenenti ai grossi gruppi multinazionali saranno costrette a fare lo sconto. Anche le farmacie comunali certamente lo faranno, perché il bilancio comunale, comunque, è un bilancio complessivo e, quindi, alla fine, pareggeranno i costi su altri capitoli di bilancio.
Le farmacie private uniche, invece, che si trovano anche in paesi di grandi dimensioni - perché ben sappiamo che in Italia le procedure concorsuali delle farmacie non sono fra le più veloci e neanche fra le più snelle e, quindi, vi sono grandi paesi, soprattutto nel Meridione, dove mancano le farmacie -, non si sogneranno nemmeno di praticare uno sconto e non discrimineranno tra i clienti perché non lo faranno a nessuno.
Quindi, ci saranno dei cittadini che potranno usufruire dello sconto e cittadini che non potranno. Probabilmente, i cittadini giovani o di media età potranno usufruire dello sconto perché hanno una capacità di movimento e una mobilità maggiori e, quindi, potranno cercare per tutta Roma o per tutta Milano la farmacia che pratica uno sconto maggiore.
I cittadini anziani, invece, che sono coloro che frequentano più spesso le farmacie, che acquistano più farmaci e sulla cui economia familiare pesa di più, per il loro basso reddito, l'incidenza del costo dei farmaci, saranno doppiamente penalizzati, perché, evidentemente, hanno capacità di movimento minori oppure riterranno che, alla fine, non sarà conveniente, anche solo per il prezzo che dovranno pagare per il biglietto dell'autobus, cercare una farmacia che pratichi uno sconto maggiore.
Vale la pena di innescare la concorrenza su un prodotto altamente etico e sulla salute della gente per non dare risposte omogenee ai cittadini? Io credo di no. Ritengo, invece, che varrebbe la pena di studiare delle misure strutturali che diano delle risposte vere ai cittadini, facendoli sentire cittadini europei, ossia stabilendo prezzi più bassi sui farmaci, e che li facciano sentire tutti uguali. Si debbono studiare misure che permettano di gestire il mercato del farmaco mantenendo l'alto valore etico della tutela della salute che oggi l'Italia ha, cercando sicuramente di dare delle risposte all'aumento della spesa farmaceutica e utilizzando certamente meglio la professionalità dei farmacisti. Infatti, i farmacisti vanno utilizzati come presidio del Servizio sanitario nazionale, imponendo loro - questo sì - di fornire dei servizi ai cittadini e chiedendo loro di implementare i servizi che possono offrire.
Onorevoli colleghi, sul tema del welfare e dell'assistenza dobbiamo ottimizzare tutte le risorse, non solo quelle economiche, ma anche e soprattutto quelle umane del territorio e del nostro sistema complessivo, che possono essere in grado di dare delle risposte ottimali e migliori.
Quindi, forse, signor ministro, credo che dovremmo riflettere sulla utilità, sull'efficienza e sull'efficacia di questo decreto. Credo che, essendo un ministro politico, lei abbia più opportunità, capacità e possibilità di riflettere complessivamente sull'opportunità di studiare le modalità per dare ai cittadini delle risposte ottimali e delle misure strutturali che ci mettano a livello dei paesi europei per la spesa farmaceutica e, complessivamente, per la spesa sanitaria, ma non solo per questa.
Tali misure dovrebbero anche essere finalizzate ad un sistema assistenziale e solidaristico coniugato con la necessità di una gestione ottimizzata ed oculata della spesa. L'unico obiettivo deve essere quello di dare le migliori risposte assistenziali possibili ai cittadini, di darle il più possibile uguali e di alto livello in tutto il territorio nazionale e di tutelare la salute dei cittadini. Peraltro, il Ministero non si chiama più «della sanità» ma «della salute»: mi auguro che non si tratti solo di un cambiamento di nome, ma anche di una favorevole incitazione ad un percorso riguardante la salute dei cittadini.
PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.
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