La Camera,
premesso che:
l'Italia, con una popolazione di oltre 15 milioni di cani e gatti, si colloca al primo posto nella graduatoria europea per la consistenza della popolazione pet (animali da compagnia) in quanto oltre 9 milioni di famiglie italiane (circa il 30 per cento) possiedono almeno un cane o un gatto, oppure entrambi;
il nostro Paese è un importante produttore europeo di cibo per animali da compagnia, accanto ad imprese multinazionali, esistono numerose aziende nazionali di medie e piccole dimensioni;
ciononostante il mercato dei prodotti destinati all'alimentazione animale è tuttora un mercato immaturo e con ampi margini di crescita;
fenomeni socio-demografici come la denatalità, l'aumento dell'età media della popolazione e l'instaurarsi di una maggiore sensibilità zoofila hanno accresciuto considerevolmente il ruolo dell'animale da compagnia all'interno della famiglia;
il concetto di pet-therapy sta acquistando sempre maggiore spazio nella nostra vita quotidiana e numerosi studi dimostrano quanto sia importante per il nostro benessere il rapporto con gli animali domestici, in particolar modo per i bambini e per gli anziani;
avere un animale da compagnia non significa affatto disporre di un reddito superiore alla media finché il possesso di un animale non è legato a ragioni di status bensì alla passione e all'amore dei proprietari, ed inoltre i dati di mercato mostrano che il reddito dei possessori si attesta prevalentemente nella fascia medio-bassa;
nonostante la direttiva europea 92/77/CEE includa il cibo per animali nell'elenco delle cessioni di beni e delle prestazioni di servizi che possono essere assoggettate ad aliquota IVA ridotta («prodotti alimentari destinati al consumo umano e animale; animali vivi, sementi, piante e ingredienti normalmente destinati ad essere utilizzati nella preparazione di prodotti alimentari; prodotti normalmente utilizzati per integrare o sostituire prodotti alimentari») l'aliquota IVA applicata in Italia è quella ordinaria del 20 per cento;
la Commissione europea ha recentemente presentato una proposta di direttiva (COM 2003/97) finalizzata a migliorare il funzionamento del mercato interno attraverso una revisione dell'attuale struttura delle aliquote IVA ridotte, al fine di razionalizzare le numerose deroghe ed evitare distorsioni della concorrenza;
sotto l'aspetto degli effetti sull'erario, una modifica del regime IVA su questi prodotti, secondo un modello econometrico elaborato dal dipartimento dell'Università di economia dell'Insurbia di Varese, dimostra inequivocabilmente sia, un effetto tendenzialmente positivo sul gettito già a partire dal secondo anno che, un effetto positivo immediato in termini di maggior produzione e nuova occupazione;
a valutare la possibilità di assoggettare, con apposito provvedimento, i prodotti alimentari per animali domestici all'aliquota IVA del 10 per cento, così come indicato dalla normativa europea.
9/5736/1. Cennamo, Benvenuto.
La Camera,
premesso che:
il disegno di legge in esame si prefigge, tra l'altro, di raggiungere fondamentali obiettivi per una maggiore competitività del sistema produttivo del Paese;
sarebbe molto importante se il Governo, nell'emanazione dei decreti attuativi del presente provvedimento, valutasse la possibilità di apportare delle modifiche per quei decreti che per la loro stessa formulazione hanno determinato, in alcune circostanze passate, notevoli ostacoli;
uno di questi è il decreto del Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica 31 luglio 2000, n. 320, recante disciplina per l'erogazione delle agevolazioni relative ai contratti d'area e ai patti territoriali;
tale decreto nella sua accezione non consente variazioni progettuali sostanziali, di fatto impedendo agli imprenditori che si trovassero in condizioni avverse per svariati motivi (quali per esempio calamità naturali) di attuare delle valide alternative come quella di impegnarsi nella riconversione di attività diverse da quelle indicate nel programma originario;
ad un imprenditore che opera, per fare un esempio, nel settore del confezionamento della frutta in uno stabilimento di Acireale (Catania) non è oggi consentito riconvertire la propria attività nonostante il terremoto che ha interessato quel territorio nell'ottobre del 2002;
da più parti si sostiene che questi decreti siano alle volte così rigidi da sortire solo delle retrocessioni che non fanno bene né allo sviluppo né al rilancio delle attività produttive;
sostenere la competitività è fondamentale ma significa anche estenderla e migliorarla nelle sue misure più essenziali, perché ciò consenta di intervenire laddove ristagnano realtà spesso dimenticate, specie al Sud dove più opportunità e più forza darebbero sicuramente il via libera allo sviluppo, al rilancio, al turismo e quindi alla competitività;
a valutare l'opportunità di modificare, in sede di emanazione dei decreti attuativi del provvedimento in esame, il decreto del Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica 31 luglio 2000, n. 320, recante disciplina per l'erogazione delle agevolazioni relative ai contratti d'area e ai patti territoriali, consentendo di attuare, in casi particolari, delle varianti progettuali sostanziali in modo da dare più possibilità e più speranza a quegli imprenditori che per svariati motivi (quali per esempio calamità naturali) si trovino ad affrontare gravi difficoltà.
9/5736/2. Catanoso.
La Camera,
premesso che:
sull'attività relativa all'organizzazione ed al funzionamento delle aree industriali esiste una legislazione concorrente tra Stato e regioni derivante dalla specificità della materia poiché compresa nel «governo del territorio»;
in conseguenza di ciò è scaturita una legislazione molto eterogenea e divaricata delle regioni del Centro-Sud, ma anche del Nord (come ad esempio il Friuli-Venezia Giulia);
alcune regioni hanno, nell'ambito delle proprie autodeterminazioni in materia, provveduto a trasferire specifiche competenze, come ad esempio l'acquisizione di aree ed immobili inutilizzati, destinate in precedenza alle imprese assegnatarie, ai consorzi industriali territoriali;
in presenza di questa disomogeneità, appare indispensabile che il Governo intervenga per procedere ad un riassetto ed adeguamento della materia volti alla regolamentazione di specifiche competenze da attribuire ai Consorzi di sviluppo industriale;
si rende quindi necessario dettare principi normativi uniformi in tema di organizzazione territoriale ed attrezzature infrastrutturali delle aree industriali, ferma restando l'autonomia normativa regionale
pertinente all'organizzazione amministrativa dei Consorzi Industriali ed ai raccordi tra i piani territoriali consortili e la disciplina urbanistica generale;
ad intervenire mediante opportuni indirizzi mirati allo sviluppo economico e territoriale, per la semplificazione ed al coordinamento della disciplina legislativa in materia di consorzi per le aree di sviluppo industriale, finalizzati a:
1) riaffermare la natura di enti imprenditoriali dei Consorzi di sviluppo industriale (ASI), sottratti al controllo della Corte dei Conti poiché assoggettati ai controlli regionali unicamente per l'approvazione dei bilanci e dei piani regolatori delle aree industriali;
2) accelerare le procedure per il recupero, da parte dei Consorzi, delle aree degli immobili assegnate ad imprese, nei quali non sia iniziata o cessata l'attività produttiva, al fine di poterli destinare a nuove iniziative imprenditoriali conformi alle nuove disposizioni di legge;
3) uniformare a livello normativo la materia dei consorzi industriali (ASI);
4) autorizzare i Consorzi industriali ad essere soggetti promotori e coordinatori dell'attuazione, delle diverse forme di programmazione negoziata;
5) ad assegnare i contributi regionali per la realizzazione da parte dei Consorzi, delle aree ecologicamente attrezzate previste dalla legge n. 112 del 1998 e di altre infrastrutture consortili, anche per lo smaltimento dei rifiuti.
9/5736/3. Blasi.
La Camera,
premesso che:
la legge 5 gennaio 1994, n. 36 all'articolo 21 ha previsto la costituzione di un Comitato di vigilanza per l'uso delle risorse idriche, che tra le proprie competenze ha anche quella di elaborare il metodo di calcolo della tariffa da applicare negli «Ambiti Territoriali Ottimali - ATO», allorché viene individuato il gestore unico del servizio idrico integrato;
con decreto ministeriale del 1o agosto 1996, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 16 ottobre 1996, n. 243, è stato adottato il sistema tariffario del servizio idrico integrato stabilito dal Comitato in parola;
la tariffa da applicare è la risultante di un complesso calcolo le cui voci fondamentali sono i costi operativi e di ammortamento, la tariffa dell'anno corrente, il tasso d'inflazione programmato, il prezzo limite, la remunerazione del capitale investito;
sul capitale investito, risultante dai libri contabili e dal piano economico finanziario, si applica un tasso di remunerazione fissato nella misura del 7 per cento, non soggetto ad alcuna possibile variazione;
il tasso di remunerazione del capitale di rischio del 7 per cento è superiore a quello, normalmente praticato dal sistema finanziario ed incide in misura rilevante sull'ammontare della tariffa da applicare;
il tasso ufficiale di sconto all'epoca dell'emissione del citato decreto ministeriale del 1o agosto 1996 ammontava al 7,50 per cento, mentre attualmente il tasso di riferimento della Banca centrale europea è pari al 2 per cento ed il tasso di interesse legale è del 2,5 per cento;
secondo i firmatari del presente atto di indirizzo, questa situazione garantisce al gestore un'ingiusta rendita e contrasta con l'obiettivo del legislatore di realizzare una gestione più economica e tesa ad assicurare la riduzione delle tariffe applicate;
da una simulazione, effettuata sul consumo medio di una famiglia di quattro persone (circa 300 metri/cubo l'anno), risulta che, applicando un tasso di remunerazione
correlato all'attuale costo del denaro, si avrebbe un risparmio familiare sulla bolletta idrica tra i 30 e 40 euro l'anno; il rappresentante del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio, in risposta ad una interrogazione a firma degli onorevoli Vigni e Crisci, ha riferito che la questione relativa alla variazione del tasso di remunerazione del capitale investito è all'esame di esperti ministeriali;
ad adottare ogni utile provvedimento per rivedere l'attuale sistema tariffario ed in particolare per assicurare con urgenza la variazione del tasso di remunerazione del capitale investito, adeguandolo alle mutate condizioni di mercato al fine di consentire una giusta riduzione delle tariffe attualmente applicate.
9/5736/4. Crisci, Cialente, Coluccini.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 7 del provvedimento in esame è volto ad introdurre un'autorizzazione unica per la costruzione e l'esercizio dei gasdotti facenti parte della rete nazionale di trasporto del gas e dei nuovi gasdotti di interconnessione con l'estero, sostituendo autorizzazioni, concessioni, nulla osta e atti di assenso comunque denominati previsti dalle norme vigenti;
rilevato che la direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 2003/55/CE del 26 giugno 2003, recante il nuovo quadro comunitario di riferimento del mercato interno dei gas, all'articolo 4, prevede che nei casi in cui è richiesta un'autorizzazione per la costruzione o la gestione di impianti di gas naturale, gli Stati membri o le autorità competenti da essi designate rilasciano autorizzazioni per la costruzione e/o la gestione di tali impianti, gasdotti e apparecchiature connesse nel loro territorio, stabilendo, tra l'altro, criteri obiettivi e non discriminatori - da rendere pubblici - cui deve attenersi un'impresa che chiede un'autorizzazione per costruire e/o gestire impianti di gas naturale, ovvero un'autorizzazione a fornire gas naturale;
l'individuazione di tali criteri, in riferimento all'autorizzazione per la costruzione di gasdotti, non risulta presente nell'ambito dell'articolo 7 del provvedimento in esame, fatta eccezione per un generico richiamo al rispetto del principio di semplificazione e delle modalità di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni, ai fini dell'adozione del decreto del Ministro delle attività produttive che disciplini il procedimento per il rilascio dell'autorizzazione unica di cui al medesimo articolo 7;
sottolineato, inoltre, che la legge comunitaria per il 2004 (legge n. 62 del 18 aprile 2005) ha delegato il Governo ad adottare uno schema di decreto legislativo di attuazione della direttiva 2003/55/CE (cfr. articolo 1, comma 1, Allegato B),
a far sì che il conferimento dell'autorizzazione alla costruzione o esercizio dei gasdotti sia comunque subordinato al rispetto di criteri obiettivi e non discriminatori appositamente individuati, eventualmente nell'ambito del decreto del Ministro delle attività produttive, di cui al comma 3 dell'articolo 7 del provvedimento in esame, volto a definire le norme atte a regolare il procedimento per il rilascio dell'autorizzazione unica; coordinare, in sede di predisposizione dello schema di decreto legislativo di recepimento della direttiva 2003/55/CE, da adottare in attuazione della delega contenuta nella legge comunitaria per il 2004 (articolo 1, comma 1, Allegato B), quanto previsto dall'articolo 7 in esame con il contenuto dell'articolo 4 della direttiva.
9/5736/5. Bova, Quartiani.
La Camera,
premesso che:
il decreto-legge 5 ottobre 1993, n. 400, convertito, con modificazioni, dalla
legge 4 dicembre 1993, n. 494, prevede trattamenti particolarmente agevolati per alcune tipologie di utilizzazione del demanio marittimo per la cantieristica navale e la pesca ed altre misure più contenute relative per l'utilizzazione turistico ricreativa e per la portualità turistica;
risultano esclusi dalla disciplina ordinaria dei canoni demaniali l'utilizzazione di aree e/o specchi acquei da parte di impianti industriali ai fini dello stoccaggio e la decantazione di fanghi e residui delle lavorazioni industriali ed estrattive;
generalmente queste aree sono zone acquitrinose e malsane o comunque di valore pressoché nullo, sia sotto il profilo marittimo che, sotto il profilo agrario;
le imprese che impegnano questi spazi, non destinati alla produzione industriale, devono rendere compatibili sotto il profilo ambientale i residui delle lavorazioni prima che siano avviati allo smaltimento oppure a mettere a successiva disposizione dello Stato aree utilizzabili sotto il profilo commerciale;
per l'Euroalluminia di Portovesme, ma lo stesso dicasi per tutte aziende che utilizzano queste tipo di aree, l'applicazione della legge 494 del 1993 ha comportato un aumento del canone da 84 a 605 milioni di lire;
a valutare l'opportunità di estendere il trattamento agevolato, previsto per la pesca e la cantieristica, nel senso di applicare un canone minimo per le concessioni demaniali dovute da industrie minerarie o estrattive, prevedendo altresì una dilazione dei pagamenti per quelle aziende che registrino un pregresso non ancora versato.
9/5736/6. Mereu.
La Camera,
premesso che:
le emittenti televisive locali rivestono una fondamentale importanza per lo sviluppo dell'economia del territorio e in particolar modo per lo sviluppo, attraverso la promozione dei prodotti, delle piccole e medie imprese;
è, pertanto, necessario potenziare la competitività e la penetrazione sul mercato delle piccole e medie imprese attraverso le emittenti locali;
l'aumento degli ascolti delle emittenti locali è condizione necessaria per raggiungere tale obiettivo,
a valutare l'opportunità di prevedere un intervento economico da destinare alle emittenti televisive locali, che potranno usufruirne in misura proporzionale in virtù di una graduatoria nazionale che tenga conto dell'ascolto minuto medio annuale rilevato dall'Auditel tra le principali emittenti televisive locali.
9/5736/7.(Testo modificato nel corso della seduta)Giuseppe Gianni.
La Camera,
premesso che:
il contribuente non perde il proprio diritto al credito d'imposta, così come da risoluzione dell'Agenzia delle entrate n. 60 dell'8 maggio 2001, nel caso non abbia presentato la dichiarazione annuale;
tale diritto è stato altresì riconosciuto anche dalla giurisprudenza in molte sentenze tra cui quella della Corte di cassazione del 20 gennaio 1997, n. 544;
da tali sentenze, sfavorevoli all'Amministrazione dello Stato, scaturiscono oneri aggiuntivi a carico del bilancio dello Stato, come è dimostrato dai diversi contenziosi in essere che si sono risolti a favore dei contribuenti,
ad adottare iniziative, anche normative, affinché sia riconosciuto tale diritto a tutte le imposte dirette e affinché l'Agenzia delle entrate, nelle sue varie articolazioni territoriali, adotti posizioni uniformi.
9/5736/8.(Testo modificato nel corso della seduta)Gioacchino Alfano.
La Camera,
premesso che:
la legge 30 dicembre 2004, n. 311, legge finanziaria per il 2005, detta, tra gli altri, ai commi 22 e 23 disposizioni in materia di patto di stabilità per gli enti locali individuando i criteri per la determinazione del tetto del 2 per cento;
il Governo è chiamato ad emanare provvedimenti attuativi delle norme contenute nella legge 31 maggio 2005, n. 88;
a valutare l'opportunità di intraprendere tutte le iniziative opportune per attuare quanto detto in premessa ed eventualmente adottare gli atti amministrativi necessari a far sì che gli investimenti relativi ai contratti in essere ed in corso di stipula nell'anno 2005 che prevedono il trasferimento dei beni e delle risorse finanziarie necessarie alla bonifica delle aree minerarie, dalle società private ai Comuni, non ricadano nelle disposizioni previste ai commi 22 e 23 della legge 30 dicembre 2004, n. 311.
9/5736/9. Franci, Vigni, Mariotti, Maurandi.
La Camera,
premesso che:
la disciplina dei proventi realizzati dalle casse previdenziali, con particolare riferimento al regime di tassazione, appare per certi versi iniqua;
tale tassazione appare colpire ingiustificatamente il reddito pensionistico di natura previdenziale;
tale problema riguarda più di 1.600.000 iscritti alle casse previdenziali private;
tale questione appare, inoltre, strettamente legata alle problematiche dello sviluppo e dell'effettiva disponibilità delle risorse economiche e sociali nel territorio;
la scelta di liberare almeno parzialmente queste casse di previdenza dall'onere particolare di trattenere somme e patrimoni rilevanti potrebbe, infatti, consentire l'afflusso di maggiori risorse sul mercato e, quindi, maggiore disponibilità economica che si riverserebbe sul volume di affari con effetti benefici;
a valutare le questioni illustrate in premessa e ad adottare le più urgenti iniziative, anche normative, per farvi fronte positivamente.
9/5736/10. Tarditi, Perlini.
La Camera,
premesso che:
tenuto conto dell'importanza delle attività turistiche in Italia, con particolare riguardo alle attività alberghiere congressuali, queste ultime assoggettate ad aliquota normale;
preso atto della perdita di competitività delle imprese turistiche italiane anche perché poco competitive sul fronte dei prezzi;
considerato che in altri paesi dell'Unione europea vengono applicati incentivi a questo settore operando anche nel campo di applicazione IVA;
a prendere in considerazione la riduzione dell'aliquota IVA sulle attività turistiche di carattere congressuale adeguando le relative aliquote a quella generale inerente l'attività turistico alberghiera.
9/5736/11. Zacchera, Raisi, Daniele Galli.
La Camera,
premesso che:
è crescente la difficoltà dell'Italia di perseguire il raggiungimento degli obiettivi di Kyoto, ratificato con legge 1o giugno 2002, n. 120, per l'insufficienza dei fondi a disposizione ed il grave ritardo su molti protocolli applicativi;
nel corso dell'esame dello schema di decreto legislativo sull'incentivazione delle rinnovabili e di recepimento della direttiva 2001/77/CE, divenuto poi il decreto legislativo 28 dicembre 2003, n. 387, la Commissione attività produttive della Camera, come rilevato anche dal presidente della Commissione stessa nel corso del dibattito che si è svolto nella seduta del 6 novembre 2003, il finanziamento delle energie cosiddette assimilate alle rinnovabili e che sono tutt'altro che rinnovabili (cascami di petrolio, scarti di raffineria, carbone, rifiuti) sono stati caricati sui cittadini utenti circa 4.000 miliardi di lire l'anno, per un totale di poco meno di 60.000 miliardi dal 1992. Le leggi sul risparmio energetico 9 gennaio 1991, n. 9, e 9 gennaio 1991, n. 10, e la delibera CIP 6 del 29 aprile 1992 hanno determinato una situazione a causa della quale i sovrapprezzi incentivanti sono stati caricati sulle bollette elettriche, ma i proventi non sono finiti né al risparmio energetico, né alle energie rinnovabili, se non in percentuale assolutamente insignificante;
da recenti indagini di istituti di ricerca è risultato chiaro che gli italiani confidano molto sulle energie alternative ed in particolare sul solare e sono pronti ad investire nel settore qualora fosse avviata una politica incentivante, peraltro già avviata da talune regioni sia pure con risorse limitate; l'ingresso del piccolo capitale privato diffuso, nell'attuazione del protocollo di Kyoto potrebbe produrre una crescita che si può immaginare addirittura tumultuosa con i conseguenti benefici in termini di lavoro (installatori, progettisti) e di produzione;
ad avviare, sin dal 2006, una progressiva, ma rapida uscita dal sostegno delle energie assimilate di cui alla delibera CIP 6/92, adottata dal Comitato interministeriale prezzi il 12 aprile 1992;
ad indirizzare le risorse rivenienti per il finanziamento di disposizioni di natura agevolativa o fiscale che favoriscano la diffusione degli impianti energetici di microgenerazione di cui all'articolo 2, comma 1, lettera e), del decreto legislativo 28 dicembre 2003, n. 387, destinati ad usi civili o agricoli, alimentati da fonti rinnovabili come definite ai sensi del medesimo decreto n. 387 del 2003, nonché per promuovere la sostituzione degli elettrodomestici, dei condizionatori d'aria e dei generatori di calore per uso domestico con unità a maggiore efficienza energetica;
a definire con esattezza cosa debba intendersi per energie assimilate, individuando quali di esse possano ritenersi meritevoli della prosecuzione del sostegno.
9/5736/12. Daniele Galli, Zacchera.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 78 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, e successive modificazioni, nuovo codice della strada, e l'articolo 236 del regolamento attuativo di cui al decreto del Presidente della Repubblica 16 dicembre 1992, n. 495, in materia di modifiche alle caratteristiche costruttive e funzionali degli autoveicoli, prevedono
una procedura farraginosa, lunga e dall'esito incerto che non ha riscontro negli altri Paesi europei;
l'attuale normativa italiana impedisce, di fatto, la commercializzazione nel nostro Paese di alcuni componenti sostitutivi di quelli originariamente in dotazione dell'autovettura costringendo gli automobilisti italiani a recarsi all'estero per personalizzare la propria autovettura;
tale impianto normativo, che rispondeva evidentemente alla volontà del legislatore di garantire la sicurezza e il buon funzionamento dell'autoveicolo nel caso di modifica delle sue originarie caratteristiche costruttive e funzionali, appare non conforme agli articoli 28 e 30 del Trattato CE nonché obsoleto in considerazione degli ormai elevatissimi standard tecnici di qualità e sicurezza che caratterizzano il settore del componenti per autoveicoli;
negli ultimi venti anni, nell'ambito del mercato dell'automotive, si è sviluppato un after market dei componenti, contraddistinto da un'elevata innovazione tecnologica e da un upgrade continuo dei componenti originali del mezzo;
l'Italia si distingue in questo mercato, in continua crescita nel resto d'Europa e nel mondo, grazie ad una ricerca di prodotto, una qualità e un design proprio del made in Italy che rendono le aziende italiane le più rappresentative del settore;
a procedere ad una modifica dell'attuale impianto normativo in grado di semplificare e snellire l'attuale processo di autorizzazione alle modifiche, liberalizzare il mercato e ad assicurare maggiore competitività ad un settore produttivo ed imprenditoriale fiorente all'estero ma che in Italia stenta a decollare;
ad adottare le opportune iniziative affinché sia consentito alle aziende italiane del settore di commercializzare anche nel nostro Paese quei componenti, regolarmente omologati, con caratteristiche tecniche uguali o superiori a quelle originali.
9/5736/13. D'Agrò.
La Camera,
premesso che:
la direttiva 2003/30/CE del Parlamento europeo impone all'Italia di provvedere affinché una percentuale minima di biocarburanti e di altri carburanti rinnovabili sia immessa nel mercato additivando i carburanti tradizionali derivati dal petrolio con percentuali di riferimento (minimo) pari al 2 per cento entro il 31 dicembre 2005 e al 5,75 per cento al 2010;
nel recepimento della suddetta direttiva con decreto legislativo del 30 maggio 2005 in corso di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale sono stati fissati valori decisamente inferiori a quelli minimi di riferimento indicati dalla stessa direttiva (1 per cento al 31 dicembre 2005 e 2,5 per cento al 31 dicembre 2010);
il crescente aumento dei prezzi del petrolio e dei suoi derivati delle ultime settimane impone ingenti incrementi dell'esposizione debitoria del nostro Paese nei confronti dei Paesi esteri produttori di petrolio od una sempre maggiore dipendenza energetica dall'estero; ciò suggerisce un ripensamento dello sviluppo delle filiere nazionali di biocombustibili e biocarburanti e del loro ruolo strategico;
un incremento inferiore o pari a un centesimo di euro dei prezzi della benzina e del gasolio consentirebbe di reperire le risorse necessarie per realizzare sistemi di filiera nazionale per la produzione di biocarburanti in grado di calmierare almeno in parte l'aumento dei prezzi dei carburanti tradizionali, evitando il «fai da te» che alcuni cittadini hanno messo in pratica con olio di colza comperato nei supermercati come additivo del gasolio e altri espedienti simili;
i biocombustibili, e i biocarburanti in particolare, contribuiscono non solo a
raggiungere il rispetto degli obiettivi di Kyoto ma consentono anche di ridurre considerevolmente l'inquinamento atmosferico delle nostre città con evidenti vantaggi per la salute dei cittadini e conseguenti risparmi per la spesa sanitaria nazionale,
a far sì che lo sviluppo delle filiere di biocarburanti e biocombustibili rinnovabili prodotti dalle colture agro-forestali nazionali siano considerate attività strategiche nel breve e medio periodo anche ai fini di calmierare almeno in parte il mercato dei prezzi dei combustibili e carburanti tradizionali derivati dal petrolio;
a far sì che venga da subito incentivata la realizzazione di filiere energetiche agro-forestali, in particolare attraverso studi e sperimentazioni in larga scala volti alla diffusione delle colture energetiche, alla realizzazione di impianti pilota e alla sperimentazione di nuove e moderne tecnologie;
a far sì che si proceda ad una immediata revisione in aumento delle percentuali. minime di biocarburanti e di altri carburanti rinnovabili da immettere nel mercato additivando i carburanti tradizionali derivati dal petrolio.
9/5736/14. Bellotti, Arrighi.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 13, nel testo approvato, prevede, tra le altre cose, che gli interventi in favore delle aree industriali in crisi di cui al decreto-legge 1o aprile 1989, n. 120, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 maggio 1989, n. 181, sono estesi alle aree caratterizzate da crisi dell'indotto dell'industria automobilistica;
gli impianti del comparto automobilistico e del relativo indotto sono situati in varie regioni del Paese,
a chiarire, in sede di attuazione della disposizione, che gli interventi di cui al decreto-legge 1o aprile 1989, n. 120, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 maggio 1989, n. 189, si applicano alle aree caratterizzate da crisi dell'indotto dell'industria automobilistica di tutto il territorio nazionale.
9/5736/15. Fallica.
La Camera,
premesso che:
il Ministero dell'ambiente con il decreto 25 ottobre 1999, n. 471, ha emanato il regolamento recante criteri, procedure e modalità per la messa in sicurezza, la bonifica ed il ripristino ambientale dei siti inquinati ai sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, e successive modifiche ed integrazioni;
il decreto risponde alla necessità di risanare aree produttive di fondamentale importanza per lo sviluppo economico, icosiddetti siti di interesse nazionale previsti dal «Programma nazionale di bonifica e ripristino ambientale» introdotto con il decreto 18 settembre 2001, n. 468, che, individuati dalle leggi 9 dicembre 1998, n. 426, e 31 luglio 2002, n. 179, contano oggi cinquanta aree di interesse;
le procedure di caratterizzazione e bonifica previste dal citato decreto comportano tempistiche e deleghe scarsamente compatibili con le necessità di sviluppo e di competitività dell'economia nazionale;
il regolamento di fatto blocca ogni attività per eventuali nuovi insediamenti o per la modifica di quelli esistenti, sino ad avvenuta caratterizzazione dei siti e sino all'avvenuta bonifica delle aree in cui i piani di caratterizzazione evidenzino un inquinamento superiore ai limiti fissati dalla normativa vigente;
l'onere degli interventi di fatto viene posto completamente in capo all'ultimo utilizzatore,
ad adottare opportune iniziative al fine di incentivare le imprese ad eseguire caratterizzazioni e bonifiche dei siti inquinati consentendo quindi il loro riutilizzo secondo le finalità previste dagli strumenti urbanistici;
a tal fine, a prevedere nella prossima legge finanziaria dei provvedimenti che:
concedano in favore dei soggetti insediati nelle aree di interesse nazionale di cui alla legge 9 dicembre 1998, n. 426, e successive modifiche e integrazioni, un credito d'imposta ai fini delle imposte sul reddito negli investimenti effettuati e pagati dai medesimi soggetti per la caratterizzazione e la bonifica di siti inquinati;
permettano la proroga delle concessioni demaniali di aree incluse nei perimetri ai sensi dei decreto 25 ottobre 1999, n. 471, in cui vengano effettuati interventi di bonifica su richiesta scomputando dal canone una quota degli investimenti privati effettuati per 1e bonifiche stesse;
autorizzino l'utilizzo del Fondo di rotazione, istituito ai sensi dei comma 9-bis dell'articolo 18 della legge 8 luglio 1986, n. 349, le cui modalità di funzionamento sono disciplinate dal decreto 14 ottobre 2003 del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio, anche ai soggetti privati definiti dall'articolo 5 del decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio 18 settembre 2001, n. 468.
9/5736/16. Rosato, Banti, Zara, Damiani, Maran.
La Camera,
premesso che:
con l'ordine del giorno 9/3297/12, accolto dal Governo il 16 luglio 2003, nell'ambito della riforma del settore energetico, si è previsto di estendere il regime di incentivazione previsto dalle energie rinnovabili di cui alla direttiva 2011/77/CE, alle miscele acqua-carbone, anche additivate con stabilizzanti ed emulsionanti,
a dare seguito tempestivamente all'impegno sopra richiamato.
9/5736/17. Marras, Testoni, Osvaldo Napoli, Arnoldi, Massidda, Minoli Rota.
La Camera,
premesso che:
con la riforma del commercio attuata tramite il decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114, si è inteso perseguire gli obiettivi di trasparenza del mercato, di sviluppo della concorrenza e della libertà di impresa, nonché dell'efficienza, modernizzazione e sviluppo della rete distributiva, valorizzando il servizio commerciale nelle aree urbane, rurali, montane, insulari;
l'articolo 12 del decreto consente, nei comuni turistici e nelle città d'arte, l'apertura degli esercizi commerciali nei giorni festivi anche al di fuori dei limiti previsti dall'articolo 11, con il quale si concedono otto aperture domenicali annuali oltre alle domeniche del mese di dicembre;
la realtà di un Paese ad elevatissima vocazione turistica come il nostro mostra che la distinzione tra comuni turistici e non turistici è assai labile e che questa distinzione rischia di alterare le prospettive di sviluppo di intere zone del Paese, considerate non turistiche, che pure sono attraversate da flussi turistici di rilievo; a ciò si aggiunge la ovvia considerazione che non si possa negare ai piccoli esercizi commerciali ciò che è consentito ai supermercati, agli ipermercati ed ai
centri commerciali, e cioè l'apertura in tutte le domeniche e le festività dell'anno,
a valutare l'opportunità di adottare le opportune iniziative normative volte a sopprimere la distinzione tra comuni turistici, o città d'arte, e comuni non turistici, prevista dall'articolo 12 del decreto legislativo n. 114 del 1998, lasciando alla determinazione delle locali associazioni dei commercianti, in accordo con il comune, la decisione circa l'apertura festiva o meno di tutti gli esercizi commerciali.
9/5736/18.(Testo modificato nel corso della seduta)Arnoldi.
La Camera,
premesso che:
con il decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387, è stata recepita la direttiva 2001/77/CE in materia di sviluppo delle fonti energetiche alternative, nel quadro dell'attuazione del Protocollo di Kyoto;
in particolare, l'articolo 5 del decreto legislativo n. 387 del 2005 detta disposizioni specifiche per la valorizzazione energetica delle biomasse, in relazione alla quale si prevede di istituire una commissione di esperti per determinare i criteri di valorizzazione,
a valutare l'opportunità di adottare ogni iniziativa, anche di carattere normativo, volta a prevedere, tra gli obiettivi dell'articolo 5 del decreto legislativo n. 387 del 2003, l'individuazione delle condizioni tecniche, economiche, normative ed organizzative per l'importazione intracomunitaria o da Paesi terzi dei residui di lavorazione del legno, nonché degli scarti della manutenzione boschiva per il loro utilizzo a fini energetici.
9/5736/19. Osvaldo Napoli, Arnoldi.
La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame contiene norme per il rilancio della competitività del Paese;
tra tali norme rientra anche la semplificazione delle procedure per l'adempimento delle obbligazioni;
l'articolo 17, comma 1, della legge 7 marzo 1996, n. 108, prescrive che «il debitore protestato che abbia adempiuto all'obbligazione per la quale il protesto è stato elevato e non abbia subito ulteriore protesto ha diritto ad ottenere, trascorso un anno dal levato protesto, la riabilitazione» e, dunque, il diritto è riconosciuto al debitore senza alcuna distinzione in ordine all'importo del titolo protestato;
ne consegue l'indebita parificazione per la maturazione dei tempi necessari per la riabilitazione tra chi ha subito il protesto per cifre ingenti e chi, al contrario, lo ha subito per cifre di modesto e a volte di infimo livello;
un principio di equità suggerisce di distinguere tra le suddette ipotesi, consentendo a chi abbia subito il protesto per somme di modesta entità di poter accedere più agevolmente e speditamente alla riabilitazione,
a valutare l'opportunità di adottare ogni possibile iniziativa, anche con carattere di urgenza, al fine di dimezzare il termine per la riabilitazione del protestato, nel caso di protesto per somme non superiori a 1.000 euro, secondo principi di ragionevolezza e di proporzionalità.
9/5736/20.(Testo modificato nel corso della seduta)Brusco.
La Camera,
premesso che:
occorre favorire lo sviluppo e la diffusione dì nuove tecnologie in vari settori e comparti, anche al fine di garantire il rilancio della competitività del Paese;
tra tali compartì rientra, senza alcun dubbio, anche quello delle tecnologie del settore stradale,
ad adottare ogni possibile iniziativa affinché sia consentito, anche in deroga alle vigenti norme per illuminazione stradale, ivi comprese le gallerie, l'utilizzo di nuove tecnologie di illuminazione e di segnalazione luminosa, purché sia documentato, sulla base di sperimentazioni condotte con la collaborazione delle Università o di altri Enti di Ricerca Nazionali, che la loro efficacia ai fini della sicurezza e del risparmio energetico e i relativi costi d'installazione, gestione e manutenzione siano uguali o più convenienti di quelli dei sistemi di illuminazione e segnalazione tradizionalmente utilizzati sulle strade e nelle gallerie stradali.
9/5736/21. Lupi.
La Camera,
ritenendo prioritario sostenere l'utilizzo del gas naturale quale «carburante a ridotto impatto ambientale» da utilizzarsi nel settore dei trasporti pubblici e privati;
ricordando come in proposito sono stati adottati, nel tempo, i seguenti principali interventi normativi:
la comunicazione della direzione generale energia e trasporti dell'Unione europea relativa al piano di azione per la promozione dei biocarburanti e dei carburanti alternativi, che prevede lo sviluppo su scala comunitaria dell'impiego del gas naturale nei trasporti fino ad una quota del 10 per cento del mercato dei carburanti entro il 2020;
i decreti del Ministero dell'ambiente sulla mobilità sostenibile in area urbana che hanno lo scopo di ridurre il livello delle emissioni inquinanti da traffico attraverso il crescente impiego di veicoli alimentati a gas naturale;
l'impostazione del decreto legislativo n. 164/00, di liberalizzazione del settore del gas naturale, invece, non sembra avere considerato le specificità dell'uso del gas naturale quale «carburante» nelle linee guida di riassetto del settore;
le condizioni di accesso e le tariffe di trasporto e distribuzione emanate da parte dell'Autorità per l'energia elettrica e il gas, sono state quindi «tarate» sull'utilizzo del metano come combustibile e non tengono conto di tali specificità;
i distributori di metano per auto, infatti, contrariamente ai clienti idonei che utilizzano il metano come combustibile, hanno una serie di vincoli e limitazioni tipiche del loro mercato, fra cui:
l'impossibilità di poter programmare le necessarie portate giornaliere, tenuto conto che il cliente finale-automobilista influenza imprevedibilmente i prelievi (che sono effettuati direttamente dalla rete gasdotti, senza serbatoi) a causa di variabili esterne non controllabili quali i periodi di festività e la viabilità stradale (lavori, neve, eccetera);
la distorsione degli equilibri concorrenziali fra distributori allacciati alla rete nazionale e/o regionale e quelli allacciati alle reti cittadine che risultano gravati da maggiori costi di trasporto e distribuzione in quanto debbono pagare il transito sia sulla rete nazionale dei metanodotti sia sulle reti locali;
questo tipo di previsione non comporterebbe alcun maggior onere a carico del bilancio dello Stato;
allo scopo di conseguire gli obiettivi di sostenibilità ambientale del trasporto pubblico e privato attraverso la diffusione dell'utilizzo del gas naturale usato come carburante,
a valutare l'opportunità di adottare un provvedimento, a cura dell'Autorità per l'energia elettrica ed il gas, entro tre mesi dall'entrata in vigore della presente legge, con il quale vengono individuate apposite norme regolamentari che definiscano, per tale settore d'impiego, specifiche tariffe di trasporto e di distribuzione.
9/5736/22. (Testo modificato nel corso della seduta) Didonè, Polledri, Guido Giuseppe Rossi.
La Camera,
premesso che:
il decreto legislativo n. 79 del 16 marzo 1999 recante disposizioni in merito alla liberalizzazione del mercato elettrico ha liberalizzato le attività di produzione, importazione, esportazione, acquisto e vendita di energia elettrica, lasciando l'attività di distribuzione dell'energia elettrica in regime di concessione;
al cliente idoneo, definito dall'articolo 14 del decreto, è così concessa la possibilità di stipulare contratti di fornitura con qualsiasi produttore, distributore o grossista, sia in Italia che all'estero, mentre rimane obbligato per l'attività di vettoriamento (trasporto) a servirsi dell'unico soggetto distributore a ciò abilitato;
dall'idoneo si differenzia il cliente vincolato che pur essendo un cliente finale, è legittimato a stipulare contratti di fornitura esclusivamente con il distributore;
la scelta di divenire cliente idoneo, quando la legge lo consente, o rimanere vincolato non è priva di conseguenze sul piano dell'imposta sul valore aggiunto;
la tabella A, parte terza, punto 103 del decreto del Presidente della Repubblica 633 del 1972, così come riformulato a partire dall'anno 2004 grazie all'emendamento alla legge finanziaria per l'anno 2004, stabilisce nel 10 per cento l'aliquota IVA dell'«energia elettrica e gas per uso di imprese estrattive e manifatturiere comprese le poligrafiche, editoriali e simili; energia elettrica fornita ai clienti grossisti di cui all'articolo 2, comma 5 del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79», mentre per l'articolo 12 del decreto le prestazioni accessorie effettuate direttamente dal cedente ovvero per suo conto e a sue spese, sono soggette al medesimo regime, e quindi medesima aliquota, della prestazione principale;
ne deriva che l'impresa estrattiva o manifatturiera se cliente vincolato avrà fornitura trasporto e servizi accessori fatturati al 10 per cento, mentre se idoneo il trasporto e servizi accessori saranno addebitati con aliquota al 20 per cento a meno che tutta l'energia venga direttamente acquistata dal distributore, di fatto però imponendo una limitazione alla liberalizzazione del mercato elettrico;
il cliente idoneo può così trovarsi in problemi di liquidità finanziaria generati da un ingente credito IVA da chiedere a rimborso;
anche il cliente grossista - cliente idoneo che acquista e vende energia elettrica senza esercitare attività di produzione, trasmissione e distribuzione nei paesi dell'Unione europea, tra i quali i Consorzi - che dal 2004 acquista energia elettrica con aliquota 10 per cento indipendentemente dal fatto che il suo cliente finale sia poi un'impresa estrattiva o manifatturiera, può comunque trovarsi a far fronte al problema di un ingente credito IVA; ciò perché in virtù del combinato disposto dell'articolo 12 e della tabella A, parte terza, punto 103, del decreto del Presidente della Repubblica 633 del 1972 dovrà fatturare ai propri clienti finali imprese estrattive o manifatturiere fornitura trasporto e sevizi accessori alla medesima aliquota del 10 per cento, mentre il trasporto ed i servizi accessori, tra i
quali quelli del GRTN SpA, scontano una aliquota IVA a monte del 20 per cento,
a valutare l'opportunità di adottare i provvedimenti necessari affinché si giunga ad una perfetta perequazione tra la percentuale dell'IVA a monte e a valle relativa al trasporto dell'energia elettrica ed ai servizi accessori senza alcun aggravio economico per l'Erario, dato che nessuno dei soggetti coinvolti è un consumatore finale.
9/5736/23. (Testo modificato nel corso della seduta) Polledri, Saglia.