Resoconto stenografico dell'Assemblea
Seduta n. 646 del 28/6/2005
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(Dichiarazioni di voto finale - A.C. 153 ed abbinate)

PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto sul complesso del provvedimento.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mereu. Ne ha facoltà.

ANTONIO MEREU. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il compito principale della politica e del legislatore in particolare è raccogliere le istanze e le problematiche che emergono dalla collettività e cercare di risolverle nel migliore e compatibile dei modi. Vi sono, poi, alcune riforme che agli occhi dei cittadini rivestono maggiore importanza e vengono accolte con maggiore favore di altre proprio per il positivo impatto che esse determinano nella vita quotidiana.
Il provvedimento che oggi ci accingiamo ad approvare rappresenta una delle riforme più importanti per la modernizzazione del nostro paese. La complessità degli interessi coinvolti e degli aspetti tecnici contenuti nel testo sono tali da giustificare il lungo lavoro sin qui svolto.
L'urbanistica ha assunto nel corso degli anni il ruolo di materia su cui tendenzialmente incidono, si concentrano e si intrecciano interessi e potestà diversi, legati dal comune riferimento al territorio ed all'assetto che ne consegue, nel tentativo di ricondurre ad unità tutti gli interessi di volta in volta tutelati.
Da decenni si discuteva sull'esigenza di un disegno unitario. Il Parlamento non era riuscito a produrre sinora, dopo oltre sessant'anni dalla legge sull'urbanistica, quello sforzo di sintesi da molte parti invocato.
Anche nel corso della XIII legislatura sono state numerose le proposte di legge presentate su questa materia, ma solo l'attuale legislatura è apparsa fermamente decisa a portare a termine questa riforma. Solo oggi si raggiunge tale obiettivo e con l'approvazione di questo testo si stabilisce una prima e significativa tappa nella riforma del settore urbanistico. Lo stato delle fonti in tale materia, infatti, era da tempo oggetto di critiche: basta soffermarsi sulla data di emanazione, risalente al 1942, per dimostrare l'urgenza di una riforma organica del governo del territorio.
Il nodo principale da sciogliere è stato sicuramente quello di una definizione dei confini, delle competenze e dei rapporti tra Stato e regioni sulla materia ambientale e paesaggistica inglobata nella nuova definizione di governo del territorio come logico corollario del principio di sussidiarietà sancito dalla nostra Costituzione.


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Questo sistema di relazioni e di reciproco riconoscimento delle funzioni e prerogative, che costituisce una novità rispetto al passato, garantirà sicuramente una maggiore corrispondenza delle misure adottate alle esigenze emergenti dal territorio e, grazie al ruolo dello Stato, eviterà grosse sperequazioni tra le diverse realtà territoriali.
L'applicazione del principio di sussidiarietà verticale e orizzontale comporterà, pertanto, una drastica semplificazione delle procedure di approvazione dei piani urbanistici con l'attribuzione al comune della titolarità della pianificazione urbanistica e delle funzioni di governo del territorio, mettendo una pietra sopra ai rimpalli dei piani regolatori generali tra comuni e regioni.
Il provvedimento in esame si colloca in un nuovo contesto costituzionale sulla base di esperienze più mature nell'urbanistica. Esso è costituito da 11 articoli ed elenca una serie di materie necessarie per poter efficacemente adempiere al governo e allo sviluppo del territorio: vigilanza e controllo, urbanistica, edilizia, difesa del suolo e tutela del paesaggio.
Uno dei principali punti contenuti nel testo che ci accingiamo ad approvare riguarda proprio la definizione di «governo del territorio». Sino ad oggi tale espressione ingenerava incertezze e contraddizioni, tanto da sollecitare ripetuti tentativi di chiarimento da parte della Corte costituzionale, la quale, intervenendo nel merito, ha giudicato inammissibile una lettura in chiave di netta separazione delle competenze statali e regionali.
La Corte al riguardo ha affermato che l'ambiente costituisce un valore costituzionalmente protetto che, però, può costituire oggetto della legislazione regionale per gli aspetti collegati funzionalmente con le materie di competenza delle regioni. In quest'ottica la legge nazionale ora fissa i principi che debbono essere osservati dagli atti di programmazione e di pianificazione settoriale e dai programmi di intervento specialistici che comunque incidono sul regime dei suoli, regolandone usi e trasformazioni ammissibili.
La legge n. 1150 del 1942 era caratterizzata da una centralità che mal si conciliava con l'evoluzione del sistema delle autonomie regionali così come prefigurato dalla Costituzione ed attuato dal 1970 in poi sulla base delle competenze concorrenti riconosciute in materia urbanistica dall'articolo 117 della Costituzione, sino ad arrivare alla riforma di cui alla legge costituzionale n. 3 del 2001.
Su queste basilari esigenze, in questo nuovo contesto normativo si inserisce il provvedimento in quanto, alla luce della nuova formulazione devolutiva degli articoli 116 e 117 della Costituzione, riconosce nel comune, in base al principio di sussidiarietà, il soggetto titolare in via primaria delle funzioni in materia di governo del territorio, affidandogli il compito di redigere il piano urbanistico, fatte salve le competenze espressamente stabilite dalla legge regionale alla provincia e alla regione stessa, nonché le competenze tassativamente riservate allo Stato dallo stesso testo in esame. Nel contempo, esso affida alle regioni il compito di individuare, invece, i contenuti della pianificazione territoriale, che deve essere recepita e coordinata dal piano urbanistico, il quale si pone come strumento di disciplina complessiva del territorio comunale.
Altro aspetto di grande rilievo del provvedimento in esame è rappresentato dalla finalità del recupero e della riqualificazione dei centri urbani, anche con l'introduzione del procedimento di concertazione, attraverso l'applicazione della perequazione urbanistica.
La realtà delle cose è notevolmente cambiata: l'urbanistica di espansione si è arrestata e crescono le esigenze di recupero e riqualificazione delle città esistenti. Occorre, quindi, introdurre nuovi istituti diretti a rendere maggiormente flessibili le scelte urbanistiche e la loro attuazione, per adattarle alle esigenze di un territorio che deve essere governato e garantendo, nello stesso tempo, trasparenza e tempestività dell'attività di pianificazione urbanistica, vivibilità delle città, sviluppo economico


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e sostenibilità ambientale, perseguendo i fini primari e le esigenze proprie di una società aperta e integrata.
Tutto ciò è volto a fare fronte alle mutate condizioni socio-economiche e ambientali del paese ed è richiesto dal contesto europeo in cui dobbiamo confrontarci.
Altro corollario di questi principi innovatori contenuti nel provvedimento è rappresentato dalla delega al Governo ad emanare uno o più decreti legislativi volti a definire un regime fiscale speciale per interventi di fiscalità urbanistica secondo i principi ivi dettati.
Infine, vale la pena di sottolineare che la legge che andiamo ad approvare si inserisce nell'ambito del progetto di un paese più moderno, aperto e vicino alle esigenze dei cittadini.
Per tali motivi, esprimo a nome del gruppo UDC il voto favorevole all'approvazione del provvedimento, che rappresenta, come già detto, una tappa importante nella riforma urbanistica e del governo del territorio da più parti auspicata (Applausi dei deputati del gruppo dell'Unione dei democratici cristiani e dei democratici di centro).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Nuvoli. Ne ha facoltà.

GIAMPAOLO NUVOLI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il provvedimento oggi al nostro esame affronta una questione abbastanza rilevante, ovvero la riorganizzazione della legislazione urbanistica. Si tratta di un provvedimento che innova sostanzialmente la nuova cornice della legislazione dello Stato in un campo in cui le norme vigenti risalgono, in larga misura, ad oltre sessant'anni fa.
Siamo di fronte a questioni che riguardano il governo del territorio nel suo insieme e che richiedono una strumentazione urbanistica più adeguata non solo rispetto allo spirito della riforma del Titolo V della Costituzione, ma anche rispetto ad una concezione di sviluppo territoriale ed urbanistico diversa dal passato. Infatti, la legislazione statale è ferma ai principi della legge n. 1150 del 1942, mentre la realtà delle cose è fortemente mutata.
L'urbanistica di espansione degli anni sessanta e settanta si è arrestata. Crescono oggi le esigenze di recupero e di riqualificazione dei centri urbani esistenti. In linea generale, condividiamo l'eliminazione dei principi divenuti arcaici della tradizionale urbanistica. Mi riferisco alle nozioni di piano prescrittivo ed onnicomprensivo. Siamo favorevoli ad una suddivisione che veda un piano strutturale ed un piano progetto operativo.
Nel merito, però, restano aperte alcune questioni che per noi rappresentano altrettanti punti di debolezza e di criticità del provvedimento e che il Governo e la maggioranza non hanno consentito di eliminare bocciando gli emendamenti migliorativi dell'opposizione. Ad esempio, non condividiamo l'assenza di un ruolo sicuro delle province in materia di piani di vasta area, piani territoriali provinciali attenti alle dinamiche che nascono attraverso la sussidiarietà verticale, le forme di marketing territoriale e le unioni tra più enti o comuni in chiave di governo metropolitano. Tuttavia, è necessario un livello certo e non ad libitum nelle disponibilità delle regioni di pianificazione di area vasta.
Non condividiamo, inoltre, una certa ideologia fondamentalista sul tema della cosiddetta copianificazione del pubblico e del privato. È evidente che la confusione che ne deriva tra il ruolo del soggetto pubblico e quello del privato non può che portare effetti negativi sulla dinamica e sulla trasparenza dei mercati.
In ultimo, riteniamo di dover evidenziare una rilevante critica alla stessa nozione di governo del territorio, nel senso che siamo di fronte ad una concezione riduttiva del governo del territorio che rende più complesso ed incoerente il sistema. Invece, pensiamo che occorra garantire il riconoscimento legislativo di una nozione del governo del territorio più ampia e completa.
Detto ciò, pur perfettamente consapevoli che la riforma del territorio sia tra le


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più urgenti ed indispensabili per avviare un processo di modernizzazione del nostro paese debbo, purtroppo, prendere atto della sostanziale chiusura della maggioranza alle nostre proposte migliorative e, quindi, dell'inadeguatezza del testo che si vorrebbe licenziare. Per questo annuncio il voto contrario dei deputati Popolari-UDEUR (Applausi dei deputati dei gruppi Misto-Popolari-UDEUR e della Margherita, DL-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Pappaterra. Ne ha facoltà.

DOMENICO PAPPATERRA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, va subito detto che l'approvazione di questo provvedimento in materia di governo del territorio avviene in un contesto generale che potremmo definire preoccupante. Da un lato vi è un Governo che fino ad oggi ha destinato scarse risorse alla difesa del suolo e del patrimonio boschivo, alla difesa dell'erosione costiera, alla bonifica dei siti inquinati, alla tutela delle aree protette ed al rilancio delle aree ad alto rischio sismico. Dall'altro vi è un Governo che per fare cassa, in questi anni, ha approvato condoni edilizi a raffica, ha messo in vendita una parte del patrimonio culturale del paese, ha proposto la vendita delle aree demaniali e delle spiagge, ha approvato il piano delle grandi opere senza la necessaria concertazione con le regioni e con gli enti locali.
In questo quadro, oggi discutiamo di un provvedimento molto importante per il paese. Ci viene chiesto di approvare un testo che modifichi la legge urbanistica vigente, entrata in vigore nel lontano 1942, la quale peraltro fino ad oggi ha retto all'impatto delle profonde modifiche territoriali del nostro paese. Il testo odierno al nostro esame prevede delle norme in buona parte già ricomprese nelle cosiddette leggi di nuova generazione, quelle che le regioni hanno approvato in forza del Titolo V della Costituzione.
Il centrosinistra avrebbe voluto che il Parlamento non sprecasse questa occasione ed approvasse una legge di principi, che davvero recasse norme per il governo del territorio, ritenendolo, questo, un approccio non solo terminologico, ma anche il risultato di un corretto rapporto che deve esserci tra la programmazione del territorio ed i vari strumenti di pianificazione urbanistica ad ogni livello. L'approvazione del testo in esame rischia di riaprire conflitti di competenza, nella consapevolezza che la legislazione statale ormai deve fornire solo i principi fondamentali, da sviluppare poi con una normativa regionale di dettaglio, al fine di consentire l'attuazione di una politica nazionale, che deve ormai riguardare il solo sistema paese, nel rispetto del principio di sussidiarietà sancito nella Carta costituzionale.
Qualcuno, durante il dibattito in VIII Commissione e in quello sviluppatosi in questi giorni - penso anche ad alcune importanti associazioni ambientaliste -, ha proposto una sorta di opzione zero legislativa, cioè di lasciare tutto così com'è, perché questo testo normativo né innova, né risolve il problema. Noi Socialisti democratici siamo convinti che vi sia bisogno di una legge che aggiorni quella del lontano 1942, passando da un regime di urbanistica vincolistica ed autoritaria ad una gestione concorsuale del territorio. Tuttavia, riteniamo che vi sia bisogno nel contempo di una legge che stabilisca alcuni principi, in primo luogo il corretto riparto delle competenze amministrative in materia di governo del territorio, senza mortificare nessun livello istituzionale intermedio.
Vi è bisogno di una legge che dia centralità alla tutela dell'ambiente e dei beni culturali ed ambientali. Non è più pregnante, come cinquant'anni fa, la crescita di una politica urbanistica basata solo sull'espansione abitativa. Oggi si deve tener conto che la tutela ambientale e la difesa del paesaggio sono diventate questioni fondamentali per misurare la qualità della vita dei cittadini e per difendere la loro integrità. Vi è bisogno di una legge, che stabilisca un rapporto corretto tra la pubblica amministrazione e i privati, legato nel nuovo contesto ai meccanismi di


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perequazione territoriale e di compensazione. Vi è bisogno di una legge, che stabilisca che le grandi opere non vanno programmate al di fuori di un programma nazionale per la tutela del territorio, che invece deve definire con precisione gli interventi. Vi è bisogno di una legge, che ipotizzi la creazione, presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, di un sistema nazionale per lo studio del territorio, con compiti di raccolta di tutti gli elementi conoscitivi. Vi è bisogno di una legge, che assuma il metodo della concertazione tra tutti i livelli istituzionali preposti. Vi è bisogno di una legge, che garantisca la partecipazione democratica dei cittadini alla formazione e all'approvazione degli atti di governo del territorio. Vi è infine bisogno di una legge che esalti, onorevoli colleghi, il principio della sostenibilità ambientale.
Poiché riteniamo che il testo in esame sia una semplice legge di modifica delle attuali norme vigenti e che non assuma dunque gli indirizzi, che noi prima abbiamo indicato, il nostro voto su di esso non potrà che essere contrario, con l'auspicio che nel prosieguo del suo percorso parlamentare esso possa essere profondamente modificato, in modo tale che questa legislatura approvi un testo adeguato ai principi di innovazione e di sussidiarietà, e soprattutto al principio di un corretto rapporto tra i vari livelli istituzionali. Per queste ragioni, il gruppo dei Socialisti democratici italiani voterà contro il testo in esame (Applausi dei deputati del gruppo Misto-SDI-Unità Socialista).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Sandri. Ne ha facoltà.

ALFREDO SANDRI. Signor Presidente, desidero richiamare brevemente le ragioni per le quali il testo in discussione non avrà il nostro voto favorevole, anche se, come abbiamo ricordato nel corso del dibattito, stiamo parlando di un testo modificato con il concorso delle opposizioni. Questa nostra posizione non è motivata da pregiudiziali, dal momento che gli aspetti, per noi irricevibili, della formulazione iniziale del testo sono stati in gran parte corretti nel corso dell'esame del provvedimento. Le ragioni del nostro voto contrario risiedono nel prodotto finale.
Come hanno ricordato altri colleghi, il prodotto non è una legge di principi per il governo del territorio, perché sostanzialmente si modificano alcuni punti della legislazione urbanistica vigente e, pertanto, non si raggiunge l'obiettivo principale.
Siamo convinti che bisognasse mettere in campo una vera e propria innovazione culturale e amministrativa, tale da sostenere il passaggio dalla cultura urbanistica tradizionale al più complesso governo unitario del territorio.
Il testo che ci apprestiamo a votare non va in questa direzione. Il Titolo V della Costituzione ha assegnato alle regioni la materia urbanistica e, come materia concorrente, il governo del territorio. La maggioranza ha utilizzato la materia concorrente, il governo del territorio, per intervenire in una materia urbanistica sostanzialmente delegata alle regioni, senza disciplinare i criteri che devono sovraintendere all'esercizio unitario delle funzioni per gli enti che, a vario titolo, intervengono sul territorio.
Ciò è avvenuto, perché la maggioranza era fin dall'inizio interessata ad introdurre alcune modifiche alla legislazione urbanistica vigente sul modello della legge obiettivo, per favorire la realizzazione del progetto in ambito urbano, rendendo oltre misura flessibili le regole che sovrintendono il rapporto pubblico e privato.
Nel corso della discussione, la maggioranza si è accorta della forzatura e che il testo non avrebbe retto al confronto (il relatore Lupi ha aperto le porte ad un confronto maggiormente di merito). Né è nato un mix che non ha dato al testo comunque la forza della novità attesa.
Per la parte urbanistica, non aggiunge nulla alle esperienze regionali che, in questi anni, hanno aggiornato le vecchie norme e, laddove aggiunge qualcosa, lo fa prevedendo una flessibilità eccessiva, come abbiamo ricordato nel corso della discussione. Per l'altra questione, il governo del


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territorio, inteso come governo della complessità degli elementi che incidono sulla sua trasformazione, si sono, viceversa, fatte citazioni, richiami formali, senza delineare modi e forme per affrontare l'argomento. È assente la parte riguardante i compiti dello Stato e l'esercizio delle sue funzioni: questioni essenziali per una legge dello Stato.
Diverse sono le domande che si pongono: come programma, lo Stato, le opere pubbliche che rientrano nel governo del territorio? Come cooperano i programmi di settore? Che relazione esiste tra le scelte e la sostenibilità finanziaria? Per quali vie si entra in relazione con le scelte di pianificazione regionali ed urbanistiche? Tuttavia, si tratta di domande che in questo provvedimento, non trovano risposta se non attraverso citazioni generiche e di principio.
Come si regola, inoltre, la programmazione di area vasta, interregionale, anche in relazione alle politiche europee per affrontare i nodi competitivi delle grandi aree territoriali del paese (il nord-ovest, il nord-est, la regione adriatica, le regioni del mediterraneo)? Sono questioni che il testo non solo non disciplina, ma non si pone nemmeno.
Lo stesso accade per la parte ambientale: in più punti della legge troviamo richiami alla sostenibilità, ma restano formali, perché non si chiarisce con quali modalità si richiede agli atti di governo del territorio di dimostrare la coerenza delle previsioni e delle scelte con le caratteristiche e lo stato del territorio (il suolo, l'aria, l'acqua).
Lo stesso tema della cooperazione istituzionale, questione di grande rilevanza, resta una petizione di principio, perché non vi è una disciplina per il suo esercizio e ciò vale anche per le innovazioni da introdurre nella tipologia degli accordi tra le pubbliche amministrazioni sin qui sperimentati per superare la frammentazione della gestione amministrativa, rendendo obbligatoria, per esempio, l'integrazione delle politiche anche a livello ministeriale.
L'unica vera novità della legge poteva essere rappresentata dalle misure fiscali. Questo punto da solo poteva motivare il provvedimento, in quanto coglie un problema reale.
Non esiste una politica urbanistica che fa la scelta della riqualificazione per ridurre l'uso di nuovo territorio se non vi è un'adeguata politica fiscale. Come è impensabile che i comuni inizino a collaborare per adottare scelte urbanistiche concordate se gran parte delle entrate degli stessi comuni è legata alla riscossione degli oneri di urbanizzazione e dell'ICI, quindi a politiche espansive. Pertanto, materia per un riordino fiscale finalizzato al riuso ve ne è in abbondanza.
Il centrosinistra, nella passata legislatura, sperimentò gli incentivi per ristrutturare le abitazioni e fu un successo. Ora si trattava di sperimentare interventi su comparti o ambiti da riqualificare, ma il testo prevede che per le misure fiscali se ne riparlerà tra due anni. Così, anche la novità più interessante, appunto quella relativa al fisco, finisce per essere un auspicio.
Queste sono, in sintesi, le ragioni di merito che ci inducono ad esprimere un voto contrario sul provvedimento in esame (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo e della Margherita, DL-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Folena. Ne ha facoltà.

PIETRO FOLENA. Signor Presidente, colleghi, è innegabile la necessità di procedere ad una riforma complessiva, attraverso un testo unico, delle materie riguardanti il governo del territorio, anche tenendo conto delle grandi novità di carattere costituzionale intervenute a seguito della modifica del Titolo V della Parte seconda della Costituzione.
Sulla base di tali novità, si sarebbe dovuta intraprendere la strada volta a definire in modo alto, con una legislazione adeguata, le modalità attraverso le quali si esercita un governo democratico del territorio e, in particolare, si sarebbero dovuti perseguire alcuni obiettivi chiari: in


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primo luogo, precisare con certezza le funzioni di competenza di ogni livello istituzionale; in secondo luogo, provvedere al governo del territorio esclusivamente attraverso gli strumenti della pianificazione, formati con leggi che ne fissino le norme e i regolamenti; in terzo luogo, affermare senza incertezze che il governo del territorio è il governo di un bene comune e, quindi, è una sfera di competenza esclusiva del potere pubblico; in quarto luogo, coordinare coerentemente gli strumenti di pianificazione urbanistica e di settore al fine di tutelare i beni ambientali, paesaggistici, archeologici, culturali dei luoghi; infine, affermare che gli immobili esattamente individuati dagli strumenti di pianificazione e assoggettati a disposizioni immediatamente precettive ed operative, al fine di realizzare opere di interesse pubblico, devono essere acquisiti dal soggetto pubblico.
Se consideriamo l'enorme quantità di edificazione realizzata in questi ultimi anni - mi riferisco anche a quella di tipo abusivo, che ha potuto giovarsi di un sostegno militante da parte del Governo e della maggioranza parlamentare -, tenendo conto della oggettiva dimensione di esigenze edificatorie a fini residenziali e della consistenza del patrimonio edilizio inutilizzato, a nostro avviso, quale filosofia di una norma quadro, sarebbe dovuto emergere chiaramente che le trasformazioni del territorio non urbanizzato dovevano essere ammissibili o prescritte dagli strumenti urbanistici esclusivamente in assenza di alternative derivanti dal recupero, dal riuso, dalla riqualificazione di insediamenti e di infrastrutture esistenti, dalla capacità di rimarginare gravi ferite che, nel corso dei decenni passati, sono state inferte al territorio.
Pertanto, occorre dire «basta», in quanto è un mito completamente privo di fondamento quello della continua cementificazione del territorio quale ipotesi di risposta ai problemi del paese. Infatti, questa continua cementificazione, tanto più in questi ultimi anni in cui abbiamo assistito alla concentrazione in pochi gruppi di nuovi grandi interessi immobiliari e finanziari, risponde soltanto agli appetiti voraci di una rendita che non viene colpita dal punto di vista fiscale e di una speculazione edilizia e fondiaria.
Tanti piccoli proprietari, tanti lavoratori, tante famiglie vedono come un miraggio la diminuzione della pressione fiscale, mentre nel corso di questi anni i ceti che si sono arricchiti sono risultati quelli della speculazione edilizia e fondiaria e delle conseguenti allegre operazioni di borsa.
Del resto, il fallimento di questa impostazione si ricava da due fatti incontestabili. Il primo è l'enorme erosione del territorio, dovuta all'impatto incontrollato dell'edificazione selvaggia. Si tratta di una grande emergenza nazionale, evidente in caso di forti piogge oppure, al contrario, in caso di acute siccità, come in queste ultime settimane nel nord. Tutto questo è il frutto dell'assenza di governo del territorio e dell'impatto incontrollato delle politiche di edificazione selvaggia.
L'altro fatto è la grande emergenza abitativa. In proposito, abbiamo appena votato il decreto-legge relativo agli sfratti ed ottenuto qualche piccola modifica. Tuttavia, nei giorni passati abbiamo avuto modo di portare all'attenzione del Parlamento e di una parte dell'informazione del paese i numeri relativi all'emergenza abitativa, al costo degli affitti, al dramma degli sfratti, che tra l'altro in queste ore ha fatto da contorno anche a terribili vicende di cronaca. Tutto questo dimostra come non sia vero che la cementificazione selvaggia, la mano libera sul territorio, il potere delle grandi aziende di condizionare i comuni risolvano il problema abitativo nel nostro paese. Anzi, la precarietà abitativa ed il problema della casa hanno raggiunto ed investito ormai anche il ceto con redditi medi e medio-bassi, che si sta impoverendo e proletarizzando.
Di quanto detto non si trova traccia nel provvedimento relativo al governo del territorio, oggi al voto finale dell'Assemblea. Pertanto, voglio ribadire con chiarezza che il giudizio del nostro gruppo sul provvedimento in oggetto è totalmente negativo. Certo, hanno ragione gli altri colleghi


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dell'opposizione sul fatto che il provvedimento fosse nato come una sorta di legge n. 30 sull'urbanistica (chiamiamola così!) che tentava di ridurre l'uso del territorio delle città ad un supermercato, ad una gestione a contratto, con un testo assolutamente inaccettabile.
La versione finale ha tamponato alcuni devastanti aspetti grazie al lavoro da noi svolto; tuttavia, con l'articolazione, ad esempio, tra piano strutturale e piano operativo quinquennale sarebbe stato necessario abrogare e rivedere tutti gli strumenti di deregolamentazione contrattata subentrati negli ultimi quindici anni e che oggi sono strumenti decisionali in merito allo sviluppo delle città in maniera negoziale con poteri molto forti. Comunque, non riteniamo di essere di fronte ad un testo di mediazione accettabile, frutto di un confronto ampio e partecipato.
Onorevoli colleghi, per il nostro gruppo e per la nostra parte politica il provvedimento di legge all'esame, insieme ad altri, dovrà far parte di un'ampia opera di abrogazione e di modifica nel momento in cui, grazie alle prossime elezioni politiche, finalmente il Governo del condono edilizio, dell'assalto al territorio e della cementificazione dovrà andarsene a casa.
Siamo davanti ad un testo che azzera l'interesse pubblico nel governo del territorio e che può comportare persino gravi ricadute sullo stesso assetto democratico dei nostri enti locali. Per tali ragioni, in coerenza con quanto affermato, il gruppo di Rifondazione comunista dichiara il voto contrario all'approvazione dell'A.C. 153 ed abbinate, relativo al governo del territorio (Applausi dei deputati dei gruppi di Rifondazione comunista e dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mantini. Ne ha facoltà.

PIERLUIGI MANTINI. Signor Presidente, il gruppo della Margherita si è notevolmente impegnato per il miglioramento del testo in esame, nella Commissione, attraverso un lungo iter, nelle sedi di dibattito scientifico e disciplinare nel paese, nel corso delle audizioni, e, naturalmente, anche in Assemblea.
Non possiamo negare, da un certo punto di vista, che si tratti di una riforma assolutamente prioritaria per la modernizzazione del paese e da lungo tempo attesa. Il fatto di aver denunciato, e di denunciare, i molti limiti e gli aspetti inaccettabili contenuti nel testo che ci accingiamo a votare non fa venir meno una certa soddisfazione per il passo compiuto.
La legge di princìpi, come è stato osservato, è un provvedimento ricognitivo di princìpi già scritti nell'esperienza riformatrice degli enti locali e delle regioni degli ultimi anni, cui non aggiunge molto. Tale limite potrebbe peraltro essere considerato un pregio, costituito dal rispetto del principio di sussidiarietà verticale, vale a dire dalla capacità di formulare princìpi normativi sanciti dai comuni e dall'esperienza derogatrice, spesso in modo creativo, di antiche norme, come quelle risalenti alla legge n. 1150 del 1942 e alle successive modifiche, che ancora reggono anacronisticamente un settore così delicato.
Un ulteriore aspetto positivo del provvedimento in esame è indubbiamente costituito dalla capacità di innovare rispetto agli idola tradizionali dell'urbanistica italiana, retta ancora sul principio razionalista dello zoning, sull'espropriazione come strumento ordinario di azione, sui vincoli preordinati all'espropriazione, su una visione, come è stato osservato, «ragionieristica» degli standard. Con il provvedimento in esame vengono invece recepiti princìpi nuovi, quali la sussidiarietà verticale e un piano regolatore di tipo duale, vale a dire costituito dal piano strutturale o piano direttore, che individua le grandi scelte, soprattutto in tema di mobilità e di ambiente, e dal piano progetto o piano operativo, che è l'unico conformativo della proprietà. In tal modo viene recepito un modello utilmente introdotto da numerose legislazioni regionali (si tratta tuttavia di un modello diverso, lo osservo per inciso, da quello recentemente previsto dalla regione Lombardia). Vengono sanciti princìpi


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innovativi e utili in diverse materie, fra cui quella degli standard reali o prestazionali.
Tuttavia, riconosciuti i passi in avanti, abbiamo denunciato con molta forza anche i limiti del provvedimento in esame. Avremmo voluto una legge più coraggiosa e meno omissiva, ad esempio sui princìpi della negoziazione urbanistica, che restano non precisati o affidati all'interpretazione, che sarebbe stata certamente più agevole se non ci trovassimo di fronte a un testo di princìpi fondamentali che, tuttavia, non li prevede. La negoziazione implica par condicio concorsuale, trasparenza, imparzialità della pubblica amministrazione. Si tratta di criteri essenziali per far sì che l'urbanistica consensuale abbia un senso democratico, da un lato, e rispettoso del mercato, dall'altro.
Avremmo preferito una minore ambiguità su alcune nozioni, come il principio di co-pianificazione, che intendiamo con significato analogo al principio francese, ossia una capacità di riunire intorno allo stesso tavolo i soggetti che esercitano funzioni di governo del territorio co-pianificando. Invece lo si è inteso come una ambigua presunta divisione dei poteri tra pubblico e privato.
Avremmo preferito più coraggio sul versante della tutela del paesaggio, non in modo enunciativo, ma pratico, sul piano dell'efficacia giuridica, introducendo una divisione del territorio nazionale (la definisco così per semplicità) tra territorio urbanizzato e territorio non urbanizzato. Con ciò intendendo orientare tutte le politiche urbane verso l'ambito del recupero e della riqualificazione del territorio urbanizzato e non attraverso altro inutile spreco del territorio non urbanizzato, che contribuisce a costituire la nozione di paesaggio e quindi rappresenta oggi una risorsa essenziale anche per il nostro sviluppo economico.
Avremmo voluto soluzioni più coraggiose e anche più logiche, in linea con le situazioni reali. Che senso ha alleggerire la pianificazione urbanistica - come giustamente avviene per pianificazioni di tipo prescrittivo e vincolante -, se poi ancora predeterminiamo a monte il costo della concessione edilizia, ossia quanto deve essere pagato, in misura fissa, da parte dell'operatore, (il cosiddetto developer, colui che si occupa dello sviluppo edilizio)? Può avere senso prevedere un importo minimo, ma non certo un importo massimo.
Nelle nostre proposte emendative si è fatto cenno ad un sistema di aste delle licenze. Con ciò volevamo intervenire in relazione a quei meccanismi attuali che, in cambio dello sviluppo edilizio, richiedono la realizzazione di un determinato numero di opere o strutture pubbliche, senza che sia previsto un principio di imparzialità, senza principi di efficienza in tali negoziazioni. Ebbene, con il provvedimento in esame si dovevano stabilire criteri chiari riguardo a tale sistema, ma ciò non è stato fatto.
Si sono preferite soluzioni, per così dire, un po' affabulatorie, che richiamano alla semplificazione amministrativa, ma collocandola in un contesto sbagliato. Infatti, si prevede il meccanismo del silenzio-assenso per quei pochi, direi pochissimi casi - ormai residuali - di utilizzo del permesso di costruzione, quando ormai sappiamo che la maggioranza degli interventi edilizi è assoggettata alla denuncia di inizio attività, ossia a procedure di certificazione dell'esistenza del titolo che possiamo definire private.
Ebbene, prevedere il meccanismo del silenzio-assenso anche per quei pochi e irrilevanti casi di rilascio del permesso di costruzione non aiuta la pubblica amministrazione né i privati. Infatti, è del tutto evidente che assoggettare a permesso di costruzione, ad esempio, un'attività di riqualificazione o di ristrutturazione urbanistica e farla dipendere dal mero decorso del tempo (quando poi può accadere che il provvedimento «silenzioso» venga annullato dalla pubblica amministrazione), significa aumentare i costi a carico della pubblica amministrazione stessa, che dovrà risarcire i privati, e aumentare l'incertezza per questi ultimi, che intraprendono opere in condizioni non garantite.


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Quello al nostro esame è un provvedimento omissivo, ambiguo in più parti e scritto anche male: a volte, si è preferito far ricorso a slogan piuttosto che alla chiarezza dei principi meditati.
Per tali ragioni, pur avendo contribuito alla stesura del testo e riconoscendo il positivo passo avanti compiuto rispetto alla situazione attuale, dobbiamo, per l'insufficienza del provvedimento in esame, annunciare il voto contrario del gruppo della Margherita.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Parolo. Ne ha facoltà.

UGO PAROLO. Signor presidente, intervengo brevemente per ribadire le motivazioni che inducono il gruppo della Lega a ritenere meritevole di approvazione il testo unificato al nostro esame.
Intanto, come è già stato detto, si tratta comunque della prima riforma organica in una materia così importante come quella del governo del territorio che sia stata approvata dal Parlamento dal 1942 ad oggi. Sembra inverosimile ma, sino ad oggi, si è operato sostanzialmente attraverso la legge n. 1150 del 1942 e successive modificazioni, che, comunque, non hanno mai rivoluzionato il testo originario.
Certo, è una legge che non può essere definita rivoluzionaria semplicemente perché volutamente mantenuta sul piano dei principi e perché, allo stato attuale, non è possibile introdurre modifiche che andrebbero ad incidere sull'intero ordinamento dello Stato. Quella del governo del territorio è una materia che va ad incidere su più funzioni e occorrerebbe una revisione veramente coraggiosa da parte di tutto il sistema organizzativo dello Stato e dei propri enti ai vari livelli. Infatti, è stato ricordato - un esempio fra tutti - che la riforma del governo del territorio dovrebbe toccare anche l'aspetto fiscale: al riguardo, con questo disegno di legge introduciamo una delega al Governo. In realtà, bisognerebbe incidere ancora di più sull'aspetto fiscale, rivedendo completamente la fiscalità degli enti locali.
È stato detto più volte dai colleghi dell'opposizione che il sistema degli oneri di urbanizzazione è tale da essere ormai utilizzato in modo non opportuno da parte degli enti locali, i quali si avvalgono di quegli oneri per far quadrare i bilanci del comune, destinandoli addirittura, negli ultimi anni, alle spese correnti anziché a quelle in conto capitale. Per modificare tale situazione, occorrerebbe incidere in modo rivoluzionario su tutto il sistema dello Stato e realizzare una riforma di carattere costituzionale più ampia.
È evidente che in questo quadro è stato fatto il possibile e taluni principi coraggiosi sono stati introdotti o, se non altro, ribaditi. Occorre prendere atto che lo Stato sta di fatto rincorrendo le regioni e che è necessario che, in qualche maniera e purtroppo, questa legge si adegui anche ai princìpi ispiratori delle leggi di governo del territorio delle regioni, altrimenti andremmo a configurare uno strumento che potrebbe generare contenziosi gravissimi tra le legislazioni regionali vigenti e le norme di principio che stiamo per approvare.
Lo Stato dunque è in ritardo e lo è perché le regioni non potevano aspettare ed hanno di fatto già legiferato.
Nel progetto di legge che stiamo per approvare vengono introdotti alcuni concetti molto importanti, come, ad esempio, quello della perequazione urbanistica, che alcune regioni hanno già recepito ed introdotto (le regioni Calabria e Lombardia, ad esempio), al contrario di altre che non l'hanno recepito o che l'hanno introdotto in maniera molto limitata. Introduciamo come princìpio fondante quello della perequazione, che è uno degli strumenti principe per eliminare la rendita fondiaria e le disuguaglianze e per ambire a quei princìpi di uguaglianza che ricordava anche il collega Mantini. Introduciamo anche il metodo della concertazione e il concetto di atti negoziali invece di quello degli atti autoritativi. È stato un princìpio criticato dall'opposizione che invece ritengo importante laddove vengano fatte salve le procedure di concorrenza e di trasparenza.


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Attraverso l'apporto del gruppo della Lega Nord, sono stati introdotti alcuni princìpi importanti, come la tutela del paesaggio e quella dei caratteri tradizionali e la compensazione dei costi sociali tra gli enti locali che devono ottemperare alla costruzione di opere di interesse pubblico.
Credo che più di questo - e lo ribadisco - non fosse possibile fare. Ora spetta alle regioni recepire tali princìpi in modo corretto. Come gruppo della Lega Nord, abbiamo un motivo in più di soddisfazione, perché questa legge reca quale primo firmatario il nome del nostro segretario federale, l'onorevole Umberto Bossi, e ciò sta a significare l'attenzione con la quale il gruppo della Lega ha sempre seguito il problema del governo del territorio al punto da risultare il primo gruppo parlamentare che ha depositato in questa legislatura (ma anche in quelle precedenti) una propria proposta di legge, che, ovviamente, non è quella che sta per essere licenziata oggi dall'Assemblea, ossia un testo risultante da un lavoro coordinato tra la Commissione, i gruppi parlamentari e gli emendamenti approvati in aula. Resta significativo comunque il fatto che questa proposta di legge sia stata presentata all'inizio della legislatura.
Date queste motivazioni, i deputati del gruppo della Lega Nord Federazione Padana non possono che votare a favore di questo provvedimento, ed auspicano che, in seguito, grazie magari ad una riforma strutturale e costituzionale dello Stato, sia possibile giungere ad approvare una legge di governo del territorio ben più incisiva di questa che ci accingiamo a votare, che dovrà, quindi, intervenire sulle competenze dello Stato, delle regioni e degli enti locali in maniera profonda (Applausi dei deputati dei gruppi della Lega Nord Federazione Padana e di Forza Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Lion. Ne ha facoltà.

MARCO LION. Signor Presidente, intervengo brevemente per esprimere alcuni giudizi politici sul provvedimento al nostro esame.
Il Governo attuale, in qualsiasi ambito in cui è intervenuto, non ha fatto altro che smantellare e smembrare i principi di responsabilità, di tutela e di garanzia che una corretta amministrazione centrale dovrebbe tenere come riferimento in ordine al rispetto della collettività in nome della quale è chiamato a governare. Il provvedimento al nostro esame, di iniziativa parlamentare, che rispecchia una metodologia applicata in altre regioni governate dal centrodestra, non fa assolutamente eccezione. Con questo provvedimento, per fare posto ad una legge cornice pericolosa e vuota, si cancella oltre mezzo secolo di normativa urbanistica e di tutela del territorio. Questo è il giudizio politico su una questione che gli ambientalisti ritengono importante e che preoccupa molto gli urbanisti.
È interessante notare come questo provvedimento si inscriva, anche da un punto di vista generale, in un contesto dove si parla di concentrazione della comunicazione e dell'informazione nel nostro paese in poche mani; mani che, guarda caso, sono di soggetti che si occupano di immobili, cioè di «palazzinari». Si osserva una convergenza, che sembra fatta apposta, tra un quadro di tutela generale della democrazia dell'informazione e la gestione del territorio. Noi sappiamo, purtroppo, che le peggior cose nel nostro paese sono avvenute nella gestione del territorio e nella politica urbanistica. E il provvedimento al nostro esame appone un altro timbro negativo a questo tipo di politica, che l'attuale Governo ha reiterato con i diversi condoni di cui si è reso responsabile.
Nel preannunciare il voto contrario dei Verdi su questo pessimo provvedimento, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna di considerazioni integrative della mia dichiarazione di voto (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Verdi-l'Unione).


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PRESIDENTE. Onorevole Lion, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
Sono così esaurite le dichiarazioni di voto sul complesso del provvedimento.

PIETRO ARMANI, Presidente dell'VIII Commissione. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PIETRO ARMANI, Presidente dell'VIII Commissione. Signor Presidente, nel ricordare all'Assemblea che sono firmatario di due delle proposte di legge confluite in questo testo unificato, preannuncio che il gruppo di Alleanza nazionale voterà a favore di questo provvedimento.
Nella veste di presidente dell'VIII Commissione, desidero ringraziare il relatore e i colleghi della maggioranza e dell'opposizione per il lavoro svolto in Commissione nel corso di questi due anni. Il fatto che nell'arco di un pomeriggio si sia arrivati a licenziare il provvedimento sta a dimostrare che il lavoro svolto in Commissione è stato serio ed approfondito. Ricordo, infatti, ai colleghi che il lavoro in sede di Commissione è molto importante ai fini della bontà del testo che poi viene presentato all'esame in Assemblea.
Desidero, infine, ringraziare la segreteria della VIII Commissione che nel corso di questi due anni ci ha affiancati nello svolgere il nostro lavoro, che ha visto succedersi anche audizioni molto impegnative di rappresentanti dei vari interessi coinvolti in questo importante settore.
Il fatto che dopo oltre cinquant'anni si modifichi una legge risalente al 1942 e che si sia riusciti a farlo dopo molti tentativi nelle precedenti legislature dimostra, ancora una volta, che si è ben lavorato (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza Nazionale).

PRESIDENTE. Informo i colleghi che, dopo la votazione finale sul provvedimento in esame, potrebbe avere luogo qualche ulteriore votazione; pertanto, vi invito a rimanere in aula.

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