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PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'interno, onorevole D'Alia, ha facoltà di
GIAMPIERO D'ALIA, Sottosegretario di Stato per l'interno. Signor Presidente, come è noto, in linea con le previsioni della normativa, il 31 dicembre 2003 si è conclusa l'operazione, avviata nel mese di novembre 2002, di emersione e di regolarizzazione dei lavoratori extracomunitari irregolari presenti nel nostro paese, prevista dalle leggi n. 189 del 2002 e n. 222 del 2002, di conversione del decreto-legge n. 195 del 9 settembre 2002.
i disoccupati, garantendo loro solo l'iscrizione nelle liste di collocamento. La regolarizzazione di cui parliamo non si è limitata a curare solo tale aspetto, ma è andata oltre, richiedendo un reale rapporto di lavoro, fatto emergere con una domanda presentata non dall'extracomunitario, ma dal suo datore di lavoro.
PRESIDENTE. L'onorevole Gerardo Bianco ha facoltà di
GERARDO BIANCO. Signor Presidente, do atto al sottosegretario della puntuale risposta: il che rafforza la mia stima nei confronti del Ministero dell'interno, di chi lo dirige e nei suoi confronti, onorevole D'Alia, verso cui nutro anche personale simpatia. Peraltro, nella mia interrogazione, che risale al 12 febbraio 2003, prevedevo che - ove non fosse stato accolto il suggerimento che mi permettevo di dare e che è stato respinto per ragioni di carattere giuridico sulla cui veridicità è ormai inutile insistere - la questione sarebbe stata risolta, forse entro l'anno o entro un biennio. Infatti, il biennio è passato: il Santo è già andato avanti ed è arrivato, finalmente, nella sua chiesa. Non possiamo che prenderne atto.
Si è trattato di una complessa operazione, che ha riguardato circa settecentomila domande di regolarizzazione. Tale operazione non ha precedenti in Europa per dimensioni e complessità amministrativa e, per di più, essa non ha avuto alcun costo per l'erario. Al contrario, essendo previsto un contributo pari a 290 euro per le cosiddette «badanti» e pari a 700 euro per i lavoratori subordinati, sono affluiti nelle casse dello Stato ben 353 milioni di euro, pari a 683,5 miliardi delle vecchie lire.
Gli sportelli polifunzionali delle prefetture, nati dalla collaborazione tra aziende private, (Poste italiane) ed amministrazioni pubbliche (Ministero dell'interno, Ministero del lavoro e delle politiche sociali, Agenzia delle entrate, INPS ed INAIL), sono stati un potente moltiplicatore di rapidità del processo di regolarizzazione. Si è trattato, infatti, non di una sanatoria, ma di una vera e propria regolarizzazione. Le sanatorie del passato si limitavano, infatti, a prendere in considerazione la presenza sul territorio nazionale degli extracomunitari ad una certa data e riguardavano
Per quanto riguarda la questione del cosiddetto cedolino, ricordo che la cedola dell'assicurata postale attestante l'avvenuta presentazione della dichiarazione di emersione, pur autorizzando il lavoratore straniero a permanere sul territorio nazionale fino al completamento della procedura di regolarizzazione, non è mai stata ritenuta un documento valido per il rientro in Italia nel caso in cui lo straniero avesse intenzione, nel frattempo, di lasciare il territorio nazionale. Essa è stata considerata, comunque, sufficiente al rilascio provvisorio del codice fiscale e per l'iscrizione temporanea al Servizio sanitario nazionale.
Il lavoratore irregolare, in attesa di regolarizzazione, era in possesso soltanto di una copia di una ricevuta rilasciata non a lui ma al datore di lavoro, che, pur indicando il suo nome, in realtà non sanciva la sua regolarizzazione o la sua individuazione. Tale ricevuta non poteva, in nessun caso, costituire documento per autorizzare l'espatrio, seppure temporaneo, con successivo rientro, né avrebbe potuto essere utilizzata quale documento di identità o di riconoscimento. Ciò sarebbe stato in contrasto non solo con la legge sull'immigrazione, ma anche con gli accordi di Schengen. Infatti, la facoltà di lasciare temporaneamente il territorio dello Stato è riconosciuta, in via generale, soltanto allo straniero regolarmente soggiornante in Italia, ai sensi dell'articolo 8 del regolamento di attuazione del testo unico sull'immigrazione. Conseguentemente, i cittadini extracomunitari in attesa di regolarizzazione, una volta espatriati, all'atto del loro rientro in Italia non avrebbero potuto che essere respinti alla frontiera, a meno che non venisse loro rilasciato un visto di ingresso dalle autorità consolari italiane. Anche il ministro Pisanu volle precisare che, in occasione della «regolarizzazione» del 1998, fu consentito ai regolarizzandi di recarsi in patria esclusivamente durante le festività natalizie e le ferie estive, previa esibizione, in luogo del permesso di soggiorno, della ricevuta attestante l'avvenuta presentazione della domanda di regolarizzazione. Anche la prospettata ipotesi di rendere il cosiddetto cedolino idoneo a costituire valido documento per l'espatrio, con conseguente possibilità di rientro, fu allora considerata assai più laboriosa del generale rilascio del permesso di soggiorno.
In ogni caso, pur nella vigenza di tali regole di carattere generale, i casi eccezionali di necessità di rimpatrio, che si sono presentati quali assolutamente indifferibili nel tempo, seppure solo di alcune settimane o di alcuni mesi, sono stati adeguatamente valutati con procedura di autorizzazione particolare legata alla specificità dei singoli casi.
Diversa scelta è stata compiuta per il cedolino attestante il procedimento di rinnovo del permesso di soggiorno che, in occasioni particolari e nel rispetto di alcune condizioni, è stato ritenuto idoneo per lasciare il territorio nazionale e potervi fare rientro. Infatti, sia in occasione del periodo estivo sia nell'approssimarsi delle festività natalizie e, da ultimo, a seguito della terribile tragedia che ha colpito il sud-est asiatico alla fine del 2004, il dipartimento della pubblica sicurezza del Ministero dell'interno ha emanato apposite direttive affinché gli stranieri soggiornanti in Italia ed in possesso della ricevuta dell'istanza di rinnovo del permesso di soggiorno fossero autorizzati all'uscita ed al reingresso nel territorio nazionale per un periodo di tempo precisamente delimitato. Il reingresso in Italia doveva avvenire attraverso lo stesso valico di uscita, previa esibizione della ricevuta citata, in copia o in originale, oltre che del valido documento di identità. L'autorizzazione non poteva prevedere, infine, il transito in altri paesi dell'area Schengen.
Anche in questa occasione, debbo manifestare quella soddisfazione che si prova quando si riceve una cartolina che si temeva perduta e che, finalmente, arriva con un bollo antico: essa fa ricordare il passato. Naturalmente, vi è la soddisfazione di chi dice: ebbene, è arrivata, temevo che fosse andata perduta! Devo, quindi, limitarmi a rivolgerle questo ringraziamento, signor sottosegretario, augurando al ministero, che gestisce una situazione difficile, ed a lei, che adesso si occupa di uno dei grandi problemi del nostro tempo - mi riferisco all'immigrazione -, sempre grande equilibrio e serenità.
Do atto che il problema è stato affrontato con determinazione e con coraggio: non ho difficoltà a riconoscerlo. La vicenda si è anche conclusa abbastanza positivamente ed è auspicabile che si prosegua su questa strada, secondo una saggezza che appartiene alla tradizione democratico-cristiana.