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cittadini che si accingono ad affrontare le delicate tecniche della fecondazione assistita, ma si risolve in una violazione di fatto della volontà popolare emersa dal voto del 12-13 giugno -:
«terapia Di Bella», debba, insieme all'angoscia derivante inevitabilmente dalla scoperta di essere malato oncologico, sottoporsi alla «tortura» di una procedimento giudiziale per ottenere la possibilità di ricevere il relativo farmaco -:
riferito, non si ritenga di dover ulteriormente intervenire al fine di precisare e rafforzare dette cautele.
nonostante il clamoroso insuccesso del referendum abrogativo sulla legge n. 40 del 2004, alcuni medici, e in particolare numerosi operatori a vario titolo coinvolti nell'attività dei centri di fecondazione assistita, hanno annunciato l'intenzione di derogare alla legge vigente invitando le coppie a recarsi all'estero per utilizzare l'eterologa;
si apprende tale notizia dal Corriere di Verona del 26 giugno 2005, pag. 5, ove si segnala anche l'esistenza di un «documento che invita alla disobbedienza civile», utilizzato a fini strumentali e pubblicitari dai medici contrari alla legge n. 40, che lo definiscono «l'unica strada per salvare la nostra libertà ed agire secondo il giuramento di Ippocrate» (così si è espresso, in particolare, il dottor Stefano Zaffagnini del Centro privato di fecondazione assistita Thesis);
in particolare, va segnalato il caso della dottoressa Gabriella Torregrossa, ginecologa, direttrice del centro privato di fecondazione assistita Athena di Verona, che ha dichiarato di voler ricorrere alla magistratura e alla Corte costituzionale di fronte ai casi «contrari alla deontologia professionale» che le si presenteranno;
tale atteggiamento di «disobbedienza civile» adottato dalla dottoressa Torregrossa ha incontrato la netta opposizione del presidente del Comitato di bioetica dell'Ordine provinciale dei medici di Verona, Franco Alberton, che ha sottolineato come il codice deontologico preveda «il rispetto della norma vigente», e quindi anche della legge n. 40;
il comportamento dei medici come la ginecologa Torregrossa non solo contribuisce a creare incertezza e confusione nei
se non ritenga di adottare iniziative volte a monitorare l'attuazione della legge sopra richiamata sul territorio nazionale;
se non ritenga inoltre che condotte di «disobbedienza civile» come quelle sopra descritte siano rilevanti sul piano disciplinare.
(2-01603) «Gibelli, Francesca Martini».
la legge 20 luglio 2004, n. 189, «Disposizioni concernenti il divieto di maltrattamento degli animali, nonché di impiego degli stessi in combattimenti clandestini o competizioni non autorizzate», è entrata in vigore il 1o agosto 2004;
l'articolo 3 della legge n. 189 del 2004 inserisce nelle disposizioni di coordinamento e transitorie del codice penale l'articolo 19-quater (Affidamento degli animali sequestrati o confiscati), che prevede l'affidamento degli animali oggetto di provvedimenti di sequestro o di confisca ad associazioni o enti che ne facciano richiesta, individuati con decreto del Ministro interrogato, di concerto con il Ministro dell'interno;
il comma 2 dell'articolo 3 della legge n. 189 del 2004 stabilisce anche i tempi di adozione del decreto: entro tre mesi dall'entrata in vigore della legge. Ad oggi, tale decreto non è stato ancora adottato; l'Enpa ha fatto richiesta al ministero della salute di essere inserita tra le associazioni disposte ad accogliere animali sequestrati o confiscati;
l'articolo 6 della legge n. 189 del 2004 prevede, relativamente al contrasto dei reati contro gli animali, il coordinamento dell'attività della polizia di Stato, dell'Arma dei carabinieri, del Corpo della guardia di finanza, del Corpo forestale dello Stato e dei corpi di polizia municipale e provinciale. Per tale attività di coordinamento, il Ministro dell'interno avrebbe dovuto - sentiti il Ministro delle politiche agricole e forestali e il Ministro interrogato - adottare uno specifico decreto entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della legge n. 189 del 2004. Ad oggi, tale decreto non è stato ancora adottato;
l'articolo 8 della legge n. 189 del 2004 affida al Ministro interrogato la ripartizione - da stabilire entro il 25 novembre di ogni anno - delle entrate derivanti dall'applicazione delle sanzioni pecuniarie previste dalla legge n. 189 del 2004 alle associazioni o agli enti, di cui all'articolo 19-quater delle disposizioni di coordinamento e transitorie del codice penale. Ad oggi, la ripartizione non è stata ancora effettuata;
secondo i dati contenuti nel rapporto «Animal killer 2005» dell'Orca (Osservatorio reati contro gli animali, promosso dall'Enpa), dal 1o agosto 2004 al 31 dicembre 2004 sono stati 372 i casi che rientrano nell'ambito dell'applicazione della legge n. 189 del 2004. Dei 372 casi, 237 risultano denunciati all'autorità giudiziaria e 135 risultano non denunciati -:
quali siano i motivi del grave ritardo nell'emanazione dei due decreti, che regolano l'uno l'affidamento degli animali oggetto di provvedimenti di sequestro o di confisca ad associazioni o enti che ne facciano richiesta e l'altro che prevede, relativamente al contrasto dei reati contro gli animali, la creazione di un coordinamento dell'attività tra la polizia di Stato, l'Arma dei carabinieri, il Corpo della guardia di finanza, il Corpo forestale dello Stato e i corpi di polizia municipale e provinciale, e, conseguentemente, le cause per cui non sia stata ancora effettuata dal Ministro interrogato la ripartizione, da stabilire entro il 25 novembre di ogni anno, delle entrate derivanti dall'applicazione delle sanzioni pecuniarie, previste dalla legge n. 189 del 2004.
(3-04837)
come segnalato all'interrogante dall'Assoconsum, la multinazionale Pfizer ricava l'86 per cento del suo giro d'affari dai farmaci;
la multinazionale di cui sopra produce l'antinfiammatorio «Celebrex» che ha le stesse caratteristiche del Vioxx, ma che non è stato ritirato dal mercato -:
per quali motivi non si è proceduto al ritiro dal mercato del predetto farmaco, così come si è fatto per altri prodotti.
(3-04832)
i mutamenti climatici hanno ormai creato, da qualche anno, una nuova emergenza, determinata da temperature eccezionali su tutto il territorio nazionale;
in questi giorni il problema si è drammaticamente riproposto tanto che a Bolzano si è già registrato il primo decesso;
una ottantacinquenne di Bolzano, si è accasciata su un marciapiede ed è purtroppo deceduta;
le previsioni meteorologiche lasciano intravedere un'altra estate caratterizzata da alte temperature;
risulta già allertata la protezione civile anche per consentire agli anziani di non uscire nelle ore più calde della giornata e per offrire loro la possibilità di utilizzare volontari per le piccole commissioni -:
se vi sia un programma o comunque una iniziativa ministeriale per migliorare la sinergia con la Protezione Civile al fine di alleviare i patimenti della popolazione anziana e dei cittadini affetti da malattie respiratorie e se non si ritenga di dover diffondere mediaticamente una serie di consigli di massima per affrontare l'emergenza climatica estiva.
(5-04524)
i quotidiani nazionali (cfr., per tutti, La Stampa di sabato 25 giugno alla pagina 6) hanno dato ampio risalto alla sentenza pronunciata dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione con cui è stata definitivamente fissata la competenza del giudice ordinario, e non del giudice amministrativo, per conoscere e decidere sulle domande dei malati oncologici dirette ad ottenere gratuitamente dal Servizio Sanitario Nazionale la fornitura dei farmaci facenti parte della cosiddetta «terapia Di Bella»;
con tale pronuncia è stata definitivamente archiviata la posizione delle aziende sanitarie locali che eccepivano regolarmente il difetto di giurisdizione del giudice ordinario ritenendo invece che la competenza fosse del giudice amministrativo, con ciò eliminando la possibilità di ottenere pronunce rapide, secondo le forme dell'articolo 700 del codice di procedura civile, come del resto richiede la gravità della malattia oncologica;
la pronuncia mette in primo piano i diritti soggettivi dei malati di tumore, anziché gli interessi della pubblica amministrazione, lasciando dunque che sia il giudice ordinario a verificare la sussistenza dei presupposti voluti dal codice di procedura civile per l'accoglimento dei ricorsi;
malgrado questa importante pronuncia, che, secondo l'interrogante, fa giustizia anche di un annoso ed inconcepibile pregiudizio nei confronti del «metodo Di Bella», appare ancora mortificante e doloroso che un malato di tumore che, nell'ambito della libertà di scelta del tipo di cura, abbia deciso di avvalersi della
anche alla luce della citata sentenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, quali iniziative intenda assumere per garantire ai pazienti libertà di cura, evitando così che il Servizio Sanitario Nazionale entri in conflitto giudiziale con il paziente oncologico per la fornitura del farmaco relativo alla «terapia Di Bella».
(5-04526)
la stampa nazionale ha di recente riferito che, secondo quanto denunciato da don Piero Gallo, «parroco molto noto per la sua attività in favore degli immigrati», «alcuni dei feti espulsi» in seguito agli interventi di interruzione «terapeutica» della gravidanza, eseguiti presso l'ospedale ginecologico Sant'Anna di Torino, «sono vitali, il cuore batte, ma non si tenta neppure di salvarli e si lascia che si spengano da soli su un tavolo chirurgico. Se gli stessi feti fossero il risultato di un parto prematuro di una donna che desidera un figlio, si farebbe di tutto per salvarli e in molti casi, grazie ai progressi della medicina, si potrebbe riuscire a farli vivere» (La Repubblica, edizione del 25 giugno 2005, pagina 22);
il religioso sopra nominato avrebbe a sua volta appreso tali notizie da «alcuni dipendenti» del citato nosocomio;
il dottor Silvio Viale, «ginecologo del Sant'Anna», risulta aver in proposito dichiarato che «è rarissimo che un feto manifesti segni vitali autonomi prima di 24 settimane di gravidanza, data oltre la quale non pratichiamo aborti. Ma quando succede non ci comportiamo certo con leggerezza...» (fonte citata);
tuttavia, la direzione dell'ospedale in questione avrebbe già annunciato l'apertura di un'inchiesta interna, in merito ai fatti sopra segnalati;
il neonatologo Claudio Fabris, pur riconoscendo che solo in rari casi il feto possa manifestare autonoma vitalità entro le prime 24 settimane di gravidanza, ha comunque evidenziato l'opportunità di «abbassare ... a 22 settimane» il limite cronologico per l'interruzione della gravidanza imposta da motivi terapeutici;
risulta, al proposito, che «alcune regioni e alcuni ospedali italiani si sono dati regole fissando a 22 settimane il termine oltre il quale non si può più intervenire» con le pratiche abortive (La Repubblica, edizione citata);
sembra pertanto necessario verificare, oltre alla fondatezza di quanto è stato specificamente denunciato in relazione al nosocomio torinese, se analoghi comportamenti possano essersi verificati altrove e se non risulti opportuno disciplinare, in modo uniforme su tutto il territorio nazionale, il limite temporale massimo per l'interruzione terapeutica della gravidanza, eventualmente imponendo l'adozione di un dettagliato protocollo d'intervento per accertare se il feto manifesti segni di vitalità e per garantirne la sopravvivenza -:
se non si ritenga opportuno sottoporre ad un attento monitoraggio tutte le strutture sanitarie ove si pratichino gli interventi di interruzione della gravidanza cui si è fatto riferimento;
se non si ritenga opportuno adottare iniziative normative volte a prevedere un più breve termine, valido su tutto il territorio nazionale, entro il quale possa procedersi all'interruzione terapeutica della gravidanza;
quali misure di pronto intervento siano oggi previste per verificare la vitalità del feto, venuto alla luce in conseguenza delle pratiche sopra indicate, e per garantirgli tutte le opportunità di sopravvivenza e se, in seguito a quanto è stato sopra
(5-04532)
secondo dati recentemente diffusi dall'Osservatorio della Terza età, i «ricoveri impropri» imporrebbero al Servizio Sanitario Nazionale costi altissimi, annualmente quantificati nella cifra di undici miliardi di euro (La Repubblica, edizione del 26 giugno 2005, pagina 22; Il Corriere della Sera, edizione del 26 giugno 2005, pagina 16);
la ricerca citata evidenzia, in particolare, che ogni anno, in Italia, si registrano ben diciotto milioni di giornate di degenza improprie;
le cause del fenomeno così segnalato dovrebbero individuarsi nei comportamenti sbagliati di medici e pazienti, nella «mancanza di prestazioni sul territorio», nella deprecabile abitudine di imporre o consentire inutili e lunghe degenze degli anziani presso gli ospedali, nella diffusa «percezione di poter essere curati solo se ricoverati»;
per arginare gli sprechi connessi ai ricoveri impropri, assicurando, nel contempo, una più elevata qualità dell'assistenza sanitaria, occorrerebbe quindi «moltiplicare i servizi sul territorio, l'assistenza a domicilio, gli ambulatori», che «oggi sono carenti ... col risultato che ora l'ospedale finisce per essere vissuto come l'unico punto di riferimento» (La Repubblica, citata);
si stima che, adottando gli opportuni correttivi, potrebbero risparmiarsi addirittura 5,7 miliardi di euro all'anno (Il Corriere della Sera, citato) -:
se quanto sopra riferito trovi conferma nei dati a disposizione del Governo;
quali iniziative si ritenga opportuno assumere in relazione al problema così denunciato dall'Osservatorio della Terza età.
(4-15490)