Allegato B
Seduta n. 643 del 22/6/2005


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AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO

Interrogazione a risposta scritta:

ANNUNZIATA. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
ogni anno, nel pieno della stagione estiva, puntualmente emerge in tutta la sua gravità l'irrisolto problema dell'inquinamento marino e dei suoi preoccupanti riflessi sull'economia del nostro paese strettamente connessa al turismo ed in particolare a quello balneare;
dall'esame dell'elenco pubblicato sul sito del Ministero della salute risulta che nella sola regione Campania alta data del 20 giugno 2005 erano ben 91 i chilometri di costa interdetti alla balneazione a causa dell'inquinamento marino, di questi 17 chilometri riguardano la sola provincia di Salerno. Dallo stesso elenco non appare affatto tranquillizzante l'intero quadro delle altre coste italiane;
è noto ormai a tutti come l'inquinamento marino e il conseguente depauperamento biologico siano all'origine di un pericoloso processo di degrado del mare e delle coste che sembra diventato inarrestabile;
abbiamo quindi il compito di riconoscere non solo a parole, il valore di questa nostra ricchezza, ma anche di proteggerla concretamente, poiché essa rappresenta una delle più importanti risorse economiche del Paese, anche in prospettiva futura;
è giunto il momento di coniugare la promozione dell'immagine delle nostre bellezze naturali, e dunque del mare e delle nostre coste, con la presenza attenta ed attiva di adeguate politiche di tutela che facciano da supporto ad uno sviluppo sostenibile di un turismo moderno, evoluto ed efficiente anche sotto il profilo del rispetto e della conservazione delle risorse da cui trae origine;
già in precedenti occasioni l'interrogante ha sottolineato quanto, nell'attuale contesto, appare assolutamente retorico parlare di qualità dell'offerta turistica,


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sviluppo economico e opportunità occupazionali legate alle attività turistico-balneari;
lo stato attuale delle coste dimostra quanto siano insufficienti ed inadeguate le attuali misure dirette alla protezione del nostro ambiente marino, dei litorali e della salute umana contro i rischi derivanti dall'inquinamento marino dovuto all'incuria dell'uomo e alla carenza di adeguati interventi di vigilanza ed di controllo da parte delle diverse istituzioni preposte;
nella presente occasione l'interrogante intende soffermare l'attenzione dei Ministri in indirizzo sulla gravità dell'inquinamento marino, troppo spesso ignorato o sottovalutato, prodotto dalle migliaia di navi e dalle tante imbarcazioni da diporto che solcano il nostro mare, stazionano nelle nostre rade, nei porti e nelle darsene, scaricando in mare una quantità impressionante di residui e rifiuti di ogni genere che vanno a sommarsi in maniera non trascurabile ad altre forme di inquinamento, provenienti da terra e per le quali già dovrebbero funzionare i relativi controlli;
in sede internazionale la prevenzione di questa tipologia di inquinamento marino è regolata da diversi strumenti giuridici che si possono raggruppare come segue:
1) convenzioni che pongono il divieto di dispersione di idrocarburi o sue miscele dalle navi o anche da piattaforme sia fisse che mobili utilizzate per l'esplorazione e lo sfruttamento di idrocarburi nel fondo marino e per la cui infrazione stabiliscono la punibilità da parte della legislazione dello Stato di immatricolazione operando con ciò un rinvio agli ordinamenti interni (Convenzione di Londra del 1954 e Convenzione per la prevenzione della polluzione da navi MARPOL 1973-1978);
2) convenzioni che invece stabiliscono l'obbligo per lo Stato costiero di «porre in essere tutte le misure appropriate per la protezione delle risorse viventi nel mare da agenti dannosi; sancendo la responsabilità internazionale degli Stati per i danni causati da terzi in ambiti soggetti alla loro giurisdizione per l'inadempimento di tale obbligo oppure che consentono agli Stati di adottare anche in alto mare le misure ritenute necessarie a prevenire, attenuare o eliminare gravi e imminenti rischi che possono derivare ai loro litorali a causa di inquinamento da idrocarburi in seguito a sinistro marittimo (Convenzione di Bruxelles del 29 novembre 1969 e Convenzione sul diritto del mare di Montego Bay del 1981);
3) convenzioni che disciplinano lo scarico (o meglio l'immersione in mare) di rifiuti ed altre sostanze nocive da navi, aerei, banchine od altre strutture artificiali (cosiddetto dumping) e l'inquinamento da terra (Convenzione di Londra del 1972 e Convenzione di Parigi del 1974);
come si può notare la legislazione internazionale in materia di prevenzione presenta il comune substrato dell'acquisita consapevolezza da parte della comunità internazionale che l'ambiente marino costituisce il patrimonio comune dell'umanità e che il rischio dei cosiddetti inquinamenti marini transfrontalieri richiede una cooperazione interstatuale;
in ambito nazionale, il decreto legislativo n. 182 del 24 giugno 2003, in recepimento della Direttiva 2000/59/CE del 27 novembre 2000 del Parlamento europeo, ha definito nuovi obblighi per le navi e per gli impianti portuali di raccolta dei rifiuti, al fine di proteggere maggiormente l'ambiente marino dagli scarichi in mare dei rifiuti e dei residui di carico prodotti dalle navi che fanno scalo nei porti dell'Unione europea;
obiettivi, questi ultimi, che pur coincidendo con quelli della Convenzione Marpol 73/78 per la prevenzione dell'inquinamento causato dalle navi, si concentrano essenzialmente nel disciplinare le attività di raccolta e di gestione nei porti dell'Unione europea dei rifiuti prodotti dalle navi, assegnando (vedi l'articolo 5) alle Autorità Portuali - previa consultazione


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degli enti locali, dell'ufficio di sanità marittima e degli operatori portuali - il compito di redigere il cosiddetto «piano di raccolta e di gestione dei rifiuti» in coerenza con la pianificazione regionale in materia di rifiuti;
ovviamente, le Autorità nazionali possono adottare, nell'ambito territoriale di propria giurisdizione, norme più restrittive di quelle espresse dalla convenzione Marpol a difesa dell'ambiente marino, così come avviene generalmente per i porti, le rade e per i parchi protetti, nei cui specchi acquei è vietato gettare qualsiasi genere di rifiuto e di acqua usata;
l'allegato IV della Convenzione, che fissa le regole per la discarica a mare delle acque di rifiuto (tra cui le cosiddette acque nere, dello scarico dei wc) è parzialmente applicabile anche al naviglio da diporto, interessando le unità che trasportano più di 10 passeggeri;
a giudicare dallo stato del nostro mare, delle coste, dei porti e delle marine, si è portati a concludere che tali disposizioni sono poco conosciute e rispettate o non sono applicate con sufficiente rigore;
un sistema, quello vigente per le navi e per le grosse imbarcazioni da diporto, che per complessità operativa, necessita di strutture fisse e adeguatezza dei controlli, appare del tutto precario ed insufficiente;
altrettanto si può affermare per le imbarcazioni di dimensioni più piccole dove lo smaltimento delle acque di sentina dei natanti ormeggiati in banchina è lasciato un po' al caso, affidandosi il più delle volte all'occasionale solerzia di qualche autorità locale o al senso civico degli stessi diportisti, qualora presente;
sono ancora migliaia i posti barca dei nostri porti e darsene completamente sforniti di qualsiasi impianto di raccolta o smaltimento rifiuti. Solamente pochissimi ormeggi dispongono di un servizio di raccolta a terra. Regioni e Comuni, poi, per quanto riguarda possibili interventi a carico dei gestori delle darsene, mantengono un atteggiamento poco propositivo se non del tutto neutrale;
in mare aperto, od anche in prossimità delle coste, invece, sembra essere operante una sorta di libero arbitrio dovuto alla mancanza dei controlli più elementari;
basti pensare che in base alle norme vigenti, lo scarico a mare di acque usate non triturate e non disinfettate può avvenire solo ad una distanza superiore a 12 miglia dalla terra più vicina e che durante le operazioni di discarica delle acque usate, nelle «fasce di mare» in cui questa è consentita, bisogna procedere a velocità di almeno 4 nodi, ed ancora, che le acque usate conservate nelle casse di raccolta, devono essere scaricate poco a poco e non tutte in una volta;
in barba a tutto ciò, invece, navi, diportisti e imbarcazioni varie, sversano ovunque in mare rifiuti di ogni tipo, miscele oleose, emulsioni e fanghi provenienti da operazioni di pulizia di navi, cisterne e serbatoi. Tutta materia che produce grosse e maleodoranti chiazze e scie galleggianti che spesso arrivano fin sopra le nostre spiagge;
considerati i gravi e negativi riflessi che tale situazione determina sull'ecosistema marino, sull'ambientale e la salute dei cittadini, oltre che sull'economia del Paese, appare improcrastinabile un intervento urgente di tutte le istituzioni preposte alla vigilanza ed al controllo del mare, delle coste e delle diverse attività ad esso afferenti -:
se, e quali iniziative, i Ministri in indirizzo, ciascuno per le proprie competenze, intendano urgentemente assumere in ordine alle operazioni di controllo, vigilanza e identificazione delle fonti o dei soggetti responsabili del grave stato di degrado e inquinamento del mare e delle coste italiane, ed in particolare, se non ritengano di:
a) avviare un sistema di monitoraggio continuativo dell'ambiente marino-costiero


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della nostra penisola prevedendo, ad esempio, sistemi di rilevamento aereo e satellitare insieme all'installazione di centraline di rilevamento, misura e controllo della qualità delle acque, disposte su boe galleggianti, con la gestione in tempo reale dei relativi dati sul sistema telematico portuale, ed attivazione di allarme all'Autorità Marittima in caso di sversamento di materiali inquinanti;
b) potenziare l'attività di vigilanza e di intervento per la prevenzione e il controllo degli inquinamenti a mare svolta dai presidi delle Capitanerie di Porto, della Guardia Costiera, della Guardia di Finanza e delle altre unità navali o aeree in servizio di polizia;
c) prevedere l'istituzione di una commissione interministeriale con il compito di studiare i criteri e rivedere la disciplina della tutela e della protezione del mare, al fine di elaborare un provvedimento più organico in materia;
d) incentivare i comuni costieri, soprattutto quelli ad economia prevalentemente turistica, ad attivare l'inserimento nei propri piani integrati di gestione dei servizi di smaltimento dei rifiuti e dei piani generali del sistema fognario, misure idonee per assicurare lo smaltimento dei rifiuti liquidi provenienti dalle imbarcazioni da diporto, a tutela delle acque dei porti e del mare;
e) considerare, anche con apposite iniziative normative, la possibilità di un inasprimento delle sanzioni e delle pene previste dal nostro ordinamento per coloro che si rendono responsabili dei reati di inquinamento ambientale e di procurato pericolo per la salute pubblica, nonché l'ipotesi, nei casi più gravi, del sequestro e della confisca dei beni funzionali all'espletamento delle attività che hanno causato danni ambientali alle coste e alle acque marine, al fine di tutelare, nell'interesse di tutta la collettività, il precario habitat marino, l'ambiente, la salute dei cittadini ed i già precari livelli occupazionali del settore turistico nazionale.
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