Resoconto stenografico dell'Assemblea
Seduta n. 634 del 30/5/2005
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TESTO INTEGRALE DELL'INTERVENTO DEL DEPUTATO SILVANA PISA IN SEDE DI DISCUSSIONE SULLE LINEE GENERALI DEL DISEGNO DI LEGGE DI RATIFICA N. 5432

SILVANA PISA. Il provvedimento di cui ci occupiamo ratifica un accordo del nostro paese con la Russia del novembre 2003 per lo smantellamento dei sommergibili nucleari e dei materiali residui. È assolutamente condivisibile nelle finalità che si prefigge: perché smantellare e mettere in sicurezza parte dell'arsenale nucleare ex sovietico rappresenta una questione ambientale planetaria. Lo è meno nelle modalità d'attuazione.
Questo accordo fa esplicito riferimento al «Global Partnership» stipulato nel giugno 2002 a Kananakis tra i paesi del G8 con l'obiettivo di risolvere questo problema in dieci anni impegnando 20 miliardi di dollari (10 gli USA; 10 l'Europa; e l'Italia si è impegnata per 1 miliardo di euro di cui 360 milioni di euro sono previsti dal provvedimento in esame) col timore pressante che uno scarso controllo su queste armi le potrebbe far finire in ambienti terroristici.
Ma questo Accordo va anche inserito in un più vasto quadro geopolitico per permettere di capire meglio i tratti contraddittori e ambigui che questo tema - così grave e complesso - presenta. Da una parte, fin dal 1956 si osserva una forte opposizione mondiale alle armi nucleari: risale all'ottobre di quell'anno la costituzione dell'AIEA (Athomic International Energy Agency) da parte di 82 paesi che limitano l'impiego dell'energia atomica a fini pacifici; in questa scia s'inserisce nel '68 il «trattato di non proliferazione nucleare» firmato da USA, URSS, Gran Bretagna, Francia e Cina a cui successivamente si aggiunsero altri paesi fino a raggiungere il numero di 188 Stati.
Dall'altra si vedono le due superpotenze forzare, negli anni '70 e '80, il clima della guerra fredda limitando - con il trattato SALT e START - il numero delle testate nucleari in loro possesso. Tuttavia negli ultimi anni assistiamo ad una preoccupante inversione di rotta, che nemmeno i tragici avvenimenti dell'11 settembre possono giustificare.
E così il SORT (Moscow Trety) del 2002 tra Bush e Putin non prevede lo smantellamento di armi nucleari ma determina solamente il numero di testate impiegate operativamente: le testate rimosse non


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saranno distrutte ma conservate in una sorta di riserva, da riattivare in caso di necessità.
Una inversione di marcia commentata negativamente anche in questi giorni a New York in sede di dibattito sul Trattato di non proliferazione nucleare. Perché in questi anni il «club del nucleare» si è ampliato a India, Pakistan e Israele. Non solo si teme che si allarghi anche a Corea del Nord e Iran, forse Brasile e il disarmo totale è sempre più lontano! Ma la contraddizione è tutta in casa dei «soci di maggioranza»: mentre Bush considera il nucleare altrui come una delle minacce maggiori alla pace mondiale, continua a chiedere al Congresso fondi per armi, nuovi tipi di micidiali armi atomiche: le bombe stronca-bunker aumentando l'escalation. Risulta quindi poco credibile chiedere agli altri quello che gli USA stessi non sono disposti a fare. Non solo: Bush si è rimangiato gli impegni presi nel 2000 in sede di TNPN per quello che riguarda il bando dei test, ha incoraggiato la ricerca su nuove testate, si è opposto a verifiche e controlli altrui. Nel 2002 si è anche ritirato dal Trattato sui missili antibalistici. Robert Mac Namara - segretario della Difesa ai tempi di Kennedy riassume il paradosso: «È come dire alle nazioni non nucleari: noi la più potente forza militare del mondo, disporremo per sempre di queste armi ma voi, voi non avrete mai il permesso di averne neanche una!» Due pesi e due misure: il che fa pensare che forse se l'Iraq avesse realmente posseduto armi di distruzione di massa non sarebbe mai stato attaccato! Si arriva all'ossimoro: «La proliferazione difensiva». Anche Putin a sua volta, pur firmando accordi per il decomissioning delle armi atomiche obsolete, il 16 ottobre 2004 ha avviato «nuove armi atomiche che nessuna altra nazione possiede e possederà....!»
Si tratta di un corto circuito perverso: mentre viene avviata una colossale operazione di smaltimento e demolizione, la corsa al riarmo continua e gli USA diventano il massimo collettore dell'HEU (uranio altamente arricchito) ed altro materiale, forse plutonio, recuperati dai paesi ai quali le due superpotenze lo avevano in precedenza esportato; tali materiali attraverso un'attività di rielaborazione (reprocessing) possono essere utilizzati per la produzione di nuovo combustibile atomico.
L'accordo che prevede queste mission è il Global Threat Reduction Iniziative (GTRI) firmato da USA e Russia nel maggio del 2004 e permette agli Stati Uniti, con la scusa del recupero e dello smaltimento, di estendere la propria influenza su tutte le repubbliche ex sovietiche (Romania, Bulgaria, Serbia e Germania).
In questo scenario molto preoccupante si inserisce il nostro accordo che mira «al miglioramento della sicurezza e della stabilità internazionale» mentre rimangono molti dubbi sulle procedure di smantellamento: non è previsto un monitoraggio e nemmeno chi lo farà e restano interrogativi sull'uso che verrà fatto del materiale recuperato e delle scorie. L'Italia si occuperà dello smantellamento di 117 sottomarini nucleari della flotta del nord (37 dei quali contengono ancora combustibile irraggiato all'interno di 70 reattori nucleari e altri rifiuti radioattivi) oltre che di un incrociatore atomico pesante a propulsione nucleare «Ammiraglio Usciakov». L'accordo prevede che vengano smantellati 15 sottomarini all'anno. Un processo lungo e complesso che prevede anche il trasporto di scorie e rifiuti radioattivi in depositi di stoccaggio da creare costruendo sistemi per la loro protezione e provvedendo inoltre alla bonifica dei terreni contaminati (operazione quasi impossibile). Tutto ciò include anche la gestione dei rifiuti radioattivi e del combustibile irraggiato di cui sopra.
Si tratta di un compito complesso tanto più che la controparte russa sarà la Minatom (il ministero dell'industria atomica russo), soggetto che non brilla per trasparenza e che gestirà i fondi e gli appalti.
Mentre per la parte italiana il soggetto è stato individuato nella SOGIN (società facente parte della holding ex ENEL di proprietà del ministero dell'economia e a cui gli indirizzi operativi sono forniti dal


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ministero delle attività produttive, controllate dall'APAT dipendente dal ministero per l'ambiente) che ha sostituito molte delle competenze dell'ENEA ma che presenta la contraddizione di essere soggetto pubblico finanziato dalla bolletta elettrica con una gestione che è invece di tipo privatistico (fa affari - vedi diversi accordi - con la Russia) ed è anche organismo di controllo e di garanzia.
Osservo, tra parentesi, che in tutto il mondo occidentale le agenzie di controllo nucleare sono enti in cui la funzione di controllo è separata dalla gestione: non solo, l'attività di sicurezza deve essere esercitata da un'autorità indipendente mentre l'APAT dipende dal ministero dell'ambiente ed è organismo politico.
Già in Commissione difesa noi, pur dichiarando la condivisione dell'obiettivo dell'accordo - la messa in sicurezza dei sommergibili e il decomissioning dei rifiuti - avevamo chiesto garanzie circa gli standard di sicurezza e l'impatto ambientale nonché con quali modalità fosse stata scelta la SOGIN trascurando le competenze non solo nucleari ma multidisciplinari e le professionalità espresse nel campo della ricerca dall'ENEA (il decomissioning non si può fare senza esperienze di ricerca sul nucleare).
Ci è stato risposto dal sottosegretario Bosi che la sicurezza è garantita dal fatto che la Russia ha recepito in campo nucleare le normative dell'AIEA: questo non tranquillizza affatto perché non ci dice nulla sull'applicazione di questi standard. Infatti gli standard di sicurezza per il nucleare in Russia sono notevolmente diversi dai nostri (basti osservare che dei marinai dei sottomarini russi si dice che siano fosforescenti) basandosi su un turn over frequente mentre la nostra filosofia di protezione è integrale, di vita. Siamo in grado di applicare anche alle maestranze russe i nostri sistemi? O consentiremo che gli operai siano costretti a respirare sostanze tossiche tutto il giorno?
Non solo: il processo di smantellamento già di per sé complesso svolgendosi poi, per quello che ci riguarda, sulle coste del mare del nord, sarà reso più complicato dal gelo e dalle bassissime temperature.
Sul secondo punto (perché scegliere solo la SOGIN trascurando le competenze del personale dell'ENEA) il sottosegretario ha risposto che la SOGIN è la società italiana istituita per lo smantellamento del nucleare e che inoltre ha un'esperienza pluriennale in Russia. Insoddisfatti della risposta, il collega Calzolaio ed io il 15 febbraio scorso abbiamo presentato un'interrogazione debitamente documentata con allegati, in cui abbiamo rilevato una sorta di «corsia preferenziale» per la SOGIN che - il altro contesto - fin dal 2000 effettuava attività per conto terzi, cosa prevista da un indirizzo del ministro dell'industria solo con un decreto del 2001. La stessa autorizzazione postuma veniva adottata anche per attività all'estero.
Relativamente alla materia di questo accordo, nella stessa interrogazione notavamo che la SOGIN aveva comunque intrapreso fin dagli inizi del 2003 (più di due anni fa) una serie di iniziative nella federazione russa aprendovi una sede, sponsorizzando convegni, dando consulenze, sostenendo spese di personale in vista dell'attuazione di questo stesso accordo che oggi siamo chiamati a ratificare. Su questi fatti abbiamo avanzato una serie di domande: a quale titolo la SOGIN abbia intrapreso iniziative estranee (smantellamento sommergibili e disarmo chimico) alla sua missione statutaria tanto più criticabili in quanto risulta che SOGIN sia largamente inadempiente nel suo mandato; quale dei ministeri vigilanti avesse autorizzato tali attività e con quali provvedimenti; quale sia stato l'importo economico fino ad ora sostenuto dalla SOGIN per tali attività elencando analiticamente tutte le voci di costo; se si pensasse di coprire tali spese con il ricorso a nuovi prelievi sulla bolletta dell'energia elettrica o a commesse ad avviso degli interroganti, fittizie del Governo italiano prelevate dall'importo globale previsto dai due Accordi sulla base di patti «parasociali» in evidente contrasto con la natura pubblica della


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SOGIN; se il Governo non ritenesse che la SOGIN avesse di fatto «distratto» pubblico denaro e, in caso affermativo, se non intendesse sporgere una denuncia alla procura generale della Corte dei conti per accertare eventuali profili di danno erariale con oneri conseguenti a carico dei citati vertici.
Su questo accordo chiediamo che in questa discussione siano date risposte esaustive altrimenti restano molti dubbi sulle modalità individuate e sul procedimento con cui l'accordo verrà realizzato, alimentati da sospetti su possibili business sulle scorie. Cosa intende il generale Jean quando in un'intervista a Panorama del febbraio 2004 afferma «Per il futuro puntiamo a fare da capofila per aprire la strada in questo settore alle imprese private italiane del nucleare»?
Vorrei sommessamente ricordare che il nucleare nel nostro paese è stato abolito nel 1987 da un referendum popolare e nonostante, in questi giorni, il ministro Scajola lo invochi come soluzione per il declino italiano, ricordo anche che non abbiamo - a tutt'oggi - trovato una soluzione soddisfacente - nemmeno la SOGIN ci è riuscita - per il problema dello smaltimento delle nostre scorie (Scanzano docet) e che il principio di precauzione consiglia che «quando non si è in grado di controllare le conseguenze di un'attività, non la si fa!».

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