Allegato A
Seduta n. 620 del 4/5/2005


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MOZIONI VIOLANTE ED ALTRI N. 1-00436, D'AGRÒ E VOLONTÈ, N. 1-00444, LA RUSSA ED ALTRI N. 1-00445, ANTONIO LEONE ED ALTRI N. 1-00448 E CÈ ED ALTRI N. 1-00449 SULLA CRISI DEL COMPARTO TESSILE E ABBIGLIAMENTO

(Sezione 1 - Mozioni)

La Camera,
premesso che:
la pesante crisi del comparto tessile ed abbigliamento richiede una particolare attenzione da parte delle istituzioni europee, nazionali e locali ed iniziative urgenti per sollecitare politiche attive a favore del comparto in sede di Unione europea;
sembra in tale contesto indispensabile un passo del Governo in sede di Unione europea per confermare alcune linee di difesa del tessile abbigliamento europeo e in tale contesto, particolarmente, di quello italiano;
la Commissione europea deve decidere sul «sistema di preferenze generalizzate» ovvero sulle facilitazioni tariffarie che l'Unione europea pratica nei confronti delle importazioni dai Paesi in via di sviluppo;
le predette facilitazioni non valgono, però, nei confronti di Paesi che superino una certa quota del totale delle importazioni dell'Unione europea. La proposta della Commissione europea stabilisce che la quota, relativamente ai prodotti tessili, debba essere fissata al 12,5 per cento, il che escluderebbe dalle facilitazioni tariffarie la Cina, ma le manterrebbe per l'India;
la Commissione europea, inoltre, non ha ancora pubblicato le linee guida riguardanti la «clausola di salvaguardia», in quanto rimane aperto il dilemma: impedire che il mercato europeo sia invaso senza alcun controllo, senza, tuttavia, introdurre una clausola di salvaguardia troppo automatica, tale da portare a limitazioni eccessive nella libera circolazione delle merci;
nel frattempo il problema è divenuto urgente, in quanto la «clausola» dovrebbe scattare quando si verificano anomali incrementi di volumi o anomale riduzioni dei prezzi. Se si dovesse perdere altro tempo, le molte anomalie che già si stanno verificando, soprattutto per le importazioni dalla Cina, si saranno già consolidate, determinando delle basi di riferimento per il futuro che sono inaccettabili per la nostra base produttiva;
il Commissario Mandelson si è recentemente espresso a favore dell'identificazione col «made in» per i prodotti del tessile ed abbigliamento provenienti dall'esterno dell'Unione europea: occorre, dunque, rapidamente giungere ad una tale normativa che consente di far chiarezza sul mercato;
è, tuttavia, di particolare interesse per l'Italia, ma più in generale della stessa Unione europea, riservare un posto speciale al Mediterraneo, introducendo la denominazione d'origine «paneuromed», che


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coprirebbe tutti i Paesi mediterranei fuori dell'Unione europea, attivando un grande mercato che si indirizzerebbe verso l'obiettivo dell'area di libero scambio prevista dal processo di Barcellona;
la Commissione europea sembra essere sufficientemente attrezzata per quel che concerne il monitoraggio sulle importazioni extracomunitarie, ma mancano ancora i dati di alcuni Paesi e l'utilizzo di questo nuovo strumento conoscitivo non sembra essere ancora adeguatamente efficace e diffuso;
riguardo alla questione dei dumping sociale ed ambientale, occorre sottolineare che nell'attuale proposta sul «sistema di preferenze generalizzate» è previsto che per accedere alle facilitazioni previste i vari Paesi debbano sottoscrivere delle convenzioni relative al rispetto delle regole sociali e del lavoro e alla conservazione dell'ambiente;

impegna il Governo:

ad attivarsi perché si dia applicazione rapida alle clausole di salvaguardia, per i settori del tessile-abbigliamento, secondo le linee guida elaborate dalla Commissione europea in linea con gli accordi dell'Organizzazione mondiale del commercio;
a sostenere il limite massimo del 10 per cento per la quota di esportazioni totali, che esclude la possibilità per Paesi terzi di accedere alle facilitazioni relative al «sistema di preferenze generalizzate»;
ad adottare iniziative perché sia riservato un posto speciale ai prodotti del tessile ed abbigliamento provenienti dal Mediterraneo, puntando a rafforzare la zona di libero scambio paneuromediterranea;
ad attivarsi affinché siano migliorati nettamente lo strumento del monitoraggio sulle importazioni extracomunitarie e l'efficacia dei relativi controlli;
a esigere riguardo ai dumping sociale e ambientale che, prima della concessione di agevolazioni doganali da parte della Commissione europea, siano sottoscritte le convenzioni relative al rispetto delle regole sociali e del lavoro e alla conservazione dell'ambiente da parte dei Paesi interessati;
a sostenere la necessità di introdurre regole che identifichino i Paesi di fabbricazione dei prodotti (tracciabilità) in entrata, in circolazione e in uscita dall'Unione europea;
a stimolare la Commissione europea in sede di Organizzazione mondiale del commercio a perseguire la reciprocità delle tariffe doganali e il superamento delle barriere burocratiche;
ad impegnarsi perché nella riforma dei fondi strutturali europei e nel nuovo programma quadro siano prioritari gli interventi per favorire l'innovazione e la riorganizzazione dei settori del tessile-abbigliamento-calzature.
(1-00436)
(Ulteriore nuova formulazione del testo nel corso della seduta) «Violante, Lulli, Michele Ventura, Nannicini, Quartiani, Visco, Innocenti, Maran, Nigra, Magnolfi, Agostini, Paola Mariani, Guerzoni, Sandi, Ruzzante, Cordoni, Raffaella Mariani, Nieddu, Ottone, Tolotti, Tedeschi, Filippeschi, Cazzaro, Fluvi, Gambini, Ria, Castagnetti, Morgando, Carbonella, Camo, Reduzzi, Ruggieri, Ruggeri, Rusconi, Maura Cossutta, Pistone, Spini».
(16 marzo 2005)

La Camera
premesso che
dal 1o gennaio 2005, con la fine dell'Accordo multifibre sui tessili e l'abbigliamento, non sono più in vigore i limiti quantitativi all'importazione di prodotti tessili originari dei Paesi membri dell'Organizzazione mondiale del commercio;


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in alcuni settori manufatturieri, già liberalizzati, le esportazioni cinesi verso l'Europa sarebbero più che triplicate, in volume, mentre i rispettivi prezzi sarebbero crollati del 75 per cento;
le esportazioni cinesi rappresentano oggi il 20 per cento del settore tessile a livello mondiale e potrebbero arrivare al 50 per cento nei prossimi cinque anni;
questa alterazione delle dinamiche del commercio internazionale sono anche frutto delle particolari condizioni socio-economiche delle imprese coinvolte;
le ditte dell'estremo oriente, infatti, oltre al basso costo della manodopera, possono sfruttare anche il «far west» legislativo in campo ambientale e impiegare sostanze vietate, soprattutto durante la tintura ed il fissaggio del tessuto, che possono creare, come già successo per i coloranti azoici che emanavano ammine aromatiche talvolta cancerogene, seri problemi per la salute;
il settore tessile e abbigliamento dell'Europa allargata totalizza 2,5 milioni di addetti in 170.000 aziende, di cui ben 570.000 in Italia, occupati in 68 mila imprese;
il 6 aprile 2005 la Commissione europea sul tessile cinese ha approvato le linee guida contenenti le regole e le procedure per un'eventuale via libera alle clausole di salvaguardia, volte a contenere le massicce importazioni del tessile-abbigliamento cinese in Europa;
la Commissione europea è in attesa di conoscere i dati aggiornati delle importazioni di dodici categorie di prodotti tessili dalla Cina per decidere sull'adozione delle misure di salvaguardia;

impegna il Governo:

a sostenere, presso le istituzioni comunitarie, l'urgente necessità di adottare procedure celeri sia nell'accertamento delle violazioni delle regole contenute nelle predette linee guida inerenti alle clausole di salvaguardia, sia nell'adozione dei provvedimenti conseguenti;
ad impegnarsi affinché sia resa obbligatoria in breve tempo l'etichettatura delle merci che entrano nel mercato europeo per assicurare una maggiore trasparenza e un miglior controllo riguardo all'origine dei prodotti (cosiddetta «tracciabilità»);
a sollecitare i Paesi membri e la Commissione europea ad un efficace e continuo monitoraggio in tempo reale delle importazioni extracomunitarie, sia in termini di quantità che di prezzi, considerando, altresì, l'opportunità di dotare le dogane di strumenti tecnologici idonei al controllo qualitativo delle stesse, al fine di individuare la presenza di sostanze vietate per legge e pericolose per la salute pubblica;
ad intraprendere ogni utile iniziativa in sede europea per far adottare, in tutti i Paesi (e quindi anche in Cina), i principali standard di tutela del lavoro e dei lavoratori e, più in generale, perché ci si adoperi per assicurare uno sviluppo sostenibile sulla base della reciprocità nel rispetto delle più elementari norme sociali ed ambientali;
a sostenere, presso le istituzioni comunitarie, l'opportunità di valutare il possibile impiego dei fondi strutturali dell'Unione europea per processi di riconversione delle imprese del settore tessile
(1-00444) «D'Agrò, Volontè».
(18 aprile 2005)

La Camera
premesso che:
la pesante crisi che sta investendo il settore del tessile e dell'abbigliamento di tutti i Paesi dell'Unione Europea è l'effetto collaterale dell'apertura dei mercati alla Cina;


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la liberalizzazione del mercato per poter essere effettiva e vantaggiosa per tutti deve presupporre l'applicazione delle medesime regole per tutti i partecipanti, soprattutto per quanto riguarda la disciplina del lavoro, dei diritti dei lavoratori e del lavoro minorile;
la forte penalizzazione del tessile ha toccato principalmente gli imprenditori italiani, nonché qualità e prestigio del made in Italy, evidenziando l'assenza di un'adeguata tutela dei nostri prodotti e della loro etichettatura a livello comunitario;
un'adeguata forma di tutela è ravvisabile nell'istituzione del marchio made in Italy che renda facilmente identificabile ad ogni acquirente l'origine italiana al 100 per cento e che garantisca che tutte le fasi della filiera si siano svolte in Italia;
l'introduzione della denominazione d'origine «paneuromed», relativamente alle merci provenienti dai Paesi del Mediterraneo fuori dall'Unione europea, e del made in, per identificare i prodotti del tessile e dell'abbigliamento provenienti dall'esterno dell'Unione europea, così come proposto dal Commissario Mandelson, potrebbe, in realtà, penalizzare ulteriormente la riconoscibilità del nostro made in;
le imprese italiane rifiutano l'introduzione di un marchio paneuromed e di un marchio made in che penalizzino la riconoscibilità dei nostri prodotti;

impegna il Governo:

a continuare la politica finora intrapresa e ad attivarsi affinché venga potenziato il sistema dei controlli doganali, in modo da acquisire ogni eventuale informazione su tutti i tipi di turbativa del mercato italiano ed europeo.
(1-00445) «La Russa, Butti, Menia».
(18 aprile 2005)

La Camera
premesso che:
la crisi del settore tessile ed abbigliamento rappresenta un fenomeno molto preoccupante, in quanto tale comparto costituisce una componente fondamentale e di grande tradizione del nostro sistema produttivo ed impiega un numero assai rilevante di addetti;
pur trattandosi di un settore industriale maturo, cioè ad alto contenuto di manodopera, il tessile-abbigliamento assume nel nostro Paese caratteristiche del tutto particolari per l'alta qualità media dei prodotti, per l'eccellenza assoluta di molte produzioni e per il notevolissimo contributo alle nostre esportazioni totali;
le attuali difficoltà derivano soprattutto dall'aumento massiccio dell'importazione di prodotti a bassissimo costo provenienti dalla Cina, a causa della scadenza, a fine 2004, dell'Accordo multifibre, che contingentava le importazioni di prodotti tessili da Paesi terzi;
da quella data si é assistito ad un vertiginoso aumento di importazioni di prodotti tessili provenienti dalla Cina in tutti i Paesi industriali e, in particolare, in Europa e negli Stati Uniti: questo ha determinato problemi di carattere generalizzato;
tutto questo sta avvenendo in quanto il costo del lavoro nella Cina comunista non é assolutamente confrontabile con quello dei Paesi industrializzati e perché, paradossalmente, in tale Paese, che ancora si richiama alla dottrina marxista-leninista, sono del tutto carenti le protezioni sociali ed ambientali per i lavoratori;
il Governo si è prontamente attivato in sede di Unione europea per ottenere l'adozione dei provvedimenti di salvaguardia previsti dalla normativa comunitaria nei casi di incremento repentino di importazioni, che mettono in crisi settori produttivi dell'Unione europea, ottenendo passi concreti, ma non ancora del tutto


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soddisfacenti e, soprattutto, non adeguatamente tempestivi, da parte del competente Commissario Mandelson;
in parallelo alla crescita esponenziale delle importazioni legali dalla Cina, si é verificata un'accentuazione ulteriore dell'ingresso di prodotti tessili, di abbigliamento e calzaturieri contraffatti, di medesima provenienza, cui il Governo ha contrapposto precisi provvedimenti volti a rafforzare i controlli doganali e le sanzioni a carico dei responsabili;
restano ancora da definire aspetti riguardanti una più puntuale identificazione dell'origine dei prodotti di provenienza extracomunitaria ed una migliore difesa delle nostre produzioni, non solo dal dumping in senso stretto, ma anche e soprattutto dal cosiddetto dumping sociale e ambientale, con riferimento alle ridottissime forme di tutela sociale e ambientale per i lavoratori operanti al di fuori dell'Unione europea, in particolare nella Cina comunista;

impegna il Governo:

a proseguire in sede europea l'azione per attivare rapidamente tutte le ulteriori misure di salvaguardia possibili, al fine di scongiurare il pericolo di gravi ed ulteriori danni ad un fondamentale settore produttivo quale è il tessile-abbigliamento, da cui dipende il lavoro di tanti italiani ed una quota strategica delle nostre esportazioni;
a rafforzare le misure dirette alla tutela del made in Italy, attraverso un contrasto sempre più efficace delle contraffazioni, in linea con quanto già inserito nel cosiddetto «decreto-legge sulla competitività»;
a sostenere in ambito comunitario misure dirette al contrasto di tutte le forme di dumping, in particolare di quelle più odiose, quali lo sfruttamento della manodopera e l'assenza di tutele sociali ed ambientali per i lavoratori;
a proseguire nella forte azione diplomatica nei confronti della Cina, affinché la bilancia commerciale fra i due Paesi non subisca squilibri intollerabili ed affinché la pratica inaccettabile della contraffazione dei prodotti italiani non venga, come è avvenuto finora, troppo benevolmente tollerata in quel Paese.
(1-00448)
«Antonio Leone, Dell'Anna, Taborelli».
(2 maggio 2005)

La Camera
premesso che:
la normativa antidumping prevista dall'Organizzazione mondiale del commercio risulta spesso di difficile attivazione da parte degli imprenditori danneggiati, specie se piccoli, per l'onerosità della ricerca delle prove e per la necessità di appellarsi direttamente all'Unione europea;
è sotto gli occhi di tutti come l'economia cinese è cresciuta a ritmi vertiginosi;
il problema della competizione impossibile con la Cina è da rintracciare in un'agguerrita e scorretta politica di dumping: una concorrenza. legale ma asimmetrica, basata su delle condizioni interne qualitativamente e dimensionalmente non paragonabili a quelle italiane;
secondo l'Euratex, che riunisce le industrie europee del settore, l'aumento delle esportazioni tessili cinesi è stato del 46,5 per cento. I dati della Commissione europea sono ancora incompleti (mancano quelli di sei Stati membri), ma segnalano progressioni spettacolari per alcuni prodotti, come calze e calzini (+ 5.673 per cento), pantaloni uomo (+ 900 per cento ), garza medica (+ 342 per cento), pullover (+ 210 per cento), a fronte di prezzi per unità di prodotto in picchiata;
vi sono previsioni fondate sui dati di produzione, dove, se continuasse un trend come quello attuale, si paventa il rischio di perdita 800 mila posti di lavoro nel settore tessile-abbigliamento-calzature;


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a questi dati si aggiungono quelli della Coldiretti: pomodori e mele sono i principali prodotti che sul territorio nazionale soffrono la crescente importazione dei prodotti cinesi. Le esportazioni cinesi di mele in Italia sono più che triplicate in un solo anno, passando dalle 1.463 tonnellate del 2003 alle 5.637 del 2004, mentre il concentrato di pomodoro dal 2000 ad oggi è quadruplicato, arrivando a 150 mila tonnellate, pari alla metà del concentrato di pomodoro nazionale;
le tariffe doganali applicate oggi dall'Unione europea sono fra le più basse: mentre i prodotti comunitari accedono a tasso zero ai mercati di soli 22 Paesi, negli altri sono assoggettati ad un tasso medio che oscilla tra il 15 per cento ed il 60 per cento, oltre ad innumerevoli barriere non tariffarie, le merci che entrano nel mercato comunitario godono spesso dell'esenzione totale o sottostanno ad aliquote che vanno dal 2 per cento al 10,5 per cento;

impegna il Governo:

a sollecitare in sede di Unione europea sia l'obiettivo della reciprocità e dell'armonizzazione delle tariffe nell'ambito delle regole dell'Organizzazione mondiale del commercio, sia l'adozione di misure, previste dalla normativa dell'Organizzazione mondiale del commercio e dell'Unione europea, tese a proteggere imprese nazionali di settori in crisi a seguito di importazioni provenienti da Paesi terzi, quando ne sussistano le condizioni;
nel brevissimo periodo ad adottare iniziative al fine di promuovere nelle competenti sedi istituzionali comunitarie interventi volti ad introdurre un sistema di monitoraggio e di protezione delle importazioni di prodotti tessili in Europa, mediante un sistema di sorveglianza preventiva, anche attraverso un osservatorio internazionale, per poter fare ricorso in tempi rapidi agli strumenti di difesa commerciale previsti dalla normativa comunitaria, ivi compresa la clausola di salvaguardia per le importazioni di prodotti tessili dalla Cina;
ad adoperarsi presso le istituzioni comunitarie affinché il monitoraggio preventivo già in essere a livello comunitario circa i dati delle importazioni di talune categorie di prodotti del settore tessile-abbigliamento, principalmente quelle liberalizzate dopo il 1o gennaio 2005, sia esteso a tutte le categorie di prodotti del settore;
nell'immediato a fare pressioni sulla Commissione europea affinché siano abbreviati i tempi nei quali espletare le procedure sull'applicazione delle clausole di salvaguardia;
ad attivarsi affinché l'adozione di clausole di salvaguardia avvenga con tempi più rapidi rispetto a quelli ipotizzati dalle recenti linee guida della Commissione europea e, soprattutto, sulla base dei dati risultanti dal monitoraggio preventivo (licenze di importazione) in luogo dei dati riscontrati a consuntivo, in modo da evitare che lo strumento di tutela si applichi quando il flusso della concorrenza anomala sul sistema produttivo europeo e nazionale abbia nei fatti già prodotto i suoi effetti dirompenti.
(1-00449)
(Testo modificato nel corso della seduta) «Cè, Polledri, Stucchi, Didonè, Guido Giuseppe Rossi, Parolo, Lussana, Dario Galli, Caparini, Vascon».
(2 maggio 2005)