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delle donne irachene, che, in quello che continua ad essere chiamato dopoguerra iracheno e malgrado la tanto conclamata normalizzazione del dopo-elezioni, si è notevolmente aggravata, sia sul piano materiale che dei diritti;
un nuovo rapporto di Amnesty international pone l'attenzione sulla condizione
Amnesty international riferisce che la paura della violenza generalizzata e vissuta quotidianamente dalle donne costringe la popolazione femminile a vivere rinchiusa in casa, condizionando fortemente la presenza delle donne nella vita della società civile, in particolare per quanto concerne l'educazione, il lavoro e la partecipazione politica;
dopo la caduta del regime di Saddam Hussein, scrive Amnesty international, il numero dei casi di stupro e di rapimenti ai danni delle donne si è ingigantito e quelle che con grande coraggio personale non rinunciano ad una presenza in attività politiche e sociali diventano un target privilegiato dei gruppi armati più integralisti;
a ciò si aggiunge il ritorno ad un clima politico conservatore vicino alla tradizione islamica più dogmatica, tanto che il rapporto di Amnesty international fa chiaramente riferimento a intimidazioni perpetrate nei confronti delle donne che rifiutano di coprire i capelli;
il dilagare di povertà e disoccupazione sta aumentando pericolosamente la violenza domestica, soprattutto nella sua manifestazione più brutale del delitto d'onore riconosciuto dalle stesse leggi nazionali;
il rapporto pone, inoltre, una particolare attenzione alla violenza inflitta alle donne da parte delle truppe statunitensi e dalla coalizione internazionale, riportando ampiamente «i racconti circa le torture e i trattamenti crudeli, inumani e degradanti dei detenuti nell'ormai tristemente noto carcere di Abu Graib e in altri centri di detenzione statunitensi, che includono anche abusi sessuali sulle donne, ivi compreso, probabilmente, lo stupro»;
in merito alle ormai comprovate violenze nel carcere di Abu Graib, al centro di numerose interrogazioni al Governo, il Ministro Martino ebbe a rispondere in aula il 12 maggio 2004: «Ciò che risulta accaduto non era quindi né pensabile, né prevedibile, né immaginabile. Si tratta di fatti illeciti, che costituiscono, proprio perché tali, episodi del tutto eccezionali, e che comunque mai ci sono stati resi noti, né degli americani, né dagli inglesi, né dagli altri Paesi della coalizione. L'evidenza che oggi hanno assunto gli episodi di tortura ed abuso dei detenuti, che giudico abbietti e degni della massima riprovazione, è oggetto, per quanto ci può interessare, di accertamenti in tutte le direzioni» -:
che cosa intenda fare il Governo per manifestare con sollecitudine al comando anglo-americano la riprovazione per tali aberranti pratiche e porre in atto tutte le pressioni necessarie, affinché tali episodi reiterati e tutt'altro che fortuiti non debbano più ripetersi, che cosa sappia il Governo in merito alla situazione della gravissima condizione femminile in Iraq e quali iniziative intenda assumere nei confronti del Governo iracheno che si costituirà a breve e nelle sedi internazionali opportune, affinché vengano garantiti i diritti fondamentali delle donne, primo fra tutti il diritto all'inviolabilità della persona, come previsto oltre che dalla ragione umana e civile dalla Carta dei diritti umani e dalle numerose conferenze tenute su tali questioni dall'Onu. (3-04317)
(8 marzo 2005)