Allegato B
Seduta n. 585 del 14/2/2005


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INTERROGAZIONI PER LE QUALI È PERVENUTA RISPOSTA SCRITTA ALLA PRESIDENZA

BALLAMAN. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
alcuni cittadini di Concordia Saggitaria, in provincia di Venezia, hanno segnalato un grave disagio al convivere civile causato da una famiglia di origine extracomunitaria (kossovari-rom);
a quanto risulta anche da atti della polizia municipale, questa famiglia, composta da 37 persone secondo la popolazione locale e da 22 persone secondo la polizia municipale, vive in un'abitazione di circa 145 metri quadrati, agibile solo parzialmente situata in via Levada, una strada statale molto trafficata;
dalla palazzina avvengono spesso lanci di sassi contro le automobili in transito creando evidenti pericoli all'incolumità;
i bambini passano le giornate e le serate in strada, senza il controllo da parte di persone adulte, rischiando di essere travolti dai mezzi di passaggio, soprattutto quando, incuranti del luogo in cui sono, circolano in bicicletta senza prestare attenzione al traffico;
se fino ad oggi non si è ancora verificato incidente alcuno il merito va dato all'attenzione degli automobilisti e alla fortuna;
questa situazione provoca indubbi disagi nella locale popolazione che nella speranza di vedere scritta quanto prima la parola fine sulla vicenda ha anche raccolto e presentato una raccolta di firme alle autorità competenti -:
cosa intenda fare codesto ministero per far cessare questa situazione di grave pericolo, sia per i bambini che per la popolazione locale, che nulla ha a che fare con il civile convivere.
(4-07865)

Risposta. - In merito alla vicenda ricordata dall'interrogante, si fa presente che a seguito della specifica richiesta del Sindaco del Comune di Concordia Sagittaria (Venezia) il Prefetto di Venezia, acquisito il parere del Comitato provinciale per l'Ordine e la Sicurezza Pubblica, in data 8 e 29 marzo 2004 ha deciso di concedere la forza pubblica per l'esecuzione del provvedimento di sgombero dello stabile citato nell'atto di sindacato ispettivo, secondo modalità e tempi da concordare in sede tecnica tra Questura ed Amministrazione comunale.
Si ricorda che lo stabile, ritenuto inagibile, risulta occupato da varie persone di origine rom, fra le quali alcuni minori.
Le modalità prescelte consentiranno di predisporre i necessari interventi di carattere assistenziale nei confronti dei minori presenti all'interno dello stabile, secondo quanto previsto dalla normativa vigente e appositamente richiesto dalla locale Autorità giudiziaria minorile.
Si fa presente altresì che il Tribunale dei minorenni di Venezia, al fine di tutelare il rimpatrio dei minori ha disposto che i loro genitori rimangano sul territorio nazionale fino alla completa definizione della questione.


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Per quanto concerne l'attualizzazione delle procedure di sfratto, esse verranno portate a compimento non appena il Comune di Concordia Sagittaria avrà reperito una struttura idonea ad ospitare gli stranieri.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Antonio D'Alì.

BERTOLINI. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
il gruppo scultoreo denominato «Compianto del Cristo Morto», risalente al 1400, realizzato dall'artista Guido Mazzoni e attualmente collocato nella chiesa di San Giovanni Battista a Modena, è stato restaurato nove anni fa a Bologna, per volontà della allora Soprintendenza per i beni artistici di Modena e di Bologna;
tale restauro avrebbe, di fatto, secondo l'interrogante, danneggiato l'opera, cancellandone i colori ed i connotati originari;
dal 1996 il gruppo scultoreo non sarebbe più stato esposto al pubblico e sarebbe tuttora «occultato», poiché la chiesa di San Giovanni Battista è chiusa per restauro;
tale opera è considerata uno dei più bei monumenti della città e la sua esposizione costituirebbe un elemento di eccellenza nel patrimonio artistico e culturale di Modena;
le istituzioni locali non hanno fatto nessuna dichiarazione ufficiale in merito -:
se sia a conoscenza dei fatti descritti;
come giudichi tali interventi di restauro e se sia a conoscenza del fatto che il restauro avrebbe modificato le caratteristiche stesse dell'opera, cancellandone i colori originari;
chi abbia realizzato il restauro e di chi sia la responsabilità nella direzione di tali lavori;
quanto sia costato e chi abbia finanziato il restauro;
se sia in grado di confermare che il restauro abbia causato danni irreparabili al gruppo scultoreo.
(4-11114)

Risposta. - In riferimento all'interrogazione parlamentare cui si risponde, concernente il gruppo scultoreo denominato «Compianto del Cristo morto» di Guido Mazzoni, collocato nella chiesa di San Giovanni Battista in Modena, si rappresenta quanto segue.
Per quanto concerne l'asserito danno arrecato all'opera, in ordine alla cancellazione dei colori e dei connotati originari, si precisa che l'intervento di restauro effettuato nel 1996 ha avuto lo scopo di riportare l'opera nel suo aspetto originario in quanto il restauro eseguito nell'800 - secondo una prassi all'epoca consolidata di demolizione di tutto quanto risultava degradato - ne aveva alterato forme e colori.
Pertanto, non sono stati cancellati i colori originali, bensì la ridipintura ottocentesca di un certo pittore Tassi che, unitamente allo scultore e plasticatore Righi, restaurò l'opera nel 1853, epoca in cui le «metodologie» seguite non si avvalevano di strumenti diagnostici, attualmente disponibili, appropriati per una precisa lettura storica dell'opera.
Per opportuna informazione, si rende noto che, prima di procedere all'ultimo intervento di restauro, tutte le statue del gruppo scultoreo sono state radiografate dall'ENEA e che la Fondazione Cesare Gnudi di Bologna ha provveduto ad eseguire le relative analisi, nonché la verifica del colore.
Rispetto al precedente stato dell'opera, si ribadisce, il restauro scientifico eseguito nel 1992 e terminato nel dicembre del 1995, oltre a non aver cagionato alcun danno, ha fatto riaffiorare i connotati formali originali dell'opera del Mazzoni, restituendo alla città il gruppo scultoreo nella sua autenticità, depurato dall'intervento falsificante dell'Ottocento.
Dopo l'ultimazione del restauro, il gruppo scultoreo del Compianto è stato esposto nella Galleria Estense, dal maggio del 1996 al settembre del 2000; inoltre, nell'aprile del 1996, tre statue sono state


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esposte nella chiesa di Santa Maria della Vita di Bologna.
Il gruppo, nel suo insieme, è stato nuovamente collocato nella chiesa di San Giovanni nel febbraio del 2001, non prima di aver effettuato un adeguamento strutturale della nicchia della chiesa in cui è posizionata l'opera ed un'attenta verifica delle posizioni che i singoli soggetti assumevano originariamente: si è ottenuto, in tal modo, il recupero della gestualità originale e, quindi, il corretto rapporto che ne fa un gruppo dalla espressione compatta e dialogante.
Si rende, altresì, noto che sono ormai in corso di completamento gli interventi di restauro della chiesa di San Giovanni, eseguiti con contributo della Banca Popolare dell'Emilia Romagna e della Provincia di Modena.
Appare, quindi, evidente che non vi è mai stata alcuna volontà di occultare al pubblico il gruppo scultoreo in questione.
Il restauro del
Compianto è stato realizzato da Ottorino Nonfarmale, rinomato restauratore di Bologna.
Per quanto concerne i costi del restauro, si rende noto che nel complesso, sono stati spese circa 400.000.000 delle vecchie lire, di cui lire 100.000.000, gravanti sul piano ordinario di spesa del 1992, per tre statue e lire 300.000.000 - previsti, per l'anno finanziario 1994, dalla legge n. 145 del 1992 - per le rimanenti statue.
La Direzione dei lavori è stata assunta dal Soprintendente
pro tempore di Modena e Reggio Emilia, il quale si è avvalso altresì della consulenza di un ampio comitato scientifico, al quale ha aderito anche l'Opificio delle Pietre Dure.
Alla luce delle considerazioni sopra riferite, si ritiene che l'attenzione scientifica adottata, sia nello svolgimento del restauro che nella ricollocazione dell'opera, dimostrano la consapevolezza degli uffici ministeriali dell'importanza del gruppo scultoreo del Compianto che, si auspica possa, quanto prima, essere restituito alla città di Modena.
Il Sottosegretario di Stato per i beni e le attività culturali: Nicola Bono.

BORRIELLO. - Al Ministro per gli affari regionali, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio. - Per sapere - premesso che:
per le procedure di condono edilizio, il Governo aveva stabilito che le istanze potevano essere presentate a partire dal 12 novembre 2004 al 10 dicembre 2004; inspiegabilmente la regione Campania ha approvato solo il 16 novembre 2004 la legge regionale in merito alla sanatoria degli abusi edilizi (ben oltre la data prefissata), già previsto dal decreto legge del 30 settembre 2003, n. 269, articolo 32 convertito in legge dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, articolo 1 e successive modificazioni ed integrazioni; la predetta legge regionale è entrata in vigore solo il 18 novembre 2004, giorno della pubblicazione nel B.U.R.C. -:
quali iniziative intendano adottare per fare chiarezza sulla posizione, secondo l'interrogante assurda ed inaccettabile di coloro che in Campania, nel periodo di vacatio hanno già inoltrato istanze di condono in ossequio della legge nazionale;
se siano soprattutto ravvisabili i presupposti per l'impugnativa davanti alla Corte costituzionale della legge regionale, considerato che questa accoglie la sanatoria unicamente in un caso, tra l'altro rarissimo e negando, pertanto, l'aspetto sostanziale della legge statale; infine, visti i tempi strettissimi relativi al termine ultimo del 10 dicembre 2004, per la presentazione delle domande di condono, se ritengano di adottare iniziative normative volte a prevedere una giusta proroga.
(4-12565)

Risposta. - Con riferimento all'atto parlamentare in argomento, concernente l'abusivismo edilizio nella regione Campania, si comunica che il Governo ha deliberato di impugnare davanti alla Corte costituzionale ai sensi dell'articolo 127 della Costituzione - la legge n. 10 del 18 novembre 2004 nella seduta del Consiglio dei ministri n. 186 dello scorso 23 dicembre 2004.


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La legge è risultata censurabile per i seguenti motivi:
a) in ordine alla tardività della sua adozione rispetto al termine fissato dalla legge n. 168 del 2004;
b) le norme contenute negli articoli 3 e 4, laddove escludono la sanatoria di tipologie di opere ed interventi previsti dalla normativa statale di riferimento, o ne restringono eccessivamente l'ambito, devono ritenersi eccedere dalle competenze regionali;
c) la norma contenuta nell'articolo 8 che applica disposizioni della legge regionale in esame alle domande di sanatoria non ancora definite e presentate tra la data di entrata in vigore del decreto-legge n. 269 del 2003 e l'entrata in vigore della presente legge, contrasta con il principio della certezza del diritto e dell'affidamento dei cittadini, in palese violazione del principio del buon andamento e di imparzialità dell'amministrazione, di cui agli articoli 3 e 97 della Costituzione.

È prevista l'eventuale proroga delle domande, come più volte affermato dal ministero dell'economia e delle finanze, ma comunque occorre attendere l'esito della pronuncia da parte della Corte costituzionale.
Il Ministro per gli affari regionali: Enrico La Loggia.

BRICOLO. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
l'attuale clima di tensione internazionale provocato dal ripetersi di attentati di matrice islamica e l'instabilità crescente che si registra in Medio Oriente impongono la massima attenzione verso tutti i Paesi che intrattengono legami o offrono protezione a gruppi terroristici;
il Libano rappresenta l'unico Paese a maggioranza cristiano-cattolica in tutto il Medio Oriente, i cui figli sono costretti da almeno trent'anni a una diaspora nel mondo per sfuggire a guerre, torture e persecuzioni;
dal 1975 il Paese ed il suo Governo sono soggetti ad un protettorato militare di fatto da parte della Siria, che con almeno 25.000 soldati stanziati permanentemente e capillarmente nei territorio libanese priva la popolazione non solo delle proprie libertà fondamentali, ma della propria dignità e del diritto ad una sovranità piena ed effettiva;
la presenza militare siriana non ha più nessuna giustificazione dopo il ritiro completo delle truppe israeliane il 24 maggio 2000, ed è del tutto illegittima dal punto di vista del diritto internazionale;
l'organizzazione delle Nazioni Unite, e quindi l'intera comunità internazionale che essa rappresenta, con la risoluzione n. 520 del 1982 del Consiglio di Sicurezza ha richiamato tutti i Paesi occupanti all'«intero rispetto della sovranità, integrità territoriale, unità ed indipendenza politica del Libano sotto la sola ed esclusiva autorità del governo libanese», invito accolto nel 2000 da Israele ma non ancora da Damasco la quale si nasconde dietro gli accordi bilaterali stipulati negli ultimi anni con il Governo alleato, imposto dalla Siria stessa, di Beirut;
l'attuale Governo libanese è stato oggetto di accuse di protezione ai terroristi nell'ambito della campagna mondiale avviata dagli Stati Uniti dopo l'11 settembre, a causa della tacita protezione a gruppi armati di tutte le sigle garantita dal contingente siriano in particolar modo nella valle della Bekaa al confine con la Siria;
pochi sono a conoscenza dell'ulteriore questione cosiddetta delle «fattorie di Shebaa», territorio facente capo amministrativamente ad Israele e rivendicato, anche con forme violente, dal Libano. La Siria, che ufficialmente riconosce le rivendicazioni libanesi, tacitamente sfrutta la situazione di tensione creatasi nel territorio come pretesto per fomentare l'azione degli Hezbolla del «Partito di Dio» libanese contro Israele rendendo il Paese vulnerabile ad eventuali ritorsioni israeliane;


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nelle parole dello stesso segretario alla difesa USA, Donald Rumsfeld, riportate dalla CNN ad aprile, la Siria è oggi un Paese che ispira e finanzia una cultura di omicidi politici e di attentati suicidi, sostenitore di una vera e propria «guerra contro la civiltà», che ospita nel proprio territorio le famose dieci frazioni terroristiche palestinesi - capi, militanti e uffici inclusi - tra cui le organizzazioni integraliste e ideologiche più pericolose del mondo: la Jihad islamica palestinese, facente capo a Ramadan Abdallah Shallah, il gruppo Hamas dello sceicco Yassin, il Fronte Democratico per la liberazione della Palestina, di Nayef Hawatmeh, il Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina, di George Habash, ed il comando generale di quest'ultimo, facente capo ad Ahmed Jibril -:
se non si ritenga opportuno:
a) dare mandato ufficiale ai nostri ambasciatori in Siria e Libano affinché intercedano presso i rispettivi Governi di riferimento per ottenere la fine di tutte le attività militari in territorio libanese, in attuazione della risoluzione 520 dell'ONU e dell'impegno assunto successivamente dalla Siria di fronte alla Comunità internazionale in occasione della sigla degli accordi di Taif;
b) adoperarsi, tramite i nostri rappresentanti nei due Paesi, affinché siano fatte rispettare le necessarie misure di sicurezza atte a consentire il rientro in patria degli esuli politici ed il rientro della diaspora cristiano-libanese dall'estero;
c) intercedere in seno all'ONU affinché, una volta liberato il Paese dalle truppe straniere, si possano tenere libere elezioni sotto il monitoraggio delle Nazioni Unite per dare al Libano un governo rappresentativo del popolo anziché un governo fantoccio imposto dalla Siria quale è quello attuale;
d) qualora Siria e Libano non si dimostrassero intenzionati a collaborare in questo senso, valutare la possibilità di ridimensionare o interrompere le relazioni diplomatiche con gli stessi.
(4-04660)

Risposta. - La presenza militare siriana nel territorio libanese risale alla seconda metà degli anni '70 e gode del consenso di Beirut. Il Libano, sin dall'indipendenza nel 1943, ha adottato istituzioni democratiche e, dopo le guerre civili che hanno diviso il Paese nel corso degli anni '50 e '70, ha comunque trovato nella cooperazione con la Siria un fattore di stabilizzazione e contenimento delle forze centripete e settarie presenti nella realtà locale.
Non risulta al Governo italiano che il Governo libanese abbia mai chiesto il ritiro delle forze siriane. Né siamo al corrente, fino al oggi, di una richiesta di Beirut per organismi internazionali a tale scopo. La presenza siriana, approvata dalla Lega araba nel corso della guerra civile degli anni '70, è stata peraltro ulteriormente legittimata dall'accordo di Ta'if concluso nell'ottobre del 1989 tra il Libano e la Siria.
Per quanto riguarda la diaspora cristiano-libanese, occorre distinguere tra chi ha lasciato il Paese in ragione delle condizioni venutesi a creare per la guerra civile, per i quali un eventuale rientro non creerebbe particolari difficoltà e la
leadership delle milizie filo-israeliane, accusata di tradimento (e macchiatosi talvolta di crimini veri e propri), che, in caso di rimpatrio, potrebbe essere sottoposta a giudizio anche di fronte a Corte marziale.
Le consuetudini costituzionali libanesi impongono l'attribuzione delle più importanti cariche istituzionali anche sulla base di criteri di appartenenza confessionale - il Presidente della Repubblica è maronita, il Primo Ministro e il Presidente del Parlamento musulmano sciiti: questa sorta di democrazia interconfessionale ha permesso di frenare le conflittualità interne. Le elezioni libanesi hanno caratteristiche non dissimili a quelle di altri Stati democratici e nel Paese esiste una opposizione parlamentare.
I rapporti bilaterali dell'Italia con la Siria ed il Libano sono ottimi, non solo per i legami di carattere economico, ma anche per il tradizionale dialogo politico che intercorre con questi Paesi, e che consente


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ora, come nel passato, di affrontare direttamente senza mediazioni le questioni controverse.
I rapporti tra Siria e Libano sono caratterizzati e complicati oggi dalla recente Risoluzione 1559 del CdS delle Nazioni unite, promossa in particolare da Francia e Stati Uniti, nell'ottica di mettere fine alla presenza militare siriaria in Libano.
Il Governo italiano ha chiesto ai Governi di Siria e Libano di adempiere alla suddetta Risoluzione, che va inquadrata nel contesto complessivo della situazione regionale, e che si collega, pertanto, ad altre Risoluzioni delle Nazioni unite.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Alfredo Luigi Mantica.

BULGARELLI. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
tra i quattro addetti alla sicurezza di società private presi in ostaggio in territorio iracheno dalla guerriglia locale, figura anche Salvatore Stefio, responsabile della società Presidium International Corporation, azienda specializzata nella consulenza globale in servizi di sicurezza, analisi dei rischi, gestione delle emergenze, protezione siti, scorta convogli, sorveglianza, protezione ravvicinata, secondo quanto è possibile leggere sul suo sito web;
la società avrebbe una sede alla isole Seychelles e una a Olbia, in Sardegna, dove però l'indirizzo della sede della Presidium coinciderebbe a quanto risulta all'interrogante, con quello della locale Guardia costiera -:
se risponda al vero quanto riportato da molti quotidiani circa la corrispondenza della sede della società Presidium con quella della Guardia costiera;
se Salvatore Stefio e la società Presidium intrattengano rapporti di qualsiasi genere con gli apparati e i servizi di sicurezza dello Stato italiano e, in caso affermativo, a che titolo e con quali mansioni.
(4-09767)

Risposta. - Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, la Segreteria generale del CESIS ha comunicato che il SISMI ed il SISDE, appositamente interpellati, hanno fatto presente di non aver mai intrattenuto rapporti con la Società Presidium International Corporation, né tantomeno con il signor Salvatore Stefio.
Al contempo, gli stessi hanno segnalato che la sede di Olbia della Società
Presidium non coincide con quella della locale Guardia costiera e tale circostanza è stata confermata dalla Capitaneria di porto di Olbia.
Il Ministro per i rapporti con il Parlamento: Carlo Giovanardi.

BULGARELLI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
sulla Gazzetta Ufficiale n. 67 del 24 agosto 2004 - 4 serie speciale - concorsi, sono stati pubblicati i bandi con relativi modelli di domanda per complessivi 28 posti di dirigente presso la Presidenza del Consiglio dei ministri;
il Presidente del Consiglio in questi anni ha ripetutamente ribadito, in pubbliche dichiarazioni e in alcune interviste, la necessità di ridurre il numero dei dipendenti della Presidenza del Consiglio dei ministri, perché eccessivamente elevato rispetto a quello utilizzato in analoghe strutture istituzionali europee;
attualmente il numero dei dirigenti in servizio è di 450 più 280 esperti, con pari funzioni, costi e dignità;
le caratteristiche, i requisiti e le professionalità richieste nei bandi di concorso di cui trattasi, sono già possedute da molti dirigenti in servizio alla Presidenza del Consiglio dei ministri, tenuto conto che le attività previste per i nuovi assunti sono già contenute nei contratti individuali di singoli dirigenti e previste nei compiti di uffici e servizi dell'amministrazione;
specifiche discipline possono costituire oggetto di formazione e aggiornamento


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dei dirigenti medesimi, considerato che tale processo è da anni inesistente presso la Presidenza del Consiglio dei ministri e dovrebbe, invece, essere un istituto permanentemente in attività;
peraltro ad avviso dell'interrogante le procedure previste per il concorso in oggetto costituiscono, per la pubblica amministrazione, un precedente grave, in quanto non consentono una valida, seria e oggettiva selezione degli aspiranti, mentre offrono una discrezionalità totale all'amministrazione -:
per quali motivi la Presidenza del Consiglio abbia deciso di procedere a nuove assunzioni tramite il concorso sopraindicato e se non si reputi di dovere meglio valorizzare le competenze e le risorse umane già presenti nell'amministrazione avviando seri programmi di aggiornamento.
(4-11578)

Risposta. - L'articolo 1, comma 1 della legge 6 luglio 2002, n. 137 ha conferito al Governo la delega ad adottare, entro diciotto mesi dalla data di entrata in vigore della legge stessa, uno o più decreti legislativi correttivi o modificativi di decreti legislativi già emanati, ai sensi dell'articolo 11, comma 1, lettera a), della legge 15 marzo 1997, n. 59 e successive modificazioni, relativa al riordino dei Ministeri e della Presidenza del Consiglio dei ministri.
Il successivo comma 2 della medesima norma prevedeva, poi, che il Governo, nell'attuazione della delega, si attenesse ai principi e criteri direttivi indicati negli articoli 12, 14, 17 e 18 della legge 15 marzo 1997, n. 59 e successive modificazioni.
Per quanto concerne la Presidenza del Consiglio dei ministri, la delega ha avuto attuazione attraverso il decreto legislativo 5 dicembre 2003, n. 343, il cui articolo 3 ha introdotto nel decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 303 l'articolo 9-
bis, relativo al personale dirigenziale della Presidenza.
Detta norma prevede una nuova disciplina «a regime» del personale dirigenziale della Presidenza del Consiglio dei ministri, attraverso, in particolare, l'istituzione del ruolo dei consiglieri e dei referendari della Presidenza nel quale sono inseriti, rispettivamente, i dirigenti di prima e di seconda fascia.
È, inoltre, prevista una disciplina relativa alla fase di prima applicazione, di natura tipicamente transitoria, che, in concomitanza con la costituzione del nuovo ruolo, successivamente alle operazioni di inquadramento nello stesso e fino al 31 dicembre 2005, prevede la copertura dei posti di seconda fascia nel ruolo del personale dirigenziale attraverso procedure concorsuali in parte pubbliche (per il 30 per cento dei posti) ed in parte riservate alle categorie indicate alle lettere
b), c), d) ed e) del comma 8 della citata norma.
Giova precisare che i destinatari di tali riserve sono, sinteticamente, i dipendenti della pubblica amministrazione in servizio presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, che possiedano la laurea e, ove richiesto, anche un titolo di specializzazione post laurea ed abbiano, inoltre, svolto una parte significativa della carriera in posizioni funzionali di rilievo - apicali o addirittura dirigenziali ovvero abbiano già conseguito l'idoneità nei più recenti e qualificanti concorsi per l'accesso alla dirigenza espletati dalla Presidenza stessa.
Il numero, peraltro limitato, dei dirigenti, il cui reclutamento è affidato ai concorsi riservati, rispetto al complessivo contingente dei dirigenti in servizio presso la Presidenza (entità questa che corrisponde alle necessarie unità per svolgere compiutamente il complesso delle funzioni esercitate dall'amministrazione), porta ad escludere nella maniera più assoluta il paventato rischio che tale reclutamento contrasti con il principio della valorizzazione delle competenze delle risorse umane già presenti nell'amministrazione.
Sotto tale profilo è, anzi, da dire il contrario, in quanto la Presidenza del Consiglio dei ministri, che ha fissato proprio tra i suoi attuali obiettivi prioritari quello dello sviluppo e della valorizzazione del personale dirigenziale attraverso una rinnovata e mirata serie di iniziative formative, ha inteso viceversa affidare alle procedure concorsuali in discorso la funzione di valorizzare e premiare le migliori professionalità


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che si sono andate negli anni formando tra il suo personale, fornendo così uno sbocco per i tanti funzionari che, altrimenti, vedrebbero frustrate le proprie legittime aspirazioni di carriera, con le inevitabili ricadute di natura motivazionale.
Appaiono, altresì, non corrispondenti le due considerazioni relative, da un lato, alle caratteristiche delle professionalità richieste dai bandi e, dall'altro, all'asserita totale discrezionalità che rivestirebbe la selezione.
Sul primo aspetto si osserva che le figure professionali, per il reclutamento delle quali si sono emanati i bandi sono state individuate con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 21 giugno 2004, sulla base della ricognizione delle principali esigenze dell'amministrazione, senza tuttavia che ciò significhi in alcun modo, né che presso la Presidenza del Consiglio dei ministri non esistano altri dirigenti in possesso di tali profili, né tantomeno che il reclutamento delle nuove unità dirigenziali possa far venir meno l'utilizzo dei dirigenti oggi in servizio, i quali hanno tutti, a differenza di altre amministrazioni, una utile collocazione organizzativa, bensì solo che per quelle precise figure esiste una specifica esigenza di incremento delle unità organiche già in servizio.
Quanto al secondo aspetto, si fa rilevare che le procedure concorsuali in questione sono regolate da pubblici bandi ed attraverso l'affidamento dell'esame dei candidati a commissioni giudicatrici in posizione di terzietà rispetto all'amministrazione, nel più assoluto rispetto della regola costituzionale del concorso, per definizione finalizzato all'individuazione dei migliori.
Preme, altresì, smentire la circostanza che presso la Presidenza del Consiglio dei ministri sarebbe da anni assente un'attività di formazione ed aggiornamento dei dirigenti: si tratta di affermazione non solo del tutto falsa, ma che contrasta, come si è già detto, con gli indirizzi operativi e gli obiettivi di azione amministrativa dell'amministrazione.
Si fa, infine, presente che la norma contenuta nell'articolo 3, comma 8, del decreto legislativo 5 dicembre 2003, n. 343 è stata esaminata dall'apposita Commissione bicamerale per la Riforma amministrativa, nelle sedute del 13 e 19 novembre 2003 e che sulla stessa è stato espresso parere favorevole (con richiesta di alcune modifiche, tutte apportate), sulla base della seguente motivazione: «Il comma 8 costituisce nel suo insieme un logico corollario della modifica recentemente introdotta dalla legge 15 luglio 2002, n. 145, che, come noto, eliminando il ruolo unico dei dirigenti, ha inteso privilegiare le specifiche competenze professionali di ogni amministrazione. È quindi coerente con tale obiettivo che la Presidenza del Consiglio, nel selezionare i propri dirigenti, riservi una percentuale dei posti messi a concorso per coloro che già vi lavorano, a condizione che siano in possesso di idoneo titolo di studio e abbiano maturato adeguata esperienza professionale».
La Commissione ha, inoltre, espressamente ottenuto che all'articolo 6, comma 3, del provvedimento legislativo venisse fissato in 40 unità il limite numerico dei posti complessivamente da bandire.
Il Ministro per i rapporti con il Parlamento: Carlo Giovanardi.

BULGARELLI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riportato dalle agenzie di stampa, numerosi testimoni oculari hanno riferito che durante l'attacco condotto dalle forze della coalizione nella città di Falluja (Iraq), sarebbero state usate dalle truppe Usa numerose armi «non convenzionali», tra le quali gas velenosi e napalm;
il napalm, una miscela gelificata di sali di alluminio e benzina e altri derivati dal petrolio, è stato usato dagli Stati Uniti durante la guerra del Vietnam, con conseguenze catastrofiche sugli uomini e sull'ambiente, ancora oggi perduranti;
l'Italia è tra i paesi firmatari della Convenzione sulla proibizione dello sviluppo,


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produzione, immagazzinaggio e uso delle armi chimiche ma, essendo membro della coalizione di Nazioni che hanno preso parte all'invasione dell'Iraq, risulterebbe indirettamente coinvolta nell'uso che gli Stati Uniti avrebbero fatto di tali armi durante l'offensiva di Falluja -:
se risulti al nostro Governo che gli Stati Uniti abbiano fatto uso di armi chimiche, in particolare, del napalm, durante l'offensiva di Falluja e, qualora ciò fosse confermato, se non lo ritenga incompatibile con il perdurare della presenza dell'Italia nella coalizione dei paesi occupanti.
(4-11821)

Risposta. - Dopo l'adozione della Risoluzione 1546, approvata all'unanimità dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni unite nel giugno 2004, in Iraq non esiste più uno stato di occupazione. Il Paese è oramai amministrato da un Governo iracheno interinale, legittimo e sovrano, secondo quanto indicato nel dispositivo della stessa Risoluzione 1546. Inoltre, l'Italia non è mai stata «potenza occupante» in Iraq, qualifica che, ai sensi della Risoluzione 1483 poteva essere estesa solamente agli Stati Uniti ed al Regno Unito.
In merito a quanto contenuto nell'interrogazione in questione sull'utilizzo di specifiche armi non convenzionali durante l'attacco condotto dalle forze della coalizione nella città di Falluja, questo Ministero non dispone di elementi di riscontro sui fatti evocati. Con riguardo al napalm, è bene sottolineare in linea generale che quest'ultimo non è «un'arma chimica» e pertanto non risulta compreso tra le sostanze proibite dalla Convenzione di Parigi del 1993. L'effetto primario del napalm non è determinato da reazioni chimiche tossiche, bensì da effetti termici dovuti alle alte temperature che esso sviluppa. Sono pertanto esclusi dalla Convenzione tutti gli esplosivi, che pur essendo prodotti chimici, producono effetti che derivano essenzialmente dalla loro deflagrazione.
È però opportuno segnalare che il napalm rientra tra quelle «armi incendiarie» il cui uso è regolato dal III Protocollo alla Convenzione CCW: Certain Conventional Weapons - firmata in ambito ONU nel 1981. Tale III Protocollo non è stato peraltro ratificato dagli Stati Uniti.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Alfredo Luigi Mantica.

BULGARELLI. - Al Ministro della giustizia, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riportato dagli organi di stampa, l'ex appartenente alle Brigate rosse Paolo Persichetti, da molti anni rifigiatosi a Parigi e - dopo essere stato estradato nel nostro paese nell'agosto del 2002 - attualmente detenuto nel carcere di Viterbo, ha iniziato uno sciopero della fame dopo che sia il tribunale di sorveglianza di Viterbo che quello di Roma hanno rifiutato la concessione di un permesso;
secondo quanto riferito da Persichetti, la motivazione del rifiuto sarebbe da addebitare alla mancanza delle informazioni richieste, ormai un anno fa, all'Interpol sui 10 anni trascorsi in Francia, anni che il Persichetti ha trascorso alla luce del sole, insegnando presso l'università -:
se e quali iniziative si intendano adottare presso l'Interpol francese perché fornisca le informazione richieste dai tribunali di Viterbo e Roma.
(4-12085)

Risposta. - Secondo quanto comunicato dal Ministero della giustizia, con istanza rivolta a magistrato di sorveglianza di Viterbo, il detenuto Paolo Persichetti, arrestato in Francia ed estradato nell'agosto del 2002 ha chiesto, ai sensi dell'articolo 30-ter della legge n. 354 del 1975, un permesso premio.
Occorre precisare che la normativa vigente affida al magistrato di sorveglianza, sentito il direttore dell'istituto di pena, la facoltà di concedere permessi premio ai condannati, sulla base della condotta tenuta


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e di valutazioni in ordine alla pericolosità sociale.
Considerato che il detenuto risultava condannato per reato di banda armata, omicidio e violazione della normativa sulle armi, alla pena di 22 anni e sei mesi di reclusione, con fine pena fissato per il 12 settembre 2018, il magistrato ha rilevato che non risultavano pervenute le informazioni richieste all'Interpol in ordine alla decennale permanenza del Persichetti in Francia e che l'interessato aveva reiteratamente richiesto la decisione dell'istanza allo stato degli atti.
Sulla base di tali considerazioni, ritenendo di non poter formulare un giudizio di cessata pericolosità sociale e di insussistenza del pericolo di fuga, non essendosi completata l'istruttoria ritenuta necessaria, il magistrato di sorveglianza ha rigettato l'istanza avanzata dal detenuto.
Sempre secondo quanto riferito dal Ministero della giustizia l'interessato ha, quindi, proposto rituale reclamo al tribunale di sorveglianza di Roma che, nell'udienza del 19 novembre scorso, ha rigettato il reclamo osservando, tra l'altro, che «va condivisa la decisione assunta dal magistrato di sorveglianza, in quanto le informazioni richieste all'Interpol, più volte sollecitate, sono necessarie per un giudizio completo sulla pericolosità sociale del condannato e, soprattutto, sul pericolo di fuga, in quanto il Persichetti si è sottratto volontariamente all'esecuzione della pena, trasferendosi in Francia per oltre un decennio e, se anche tale condotta non configura un'ipotesi di reato, tuttavia denota senz'altro una mancanza di volontà da parte del Persichetti di sottoporsi all'esecuzione della pena essendo lo stesso consapevole della pendenza del procedimento di estradizione».
Ciò premesso, venendo ora agli aspetti relativi alle richieste di informazioni rivolte più volte dal dipartimento della pubblica sicurezza del Ministero dell'interno all'Interpol francese, si precisa quanto segue.
Dando seguito alla richiesta pervenuta il 3 dicembre 2003 dall'ufficio di sorveglianza del tribunale di Viterbo, il predetto dipartimento di pubblica sicurezza, nello stesso mese, interessava l'Interpol francese per acquisire informazioni dettagliate sulla condotta tenuta dal Persichetti in Francia, negli anni dal 1991 al 2002.
In assenza di alcun riscontro, la richiesta è stata reiterata nei mesi di aprile e di maggio di quest'anno, sottolineando, entrambe le volte, il carattere d'urgenza.
I primi di settembre sono pervenute, dall'ufficio francese, informazioni riferite al solo periodo di detenzione in Francia del Persichetti, che sono state immediatamente trasmesse al richiedente ufficio di sorveglianza.
Il successivo 12 settembre, il dipartimento della pubblica sicurezza del Ministero dell'interno ha provveduto ad interessare nuovamente l'ufficio transalpino, precisando ulteriormente che le informazioni a suo tempo richieste da magistrato di sorveglianza di Viterbo dovevano intendersi riferite all'intero periodo della permanenza in Francia del Persichetti.
Anche per quest'ultima richiesta si assicura che è già stato inoltrato un nuovo messaggio di sollecito all'Interpol francese.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Antonio D'Alì.

BULGARELLI. - Al Ministro degli affari esteri. Per sapere - premesso che:
varie organizzazioni umanitarie internazionali, tra le quali Amnesty International e la Croce Rossa Internazionale, denunciano da tempo che in Iraq sono detenuti in condizioni spesso inumane decine di migliaia di prigionieri iracheni; molti di essi sono donne o ragazzi di giovanissima età, accusati di far parte della resistenza; tra le moltissime persone arrestate dalle forze della coalizione ve ne sarebbero circa 10.000 di cui si è persa ogni traccia, veri e propri «desaparecidos»;
tra esse vi è anche Jabbar al-Kubaisi, leader dell'Alleanza Patriottica Irachena, arrestato dalle truppe Usa il 3 settembre scorso, data a partire dalla quale non si hanno più notizie sul suo conto; neppure la Croce Rossa, che si è interessata alla


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vicenda, è stata in grado di reperire alcuna informazione utile ad appurare se egli sia effettivamente detenuto in qualche luogo o se abbia subìto altra sorte -:
se non ritenga doveroso, essendo il nostro paese aderente alla coalizione di forze occupanti, adoperarsi presso gli alleati per appurare se corrisponda al vero che migliaia di cittadini iracheni risultano di fatto essere «desaparecidos», non essendo noto se e dove sono detenuti;
se risulti alle nostre autorità che Jabbar al-Kubaisi sia effettivamente detenuto dall'esercito Usa e quali siano i motivi che impediscono che sia reso noto il luogo della detenzione.
(4-12112)

Risposta. - Per quanto concerne il problema più generale delle condizioni di detenzione in Iraq, va segnalato come il Governo italiano abbia a più riprese, sia a livello bilaterale che di concerto con i partners comunitari, affermato l'assoluta necessità da parte di tutti i Governi di conformare il proprio operato alle norme del diritto internazionale umanitario ed ai principi sanciti dalle norme del diritto internazionale in materia di diritti umani. Un richiamo esplicito al rispetto del divieto generale della tortura e del ricorso a trattamenti inumani e degradanti è fra l'altro contenuto nell'intervento pronunciato dalla Presidenza olandese dell'Unione Europea, a nome dei 25 Stati membri, nel quadro dei lavori della III Commissione dell'UNGA, conclusasi a New York il 1o dicembre 2004.
Sempre in tale sede il 18 novembre 2004, su iniziativa della Danimarca copatrocinata dall'Italia, è stata approvata la Risoluzione sulla Tortura ed altre forme di trattamenti o punizioni crudeli, inumani o degradanti in cui si condanna fermamente la tortura in tutte le sue forme, soprattutto le pratiche cui si fa ricorso in nome della sicurezza nazionale. Mentre il 16 novembre 2004 è stata approvata dalla III Commissione dell'UNGA la Risoluzione sulle sparizioni forzate o involontarie, presentata dalla Francia e anche questa copatrocinata dal Governo italiano, nella quale si esortano tutti gli Stati a prevenire ed eliminare il fenomeno delle sparizioni forzate o involontarie e si afferma la necessità che i diritti umani degli individui vengano garantiti in ogni circostanza anche in situazioni riconosciute di emergenza.
Conformemente alla posizione assunta nei fori internazionali competenti in materia di diritti umani, l'Italia non ha mancato di rappresentare ai suoi interlocutori americani a livello bilaterale la necessità di garantire il pieno rispetto della normativa internazionale in materia e l'opportunità di favorire la più ampia collaborazione possibile con la Croce Rossa Internazionale, soprattutto per quanto riguarda l'accesso dell'Organizzazione a tutti luoghi di detenzione.
Il problema dei trattamento dei prigionieri è stato da ultimo sollevato dalla Presidenza olandese nell'incontro ministeriale UE-USA, svoltosi all'Aja il 10 dicembre 2004, nel corso del quale, da parte americana è stato ribadito il principio secondo cui il ricorso a torture o abusi nei confronti di prigionieri, indipendentemente dal loro
status giuridico, costituisce un comportamento inaccettabile ed è stata riaffermata l'intenzione di procedere all'accertamento dei casi in cui tali violazioni o abusi sono stati contestati.
In relazione all'ultimo punto sollevato dall'onorevole interrogante, Jabbar al-Kubaisi ed altri cittadini iracheni sospettati di terrorismo ed attività illegali contro il Governo iracheno e le Forze della Coalizione sono detenuti sotto il controllo delle Forze della Coalizione Multinazionale nel carcere di massima sicurezza ad Abu Ghraib, dove nei prossimi mesi subiranno un equo processo. Non risultano a questo Ministero, sentita l'Ambasciata d'Italia a Baghdad, casi di maltrattamento di tali detenuti, o la detenzione in condizioni inumane, né casi di
desaparecidos.
Per quanto riguarda, in particolare, Jabbar al-Kubaisi, secondo fonti governative irachene, dopo la caduta di Saddam Hussein il suo ruolo è stato quello di alimentare il revanscismo sunnita nei confronti della Coalizione e dei nuovi gruppi dirigenti in Iraq tramite la propaganda anti-occidentale ed il finanziamento ai gruppi armati


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sunniti. Per questa ragione, il 3 settembre 2004, nel pieno dell'offensiva delle truppe della Coalizione e dell'Esercito iracheno contro la guerriglia e dei conseguenti preparativi per espugnare Falluja (divenuta nel frattempo un santuario dei gruppi armati di terroristi che si oppongono al Governo iracheno di Transizione), Kubaysi è stato arrestato da truppe americane nella sua residenza nel quartiere Amirriyah della capitale.
È infine comunque opportuno precisare, che dopo l'adozione della Risoluzione 1546, approvata all'unanimità dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni unite nel giugno 2004 e la dissoluzione della CPA il 28 giugno 2004, in Iraq non esiste più uno stato di occupazione. Il Paese è oramai amministrato da un Governo iracheno interinale, legittimo e sovrano, secondo quanto indicato nel dispositivo della stessa Risoluzione 1546; inoltre, l'Italia non è mai stata «potenza occupante» in Iraq, qualifica che, ai sensi della Risoluzione 1483 poteva essere estesa solamente agli Stati Uniti ed al Regno Unito.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Alfredo Luigi Mantica.

BURANI PROCACCINI. - Al Ministro delle politiche agricole e forestali. - Per sapere - premesso che:
il Regolamento (CE) N. 1493/1999 del Consiglio del 17 maggio 1999, relativo all'organizzazione comune del mercato vitivinicolo, enuncia tra i suoi Considerando anche le seguenti direttive:
«(50) la designazione, la denominazione e la presentazione dei prodotti disciplinati dal presente regolamento possono avere effetti significativi sulle prospettive di commercializzazione degli stessi;
è opportuno pertanto che il presente regolamento fissi norme in materia che tengano conto di legittimi interessi dei consumatori e dei produttori e promuovano l'agevole funzionamento del mercato interno e la produzione di prodotti di qualità; i principi fondamentali di queste norme devono prevedere l'uso obbligatorio di determinati termini che consentano di identificare il prodotto e di fornire ai consumatori alcune informazioni importanti, nonché l'uso facoltativo di altre indicazioni soggette a norme comunitarie o fatte salve le disposizioni relative alla prevenzione di pratiche fraudolente;
(51) le norme riguardanti in particolare la designazione devono contenere disposizioni in materia di prevenzione di pratiche fraudolente, di sanzioni a livello comunitario da applicare in caso di etichettatura impropria, di uso di lingue, in particolare quando sono interessati alfabeti diversi, e di uso di marchi, in particolare quando questi potrebbero generare confusione nei consumatori;
(52) tenuto conto delle differenze tra i prodotti oggetto del presente regolamento ed i loro marchi, nonché delle aspettative dei consumatori e degli usi tradizionali, le norme devono essere differenziate a seconda dei prodotti interessati, in particolare per quanto riguarda il vino spumante, e a seconda della loro origine;
(53) è opportuno che si applichino norme anche all'etichettatura dei prodotti importati, in particolare al fine di rendere chiara la loro origine ed evitare qualsiasi confusione con prodotti comunitari;
(54) il diritto di utilizzare indicazioni geografiche e altri termini tradizionali ha un valore economico; che tale diritto va quindi disciplinato e che i termini in oggetto devono essere tutelati; al fine di promuovere una leale concorrenza e non trarre in inganno i consumatori, deve essere possibile estendere questa tutela ai prodotti non disciplinati dal presente regolamento, inclusi quelli non compresi nell'allegato I del trattato»;
per quanto riguarda il contenuto del Reg(CE) N 1493/99, si citano alcuni articoli che risultano di fondamentale importanza per la tutela degli interessi della collettività, del sistema economico e dei


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diritti dei consumatori, in particolare i seguenti: articoli 1, 47, 48, 49, 50, 52;
in particolare, l'articolo 52 dispone testualmente che possono essere utilizzati per la designazione, la presentazione e la pubblicità di una bevanda diversa da un vino o da un mosto di uve i nomi:
di una regione determinata;
di un'unità geografica più piccola della regione determinata, purché questo nome sia attribuito da uno Stato membro per la designazione di un vino ai sensi delle disposizioni comunitarie, solo a condizione che:
a) per i prodotti dei codici NC 2009, 2202, 2205, 2206, 2207, 2208 e 2209 nonché per i prodotti ottenuti da una materia prima vinicola i nomi e le menzioni dianzi citate siano riconosciuti nello Stato membro di origine del prodotto e che questo riconoscimento sia compatibile con il diritto comunitario;
b) per le bevande diverse da quelle di cui alla lettera a), sia escluso qualsiasi rischio di confusione circa la natura, l'origine o la provenienza e la composizione di queste bevande;
tuttavia, anche se il riconoscimento di cui alla lettera a) non ha avuto luogo, questi nomi possono continuare ad essere utilizzati fino al 31 dicembre 2000, fatta salva l'osservanza della lettera b);
conformemente alle disposizioni recate dal Reg (CE) n. 1493/99, nel quadro normativo italiano è contenuto il decreto del Presidente della Repubblica n. 162/65 relativo alle Norme per la repressione delle frodi nella preparazione e nel commercio dei mosti, vini ed aceti. Tale Decreto è stato valutato anche ai sensi della giurisprudenza comunitaria nell'ambito di una controversia con la Commissione, per un inadempimento dell'Italia nei confronti del Trattato, dovendo lo Stato italiano eliminare misure contrarie ai principi fondamentali della libera circolazione delle merci, delle restrizioni quantitative, di misure di effetto equivalente. Si tratta della sentenza della Corte del 9 dicembre 1981, Causa 193/80, che ha sancito la contrarietà al Trattato della legislazione che riserva la denominazione «aceto» all'aceto di vino;
in seguito a tale decisione, la normativa nazionale, recependo e rispettando le conclusioni della Corte, si è uniformata al legittimo contesto comunitario;
nel testo consolidato, il decreto del Presidente della Repubblica n. 162/65, prevede anche la regolamentazione degli aceti con particolari caratteristiche qualificative, si tratta, in particolare dell'articolo 46 che prevede la designazione con menzioni di genere commerciale degli aceti preparati con tecniche caratteristiche e tradizionali. Tale disposizione è stata attuata con decreto ministeriale 3 dicembre 1965;
ai sensi di tale disposizione, ogni altro aceto, per poter essere prodotto e commercializzato, ai fini delle caratteristiche di composizione e le modalità di preparazione, deve essere autorizzato da uno specifico decreto interministeriale dei Ministri delle politiche agricole e forestali e del Ministro della salute;
secondo il contesto legislativo e giurisprudenziale nazionale (vedasi in tal senso la Sentenza n. 5798/2000 del Consiglio di Stato in S.G., Sez. V, Roma), la menzione «aceto balsamico di Modena» designa un genere di aceto ed ha valore di «segno» commerciale, atto esclusivamente a distinguere la tradizionalità e le specialità di tale prodotto vitivinicolo;
con decreto direttoriale del 18 novembre 2004, il Ministero delle politiche agricole e forestali ha adottato un provvedimento che conferisce la protezione amministrativa alla menzione di genere commerciale già dichiarata non assoggettabile alla protezione di origine dalla citata Sentenza del Consiglio di Stato n. 5798/2000 (in tal senso producendo un atto nullo per violazione del giudicato), ciò in conseguenza di un'istanza inviata alla Commissione europea con nota protocollo


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n. 67508 del 16 novembre 2004, diretta alla registrazione di un prodotto vitivinicolo che rientra nell'ambito del Reg (CE) n 1493/99, e per il quale bisogna inoltre essere in possesso dei requisiti previsti dal decreto del Presidente della Repubblica n. 162/65, articolo 46 e dal decreto ministeriale 3 dicembre 1965 -:
se nel valutare il fascicolo che ha permesso l'emanazione del decreto ministeriale 18 novembre 2004, il Ministero delle politiche agricole abbia tenuto conto delle disposizioni comunitarie e nazionali richiamate in premessa;
se la produzione prevista dal decreto ministeriale 18 novembre 2004 abbia ottenuto le autorizzazioni interministeriali previste dall'articolo 46 del decreto del Presidente della Repubblica n. 162/65 e se in commercio vi siano confezioni di tale prodotto allo scopo conosciute dall'Ispettorato Centrale Repressione Frodi;
se i produttori che hanno richiesto l'emanazione del decreto ministeriale 18 novembre 2004 siano in possesso, per la produzione disciplinata da tale decreto 18 novembre 2004 e nello specifico solo per questa e non per altre, delle autorizzazioni di cui agli articoli 42 e 43 del decreto del Presidente della Repubblica n. 162/65;
se il decreto ministeriale 18 novembre 2004 sia conforme e rispetti gli atti di giurisprudenza richiamati in premessa.
(4-12191)

BURANI PROCACCINI. - Al Ministro delle politiche agricole e forestali. - Per sapere - premesso che:
nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana del 7 dicembre 2004, n. 287, è stato pubblicato il decreto 18 novembre 2004 -:
se in presenza della nota della Commissione europea, Direzione generale dell'agricoltura del 18 luglio 2004, N ADR 18859, Prot n 254/P, con la quale la Commissione ha annunciato l'avvio di un procedimento di infrazione contro la Repubblica italiana, in applicazione dell'articolo 226 del Trattato CE, il decreto ministeriale 18 novembre 2004 non sia in contrasto con la normativa comunitaria allo scopo applicabile, nonché con le determinazioni della Commissione;
se il decreto ministeriale 18 novembre 2004 non renda maggiormente conflittuale la posizione dell'Italia nei confronti della Commissione, causando così l'applicazione di una sanzione più grave di quella che sarebbe irrogata in ragione della nota di cui sopra ed in tal senso non rischi di pregiudicare il raggiungimento degli obiettivi di protezione e di promozione che la collettività italiana persegue in favore del nome commerciale e della produzione vitivinicola di cui tale decreto ministeriale 18 novembre 2004 si occupa;
se la procedura amministrativa intrapresa con il decreto ministeriale 18 novembre 2004, nonché l'istanza inviata alla Commissione europea il 16 novembre 2004, con nota protocollo n. 67508, alla luce delle vigenti disposizioni regolamentari europee, nello specifico il Reg. (CEE) n. 2081/92, articolo 3, comma 1, che impedisce la registrazione dei nomi dei prodotti agricoli divenuti generici o che identificano un genere di prodotto, nonché delle norme legislative italiane e delle decisioni giurisprudenziali nazionali (Sentenza del Consiglio di Stato n. 5798/2000), non metta in pericolo l'eventuale registrazione a livello europeo di denominazioni di origine o indicazioni geografiche atte a designare prodotti agroalimentari di pregio che hanno legittimità per essere tutelati, provocando in tal senso gravi danni economici e di reputazione al nostro intero comparto agroalimentare di qualità;
se siano state intraprese misure di contrasto e di sanzione nei confronti dei soggetti che operano nell'ambito del territorio della DOP Aceto Balsamico Tradizionale di Modena fabbricando e immettendo in commercio il prodotto disciplinato dal decreto 18 novembre 2004, essendo quest'ultimo l'oggetto del richiamo


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della Commissione e dell'attivazione della relativa procedura d'infrazione nei confronti dell'Italia.
(4-12196)

Risposta. - Con riferimento alla problematica evidenziata nell'interrogazione cui si risponde, si sottolinea che l'amministrazione ha sempre operato ai fini della valorizzazione e della promozione in sede nazionale e internazionale dei prodotti tipici di qualità, immagine del Made in Italy nel mondo proprio nella consapevolezza che il patrimonio agroalimentare italiano di qualità rappresenta un settore strategico e fondamentale per l'economia del nostro Paese.
A riprova dell'impegno e dell'attenzione che l'amministrazione pone a salvaguardia delle produzioni di qualità italiane si ricorda l'alto numero di prodotti DOP e IGP registrati, il che ha consentito al nostro Paese di divenire
leader del settore, superando per la prima volta altri Stati membri da sempre detentori del primato.
Quanto al decreto ministeriale del 18 novembre 2004, concernente la protezione transitoria alla denominazione «Aceto Balsamico di Modena», si precisa che l'amministrazione ha risposto tempestivamente alla nota della Commissione europea AGR 18859 del 19 luglio 2004, inviando alla stessa il testo del decreto ministeriale n. 67509 del 16 novembre 2004 con il quale sono stati abrogati tutti i decreti concernenti le deroghe.
Pertanto, nei confronti del Governo italiano non è stata aperta alcuna procedura di infrazione né la denominazione «Aceto Balsamico di Modena» può essere considerata un prodotto generico o che identifica un genere di prodotto.
Ne consegue che la domanda di registrazione della stessa non rientra nei casi contemplati dall'articolo 3 del Regolamento (CEE) n. 2081/92.
Ritornando al decreto ministeriale del 18 novembre 2004 con il quale è stata accordata a livello nazionale la protezione transitoria alla denominazione «Aceto Balsamico di Modena», si sottolinea che tale protezione è contemplata dall'articolo 1, par. 2 del Regolamento (CE) n. 535/97 del Consiglio del 17 marzo 1997, che integra l'articolo 5, par. 5 del Regolamento (CEE) n. 2081/92, ed è una procedura che si applica a tutte le domande di riconoscimento DOP e IGP una volta trasmesse ai servizi della commissione.
Infine, per quanto riguarda l'attivazione di sanzioni nei confronti dei produttori di «Aceto Balsamico di Modena», che operano nell'ambito del territorio della DOP «Aceto Balsamico Tradizionale di Modena», si evidenzia come nel tempo, come dimostrato storicamente, sono sempre esistiti a Modena e Reggio Emilia diversi tipi di aceto ottenuti col mosto di uva, secondo lo sviluppo nella storia di diverse ricette, di diversi metodi di preparazione e di invecchiamento, fino a giungere alle attuali due tipologie e cioè l'Aceto Balsamico di Modena e gli Aceti Balsamici Tradizionali, di Modena e Reggio Emilia.
Il Ministro delle politiche agricole e forestali: Giovanni Alemanno.

CASTAGNETTI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
nell'area di Carpi (Modena) il tessile - abbigliamento - settore portante dell'apparato industriale e dell'economia locale -, versa da tempo in gravi sofferenze come dimostrano tutti gli indicatori disponibili riguardanti tra l'altro: occupazione (- 4 per cento), produzione (- 4,9 per cento), esportazione (- 8,2 per cento), fatturato (- 5,5 per cento) e cessazione d'attività di impresa (+ 4,5 per cento);
per fronteggiare le gravi difficoltà in cui versano numerose imprese piccole e artigiane a sostenere il reddito dei lavoratori dipendenti: sindacati (FILTEA-CGIL, FIMCA-CISL; UILTA-UIL), le associazioni di impresa (CNA-Federmoda; Lapam-Federimpresa; l'Unione industriali; API e FAM) e i Centri servizi del settore (Citer; Carpiformazione) con l'adesione del comune di Carpi, della provincia di Modena e della regione Emilia Romagna


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hanno avanzato al ministero del lavoro e delle politiche sociali la richiesta di estendere alle imprese carpigiane del settore con meno di 15 dipendenti l'utilizzo delle CIG straordinaria in applicazione dell'articolo 3 della legge 350/2003 così come è già avvenuto per i settori tessile e calzaturiero delle province di Prato, Biella e Macerata;
dalla presentazione di tale richiesta sono ormai trascorse settimane senza una risposta del governo e, secondo quanto si è appreso informalmente, ciò sarebbe dovuto innanzitutto al fatto che i fondi previsti per la CIG straordinaria dall'ultima finanziaria, sarebbero esauriti fin dallo scorso mese di aprile;
posto quanto sopra richiamato, va considerata con urgenza la necessità di un intervento, sia pure modesto e temporaneo, a sostegno di numerose imprese carpigiane del tessile-abbigliamento che versano in gravi difficoltà, oltre che il non meno urgente bisogno, dal punto di vista sociale, di integrare il reddito di un cospicuo numero di lavoratori dipendenti -:
se sia in grado di confermare che la richiesta di intervento CIG straordinaria per le imprese del tessile-abbigliamento di Carpi (Modena) con meno di 15 dipendenti abbia il parere favorevole del ministero;
se per il finanziamento di detta richiesta di CIG straordinaria, qualora risponda a verità la notizia riguardante l'esaurimento dei fondi disponibili, il Ministro non intenda verificare la possibilità - data anche la modestia dell'ammontare del finanziamento necessario - di reperire la somma utile da altri capitoli di bilancio del ministero o, in caso ciò non sia possibile, come e in quali tempi egli intenda reperire nuovi fondi con urgenza adottando un apposito decreto, prima ancora dell'approvazione della «Finanziaria 04-05», data la necessità di intervenire al più presto a sostegno di un significativo numero di imprese di lavoratori del settore tessile-abbigliamento dell'area carpigiana.
(4-10323)

Risposta. - In relazione all'atto parlamentare in argomento, si fa presente che presso questo Ministero il 30 giugno 2004, alla presenza del Sottosegretario onorevole Viespoli, della Regione Emilia Romagna e delle parti sociali, è stato stipulato un verbale di accordo con il quale, rilevata la crisi del settore tessile, sono stati individuati gli interventi di cui all'articolo 3, comma 137, della legge n. 350 del 2003 quali strumenti idonei alla soluzione delle problematiche occupazionali.
Al riguardo, si fa presente che, con l'articolo 1, comma 2, del decreto-legge n. 249 del 2004 (convertito con modificazione dalla legge n. 291 del 2004), è stata rifinanziata di ulteriori 50 milioni di euro, l'originaria e già esaurita disponibilità di 310 milioni di euro, di cui all'articolo 3, comma 137, della succitata legge n. 350 del 2003.
Pertanto, si rappresenta che il decreto interministeriale di concessione del trattamento di integrazione salariale in favore delle categorie imprenditoriali del settore tessile, individuate dall'accordo sopra accennato, operanti nella regione Emilia Romagna, è già stato predisposto ed è in corso di perfezionamento.
Il Ministro del lavoro e delle politiche sociali: Roberto Maroni.

CENTO. - Al Ministro dell'interno, al Ministro della difesa, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
la Croce Rossa è una storica organizzazione che si occupa di volontariato a favore di persone bisognose a livello italiano ed internazionale;
il comitato della Croce Rossa Italiana di Capranica, in provincia di Viterbo, in particolare si occupa di numerose attività sociali fin dal giugno 1999, in collaborazione con lo SFOR di Sarajevo, accogliendo bambini e bambine bisognose di cure mediche, interventi chirurgici ed altre prestazioni sanitarie che non possono ricevere nel loro Paese;


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le modalità di accoglienza in Italia prevedono che le forze armate italiane distaccate a Sarajevo provvedano al trasporto aereo dei bambini in Italia con scalo a Pisa e a Roma, mentre il comitato Croce Rossa italiana provvede al trasporto dall'aeroporto a Capranica e da Capranica all'aeroporto al momento del rientro, al vitto e al soggiorno, ai medicinali ed al vestiario, trattandosi sempre di persone molto bisognose;
negli ultimi anni detto comitato ha ospitato più di 40 bambini con le loro madri provenienti dalla Bosnia, affetti generalmente da patologia neoplastica e li ha fatti curare nei vari reparti pediatrici degli ospedali romani;
i bambini vengono segnalati al comitato dallo SFOR, che ha sede a Sarajevo, e gli stessi militari dell'esercito italiano si preoccupano di espletare le formalità burocratiche necessarie per ottenere il visto di ingresso in Italia e trasportano gratuitamente i bambini e le loro madri in Italia con velivoli militari;
dai primi giorni del mese di maggio 2004, il comitato ha appreso che nuovi ordini impediscono ai militari italiani a Sarajevo di occuparsi di questi bambini e che i voli militari non possono più ospitarli;
il comitato è a conoscenza che almeno tre bambini, in condizioni molto gravi, devono assolutamente far ritorno, per le necessarie cure, in Italia -:
se siano a conoscenza dei fatti esposti e quali provvedimenti urgenti intendano intraprendere alfine di sbloccare tale situazione che vanifica l'importante lavoro umanitario di anni e anni del Comitato della Croce Rossa italiana di Caprinica, come di altri presenti in Italia, e soprattutto per tutela la salute dei bambini di Sarajevo che devono necessariamente far ritorno nel nostro Paese per sopravvivere e ricevere le cure adeguate alle loro purtroppo gravissime patologie.
(4-10020)

Risposta. - Nel novero dei compiti umanitari e di sicurezza che il nostro contingente svolge all'interno del German Italian Battle Group dislocato a Sarajevo, l'attività di evacuazione sanitaria a favore delle popolazioni civili della Bosnia-Erzegovina riveste la massima rilevanza.
A tal riguardo, il personale militare provvede all'espletamento delle formalità necessarie per l'ottenimento dei visti d'ingresso in Italia ed in particolare, per il successo dell'iniziativa, al trasporto dei piccoli pazienti con velivoli militari.
Nel caso in esame, in effetti, si è verificata una sospensione dell'attività di supporto militare alla Croce rossa italiana (C.R.I.), che si è limitata al tempo strettamente necessario per consentire la riarticolazione del contingente italiano in Bosnia.
Pertanto, si assicura l'interrogante che i rapporti di collaborazione - finora eccellenti - tra il personale militare del contingente italiano e quello della Croce rossa italiana proseguono nell'ottica di garantire l'assistenza necessaria ai bambini malati provenienti dalla Bosnia-Erzegovina.
In conclusione, è di tutta evidenza come i militari italiani dimostrino in qualsiasi circostanza il lodevole impegno e il notevole spirito di sacrificio con cui adempiono ai compiti umanitari propri della missione cui partecipano.
Il Ministro della difesa: Antonio Martino.

CENTO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
la Presidenza del Consiglio dei ministri si è avvalsa negli anni dell'impiego di personale in posizione di comandato e fuori ruolo, beneficiando della possibilità di una più rapida rimodulazione delle risorse umane in ragione delle proprie effettive necessità funzionali ed organizzative ed ha acquisito una dotazione di personale qualificato con notevole esperienza e peculiare professionalità, non rinvenibile nell'ambito del personale dei ruoli;
il contingente di personale comandato e fuori ruolo in servizio presso la


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Presidenza del Consiglio dei ministri (ammontante a circa 753 dipendenti, come risulta dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 23 luglio 2003) costituisce, a fronte di un utilizzo pluriennale, un patrimonio di cultura, professionalità e competenza, indispensabile alla funzionalità dell'Amministrazione;
i provvedimenti nei confronti del personale in comando vengono reiterati da molti anni, con ciò dimostrandosi, inequivocabilmente, che l'apporto di progressionalità reso da tale personale è indispensabile per il funzionamento degli uffici della Presidenza del Consiglio dei ministri;
la dotazione organica della Presidenza del Consiglio dei ministri presenta attualmente circa 290 posti vacanti, comprensive delle vacanze dei ruoli del Dipartimento della Protezione civile, destinati ad aumentare nei prossimi mesi;
in occasione della trasformazione strutturale della Presidenza del Consiglio dei ministri, con connessa rimodulazione delle risorse umane, operata attraverso i decreti legislativi n. 303 del 1999 e n. 343 del 2003, è stato previsto l'espletamento di apposite procedure concorsuali per la copertura delle vacanze in organico;
l'articolo 3, comma 54, della legge n. 350 del 2003, impone a tutte le pubbliche amministrazioni l'attivazione dei processi di mobilità, prima di esperire procedure concorsuali, confermando il principio generale, già sancito nelle procedenti leggi finanziarie, in base al quale si può procedere ad assunzioni di personale solo «previo esperimento delle procedure di mobilità da effettuare secondo le vigenti disposizioni legislative e contrattuali», ponendo un obbligo non derogabile né da fonti contrattuali, né dal decreto legislativo n. 303 del 1999 e successive modificazioni ed integrazioni;
tale operazione, trattandosi di personale già dipendente della pubblica amministrazione, non comporterebbe oneri aggiuntivi (diversamente dalle previste procedure concorsuali), anzi, da essa ne conseguirebbe un notevole risparmio di denaro pubblico e, inoltre, costituirebbe una opportuna soluzione all'annoso problema dei dipendenti «comandati» presso la Presidenza, i quali, in attesa della «regolarizzazione» presso la Presidenza, e stante l'assenza prolungata dalle amministrazioni di appartenenza, nel frattempo si sono visti precludere le possibilità di sviluppi di carriera e di incarichi presso quest'ultime -:
se la Presidenza del Consiglio dei Ministri intenda rispettare il dettato normativo di cui al citato articolo 3, comma 54, della legge n. 350 del 2003, e favorire a tal fine il trasferimento nei ruoli della Presidenza del Consiglio dei Ministri del personale comandato o fuori ruolo in servizio alla data del 31 dicembre 2004, mediante l'esperimento delle procedure di mobilità di cui all'articolo 30 del decreto legislativo n. 165 del 2001.
(4-12162)

Risposta. - L'articolo 1, comma 1 della legge 6 luglio 2002, n. 137 ha conferito al Governo la delega a adottare, entro diciotto mesi dalla data d'entrata in vigore della legge stessa, uno o più decreti legislativi correttivi o modificativi di decreti legislativi già emanati, ai sensi dell'articolo 11, comma 1, lettera a), della legge 15 marzo 1997, n. 59 e successive modificazioni, relativa al riordino dei Ministeri e della Presidenza del Consiglio dei ministri.
Il successivo comma 2 della medesima norma ha previsto poi che il Governo, nell'attuazione della delega, si attenga ai princìpi e criteri direttivi indicati negli articoli 12, 14, 17 e 18 della legge 15 marzo 1997, n. 59 e successive modificazioni.
In attuazione di tale delega è stato emanato il decreto legislativo 5 dicembre 2003, n. 343, il cui articolo 6 ha introdotto il comma 4-
bis dell'articolo 11 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 303, il quale, con disciplina relativa alla fase di prima applicazione, di natura, quindi, tipicamente transitoria ed in connessione con il riordino organizzativo della Presidenza, prevede la copertura dei posti vacanti nell'organico di cui alla tabella A allegata al decreto del


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Presidente del Consiglio dei ministri 11 luglio 2003, fino al 31 dicembre 2005, «per il quaranta per cento tramite concorso pubblico, per il trenta per cento tramite concorso riservato al personale comandato o fuori ruolo e per il trenta per cento tramite concorso riservato al personale dei ruoli della Presidenza».
Osservato, preliminarmente, che tale norma riguarda esclusivamente il personale di cui alla tabella A allegata al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 11 luglio 2003, rimanendone, pertanto, escluso il personale della tabella B del medesimo decreto (Protezione civile), dalla natura di norma di prima applicazione, di carattere derogatorio, deve necessariamente discendere, in forza del principio di specialità, la prevalenza di detta disposizione, la cui applicazione è ristretta entro un ben limitato periodo temporale, sulla generale normativa che disciplina il reclutamento nelle pubbliche amministrazioni, ivi compresa quella relativa alla mobilità.
Non può, pertanto, condividersi l'opinione secondo la quale sarebbe inderogabile il principio generale in base al quale si può procedere ad assunzioni di personale solo previo esperimento delle procedure di mobilità.
Al contrario, è evidente la volontà del legislatore di introdurre una deroga a tale principio, in considerazione delle peculiarità dell'amministrazione della Presidenza del Consiglio dei ministri e della fase di prima attuazione della normativa relativa al riordino della stessa, introducendo un trattamento di maggior favore per il personale in posizione di comando o di fuori ruolo presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, rispetto alle generali regole di reclutamento.
Sotto il secondo profilo, inoltre, a ben vedere, il riferimento contenuto nell'articolo 3, comma 54, della legge n. 350/2003, il quale pur espressamente è richiamato nell'interrogazione dell'interrogante, è operato nei confronti della procedura disciplinata dall'articolo 34-
bis del decreto legislativo n. 165/01, che prevede la verifica - per il tramite del Ministero della funzione pubblica - dell'inesistenza di personale in situazione di mobilità in possesso delle medesime professionalità per le quali si intende esperire la procedura concorsuale.
La norma della legge n. 350 del 2003, in altri termini, appare indirizzata a fornire risposta a situazioni diverse da quella del personale che presta servizio presso la Presidenza del Consiglio dei ministri in posizione di comando o di fuori ruolo, e, precisamente a quelle situazioni di mobilità collettiva e di eccedenze di personale contemplate dall'articolo 33 del decreto legislativo n. 165 del 2001, che possono anche discendere dalla trasformazione di amministrazioni pubbliche in soggetti di diritto privato: è pensando a situazioni di questo genere, che pongono la necessità di trovare una nuova posizione lavorativa a personale che non trova più collocazione nelle dotazioni organiche dell'amministrazione di appartenenza, che si giustifica la deroga al principio costituzionale del concorso pubblico.
Tale esigenza, al contrario, non ricorre nel caso del personale di prestito in servizio presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, per il quale esiste una specifica previsione numerica, nell'ambito della tabella A allegata al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 11 luglio 2003 e non si pone, pertanto, alcun problema di eccedenza organica, bensì solo un'aspettativa - senz'altro comprensibile, ma comunque di mero fatto, sotto il profilo giuridico - alla quale il legislatore ha inteso dare una, sia pur parziale, risposta con il comma 4-
bis dell'articolo 11 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 303.
Si fa, infine, osservare all'interrogante come la norma contenuta nell'articolo 6, comma 2, del decreto legislativo 5 dicembre 2003, n. 343 è stata esaminata dall'apposita Commissione bicamerale per la riforma amministrativa, nelle sedute del 3 e 19 novembre 2003 e che sulla stessa è stato espresso parere favorevole senza alcuna osservazione, ovvero richiesta di modifica.
Il Ministro per i rapporti con il Parlamento: Carlo Giovanardi.


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CIRIELLI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
con decreto-legge n. 214 del 27 giugno 2000 è stato disposto lo scioglimento, in data 31 dicembre 2001, degli Organi di leva funzionanti in diverse città e, tra questi, contempla anche la soppressione del distretto militare di Salerno che verrà trasformato in semplice agenzia d'informazione;
la cosa rappresenta un drastico ridimensionamento per una struttura efficiente, che vanta anche attrezzature d'avanguardia per quanto riguarda la diagnostica medica, dove affluiscono, annualmente, circa 23 mila giovani, provenienti dalla provincia di Salerno ma anche quelle di Avellino e di Potenza;
il distretto «serve» ben 373 comuni (159 della provincia di Salerno, 120 della provincia di Avellino e 94 di quella di Potenza) e, partire dal gennaio 2002, i giovani di provenienti da questi dovranno recarsi per la visita di leva a Caserta con gravi disagi, soprattutto per quelli provenienti dal Cilento interno o al Vulture, che saranno costretti ad affrontare lunghe e costose trasferte;
il disagio andrebbe a coinvolgere anche i dipendenti civili del distretto di Salerno, la maggior parte con molti anni di servizio, che verrebbero trasferiti in altre sedi;
la cosa, di fatti, rappresenta un grave spreco di mezzi e di risorse umane, visto che con la legge n. 331 del 14 novembre 2000, nell'arco di pochi anni, si giungerà alla costituzione di un esercito formato da professionisti, con la conseguente ridefinizione delle sedi;
anche il 20 Gruppo Squadroni «Andromeda», dell'Aviazione militare italiana, presente nella città di Pontecagnano dal 1976, stando ad alcune voci, sarebbe destinato al trasferimento in altra sede -:
se e quali provvedimenti intenda adottare per evitare la soppressione del distretto militare di Salerno;
se le voci circa il trasferimento del Gruppo Squadroni «Andromeda» risultino veritiere e quali provvedimenti consequenziali intenda adottare.
(4-01388)

CIRIELLI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
il decreto legislativo n. 214 del 1 agosto 2000 ha previsto una serie di provvedimenti di soppressione e/o riconfigurazione dello strumento operativo della difesa e la scelta delle unità interessate ai provvedimenti è stata devoluta al ministero della difesa che, a seconda della forza armata interessata, ha, a sua volta, devoluto la decisione alla Stato Maggiore competente (Esercito, Marina, Aeronautica, Carabinieri);
in questo contesto, lo Stato Maggiore dell'Esercito ha previsto, nel secondo semestre 2002, la soppressione del 20 Gruppo squadroni cavalleria dell'aria «Andromeda», di stanza all'aeroporto militare «Martucci» di Pontecagnano (Salerno);
le valutazione dello Stato maggiore dell'Esercito, a sostegno della soppressione dello squadrone Andromeda, sembrano esclusivamente di natura «economica-logistica»;
non sono state considerate invece le attività operative e di impiego delle componenti aeree dei vari Corpi dello Stato dislocate nell'area campagna, che identificano il 20 gruppo squadroni cavalleria dell'aria «Andromeda» quale principale strumento a disposizione dei diversi organismi istituzionali e/o enti locali-territoriali su cui fare sicuro affidamento per ogni necessità e emergenza, in forza dell'elevata mobilità dei velivoli ad ala rotante;
non è stato preso in considerazione il massiccio impegno profuso dal gruppo durante le operazioni di soccorso alle popolazioni delle province della Campania e della Basilicata, a seguito degli eventi sismici del novembre 1980. Come l'impegno nelle operazioni di soccorso alle popolazioni di Sarno, Quindici, Siano e Bracigliano,


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colpire dagli eventi franosi del maggio 1998 e, ancora, l'impiego nelle operazioni di soccorso alle popolazioni di Cervinara e zone limitrofe, nell'anno 1999;
va considerato il concorso del gruppo Andromeda ad attività connesse al soccorso sanitario nazionale, con particolare riferimento al trasporto di ammalati, traumatizzati e di organi da trapiantare. Come il concorso alle innumerevoli missioni di volo, espletate nel quadro del piano di protezione del patrimonio boschivo dagli incendi su tutta l'area meridionale della penisola e che il gruppo ha organizzato corsi di soccorso a favore di organizzazioni di volontari come la Croce Rossa;
il 20 gruppo squadroni «Andromeda» è, inoltre, inserito nel quadro dei programmi di prevenzione per un'eventuale emergenza o evacuazione dell'area vesuviana, considerata la potenziale disponibilità dei velivoli, strumento indispensabile per l'immediata attuazione dello stesso piano;
l'importanza del sito va evidenziata in quanto è quello più vicino per poter supportare i comandi militari esistenti nella regione Campania: la regione militare sud, il comando del 2 FOD, le esercitazioni e le operazioni alla Brigata «Garibaldi» e, non ultimo, il vicinissimo 19 Reggimento «Guide» di Salerno;
le basi più vicine alla zona campana sarebbero quelle dislocate sulle sedi di Viterbo e di Lamezia Terme (Catanzaro), distanti oltre 90 minuti di volo effettivi;
i costi di mantenimento della base di Pontecagnano sono irrisori e quantificabili in circa 250 mila euro annui, in quanto tutti quelli necessari ai mezzi, ai velivoli ed al personale resterebbero in caso di trasferimento in altra sede -:
se e quali provvedimenti intenda adottare per evitare la soppressione del 20 gruppo squadroni cavalleria dell'aria «Andromeda», di stanza all'aeroporto militare «Martucci» di Pontecagnano (Salerno).
(4-03170)

Risposta. - In merito a quanto richiesto dall'interrogante, si fa presente che da tempo è in atto un articolato progetto di riorganizzazione dello strumento militare che coinvolge ogni sua componente allo scopo di renderlo più idoneo e rispondente alle nuove esigenze.
In tale ottica, il 20o Gruppo squadroni cavalleria dell'aria «Andromeda», di stanza a Pontecagnano Faiano, è stato già soppresso in data 30 giugno 2002.
Il provvedimento di soppressione risponde a criteri di razionalizzazione degli oneri di gestione ottenuta attraverso la concentrazione delle unità su un numero ristretto di aeroporti.
Peraltro, la presenza militare nella regione Campania è stata mantenuta a livelli adeguati, sia in termini quantitativi che qualitativi. Infatti, nella regione è dislocato un complesso di unità - tutte alimentate con personale volontario - incentrate, oltre che su enti, distaccamenti e reparti minori, su: Brigata «Garibaldi»; 21o Reggimento genio guastatori; 10o Reggimento logistico di manovra.
In particolare, quest'ultimo reparto logistico ha anche la capacità di schierare un ospedale da campo a sostegno di strutture ospedaliere civili in caso di calamità naturali.
Per quanto concerne, invece, la soppressione del Distretto militare di Salerno, in virtù della conversione del decreto-legge 28 maggio 2004, n. 136, recante «Disposizioni urgenti per garantire la funzionalità di taluni settori della Pubblica amministrazione» in data 27 luglio 2004, il termine temporale entro il quale il Governo dovrà emanare i decreti legislativi per procedere alla riorganizzazione delle Forze armate scadrà dopo 12 mesi a decorrere dall'entrata in vigore del nuovo provvedimento di delega (luglio 2005).
Tali decreti sono finalizzati a meglio modulare l'organizzazione militare alle nuove esigenze, anche al fine di adeguarla alle riduzioni dei livelli organici (190.000 unità) stabilite dalla legge 14 novembre 2000, n. 331, nonché ai nuovi parametri di efficienza cui si ispirano le disposizioni


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sulla professionalizzazione recate dal decreto legislativo 8 maggio 2001, n. 215.
Com'è consuetudine della Difesa nell'affrontare le delicate tematiche connesse alla riorganizzazione delle proprie realtà periferiche, tutte le questioni - come quella sollevata dall'interrogante, relativa alla soppressione del Distretto militare di Salerno - sono sempre oggetto di opportuna valutazione nella fase decisionale preliminare alla stesura di ogni provvedimento da avviare all'
iter parlamentare.
In tale fase, vengono, infatti, tenuti in debita considerazione tutti gli aspetti che concorrono alla definizione della problematica, inclusi i riflessi di carattere sociale, economico ed infrastrutturale, nonché quelli connessi alla presenza militare e civile nelle aree interessate.
Si soggiunge, inoltre, che i decreti legislativi che saranno elaborati in applicazione del dispositivo della legge delega verranno trasmessi ad entrambe le Commissioni parlamentari per l'acquisizione del relativo parere.
Il Ministro della difesa: Antonio Martino.

CIRIELLI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
nei primissimi giorni del settembre 1943, il sommergibile britannico Shakespeare, incrociava le nostre coste, con il compito di segnalare aree eventualmente minate dalla Marina Italiana e di agire da radiofaro per i convogli d'assalto in avvicinamento dal Nord Africa e dalla Sicilia, per il programmato sbarco angloamericano nel golfo di Salerno;
il sommergibile britannico, il giorno 7 settembre 1943 stazionava nel tratto di mare antistante Punta Licosa, a circa 5 miglia a ovest del promontorio. Alle ore 19.53 due sottomarini italiani, diretti verso sudovest, naviganti in emersione ed alla distanza di circa un miglio l'uno dall'altro, gli passarono accanto, uno per lato. Dei due sottomarini italiani, quello ad est dello Shakespeare, il Benedetto Brin, non si distingueva sullo sfondo ormai scuro della costa, non così il Velella, che da lato occidentale si stagliava contro gli ultimi bagliori del crepuscolo;
alle ore 20.03, il sommergibile inglese, secondo il resoconto del suo comandante, scagliò contro il Velella ben sei siluri, quattro dei quali colpirono l'obiettivo disintegrandolo. Nessuno dei 51 uomini dell'equipaggio, comandati dal tenente di vascello Mario Patané di Acireale, ebbe scampo;
quanto alle circostanze dell'affondamento, esistono più versioni, in particolare riguardo ai numeri dei siluri che l'avrebbero colpito: uno, secondo le fonti italiane, seguito da una deflagrazione successiva all'affondamento, forse per cortocircuito delle batterie di bordo, quattro, come già detto, secondo documenti ufficiali inglesi, raccolti da studiosi campani;
ilVelella, che era lungo 63,15 metri largo 6,39 metri per 794 tonnellate in superficie e 1018 in immersione, o ciò che di esso resta, probabilmente in più frammenti, giace oggi ad una profondità che alcuni danno sugli 80 metri, altri sui 125, tutti sulla base di resoconti di pescatori le cui reti si sarebbero impigliate nel relitto. Sta di fatto che, a tutt'oggi, non è stata ancora effettuata una ricognizione del Velella per accertare l'ubicazione esatta dello scafo, il suo stato di conservazione, la sua consistenza, e soprattutto la presenza e la conservazione o meno di resti umani al suo interno -:
se, data la logistica in apparenza abbastanza difficoltosa, e previo debito approfondimento di quanto consta sia alla Marina italiana e inglese che ai pescatori del posto, ritenga necessario e rispettoso verso la memoria dei 51 caduti e delle famiglia nonché verso la nostra patria, condurre un'indagine preliminare finalizzata all'accertamento dei dati di cui sopra, per poi procedere a un eventuale recupero del relitto e delle salme dei marinai in esso contenute, il cui elenco nominativo completo è già agli atti del ministero della difesa.
(4-03402)


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Risposta. - Per tradizione immemore le navi di sommergibili affondati sono considerati dagli uomini di mare i sepolcri più adeguati per i resti del personale militare che ne formava gli equipaggi, pertanto l'operazione auspicata dall'interrogante rappresenterebbe un immotivato turbamento all'eterno riposo di eroi immolatisi per la Patria.
Proprio per onorare la memoria di quanti sono eroicamente deceduti in mare per la difesa della Patria è stata istituita, con legge 31 luglio 2002, n. 186, la «Giornata della Memoria dei Marinai scomparsi in mare», la cui celebrazione è stata fissata per il giorno 12 novembre.
Nell'ultimo ventennio, gli interventi effettuati dai subacquei della Marina militare su sommergibili affondati durante il secondo conflitto mondiale, hanno interessato solo i sommergibili
Scirè e Veniero.
Per entrambi si è provveduto, prioritariamente, alla occlusione delle vie di accesso ai relitti ed al recupero di alcune parti di dimensioni ridotte da destinare all'allestimento di monumenti commemorativi.
Solo per quanto concerne lo
Scirè, si è anche proceduto al recupero dei resti di parte dell'equipaggio, a seguito di atti di sciacallaggio perpetrati all'interno dello scafo del sommergibile.
Ciò detto, la Marina militare non è dotata di mezzi tecnici idonei ad operare il recupero in sicurezza di relitti o per eseguire interventi all'interno degli stessi.
Inoltre, in considerazione del totale impegno richiesto alla Marina militare per l'assolvimento di inderogabili e sempre più rilevanti compiti in materia di difesa, sia in ambito nazionale che internazionale, nonché, in considerazione che una eventuale attività di recupero comporterebbe necessariamente un considerevole impegno finanziario per l'acquisizione di adeguati mezzi tecnici, non si valutano percorribili interventi della Forza armata in attività che possano distogliere risorse dai primari compiti istituzionali.
Al riguardo, un'operazione finalizzata alla ricerca ed al recupero del sommergibile
Velella e delle spoglie dei componenti l'equipaggio, richiederebbe un prolungato e rilevante impegno di personale specializzato della Marina militare e l'esposizione degli operatori subacquei a rischio per la propria incolumità, in relazione alle impegnative condizioni ambientali in cui sarebbero costretti ad operare.
Pertanto, pur condividendo pienamente le motivazioni di ordine etico, religioso e storico rappresentate dall'interrogante, si ritiene che il rispetto di secolari tradizioni marinare e imprescindibili motivazioni di natura tecnico-operativa impediscano, al momento, la concreta attuazione di una eventuale operazione di recupero, in sicurezza, delle salme dei marinai.
Il Ministro della difesa: Antonio Martino.

CIRIELLI. - Al Ministro per i beni e le attività culturali, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il 12 novembre 2003, alcuni ignoti, approfittando della mancanza di sistemi di allarme, si sono introdotti all'interno del «Parco d'Ayala», sito nel comune di Valva, in provincia di Salerno, di proprietà del Sovrano Militare Ordine di Malta ma gestito dal comune;
i ladri, come denunciato alla competente stazione dei carabinieri, hanno portato via un prezioso altare bizzantino;
in poco più di un anno il «Parco d'Ayala» è stato fatto oggetto di ben quattro furti, in particolare il 6 giugno 2002 furono portati via ben 10 statue raffiguranti busti di donna e databili dal XV al XVII secolo;
sui fatti sopra menzionale lo scrivente aveva già presentato l'interrogazione a risposta scritta 4-03308, senza ricevere, alla data odierna, nessuna risposta -:
se e quali interventi anche di tipo normativo, vogliano porre in essere per evitare il ripetersi di furti di opere d'arte e se intendano predisporre un ulteriore finanziamento per una celere ultimazione del sistema di d'allarme antintrusione.
(4-08060)


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Risposta. - In riferimento alle questioni poste dall'interrogante, concernenti i sistemi di sicurezza nel Parco Villa D'Ayala-Valva, in provincia di Salerno, si rappresenta quanto segue.
A seguito dei reiterati furti da parte di non identificati autori, tra cui l'ultimo avvenuto in data 12 novembre 2003 e denunciato al competente Comando dei Carabinieri, la Soprintendenza di Salerno e Avellino, utilizzando i fondi messi a disposizione dalla provincia di Salerno, ha attivato, all'interno del Parco, un sofisticato sistema di allarme «antintrusione», dotato di telecamere a circuito chiuso, collegate direttamente alla centrale operativa della Compagnia dei Carabinieri di Eboli.
Lo stesso Comando ha comunque intensificato, specialmente nelle ore notturne, i servizi perlustrativi nella zona di Valva.
Il ministero dell'interno riferisce che, avendo il fenomeno dei furti di beni culturali implicazioni internazionali, la specifica Sezione Opere d'Arte dell'Interpol, che opera nell'ambito del Servizio di Cooperazione Internazionale di Polizia, ha provveduto ad inoltrare la documentazione descrittiva e fotografica relativa alle opere trafugate nel complesso, all'
Organisation Internationale de Police Criminelle (O.I.P.C.).
Si rende noto, inoltre, che le opere asportate, sia il 12 novembre 2003 che il 5 giugno 2002, sono descritte ed elencate in un apposito registro e coperte da assicurazione contro il furto.
Per opportuna conoscenza, si segnala che, in considerazione della rilevanza del parco e della villa, è stato elaborato dalla competente Soprintendenza, di concerto con la provincia di Salerno ed il comune di Valva, un programma integrato di restauro, recupero, conservazione, gestione e valorizzazione, e che la stessa Soprintendenza ha ricevuto dalla Comunità Europea un finanziamento comunitario mirato alla salvaguardia monumentale ed ambientale di tale bene.
Il Sottosegretario di Stato per i beni e le attività culturali: Nicola Bono.

COLASIO. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
in località Poggiomarino, a pochi chilometri da Pompei, sulle sponde del fiume Sarno, è stato rinvenuto un eccezionale villaggio protostorico, risalente all'età del Bronzo;
il ritrovamento, nonostante la sua unicità ed il suo valore archeologico, rischia di scomparire a causa della costruzione di un depuratore del basso Sarno;
i risultati delle ricerche, presentati nel mese di marzo al ministero dei beni culturali dal soprintendente di Pompei Pietro Giovanni Guzzo e da Renato Peroni, professore di protostoria europea all'università «La Sapienza» di Roma, hanno evidenziato un'area di indagine archeologica di quasi 1600 metri quadrati;
gli scavi hanno restituito una straordinaria sequenza di ritrovamenti, tra cui capanne, canali di comunicazione tra «quartieri», impianti di drenaggio delle acque nonché opere di canalizzazione e di bonifica;
gli specialisti del settore hanno giudicato eccezionali suddetti ritrovamenti, così come sono stati considerati di particolare rilievo i manufatti in ceramica, bronzo, ferro, ambra e pasta vitrea;
l'insediamento di Poggiomarino sembra in sostanza aver rivelato una continuità abitativa della zona di quasi 1000 anni, dalla tarda età del Bronzo fino al 700 ac;
il ritrovamento dell'abitato ha permesso, tra l'altro, di interpretare la valenza delle migliaia di tombe rinvenute in località limitrofe (San Marzano, San Valentino Turio e Striano), un enorme cimitero di cui mai si era compreso appieno il significato -:
se il Ministro sia a conoscenza dei fatti indicati in premessa;
se, alla luce dell'importanza del ritrovamento, sia opportuno prevedere una


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corretta musealizzazione della zona attraverso la creazione di adeguate strutture museali e ricettive, nei rispetto del valore storico ed ambientale della zona;
se, al fine di salvaguardare la bellezza del sito archeologico, non si riveli necessario adottare provvedimenti che, individuando una differente localizzazione per l'impianto depurativo, concorrano a cautelare l'integrità del ritrovamento.
(4-02983)

Risposta. - In riferimento ai quesiti posti dall'interrogante, concernenti i ritrovamenti archeologici in località Longola di Poggiomarino (Napoli), emersi nel corso degli interventi per la realizzazione di un impianto di depurazione afferente al bacino del fiume Sarno, si rappresenta quanto segue.
Come è noto, nel 1997, la Soprintendenza archeologica di Pompei, informata del progetto dell'impianto, ha attivato le ordinarie procedure di verifica dell'eventuale interesse archeologico del sito.
A seguito del rinvenimento di oggetti risalenti alla preistoria, la stessa Soprintendenza ha eseguito una serie di carotaggi e saggi di scavo a cielo aperto da cui è risultato che le presenze archeologiche riguardavano l'intera area interessata dal progetto. La conferma dell'effettiva presenza di un villaggio preistorico ha comportato l'apposizione del vincolo archeologico sull'intera zona, nonché il relativo esproprio, con oneri a carico della Soprintendenza medesima.
È opportuno segnalare che la realizzazione delle operazioni di scavo, sia inizialmente che in prosieguo, si è rivelata difficoltosa per una pluralità di motivi:
a) presenza di una falda idrica sotterranea; b) complessità stratigrafica; c) necessità di un'accurata e completa documentazione, dovuta all'impossibilità di conservare in loco le evidenze rinvenute; d) assoluta novità della fattispecie evidenziata. Purtroppo, la complessità di tali aspetti ha implicato la necessità di prorogare i tempi inizialmente stimati per il completamento dello scavo.
Ciò non ha fatto venir meno la fattibilità dell'impianto di depurazione che, sebbene delocalizzato su area diversa, sarà realizzato con fondi del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio, secondo quanto emerso dalla procedura di concertazione attivata, presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, dalla Prefettura di Napoli, quale Commissario per l'emergenza ambientale nel bacino del Sarno.
Allo stato, si fa presente che i lavori di scavo sono stati effettuati per un'estensione di circa 1.600 metri quadrati e che la Soprintendenza archeologica di Pompei ha in corso un'approfondita indagine conoscitiva, al fine di acquisire tutte le informazioni necessarie per l'attuazione di un idoneo progetto di conservazione e di valorizzazione del villaggio preistorico.
In particolare, per quanto concerne i reperti rinvenuti, sono in corso interventi di conservazione e di restauro di tutto il materiale, ivi comprese le opere lignee, per le quali sono contemplati anche trattamenti di umidificazione. Inoltre, al fine di assicurare la tutela della stratigrafia archeologica, è stato attivato un sistema che garantisca il funzionamento continuo degli impianti drenanti.
Per quanto attiene all'aspetto della fruibilità del sito, si segnala che la Soprintendenza archeologica ha promosso iniziative che ne hanno consentito la visita alle scuole del comprensorio ed alla cittadinanza e che, a seguito dell'attivazione di rapporti di collaborazione con diverse università e con l'Istituto Archeologico Germanico, l'accesso alle attività di scavo si è esteso anche a studiosi italiani e stranieri.
Alta luce delle considerazioni sopra esposte, nel sottolineare l'impegno e l'attenzione di questo Ministero nel condurre gli interventi di recupero del sito, si auspica che le iniziative in corso e quelle prossime, sia da parte dell'amministrazione pubblica che degli enti locali, all'interno di un programma condiviso tra le parti interessate, possano portare ad una idonea e completa fruizione di un patrimonio archeologico di tale rilevanza.
Il Sottosegretario di Stato per i beni e le attività culturali: Nicola Bono.


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COSSA. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
il diritto al buono pasto è generalmente riconosciuto ai lavoratori dipendenti per i giorni nei quali svolgano un orario di servizio che occupi in tutto o in parte la mattina e il pomeriggio;
tale diritto, per lungo tempo monetizzato e liquidato nella busta paga, è stato da alcuni anni dichiarato non monetizzabile e può essere sostituito esclusivamente dalla predisposizione di un adeguato servizio mensa da parte del datore di lavoro;
per ciò che concerne gli insegnanti, tuttavia, anche quando svolgono un orario di servizio antimeridiano e pomeridiano nell'arco della stessa giornata, questo diritto non risulta essere riconosciuto;
la situazione è ancor più disagevole per gli insegnanti che svolgono servizio in più sedi e che devono pertanto utilizzare la pausa tra l'orario antimeridiano e quello pomeridiano per spostarsi da una sede di servizio all'altra e che non possono fruire dei servizi mensa predisposti all'interno della scuola -:
se non ritenga legittima l'aspettativa degli insegnanti a godere del diritto al buono pasto;
se non ritenga opportuno adottare le opportune iniziative affinché sia eliminata la disparità di trattamento evidenziata in premessa.
(4-10916)

Risposta. - Nell'interrogazione parlamentare in esame, l'interrogante lamenta che relativamente alla fruizione del buono pasto sussiste disparità di trattamento in danno degli insegnanti rispetto ai lavoratori dipendenti in genere i quali, a differenza dei docenti, fruiscono del buono pasto stesso.
Si ricorda preliminarmente che il personale docente impegnato nella vigilanza ed assistenza degli alunni durante la refezione scolastica ha il diritto di fruire del servizio di mensa scolastica predisposto dal competente ente locale.
Ai sensi dell'articolo 3 della legge 14 gennaio 1999, n. 4, i criteri per l'individuazione del personale docente avente diritto al servizio di mensa gratuito e le modalità di erogazione del contributo a tal fine dovuto dallo Stato agli enti locali che forniscono detto servizio sono stati previsti dal decreto del Ministro della pubblica istruzione del 16 maggio 1996, emanato di concerto con i Ministri del tesoro e dell'interno. Ulteriori indicazioni per l'individuazione del personale insegnante che ha diritto alla fruizione del servizio di mensa sono state fornite, poi, dall'articolo 42 del contratto collettivo nazionale di lavoro del compatto scuola per il quadriennio normativo 2002/2005 e il primo biennio economico 2002/2003, sottoscritto il 24 luglio 2003.
Va fatto presente, altresì, che il decreto legislativo 19 febbraio 2004, n. 59 (Definizione delle norme generali relative alla scuola dell'infanzia e al primo ciclo dell'istruzione, a norma dell'articolo 1 della legge 28 marzo 2003, n. 53) qualifica come assistenza educativa il tempo eventualmente dedicato alla mensa da parte degli insegnanti. Ne consegue che lo stesso tempo ha connotazione educativa e si differenzia quindi, per tale sua specificità, dalla cosiddetta pausa-pranzo prevista per i lavoratori dipendenti in genere, in relazione alla quale i rispettivi contratti collettivi nazionali di lavoro possono prevedere il buono pasto.
Il diritto al buono pasto rientra, pertanto, tra gli istituti che devono trovare specifica regolamentazione nel contratto collettivo nazionale di lavoro.
Poiché si tratta di atti bilaterali, quindi sottratti all'iniziativa unilaterale dell'Amministrazione, l'eventuale previsione del diritto al buono pasto dipende dalle scelte in concreto operate dalle parti in ordine all'utilizzo delle risorse disponibili per la contrattazione, nell'esercizio dell'autonomia negoziale loro riconosciuta dalle norme vigenti.
Il suddetto contratto collettivo nazionale di lavoro del comparto scuola contempla, come già detto, il diritto alla fruizione del


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servizio di mensa per il tempo dedicato all'assistenza educativa da parte dei docenti.
Il Sottosegretario di Stato per l'istruzione, per l'università e per la ricerca: Valentina Aprea.

CRISCI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
alcuni consiglieri comunali di Castelli (Teramo) hanno presentato un esposto-denuncia ai ministeri dell'interno e della funzione pubblica ed alla Procura regionale d'Abruzzo della Corte dei conti su atti e fatti relativi alla gestione del bilancio da parte della amministrazione del proprio Comune;
l'iniziativa dei consiglieri è motivata dalla forte preoccupazione per l'andamento economico-finanziario degli esercizi 2001-2002-2003 e dalla necessità di fare chiarezza su presunti debiti pregressi a cui l'amministrazione comunale di Castelli sembra voler ricondurre l'attuale difficile situazione di bilancio;
il consiglio comunale ha formalmente preso atto di una situazione che fa prevedere un disavanzo di amministrazione tale da coprire attraverso l'alienazione di beni patrimoniali disponibili;
la Prefettura di Teramo ha comunicato al ministero dell'economia e delle finanze - Dipartimento della ragioneria generale dello Stato - con note dell'11 giugno 2003, del 1 luglio 2003 e del 13 novembre 2003 l'esposto-denuncia dei consiglieri comunali e la documentazione utile per consentire al ministero dell'economia di assumere le iniziative di competenza -:
se non ritenga che la complessità della materia, la delicatezza della situazione e le preoccupazioni sulla gestione economico-finanziaria del Comune di Castelli (Teramo) rendano necessario un intervento urgente del ministero dell'economia e delle finanze per verificare la fondatezza delle denunce e soprattutto per scongiurare possibili dissesti finanziari attraverso l'adozione di competenti iniziative da assumere con la tempestività del caso.
(4-09837)

Risposta. - Al riguardo, si fa presente che la verifica ispettiva presso il comune di Castelli (Teramo), richiesta dalla Prefettura di Teramo e disposta in data 25 febbraio 2004, si è conclusa in data 27 maggio 2004.
Dagli accertamenti eseguiti, sono emerse varie irregolarità e carenze e talune situazioni di rilievo sono state anche segnalate alla competente Procura regionale della Corte dei conti, per le valutazioni di competenza.
In particolare, è stato rilevato che l'attuale stato di difficoltà della gestione finanziaria del comune ha origini remote. Infatti, già negli anni 1998, 1999 e 2000, si registrava una mancanza di flussi di cassa sufficienti a far fronte alle spese correnti.
Tale situazione scaturiva da accertamenti di residui attivi basati su semplici comunicazioni di massima degli enti erogatori, alle quali non faceva sempre seguito l'effettiva riscossione delle entrate, mentre, le corrispondenti spese previste venivano interamente impegnate. Si accumulavano, così, debiti nei confronti dei creditori.
Anche nel triennio 2001-2003, l'Ente ha continuato ad adottare tale non corretto criterio di contabilizzazione delle entrate senza, peraltro, procedere alla eliminazione dei residui attivi insussistenti.
Alla data del 31 dicembre 2003, emerge un sostanziale squilibrio fra entrate fisse e spese obbligatorie correnti, che rende necessario ed urgente per il comune il reperimento di adeguate risorse finanziarie.
In relazione a tale situazione, il 31 gennaio 2004, taluni creditori si sono rivolti all'Autorità giudiziaria per ottenere decreti ingiuntivi, atti di precetto e atti di pignoramento presso terzi.
Si soggiunge, infine, che l'Amministrazione in carica ha recentemente deciso di ricorrere all'alienazione o alla locazione attiva di beni immobili. Tali iniziative, che non sembrano, comunque, risolutive, appaiono di dubbia realizzabilità per fitti e


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cessione di cespiti patrimoniali, in mancanza del perfezionamento dei relativi contratti.
Il Sottosegretario di Stato per l'economia e per le finanze: Giuseppe Vegas.

DEIANA, PISA e PINOTTI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
il quotidiano La Stampa di martedì 26 ottobre riporta un episodio di violenza, di cui sarebbe stata oggetto una donna soldato, da parte di due commilitoni. L'episodio sarebbe accaduto nella metà del giugno scorso nel torinese;
la giovane donna e i due caporalmaggiori, autori della violenza, appartengono entrambi al 3 Reggimento artiglieria pesante Volturno (nel 2001 ridenominato 5 Superga) di stanza a Portogruaro;
secondo i fatti riportati la giovane militare, che partecipava all'Operazione «Dominio» con il compito di presidiare l'aeroporto di Torino Caselle, aveva preso alloggio, come altri colleghi in un albergo, a fronte di una carenza di posti letto nelle caserme della zona, ed è in questa circostanza che si sarebbe verificato l'episodio di violenza sessuale nei suoi confronti;
secondo i fatti riportati, al vaglio della Procura della Repubblica di Torino, che ha posto agli arresti domiciliari i due graduati, la giovane militare che riveste il ruolo di caporale, subalterna in grado ai due commilitoni entrambi caporalmaggiori, quella sera sarebbe stata chiamata nella stanza dai due per comunicazioni di servizio, e in quella occasione avrebbero abusato fisicamente di lei -:
se il Ministro non ritenga utile e opportuno, a fronte dell'istituzione del servizio militare femminile e del sempre maggior numero di donne che accedono alla carriera militare, di avvalersi di programmi e campagne di educazione finalizzate alla convivenza fra donne e uomini nella struttura militare, improntate al rispetto della differenza sessuale, capaci di contrastare atti di misoginia e comportamenti di gallismo, affinché episodi come quelli riportati dal quotidiano La Stampa e altri di minore gravità non debbano più verificarsi in futuro.
(4-11508)

Risposta. - L'autorità giudiziaria competente ha avviato un procedimento penale in esito alla vicenda, oggetto dell'atto di sindacato ispettivo in argomento, riguardante due Caporal Maggiori in servizio presso il 5o Reggimento di artiglieria «Superga» di stanza a Portogruaro (Venezia), accusati di violenza sessuale nei confronti di una collega con il grado di Caporale, appartenente allo stesso Reggimento.
Pertanto, sull'intera vicenda vige il segreto istruttorio.
Ciò posto, la Difesa pone notevole attenzione all'esigenza di perseguire l'ottimale integrazione del personale femminile negli organici delle Forze Armate, in un contesto generale delle relazioni interpersonali uomo-donna improntate alla massima correttezza e finalizzate a prevenire eventuali situazioni di disagio.
È, quindi, in tale ambito, che si inserisce la capillare attività preventiva che si incentra sulla sensibilizzazione dei Comandanti e del personale a tutti i livelli, tramite la diffusione di materiale informativo ed interventi specialistici di supporto psicologico.
Nell'alveo delle azioni di natura preventiva, assume notevole rilievo, altresì, l'iniziativa dello Stato Maggiore della Difesa che ha elaborato, nel corso del 2002, la direttiva sull'Etica Militare che esamina, tra l'altro, taluni fenomeni comportamentali e di interrelazione tra personale militare maschile e femminile.
Finalità della direttiva sono quelle di costituire documento di riferimento interforze per le specifiche pubblicazioni di settore di ciascuna Forza Armata, nonché di diffondere nei confronti di tutto il personale le necessarie conoscenze normative, sensibilizzando lo stesso verso aspetti fenomenologici di particolare rilievo (
mobbing, molestie, eccetera).


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In tale quadro, va segnalata, inoltre, l'attività del Comitato consultivo istituito con la legge 20 ottobre 1999, n. 380, nel cui ambito è prevista una partecipazione maggioritaria di personale femminile in possesso di adeguate esperienze e competenze nelle materie attinenti ai settori di interesse del Ministro della difesa e del Ministro dell'economia e delle finanze, con il compito di assistere il Capo di Stato Maggiore della Difesa ed il Comandante Generale del Corpo della Guardia di Finanza nell'azione di indirizzo, coordinamento e valutazione dell'inserimento e dell'integrazione del personale femminile nelle strutture delle Forze Armate e del Corpo della Guardia di Finanza.
Il Comitato consultivo, dall'atto della sua costituzione, ha provveduto a visitare i principali Enti formativi, addestrativi ed operativi delle Forze Armate e del Corpo della Guardia di Finanza.
Nel corso di tali visite i componenti del Comitato hanno:
a) assistito a briefing informativi sull'integrazione del personale militare femminile;
b) visionato le sistemazioni logistiche ed infrastrutturali ad esso dedicate;
c) effettuato colloqui diretti con i militari appartenenti ad entrambi i sessi di tutte le categorie di personale.

In sede di tali colloqui, i membri del Comitato non hanno ricevuto segnalazioni di difficoltà nell'ambito della convivenza tra personale maschile e femminile, né hanno percepito un clima tale da poter indurre o facilitare atti censurabili nei confronti del personale militare femminile.
Diversamente, è emersa la forte motivazione del personale femminile nell'assolvimento degli specifici compiti d'istituto.
È d'obbligo rimarcare che per il personale femminile sono:
a) previsti ambienti riservati nel settore alloggiativo ed in quello dei servizi igienico-sanitari, allo scopo di evitare fenomeni di promiscuità con il personale maschile;
b) utilizzati, laddove non siano presenti casermette dedicate, interi edifici preesistenti oppure porzioni di piano o piani completi al fine di costituire ambienti separati dal personale maschile.

In conclusione, la Difesa segue con grande attenzione la dinamica dell'inserimento della componente femminile nel tessuto delle Forze Armate; l'azione del Dicastero è finalizzata ad esaltare le potenzialità motivazionali, a fornire gli strumenti idonei a garantire le «pari opportunità» in tutti gli ambiti in cui opera il personale militare femminile e a prevenire le potenziali situazioni di disagio ambientale.
Il Ministro della difesa: Antonio Martino.

DELMASTRO DELLE VEDOVE. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
il risultato delle recentissime elezioni per il rinnovo del Parlamento europeo, al di fuori dell'Inghilterra, sembra, a giudizio dell'interrogante, riflettere le frustrazioni o quanto meno le insoddisfazioni dei popoli di tutti i 25 paesi membri dell'Unione europea;
i motivi della profonda insoddisfazione che, eccezion fatta per pochi Paesi (Spagna, Grecia ed Italia), è stata espressa dai popoli europei in realtà ha assai poco a che vedere con i problemi dell'Europa, ma appare probabilmente legata alla disastrosa politica economica e sociale seguita dai governi nazionali;
in realtà si ha la sensazione che la gravità della situazione economica nei paesi del Vecchio Continente possa essere il risultato pratico del cosiddetto «paradigma di Maastricht» che, imposto nell'ormai lontano 1992 ha pesantemente soffocato gli investimenti produttivi nelle industrie e nelle infrastrutture, ed ha conseguentemente prodotto disoccupazione di massa, caduta del gettito fiscale e progressivo smantellamento dello stato sociale;


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in questo modo è nato il movimento di protesta contro i governi nazionali, indipendentemente dalla loro collocazione politica, da parte dei popoli europei, espresso con il duplice dileggio di una modestissima partecipazione al voto (44 per cento degli aventi diritto su base europea) e di una forte sconfitta dei governi nazionali;
la riflessione del momento successivo alle elezioni per il rinnovo del Parlamento europeo, dunque, non può non estendersi sino a svolgere serie riflessioni sul «conto consuntivo» della logica di Maastricht -:
se non ritenga che le caratteristiche del voto di giugno per il rinnovo del Parlamento europeo non siano tali da consigliare una attenta, approfondita e critica riflessione sulla logica di Maastricht che a giudizio dell'interrogante, in dodici anni di rigorosa applicazione, ha creato, sul piano economico e sociale, guasti che si sono riversati soprattutto in danno degli strati sociali più deboli delle popolazioni europee e che hanno spinto, i popoli dei 25 Paesi dell'Unione europea a punire i rispettivi governi nazionali che, al di là della fisionomia politica, non hanno né saputo né potuto rimediare ai guasti prodotti dai vincoli imposti a tutti i Paesi.
(4-10277)

Risposta. - Per quanto concerne la revisione della logica di Maastricht, va innanzitutto premesso che essa ha fornito un rilevante apporto alla stabilità economica dell'Unione anche attraverso il contenimento dell'inflazione e la riduzione dei tassi d'interesse. La diffusa percezione della necessità di adeguare il sistema di vincoli e garanzie creato a tutela e sostegno della Moneta unica alla mutata situazione economica - caratterizzata da ritmi di crescita rallentati rispetto al recente passato - ha imposto tuttavia a tutti i Paesi membri dell'Unione Europea di avviare un'attenta riflessione circa i margini di flessibilità del Patto di Stabilità e di Crescita.
In questo contesto, la Commissione ha presentato il 3 settembre 2004 una Comunicazione sul rafforzamento della
governance economica in Europa, contenente le proprie proposte per un «riorientamento» del Patto di stabilità. Anche sulla base delle suddette proposte, è stata avviata in ambito europeo una profonda riflessione. In particolare, il Presidente del Consiglio ha sottolineato, in occasione del Consiglio europeo di dicembre scorso, l'importanza di pervenire ad una decisione in merito al prossimo Consiglio europeo del 22-23 marzo 2005. In tale circostanza, il Presidente Berlusconi ha anche accennato all'opportunità che alcune tipologie di spesa, quali infrastrutture, ricerca e sviluppo e tecnologie militari, possano essere escluse ai fini del calcolo del deficit.
Anche recependo tale invito, l'attuale Presidenza lussemburghese dell'Unione Europea ha posto la discussione sulla riforma del Patto di Stabilità tra le priorità del proprio programma.
Il Consiglio Ecofin del 18 gennaio 2005 ha approfondito l'esame delle proposte della Commissione sulla base di un documento predisposto dalla Presidenza lussemburghese. Da un punto di vista generale, il dibattito ha favorito la ricerca di un compromesso, creando un cauto ottimismo sulla possibilità di giungere ad un accordo in occasione del Consiglio europeo di primavera. L'Ecofin ha quindi incaricato il Comitato economico e finanziario di proseguire nei lavori, al fine di elaborare un documento propositivo.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Roberto Antonione.

FILIPPO MARIA DRAGO. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
le forti precipitazioni atmosferiche abbattutesi in questi giorni in provincia di Catania hanno causato ingenti danni e forti disagi ai centri urbani e alle contrade rurali dei Comuni di Militello in Val di Catania e di Grammichele;
smottamenti di terreni e allagamenti di esercizi commerciali e privati hanno


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messo in ginocchio la circolazione stradale, in particolare l'arteria Lembasi-Bottazza, e i sistemi di deflusso idrico e fognario;
nelle aree di nuova espansione edilizia e nei quartieri più antichi di Militello in Val di Catania l'otturazione di molte caditoie hanno rallentato lo smaltimento delle acque, mentre sassi e detriti sono stati rilevati in molti tratti nelle strade provinciali Militello-Vizzini, Militello Francofonte, Militello-Serravalle e Militello-Mineo e, anche se in minore quantità, nella Militello-Scordia;
l'ultimo piano del palazzo comunale di Grammichele, che ospita i servizi di ragioneria, e il plesso «Ugo La Malfa» della scuola elementare hanno subito infiltrazioni d'acqua;
il traffico nella strada statale 124 per Caltagirone, di per sé già inadeguata, è stato paralizzato da detriti e fango: intralci che hanno costretto gli automobilisti a manovre per evitare ostacoli improvvisati rappresentati da rami e pietr -:
quali iniziative il Ministro interrogato ritenga opportuno adottare affinché sia sgomberata la strada statale di cui sopra dai detriti e simili;
se il Ministro interrogato ritenga di dover adottare provvedimenti urgenti affinché i tratti della strada statale di cui sopra siano in grado di garantire maggiore sicurezza agli automobilisti.
(4-11547)

Risposta. - In riferimento all'interrogazione parlamentare in esame, l'ANAS S.p.A., interessata al riguardo, ha comunicato che nel mese di novembre 2004 forti precipitazioni hanno causato, fra le progressive chilometriche 26+200 e 29+500 della strada statale n. 124 «Siracusana», riversamenti di quantità modeste di detriti misti a fango sul piano viabile e, al chilometro 28+500, uno smottamento da una scarpata di monte, con fronte di 2 metri, che non ha interessato la sede stradale.
La società stradale informa che il proprio Ufficio compartimentale ha provveduto ad eliminare tali detriti ripristinando immediatamente la viabilità nell'ambito degli interventi di manutenzione ordinaria per l'anno 2004.
Il medesimo Ufficio è intervenuto per sanare i danni provocati dalle abbondanti precipitazioni, le quali al chilometro 29+470 hanno dilavato la scarpata di valle per un'altezza di circa 3 metri ed un'estesa di 7 metri. Tale intervento è attualmente in corso.
Per quanto riguarda la messa in sicurezza del tratto di statale in questione, l'ANAS riferisce che nell'ambito dei finanziamenti del Piano nazionale per la sicurezza stradale verranno cantierati ed in parte realizzati, nell'anno in corso, i seguenti interventi:
rettifica altimetrica del corpo stradale in frana tra i chilometri 5+500 e 6+300;
rettifica plano-altimetrica del corpo stradale in frana tra i chilometri 12+500 e 13+300;
rettifica plano-altimetrica e svincolo a raso tra i chilometri 0+000 e 0+300;
eliminazione del passaggio a livello al chilometro 22+375;
rettifica plano-altimetrica tra i chilometri 19+800 e 20+200.
Il Viceministro delle infrastrutture e dei trasporti: Ugo Martinat.

LUCIANO DUSSIN. - Al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
il quotidiano La Tribuna di Treviso in data 21 settembre 2003, riportava quanto emerso il giorno prima in un dibattito organizzato dalla comunità senegalese, con la partecipazione di associazioni di volontariato e di rappresentanti della questura cittadina. Il titolo dell'articolo è eloquente e chiarisce immediatamente il principale problema emerso dalla discussione: «Immigrati a Treviso. Da turisti a clandestini»;


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emerge chiaramente che, a fronte dei buoni risultati che si ottengono con l'applicazione della legge cosiddetta «Bossi-Fini», che lega indissolubilmente il permesso di soggiorno per gli immigrati con il contratto di lavoro e la residenza, si assiste ad un aumento esponenziale dei flussi di entrata dovuti ai permessi turistici rilasciati a chi proviene dai Paesi per i quali non è più obbligatorio il visto. Nell'articolo i Paesi citati sono: Romania, Ungheria, Albania, Bielorussia, Estonia, Croazia, Slovenia, ma anche Brasile, Cuba, Cina, Cile, Indonesia, Camerun;
i passeggeri arriverebbero da questi Paesi all'aeroporto cittadino muniti solo di passaporto. Entro otto giorni dovrebbero presentarsi in questura per chiedere il permesso turistico, che di solito dura un mese. Ovviamente a fronte di migliaia di arrivi, pochissimi si recano in questura per chiedere il permesso turistico, e di questi non si sa quanti poi ritornino nei loro paesi al termine dei trenta giorni -:
se i ministri siano a conoscenza del problema segnalato, e se abbiano allo studio misure per controllare questo fenomeno che rischia di invalidare i risultati della recente legge sull'immigrazione;
se corrisponda al vero l'elenco riportato nell'articolo dei Paesi esonerati dall'obbligatorietà del visto per l'ingresso nel nostro Paese, contrariamente a ciò, quali siano quelli veramente interessati.
(4-08212)

Risposta. - Rispondendo all'interrogazione parlamentare in esame, si comunica che l'Istruzione consolare comune Schengen elenca i Paesi i cui cittadini possono accedere allo spazio comune - e di conseguenza al territorio italiano - senza necessità di visto per un periodo massimo complessivo di 90 giorni nell'arco di un semestre, con finalità attinenti esclusivamente a transito, turismo, affari, gara sportiva e invito.
In particolare, rispetto a quanto contenuto nell'articolo di stampa cui fa riferimento l'interrogante, va precisato che solo i cittadini di Brasile, Cile, Croazia, Estonia, Romania, Slovenia e Ungheria (questi ultimi due Stati, tra l'altro, neocomunitari dal 1o maggio scorso) sono esenti dall'obbligo del visto Schengen, mentre risulta inesatta l'indicazione di Albania, Bielorussia, Camerun, Cina, Cuba e Indonesia, i cui cittadini sono soggetti al citato obbligo.
Le persone prive di visto non sono comunque esentate dal possedere i requisiti previsti per l'ottenimento del visto stesso, la verifica dei quali può essere effettuata dalle Autorità di frontiera al momento dell'ingresso nel territorio italiano.
Gli interessati, pertanto, devono essere muniti di un valido documento di viaggio nonché poter dimostrare adeguati mezzi economici per far fronte alle spese di sostentamento e di alloggio.
Qualora il soggiorno sul territorio nazionale superi la durata di 8 giorni, gli interessati sono tenuti a rivolgersi, entro tale periodo, alla competente Questura per il rilascio del necessario permesso di soggiorno.
Detto questo, nel confermare la piena validità delle disposizioni introdotte dalla legge n. 189 del 2002, va sottolineato che si è intensificata l'attività di contrasto all'immigrazione clandestina, in tutte le sue forme.
In particolare, si evidenzia che, dall'inizio dell'anno al 15 settembre, l'Italia ha respinto alle frontiere o espulso 42.317 immigrati clandestini: 22.961 i respinti alle frontiere e 19.356 gli espulsi.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Michele Saponara.

GASPERONI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
dai giornali locali si apprende che nei comuni di Novafeltria e Talamello (comunità montana dell'Alta Marecchia - provincia di Pesaro e Urbino) ben sette bambini disabili si sono visti ridurre drasticamente il numero di ore di sostegno;
in un caso la riduzione è stata da 24 a 11 ore settimanali, pur essendo in presenza


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di certificazioni mediche che attestano in maniera inconfondibile che la situazione di necessità del bambino non è mutata nell'arco degli ultimi 12 mesi;
per protesta i bambini il 15 settembre, primo giorno di scuola nelle Marche, non saranno in aula;
tutto ciò rappresenta una grave violazione dei diritti dei bambini disabili e dei loro famigliari che, più di altri, necessitano di supporti specifici -:
quali iniziative si intendano adottare affinchè sia risolta tempestivamente la problematica evidenziata in premessa assicurando al più presto almeno il ripristino delle ore di sostegno pari a quelle dell'anno scolastico precedente.
(4-10877)

Risposta. - Nell'interrogazione parlamentare in esame, l'interrogante lamenta che nei comuni di Novafeltria e Talamello (comunità montana dell'Alta Val Parecchia - provincia di Pesaro e Urbino) è stato diminuito il numero di ore di sostegno per sette bambini disabili.
Si premette, in via generale, che la riduzione delle ore di sostegno assegnate, rispetto al precedente anno scolastico, non può ritenersi di per sé causativa di ipotetici pregiudizi; ove si accettasse, infatti, il principio che la quantità dell'attività di sostegno, nel corso degli anni, deve rimanere comunque invariata, si vanificherebbe la stessa funzione del sostegno, che - consistendo in attività didattica a tutti gli effetti - è per sua intrinseca natura volto a favorire la positiva evoluzione delle capacità di integrazione, inserimento ed apprendimento dell'alunno interessato e, dunque, può legittimamente subire modificazioni quantitative al variare delle condizioni iniziali. Del resto, se così non fosse, perderebbe totalmente di significato l'articolo 6, primo comma del decreto del Presidente della Repubblica 24 febbraio 1994, che impone ai soggetti di cui all'articolo 12, sesto comma, della legge n. 104 del 1992 - operatori delle unità sanitarie locali, della scuola e famiglie - di far luogo a periodiche «verifiche per controllare gli effetti dei diversi interventi e l'influenza esercitata dall'ambiente scolastico», per valutare cioè l'efficacia degli interventi programmati ad inizio d'anno e deciderne le eventuali modifiche suggerite dal mutare delle condizioni dell'alunno, in termini di apprendimento, socializzazione, eccetera.
Non può negarsi rilievo, in altri termini, al carattere irrinunciabilmente processuale e dinamico dell'azione della scuola, che per tale suo connotato specifico non può essere irrigidita - dal punto di vista sia qualitativo sia quantitativo - in schemi prioritariamente definiti, ma deve potersi gradualmente e armoniosamente adattare alle esigenze degli alunni, riguardate nel loro divenire.
Né varrebbe eccepire che, se la condizione soggettiva dell'alunno interessato permane di particolare gravità, le ore di sostegno devono in ogni caso rimanere quantitativamente immodificate, perché ciò equivale a snaturare del tutto la funzione di sostegno, impropriamente equiparandola ad una mera attività assistenziale, in nulla dissimile da quella prestata dalle figure che, con finalità assistenziale, sono messe a disposizione dall'Ente locale.
Deve inoltre sottolinearsi che, nel quadro ordinamentale costituito dalla legge n. 104/1992 e dalle relative norme di attuazione, la funzione essenziale del docente di sostegno è quella di integrare la totalità delle risorse professionali presenti nel Consiglio della classe di cui l'alunno fa parte, ancorché la sua ragion d'essere scaturisca dalla frequenza dell'alunno diversamente abile.
Il docente di sostegno è una risorsa assicurata alla scuola, perché su tutta la scuola (sulla molteplicità delle sue componenti) ricade il dovere di apprestare, per l'alunno handicappato, gli strumenti che ne favoriscano l'integrazione, l'educazione, l'apprendimento. Il compito di redigere il P.E.I. (Piano educativo individualizzato) - che descrive gli interventi predisposti per l'alunno in situazione di handicap - è infatti espressamente rimesso (dall'articolo 5, secondo comma, del citato decreto del Presidente della Repubblica 24 febbraio 1994) al «personale insegnante curriculare


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e di sostegno della scuola», vale a dire all'intero Consiglio di classe, e non già al solo docente di sostegno: le problematiche che si accompagnano all'inserimento di un alunno in situazione di handicap devono trovare compiuta risposta nell'impegno del Consiglio di classe nella sua totalità e non certo in quello del solo insegnante chiamato a svolgere attività di sostegno. Correlativamente - proprio in quanto risorsa assegnata alla scuola e non al singolo portatore di handicap - il docente di sostegno fa parte pleno iure del Consiglio di classe, ne assume la contitolarità e partecipa alla programmazione educativa e didattica, alla elaborazione e alla verifica delle attività di competenza del Consiglio stesso con riferimento a tutti gli alunni della classe e non al solo portatore di handicap, come previsto dagli articoli 5, primo comma, e 315, quinto comma, del decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297.
Ciò premesso, per quanto concerne lo specifico caso cui si fa riferimento nell'interrogazione, si fa presente quanto segue.
Nei Comuni di Novafeltria, Talamello e Perticara (compresi nell'ambito territoriale della Comunità Montana dell'Alta Val Parecchia e facenti parte del Circolo Didattico di Novafeltria) 7 alunni portatori di handicap sono inseriti in classi, rispettivamente, di 15, 17, 16, 8, 12, 12 e 20 alunni:
alla detta istituzione scolastica sono stati assegnati per il corrente anno quattro posti di sostegno, cui si aggiungono cinque educatori assegnati dall'Ente Locale;
nel plesso di Novafeltria sono presenti 172 alunni e 15 docenti: il rapporto alunni/docenti risulta essere congruo per garantire una efficace integrazione;
tutti i portatori di handicap frequentano regolarmente le lezioni.

L'assegnazione dei posti di sostegno alle singole scuole della provincia di Pesaro e Urbino è stata effettuata dal dirigente del Centro Servizi Amministrativi tenendo conto dei posti assegnati alla stessa provincia dalla Direzione Generale dell'Ufficio scolastico regionale (1469 posti, di cui 95 istituiti in deroga al rapporto 1/138 stabilito dalla legge 27 dicembre 1997, n. 449) nonché sulla base delle proposte formulate dall'apposito Gruppo di lavoro provinciale (GLH) previsto dall'articolo 5, comma 2 del sopra citato decreto del Presidente della Repubblica 24 febbraio 1994.
Si fa presente, infine, che il Dirigente del Centro servizi amministrativi di Pesaro e Urbino è in attesa di ricevere i genitori interessati, più volte sollecitati ad un incontro.
Il Sottosegretario di Stato per l'istruzione, per l'università e per la ricerca: Valentina Aprea.

ALFONSO GIANNI, MASCIA, BERTINOTTI, DEIANA, GIORDANO, VALPIANA, RUSSO SPENA, TITTI DE SIMONE, VENDOLA e PISAPIA. - Al Ministro delle comunicazioni, al Ministro delle attività produttive, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
Telecom Italia, in ottemperanza ad un piano industriale largamente non condiviso dai lavoratori e dalle rappresentanze sindacali, intende ulteriormente cedere rami d'azienda;
in data 30 gennaio 2004, ai sensi e per gli effetti di cui all'articolo 47 della legge 29 dicembre 1990, n. 428, Telecom Italia ha comunicato preventivamente l'intenzione di cedere il proprio ramo d'azienda, ritenendolo autonomo, denominato «document management» in ambito purchasing/acquisti e servizi/facility management alla Telepost S.p.A. con sede legale in Milano, Via Sant'Andrea 10;
altre cessioni sono previste nei confronti di Emsa, un'altra società ad hoc, attraverso la «riesumazione» di quella che era in liquidazione fino al 2001;
tale cessione interesserà i lavoratori appartenenti al ramo d'azienda (ritenuto tale dalla Telecom Italia) sopra indicato e che hanno sede in: Palermo, Ancona, Bari,


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Bologna, Cagliari, Catanzaro, Firenze, Genova, Milano, Napoli, Pescara, Roma, Torino, Trieste, Venezia;
molti dei lavoratori, a quanto si apprende anche dalla stampa quotidiana, in «uscita» dall'azienda sono scelti tra quelli considerati «meno produttivi» e tra loro molti disabili;
la data prevista per il perfezionamento è stata indicata per il 1 marzo 2004, subordinatamente all'approvazione dell'Autorità Antitrust;
le organizzazioni sindacali hanno contestato questa scelta, maturata a seguito di un iter secondo gli interroganti, di discutibile trasparenza che ha coinvolto lavoratori appartenenti anche ad elevate professionalità che, nei fatti, risulterebbero offese e contestualmente delegittimate;
risulta agli interroganti che questi stessi lavoratori nell'estate 2003 avrebbero ricevuto comunicazioni che, riferendosi ad una disposizione organizzativa del 10 luglio 2003, contenevano una ambigua precisazione inerente al ruolo;
la Telepost S.p.A. risulta iscritta presso la Camera di commercio, industria ed artigianato di Milano a partire dal 24 gennaio 2004, e quindi palesemente successivamente al luglio 2003, con un capitale sociale versato di soli 30.000 euro;
la stessa azienda nel 2001 era stata posta in liquidazione;
sono in atto per queste ragioni scioperi e proteste da parte dei lavoratori della Telecom e dei sindacati di categoria per contestare tagli ai posti di lavoro e esternalizzazioni dei servizi -:
quali azioni i Ministri in indirizzo intendano avviare per salvaguardare i posti di lavoro e le professionalità che insistono in Telecom Italia e che rischiano di essere cedute, pur non facendo parte di un definito ramo d'azienda, ad una struttura «neonata» e ad un'altra «resuscitata» per l'occasione, senza garanzie, ma anzi a danno dei lavoratori, degli impegni assunti con le organizzazioni sindacali, dei servizi resi agli utenti.
(4-09153)

Risposta. - Si ritiene anzitutto di premettere che i problemi relativi alle priorità strategiche aziendali rientrano nella esclusiva competenza degli organi di gestione della società Telecom, nei confronti dei quali questo Ministero non ha possibilità d'intervenire.
Tuttavia, si è provveduto ad interessare la citata società in merito a quanto rappresentato dall'onorevole interrogante, la quale ha fatto presente di aver definito con le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative alcuni importanti accordi volti al raggiungimento - attraverso l'individuazione di alcuni interventi finalizzati allo sviluppo e alla revisione dell'assetto organizzativo - degli obiettivi del «Piano industriale» fissati in coerenza con i criteri di competitività e di efficienza imposti dalle logiche di un mercato in progressiva evoluzione. Gli obiettivi aziendali, sinteticamente concernono il raggiungimento di un equilibrato assetto occupazionale e di un adeguato
mix professionale, la focalizzazione dell'impegno operativo sulle cosiddette «attività centrali» e la conseguente previsione di iniziative volte ad affidare a terzi le attività considerate non essenziali.
Le logiche che sottendono alle iniziative di cessione di rami d'azienda mirano ad affidare a società di grande rilievo nazionale ed internazionale, che abbiano consistenza nello specifico settore di mercato, la gestione di attività che non rientrano tra quelle principali dell'azienda; l'adozione di tali strategie, oltre a consentire una riduzione dei costi, determina ripercussioni positive anche sulla qualità del servizio.
Stando a quanto comunicato, in tale ottica con decorrenza 1o marzo 2004 è stata effettuata, adempiuti gli obblighi di cui all'articolo 47 della legge n. 428 del 1990, la cessione - che interessa complessivamente 250 unità - del ramo d'azienda funzionalmente autonomo denominato
Document management (gestione corrispondenza, archivio documentale, fotoriproduzioni) in ambito Facility Management di Telecom Italia S.p.A. ed «EMSA Servizi


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S.p.A.», società del gruppo Telecom, alla Telepost S.p.A., società partecipata da «TNT Mail», Pirelli Real Estate e Comdata.
Secondo quanto riferito l'esternalizzazione dei servizi ed il conseguente passaggio dei lavoratori ad altre società ha comportato una conflittualità interna ridotta al minimo in considerazione della
partnership con società di notevole solidità industriale, il mantenimento del contratto delle telecomunicazioni e dei vari istituti ad esso correlati (assistenza sanitaria integrativa e fondo di previdenza integrativo), la previsione di garanzie di stabilità occupazionale, la formalizzazione di un contratto di servizio a lungo termine.
Il Ministro delle comunicazioni: Maurizio Gasparri.

JANNONE. - Al Ministro degli affari esteri, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
l'Ucraina, in conseguenza del contrastato esito delle elezioni del trascorso mese di novembre, con la contrapposizione frontale fra il candidato Viktor Yanukovic primo ministro, delfino del capo di Stato uscente Leonid Kuchma e il candidato dell'opposizione nazionalista Viktor Yushchemko, vive una situazione di grave conflitto istituzionale con il connesso rischio di una guerra civile;
l'Italia è il terzo partner commerciale dell'Ucraina; solo due mesi orsono il Vice Ministro russo si è recato a Kiev per inaugurare la «Fiera dei Prodotto Italiano»;
la comunità italiana residente in Ucraina è impegnata in attività economiche legate alla ristorazione, al commercio di prodotti Made in Italy, oltre che nelle attività industriali operanti nei settori della moda, della lavorazione del tessile e del comparto alimentare;
i principali ostacoli sino ad oggi incontrati dagli operatori italiani nelle attività di import-export sono costituiti principalmente da un complesso sistema burocratico di matrice ex sovietica;
in Lombardia, ed in particolare nelle province di Milano, Bergamo e Brescia, risiede una numerosa comunità ucraina, che opera con capacità nell'assistenza agli anziani, e a cui va la gratitudine di migliaia di famiglie lombarde -:
quali misure siano allo studio al fine di tutelare i beni e l'incolumità degli operatori e dei residenti italiani in Ucraina, nel caso in cui l'attuale situazione dovesse degenerare;
quali garanzie siano state richieste all'attuale leadership ucraina per la tutela degli interessi italiani in quel paese;
quali interventi abbia assunto il Governo, direttamente o per tramite delle autorità UE, per ammonire l'attuale leadership ucraina affinché ripristini la piena legalità democratica tramite un controllo internazionale sui risultati elettorali e/o per favorire una nuova consultazione elettorale che abbia luogo sotto stretto controllo degli organismi internazionali a ciò preposti.
(4-11854)

Risposta. - In seguito alla crisi istituzionale ucraina prodottasi a seguito del contestatissimo «ballottaggio» del 21 novembre scorso, il 23 novembre è stato immediatamente convocato alla Farnesina l'ambasciatore ucraino Orel, a cui sono state espresse le preoccupazioni italiane per le gravi irregolarità riscontrate dagli osservatori internazionali in merito allo svolgimento della tornata elettorale. L'Italia, infatti, è fermamente convinta che l'obiettivo della piena affermazione dei principi di libertà e di democrazia possa e debba applicarsi anche nei confronti dell'Ucraina, Paese che ha operato una precisa scelta strategica incamminandosi con decisione in direzione delle istituzioni europee ed «occidentali».
L'Italia, all'unisono con gli altri Paesi europei e con gli Stati Uniti, ha quindi evidenziato senza ambiguità che le elezioni del 21 novembre 2004 non hanno rispettato la volontà del popolo ucraino, ed ha richiesto alle Autorità di Kiev di far luce sulle irregolarità denunciate dagli osservatori


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internazionali e di far prevalere la libera scelta della maggioranza della popolazione.
Risolvere in modo legale e non conflittuale la delicata crisi istituzionale che ha investito il Paese è nell'interesse non solo del popolo ucraino, ma di tutta la Comunità internazionale che, nei giorni scorsi, ha più volte ribadito il proprio determinato sostegno all'unità ed integrità territoriale del paese.
Su tali basi, l'Italia ha appoggiato attivamente le iniziative di mediazione che hanno visto impegnati a Kiev l'Alto Rappresentante dell'Unione Europea ed altri esponenti europei, finalizzate al superamento della crisi, secondo formule che siano rispettose della Costituzione e delle leggi dell'Ucraina e della libera volontà e determinazione della maggioranza della sua popolazione. Tale coordinato impegno è stato coronato da pieno successo, a seguito delle decisioni della «Corte Suprema» di indire un nuovo turno di ballottaggio che ha visto l'affermazione del candidato Yushenko e della «Rada» di approvare ampie modifiche sia nella legge elettorale sia nella Costituzione, per favorirne i caratteri di democraticità e di rappresentatività.
Nel corso dei recenti avvenimenti la nostra Ambasciata a Kiev ha sempre monitorato con attenzione anche la situazione dei nostri connazionali nel Paese e dei loro beni che non risulta, comunque, siano stati minacciati o messi in pericolo.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Roberto Antonione.

LETTIERI. - Al Ministro delle comunicazioni. - Per sapere - premesso che:
le Poste italiane, che in passato sono state un positivo simbolo unificante del Paese, in molte regioni ed in particolare in Basilicata oggi sono diventate secondo l'interrogante il simbolo dell'inefficienza dei servizi pubblici, nonostante, e forse a causa, della privatizzazione;
nelle città come nel più piccolo dei comuni lucani i disservizi sono tanti come le carenze;
quotidianamente si registrano continue e diffuse proteste da parte dei cittadini e degli amministratori locali;
in Basilicata, a giudizio dell'interrogante, i disservizi sicuramente non sono imputabili al personale, ma alla intollerabile carenza degli organici e spesso alla inadeguatezza delle strutture;
la situazione si è aggravata anche a seguito dei nuovi servizi erogati negli uffici postali, compresi quelli concordati «stranamente» con la banca Mediolanum, nella quale, come è noto è fortemente interessato il Presidente del Consiglio dei ministri;
non si comprende la sottovalutazione da parte dell'azienda delle necessità reali della utenza nel territorio lucano;
il mancato concorso per assumere i postini è un vero e proprio atto di discriminazione verso la Basilicata, se si considera che in altre regioni tali assunzioni sono state effettuate;
i sindacati lamentano un deficit di personale di almeno 200 unità tra addetti agli sportelli, impiegati interni e postini -:
se il Ministro interrogato, intenda attivarsi presso Poste italiane SpA, al fine di rimuovere le carenze suesposte ed ottenere non soltanto organici adeguati ma anche una migliore e più funzionale organizzazione dei servizi postali in Basilicata.
(4-10915)

Risposta. - Si ritiene opportuno rammentare che, a seguito della trasformazione dell'ente Poste Italiane in società per azioni, la gestione aziendale rientra nella competenza degli organi statutari della società.
Il Ministero delle comunicazioni - quale Autorità nazionale di regolamentazione del settore postale - ha tra i propri compiti quello di verificare il corretto espletamento del servizio universale erogato da Poste Italiane.
Tale attività è volta ad accertare che la qualità del servizio svolto su tutto il territorio nazionale risponda ai parametri fissati dalla normativa comunitaria e nazionale,


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peraltro recepiti nel contratto di programma, e ad adottare idonei strumenti sanzionatori nel caso in cui si dovesse verificare il mancato rispetto degli standard qualitativi fissati.
Tuttavia, allo scopo di disporre di elementi di valutazione in merito a quanto rappresentato nell'atto di sindacato ispettivo parlamentare in esame, si è provveduto ad interessare la società Poste Italiane la quale, ha comunicato che nella regione Basilicata, che presenta ambiti territoriali profondamente diversi, sono situati 184 uffici postali suddivisi fra le due filiali di Potenza (con 140 uffici postali) e Matera (con 44 uffici postali).
Secondo quanto riferito, l'organico ivi applicato risulta complessivamente in rapporto di equilibrio con le esigenze di copertura dei diversi servizi.
In merito all'attività di recapito nella regione - secondo quanto precisato dalla stessa società - sono presenti complessivamente 342 risorse (248 assunte a tempo indeterminato e 94 a tempo determinato od interinale), che coprono al 114 per cento le 300 zone in cui si articola il territorio.
Quanto poi alla inadeguatezza dei locali la concessionaria ha precisato di aver già provveduto a ristrutturare completamente, con modalità
lay aut, 14 uffici postali della provincia di Matera per offrire alla clientela la vasta gamma dei suoi servizi in ambienti moderni e confortevoli oltre che maggiormente tutelati dal punto di vista della sicurezza.
La società Poste Italiane ha, poi, reso noto che l'erogazione attraverso gli uffici postali di nuovi servizi finanziari in collaborazione con alcune banche, non rappresenta per l'azienda un'attività contrapposta al servizio postale tradizionale, ma piuttosto un ampliamento della gamma di opportunità offerte alla clientela.
Per gli aspetti di stretta competenza di questo Ministero, quale autorità nazionale di regolamentazione del settore postale, relativi al controllo del livello, del servizio erogato dalla societa Poste Italiane nella regione Basilicata, si fa presente che la verifica del mantenimento dei livelli qualitativi del servizio stesso, effettuata ai sensi dell'articolo 12 del decreto legislativo 261 del 1999, non ha evidenziato, allo stato attuale, effetti negativi sui livelli di qualità.
Il Ministro delle comunicazioni: Maurizio Gasparri.

LION. - Al Ministro dell'interno, al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
la spiaggia di Villanova, sita nel Comune di Falconara, ospita capanni, rimessaggio barche all'aperto ed al coperto ed una struttura pubblica denominata «ex tiro a segno» all'interno della quale trovano sede circoli ed associazioni territoriali di Falconara;
la spiaggia, nonostante sia confinante con i capannoni che ospitano le ditte appaltatrici operanti nella raffineria API, è sede di una non trascurabile attività marinara e balneare, anche perché in passato recente la raffineria occupava spazi più ridotti di quelli attuali;
con l'ultima espansione della raffineria avvenuta a scapito della spiaggia, fu garantito comunque ai cittadini, ai velisti, ai piccoli pescatori che la fruibilità della spiaggia sarebbe stata limitata soltanto con la riduzione dello spazio a disposizione a seguito dell'allargamento del perimetro e della recinzione della raffineria;
a sud della spiaggia di Villanova la gran parte dell'arenile è soggetto a concessione;
da alcuni giorni, (in particolare da quando si è verificato l'incidente della Raffineria e da quando il bitume, rilasciato in mare dalla Raffineria, è stato spiaggiato), in questa spiaggia la pattuglia armata dell'esercito, che presidiano il perimetro interno dell'API con funzione di prevenzione antiterroristica, stazionano fuori dal perimetro e si avvicinano a coloro che stanno recandosi sulla spiaggia invitandoli ad allontanarsi e non scendere in spiaggia, a causa di un presunto divieto della cui esistenza non si ha notizia, non è riportato su alcuna segnaletica e non


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risulta neanche al Comune di Falconara ed al Servizio Vigili Urbani. Al contrario la segnaletica stradale non solo consente l'accesso, ma individua addirittura a ridosso della spiaggia un parcheggio -:
se risulti ai Ministri interrogati che qualche autorità abbia disposto una limitazione alla libera fruizione della spiaggia di Villanova e in caso affermativo quale;
per quale motivo avvenga la militarizzazione di spazi aperti al pubblico e sui quali per tutta l'estate non c'è stato impedimento alcuno;
quali disposizioni siano state impartite agli addetti alla sorveglianza armata;
quanti mezzi e militari sono impegnati in questa operazione di presidio del territorio.
(4-11038)

Risposta. - Il servizio di vigilanza svolto presso il sito della Raffineria API, in Falconara (Ancona) viene attuato nell'ambito del programma di utilizzazione di Contingenti delle Forze Armate nei vari servizi di sorveglianza e controllo di obiettivi fissi, denominato «Operazione Domino», disposto con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri.
Tale servizio è regolato da specifiche consegne - approvate anche dal Prefetto di Ancona - che non impediscono l'accesso pubblico alla spiaggia limitrofa.
Il dispositivo di vigilanza, che prevede la presenza di 2 pattuglie motorizzate che sorvegliano il perimetro esterno della raffineria, ha la finalità di impedire l'accesso e l'effettuazione di riprese cinematografiche alla raffineria stessa senza limitare, tuttavia, la libera fruizione della spiaggia.
L'attività di vigilanza è stata intensificata per alcuni giorni, a seguito di un incendio che si è verificato presso la raffineria in data 8 settembre 2004.
Inoltre, in data 18 settembre 2004, i militari di servizio, sulla base delle consegne in atto, hanno invitato ad allontanarsi dal sito, dapprima, tre individui che, a bordo di un'autovettura civile contrassegnata dal logo della RAI, stavano effettuando riprese video della raffineria e, successivamente, un consigliere regionale della regione Marche che a suo dire, intendeva documentare il degrado ambientale dell'area.
Il Ministro della difesa: Antonio Martino.

LUCCHESE. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere:
quali e quanti lavori siano in corso in Sicilia per risolvere l'annoso problema dell'acqua;
quando sia prevista la conclusione dei suddetti lavori affinché sia risolto un problema che angustia le famiglie siciliane e che ostacola una florida agricoltura e la creazione di stabilimenti industriali.
(4-11415)

Risposta. - In merito all'interrogazione parlamentare in esame, si premette che i lavori finanziati sotto il controllo del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti sono quelli relativi al QCS 94/99 che, nella regione Sicilia, risultano tutti ultimati con la sola eccezione della condotta sottomarina per il depuratore di Palermo che, peraltro, non risponde alle finalità a cui l'interrogante fa riferimento.
Successivamente, la delibera CIPE n. 121/2001 ha approvato il 1o Programma della Legge Obiettivo con riferimento, tra l'altro, ad opere strategiche riguardanti i Sistemi Idrici dell'Italia del sud e delle Isole.
Per la Sicilia, ad oggi, sono stati approvati i seguenti progetti:
1. Lavori di rifacimento dell'acquedotto Favara di Bugio: importo: 39,56 Meuro, sono in fase conclusiva le procedure di affidamento dei lavori.
2. Lavori di rifacimento dell'acquedotto Gela-Aragona: importo: 53,57 Meuro; sono in fase conclusiva le procedure di affidamento dei lavori.
3. Completamento acquedotto Montesceno-ovest: importo: 82,12 Meuro; sono in


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preparazione gli atti per le procedure di gara dei lavori.
Il Sottosegretario di Stato per le infrastrutture e per i trasporti: Guido Walter Cesare Viceconte.

MANCINI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
nella classe docente della provincia di Cosenza si è registrato un generalizzato malcontento insieme ad un diffuso disorientamento a causa della anomala e confusa formazione delle graduatorie per l'assegnazione delle cattedre per l'anno scolastico 2004-2005;
il Ministero ha inviato direttive definitive al Centro servizi amministrativi della provincia di Cosenza contenenti innovativi criteri per l'assegnazione degli incarichi solo a fine luglio 2004, ossia ad una mese dalla data di pubblicazione delle graduatorie;
tra i nuovi criteri, quello che riguarda le scuole di montagna, che fanno beneficiare l'interessato del doppio del punteggio annuale previsto per un incarico, nonostante persegua la finalità positiva di incentivare l'interesse verso paesi interni in degrado e abbandono, ha determinato una notevole ed incostituzionale disparità di trattamento tra coloro che in passato avevano casualmente scelto tra quelle scuole ed altre, per la previsione della sua applicazione retroattiva;
a notevoli confusioni interpretative e conseguenti svantaggi per alcuni insegnanti ha dato luogo il criterio, solo da ultimo esplicato, per cui il punteggio cumulato negli anni, poteva, su richiesta del docente, essere non indicato relativamente a due classi di insegnamento, bensì suddiviso tra queste;
il criterio, con valenza retroattiva, che ha consentito l'assegnazione di ben tre punti (pari a quelli attribuibili a coloro che abbiano conseguito la seconda laurea) a quegli insegnanti che in passato abbiano frequentato corsi di perfezionamento a pagamento organizzati dalle Università ha creato notevoli disparità di trattamento tra i docenti, in merito alla formazione delle graduatorie;
il Csa, a seguito dei ritardi nella comunicazione dei nuovi criteri del Ministero, ha emanato la graduatoria provvisoria il 20 di agosto 2004 e pubblicato la definitiva il 10 settembre, periodo brevissimo nel quale non è stato possibile, per la prima volta, presentare ricorsi scritti al Csa stesso, bensì effettuare solo contestazioni orali, sulle suddette graduatorie;
conseguenza dei suddetti ritardi è stata la scarsa precisione nella stesura delle graduatorie da parte le Csa che ha generato situazioni di grave disagio per alcuni insegnanti precari ai quali era stata assegnata una cattedra «fantasma», ossia una cattedra nei fatti non disponibile;
il Miur non ha, ad oggi, pubblicato, per le scuole medie e superiori, i nuovi elenchi che indicano la consistenza dell'organico adeguato alle situazioni di fatto, con la conseguenza che manca certezza che i docenti assegnati siano quelli legittimati effettivamente ad occupare quel determinato posto;
si è proceduto, da parte della direzione scolastica regionale, a tagli di cattedra per insegnanti di sostegno con sicure ripercussioni negative sull'attività didattico disciplinare dell'allievo diversamente abile e dell'intero gruppo-classe di riferimento -:
se e quali urgenti provvedimenti intenda adottare per mettere ordine in tale confusa e problematica situazione di disagio e di disparità di trattamenti che coinvolge larga parte del personale docente delle scuole della provincia di Cosenza e che ha dirette ripercussioni negative nella fruizione del servizio da parte degli studenti;
se non ritenga necessario intervenire al fine di aumentare il numero delle cattedre per gli insegnanti di sostegno, in


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modo da garantire tale supporto a tutti gli alunni in situazione di handicap certificata dagli enti competenti e regolarmente iscritti all'anno scolastico in corso.
(4-11025)

Risposta. - Nell'interrogazione parlamentare in esame, si afferma che tra i docenti della provincia di Cosenza vi sarebbe malcontento e disorientamento. Ciò sarebbe dovuto a presunte anomalie e confusione nella formazione delle graduatorie per gli incarichi di insegnamento da parte del Centro servizi amministrativi di Cosenza, alla mancata pubblicazione per le scuole medie e superiori dei nuovi elenchi dei posti disponibili per la scelta della sede dei docenti contraenti nonché agli asseriti tagli di cattedre per gli insegnanti di sostegno.
In merito alla formazione delle graduatorie e alla pubblicazione degli elenchi per la scelta della sede, va innanzi tutto ricordato, in via generale, che negli anni passati e fino all'insediamento di questo Governo le operazioni di nomina e di sistemazione del personale della scuola venivano completate ad anno scolastico inoltrato, costringendo migliaia di insegnanti al ben noto e snervante balletto delle cattedre, e a danno degli studenti, ai quali non era assicurata la continuità didattica.
La prima preoccupazione del Governo al momento del suo insediamento è stata invece quella di garantire l'ordinato avvio dell'anno scolastico, e a questo si è provveduto con il decreto legge 3 luglio 2001, n. 255, convertito in legge 20 agosto 2001, n. 333. Di conseguenza, negli anni scolastici 2001-2002, 2002-2003 e 2003-2004 l'inizio dell'anno scolastico è avvenuto in modo regolare con tutti gli insegnanti alloro posto fin dal primo giorno delle lezioni.
E anche per l'anno scolastico 2004-2005 l'attività didattica è iniziata regolarmente.
Questo rappresenta un grande risultato, considerato che a fine luglio la situazione delle nomine e dell'attribuzione delle supplenze si presentava fortemente pregiudicata. Infatti, il Parlamento, con il voto di tutti i gruppi, ha definito i nuovi criteri per la riformulazione delle graduatorie permanenti il 27 luglio, circa due mesi dopo il termine del 31 maggio fissato dalla legge per tale formulazione, a termini già quasi scaduti per effettuare le nomine, che per legge devono completarsi entro il 31 luglio.
L'impossibilità di definire le graduatorie entro il 31 luglio, è stata avvertita dal Parlamento medesimo, che si è preoccupato di prorogare per quest'anno il predetto termine fissandolo al 25 agosto (legge 27 luglio 2004, n. 186, di conversione, con modificazioni, del decreto-legge 28 maggio 2004, n. 136); il che significa che anziché avere due mesi per le nomine, come previsto dalla legge, l'Amministrazione ha avuto 25 giorni per ridefinire le graduatorie e provvedere alle nomine.
Bisogna quindi dare atto agli uffici dell'Amministrazione scolastica che, sia a livello centrale che periferico, hanno profuso grande impegno ed efficienza, lavorando a pieno ritmo tutta l'estate, compresa anche la settimana di ferragosto, e sono stati in grado di concludere in tempo le complesse operazioni, comprese quelle riguardanti i 15.000 contratti di assunzione in ruolo che vanno ad aggiungersi alle 62.000 assunzioni effettuate nell'estate del 2001, agli inizi di questa legislatura.
I reclami presentati ai Centri Servizi Amministrativi - non trattasi quindi di ricorsi - peraltro fisiologici in procedure con un elevatissimo numerosi partecipanti, sono stati definiti in tempo utile per la pubblicazione delle graduatorie definitive; unica eccezione la provincia di Roma che ha iniziato il 23 settembre 2004 le operazioni di conferimento delle supplenze. I ricorsi al TAR, invece, risultano essere stati complessivamente 14 in tutte le Regioni; oltre a questi vi sono state 19 richieste di conciliazione.
Ciò preliminarmente precisato, per quanto riguarda specificamente la provincia di Cosenza, si fa presente che per necessità operative sono state valutate e pubblicate prima le graduatorie di prima e seconda fascia e poi quelle relative alla terza fascia.
Le graduatorie definitive di prima e seconda fascia sono state pubblicate in data 15 luglio 2004. Per ciò che concerne le graduatorie provvisorie di terza fascia, vi è


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stata una prima pubblicazione in data 26 luglio 2004, che è stata sospesa a seguito della conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge che prevedeva la diversa valutazione del servizio e segnatamente quello riguardante le scuole di montagna. Le suddette graduatorie di terza fascia, relativamente alle classi di concorso A047 - A051 e A052, venivano rese definitive in data 20 agosto 2004 al fine di consentire la conclusione di tutte le operazioni di nomine a tempo indeterminato entro il 25 agosto 2004, termine entro il quale poteva esplicarsi la competenza in materia di nomine, per l'anno 2004/2005, delle Direzioni Generali regionali.
Per ciò che concerne le restanti graduatorie di terza fascia, si è proceduto alla ripubblicazione delle graduatorie provvisorie in data 26 agosto 2004, assegnando il termine di 5 giorni per eventuali reclami. A fine di assicurare maggiore trasparenza e tutela, in applicazione della legge 241 del 1990, si è consentito, altresì, a quanti lo avessero ritenuto utile, il riesame della valutazione dei titoli in contraddittorio con gli operatori che avevano curato il servizio.
In data 13 settembre 2004 le graduatorie in questione sono state rese definitive. Non risulta che i tempi accordati per i ricorsi in opposizione, anche nella ripubblicazione delle graduatorie, siano stati inferiori a quelli previsti dalle disposizioni in materia.
Circa il disorientamento per le suddette novità normative, sofferto da alcuni candidati, si ritiene che ciò sia fisiologico alle innovazioni stesse. L'Ufficio scolastico regionale ha operato con uniformità di indirizzo e in sintonia con le Organizzazioni Sindacali all'uopo convocate per un confronto.
Quanto all'asserita assegnazione di posti inesistenti, si precisa che l'errore si è verificato in quantità ridotta, ed è essenzialmente dovuto alla circostanza della concentrazione delle nomine (circa 726) in tre giorni (14, 15 e 16 settembre). L'Ufficio ha comunque, nei giorni immediatamente successivi, provveduto a rettificare gli errori.
Per quel che riguarda la pubblicazione dei posti per la scelta dei contraenti, si fa presente che per le operazioni di nomina sono stati rispettati i procedimenti previsti dal relativo regolamento: è stata data pubblicità, subito dopo la conclusione delle operazioni di utilizzazione e assegnazioni interprovinciali, della disponibilità residua, con la specifica che i Dirigenti avrebbero dovuto comunicare eventuali errori e che la disponibilità stessa avrebbe potuto subire variazioni comunicate nelle 24 ore antecedenti le convocazioni. Procedimento, questo, che è stato puntualmente rispettato. Per facilitarne la scelta l'Ufficio ha distribuito, agli aspiranti a nomina, un foglio nel quale erano indicate le cattedre ed i posti disponibili.
Infine, con riguardo ai posti di sostegno, si fa presente che, a livello nazionale, il numero complessivo di detti posti è aumentato in media di circa 2.000 unità all'anno, passando da 74.000 unità nell'anno scolastico 2002-2003 a oltre 79.000 unità nell'anno scolastico 2003-2004; per il corrente anno scolastico, si è realizzata una ulteriore crescita di oltre 3.000 posti, pertanto attualmente i posti di sostegno sono oltre 82.000.
Relativamente alla provincia di Cosenza, di seguito si forniscono i dati afferenti gli alunni e i posti di sostegno istituiti nel corrente anno: Alunni diversamente abili 1999 - posti autorizzati e funzionanti 1130, così suddivisi: Organico di Diritto 708 - Organico Integrativo 176 - Posti in Deroga 214, a questi sono da aggiungere altri 32 posti autorizzati per esigenze valutative importanti e messe a disposizione per le convocazioni dei giorni 14 e 17 che hanno riguardato gli insegnanti di sostegno. L'operazione si è svolta nell'ambito della correttezza amministrativa e dei bisogni rappresentati dai Dirigenti scolastici. In applicazione dei princìpi che regolano il procedimento di autorizzazione dei posti, il CSA di Cosenza ha sottoposto all'apposito Gruppo di lavoro provinciale (gruppo H) le richieste trasmesse dalle scuole e la relativa certificazione ed ha autorizzato i posti ritenuti necessari per la formazione degli alunni diversamente abili.
Nel definire l'organico in argomento si è tenuto conto dell'esperienza degli anni precedenti, che ha registrato notevoli spostamenti


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degli alunni diversamente abili, all'inizio dell'anno scolastico. Pertanto, inizialmente, vi è stata una riduzione dei posti autorizzati rispetto a quelli valutati dal suddetto gruppo H, integrata successivamente in base alla nuova documentata richiesta dei dirigenti scolastici.
Alla luce di quanto sopra esposto le affermazioni contenute nell'interrogazione non possono essere condivise.
Il Sottosegretario di Stato per l'istruzione, per l'università e per la ricerca: Valentina Aprea.

MARRAS. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 62 del decreto legislativo n. 446 del 1997 prevede per i comuni la facoltà di sostituire l'imposta comunale sulla pubblicità (regolata dal decreto legislativo n. 507 del 1993) con un canone;
in ragione di tale disposizione, qualora le amministrazioni comunali decidano di avvalersi di tale facoltà di sostituzione, le iniziative pubblicitarie che incidono sull'arredo urbano e sull'ambiente sono assoggettate al pagamento di un canone in base alla tariffa, alla popolazione residente, alla rilevanza dei flussi turistici presenti nel comune, alle caratteristiche urbanistiche delle diverse zone del territorio comunale e all'impatto ambientale;
la relativa indeterminatezza di questi criteri, unitamente alla mancata definizione del concetto di incidenza delle iniziative pubblicitarie sull'arredo urbano sull'ambiente, hanno determinato nel tempo l'insorgere di un contenzioso avanti la giustizia amministrativa avverso i regolamenti comunali che hanno introdotto il canone;
la legge n. 488 del 2001 (legge finanziaria 2002, articolo 10, comma 5, lettera b), ha stabilito che la tariffa del canone, comprensiva dell'eventuale uso di aree comunali, non debba in nessun caso eccedere di oltre il 25 per cento le tariffe stabilite per l'imposta comunale sulla pubblicità deliberate dall'amministrazione comunale nell'anno antecedente l'adozione della delibera di sostituzione dell'imposta comunale sulla pubblicità con il canone;
pertanto, quantomeno a partire dall'anno 2002, le amministrazioni comunali avrebbero dovuto riconsiderare le proprie tariffe di canone sostitutivo dell'imposta comunale sulla pubblicità, e di conseguenza attenersi al disposto della nuova norma nella definizione delle proprie tabelle tariffarie;
tale circostanza in alcuni casi non si è verificata, in ragione probabilmente della complessità della materia, e il risultato è stato un nuovo contenzioso amministrativo avverso il mancato recepimento della norma -:
se non ritenga necessario ed urgente, al fine di eliminare la sussistenza di fattori di incertezza interpretativa, nonché di assicurare la piena applicazione della nuova disciplina legislativa, chiarire i limiti entro cui si esplica la nuova disciplina prevista dalla menzionata modificazione dell'articolo 62, comma 2, lettera d), facilitando in tal modo una corretta applicazione della normativa da parte delle amministrazioni locali.
(4-08367)

Risposta. - In merito alla problematica evidenziata dall'interrogante, si osserva che gli enti locali, a seguito dell'ampia autonomia regolamentare nel disciplinare le proprie entrate, introdotta dall'articolo 2 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, hanno la facoltà di escludere l'applicazione dell'imposta comunale sulla pubblicità in favore dell'istituzione del canone per l'autorizzazione all'installazione di mezzi pubblicitari, ai sensi del successivo articolo 62 dello stesso decreto legislativo.
Sulla questione, il Dipartimento per le politiche fiscali ha precisato che la lamentata indeterminatezza dei criteri enunciati nell'articolo 62 del citato decreto legislativo n. 446 del 1997, necessari per stabilire la tariffa a cui assoggettare l'installazione dei mezzi pubblicitari, è una diretta conseguenza


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dell'autonomia regolamentare voluta dal legislatore stesso.
I criteri indicati nell'articolo 2 citato sono tutti correlati ad una valutazione dell'impatto che i mezzi pubblicitari possono avere sull'arredo urbano e sull'ambiente, valutazione riservata al solo ente locale.
Il Dipartimento ha fatto presente che, in ogni modo, il comune, nel regolamentare il canone, può tenere conto dell'esperienza acquisita con l'applicazione del decreto legislativo 15 novembre 1993, n. 507, riguardo all'imposta sulla pubblicità e che la relativa indeterminatezza dell'articolo 62 del decreto legislativo n. 446 del 1997 è utile alfine di oltrepassare le rigidità proprie del sistema tributario.
La problematica afferente l'eccessiva indeterminatezza dei criteri scelti dal legislatore per determinare il canone, secondo il Dipartimento può essere superata in virtù dell'articolo 10, comma 5, lettera
b), della legge 28 dicembre 2001, n. 448, che dispone che la tariffa in questione non deve eccedere di oltre il 25 per cento le tariffe stabilite per l'imposta comunale sulla pubblicità, deliberate nell'anno precedente all'adozione della delibera, da parte del comune, di sostituzione dell'imposta sulla pubblicità con il canone.
Tale disposizione normativa stabilisce un limite piuttosto stringente per l'ente locale, agevolandolo nella determinazione della tariffa.
Il Sottosegretario di Stato per l'economia e per le finanze: Daniele Molgora.

MASCIA. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
risulta all'interrogante che il 18 marzo 2003, il signor Emini Estref di nazionalità macedone è stato rimpatriato verso la Macedonia, nonostante domanda di regolarizzazione fosse stata presentata regolarmente dal suo datore di lavoro ai sensi delle leggi n. 222 del 2002 e n. 189 del 2002;
dopo essere stato prelevato dalla sua casa di Pietrapiana, frazione del Comune di Reggello (Firenze), dalle forze dell'ordine, il signor Estref è stato rinchiuso per una settimana nel centro di permanenza temporanea di Roma, Ponte Galeria, per poi essere espulso;
il signor Estref tenta di regolarizzarsi nel 2002 per la seconda volta ma viene escluso dalla regolarizzazione per aver ricevuto nel 1998 una espulsione;
il signor Estref nel 1998 aveva già provato a regolarizzare la sua posizione ma fu escluso perché la dichiarazione del parroco di Reggello, presentata da Estref come prova per dimostrare la sua presenza in Italia prima del 27 marzo 1998, fu giudicata insufficiente dalla questura di Firenze;
risulta che la questura di Pistoia nel 1998 abbia accettato prove analoghe consentendo agli stranieri di procedere alla regolarizzazione;
a fronte di questa palese ingiustizia il signor Estref fece ricorso al Tar, il quale deve ancora pronunciarsi;
il signor Estref ha lavorato come tagliaboschi a Pietrapiana dai primi mesi del 1998, tranne che per un periodo di sette mesi trascorsi nel 2001 in Macedonia a causa della grave malattia del padre il quale morì poco dopo;
il signor Estref, rimasto l'unico a sostenere la famiglia (composta di otto persone, di cui cinque sorelle), ha rinnovato il suo passaporto e ha di nuovo attraversato la frontiera illegalmente;
attraverso il nuovo passaporto, rilasciato dalla Macedonia nel 2001, la questura di Firenze ha capito che il signor Estref ha varcato per due volte la frontiera senza permesso;
a sostegno del signor Estref gli abitanti di Pietrapiana hanno scritto una petizione e lo stesso vicesindaco di Reggello ha espresso parole di apprezzamento su di lui (il manifesto del 19 marzo 2003);


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la storia del signor Estref è molto simile a quelle avvenute recentemente a Milano, dove la questura ha deciso sulla base di ragioni discutibili l'espulsione di diversi regolarizzandi -:
se non ritenga grave che a una persona onesta e perfettamente integrata nel tessuto sociale della comunità in cui viveva sia stata impedita la regolarizzazione;
se, considerata la sua personale vicenda, intenda prendere iniziative che favoriscano il rientro in Italia, nonché la regolarizzazione del signor Emini Estref;
se intenda prendere iniziative al fine di fornire alle questure strumenti interpretativi che limitino l'applicazione, ad avviso dell'interrogante immotivatamente restrittiva delle leggi n. 189 del 2002 e n. 222 del 2002.
(4-05849)

Risposta. - Rispondendo all'interrogazione parlamentare in argomento, si comunica che il prefetto di Firenze ha respinto la richiesta di regolarizzazione del cittadino macedone Emini Estref, in quanto lo straniero, già espulso dall'Italia il 30 ottobre 1998, vi aveva fatto rientro senza l'autorizzazione del Ministro dell'interno prescritta dall'articolo 13 del decreto legislativo n. 286/98.
È stata data applicazione, pertanto, alla prescrizione di cui all'articolo 1, comma 8, lettera
a) del decreto legislativo n. 195/2002 convertito in legge con modificazioni, dalla legge n. 222/2002 che, come noto, non consente, in nessun caso, la legalizzazione dello straniero espulso che abbia lasciato, anche volontariamente, il territorio dello Stato e vi abbia fatto ritorno senza la citata autorizzazione.
Pertanto, il signor Emini Estref, previo trattenimento nel Centro di temporanea permanenza di Ponte Galeria a Roma, è stato rimpatriato con volo diretto per la Macedonia il 18 marzo 2003.
Per completezza, si fa presente che il T.A.R. Toscana, adito dallo straniero e dal suo datore di lavoro, con sentenza del 2 febbraio 2004, ha respinto il ricorso avverso il provvedimento di rigetto della domanda di legalizzazione, accogliendo le motivazioni dell'Amministrazione.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Michele Saponara.

MASCIA. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
a Firenze si è verificato il caso di un cittadino straniero che a seguito della domanda di regolarizzazione è stato espulso dal territorio nazionale sulla base di una notizia di reato in capo al datore di lavoro;
il signor Dritan Hasi, cittadino albanese nato a Shkoder (Albania) il 1 novembre 1974, ha presentato per il tramite del datore di lavoro, domanda alla Prefettura di Firenze volta all'emersione della propria posizione lavorativa e al rilascio di permesso di soggiorno, ai sensi della legge n. 222 del 2002;
nel settembre 2003 il signor Hasi, non avendo ricevuto alcuna comunicazione in ordine alla definizione del procedimento, e avendo ricevuto notizia della prossima interruzione del rapporto lavorativo, ha contattato il proprio avvocato, dandogli mandato per chiedere informazioni e chiarimenti alla prefettura di Firenze richiesta inviata all'amministrazione in data 16 settembre 2003;
successivamente il signor Hasi ha ricevuto invito a presentarsi presso la stazione dei carabinieri di Figline Valdarno dove ha appreso che il motivo della convocazione era la notifica di un provvedimento non meglio specificato inerente l'esito negativo della regolarizzazione;
in data 16 ottobre 2003 è stata presentata alla prefettura un'istanza di riesame di detto provvedimento, motivata, tra l'altro, dalla circostanza che nella fattispecie non sussistono le cause ostative alla regolarizzazione di cui alla legge n. 222 del 2002 - ovvero pregresse espulsioni con accompagnamento o rilievi penali a carico del cittadino straniero - e che per come chiarito dallo stesso ministero dell'interno


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con circolare del 5 dicembre 2002 la condotta di rilevanza penale del datore di lavoro non comporta l'automatico rigetto delle domande di regolarizzazione;
la suddetta istanza è stata respinta con decreto del 2 novembre 2003, senza alcun riferimento alle ragioni per cui la pubblica amministrazione ha deciso di disattendere le indicazioni del ministero;
il signor Hasi, tramite il proprio avvocato, ha così provveduto alla notifica, avvenuta in data 25 novembre 2003, del ricorso al Tar Toscana, avverso il diniego della regolarizzazione;
il giorno successivo alla notifica la questura di Firenze ha emesso un ordine di rintraccio del cittadino straniero, il quale dopo essere stato trattenuto alla stazione dei carabinieri di Figline Valdarno, è stato condotto in questura e da qui presumibilmente rimpatriato -:
dove il signor Nasi si trovi attualmente e se sia stato rimpatriato;
per quale ragione nel decreto datato 2 novembre 2003, che respingeva l'istanza di riesame presentata dall'interessato in data 16 ottobre 2003, si siano disattese le indicazioni della circolare del ministero dell'interno del 5 dicembre 2002.
(4-08295)

Risposta. - Rispondendo all'interrogazione parlamentare presentata, si comunica che la questura di Firenze interessata alla procedura di emersione-regolarizzazione del cittadino albanese Dritan Hasi, ha rifiutato il rilascio del nullaosta, in quanto a carico del datore di lavoro proponente risultavano numerosi precedenti penali per impiego di lavoratori clandestini, false dichiarazioni di emersione e sfruttamento della manodopera clandestina.
Si precisa, in proposito, che il questore ha adottato la predetta determinazione ai sensi dall'articolo 31, comma 3, del regolamento di attuazione del Testo Unico sull'immigrazione (decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1999, n. 394), attraverso una specifica valutazione del caso, secondo quanto prescritto dalle direttive in materia, emanate con la circolare del 5 dicembre 2002 del Ministero dell'interno.
Conseguentemente, il Prefetto ha rigettato, il 4 agosto 2003, l'istanza di regolarizzazione e la successiva richiesta di riesame, sicché il signor Hasi è stato espulso e rimpatriato a Tirana (Albania) il 26 novembre successivo.
Sul ricorso dell'interessato ed accogliendone le richieste, il TAR della Toscana, con sentenza del 17 dicembre 2003, ha annullato per carenza di motivazione sia il decreto di archiviazione della domanda di regolarizzazione che quello di respingimento della domanda di riesame, per cui, in ottemperanza della decisione, il prefetto di Firenze ha conseguentemente revocato il decreto di espulsione ed ha concesso al signor Hasi la possibilità di chiedere alla Questura il rilascio di un permesso di soggiorno per attesa occupazione, ai sensi dell'articolo 22, comma 11, del decreto legislativo 286/98.
I menzionati provvedimenti sono stati inviati, il 3 marzo scorso, al Consolato italiano di Scutari, ai fini della notifica all'interessato e del contestuale rilascio di visto di reingresso in Italia. Il 29 aprile successivo, il signor Dritan Hasi ha ottenuto il permesso di soggiorno per attesa occupazione.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Michele Saponara.

MENIA. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
la direttiva 2003/96/CE del Consiglio del 27 ottobre 2003, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale dell'Unione europea n. 283 del 31 ottobre 2003, nell'allegato 2.8, diversifica il trattamento normativo dei carburanti agevolati tra la provincia di Trieste e dei 25 comuni della provincia di Udine rispetto a quello vigente per la provincia di Gorizia;
tale differenziazione crea una inaccettabile disparità di trattamento, fra le 2 zone tra loro confinanti e geograficamente


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omogenee, in quanto la legge istitutiva della zona franca di Gorizia del 1945, è tuttora vigente, ed a questa richiama la norma che ha esteso l'agevolazione a Trieste ed ai 25 comuni della provincia di Udine. Infatti il provvedimento testualmente recita: «I regimi agevolati dalla zona franca di Gorizia sono estesi alla provincia di Trieste ad alcuni comuni della provincia di Udine». Con la legge n. 17 del 1992 la provincia di Trieste pertanto ha ottenuto tale agevolazione per le identiche motivazioni che hanno portato alla concessione della zona franca di Gorizia. L'unica differenza consiste nei tempi di emanazione dei provvedimenti in quanto nel 1945, quando il provvedimento fu emanato per la provincia di Gorizia, Trieste non era stata ancora ricongiunta all'Italia;
la diversa impostazione normativa riconosciuta dalla Commissione fu a suo tempo giustificata per la diversa durata del provvedimento, ma non trova conferma nella decisione del Consiglio europeo del 19 ottobre 1992;
la proroga voluta dal parlamento italiano «fino al momento del riordino della legge della zona franca di Gorizia» trasmessa alla Commissione europea dall'allora Ministro Gallo con lettera del 13 novembre 1993 non fu mai recepita dalla Commissione e nelle successive decisioni del Consiglio come pure la lettera del ministro Visco del 24 luglio 1998;
la procedura di allineamento tra le due normative per un contingente totalmente esente non è quindi mai stata recepita dagli organismi comunitari -:
quali provvedimenti intende adottare per salvaguardare l'agevolazione di carburanti per Trieste e i 25 comuni della provincia di Udine, tenendo conto che il mancato rinnovo della stessa produrrebbe la perdita di circa 50 posti di lavoro presso le aziende camerali e mancati introiti per le Camere di Commercio di circa 5 milioni di euro oltre ad un indubbio aggravio sui redditi familiari nei comuni interessati.
(4-08798)

Risposta. - In ordine alla problematica prospettata con il documento di sindacato ispettivo in esame, l'Agenzia delle dogane ha fatto preliminarmente presente che con la legge 10 dicembre 1948, n. 1438, parte del territorio della provincia di Gorizia venne considerato, fino al 31 dicembre 1957, fuori della linea doganale e costituito in zona franca, consentendo l'immissione nel predetto territorio di contingenti annui di merci per il fabbisogno locale, tra i quali vi sono compresi i combustibili liquidi e lubrificanti, in esenzione dalle imposte di fabbricazione e consumo.
Il suddetto termine è stato più volte prorogato da disposizioni successive, che hanno modificato anche i limiti dei contingenti, fino a quando l'articolo 7 del decreto-legge 29 dicembre 1987, n. 534 (convertito, con modificazioni, dalla legge 29 febbraio 1988, n. 47), ha esteso il predetto regime agevolato all'intera provincia di Gorizia e prorogato detto termine fino all'entrata in vigore della legge per il definitivo riordino di tale regime agevolato. Tale legge non è stata finora emanata.
Il citato articolo 7, al comma 4, ha esteso, inoltre, il regime di esenzione previsto per Gorizia, limitatamente al prodotto benzina e, nei limiti di un contingente, alla provincia di Trieste e ad alcuni comuni della provincia di Udine, appositamente individuati, fino al 31 dicembre 1991.
Successivamente, tale agevolazione è stata incrementata nel quantitativo e prorogata fino alla data di entrata in vigore della legge di riordino del regime agevolato previsto per la zona franca di Gorizia (come detto non ancora emanata), dall'articolo 6 del decreto-legge 22 novembre 1991, n. 369 (convertito, con modificazioni, dalla legge 22 gennaio 1992, n. 17).
Con l'articolo 7, comma 1-
ter, del decreto-legge 30 dicembre 1991, n. 417 (convertito, con modificazioni, dalla legge 6 febbraio 1992, n. 66), il regime agevolato previsto per la zona di Gorizia, è stato esteso al gasolio per autotrazione impiegato, nei limiti di un contingente, al fabbisogno locale della provincia di Trieste e di alcuni


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comuni della provincia di Udine individuati da apposito decreto, fino al 31 dicembre 1994.
Tale regime agevolato previsto per il gasolio per autotrazione è stato ripristinato, per l'anno 2001, dall'articolo 24, comma 2, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, e successivamente prorogato. Da ultimo, è stato confermato, per l'anno 2004, dall'articolo 2, comma 12, lettera
e), della legge 24 dicembre 2003, n. 350.
Ciò premesso, l'Agenzia delle dogane ha evidenziato che, a livello comunitario, con decisione del Consiglio della Comunità europea del 19 ottobre 1992 (92/510/CEE), è stata autorizzata l'esenzione dall'accisa sugli oli minerali per il consumo nelle province di Aosta e Gorizia, nonché nelle province di Udine e Trieste, in quest'ultimo caso fino al 31 dicembre 1994.
Con decisione del Consiglio europeo del 12 marzo 2001 (2001/224/CE), è stata autorizzata, fino al 31 dicembre 2006, una riduzione delle aliquote di accisa sugli oli minerali consumati nelle province di Udine e Trieste, a condizione che tali aliquote siano conformi agli obblighi definiti dalla direttiva 92/82/CEE, nonché l'esenzione per il consumo di tali oli nella regione Valle d'Aosta e nella provincia di Gorizia.
Al riguardo, l'Agenzia delle dogane ha precisato che tale differenza scaturisce dalla constatazione, a livello comunitario, che la zona franca di Gorizia ed il regime di esenzione applicato ad alcuni prodotti consumati in questo territorio era stato istituito antecedentemente al Trattato di Roma e, pertanto, all'atto dell'introduzione del sistema armonizzato delle accise è stato possibile il suo mantenimento.
Invece, per il regime agevolato accordato ai consumi di benzina e gasolio nelle province di Trieste ed Udine, riconosciuto dall'anno 1987, per la benzina, e dall'anno 1991, per il gasolio, si è reso obbligatorio il rispetto delle aliquote minime.
La predetta Agenzia ha inoltre rappresentato che sulla base di tali autorizzazioni il legislatore ha ritenuto di mantenere anche per i territori delle province di Trieste e Udine il regime di esenzione dall'accisa per la benzina e per il gasolio per autotrazione, nei limiti di un contingente prefissato, corrispondente ad una riduzione di accisa sull'intero quantitativo consumato nei territori.
Da ultimo, la direttiva del Consiglio 2003/96/CE del 27 ottobre 2003, che ristruttura il quadro comunitario per la tassazione dei prodotti energetici e dell'elettricità, ha, poi, confermato l'autorizzazione comunitaria negli stessi termini delle precedenti decisioni.
Infine, si fa presente che l'articolo 1, comma 511, lettera
g), della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (legge finanziaria per il 2005), ha stabilito che le disposizioni in materia di accisa concernenti il regime agevolato per il gasolio per autotrazione, destinato al fabbisogno della provincia di Trieste e dei comuni della provincia di Udine, si applichino fino al 31 dicembre 2005.
Il Sottosegretario di Stato per l'economia e per le finanze: Manlio Contento.

NESI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
stiamo assistendo a tentativi penosi, secondo l'interrogante da parte di molte università di contendersi nuovi studenti;
questi tentativi si attuano attraverso mezzi pubblicitari di ogni genere, alcuni dei quali anche, ad avviso dell'interrogante, volgari;
a parere dell'interrogante, le sollecitazioni a scegliere questa o quella università sono una significativa conseguenza della trasformazione degli istituti universitari in vere e proprie imprese. Queste sollecitazioni che assumono contenuti e forme di pubblicità commerciale, sono pertanto incompatibili con il carattere che debbono avere istituzioni pubbliche di studio e ricerca scientifica -:
se intenda adottare specifiche iniziative normative volte a riportare serietà e


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correttezza questa parte dell'attività universitaria.
(4-11018)

Risposta. - Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame con cui l'interrogante, rappresentando l'utilizzazione inopportuna, fatta da parte delle diverse Università, di messaggi pubblicitari, diffusi attraverso i vari mezzi di informazione, volti ad indirizzare gli studenti nella scelta dell'Ateneo, chiede l'adozione di specifiche iniziative finalizzate a contenere tale attività questo Ministero deve fare presente che le Università, nell'ambito della piena autonomia gestionale loro attribuita dalla normativa vigente, possono adottare i criteri di informazione che ritengono maggiormente utili, ad illustrare la propria attività. È ovvio che il ricorso a mezzi di pubblicità poco idonei non può che essere controproducente per l'istituzione che vi fa ricorso e pertanto sarà interesse degli stessi Atenei sensibilizzare gli studenti sulla base degli effettivi valori attribuiti ai corsi di studio attivati.
Il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca: Letizia Moratti.

PERROTTA. - Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
come si evince da «Il Mattino» del 16 giugno 2003, sono state effettuate le nomine del nuovo Cda di Metronapoli senza che sia stata interpellata Trenitalia, la Spa che la controlla per circa il 40 per cento -:
se il Ministro, in qualità di organo di controllo della FS Spa, intenda assumere informazioni in merito all'attività di controllo della Trenitalia Spa sulle proprie società partecipate e controllate;
se il Ministro intenda informarsi su come la Trenitalia Spa intenda garantire il proprio diritto azionario in qualità di azionista per circa il 40 per cento della Metronapoli Spa.
(4-06634)

PERROTTA. - Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
come si evince da un articolo dell'Ansa, l'amministratore delegato di Trenitalia, Roberto Renon e il direttore degli affari legali, Giovanni D'Ambros, hanno siglato un protocollo d'intesa, che a parere dell'interrogante, risulterebbe svantaggioso per Trenitalia SpA;
se il Ministro, in qualità di organo di controllo della FS SpA, intenda assumere informazioni in merito all'attività di controllo della Trenitalia SpA, sulle proprie società partecipate e controllate;
se il Ministro intenda informarsi su come la Trenitalia SpA intenda garantire il proprio diritto azionario in qualità di azionista per circa il 40 per cento della Metronapoli SpA.
(4-08425)

Risposta. - Si risponde alle interrogazioni in esame, concernenti l'attività di controllo di Trenitalia S.p.A. sulle società partecipate e controllate, con particolare riferimento alla società Metronapoli.
Al riguardo, la società Ferrovie dello Stato S.p.A. ha comunicato che nel giugno 2003, durante lo svolgimento dell'assemblea di Metronapoli S.p.A. sono sorte delle divergenze tra il Comune di Napoli (azionista di maggioranza, titolare unitamente alla municipalizzata A.N.M. del 62 per cento del capitale sociale) e Trenitalia S.p.A. (socio di minoranza, titolare del 38 per cento del capitale sociale) in merito alla gestione operativa della società.
Essendo stato attribuito a Trenitalia un ruolo marginale, si è proceduto a disdettare i contratti di affitto del ramo d'azienda e di locazione del materiale rotabile con decorrenza 31 dicembre 2003, manifestando il proprio disinteresse alla prosecuzione del rapporto in mancanza di un ruolo operativo.
A seguito dei numerosi incontri intercorsi, nei mesi successivi, con gli azionisti della società Metronapoli, in data 9 dicembre 2003, è stato siglato un Protocollo


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d'Intesa diretto a verificare, entro il 30 maggio 2004, se sussistevano le condizioni per proseguire una utile e proficua collaborazione tra i soci attraverso l'istituzione di un gruppo di lavoro che procedesse ad una rivisitazione dello statuto, dei patti parasociali e dei contratti in essere.
Per consentire tale verifica, Trenitalia ha prorogato la durata dei citati contratti sino alla data del 31 maggio 2004.
L'assemblea straordinaria di Metronapoli, riunitasi in forma totalitaria in data 10 dicembre 2003, ha proceduto immediatamente a modificare lo statuto riconoscendo a Trenitalia e per essa al proprio Consigliere e Presidente della società, un ruolo gestionale sia in materia di investimenti, di strategie e alleanze, che di personale.
Lo statuto così come modificato, unitamente ad un impegno sottoscritto dal Sindaco di Napoli, riconosce al socio di maggioranza (Comune di Napoli) ed a quello di minoranza (Trenitalia) un ruolo paritetico, che obbliga le parti a non procedere a nessun tipo di delibera assembleare senza il consenso unanime dei due soci.
Il Protocollo d'intesa istituiva, inoltre, un gruppo di lavoro per rivedere i parametri dei patti sociali e dei contratti in essere. Nel frattempo Trenitalia provvedeva a prorogare l'affitto dei rami d'Azienda a Metronapoli, fino al 31 dicembre 2004.
In assenza di un'intesa, i rami d'Azienda torneranno a Trenitalia, senza, comunque, comportare alcuna interruzione del servizio o disagio per la clientela.
Il Viceministro dell'economia e delle finanze: Mario Baldassarri.

PERROTTA. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro del- l'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
da alcuni articoli di stampa si evince che a Roma, dopo svariati anni, la «guerra dell'acqua» si conclude a favore del Vaticano;
sarà lo Stato italiano a pagare le spese, arretrate e future dei servizi idrici della città del Vaticano;
l'articolo 6 dei Patti Lateranensi del 1929 prevedeva l'obbligo per lo Stato italiano di provvedere a proprie spese alla fornitura di acqua in favore della Santa Sede;
il decreto 23 aprile 2004 pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 9 luglio scorso attuativo dell'articolo 3 della legge finanziaria 2004 (che ha autorizzato la spesa di 25 milioni di euro per assicurare al Vaticano un'adeguata dotazione di acqua) ha posto a carico del ministero delle infrastrutture e trasporti l'onere del pagamento di circa 17 milioni di euro -:
se il Ministro intenda appurare le motivazioni che hanno condotto all'adozione del provvedimento sopra ricordato.
(4-11612)

Risposta. - L'articolo 3, comma 13, della legge 24 dicembre 2003, n. 350 (legge finanziaria 2004), allo scopo di dare attuazione al disposto recato dall'articolo 6, comma 1, del Trattato Lateranense tra lo Stato italiano e la Santa Sede, ha autorizzato la spesa massima di 25 milioni di euro per l'anno 2004 e di 4 milioni di euro a decorrere dal 2005 a carico del bilancio dello Stato, demandando ad un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, da emanarsi su proposta del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti entro 120 giorni dalla data di entrata in vigore della stessa legge, il compito di stabilire le modalità, i criteri e l'entità delle erogazioni da effettuarsi a favore di soggetti creditori.
Più in particolare, l'articolo 6, comma 1, del predetto Trattato dell'11 febbraio 1929, reso esecutivo con la legge 27 maggio 1929, n. 810, aveva, tra l'altro, previsto l'obbligo a carico dello Stato italiano di provvedere con oneri di spesa a proprio carico, mediante i necessari accordi con i soggetti interessati, affinché fosse assicurata alla Città del Vaticano un'adeguata dotazione di acqua in proprietà e fosse correlativamente assicurato l'espletamento dei servizi pubblici


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di allontanamento, smaltimento e depurazione degli scarichi.
La problematica ha costituito oggetto di ampi approfondimenti in sede tecnica, anche a mezzo di una commissione bilaterale appositamente costituita tra l'Italia e la Santa Sede.
L'esito dei lavori della commissione ha consentito di definire un'intesa chiarificatrice dei termini e della portata degli accordi vigenti, formalizzata nel mese di gennaio 2004 in uno scambio di lettere, a firma del Presidente del Consiglio dei ministri e del Segretario di Stato Vaticano.
In conformità con gli accordi raggiunti in tale sede dal Governo, l'emanazione della norma citata in apertura corrisponde all'esigenza di compensare, sia pure a titolo forfettario, l'onere che l'impegno internazionale dello Stato pone a carico del soggetto erogatore dei servizi idrici a favore dello Stato del Vaticano in relazione ai costi sostenuti in passato e da sostenere a regime per il collettamento e la depurazione degli scarichi e, relativamente a quota parte, per il trasporto dell'acqua.
L'articolo 3, comma 13, della legge n. 350/2003 prevede, da parte del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, il versamento di un contributo compensativo a favore dell'ente gestore dei cennati servizi, società ACEA Spa, a fronte degli oneri accumulati nel passato e di quelli che si produrranno annualmente in avvenire per la peculiare posizione in cui è posta la Sante Sede dall'articolo 6 del Trattato.
L'arco temporale di riferimento considerato in sede applicativa della richiamata disposizione è quello decorrente dal 1998, anno nel quale l'ACEA è diventata Società per azioni ed in ragione della assunta natura giuridica ed economica è tenuta all'applicazione delle tariffe vigenti nella misura fissata in base alle deliberazioni CIPE.
Oggetto del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 23 aprile 2004 è pertanto quello di fissare modalità, criteri ed ammontare dell'erogazione del contributo compensativo a carico del bilancio dello Stato da corrispondere favore di ACEA Spa, al netto delle contribuzioni aggiuntive a carico dello Stato della Città del Vaticano da corrispondere direttamente al soggetto gestore.
Nel caso di specie, non essendo applicabile la disciplina tariffaria di ordine interno, considerato il carattere internazionale del rapporto con la Santa Sede, al fine della quantificazione del contributo è stato assunto un criterio di congrua determinazione compensativa dei costi effettivamente sostenuti dal gestore, atta a ricostruire il necessario equilibrio economico-finanziario dei diversi segmenti gestionali in cui si articola il servizio.
Il calcolo ha tenuto conto delle due componenti del servizio: quello di adduzione della dotazione idrica assicurata in proprietà allo Stato della Città del Vaticano e quello di collettamento e di depurazione delle acque reflue.
Quale parametro di riferimento, al fine della determinazione dell'ammontare del contributo, sono state assunte le relative tariffe vigenti nel tempo applicate all'utenza con le riduzioni necessarie atte a tenere conto delle peculiari caratteristiche delle utenze vaticane.
Il contributo sì articola in due componenti: una da erogarsi in un'unica soluzione per gli oneri pregressi accumulati dal 1o gennaio 1998 al 31 dicembre 2003 a ripianamento delle minusvalenze accumulate nel passato; l'altra componente a regime calcolata utilizzando gli stessi criteri da corrispondersi semestralmente all'ACEA a decorrere dall'anno 2004, sulla base dei quantitativi misurati a consuntivo e fatturati.
Infine, è prevista la possibilità di utilizzare quota parte del finanziamento per misure ed iniziative volte ad ottimizzare l'uso delle risorse idriche nel comune interesse e, previa intesa tra le parti, con l'intento di conseguire un risparmio di risorse naturali, unitamente ad una significativa riduzione nel tempo degli oneri di spesa destinati a gravare sul bilancio dello Stato.
Il Sottosegretario di Stato per le infrastrutture e per i trasporti: Guido Walter Cesare Viceconte.


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PERROTTA. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
come si evince da un comunicato Ansa del 25 novembre 2004, il turismo cinese, in Italia, è a rischio;
uno degli ostacoli è costituito dalla legge Bossi-Fini, in base alla quale i turisti extracomunitari che arrivano nel nostro Paese possono fermarsi al massimo sei giorni, trascorsi i quali debbono chiedere il permesso di soggiorno;
alla problematica di cui sopra va ad aggiungersi l'eccessiva lentezza con la quale vengono concessi i visti turistici;
i controlli sono lunghi e farraginosi, e per di più il personale del ministero degli affari esteri risulta essere carente -:
se il Ministro interrogato intenda adottare le opportune iniziative finalizzate a snellire ed alleggerire i tempi di rilascio dei visti e ad ampliare l'organico predisposto all'ufficio che si occupa dei visti turistici.
(4-11919)

Risposta. - La rete diplomatico-consolare italiana in Cina è da tempo impegnata per snellire le pratiche di rilascio dei visti ai turisti cinesi, nel quadro della politica attiva nel settore dei visti, promossa a partire dall'inizio del 2004 dal ministero degli affari esteri, che considera la Cina tra i paesi oggetto di attenzione prioritaria.
L'impegno della rete diplomatico-consolare in Cina in tale settore ha dato risultati significativi: il numero dei visti complessivamente emessi dall'Ambasciata d'Italia a Pechino e dai Consolati Generali di Shanghai e Canton ha infatti registrato, nel periodo gennaio-ottobre 2004, un aumento del 124 per cento rispetto allo stesso periodo del 2003, con un aumento del 232 per cento nel solo Consolato Generale a Shanghai.
Per quanto riguarda i soli visti per turismo, oggetto dell'interrogazione, gli incrementi registrati nello stesso periodo a Pechino e Shanghai sono, rispettivamente, del 2.436 per cento e del 944 per cento.
Tali risultati sono stati conseguiti senza alcun aumento di organici delle sezioni visti, a causa delle ristrettezze di bilancio, ma soltanto attraverso un'attenta opera di riorganizzazione, avvalendosi altresì dell'apporto di contrattisti assunti dall'ENIT e messi a disposizione degli Uffici Visti per agevolare i contatti con l'utenza locale, in un'ottica di integrazione sinergica tra i vari soggetti del «Sistema Italia» in Cina.
È inoltre il caso di ricordare che le procedure previste dal noto Accordo
Agreed Destination System tra Unione Europea e Cina per agevolare il rilascio dei visti turistici a cittadini cinesi membri di gruppi organizzati, sono state applicate dalle nostre Rappresentanze diplomatico-consolari in Cina fin da prima dell'entrata in vigore dell'accordo stesso, proprio nell'intento di incrementare il flusso di turisti cinesi verso l'Italia (nel rispetto della vigente normativa in materia di immigrazione).
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Roberto Antonione.

PERROTTA. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
come si evince da un articolo a firma di Claudio Gatti e Mark Turner, pubblicato su Il Sole 24 Ore, il 10 dicembre 2004, un'indagine condotta dal sopraccitato giornale e dal Financial Times svela che il petroliere David Chalmers, proprietario della Bayoil, ha ignorato le risoluzioni Onu e la legge Usa ricorrendo a società di facciata come la Italtech, con sede a Livorno;
in base al programma Oil for food ci sono stati arricchimenti illeciti;
il summenzionato petroliere aveva un rapporto di collaborazione commerciale con la Italtech, società di Livorno, di cui Giangrandi è il maggiore azionista;
la Italtech ha agito in piena violazione del programma dell'Onu che regolava il commercio di petrolio iracheno -:
se intenda assumere iniziative affinchè siano effettuati controlli più rigidi, in modo da frenare gli incassi di denaro illecito.
(4-11967)


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PERROTTA. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
come si evince da un articolo a firma di Claudio Gatti e Mark Turner, pubblicato su Il Sole 24 Ore, il 1 dicembre 2004, un'indagine condotta dal sopraccitato giornale e dal Financial Times svela che in base al programma Oil for food ci sono stati arricchimenti illeciti;
in base al rapporto consegnato dall'ispettore americano Charles Duelfer, responsabile dell'Iraq Survey Group, Saddam era riuscito a manipolare il programma di cui sopra creando fondi neri fuori del controllo dell'Onu ed offrendo a opinion leader coupon trasformabili in contratti petroliferi;
i beneficiari di questi buoni erano, poi, liberi di rivenderli agli addetti ai lavori, intascando qualche centesimo di dollaro a barile;
Saddam in cambio di tutto questo si aspettava aiuti nella sua battaglia contro l'embargo e contro il regime di sanzioni, imposto dopo la guerra del Golfo del 1991 -:
se intenda adottare iniziative volte a far sì che vengano effettuati controlli più rigidi, in modo da arrestare il fenomeno degli incassi illeciti.
(4-11968)

PERROTTA. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
come si evince da un articolo a firma di Claudio Gatti e Mark Turner pubblicato su Il Sole 24 Ore, il 1 dicembre 2004, un'indagine condotta dal sopraccitato giornale e dal Financial Times svela che il petroliere David Chalmers, proprietario della Bayoil, ha ignorato le risoluzioni Onu e la legge Usa ricorrendo a società di facciata come la Italtech, con sede a Livorno, di cui Giangrandi, trafficante italo-cileno, è il maggiore azionista;
in base al programma Oil for food ci sono stati arricchimenti illeciti;
il summenzionato petroliere, negli anni 90, ha personalmente rilevato dal Giangrandi la società di minisottomarini di Livorno Cosmos;
nell'estate del 2000, il petroliere Chalmers ha fornito la garanzia bancaria, che ha permesso a Giangrandi di firmare un ricco contratto per la realizzazione di un complesso produttivo per bombe ed esplosivi ad Abu Dhabi -:
se intenda adottare iniziative affinché siano effettuati controlli più rigidi, in modo da arrestare il fenomeno degli incassi illeciti.
(4-11969)

PERROTTA. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
come si evince da un articolo a firma di Claudio Gatti e Mark Turner, pubblicato su Il Sole 24 Ore, il 1 dicembre 2004, un'indagine condotta dal sopraccitato giornale e dal Financial Times svela che il petroliere David Chalmers, proprietario della Bayoil, ha ignorato le risoluzioni ONU e la legge Usa ricorrendo a società di facciata come la Italtech, con sede a Livorno;
in base al programma Oil for food ci sono stati arricchimenti illeciti;
il summenzionato petroliere, dalla metà degli anni 80, ha usato i proventi delle sue attività petrolifere per finanziare il traffico di armi;
in tutti questi anni sono state vendute bombe a grappolo per 180 milioni di dollari al regime di Saddam Hussein -:
se intenda adottare iniziative affinché siano effettuati controlli più rigidi, in modo da frenare fenomeni come quello del traffico di armi;
se siano state emesse condanne penali nei confronti dei summenzionati soggetti.
(4-11970)

Risposta. - Il Consiglio di sicurezza delle Nazioni unite ha deciso lo scorso aprile l'istituzione da parte del Segretario Generale Kofi


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Annan di un Panel d'inchiesta indipendente ad alto livello, per chiarire le presunte attività illecite che si sarebbero verificate nell'ambito del Programma Oil for Food.
È quindi in corso un'inchiesta sulla conduzione del programma per l'Iraq che deve rispondere a requisiti di completezza e trasparenza, come viene chiesto da tutti i Paesi membri, fra cui l'Italia, nell'interesse della stessa Organizzazione. In ogni caso, finché l'inchiesta non sarà completata, non sarà possibile determinare con certezza eventuali violazioni delle procedure amministrative del Programma, ed eventuali casi di corruzione tra i funzionari Onu coinvolti, oltre che constatare se le stesse procedure seguite nell'esecuzione del Programma abbiano rispettato il mandato e le regole imposte dalle Nazioni unite.
Peraltro il Programma
Oil for Food è stato chiuso a suo tempo, nel novembre 2003, per effetto di una espressa previsione in tal senso del testo (articolo 16 del dispositivo) della Risoluzione CdS 1483 del maggio 2003. Dal 28 giugno 2004 è il Governo iracheno che ha il compito di gestire direttamente gli aspetti residui del Programma, facendosi carico di tutti i relativi diritti, obblighi e responsabilità operative.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Alfredo Luigi Mantica.

PERROTTA. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
oltre mille persone muoiono ogni giorno a causa delle violenze esplose nella Repubblica Democratica del Congo;
la maggior parte dei decessi avviene per malattie curabili, ma a causa delle guerre in corso, gran parte degli ospedali è andata distrutta;
ciò è quanto è emerso dal rapporto dell'agenzia umanitaria «Internazionale Rescue Committee» -:
se il Ministro intenda sollecitare l'intervento dell'Onu di fronte ad un problema di primaria importanza.
(4-12082)

Risposta. - La grave situazione umanitaria in cui tuttora versano alcune regioni della Repubblica democratica del Congo è una conseguenza del conflitto che ha colpito il Paese nel 1998. Attualmente, il processo di pace ha raggiunto risultati parzialmente positivi, anche se permangono delle sacche di conflittualità soprattutto nelle regioni orientali del Paese. Un Governo transitorio è stato istituito nel giugno del 2003, con i compiti fondamentali di restaurare l'autorità statale nell'insieme del territorio (anche attraverso la formazione di un esercito e di una polizia integrata) e di organizzare le elezioni entro il mese di giugno 2005. Nella RDC opera una Forza di pace delle Nazioni unite (la MONUC) di circa 10 mila unità, che attualmente presiede alle operazioni di controllo della frontiera orientale del Paese.
L'Italia e l'Unione europea hanno sostenuto fin dall'inizio, anche finanziariamente, il processo di pace. In particolare, sono stati sostenuti i negoziati fra le parti congolesi in lotta (il cosiddetto dialogo intercongolese) ed il disarmo dei combattenti nell'intera regione dei grandi Laghi. Dopo la formazione del Governo transitorio, che ha coinciso con l'inizio del semestre di Presidenza italiana dell'Unione europea, sono state assunte - con il nostro impulso istituzionale - diverse iniziative in ambito comunitario tese a favorire il conseguimento degli obiettivi del Governo transitorio. In particolare, sono stati elaborati e sono in corso di realizzazione progetti relativi al sostegno delle elezioni e alla formazione della polizia nella capitale Kinshasa.
Sul piano regionale è stata inoltre sostenuta la preparazione della «Conferenza di Pace nella regione dei Grandi Laghi», sotto l'egida delle Nazioni unite e dell'Unione africana. Tale Conferenza è stata inaugurata nel novembre 2005, a Dar Es Salaam, dove i Capi di Stato nei Paesi dell'area hanno adottato una Dichiarazione in cui si impegnano a rispettare i principi dell'integrità delle frontiere e della non tolleranza nei rispettivi territori di movimenti armati ostili ai Paesi vicini.


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Sul piano dei rapporti bilaterali con la RDC va inoltre segnalata la cancellazione di oltre 400 milioni di dollari di crediti del nostro Paese nei confronti di Kinshasa nell'ambito dell'iniziativa HIPC. A tale cancellazione si aggiungerà l'annullamento di ulteriori crediti per un importo di circa 500 milioni di dollari non appena il Congo avrà finalizzato i relativi programmi di aggiustamento macro-economico con le Istituzioni Finanziarie Internazionali.
Quanto alla situazione umanitaria nel Paese, tuttora molto grave, sono state assunte diverse iniziative tese ad alleviare le sofferenze della popolazione civile e a far fronte alla precaria situazione delle infrastrutture socio-sanitarie. In particolare, con i fondi della nostra Cooperazione è stato costruito a Kinshasa un centro trasfusionale interamente equipaggiato per la diagnostica del virus HIV. Inoltre, fra il 2002 ed il 2004 sono stati inviati aiuti alimentari per complessivi 5 milioni di Euro, distribuiti sia tramite la rete delle diocesi congolesi che per mezzo delle Agenzie Specializzate delle Nazioni unite. Un'attenzione particolare è stata dedicata alle vittime del conflitto ed agli sfollati. Diversi programmi di assistenza a tali fasce di popolazione sono stati realizzati dalla nostra Cooperazione d'intesa con le Agenzie delle Nazioni unite. In particolare, nel 2004 sono stati erogati dal nostro Paese oltre 700 mila Euro per sovvenire alle necessità degli sfollati nella capitale Kinshasa.
Sotto il profilo dei diritti umani, il 23 giugno 2004 l'Ufficio del Procuratore della Corte penale internazionale Luis Moreno-Ocampo, ha aperto una inchiesta sui crimini che sono stati commessi nel territorio della Repubblica Democratica del Congo (RDC). L'attività investigativa del Procuratore si incentrerà in particolar modo sui fatti accaduti nell'Ituri, la regione nord orientale dove sarebbero stati commessi i crimini più gravi. La situazione comunque grave della RDC è stata altresì denunciata anche nel Rapporto annuale
Amnesty International per il 2004, dove viene in aggiunta rilevata la condizione di impunità generalizzata per i responsabili di tali orrendi delitti.
Il 20 dicembre 2004, l'Assemblea generale delle Nazioni unite ha adottato una risoluzione sulla Situazione dei diritti umani nella Repubblica Democratica del Congo, che era stata precedentemente approvata in seno alla Terza Commissione delle Nazioni unite (Affari sociali, umanitari e culturali). La risoluzione, promossa dall'Italia e dagli altri Paesi dell'Unione Europea, esprime preoccupazione per le gravi e persistenti violazioni dei diritti umani e del diritto umanitario nelle regioni orientali della RDC, in particolare per quel che riguarda i massacri, le esecuzioni sommarie o arbitrarie, le torture, gli arresti illegali, le violenze sessuali ai danni di donne e bambini, il sistematico non rispetto del diritto di espressione, opinione, associazione e riunione. Inoltre, la risoluzione invita il Governo congolese a proseguire nella sua azione volta a promuovere lo stato di diritto e ha contestualmente invitato le parti coinvolte nel conflitto in atto a rispettare ed implementare l'Accordo sulla Transizione nella Repubblica Democratica del Congo siglato a Pretoria nel 2002. Infine, è stata accolta con favore la missione svolta lo scorso agosto dall'Esperto Indipendente della Commissione Diritti umani delle Nazioni unite sulla situazione dei diritti umani nella RDC, che aveva la finalità sia di assistere il Governo della Repubblica Democratica del Congo nell'area dei diritti umani sia di monitorare l'andamento della situazione.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Alfredo Luigi Mantica.

PERROTTA. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
come si evince da un comunicato Ansa del 24 dicembre 2004, l'Onu ha rilevato di aver raccolto «testimonianze dirette» in Cecenia di donne «arbitrariamente detenute e torturate dopo operazioni speciali» delle forze dell'ordine -:
se il Ministro intenda adottare iniziative, presso il governo ceceno, affinché sia posta fine alle torture in premessa.
(4-12223)


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Risposta. - Il comunicato diffuso dall'Ansa il 24 dicembre 2004, citato dall'interrogante, fa riferimento alla visita compiuta dalla Relatrice Speciale della Commissione per i Diritti Umani delle Nazioni unite sulla violenza contro le donne, Signora Yakin Erturk, nella Federazione Russa dal 17 al 24 dicembre 2004, su invito dello stesso Governo russo.
Nel corso di tale visita la Signora Erturk si è recata a Mosca, Nazran e Grozny dove ha avuto incontri con rappresentanti delle Autorità federali, di quelle locali e con esponenti di associazioni ed organizzazioni della società civile. La Signora Erturk ha altresì effettuato una visita presso un centro femminile di detenzione temporanea a Grozny.
Un rapporto completo sulla visita, che è ancora in fase di elaborazione, verrà presentato dalla Relatrice Speciale in occasione della 62ma sessione della Commissione per i Diritti umani delle Nazioni unite, in programma a Ginevra nel 2006. Nell'attesa di finalizzare il rapporto, la Signora Erturk ha tuttavia rilasciato un comunicato stampa il cui contenuto è stato parzialmente ripreso dall'Ansa nel suddetto comunicato.
La Signora Erturk dichiara nel testo di aver avuto, fra l'altro, in Cecenia incontri con donne, che denunciavano di essere state vittime di detenzioni arbitrarie e torture, e con parenti di persone scomparse, vittime presunte di esecuzioni sommarie, torture e maltrattamenti dei quali ritenevano responsabili le forze di sicurezza russe. Alla luce delle testimonianze raccolte la Relatrice Speciale formula nel comunicato stampa alcune raccomandazioni iniziali al Governo russo, fra le altre quella di assicurare che le leggi, le politiche e le strategie di contrasto ai fenomeni terroristici rispettino gli standards internazionali in materia di diritti umani, e quella di indagare ed accertare le responsabilità individuali e punire i colpevoli di abusi e violazioni, nonché di provvedere al risarcimento delle vittime.
Occorre inoltre segnalare che le condizioni di detenzione ed il fenomeno del possibile ricorso a pratiche di tortura e maltrattamenti nella regione del Nord del Caucaso sono oggetto di costante monitoraggio da parte del Comitato Europeo per la prevenzione della tortura (CPT) che, dal 2000 ad oggi, ha già effettuato sette visite ispettive in questa parte del territorio della Federazione Russa, l'ultima delle quali ha avuto luogo nel 2004 tra la fine di novembre e l'inizio di dicembre. Una ulteriore visita nella regione è stata annunciata dal CPT, per l'anno in corso in data da definirsi. Ai sensi dell'articolo 10 della Convenzione europea contro la tortura, i rapporti sulle visite ispettive condotte dal CPT hanno carattere confidenziale e non possono essere resi pubblici in assenza di una esplicita richiesta in tal senso da parte dello Stato interessato. L'ultimo rapporto del CPT relativo alla Federazione Russa per il quale è stata richiesta la pubblicazione risale al 2001. Fermo restando il carattere confidenziale di tali rapporti, il CPT ha tuttavia, a due riprese, nel luglio del 2001 e nel luglio del 2003, denunciato pubblicamente la mancata collaborazione delle Autorità russe nel dar seguito alle raccomandazioni del Comitato per migliorare le condizioni locali di detenzione, prevenire e reprimere il ricorso a pratiche di tortura e a maltrattamenti.
L'Italia e l'Unione europea seguono con estrema attenzione il problema del rispetto dei diritti umani in Cecenia e, in occasione dei lavori della 60ma sessione della Commissione per i Diritti umani delle Nazioni unite, avevano presentato un testo di Risoluzione nel quale si richiamava fra l'altro il Governo russo ad una più attenta e scrupolosa osservanza degli standards internazionali in materia di diritti umani nel contesto dell'azione di repressione del terrorismo. Tale Risoluzione è stata tuttavia sconfitta ai voti e quindi respinta dalla Commissione.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Roberto Antonione.

PISA. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
continuano intensi bombardamenti sulla città di Falluja sottoposta all'attacco


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delle forze della coalizione e della milizia del governo provvisorio iracheno;
a differenza di quanto previsto dalla Convenzione di Ginevra, nessuna informazione è resa disponibile dalle forze attaccanti circa il numero delle vittime civili, e l'intera zona è interdetta ai giornalisti e agli osservatori indipendenti;
stando a quanto denunciano l'Alto commissariato per i rifugiati delle Nazioni Unite (Acnur) e Croce Rossa Internazionale nello scenario di guerra si sta verificando una acutissima crisi umanitaria: mancano acqua corrente ed elettricità ormai da giorni, il cibo scarseggia, la popolazione non può uscire, i numerosi feriti (civili e combattenti) non vengono soccorsi e rimangono isolati senza medicine né cure mediche;
analoga preoccupazione è stata, peraltro, espressa dal Segretario generale delle Nazioni unite Kofi Annan a cui si è aggiunta quella del ministro degli esteri Russo Alexander Yakovenko per il rischio di una strage di civili nella città di Falluja;
inoltre, sempre il ministro degli esteri russo, temendo un peggioramento delle condizioni in Iraq che rischia di compromettere i preparativi per le prossime annunciate elezioni, ha rivolto un appello agli americani a risparmiare i civili e a usare la forza in modo proporzionato alla minaccia reale -:
se il governo italiano non intenda chiedere agli Stati Uniti e alla coalizione, di cui fa parte, l'immediata cessazione delle ostilità - un cessate il fuoco - per consentire alle organizzazioni umanitarie di dare soccorso alla popolazione di Falluja ormai allo stremo;
se non ravvisi, altresì, che il deteriorarsi della situazione possa ulteriormente vanificare la conferenza di pace, prevista alla fine di questo mese in Egitto, in cui i governi arabi, quelli delle forze occupanti e degli altri paesi del G8 si apprestano a prendere decisioni importanti sulla gestione della crisi irachena e sulla transizione democratica del paese dal momento che in queste condizioni, infatti, la conferenza di pace, nata già con forti divergenze circa il suo mandato e con l'esclusione di fondamentali componenti politiche non potrà certo che registrare lo status quo senza nessuna reale soluzione d'uscita diplomatica dal conflitto.
(4-11639)

Risposta. - L'operazione tesa a consentire il ripristino della sovranità del Governo iracheno sulla città di Falluja ed aree limitrofe, condotta dalle forze di sicurezza e dall'esercito iracheno congiuntamente con le forze armate americane, iniziata lo scorso mese di novembre, si è oramai conclusa e, d'altra parte, il vertice di Sharm el-Sheikh, svoltosi il 23 novembre, non ne è stato particolarmente influenzato.
La Conferenza di Sharm el-Sheikh, che deve essere considerata un punto di partenza e non un punto di arrivo, ha costituito un appuntamento significativo ed estremamente positivo a livello internazionale, ed ha consentito l'approvazione all'unanimità, in un consesso multilaterale che ha riunito i principali Paesi interessati alla stabilizzazione irachena, delle prossime tappe del processo politico in corso in Iraq, a cominciare dalle elezioni di gennaio 2005. È stato anche ribadito che resta assolutamente necessario il proseguimento di un processo di riconciliazione nazionale, che consenta a tutti i gruppi democratici etnici, religiosi e politici, di essere ugualmente coinvolti nella scelta della prossima Assemblea nazionale, che avrà il compito di predisporre una nuova Costituzione e di eleggere un Governo espressione della volontà popolare (e si segnala al riguardo che dallo scorso novembre sono stati fatti dei significativi passi in avanti per consentire un ordinato svolgimento dell'appuntamento elettorale; la campagna elettorale è ufficialmente cominciata il 20 dicembre: 7.200 candidati competeranno per conquistare i voti dei 14 milioni di elettori, per entrare a far parte dell'Assemblea costituente composta da 275 membri. I candidati sono ripartiti su 107 liste, tra cui 73 partiti politici, 9 liste di coalizione e 25 personalità indipendenti).


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Il vertice di Sharm el-Sheikh ha consentito inoltre di raggiungere anche importanti risultati a livello regionale, in particolare per quanto riguarda una rinnovata volontà dei Paesi confinanti di collaborare con le Autorità irachene per migliorare il controllo del confine terrestre iracheno, arginando così il fenomeno dell'ingresso nel Paese di terroristi e jihadisti dall'esterno.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Alfredo Luigi Mantica.

REALACCI. - Al Ministro degli affari esteri, al Ministro delle politiche comunitarie, al Ministro della salute, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio. - Per sapere - premesso che:
a causa della presenza di una fonderia situata in Slovenia, nel comune di Nova Gorica, a pochi metri dal confine italo-sloveno, si verificano periodicamente forti ondate d'aria maleodoranti che invadono le vie di Gorizia arrivando perfino all'interno del centro storico;
come riportato da numerosi quotidiani locali, ad esempio il Messaggero nella «Cronaca di Gorizia» del 1 giugno 2004, il 31 maggio 2004 «...sin dalle prime ore del giorno, raffiche violente di odori nauseabondi si sono propagate, dalla zona nord, fino alle strade più centrali e lungo il corso...come sempre l'imputata è la fonderia d'oltreconfine, l'oramai contestatissima Livarna...»;
la fonderia «Livarna Gorica d.o.o» impiega a vario titolo 48 persone e produce «anime» per fonderie usando come collante la formaldeide. Questo è sicuramente un procedimento molto economico ma altrettanto sicuramente altamente inquinante e dannoso alla salute. Bisogna evidenziare che si è appurato, dopo numerose indagini svolte sia in Italia che in Slovenia, e come riportato dagli organi di stampa, che la proprietà della fonderia «Livarna Gorica» non sembrerebbe risiedere in Slovenia ma in Germania;
il sito in cui è insediata la fonderia è soggetto ad una particolare situazione di venti spiranti da nord-est con il risultato che le esalazioni emesse dalla «Livarna», durante i processi di fusione, investono quotidianamente la zona nord di Gorizia che consta di circa ottomila abitanti, ed in certe giornate, a causa delle condizioni climatiche, tali esalazioni invadono la gran parte della città;
l'Agenzia Regionale per la Protezione dell'Ambiente del Friuli Venezia Giulia, ha redatto in data 15 marzo 2004 una relazione «Monitoraggio della qualità dell'aria in Comune di Gorizia, via Montesanto - zone Casermette, a ridosso del Confine di Stato» dalla quale emerge chiaramente la presenza di formaldeide nell'aria, sebbene a livelli inferiori rispetto alla campagna di rilevamento del 2002;
nella stessa zona un'associazione ambientalista ha lanciato l'allarme inquinamento, presentando una dettagliata relazione al sindaco e al presidente della provincia, anche in relazione alla fabbrica Iverka;
una commissione mista di tecnici si è costituita per indagare sulle fonti di inquinamento della zona;
per comprendere l'entità e il grave e perdurante inquinamento causato essenzialmente dalle esalazioni transfrontaliere bisogna considerare che l'Arpa regionale è sprovvista dell'apparecchiatura in grado di misurare anche i picchi di formaldeide emessi dalla fonderia, ma può monitorare solo la media delle emissioni, che la zona in cui erano posizionate le centraline dell'Arpa regionale è a traffico automobilistico quasi nullo, ciò nonostante l'inquinamento da metalli pesanti è pari a quello di una delle vie più trafficate di Gorizia;
molti residenti, sia adulti che bambini accusano periodicamente vari disturbi, soprattutto agli occhi e alle prime vie respiratorie. Si teme inoltre per gli effetti a lungo termine che potrebbero derivare dalla prolungata esposizione alla formaldeide;


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le forti esalazioni soprattutto d'estate condizionano negativamente la vita quotidiana obbligando i residenti a tenere i bambini in casa e le finestre sbarrate per periodi più o meno lunghi;
i cittadini hanno più volte interessato il ministero dell'ambiente e della tutela del territorio, la regione e gli enti locali, la prefettura, l'Unione Europea e il sindaco e gli assessori competenti, di Nova Gorica, il Ministro dell'ambiente Sloveno senza riuscire ad ottenere nulla se non delle generiche assicurazioni di interessamento al problema, a cui non è mai stato dato nessun seguito concreto;
anche i cittadini sloveni, in particolare quelli del paese di Salcano, hanno manifestato, dando vita ad un comitato omologo a quello italiano, contro l'inquinamento prodotto dalla «Livarna»;
nel 2000 la Commissione Ambiente dell'Unione Europea aveva formalmente risposto che non poteva intervenire sulla questione dell'inquinamento transfrontaliero fino a quando la Slovenia non sarebbe entrata a far parte dell'Unione Europea. Dal 1 maggio 2004 la Slovenia è entrata a pieno titolo fra i venticinque Paesi membri dell'Unione Europea -:
se intendano avviare immediatamente, viste anche le buone relazioni politiche ed economiche che intercorrono tra la Slovenia e l'Italia, una politica comune, concreta ed efficace in favore dell'ambiente, contro l'inquinamento atmosferico e per la tutela della salute dei cittadini anche attraverso un forte intervento politico-diplomatico nelle istituzioni comunitarie che possa condurre al più presto alla soluzione della questione della fonderia Livarna;
se intendano aumentare i fondi da destinare alla regione Friuli Venezia Giulia in modo da poter dotare l'Arpa regionale di tutti quei strumenti tecnico scientifici in grado di misurare anche i picchi di formaldeide emessi dalla fonderia.
(4-10463)

Risposta. - A seguito della firma del Trattato di adesione - alla data del 1o maggio 2004 - la Slovenia è entrata a far parte a pieno titolo nell'Unione Europea. In base al principio del pieno recepimento dell'acquis comunitario, anche la Slovenia - come tutti i nuovi Stati membri - si è impegnata a recepire nel proprio ordinamento l'intera mole delle discipline comunitarie settoriali, assicurandone la piena attuazione a partire dalla data di adesione.
A tale regola generale sono peraltro state concesse deroghe transitorie, per far fronte ad esigenze particolari, in virtù delle quali è ammesso un rinvio alla piena applicazione dell'
acquis in determinate materie ad una data successiva a quella di adesione. Tale è il caso spesso per la materia ambientale, allorché l'adeguamento agli standard europei implichi investimenti ingenti ed eccessivamente onerosi per i nuovi Stati membri.
Per quanto concerne la materia dell'inquinamento industriale, e più specificamente la prevenzione ed il controllo integrato dell'inquinamento (Direttiva 96/61/EC), il Trattato di adesione prevede - per la Slovenia - un dettagliato elenco di stabilimenti che dovranno essere resi conformi alle «migliori tecniche disponibili» entro il 2011, usufruendo per tal via di un periodo transitorio per poter procedere all'adeguamento agli standard europei.
Nell'elenco previsto non figura peraltro la fonderia «Livarna Gorica», per la quale pertanto non può ritenersi operante la deroga di cui sopra, e per la quale dovranno ritenersi pienamente vincolanti le disposizioni comunitarie in campo ambientale. In tale prospettiva dunque sarà possibile, per la Commissione e per gli Stati membri, vigilare sulla corretta osservanza dell'
acquis comunitario da parte della Slovenia.
Secondo le informazioni fornite dal capo ufficio ambiente del comune di Nova Gorica, Signora Vanda Mezgec, sembra essere emersa una generale consapevolezza del problema a livello locale e la disponibilità a trovare soluzioni soddisfacenti. La Società in questione avrebbe in programma degli investimenti al fine di adeguare il sistema di produzione a migliori standard ambientali nel prossimo futuro.


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Soluzioni in merito potrebbero essere ricercate, oltre che in ambito comunitario, anche in seno alla commissione bilaterale tra la regione Friuli-Venezia Giulia e la Slovenia, che si occupa anche di tematiche ambientali.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Roberto Antonione.

ROSATO. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
l'Italia ha siglato con diversi Paesi degli accordi bilaterali, il primo dei quali sottoscritto nel settembre 1996 con la Slovenia e gli altri a seguire, in materia di riammissione degli immigrati clandestini nei Paesi di provenienza, che obbliga gli Stati a riaccogliere sia i propri cittadini entrati in Italia privi delle condizioni legali richieste, sia i cittadini di Stati terzi che abbiano attraversato il proprio territorio;
in un articolo pubblicato il 29 settembre 2004, Il Gazzettino riferisce di arrivi sempre più frequenti di cittadini provenienti dalla Repubblica di Moldova, uno dei Paesi dell'Est Europa dove più gravi sono le condizioni di miseria e abbandono, che attraversano l'Austria per giungere fino al confine di Tarvisio;
i cittadini molclavi, secondo quanto riferito nell'articolo, avrebbero presentato richiesta di riconoscimento dello status di rifugiato ai sensi della Convenzione di Ginevra, e sarebbero in attesa di una risposta da parte degli organi competenti, condizione giuridica per cui, in base alla legge sull'immigrazione, sono considerati dallo Stato italiano clandestini, ricadendo dunque in capo all'Austria l'obbligo del loro riaccoglimento;
sembra invece, secondo le dichiarazioni del Gazzettino, che la Polizia austriaca non abbia consentito la riammissione nei propri confini dei cittadini moldavi entrati in Italia, adducendo come motivazione il fatto che avrebbero dovuto attendere in Austria la risposta da parte della competente Commissione per il riconoscimento dello Status di Rifugiato, e, non avendolo fatto, la responsabilità ricadrebbe ora sul Governo italiano;
in conseguenza del rifiuto austriaco, i clandestini hanno dovuto sostenere un nuovo estenuante viaggio accompagnati dagli agenti della Questura e della Polterra di Udine fino all'unico Centro di accoglienza temporaneo in grado di dare ospitalità, quello di Caltanissetta -:
se sia a conoscenza e dia conferma di quanto riportato, e, in caso affermativo, se intenda intervenire in via diplomatica presso il Governo austriaco, per il ripristino del rispetto dell'accordo bilaterale.
(4-11193)

Risposta. - In relazione alla vicenda esposta dall'Interrogante di migranti irregolari moldavi in transito dall'Austria e diretti in Italia, non si è a conoscenza dei fatti riferiti, per i quali potrebbe essere più competente il Ministero dell'interno.
Non è infatti chiaro se e dove i predetti migranti abbiano presentato domanda di asilo - in Italia o in Austria - essendo previsto un diverso trattamento a seconda che gli stessi abbiano o meno presentato una richiesta di asilo e in quale Stato l'abbiano presentata.
Infatti, la riammissione consiste nel ritorno nel Paese di origine o di provenienza degli stranieri irregolarmente presenti sul territorio nazionale e discende da un apposito Accordo bilaterale, mentre per i richiedenti asilo si applica una procedura specifica, contenuta nel Regolamento del Consiglio UE 343/2003 del 1o febbraio 2003 (cosiddetto Regolamento «Dublino»).
Tale procedura prevede specifici criteri per attribuire la competenza sull'esame della domanda tra gli Stati membri dell'Unione Europea. Una volta stabilita la competenza, i richiedenti asilo devono essere riammessi nel territorio dello Stato responsabile per l'esame nel merito della loro domanda.
Va rilevato, infine, che l'attuale ottimo stato della collaborazione italo-austriaca nella lotta all'immigrazione illegale ed il


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costruttivo dialogo tra le forze di Polizia dei due Paesi ha portato alla definizione dei seguenti Accordi bilaterali:
a) Accordo di riammissione per il rimpatrio degli immigrati entrati illegalmente nel nostro Paese (Vienna, 7 ottobre 1997) in vigore dal 1o aprile 1998;
b) Accordo di cooperazione in materia di Polizia (Vienna, 15 dicembre 1997) in vigore dal 1o marzo 2000;
c) Protocollo d'Intesa di collaborazione tecnica (Vienna, 1o ottobre 2002), che prevede la creazione di un Centro comune di cooperazione di Polizia a Thorl Maglern, nella zona di confine dei due Paesi con la Slovenia. Nel corso dell'incontro tra i Ministri dell'interno austriaco, sloveno ed il nostro sottosegretario all'interno, D'Alì, svoltosi nel settembre 2004 a Thorl Maglern, è stata firmata l'intesa per istituire il predetto Centro con sede nella citata località, operativo da novembre. Il Centro offrirà supporto alle Autorità di Polizia nazionali nel mantenimento dell'ordine pubblico e nella prevenzione dei casi di crimine organizzato e migrazioni illegali transfrontaliere per i tre Stati interessati.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Roberto Antonione.

ROTUNDO. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere:
se il Ministro sia a conoscenza che nella stazione ferroviaria di Lecce, così come ha denunciato in questi giorni l'Unione Nazionale Mutilati per Servizio, non sono osservate le norme relative al rispetto e alla eliminazione delle barriere architettoniche (montascalo fuori uso da tempo, assenza di ascensore che consenta di raggiungere i treni in partenza o in arrivo dal secondo al quinto binario, eccetera);
se il Ministro non ritenga di dover intervenire presso la società «Centostazioni» delle ferrovie dello Stato affinché proceda senza indugio ad effettuare i necessari interventi ai sensi delle leggi vigenti sull'abbattimento delle barriere architettoniche.
(4-11290)

Risposta. - In merito all'interrogazione in esame, Ferrovie dello Stato s.p.a. ha riferito che la società Centostazioni ha il compito di riqualificare, valorizzare e gestire 103 stazioni italiane tra cui quella di Lecce.
I progetti di
restyling in fase di elaborazione prevedono, in via prioritaria, l'abbattimento delle barriere architettoniche nel rispetto della normativa vigente in materia.
Per quanto concerne la stazione di Lecce, in vista della riqualificaczione più ampia riguardante l'intero edificio ferroviario la società ha comunicato di stare provvedendo alla sostituzione dei montascale non funzionanti.
Lo scorso 13 ottobre 2003, Rete Ferroviaria Italiana s.p.a. proprietaria dell'intero immobile, ha difatti affidato a Centostazioni, gestore del fabbricato viaggiatori, l'incarico di soggetto tecnico per l'esecuzione dei seguenti interventi per il cui completamento sono previsti tre mesi di tempo:
rimozione dei montascale esistenti;
fornitura e montaggio di tre nuovi impianti;
prova di funzionamento, collaudo e certificazione di rispondenza alla normativa vigente.

Nella realizzazione dell'intera operazione verranno pertanto prese in considerazione le esigenze della clientela e le indicazioni pervenute dalle associazioni di disabili.
Nelle more del completamento di detti interventi, Trenitalia s.p.a. garantisce comunque il servizio di assistenza alle persone disabili per l'intera giornata e su tutti i binari che effettuano servizio viaggiatori mediante l'utilizzo in scrupolosa osservanza delle norme di sicurezza dei passaggi a raso che attraversano i binari.
Il Sottosegretario di Stato per le infrastrutture e per i trasporti: Nino Sospiri.


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ANTONIO RUSSO e GIOACCHINO ALFANO. - Al Presidente del Consiglio dei Ministri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
con l'articolo 32, decreto-legge n. 269 del 30 settembre 2003, convertito con modifiche in legge n. 326 del 24 dicembre 2003, recante «Disposizioni urgenti per favorire lo sviluppo e la correzione dell'andamento dei conti pubblici», e dedicato specificatamente, alle «misure per la riqualificazione urbanistica, ambientale e paesaggistica, per l'incentivazione dell'attività di repressione dell'abusivismo edilizio, nonché per la definizione degli illeciti edilizi e delle occupazioni di aree demaniali», è stata tracciata la disciplina del condono edilizio;
il comma 25 dell'articolo 32 citato ha esteso «le disposizioni di cui ai Capi IV e V della legge 28 febbraio 1985, n. 47 ..., come ulteriormente modificato dall'articolo 39 della legge 23 dicembre 1994, n. 724 ..., nonché della presente normativa alle opere abusive che risultino ultimate entro il 31 marzo 2003», fissando anche i limiti dimensionali dei manufatti «condonabili»: 1) 750 mc per ciascuna unità abitativa (a condizione che lo stabile non superi, nel suo complesso, i 3.000 mc), per gli edifici residenziali di nuova costruzione; 2) un incremento dimensionale non superiore al 30 per cento della volumetria esistente o, in alternativa, non superiore a 750 mc, per gli interventi abusivamente realizzati sul patrimonio edilizio già esistente;
la Corte costituzionale, con la sentenza n. 196 dell'11 maggio 2004, depositata il 28 giugno 2004 e pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale il 7 luglio 2004 ha dichiarato la illegittimità costituzionale, tra l'altro:
1) del comma 25 dell'articolo 32 cit., nella parte in cui non prevede che le Regioni possano determinare limiti volumetrici inferiori a quelli previsti dalla legge;
2) del comma 26 dell'articolo 32 cit., nella parte in cui non prevede che le regioni possano determinare la possibilità, le condizioni e le modalità per l'ammissibilità a sanatoria di tutte le tipologie di abuso edilizio;
3) del comma 37 dell'articolo 32 cit., nella parte in cui non prevede che le Regioni possano disciplinare diversamente gli effetti del prolungato silenzio del comune;
4) del comma 38 dell'articolo 32 cit., nella parte in cui prevede che sia l'allegato 1 del decreto-legge n. 269 del 2003 anziché le Regioni a determinare la misura dell'anticipazione degli oneri concessori, nonché le relative modalità di versamento e dell'Allegato 1 del decreto-legge n. 269 del 2003, nella parte in cui determina la misura dell'anticipazione degli oneri concessori e le relative modalità di versamento;
5) dell'articolo 32 cit., nella parte in cui non prevede che la legge regionale debba essere emanata entro un termine congruo da stabilirsi ad opera del legislatore statale;
l'articolo 5 del decreto-legge n. 168 del 12 luglio 2004, convertito nella legge n. 191 del 30 luglio 2004, in esecuzione della sentenza della Corte costituzionale n. 196 del 28 giugno 2004 assegnava alle regioni il termine perentorio di quattro mesi dalla data di entrata in vigore del decreto-legge (12 luglio 2004) per l'emanazione delle leggi regionali disciplinanti le ipotesi di cui sopra;
lo stesso articolo ha fissato il termine per la presentazione delle domande relative alla definizione di illeciti edilizi «tra l'11 novembre 2004 e il 10 dicembre 2004»;
il comma 2-bis dell'articolo 5 cit., al fine di salvaguardare il principio dell'affidamento, ha stabilito che le domande relative alla definizione di illeciti edilizi presentate fino alla data della pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale (7 luglio 2004) della citata sentenza della Corte


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costituzionale n. 196 del 2004 restano salve a tutti gli effetti, salva diversa disposizione legislativa regionale;
la regione Campania con la legge regione n. 10 del 18 novembre 2004, all'articolo 3, comma 1, ha previsto che: «Non possono formare oggetto di sanatoria le opere abusive che hanno comportato la realizzazione di nuove costruzioni difformi dalle norme urbanistiche e dalle prescrizioni degli strumenti urbanistici vigenti alla data di esecuzione delle stesse», precisando, con il successivo articolo 4, che possono accedere al condono edilizio solo gli interventi che: «hanno comportato un ampliamento del manufatto inferiore a quindici per cento della volumetria della costruzione originaria, sempre che l'ampliamento non superi complessivamente i 250 metri cubi; hanno comportato la realizzazione di nuove costruzioni conformi alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici vigenti alla data di esecuzione delle stesse e aventi una volumetria inferiore a 250 metri cubi per singola richiesta di titolo edilizio in sanatoria, sempre che la nuova costruzione non superi complessivamente i 600 metri cubi; sono state eseguite su aree o immobili soggetti a vincoli di tutela, sono conformi alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici vigenti alla data di esecuzione delle stesse e hanno comportato la realizzazione di una volumetria inferiore a 75 metri cubi; hanno comportato un ampliamento del manufatto, già oggetto di condono ai sensi delle disposizioni di cui alla legge n. 47 del 1985, capi IV e V o ai sensi della legge n. 724 del 1994, articolo 39, inferiore al cinque per cento della volumetria della costruzione originaria, sempre che l'ampliamento non superi complessivamente i cento metri cubi»;
l'articolo 8 della legge regionale cit. ha stabilito, inoltre, che le disposizioni si applicano anche alle domande di sanatoria non ancora definite e presentate tra la data di entrata in vigore del decreto-legge n. 269 del 2003 e la data di entrata in vigore della legge regionale;
la legge regionale n. 10 del 18 novembre 2004 si limita, in sostanza, a prevedere un accertamento di conformità per le opere edilizie abusive vanificando di fatto quanto previsto dal legislatore statale e confermato in linea di principio dalla Corte costituzionale con la sentenza sopra citata;
la riferita legge è entrata in vigore il 18 novembre 2004, data di pubblicazione nel B.U.R.C. n. 56 del 18 novembre 2004 e, quindi, oltre il termine congruo di quattro mesi (120 giorni) previsto dal decreto-legge n. 168 del 2004 in esecuzione della sentenza della Corte costituzionale n. 196 del 2004;
sedici regioni su venti hanno legiferato entro il termine di cui sopra;
secondo l'interrogante, la regione Campania, con la citata legge, si è sottratta al principio di leale collaborazione che deve permeare il rapporto tra pubblica amministrazione e privato, «lavandosi le mani» di fronte all'emergenza abusivismo che da anni è presente sul territorio campano;
non senza trascurare che, in virtù dell'intervento del legislatore statale (decreto-legge n. 269 del 2003), il cittadino ha legittimamente fatto affidamento sulla possibilità di ottenere la sanatoria prevista -:
se il Governo non ritenga di dover urgentemente intervenire al fine di porre rimedio alla situazione venutasi a creare, nella regione Campania, a seguito dei successivi interventi legislativi, statali e regionali, in materia di condono edilizio con conseguente incertezza per il cittadino e per gli operatori del diritto attivando in base all'articolo 127 della Costituzione, il procedimento per il sindacato di costituzionalità della legge regionale della Campania n. 10 del 18 novembre 2004.
(4-11829)

Risposta. - Con riferimento all'atto parlamentare in esame, concernente l'abusivismo edilizio nella Regione Campania, si


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comunica che il Governo ha deliberato di impugnare davanti alla Corte costituzionale - ai sensi dell'articolo 127 della Costituzione - la legge n. 10 del 18/11/2004 nella seduta del Consiglio dei ministri n. 186 dello scorso 23/12/2004.
La legge è risultata censurabile per i seguenti motivi:
in ordine alla tardività della sua adozione rispetto al termine fissato dalla legge n. 168/2004;
le norme contenute negli articoli 3 e 4, laddove escludono la sanatoria di tipologie di opere ed interventi previsti dalla normativa statale di riferimento, o ne restringono eccessivamente l'ambito, devono ritenersi eccedere dalle competenze regionali;
la norma contenuta nell'articolo 8 che applica disposizioni della legge regionale in esame alle domande di sanatoria non ancora definite e presentate tra la data di entrata in vigore del decreto-legge n. 269/03 e l'entrata in vigore della presente legge, contrasta con il principio della certezza del diritto e dell'affidamento dei cittadini, in palese violazione del principio del buon andamento e di imparzialità dell'amministrazione, di cui agli articoli 3 e 97 Costituzione.

Pertanto si rimane in attesa della pronuncia in merito da parte della Corte costituzionale.
Il Ministro per gli affari regionali: Enrico La Loggia.

SAIA, LANDI di CHIAVENNA, ALBERTO GIORGETTI, ASCIERTO, BELLOTTI, GIORGIO CONTE, RAMPONI e SELVA. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
la legge Bossi-Fini prevedeva la realizzazione, per ogni regione italiana, di almeno un centro di permanenza temporanea (CPT) per immigrati clandestini;
il raggiungimento dei risultati che la stessa norma di legge, largamente condivisa dalla maggioranza, ed inserita tra gli impegni prioritari assunti nei confronti dei cittadini, resta di fatto legata alla realizzazione dei CPT previsti;
i pochi CPT funzionanti, anche in seguito alle ultime ondate stagionali di sbarchi, sono affollati ed al limite delle loro capacità, quando non le superano abbondantemente. Questo rende decisamente più difficile l'operato delle forze dell'Ordine e degli enti che gestiscono i centri, ed assai dure le condizioni nelle quali gli ospiti si trovano a soggiornarvi, oltre ad avere ricadute preoccupanti sul tessuto sociale delle zone che ospitano i centri;
in particolare la necessità per le Forze dell'Ordine di accompagnare i clandestini presso i CPT dislocati in altre regioni, oltre ad avere un elevato costo economico, impegna il triplo degli uomini che sarebbero necessari qualora il CPT fosse ubicato nel territorio regionale, ovviamente distogliendo tali ingenti forze dai loro compiti di controllo del territorio, arrecando un ulteriore grave danno all'ordine pubblico ed alla sicurezza;
nella regione Veneto era prevista la realizzazione di un CPT, e si era provveduto all'individuazione dell'area nella quale realizzare lo stesso, in particolare erano già stati effettuati i sopralluoghi da parte di personale del Ministero della Difesa in alcune aree militari dimesse, ed in almeno un paio di aree private;
tuttavia, nonostante i flussi sostenuti di immigrazione clandestina cui la regione è sottoposta, nulla oltre a ciò e stato fatto. Il Veneto è ancora privo di CPT;
il Presidente della Regione Veneto Giancarlo Galan, dello stesso partito del Ministro dell'Interno che ben altre posizioni aveva assunto, ha recentemente dichiarato alla stampa (Corriere della sera ed. Veneto, 20 luglio 2004, pag. 6) di essere contrario alla realizzazione di un CPT nel Veneto, venendo di fatto meno ad un impegno assunto dalla sua maggioranza nei confronti dei cittadini;


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le stesse dichiarazioni non solo non fanno ben sperare per la futura realizzazione del CPT in Veneto, ma fanno apparire lo stesso come una struttura potenzialmente pericolosa per il territorio che lo ospita, e proprio queste affermazioni sconsiderate hanno alimentato in passato il malcelato concetto che tali CPT siano luoghi pericolosi sia sotto il profilo dell'ordine pubblico, che sociale e sanitario -:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza delle dichiarazioni rilasciate dal Presidente della Regione Veneto Galan;
se il Ministro interrogato intenda intervenire al fine si assicurare la realizzazione del CPT in Veneto, come previsto dalla Legge Bossi-Fini.
(4-10681)

Risposta. - Giova segnalare che da tempo è stata avviata sul territorio nazionale una indagine esplorativa, d'intesa con le Autorità locali competenti, volta ad individuare aree ed immobili che rispondano agli occorrenti requisiti di funzionalità, qualità e sicurezza idonei alla realizzazione di nuovi Centri di permanenza temporanea e assistenza ove ospitare gli immigrati irregolari.
L'obiettivo perseguito da detta attività di ricerca e pianificazione mira infatti alla istituzione di un Centro almeno in ogni regione italiana.
Si consentirebbe in tal modo un più efficace contrasto alla immigrazione clandestina nonché un migliore controllo del territorio.
Si soggiunge tuttavia che le prese di posizioni non favorevoli, non di rado manifestate dalle Amministrazioni locali interessate, hanno talvolta ritardato l'
iter realizzativo.
Malgrado le segnalate difficoltà, sono state in ogni caso ultimate e rese pienamente operative nel 2004 le strutture di trattenimento di Crotone - S. Anna e di Ragusa, mentre nei primi mesi del 2005, saranno operative quelle realizzate a Bari e Foggia.
Inoltre, è in via di approvazione il progetto definitivo del nuovo Centro di trattenimento in Trapani-Milo.
Sono, altresì, in avanzato stato di esecuzione i lavori per l'istituzione di un Centro polifunzionale in località Gradisca d'Isonzo (Gorizia), mentre nella regione Veneto sono state individuate aree idonee per la realizzazione di dette strutture.
Per quanto attiene infine alle dichiarazioni rilasciate dal Presidente della regione Veneto si precisa che si è avuto modo di apprendere il contenuto di dette valutazioni solo a mezzo stampa e non direttamente.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Antonio D'Alì.

SGOBIO. - Al Ministro dell'interno, al Ministro delle comunicazioni, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
nei mesi di luglio ed agosto 2004 gli uffici postali dislocati nei comuni di Falerna, Pianopoli, Platania, Serrastretta, Sellia, Feroleto Antico, Lamezia Terme, della Provincia di Catanzaro, sono stati presi di mira per rapine o per tentate rapine ai danni degli uffici postali e degli stessi utenti, anche anziani;
i fatti sono stati ampiamente documentati e denunciati anche sugli organi di stampa;
non risultano siano stati attivati dalla Prefettura, dalle forze dell'ordine o dall'azienda Poste Italiane particolari misure di prevenzione atte a far desistere chiunque a mettere a segno azioni delittuose e a garantire una maggiore sicurezza sia ai lavoratori delle poste che agli utenti;
in ogni caso risulta molto difficile impedire, se non saranno prese in considerazione nuove misure organizzative, che presso gli uffici postali, sistematicamente, si creino condizioni di sovraffollamento e quindi di un afflusso generalizzato agli sportelli di gente, in mezzo alla quale chiunque malintenzionato possa portare avanti i suoi scopi;
la ragione del sovraffollamento sistematico agli uffici postali potrebbe risiedere, secondo le informazioni delle organizzazioni


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sindacali, alla mancanza di personale addetto specialmente agli sportelli, carente in tutta la Calabria, e nella provincia di Catanzaro, in particolare, di 90 unità, mancanza che costringe l'utenza, specie quella anziana, a lunghe e snervanti attese, dopo le quali chiunque, spossato per il protrarsi delle operazioni, risulta più debole davanti a gente senza scrupoli;
la mancata copertura dei posti disponibili in pianta organica, nella provincia di Catanzaro, non corrisponde ad alcuna misura di restrizione per esubero, posto che sono stati proprio gli sportellisti calabresi a far balzare al terzo posto della graduatoria della produttività nazionale la regione Calabria, con uno scarto del 20 per cento in più;
a parere dell'interrogante, la situazione negli uffici postali della provincia di Catanzaro, ed in particolare nelle sedi di Lamezia Terme, Falerna, Gizzeria, Nocera Terinese, Squillace, Guardavalle e Botricello, potrebbe volgere alla normalità se, almeno, nell'immediato fossero integrati i posti in pianta organica;
a parere dell'interrogante, anche per la questione sicurezza le autorità potrebbero convenire servizi di sorveglianza particolare nei giorni di maggiore sovraffollamento -:
se non ritengano opportuno intervenire, ciascuno per gli ambiti di propria competenza, al fine di verificare lo stato reale della situazione degli uffici postali della Calabria, degli sportellisti in particolare e della situazione nella provincia di Catanzaro, e se non ritengano quanto accaduto lesivo della sicurezza dei cittadini e dei lavoratori agli sportelli, soggetti comunque tutelati dalle leggi sulla sicurezza.
(4-10732)

Risposta. - Nel premettere che si risponde su incarico della Presidenza del Consiglio dei Ministri, si ritiene opportuno far presente che, a seguito della trasformazione dell'ente Poste Italiane in società per azioni, il Governo non ha il potere d'intervenire nella gestione aziendale che, com'è noto, rientra nella competenza specifica degli organi statutari della società.
Il Ministero delle comunicazioni - quale Autorità nazionale di regolamentazione del settore postale - ha tra i propri compiti quello di verificare il corretto espletamento del servizio universale erogato da Poste Italiane.
Tale attività è volta ad accertare che la qualità del servizio svolto su tutto il territorio nazionale risponda ai parametri fissati dalla normativa comunitaria e nazionale, recepiti nel contratto di programma, e a adottare idonei strumenti sanzionatori nel caso in cui si dovesse verificare il mancato rispetto degli standard qualitativi fissati.
Tuttavia, allo scopo di poter disporre di elementi di valutazione in merito a quanto rappresentato dall'interrogante, si è provveduto ad interessare la società Poste Italiane la quale, in relazione alle rapine perpetrate o tentate ai danni di alcuni uffici postali della provincia di Catanzaro, in via preliminare, ha comunicato che tutti gli uffici postali appartenenti alla filiale di Catanzaro presentano un livello di sicurezza gli standard previsti in materia.
Secondo quanto riferito, gli uffici postali considerati maggiormente esposti ad atti criminosi sono stati, inoltre, dotati di
roller cash (cassetti antirapina), installati presso tutti gli sportelli, nonché di dispositivi specifici che consentono l'apertura ritardata delle casseforti (time-delay).
La società Poste Italiane nel rappresentare che gli uffici postali citati nell'atto di sindacato ispettivo in esame, sono dotati di impianti di telesorveglianza, sistemi di apertura a tempo delle casseforti
(time-locks) e banconi ad alto livello di sicurezza, ha precisato che, nel periodo indicato nell'interrogazione parlamentare in esame, solo gli uffici postali di Falerna e Serrastretta sono stati oggetto di rapina.
L'unico ufficio postale sprovvisto delle suddette misure di sicurezza è l'ufficio postale di Nocera Terinese che, tuttavia, risulta ubicato di fronte alla locale stazione dei Carabinieri e che, ad oggi, non è stato oggetto di rapine.
A completamento d'informazione la concessionaria ha precisato che l'ufficio postale


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di Lamezia Terme - realizzato secondo i più avanzati criteri di lay out aziendale - risulta dotato anche di caveau blindato, impianto di allarme e collegamento al sistema aziendale di telesorveglianza.
Quanto poi alla carenza di personale che si registrerebbe nella filiale di Catanzaro, l'azienda ha fatto presente che il servizio di sportelleria è svolto da 420 unità che sono ritenute sufficienti ad assicurare una risposta adeguata alle esigenze della clientela.
Per gli aspetti di stretta competenza di questo Ministero quale Autorità nazionale di regolamentazione del settore postale, relativi al controllo del livello del servizio erogato dalla società Poste Italiane, si fa presente che la verifica del mantenimento degli obiettivi fissati, effettuata ai sensi dell'articolo 12 del decreto legislativo n. 261 del 1999, non ha evidenziato, allo stato attuale, scostamenti negativi rispetto agli standard indicati nel contratto di programma 2003/2005.
Il Ministro delle comunicazioni: Maurizio Gasparri.

SQUEGLIA. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
migliaia di ragazzi cinesi ogni anno si iscrivono alle università europee e che questo fatto rappresenta, per i Paesi che li accolgono, un saggio investimento;
moltissime sono le università statali o private che corteggiano questi giovani, al punto che, nei siti web di alcune, vi sono annunci in lingua cinese;
la Gran Bretagna ospita sessantamila studenti cinesi, la piccola Irlanda trentamila, la Francia quarantamila, altrettanti la Germania mentre, l'Italia, ne ospita cinque o seimila e cioè, appena l'un per cento di quanti frequentano le università britanniche che pure applicano agli studenti tasse tra le più alte d'Europa;
l'iscrizione nelle Università italiane è resa problematica da una serie di ostacoli ed impedimenti;
per volontà del ministero dell'interno, si richiede che lo studente conosca l'italiano e a un buon livello ancor prima di arrivare in Italia: ma in Cina facoltà o centri in cui si studia la nostra lingua sono pochissimi e tutti a Pechino;
le procedure di iscrizione, i permessi di soggiorno, e altre complicate incombenze burocratiche scoraggiano anche chi è mosso da forti motivazioni;
esiste insomma, uno scarso dinamismo delle nostre università nel cercare di attrarre stranieri e tanto è facilmente riscontrabile sul fatto che nei loro siti web non ci sono spazi particolari per l'estero;
la ministra Moratti nel suo discorso programmatico, anno 2001, disse: «le nostre università devono saper attrarre i migliori studenti stranieri»;
tale obiettivo è clamorosamente fallito dal Governo stando a stime Osce;
la Germania applica un metodo molto più elastico; infatti accetta anche cinesi che non sanno il tedesco, ma predispone nel primo anno un corso apposito di lingua;
non bisogna considerare lo straniero come l'invasore, il perdigiorno, ma, come un'opportunità e un vantaggio per il nostro Paese, se non nell'immediato, almeno nel futuro -:
se non ritenga necessario adottare iniziative, anche normative, che rendano più agevole l'accesso nei nostri atenei agli studenti cinesi.
(4-11077)

Risposta. - Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo parlamentare, in esame con cui l'interrogante chiede l'adozione di iniziative volte a rendere più agevole l'accesso alle Università italiane per gli studenti cinesi, si fa presente che la problematica evidenziata è stata affrontata in alcuni recenti incontri con i referenti del Ministero degli affari esteri.
Anche in considerazione dei rapporti diplomatici con la Cina, che vanno attualmente consolidandosi, si sta lavorando, infatti,


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per adottare opportune iniziative mirate a superare le difficoltà esposte dall'interrogante.
Nel merito sono emerse alcune ipotesi sulle possibili strategie da intraprendere per incrementare l'accesso degli studenti cinesi agli Atenei nazionali ed, in particolare, è stato programmato, come iniziativa da attuare prioritariamente, un sostanziale aggiornamento del sito web del Ministero, che conterrà specifici spazi in lingua inglese rivolti agli studenti stranieri.
Peraltro, sempre in lingua inglese è stata recentemente pubblicata, nel sito predetto, una guida all'Università, che potrà costituire un utile riferimento di base circa il nostro sistema universitario e la relativa offerta formativa.
Il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca: Letizia Moratti.

TUCCI e MEREU. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 8, comma 3 della legge della regione Sardegna n. 8 del 25 novembre 2004, recante «Norme urgenti di provvisoria salvaguardia per la pianificazione paesaggistica e la tutela del territorio regionale» dispone che: «Fino all'approvazione del Piano Paesaggistico Regionale, nell'intero territorio regionale, è fatto divieto di realizzare impianti di produzione di energia da fonte eolica, salvo quelli precedentemente autorizzati, per i quali, alla data di entrata in vigore della presente legge i relativi lavori abbiano avuto inizio e realizzato una modificazione irreversibile dello stato dei luoghi. Per gli impianti precedentemente autorizzati in difetto di valutazione di impatto ambientale, la realizzazione o la prosecuzione dei lavori, ancorché avviati alla data di entrata in vigore della presente legge e che, comunque, non abbiano realizzato una modificazione irreversibile dello stato dei luoghi, è subordinata alla procedura di valutazione di impatto ambientale di cui all'articolo 31 della legge regionale n. 1 del 1999 e successive modifiche ed integrazioni»;
tale decisione, ad opinione dell'interrogante, comporterà inevitabili danni in termini ambientali non solo all'isola sarda ma anche a tutto la nazione, contravvenendo alle direttive comunitarie e ai protocolli internazionali che impongono la promozione e lo sviluppo delle fonti rinnovabili e la riduzione delle emissioni di anidride carbonica;
sarà altrettanto lesiva degli interessi legittimi di quanti lavorano in questo settore e risultano ingiustamente penalizzati;
nel settore eolico sono attualmente occupati oltre due mila addetti e le programmate installazioni per adempiere alle capacità produttive del settore eolico (delibera CIPE 12/2002), potrebbero creare ulteriori mille nuovi posti di lavoro. L'applicazione della legge avrà, pertanto, pesanti ricadute occupazionali ed economiche sul territorio sardo -:
se, rispetto alla legge ricordata in premessa, non siano ravvisabili possibili elementi di incostituzionalità relativi alla contravvenzione di direttive comunitarie e protocolli internazionali e quali iniziative intenda eventualmente adottare a riguardo.
(4-12171)

Risposta. - Con riferimento all'interrogazione cui si risponde, concernente il divieto di realizzazione di impianti di energia eolica nell'ambito dell'approvazione del piano paesistico regionale nell'intero territorio della Sardegna, previsto dall'articolo 8 comma 3 della legge regionale del 25 novembre 2004, si riferisce quanto segue.
La legge regionale, così come auspicato dagli onorevoli interroganti, è stata impugnata dal Governo nella seduta del Consiglio dei Ministri del 14 gennaio 2005.
Si allega il fonogramma del Dipartimento per gli affari regionali della Presidenza del Consiglio dei ministri, dove sono evidenziati sinteticamente gli aspetti di illegittimità.
I motivi di illegittimità sono, infatti, di duplice natura: ambientale e di tutela dei beni culturali e paesaggistici, anche se i due aspetti necessariamente si sovrappongono.


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Sotto il profilo strettamente ambientale, va ricordato che la produzione di energia elettrica da fonte eolica nella più vasta categoria della produzione di energia da fonti rinnovabili e tutte le normative comunitarie e nazionali attualmente vigenti comportano una serie di facilitazioni per le fonti energetiche rinnovabili tese allo sviluppo delle medesime ed all'eliminazione di ostacoli di carattere amministrativo o tecnico al fine di permettere l'incremento della produzione di energia da fonti pulite.
Questo perché, come ribadito nella normativa comunitaria, dalla direttiva 2001/77 8 recepita nell'ordinamento interno dal decreto legislativo 29 dicembre 2003 n. 387 «il maggior consumo di elettricità prodotta da fonti energetiche rinnovabili è una delle parti importanti del pacchetto di misure necessarie per conformarsi al Protocollo di Kyoto della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici e dei pacchetti di politiche intese ad onorare ulteriori impegni».
L'Italia ha sottoscritto il Protocollo di Kyoto e il recente decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387 che ha recepito la direttiva comunitaria 2001/77/CE, prevede l'adozione di normative specifiche che tendono ad eliminare, gli ostacoli al raggiungimento degli obiettivi di produzione di energia da tali fonti.
Viene previsto un sistema riguardante l'individuazione degli obiettivi di produzione e le ripartizioni in base alle potenzialità del territorio, necessari in quanto le Fonti Rinnovabili non sono disponibili e presenti in maniera equidistribuita sul territorio ma per loro natura sono presenti in alcune regioni in maniera maggiore rispetto ad altre.
La stessa regione Sardegna, su sua richiesta, è stata ammessa al programma europeo per il decollo delle energie rinnovabili sui presupposti di elevatissimo potenziale in data 31 marzo 2003 specificamente per l'eolico (2000MW al 2010) e si propone come una fra le più importanti realtà territoriali italiane nel settore delle Fonti Energetiche Rinnovabili, e probabilmente anche di tutta l'Unione Europea.
Ne consegue, quindi, un comportamento distonico della stessa regione che da un lato aderisce ad un programma europeo dello sviluppo della produzione di energia da fonti rinnovabili, e dall'altro, con il blocco sancito dall'articolo 8 comma 3 della legge in questione, va in direzione completamente opposta, disattendendo gli impegni assunti in sede comunitaria.
Si rammenta che nello stesso decreto n. 387 del 2003 si rinnova la dichiarazione della legge n. 10 del 1991 per la quale l'utilizzazione delle fonti di energia (rinnovabile) è considerata di pubblico interesse e di pubblica utilità e le opere relative sono equiparate alle opere dichiarate indifferibili e urgenti ai fini dell'applicazione delle leggi sulle opere pubbliche in quanto viene espressamente previsto che: «Le opere per la realizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili, nonché le opere connesse e le infrastrutture indispensabili alla costruzione e all'esercizio degli stessi impianti, autorizzate ai sensi del comma 3, sono di pubblica utilità ed indifferibili ed urgenti (articolo 12 comma 1 decreto legislativo n. 387 del 2003).
La legge regionale di cui trattasi, invece, disattende tutte le indicazioni di semplificazione, agevolazione e incremento della produzione di energia elettrica da fonte rinnovabile; inoltre danneggia gravemente il settore nel suo complesso perché mette in discussione non la programmazione di opere future ma la realizzazione di impianti legittimamente autorizzati secondo la normativa vigente nella regione stessa.
Questo fatto è di particolare gravità in quanto si ripercuoterà a catena su tutto il sistema creditizio che si allontanerà certamente da questo campo, poiché vedrebbero venire a mancare le garanzie della certezza del diritto relativamente ad opere addirittura già finanziate ed in corso di costruzione, esattamente l'opposto di quanto auspicato dalla Direttiva Comunitaria.
Va poi ricordato che con la ratifica del Protocollo di Kyoto da parte della Russia gli obiettivi di riduzione diventano obbligatori per i paesi firmatari come l'Italia e comporterà un grave esborso economico se


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non si dovesse riuscire nel tentativo di raggiungere le percentuali di riduzioni preventivate.
Peraltro, il perseguimento degli obiettivi relativi al Protocollo di Kyoto e dello sviluppo delle fonti energetiche rinnovabili è un fatto di natura ambientale finalizzato a prevenire l'inquinamento atmosferico, mentre la legge regionale non ha tenuto conto di tale principio.
Poiché in caso di mancato rispetto di norme e trattati internazionali e di normativa comunitaria il Governo può sostituirsi ad organi delle regioni, secondo il disposto dell'articolo 120 comma 2, il ministero dell'ambiente e tutela del territorio si riserva in caso di mancato perseguimento degli obiettivi del Protocollo di Kyoto di accertare le eventuali responsabilità della regione Sardegna sotto il profilo del mancato apporto della medesima al perseguimento degli obiettivi nazionali ai sensi e per gli effetti della normativa di cui al Decreto n. 387 del 2003 di attuazione della Direttiva 2001/77/CE. Questo sia sotto il profilo delle eventuali irrogazioni di sanzioni economiche da parte della Comunità Europea per il mancato perseguimento degli obiettivi del Protocollo di Kyoto sia sotto il profilo dell'illegittima riscossione della Regione Sardegna di aiuti anche economici da parte della Comunità stessa per impegni di sviluppo delle fonti rinnovabili non attuati a causa di norme come quella in esame.
Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio: Altero Matteoli.

VASCON e CÈ. - Al Ministro delle politiche agricole e forestali. - Per sapere - premesso che:
l'Enci (Ente Nazionale della cinofilia italiana) è un'ente soggetto a vigilanza del ministero delle politiche agricole e forestali;
detto Ente è un'associazione di allevatori a carattere tecnico-economico avente lo scopo di tutelare le razze canine riconosciute, migliorandone e incrementandone l'allevamento;
cura la tenuta dei libri genealogici e i registri anagrafici dal 1875;
provvede alla formazione e alla qualificazione di giudici ed esperti da impiegare nelle valutazioni delle caratteristiche morfologiche e funzionali di soggetti appartenenti alle razze canine;
regola, approva, riconosce e organizza esposizioni, prove e manifestazioni cinotecniche ed inoltre promuove studi e ricerche nell'ambito della cinotecnia;
pubblica la rivista ufficiale di cinofilia «I nostri Cani» -:
se corrisponda al vero e se sia a conoscenza della nomina a direttore generale dell'Enci del signor Fabrizio Crivellari e se lo stesso abbia i titoli e l'esperienza necessaria per questo settore, dato le funzioni altamente tecniche svolte dall'Enci;
se il Direttore della rivista «I Nostri Cani», signor Marcello De Angelis abbia esperienza in materia cinofila o più ampiamente in zoologia e zoofilia e se abbia, prima della nomina a direttore, scritto articoli su tali materie;
se e quali esperienze abbia del settore il professore Carlo Fidanza, assunto come Presidente dell'Ocim, organismo che si interessa per la promozione del cane puro;
se corrisponda al vero e se sia a conoscenza dell'esistenza di un progetto di appalto, dei Servizi per iscrizione cani puri, ad una società esterna di Roma;
se corrisponda al vero che il costo di tale progetto sia di 1 milione di euro nei primi tre anni, e di 300.000 euro annui per i successivi tre anni;
quali siano i motivi che porterebbero a esternalizzare i sopraccitati servizi, dato che la preparazione dei certificati dei cani puri, da 130 anni viene svolta dal personale interno, ed essendo essi la principale competenza dell'Enci;


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se attraverso questa operazione non si voglia svuotare di fatto l'Ente, con sede a Milano, e trasferirlo in un'altra città.
(4-12459)

Risposta. - L'interrogazione cui si risponde pone l'accento sulla presunta mancata esperienza e professionalità di taluni componenti dell'ENCI o di organismi ad esso collegati.
Al riguardo, preme ribadire, innanzi tutto, che l'amministrazione sostiene l'attività dell'ENCI nell'assoluto rispetto della sua autonomia, delle sue funzioni specifiche (compresa la tenuta dei Libri genealogici) e del ruolo che storicamente ha svolto per la cinofilia italiana.
Quanto alla specifiche nomine, si evidenzia che il signor Fabrizio Crivellari direttore generale dell'ENCI, vanta una esperienza manageriale pluriennale nel Gruppo Fiat.
Esperienza che trova conferma nel buon andamento degli Uffici ENCI e nella conferma per l'anno in corso della certificazione del sistema di gestione qualità UNI EN ISO 9001: 2000; senza tralasciare il particolare non del tutto trascurabile della totale fiducia di cui gode il signor Crivellari da parte del Consiglio Direttivo dell'ENCI e del Presidente dottor Domenico Attimonelli.
Per quanto riguarda il ruolo e la competenza del dottor Marcello De Angelis, nel ricordare che il direttore responsabile di un periodico deve essere iscritto all'Ordine Nazionale dei Giornalisti, si evidenzia che il dottor De Angelis ha a suo favore una vasta esperienza professionale nella gestione e nel rilancio di prodotti editoriali similari alla rivista ufficiale dell'ENCI.
Il che porta a pensare che la scelta sia ricaduta su una persona perfettamente idonea a ricoprire il ruolo di direttore responsabile.
Del resto, risulta che il contratto del dottor De Angelis sia stato più volte rinnovato dai diversi organi direttivi dell'ENCI, succedutisi nel tempo; unici organi in grado statutariamente di deliberare accordi vincolanti per l'Ente.
Quanto alla nomina del signor Carlo Fidanza, appassionato cinofilo, già autore nel 2002, su incarico dell'Amministrazione, di un pregevole studio sulle antiche razze canine italiane, si sottolinea che lo stesso vanta importanti e significative esperienze nell'ambito della comunicazione e della promozione di eventi.
Il ministero delle politiche agricole e forestali, con decreto ministeriale n. 23536 del 28 ottobre 2002, ha nominato il signor Fidanza quale Presidente del Comitato Tecnico-Scientifico preposto all'attivazione dell'Osservatorio Cinologico Multidisciplinare (O.Ci.M.).
Il Comitato, si ricorda, ha il compito di diffondere presso il più vasto pubblico una cultura cinofila consapevole, con riguardo a tutti i cani e senza un'attinenza specifica con il cane puro.
Il signor Fidanza, in qualità di presidente del Comitato, ha realizzato, nel corso del 2004, progetti che hanno ricevuto il plauso del presidente dell'ENCI e degli operatori del settore, a testimonianza della totale sinergia tra le attività del Comitato e le finalità dell'Ente.
Infine, quanto all'informatizzazione dell'Ente, si fa presente che il consiglio direttivo dell'ENCI, in piena autonomia e secondo le attribuzioni statutarie, sta valutando l'ipotesi dell'eventuale realizzazione di un piano informatico, il cui investimento finanziario deriverà esclusivamente dalle scelte tecniche e funzionali che il Consiglio Direttivo dell'Ente assumerà all'atto della decisione.
Infine, come ho potuto constatare nel corso dei colloqui avuti con il presidente ed i consiglieri dell'ENCI durante la mia ultima visita presso la sede istituzionale dell'ENCI di Milano, il 18 gennaio 2004, non trova alcun fondamento il palesato rischio dell'esistenza della volontà di privare l'Ente dei propri contenuti, né tantomeno di trasferirne la sede sociale in altra città.
Il Ministro delle politiche agricole e forestali: Giovanni Alemanno.

ZACCHERA. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
i nostri uffici consolari in Romania sono letteralmente sommersi dalle pratiche


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più diverse in un crescendo di richieste da parte dell'utenza locale;
sul consolato ricadono anche gli adempimenti necessari per i rapporti con la Moldova, stato dove non abbiamo sedi diplomatiche;
l'anno scorso sono state seguite oltre 6.000 pratiche per dichiarazione di valore da uno staff che presso il Consolato di Bucarest è composto in media da solo due persone e forzatamente si creano conseguenti, lunghi tempi di attesa;
numerose sono le proteste sia dei cittadini romeni, moldovi che italiani per i quali questi tempi di attesa rappresentano un indubbio aggravio di costi -:
se il Ministero non ritenga di dover rinforzare il numero degli addetti attualmente in forze al Consolato di Bucarest, anche con contratti da stipularsi con residenti locali italo-rumeni o comunque affrontare al meglio l'attuale situazione di effettiva, grave difficoltà.
(4-11253)

Risposta. - Presso l'Ambasciata d'Italia a Bucarest, al cui interno è attiva una cancelleria consolare competente anche per la Moldavia, prestano attualmente servizio quattro funzionari diplomatici, sedici dipendenti appartenenti alle aree funzionali e ventidue impiegati a contratto.
In ragione dell'accresciuta importanza delle relazioni con la Romania, nel corso del 2003 è stato istituito un nuovo Consolato Generale a Timisoara, dove prestano attualmente servizio un funzionario diplomatico, in qualità di Console Generale, sei impiegati delle aree funzionali e due impiegati a Contratto.
La situazione di grave difficoltà in cui versa la Cancelleria consolare dell'Ambasciata d'Italia a Bucarest, a fronte dell'enorme afflusso di richieste di «dichiarazioni di valore in loco» dei titoli di studio conseguiti nei paesi di accreditamento della predetta Rappresentanza; è da lungo tempo oggetto di attenta analisi da parte del ministero degli esteri.
Si è infatti avviato, d'intesa con il ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, uno studio comparativo sulle procedure adottate dai principali paesi europei per il riconoscimento dei titoli di studio conseguiti all'estero, allo scopo di pervenire alla definizione di procedure alternative e più «snelle» rispetto al rilascio della dichiarazione di valore. L'atto in parola, infatti, è stato introdotto da una serie di circolari ministeriali emanate a partire dal 1930, acquisendo pertanto obbligatorietà in forza di prassi consolidata ed ha successivamente trovato conferma con il richiamo contenuto nell'articolo 46, comma 6, del decreto del Presidente della Repubblica n. 394 del 31 agosto 1999, che lo qualifica quale elemento necessario per il perfezionamento dell'immatricolazione negli Atenei italiani degli studenti in possesso di titolo di studio estero.
Si sottolinea, tuttavia, che la notevole quantità di titoli risultati falsi, in tutto o in parte, al vaglio della suddetta Cancelleria consolare, impone il mantenimento di opportune misure di verifica sui titoli stessi, onde prevenire il fenomeno di immigrazione clandestina dissimulata dalla volontà di proseguire gli studi nel nostro paese. La dichiarazione di valore in loco resta pertanto, al momento, uno strumento di garanzia di comprovata efficacia per la verifica dei titoli di studio posseduti dai soggetti richiedenti.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Roberto Antonione.

ZACCHERA. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
durante il secondo conflitto mondiale furono internati negli USA come prigionieri di guerra diverse migliaia di soldati italiani - si ritiene circa 50.000 - molti dei quali, soprattutto dopo il 1943, furono impegnati nei lavori più diversi contro corresponsione di un misero sussidio di circa 0,80 dollari al giorno;
negli anni successivi il governo USA dovette riconoscere all'Italia l'indebito sfruttamento di queste persone giungendo


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a liquidare al governo italiano la somma forfettaria di 26 milioni di dollari alla genericità degli aventi diritto;
lo Stato italiano non ha mai distribuito tale somma tra gli ex-prigionieri nonostante anche recentemente (ultime comunicazioni nel 2002) abbia riconosciuto l'obbiettiva fondatezza delle richieste da parte dei superstiti -:
se non si ritenga opportuno, tenuto anche conto che ormai il numero dei potenziali aventi diritto si è ridotto per l'età, di provvedere celermente ad un riconoscimento economico forfettario congruo e decoroso a chi, documentando il proprio stato di servizio, sia nelle condizioni di cui in premessa;
se non si ritenga altresì doveroso riconoscere agli ex prigionieri una onorificenza in ringraziamento del ruolo e del lavoro da loro svolto.
(4-11591)

Risposta. - Già da tempo la Difesa è concretamente impegnata sulla questione della liquidazione degli indennizzi ai prigionieri italiani sotto giurisdizione degli USA, durante il 2o conflitto.
Infatti, in esito alle istanze avanzate da parte di ex prigionieri o dei loro rispettivi eredi che affermano di non aver mai percepito le spettanze loro dovute, l'allora Ministero del tesoro ha avanzato una specifica richiesta alla Difesa, volta a conoscere i nominativi dei presunti creditori.
Di conseguenza, quest'Amministrazione ha istituito, nel marzo 2001, la Commissione per le necessarie verifiche volte ad accertare la fondatezza delle richieste.
Ad essa sono state impartite, all'inizio dell'attuale legislatura, precise disposizioni per fare piena luce sull'intera problematica, senza condizionamenti e preconcetti, nel rispetto della verità.
Alla Commissione è stato demandato, infatti, il difficile compito di ricostruire storicamente gli eventi, di analizzare i singoli aspetti amministrativi e giuridici, di individuare il numero dei destinatari dei presunti crediti residuali eventualmente ancora, in tutto o in parte, inevasi e di quantificare, quindi, il relativo onere finanziario da comunicare al Ministero del tesoro per i provvedimenti di competenza.
Tale Commissione, nonostante le difficoltà dovute al reperimento di documentazione originale, certa e probante, stante il notevole lasso di tempo trascorso, ha esaminato fino ad oggi n. 6.802 istanze (aumentate in maniera esponenziale in seguito alla sua istituzione) ed è giunta a consolidate, seppur provvisorie, deduzioni.
Di esse, 5.365 sono state definite, 1.017 si sono rivelate reiterazioni, solleciti o richieste estranee alla questione, 253 sono tuttora in corso di accertamento, per 167 non è stato rinvenuto il relativo fascicolo.
La Commissione si è avvalsa per il suo lavoro, oltre che della documentazione fornita a suo tempo dalle Autorità americane sugli stessi reduci ed ancora in parte disponibile negli archivi del Ministero della difesa, anche della collaborazione della Croce rossa internazionale di Ginevra e del
Service international de Recherches di Arolsen, per accertare lo status di prigioniero di guerra degli USA per quei casi, fin qui esaminati, per i quali non sono stati rinvenuti i dossier originali.
In sostanza, nel minuzioso riscontro delle singole contabilità presenti nei fascicoli personali sono stati accertati, sinora, solo pochissimi casi - allo stato - circa 89, di ex prigionieri che risultano ancora in credito. Ciò è attribuibile prevalentemente a meri errori di contabilizzazione, peraltro di lieve entità. Per tali posizioni, così come per le analoghe che dovessero essere riscontrate in futuro, si provvederà a darne comunicazione al Ministero dell'economia e delle finanze per gli adempimenti di competenza.
Come è comprensibile, quella della Commissione è un'attività complessa che necessariamente richiede tempi adeguati, difficilmente comprimibili, per lo scrupolo con cui va condotta la ricerca di documentazione significativa risalente a molti anni fa, necessaria per il giusto riconoscimento economico agli aventi diritto.
Per tale rilevante complessità si è ritenuto opportuno prorogare ulteriormente i lavori della Commissione fino al giugno 2005: data alla quale sarà possibile avere un quadro


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aggiornato e definitivo della situazione per le conseguenti determinazioni.
Una prima serie di dati, comunque, è già stata comunicata al citato Ministero dell'economia in data 30 luglio 2004, evidenziando, a quella data, n. 84 situazioni di presunto possibile credito (in genere derivanti da errori contabili e relativi a somme non rilevanti) per un ammontare complessivo di lire 2.463.888, riferite all'epoca e non rivalutate.
Per completezza d'informazione, si rappresenta, inoltre, che dopo il 1966 l'Amministrazione militare provvide a versare all'Erario le rimanenti disponibilità finanziarie che erano pari a 15.739.764 lire, poiché nessuno degli aventi diritto aveva più prodotto, a quella data, istanze tese ad ottenere il riconoscimento dei relativi benefici economici.
Nel contempo, un consistente numero di ex prigionieri decise, negli anni 1955-1966, di adire le vie legali avverso la Presidenza del Consiglio dei ministri e i Ministeri della difesa e del tesoro, reclamando una riliquidazione
ex-novo delle loro spettanze sulla base di 2,10 dollari (paga giornaliera del soldato americano) anziché su quella di 0,80 dollari unilateralmente stabilita dalla potenza detentrice.
La Corte costituzionale, chiamata a pronunciarsi nel merito, con sentenza n. 20 in data 3 marzo 1966 ritenne infondate le motivazioni addotte dai ricorrenti.
A tal proposito, la Rappresentanza permanente d'Italia presso il Consiglio d'Europa ha recentemente comunicato l'esistenza di un ricorso, tuttora pendente, innanzi alla Corte europea dei diritti dell'Uomo, tendente ad ottenere il pagamento dei presunti crediti residuali.
Quanto alla possibilità di riconoscere agli ex prigionieri di guerra U.S.A. una onorificenza, atteso che, allo stato, obiettivo primario della Difesa è quello di far piena chiarezza sulla problematica sollevata dagli stessi, non si esclude che, in futuro, l'eventuale concessione di onorificenze possa costituire oggetto di attenta valutazione da parte di questa Amministrazione.
È di tutta evidenza, dunque, come la Difesa abbia posto in essere ogni consentita azione per completare nel più breve tempo possibile l'esame delle istanze tese ad ottenere la liquidazione degli indennizzi.
Il Ministro della difesa: Antonio Martino.

ZANELLA. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
Franco La Cecla, scrittore e docente universitario, il giorno 15 dicembre 2004, è stato trattenuto dalle ore 9 alle ore 19, assieme ad altre due persone, un cittadino francese ed un cittadino senegalese, in stato di fermo nelle celle del posto di polizia presso l'aeroporto parigino «Charles de Gaulle», da cui stava per partire per il Senegal. La causa sarebbe stata dovuta alla protesta ed al dissenso manifestato per le condizioni nelle quali si sarebbe svolto il loro volo, in quanto, a bordo del charter della compagnia francese Air Horizons si trovava, per essere espatriato, un giovane senegalese legato ed ammanettato, in evidente stato di choc, scortato da due agenti di polizia;
il fatto è stato riportato da organi di stampa francesi ed italiani e ripreso dai canali televisivi nazionali francesi;
le grida del giovane, il comportamento dei due agenti di polizia nei suoi confronti e la violenza della situazione hanno indotto alcuni passeggeri del velivolo alla protesta ed alla richiesta di tornare a terra;
il comandante dell'aereo, dopo aver fatto scendere il giovane scortato dagli agenti di polizia, chiedeva al professor Franco La Cecla ed altri due passeggeri la consegna dei passaporti, facendoli avvicinare all'uscita, dove erano attesi da agenti di polizia, che li prelevavano, strattonandoli, e li portavano al posto di polizia dove venivano rinchiusi in una cella, senza la possibilità di comunicare con l'esterno e senza venir informati sui motivi della privazione della loro libertà;
interrogati dai poliziotti, veniva loro prospettata la possibilità di venir perseguiti per alcuni reati di entità considerevole


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per aver incitato i passeggeri alla rivolta, impedito un atto di espulsione, insultato pubblici ufficiali; vengono effettuate le foto segnaletiche e prese le impronte digitali;
dopo dieci ore finalmente venivano liberati dopo aver firmato una dichiarazione di rilascio da cui non emerge nessun riferimento allo stato di fermo subito -:
se sia a conoscenza di quanto riportato in premessa;
se l'ambasciata italiana fosse stata avvertita del fermo del nostro concittadino;
cosa il Governo intenda fare per chiedere conto alle autorità francesi delle gravi limitazioni della libertà personale e dell'ingiustificato trattenimento e trattamento del nostro concittadino e cosa per impedire che fatti di questo genere non abbiano a ripetersi;
se non ritenga indispensabile promuovere iniziative politiche ed istituzionali, sia in sede multilaterale che bilaterale, in modo da garantire il rispetto dei diritti umani dei cittadini e delle cittadine non comunitarie, che vengono espulsi dal territorio europeo.
(4-12201)

Risposta. - All'epoca del fatto, né l'Ambasciata né il Consolato Generale d'Italia a Parigi sono stati informati del fermo del signor La Cecia dalle Autorità di polizia aeroportuali francesi. Solo successivamente all'accaduto, su segnalazione del Ministero indicato, il Consolato Generale a Parigi ha ottenuto informazioni sul caso dalle stesse Autorità.
Più in particolare queste ultime hanno riferito che il 15 dicembre 2004 il signor La Cecia si trovava a bordo del volo Parigi-Dakar. Con lui viaggiava anche una scorta della Polizia di Frontiera francese che accompagnava un cittadino senegalese colpito da provvedimento di espulsione. Il signor La Cecia sarebbe intervenuto, aizzando altri passeggeri del volo, allo scopo di far fallire l'accompagnamento dello straniero, nonostante i ripetuti ammonimenti da parte dei poliziotti della scorta sulle conseguenze cui sarebbe andato incontro. Il signor La Cecia è stato quindi posto in stato di fermo da parte del servizio d'ordine francese per i seguenti motivi: incitamento alla ribellione ed intralcio volontario al traffico aereo.
Lo stesso è stato posto in libertà nel tardo pomeriggio del medesimo giorno dal Procuratore della Repubblica del Tribunale di Grande Istanza di Bobigny che ha chiesto il proseguimento dell'inchiesta in forma preliminare.
Il nostro Consolato Generale a Parigi, nell'apprendere i fatti, ha protestato per la mancata comunicazione con il ministero degli affari esteri francese, segnalando formalmente l'esigenza di una più puntuale e tempestiva informazione in casi di questo tipo che coinvolgono nostri connazionali.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Roberto Antonione.