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alla loro reale produzione e non sono in grado di acquistarne delle nuove: si spiega, conseguentemente, la perdita negli ultimi anni di quote di produzione, la riduzione del numero di stalle nel Piemonte e la progressiva scomparsa delle attività di allevamento dalle zone pedemontane;
l'Enci (Ente Nazionale della cinofilia italiana) è un'ente soggetto a vigilanza del ministero delle politiche agricole e forestali;
detto Ente è un'associazione di allevatori a carattere tecnico-economico avente lo scopo di tutelare le razze canine riconosciute, migliorandone e incrementandone l'allevamento;
cura la tenuta dei libri genealogici e i registri anagrafici dal 1875;
provvede alla formazione e alla qualificazione di giudici ed esperti da impiegare nelle valutazioni delle caratteristiche morfologiche e funzionali di soggetti appartenenti alle razze canine;
regola, approva, riconosce e organizza esposizioni, prove e manifestazioni cinotecniche ed inoltre promuove studi e ricerche nell'ambito della cinotecnia;
pubblica la rivista ufficiale di cinofilia «I nostri Cani» -:
se corrisponda al vero e se sia a conoscenza della nomina a direttore generale dell'Enci del signor Fabrizio Crivellari e se lo stesso abbia i titoli e l'esperienza necessaria per questo settore, dato le funzioni altamente tecniche svolte dall'Enci;
se il Direttore della rivista «I Nostri Cani», signor Marcello De Angelis abbia esperienza in materia cinofila o più ampiamente in zoologia e zoofilia e se abbia, prima della nomina a direttore, scritto articoli su tali materie;
se e quali esperienze abbia del settore il professore Carlo Fidanza, assunto come Presidente dell'Ocim, organismo che si interessa per la promozione del cane puro;
se corrisponda al vero e se sia a conoscenza dell'esistenza di un progetto di appalto, dei Servizi per iscrizione cani puri, ad una società esterna di Roma;
se corrisponda al vero che il costo di tale progetto sia di 1 milione di euro nei primi tre anni, e di 300.000 euro annui per i successivi tre anni;
quali siano i motivi che porterebbero a esternalizzare i sopraccitati servizi, dato che la preparazione dei certificati dei cani puri, da 130 anni viene svolta dal personale interno, ed essendo essi la principale competenza dell'Enci;
se attraverso questa operazione non si voglia svuotare di fatto l'Ente, con sede a Milano, e trasferirlo in un'altra città.
(4-12459)
in Piemonte la produzione del latte per la campagna in corso ha registrato una diminuzione di circa il 5,4 per cento rispetto alla campagna 2003-2004, contro una diminuzione nazionale del 4 per cento;
si stima che il calo delle consegne del latte, in assenza di un tempestivo intervento politico sia destinato ad aumentare in una maniera notevolissima nei prossimi due anni specie a causa delle continue migrazioni di quote produttive verso la Lombardia;
tale fenomeno è da imputarsi all'applicazione della legge n. 119/2003;
la mobilizzazione delle quote, da tutti auspicata con il suddetto provvedimento, dalle regioni meno produttive a quelle maggiormente vocate alla produzione lattiera, con conseguente calmieramento del prezzo di vendita, non sta ottenendo gli effetti sperati, viceversa, evidenzia l'effetto contrario con un rialzo dei prezzi delle stesse quote oramai divenute inaccessibili agli allevatori piemontesi;
a seguito dell'entrata in vigore della legge, il prezzo delle quote è raddoppiato ed oggi vengono acquistate su tutto il territorio regionale dalle grandi imprese agricole lombarde, che producono il latte con sistemi industriali: il prezzo delle quote attualmente varia dalle 0,620 alle 0,720 Euro al chilogrammo;
le aziende agricole piemontesi di medie e piccole dimensioni vengono così a disporre di quote molto ridotte rispetto
tutto ciò va a delineare nella Regione Piemonte un ulteriore assestamento della produzione ed il rischio di produrre addirittura meno della quota in essere;
all'Italia è stata assegnata poi una quota produttiva complessiva che non copre il fabbisogno nazionale, mentre gli altri Paesi del centro-nord d'Europa dispongono di quote molto superiori ai loro consumi;
l'Europa a quindici, nella scorsa campagna ha prodotto, rispetto alle quote assegnate, 18.340.000 quintali di latte in meno, comprendendo persino i 4.500.000 quintali prodotti in più dall'Italia;
il modesto splafonamento della produzione italiana non ha procurato svantaggi agli agricoltori dell'Unione Europea mentre, al contrario, si evidenzia l'insufficiente difesa degli interessi della nostra agricoltura a livello comunitario;
a tal proposito si vuole ancora sottolineare la questione del tenore di riferimento del grasso del latte. All'Italia è stato attribuito un coefficiente di grasso inferiore (3,688 per cento) rispetto agli altri Paesi europei. Qualora venisse portato al livello della vicina Francia (3,984 per cento) consentirebbe al nostro Paese di distribuire ai propri allevatori 4.810.000 quintali di latte, coprendo di fatto l'intera eccedenza produttiva;
l'allargamento del mercato interno, con particolare riferimento agli otto dell'Europa centro-orientale, ha inoltre consentito ai nuovi entranti di incrementare i flussi esportativi verso l'Italia grazie ad un livello di prezzi assolutamente basso;
il bilancio complessivo degli scambi del settore lattiero-caseario con l'Unione Europea a venticinque e con tutto il mondo evidenzia un notevole disavanzo ed una netta tendenza al peggioramento: comparando il primo semestre del 2004 con l'analogo periodo del 2003 gli scambi con l'Unione europea a venticinque hanno fatto registrare un notevole incremento dell'import ed un decremento dell'export dei formaggi con prezzi in forte discesa;
si ritiene che i fenomeni sopra esposti non consentano lunghe pause di riflessione. L'industria di trasformazione è posta davanti a nuove sfide e competizioni sempre più globali e dovrà avere certezze nella disponibilità e nella competitività della materia prima del latte prodotta in regione: in proposito i presupposti non possono che essere stabilità e certezze per tutto il comparto della zootecnica da latte;
in mancanza di provvedimenti a sostegno di ciò, i piccoli caseifici saranno costretti a cessare l'attività, per le realtà di trasformazione più solide invece non si prospetterà altro che la delocalizzazione delle produzioni o, molto più probabilmente, l'attivazione di canali di acquisto latte UE, evento questo da scongiurare, che affosserebbe in maniera definitiva la produzione lattiera del Piemonte -:
se il Governo sia informato di quanto delineato in premessa e quali iniziative tra quelle di propria competenza si intendano assumere al riguardo.
(4-12468)