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PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Boato. Ne ha facoltà.
MARCO BOATO. Signor Presidente, i colleghi Roberto Pinza, Giorgio Benvenuto e Alfonso Gianni hanno poco fa espresso, in modo condivisibile, le ragioni del voto contrario dell'intero centrosinistra, di tutte le opposizioni alla conversione in legge di questo decreto-legge, a cui aggiungo brevemente le motivazioni, che sono in larga parte coincidenti, del voto contrario anche dei deputati verdi.
Signor Presidente, debbo anche accennare al fatto che trovo quanto meno sconcertante, per non usare termini più pesanti, che, da parte di qualche esponente del Governo, si sia oggi lamentato il ritardo dei lavori parlamentari in relazione al completamento della manovra economico-finanziaria.
Credo che ci voglia una bella faccia di tolla (si direbbe dalle mie parti) per attribuire all'opposizione una qualche responsabilità rispetto a questi ritardi; tutti, maggioranza e opposizione, abbiamo vissuto in modo penoso le vicende che si sono verificate la scorsa settimana quando la maggioranza, con il pieno accordo del Governo, ha imposto un rovesciamento del calendario dell'aula per approvare una legge che riguardava i propri interessi personali, ritardando l'esame di alcuni decreti-legge, compreso questo il cui esame stiamo completando ora, e della manovra economico-finanziaria che verrà esaminata in aula il 27 e 28 dicembre e poi nuovamente dal Senato.
Per quanto riguarda specificatamente il decreto-legge n. 282, che la maggioranza
si accinge ad approvare con il nostro voto contrario, esso costituisce, in realtà, il presupposto fondamentale del disegno di legge finanziaria per l'anno 2005, in quanto provvede ad assicurare buona parte della sua copertura finanziaria e rientra a pieno titolo tra gli interventi correttivi, ai quali il Governo fa ricorso ormai con sempre maggiore preoccupante frequenza; interventi finalizzati unicamente a porre rimedio alle continue previsioni errate sulla dinamica dei conti pubblici.
L'obiettivo principale del decreto-legge indubbiamente è quello di tentare di contenere entro il tetto del 3 per cento il rapporto deficit/PIL per riportare i saldi di finanza pubblica entro dimensioni compatibili con i parametri previsti dall'Unione europea, dimostrando, quindi, come alcune previsioni del Governo ben difficilmente potranno essere confermate.
Questo provvedimento a tal fine utilizza - lo ha accennato anche il collega Benvenuto - un meccanismo noto quale quello di anticipare entrate future certe all'anno 2004, posticipando, invece, nel 2005 entrate incerte, ovvero quelle che potrebbero derivare dal condono edilizio, il tutto attraverso una seria anticipazione di versamenti posti a carico del sistema bancario ed assicurativo. Accanto a questo, viene istituito un apposito fondo per gli interventi strutturali di politica economica, alla cui dotazione concorreranno le maggiori entrate che deriveranno dal condono edilizio per l'anno 2005, al fine di utilizzarlo come principale fonte di copertura per gli sgravi fiscali introdotti in finanziaria.
La costituzione di questo fondo, previsto dall'articolo 10, nient'altro è, quindi, che uno strumento, individuato dal Governo, per assicurare buona parte della copertura della tanto propagandata e sedicente riduzione delle tasse. È paradossale, in realtà, la situazione che si è venuta a determinare.
Il Governo e la maggioranza che lo sostiene continuano a parlare incessantemente di una riduzione della pressione fiscale, quando, in realtà, la manovra economica determina chiaramente un maggior prelievo nel suo complesso; se teniamo conto anche della mancata restituzione del fiscal drag arriviamo a oltre 6 miliardi di euro di maggior prelievo nel suo complesso.
Inoltre, è ormai evidente che la stessa manovra sarà presto seguita da altri interventi correttivi, con nuovi aggravi per i cittadini.
Con la costituzione del fondo per gli interventi strutturali, finanziato con le entrate del condono, assistiamo ad una vera e propria inaccettabile dequalificazione del bilancio pubblico. La normativa presente, in realtà, vieta di coprire oneri di parte corrente con entrate di parte capitale. Ebbene, il Governo non si è affatto attenuto a questo principio. Infatti, è indiscutibile che le entrate derivanti dal condono edilizio hanno natura di entrata in conto capitale ed è sorprendente come il Governo, dopo averle destinate alla dotazione del fondo per interventi strutturali di politica economica di nuova costituzione, decide invece di utilizzarle per coprire uscite di parte corrente.
In definitiva, il provvedimento in oggetto altro non è che una nuova manovra correttiva di finanza pubblica. La prima è stata posta in essere nello scorso luglio, con il decreto-legge n. 168 del 2004, grazie al quale si era provveduto a reperire oltre tre miliardi di euro. Se a questa aggiungiamo il decreto che aveva interessato in precedenza le spese sanitarie, con misure corrispondenti a circa due miliardi di euro, siamo al terzo intervento correttivo dei conti pubblici nell'arco di un anno.
Il decreto in oggetto prevede operazioni nel suo complesso ancora di corto respiro, che certo non riusciranno a garantire il controllo dei conti pubblici, pur auspicabile, tanto che sarà purtroppo - lo ripeto ancora una volta - molto probabile un nuovo intervento correttivo sulla finanza pubblica. In effetti, autorevoli organismi internazionali hanno già ipotizzato per l'Italia la necessità di una nuova manovra correttiva nei primi mesi del 2005. Quindi, oltre alle ragioni di carattere politico generale, già illustrate in sede di dichiarazione
di voto contro la fiducia, sono questi i motivi specifici e puntuali del voto contrario espresso dalla componente politica dei Verdi del gruppo Misto, unitamente all'intero centrosinistra e a tutte le opposizioni (Applausi dei deputati dei gruppi Misto-Verdi-L'Ulivo, dei Democratici di sinistra-L'Ulivo, della Margherita, DL-L'Ulivo e Misto-Comunisti italiani).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Giachetti. Ne ha facoltà.
ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, vorrei utilizzare soltanto pochi secondi, perché nel mio intervento in apertura del dibattito generale sono stato interrotto dal presidente del gruppo di Forza Italia, onorevole Elio Vito. Infatti, avevo paventato la possibilità che per la venticinquesima volta il Governo ponesse la fiducia. Per tale affermazione sono stato interrotto con l'accusa di dire una baggianata.
Allora, vorrei far notare che siamo arrivati alla conclusione del dibattito, nel quale per la venticinquesima volta il Governo ha posto la fiducia. Pertanto, sarebbe meglio se l'onorevole Vito approfittasse della prossima occasione per tacere (Applausi dei deputati del gruppo della Margherita, DL-L'Ulivo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Luigi Pepe. Ne ha facoltà.
LUIGI PEPE. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il decreto-legge che oggi ci accingiamo a votare mira a correggere il deficit del 2004 di 466 milioni di euro e contiene la proroga al 2005 della seconda e terza rata del condono edilizio. Si tratta di un gancio che molti considerano pericoloso.
Tale intervento è stato reso necessario, innanzitutto, da due obiettivi, che non credo siano stati centrati dal Governo. Il primo riguarda il contenimento dei saldi del 2004 all'interno dei parametri di Maastricht, soprattutto dell'indebitamento netto sul PIL all'interno del famoso 3 per cento. Credo che tale obiettivo non sia facilmente raggiungibile, perché il Fondo monetario internazionale ed anche l'OCSE hanno chiesto al Governo ben altra manovra correttiva, assai più cospicua.
Il secondo obiettivo è quello di costituire il cosiddetto fondo per interventi strutturali di politica economica, che a partire dal 2005 dovrebbe coprire in parte il famoso emendamento relativo al taglio delle aliquote delle imposte sulle persone fisiche. Non sappiamo se verrà centrato neppure tale obiettivo, perché la copertura viene disposta con la proroga di entrate relative al famoso condono edilizio, che lo Stato avrebbe dovuto già percepire nel dicembre 2004. La riscossione di tale entrate viene, invece, spostata al 2005. Infatti, la seconda e terza rata, che sarebbero dovuto entrare nelle casse dello Stato nel 2004, dovrebbero essere percepite dal medesimo nel corso del 2005 e, attraverso questo fondo per interventi strutturali di politica economica, costituiscono una parziale copertura dell'emendamento relativo al taglio delle tasse.
Anche in questo caso sarà difficile che il Governo centri l'obiettivo, perché ormai è trascorso il termine del 10 dicembre, entro il quale potevano essere presentate le domande.
Un'ulteriore misura di abbellimento dei conti pubblici è la seguente: alle Poste e alla Cassa depositi e prestiti si chiede un anticipo sulle ritenute per gli interessi dei libretti postali. Se ne vogliono ricavare 300 milioni nel 2004. Quindi nell'anno corrente lo Stato chiede alle Poste e alla Cassa depositi e prestiti di anticipare somme che dovrebbero essere versate nel 2005: nel 2004 dovrebbero essere versate nella misura di 300 milioni. Alle imprese assicurative si chiede un acconto del 12, 5 per cento sulle somme di imposta che dovrebbero essere versate nel 2005: se ne chiede il versamento nel 2004 per un importo pari a 300 milioni; si tratta, ancora una volta, di un'anticipazione. Alle banche si chiede un ulteriore anticipo dell'1,5 per cento, in luogo dell'1 per cento, sulle somme riscosse nell'anno precedente
in termini di entrate con i versamenti unitari con compensazione, per una somma pari a 1 miliardo 460 milioni di euro per il 2004. Anche questa, ovviamente, è un'operazione di cosmesi.
Non ci si può esimere dall'evidenziare l'inganno, anche alla luce delle recentissime modifiche introdotte con il maxiemendamento di pochi giorni fa, che hanno raddoppiato l'aumento delle imposte indirette previste per il 2005. Fatto ancor più rilevante, la riforma fiscale concede nuovamente alle regioni la possibilità di aumentare le aliquote dell'addizionale IRPEF e dell'IRAP per affrontare i disavanzi della spesa sanitaria.
Nell'avviarmi a concludere, onorevoli colleghi, rilevo con grande rammarico che a questo punto non è difficile tirare le somme. Da un lato, abbiamo 4,3 miliardi di minore gettito IRPEF; dall'altro, maggiori entrate per 5,6 miliardi, oltre ai 3,1 miliardi del maxiemendamento. Da tutto ciò deriva che 4,5 miliardi di maggiori imposte dovranno essere pagate nel 2005. Potremmo anche escludere da queste considerazioni il gettito del condono, ma le conclusioni non cambierebbero, perché le imposte aumenterebbero di circa il 2,5 miliardi e si aprirebbe un buco nel bilancio che dovrebbe comunque essere coperto con riduzioni di spesa e con nuove entrate.
Nella gestione del bilancio pubblico, quindi, tutto continuerà praticamente come prima, fino alla prossima emergenza, ma intanto si sarà sprecato tempo per discutere di un'inesistente riforma epocale senza affrontare i veri nodi strutturali del paese, dalla perdita di competitività al miglioramento della qualità della spesa pubblica. Sembra proprio che in questo momento le esigenze del Governo e della maggioranza siano assai distanti dai reali problemi.
Signor Presidente, concludo sottolineando che sarebbe opportuno e doveroso in questo momento che venissero invece restituiti i crediti di imposta, in quanto ciò è essenziale per il Mezzogiorno e per gli imprenditori che hanno pagato e non dovevano e aspettano ancora che siano loro restituite tali somme. Annuncio pertanto il voto contrario della componente politica Popolari-UDEUR del gruppo Misto (Applausi dei deputati dei gruppi Misto-Popolari-UDEUR, dei Democratici di sinistra-L'Ulivo e Misto-Verdi-L'Ulivo).
PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto sul complesso del provvedimento.
Onorevoli colleghi, prima di procedere alla votazione finale vi invito a programmare l'intera giornata di domani, al fine di evitare ulteriori appendici...
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