Allegato B
Seduta n. 553 del 1/12/2004


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INTERROGAZIONI PER LE QUALI È PERVENUTA RISPOSTA SCRITTA ALLA PRESIDENZA

BANDOLI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
la situazione del carcere di Pordenone che l'interrogante ha avuto modo di visitare nelle scorse settimane presenta gravi problemi sia dal punto di vista edilizio, sanitario, trattamentale e una insufficiente presenza di personale nei vari servizi e in modo particolare nel turno notturno per quanto concerne gli agenti di custodia ad esso dedicati, che ammontano a sole tre unità;
l'ASL competente ha più volte, nelle sue relazioni periodiche, richiamato le cattive condizioni igienico-sanitarie, definendole sotto il minimo necessario senza che tutto ciò sortisse alcun concreto provvedimento, tranne una normale e difficoltosa manutenzione date le caratteristiche del manufatto edilizio -:
se non ritenga urgente individuare un'area e approvare il progetto per la costruzione di un nuovo carcere a Pordenone;
se a questo fine siano già previste risorse e da quando saranno disponibili concretamente i fondi eventualmente stanziati;
se non valuti urgente rafforzare da subito il numero degli agenti impegnati nel turno notturno, o trasferire un certo numero di detenuti al fine di evitare un eccessivo affollamento e tutti i conseguenti disagi.
(4-06497)

Risposta. - Con riferimento all'interrogazione in esame, si rappresenta che il progetto relativo alla realizzazione della nuova Casa circondariale di Pordenone è inserito nel piano straordinario pluriennale di cui alla legge 14 novembre 2002, n. 259, riguardante gli interventi da realizzare con la procedura della locazione finanziaria.
Detto piano è stato approvato dalla competente Commissione Parlamentare in data 28 luglio 2003.
È stato conseguentemente emesso il relativo decreto ministeriale ed è stato pubblicato sulla
Gazzetta Ufficiale n. 70 del 23 marzo 2004 il bando di gara d'appalto per l'acquisizione della nuova struttura penitenziaria con lo strumento della locazione finanziaria. Sono attualmente in corso le conseguenti procedure.
Peraltro, come affermato nel corso di un recente intervento avanti la Commissione Giustizia della Camera dei deputati, nei programmi di edilizia penitenziaria uno dei punti sicuramente più qualificanti è l'autorizzazione di spesa finalizzata all'acquisizione, con lo strumento della locazione finanziaria di cui alla legge 14 novembre 2002, n. 259, dei due nuovi istituti penitenziari di Varese e di Pordenone.
Si fa inoltre presente che l'apposita Commissione di cui all'articolo 6 della legge 12 dicembre 1971, n. 1133, ha effettuato la scelta dell'area per la costruzione del nuovo istituto.
Per quanto concerne la situazione igienico-sanitaria del vecchio istituto, si comunica che sono state effettuate opere di pulitura e tinteggiatura delle celle detentive del piano terra e del primo piano e sono state eliminate tutte le infiltrazioni di acqua piovana mediante il rifacimento del tetto del locale adibito a lavanderia.


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La Direzione dell'istituto penitenziario di Pordenone, per rendere quanto più possibile decorosa e confortevole la struttura, provvede peraltro con periodicità a far effettuare opere di tinteggiatura delle pareti, assicura settimanalmente il ricambio degli effetti letterecci per i detenuti, acquista, ove necessario, nuovi coprimaterassi e copricuscini, provvede a far revisionare regolarmente tutti gli estintori e procede al controllo periodico degli impianti elettrici ed idrici.
Va evidenziato che si tratta comunque di una struttura penitenziaria vetusta, che necessita di continui interventi di ristrutturazione e che un certo tasso di umidità è presente in tutta la casa circondariale.
Attualmente nella Casa circondariale di Pordenone su una capienza tollerabile di 68 posti sono ristretti 71 detenuti, tutti di media sicurezza e quindi comuni.
L'assistenza sanitaria presso l'istituto di Pordenone è assicurata dalla presenza di un medico, cinque infermieri, guardia medica per sei ore nei giorni feriali e 24 ore in quelli festivi, otto ore al giorno per il servizio infermieristico e opera a convenzione l'infettivologo e lo psichiatra. Il presidio per tossicodipendenti è attivo e presso i presidi sanitari pubblici non penitenziari è presente un reparto UTIC (Unità di Terapia intensiva coronarica) e un centro di rianimazione.
Per quanto riguarda la situazione del personale, si comunica che presso la C.C. di Pordenone sono presenti 48 unità di polizia penitenziaria, a fronte di un organico previsto di 53 unità.
Il competente Ufficio del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria segue costantemente la situazione ed ha sensibilizzato il Provveditore Regionale di Padova ad utilizzare le risorse umane a disposizione nella circoscrizione di competenza, al fine di garantire continuità e funzionalità a quegli istituti ove si registri maggiormente carenza di personale.
Al contempo, si provvederà all'assegnazione di ogni possibile contingente, in relazione alle necessità.
Il Ministro della giustizia: Roberto Castelli.

BUEMI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
il 1 aprile 2003 vi sarà ad Aosta una manifestazione, indetta da una delle sigle sindacali di rappresentanza della polizia penitenziaria, per denunciare le numerose carenze che vi sarebbero nella casa circondariale di Aosta;
in particolare viene denunciata la disparità di trattamento che sarebbe applicata, da parte dell'amministrazione penitenziaria, nei confronti degli operatori sia nella sezione maschile che femminile della casa circondariale;
nella casa circondariale, dove esiste un'endemica carenza d'organico, vi sarebbe, nonostante l'impegno degli operatori, una pessima organizzazione del lavoro;
questa situazione sarebbe dovuta alle decisioni unilaterali prese dalla direttrice senza nessun confronto e senza la necessaria concertazione con le organizzazioni sindacali;
a questo si aggiunge la mancata istituzione, a tutt'oggi, delle unità operative così come previsto dall'articolo 33 del regolamento della polizia penitenziaria e una situazione non regolare nell'area sanitaria dove la costante assenza della direttrice sanitaria impedirebbe il normale svolgersi delle visite ai detenuti con le conseguenti situazioni di tensione -:
per quale motivo non vi sia una costante verifica, da parte del Ministero, delle condizioni di lavoro della polizia penitenziaria e, nel caso specifico, se non si ritenga necessario, prendendo atto delle denunce fatte dalle organizzazioni sindacali di settore, procedere ad un'apposita ispezione ministeriale per verificare la situazione all'interno della casa circondariale di Aosta;
come, quando e se si intenda porre rimedio alla carenza d'organico esistente nella casa circondariale di Aosta;
se e come si intenda, allo stato attuale, affrontare la situazione all'interno degli


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istituti di pena italiani, dove la carenza d'organico e il sovraffollamento rischiano di creare una miscela esplosiva.
(4-05852)

Risposta. - Con riferimento all'interrogazione in esame, si rammenta quanto comunicato dal Sottosegretario Giuseppe Valentino nell'interrogazione a risposta immediata n. 5-01943 in Commissione nella seduta del 13 maggio 2003 e si rappresenta che nella casa circondariale di Aosta non sono stati effettuati nuovi accertamenti da parte dell'Ufficio per l'Attività ispettiva del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria.
Va, comunque, segnalato che i procedimenti disciplinari promossi, a seguito dei rilievi ispettivi, nei riguardi dell'ex direttore e di un contabile sono stati archiviati mentre quello avviato nei confronti di un altro dipendente si è concluso con la sanzione del rimprovero verbale. Il direttore sanitario dell'istituto è stato esonerato dall'incarico.
Inoltre, l'ex direttore dell'istituto, protagonista del contrasto sindacale che ha interessato l'istituto di Aosta, già da tempo presta servizio presso un'altra sede. Al riguardo, il Provveditore Regionale del Piemonte e della Valle d'Aosta ha sottolineato che le relazioni sindacali con i direttori, che si sono succeduti nel frattempo, sembrano avere trovato quella distensione e quell'armonia che dovrebbero caratterizzare i rapporti tra l'Amministrazione e le Organizzazioni sindacali, per il raggiungimento dei fini istituzionali tenendo conto del benessere del personale.
Per quanto concerne gli ultimi due quesiti posti nell'atto di sindacato ispettivo si rappresenta che, al fine di provvedere al potenziamento delle dotazioni organiche del personale di Polizia penitenziaria, nel corso dell'anno 2003-2004 sono state avviate le procedure di reclutamento dall'esterno di seguito elencate:
1. reclutamento III contingente ausiliari 80o corso, anno 2004, avviato al previsto corso di formazione, della durata di mesi tre, in data 14 settembre 2004 presso le Scuole di Aversa e Portici; reclutamento IV contingente ausiliari 81o corso, anno 2004, da avviarsi al previsto corso di formazione, della durata di mesi tre, in data 19 novembre 2004 presso la Scuola di Cairo Montenotte;
2. assunzione di n. 1500 unità di personale appartenente al ruolo di agenti del Corpo di Polizia penitenziaria ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 25 agosto 2004 pubblicato sulla
Gazzetta Ufficiale del 24 settembre 2004;
3. assunzione di n. 271 unità con qualifica di allievo vice ispettore del Corpo di Polizia penitenziaria: i candidati risultati idonei alla prova preliminare sono stati sottoposti agli accertamenti psico-fisici ed attitudinali. Dovranno adesso sostenere 2 prove scritte e gli esami orali;
4. assunzione di n. 298 unità di personale appartenente al ruolo direttivo ordinario del Corpo di Polizia penitenziaria: i candidati hanno sostenuto la prova preliminare e quella scritta. Sono attualmente in corso i lavori di correzione degli elaborati da parte della Commissione esaminatrice;
5. con decreto del Presidente della Repubblica 25 agosto 2004 pubblicato sulla
Gazzetta Ufficiale del 24 settembre 2004 l'Amministrazione penitenziaria è stata autorizzata ad assumere entro il 31 dicembre 2004 n. 22 unità di personale di vari profili professionali del «Comparto Ministeri», vincitori di concorsi già espletati.
Il Ministro della giustizia: Roberto Castelli.

BULGARELLI. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
l'offensiva repressiva delle forze israeliane nei territori palestinesi ha assunto negli ultimi giorni le caratteristiche di un vero e proprio massacro; quasi 100 cittadini palestinesi, in massima parte civili, sono stati uccisi nel corso di operazioni militari dell'esercito israeliano;
particolarmente odiosi e ingiustificabili appaiono gli omicidi di due scolari: la


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tredicenne Iman Al-Hams, uccisa a Tel El Sultan (Rafah) e il diciassettenne Mohammed Raddad, assassinato da agenti israeliani in borghese nel villaggio di Saida (Tulkarem);
questi ultimi omicidi si inseriscono in un quadro di durissima repressione militare che le autorità israeliane sembrano voler condurre violando i diritti umani e lo stesso diritto internazionale, come testimonia, per ultimo, l'arresto di 13 dipendenti palestinesi dell'Organizzazione delle Nazioni Unite;
è gravissimo, a parere dell'interrogante, che il governo del premier Ariel Sharon possa impunemente organizzare e portare a termine l'uccisione di civili inermi confidando in una sorta di impunità che il silenzio della comunità internazionale contribuisce ad assicurare -:
se non ritenga urgente e doveroso intervenire presso le opportune sedi diplomatiche sostenendo la necessità del rispetto, da parte di Israele, dei diritti umani, la fine delle offensive armate nei territori, il rispetto del diritto internazionale e dell'azione degli organismi che, come l'agenzia delle Nazioni Unite Unrwa, assistono i profughi palestinesi.
(4-11179)

Risposta. - Il Governo ha sempre prestato una particolare attenzione alle problematiche sollevate dagli interroganti, in coerenza con il suo tradizionale e forte impegno per ricercare una soluzione pacifica e negoziata della crisi in Medio oriente.
L'Italia ha già espresso forte preoccupazione per le operazioni militari israeliane nei Territori occupati. Pur riconoscendo ad Israele il suo diritto a difendersi contro il terrorismo, nondimeno, come sempre ribadito dall'Unione europea e dalla comunità internazionale, tale diritto deve essere esercitato nel contesto della legalità internazionale.
Il Consiglio affari generali e relazioni esterne (CAGRE) dell'11 settembre 2004 ha ribadito in termini chiari l'opposizione per la natura sproporzionata delle azioni militari condotte nella striscia di Gaza e ha condannato ogni forma di terrorismo. Il Consiglio richiede dunque ad Israele di porre fine a tali violenze e di rispettare la Quarta Convenzione di Ginevra, in materia di diritto umanitario: ha rivolto un chiaro appello dunque, affinché l'esercito israeliano si astenga da azioni spropositate e cerchi di risparmiare ulteriori inutili sofferenze alla popolazione civile coinvolta, favorendo ogni iniziativa volta a prevenire un disastro umanitario.
Nel corso della 60a sessione annuale della Commissione per i Diritti umani (marzo-aprile 2004), un intero punto all'ordine del giorno dei lavori è stato consacrato alla questione dei diritti umani nei territori occupati.
In particolare, nel corso della predetta sessione è stata approvata la Risoluzione 2004/9, presentata dall'Unione europea, sugli insediamenti israeliani nei territori arabi occupati. La risoluzione invita Israele a prevenire ogni ulteriore espansione delle colonie esistenti nei territori arabi occupati. Il testo della risoluzione, inoltre, condanna le pratiche di distruzione delle infrastrutture civili palestinesi ad opera delle forze di sicurezza israeliane, richiamando Israele, come sopra accennato, al pieno rispetto delle Convenzioni di Ginevra sul diritto umanitario e sull'obbligo di protezione dei civili soggetti alla sua autorità; esprime altresì preoccupazione per la violenza dello scontro in atto e le sofferenze che essa causa sia alla popolazione israeliana che a quella palestinese e condanna il ricorso ad ogni atto di terrorismo (quale che ne sia quindi l'origine e la finalità).
Dopo un lungo ma infruttuoso negoziato con i Paesi arabi, invece, i
partners dell'Unione europea e l'Italia non hanno sostenuto la Risoluzione 2004/10 sulla situazione dei diritti umani nei territori occupati. Il testo della Risoluzione, predisposto dal Gruppo dei Paesi arabi, esprimeva infatti una denuncia unilaterale e sbilanciata nei riguardi delle violazioni commesse da Israele, omettendo alcuni punti essenziali dell'approccio che l'Unione europea riserva a tale problematica, ovverosia la condanna ferma ed assoluta del ricorso al terrorismo


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e la legittimità delle preoccupazioni israeliane in tema di sicurezza.
Il Governo italiano continuerà ad impegnarsi, d'intesa con i
partners europei e in stretto collegamento con le Parti, con gli Stati della regione e con gli altri principali attori internazionali, per favorire il raggiungimento di una pace giusta, duratura e complessiva, fondata su una soluzione bi-statuale.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Alfredo Luigi Mantica.

CENTO. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
il signor Francesco Conte, attualmente detenuto presso la casa circondariale di Pisa, è un individuo gravemente malato poiché a causa del suo peso di circa chilogrammi 230/250 è soggetto ad insufficienza respiratoria cronica, grave insufficienza venosa inferiore, cirrosi epatica, varici esofagee ed altre complicazioni;
per i suoi precedenti penali pendenti sono interessate diverse procure della Repubblica sul territorio nazionale poiché hanno per oggetto la stessa identica tipologia di reato;
nel corso del 2003 il detenuto, che si trovava presso la casa circondariale di Genova, si è visto revocare varie volte, nonostante una perizia medica che convalidava la sua incompatibilità con il regime carcerario richiesta dal GIP competente, l'ordinanza di detenzione domiciliare delle pene con l'uso di molteplici permessi durante il giorno per esigenze di ordine terapeutico;
nell'aprile 2004 il carcere di Genova, non potendo detenere oltre il signor Conte presso il reparto sito all'interno dell'ospedale San Martino (reparto che per le caratteristiche era assolutamente inidoneo ad ospitare il detenuto), ha disposto il trasferimento del medesimo presso il carcere di Pisa ritenuto il più idoneo ad accogliere il Conte;
ora il signor Conte vive recluso in una cella del reparto ospedaliero del carcere di Pisa di circa due metri per quattro, il suo letto non è assolutamente idoneo a sopportare il suo peso e non ha una parte reclinabile per permettergli di stare eretto visti i gravi problemi respiratori, non vi sono attrezzature che permettano di spostare il signor Conte che è costretto a letto 24 ore su 24 in una postura innaturale che aggrava ancora di più la sua salute, da quasi un mese non viene lavato e difficilmente riesce ad utilizzare i servizi igienici, l'uomo è coperto di piaghe da decubito e versa in uno stato di prostrazione psicologica con perdita di lucidità mentale e crisi respiratorie;
nonostante una recente relazione del D.S. del carcere di Pisa in cui si evidenzia l'incompatibilità del detenuto con l'attuale struttura carceraria, il magistrato di sorveglianza non ha ancora provveduto per la concessione degli arresti domiciliari -:
se sia a conoscenza dei fatti e se questi corrispondano al vero;
quali iniziative urgenti intenda intraprendere per tutelare la salute di questo detenuto.
(4-10356)

Risposta. - Con riferimento all'interrogazione in esame, si rappresenta che il detenuto Francesco Conte è giunto presso il Centro Diagnostico Terapeutico annesso alla Casa circondariale di Pisa il 28 maggio 2004, proveniente direttamente dall'Ospedale San Martino di Genova.
Le sue condizioni di salute (legate ad una grave obesità, il suo peso risultava di kg. 270) sono risultate immediatamente compromesse e, già in data 31 maggio 2004, il Dirigente sanitario dell'istituto ha ritenuto opportuno redigere una certificazione sanitaria ove venivano evidenziati i gravissimi problemi di gestione logistica (mancanza di letto attrezzato e carrozzina).
Veniva, inoltre, predisposto un servizio infermieristico attivo per tutto l'arco delle 24 ore. Difatti, giornalmente un infermiere provvedeva alle opportune manovre di movimento ed ad ogni altra incombenza (atti


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fisiologici, pulizia, medicazione delle piaghe da decubito ed altro).
Pertanto, pur in presenza di un quadro clinico complesso, il detenuto è stato curato e gestito con dignità.
Malgrado ciò, il Conte ha subito un aggravamento delle condizioni fisiche e psichiche e, in data 19 luglio 2004, è stata redatta nei suoi confronti una certificazione con la quale è stato comunicato alle Autorità competenti il peggioramento delle condizioni di salute del detenuto.
In data 26 luglio 2004 l'Autorità giudiziaria competente ha concesso al Conte gli arresti domiciliari.
Il Ministro della giustizia: Roberto Castelli.

CORONELLA. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
la metanizzazione della provincia di Avellino è stata affidata in regime di concessione alla Sidigas spa con sede in Avellino;
tale società, a seguito di tormentate vicende interne, finì, per un arco di tempo abbastanza lungo, in amministrazione giudiziaria;
l'amministratore giudiziario rilevò una serie di irregolarità amministrative molto rilevanti, irregolarità che, per gli evidenti rilievi penali, erano finite, all'attenzione della Procura della Repubblica di Avellino;
il rilievo penale della vicenda riguardava, in particolare, la presunta fatturazione da parte della SIDIGAS di lavori mai realizzati;
i fatti e le denunce di cui sopra risalgono a tempi ormai remoti nel corso dei quali, nonostante le ripetute sollecitazioni da parte dei denuncianti, le indagini non hanno prodotto alcun risultato noto;
i termini per le indagini preliminari sono abbondantemente scaduti senza che sia stato possibile appurare se i manufatti fatturati dalla SIDIGAS e rimborsati dal Ministero esistano veramente, fatto oggettivamente facile da verificare -:
le ragioni per le quali la Procura della Repubblica di Avellino, a distanza di anni, non abbia ancora concluso le indagini su una vicenda che, ad opinione dell'interrogante, non sembra presentare grandi difficoltà investigative.
(4-09550)

Risposta. - Con riferimento all'interrogazione in argomento, si rappresenta quanto segue.
La Procura della Repubblica presso il Tribunale di Avellino ha comunicato che, in ordine ai fatti segnalati nell'atto di sindacato ispettivo, ha iscritto il fascicolo n. 3035/02, al quale sono stati riuniti i fascicoli nn. 4198/02 e 6117/02. L'attività d'indagine è stata delegata al Comando nucleo provinciale di Polizia Tributaria di Avellino.
Gli indagati sono stati identificati ed iscritti in data 12 marzo 2003.
Pertanto, il Pubblico Ministero, titolare delle indagini, ha chiesto al locale Giudice delle Indagini Preliminari la proroga del termine delle indagini preliminari nei confronti dei quattro indagati.
Il predetto giudice ha provveduto ad inoltrare ai competenti Uffici Notifiche la richiesta di effettuazione della notifica dell'atto agli indirizzi, indicati dalla Procura per ciascun indagato nella richiesta di proroga sopra indicata.
La notifica nei confronti di un indagato non è andata a buon fine in quanto lo stesso non è risultato reperibile sia nel luogo di residenza che nella sede di lavoro.
L'indagato è risultato, altresì, trasferito «senza lasciare indirizzo» e la relativa relata negativa è pervenuta all'Ufficio G.I.P. solo in data 6 febbraio 2004.
Il G.I.P. ha disposto, con apposito decreto, l'effettuazione di nuove ricerche, preliminari all'emissione del decreto di irreperibilità.
In data 17 giugno 2004 il predetto giudice ha restituito gli atti del procedimento penale al P.M. con provvedimento di concessione del richiesto termine di proroga delle indagini fino al 12 dicembre 2004.


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Inoltre, il Comando provinciale di Polizia Tributaria di Avellino ha depositato il 30 luglio 2004 copiosa documentazione riepilogativa dell'attività investigativa svolta dal maggio 2003. Detta documentazione è all'esame del Pubblico ministero, titolare del procedimento.
Il Ministro della giustizia: Roberto Castelli.

DEIANA. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
nel territorio del comune di Vezzano, provincia di La Spezia, all'interno della collina, in un area dell'Aeronautica militare ma contigua ad abitazioni di tipo civile, è localizzato un deposito di carburante per aerei a reazione, in particolare, utilizzato dalla base di Aviano. I carburanti speciali arrivano al terminai marittimo spezzino via mare e vengono da li pompati per raggiungere, attraversando un intero quartiere, i grossi serbatoi interrati che si trovano sotto la collina di Vezzano da dove il carburante, con un oleodotto, viene quindi fatto arrivare alla base di Aviano;
l'oleodotto, un manufatto vecchio di almeno 45 anni, passa nell'immediata prossimità della falda acquifera che serve gran parte della provincia di La Spezia. Gli abitanti della zona hanno più volte segnalato alle competenti autorità locali la presenza di un forte odore di idrocarburi nell'acqua delle condutture domestiche;
come riportato dalla stampa (La Nazione 23 ottobre 2003) dal giugno 2003 erano in corso lavori di manutenzione e in concomitanza con tali lavori si è avuta nella giornata del 21 ottobre 2003, una grossa perdita di liquidi inquinanti che ha raggiunto un portavia delle acque piovane che versa direttamente nel vicino canale;
su tale incidente, che potrebbe avere gravi ripercussioni e sull'ambiente e sugli abitanti del territorio, denunciato da forze politiche e abitanti delle zona, stanno ora effettuando controlli chimici gli ispettori dell'Arpal -:
se esista in questo caso un piano di protezione civile da attuare per le aree interessate dal rischio;
che cosa intenda fare il Governo per evitare che tali incidenti tornino a ripetersi e quali iniziative intenda prendere per risanare una situazione sempre più compromessa dalla presenza nella zona di questa struttura dell'Aeronautica militare che per la sua contiguità con le abitazioni civili e lo stato di fatiscenza, rappresenta ormai un rischio quotidiano per la popolazione.
(4-11102)

Risposta. - In merito a quanto indicato nell'atto di sindacato ispettivo in esame, riguardante un deposito di carburante per aerei situato nel territorio del Comune di Vezzano Ligure (La Spezia), si rappresenta che tale impianto militare di stoccaggio e trasferimento di carburante e combustibile per aviogetti è utilizzato per la difesa nazionale ed internazionale (Nato).
Tale impianto, denominato «POL NATO Nord Italia», di proprietà dell'Amministrazione Difesa, è gestito dalla società I.G. SpA in base al contratto n. 136 del 30 novembre 2000. L'impianto, realizzato negli anni sessanta, sottoposto annualmente a Valutazione di efficienza manutentiva e prontezza operativa da parte della Nato, nonché oggetto di ispezione semestrale BVQ dei processi lavorativi a norme ISO 9001, è da ritenersi efficiente e funzionante.
Per consentire la realizzazione di un piano di intervento per opere di manutenzione straordinaria dell'impianto, si è resa necessaria l'interruzione dell'attività del deposito e della stazione di pompaggio, la cui ripresa è prevista per la fine del 2004.
Il 21 ottobre 2003 presso l'impianto in questione, precisamente nel Rio Mulinello, adiacente al lato esterno della recinzione dell'area, è stata rilevata la presenza di aroma di carburante e tracce di una sostanza oleosa surnatante. Tale sostanza fuoriusciva da una tubazione in plastica del diametro di 200 millimetri collocata sul


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fondo del Rio Mulinello; il terminale della condotta dal quale fuoriusciva la sostanza era posto ad una distanza di 11 metri dal confine dell'area di proprietà dell'aeronautica.
Inizialmente, dalla tubazione fuoriusciva una quantità di miscela di acqua e carburante con portata oraria pari a circa 6 litri. Il primo intervento, realizzato il giorno stesso in cui si è verificato l'incidente suddetto, finalizzato ad evitare lo spandimento della miscela a valle del punto di fuoriuscita, è stato effettuato dalla ditta Sepor, su incarico dell'Arpal di La Spezia.
Le operazioni preliminari di messa in sicurezza sono consistite nella posa di uno sbarramento a valle del punto di fuoriuscita della miscela, la posa di panne oleoassorbenti per carburanti ed il recupero dell'acqua contaminata, trasportata da un'apposita autobotte.
Dal 22 ottobre 2003 le operazioni di messa in sicurezza sono state eseguite direttamente dalla Società I.G. Spa di concerto con gli Enti di controllo; in tale data si è anche proceduto al recupero di tutto il percolato proveniente dalla tubazione.
Tutto il liquido recuperato è stato, quindi, stoccato e sigillato in un apposito contenitore; la quantità di acqua inquinata recuperata è stata pari a circa 750 litri, con un quantitativo di sostanza inquinante di circa 1 litro.
In conclusione, si può affermare che il quantitativo di combustibile fuoriuscito è stimabile in meno di 90 litri, che si è riversato in una vasca di cemento. Come risulta dalla verifica condotta dall'Arpal, solo una esigua quantità di carburante può essersi riversata nel sottosuolo fino ad intercettare il portavia (costituito da una vecchia tubazione in abbandono non riportata negli schemi dell'impianto militare) che sbocca nel Canale Mulinello.
Successivamente, in data 27 febbraio 2004, si è svolta presso il Comune di Vezzano Ligure una Conferenza di Servizi nel corso della quale è stato approvato il Piano di Caratterizzazione, ai sensi dell'articolo 10 del decreto ministeriale n. 471 del 25 ottobre 1999, presentato dalla Società I.G. SpA per il deposito carburanti in Val Mulinello.
Nel corso dell'ultima Conferenza di servizi, tenutasi il 21 settembre 2004 presso il Comune di Vezzano Ligure, sono stati valutati i risultati ottenuti con il Piano di Caratterizzazione suddetto, sulla base della relazione tecnica finale dell'indagine ambientale presentata dalla Soc. I.G. SpA.
In merito, poi, alla proposta di non procedere alla fase di progettazione preliminare di bonifica, si è deciso, sempre nella suddetta Conferenza, di effettuare una campagna di monitoraggio delle acque superficiali e sotterranee, con campionamenti anche nel periodo autunnale, prima di assumere una definitiva decisione al riguardo.
Riguardo all'esistenza di un piano di protezione civile da attuare per le aree interessate dal rischio, occorre far presente che il decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 334, recante: «Attuazione della direttiva 96/82/CE relativa al controllo dei pericoli di incendi rilevanti connessi con determinate sostanze pericolose», all'articolo 4, 1o comma, lettera
a), prevede espressamente l'esclusione dell'applicazione del decreto stesso «per gli stabilimenti o i depositi militari».
Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio: Altero Matteoli.

DELMASTRO DELLE VEDOVE. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio. - Per sapere - premesso che:
il vertice del Consiglio Europeo, tenutosi a Bruxelles il 17 e 18 giugno 2004 ha formulato l'esortazione ad attuare finalmente le misure per il conseguimento dell'obiettivo di arrestare il declino delle biodiversità entro il 2010;
l'obiettivo è per un verso importante e per altro verso ambizioso, ed esige una forte determinazione sia a livello nazionale che a livello continentale;
il termine fissato dal Consiglio Europeo appare, fra l'altro, decisamente vicino -:


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quali siano i programmi e le attività in essere o in previsione per raggiungere, entro il 2010, insieme con gli altri Paesi del continente europeo, l'obiettivo di arrestare il declino delle biodiversità.
(4-10505)

Risposta. - In merito all'interrogazione in esame, concernente i programmi e le attività in essere o in previsione per raggiungere entro il 2010, insieme con gli altri Paesi del continente europeo, l'obiettivo di arrestare il declino della Biodiversità, da parte del Ministero dell'Ambiente e della tutela del territorio, si fa presente che, per quanto riguarda l'impegno del Governo italiano di raggiungere il predetto obiettivo, va rammentata la sottoscrizione dell'Italia al «Messaggio di Malahide, 25-28 maggio 2004», scaturito dalla riunione «Biodiversità e UE» in cui sono stati analizzati gli sviluppi della strategia per la biodiversità nei Paesi U.E.
Tra i vari temi affrontati è stata promossa l'iniziativa IUCN
«Count Down 2010».
L'Italia è, comunque, attivamente impegnata nel processo europeo per la conservazione della biodiversità anche attraverso l'attuazione delle Direttive 79/409/CEE «Uccelli» e 92/43/CEE
«Habitat», con la relativa realizzazione della rete di siti Natura 2000.
Inoltre, è in via di predisposizione un «Rapporto sullo stato della Biodiversità» ed il successivo «Piano d'Azione per la Biodiversità».
È utile menzionare anche l'iniziativa che si terrà in Italia nel mese di aprile 2005, denominata
«Open-ended Working Group Ad Hoc» sulle Aree Protette sempre nell'ambito della Convenzione sulla Biodiversità.
Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio: Altero Matteoli.

DELMASTRO DELLE VEDOVE. - Al Ministro per le politiche comunitarie. - Per sapere - premesso che:
nel notiziario mensile predisposto dal servizio per il controllo parlamentare della Camera dei Deputati, édito dalla Camera dei Deputati il 30 giugno 2004, nella tabella analitica per Ministero su atti inviati e atti attuati dall'inizio della XIV legislatura al 30 giugno 2004 emergono i seguenti dati;
il Ministero delle Politiche Comunitarie ha ricevuto 27 atti e ne ha attuati 6, con una percentuale di attuazione che viene indicata nella percentuale, certamente non esaltante, del 22,22 per cento;
fra l'altro è opportuno osservare e sottolineare che il Ministero delle Politiche Comunitarie, la cui importanza è, nel corso degli anni, costantemente lievitata, ha ricevuto un numero di atti tutto sommato abbastanza ridotta, sicché appare difficile comprendere le ragioni della bassa percentuale di attuazione;
è possibile peraltro che vi siano serie giustificazioni per comprendere il senso di una percentuale di attuazione del 22,22 per cento ed è opportuno che tali giustificazioni vengano rese pubbliche proprio ai fini di tutelare l'immagine del Ministero delle Politiche Comunitarie -:
quali siano le ragioni oggettive che hanno condotto ad una percentuale di attuazione degli atti pervenuti pari soltanto al 22,22 per cento, tenuto conto, in particolare, del basso numero di atti ricevuti.
(4-10962)

Risposta. - Con riferimento all'interrogazione in argomento è necessario evidenziare quanto segue:
1. dei 27 atti, in due casi si è proceduto a delegare per la risposta le Amministrazioni competenti per materia;
2. in altre circostanze è stato rilevante assicurare, nel corso della Legislatura, sostanziale attuazione di quanto richiesto in sede di attività di controllo parlamentare; si citano in merito i seguenti punti:
designazione di Parma come sede dell'Agenzia europea per la sicurezza alimentare;


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attuazione della direttiva 2000/53/CE relativa ai veicoli fuori uso;
attuazione della direttiva 2002/36/CE in materia di prodotti di cacao destinati all'alimentazione umana;
introduzione nel testo delle leggi comunitarie annuali di una specifica disposizione che imputi la copertura degli oneri connessi all'attuazione delle direttive comunitarie;
attuazione della direttiva 2000/35/CE in materia di ritardo dei pagamenti nelle transazioni commerciali;
applicazione della normativa comunitaria relativa all'affidamento dei servizi pubblici locali;
attuazione della direttiva 2002/73/CE relativa alla parità di trattamento tra gli uomini e le donne per l'accesso al lavoro, prevista nella legge comunitaria 2003;
3. in altri casi, gli atti di indirizzo implicano la realizzazione di attività parlamentare di tale ampiezza da prolungare il tempo necessario alla relativa ottemperanza fino a coincidere, di fatto, con l'intero arco della legislatura. Si cita, ad esempio il disegno di legge A.S. 2386 approvato dalla Camera il 3 luglio 2003, recante «Norme generali sulla partecipazione dell'Italia al processo normativo dell'Unione europea e sulle procedure di esecuzione degli obblighi comunitari», in cui si colgono alcune significative innovazioni come la partecipazione del Parlamento al processo di formazione delle decisioni comunitarie;
4. nella residua ipotesi, il ministero per le politiche comunitarie, pur dovendo fronteggiare le evidenti difficoltà recate dal proprio ruolo istituzionale di coordinamento con le amministrazioni pubbliche interessate nelle varie fasi di applicazione della normativa comunitaria, ha non di meno avviato tutte le attività utili al conseguimento della piena ottemperanza a quanto richiesto dai competenti organismi parlamentari, tenuto conto dei tempi necessari per la trasposizione della normativa comunitaria in quella interna.
Il Ministro per le politiche comunitarie: Rocco Buttiglione.

DILIBERTO, SGOBIO e PISTONE. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
il 7 settembre 2004 due ragazze italiane, Simona Torretta di Roma e Simona Pari di Rimini, entrambe 29enni, insieme a due iracheni (un ingegnere e una operatrice) sono state rapite a Baghdad;
le due giovani, come anche l'ingegnere iracheno, appartengono all'organizzazione umanitaria «Un Ponte per...», operativa nella capitale irachena dal 1991, dalla fine della prima guerra del golfo;
le due ragazze italiane erano in Iraq per lavorare al progetto «Farah», che, in arabo, significa «speranza», un progetto multimediale per l'educazione e il gemellaggio scolastico, realizzato in collaborazione con l'Unicef;
lo stesso giorno del rapimento, nel corso dell'audizione davanti al «Comitato parlamentare di controllo sui servizi di informazione e sicurezza», e poche ore prima della notizia del sequestro delle due volontarie italiane a Baghdad, il direttore del Sismi (il servizio segreto militare), Niccolò Pollari, ha sottolineato i rischi «alti» per possibili attentati contro il contingente militare italiano in Iraq, la rappresentanza diplomatica e più in generale contro cittadini italiani, in particolare di donne, per l'alto impatto emotivo che queste azioni avrebbero avuto;
fonti dei servizi segreti spiegano che il sequestro di Simona Pari e Simona Torretta e degli altri due operatori iracheni delle Ong italiane costituisce un «innalzamento del livello di scontro» da parte dei terroristi, che dopo il sequestro di Enzo Baldoni e dei due giornalisti francesi, ora - con il rapimento di due volontarie di associazioni umanitarie - «intendono, tra l'altro, delegittimare il


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governo iracheno, mettendo nel mirino quelli che lo aiutano», anche tenuto conto del fatto che il rapimento è avvenuto proprio alla vigilia della visita in Italia del presidente iracheno, Ghazi Al Yawar, atteso venerdì 10 settembre a Roma;
sempre secondo fonti dei servizi segreti, l'innalzamento del livello di scontro «è tangibile anche nelle modalità del rapimento», compiuto da un commando che aveva preparato l'azione «in ogni dettaglio» e che ha agito nel pieno centro di Baghdad, una zona teoricamente blindata;
le conseguenze della guerra all'Iraq sono ormai devastanti: aumenta ogni giorno il numero dei civili iracheni uccisi ed ogni giorno di più si alimenta l'orrore del terrorismo;
a parere degli interroganti, da parte del Governo italiano un atto di responsabilità sarebbe quello di far rientrare i nostri militari che si trovano in Iraq: sarebbe l'unico gesto vero, possibile e coraggioso, per fermare l'orrore della guerra e del terrorismo -:
anche alla luce di quanto dichiarato dal generale Pollari e riportato in premessa, se non ritenga opportuno attivarsi immediatamente sia presso le autorità locali e sia presso le autorità militari italiane impegnate in Iraq al fine di conoscere la reale dinamica del rapimento e nell'intento di accertare come sia stato possibile che i contingenti militari italiani, che dovevano essere presenti anche per proteggere i civili, come nel caso in questione, non siano assolutamente nella condizione di farlo lasciando così drammaticamente soli anche chi lavora sul versante umanitario -:
se non ritenga necessario, utile ed indispensabile rilanciare una seria e opportuna politica diplomatica, capace di riprendere il dialogo con l'intero mondo musulmano;
come intenda intervenire rapidamente per liberare i nostri concittadini e per tutelare la sicurezza delle associazioni e i numerosi volontari italiani che da anni lavorano in Iraq per la pace e lo sviluppo.
(4-10778)

Risposta. - La trattativa per la liberazione di Simona Pari e Simona Torretta, ha costituito un'operazione estremamente complessa che ha visto sviluppare, in un comune sforzo da parte delle Istituzioni e degli apparati dello Stato, un'articolata azione sul fronte politico-diplomatico e di intelligence, che ha infine permesso la liberazione delle nostre due connazionali. Sull'insieme e su specifici aspetti di questa delicata operazione il Parlamento è stato recentemente informato nelle appropriate sedi istituzionali.
In occasione del rapimento delle due volontarie italiane si è nuovamente aperto il dibattito sulla sicurezza dei cittadini italiani attualmente presenti in Iraq. Si tratta ovviamente di un aspetto che è stato sempre oggetto di attenzione prioritaria da parte delle autorità italiane.
La presenza di nostri connazionali in Iraq, fin dal principio della crisi tuttora in corso, è stata infatti costantemente monitorata da parte del Ministero degli Esteri, in coordinamento con la nostra Ambasciata a Baghdad e con tutti gli altri organi militari e civili dello Stato impegnati in Iraq; si è inoltre mantenuto uno stretto collegamento anche con i rappresentanti dei media, con il mondo del volontariato e delle Organizzazioni Non Governative operanti su mandato del Governo o autonomamente, con le imprese e gli operatori presenti nel paese.
A tal fine è stata costituita presso l'Unità di crisi della Farnesina una specifica struttura - dotata di personale specializzato e di tecnologie avanzate - cui fa capo un centralino operante 24 ore su 24. In base ai controlli e rilevamenti compiuti, una scheda di situazione viene aggiornata con cadenza quotidiana e contestualmente diffusa - in rispetto della legge sulla
privacy - ad un numero determinato di uffici governativi. Questa azione di costante monitoraggio è mirata anche a rilevare, ove possibile, la presenza di connazionali che omettano, a qualsiasi titolo e nonostante il contrario avviso del Governo, di segnalare alle Autorità italiane la propria presenza in Iraq.


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Dal principio della crisi irachena il Ministero degli esteri - non essendo possibile dal punto di vista giuridico limitare coercitivamente la libertà di movimento dei nostri cittadini - ha invariabilmente sconsigliato di recarsi «a qualsiasi titolo nel Paese», raccomandando di rinviare, «vista la costante grave minaccia di attacchi diretti contro cittadini e/o istituzioni dei Paesi membri della coalizione, anche i viaggi ritenuti assolutamente necessari per motivi di lavoro». Tali raccomandazioni sono state ribadite in comunicati stampa ampiamente ripresi dagli organi di informazione, con cui la Farnesina ha confermato l'opportunità che «sia quanto più possibile limitata la presenza in Iraq di italiani che non svolgono funzioni istituzionali».
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Alfredo Luigi Mantica.

FISTAROL. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
risulta all'interrogante che il Presidente del Tribunale di Belluno, ha richiesto, al Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Belluno, un parere in merito alla possibile riduzione temporanea del ruolo e del carico della sezione distaccata di Pieve di Cadore e ciò per far fronte alle carenze di organico sia del Tribunale di Belluno che della sezione stessa;
l'attuazione di tale intento potrebbe costituire un precedente rischioso in quanto potrebbe far preludere ad una soppressione della sezione stessa, con la prospettiva di un indebolimento delle funzioni e delle caratteristiche anche del Tribunale di Belluno;
già in passato, nel 1997, tale rischio è stato scongiurato con l'intervento sia delle pubbliche amministrazioni che delle forze politiche e dei loro rappresentanti in loco, che del Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Belluno e della stessa Presidenza del Tribunale di Belluno;
il Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Belluno manifesta l'assoluta e ferma contrarietà alla richiesta avanzata dal Presidente del Tribunale di Belluno;
la persistente inadeguatezza dell'organico dei Giudici, dei Cancellieri e degli Operatori del Tribunale di Belluno e della sezione distaccata di Pieve di Cadore denota, ad avviso dell'interrogante, l'insufficiente attenzione da parte del competente Ministero alle esigenze di amministrazione della giustizia per un Tribunale il cui Circondario riguarda un territorio di vastissima estensione e di particolare specificità;
in territori montani e morfologicamente particolari come il Cadore permangono i servizi pubblici essenziali e quelli già esistenti e ciò a garanzia contro lo spopolamento ed il depauperamento già in atto da alcuni anni -:
se non ritenga opportuno attivarsi affinché sia assicurata la copertura dell'organico amministrativo e giudiziario del Tribunale di Belluno e della sezione distaccata di Pieve di Cadore e ciò con sollecitudine al fine di scongiurare qualsiasi ipotesi di riduzione della funzionalità del tribunale e della sezione distaccata;
se in ogni caso non ritenga necessario mantenere la piena funzionalità, del ruolo e dell'organico della sezione distaccata di Pieve di Cadore.
(4-07227)

Risposta. - Con riferimento all'interrogazione in esame, con la quale si richiede la copertura dell'organico del personale amministrativo e di magistratura del Tribunale di Belluno e della sezione distaccata di Pieve di Cadore, si rappresenta quanto segue.
Le piante organiche del personale di magistratura ed amministrativo del Tribunale di Belluno constano, nel complesso, rispettivamente di 11 e 57 posti, mentre la dotazione organica amministrativa complessiva della sezione di Pieve di Cadore è costituita da 11 posti.
La situazione dettagliata dei due uffici è la seguente:
Tribunale di Belluno: personale di magistratura: Presidente: 1; Giudice: 10; totale: 11.


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Personale della cancelleria: Dirigente: 1; C3 Direttore di cancelleria: 1; C2 Cancelliere: 5; C1 Cancelliere: 9; B3 Cancelliere: 7; B3 Operatore giudiziario: 2; B2 Operatore giudiziario: 12; B1 Operatore giudiziario: 2; B1 Ausiliario (autista): 2; A1 Ausiliario: 2; Totale: 43.
Personale dell'ufficio notifiche, esecuzioni e protesti: C2 Ufficiale giudiziario: 2; C1 Ufficiale giudiziario: 5; B3 Ufficiale giudiziario: 3; B2 Operatore giudiziario: 4; Totale: 14.
Sezione di Tribunale di Pieve di Cadore: C2 Cancelliere: 1; C1 Cancelliere: 1; B3 Cancelliere: 1; B2 Operatore giudiziario: 2; A1 Ausiliario: 1; Totale: 6.
Personale dell'ufficio notifiche, esecuzioni e protesti: C2 Ufficiale giudiziario: 1; C1 Ufficiale giudiziario; 2; B3 Ufficiale giudiziario: 1; B2 Operatore giudiziario: 1; Totale: 5.
Il Tribunale di Belluno e la sezione distaccata di Pieve di Cadore sono già stati oggetto di modifiche delle dotazioni organiche con i decreti ministeriali 20 gennaio 1994, 1o giugno 1999, 30 dicembre 2000 e 6 aprile 2001, modifiche che hanno avuto l'effetto di ampliare, seppur minimamente, alcuni profili professionali riducendone contestualmente altri, al fine di meglio equilibrare le risorse degli uffici.
La dotazione organica dei magistrati del Tribunale non presenta al momento posti vacanti. Tuttavia, in conseguenza del trasferimento della dott.ssa Michela Rizzi al Tribunale di Vicenza (deliberato dal Consiglio superiore della magistratura in data 22 luglio 2004), la situazione organica del Tribunale di Belluno presenterà, nel breve periodo, la scopertura di uno dei dieci posti di giudice previsti dall'organico di detto Ufficio.
L'assetto organizzativo interno al Tribunale subirà pertanto le opportune modificazioni allorquando gli effetti del suddetto trasferimento inizieranno a riverberarsi sulla attuale distribuzione dei carichi di lavoro fra i magistrati presenti in servizio.
Da informazioni acquisite per le vie brevi, peraltro, è risultato verosimilmente da escludersi che gli effetti anzidetti possono tradursi in una modificazione dell'assetto allo stato vigente presso la Sezione distaccata di Pieve di Cadore (delineato dalla segnalazione tabellare del 14 gennaio 2004).
Si illustra nel dettaglio l'assetto organizzativo interno di detto ufficio, che è stato rimodellato dal Presidente del Tribunale bellunese alla luce della nuova situazione creatasi con provvedimento di segnalazione tabellare in data 14 gennaio 2004, in conseguenza del possesso di un magistrato che ha completato il relativo organico.
Con particolare riferimento alla sezione distaccata di Pieve di Cadore, il provvedimento in parola ha designato (a far tempo dal 1o maggio 2004) il dottor Federico Montalto quale magistrato togato addetto alla sezione distaccata in sostituzione della dott.ssa Elisabetta Scolozzi (tramutata alla sede centrale all'esito di un concorso interno indetto allo scopo di dare copertura ad un posto di giudice del dibattimento penale); l'assegnazione del dottor Montalto alla sezione di Pieve di Cadore non assume, peraltro, carattere di esclusività, essendo quest'ultimo altresì incaricato presso la sede principale del Tribunale dello svolgimento delle funzioni di giudice delegato alle procedure concorsuali unitamente ad altri due magistrati togati.
Al dottor Montalto, dunque, è stata attribuita tanto la cura del ruolo civile già assegnato alla dott.ssa Scolozzi presso la sezione distaccata di Pieve di Cadore, quanto l'espletamento delle funzioni penali presso la sezione medesima non delegabili ai giudici onorari di Tribunale (individuati nelle dott.sse Maria Claudia Pantano e Cristina Cittolin).
Si rappresenta, peraltro, che la situazione sopra descritta costituisce, allo stato (ed in ordine alla sezione distaccata in argomento) anche la base propositiva delle tabelle di composizione valevoli per il biennio 2004/2005.
Va inoltre precisato che da informazioni acquisite presso l'Ufficio di Presidenza del Tribunale di Belluno è emersa la natura esclusivamente informale dei contatti sin qui intervenuti tra il Capo dell'Ufficio bellunese ed alcuni esponenti della locale classe forense.


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Tali contatti, a valenza meramente ricognitiva, hanno avuto lo scopo di sondare l'orientamento generale della predetta classe al fine di valutare l'opportunità di intraprendere eventuali iniziative ai sensi dell'articolo 48-
quinquies, comma 2, dell'Ordinamento giudiziario.
Sulla scorta del citato comma, in particolare, il Presidente del Tribunale, al ricorrere di peculiari esigenze e sentiti il Consiglio dell'Ordine degli Avvocati, può adottare un provvedimento nel quale sia disposto che gruppi omogenei di procedimenti vengano trattati presso la sede principale del Tribunale anziché presso la sezione distaccata competente per il luogo in ragione del quale si è determinata l'originaria competenza territoriale.
La concreta attuazione del disposto normativo di cui sopra in ordine alla sezione distaccata di Pieve di Cadore, peraltro, ha caratterizzato l'assetto organizzativo del circondario bellunese tanto nella proposta di formazione tabellare valevole per il biennio 2000/2001 (formulata col consenso del foro locale sul punto ed approvata dal Consiglio Superiore della Magistratura con deliberazione in data 12 luglio 2001) quanto nella successiva proposta valevole per il biennio 2002/2003.
Per quanto riguarda il personale amministrativo del Tribunale di Belluno, delle 43 unità previste, sono presenti 34, più 1 unità in
part-time.
Prestano inoltre servizio, non conteggiate nell'organico 2 unità di personale a tempo determinato (ex Lavoratori socialmente utili), i cui contratti sono stati prorogati ai sensi dell'articolo 13, comma 62 della legge 24 dicembre 2003, n. 350 (legge finanziaria 2004), e 1 unità di personale comandata dall'Ente Poste Italiane SpA.
Pertanto le presenze effettive salgono a 37 unità, più 1 unità in
part-time.
Con decreto ministeriale 6 aprile 2001, a seguito del mutato assetto organizzativo e ordinamentale conseguente alla stipula del contratto integrativo di amministrazione, sono state modificate le dotazioni organiche dell'Amministrazione giudiziaria ed in particolare nell'Ufficio in esame è stato aumentato l'organico di cancelliere C2 (2 unità), cancelliere B3 (2 unità) ed è stato istituito l'organico di operatore giudiziario B3 (2 unità).
Si fa presente che presso detto Ufficio ha assunto possesso, in data 1o aprile 2004, la Sig.ra Piccin Michela, cancelliere C1 proveniente da altra amministrazione, anche se l'incremento di tale unità è compensato dall'uscita di un cancelliere B3, sig.ra Angiolino Maria Antonietta, trasferita d'ufficio alla Sezione distaccata di Pieve di Cadore.
Delle 14 unità previste presso l'Ufficio NEP del Tribunale di Belluno, 9 risultano presenti a seguito dell'assegnazione di due operatori giudiziari B2 provenienti dal Tribunale di Belluno, ove prestavano servizio in regime di
part time, ora trasformato in full time.
Con decreto ministeriale 6 aprile 2001 di revisione delle piante organiche è stato aumentato l'organico di Ufficiale giudiziario C1 (1 unità) ed istituito l'organico di Ufficiale giudiziario C2 (2 unità).
Delle 6 unità di personale amministrativo, previste in organico, nella Sezione distaccata di Pieve di Cadore del Tribunale di Belluno, sono presenti 5 unità a seguito del trasferimento, già menzionato, della Sig.ra Angiolino dal Tribunale di Belluno e dell'immissione in servizio, in data 20 aprile 2004, dell'ausiliario A1 Sig.ra Colotto Alda, trasferita a domanda dall'Ufficio del Giudice di pace di Cortina d'Ampezzo.
Nell'Ufficio NEP presso la Sezione distaccata di Pieve di Cadore, delle 5 unità previste, 3 sono presenti a seguito del trasferimento a domanda dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Treviso con contestuale trasformazione del rapporto di lavoro a
full time, della Sig.ra Roffarè Roberta, operatore giudiziario B2, la quale ha assunto possesso nel nuovo ufficio il 29 marzo 2004.
Con decreto ministeriale 6 aprile 2001, di revisione delle piante organiche, è stato istituito l'organico di Ufficiale giudiziario C2 (1 unità).
Gli altri posti vacanti nel Tribunale di Belluno e nella Sezione distaccata di Pieve di Cadore potranno essere coperti all'esito delle procedure di riqualificazione riservate al personale dipendente.


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La copertura dei posti vacanti di ufficiale giudiziario, posizione economica C2 negli Uffici NEP citati sarà possibile solo all'esito delle procedure di riqualificazione sopra dette, in quanto tali posizioni economiche della figura professionale dell'ufficiale giudiziario sono state istituite
ex novo con il decreto ministeriale 6 aprile 2001.
Circa le vacanze di ufficiale giudiziario C1 si rappresenta che le medesime potranno essere coperte con i vincitori del concorso pubblico a 443 posti. Al riguardo si fa presente che è stata approvata la graduatoria relativa ai 58 posti per i distretti di Venezia, Trento e Trieste. È stata altresì richiesta al Dipartimento della Funzione Pubblica l'autorizzazione ad assumere i vincitori del predetto concorso ai sensi dell'articolo 39 della legge 27 dicembre 1997, n. 449 e successive modificazioni.
È inoltre in corso di definizione l'interpello per posti vacanti di ufficiale giudiziario C1 ai sensi dell'articolo 19 dell'accordo sulla mobilità interna del personale del 28 luglio 1998, nel quale sono stati pubblicati i posti vacanti presso gli Uffici NEP di Belluno e Pieve di Cadore.
Giova comunque evidenziare che il Presidente della Corte di appello di Venezia può ricorrere all'applicazione di personale da altri uffici NEP del distretto ai sensi dell'articolo 32 e seguenti del decreto del Presidente della Repubblica 15 dicembre 1959, n. 1229, per fronteggiare temporaneamente le carenze di personale e salvaguardare la funzionalità degli Uffici NEP in esame.
Peraltro, ferma restando la necessità di intervenire con le assunzioni non appena possibile, si rileva che, allo stato, è possibile sopperire alla carenza di ufficiali giudiziari della posizione economica C1 mediante l'utilizzo, per alcune funzioni, del personale appartenente alla posizione economica B3 che attualmente nell'Ufficio NEP presso il medesimo Tribunale presenta 1 unità in soprannumero.
A tale proposito con circolare del 27 settembre 2002 del Dipartimento dell'organizzazione giudiziaria si ribadisce che il Contratto integrativo di amministrazione, sottoscritto il 5 aprile 2000 - il quale, in forza del rinvio operato dall'articolo 13, comma 5 del CCNL 1998/2001, ha integrato e specificato il sistema classificatorio già delineato con tale CCNL - ha unificato nella figura dell'ufficiale giudiziario i profili professionali di assistente e collaboratore UNEP.
Il Contratto integrativo, non distinguendo le funzioni di notificazione e di esecuzione degli atti, ha previsto, pertanto, una interfungibilità di tali funzioni che può assicurare, attraverso la flessibilità nell'impiego delle risorse umane, una maggiore efficienza del servizio.
È inoltre opportuno ricordare che con legge 13 febbraio 2001, n. 48 è stato disposto l'aumento del ruolo organico del personale di magistratura per complessive 1.000 unità.
Tale contingente verrà ripartito in fasi successive, attuate prima dello svolgimento della prova scritta di ciascuno dei tre concorsi banditi ai sensi dell'articolo 18 della stessa legge.
Il primo intervento di ripartizione, effettuato con decreto ministeriale 23 gennaio 2003 e che ha previsto l'assegnazione di 234 posti, era rivolto principalmente al soddisfacimento delle esigenze operative rilevate presso la Corte suprema di cassazione e le Corti di appello, oltre che alla realizzazione delle piante organiche dei magistrati distrettuali.
Per quanto riguarda gli uffici giudiziari di primo grado, è stato ritenuto opportuno procrastinare ai successivi provvedimenti la ripartizione delle ulteriori unità recate in aumento dalla legge suindicata, ripartizione la cui realizzazione è condizionata dall'espletamento delle prove scritte degli ulteriori concorsi di cui all'articolo 18 citato. A tal riguardo, si rappresenta che con decreto ministeriale 28 febbraio 2004, pubblicato nella
Gazzetta Ufficiale n. 17 del 2 marzo 2004 - 4a serie speciale, e con decreto ministeriale 23 marzo 2004 pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 26 marzo 2004 4a serie speciale, sono stati indetti due concorsi pubblici, per esami, rispettivamente a 380 posti e 350 posti di uditore giudiziario. Le date di svolgimento della prova preliminare saranno stabilite


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con successivi decreti ministeriali che saranno pubblicati nella Gazzetta Ufficiale.
Il Ministro della giustizia: Roberto Castelli.

FOTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della giustizia, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere quale sia lo stato dell'istanza di adozione di un minore straniero presentata dai coniugi Razzini Paolo (nato a Piacenza il 12 dicembre 1959) e Rossi Daniela (nata a Piacenza il 26 novembre 1961) ai quali con Decreto del Tribunale per i minorenni dell'Emilia Romagna del 4 febbraio 2004, è stata riconosciuta l'idoneità all'adozione.
(4-10508)

Risposta. - Va segnalato in primo luogo che le informazioni sullo stato dell'istanza di adozione di un minore straniero, presentata dai coniugi Razzini Paolo e Rossi Daniela, potranno essere richieste alla competente Commissione per le Adozioni internazionali istituita, a seguito dell'entrata in vigore della legge di ratifica della Convenzione de L'Aja del 29 maggio 1993, sulla tutela dei minori e la cooperazione in materia di adozione internazionale.
Detta Commissione ha sede presso la Presidenza del Consiglio dei ministri ed è costituita da rappresentanti di Amministrazioni Centrali, Regioni ed Enti locali.
Il Dipartimento della Giustizia minorile, per la parte di competenza, ha comunicato che i predetti coniugi, a seguito della dichiarazione di idoneità all'adozione emessa con provvedimento dell'autorità giudiziaria in data 26 gennaio 2004, hanno conferito incarico all'ente autorizzato «La Maloca» il 6 maggio 2004.
Come è noto, i tempi di definizione della procedura di adozione variano da un minimo di un anno ad un massimo di due anni, a seconda della disponibilità, più o meno ampia, concessa dagli istanti a conseguire l'affidamento di un minore e a stabilire che «quel minore» in stato di adozione risponda ai requisiti di «quella coppia».
Nel caso specifico, il tempo intercorso tra l'incarico all'ente e la definizione della procedura è risultato di quattro mesi, periodo ampiamente inferiore a quello previsto dalla legge.
Il Ministro della giustizia: Roberto Castelli.

FRAGALÀ. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
appare necessario un accertamento sul modo in cui si amministra il personale della polizia penitenziaria impiegato nel Dipartimento della Giustizia Minorile della Sicilia; si ritiene che, possa essere rappresentativo anche delle altre realtà siciliane, il caso dell'Istituto, C.P.A. di Caltanissetta;
l'Istituto Penale per Minori di Caltanissetta nell'anno 1998 è stato chiuso con decreto ministeriale a seguito del così denominato «Progetto 98»;
dal 1998 ad oggi la struttura, pur mantenendo tutto il personale in servizio: 30 unità di polizia penitenziaria (cinque Ispettori, otto sovrintendenti e diciassette fra agenti e assistenti) oltre alle dodici unità di personale amministrativo (un direttore educatore, un vice direttore educatore, due ragionieri, un autista, due addetti alla segreteria, eccetera) è rimasta aperta con funzioni di Centro di Prima Accoglienza, pur in presenza dei pochissimi ingressi (maschili e femminili) che non superano le dieci unità annue con una permanenza nella struttura di non oltre trentasei ore;
la suddetta attività presso il Centro di Prima Accoglienza di Caltanissetta, è iniziata nel mese di gennaio 2003;
sembrerebbe che, vi fossero problemi nell'articolazione dei turni di servizio, tanto da non potere garantire tra un turno e l'altro le necessarie dodici ore d'intervallo, in un Istituto dove l'unica attività di servizio consiste nell'assicurare una sorveglianza armata nel cortile dell'adiacente Tribunale dei minori di Caltanissetta;


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sembrerebbe inoltre che, si siano riscontrate una serie di gravi irregolarità nell'organizzazione del lavoro e nell'attribuzione di alcune indennità, prontamente contestate al direttore del C.P.A. di Caltanissetta educatore Michele Burgio ed al Direttore dei Centri Dott. Michele Di Martino, informandone altresì il Capo del Dipartimento per la Giustizia Minorile dott. Rosario Priore nonché la Procura della Repubblica di Caltanissetta;
appare opportuno precisare che, a causa dell'anomala e non funzionale articolazione dei turni di servizio voluta dalla direzione di Caltanissetta, in violazione di legge, il personale di Polizia Penitenziaria in servizio presso il C.P.A. di Caltanissetta non è stato posto in condizione di espletare le 36 ore di lavoro obbligatorie settimanali;
risulta inoltre, dai prospetti degli straordinari prestati nei mesi di gennaio e febbraio 2003, che alcune delle unità di P.P. che non hanno completato nemmeno le ore di lavoro obbligatorie si sono viste addirittura retribuire ore di lavoro straordinario;
risulterebbe inoltre che, si siano verificate numerose contestazioni da parte del personale, in ordine ad alcune sanzioni disciplinari comminate ai rappresentanti sindacali di seguito elencati, e ciò in modo del tutto ingiustificato: Ispettore Capo Carmelo Arcarisi; Sovrintendente Antonino Calì; Assistente Michelina Bellomo e Agente Scelto Giuseppe Francesco Argento;
si precisa che le sanzioni disciplinari comminate all'ispettore Capo Arcarisi e all'Assistente Bellomo Michelina sono state successivamente annullate dal Direttore dei Centri mentre, da circa un anno, sono pendenti i ricorsi avverso la censura del Sovrintendente Calì e dell'Agente scelto Argento;
appare altresì opportuno segnalare che per gli stessi fatti contestati al Calì e all'Argento altri appartenenti al Corpo non hanno ricevuto alcuna contestazione nonostante vi sia stata richiesta formale di verifica, di fatto mai effettuata;
si segnala altresì che la Direzione del C.P.A. ha ritenuto di dovere inviare personale di P.P. affetto da patologie di natura psichica, giustamente come previsto dalle disposizioni Ministeriali, presso l'Ospedale Militare di Palermo, mentre per la stessa patologia altri appartenenti non hanno ricevuto lo stesso trattamento in violazione delle superiori disposizioni per le quali non è consentita alcuna discrezionalità;
più volte personale di P.P. ha chiesto di essere sentito dal Direttore generale del Dipartimento Giustizia Minorile, per riferire gravi fatti personali e di servizio senza che siano mai stati convocati;
in data 10 giugno 2003, una delegazione del S.A.P.Pe. è stata convocata a Roma alla presenza del Dott. Mellea Capo del Personale del Dipartimento Giustizia Minorile e del Dott. Delisanti, i quali si sono impegnati ad effettuare le opportune verifiche e a convocare a Roma tutti gli appartenenti al Corpo che ne avevano fatto richiesta, ma fino ad oggi i cinque poliziotti che avevano fatto richiesta, non sono stati convocati;
non è dato ancora di sapere il motivo per cui, nonostante l'I.P.M. di Caltanissetta sia stato chiuso nell'anno 1998 con Decreto Ministeriale, si sia mantenuta la figura del Comandante di Reparto con relativo alloggio di servizio a titolo gratuito, quando invece in tutti i C.P.A. d'Italia esiste la sola figura del Coordinatore;
le organizzazioni sindacali sono ancora in attesa di conoscere, dal Direttore dei Centri di Palermo, se le loro perplessità in ordine alla corretta attribuzione dei buoni pasto e delle indennità previste dall'ex articolo 9 decreto del Presidente della Repubblica n. 395 del 1995 fossero fondate o meno e sono ancora in attesa di essere convocati, alla presenza del Direttore dei Centri di Palermo e del Direttore del C.P.A. di Caltanissetta, dal Capo del


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Dipartimento per la Giustizia Minorile Dott. Rosario Priore a Roma per un confronto diretto;
sembrerebbe inoltre che a breve il C.P.A. di Caltanissetta diventerà I.P.M., dopo che un appalto di un milione di euro circa «dovrebbe» adeguare una struttura concepita per civile abitazione a Istituto Penale per Minori con una capienza di non più di dieci dodici posti -:
se l'unico compito attualmente svolto dalla Polizia Penitenziaria è quello della vigilanza armata nel cortile del Tribunale dei Minori rientri nei compiti istituzionali del Corpo e se sia assolutamente necessario;
si attende ancora di sapere quali siano realmente i compiti svolti dai cinque Ispettori che sulla carta risultano coordinatori di un nucleo traduzioni e piantonamenti che, di fatto, non esiste, oppure coordinatore C.P.A. femminile, quasi a volere sostenere che vi sia una netta separazione fra il maschile e il femminile. Altro Ispettore risulta, poi, impiegato presso l'Ufficio comando ma, in realtà, sembra che sia letteralmente costretto a non svolgere alcuna attività da oltre due anni;
quali provvedimenti e quali iniziative intenda assumere il Ministro Guardasigilli tenuto conto dei fatti sopra riportati e della delicatezza della situazione, affinché si possa rendere chiarezza su quanto fin qui rappresentato.
(4-08807)

Risposta. - Con riferimento all'interrogazione in esame relativa al personale di polizia penitenziaria in servizio nella struttura minorile di Caltanissetta, si rappresenta quanto segue.
Al fine di contemperare da una parte le esigenze del personale ivi presente (risultano ancora assegnate 30 unità di polizia penitenziaria, di cui cinque Ispettori, 8 Sovrintendenti, 17 Agenti/Assistenti), anche a seguito della disattivazione dell'istituto penale per i minorenni nel 1998, e dall'altra quelle dell'Amministrazione, il Centro per la Giustizia minorile di Palermo ha realizzato nella predetta sede un Nucleo Traduzione in grado di provvedere a tutte le esigenze di giustizia poste dai minori dell'area penale, relativamente agli spostamenti sul territorio nazionale. Inoltre, tale personale sopperisce alle carenze temporanee di unità di polizia penitenziaria delle strutture presenti nella regione siciliana con turni a rotazione. Anche il servizio di vigilanza presso gli Uffici giudiziari di Caltanisetta - peraltro
collocati all'interno del complesso minorile - rientra nella temporaneità delle attività svolte dal personale penitenziario.
Per quanto concerne l'articolazione dei turni di servizio presso la struttura di Caltanissetta, il competente Dipartimento ha provveduto a vigilare sulla corretta applicazione nei confronti della polizia penitenziaria dei turni e dell'orario di servizio, in ossequio agli accordi raggiunti con le Organizzazioni Sindacali. Talune disfunzioni che si sono verificate e di cui si fa menzione nell'atto di sindacato ispettivo, come ad esempio, le irregolarità riguardanti lo straordinario ed i buoni pasto, sono state segnalate alla Procura di Caltanissetta, che ha avviato le opportune indagini, attualmente in corso.
Non risulta, invece, che siano state inflitte sanzioni disciplinari solo nei confronti di alcune unità di polizia penitenziaria rispetto ad altre; le predette sanzioni sono state regolarmente istruite nei confronti degli agenti interessati.
Va, infine, segnalato che, in data 13 luglio 2004, si è tenuto un incontro tra le Organizzazioni Sindacali del compatto sicurezza e il competente Dipartimento, al fine di dare giusta attuazione al decreto ministeriale del 9 giugno 2001, che prevede l'apertura in Caltanissetta di un Centro di Prima Accoglienza maschile e femminile con sezione detentiva femminile.
L'organico di Polizia penitenziaria previsto da inserire nella struttura consta di 28 unità di cui: 11 uomini (3 sovrintendenti e 8 agenti) e 17 donne (1 ispettore, 3 sovrintendenti e 13 assistenti), per le quali verrà avanzata formale richiesta al Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria, al fine di stabilire le unità necessarie alla copertura dell'organico.


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Il Centro per la Giustizia minorile di Palermo, a sua volta, è stato incaricato di procedere con urgenza, previo accordo sindacale, all'emanazione di un interpello straordinario riservato al solo personale già in servizio presso le strutture di Caltanissetta, per l'individuazione delle richiamate unità da destinare alla nuova struttura nonché a quelle già esistenti nel distretto di competenza, ove risultano posti vacanti.
Le unità di personale penitenziario, che non intenderanno partecipare a tale procedura di mobilità, saranno messe a disposizione del Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria per l'assegnazione alle locali strutture per adulti.
Il Ministro della giustizia: Roberto Castelli.

DANIELE GALLI. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
il riconoscimento e la tutela della dignità umana della persona e i suoi diritti, uguali e inalienabili, costituiscono il fondamento della libertà, della giustizia e della pace nel mondo;
il disconoscimento ed il disprezzo dei diritti umani rappresenta un'offesa alla coscienza dell'umanità;
l'evoluzione internazionale dopo la caduta del muro di Berlino e la fine della guerra fredda, ha finalmente collocato i diritti umani, le libertà fondamentali quali: le libertà politiche, di espressione e di religione, la spinta verso la democratizzazione e lo stato di diritto, al centro delle relazioni internazionali;
l'Italia pone alla base della politica estera il rispetto dei diritti umani e del principio di legalità che sono condizioni per prevenire i conflitti e per favorire la crescita di società stabili;
è necessario sviluppare la collaborazione con paesi che ricevono dall'Italia aiuti umanitari, affinché gli stessi adottino misure sempre migliori di tutela dei diritti umani, del rispetto della dignità della persona e del principio di legalità -:
se non ritenga necessario operare un monitoraggio efficace per conoscere quali tra i Paesi che ricevono aiuti umanitari dall'Italia non rispettano i diritti umani e se non ritenga doveroso, d'intesa con i Paesi dell'Unione Europea, adottare una strategia comune che leghi strettamente gli aiuti umanitari ad un progressivo miglioramento della tutela dei diritti fondamentali delle persone.
(4-11298)

Risposta. - Si condividono pienamente le premesse e le considerazioni formulate dall'interrogante circa l'importanza che riveste l'azione di promozione e di tutela dei diritti umani e delle libertà fondamentali nell'attuale quadro delle relazioni internazionali anche nella prospettiva della prevenzione dei conflitti e della promozione dello sviluppo e della pace.
In seno alla comunità internazionale si registra in effetti una crescente consapevolezza che le situazioni di crisi potenzialmente in grado di mettere a rischio la sicurezza e la stabilità internazionali traggano spesso origine da contesti di sopraffazioni ed abusi dei diritti fondamentali e che pertanto una efficace ed adeguata attività di monitoraggio nel settore adempia anche ad una utile funzione di
«early warning».
Tale azione viene promossa dall'Italia sia a livello bilaterale che nel quadro di concertazione dell'Unione europea. Tale impegno ci è ampiamente riconosciuto in ambito internazionale, come dimostra il fatto che quest'anno l'Italia, è stata, insieme all'India, il paese che è stato eletto alla Commissione per i diritti umani delle Nazioni unite con il maggior numero di voti. Quanto all'Unione europea, va evidenziato come il ruolo svolto nei fori internazionali competenti in materia di diritti umani sia per generale ammissione insostituibile per numero di iniziative presentate, per interventi pronunciati nonché per la fondamentale azione di mediazione fra i vari Gruppi regionali che essa svolge su tutti gli aspetti più rilevanti di tali problematiche.
La tutela dei diritti umani fondamentali ed il rispetto del principio di legalità formano oggetto di costante attenzione da


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parte dell'Unione europea e rappresentano delle linee guida cui sono stabilmente improntati il dialogo politico e le iniziative dell'Unione europea nei confronti dei Paesi terzi.
In particolare, si sottolinea che la promozione del rispetto dei diritti umani, dello stato di diritto e delle libertà fondamentali costituisce una delle priorità della politica di assistenza dell'Unione europea nei confronti dei Paesi terzi. Il ruolo dell'Unione europea è in tale ambito duplice, potendosi esplicare, da un lato, nella predisposizione di programmi di intervento volti ad assicurare la tutela di tali diritti, e dall'altro, in una sorta di potestà di sanzione nei confronti delle violazioni commesse dai Paesi beneficiari degli aiuti. Il più importante tra i Programmi di assistenza «tematici» è sicuramente l'Iniziativa europea per la democrazia e i diritti dell'uomo (EIDHR). Analoghi interventi sono contenuti anche nei Programmi di cooperazione «geografici».
La promozione del rispetto dei diritti umani si attua anche attraverso le cosiddette «clausole di sospensione», con le quali l'Unione condiziona la concessione degli aiuti all'adempimento, da parte dei Paesi beneficiari, degli impegni presi in tema di tutela dei diritti umani nel quadro di Accordi multilaterali (in particolare, l'Accordo di Cotonou, concluso dalla Comunità europea con i Paesi ACP) e bilaterali.
Tali clausole vincolano gli effetti degli accordi sugli scambi e sull'attività di assistenza al rispetto, da parte del Paese terzo contraente, dei diritti umani e delle libertà fondamentali. Sono al momento oggetto di studio iniziative volte ad esempio a limitare la concessione di regimi tariffari commerciali particolarmente favorevoli ai Paesi terzi più poveri che rispondano a determinati requisiti in materia di tutela dei diritti e delle libertà democratiche.
Simili clausole figurano, in primo luogo, nell'Accordo UE-ACP, che prevede, in caso di violazione dei diritti umani, l'avvio di una procedura di consultazione e conciliazione che può concludersi con la sospensione parziale o totale dell'assistenza comunitaria (articolo 96).
Per quanto riguarda l'attività di cooperazione e di assistenza tecnica con Paesi che non soddisfino gli standards internazionali in materia di diritti umani, va precisato che la stessa Commissione Europea gestisce, di concerto con i Paesi membri, un apposito capitolo di bilancio volto a finanziare progetti ed interventi finalizzati proprio a sostenere tali diritti ed i processi democratici laddove se ne riscontra necessità, ovvero in quei Paesi ove questi diritti e le libertà democratiche non sono sufficientemente garantiti. Per esempio, Seminari in favore dell'abolizione della pena di morte vengono finanziati nei Paesi ove essa è prevista ed applicata, corsi di formazione per agenti di custodia vengono realizzati laddove si registrano situazioni sistematiche di tortura e maltrattamento all'interno delle carceri etc.
In particolare, i Programmi di assistenza TACIS, CARDS e PHARE stabiliscono che, nel caso di inosservanza dei principi democratici, dello Stato di diritto, dei diritti dell'uomo e delle minoranze, il Consiglio possa adottare misure adeguate, deliberando a maggioranza qualificata su proposta della Commissione. La stessa procedura è disposta anche nei confronti della Turchia. I regolamenti istitutivi dei Programmi di cooperazione ALA e MEDA prevedono più genericamente che, in presenza di «violazioni gravi e persistenti dei diritti dell'uomo e dei principi democratici», la Comunità europea possa arrivare a decidere modifica o la sospensione degli aiuti comunitari.
Le proposte di Regolamento relative ai nuovi Programmi geografici di assistenza dell'Unione europea, che sostituiranno quelli sopraccitati nel quadro delle Prospettive finanziarie per il periodo 2007-2013, contengono clausole specifiche in merito alla sospensione dei finanziamenti in presenza di violazione dei diritti umani e di interruzione del processo democratico.
Lo Strumento di Pre-Adesione (l'IPA, che si applicherà alla Turchia e ai Paesi dei Balcani), lo Strumento di Vicinato e Partenariato (ENPI, che riguarderà le Repubbliche ex-sovietiche dell'Europa Orientale, del Caucaso e la Federazione Russa, il Maghreb e il Mashrek) e lo Strumento di Cooperazione allo Sviluppo e Cooperazione


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Economica (DCECI, che concerne l'assistenza offerta agli altri Paesi non coperti dai primi due strumenti) stabiliscono che il Consiglio UE, su proposta della Commissione, è in grado di prendere le misure più appropriate nel caso in cui ritenga che uno dei Paesi beneficiari non abbia rispettato i diritti umani e le libertà fondamentali.
Si fa presente altresì che le iniziative di intervento orizzontali, in tema di tutela di diritti dell'uomo, saranno assorbite dai Programmi geografici di nuova istituzione.
Per quanto concerne, peraltro, il tema degli «aiuti umanitari», specificamente sollevato dall'On. interrogante, è bene sottolineare che questi ultimi hanno come destinatari primari e diretti le popolazioni civili, e non i singoli governi beneficiari.
L'Ufficio per gli aiuti umanitari della Comunità («
European Commission Humanitarian Office» - ECHO) fornisce assistenza - sulla base di criteri rigorosamente «non discriminatori» - alle popolazioni di Paesi terzi colpite da calamità naturali o di origine umana e contribuisce al risanamento e alla ricostruzione dei Paesi in cui sono in atto conflitti.
L'ECHO fornisce questa assistenza fondandosi esclusivamente sui bisogni delle popolazioni, che vengono individuati sulla base di un'opera di monitoraggio e di analisi condotta anno per anno su scala globale, che prescinde, necessariamente, da considerazioni di ordine politico relative al «tasso di democraticità» dei Paesi destinatari degli interventi.
A livello Unione europea non si ritiene, quindi, che la concessione di aiuti umanitari, a differenza degli aiuti allo sviluppo o delle altre forme di assistenza sopra menzionate, possa essere ancorata al rispetto di determinati parametri o legata all'adozione di specifici comportamenti da parte di singoli governi.
Su di un piano più generale infatti si può osservare come le principali vittime dei regimi responsabili di diffuse e gravi violazioni dei diritti umani e delle libertà democratiche siano innanzitutto proprio le popolazioni civili, le cui condizioni gli aiuti umanitari si ripropongono di alleviare. Pertanto, molto spesso l'assistenza umanitaria della comunità internazionale si rende necessaria proprio in aree e paesi dove la popolazione locale vive una condizione di oppressione e di negazione dei diritti fondamentali.
A questo punto può essere utile un inciso sui vantaggi che possono derivare da una politica di prevenzione, basata sulla tutela e promozione dei diritti umani e della democrazia, rispetto ai costi di interventi umanitari e di ricostruzione da effettuare dopo che le catastrofi umanitarie si siano verificate. Molti esperti sostengono che la prevenzione, oltre che risparmiare vite umane e sofferenze, farebbe risparmiare fino a 6/7 volte rispetto ai costi derivanti dalla ricostruzione post-conflitto e dalla necessaria assistenza umanitaria.
Nel ribadire che è da tener presente che i destinatari di aiuti umanitari non sono i Paesi, se per questi si intendono le autorità di governo, ma le popolazioni, che peraltro non devono essere ulteriormente «punite» a causa della presenza sul territorio di regimi autoritari, oltre che procedere alla individuazione ed al monitoraggio di Paesi destinatari di aiuti umanitari che non offrano adeguate garanzie di tutela e rispetto dei diritti umani, occorrerebbe prevedere altresì, in tutti i programmi di cooperazione (almeno laddove è possibile), che la componente promozione della democrazia e dei diritti umani sia prevista ed adeguatamente considerata, anche come misura preventiva di futuri, spesso prevedibili disastri umanitari.
In questo quadro, una particolare attenzione andrebbe rivolta a quei Paesi ove si registrano problemi di persecuzioni e discriminazioni nei confronti di particolari minoranze, al fine di favorirne l'integrazione e la convivenza con le etnie maggioritarie e soprattutto per evitare il realizzarsi di forme più o meno striscianti di pulizia etnica o addirittura di genocidio.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Alfredo Luigi Mantica.

GERACI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
da un'indagine condotta dal settimanale Panorama del 10 ottobre 2002 risulta


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che molti orfanotrofi non sarebbero censiti, né conosciuti, motivo per il quale è impossibile conoscere il numero dei minori ospiti di istituti nei quali ci sarebbero «infiniti turnover per cui può accadere che le strutture cambino nome e non si trovino più, che altre vengano usate prima di essere censite, che altre spariscano»;
in base a quanto riportato dallo stesso settimanale il progetto di informatizzazione dei tribunali minorili procederebbero a rilento;
senza un censimento attendibile degli orfanotrofi non si possono esercitare i doverosi controlli per verificare le condizioni di vita dei bambini;
in assenza di una banca dati a molti bambini si nega l'esistenza e la possibilità di essere adottati, non essendo possibile farli incontrare con coppie disposte ad adottarli -:
nel caso in cui quanto riferito da Panorama rispondesse al vero, quali iniziative si pensa di adottare per accelerare l'informatizzazione dei tribunali minorili e per verificare il numero e lo stato degli istituti che ospitano minori, in attesa della loro riconversione in case-famiglia prevista dalle legge 149 del 2001.
(4-04843)

Risposta. - In ordine alla necessità di conoscere il numero effettivo degli orfanotrofi che accolgono minori e della conseguente possibilità di poterne verificare le condizioni di vita, si riferisce che tali notizie sono rilevabili dai dati statistici pubblicati dal Servizio dell'ISTAT, che cura la rilevazione dei presidi residenziali socio-assistenziali e degli ospiti dei presidi medesimi, suddivisi per fascia d'età.
I predetti dati statistici elaborati dall'ISTAT per l'anno 2001, attualmente disponibili, hanno fatto registrare un totale di 22.697 minori ospitati nei presidi socio-assistenziali (di cui 12.241 maschi e 10.456 femmine) nella fascia di età compresa tra 0 e 17 anni, così suddivisi: 3.484 fino a 6 anni, 5.691 fra i 6 e 10 anni, 6.685 fra gli 11 e 14 anni, e 6.837 fra i 15 e 17 anni ed ascrivibili, per la maggior parte, nella tipologia di disagio descritta con «problemi familiari e relazionali, economici, abitativi» (per un totale di 17.775 minori). Non sono trascurabili, altresì, i dati relativi ai minori ospitati, portatori di handicap: tra questi, 737 sono affetti da handicap psichico, 329 fisico, 313 sensoriale e 474 plurimo; di essi solo 110 risultano essere stranieri.
Il maggior numero di minori, presenti al 31 dicembre 2001 nei presidi socio-assistenziali, è stato registrato al sud e nelle isole (10.547), mentre al nord sono risultati 3.220 ed al centro 1.140; con il maggior afflusso (oltre le 1.000 unità) nelle regioni Piemonte (1.489), Trentino-Alto-Adige (2.688), Liguria (1.054), Emilia-Romagna (1.805), Lazio (1.693), Campania (2.997), Puglia (1.269), Sicilia (3.500).
Per quanto riguarda poi il numero dei presidi, pari ad un complessivo di 8.182, è stata registrata una elevata dislocazione (superiore a 1.000) nelle regioni Piemonte (1.090), Lombardia (1.076), Emilia-Romagna (1.211). Nella rilevazione statistica sono stati considerati presidi socio-assistenziali: i centri di pronta accoglienza, i centri di pronta accoglienza notturna, le comunità familiari, le comunità socio-educative per minori, le comunità socio-riabilitative, le comunità-alloggio, gli istituti per minori, le residenze sanitarie assistenziali e i centri di accoglienza immigrati.
Tra i minori ospiti nei presidi socio-assistenziali è stato, altresì, registrato un considerevole numero in condizione di adottabilità: n. 1.153 (di cui 675 maschi e 478 femmine) con decreto di adottabilità e n. 1.153 (di cui 395 maschi e 758 femmine) con domanda di adottabilità in corso.
Sull'informatizzazione dei Tribunali dei minorenni si precisa che alcune sedi di Uffici giudiziari minorili erano informatizzate da tempo (Milano, Lecce, Taranto) mentre altre sono state informatizzate tra il 2000 ed il 2001 (Roma, Torino e Napoli) per un totale di 6 Tribunali unitamente alle rispettive Procure della Repubblica. Nel corso del 2002 l'informatizzazione degli Uffici Giudiziari Minorili (fornitura dell'hardware ed installazione del software) è stata


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pressoché completata. Per quanto riguarda le ultime sedi da «informatizzare» va rilevato che per la sede di Firenze si è realizzata l'ultimazione del cablaggio, con relativo collaudo avvenuto in data 18 luglio 2003; sia il Tribunale per i Minorenni che la Procura accedono alla Rupa (Rete unitaria per la pubblica amministrazione) ed è stato avviato il sistema applicativo ReGe Minori 2.1, mentre è in fase di avvio il Sicam (Sistema informativo del processo civile minorile).
Per la sede di Ancona, nonostante la separazione fisica degli uffici del Tribunale e della Procura e il ritardo nella consegna dei nuovi locali, non è stato impedito l'avvio dell'informatizzazione. Difatti, per il Tribunale, già trasferitosi nella nuova sede, è stata avviata l'installazione degli applicativi disponibili, in particolare, il ReGe Minori (che, peraltro, non viene utilizzato appieno in quanto la Procura per i Minorenni non alimenta la base dei dati di competenza) e il SICAM. Per la Procura, invece, ancora ospitata in una sede provvisoria, alcuni problemi di collegamento in rete, in via di superamento, hanno determinato un utilizzo limitato del software ReGe minori e Sicam.
I sistemi applicativi resi disponibili sono il Sicam, per la gestione di registri e provvedimenti di contenzioso civile, volontaria giurisdizione ed adozioni ed il ReGe. 2.1 Minori, per la gestione dei registri generali penali.
L'integrazione di tutta l'area della giustizia minorile con sistemi omogenei permetterà, nel breve periodo:
estrazione e trattamento di dati statistici, raffrontabili e condivisibili fra coloro che si occupano della materia (Direzione Generale delle Statistiche; Dipartimento della Giustizia Minorile; ciascuno secondo le proprie competenze e per le rispettive finalità istituzionali); la Direzione Generale sistemi informativi autorizzati ha già promosso interscambi per definire i parametri di estrazione e i diversi livelli di interesse ai dati;
creazione delle precondizioni per la banca dati nazionale delle adozioni;
interscambio e confronto tra gli UGM (Uffici giudiziari minorili), in ottica di confronto delle migliori pratiche
(benchmarking).

Per quanto riguarda il regolamento ministeriale previsto dall'articolo 40 della legge n. 149 del 2001 si rappresenta che il citato articolo istituisce, presso il Ministero della giustizia, una banca dati relativa ai minori dichiarati adottabili ed ai coniugi aspiranti all'adozione nazionale ed internazionale nonché alle persone singole disponibili all'adozione, in relazione ai casi di cui all'articolo 44 della legge 4 maggio 1983, n. 184, come sostituito dall'articolo 25 della citata legge n. 149 del 2001. La norma richiamata dispone, da un lato, che alla banca dati affluiscano, anche con l'apporto dei dati forniti dalle singole regioni, tutte le informazioni atte a garantire il miglior esito del procedimento di adozione e, dall'altro, stabilisce che la stessa banca sia resa disponibile, attraverso una rete di collegamento, a tutti i Tribunali per i minorenni e venga aggiornata con cadenza trimestrale.
Il disposto del comma 3 dell'articolo 40 stabilisce, inoltre, che con regolamento del Ministro della giustizia sono disciplinate le modalità di attuazione e di organizzazione della banca dati
de qua, anche per quanto attiene all'adozione dei dispositivi necessari per la sicurezza e la riservatezza dei dati.
In ossequio al dettato normativo, si è provveduto a redigere uno schema di regolamento, passato all'esame dell'Autorità per l'Informatica nella Pubblica Amministrazione. Sono stati acquisiti, inoltre, il parere del Garante per la protezione dei dati personali, il parere interlocutorio del Consiglio di Stato e il parere del Ministro dell'Innovazione e delle Tecnologie.
Con decreto ministeriale del 24 febbraio 2004 n. 91, pubblicato sulla
Gazzetta Ufficiale - serie generale - n. 84 del 9 marzo 2004, è stato, infine, emanato il citato Regolamento, recante modalità di attuazione e organizzazione della banca dati relativa ai minori dichiarati adottabili.
Il Ministro della giustizia: Roberto Castelli.


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GHIGLIA, GIANNI MANCUSO e DELMASTRO DELLE VEDOVE. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riportato dagli organi di stampa, il Presidente della Giunta piemontese dell'Associazione Nazionale dei Magistrati, Franco Giordana, avrebbe predisposto un dossier sulla crisi della giustizia torinese;
l'organico del personale amministrativo previsto per gli uffici giudiziari torinesi è di 1.110 unità previste contro i 744 dipendenti effettivamente presenti fra cancellieri, operatori giudiziari, esperti informatici ed ausiliari;
la maggiore conseguenza di una simile carenza è stata la limitazione delle udienze dibattimentali (12 a settimana per sezione di tribunale) e quindi l'incremento a dismisura di arretrati che determina una strozzatura tra il primo e il secondo grado di giudizio;
secondo il Presidente regionale una simile situazione violerebbe il «principio di ragionevole durata di processo» così come determinato dalla legge;
nel dossier si denunciano come cause di tale problemi i mancati stanziamenti ministeriali -:
se alla luce dei dati statistici a disposizione del Ministero trovino conferma i dati segnalati dal Presidente della Giunta piemontese dell'Associazione Nazionale dei Magistrati, Franco Giordana;
quali siano state le iniziative prese in atto dal Governo per porre rimedio a tale preoccupante situazione;
quali urgenti provvedimenti di competenza del Ministro si intendano adottare per risolvere la crisi del sistema giudiziario torinese evitando così che la lunghezza spropositata dei processi danneggi ulteriormente i cittadini.
(4-08518)

Risposta. - Con riferimento all'interrogazione in esame, si rappresenta analiticamente la situazione dell'organico del personale amministrativo degli uffici giudiziari di Torino.
La dotazione organica del personale amministrativo della Corte di appello di Torino prevede complessivamente 186 unità, di cui sono presenti 152. Prestano, inoltre, servizio, non conteggiate nell'organico, 6 unità di personale a tempo determinato (ex lavoratori socialmente utili) i cui contratti sono stati prorogati, ai sensi dell'articolo 3, comma 62 della legge 24 dicembre 2003, n. 350 (legge finanziaria 2004). Pertanto, le presenze effettive salgono a 158. Con il decreto ministeriale 6 aprile 2001, a seguito del mutato assetto organizzativo conseguente alla stipula del contratto integrativo di amministrazione, sono state modificate le dotazioni organiche dell'Amministrazione giudiziaria ed, in particolare, nell'ufficio in esame è stato aumentato l'organico di direttore di cancelleria C3 (2 unità), di cancelliere B3 (4 unità), di ausiliario B1 (1 unità) ed istituito l'organico di comunicatore C3 (1 unità), contabile C3 (1 unità), formatore C3 (2 unità), formatore C2 (4 unità) e di operatore giudiziario B3 (11 unità).
La dotazione organica del personale in servizio presso l'Ufficio N.E.P. della Corte di appello di Torino prevede complessivamente 196 unità, di cui sono presenti 144. Con il decreto ministeriale 6 aprile 2001 di revisione delle piante organiche sono state apportate modifiche anche al suddetto ufficio ed, in particolare, è stato aumentato l'organico di ufficiale giudiziario C1 (9 unità) ed istituito l'organico di ufficiale Giudiziario C3 (2 unità) e di ufficiale giudiziario C2 (19 unità).
La dotazione organica del personale amministrativo della Procura Generale della Repubblica presso la Corte di Appello di Torino prevede complessivamente 59 unità, di cui sono presenti 50. Prestano, inoltre, servizio, non conteggiate nell'organico 9 unità di personale a tempo determinato (ex lavoratori socialmente utili), pertanto, le presenze effettive salgono a 59. Con il decreto ministeriale 6 aprile 2001 di revisione delle piante organiche è stato aumentato l'organico di direttore di cancelleria C3


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(1 unità) ed istituito l'organico di comunicatore C3 (1 unità), esperto linguistico C1 (1 unità), ausiliario B2 (1 unità) ed ausiliario B1 (1 unità).
La dotazione organica del personale amministrativo del Tribunale per i Minorenni di Torino prevede complessivamente 42 unità, di cui sono presenti 37. Prestano, inoltre, servizio, non conteggiate nell'organico 3 unità di personale a tempo determinato (ex lavoratori socialmente utili), pertanto, le presenze effettive salgono a 40. Con il citato decreto ministeriale è stato aumentato l'organico di cancelliere B3 (1 unità) ed istituito l'organico di contabile B3 (1 unità).
La dotazione organica del personale amministrativo della Procura della Repubblica presso il Tribunale per i Minorenni di Torino prevede complessivamente 19 unità, di cui sono presenti 20. Presta, inoltre, servizio, non conteggiata nell'organico 1 unità di personale a tempo determinato (ex lavoratore socialmente utile). Pertanto, le presenze effettive salgono a 21. Con il predetto decreto ministeriale 6 aprile 2001 è stato aumentato l'organico di cancelliere B3 (1 unità).
La dotazione organica del personale amministrativo del Tribunale di sorveglianza di Torino prevede complessivamente 46 unità, di cui sono presenti 40. Prestano, inoltre, servizio, non conteggiate nell'organico:
4 unità di personale a tempo determinato (ex lavoratori socialmente utili);
1 unità di personale comandata dall'Ente Poste Italiane S.p.a.

Pertanto le presenze effettive salgono a 45. Anche in quest'ufficio con la revisione delle piante organiche è stato aumentato l'organico di direttore cancelliere C2 (1 unità), cancelliere B3 (2 unità) ed istituito l'organico di contabile C2 (1 unità) ed operatore giudiziario B3 (2 unità).
La dotazione organica del personale amministrativo del Tribunale di Torino prevede complessivamente 476 unità, di cui sono presenti 391 (tra questi dipendenti, alcuni sono in servizio part-time). Prestano, inoltre, servizio, non conteggiate nell'organico 29 unità di personale a tempo determinato (ex lavoratori socialmente utili), pertanto, le presenze effettive salgono a 420. Con decreto ministeriale 6 aprile 2001, di revisione delle piante organiche è stato aumentato l'organico di direttore di cancelleria C3 (1 unità), cancelliere C2 (12 unità), cancelliere C1 (1 unità), cancelliere B3 (23 unità), ausiliario B2 (1 unità) ed istituito l'organico di contabile C1 (1 unità), operatore giudiziario B3 (9 unità), contabile B3 (1 unità) ed ausiliario B1 (2 unità).
La dotazione organica del personale amministrativo della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Torino prevede complessivamente 258 unità, di cui sono presenti 239. Prestano, inoltre, servizio, non conteggiate nell'organico 15 unità di personale a tempo determinato (ex lavoratori socialmente utili), pertanto, le presenze effettive salgono a 254. Con il predetto decreto ministeriale di revisione delle piante organiche è stato aumentato l'organico di direttore di cancelleria C3 (2 unità), cancelliere C2 (1 unità), cancelliere C1 (1 unità), cancelliere B3 (3 unità), ausiliario B2 (2 unità) ed istituito l'organico di contabile C1 (1 unità), ausiliario B3 (1 unità), operatore giudiziario B3 (12 unità) ed ausiliario B1 (4 unità).
La dotazione organica del personale amministrativo del Commissariato degli Usi civici di Torino prevede complessivamente 3 unità, di cui sono presenti 2.
La dotazione organica del personale amministrativo dell'Ufficio del Giudice di Pace di Torino prevede complessivamente 79 unità, di cui sono presenti 69. Con la revisione delle piante organiche, è stato aumentato l'organico di cancelliere C1 (2 unità), cancelliere B3 (5 unità) ed istituito l'organico di direttore di cancelleria C3 (1 unità), operatore giudiziario B3 (6 unità), contabile B3 (1 unità) e di ausiliario B1 (1 unità).
In merito alla copertura dei posti vacanti nell'Ufficio NEP della Corte di appello di Torino, sembra opportuno evidenziare che la percentuale di scopertura è determinata anche dalla istituzione ex novo della figura professionale dell'ufficiale giudiziario,


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posizioni economiche C3 e C2, disposta con il citato decreto ministeriale. La copertura di tali posti vacanti, proprio perché di nuova istituzione, sarà possibile solo all'esito delle procedure di riqualificazione riservate al personale dipendente.
Le vacanze della posizione economica C1 potranno essere coperte con i vincitori del concorso pubblico per esami a 443 posti, in corso di definizione.
È stato, inoltre, pubblicato l'interpello per posti vacanti di ufficiale giudiziario C1 nel quale sono stati inclusi, tra gli altri, 28 posti dell'Ufficio NEP presso la Corte di appello di Torino.
Giova, comunque, evidenziare che il Presidente della Corte di appello di Torino, per fronteggiare temporaneamente le carenze di personale e salvaguardare la funzionalità dell'Ufficio NEP potrà ricorrere, ove lo ritenga opportuno, all'istituto dell'applicazione ai sensi dell'articolo 32 e seguenti del decreto del Presidente della Repubblica 15 dicembre 1959, n. 1229.
Peraltro, si rileva che, allo stato, la carenza di ufficiali giudiziari della posizione economica C1 può essere affrontata mediante l'utilizzo, per alcune funzioni, del personale appartenente alla posizione economica B3.
A tale proposito, è stata diramata la circolare del 27 settembre 2002 con la quale si ribadisce che il Contratto Integrativo di Amministrazione, sottoscritto il 5 aprile 2000 - il quale in forza del rinvio operato dall'articolo 13, comma 5 del Contratto collettivo nazionale lavoro 1998/2001 ha integrato e specificato il sistema di classificazione delle qualifiche dei dipendenti già delineato con il predetto Ccnl - ha unificato nella figura dell'ufficiale giudiziario i profili professionali di assistente e collaboratore Unep.
Il Contratto Integrativo, non distinguendo le funzioni di notificazione e di esecuzione degli atti, ha previsto, pertanto, una interfungibilità di tali funzioni che può assicurare, attraverso la flessibilità nell'impiego delle risorse umane, una maggiore efficienza del servizio.
La copertura dei posti vacanti del personale di cancelleria nei sopra indicati uffici giudiziari sarà possibile all'esito delle procedure di riqualificazione riservate al personale dipendente.
Per sopperire nell'immediato alle esigenze di servizio dell'Ufficio del Giudice di Pace, il Presidente del Tribunale di Torino potrà attivare il comando di dipendenti comunali ai sensi dell'articolo 26, comma 4, della legge n. 468 del 1999.
Il Ministro della giustizia: Roberto Castelli.

LOLLI. - Al Ministro delle attività produttive. - Per sapere - premesso che:
il Ministero dell'industria, del commercio e dell'artigianato ha comunicato in data 30 luglio 1997 alla ditta Zeus Mineral Quelle Italia spa ed alla Banca Concessionaria Istituto Bancario San Paolo di Torino, la concessione delle agevolazioni finanziarie ai sensi della legge 19 dicembre 1992 n. 488 e successive modifiche ed integrazioni sul progetto N. 64729/97;
il decreto ministeriale n. 36918 del 30 giugno 1997 del Ministero dell'industria del commercio e dell'artigianato all'articolo 3 commi c) e d) prevede che il beneficiario è obbligato «a osservare ..., nonché operare nel pieno rispetto delle vigenti norme edilizie urbanistiche e di salvaguardia ambientale» e «ultimare l'iniziativa entro 48 mesi dalla data della presentazione della relativa domanda di agevolazioni»;
la Società Zeus Mineral Quelle Italia spa ha già ottenuto ai sensi dell'articolo 2 del decreto ministeriale n. 36918 del 30 giugno 1997 la prima quota pari a lire 1.730.350.000 (oggi corrispondenti a 1.410.108,09 euro);
l'Amministratore unico della società concessionaria in data 21 novembre 2000, ha richiesto al comune di Campo di Giove (Aquila), l'autorizzazione per la realizzazione di un capannone per l'imbottigliamento di acque minerali su area diversa dalla precedente per cui aveva ottenuto le


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agevolazioni finanziarie previste dalla legge n. 488 del 1992;
per la nuova area interessata all'insediamento è stata approvata dal consiglio comunale di Campo di Giove con atto n. 18 del 28 giugno 2001 apposita variante urbanistica al Prg, con le procedure previste dall'articolo 5 del decreto del Presidente della Repubblica 20 ottobre 1998 n. 477 e revocato la delibera del consiglio comunale n. 2 del 5 febbraio 1996 di approvazione del progetto planivolumetrico di coordinamento per l'insediamento dell'impianto di imbottigliamento di acque minerali, strumento attuativo previsto dalle norme del Prg vigente;
la nuova localizzazione dell'intervento non permette l'utilizzazione delle agevolazioni concesse, perché in contrasto con l'articolo 2 del decreto ministeriale 20 ottobre 1995 n. 527 e successive integrazioni laddove prevede che i soggetti beneficiari, oltre ad avere la piena disponibilità dell'immobile ove viene realizzato il programma, lo stesso deve essere già rispondente, in relazione all'attività da svolgere, ai vigenti specifici vincoli edilizi, urbanistici e di destinazione d'uso;
dopo l'approvazione della variante al Prg e la revoca della delibera n. 2 del 5 febbraio 1996, il progetto n. 64729/97 per cui la società Zeus Mineral Quelle spa aveva ottenuto le agevolazioni finanziarie con decreto ministeriale n. 36918 del 30 giugno 1997 del Ministero dell'industria del commercio e dell'artigianato non rispetta gli obblighi previsti dalla lettera c) dell'articolo 3 del decreto ministeriale;
la Società Zeus Mineral Quelle spa, nonostante siano trascorsi oltre 48 mesi dalla presentazione della domanda di agevolazioni, ancora non ha dato inizio alla realizzazione dell'intervento anzi, è stato comunicato al sindaco di Campo di Giove in data 7 agosto 2001 l'apertura dello stato di liquidazione della società e quindi l'incapacità di portare a termine l'iniziativa industriale -:
se il ministero sia a conoscenza di tali fatti e quali iniziative intenda intraprendere.
(4-01969)

Risposta. - In riferimento all'interrogazione parlamentare in esame, si comunica che le inadempienze relative alla realizzazione del progetto in questione sono state oggetto di apposita segnalazione da parte della Banca Concessionaria San Paolo Imi S.p.A. a questo Ministero che, con nota n. 961186 del 2 maggio 2002 dell'Ufficio competente, ha notificato l'avvio della procedura di revoca delle agevolazioni concesse.
In data 12 maggio 2003, si è proceduto, pertanto, alla revoca totale delle agevolazioni con provvedimento n. 122678.
Il Sottosegretario di Stato per le attività produttive: Giuseppe Galati.

MESSA. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
finora, invece di procedere ad una pianificazione degli interventi di salvaguardia idrogeologica, ci si è riduttivamente limitati a gestire le emergenze -:
se corrisponda al vero che, in Italia, circa 4.000 comuni siano a rischio idrogeologico;
se non ritenga opportuno individuare delle priorità per poter avviare un programma di recupero delle aree più degradate.
(4-05998)

Risposta. - In merito a quanto indicato nell'atto di sindacato ispettivo in esame, concernente la pianificazione degli interventi di salvaguardia idrogeologica in Italia, si rappresenta quanto segue.
Il fabbisogno finanziario stimato per la messa in sicurezza del territorio italiano ammonta a circa 40 miliardi di euro.
Dal 1998 al 2003 il Ministero dell'ambiente ha erogato circa 1.5 miliardi di euro per interventi urgenti, selezionati sulla base della pianificazione straordinaria e stralcio di bacino.
Dal 1991 al 2003, inoltre, sono stati erogati oltre 3.5 miliardi di euro per interventi ordinari e strategici, selezionati


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sulla base degli schemi programmatici e revisionali e della pianificazione di bacino.
Dagli ultimi aggiornamenti sulla situazione del rischio idrogeologico in Italia risulta che circa l'8 per cento del territorio nazionale è a rischio o potenziale rischio idrogeologico più elevato (per alluvione, frana e valanga) e che sono interessati parte dei territori di circa 6.000 comuni.
Attualmente è in studio presso questo Ministero un piano decennale di interventi, caratterizzato da un sistema che comprenda il finanziamento diretto di interventi di difesa prioritari, l'individuazione di strategie per il risparmio di risorse pubbliche e l'incentivo per la realizzazione di alcune tipologie di opere di difesa da parte di privati.
Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio: Altero Matteoli.

MESSA. - Al Ministro della difesa. - Per sapere:
quali iniziative urgenti intenda assumere per accertare se, effettivamente, la cosiddetta «Sindrome dei Balcani» stia interessando gran parte dei militari italiani che hanno partecipato alle missioni nei Balcani;
se corrisponda al vero che la stessa, stando alle notizie riportate dagli organi di stampa, abbia colpito circa duecento persone e che venti siano quelle decedute (Leggo, 6 febbraio 2004, pag. 2);
se la vicenda dell'ex caporale Valery Melis, venuto a mancare nei giorni scorsi, sia riconducibile a tale sindrome;
quali provvedimenti siano stati messi in atto per verificare lo stato di salute dei soldati impegnati nei Balcani.
(4-08974)

Risposta. - Per quanto riguarda la problematica cosiddetta «dell'Uranio impoverito», la Difesa pone grande attenzione su tale tematica e si è impegnata nella ricerca di verità scientifiche in tutte le direzioni e con massima determinazione.
Sino ad ora le indagini effettuate e gli studi condotti, sia in ambito nazionale - Commissione «Mandelli» - che internazionale, non hanno dimostrato scientificamente l'esistenza di un nesso di causalità tra l'utilizzo di munizionamento contenente uranio impoverito e le patologie riscontrate nei militari.
A tal riguardo si rammenta inoltre che la citata Commissione «Mandelli» a conclusione dei lavori ha formulato alcune raccomandazioni conclusive, così riassumibili:
necessità di monitoraggio a lungo termine delle patologie neoplastiche insorgenti nelle coorti di soggetti impegnati nelle aree balcaniche;
necessità di studi ambientali di monitoraggio per l'Uranio impoverito in tutte le aree balcaniche ove siano impiegati gli specifici munizionamenti;
necessità di promuovere studi nazionali ed internazionali finalizzati non solo a meglio definire gli effetti biologici dell'esposizione all'Uranio impoverito, ma anche a individuare eventuali altri fattori di rischio causali o concausali nell'insorgenza di linfomi, presenti nelle aree di operazioni.

In aderenza a queste raccomandazioni, nell'ambito delle iniziative intraprese sotto il profilo sanitario a tutela del personale impiegato in missioni di pace non solo nei Balcani, ma anche in altre aree operative, rientra uno specifico protocollo di monitoraggio sanitario così definito all'articolo 4-bis della legge n. 27 del 28 febbraio 2001, di conversione del decreto-legge n. 393, datato 29 dicembre 2000.
Tale protocollo prevede che il personale in questione sia sottoposto ad una visita medica e ad un pannello di indagini laboratoristiche eseguite preliminarmente all'impiego in quelle aree e successivamente al rientro con cadenza periodica per la durata di cinque anni.
In particolare, nei primi tre anni del quinquennio, con cadenza quadrimestrale, mentre negli altri due anni con frequenza annuale.


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Tale monitoraggio ha trovato attuazione a tutela del personale in servizio, impiegato nei territori di Bosnia e Kosovo a far data dal 1o agosto 1994, a cura delle strutture della sanità Militare sin dal 2001.
Lo stesso viene eseguito anche ai militari che abbiano operato e/o operino in Afghanistan e in Iraq.
Chiarito quanto sopra, relativamente ai risultati del citato monitoraggio, il decreto interministeriale 22 ottobre 2002 (Salute-Difesa-Interno) ed il correlato Accordo Governo-Regioni, adottato in attuazione dell'articolo 4-
bis della legge n. 27 del 2001, demandano ad un apposito Comitato scientifico il coordinamento e la supervisione delle varie fasi della campagna di monitoraggio sanitario, nonché il riepilogo dei dati pervenuti dai Centri di raccolta preposti alle indagini sanitarie.
Lo stesso Comitato - costituito con decreto interministeriale (Salute-Difesa) in data 10 novembre 2003 - è incaricato della produzione di relazioni intermedie quadrimestrali e della relazione finale, documenti di base per consentire ai Ministri della Difesa e della Salute di ottemperare all'obbligo di cui alla citata legge tra cui quello di trasmettere al Parlamento la prescritta relazione.
Per quanto riguarda la vicenda del Caporale Melis citata dall'Onorevole interrogante, si sottolinea l'assenza di elementi fattuali che possano far ipotizzare un nesso di causalità tra la malattia del caporale e la problematica cosiddetta «dell'uranio impoverito».
Tuttavia, proprio per porre in atto ogni possibile iniziativa volta alla ricerca di verità scientifiche, la Difesa ha avviato un complesso progetto di ricerca e sviluppo in forma di studio prospettico seriale sulle unità militari attualmente operanti nel teatro iracheno.
Il protocollo di una simile ricerca, mai prima messo in atto a livello mondiale, è il risultato di un ponderato lavoro di revisione scientifica promosso dal professor Franco Mandelli congiuntamente alla Sanità Militare e vedrà la partecipazione di Istituzioni nazionali di rilievo internazionale.
Con questo studio, denominato SIGNUM - Studio sull'impatto Genotossico nelle Unità Militari - finanziato della legge n. 68 del 2004, potranno essere identificati eventuali nessi di causalità o concausalità esistenti fra fattori genotossici eventualmente presenti nelle aree di operazioni e patologie degenerative.
Si deve, infine, rimarcare come tale studio prenda in esame non solo l'eventuale impatto genotossico dell'uranio impoverito, ma anche molti fattori di pericolo, capaci di lasciare un segno anche indiretto della loro esistenza ed azione, mediante campionamento ed analisi incrociate su diverse matrici biologiche (urina, sangue e capelli).
È evidente come, sulla base delle indicazioni risultanti da detto studio potranno essere tratti utili indirizzi per meglio comprendere, ed eventualmente gestire, le problematiche sanitarie ipotizzate.
In conclusione, si sta lavorando per acquisire elementi di certezza sulla questione e si intende fermamente procedere a tutto campo sino alla determinazione di conoscenze scientifiche che consentano di comprendere il fenomeno nei suoi aspetti eziologici, diagnostici e profilattici.
Il Ministro della difesa: Antonio Martino.

ANGELA NAPOLI. - Al Ministro della giustizia, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
alcuni giorni fa è stato sabotato, da persone non identificate l'impianto di amplificazione dell'aula del Palazzo di Giustizia di Catanzaro in cui si tengono le udienze della Corte d'Assise;
la scoperta del sabotaggio è avvenuta all'inizio dell'udienza del processo contro i fratelli Domenico e Francesco Cannizzaro ed un loro cugino, Giovanni Cannizzaro, imputati dell'omicidio di Nino Torcasio, di 27 anni, presunto affiliato all'omonima cosca della 'ndrangheta, ucciso a Lamezia Terme il 30 marzo 2002;
l'assassinio di Torcasio, secondo quanto è emerso dalle indagini, si inquadra


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nella guerra di mafia che da alcuni anni contrappone a Lamezia Terme le cosche Torcasio e Giampà e che ha già prodotto una lunga scia di sangue in quella città;
secondo quanto è stato accertato dalla polizia, qualcuno si sarebbe introdotto nell'aula della Corte d'Assise prima dell'inizio dell'udienza ed avrebbe reciso i fili dell'impianto di amplificazione rendendola così inutilizzabile -:
quali urgenti iniziative intendano attuare per far luce sull'episodio che appare ancora più grave perché persone non identificate riescono facilmente ed impunemente ad introdursi in un aula di tribunale e ad effettuare sabotaggi proprio in concomitanza con processi che vedono imputati uomini appartenenti alla criminalità organizzata.
(4-06596)

Risposta. - In data 3 giugno 2003, a conclusione di una udienza tenutasi all'interno dall'aula «C» del nuovo Palazzo di Giustizia di Catanzaro, relativa al procedimento penale a carico di Cannizzaro Giovanni ed altri indagati (per l'omicidio di Torcasio Nino avvenuto il 30 marzo 2002 in Lamezia Terme) un cancelliere del locale Tribunale faceva osservare al personale della Squadra Mobile, ivi presente, in qualità di testimone al procedimento penale in questione, che quattro cavi elettrici collocati sul pavimento e collegati all'apparato di registrazione erano stati recisi.
Nondimeno, l'udienza veniva svolta regolarmente, in quanto venivano utilizzati i microfoni posti sui banchi in prima fila.
A seguito del citato danneggiamento dell'impianto di fonoregistrazione, la Procura distrettuale antimafia di Catanzaro ha iscritto procedimento penale contro ignoti e le relative indagini non hanno fornito alcun elemento utile a risalire all'identificazione dell'autore del reato.
Pertanto, il 24 febbraio 2004, è stata formulata richiesta di archiviazione al locale Gip che, in data 14 aprile 2004, ha disposto l'archiviazione del citato procedimento penale.
Per quanto riguarda la sicurezza del Palazzo di Giustizia di Catanzaro si comunica che per l'immobile, situato in Via Falcone e Borsellino, si è provveduto alla dotazione di metaldetector, di telecamere bianco e nero, di televisione a circuito chiuso, di monitors, di citofoni interni ed esterni, di videoregistratori attivi per 24 ore e di impianto antintrusione.
Per la sede di viale Argento, invece, sono stati installati: un sistema antintrusione, il controllo delle uscite di sicurezza e filtro ingresso, la televisione a circuito chiuso, la sala regia e la centralizzazione delle immagini e degli allarmi presso le forze dell'ordine.
Il Ministero dell'Interno ha, infine, comunicato che il predetto Palazzo di Giustizia, quale obiettivo ritenuto sensibile, inserito nel piano coordinato di controllo del territorio, viene sorvegliato all'interno, nel corso della giornata, da militari dell'Arma dei Carabinieri.
Il Ministro della giustizia: Roberto Castelli.

NESI. - Al Ministro della giustizia, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
l'evasione di cinque pericolosi criminali dal carcere di Sollicciano (Firenze) presenta circostanze che mettono in evidenza l'estrema debolezza della struttura di quel carcere, le misure di sicurezza, secondo l'interrogante, ridicole e quello che appare un imperdonabile lassismo che in esso evidentemente regna -:
quali misure intendano adottare nei confronti dei responsabili;
quali misure intendano adottare affinché evadere dalle carceri italiane (cinque casi nel 2003) non divenga fin troppo facile.
(4-09707)

Risposta. - Con riferimento all'interrogazione in argomento, si rappresenta che i detenuti evasi dall'istituto di Firenze Sollicciano erano ristretti nella sezione comune.


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Peraltro, come si evince dalla loro posizione giuridica, non risultavano condannati o imputati per il reato di evasione. Tre di loro (Sela Afrim, Kola Altin e Osmani Marjo) sono coimputati per i reati di rapina aggravata, sequestro di persona a scopo di rapina, violazione legge sulle armi. Sono stati tratti in arresto il 12 luglio 2002 e introdotti nel carcere fiorentino da cui sono stati trasferiti in occasione di uno sfollamento ordinario alla casa circondariale di Livorno il giorno 27 luglio 2002.
Facevano rientro alla C.C. di Firenze Sollicciano il 31 maggio 2003 a seguito di specifica richiesta della locale Procura della Repubblica.
Il detenuto Prenga Gezim invece, in attesa di primo giudizio per il reato di omicidio aggravato e violazione legge sulle armi, è stato assegnato a Firenze dal competente Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria per esigenze processuali e proveniva dalla C.C. di Treviso. Si trovava ristretto nell'istituto fiorentino dal 19 novembre 2003.
Infine, Coku Dritam era ristretto a Firenze con posizione giuridica mista per i reati di omicidio e falsa identità.
Quest'ultimo risulta essere stato l'unico sottoposto ad osservazione scientifica dai cui atti non si rilevano elementi per trarre valutazioni significative in ordine alla pericolosità sociale.
Per quanto concerne l'evasione e le circostanze che ne hanno consentito la realizzazione è stata immediatamente disposta indagine amministrativa dalla quale si è potuto rilevare che la carenza di personale, pur oggettiva, non appare configurarsi quale circostanza scriminante o concausa nel verificarsi di siffatti episodi, costituendo semmai un motivo di richiamo a tutto il personale di custodia in vista dell'adozione di un livello di guardia più adeguato.
Sono state peraltro rilevate disfunzioni all'efficienza dell'impianto antievasione e di sicurezza dell'istituto.
A seguito dell'accertamento delle suddette criticità sono state ribadite le disposizioni sul controllo perimetrale dell'istituto, potenziando la sorveglianza interna ed esterna dell'istituto.
Sono stati autorizzati lavori di integrazione dei sistemi antievasione e di allarme generale; è stata potenziata la sala regia e, a tale scopo, è stata assicurata al Provveditore Regionale di Firenze una assegnazione di fondi di euro 504.104,43 per l'esecuzione di una prima consistente parte di interventi finalizzati al potenziamento della sicurezza della casa circondariale di Firenze Sollicciano.
Si è provveduto inoltre a disporre nuove e più efficaci operazioni di controllo dei detenuti ed a concludere un nuovo accordo sull'organizzazione dell'area della sicurezza che doverosamente punta al rafforzamento dei servizi istituzionali.
Si evidenzia inoltre che sono ancora in corso le attività istruttorie finalizzate all'accertamento delle singole responsabilità.
Per quanto concerne il numero delle evasioni di detenuti dagli istituti penitenziari o da strutture ospedaliere esterne si rileva che nel 2002 vi sono state 13 evasioni, nel 2003 ve ne sono state 22 e nei primi quattro mesi del corrente anno gli evasi sono n. 10.
In ordine alla situazione del personale di Polizia penitenziaria, presso l'istituto di Firenze Sollicciano, a fronte di un organico previsto di 692 unità, risultano presenti 595 unità di polizia penitenziaria a cui si aggiungono 15 unità di ausiliari. Si rappresenta che al fine di sopperire alle carenze, a livello nazionale, degli organici di Polizia penitenziaria, nel corso degli anni 2003-2004 sono state assunte varie iniziative volte al reclutamento dall'esterno di ulteriori unità di personale, tra le quali risultano tuttora in corso:
reclutamento III e IV contingente agenti ausiliari di leva, anno 2004, da avviarsi al previsto corso di formazione, della durata di mesi tre, rispettivamente nei mesi di settembre e novembre/dicembre 2004;
assunzione di n. 284 unità di personale femminile del ruolo agenti e assistenti del Corpo di Polizia penitenziaria: nel mese di dicembre 2003, le vincitrici sono state avviate alla frequenza del prescritto corso di formazione, della durata di mesi dodici;


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assunzione di n. 271 unità con qualifica di allievo vice ispettore del Corpo di Polizia penitenziaria: nel mese di settembre 2004, presumibilmente, i candidati idonei alla prova preliminare saranno sottoposti agli accertamenti psico-fisici ed attitudinali e nel corso dell'anno 2004 si svolgeranno le prove scritte ed orali;
assunzione di n. 298 unità di personale appartenente al ruolo direttivo ordinario del Corpo di Polizia penitenziaria: i candidati hanno già sostenuto la prova preliminare e nel corso dell'anno 2004 si provvederà all'espletamento delle ulteriori fasi concorsuali.

Inoltre, tenuto conto del disposto di cui all'articolo 3, comma 158, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, è stata richiesta alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento della Funzione Pubblica, l'autorizzazione alla assunzione di ulteriori complessive n. 2.372 unità.
Il Ministro della giustizia: Roberto Castelli.

ONNIS. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
risulta da un documentato servizio del Corriere della Sera del 31 luglio 2003 sulle carceri della Sardegna che il 35 per cento dei ventitré suicidi verificatisi quest'anno in Italia si è verificato in Sardegna;
il dato, allarmante e sconvolgente, purtroppo non si discosta molto dai dati degli anni precedenti e costituisce un segnale non contestabile di una «qualità» della detenzione incivile e non degna di uno Stato che propugna nella Costituzione il principio e l'esigenza della rieducazione di chi ha perso la libertà;
il triste fenomeno del suicidio in carcere si propaga pericolosamente per imitazione, particolarmente tra i detenuti tossicodipendenti che rappresentano oltre la metà della popolazione carceraria;
non è difficile individuare i fattori della barbara degradazione della detenzione nella inadeguatezza obsolescenza, incapienza ed inabitabilità delle strutture, nella insufficienza del personale di custodia e nella carenza dei servizi sociali, educativi e sanitari funzionali alla tutela della salute fisica e mentale del detenuto;
peraltro quasi tutte le strutture carcerarie della Sardegna sono gestite, per scelte ignote e che difficilmente paiono condivisibili, da direttori, in missione che, attesa anche la provvisorietà dell'incarico, non sempre sono nelle migliori condizioni per conoscere la realtà nella quale devono operare ed assumere le iniziative più appropriate;
sarebbe deleterio non intervenire immediatamente per metter fine alla falcidia di vite umane, quasi sempre giovani, che sta segnando la permanenza dolorosa nelle prigioni della Sardegna -:
se non ritenga di assumere sollecite, mirate ed efficaci iniziative, anche a seguito di immediate verifiche ispettive in loco, volte a ripristinare condizioni minime di vivibilità, accelerando la realizzazione di nuove strutture carcerarie, ampliando la dotazione del personale di polizia penitenziaria e di quello addetto ai servizi e risolvendo, secondo criteri di stabilità, esperienza e competenza, i delicati problemi relativi alla dirigenza.
(4-07245)

ONNIS. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
il 1 agosto 2003 il sottoscritto deputato presentava al Ministro della giustizia n. 4-07245 relativa all'elevata percentuale di suicidi verificatesi nelle carceri della Sardegna;
nell'interrogazione si chiedeva di assumere sollecite, mirate ed efficaci iniziative, anche a seguito di immediate verifiche ispettive in loco, volte a ripristinare condizioni minime di vivibilità, accelerando la realizzazione di nuove strutture carcerarie, ampliando la dotazione del personale di polizia penitenziaria e di quello addetto ai servizi e risolvendo, secondo


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criteri di stabilità, esperienza e competenza, i delicati problemi relativi alla dirigenza;
all'interrogazione non è stata data ad oggi nessuna risposta né si è appreso di iniziative assunte dal Governo per tentare di risolvere o solo attenuare le gravi problematiche evidenziate con l'atto di sindacato ispettivo;
la gravissima, allarmante, incivile emergenza dei suicidi in carcere è stata di nuovo denunciata - ed il fatto ha opportunamente avuto risvolto sulla stampa nazionale - dal dossier «Morire di carcere», presentato a Roma nei giorni scorsi e realizzato dai detenuti e dai volontari della redazione della rivista «Ristretti orizzonti»;
è emerso dal citato documento che i detenuti si tolgono la vita con una frequenza diciannove volte maggiore rispetto alle persone libere;
tale dato, di per sé agghiacciante, si carica di implicazioni che sgomentano e avviliscono con riferimento al sud, alle isole e, segnatamente, alla Sardegna, dove la percentuale dei suicidi dei detenuti è la più alta d'Italia;
questi numeri, anche per la ripetitività negli anni, non possono non essere il sintomo e l'effetto di una sempre più inaccettabile invivibilità delle carceri, gestite con metodi che vanno corretti e con carenze e responsabilità che vanno ovviate, scoperte e sanzionate;
ancora nella notte tra venerdì e sabato 29 novembre 2003, un suicido ha segnato la vita carceraria della tetra casa di reclusione di Buoncammino, a Cagliari;
il povero Gabriele Pusceddu, 35 anni, pregiudicato per non gravi precedenti penali, ha ritenuto di risolvere il suo dramma impiccandosi con un lenzuolo;
il carcere di Cagliari è sempre più sovraffollato, mancano gli agenti e servizi sociali adeguati, i detenuti non hanno spazi, né per l'«aria» né per fare attività fisica o socializzare;
lo Stato ha il dovere istituzionale, politico, morale e cristiano di non lasciare nulla di intentato per salvare anche una sola vita umana ed anche la vita di chi, per i propri errori, ha perso la libertà -:
se non ritenga, assumendo senza ulteriori indugi le iniziative sollecitate fino ad oggi inutilmente con l'interrogazione del 1 agosto 2003, di intervenire concretamente perché, anche nelle carceri della Sardegna, il livello e la qualità della detenzione siano quelli degni di uno Stato civile e democratico.
(4-08257)

Risposta. - Con riferimento alle interrogazioni in esame, di analogo contenuto, alle quali si risponde congiuntamente, si rappresenta che nel corso dell'anno 2003 si sono verificati 55 suicidi, di cui 10 in Sardegna e tra questi 3 nella casa circondariale di Cagliari, in una percentuale certamente diversa da quella prospettata negli atti di sindacato ispettivo.
Per quanto riguarda, più in generale, il fenomeno dei suicidi si rappresenta che le disposizioni contenute nella circolare del 12 maggio 2000 avente per oggetto «atti di autolesionismo e suicidi in ambiente penitenziario - linee guida operative ai fini di una riduzione dei suicidi in carcere», sono tuttora vigenti.
Il fenomeno dei suicidi in carcere forma oggetto di un'attenta e prioritaria osservazione da parte dell'amministrazione penitenziaria.
Sin dall'anno 2000 è stata costituita una struttura stabile di rilevamento, denominata Umes (Unità di monitoraggio eventi di suicidio), con il compito di rilevare costantemente gli episodi suicidari, verificarne le caratteristiche, risalire per quanto possibile ai fattori di rischio, formulare proposte di intervento. L'Umes ha organizzato l'11 giugno 2003 un incontro con tutti i provveditori regionali dell'amministrazione penitenziaria nel corso del quale sono stati raccolti suggerimenti operativi idonei al migliore contrasto del tragico fenomeno, diffusi i risultati del monitoraggio sin qui


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effettuato e richiamata l'esigenza che le articolazioni periferiche dipartimentali dedichino il massimo impegno alla prevenzione del suicidio lavorando sui fattori del disagio penitenziario. All'esito della riunione si è, altresì, deliberata l'effettuazione di incontri in tutta Italia, con i direttori degli istituti coinvolti in episodi di suicidio nonché con i direttori degli istituti che risultano invece indenni dalle ricorrenze del fenomeno.
Esiste dunque un'acuta attenzione dell'amministrazione rivolta alla tragica realtà del suicidio nelle carceri, estesa più recentemente ai tentativi di suicidio, attenzione che si attua attraverso l'analisi statistica, lo studio dei singoli casi, la sensibilizzazione e la programmazione di un piano di interventi sino ad oggi attuato conformemente alle scadenze previste.
A livello periferico, degna di menzione è l'istituzione, già dal 30 dicembre 1987, del servizio nuovi giunti, consistente in un colloquio che l'esperto psicologo effettua col detenuto all'atto di primo ingresso in istituto e, comunque, entro e non oltre le prime 24 ore, allo scopo di acquisire una conoscenza immediata delle sue caratteristiche personologiche.
Attraverso la compilazione di una scheda riassuntiva di una serie di dati (età, scolarità, problematiche di vario tipo) si mira a conoscere il livello di (probabilità) di rischio suicidario in vista della successiva comunicazione al responsabile della sicurezza per l'adozione delle misure di sorveglianza più idonee in relazione al singolo caso.
Si segnala anche l'istituzione del presidio per tossicodipendenti (decreto interministeriale 8 giugno 1991 in attuazione del testo unico n. 309/90 sul trattamento, recupero e reinserimento di detenuti affetti da HIV), attivo negli istituti di maggiori dimensioni, 24 ore su 24.
Trattasi di una equipe di medici, psicologi e infermieri addetta alla individuazione dei primi interventi di tipo farmacologico finalizzati al superamento della iniziale crisi da astinenza per poi formulare successivamente un possibile programma riabilitativo.
Le iniziative richiamate sono state accompagnate da una riduzione del fenomeno di straordinaria dimensione, evidenziatasi in particolare nell'anno 2002.
Il numero dei suicidi nell'anno 2002 è stato di 52. Per la verità, il numero ufficiale indicato è inferiore a 52, in quanto in due casi di morte conseguente a inalazione di gas è dubbio se si sia trattato di volontà suicidaria oppure di uso voluttuario seguito da morte.
Peraltro, anche ad assumere la determinazione per eccesso, sia il numero assoluto sia la percentuale dei suicidi si è ridotta rispetto all'anno precedente, quando i suicidi erano stati 69. Si è quindi registrata una flessione di 16 casi corrispondente a oltre il 20 per cento (quasi il 25 per cento, se si considera anche l'aumento di popolazione detenuta nel periodo considerato).
Il dato del 2002 è tanto più significativo se si tengono presenti alcune circostanze:
nel periodo in questione vi è stata grande attesa di un provvedimento di clemenza;
la riduzione, se è particolarmente marcata rispetto al 2001, è evidente anche rispetto all'anno 2000, quando si ebbero 56 casi;
uno degli episodi verificatisi nel 2002 è assolutamente atipico (un detenuto ricoverato in un ospedale si è sparato con una pistola sottratta ad un agente dopo aver tentato la fuga ed essere stato circondato);
cinque eventi sono seguiti all'inalazione di gas e, come si è accennato, almeno in due di questi è dubbio se si tratti di suicidio;
ben quattro episodi si sono concentrati in un solo istituto, oltre tutto di medio/piccole dimensioni (Sassari): ciò che ha richiamato la necessità di una specifica inchiesta del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria finalizzata alla verifica delle condizioni logistiche e di vita in detto istituto.

In definitiva, ciò che si può affermare è che nell'anno 2002 la frequenza dei suicidi


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all'interno del sistema penitenziario italiano - il quale pure presenta un tasso di suicidio (10 su 10.000 detenuti) molto inferiore rispetto ad altri paesi europei, tra cui la Francia (24), la Danimarca (15), l'Austria (24), il Belgio (19), l'Irlanda (14), l'Inghilterra (14) - si è fortemente attenuata. Sarebbe evidentemente semplicistico istituire un meccanico rapporto di correlazione eziologica tra il livello di impegno e di interventi che l'Amministrazione penitenziaria ha profuso per far fronte al triste fenomeno e la riduzione che si è verificata nel 2002 in termini davvero rimarchevoli. Tuttavia è innegabile l'esistenza di una relazione almeno cronologica tra i due fatti.
Nell'anno 2003 si sono verificati 55 suicidi.
Si può affermare, pertanto che il fenomeno si presenta stabile in termini assoluti in rapporto allo scorso anno, considerato l'aumento intervenuto nella popolazione penitenziaria.
Non si nasconde che il risultato non può essere considerato appagante, posto che è intendimento dell'amministrazione non già di stabilizzare, seppure ad un livello ridotto, la ricorrenza degli eventi suicidari, bensì di avanzare continuamente verso l'obiettivo di una progressiva riduzione, pur nella consapevolezza dell'impossibilità di eliminare il fenomeno, presente nella società esterna e in ogni società.
Per quanto riguarda, in particolare, la situazione della casa circondariale di Cagliari, si evidenzia che a differenza di quanto affermato dall'Onorevole interrogante, non si riscontra un eccessivo affollamento perché su una capienza tollerabile di 469 posti, la presenza detentiva media è di 450 unità e nel mese di maggio 2004 erano presenti 360 detenuti.
Per quanto concerne il decesso del detenuto Gabriele Puscheddu, avvenuto in data 28 novembre 2003, si rappresenta che lo stesso era stato tratto in arresto il 27 settembre 2003 e nel medesimo giorno aveva fatto ingresso presso l'istituto cagliaritano.
Il Puscheddu era stato condannato con sentenza definitiva per i reati di furto aggravato, ricettazione ed evasione, con fine prevista per il 7 luglio 2005.
Ex tossicodipendente, affetto da epatopatia, HCV correlata e pregresse multifratture, per tali patologie era seguito dall'infettologo, dall'ortopedico e dallo psichiatra, convenzionato con l'istituto.
Durante il periodo di detenzione aveva manifestato forme di nervosismo in quanto sperava di ottenere, in tempi brevi, i benefici alternativi alla detenzione.
In data 28 novembre 2003 il Puscheddu, intorno alle ore 1,40 si impiccava all'interno della propria cella, con l'ausilio di un lenzuolo legato a forma di cappio alle inferriate della finestra. Nonostante sia stato sottoposto agli interventi rianimatori del caso alle 2,15 è deceduto.
Il provveditore regionale, a seguito degli accertamenti ispettivi condotti, pur avendo rilevato la tempestività dell'intervento degli operatori penitenziari, ha manifestato talune perplessità sulle modalità dell'evento in ordine alle quali non si è in grado di poter formulare valutazioni in attesa degli esiti dell'indagine penale tuttora in corso.
A tal fine una copia della relazione ispettiva è stata inviata alla procura della Repubblica di Cagliari.
Per quanto concerne la situazione delle strutture si fa presente che nel programma deliberato dal Comitato paritetico per l'edilizia penitenziaria, nella seduta del 19 febbraio 2003, è stata decisa la costruzione di 5 nuovi istituti in Sardegna: Sassari, Cagliari, Tempio Pausania, Oristano e Lanusei.
Le nuove strutture di Sassari, Cagliari, Tempio Pausania e Oristano saranno realizzate dal ministero delle infrastrutture con finanziamenti già assentiti; per quella di Lanusei si farà ricorso allo strumento della permuta, secondo un programma che sarà stabilito dalla Società Dike Aedifica che ha come finalità quella di valorizzare il vastissimo patrimonio immobiliare costituito dai vari penitenziari italiani, per potere reperire i fondi necessari a soddisfare le pressanti esigenze di edilizia penitenziaria e giudiziaria del Paese.
Va segnalato, inoltre, che l'area dove sorgerà il nuovo istituto penitenziario di


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Cagliari è stata già individuata ed approvata dalla competente Commissione.
Tuttavia, si fa presente che la legge finanziaria 2004 ha ridotto gli stanziamenti per il 2004 da euro 327.950.000,00 a euro 127.950.000,00 rinviando i restanti euro 200.000.000,00 al 2005.
In ogni caso nell'ambito dell'ultima seduta del Comitato paritetico, tenutasi il 20 maggio 2004, per la rimodulazione, alla luce della citata finanziaria, degli interventi programmati, ha confermato la realizzazione di tutti i predetti istituti penitenziari.
Riguardo alla situazione del personale si comunica che la dotazione organica del personale di polizia penitenziaria amministrato dagli istituti della Sardegna ammonta a 1.339 unità con un esubero di 15 unità rispetto alla previsione organica di cui al decreto ministeriale 8 febbraio 2001, fissata in 1.324, alla data del 28 aprile 2004.
Per quanto concerne il personale appartenente al comparto ministeri, si segnala che nella
Gazzetta Ufficiale del 27 gennaio 2004, n. 7, sono stati pubblicati i bandi di concorso per l'assunzione con contratto di lavoro, a tempo determinato della durata di dodici mesi, di n. 50 educatori e n. 50 contabili, Area C, posizione economica C1. Inoltre, nella Gazzetta Ufficiale del 16 aprile 2004 n. 30, sono stati pubblicati i bandi di concorso finalizzati al reclutamento dall'esterno di 661 unità di personale in diversi profili professionali.
Pertanto, sarà possibile valutare eventuali interventi negli istituti penitenziari sardi all'esito delle procedure concorsuali in corso.
Il Ministro della giustizia: Roberto Castelli.

ONNIS. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio. - Per sapere - premesso che:
a Bruxelles, il 18 maggio scorso, è stato presentato e discusso, in occasione di una conferenza internazionale, lo studio Living with coastal erosion in Europe, promosso dalla Commissione Europea e avente appunto ad oggetto il fenomeno dell'erosione delle coste nel continente;
l'erosione delle coste, definita come «graduale distruzione della terra ad opera del mare», determina conseguenze drammatiche per l'equilibrio ambientale e per le attività umane, alterando in modo irreversibile gli habitat della flora e della fauna selvatica, minacciando la sicurezza di quanti vivono nelle zone costiere e compromettendo irreparabilmente qualunque iniziativa economica, in specie se connessa al turismo. Si è al riguardo stimato che il valore delle attività industriali, agricole e turistiche, localizzate a cinquecento metri dalla costa, è compreso, nel continente, tra cinquecento e mille miliardi di Euro e si è osservato che, annualmente, centinaia di abitazioni vengono abbandonate per il pericoloso approssimarsi del mare;
nei territori dell'Unione, addirittura 132.300 Km. quadrati di coste sarebbero interessati dall'erosione e, di questi, ben 47.500 ricadrebbero nelle riserve naturali; ogni anno, sarebbero invasi dalle acque tra i cinquanta centimetri e i due metri - quindici metri nei casi più eclatanti - di terra;
il fenomeno in questione, che, in condizioni normali, dovrebbe realizzarsi con la graduale sostituzione dei materiali asportati dalle onde e dalle correnti marine con quelli depositati dai fiumi o ricavati dallo sgretolamento delle rocce, avrebbe assunto proporzioni tanto preoccupanti e non facilmente controllabili a causa dell'intervento dell'uomo, che interferisce con il naturale svolgimento di questo processo;
lo studio cui si è fatto riferimento indica l'Italia come Paese ad alto rischio (23 per cento) di erosione costiera, «prevalentemente attribuibile alla rapida urbanizzazione delle (...) coste e delle spiagge»;
in Sardegna, la progressiva alterazione dell'equilibrio ambientale nelle aree costiere, conseguente all'erosione, può determinare effetti devastanti. Infatti, molti


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tra i più caratteristici e importanti centri abitati sorgono, nell'isola, in prossimità del mare e i residenti si dedicano, con sempre maggiore frequenza e crescenti successi anche a livello internazionale, alle attività turistiche in prevalenza incentrate sulla bellezza delle spiagge. Inoltre, molti tratti di costa appaiono tuttora incontaminati, tanto da essere frequentemente sottoposti a vincolo ambientale, e assolutamente peculiari sono le caratteristiche della flora e della fauna sarde;
secondo quanto denunciato dalla stampa locale, gli effetti dell'erosione costiera sarebbero già ben percepibili in Sardegna, lungo le spiagge più belle e rinomate, ad esempio nelle aree turistiche di Alghero, di Stintino e di Porto Torres;
lo studio promosso dalla Commissione europea, per fronteggiare il fenomeno che si analizza, tra l'altro raccomanda ai governi nazionali di programmare interventi di prevenzione, anche a lungo termine, e di valutare l'incidenza delle iniziative e degli investimenti pubblici sull'equilibrio ambientale delle zone costiere -:
se siano state effettuate o siano in programma rilevazioni e analisi, a proposito delle cause e dell'evoluzione dell'erosione costiera, con specifico riguardo all'Italia e alla Sardegna, ed eventualmente con quali esiti od obiettivi;
quali iniziative siano state adottate o si ritenga opportuno intraprendere per rimediare agli effetti del fenomeno in esame e per contrastarne il progresso, in aderenza alle raccomandazioni formulate dalla Commissione Europea.
(4-11103)

Risposta. - In merito a quanto indicato nell'interrogazione in esame riguardante il fenomeno dell'erosione delle coste, si rappresenta che, in Italia, le competenze inerenti la gestione integrata delle coste sono state affidate alle regioni con la legge n. 59/97 e il decreto legislativo n. 112/98 che conferiscono e disciplinano le funzioni e i compiti amministrativi dello Stato alle regioni e agli enti locali.
Le regioni, a loro volta, hanno promulgato leggi regionali per l'elaborazione di piani e di programmi di gestione integrata delle coste in attuazione alla raccomandazione del Parlamento Europeo del 30 maggio 2002 che prevede che tutti gli Stati membri conducano opportune valutazioni per verificare quali siano i soggetti competenti per applicare in modo efficace i principi della gestione integrata delle aree costiere, e sollecita l'applicazione pratica di piani o programmi di gestione integrata con l'obiettivo di definire un approccio comune alla materia e opportune strategie nazionali.
Rimangono allo Stato i compiti relativi agli indirizzi generali ed ai criteri per la difesa delle coste, secondo quanto previsto dal decreto legislativo n. 112 del 1998, che all'articolo 88 li definisce di rilievo nazionale, ai sensi dell'articolo 1, comma 4, lettera
c), della legge 15 marzo 1997, n. 59.
Tali compiti vengono esercitati dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio direttamente o attraverso gli organismi tecnici ad esso facenti capo, tra cui l'Agenzia per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici (APAT).
Nell'ambito di tale Agenzia opera il Servizio Difesa delle Coste, con l'obiettivo di definire linee guida e promuovere metodologie per la programmazione, la progettazione e l'attuazione di interventi in materia di protezione delle coste dai fenomeni erosivi e dai rischi naturali.
In tale contesto, l'Apat, coinvolgendo il sistema delle Agenzie ambientali, partecipa all'attività internazionale di settore, elabora i dati dello stato del mare e la modellistica costiera ai fini della stabilità dei litorali, raccoglie i dati relativi all'evoluzione delle coste a scala nazionale e al monitoraggio degli interventi di protezione, predisponendo un rapporto annuale con l'indicazione delle aree più a rischio.
In relazione alla materia, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio è inoltre coinvolto, direttamente o tramite i citati organismi nei maggiori progetti di rilevanza internazionale, tra cui «Eurosion» e «Interreg IIIB - Beachmed» l'uno che si occupa di problematiche inerenti l'erosione costiera, l'altro del reperimento di sedimenti


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in ambiente marino per la ricostruzione di litorali in erosione, nonché nelle attività promosse dall'UNEP nell'ambito della gestione integrata delle coste.
In particolare, l'Eurosion è un progetto promosso dalla Direzione generale dell'Ambiente della Commissione europea, che è stato attuato da un consorzio istituito dall'Ente Nazionale per l'Amministrazione delle Zone Litoranee e Marine del Ministero dei trasporti olandese in collaborazione con il Ministero dei lavori pubblici e per la Gestione delle acque. L'esecuzione del progetto è cominciata nel gennaio 2002 ed ha avuto termine nel maggio 2004 per una spesa di cinque milioni di euro.
È basato sul presupposto che l'erosione costiera sia un fenomeno che non può mai essere completamente contrastato ed eliminato, ma può essere gestito in modo economicamente ed ecologicamente sostenibile.
Sono stati indicati i principali filoni d'indagine circa la ricerca delle cause naturali e indotte dall'uomo, lo studio dei differenti usi del litorale, i livelli differenti di amministrazione e le preoccupazioni del presente, nonché le tendenze evolutive di lunga durata.
Con il sostegno e la collaborazione delle amministrazioni locali e cercando di facilitare l'accesso ai dati e alle informazioni, il progetto Eurosion offre un aggiornamento sulla situazione dei litorali dei paesi dell'Unione europea con un'enfasi sui progetti pilota che hanno messo a fuoco le strategie di ICZM (
Integrated Coastal Zone Management). Da notare, tuttavia, che la scala di studio non riesce a coprire le esigenze locali di un territorio costiero morfologicamente complesso come quello del nostro Paese.
Nell'ambito del programma comunitario Interreg IIIB-Medocc, concernente i Paesi rivieraschi del Mediterraneo Occidentale, è stato intrapreso un progetto per definire problemi tecnici, ambientali ed economici legati all'estrazione di sabbie da cave sottomarine, per il ripascimento e il mantenimento di litorali in erosione. Il progetto Beachmed si propone di promuovere uno scambio di informazioni e di esperienza tra i Paesi coinvolti in merito al problema dell'erosione costiera con l'aiuto di attività e progetti comuni e multidisciplinari.
Il principio di questo progetto è quello di definire metodologie comuni ed avanzate nel campo della valutazione dell'impatto ambientale dovuta all'erosione costiera, degli eventuali effetti negativi derivanti dallo sfruttamento di giacimenti sabbiosi sottomarini, dei ripascimenti artificiali, delle tecnologie per l'individuazione dei giacimenti sabbiosi e delle tecniche di dragaggio. Con una corretta utilizzazione di queste metodologie si potrà avere una corretta gestione del contesto costiero e una protezione e valorizzazione del patrimonio naturale.
L'UNEP (
United Nations Environment Programme) è stato istituito a seguito della Conferenza delle Nazioni unite sull'Ambiente umano, tenuta a Stoccolma nel 1972. La sua missione consiste nel fornire una guida e nell'incoraggiare la collaborazione nella cura per l'ambiente, mettendo in grado nazioni e popolazioni di migliorare la propria qualità della vita senza compromettere quella delle generazioni future.
Anche nell'ambito del bacino mediterraneo, molte sono state le azioni promosse: ad esempio l'APAT ha presentato il volume «
Cleaner Production in the Mediterranean Region - Second Regional Report» in collaborazione con UNEP e ECO-MED (Agenzia per lo Sviluppo Sostenibile nel Mediterraneo).
Altre istituzioni attive nel Mediterraneo per la promozione della Cleaner Production sono:
la Commissione Mediterranea sullo Sviluppo Sostenibile (MCSD), appartenente al Piano d'Azione Mediterraneo (MAP);
il Centro Regionale di Attività per la
Cleaner Production (CP/RAC) del MAP, con sede a Barcellona;
il Network Medcities, rete delle città costiere del Mediterraneo, creata nel 1991 per iniziativa del Programma Mediterraneo di Assistenza Tecnica (METAP), istituito nel 1990 in risposta alle esigenze di un approccio unitario alla risoluzione dei complessi problemi delle regioni del bacino del Mediterraneo.


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Nell'ambito delle attività che afferiscono alla Convenzione di Barcellona per la protezione del Mediterraneo, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e con esso l'APAT, sono impegnati nell'elaborazione dei National Action Plans del protocollo per la riduzione dell'inquinamento da fonti terrestri (LBS), nel reporting nazionale sullo stato di attuazione di tutti i sei protocolli della Convenzione e nella elaborazione di un nuovo protocollo inerente la Gestione integrata delle coste (ICZM) da presentare alla prossima Conferenza dei Paesi partner della Convenzione stessa.
Con riguardo alla scala locale, alcune regioni italiane hanno già provveduto a redigere programmi di gestione integrata delle aree costiere.
In particolare, riguardo alla Sardegna, data la centralità della regione insulare, legata al traffico marittimo, all'insediamento di poli industriali petrolchimici e metallurgici e alle grandi potenzialità turistico-balneari, è causa di crescenti spinte alla trasformazione che inducono forti pressioni sugli ecosistemi naturali e sul paesaggio, le quali richiedono urgenti misure di prevenzione e di controllo.
Il problema dell'erosione costiera è stato inserito nel programma regionale per la lotta alla desertificazione, regolarmente inviato al Ministero dell'ambiente il 30 maggio del 2000, ma non ancora finanziato dal Governo. La Sardegna ha inoltre partecipato attivamente alla realizzazione del progetto Eurosion per il Sistema informativo dell'erosione costiera con l'Università di Cagliari.
Si è ad un buon livello di studi e di delimitazione dei rischi, manca però un Piano regionale di gestione delle coste.
Un primo passo significativo è stato il Progetto dell'Atlante ambientale. L'Atlante fornisce, in maniera schematica e sintetica, informazioni legate al territorio attraverso l'uso di indicatori popolati a livello comunale che consentono di visualizzare criticità, opportunità e/o peculiarità ambientali del territorio regionale. Le tavole che costituiscono l'Atlante sono raggruppate in otto diverse tematiche ambientali, tra cui «
Ambiente Marino Costiero», individuate secondo le indicazioni della Commissione Europea e le specificità regionali.
Con la Carta del rischio ambientale nelle coste della Sardegna si sono poi voluti documentare i caratteri geoambientali, l'entità e la dinamica della trasformazione del contesto costiero, lo stato di antropizzazione e i rischi cui risulta esposto in conseguenza dei processi naturali o delle attività umane. Lo scopo è quello di porre le basi informative per un monitoraggio sistematico e per una gestione integrata degli spazi costieri, in particolare di quelli che, resi già fragili da pregresse trasformazioni, sono soggetti a ulteriori, cambiamenti legati a fenomeni naturali (erosione costiera, dissesti in genere, eccetera), o indotti dalle attività umane (inquinamento, urbanizzazione, perturbazioni nei bacini idrografici, eccetera), o alla loro combinazione. Il perseguimento di questo obiettivo ha richiesto la realizzazione di un Sistema Informativo Costiero con il quale mettere in luce le ulteriori potenzialità di sviluppo di attività creatrici di impieghi e di reddito, in base all'effettiva portanza dei diversi ecosistemi costieri e alle condizioni di rischio geoambientale cui le diverse aree sono esposte. Questo lavoro costituisce il primo esempio di una cartografia di sintesi a media scala in tema di rischio per le coste dell'Isola. Dall'integrazione di dati geologico-tecnici, geomorfologici, meteomarini e antropici per le varie tipologie costiere, sono stati identificati i tratti esposti al rischio di erosione a breve, medio e lungo termine.
Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio: Altero Matteoli.

PERROTTA. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 368 del codice penale prevede che colui che incolpa di un reato taluno che egli sa essere innocente è punito con la reclusione da due a sei anni. La pena e la reclusione possono aumentare a seconda del verificarsi delle situazioni -:


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se il Ministro intenda verificare quanti degli accusati di reato di sola calunnia, dal 1994 ad oggi, siano stati arrestati per aver eventualmente commesso codesto reato.
(4-09297)

Risposta. - Con riferimento all'interrogazione in esame, si comunica che i soggetti accusati del solo reato di calunnia, entrati negli istituti penitenziari dal 1o gennaio 1994 ad oggi, sono 40.
Nello stesso periodo sono, viceversa, 229 (inclusi i 40 sopra citati) i carcerati con un solo procedimento a carico che includa anche il reato di cui all'articolo 368 c.p.
Al momento risultano ristretti presso gli istituti penitenziari 62 detenuti in espiazione della pena, condannati, fra l'altro, per il reato di calunnia.
Naturalmente i dati in questione relativi al reato di calunnia sono da intendersi riferiti esclusivamente a quei soggetti che hanno fatto ingresso negli istituti penitenziari.
Il Ministro della giustizia: Roberto Castelli.

PERROTTA. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
il problema della spesa sanitaria assilla Governo e cittadini;
spesso la mala sanità è determinata anche con il concorso di alcuni medici, attraverso forme di comparaggio;
questo reato è difficilmente punibile, poiché trattandosi di una contravvenzione è prevista una prescrizione triennale a decorrere dalla data di commissione del fatto -:
se il Ministro intenda adottare iniziative normative volte a classificare il reato in questione come delitto, e non più contravvenzione, onde prolungare i tempi di prescrizione a 5 anni.
(4-10827)

Risposta. - Con riferimento all'interrogazione in esame, si comunica che allo scopo di reprimere le condotte dei rappresentanti o agenti di case farmaceutiche che, attraverso attività di informazione scientifica svolta irregolarmente, si adoperano per incrementare illecitamente le prescrizioni di determinati farmaci, il decreto legislativo 30 dicembre 1992 n. 541 ha introdotto, riformando gli articoli 170 e 171 del R.D. 27 luglio 1934 n. 1265 (Testo unico delle leggi sanitarie o Tuls) nuove e specifiche figure di reato.
Le nuove disposizioni incriminatrici si inseriscono, peraltro, in una più ampia regolamentazione del settore adottata per dare attuazione alla direttiva comunitaria 92/98/CEE del 30 dicembre 1992 concernente la pubblicità dei medicinali per uso umano.
In particolare, l'articolo 170 del Tuls punisce con l'arresto fino ad un anno e con l'ammenda da Euro 206 ad Euro 516 il medico o il veterinario che ricevono, per sé o per altri, denaro od altra utilità ovvero ne accettino semplicemente la promessa, allo scopo di agevolare, con prescrizioni mediche o in qualsiasi altro modo, la diffusione di specialità medicinali o di ogni altro prodotto a uso farmaceutico.
È prevista la pena accessoria della sospensione dall'esercizio della professione per un periodo di tempo pari alla durata della pena inflitta.
L'articolo 171, inoltre, sanziona con la stessa pena il farmacista che pone in essere una condotta analoga allo scopo di agevolare la diffusione di specialità medicinali a danno di altri prodotti o specialità dei quali abbia pure accettato la vendita.
Anche in tal caso è prevista la pena accessoria della chiusura della farmacia per un periodo da uno a tre mesi e, in caso di recidiva, la decadenza dall'esercizio della farmacia.
Il reato ha natura contravvenzionale e, salvo interruzioni, si prescrive, ai sensi dell'articolo 157 c.p., in tre anni.
Va, tuttavia, sottolineato come, di regola, la condotta del medico o del veterinario che accetta denaro od altra utilità per effettuare prescrizioni di farmaci o di accertamenti diagnostici integra anche altre ipotesi di reato di natura delittuosa.


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Così, ogni volta in cui il sanitario risulti legato da un rapporto, anche non di lavoro subordinato, al Servizio sanitario nazionale finisce per acquisire la qualifica di pubblico ufficiale o incaricato di pubblico servizio con conseguente applicabilità delle norme di cui agli articoli 318 del codice penale o 319 del codice penale a seconda che la prescrizione sanitaria, a fronte della quale è stata accettata o promessa l'illecita controprestazione, risulti effettivamente necessaria, dal punto di vista medico, o meno.
Nel caso, inoltre, di prescrizioni inutili o sovrabbondanti il cui costo, come avviene di norma in tali fatti di malcostume, sia posto a carico del Servizio sanitario nazionale, sarà applicabile anche la previsione dell'articolo 640 cpv codice penale, che punisce la truffa in danno dello Stato o di altri enti pubblici.
Non infrequente, infine, allorquando gli episodi di truffa e corruzione si inseriscono in un accordo stabile ed organizzato, la contestazione ulteriore del delitto di associazione per delinquere di cui all'articolo 416 codice penale.
Ne consegue che il problema della più breve prescrizione appare concretamente rilevante nei soli casi, oggettivamente meno gravi, in cui non sono coinvolti sanitari legati da rapporto di pubblico impiego o di convenzione con il Servizio sanitario nazionale e la prescrizione del farmaco non è superflua o sovrabbondante.
La stessa distinzione tra delitti e contravvenzioni è, peraltro, tra quelle oggetto dell'attività della Commissione per la riforma del codice penale, che non ha ancora terminato i suoi lavori.
Il Ministro della giustizia: Roberto Castelli.

PERROTTA. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
dal rapporto 2004 dell'Eufunding, sugli aiuti economici europei ai palestinesi, emergono dati preoccupanti;
da esso emerge che, a seguito della firma dell'accordo di Oslo nel 1993, nelle casse palestinesi transitano circa 10 miliardi di dollari;
nell'ambito della somma summenzionata, più di 4 miliardi provengono dalle casse dell'Europa -:
se il Ministro intenda intervenire, presso il governo palestinese, affinché sia fatta chiarezza su quanto riferito in premessa, ed in particolare sulla reale destinazione degli aiuti finanziari europei.
(4-11244)

PERROTTA. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
dal rapporto 2004 dell'Eufunding, sugli aiuti economici europei ai palestinesi, emergono dati preoccupanti;
il rapporto summenzionato fa i nomi di 20 terroristi, recentemente arrestati e di cui Israele ha dato all'Olaf le ricevute dei fondi dell'erario di Arafat, finanziato direttamente dall'Europa;
la maggior parte dei nomi coinvolti si riferisce a poliziotti od altri membri della sicurezza palestinese -:
se il Ministro intenda intervenire, presso le autorità palestinesi, affinché sia fatta luce in merito alla situazione delineata in premessa e siano individuati i motivi di come sia stato possibile che vi fossero 20 terroristi «a busta paga europea».
(4-11245)

PERROTTA. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
dal rapporto 2004 dell'Eufunding, sugli aiuti economici europei ai palestinesi, emergono dati preoccupanti;
nei libri paga dell'Autorità Nazionale Palestinese risultano almeno 7 mila nomi falsi pari al 5 per cento del totale dei dipendenti i cui stipendi costituiscono il 70 per cento delle spese documentate dai palestinesi che sostengono di avere 124 mila dipendenti pubblici;


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a tutto ciò occorre aggiungere i nepotismi della famiglia allargata di Arafat e tutti i personaggi che ricoprono cariche in quasi tutti gli organismi chiave dell'ANP -:
se il Ministro interrogato intenda intervenire, presso il governo palestinese, affinché sia fatta chiarezza sulla reale destinazione degli aiuti economici europei.
(4-11246)

PERROTTA. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
dal rapporto 2004 dell'Eufunding, sugli aiuti economici europei ai palestinesi, emergono dati preoccupanti;
dallo stesso emerge infatti che Arafat ha depositato 990 milioni di dollari, provenienti dalle tasse palestinesi, in un conto svizzero;
una cospicua parte di tale somma è stata investita in compagnie come la Coca-Cola, in una compagnia di telefonia mobile, eccetera -:
se il Ministro interrogato intenda adottare iniziative, presso il governo palestinese, affinché sia fatta luce in merito alla situazione richiamata in premessa.
(4-11247)

PERROTTA. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
dal rapporto 2004 dell'Eufundings, sugli aiuti economici ai palestinesi, emergono dati preoccupanti;
dal citato rapporto emerge che Arafat è sospettato di aver utilizzato i fondi europei per i propri interessi personali;
a tal proposito l'Olaf, il meccanismo antifrode europeo, coordinato dal magistrato Edmondo Bruti Liberati, coordinatore dell'inchiesta, ha stilato una sorta di assoluzione preventiva all'Anp sulla gestione dei fondi elargiti dall'UE nonostante l'inchiesta non fosse ancora ufficialmente terminata -:
se il Ministro intenda intervenire, presso le autorità palestinesi affinché sia fatta luce in merito alla situazione delineata in premessa.
(4-11249)

Risposta. - Lo scoppio della seconda «Intifada» nel settembre 2000 ha profondamente inciso sulla programmazione e sul tipo di assistenza fornita sia dall'Unione europea sia dagli altri donatori internazionali al bilancio dell'Autorità nazionale palestinese. Per quanto riguarda i primi, si segnala che dal 2001 la definizione degli interventi non segue la consueta pianificazione pluriennale (attraverso l'approvazione di un documento di strategia nazionale o Country Strategy Paper) bensì l'approvazione di misure di urgenza ad hoc sulla base delle necessità contingenti segnalate dalle Autorità beneficiarie degli aiuti. In particolare, a causa della sospensione da parte israeliana dei trasferimenti fiscali dovuti all'Autorità nazionale palestinese (il gettito dell'IVA e gli introiti dei dazi doganali che Israele riscuote per conto dell'ANP), gran parte dell'aiuto comunitario è stato erogato, tra la fine del 2000 all'inizio del 2003, sotto forma di sostegno al bilancio anziché attraverso il finanziamento di specifici progetti di assistenza (in linea di approssimazione, 115 milioni di euro nel biennio 2000-2001, attraverso un dispositivo speciale denominato Cash Facility, e circa 120 milioni di euro, in tranche mensili da 10 milioni di euro, fino al marzo 2003). Ciò per venire incontro all'improvvisa carenza delle risorse finanziarie necessarie alla copertura di spese correnti, quali il pagamento dei salari, ed alla fornitura di servizi pubblici di base (ad esempio, nei settori dell'istruzione e della sanità).
Tale scelta è stata, peraltro, appoggiata anche dal Consiglio europeo - Affari generali e relazioni esterne del 26-27 febbraio 2001, che invitava anche gli altri donatori a versare fondi a sostegno del bilancio palestinese al fine di evitare «il collasso economico e istituzionale nei territori palestinesi» (si vedano anche le Conclusioni della Presidenza al Consiglio europeo di Stoccolma del 23-24 marzo 2001). L'assistenza finanziaria d'urgenza veniva, tuttavia


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collegata a specifiche condizioni quali lo stabilimento da parte dell'Anp di una disciplina rigorosa in materia di finanze pubbliche, in grado di assorbire l'aiuto offerto dalla Comunità Internazionale, l'adozione di misure atte a favorire l'efficienza e la trasparenza nell'impiego dei fondi ed a contrastare fenomeni di corruzione. Le Autorità palestinesi sono state chiamate ad adottare un primo bilancio pubblico per l'anno finanziario 2003, a consolidare tutti gli introiti incamerati in un unico conto di tesoreria monitorato dal FMI e ad instaurare sistemi di audit interni ed esterni. In un'audizione presso la Commissione affari esteri del Parlamento europeo, del 19 giugno 2002, l'allora Commissario per le relazioni esterne Chris Patten ha ribadito come, attraverso l'imposizione di tali condizioni, l'assistenza dell'Unione europea abbia favorito l'adozione di riforme considerevoli da parte dell'ANP in materia di finanze pubbliche, con l'obiettivo di fare del Ministero delle Finanze palestinese l'autorità responsabile democraticamente della gestione del bilancio nazionale. Tale impegno è stato peraltro riconosciuto anche dal Comitato ad hoc dei donatori internazionali nelle riunioni che si sono tenute a Londra nel 18-19 febbraio 2003 e a Roma nel dicembre 2003. La Commissione europea, nel giugno 2002, si è fatta inoltre garante di fronte al Parlamento europeo del corretto impiego delle risorse fornite all'ANP, assicurando un monitoraggio sulla gestione delle stesse nonché, all'occorrenza, l'avvio di indagini investigative laddove venissero segnalate frodi.
A seguito del pieno ripristino, nel dicembre 2002, di un regolare flusso di trasferimenti fiscali da parte delle Autorità israeliane, la Commissione ha potuto riorientare gli aiuti finanziari nel senso di un maggiore bilanciamento tra interventi d'urgenza e sostegno alle riforme attuate dall'ANP. Con il Piano nazionale 2003 per la Striscia di Gaza e la Cisgiordania, si è voluto collegare maggiormente l'assistenza dell'Unione europea con gli obiettivi stabiliti dalla
Road Map della Task Force on Palestinian Reform, nel quadro dell'iniziativa di pace del «Quartetto» (Stati Uniti, Russia, Unione Europea e Segretario Generale delle Nazioni Unite), attraverso uno strumento denominato Reform Facility. Quest'ultimo prevedeva due componenti: una propriamente finanziaria (80 milioni di euro), destinata a coprire gli arretrati accumulati dall'Autorità palestinese (soprattutto nei confronti del settore bancario) nonché talune spese di ricostruzione; l'altra di assistenza tecnica al fine di facilitare l'adozione di quelle riforme, sul piano della finanza pubblica, che la Commissione ha posto espressamente quale condizione per l'erogazione dei finanziamenti. Nel 2004 questa tipologia di intervento (risorse finanziarie in cambio di riforme) viene adottata da tutti i donatori attraverso l'iniziativa della Banca Mondiale denominata Public Financial Reform Trust Fund che, in linea con quanto già fatto dall'Unione europea in passato, abbina la fornitura all'ANP delle risorse finanziarie al conseguimento di specifici obiettivi in materia di gestione del budget. L'attuazione del programma è peraltro monitorata da un comitato composto, oltre che dall'Unione europea, dalla Banca Mondiale e dal Fondo monetario internazionale, anche dagli Stati Uniti. L'Unione vi partecipa con un contributo consistente in termini finanziari (65 milioni di euro) e attraverso una componente di assistenza tecnica dedicata all'attuazione delle riforme. Il pieno appoggio, anche finanziario alla Road Map è stato di recente ribadito dal Consiglio europeo - Affari generali e relazioni esterne dell'11 ottobre 2004 e attraverso la Dichiarazione congiunta Unione europea-Stati Uniti sulla pace, il progresso e le riforme nel Medio Oriente allargato e nel Mediterraneo del 26 giugno 2004.
La concessione di tale aiuto ha favorito l'adozione di una gestione finanziaria relativamente più rigorosa da parte dell'Anp, condizionando, quindi, specie negli anni recenti, l'erogazione del contributo a precise garanzie di trasparenza. Del resto, i progressi compiuti dall'ANP in questo settore - specie con l'arrivo alle finanze del Ministro Salam Fayyad, nel 2002 - sono stati riconosciuti da tutta la comunità dei donatori internazionali e dallo stesso Israele, che


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non a caso ha ripreso i versamenti d'imposta all'ANP, aprendo la strada al progressivo scaglionamento e miglior orientamento del contributo europeo al bilancio.
È bene sottolineare, a questo proposito, che l'Italia è stata particolarmente attiva quando si è trattato di lanciare il
Trust Fund della Banca Mondiale di sostegno al bilancio palestinese, annunciato dal Presidente Wolfensohn nel corso della riunione del Comitato dei Donatori (AHLC) che il nostro Paese ha organizzato lo scorso dicembre a Roma dopo che questo non si riuniva ormai dal 2000. Attribuiamo notevole importanza all'iniziativa della Banca Mondiale, autorevolmente approvata dal Quartetto e dal Vertice G8 di Sea Island. È pertanto nostra aspettativa che il ruolo dell'Unione europea, già di gran lunga il maggior finanziatore nel Quadro del Comitato dei Donatori, possa tramutarsi in un crescente peso politico che è giusto esercitare sia per svolgere un maggior controllo sulla destinazione degli aiuti all'ANP, sia, in un'ottica più ampia, per tentare una soluzione del conflitto.
L'Italia ha anche partecipato attivamente ai meccanismi di controllo e di pressione che l'Unione europea esercita sul piano economico nei confronti dell'ANP. In primo luogo attraverso la partecipazione alla sopraccitata
Task Force on Palestinian Reforms che istituzionalmente segue l'attuazione delle raccomandazioni della comunità internazionale. In tale ambito, l'Autorità palestinese è tenuta a concreti progressi in tema di trasparenza se intende continuare ad avvalersi degli aiuti dell'Unione europea.
L'AHLC tornerà verosimilmente a riunirsi entro la fine del corrente anno, nello stesso formato semi-ministeriale che avevamo inaugurato a Roma. In tale occasione l'Italia continuerà a sostenere l'opportunità di promuovere e facilitare una sempre maggiore trasparenza dei conti pubblici palestinesi, condizionando a ciò l'effettiva erogazione degli aiuti internazionali.
È infine utile rilevare che a partire dal 6 febbraio 2003, l'Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF) ha avviato delle indagini al fine di verificare, in primo luogo, la sussistenza di irregolarità o eventualmente distrazioni a vantaggio di organizzazioni terroristiche o di altre attività criminose, nell'impiego dei fondi assegnati dall'Unione europea alle Autorità palestinesi tra il 2000 e il 2002 a titolo di misure di sostegno al bilancio pubblico. Sulla base delle informazioni raccolte dalle Istituzioni Finanziarie Internazionali attive sul territorio palestinese (soprattutto il Fondo monetario internazionale e la Banca Mondiale), da rappresentanti di Paesi terzi operanti in Medio Oriente, società di consulenza e altri operatori del settore privato nonché dagli Stati membri, l'OLAF ha concluso che, allo stato attuale, non sarebbero state rinvenute prove di un utilizzo dei fondi comunitari per finanziare azioni illegali. L'Ufficio anti-frode ha ribadito, inoltre, di condurre le proprie operazioni in piena collaborazione con le Autorità israeliane e palestinesi. Essendo le indagini ancora in corso, l'OLAF non si è espresso né sulla durata delle indagini né sui seguiti concreti che esso intenderebbe dare alle stesse.
Con l'occasione, si segnala altresì che, nel quadro delle indagini in corso, l'Ufficio europeo per la lotta anti-frode sta conducendo una verifica sulla sussistenza di meccanismi di controllo sulla destinazione dei fondi erogati nel quadro di interventi di sostegno al bilancio dell'Autorità Nazionale Palestinese adottati nel periodo 2000-2002.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Alfredo Luigi Mantica.

RANIERI e SUSINI. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
secondo le denunce di numerosi organismi di tutela dei diritti umani e della stessa amministrazione degli Stati Uniti, la Guinea Equatoriale, dove l'attuale Presidente Teodoro Obiang Nguema Mbsago è salito nel 1979 al potere con un colpo di stato, è uno dei regimi più oppressivi del mondo;
nonostante la Guinea Equatoriale sia il terzo produttore di greggio dell'Africa


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sub-sahariana, la stragrande maggioranza della popolazione (500.000 abitanti) non ha beneficiato minimamente dei proventi di tali ricchezze e continua a vivere in condizioni molto precarie;
negli anni '90 la scoperta di ricchi giacimenti petroliferi ha dato il via ad un boom economico e riacceso storiche tensioni tra la tribù dominante Fan e la tribù Bubi aggravando ancor di più la situazione;
nel gennaio del 1998 amnesty international denunciò l'arresto di numerose persone appartenenti alla minoranza Bubi, quindici persone vengono giustiziate nel giugno dello stesso anno, poco prima delle elezioni che nel marzo del 1999 avrebbero confermato con il 99 per cento dei voti il dominio del PDGE e la presidenza di Teodoro Obiang. Alle denunce di brogli elettorali si rispose con decine di arresti;
durante il mese di marzo è arrestato l'ex Presidente del Parlamento e fondatore della Forza Democratica Repubblicana e due altri esponenti della opposizione. A seguito di questi primi arresti, alle richieste di spiegazioni da parte di alcuni partiti di opposizione il governo ha convocato la sua maggioranza e le forze alleate pretendendo l'immediato scioglimento dei partiti di opposizione e procedendo all'arresto dei loro dirigenti;
da allora sono state arrestate più di cento persone, militari in servizio, ex militari, funzionari dell'amministrazione. Numerose fonti confermano che a tutti questi arresti, privi di alcun mandato giudiziale che li autorizzi, sono seguiti maltrattamenti e torture, alla pratica delle quali viene ricollegato il probabile decesso di sei persone, sul quale il Governo tuttora non si pronuncia;
la lista dei detenuti aggiornata al 4 aprile 2002 contiene 109 nomi, il 90 per cento dei quali sono persone originarie del distretto di Mongorno (distretto di origine dell'ex Presidente del Parlamento);
tra gli oppositori del governo, di cui non si hanno notizie dal 4 aprile 2002, si trova anche l'ex ambasciatore presso l'ONU della Guinea Equatoriale, Damaso Obiang Ndong, la cui moglie e le cui figlie sono cittadine italiane -:
quali provvedimenti intenda assumere il Governo al piano internazionale per porre fine alla inaccettabile situazione in atto, salvaguardare i diritti umani e garantire il diritto di informazione sulle condizioni delle persone oggetto di atti repressivi nel territorio della Guinea Equatoriale e delle quali non si hanno notizie.
(4-03133)

Risposta. - Il Ministero degli esteri ha costantemente seguito gli eventi in Guinea Equatoriale, in particolar modo durante la primavera del 2002, quando una vasta operazione di polizia ha portato all'arresto di 144 oppositori, o presunti tali, del Presidente Teodoro Obiang Nguema Mbasogo, poi processati per tentativo di colpo di stato. Tale interesse nasceva, oltre che dalle dimensioni dell'involuzione autoritaria in corso in Guinea Equatoriale, anche dal fatto che uno degli accusati, il signor Damaso Obiang Ndong, è congiunto di cittadini italiani. Una delle figlie del signor Obiang, la signora Anna Obiang Ndong cittadina italiana residente in Pisa, si è tenuta in stretto contatto con il MAE durante la detenzione ed il processo del proprio padre, fortunatamente conclusosi con la sua assoluzione.
L'ondata di arresti che ha colpito l'opposizione politica della Guinea Equatoriale nel marzo 2002, ed il successivo processo celebratosi nella capitale Malabo, hanno fin dall'inizio costituito motivo di preoccupazione per il Governo italiano e per l'Unione europea. Dopo l'emissione delle sentenze (che hanno stabilito 12 condanne a 20 anni di reclusione, 19 condanne a 14 anni, 36 a 6 anni e 77 assoluzioni) l'Unione ha pubblicato una dichiarazione comune il 12 giugno 2002 in cui esprimeva la propria preoccupazione per il degrado della situazione politica e dei diritti umani nel Paese, denunciava le irregolarità procedurali riscontrate durante il processo e le violenze fisiche subite da molti imputati durante la


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detenzione, e sollecitava la revisione delle sentenze stesse. Già prima dell'emissione delle sentenze l'Unione europea aveva preso delle iniziative in relazione agli eventi della Guinea Equatoriale. Un passo era stato effettuato dagli Ambasciatori dell'Unione europea accreditati a Malabo (Spagna e Francia) presso il Ministro degli esteri guineano il 22 maggio 2002, per esprimere l'inquietudine dell'Unione di fronte all'involuzione in atto in Guinea ed il vivo auspicio che al processo contro gli accusati fosse data la più ampia pubblicità. In precedenza, durante un viaggio in Europa del Presidente Obiang, il Primo Ministro spagnolo Aznar aveva rivolto analoghe esortazioni al Capo dello Stato guineano.
Tali forme di pressione hanno avuto effetti importanti sui successivi sviluppi. Anzitutto, il processo iniziato a Malabo il 23 maggio 2002, si è svolto effettivamente in maniera pubblica. Alle udienze hanno assistito quotidianamente rappresentanti delle Ambasciate dei Paesi dell'Unione a Malabo (Francia e Spagna); rappresentanti della stampa internazionale (in particolare del quotidiano «
El Pais» e dell'Agenzia «France Presse») hanno ugualmente presenziato alle udienze. Ciò ha consentito fra l'altro di constatare le condizioni fisiche degli imputati e di avere conferma delle violenze commesse ai loro danni durante la prigionia, inoltre, a detta di molti osservatori locali è stato grazie alle pressioni dell'Unione europea che si è riusciti ad evitare che numerosi imputati fossero condannati alla pena capitale, come era stato richiesto dalla pubblica accusa. La quotidiana partecipazione alle udienze ha inoltre consentito di mettere in luce le numerose irregolarità di procedura commesse ai danni degli imputati, così come la mancanza di vere prove a loro carico, a parte mere testimonianze presumibilmente estorte agli imputati stessi.
Nel dicembre 2002 si sono tenute le elezioni presidenziali, in anticipo rispetto a quanto programmato. Le elezioni hanno registrato la scontata vittoria del Presidente Obiang e numerosi episodi di intimidazioni, violenze e brogli. L'Unione europea non ha mancato di insistere con il Governo guineano per un miglioramento della situazione politica e del rispetto dei diritti umani. Nel corso del 2003 la situazione è progressivamente migliorata con graduali aperture alle richieste europee, fra cui il provvedimento di grazia per alcuni dei detenuti per il presunto golpe del 2002. Le successive elezioni parlamentari del 2004 hanno visto maggiori aperture nei confronti dei partiti dell'opposizione, ma si sono risolte comunque con una scontata vittoria per i sostenitori di Obiang. L'Unione europea, pur condannando le intimidazioni nei confronti dei candidati dell'opposizione, ha comunque esortato i rappresentanti di tutti i partiti a partecipare attivamente alle sedute parlamentari. Dal 2002 ad oggi si conferma pertanto la situazione di precarietà del quadro generale dei diritti umani e delle libertà fondamentali in Guinea Equatoriale, come dimostrato anche dai recenti ed analoghi episodi che hanno portato all'arresto di numerosi presunti golpisti anche di nazionalità straniera. Le parziali aperture, legate soprattutto alle pressioni internazionali, non fanno passare inosservate le perduranti carenze in tale contesto.
L'Unione europea continua ad adoperarsi in maniera concreta e realistica per un miglioramento delle condizioni di buon governo del Paese che, in definitiva, risente ancora di un passato di totale isolamento e del passaggio fin troppo repentino da un'economia di mera sopravvivenza al recente boom petrolifero.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Alfredo Luigi Mantica.

REALACCI, SORO e CARBONI. - Alla Presidenza del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, al Ministro della salute, al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
a seguito dell'incidente che il 25 ottobre 2003 ha coinvolto il sommergibile a propulsione nucleare Hartford della base americana di Santo Stefano, nell'arcipelago della Maddalena (il mezzo avrebbe


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violentemente urtato gli scogli granitici della Secca dei Monaci a tre miglia marine a est dell'isola di Caprera e a sei dalla Maddalena) per capire se in conseguenza dell'urto ci fosse stata una fuoriuscita di materiale radioattivo sono stati fatti vari accertamenti, sia dalle strutture di controllo del nostro Paese sia da organizzazioni indipendenti;
nessuna di queste ha rilevato tracce di radioattività riconducibili all'attività della base di Santo Stefano;
in tutte le indagini compiute nell'arcipelago della Maddalena non venne però mai considerata né verificata la presenza dell'elemento più pericoloso che si possa trovare in un reattore nucleare, nel combustibile nucleare e nelle scorie: il plutonio 239. Il Plutonio 239 è il sotto-prodotto formatosi dal bombardamento dell'uranio 238 da parte di neutroni durante la generazione d'energia in un reattore nucleare e la sua presenza è una prova ineludibile della contaminazione antropica di origine nucleare. In natura non si ottiene infatti da nessun tipo di decadimento naturale;
come si apprende da organi di stampa (il quotidiano La Repubblica, del 17 settembre 2004) Legambiente con la collaborazione del Dipartimento di Scienze Ambientali Marine dell'Università della Tuscia ha svolto un'indagine sul Pu 239. Sono stati prelevati campioni nell'area della Maddalena, di Santo Stefano e di Palau in due diverse fasi. La prima tra il 20 e il 22 febbraio, la seconda tra il 5 e l'8 maggio 2004. In totale sono stati raccolti più di 150 campioni tra alghe, sedimenti, graniti, ricci di mare, lumache marine, patelle, seppie e meduse in 37 diverse stazioni dislocate nell'area della Maddalena;
dallo studio risulta che mentre le concentrazioni di plutonio rilevate non sono sicuramente allarmanti per la salute umana e la balneazione (sarebbero infatti in media al di sotto dei livelli indicati dall'EURATOM, con qualche alga con concentrazioni più alte) a destare serie preoccupazioni è la presenza di radionuclidi trans-uranici. Si tratta di frammenti che potrebbero innescare gravissimi problemi di mutazioni genetiche a partire dai primi anelli della catena alimentare e che non derivano da decadimenti naturali, ma da processi che avvengono per la propulsione nucleare, nelle esplosioni atomiche, nei disastri nelle centrali atomiche;
alla Maddalena - sono ancora i risultati dello studio di Legambiente e Università della Tuscia - la loro presenza sarebbe da imputare a minuscole perdite dai reattori dei sommergibili atomici in transito da e per la base sull'isola di Santo Stefano, o per la perdita accidentale durante il rifornimento dalla nave madre. Una conferma sembrerebbe venire dalla distribuzione delle tracce: le massime concentrazioni si trovano infatti in siti che si affacciano sulla base dei sommergibili nucleari sulle sponde orientali dell'isola di Santo Stefano -:
se abbiano intenzione di sottoporre le acque, la flora, la fauna dell'arcipelago della Maddalena ad un necessario ed improrogabile programma straordinario di monitoraggio per verificare presenza ed effetti di questo tipo di radioattività;
se abbiano predisposto immediate valutazioni sanitarie sulla base dei dati resi disponibili dall'indagine di Legambiente e dell'Università della Tuscia, per capire se e quali contromisure adottare per la salvaguardia della salute degli abitanti dell'arcipelago e dell'ecosistema;
se intendano attivare indagini conoscitive per appurare se e come la base militare sia responsabile di questo allarmante fenomeno;
se non ritengano opportuno un ripensamento della permanenza della stessa base nucleare nell'arcipelago.
(4-10948)

Risposta. - Con riferimento all'interrogazione in esame, riguardante la presunta situazione di inquinamento radioattivo nell'Arcipelago di La Maddalena, potenzialmente riconducibile alla presenza di sottomarini


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a propulsione nucleare nell'area, così come segnalata dal laboratorio francese non governativo CRIIRAD, si comunica che è stato emesso il rapporto «Indagini straordinarie di monitoraggio sulla radioattività ambientale nell'Arcipelago di La Maddalena», predisposto dal gruppo di lavoro costituto dall'APAT, dall'ICRAM e dall'ARPAS/PMP di Sassari e Cagliari, proprio in riferimento all'evento incidentale occorso nell'autunno 2003 al sottomarino USS Hartford, ed in generale al transito di sottomarini nella zona.
Tale rapporto riferisce sugli obiettivi, campionamenti, misure e risultati della campagna straordinaria di indagini condotta dal febbraio al giugno 2004, con molteplici misure di spettrometria alfa e gamma e con campionamenti di matrici ambientali effettuati in più punti dell'Arcipelago di La Maddalena e, a fini di confronto, in altre zone della Sardegna e conferma in pieno i risultati preliminari delle indagini presentati nell'aprile scorso in un incontro presso la Presidenza della Regione Autonoma della Sardegna e, successivamente, in una conferenza stampa presso il Comune di La Maddalena, nonché oggetto di un rapporto intermedio.
In sintesi, i risultati delle indagini permettono di escludere che a seguito dell'evento incidentale al sottomarino USS-Hartford dello scorso autunno vi siano stati rilasci all'ambiente della radioattività presente nel sistema di propulsione nucleare del sottomarino stesso, nonché altri rilasci rilevabili, di analoga natura, attribuibili in generale alla presenza di sottomarini nell'area.
Le indagini stabiliscono, altresì, che l'Uranio 238 presente nelle matrici ambientali non è di origine antropica (arricchito o depleto) e che gli elevati valori di Torio 234 nelle alghe marine rosse, evidenziati dalle misure, sono imputabili a processi di accumulo naturali.
In particolare, con riferimento alle specifiche questioni poste nell'interrogazione, si evidenzia che le indagini straordinarie hanno avuto i seguenti obiettivi:
a) determinare l'eventuale presenza di contaminazione radioattiva associabile all'evento incidentale verificatosi al sottomarino Hartford nell'autunno 2003;
b) determinare la concentrazione di attività dell'Uranio 238 e altri isotopi (Torio 234), in matrici di alghe marine rosse;
c) stabilire l'eventuale origine antropica della concentrazione di attività di Uranio 238 e dei suoi isotopi in matrici ambientali significative.

Ai fini dei succitati obiettivi, durante le indagini non si è ritenuto necessario effettuare misure indirizzate alla ricerca di plutonio, in quanto i risultati delle analisi condotte sulle matrici ambientali campionate, incluse le alghe rosse, hanno sempre evidenziato l'assenza di anomalie delle concentrazioni di radionuclidi artificiali (ad esempio Cs-137, Co-60 eccetera), quali quelli presenti nei reattori nucleari che alimentano i sottomarini. L'assenza di tali elementi porta infatti ad escludere anche eventuali rilasci di Uranio o Plutonio, i quali si trovano nella matrice del combustibile nucleare che costituisce la prima e più interna delle barriere di protezione del reattore. Eventuali rilasci di tali radionuclidi sarebbero infatti da ipotizzare soltanto a seguito di eventi incidentali particolarmente gravi, di probabilità estremamente bassa. In tali circostanze, tali rilasci sarebbero comunque preceduti dal rilascio di radionuclidi artificiali, quali ad esempio il Cesio 137, la cui presenza, come detto, non è stata invece in alcun modo evidenziata con valori anomali dalle misure. In sintesi, le conclusioni del rapporto, che escludono ogni correlazione tra il sistema di propulsione nucleare dei sottomarini in transito nell'area e le concentrazioni di Uranio e suoi discendenti nelle matrici ambientali, sono valide anche per i radionuclidi transuranici, quali ad esempio il Plutonio, che si formano nel combustibile del reattore.
Molteplici misure effettuate sulle matrici ambientali campionate circa la presenza di Uranio e suoi isotopi mostrano, per l'Arcipelago di La Maddalena ed altri siti della Sardegna, la presenza di tracce di Plutonio, in linea con le misure effettuate in diverse aree del Mediterraneo negli anni settanta e


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riconducibili, come noto, alle ricadute dei passati test sugli armamenti nucleari.
Per quanto riguarda invece le misure relative alle concentrazioni di Torio 234 ed Uranio nelle alghe marine rosse, va segnalato che i dati forniti dal CRIIRAD risultano perfettamente coerenti con quelli indicati dal gruppo di lavoro. Va al riguardo evidenziato che per l'effettuazione di tali misure il gruppo di lavoro ha effettuato campionamenti in più siti dell'Arcipelago di La Maddalena e della Sardegna: i valori di concentrazione di Torio 234 nelle alghe, elevati rispetto a quanto riscontrato in altre matrici e riconducibili a processi di accumulo naturale, sono stati riscontrati anche in campioni prelevati all'Asinara, Porto Conte e Cagliari, non evidenziando pertanto specificità del sito di La Maddalena. In maniera analoga le analisi del CRIIRAD effettuate sulle alghe rosse confermano anche quanto precedentemente indicato dal gruppo di lavoro circa l'origine naturale dell'Uranio, escludendo presenza di Uranio arricchito o depleto. Inoltre nel caso delle analisi del gruppo di lavoro tale conclusione è supportata dai risultati di misure effettuate su più matrici ambientali (acqua marina, alghe rosse, sedimenti), prelevate in più siti della Sardegna e, in particolare, dal fatto che le concentrazioni di Uranio nell'acqua marina non mostrano significative variabilità tra i diversi siti di campionamento.
Sulla base delle suddette considerazioni non si ravvisano pertanto al momento diversità tali da far ritenere necessaria un'attività di armonizzazione delle metodologie di campionamento ed analisi.
Va comunque segnalato che, dalle attività svolte nel corso delle indagini sono comunque emersi spunti per ulteriori approfondimenti scientifici in relazione ai processi di accumulo di radionuclidi in matrici biologiche marine. Pertanto, anche in ragione della rilevanza naturalistica del sito dell'Arcipelago di La Maddalena e della sua sensibilità rispetto ai fattori di pressione antropica, i succitati aspetti, e più in generale la problematica della sorveglianza radiologica ambientale nell'area, continueranno ad essere oggetto di attenzione da parte del gruppo di lavoro e nel prossimo futuro verranno effettuate ulteriori attività di campionamento e misura.
Al fine di avviare un piano di monitoraggio periodico comune con le autorità francesi, si segnala che l'APAT ha già in programma, sulla base delle risultanze della succitata campagna d'indagine, ed in collaborazione con le amministrazioni partecipanti al gruppo di lavoro, di avviare a breve forme di collaborazione in materia con l'Istituto di Radioprotezione e Sicurezza nucleare francese (IRSN). I rappresentanti del IRSN, da primi contatti di tipo informale, hanno manifestato particolare interesse all'iniziativa, anche alla luce del fatto che indagini analoghe a quelle condotte dalle organizzazioni italiane sono allo stato ancora in programma in Francia.
Il sistema di rilevamento della radioattività impiegato alla Maddalena è costituito da centraline di misura in grado di operare il rilevamento automatico ed immediato del superamento di livelli di allarme, indicativi di possibili rilasci incidentali. Nel merito si segnala che l'APAT ha in corso una attività di valutazione e studio sul tema, nell'ambito della quale sono stati già effettuati dei sopralluoghi, congiuntamente con l'ARPAS/PMP di Sassari. Sulla base delle risultanze di tali valutazioni, verranno avanzate delle proposte operative per le azioni di ammodernamento e miglioramento dei sistemi, ove ritenute necessarie.
Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio: Altero Matteoli.

REALACCI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
i SUV, acronimo di Sport Utility Vehicles, sono veicoli ibridi, tra una fuoristrada, una maxiutilitaria e una berlina di lusso; spesso inadatti sia al trasporto urbano che al fuoristrada, sono ingombranti, meno sicuri di una vetture ordinaria, e hanno consumi spropositati;


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i SUV sono la categoria di autoveicoli che fa registrare i più spettacolari tassi di crescita nei paesi ad industrializzazione avanzata. Negli USA rappresentano circa il 20 per cento del parco auto circolante e quasi il 50 per cento delle vendite delle tre maggiori case automobilistiche del continente, le cosiddette big three: Ford, GM e Chrysler. Il che significa circa 3,5 milioni di nuovi SUV all'anno. In Italia nel 1998 rappresentavano già il 2,6 per cento delle nuove immatricolazioni. Nel febbraio 2004 sono arrivati al 5,47 per cento;
a questa crescita contribuiscono in massima parte i residenti nelle aree urbane, sia in USA sia in Italia. Prova ne sia che solo una minoranza dei SUV in vendita sono dotati di ridotte, le marce adatte alla guida su terreni accidentati, in dotazione su soli 4 dei 10 modelli di SUV più venduti in Italia. L'Italia, poi, con le sue strade tortuose e le sue croniche carenze di spazio rappresenta un terreno ancora più inadatto ad ospitare questi veicoli enormi;
i Suv sono meno sicuri delle vetture ordinarie. Secondo la National Highway Traffic Safety Administration (l'Agenzia federale statunitense per la sicurezza del traffico) - come risulta dal dossier «Fuoristrada in città: anatomia di un delirio collettivo» di Legambiente - per un SUV le probabilità di ribaltarsi (in caso di incidente che coinvolge un solo veicolo) sono quasi tre volte più alte che per una normale autovettura: avviene per ribaltamento il 53 per cento delle morti da incidente stradale con i SUV, mentre per le altre auto siamo attorno al 19 per cento;
stando alle prove su strada effettuate da Quattroruote (n. 575 pp. 62-75), e citati sempre nel dossier di Legambiente, emerge che in certe manovre d'emergenza risultano più impacciate, meno agili e disinvolte e quindi per costituzione più inclini all'incidente. E ancora: Manovre di ordinaria amministrazione possono risultare molto impegnative quando ci si trova al volante di certe sport utilily o fuoristrada. Particolarmente negativi i risultati della cosiddetta prova dell'alce, che riproduce le manovre che servono per scartare improvvisamente un ostacolo, come un motorino, un ciclista o un pedone: Le reazioni che può innescare questa semplice manovra (con un SUV) sono imprevedibili e non sempre facilmente controllabili dal conducente. Peggio ancora sul bagnato: quando piove - dichiara il collaudatore di Quattroruote - sembra di essere in barca. E allora ci tocca remare, con lo sterzo naturalmente;
i Suv rappresentano un rischio non solo per chi li guida, ma anche per gli altri automobilisti. Secondo Quattroruote per un guidatore di berlina che viene urtato lateralmente il rischio di perdere la vita sono 30 volte superiori se ad urtarlo è un fuoristrada o un SUV. Ricerche condotte dalla IIHS (Insurance Institute for Highway Safety, istituto di ricerche sulla sicurezza stradale finanziato dalle società di assicurazione USA) hanno dimostrato che nel caso di scontri laterali tra un SUV e un'auto normale le possibilità di avere un morto sono 5,6 volte superiori che non negli scontri tra due auto normali. Alto il pericolo anche nel caso di scontri frontali: l'altezza e la massa del SUV innescano l'effetto schiacciasassi, il SUV monta sul cofano dell'auto normale, schiacciandolo ed entrando con il muso nel parabrezza. Nel 56,3 per cento degli incidenti mortali che coinvolgono un auto normale e un SUV, il morto era a bordo dell'auto normale, mentre solo nel 17,6 per cento dei casi era a bordo del SUV. E vista la scarsa affidabilità di guida dei Suv, tutti gli altri automobilisti hanno poco di che stare tranquilli;
alcuni Suv sono dotati di bull-bars: (il nome ne rivela l'inutilità: barre di protezione, cioè enormi paraurti sporgenti, a difesa dagli urti con tori e affini). Una direttiva del Consiglio Europeo (26/11/2001) già tre anni fa proponeva di vietare le bull bars, perché in caso di incidente rendono più disastrosi gli impatti con le altre auto, con i pedoni e con i ciclisti. La Danimarca è il solo paese europeo ad averla recepita;


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nell'attuale situazione di sovraffollamento automobilistico dei centri urbani il suolo stradale è un bene prezioso. L'ottimizzazione dello spazio dovrebbe essere una delle principali sfide tecnologiche nel settore automobilistico. Ma non per i SUV. La lunghezza di un SUV si aggira intorno ai 4,80 metri ma può arrivare anche a 5, mentre la larghezza in media è intorno ai 1,9 metri: una stazza pachidermica che non solo reca disturbo agli altri ma che procura grave impaccio agli stessi conducenti, con seri problemi di movimento e di parcheggio soprattutto in ambito urbano;
i Suv hanno consumi spropositati e inaccettabili in tempi di penuria di energia. Come emerge dal citato dossier di Legambiente, che elabora i dati forniti dalle case costruttrici, il consumo urbano delle 10 auto più vendute in Italia è in media di 17 km/lt per i diesel, 12,5 km/lt per le auto a benzina. Per i 10 SUV più venduti i consumi urbani si impennano a 9,9 km/lt per i diesel, 7,7 km/lt per la benzina. Questo vuol dire che i 10 SUV più venduti in Italia hanno consumi urbani del 60-70 per cento superiori rispetto quelli delle 10 auto più vendute;
i Suv sono delle vere e proprie ciminiere a quattro ruote. La quantità dei gas inquinanti scaricati in atmosfera da queste lussuosissime e potentissime vetture è proporzionale ai loro consumi, e soprattutto è impressionante se paragonata ai migliori risultati raggiunti in questo settore. Una delle motorizzazioni più potenti arriva a scaricare in atmosfera una quantità di CO2 quattro volte e mezzo superiore del diesel con le emissioni più basse commercializzato in Italia: parliamo di 380 g per km di anidride carbonica contro 86. I valori di emissioni più bassi per i Suv tra i più venduti in Italia (190 g/km) sono più del doppio di quelli di una Volkswagen Lupo (88) o di una Smart (90) diesel;
le case automobilistiche e i rivenditori omettono spesso di segnalare le problematiche su menzionate. Nel settembre 2003, poi, la Corte di giustizia di Lussemburgo ha condannato il Governo italiano dichiarandolo inadempiente rispetto alla direttiva del Parlamento e del Consiglio europei del 13 dicembre 1999 (1999/94/CE). La direttiva prescrive infatti che tutti i governi UE si attrezzino affinché ai compratori di auto nuove siano fornite tutte le informazioni che riguardano i danni ambientali delle auto, le emissioni di CO2 e le norme comportamentali per ridurre il consumo di carburante per ogni tipo di auto;
negli USA, e soprattutto in California, i Suv sono diventati oggetto di una forte campagna di opposizione, che procede di volta in volta attraverso la satira sociale verso i possessori, le battaglie legali, l'attacco frontale tramite media. Questa battaglia culturale è arrivata anche in Europa. In Italia il fronte anti-Suv è guidato da Legambiente, che ha lanciato una campagna contro questi gipponi;
in Francia, il ministro dell'Ecologia, Serge Lepeltier ha annunciato che dal 1 gennaio 2005 potrebbe partire un sistema di incentivi-disincentivi (bonus-malus) per favorire le vetture meno inquinanti. Si tratta di una delle misure previste nel piano Salute e Ambiente del governo Raffarin. Due saranno i criteri: le emissioni di CO2 e quelle di particolato fine. Dei 2 milioni di vetture vendute in Francia ogni anno, la metà non saranno interessate dal provvedimento. Circa 640 mila vetture, che emettono meno di 140g di CO2, beneficeranno di un bonus, fino ad un massimo di 700 euro. Le restanti 350 mila, grosse consumatrici di carburante, che emettono più di 180 g CO2, saranno penalizzate con un aggravio sul prezzo di listino variabile dai 400 ai 3.200 euro. L'acquirente potrà pagare la tassa direttamente dal concessionario o in Prefettura al momento di ritirare la nuova carta di circolazione (il che bypasserebbe il problema di chi acquista auto all'estero). La misura, comunque, è ancora in fase di definizione;
in California, il 25 settembre scorso, il governatore Schwarzenegger ha varato un regolamento che mira ad una riduzione importante dei consumi e delle emissioni


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inquinanti delle auto californiane. A partire dal 2009 ed entro il 2016 le industrie dell'auto dovranno tagliare i consumi dei veicoli leggeri del 25 per cento e del 18 per cento dei veicoli pesanti. Secondo i tecnici di una commissione formata dal governatore, le modifiche richieste costeranno poco più di mille dollari e consentiranno nel tempo risparmi medi di oltre 2 mila dollari. E già gli stati di New York, del Massachussets ed altri hanno annunciato che seguiranno l'esempio della California;
l'amministrazione di Parigi si è impegnata a limitare la circolazione dei 4x4 nella capitale. Su proposta dei Verdi, il consiglio di Parigi l'8 giugno scorso ha adottato a maggioranza una mozione che chiede l'interdizione dei fuoristrada in caso di picchi d'inquinamento e che ai proprietari di questi veicoli vengano negate le agevolazioni sui parcheggi previste per i residenti. Inoltre, alcune zone della città - quelle storiche, quelle verdi - potrebbero essere completamente interdette ai fuoristrada e ai loro proprietari potrebbe essere chiesto di pagare una vignette noire, un «bollo nero» aggiuntivo. Questi veicoli - si legge nel testo - emettono un valore quasi quattro volte superiore di CO2 rispetto alle vetture meno inquinanti. In più, alcune in città arrivano a consumare 23,9 litri di carburante per 100 km. Nel tempo in cui la minor disponibilità di greggio genera conflitti e aumento dei prezzi, questo è assolutamente irresponsabile. La partenza del provvedimento, prevista per il 1 gennaio 2006, non è scontata: molto dipenderà infatti dal Prefetto di Parigi, che ha ampi poteri sulla circolazione -:
se i Ministri interrogati ritengano opportuno che:
siano introdotte, sul modello francese, misure fiscali - come la maggiorazione della tassa di proprietà - che scoraggino l'acquisto delle auto che consumano e inquinano di più, come i SUV, e che permettano invece di incentivare per i mezzi più puliti;
siano fissati, sul modello californiano, limiti stringenti per l'efficienza nei consumi delle autovetture e per la riduzione dei gas di scarico e tempi certi per il loro raggiungimento;
per i SUV sia introdotta una patente speciale, con una prova supplementare per accertare che il conducente sappia controllare i rischi derivanti dal baricentro alto, dalla trazione integrale e dagli pneumatici dal fianco alto;
venga reso operativo l'obbligo da parte dei costruttori e dei venditori di informare gli acquirenti circa i danni ambientali dell'auto e su tutti i rischi legati alla guida di questo tipo di veicolo;
l'Italia recepisca al più presto la direttiva 26/11/2001 del Consiglio europeo che prescrive il divieto delle bull bars.
(4-11056)

Risposta. - In merito a quanto indicato nell'interrogazione in esame, concernente i provvedimenti che si intendono adottare per la riduzione delle emissioni inquinanti provenienti dai SUV (Sport Utility Veicles), si rappresenta che il problema dell'inquinamento atmosferico, malgrado i numerosi provvedimenti attuati dal Ministero, regioni ed enti locali nel corso degli ultimi anni, continua a rivestire, soprattutto in ambito urbano, una notevole criticità.
Dalle comunicazioni sulla qualità dell'aria, relative all'intero territorio nazionale, che il Ministero trasmette annualmente alla Commissione europea ai sensi del decreto legislativo n. 351 del 1999, risulta, infatti, che in molte delle principali città sussistono rischi di superamento dei limiti previsti per le polveri fini e per gli ossidi di azoto.
Dalle stesse comunicazioni e da numerosi studi di settore risulta evidente che la principale fonte di tali inquinanti, in ambito urbano, è costituito dai trasporti. Gli enti locali, anche grazie ai contributi del Ministero, stanno provvedendo al rinnovo delle flotte di veicoli adibiti a servizi di pubblica utilità e, anche in virtù di iniziative del Ministero volte a diffondere l'uso di gas metano per autotrazione stanno aumentando le flotte di taxi e di veicoli commerciali leggeri alimentate a metano.


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Per quanto riguarda il trasporto privato, accanto alle iniziative, sostenute dal Ministero, volte a ridurre il numero degli spostamenti casa-lavoro, su cui è stato recentemente istituito un tavolo di collaborazione con le parti sociali, lo stesso ritiene senz'altro utile valutare la possibilità di introdurre un meccanismo di tassazione differenziata in funzione delle emissioni e dei consumi specifici dei veicoli, al fine di scoraggiare l'acquisto e l'utilizzo, soprattutto in ambito urbano, di veicoli ad elevati consumi ed emissioni. Così come peraltro è previsto dalla nuova normativa francese, richiamata nell'interrogazione. I veicoli SUV sono alcuni, ma non i soli, veicoli che presentano in media elevati consumi e, di conseguenza, elevate emissioni di inquinanti (principalmente polveri, idrocarburi e ossidi di azoto) per passeggero per chilometro percorso che, associati ad elevato ingombro, ne fanno veicoli particolarmente inadatti a circolare in ambiente urbano.
Al riguardo, si evidenzia che gli introiti derivanti da un tale meccanismo fiscale sarebbero opportuni nella misura in cui gli stessi fossero utilizzati allo scopo di finanziare interventi volti a ridurre l'inquinamento atmosferico nelle aree che presentano maggiori criticità.
L'introduzione di una tassazione differenziata richiede tuttavia un accurato studio di fattibilità che analizzi nel dettaglio i consumi, le emissioni, le percorrenze medie riferite alle categorie di veicoli più diffuse in ambito urbano. Il Ministero si è già attivato in questa direzione per definire un quadro complessivo e puntuale di riferimento delle prestazioni ambientali delle diverse categorie di veicoli attualmente sul mercato.
I risultati di tali studi, oltre a costituire il punto di partenza per la formulazione di una eventuale proposta di tassazione differenziata, saranno resi noti ai sindaci e alle autorità regionali competenti per la gestione della qualità dell'aria, ai fini dell'adozione, qualora le circostanze lo richiedano, dei provvedimenti di limitazione alla circolazione di alcune categorie di veicoli, da adottarsi ai sensi dell'articolo 7 del Nuovo Codice della Strada e ai sensi dell'articolo 7 del decreto legislativo n. 352 del 1999.
Si ricorda, inoltre, che il Ministero ha recentemente collaborato con il Ministero delle Infrastrutture e trasporti alla redazione della «Guida relativa al risparmio di carburante e alle emissioni di CO2», nel quale sono state fornite indicazioni sui consumi dei veicoli in funzione della loro tipologia e linee guida sulle modalità di utilizzo dei veicoli per limitare i consumi.
Tale documento, destinato prevalentemente ai consumatori, sottolinea l'importanza di creare «una responsabilizzazione del conducente automobilistico», attraverso una corretta informazione ed una formazione mirata a promuovere «comportamenti di guida eco-compatibili» (ad esempio, limitare la velocità rispetto a quella massima consentita, utilizzare in modo appropriato l'aria condizionata, preferire marce più alte, eccetera).
Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio: Altero Matteoli.

RUSSO SPENA. - Al Ministro della giustizia, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
da notizie in possesso dell'interrogante, risulta che il signor Matteo Greco, attualmente detenuto nella casa circondariale di Livorno nella sezione E.I.V., lamenta difficili condizioni di salute e un disinteresse dell'amministrazione a tenerne conto;
il Greco soffre di artrosi cervicale, per cui lo specialista ortopedico gli ha prescritto il collare ortopedico; ma, nonostante la richiesta dello specialista (e le ripetute domande inoltrate personalmente) non viene autorizzato ad indossarlo;
inoltre, al Greco, che soffre di stitichezza e colite, nonostante il dirigente sanitario gli abbia prescritto una dieta particolare e l'assunzione di determinati medicinali, vengono rifiutati gli stessi;
il Greco lamenta trattamenti inumani a cui sarebbe sottoposto da parte di gruppi di agenti di polizia penitenziaria;


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infine, afferma che gli viene vietato di frequentare la scuola, la chiesa, il teatro -:
quali iniziative urgenti intendano adottare affinché al detenuto Greco sia garantito il diritto alla salute;
quali iniziative urgenti intendano porre in essere per assicurare al detenuto il pieno rispetto del diritto al trattamento rieducativo, come previsto dalla legge e dalla Costituzione all'articolo 27.
(4-10481)

Risposta. - Con riferimento all'interrogazione in oggetto indicata, si rappresenta che il detenuto Matteo Greco appartiene alla criminalità organizzata di stampo mafioso ed è ritenuto ad elevato indice di pericolosità. Lo stesso è in attesa del ricorso proposto avverso la sentenza della Corte d'assise di appello di Catania, che lo ha condannato alla pena dell'ergastolo per il reato di concorso in omicidio aggravato.
Il Greco è assegnato alla casa circondariale di Livorno ma dal 17 settembre 2004 si trova ristretto presso il Centro diagnostico terapeutico annesso alla casa circondariale di Perugia per accertamenti e cure.
Per quanto concerne gli specifici quesiti posti nell'atto di sindacato ispettivo si comunica che, a causa dell'artrosi cervicale, lo specialista ortopedico in data 11 dicembre 2003 ha consigliato l'uso di un collare ortopedico.
Nel giugno 2004 il detenuto ha fatto richiesta di detto ausilio ortopedico a proprie spese ma in data 1o luglio 2004 lo specialista non ha più ritenuto necessario il collare.
Per i disturbi al colon gli è stato prescritto un vitto particolare per 30 giorni sulla base di quanto stabilito dal dirigente sanitario dell'istituto.
La direzione dell'istituto, peraltro, esclude tassativamente che il Greco sia oggetto di trattamento inumano da parte di alcuni appartenenti alla polizia penitenziaria, né risulta che abbia mai fatto richiesta di frequentare la scuola.
Per ciò che riguarda la funzione religiosa si rappresenta che la stessa viene svolta settimanalmente nella saletta socialità, all'interno della sezione di appartenenza, e l'accesso è libero a tutti i ristretti della medesima sezione.
Si rappresenta, infine, che da quando è presente il Greco nell'istituto di Livorno, non è stata avviata attività teatrale per i detenuti appartenenti al circuito Elevato indice di vigilanza.
Il Ministro della giustizia: Roberto Castelli.

RUZZANTE. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
il Centro Servizi Sociali di Verona (Ufficio del Ministero della Giustizia, collocato all'interno del Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria) svolge una funzione importantissima nell'ambito dell'esecuzione della pena (sia all'interno del carcere che all'esterno di tale struttura);
tale centro ha competenza sul territorio di Verona e Vicenza (comprese le relative province), su due Istituti di pena mentre, per quanto concerne le misure alternative, segue oltre 315 affidati, circa 76 semiliberi e 172 detenuti domiciliari (all'interno del centro operano 23 Assistenti sociali e 4 Amministratori);
il Centro ha un Direttore Generale «reggente» dal dicembre 1999 che, allo scadere dei 6 mesi, avrebbe dovuto essere sostituito (secondo quanto previsto dalla normativa vigente) attraverso la nomina di un Direttore titolare;
alla conclusione dei 6 mesi l'incarico al Direttore Generale è stato di fatto prorogato nonostante quanto previsto dal CCNL e nonostante le richieste delle Organizzazioni Sindacali (in particolare della CGIL) avanzate al Provveditore Regionale;
allo stato attuale la situazione della direzione del centro rimane invariata e, con il passare degli anni, questa si è sempre più caratterizzata per una gestione poco attenta alle esigenze del personale, sia dal punto di vista professionale che della gestione del personale;


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l'illegittimità di tale gestione, più volte rilevata anche dal Collegio Arbitrale di Disciplina del Ministero della Giustizia, ha di fatto messo in crisi il buon andamento dell'ufficio con gravi ripercussioni sulla delicata funzione che è chiamato a svolgere -:
se il Ministro sia a conoscenza della situazione del Centro Servizi Sociali di Verona;
se il Ministro, considerata l'importanza del reinserimento del detenuto nella società, non intenda intervenire per porre fine all'anomala situazione generatasi presso la Dirigenza del C.S.S.A di Verona.
(4-07096)

Risposta. - Con riferimento all'interrogazione in esame si rappresenta quanto segue.
Il dipartimento dell'amministrazione penitenziaria segue con particolare attenzione la situazione del Centro di servizio sociale adulti di Verona.
Peraltro, anche a seguito delle valutazioni conclusive formulate dalla commissione ispettiva che vi si è recata nell'ottobre 2003, il competente dipartimento ha chiesto al provveditore regionale di Padova una compiuta verifica della situazione attuale, allo scopo di poter assumere più incisive iniziative.
È opportuno evidenziare che, con l'assegnazione definitiva di un direttore reggente del CSSA di Trento e con l'avvio operativo della nuova sede del centro di Bolzano, sono state, nel frattempo, superate alcune difficoltà riscontrate nel corso della predetta visita ispettiva che ricadevano negativamente sul contesto di Verona.
Per quanto concerne la nomina dei responsabili delle aree, la direzione del centro di Verona ha già in parte adempiuto, designando il capo area di servizio sociale con positive ricadute sull'operatività e la gestione dei casi.
Il provveditore regionale d'intesa con la direzione generale competente sta provvedendo ad impartire le necessarie direttive di normalizzazione del Centro, in ossequio alle indicazioni propositive emerse nel corso dell'azione ispettiva.
Il Ministro della giustizia: Roberto Castelli.

TIDEI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
l'anno 2004 il giorno 20 del mese di maggio si è riunita l'Assemblea Generale del personale operante presso gli uffici giudiziari del Circondario di Civitavecchia (Tribunale, Sezione Distaccata, procura, Ufficio N.E.P. e Giudice di Pace) con ordine del giorno relativo alla grave carenza di personale dei suddetti uffici a seguito dell'ampliamento della competenza territoriale operata con decreto legislativo n. 491 del 1999;
tuttora persiste grave carenza di personale amministrativo presso gli uffici giudiziari del Circondario di Civitavecchia rispetto all'aumento (oltre il 100 per cento) dei fascicoli processuali conseguente all'ampliamento del territorio del Circondario di Civitavecchia (Comuni di Fiumicino e quelli ricadenti nella Sezione Distaccata di Bracciano);
invece l'ampliamento del territorio doveva essere seguito dall'aumento proporzionale della pianta organica degli uffici;
tale ampliamento a distanza di quattro anni dalla riforma è tuttora inspiegabilmente bloccato per cui gli uffici giudiziari hanno lo stesso personale, anzi in taluni casi inferiore rispetto a quello precedente la riforma;
il personale amministrativo ha dovuto farsi carico di importanti riforme dell'Amministrazione della Giustizia (Giudice Unico, competenza del Giudice di Pace) -:
se il ministro intenda autorizzare interpelli straordinari per coprire i posti vuoti in pianta organica degli uffici del Circondario di Civitavecchia;


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se intenda attivarsi perché siano riviste le piante degli uffici giudiziari del circondario di Civitavecchia in misura proporzionata alle accresciute competenze sia per il personale amministrativo che togato e siano ricondotti ad una corretta proporzione i due contingenti;
se intenda stabilire il personale applicato presso la Procura ed il Tribunale di Civitavecchia.
(4-10566)

Risposta. - Con riferimento all'interrogazione in esame, si rappresenta quanto segue.
La dotazione organica del personale amministrativo degli uffici giudiziari del circondario di Civitavecchia è di 107 unità, di cui ne risultano presenti 90; mentre negli uffici notificazioni e protesti, a fronte di un organico complessivo di 22 unità, ne sono presenti 15. Tuttavia, è opportuno evidenziare che 13 posti vacanti di personale amministrativo e 7 di personale Unep sono stati istituiti con il decreto ministeriale 6 aprile 2001, che ha rideterminato le dotazioni organiche dell'amministrazione giudiziaria, conformemente al nuovo ordinamento professionale delineato dal contratto collettivo integrativo, sottoscritto il 5 aprile 2000, in funzione delle procedure di riqualificazione del personale.
In particolare, nel tribunale di Civitavecchia sono stati istituiti 4 posti di operatore giudiziario B3, che potranno essere coperti solo all'esito delle citate procedure di riqualificazione e sono stati aumentati 4 posti di cancelliere C2, 1 di cancelliere C1 e B3.
Nell'ufficio NEP del medesimo tribunale sono stati, invece, istituiti 3 posti di ufficiale giudiziario C2 e sono stati aumentati 2 posti di ufficiale giudiziario C1.
Nella procura della Repubblica presso il tribunale di Civitavecchia l'organico di cancelliere C2 è stato incrementato di 2 unità ed è stato istituito l'organico di operatore giudiziario B3 (1 unità); mentre nell'Ufficio del giudice di pace sono stati incrementati di una unità gli organici di cancelliere C2 e B3.
Nell'ufficio NEP presso la sezione distaccata di Bracciano è stata aumentata, con il citato decreto ministeriale, un'unità di ufficiale giudiziario C1 e C2
Per quanto riguarda la copertura dei posti vacanti di ufficiale giudiziario C1, negli uffici NEP di Civitavecchia e Bracciano, va segnalato che gli stessi sono stati pubblicati con interpello per la mobilità interna, in data 20 gennaio 2004.
È stata, inoltre, approvata la graduatoria relativa al distretto di Roma del concorso pubblico, per esami, a 23 posti di ufficiale giudiziario C1.
Per le immediate esigenze di funzionalità dei suddetti uffici NEP il Presidente della Corte di appello di Roma dispone dello strumento dell'applicazione, ai sensi dell'articolo 32 del decreto del Presidente della Repubblica 15 dicembre 1959, n. 1229.
Si rileva, peraltro, che è possibile sopperire alla carenza di ufficiali giudiziari della posizione economica C1 mediante l'utilizzo, per alcune funzioni, del personale appartenente alla posizione economica B3.
A tale proposito, il competente dipartimento ha diramato una circolare in data 27 settembre 2002 (il cui contenuto è stato confermato con la recente circolare del 20 luglio 2004), con la quale si ribadisce che il Contratto integrativo di amministrazione, sottoscritto il 5 aprile 2000 - il quale in forza del rinvio operato dall'articolo 13, comma 5 del Contratto collettivo nazionale di lavoro 1998/2001, ha integrato e specificato il sistema classificatorio già delineato con tale CCNL - ha unificato nella figura dell'ufficiale giudiziario i profili professionali di assistente e collaboratore UNEP.
Il contratto integrativo, non distinguendo le funzioni di notificazione e di esecuzione degli atti, ha previsto, pertanto, una interfungibilità di tali funzioni che può assicurare, attraverso la flessibilità nell'impiego delle risorse umane, una maggiore efficienza del servizio.
Per sopperire temporaneamente alle carenze di personale amministrativo negli altri uffici giudiziari un utile strumento può essere individuato nell'istituto dell'applicazione temporanea di personale, disciplinato dall'articolo 18 dell'accordo sui criteri per la mobilità interna (sottoscritto con


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le organizzazioni sindacali il 28 luglio 1998) e dalla circolare del 7 aprile 2000.
Si fa presente che la competente direzione generale ha utilizzato tutti gli strumenti per migliorare la situazione del personale amministrativo negli uffici in esame.
In particolare, ha disposto il distacco di quattro autisti presso il tribunale di Civitavecchia (l'ultimo dei quali nel mese di luglio 2004) ed uno presso la procura della Repubblica presso il medesimo tribunale che vanno a compensare i posti vacanti in tale figura professionale.
Inoltre, presso il predetto tribunale sono state comandate due unità da altre amministrazioni ed assegnata una unità di personale a tempo determinato (ex lavoratore socialmente utile).
Pertanto, in tale ufficio, la cui pianta organica prevede 55 unità, tenuto conto della presenza dei citati dipendenti e di un centralinista non vedente, risultano in servizio 55 dipendenti.
Si rappresenta, per completezza di informazioni, la situazione del personale amministrativo presente negli altri uffici giudiziari, segnalati nell'atto di sindacato ispettivo.
L'ufficio NEP presso il tribunale di Civitavecchia prevede 18 unità in organico, delle quali ne sono presenti 13.
La procura della Repubblica presso il tribunale di Civitavecchia, il cui organico è di 39 unità, ha 32 dipendenti in servizio, compreso il citato ausiliario B1 distaccato.
L'ufficio del giudice di pace presenta un organico di 8 unità, delle quali ne sono presenti 6.
La sezione distaccata di Bracciano, il cui organico è di 5 unità è interamente coperta; mentre il relativo ufficio NEP, il cui organico è di 4 unità, ne risultano presenti 2.
Per quanto riguarda le problematiche di organico e di personale relative agli uffici giudicanti e requirenti del distretto di Roma, in data 14 giugno u.s., i competenti direttori generali hanno tenuto un incontro con il Presidente della Corte di appello di Roma e il procuratore generale presso la medesima Corte.
Nello specifico, si è provveduto a mettere in evidenza le esigenze di un pronto potenziamento del personale amministrativo di quegli uffici «metropolitani» che, a seguito delle modifiche di competenza territoriale disposte dal decreto legislativo 491/99, hanno subito rilevanti incrementi dei flussi di lavoro; in particolare, il tribunale e procura della Repubblica presso i tribunali di Civitavecchia, Tivoli e Velletri nonché le articolazioni territoriali di Ostia, Castelnuovo di Porto e Albano Laziale.
All'esito dell'incontro, i predetti responsabili degli uffici giudiziari romani hanno convenuto su tale opportunità e si sono ripromessi di inviare a questa amministrazione centrale una proposta complessiva di redistribuzione degli organici degli uffici giudiziari del distretto di Roma.
Pertanto, si è in attesa di ricevere la predetta proposta, per le opportune valutazioni e determinazioni operative riguardanti, tra l'altro, l'ufficio in esame.
Il Ministro della giustizia: Roberto Castelli.

ZANELLA. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio. - Per sapere - premesso che:
sin dai primi giorni di giugno decine di telefonate giunte alla Capitaneria di Porto di Venezia avevano denunciato la presenza di una vasta macchia di colore arancione nelle acque antistanti la spiaggia del Lido di Venezia sino a sei miglia al largo;
nella giornata dell'8 giugno i tecnici dell'ARPAV hanno prelevato alcuni campioni di acqua nella zona e secondo le prime analisi la sostanza prelevata, ha dichiarato l'Arpav, presenta un'alta concentrazione di ammoniaca e fosfati a conferma che si dovrebbe trattare di mucillagini -:
se non ritenga di dover intervenire immediatamente per prendere tutte le necessarie iniziative;
se non ritenga che tale episodio non vada sottovalutato e che lo Stato di salute del mare debba essere monitorato continuamente


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e la qualità delle acque salvaguardata.
(4-10231)

Risposta. - In riferimento all'interrogazione parlamentare indicata in argomento, sulla scorta di quanto comunicato dalla prefettura di Venezia, dal Reparto ambientale marino del Corpo delle Capitanerie di Porto (RAM) e dall'ARPA Veneto, si riferisce quanto segue.
La mattina del 7 giugno 2004 sono pervenute alla Capitaneria di Porto di Venezia numerose segnalazioni in merito alla presenza di una macchia di colore rossastro nel tratto di mare antistante il litorale del Lido di Venezia.
Gli esperti dell'Osservatorio Alto Adriatico dell'ARPAV hanno rilevato la presenza di una striscia parallela alla costa di colore rossastro a circa 5 miglia nautiche al largo di Punta Sabbioni e attribuita in prima analisi a fioritura di
Noctiluca scintillans.
Le analisi biologiche e chimiche di campioni prelevati in corrispondenza della macchia, eseguite dagli esperti del Dipartimento ARPAV Provinciale di Rovigo e del CNR-ISMAR di Venezia, hanno confermato che il fenomeno osservato era costituito da una fioritura di
Noctiluca miliaris (scintillans), escludendo qualsiasi ipotesi di comparsa di aggregati mucillaginosi.
La
Noctiluca scintillans è un dinoflaggellato platonico eterotrofo, specie dominante durante l'estate nei mari temperati di tutto il mondo, predatore sia di fitoplacton che di zooplacton.
Nel corso del campionamento è stata effettuata una ricognizione subacquea mediante apposita telecamera lungo l'intera colonna d'acqua, al fine di verificare l'estensione del fenomeno; da tale osservazione è emerso che la striscia di colore rossastro interessava solo lo strato superficiale per pochi centimetri.
I parametri fisico-chimici rilevati mediante una sonda multiparametrica a 50 centimetri dalla superficie, cioè ossigeno disciolto, pH e temperatura dell'acqua, sono risultati nella norma. Le concentrazioni di ammoniaca e fosfati sono risultate superiori ai valori generalmente rilevati in acqua di mare ad indicazione della fase di avanzata degradazione del materiale che costituiva la striscia rossastra.
I rilevamenti e le perlustrazioni da parte degli esperti sono proseguiti anche nei giorni successivi; l'area di indagine è stata estesa lungo tutta la costa oltre le zone normalmente monitorate con ulteriori controlli della qualità dell'acqua (mediante sonda multiparametrica per rilevare il grado di ossigenazione, correntometro per verificare l'andamento delle correnti, telecamera subacquea per verificare la situazione in profondità). Il fenomeno è comunque apparso in fase di rapido dissolvimento anche grazie alla presenza di correnti e venti che hanno disperso il materiale.
Le attività di controllo sul mare, attuate già da anni da parte della Regione Veneto e da ARPAV, sia nella fascia di balneazione che nella zona compresa entro le due miglia nautiche, hanno sempre confermato lo stato di buona qualità delle acque marine venete; tali attività non sono limitate esclusivamente al controllo previsto dalla normativa vigente, bensì comprendono ulteriori ricerche basate sul costante controllo di qualsiasi manifestazione che si scosti dalla normalità, operando in stretto contatto con ICRAM e CNR-ISMAR, nonché con le Regioni e Stati che si affacciano sul bacino del Nord Adriatico (Friuli-Venezia Giulia, Emilia Romagna, Croazia e Slovenia).
Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio: Altero Matteoli.