Risposta. - L'indagine cui fanno riferimento gli interroganti è quella condotta dalla dottoressa Maria Antonietta Gatti, dell'Università degli Studi di Modena.
Si deve rimarcare che non risulta che la dottoressa abbia affermato di aver riscontrato Uranio Depleto nei campioni esaminati e che la presenza di tali nanoparticelle nelle cellule tumorali possa essere, di per sé sola, considerata causa delle neoplasie, almeno fino a dimostrazione scientifica e inequivocabile di un simile nesso di causalità.
per le quali, cioè, sia possibile delineare un nesso di causalità piuttosto che un nesso di probabilità, il processo di individuazione di un agente causale dovrebbe soddisfare i c.d. «postulati di EVANS», che prevedono:
Pertanto, si concorda nel ritenere che i risultati dello studio della dottoressa Gatti costituiscano, al momento, un ulteriore contributo al quadro complessivo delle ipotesi.
Risposta. - La legge finanziaria 2004 ha confermato anche per quest'anno il blocco
delle assunzioni, già in vigore nel 2002 e nel 2003, prevedendo tuttavia (articolo 3, commi 53, 54 e 55) la possibilità di derogare a tale divieto nel limite di un contingente di personale corrispondente ad una spesa annuale a regime di 70 milioni di euro per l'anno 2004 e 280 milioni di euro a decorrere dal 2005, sulla base di alcuni criteri di priorità dettati da particolari esigenze funzionali e organizzative, nonché dalla finalità di favorire l'immissione in servizio di specifiche professionalità e categorie di personale.
casa di accoglienza della Croce Rossa di Capranica, in provincia di Viterbo;
Risposta. - In merito a quanto riportato in premessa all'atto di sindacato ispettivo circa i «tumori e leucemie prodotti con bombardamenti con ordigni all'Uranio impoverito» si precisa che sino ad ora le indagini effettuate e gli studi condotti, sia in ambito nazionale che internazionale, non hanno dimostrato scientificamente l'esistenza di un nesso di causalità tra l'utilizzo di munizionamento contenente uranio impoverito e le patologie in argomento.
accelerare le procedure di assunzione e consentire ai vincitori una rapida immissione in organico.
Risposta. - La legge finanziaria 2004 ha confermato anche per quest'anno il blocco delle assunzioni, già in vigore nel 2002 e nel 2003, prevedendo tuttavia (articolo 3, commi 53, 54 e 55) la possibilità di derogare a tale divieto nel limite di un contingente di personale corrispondente ad una spesa annuale a regime di 70 milioni di euro per l'anno 2004 e 280 milioni di euro a decorrere dal 2005, sulla base di alcuni criteri di priorità dettati da particolari esigenze funzionali e organizzative, nonché dalla finalità di favorire l'immissione in servizio di specifiche professionalità e categorie di personale.
versano le parti in eternit, presenti nel suddetto presidio militare, possa costituire fonte di rischio per la salute pubblica, indi giustificare il diffuso allarmismo;
Risposta. - L'Esercito ha già avviato un apposito programma a livello nazionale per la rimozione, lo smaltimento e la bonifica dei manufatti in eternit presenti all'interno delle infrastrutture militari, mediante specifici interventi.
Risposta. - Il giovane Melis, arruolato il 10 ottobre 1996, dopo il periodo di formazione è stato trasferito all'8o Reggimento bersaglieri della Brigata "GARIBALDI" (Caserta) nell'aprile 1997.
Ciò detto, per quanto concerne l'opportunità di una verifica tesa a stabilire l'eventuale «relazione tra le missioni di pace e l'insorgere della patologia» la Difesa è impegnata nella ricerca di verità scientifiche in tutte le direzione e con la massima determinazione.
non hanno dimostrato scientificamente l'esistenza di un nesso di causalità tra l'utilizzo di munizionamento contenente Uranio impoverito - peraltro mai usato dalle Forze Armate italiane - e le patologie riscontrate nei militari.
Pertanto, nell'ambito delle iniziative intraprese sotto il profilo sanitario a tutela del personale impiegato missioni di pace non solo nei Balcani, ma anche in altre aree operative, rientra uno specifico protocollo di monitoraggio sanitario così definito all'articolo 4-bis della legge n. 27 del 28 febbraio 2001, di conversione del decreto-legge n. 393, datato 29 dicembre 2000.
quale è denunciato il problema della reciprocità d'indagine sul comportamento dei magistrati appartenenti alle Procure di Messina, Reggio Calabria e Catania, che lascia immaginare - anche sulla base di una serie di fatti evidenziati - una situazione di stasi nelle indagini tra magistrati e fa apparire una limitazione d'autonomia, d'indipendenza e d'immagine della magistratura stessa;
Risposta. - Con l'atto di sindacato ispettivo cui si risponde n. 4-06195, presentato
in data 5 maggio 2003, l'interrogante chiedeva di avviare una indagine ispettiva nei confronti della Direzione Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria ed, in particolare, del sostituto procuratore della Repubblica dottor Francesco Mollace.
dispregio della legge e delle disposizioni impartite dal procuratore della Repubblica di Reggio Calabria e dal procuratore aggiunto, coordinatore della D.D.A. di Reggio Calabria.
all'utilizzo di armi di ultima generazione arricchite con uranio impoverito;
Risposta. - Come comunicato in precedenti atti di sindacato ispettivo, nei poligoni italiani non è previsto, né autorizzato, l'impiego di munizionamento «speciale», nel cui ambito è compreso quello all'uranio impoverito, peraltro, mai usato dalle Forze Armate italiane.
propagando questa anomalia geochimica artificiale fino al mare.
In aderenza a queste raccomandazioni, nell'ambito delle iniziative intraprese sotto il profilo sanitario a tutela del personale impiegato in missioni di pace non solo nei Balcani, ma anche in altre aree operative, rientra uno specifico protocollo di monitoraggio sanitario così definito all'articolo 4-bis della legge n. 27 del 28 febbraio 2001, di conversione del decreto-legge n. 393, datato 29 dicembre 2000.
diramate specifiche disposizioni circa i principali aspetti cautelativi e operativi da adottare per la salvaguardia della salute del personale, in fase di schieramento iniziale ed in fase di condotta dell'Operazione.
Tuttavia, proprio per porre in atto ogni possibile iniziativa volta alla ricerca di verità scientifiche, la Difesa ha avviato un complesso progetto di ricerca e sviluppo in forma di studio prospettico seriale sulle unità militari attualmente operanti nel teatro iracheno.
ricevuto la lettera con cui sono stato riformato per malattia nel dicembre del 2001, appena tre giorni prima della scadenza della mia ferma. Poi è calato il silenzio. Tanti saluti e neanche un grazie. L'amarezza per il trattamento ricevuto mi ha spinto a mettere l'Esercito fra le cose da dimenticare. Sono geometra, ora lavoro in un'impresa di costruzioni. Devo capire come e perché è nato il mio calvario, quello di tanti soldati. A me tutto sommato è andata bene. Altri militari impegnati in attività simili alle mie sono morti nel giro di pochi mesi»;
Risposta. - Le affermazioni contenute in premessa all'atto di sindacato ispettivo cui si risponde sulle continue esercitazioni per la sperimentazione di armi ad Uranio impoverito sono prive di qualsiasi fondamento.
dal Presidio multizonale dell'ASL di Cagliari, si evince che all'interno dell'area del Poligono non è individuabile alcuna traccia di Uranio che abbia un'origine diversa da quella naturale, con il riscontro di valori anormali di metalli pesanti di accertata origine naturale.
risulta agli interroganti che sono stati svolti una serie di analisi e studi sui militari malati di ritorno da aree soggette ad esplosioni con proiettili all'uranio impoverito;
tali analisi hanno evidenziato la presenza nell'organismo dei militari di micro particelle di metalli pesanti ottenibili solo attraverso elevatissime temperature;
è nota l'altissima capacità piroforica propria dei proiettili all'uranio impoverito;
le micro particelle rilevate all'interno degli organismi sono di dimensioni tali da poter essere tranquillamente inalate ed arrivare quindi nell'apparato respiratorio, nell'apparato circolatorio e persino nell'apparato riproduttivo, ed è proprio con riferimento a questi apparati che si sono verificate la maggioranza delle malattie per i reduci delle aree di cui sopra, e purtroppo in alcuni casi anche per la loro prole;
la maggior parte di queste micro particelle non ha a che fare con l'uranio impoverito -:
se non ritenga opportuno rivedere la propria posizione sulla base di questi nuovi studi che di fatto indicano nell'uranio impoverito non il killer che ha ucciso più di venti soldati italiani e ne ha fatti ammalare più di duecento, ma di fatto il «mandante» poiché sviluppando nelle esplosioni quelle elevatissime temperature ha provocato quel pesantissimo inquinamento di micro particelle che ha determinato le morti e gli ammalamenti di cui sopra.
(4-07537)
Nel merito, la citata dottoressa ha esaminato un numero imprecisato di campioni bioptici di alcuni militari italiani affetti da patologia emolinfoproliferative, reduci da aree operative balcaniche, mediante un'innovativa metodica di microscopia elettronica a scansione ambientale.
L'esame ha evidenziato:
a) la presenza di nanoparticelle di elementi, anche metallici (fra i quali, Alluminio, Rame, Mercurio, Magnesio), normalmente non presenti. Il deposito di tali nanoparticelle, alla luce di un'ipotesi formulata dalla Gatti, sarebbe dovuto o all'inalazione e/o all'ingestione di esse;
b) l'assenza di nanoparticelle di Uranio Depleto nei campioni esaminati.
A tal proposito, è opportuno ricordare che per le patologie ad eziologia monofattoriale o tendenzialmente monofattoriale,
a) incidenza/prevalenza della patologia più alta negli esposti che nei non esposti;
b) esposizione più comune negli ammalati che nei sani;
c) esposizione antecedente l'insorgenza della patologia;
d) spettro di possibili risposte, misurabili, nell'ospite nei confronti dell'agente causale;
e) riduzione della frequenza della malattia conseguente ad eliminazione della presunta causa;
f) espressione di malattia ridotta o eliminata dopo adozione di adeguate misure preventive o integrative della risposta d'ospite;
g) riproducibilità sperimentale della malattia;
h) inequivoca dimostrazione statistica dell'associazione fra presunto fattore causale e malattia.
Naturalmente i risultati sperimentali conseguiti potranno avere maggiori riscontri con approfondimenti degli studi e possibili pubblicazioni scientifiche recensite a livello nazionale o internazionale.
In particolare, il lavoro dovrà venire corredato della metodologia statistica di supporto indispensabile per l'attendibilità scientifica.
Inoltre, dovrà prevedere un idoneo gruppo di controllo, costituito, ad esempio, da campioni bioptici di neoplasie provenienti da pazienti con anamnesi negative per esposizioni in aree balcaniche, oppure da cellule di soggetti sani.
Si potranno così accertare ed, eventualmente, scartare o, meglio ancora, precisare possibili fattispecie di rischio espositivo che, allo stato, possono essere solo oggetto di ipotesi.
Nel più ampio quadro degli strumenti utilizzati per affrontare la problematica, attesa l'impossibilità di effettuare, per motivi etici, indagini estremamente invasive - prelievi bioptici di linfonodi satelliti di apparati-bersaglio - su una popolazione di controllo costituita da soggetti sani, esposti alle medesime condizioni ambientali, è stato sviluppato un protocollo di indagine alternativo.
Tale progetto, riproponendo le raccomandazioni contenute nella relazione finale della Commissione Mandelli, sviluppa uno studio prospettico seriale sulle unità militari attualmente operanti nel Teatro iracheno.
Il protocollo di una simile ricerca, mai prima messo in atto a livello mondiale, è il risultato di un ponderato lavoro di revisione scientifica promosso dal professor Mandelli, congiuntamente alla Sanità Militare e vedrà la partecipazione di Istituzioni nazionali di rilievo internazionale.
Con questo studio, denominato Signum - Studio sull'Impatto Genotossico nelle Unità Militari, finanziato con la legge 12 marzo 2004 n. 68, possono essere identificati eventuali nessi di causalità o concausalità esistenti fra fattori genotossici eventualmente presenti nelle aree di operazioni e patologie degenerative.
Si deve infine rimarcare come tale studio prenda in esame non solo l'eventuale impatto genotossico dell'Uranio impoverito, ma anche molti altri possibili fattori di pericolo, compresi gli elementi rinvenuti dalla dottoressa Gatti, capaci di lasciare un segno diretto o anche solo indiretto della loro esistenza ed azione, mediante campionamento ed analisi incrociate su diverse matrici biologiche (urina, sangue e capelli).
È evidente come, sulla base delle indicazioni risultanti da detto studio potranno essere tratti utili indirizzi per meglio comprendere, ed eventualmente gestire, le problematiche sanitarie ipotizzate.
In conclusione, si sta lavorando a tutto campo per acquisire elementi di certezza sulla questione e si intende fermamente procedere sino alla determinazione di conoscenze scientifiche che consentano di comprendere il fenomeno nei suoi aspetti eziologici, diagnostici e profilattici.
Il Ministro della difesa: Antonio Martino.
con il decreto del Presidente della Repubblica del 30 agosto del 2000, dal titolo «Programmazione delle assunzioni nelle pubbliche amministrazioni, a norma dell'articolo 39, commi 3 e 20, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, e successive modificazioni», il Ministero della difesa è stato autorizzato a bandire un concorso pubblico, per esami, a 504 posti nell'area funzionale C, posizione economica C1, profilo professionale di collaboratore amministrativo;
l'articolo 3 della legge n. 331 del 14 novembre 2000, dal titolo «trasformazione progressiva dello strumento militare in professionale», dispone che «il Governo è delegato ad adottare, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, previo parere delle competenti Commissioni parlamentari che si esprimono entro sessanta giorni dalla data di assegnazione del relativo schema, corredato dai pareri previsti dalla legge, un decreto legislativo per disciplinare la graduale sostituzione, entro sette anni a decorrere dalla data di entrata in vigore del medesimo decreto legislativo, dei militari in servizio obbligatorio di leva con volontari di truppa e con personale civile del Ministero della difesa»;
la procedura concorsuale si è svolta nell'arco di oltre due anni e la graduatoria finale è stata approvata con decreto del Direttore Generale del personale civile del Ministero della difesa in data 27 dicembre 2002;
il decreto del Presidente della Repubblica del 31 luglio 2003, recante norme in materia «Autorizzazione alle assunzioni di personale nelle pubbliche amministrazioni», ai sensi dell'articolo 34 della legge n. 289 del 27 dicembre 2003, ha previsto l'assunzione di 160 persone per tutti i concorsi espletati dall'Amministrazione della Difesa, consentendo la nomina a ruolo di sole 48 persone, su 104 vincitori, del concorso a collaboratore amministrativo;
l'articolo 3, comma 55, della legge n. 350 del 24 dicembre 2003 dispone, in deroga al divieto di assumere dipendenti pubblici a tempo indeterminato stabilito dal comma 53 dello stesso articolo, che «nell'ambito delle procedure di autorizzazione delle assunzioni è prioritariamente considerata l'immissione in servizio degli addetti a compiti connessi alla sicurezza pubblica, al rispetto degli impegni internazionali, alla difesa nazionale, al soccorso tecnico urgente, alla prevenzione e vigilanza antincendi e alla protezione civile, alla tutela ambientale e alla vigilanza antibracconaggio, al settore della giustizia, alla tutela del consumatore e alla sicurezza e ricerca agroalimentare e alla tutela dei beni culturali, nonché dei vincitori di concorsi espletati alla data del 30 settembre 2003» -:
se e quali iniziative intenda adottare per porre un definitivo chiarimento in merito a quanto sopra e con particolare riferimento alla mancata assunzione integrale dei vincitori del concorso per 504 posti di collaboratore amministrativo presso il Ministero della difesa, considerato che un simile provvedimento, che nasce come misura di contenimento della spesa pubblica, produce in realtà, secondo l'interrogante, danni all'erario, in quanto compromette l'efficienza, l'efficacia ed il buon andamento dell'amministrazione, costringendo il Dicastero ad operare in condizioni di carenza di organico e ad adibire a mansioni superiori personale non qualificato.
(4-09881)
In tale contesto, l'Amministrazione della Difesa, sempre sensibile alla problematica in argomento, ha inteso anche per il 2004 perseguire l'obiettivo strategico, di procedere alle assunzioni dei vincitori dei concorsi espietati, sensibilizzando gli Organi decisionali, per ottenere con il meccanismo della deroga il ripianamento almeno di una buona parte delle gravi carenze esistenti.
In tale ambito sono risultati di notevole rilevanza sia la previsione di aumento del fondo per le assunzioni di cui alla «finanziaria 2004» rispetto all'anno precedente, sia l'impegno assunto dal Governo con la risoluzione dell'onorevole Ramponi (n. 8-00078), approvata dalla Commissione Difesa di considerare prioritarie - compatibilmente con le risorse disponibili e tenuto conto delle richieste di assunzione provenienti dalle altre amministrazioni - le assunzioni dei vincitori dei concorsi espletati dall'Amministrazione della Difesa (per un totale di 890 unità) e di prevedere nel 2004 l'immissione in servizio di buona parte di essi.
In tale contesto, il Dipartimento della Funzione Pubblica, dopo aver proceduto ad una scelta attenta dei criteri e delle situazioni prioritarie indicate dalla legge per talune amministrazioni o categorie di personale, ha sottoposto al Consiglio dei Ministri un piano di programmazione delle assunzioni approvato con il Decreto del Presidente della Repubblica 25 agosto 2004 («Autorizzazione alle assunzioni nelle pubbliche amministrazioni, a norma dell'articolo 3, commi 53, 54 e 55, della legge 24 dicembre 2003, n. 350»), che autorizza la Difesa ad assumere a tempo indeterminato 511 unità, a decorrere dal 15 ottobre 2004.
La Direzione Generale per il Personale Civile sta ora ponendo in essere tutti gli adempimenti necessari per procedere alle assunzioni autorizzate da completarsi comunque entro il prossimo mese di dicembre.
In conclusione, il Governo, così come preventivato, sta completando, con il massimo impegno, il programma delle assunzioni dei vincitori dei concorsi già espletati, nell'ottica sia di ripianare le carenze organiche esistenti sia di soddisfare le legittime aspettative degli interessati.
Il Ministro della difesa: Antonio Martino.
da notizie giornalistiche (il Manifesto del 7 maggio 2004) si è appreso che la cellula dell'esercito S5, del Battaglione italiano inquadrato nel German Italian Battle Group di stanza in Bosnia Herzegovina a Sarajevo, deputata al collegamento tra forze militari e apparati governativo-istituzionali e organizzazioni non governative, ha fatto sapere che non darà più la sua disponibilità al trasporto dei bambini malati che venivano a curarsi in Italia;
questo servizio, che rientrava nell'impegno all'assistenza umanitaria per aiutare in particolare i bambini colpiti da tumori e leucemie prodotti dai bombardamenti con ordigni all'uranio impoverito, permetteva cure costose e impossibili in Bosnia, in centri italiani specialistici. Solo negli ultimi 6 mesi erano arrivati in Italia 35 bambini, e sei di loro sono ospiti della
il trasporto dei bambini è stato sempre effettuato mediante i posti vacanti degli aerei militari in partenza da Sarajevo e senza alcun onere economico specifico per questi trasferimenti -:
se il Ministro sia al corrente di tale decisione e quali siano le motivazioni di questa scelta;
se il Governo, soprattutto considerata la natura umanitaria attribuita dal Parlamento alla missione italiana a Sarajevo, non intenta ripristinare, il più sollecitamente possibile, questo essenziale servizio per la vita di tante creature che hanno subito gli orrori della guerra e i cui effetti devastanti segnano la loro possibilità di sopravvivenza.
(4-09997)
Ciò detto, nel novero dei compiti umanitari e di sicurezza che il nostro Contingente svolge all'interno del German Italian Battle Group dislocato a Sarajevo, l'attività di evacuazione sanitaria a favore delle popolazioni civili della Bosnia-Erzegovina riveste la massima rilevanza.
A tal riguardo, il personale militare provvede all'espletamento delle formalità necessarie per l'ottenimento dei visti d'ingresso in Italia ed in particolare, per il successo dell'iniziativa, al trasporto dei piccoli pazienti con velivoli militari.
Nel caso in esame, in effetti, si è verificata una sospensione dell'attività di supporto militare alla Croce Rossa Italiana (C.R.I.), che si è limitata al tempo strettamente necessario per consentire la riarticolazione del Contingente italiano in Bosnia, ivi inclusa la Cellula S5.
Pertanto, si assicurano gli onorevoli interroganti che i rapporti di collaborazione - finora eccellenti - tra il personale militare del contingente italiano e quello della C.R.I. proseguono nell'ottica di garantire l'assistenza necessaria ai bambini malati provenienti dalla Bosnia-Erzegovina.
In conclusione, è di tutta evidenza come i militari italiani dimostrino in qualsiasi circostanza il lodevole impegno e il notevole spirito di sacrificio con cui adempiono ai compiti umanitari propri della missione cui partecipano.
Il Ministro della difesa: Antonio Martino.
nonostante le assicurazioni fornite dal Dipartimento competente, vi è ancora molta incertezza in merito ad una soluzione positiva della grave questione concernente la mancata assunzione dei vincitori del concorso per 504 collaboratori amministrativi presso il Ministero della Difesa;
si è appreso che la Direzione generale per il personale civile del Ministero della difesa - nell'ambito degli adempimenti previsti dalla circolare U.P.P.A. 1571/4 del 25 febbraio scorso - ha provveduto ad inoltrare la richiesta di deroga al blocco delle assunzioni;
tale deroga, com'è noto, può essere concessa secondo criteri di priorità e precedenza, dettati da particolari esigenze funzionali ed organizzative, tra i quali vi rientra l'assunzione di personale addetto a compiti connessi alla sicurezza pubblica, al rispetto degli impegni internazionali, alla difesa nazionale ecc. (l'articolo 3, comma 55, della citata legge n. 350 del 2003) -:
se non ritiene opportuno intervenire, per quanto di sua competenza, al fine di
(4-09899)
In tale contesto, l'Amministrazione della Difesa, sempre sensibile alla problematica in argomento, ha inteso anche per il 2004 perseguire l'obiettivo strategico, di procedere alle assunzioni dei vincitori dei concorsi espietati, sensibilizzando gli organi decisionali, per ottenere con il meccanismo della deroga il ripianamento almeno di una buona parte delle gravi carenze esistenti.
In tale ambito sono risultati di notevole rilevanza sia la previsione di aumento del fondo per le assunzioni di cui alla «finanziaria 2004» rispetto all'anno precedente, sia l'impegno assunto dal Governo con la risoluzione dell'onorevole Ramponi (n. 8-00078), approvata dalla Commissione Difesa di considerare prioritarie - compatibilmente con le risorse disponibili e tenuto conto delle richieste di assunzione provenienti dalle altre amministrazioni - le assunzioni dei vincitori dei concorsi espletati dall'Amministrazione della Difesa (per un totale di 890 unità) e di prevedere nel 2004 l'immissione in servizio di buona parte di essi.
In tale contesto, il Dipartimento della Funzione Pubblica, dopo aver proceduto ad una scelta attenta dei criteri e delle situazioni prioritarie indicate dalla legge per talune amministrazioni o categorie di personale, ha sottoposto al Consiglio dei Ministri un piano di programmazione delle assunzioni approvato con il Decreto del Presidente della Repubblica 25 agosto 2004 («Autorizzazione alle assunzioni nelle pubbliche amministrazioni, a norma dell'articolo 3, commi 53, 54 e 55, della legge 24 dicembre 2003, n. 350»), che autorizza la Difesa ad assumere a tempo indeterminato 511 unità, a decorrere dal 15 ottobre 2004.
La Direzione Generale per il Personale Civile sta ora ponendo in essere tutti gli adempimenti necessari per procedere alle assunzioni autorizzate da completarsi comunque entro il prossimo mese di dicembre.
In conclusione, il Governo, così come preventivato, sta completando, con il massimo impegno, il programma delle assunzioni dei vincitori dei concorsi già espletati, nell'ottica sia di ripianare le carenze organiche esistenti sia di soddisfare le legittime aspettative degli interessati.
Il Ministro della difesa: Antonio Martino.
la Caserma Rossani, di Bari, per quanto è dato sapere, è stata da alcuni anni dismessa dal ministero della difesa;
le porzioni dei capannoni, interni a suddetto presidio militare, realizzate al tempo in eternit, stante le segnalazioni pervenute da numerosi cittadini, versano in condizioni assai precarie;
la cittadinanza, residente nelle immediate vicinanze a detto presidio militare, come è noto esteso su 100 mila metri quadrati, manifesta preoccupazione per eventuali danni alla salute che potrebbero insorgere a seguito della presenza massiccia di eternit nel suddetto sito -:
se, ai Ministri in indirizzo, consti che in passato il suddetto presidio militare sia stato oggetto di attenzione e/o di azioni di monitoraggio;
se consti che, da accertamenti e/o monitoraggi eventualmente effettuati in passato, siano emersi elementi tali da far supporre e/o temere che lo stato in cui
se, a salvaguardia della salute pubblica, i Ministri abbiano già disposto che il suddetto presidio militare sia interessato da interventi finalizzati ad evitare la dispersione nell'ambiente, anche accidentale di fibre di amianto;
se non ritengano necessario ed urgente disporre una ulteriore azione di monitoraggio, indi impegnare gli organismi competenti, affinché sia accertato se lo stato in cui versano i capannoni interni al suddetto presidio militare possa essere comunque fonte di rischio per la salute pubblica;
se, in via precauzionale, non ritengano necessario ed urgente impegnare gli organismi competenti affinché le porzioni dei capannoni, realizzate in eternit, siano protette, indi venga scongiurato il rischio di eventuali, anche accidentali, dispersioni nell'ambiente di polveri di amianto.
(4-09298)
In particolare, per quanto concerne la Caserma «ROSSANI» di Bari, i lavori in questione erano già stati affidati, mediante apposita gara d'appalto, ad una ditta specializzata.
Infatti, in seguito ad una specifica ordinanza dei Sindaco di Bari, datata 9 marzo 2004 l'impresa aggiudicataria aveva iniziato i lavori di bonifica, mediante la rimozione dei materiali contenenti amianto presenti nell'area.
Tali lavori, affidati alla ditta in base ad una regolare procedura negoziale avrebbero dovuto terminare il 28 giugno 2004.
Tuttavia il tribunale di Bari ha disposto il sequestro preventivo d'urgenza dell'area ex Caserma «ROSSANI» in quanto il Piano di bonifica, già approvato dal competente Ufficio Sanitario Territoriale, necessiterebbe di una rielaborazione dal punto di vista della tutela ambientale, della sicurezza e dell'igiene del luogo di lavoro.
Non appena la ditta appaltatrice rielaborerà il piano e quindi ottenere il dissequestro da parte dell'autorità giudiziaria, la stessa potrà ultimare i lavori di bonifica.
Il Ministro della difesa: Antonio Martino.
è deceduto il 4 febbraio scorso, nel reparto di rianimazione dell'ospedale SS. Trinità di Cagliari, il caporale maggiore dell'Esercito Italiano, Valery Melis, 26 anni di Quartu Sant'Elena (Cagliari), affetto da linfoma di Hodgkin;
al militare è stata diagnosticata la patologia nel 1999. Precedentemente aveva partecipato a diverse missioni di pace all'estero;
sembrerebbe che Valery Melis non abbia ricevuto aiuti dalle Istituzioni, e abbia affrontato la malattia senza adeguati sostegni economici, nonostante i numerosi appelli e le diverse richieste avanzate dal militare e dai familiari;
sembrerebbe che al giovane in un primo periodo sia stata sospesa l'erogazione dello stipendio e che non abbia ricevuto sostegni e sussidi economici adeguati per affrontare le costose terapie;
per sostenere le spese dell'ultimo intervento chirurgico, i familiari del giovane hanno dato luogo a una raccolta di denaro tra parenti, amici e conoscenti;
al militare non è stata riconosciuta la causa di servizio;
prima che gli venisse diagnosticata la patologia, il militare aveva preso parte a quattro missioni di pace in Albania, Kossovo e Macedonia;
con il decesso di Valery Melis, sarebbero 24 i soldati italiani morti dopo aver preso parte a missioni di pace nei Balcani e circa 200 i malati, la maggior dei quali ha contratto il linfoma di Hodgkin -:
se non ritengano opportuno verificare se effettivamente al militare Valery Melis non sia stato garantito il sostegno morale ed economico per affrontare la grave malattia e le cure onerose che, viceversa, secondo quanto riferito dalla stampa, sarebbero state sostenute grazie alla grande generosità di amici e parenti;
se non ritenga opportuno verificare se il caso di Valery Melis sia isolato ovvero lo stesso trattamento venga oggi riservato ai tanti militari che avrebbero contratto patologie analoghe per le quali sia necessario un sostegno economico che le singole famiglie non possono affrontare;
per quali motivi non sia stata riconosciuta al giovane militare la causa di servizio;
se non ritengano opportuno verificare se vi sia una relazione tra le missioni di pace e l'insorgere della patologia nel giovane militare.
(4-08845)
Ha svolto alcune missioni fuori Teatro quali l'Operazione ALBA (Albania) nel giugno-luglio 1997 per la durata di giorni 30 con l'8o Reggimento bersaglieri; l'Operazione JOINT GUARANTOR (Macedonia) nel marzo-giugno 1999, durante la quale è stato impiegato in fureria.
Al rientro in Patria è transitato nel servizio permanente ed è stato trasferito nell'ottobre 1999 al 2o Reggimento alpini «CUNEO» della Brigata «TAURINENSE».
Il giovane è stato ricoverato nell'Ospedale civile di Cagliari nel novembre 1999.
Dal 30 novembre 1999 lo stesso è transitato in Forza Assente al distretto militare di Cagliari.
Ha poi subito un intervento terapeutico effettuato a Milano consistente nel trapianto di cellule staminali.
Riguardo alle forme di assistenza fornite al giovane, sia il distretto militare di Cagliari sia il comando regione Sardegna hanno sempre mantenuto contatti tecnico-istituzionali con la famiglia Melis.
L'Esercito intende sostenere con tutti gli strumenti disponibili la famiglia del deceduto.
Inoltre, sulla base di disposizioni di legge n. 27/2001 e legge n. 339/2001) è stato possibile, trattandosi di personale che ha prestato servizio in missioni internazionali di pace contraendo infermità, trattenere in servizio il caporal maggiore Melis sino alla definizione della pratica medico legale, erogando il trattamento economico intero.
In materia di provvidenze sono stati elargiti sussidi o benefici per un totale di circa 23.000 euro.
Per quanto concerne gli aspetti di natura previdenziale il militare, in data 13 novembre 2000, ha presentato istanza di riconoscimento della causa di servizio ai fini della successiva concessione dell'equo indennizzo e della pensione privilegiata ordinaria.
Il competente comitato di verifica per le cause di servizio, ove la pratica era in trattazione dall'11 luglio 2002, con parere n. 1797/2003 ha giudicato l'infermità dipendente da causa di servizio.
In esito a tale parere, la Direzione Generale per il Personale Militare ha avviato le procedure per:
a) l'attribuzione dei benefici di carattere pensionistico;
b) il riconoscimento dell'equo-indennizzo.
Sino ad ora le indagini effettuate e gli studi condotti, sia in ambito nazionale - Commissione MANDELLI - che internazionale,
In particolare, la Commissione «MANDELLI» ha effettuato uno studio epidemiologico di tipo retrospettivo, per la verifica dell'incidenza di patologie tumorali in seno alla popolazione dei militari e dipendenti civili dell'Amministrazione Difesa impiegati nelle aree di operazioni di Bosnia e Kosovo dal 1995 al 2001.
L'analisi è stata concepita in forma di studio caso-controllo, ponendo a raffronto i dati inerenti al personale impiegato nei Balcani con quelli di una popolazione di riferimento.
Sulla base dei dati emersi da tale analisi, nonché dei dati presenti in letteratura, dai quali non è desumibile in modo scientificamente certo alcuna correlazione fra esposizione ad Uranio impoverito - soprattutto per ciò che attiene la contaminazione interna - e insorgenza di Linfomi di Hodgkin, la Commissione in parola ha formulato alcune raccomandazioni conclusive, così riassumibili:
a) necessità di monitoraggio a lungo termine delle patologie neoplastiche insorgenti nelle coorti di soggetti impegnati nelle aree balcaniche;
b) necessità di studi ambientali di monitoraggio per l'Uranio impoverito in tutte le aree balcaniche ove siano impiegati gli specifici munizionamenti;
c) necessità di promuovere studi nazionali ed internazionali finalizzati non solo a meglio definire gli effetti biologici dell'esposizione all'Uranio impoverito, ma anche a individuare eventuali altri fattori di rischio causali o concausali nell'insorgenza di linfomi, presenti nelle aree di operazioni.
Tale protocollo prevede che il suddetto personale sia sottoposto ad una visita medica e ad un pannello di indagini laboratoristiche eseguite preliminarmente all'impiego in quelle aree e successivamente al rientro con cadenza periodica per la durata di cinque anni.
In particolare, nei primi tre anni del quinquennio, con cadenza quadrimestrale, mentre negli altri due anni con frequenza annuale.
Tale monitoraggio ha trovato attuazione a tutela del personale in servizio, impiegato nei territori di Bosnia e Kosovo a far data dal 1o agosto 1994, a cura delle strutture della sanità Militare sin dal 2001.
Inoltre, proprio per porre in atto ogni possibile iniziativa volta alla ricerca di verità scientifiche, la Difesa ha avviato un complesso progetto di ricerca e sviluppo in forma di studio prospettico seriale sulle unità militari attualmente operanti nel teatro iracheno.
Il protocollo di una simile ricerca, mai prima messo in atto a livello mondiale, è il risultato di un ponderato lavoro di revisione scientifica promosso dal professor Franco Mandelli congiuntamente alla Sanità Militare e vedrà la partecipazione di Istituzioni nazionali di rilievo internazionale.
Con questo studio, denominato SIGNUM - Studio sull'impatto Genotossico nelle Unità Militari - finanziato della legge n. 68/2004, potranno essere identificati eventuali nessi di causalità o concausalità esistenti fra fattori genotossici eventualmente presenti nelle aree di operazioni e patologie degenerative.
Si deve, infine, rimarcare come tale studio prenda in esame non solo l'eventuale impatto genotossico dell'uranio impoverito, ma anche molti fattori di pericolo, capaci di lasciare un segno anche indiretto della loro esistenza ed azione, mediante campionamento ed analisi incrociate su diverse matrici biologiche (urina, sangue e capelli).
È evidente come, sulla base delle indicazioni risultanti da detto studio potranno essere tratti utili indirizzi per meglio comprendere, ed eventualmente gestire, le problematiche sanitarie ipotizzate.
In conclusione, si sta lavorando per acquisire elementi di certezza sulla questione e si intende fermamente procedere a tutto campo sino alla determinazione di conoscenze scientifiche che consentano di comprendere il fenomeno nei suoi aspetti eziologici, diagnostici e profilattici.
Il Ministro della difesa: Antonio Martino.
da notizie giornalistiche e dalla richiesta di archiviazione disposta, in data 24 aprile 2001, dal Pubblico Ministero presso il Tribunale di Catania, è emerso che il dottor Francesco Mollace, sostituto procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Reggio Calabria, componente della locale D.D.A., è stato iscritto, nel 1998, presso la Procura Distrettuale Antimafia di Catania quale indagato per abuso d'ufficio per aver agito, sin dal 1994, nella sua qualità di P.M., favorendo l'associazione mafiosa di Messina, riconducibile a Sparacio Luigi;
le contestazioni riguardavano due specifici fatti: l'avere il dottor Mollace restituito al pentito Sparacio titoli di credito per ben 200 milioni di ex lire, nonostante fosse stata raggiunta la prova che i sequestrati titoli fossero provento di usura continuata (fatto avvenuto nel 1994); nonché di avere redatto la richiesta di misure urgenti di protezione in favore della suocera di Sparacio, partecipe all'associazione mafiosa messinese, senza che ricorressero le condizioni previste dalle norme che regolano l'applicazione dello speciale programma di protezione (fatto avvenuto nel 1996);
in data 4 luglio 2001, il GIP di Catania ha accolto la proposta di archiviazione, formulata dal P.M. locale nell'aprile dello stesso anno, in quanto le citate iniziative erano state assunte in concerto con altro procuratore aggiunto dottor Boemi, su dichiarazione di quest'ultimo rese nel giugno del 2000 ed in contrasto con le precedenti dichiarazioni rilasciate dallo stesso nel gennaio del 1998 e, pertanto, pur dichiarando discutibile la restituzione dei titoli cartolari menzionati, non si era raggiunta la prova dell'elemento soggettivo necessario alla sussistenza del reato;
tuttavia gli atti raccolti dalla Procura di Catania, relativi alla posizione del dottor Mollace, non risulta siano mai stati trasmessi ai competenti organi disciplinari centrali; la Suprema Corte di Cassazione pronunciandosi nel 2001 sulle posizioni degli altri magistrati messinesi, dottor Giovanni Lembo e dottor Marcello Mondello, arrestati nel marzo del 2000 per concorso esterno in associazione mafiosa, affermava che vi era stretto collegamento con la posizione del dottor Mollace, con eventuale possibile riapertura del procedimento a suo carico presso l'autorità giudiziaria catanese, per effetto di possibili risultanze ed evoluzioni dibattimentali;
più fonti giornalistiche (vedi il mensile Il Dibattito e Gazzetta del Sud), occupandosi del dibattimento a carico dei citati dottor Lembo e dottor Mollace, correi del boss Michelangelo Alfano e del pentito Luigi Sparacio, hanno sollevato il velo sulle discutibili modalità di gestione dei collaboratori di giustizia nei distretti giudiziari di Reggio Calabria e Messina; tutto ciò emerge sulla scorta delle deposizioni di testi qualificati, quali funzionari della Polizia di Stato e del coraggioso avvocato Colonna;
lo stesso direttore responsabile del mensile il Dibattito sta temendo per la propria incolumità fisica ed ha subìto numerosi attentati, a causa della pubblicazione sul suo giornale di coraggiose e documentate denunzie;
già in data 27 marzo 2003, l'interrogante ha presentato un atto ispettivo nel
dalla deposizione del pentito Giovanni Vitale del gennaio 2003 (riportata da Il Dibattito) è emerso che lo Sparacio avrebbe concordato, nei primi mesi del 1995, un incontro tra il dottor Mollace e il mafioso Vitale, per ottenere la sospensione di un ordine di carcerazione per lo stesso Vitale e che detto incontro, con conseguente sospensione dell'ordine di carcerazione, in effetti ebbe luogo ed avvenne nei termini concordati;
da altre deposizioni dei collaboranti Zoccoli e Salvatore Giorgianni, tutte riportate dal mensile Il Dibattito, è possibile rilevare altri comportamenti «anomali» del dottor Mollace;
dalla deposizione di Giuseppe Chiofalo, resa nel 2000 ai Pubblici Ministeri di Catania, è emerso che il dottor Mollace, in modo «strumentale», disponeva del mezzo dell'interrogatorio del collaborante per ottenere notizie sul contenuto di interrogatori resi dal pentito ad altri magistrati del P.M., nonché a condizionare il corretto svolgimento delle indagini che lo riguardavano direttamente o indagini che coinvolgevano altri magistrati suoi amici;
a prescindere dall'esito o dal merito dell'accertamento giudiziario di cui si sta occupando l'autorità giudiziaria catanese, che, verosimilmente, andrà coordinato con le dichiarazioni rese in sede dibattimentale dall'avvocato Colonna nel mese di novembre 2002 e da numerosi altri collaboratori di giustizia circa l'attività posta in essere dal dottor Mollace in favore dell'associazione messinese del gruppo Sparacio, emerge il modo «anomalo» del dottor Mollace nel gestire i collaboratori di giustizia;
da ultimo, sempre il mensile Il Dibattito, ha pubblicato, nel marzo del 2003, un'intervista all'avvocato Colonna, il quale ha ribadito di essere a disposizione degli organi giudiziari, disciplinari o paradisciplinari, onde riferire i fatti ed i comportamenti a sua conoscenza riguardo l'attività del dottor Mollace;
il dottor Francesco Mollace, attualmente, non adeguandosi il suo Ufficio alle prescrizioni normative in materia disciplinante le Direzioni Distrettuali Antimafia, che prevede la durata massima di anni otto quale Magistrato assegnatario di fascicoli alla D.D.A., non esercitando i capi di quell'Ufficio al meglio e con rigore i poteri di controllo e coordinamento che la legge loro affida, continua a gestire, nel distretto giudiziario reggino, collaboratori di giustizia, da ultimo tale Iannò, le cui dichiarazioni sono state recentemente pubblicate dalla stampa regionale calabrese e dal mensile Il Dibattito -:
se non intenda, al fine di salvaguardare l'immagine dell'azione della Magistratura reggina, avviare un'adeguata indagine ispettiva nei confronti della D.D.A. reggina ed, in particolare, del dottor Francesco Mollace, in relazione a quanto sopra indicato;
quali urgenti iniziative il Ministro dell'interno intenda assumere al fine di tutelare l'incolumità fisica del dottor Francesco Gangemi, direttore de Il Dibattito;
se non intenda accertare le modalità di assegnazione sulla scorta delle quali al dottor Francesco Mollace, Magistrato assegnato alla D.D.A. del distretto reggino dal 1993 e nonostante abbia completato i due quadrienni di copertura presso la D.D.A. reggina, sia consentito, a tutt'oggi, gestire collaboranti di giustizia nuovi ed essere così assegnato a procedimenti di competenza funzionale della D.D.A.
(4-06195)
L'interrogazione rappresentava le anomale ed illecite modalità di gestione dei collaboratori di giustizia sistematicamente utilizzate dal dottor Mollace e la circostanza che lo stesso, nonostante fosse cessato dall'incarico presso la locale Direzione Distrettuale Antimafia già dal 15 dicembre 2001, continuasse a gestire collaboratori di giustizia ed a svolgere indagini di competenza della D.D.A. nel distretto giudiziario reggino.
Dai riscontri eseguiti emergeva che il dottor Francesco Mollace, nonostante il provvedimento in data 17 dicembre 2001 del procuratore della Repubblica di Reggio Calabria dottor Antonino Catanese, con cui era stato dichiarato decaduto dall'incarico di sostituto D.D.A. per intervenuto decorso del termine massimo di quattro bienni di permanenza in quell'ufficio (provvedimento ratificato dal Consiglio superiore della magistratura con delibera dell'8 maggio 2002), aveva continuato, oltre la scadenza della prevista proroga annuale al 15 dicembre 2002 ed in palese dispregio dei ripetuti interventi e diffide dello stesso procuratore della Repubblica e del procuratore aggiunto, coordinatore della D.D.A., dottor Francesco Scuderi, a svolgere attività di stretta competenza della procura distrettuale antimafia, incompatibili con la sua funzione di sostituto addetto alla procura ordinaria.
Emergeva, inoltre, che in data 9 maggio 2003, al fine di ovviare alle gravi disfunzioni dell'ufficio determinate dalla condotta del detto sostituto, il dottor Catanese si era visto addirittura costretto ad incaricare il dirigente amministrativo dell'ufficio di apprendere materialmente dalla segreteria del dottor Mollace - alla quale competeva la tenuta dei fascicoli processuali - quelli irregolarmente detenuti, onde poter finalmente procedere alla loro riassegnazione ad altri magistrati.
Inoltre, in relazione alla gestione dei collaboratori di giustizia, veniva rappresentata dagli organi competenti, la sistematica e palese violazione, da parte del dottor Mollace, delle disposizioni dettate dal procuratore della Repubblica al fine di regolamentare la procedura connessa alla gestione dei collaboratori e testimoni di giustizia.
In conseguenza di ciò, con nota in data 11 febbraio 2004 (prot. n. 201/772 (P) 183) promuovevo, ai sensi degli articoli 107 della Costituzione, 14, n. 1, della legge 24 marzo 1958, n. 195, 59, comma 2, del decreto del Presidente della repubblica 16 settembre 1958, n. 916, in relazione all'articolo 18 del regio decreto legislativo 31 maggio 1946, n. 511, l'azione disciplinare nei confronti del dottor Francesco Antonio Giovanni Mollace, richiedendo contestualmente al Consiglio superiore della magistratura di avviarne il trasferimento d'ufficio per incompatibilità ambientale, ai sensi dell'articolo 2, comma 2, regio decreto legislativo 31 maggio 1946, n. 511.
Peraltro, con nota di incarico in data 10 marzo 2004, ritenevo di dover avviare una più approfondita inchiesta amministrativa presso la procura di Reggio Calabria, nel corso della quale emergevano ulteriori, gravissime irregolarità ascrivibili al dottor Mollace.
Nella relazione del 15 marzo 2004, trasmessa all'esito della prima fase dell'inchiesta amministrativa presso la procura di Reggio Calabria, l'ispettorato generale evidenziava, infatti, la circostanza, cito testualmente, che «la procura della Repubblica di Reggio Calabria, ed in particolare la sua più delicata articolazione, la Direzione Distrettuale Antimafia, debba continuare ad operare in presenza del costante elemento di disturbo rappresentato dal dottor Mollace, con le sue pervicaci interferenze ed abusive ingerenze e con il disagio, le disfunzioni e l'inutile dispendio di tempo e di energie che ne conseguono».
Lo stesso ispettorato generale riferiva, poi, con la relazione conclusiva del 7 luglio 2004 (prot. n. 711/IN/04 - 2874 Ris.), di una situazione di gravissima compromissione dell'operato e della immagine della Procura della Repubblica di Reggio Calabria, derivante dalle condotte del dottor Mollace, tenute in sistematico e noncurante
In particolare, l'ispettorato generale evidenziava come, in rapporto alle procedure giudiziarie collegate alla cattura dei latitanti Orazio De Stefano, Fortunato Maesano e Antonio Rosmini, il dottor Mollace avesse scientemente e sistematicamente violato le disposizioni tabellari interne all'ufficio relative alla ricerca dei latitanti, violando deliberatamente, nel caso del latitante Orazio De Stefano, anche la specifica ed esclusiva competenza della locale procura generale della Repubblica, a cui non aveva mai trasmesso gli atti del caso, né dato comunicazione delle iniziative intraprese.
Sottolineava, inoltre, che nonostante il procuratore della Repubblica, dottor Catanese, gli avesse per l'ennesima volta richiesto, con decreto del 9 maggio 2003, la restituzione di tutti i fascicoli DDA, il dottor Mollace aveva deliberatamente omesso di consegnarne 27, 17 dei quali erano stati consegnati solo successivamente, a seguito di ulteriori e pressanti richieste.
Per i restanti 10 fascicoli DDA, il dottor Mollace non aveva invece fornito al procuratore della Repubblica ed agli ispettori del ministero della giustizia alcuna precisa indicazione sulla loro attuale collocazione o sorte, sicché all'esito dell'ispezione questi non erano neppure stati individuati.
Il Ministro della giustizia: Roberto Castelli.
mercoledì notte è morto, dopo quattro anni di malattia, il caporalmaggiore Valery Melis, ammalatosi di linfoma di Hodgkin poco dopo il rientro dalla quarta missione nei Balcani;
secondo studi e ricerche effettuate dopo la prima guerra del Golfo e a seguito delle operazioni belliche in Somalia e nei Balcani sembrerebbe esserci una relazione fra il linfoma di Hodgkin e altre patologie tumorali e l'impiego di proiettili all'uranio impoverito, largamente utilizzati, in particolare dalle forze armate statunitensi, durante i conflitti citati;
secondo i risultati degli studi effettuati dalla commissione di esperti presieduta dall'ematologo Mandelli, su incarico del Governo D'Alema, sarebbero 44 i casi di neoplasie accertate fra i militari di ritorno da missioni nei Balcani, la metà dei quali sarebbero riconducibili a linfomi e leucemie linfatiche. Si tratta di percentuali ben più alte di quelle normalmente riscontrabili fra i civili della stessa età. Secondo dati ufficiosi, diffusi in questi giorni dai mezzi di comunicazione, fra i militari che hanno partecipato a spedizioni militari all'estero, almeno 263 avrebbero contratto malattie correlate all'inquinamento da uranio e 24 di questi sarebbero deceduti;
l'associazione Anavavaf, che da anni si occupa del problema, parla di numerosi casi di leucemie e linfomi anche fra i militari di leva e riferisce di malformazioni nei bambini che abitano nelle vicinanze di poligoni di tiro ed altre strutture militari -:
se non reputino i Ministri interrogati di dover disporre ulteriori indagini dirette a conoscere il numero esatto dei militari impegnati in operazioni all'estero che hanno contratto malattie riconducibili all'impiego di uranio impoverito per fini bellici; se le nostre forze armate utilizzino o abbiano utilizzato in passato munizioni all'uranio impoverito; se il munizionamento all'uranio impoverito sia attualmente utilizzato nei poligoni di tiro italiani e quali misure siano state prese per ridurre il rischio di esposizione all'uranio per i militari italiani impiegati in operazioni all'estero e nelle esercitazioni compiute nei poligoni.
(4-08825)
continuano le morti sospette per malattie contratte da militari in relazione
Luciano Falsarone prestava servizio presso il poligono della base di Capo Frasca in Sardegna dove potrebbe venire utilizzato nel poligono di tiro munizionamento dell'uranio impoverito e dove non è dato sapere quali misure siano state predisposte per tutelare la salute degli operatori;
secondo quanto dichiarato ad alcuni quotidiani da Falco Accame, presidente dell'«Associazione nazionale italiana assistenza vittime arruolate nelle Forze armate», l'Italia, nonostante fosse stata avvertita fin dal 1984 circa la pericolosità del maneggio ed utilizzo munizioni all'uranio impoverito, solo dal 1999 e non in maniera soddisfacente ha dato seguito alle indicazioni ricevute -:
quali iniziative intendano adottare i ministri della difesa Martino e della salute Sirchia per fare al più presto chiarezza sulla morte per leucemia del maresciallo Luciano Falsarone;
se non sia il caso, in attesa di più approfondite ricerche e in considerazione del ripetersi di episodi che vedono crescere nel personale militare casi di leucemia dopo aver prestato servizio in aree ove era stato fatto intenso uso di proiettili all'uranio impoverito, di sospenderne l'impiego a tutela della salute dei militari e degli stessi cittadini che spesso vivono a ridosso dei luoghi ove viene usato questo genere di munizioni.
(4-09284)
Conseguentemente per il personale ivi operante non è richiesta l'adozione di peculiari misure di protezione che non siano strettamente quelle relative alla specifica attività svolta.
Ciò detto, in relazione a quanto sostenuto dall'Associazione Anavavaf che riferisce, tra l'altro, di «malformazioni nei bambini che abitano nelle vicinanze di Poligono di tiro ed altre strutture militari» ipotizzando, quindi, un nesso di causalità con lo svolgimento delle attività militari è opportuno fornire alcune precisazioni sui risultati ottenuti a seguito di un controllo ambientale sistematico.
L'Amministrazione Difesa ha commissionato all'Università degli Studi di Siena uno studio per stabilire lo stato dell'ambiente della zona del Poligono di Salto di Quirra.
L'Ateneo senese ha reso, recentemente, disponibili i risultati degli studi svolti, relativi ad oltre 1.500 campioni e a circa 25.000 determinazioni analitiche, da cui, a conferma di quanto reso noto a suo tempo dal Presidio multizonale dell'ASL di Cagliari, si evince che all'interno dell'area del Poligono non è individuabile alcuna traccia di Uranio che abbia un'origine diversa da quella naturale, con il riscontro di valori anomali di metalli pesanti di accertata origine naturale.
Lo studio, nel contempo, ha consentito di rilevare che - in alcune zone al di fuori del Poligono, interessate da attività minerarie pregresse - le concentrazioni di alcuni elementi tossici raggiungono valori molto superiori ai limiti accettabili.
Al riguardo, è da evidenziare che da tempi molto remoti l'intera area è stata di interesse minerario e che, al di fuori del perimetro dei Poligono (località Baccu Locci, a circa 700 metri a sud-est è presente una ex miniera, gestita dalla società Rumianca dal 1938 al 1965, anno della sua dismissione.
In merito, il responsabile scientifico della ricerca, il professor Riccobono, ha concluso lo studio proponendo un intervento di recupero, consistente nella rimozione e nell'appropriato collocamento dei fanghi di miniera consolidati.
Tali materiali - estremamente inquinati da elementi tossici, soprattutto arsenico - sono al momento oggetto dell'erosione fluviale e dell'azione del vento che li ridistribuiscono continuamente su più vaste superfici,
I risultati dello studio sono stati resi noti alle autorità istituzionali e ai presidente della regione Sardegna; sono inoltre consultabili sul sito internet del Ministero della Difesa.
È di tutta evidenza, pertanto, la totale assenza di elementi fattuali che possano far ipotizzare un nesso di causalità tra la malattia del maresciallo Falsarone e le attività esercitative nei Poligoni militari che vengono svolte nel pieno rispetto degli aspetti di sicurezza e di impatto ambientale.
Per quanto riguarda la problematica cosiddetta «dell'Uranio impoverito», la Difesa pone grande attenzione su tale tematica e si è impegnata nella ricerca di verità scientifiche in tutte le direzioni e con massima determinazione.
Sino ad ora le indagini effettuate e gli studi condotti, sia in ambito nazionale - Commissione «MANDELLI» - che internazionale, non hanno dimostrato scientificamente l'esistenza di un nesso di causalità tra l'utilizzo di munizionamento contenente uranio impoverito e le patologie riscontrate nei militari.
A tal riguardo si rammenta inoltre che la citata Commissione «MANDELLI» a conclusione dei lavori ha formulato alcune raccomandazioni conclusive, così riassumibili:
a) necessità di monitoraggio a lungo termine delle patologie neoplastiche insorgenti nelle coorti di soggetti impegnati nelle aree balcaniche;
b) necessità di studi ambientali di monitoraggio per l'Uranio impoverito in tutte le aree balcaniche ove siano impiegati gli specifici munizionamenti;
c) necessità di promuovere studi nazionali ed internazionali finalizzati non solo a meglio definire gli effetti biologici dell'esposizione all'Uranio impoverito, ma anche a individuare eventuali altri fattori di rischio causali o concausali nell'insorgenza di linfomi, presenti nelle aree di operazioni.
Tale protocollo prevede che il personale in questione sia sottoposto ad una visita medica e ad un pannello di indagini laboratoristiche eseguite preliminarmente all'impiego in quelle aree e successivamente al rientro con cadenza periodica per la durata di cinque anni.
In particolare, nei primi tre anni del quinquennio, con cadenza quadrimestrale, mentre negli altri due anni con frequenza annuale.
Tale monitoraggio ha trovato attuazione a tutela del personale in servizio, impiegato nei territori di Bosnia e Kosovo a far data dal 1o agosto 1994, a cura delle strutture della sanità Militare sin dal 2001.
Lo stesso viene eseguito anche ai militari che abbiano operato e/o operino in Afghanistan e in Iraq.
Chiarito quanto sopra, relativamente ai risultati del citato monitoraggio, il decreto interministeriale 22 ottobre 2002 (Salute-Difesa-Interno) ed il correlato Accordo Governo-Regioni, adottato in attuazione dell'articolo 4-bis della legge n. 27/2001, demandano ad un apposito comitato scientifico il coordinamento e la supervisione delle varie fasi della campagna di monitoraggio sanitario, nonché il riepilogo dei dati pervenuti dai Centri di raccolta preposti alle indagini sanitarie.
Lo stesso comitato - costituito con decreto interministeriale (Salute-Difesa) in data 10 novembre 2003 - è incaricato della produzione di relazioni intermedie quadrimestrali e della relazione finale, documenti di base per consentire ai Ministri della difesa e della salute di ottemperare all'obbligo di cui alla citata legge tra cui quello di trasmettere al Parlamento la prescritta relazione.
Per quanto riguarda le misure applicate a difesa della salute dei militari impiegati in missioni all'estero, sono state appositamente
In particolare, tutto il personale inviato in missione è dotato di equipaggiamento individuale e di reparto di difesa NBC ed inoltre è stato:
a) sottoposto alla prescritta profilassi sanitaria per l'area di impiego, secondo specifici protocolli;
b) indottrinato sui potenziali rischi radiologici, biologici e chimici e contro il pericolo di contaminazione da polveri di uranio impoverito mediante inalazione o ingestione. Infatti, ad esso è stato fatto divieto assoluto di avvicinamento a residuati ed infrastrutture ove si siano stati svolti combattimenti, nonché di raccolta e di conservazione di materiale e munizionamento eventualmente rinvenuto.
Il protocollo di una simile ricerca, mai prima messo in atto a livello mondiale, è il risultato di un ponderato lavoro di revisione scientifica promosso dal professor Franco Mandelli congiuntamente alla Sanità Militare e vedrà la partecipazione di Istituzioni nazionali di rilievo internazionale.
Con questo studio, denominato SIGNUM - Studio sull'impatto Genotossico nelle Unità Militari - finanziato della legge n. 68/2004, potranno essere identificati eventuali nessi di causalità o concausalità esistenti fra fattori genotossici eventualmente presenti nelle aree di operazioni e patologie degenerative.
Si deve, infine, rimarcare come tale studio prenda in esame non solo l'eventuale impatto genotossico dell'uranio impoverito, ma anche molti fattori di pericolo, capaci di lasciare un segno anche indiretto della loro esistenza ed azione, mediante campionamento ed analisi incrociate su diverse matrici biologiche (urina, sangue e capelli).
È evidente come, sulla base delle indicazioni risultanti da detto studio potranno essere tratti utili indirizzi per meglio comprendere, ed eventualmente gestire, le problematiche sanitarie ipotizzate.
In conclusione, si sta lavorando per acquisire elementi di certezza sulla questione e si intende fermamente procedere sino alla determinazione di conoscenze scientifiche che consentano di comprendere il fenomeno nei suoi aspetti eziologici, diagnostici e profilattici.
Il Ministro della difesa: Antonio Martino.
l'11 marzo scorso, in un'intervista apparsa sul quotidiano Unione Sarda, Fabio C., 27 anni, ex caporale dell'esercito ammalatosi di tumore al testicolo nel 2000, un anno dopo aver partecipato a esercitazioni militari nei poligoni militari di Capo Teulada e Perdasdefogu in Sardegna, residente a Catanzaro, e che ricorrerà al Tar della Calabria per ottenere il riconoscimento della causa di servizio, ha testualmente affermato: «Durante le esercitazioni prendevamo i proiettili a mani nude. Di protezioni, di manovre da compiere in sicurezza non ho mai sentito parlare. Mi sono ammalato quand'ero sotto le armi e sono stato scaricato. L'esercito si è ricordato di me solo in un'occasione. Mi viene da ridere per non piangere. Le autorità militari si sono degnate di battere un colpo soltanto quando hanno decretato la mia morte. I miei genitori hanno ricevuto un telegramma di condoglianze, con tanto di riferimento all'uranio impoverito»;
«dopo il tumore al testicolo» - ha proseguito il caporale Fabio C. nella suddetta intervista - «è spuntato quello al polmone. Ho fatto diversi cicli di chemioterapia, sono stato operato a Milano. Ho
a parere dell'interrogante, le cose raccontate dal giovane caporale calabrese destano preoccupazione e angoscia;
ormai le denunce si moltiplicano di giorno in giorno e testimoniano che nei poligoni si svolgono continue esercitazioni con uranio impoverito che causano vittime tra i militari e tra i civili dei centri abitati circostanti -:
se non ritenga urgente e opportuno intervenire, presso i soggetti interessati, al fine di fare piena luce su quanto denunciato dal caporale sopra menzionato, allo scopo di affrontare una volta per tutte la situazione e quali atti intenta adottare al fine di appurare in via definitiva i rischi che anche l'attività dei poligoni arreca all'ambiente, ai militari e ai cittadini.
(4-09377)
Come comunicato in precedenti atti di sindacato ispettivo, nei poligoni italiani non è previsto, né autorizzato, l'impiego di munizionamento «speciale», nel cui ambito è compreso quello all'uranio impoverito.
Le attività da svolgere in poligono vengono preventivamente valutate ed autorizzate solo dopo un esame dell'impatto ambientale e previa consultazione del Comitato Misto Paritetico costituito presso la regione Sardegna, ai sensi della legge n. 898/1976.
Inoltre, qualsiasi attività esercitativa è soggetta ad una rigorosa applicazione di specifiche norme tese a verificare il rispetto degli aspetti di sicurezza e di impatto ambientale.
Ciò detto, la situazione ambientale del Poligono Interforze di Salto di Quirra, ha da tempo, particolare evidenza mediatica, in quanto alcuni organi di stampa hanno ricollegato il numero di casi di decesso causati da forme tumorali, riscontrati fra gli abitanti delle comunità residenti nelle zone limitrofe, al presunto impiego di munizionamento contenente Uranio impoverito.
Nel merito, la Difesa ha sempre operato con la massima trasparenza e disponibilità, al fine di fugare ogni dubbio, dimostrando, come, peraltro, sempre sostenuto, che presso tale Poligono non erano mai stati utilizzati proiettili all'Uranio impoverito.
A tale scopo, nel marzo del 2002, alcune misurazioni di campionature del terreno del Poligono, effettuate alla presenza degli organi di stampa, consentirono di rilevare che i valori di radioattività nelle aree controllate erano nella norma.
Tali controlli diedero, peraltro, la possibilità di riscontrare la presenza di altri metalli pesanti dovuta, verosimilmente, alle attività minerarie preesistenti nella zona.
Pertanto, venne deciso di procedere all'effettuazione di una mappatura «a tappeto» del Poligono, estendendo l'analisi anche al territorio circostante, con il prelievo di un significativo numero di campioni.
Ciò, con l'obiettivo di costituire un data base finalizzato alla predisposizione di un piano di controllo ambientale sistematico.
A tal fine, quindi, l'Amministrazione Difesa ha commissionato all'Università degli Studi di Siena uno studio per stabilire lo stato dell'ambiente della zona del Poligono di Salto di Quirra.
L'Ateneo senese ha reso, recentemente, disponibili i risultati degli studi svolti, relativi ad oltre 1.500 campioni e a circa 25.000 determinazioni analitiche, da cui, a conferma di quanto reso noto a suo tempo
Lo studio, nel contempo, ha consentito di rilevare che - in alcune zone al di fuori del Poligono, interessate da attività minerarie pregresse - le concentrazioni di alcuni elementi tossici raggiungono valori molto superiori ai limiti accettabili.
Al riguardo, è da evidenziare che da tempi molto remoti l'intera area è stata di interesse minerario e che, al di fuori del perimetro del Poligono (località Baccu Locci, a circa 700 metri a Sud-Est), è presente una ex miniera, gestita dalla società Rumianca dal 1938 al 1965, anno della sua dismissione.
In merito, il responsabile scientifico della ricerca, il professor Riccobono, ha concluso lo studio proponendo un intervento di recupero, consistente nella rimozione e nell'appropriato collocamento dei fanghi di miniera consolidati.
Tali materiali - estremamente inquinati da elementi tossici, soprattutto arsenico - sono al momento oggetto dell'erosione fluviale e dell'azione del vento che li ridistribuiscono continuamente su più vaste superfici, propagando questa anomalia geochimica artificiale fino al mare.
I risultati dello studio sono stati resi noti alle autorità istituzionali e al presidente della regione Sardegna; sono inoltre consultabili sul sito internet del ministero della difesa.
A tal riguardo, è meritevole di riflessione la deliberazione resa dalla Giunta Municipale di Perdasdefogu nello scorso mese di luglio che «... preso atto che da tempo è in corso una campagna mediatica che tende a legare i decessi e/o malformazioni fisiche alle attività svolte nel Poligono citato ... esprime viva preoccupazione per gli effetti che l'azione di chi, a qualsiasi titolo o con qualsiasi mezzo, diffonde notizie prive di alcun fondamento e che potrebbero creare gravi danni alla nostra comunità».
In conclusione, è di tutta evidenza la totale assenza di elementi fattuali che possano far ipotizzare un nesso di causalità tra la malattia del giovane caporale e le attività esercitative nei poligoni militari che vengono svolte nel pieno rispetto degli aspetti di sicurezza e di impatto ambientale.
Il Ministro della difesa: Antonio Martino.