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discriminazioni in atto e alle condizioni disumane delle popolazioni nei campi di Arbil e Dyala.
vallata. Negli ultimi 15 anni sono già stati evacuati 320 villaggi su 460, e questo è stato anche effettuato tramite metodi violenti come i bombardamenti e gli incendi di questi insediamenti rurali. Altri villaggi verranno evacuati, o completamente come Nazimije che ha 3000 abitanti, o parzialmente come Pulumur (che ha 4000 abitanti), ad altri centri verranno tagliate le vie di comunicazione;
la Turchia è all'8o posto nel mondo come quantità di energia geotermica utilizzabile e sta attualmente sfruttando solo il 2,7 per cento di quella sfruttabile;
il dopo guerra iracheno, oltre agli orrori quotidiani e al disfacimento della società civile ha accentuato e prodotto suddivisioni e fazioni etnico-religiose che nel centro-sud sunnita-scita si manifestano in veri e propri scontri tribali. Nel nord kurdo, che ha appoggiato la guerra l'invasione degli USA, e dove si produce il 40 per cento del petrolio iracheno, questo processo passa anche attraverso la persecuzione etnica nei confronti della popolazione araba, nel tentativo di costituire un'omogeneità etnica e nell'ipotesi, fortemente illusoria, visti i consistenti interessi non solo iracheni ma anche delle forze occupanti, di perseguire un'autonomia se non una scissione dallo stato iracheno;
questo processo di etnicizzazione è in atto ormai da tempo, in particolare nella provincia di Kirkuk, favorito dalle truppe di occupazione americane che lasciano ampio spazio alle vendette e alle ritorsioni dei pashmerga nei confronti di quanti ritenuti conniventi col passato regime e in generale di tutta la popolazione di origine araba e turcomanna, come ha recentemente denunciato un rapporto del HWR (Human Rights Watc);
il rapporto del HRW, pubblicato nell'agosto scorso, mette in rilievo come a tutt'oggi l'azione delle bande armate, iniziata fin dal 10 aprile 2003, continua, e le persecuzioni etniche nei confronti della popolazione araba e turcomanna, costretta a fuggire da Kirkuk abbandonando le proprie abitazioni, sono all'ordine del giorno, quando non arrivano ad esecuzioni sommarie e uccisioni indiscriminate;
si assiste al contempo al ritorno nella regione degli esuli kurdi, che si erano allontanati per sfuggire alle persecuzioni di Saddam, con un carico di contenziosi in merito alla proprietà di beni e con migliaia di richieste di risarcimento di assegnazione dei beni reclamati. In gennaio era stata costituita una Commissione per i reclami affinché si iniziasse a sanare questa situazione di confusione e di conflitti privati a cui non è stato dato ancora l'avvio;
risulta all'interrogante disciolta Cpa non ha assunto alcuna misura per far fronte questa complicata e difficile situazione, né ha compiuto alcuno sforzo per assicurare un'assistenza umanitaria, benché minima, nei confronti delle migliaia di profughi e di sfollati, kurdi (di prima) e arabi (di adesso) che affollano i campi di Arbil e Dyala, in condizioni di estrema precarietà e miseria -:
di quali informazioni disponga il Governo in merito a questo drammatico fenomeno;
quali passi abbia compiuto e intenda compiere, anche in ambito internazionale, affinché sia posta fine alle persecuzioni e
(4-11379)
la Valle del fiume Munzur si trova in un ideale centro geografico del Kurdistan turco, tra le città di Erzincan a nord ed Elazig a sud, e bagna con le sue acque la città di Tunceli, centro di montagna che rappresenta una pagina fondamentale nella storia di riscatto del popolo curdo;
il fiume Munzur è un affluente del grande fiume Eufrate, che nasce in queste zone, ed è racchiuso da imponenti montagne calcaree ricchissime di acque;
la valle del fiume Munzur fu definita, per le sue alte valenze ambientali e naturalistiche come una meraviglia della natura, e introdotta nella lista dei parchi nazionali turchi in base alla Legge sulle Foreste del 1971, e successivamente dichiarata appunto parco nazionale;
successivamente però un altro Ministero turco, l'Agenzia di Stato per le opere idriche, ha progettato la costruzione di 6 dighe e 2 centrali idroelettriche, in un'area di soli 50 km quadrati, che andranno a distruggere per sempre questo ambiente di alto valore naturalistico, paesaggistico, culturale e religioso, in spregio alla legge nazionale di istituzione del parco nazionale;
due di queste dighe sono già state costruite, le altre sono quelle che provocheranno i danni maggiori e l'inizio dei lavori è previsto entro la prossima estate, per cui è importante intervenire nei prossimi mesi;
assieme alla bellezza paesaggistica, dovuta al fatto che si tratta di una gola stretta fra alte pareti di roccia metamorfica e calcarea con il loro tipico colore rossastro, con scenari mozzafiato, e ricca di vegetazione e di acque turbinose, il grande valore ambientale di questa regione è dato dal fatto che essa possiede una eccezionale ricchezza floristica e faunistica: sono state determinate 3500 specie di piante, appartenenti a tre grandi fasce climatiche, fra cui 43 specie endemiche, cioè uniche al mondo. Fra queste riportiamo la «viola boguetiana» e il «tuncelianum», che nella lingua locale si chiama «scir», cioè un aglio selvatico utilizzabile in cucina, e che rappresenta una piccola fonte economica in questi territori, presente al mondo solo nella valle del Munzur;
la ricchezza floristica e faunistica del parco è stata studiata solo parzialmente; la più importante ricerca effettuata fin'ora risale al 1979 ad opera del professor Sinasi Yildirin, dell'università di Ankara. Dopo di che i militari proibirono l'accesso all'area anche per studi e ricerche naturalistiche, eccezion fatta, forse, per un'équipe condotta dal dottor Tuncay Kuleli;
la Turchia ha aderito alla Convenzione internazionale di Berna, che mira a salvaguardare le specie floristiche rare o minacciate di estinzione; e il Parco del Munzur possiede una specie floristica contenuta nella lista della convenzione;
l'articolo 90 della Costituzione Turca afferma che in caso di contrasto tra una Convenzione internazionale che la Turchia ha sottoscritto, e una legge del Governo (ed in questo caso la legge del Governo è quella che prevede la distruzione di questo ambiente e quindi la scomparsa di quella specie floristica), allora, quella che prevale è la Convenzione internazionale;
in questo caso la Turchia sta palesemente disattendendo la «convenzione firmata, un quarto del Parco nazionale andrà sommerso, soprattutto gli ambienti più caratteristici e sensibili, distruggendo quindi l'unico habitat per molte specie di fauna e di flora (fra cui molte specie che non esistono altrove nel mondo) che si estingueranno per sempre;
l'irreparabile distruzione ambientale non è l'unica calamità legata al progetto delle dighe il quale prevede l'evacuazione forzata di gran parte dei villaggi della
migliaia di persone, sono state e saranno così costrette ad allontanarsi dai loro luoghi di origine, dove avrebbero voluto continuare a vivere, sono stati sradicati dalle loro terre, perseguitati, costretti a lasciare la regione, a concentrarsi in altre città, trasformandosi in immigrati, privi di casa, in cerca di qualche forma di sussistenza;
per impedire qualsiasi forma di ritorno, il Governo turco ha interdetto alle popolazioni locali il pascolo delle greggi nelle zone di montagna, dove si trovano i migliori approvvigionamenti alimentari. Il pascolo rappresenta la principale fonte alimentare ed economica di questi territori di montagna, per cui la proibizione di tale attività, comporta automaticamente l'impoverimento e la costrizione di queste genti ad abbandonare la valle concentrandosi nelle aree urbane dove facile è cadere nell'alienazione;
con il progetto delle grandi dighe turche, gli sbarramenti lungo il corso dei fiumi a monte e a valle di Tunceli, lo isolerebbero «fisicamente» privandolo di maggior parte delle vie di comunicazione con il resto del territorio, con le città più grandi vicine che sono Elazig e Erzincan;
la popolazione curda di questa provincia non è musulmana, ma storicamente di credo alevita, che riconosce negli elementi naturali (come l'acqua) valori sacri da rispettare e conservare. Soprattutto le sorgenti d'acqua che numerose nascono dalle montagne del Munzur, sono considerate sacre e per questo al centro di riti e profonda devozione popolare e la costruzione delle dighe andrebbe a distruggere per sempre molte di queste sorgenti;
l'allontanamento di molte persone dalle campagne e la conseguente concentrazione nelle città come Elazig ed Erzincan, dove preponderante è la presenza di comunità sunnite conduce alla nascita di tensioni fra le due comunità, musulmana ed alevita;
le associazioni culturali che in Italia da anni si occupano di fare conoscere i problemi del Kurdistan, denunciano il carattere politico del progetto delle dighe nella valle del Munzur il quale non sarebbe fondata su una reale necessità idroelettrica od irrigua, ma solamente mirato ad indebolire la popolazione curda della provincia di Tunceli che è sempre stata un'area di spiccato autonomismo. I grandi progetti idrici si inseriscono quindi in continuità con le atrocità sulle comunità locali, le stragi tant'è che qui fin dai lontani anni trenta furono commesse dal Governo turco e le deportazioni di massa che cominciarono nel 1940, oggi il 90 per cento della popolazione di Tunceli vive altrove;
attualmente l'unico partito curdo legale (Dehap) rappresentato al Parlamento turco, e le varie associazioni di cittadini curdi del distretto di Dersim (nome curdo di Tunceli), rivendicano il riconoscimento dei propri diritti civili e politici, la possibilità di amministrare i propri territori, il diritto a manifestare la propria cultura in tutte le sue forme in maniera libera e democratica. Nonostante la ragionevolezza delle rivendicazioni Tunceli rappresenta per il governo turco un problema «politico» storico da risolvere una volta per tutte;
i costi del progetto idrico sono enormi, dell'ordine dei 3,5 miliardi di dollari, a fronte degli 80 milioni di dollari che si pensa ci possa essere di ritorno economico; considerati anche i soli 40 anni stimati di durata delle dighe, non risulta essere un progetto conveniente;
le dighe del Munzur non avranno grossa produzione di MW, per cui sarebbe meglio investire quei soldi per le fonti energetiche alternative, dal momento che
ai primi posti in Europa come potenziale eolico sfruttabile, ed ha anche enorme potenziale solare; già diversi comuni come Ovacik sono già dotati di pannelli solari, che vengono prodotti per il 25 per cento in Europa;
gli scopi delle dighe sembrano essere quelli di produzione di energia idroelettrica e di utilizzo irriguo; ma ricordiamo che buona parte della provincia di Tunceli è montagnosa, che le grandi pianure da irrigare sono al sud del paese, quindi lontane da questa regione;
questa è l'ennesima dimostrazione di come si rapinano le risorse da una zona che ne possiede per convogliarle lontano, dove più conviene non lasciando alcun beneficio al territorio d'origine;
per di più, la diga più devastante di tutto il progetto, (Konaktepe), quella che andrà a sommergere il tratto più bello ed importante delle gole del Munzur, è stata offerta a una compagnia americana che ha in questo modo ottenuto la licenza estrazione mineraria dell'uranio presente nella stessa regione;
tutto ciò dimostra come la Turchia non abbia bisogno delle dighe del Parco nazionale del Munzur (per non parlare delle molte altre gia costruite che hanno modificato l'aspetto di fiumi come il Tigri e l'Eufrate);
la questione «Valle del Munzur» è una questione internazionale. I colossali progetti idrici della Turchia, la maggior parte dei quali proprio in territorio curdo, e le acque che ha già cominciato ad accaparrarsi con lo sbarramento del Tigri e dell'Eufrate che bagnano Siria ed Iraq, pongono alla Comunità europea e all'Italia una rilevante questione geopolitica e morale;
la distruzione della Valle del Munzur rappresenterebbe una sconfitta per le politiche di protezione dell'ambiente e per il popolo curdo -:
se il Governo italiano che ha ripetutamente appoggiato l'entrata della Turchia nella Comunità economica europea, non ritenga di dover intervenire con tutti gli strumenti diplomatici a sua disposizione, per fermare la distruzione della Valle del Munzur le cui implicazioni ambientali e umanitarie si annunciano gravissime;
quale sia più in generale la posizione del Governo sui grandi progetti idrici della Turchia così pregni di conseguenze strategiche e geopolitiche.
(4-11381)