Resoconto stenografico dell'Assemblea
Seduta n. 521 del 5/10/2004
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La seduta, sospesa alle 9,35, è ripresa alle 10.

Si riprende la discussione.

(Ripresa esame dell'articolo 3 - A.C. 4862 ed abbinate)

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Perrotta. Ne ha facoltà.

ALDO PERROTTA. Signor Presidente, l'emendamento soppressivo Leoni 3.20 costituisce certamente un attacco premeditato volto a cancellare il Senato federale. I colleghi si rendono conto del fatto che, approvando l'emendamento soppressivo, si determinerebbe, quale effetto immediato, la decadenza della riforma. È dunque insita nell'emendamento stesso la cancellazione della devolution. Si tratta dell'ennesimo tentativo compiuto dalla minoranza nel disperato bisogno di dimostrare che la riforma da noi proposta è errata. Tuttavia, anche in questo caso il dibattito e l'esito della votazione dimostreranno che una larga maggioranza di questa Camera è favorevole al Senato federale e alla devolution nel suo complesso. Successivamente esamineremo un subemendamento presentato dalla maggioranza, che introduce alcune lievi modifiche all'articolo 3 rispetto al testo licenziato dal Senato. Il lavoro svolto dal ministro, dal presidente e dai rappresentanti dei gruppi nella Commissione, venendo incontro alle sollecitazioni e alle istanze della Confindustria, della Confartigianato, delle organizzazioni sindacali e degli stessi gruppi parlamentari sia di maggioranza che di minoranza...

FRANCESCO GIORDANO. Opposizione!

ALDO PERROTTA. ...ha limato il testo in esame, migliorandolo. Dunque, sopprimendo l'articolo 3, sopprimeremmo anche il lavoro svolto dalla Commissione. Alla base di tale proposta vi è un ragionamento parzialmente falso: da un lato, si chiede alla Commissione di migliorare il testo, si partecipa a tale lavoro e si arriva ad affermare che si tratta di un buon testo; dall'altro, si chiede la soppressione del comma 3, vanificando l'intero lavoro.
L'assurdità della proposta di soppressione dell'articolo 3 è tale da non rendersi conto che nessuno nella maggioranza avrebbe consentito e consentirebbe che scompaia il Senato delle regioni. Ritengo che esso sia stato ben definito: è stato stabilito che deve essere eletto a suffragio universale, su base regionale; è stato previsto il numero dei componenti, certamente notevolmente minore rispetto a quello attuale; si è fatto in modo che tutte le regioni abbiano una propria rappresentanza e che il numero dei seggi sia proporzionale alla popolazione.
Il dibattito dei giorni scorsi, e probabilmente anche di quelli a venire, ha sempre riguardato le funzioni del Senato; noi questo tema lo abbiamo affrontato in altri emendamenti. Ma dov'è che si assiste ad un attacco proditorio?

PRESIDENTE. Onorevole, la invito a concludere.

ALDO PERROTTA. Un attimo, signor Presidente.
L'attacco probatorio si verifica quando...

MARCO BOATO. Dire proditorio è esagerato...!

ALDO PERROTTA. Ho piacere che il collega Boato ogni tanto mi interrompa: è un piacere...

PRESIDENTE. Onorevole, ha esaurito il tempo a sua disposizione.

ALDO PERROTTA. Ho concluso. Vi è un attacco proditorio, al quale risponderemo con forza ed efficacia.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.

GIANCLAUDIO BRESSA. Grazie, signor presidente. Il collega Perrotta aveva


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l'evidente obiettivo di far trascorrere il tempo per consentire ai colleghi di giungere in aula. Lo si è capito dalla debolezza delle sue argomentazioni. Fra queste la più debole di tutte è che questa ipotesi rappresenterebbe un attacco proditorio alla riforma. Se vi è qualcosa di veramente incredibile, è il Senato come voi lo avete prefigurato!
Sappiamo tutti che quella del Titolo V è stata una riforma profonda, una discontinuità rispetto al testo della Costituzione del 1948, che richiedeva risposte chiare. Il nuovo Titolo V ci consentiva l'ingresso in una dimensione federale della Repubblica. Esiste, infatti, l'esigenza di una Camera territoriale che sia il luogo della corresponsabilizzazione delle funzioni indivisibili tra centro e periferia; e questo meccanismo il Titolo V, con il suo percorso riformatore, lo aveva in qualche modo costruito. Vi è, quindi, bisogno di un Senato federale. Quello che voi ci proponete tutto è meno che un Senato federale; si tratta, piuttosto, di una Camera che in qualche modo continua la propria funzione di rappresentanza politica con un blandissimo legame territoriale. Affronteremo questo tema più avanti.
In questa fase della discussione giova sottolineare le motivazioni alla base del nostro emendamento soppressivo. Infatti, piuttosto che avere un Senato così scarsamente federale, direi così inutilmente federale, così pericolosamente inutile, sarebbe molto meglio lasciare invariato il testo della Costituzione. Quando non si ha la capacità di cogliere l'evidenza dei fatti è meglio non avventurarsi in soluzioni pasticciate!
Il costituzionalista statunitense di origine tedesca, Wechsler, ha elaborato negli anni Cinquanta una teoria estremamente importante in merito alle camere federali: la cosiddetta teoria delle salvaguardie politiche. Negli anni Cinquanta gli Stati Uniti si sono posti un problema molto serio in relazione alla propria caratteristica di Stato federale. L'equilibrio tra federazione e Stati era stato garantito sempre da clausole costituzionali sulla competenza. L'articolo 1, comma 8, della Costituzione americana, che sarebbe l'equivalente dell'articolo 117 della nostra Costituzione - magari lo fosse veramente! - e la Corte suprema, attraverso una funzione di tipo giurisdizionale, avrebbero garantito che eventuali sconfinamenti o conflitti tra poteri federali e poteri statali sarebbero stati risolti dalla Corte.
Ma il mondo è cambiato; negli Stati Uniti se ne sono accorti e hanno cercato una risposta a questo cambiamento. È nata, quindi, l'idea che fosse necessario non più un federalismo di tipo competitivo ma di tipo cooperativo. Quando ci si riferisce ad un federalismo di tipo cooperativo, il problema che si deve affrontare non è più tanto il dover garantire attraverso procedure giurisdizionali l'equilibrio delle relazioni tra Stato e federazione quanto piuttosto assicurare agli Stati la partecipazione ai processi decisionali della federazione.
Sarebbe questo un modo culturalmente moderno di affrontare i temi di una Camera federale. Ciò che conta non è più il ruolo arbitrale di una Corte ma fare in modo che gli Stati membri partecipino ai processi decisionali dello Stato federale. Su questi aspetti ha riflettuto a lungo anche l'Europa allorché ha affrontato tali tematiche.
Varrebbe ricordare che un'esperienza in qualche modo analoga è contenuta nella nostra Costituzione europea che dovremmo ratificare, in un rapporto dialettico tra il Parlamento europeo, organismo elettivo, e la Presidenza del Consiglio dei ministri e dei Capi di Stato europei, che, in qualche modo, rappresenta una forma molto simile al modello di federalismo americano. Tutto questo non è minimamente affrontato da voi e neanche di striscio preso in considerazione. Quello che ci proponete è un Senato che ha come unica caratteristica quella di salvaguardare il posto a 252 futuri senatori perché questa è stata la tensione che vi ha animato: non entrare in contrasto con gli interessi corporativi degli attuali senatori.
Quello che avete prodotto, nulla è se non un tentativo maldestrissimo di non entrare in contraddizione con i nostri


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colleghi senatori, ma la Camera che ci presentate nulla ha di federale e di riconducibile a queste teorie costituzionali moderne, che hanno cercato di porre seriamente il problema di che cosa debba essere una Camera territoriale: il luogo della composizione degli interessi di funzioni indivisibili tra Stato e regione che devono trovare la composizione al centro: quello che voi fate tutto è meno che questo (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-L'Ulivo e Misto-Verdi-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mascia. Ne ha facoltà.

GRAZIELLA MASCIA. Signor Presidente, il collega Bressa ha già sottolineato come il nuovo Senato federale ipotizzato dalla maggioranza e dal Governo di federale abbia solo il nome. Anziché risolvere l'eventuale problema di collegamento centro-periferia introduce un'ipotesi di seconda Camera nazionale che potremmo chiamare irresponsabile, perché non ha il vincolo fiduciario con il Governo, e soprattutto in competizione con l'altra. Dunque, dove sta il collegamento tra i senatori federali e il territorio? Già oggi nell'articolo 57 della Costituzione è previsto che l'elezione del Senato debba avvenire a base regionale.
Tuttavia, nel modello che ci viene proposto la cosiddetta rappresentanza territoriale da parte dei senatori non solo risulta assolutamente indeterminata ma potremmo chiamarla persino ridicola, laddove si introducono dei requisiti come l'aver ricoperto delle cariche pubbliche nel territorio oppure quello della residenza. Da una parte, dunque, si introducono requisiti che non offrono alcuna garanzia rispetto alla rappresentanza territoriale e, dall'altra, proprio attraverso questi requisiti, si introducono degli elementi di discriminazione rispetto al concetto di eguaglianza dei cittadini e, quindi, in palese contrasto con questi principi fondamentali. La cosa certa è che il Senato federale che voi disegnate non corrisponde a nessuno dei modelli di bicameralismo federale di cui si abbia notizia nel mondo e, forse, si aggiunge anche qualche altro elemento di confusione.
La previsione, infatti, che il Senato federale debba essere eletto a suffragio universale e diretto ne escluderebbe ogni parentela con il Bundesrat, che è espressione dei soli esecutivi nella Germania federale e delle entità ai quali si pretenderebbe di assimilare le nostre regioni. La composizione dell'organo, visto che verrebbe confermata quella prevista dal vigente articolo 57 della Costituzione, al di là del numero che viene ridotto, escluderebbe anche qualsiasi derivazione dal noto modello federale degli Stati Uniti, il cui Senato è eletto a suffragio universale dagli elettori dei singoli Stati, ma a ciascuno di questi spetta l'elezione di due soli senatori, cioè di un numero fisso qualunque sia la rispettiva popolazione.
Il Senato che, invece, proponete si collocherebbe in una posizione sostanzialmente paritaria alla Camera dei deputati, laddove si determinerebbero competenze prevalenti differenziate.
Ma, nei fatti, dall'iter legislativo è facile prevedere una subalternità della Camera dei deputati rispetto a questo pseudo Senato federale. A nostro avviso, con riferimento all'articolo 70, che ancora non conosciamo nella sua versione definitiva, potrebbe determinarsi, nella migliore delle ipotesi, un'impasse istituzionale in questo percorso legislativo e, naturalmente, il modo per sbloccarlo è il rimando ai poteri dell'esecutivo, con una penalizzazione nuova ed assoluta rispetto all'esecutivo e allo stesso Presidente del Consiglio.
Dunque, emergono problemi riguardanti gli obiettivi da voi declamati e concernenti la corrispondenza reale di uno pseudo Senato federale all'effettiva rappresentanza territoriale e all'effettiva possibilità di determinare...

PRESIDENTE. Onorevole Mascia, la invito a concludere.

GRAZIELLA MASCIA. ...una seconda Camera (sto per concludere, Presidente) che possa svolgere il ruolo di incontro e di


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composizione tra le istituzioni. Vi è, inoltre, la mortificazione del Parlamento che, in questo percorso, rimanda ai poteri dell'esecutivo. Questi due nodi fondamentali costituiscono il cuore della vostra riforma. Per tali motivi, pensiamo sia giusto sopprimere l'intero articolo 3 (Applausi dei deputati dei gruppi di Rifondazione comunista e della Margherita, DL-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Marone. Ne ha facoltà.

RICCARDO MARONE. Signor Presidente, come abbiamo avuto modo più volte di ricordare, abbiamo presentato un emendamento soppressivo per ogni articolo, perché non ci piace l'impianto complessivo che state costruendo. Dunque, abbiamo voluto segnare una netta distinzione tra la nostra e la vostra concezione di riforma della parte seconda della Costituzione.
Per quanto riguarda l'articolo in esame, concernente la struttura del cosiddetto Senato federale della Repubblica (lo chiamate in questo modo solo per far credere che state istituendo il Senato federale), non possiamo che presentare un emendamento soppressivo, poiché non ci convince. Innanzitutto, non comprendiamo quali siano le competenze di questo Senato. Se leggiamo la riforma che avete approvato al Senato, constatiamo che le competenze che il Senato si è attribuito nulla hanno a che vedere con la funzione di un Senato federale. Quindi, ci confermano che in realtà non volete costruire un sistema fondato su una Camera politica e su un organo che rappresenti un elemento di composizione tra Stato e regioni. In realtà, non avete alcuna concezione federalista e regionalista. L'errore fondamentale che si commette con questa riforma è non prendere atto delle necessarie decisioni che bisogna assumere a seguito dell'approvazione del titolo V della Costituzione. Non è una valutazione solo politica; è un invito che la Corte costituzionale ci rivolge ogni volta che esamina i conflitti di attribuzione tra Stato e regioni. Ovviamente, di fronte ad un sistema in cui la delimitazione rigida delle materie è estremamente complessa e nel quale esiste una serie di materie di carattere trasversale, la risoluzione delle controversie e dei conflitti tra Stato e regioni deve trovare una sede di composizione in cui si ragioni, non più in termini di contrapposizione, ma in termini di composizione delle controversie tra Stato e regioni.
Questo è il Senato federale, un luogo dove Stato e regioni si confrontino sui temi di rispettiva competenza e dove, altresì, si affrontino e si confrontino innanzitutto sui temi delle materie concorrenti. Ciò significa configurare una vera Camera delle rappresentanze territoriali, dove si risolvano in via preventiva i conflitti, non solo in via successiva - come oggi sta avvenendo -, attraverso la Corte costituzionale. Oggi, infatti, la causa si deve ricondurre alla mancanza di un Senato federale; ma continuerà ad avvenire così in quanto non state provvedendo a costruire la Camera delle regioni e delle autonomie locali.
Solo una composizione del Senato federale diversa da quella da voi proposta potrà portare ad una soluzione rispetto alla quale la Corte stessa sta rivolgendo al Parlamento molteplici inviti; si deve sposare una diversa idea di rappresentanza rispetto a quella costruita nel testo del quinto comma del nuovo articolo 57 di cui all'articolo 3 del progetto di riforma; una rappresentanza che non sia più proporzionale alla popolazione delle regioni.
Questa concezione, che voi esprimete nel comma citato è proprio la negazione della concezione del Senato federale e, più in generale, di un organo federale. Uno dei cardini di caratterizzazione di un organo federale, infatti, è che appunto la rappresentanza sia non in proporzione alla popolazione delle regioni, bensì in funzione dei territori. Dunque, le regioni, devono valere per se stesse e non in ragione della loro popolazione; devono valere per quanto rappresentano rispetto agli interessi del territorio e non rispetto al numero degli abitanti. La proporzionalità


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rispetto alla popolazione è tipica di una Camera politica e, quindi, è giusto che si collochi in tale contesto; ma assolutamente non è tipica di una Camera federale in cui, invece, la rappresentanza deve avere caratteristiche completamente diverse.
Quindi, tutto ciò conferma che non state varando la riforma consequenziale all'approvazione del nuovo Titolo V della Costituzione e non state approntando un vero Senato federale. Da ciò nasce la proposizione del nostro emendamento soppressivo (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo, della Margherita, DL-L'Ulivo e Misto-Verdi-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Leoni 3.20, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti e Votanti 344
Maggioranza 173
Hanno votato
78
Hanno votato
no 266).

Prendo atto che gli onorevoli Daniele Galli, Rosso e Sanza non sono riusciti a votare per il mancato funzionamento del dispositivo di voto; prendo, altresì, atto che anche gli onorevoli Buffo, Bielli e Crucianelli, per identica ragione, non hanno potuto esprimere il loro voto e che avrebbero voluto votare a favore. Gli onorevoli Realacci, Reduzzi e Zanella, inoltre, avrebbero voluto votare a favore e, invece, hanno votato contro.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Emerenzio Barbieri 3.104.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, l'onorevole Emerenzio Barbieri. Ne ha facoltà.

EMERENZIO BARBIERI. Signor Presidente, vorrei illustrare il mio emendamento con due premesse rivolte a tutta l'Assemblea ma, in modo particolare, al presidente della Commissione ed al ministro Calderoli.
Ho grande rispetto per il lavoro che esperti e tecnici hanno svolto durante l'estate; ritengo che abbiano condotto un buon lavoro. Devo anche dire che avevo altresì rispetto dei tecnici e degli esperti di Lorenzago, che, per così dire, sono stati accantonati, a mio giudizio, con troppa rapidità.
Mi pare però che lo spirito con il quale viene portato all'attenzione dell'Assemblea il risultato del lavoro svolto nel corso dell'estate dovrebbe presupporre anche la disponibilità - non formale ma sostanziale - a pensare che seicento deputati possano migliorare il testo prodotto, atteso e considerato che non si tratta di una legge ordinaria ma di un provvedimento di fondamentale rilevanza. Vorrei dunque mi si spiegasse come si può teorizzare il Senato federale e poi non percorrere la strada - che a mio giudizio è quella maestra - percorsa dalla vicina Austria.
Immagino un Senato federale nel quale i senatori, proprio perché devono rappresentare le regioni, vengano eletti non dal popolo, bensì dai consiglieri regionali.
Vorrei anche capire, ovviamente nella misura in cui vi è la disponibilità a rispondere a queste mie domande, perché l'eventuale votazione di quest'emendamento non dovrebbe essere considerata migliorativa del testo. Mi è, infatti, capitato un fatto un po' strano anche nel dibattito interno al gruppo del quale faccio parte. Molti colleghi mi hanno detto che l'idea di un Senato eletto dai consigli regionali è ottima, ma non praticabile. Da questo punto vista, devo dire - e lo dico con un'attenzione particolare soprattutto ai colleghi della Lega Nord - che ritengo che realizzeremmo compiutamente il disegno del Senato federale se riuscissimo a fare in modo che i senatori fossero eletti con il sistema proporzionale - e lo dico perché, come gruppo dell'UDC, abbiamo fatto del ritorno al sistema elettorale proporzionale una questione fondamentale - dalle assemblee regionali.


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Chiedo pertanto una cortesia non umana, ma politica: valutate nel merito la bontà e la validità di quest'emendamento.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.

GIANCLAUDIO BRESSA. Signor Presidente, questo è un esempio di come si potrebbe fare una riforma più seria rispetto a quella che state per varare, nel senso che è accolto un principio di una Camera federale sul modello di quella austriaca che, anche se non è la migliore tra le camere territoriali possibili, ha comunque una sua logicità ed una sua dignità.
È del tutto evidente che noi non possiamo essere completamente d'accordo con questo emendamento, che lascia il numero di senatori a 252, numero sicuramente spropositato rispetto alla composizione di una Camera territoriale, che dovrebbe essere molto meno numerosa. Pertanto il nostro sarà un voto di astensione.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Emerenzio Barbieri 3.104, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 378
Votanti 234
Astenuti 144
Maggioranza 118
Hanno votato
15
Hanno votato
no 219).

Passiamo alla votazione dell'emendamento Mascia 3.1.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mascia. Ne ha facoltà.

GRAZIELLA MASCIA. Signor Presidente, il nostro emendamento, che tende a prefigurare l'ipotesi su cui abbiamo immaginato il nuovo Parlamento, si basa su tre principi di fondo.
La prima considerazione riguarda la storia del bicameralismo perfetto. Anche la sinistra, il partito comunista in particolare, ha sempre considerato prevalente l'approccio monocamerale, perché il rischio del bicameralismo perfetto era di creare una Camera quale doppione dell'altra. Si temevano, come conseguenza del bicameralismo, le possibili difficoltà in sede di procedimento legislativo di norme di discipline innovative. Negli anni Settanta ed Ottanta, infatti, la media temporale per l'approvazione delle leggi era di 260 giorni, come prodotto dell'effetto distorto di un sistema che, nelle difficoltà del Parlamento di adottare provvedimenti e di intervenire, ha determinato uno spostamento illegittimo dell'esercizio dalla sede legislativa a quella del Governo.
Dagli anni Settanta in poi si è determinata, dunque, una forte caratterizzazione di interventi normativi per decreti-legge, con cui il Governo interveniva a causa della difficoltà delle Camere, disciplinando materie mediante gli stessi decreti-legge.
A tutti sono noti gli anni dei «decreti-catenaccio», che - pur non convertiti nell'ambito dei sessanta giorni previsti dalla Costituzione - venivano ripresentati per l'approvazione.
La legge n. 400 del 1988 e la sentenza n. 360 della Corte costituzionale hanno limitato gli effetti di questi decreti-legge per riportarli in sede parlamentare.
Oggi l'ipotesi di mantenere un sistema di bicameralismo perfetto non si giustifica più; peraltro, siamo rimasti tra i pochissimi paesi al mondo a conservare tale sistema. Per questo motivo, è possibile e necessario differenziare e trasformare le competenze di una Camera e dell'altra.


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PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE PUBLIO FIORI (ore 10,30)

GRAZIELLA MASCIA. Riteniamo che siano maturi i tempi e questa, forse, sarebbe dovuta essere l'unica vera modifica costituzionale da introdurre.
Tuttavia, anche laddove si faccia questa scelta - e noi la riteniamo opportuna - bisogna ispirarsi a principi rigorosi per immaginare tali differenziazioni. Noi partiamo dal presupposto che la Camera dei deputati debba essere il soggetto centrale delle attività legislative e della forma di Governo; la seconda Camera delle regioni si trasformerebbe in una sorta di assemblea in cui sono proiettate le esigenze rappresentate dai diversi momenti del territorio corrispondenti alle regioni. Queste ultime hanno già alcune competenze specifiche che richiederebbero un coordinamento tra azioni di livello territoriale e di indirizzo politico generale. E tale indirizzo politico generale deve essere di esclusiva competenza delle autorità centrali del Parlamento e dell'esecutivo.
Risulta, dunque, evidente che, per la composizione della seconda Camera, si è scelta un'ipotesi di rappresentanza indiretta mediante i consigli regionali: una scelta coerente con la premessa, perché solo i consigli e non anche i singoli esecutivi sono in grado di garantire un pluralismo di rappresentanza in questa seconda assemblea. Ciò in quanto l'individuazione dei componenti fatta in sede regionale, sintesi cioè della migliore espressione di democrazia, può garantire alle minoranze di poter essere rappresentate nel Parlamento. Quest'ultimo, infatti, necessariamente non può risolversi, nella sua composizione, come somma della maggioranza dei governi, ma come espressione delle diversità e delle identità culturali che si articolano e si esprimono nel territorio in diversi momenti storici.
Conseguentemente, appare ovvio che il modello elettorale di riferimento che indichiamo è quello proporzionale: in quanto tale, questo meccanismo appare l'unico in grado di garantire la rappresentanza plurale nelle istituzioni. In questo caso, riteniamo questo riferimento necessario.
Nell'ultimo comma dell'emendamento, sottolineiamo, inoltre, con riferimento alla distribuzione tra le varie regioni dei membri della seconda Camera, l'opzione del rapporto di proporzionalità che si instaura tra la popolazione di ogni singola regione ed il numero effettivo dei seggi. Concludo mettendo in evidenza che in questa rappresentanza territoriale indichiamo anche la rappresentanza di genere.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.

GIANCLAUDIO BRESSA. Signor Presidente, anche il modello prospettato in questo emendamento è sicuramente preferibile al vostro: ha una sua razionalità intrinseca ed è anch'esso ispirato al modello austriaco. Noi abbiamo fatto un'opzione diversa, ossia quella dell'elezione diretta e di un Senato molto compatto con pochi rappresentanti, ma avremo occasione di illustrarla tra breve. Questa ipotesi è, comunque, sicuramente di gran lunga preferibile alla vostra; ma, avendo noi compiuto una scelta di base molto diversa, ci asterremo su questo emendamento.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Leoni. Ne ha facoltà.

CARLO LEONI. Signor Presidente, mi unisco alle considerazioni svolte dal collega Bressa pochi minuti fa. Nella discussione svolta in sede di Commissione, in numerose audizioni e nei pareri che abbiamo potuto raccogliere in varie sedi da parte dei costituzionalisti è stato detto più volte che, se si vuole davvero superare il bicameralismo paritario, se si vuole che anche in Italia vi sia una sola Camera politica e l'altra sia rappresentativa delle realtà territoriali, si possono percorrere soltanto due strade. La prima è quella illustrata poco fa dalla collega Mascia, che


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veniva rappresentata come ispirata al modello austriaco; l'altra è quella indicata in un emendamento che verrà esaminato tra poco dai parlamentari dei gruppi dell'Ulivo.
Mi riferisco a quella strada, che è la seconda, che fa riferimento ad un'idea di rappresentanza pressoché paritaria tra le diverse regioni con un'elezione diretta. Per fare un esempio, che in questo caso potrebbe essere addirittura forzato - ma lo faccio per capirci - richiamo il Senato americano.
Queste due strade sono possibili, perfettibili e adattabili alla situazione italiana, com'è giusto che sia per non esportare modelli che non rientrano nelle tradizioni del nostro paese, però sono due vie maestre. Noi preferiamo la seconda e ci asteniamo sull'emendamento Mascia 3.1, però riconosciamo a questa proposta la dignità e la forza di una proposta coerente.
La via di mezzo confusa, che propone la maggioranza, non risolverà il problema che l'Italia ha, se vuole fare le riforme e non fermarsi a mezza strada, di superare definitivamente il bicameralismo paritario e di eleggere un Senato che sia effettivamente federale.
La proposta della maggioranza non dà questa garanzia. Noi sosteniamo, e lo faremo tra poco, l'emendamento che propone la nostra visione di un Senato federale con elezione diretta e rappresentanza pressoché paritaria, ma riconosciamo la forza e la dignità di un progetto coerente a quanto propongono i colleghi di Rifondazione comunista. Per questa ragione anche il mio gruppo si asterrà.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Russo Spena. Ne ha facoltà.

GIOVANNI RUSSO SPENA. Volevo ribadire, come già illustrato dalla collega Mascia, che questo emendamento è di particolare importanza perché costituisce un'alternativa reale e un punto di vista costruttivo rispetto all'errore, che riteniamo grave, alla confusione e anche alla concezione di un sistema monocamerale o bicamerale - non si comprende bene - che la maggioranza ha in qualche modo delineato nella sua proposta.
Si è parlato di sistema austriaco. In qualche modo la nostra proposta assume anche il dato di centralità del sistema tedesco, dove le istanze tradizionali regionali, quelle dei Länder, hanno uno specifico luogo di sintesi nella Camera alta, il Bundesrat, che ha una rilevante centralità istituzionale. A questo sistema si aggiungono alcune correzioni, fra le quali la principale è che non c'è il mandato imperativo.
Dall'altra parte vi è un sistema di rappresentanza non solo esecutiva ma un sistema proporzionale di rappresentanza dei consigli regionali.
Insomma, a noi pare che questo sistema, che non mutua passivamente e meccanicisticamente i sistemi di altri ordinamenti giuridici, ma che, comunque, traduce nel sistema italiano la complessità dei sistemi federali che funzionano a livello internazionale, costituisca la risposta migliore e più coerente rispetto alla confusione e all'errore che le forze di maggioranza ci propongono.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Mascia 3.1, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 395
Votanti 241
Astenuti 154
Maggioranza 121
Hanno votato
17
Hanno votato
no 224).

Prendo atto che l'onorevole Nicotra non è riuscito ad esprimere il proprio voto.


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Passiamo alla votazione dell'emendamento Bressa 3.19.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.

GIANCLAUDIO BRESSA. Questo emendamento costituisce il nostro modello di Senato federale. La nostra proposta è seria, molto razionale e corrisponde esattamente alle esigenze del paese in questo momento.
Quando è stata approvata la riforma del Titolo V, l'articolo 11 della legge costituzionale n. 3 del 2001 faceva esplicito riferimento alla necessità di riformare il Parlamento e di dotarsi di una Camera di rappresentanza territoriale.
Si diceva allora che la Commissione affari regionali veniva integrata da rappresentanti delle regioni e delle autonomie per consentire l'attuazione del Titolo V stesso. La maggioranza attuale ha avviato su un binario morto la costituzione di tale Commissione e ha bloccato il processo di riforma.
L'emendamento in esame illustra il senso del nostro Senato. Abbiamo cercato, sulla scorta delle importanti teorie costituzionali di razionalizzazione del parlamentarismo, di muoverci lungo due direttrici importanti. Innanzitutto, si tratta di differenziare i compiti rispetto alla prima Camera; in secondo luogo, si tratta di lavorare sul numero dei rappresentanti.
L'aspetto più interessante, quando si parla di Camera territoriale, è proprio costituito dalla proporzione nella rappresentanza. I modelli di seconda Camera che funzionano bene hanno numeri particolari: si tratta di numeri piccoli, vi sono pochi rappresentanti. Lasciando perdere l'esempio classico del Senato americano - in cui vi sono due senatori per ogni Stato, sia che si tratti del Montana, del Rhode-Island, del Texas o della California - vi sono anche modelli europei, ad esempio quello tedesco. In tale modello la Baviera, che ha 12 milioni di abitanti, ha sei rappresentanti nel Bundesrat; il Land di Brema, che ha 660 mila abitanti, ha tre rappresentanti nel Bundesrat. Ciò sta a significare che una rappresentanza così definita proporzionalmente è in grado di rappresentare i territori, e non la politica di quei territori.
Abbiamo seguito quella strada perché le seconde Camere che funzionano sono sempre Camere piccole. Il nostro modello è composto da 122 senatori: una Camera piccola capace di rappresentare territorialmente la nostra Repubblica. La Lombardia, la regione con il maggior numero di rappresentanti, ne avrà nove; la Basilicata, una delle regioni meno popolose, ne avrà tre. Questo è il modello sul quale abbiamo cercato di lavorare. Siamo convinti di avere fatto un'opera positiva perché c'è bisogno di una Camera federale che funzioni davvero.
Vi è il rischio di una grave frammentazione perché il sistema si sta divaricando. Voi non avete modificato in maniera significativa il Titolo V, per cui la questione dal punto di vista istituzionale è identica a quella che c'era fino a ieri. Ad esempio, se confrontiamo - come ha fatto recentemente una ricerca - le leggi finanziarie delle varie regioni vedremo che tra la legge finanziaria della Lombardia e quella della Campania vi è poco o nulla in comune. Il problema, allora, è di passare rapidamente da questa forma di dualismo ad una forma di cooperazione al centro: è essenziale cucire prima piuttosto che intervenire su conflitti scoppiati dopo. Questa è la necessità impellente che abbiamo.
Vi è poi un'ulteriore questione estremamente importante: la funzione legislativa è stata modificata. Il futuro Parlamento non avrà solo meno deputati e senatori perché la funzione legislativa è anche regionale, ma perché il rapporto con l'amministrazione è diverso in quanto quest'ultima è essenzialmente regionale e locale. Quindi, il rapporto fra legge e amministrazione non sarà più quello che si è conosciuto fino ad oggi. La legge parlamentare futura avrà anche limiti di contenuto, oltre che di materia, in ragione del fatto che l'autonomia organizzativa è collocata altrove. Quindi, o siamo in grado di avere un luogo al centro in cui si


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discute reciprocamente e razionalmente di queste cose, o vi sarà una grande confusione.
Il problema della Camera territoriale non è quello dell'autogestione al centro dei problemi locali. Il Senato non è il luogo in cui le realtà vanno a difendere se stesse al centro, ma un pezzo di corresponsabilizzazione delle funzioni indivisibili che non possono che essere centrali. Ciò comporta un aspetto istituzionalmente e politicamente importante: bisogna distinguere ciò che è centro e ciò che è statale. Dire che questa è la stagione della costruzione del centro istituzionale, e cioè di una seconda Camera territoriale, è esattamente quello che dobbiamo fare ed è esattamente quello che voi non state facendo. Il vostro Senato non è una Camera territoriale, ma una Camera politica dai poteri affievoliti e con un sacco di problemi che vedremo più avanti (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-L'Ulivo, dei Democratici di sinistra-L'Ulivo e Misto-Verdi-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Montecchi. Ne ha facoltà.

ELENA MONTECCHI. Il collega Bressa ha ricordato che il Polo non si è impegnato nell'attuazione del Titolo V, abbandonando l'ipotesi di costruzione della partecipazione del sistema regionale delle autonomie locali nella Commissione bicamerale per le regioni. Ricordo anch'io questo aspetto, che la dice lunga sulla coerenza di indirizzo del Polo, rispetto alla possibilità di costruire, all'interno di questa riforma, il Senato federale. Invece noi, con questo emendamento, indichiamo quella che è la nostra ipotesi di Senato federale, a partire da un punto decisivo, proclamato da tutti, ma non praticato dal Polo: cioè la differenziazione delle funzioni fra la Camera politica e il Senato federale. La nostra proposta di Senato federale muove dal principio che vuole tale istituzione come luogo di cooperazione e di composizione dei conflitti, che inevitabilmente emergono in ogni sistema federale.
Dunque, per noi, il Senato federale non è ciò che molto efficacemente un costituzionalista, Paolo Pombeni, ha descritto, facendo l'analisi della vostra ipotesi di Senato federale: una sorta di Ghino di Tacco sulla strada per Roma, un luogo di conflitto selvaggio rispetto al premier e fra territori! Noi, ipotizzando il Senato federale come sede di composizione dei conflitti fra Stato e realtà territoriali, ipotizzando un Senato incentrato sulla responsabilità territoriale, un Senato con un numero ridotto di rappresentanti, partiamo dal concetto che tutte le regioni sono uguali; vi è dunque una base comune di riferimento, per quanto concerne la rappresentanza, e poi naturalmente parametri di assegnazione numerici riferiti alla composizione demografica. Vedete, colleghi, anche il punto di composizione è dirimente rispetto all'obiettivo che si vuole raggiungere. Noi ipotizziamo la contestualità dell'elezione dei consigli regionali con l'elezione dei senatori, che devono comunque avvenire in una data diversa da quella delle elezioni per la Camera politica. Noi ipotizziamo un Senato federale integrato dai rappresentanti delle regioni e delle autonomie locali.
Dunque, con la nostra proposta di composizione, che prevediamo snella, e con il legame di territorialità strettamente connesso alle finalità, abbiamo cercato di rispondere alla domanda su cosa il Senato federale deve fare, quali ne sono le competenze e quale il rapporto tra una composizione coerente del Senato federale con le finalità - che ho sommariamente descritto - di composizione e di equilibrio. Noi, a tutt'oggi, non sappiamo ad esempio qual è la vostra ipotesi di procedimento legislativo, quali saranno i compiti precisi e distinti tra il Senato federale e la Camera politica. Resta, perciò, inevaso l'interrogativo, che emerge dal vostro disegno, su questo punto assai incerto: qual è il luogo di raccordo e di cooperazione tra le istituzioni?
Ecco, vi preghiamo di riflettere su questo punto, perché non si può pensare di comunicare una proposta federalista, che trovi dei punti di equilibrio, quando quei


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punti di equilibrio, anche in questo momento, sono assolutamente incerti, soprattutto per quanto riguarda il procedimento legislativo e la compiutezza della proposta sul Senato federale (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mascia. Ne ha facoltà.

GRAZIELLA MASCIA. Signor Presidente, come hanno rilevato i colleghi che mi hanno preceduto, l'ipotesi proposta dai colleghi del centrosinistra è diversa da quella illustrata e votata precedentemente; è diversa dalla nostra idea di Senato delle regioni. A tale ipotesi riconosciamo la dignità istituzionale di un modello consolidato e sperimentato in altri paesi del mondo; soprattutto, riconosciamo lo sforzo di ipotizzare una seconda Camera che presenti quelle caratteristiche che sono legate all'obiettivo di superare il bicameralismo perfetto.
Credo debba essere riconosciuta a tale ipotesi l'adesione al principio della centralità della Camera dei deputati nelle attività legislative della nostra forma di Governo, nonché il riconoscimento, seppure in una modulazione diversa rispetto alla storia del Senato federale degli Stati Uniti d'America, di maggiore proporzionalità e ristrettezza dei numeri (non sono numeri fissi), come elemento di rappresentanza territoriale.
Riconosciamo, dunque, il rigore che ispira questa ipotesi, anche se noi naturalmente operiamo una scelta diversa che presenta caratteristiche che, a nostro avviso, sono più realisticamente espressione del territorio. Successivamente, vedremo che, in tale caso, si possono anche superare quei problemi che possono emergere, come la presenza di esponenti degli enti locali o delle regioni.
Riconosciamo, comunque, a tale ipotesi - lo ripeto - una dignità ed un rigore istituzionale che quella del Governo e della maggioranza non hanno. È per tali ragioni che, con riferimento al voto sull'emendamento in esame, preannunzio la nostra astensione (Applausi dei deputati del gruppo di Rifondazione comunista).

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Bressa 3.19, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 398
Votanti 377
Astenuti 21
Maggioranza 189
Hanno votato
153
Hanno votato
no 224).

Passiamo alla votazione dell'emendamento Mascia 3.73.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mascia. Ne ha facoltà.

GRAZIELLA MASCIA. Signor Presidente, vorrei intervenire sull'emendamento in esame con il quale, con riferimento al nostro modello di Senato delle regioni, si intende sopprimere l'elezione diretta a suffragio universale. Questa è la premessa, la prerogativa indispensabile per ipotizzare un Senato delle regioni che abbia le caratteristiche di cui si è parlato precedentemente, sulla base di un'elezione di secondo livello che, come viene precisato, dovrebbe essere a base regionale.
Con riferimento a questo tipo di elezione, i consigli regionali potrebbero esprimere all'interno del Senato delle regioni rappresentanti del consiglio regionale stesso o cittadini comuni o esponenti degli enti locali. Ricordo che si tratta di un tema molto dibattuto e sollecitato proprio dalle rappresentanze territoriali che, molto spesso, hanno sottolineato la loro preferenza nei confronti del sistema tedesco, quello del Bundesrat, con gli esponenti degli esecutivi. Sono, tuttavia, sistemi che vanno ponderati nel loro insieme.


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Inoltre, la valutazione complessiva della maggioranza è stata del tipo: «vorrei, ma non posso», perché si è registrata una resistenza, soprattutto da parte dei membri del Senato, a modificare quella Camera con caratteristiche diverse da quella attuale. Ritengo che si tratti di una delle ragioni che dimostrano come questa non sia la sede, la modalità giusta per intervenire su modifiche costituzionali di così grande rilievo.
In ogni caso, questo è l'elemento cui siamo stati posti di fronte, tale per cui oggi ci troviamo a doverci misurare con un cosiddetto Senato federale eletto a suffragio universale che noi, naturalmente, contestiamo (perché, di per sé, pone un problema di competizione e di competenza rispetto all'altra Camera, quella dei deputati). Quindi, l'emendamento che abbiamo presentato tende a ribadire la nostra ipotesi, cioè un'elezione di secondo livello a base regionale e, soprattutto, un Senato regionale composto da 200 senatori eletti contestualmente all'elezione dei rispettivi consigli regionali.
Anche questo, come vedremo, è uno dei temi che maggiormente ha fatto discutere. Qui non c'è il problema di produrre effetti di trascinamento, ma c'è una soluzione automatica che si determina in una elezione di secondo livello: contestualmente all'elezione del consiglio regionale, si può dare luogo all'elezione dei senatori senza scompensi di sorta dal punto di vista istituzionale.
I 200 senatori che noi proponiamo sono coerenti con i ragionamenti fatti nei giorni scorsi (a proposito dei 400 membri della Camera dei deputati). Si tratta dunque di un numero molto minore rispetto alla situazione attuale e, proporzionalmente, sarebbe anche un Senato delle regioni che si ridimensiona non per ragioni qualunquistiche o per ragionamenti come quelli che abbiamo sentito ieri, per lo più molto discutibili, su eventuali risparmi: la democrazia non ha costi. Tuttavia, l'autorevolezza di una Camera è anche determinata dai suoi numeri che si collocano, naturalmente, dentro le diverse fasi storiche.
Non sono elementi, questi - i numeri -, di per sé e in assoluto determinanti nella valutazione dell'autorevolezza di un Parlamento (sappiamo che altri paesi hanno numeri superiori), ma certamente lo diventano sulla base dei principi e delle finalità che si propongono e delle fasi storiche in cui si affrontano questi temi.
Noi pensiamo che oggi una Camera dei deputati di 400 membri e un Senato delle regioni di 200 membri corrispondono, per i numeri ma anche, soprattutto, per le competenze, le articolazioni istituzionali e i compiti che dovrebbero assolvere, ad una necessità - l'unica - che noi intravediamo rispetto a ipotesi di modifica della seconda parte della Costituzione.
La parte successiva dell'emendamento determina coerentemente la sostituzione del termine «senatori» laddove, in base a questa impostazione, se ne ravvisa la necessità.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Mascia 3.73, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 410
Votanti 405
Astenuti 5
Maggioranza 203
Hanno votato
169
Hanno votato
no 236

Passiamo alla votazione del subemendamento Boccia 0.3.200.1.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Boccia. Ne ha facoltà.

ANTONIO BOCCIA. Signor Presidente, quando qualche studente universitario sarà chiamato a spiegare che cosa c'è di federale in questa riforma, quando la dottrina dovrà approfondire questo aspetto, sicuramente la risposta sarà: niente!


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Infatti, salvo la denominazione «federale», che è chiaramente un falso istituzionale, tutta l'intelaiatura e l'impostazione del Senato, in buona sostanza, non risponde ad alcuna tipologia di federalismo che la dottrina e le esperienze esistenti in altri paesi possono ricordare: non vi è un barlume di corrispondenza!
Cosa c'è in questa riforma che consente di parlare di un qualche collegamento tra il Senato e le regioni? C'è il fatto che i senatori sono eletti lo stesso giorno in cui si elegge il consiglio regionale. Questa è la grande intuizione contenuta nella riforma costituzionale! Il semplice collegamento elettorale tra elezioni dei senatori e dei consiglieri regionali - senza, ovviamente, alcuna interconnessione tra i due voti espressi dagli elettori - non può rispondere all'esigenza di denominare con il termine «federale» la Camera eletta attraverso questo metodo.
A parte la burla, si tratta di un pasticcio: infatti, quando in seguito si cercherà di riempire questo Senato di contenuti di collegamento con la realtà regionale, si troveranno escamotage per stabilire coordinamenti nei due sensi tra senatori e consiglieri regionali. Inoltre, si troveranno escamotage in relazione alla partecipazione ai lavori del Senato di rappresentanti delle regioni e del sistema delle autonomie locali senza diritto di voto. Si capisce cioè che il costituente - in questo caso il «carro armato» rappresentato della maggioranza di centrodestra, che va avanti senza ascoltare ragioni - si rende conto che di federale non vi è niente e cerca di riempire di contenuti questa previsione attraverso palliativi che rappresentano più che altro fumo negli occhi di chi è stato imbottito di chiacchiere sulla prospettiva federalista.
Debbo dire che questo pasticcio - in maniera propria, puntuale e compiuta - poteva essere corretto dal collega Emerenzio Barbieri che, attraverso l'emendamento 3.104, ha tentato di convincere la sua stessa maggioranza circa la costituzione di un collegamento proprio che avrebbe - questo sì - dato il senso di un approccio ad un Senato sicuramente a maggior contenuto federale. Ciò perché, se i senatori fossero eletti dai consigli regionali, ciò determinerebbe uno strettissimo collegamento nella rappresentanza degli interessi della regione nel Senato federale, facendo divenire la denominazione «federale» un po' più pregna di contenuti. Questo, però, non è accaduto poiché la maggioranza ha respinto l'emendamento del collega Emerenzio Barbieri e, quindi, siamo alla burla ed al pasticcio.
La proposta emendativa in esame non ha la stessa valenza di quella presentata dal collega Emerenzio Barbieri, ma almeno intende collegare l'elezione dei senatori ai candidati alla presidenza della regione; ciò, in maniera che tali elezioni avvengano nello stesso giorno e siano espressione di un collegamento politico. In questo modo, attraverso il sistema ed il voto elettorale, si realizza un maggiore collegamento tra interessi regionali ed interessi del Senato.
Signor Presidente, penso che questa possa rappresentare una soluzione migliorativa rispetto all'attuale previsione per chi crede veramente non tanto nel federalismo - poiché in questo caso di federale non vi è niente -, ma almeno nel regionalismo, quello serio e non quello della burla e dei pasticci causati dalla disposizione in esame.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul subemendamento Boccia 0.3.200.1, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 401
Votanti 390
Astenuti 11
Maggioranza 196
Hanno votato
160
Hanno votato
no 230).

Prendo atto che l'onorevole D'Agrò non è riuscito a votare e che avrebbe voluto esprimere voto contrario.


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Passiamo alla votazione degli identici emendamenti Boato 3.11, Zeller 3.5, Perrotta 3.78 e Elio Vito 3.200.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Boato. Ne ha facoltà.

MARCO BOATO. Signor Presidente, rappresentanti del Governo, colleghi, la proposta complessiva del centrosinistra in ordine all'organizzazione costituzionale del Senato è stata illustrata dal collega Bressa in riferimento al suo emendamento 3.19.
Si tratta di una proposta, a nostro parere, autenticamente federale, per le ragioni illustrate dal collega Bressa nonché per molte altre che anche illustri costituzionalisti hanno rappresentato in sede di audizione in I Commissione.
Trattandosi di una proposta radicalmente alternativa quanto all'impianto, esprimeremo un voto contrario sull'articolo in esame. L'unica possibilità di rilevare aspetti positivi, di riduzione del danno, rispetto alla proposta originaria della maggioranza e del Governo consiste nel fatto che, nonostante per mesi si sia insistito nello spiegare che in un Senato federale non avrebbe avuto alcun senso la presenza di senatori eletti nella circoscrizione Estero - dovendo il Senato federale rappresentare i territori del nostro paese -, e nonostante si sia spiegato che non avrebbe avuto più alcun senso la presenza nel Senato dei senatori di diritto e a vita - che avrebbero dovuto essere invece collocati nella Camera politica -, in queste ultime settimane anche la Casa delle libertà ha convenuto sulla nostra proposta volta ad espungere dal Senato federale i senatori assegnati alla circoscrizione Estero. Tra l'altro, già ieri, abbiamo approvato il principio che i senatori di diritto e a vita dovranno diventare deputati di diritto e a vita, salvo la fase transitoria, com'è ovvio.
Dunque, permanendo il nostro dissenso radicale sull'ipotesi di Senato prospettata dalla maggioranza, esprimeremo comunque un voto favorevole sugli identici emendamenti in esame, che prevedono che del Senato federale non facciano parte i senatori eletti nella circoscrizione Estero.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Marone. Ne ha facoltà.

RICCARDO MARONE. Questa è una battaglia che noi abbiamo cominciato per fornire un minimo di logica alla composizione del Senato. Infatti, se deve trattarsi di un Senato che dovrebbe rappresentare le regioni e il territorio, non avrebbe alcun senso prevedere nella sua composizione anche i senatori eletti nella circoscrizione Estero.
Tuttavia, accogliendo tale principio, avete trovato un rimedio peggiore del male in quanto, anziché eliminarli - come sarebbe stato logico -, avete incrementato il numero dei deputati eletti nella circoscrizione Estero. Quindi, se prima vi era una equa e giusta proporzionalità tra deputati eletti sul territorio italiano e deputati eletti nella circoscrizione Estero, oggi questo equilibrio è venuto meno.
Avete realizzato un'operazione puramente aritmetica e l'altimetrica, ovviamente, non sempre regge gli equilibri. Infatti, avete sommato i 6 senatori eletti nella circoscrizione Estero ai 12 eletti previsti per la Camera dei deputati, giungendo al numero di 18 deputati esteri. Ciò è sbagliato ed evidenzia il fatto che procedete senza una logica complessiva.
Il ragionamento è sempre lo stesso; ne abbiamo già discusso a lungo, ma non seriamente, anche se non so il perché. Sospetto che ieri il ministro Calderoli si sia appositamente allontanato dall'aula, per non partecipare alla discussione, in quanto, visti anche i precedenti, non poteva che essere contrario all'operazione che invece è stata varata.
Ma si può cambiare la Costituzione solo seguendo logiche elettoralistiche e contingenti, senza pensare minimamente a cosa stiamo costruendo? È mai possibile fare operazioni di questo tipo? Crediamo di no e il nostro emendamento soppressivo relativo ai senatori ci sembrava - e ci sembra tuttora - opportuno. Avete accolto il nostro emendamento, ma, tuttavia, ieri avete compiuto un'operazione ancora peggiore.


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PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Gerardo Bianco. Ne ha facoltà.

GERARDO BIANCO. Signor Presidente, qualche minuto fa un autorevolissimo giornalista di una nota emittente televisiva mi ha telefonato, chiedendomi se stessimo discutendo la legge finanziaria. Sono rimasto estremamente sorpreso, e ho risposto che stiamo riscrivendo le regole della nostra convivenza politica e civile e trattando la materia della revisione costituzionale.
È questo il clima in cui si sta svolgendo tale discussione. Non entro nel merito del «pastrocchio» che si sta realizzando e che mi costringe ad usare un termine piuttosto aspro. Vorrei però chiederle, signor Presidente, se non sia il caso di effettuare un sondaggio presso l'opinione pubblica italiana per capire quanti cittadini sanno effettivamente cosa si sta discutendo in merito alla riforma costituzionale. Sarebbe importante sapere quanti sanno cosa stiamo trattando.
Visto che si fanno sondaggi di minore importanza, che attengono ai comportamenti individuali, alle relazioni interpersonali e perfino ai comportamenti sessuali, forse sarebbe opportuno svolgere un'indagine a campione per capire quanti sono a conoscenza del fatto che stiamo riscrivendo le regole della riforma costituzionale. Signor Presidente, tutto ciò è grave. So di essere ripetitivo e forse anche noioso, ma ripeto che non è questa la strada da percorrere.
Pregherei, quindi, i colleghi di rendersi consapevoli di questa situazione. Non si può scrivere una riforma che non entra nella coscienza della gente; non è possibile che il popolo ne resti completamente estraniato; non possiamo pretendere di poter scrivere le regole che debbono appartenere alla conoscenza profonda del popolo italiano senza che il popolo stesso ne sia consapevole. È questa la situazione in cui ci troviamo, ed ecco perché concordo con l'onorevole Violante. Bisognerebbe fermarsi, adesso che la Lega ha ottenuto la cosiddetta devoluzione, fatta peraltro come sappiamo.
Ho ascoltato con grande attenzione l'onorevole Bressa, che ha saputo dimostrare con molta chiarezza che il problema non riguarda tanto il Senato federale, di cui peraltro non si comprende la natura. Apprezzo inoltre la buona volontà dell'onorevole Boato, che milita tra le correnti cosiddette «buone» del Parlamento, perché nutre fiducia sull'effettiva possibilità di rinnovamento e cambiamento.
A mio avviso, invece, esiste un errore di fondo e quando la radice è sbagliata non può nascerne alcun frutto e conviene ripiantare l'albero. Occorre, quindi, rivolgersi direttamente al popolo italiano, chiedere una delega e dar vita ad un'Assemblea costituente, come proposto non solo dall'onorevole Violante, ma anche da altre personalità. Mi meraviglio del comportamento dei colleghi di Alleanza nazionale: l'Assemblea costituente non era forse un vostro cavallo di battaglia?

NUCCIO CARRARA. Vi siete convertiti fuori tempo massimo!

GERARDO BIANCO. L'onorevole Malgieri, collega di grande dignità intellettuale, ha ripetuto questo concetto, che sarebbe anche storicamente importante perché darebbe l'opportunità di riscrivere una Costituzione con la presenza del suo gruppo. Invece, state combinando un «pastrocchio», secondo la logica perversa dello scambio. In questo modo non si possono creare Costituzioni vitali.
Pertanto, saremo costretti a rivolgerci al popolo italiano e spero che questo, finalmente consapevole di quanto è stato fatto, cancelli le brutture che stiamo scrivendo.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Perrotta. Ne ha facoltà.

ALDO PERROTTA. Signor Presidente, l'onorevole Gerardo Bianco, che è stato uno dei maestri della mia iniziazione politica, a volte sbaglia, e in questo momento, a mio avviso, si è sbagliato, in quanto la Commissione, come già in altre occasioni,


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ha accettato alcuni emendamenti sia dell'opposizione sia della maggioranza. Vi è un emendamento della Commissione...

MARCO BOATO. Non è un emendamento della Commissione!

ALDO PERROTTA. ... che recepisce l'emendamento 3.78 a mia firma, nonché gli emendamenti Boato 3.11 e Zeller 3.5.
Ciò dimostra che non è vero che non vi sia stato un lavoro di collaborazione: la Commissione ha lavorato talmente bene che, laddove sono state formulate obiezioni condivisibili, da parte della maggioranza o dell'opposizione, esse sono state accolte. Ringraziando la Commissione per l'ottimo lavoro, annuncio il ritiro degli emendamenti a mia firma 3.79 e 3.80, che risultano inutili a seguito dell'accoglimento degli identici emendamenti in esame.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Lettieri. Ne ha facoltà.

MARIO LETTIERI. Signor Presidente, anche il mio intervento è volto ad esternare tutta l'amarezza per il modo in cui procede questo dibattito.
L'onorevole Gerardo Bianco ha affermato che tali argomenti non sono nella coscienza della gente; ritengo che, purtroppo, non vi sia tra tutti noi parlamentari - lo dico senza offesa per alcuno - la consapevolezza della rilevanza della riforma costituzionale, il cui esame sarebbe peraltro opportuno fosse affidato ad un'assemblea costituente.
Il confronto non è affatto reale, neppure sulle proposte migliorative. Mi riferisco, ad esempio, alla grave sottovalutazione che vi è stata in occasione dell'esame dell'emendamento Emerenzio Barbieri 3.104, volto ad accentuare la connotazione federale del Senato. L'emendamento è stato respinto con nonchalance, e si continua a costruire un pasticcio, vale a dire un Senato federale che è tutto e il contrario di tutto, ma che certamente non rappresenterà il territorio né le regioni: chiamiamolo pure federale, ma sapendo che si tratta di un inganno.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Leoni. Ne ha facoltà.

CARLO LEONI. Signor Presidente, il collega Perrotta ha descritto una realtà non corrispondente allo svolgimento dei fatti. Non vi è dubbio - e gli emendamenti in esame ne sono una riprova - che la maggioranza ha deciso di accogliere alcuni emendamenti dell'opposizione, che a luglio aveva giudicato non accoglibili. Ciò è accaduto anche sulla base di una critica generale relativa all'insensatezza di alcune misure, come, ad esempio, il mantenimento nel Senato cosiddetto «federale» degli eletti nella circoscrizione Estero.
Tutto ciò, onorevole Perrotta, è stato deciso dalla maggioranza, che ha fatto il bello e il cattivo tempo: a luglio vi erano argomenti che non potevano essere discussi; oggi gli stessi argomenti vengono presi in considerazione. Rilevo tuttavia che, pur essendo stati accolti alcuni nostri emendamenti, non viene intaccata la sostanza del provvedimento. Se si intendeva andare effettivamente incontro alle ragioni dell'opposizione - mi riferisco alle disposizioni già approvate da questa Camera -, sarebbe stato necessario rimuovere la devolution ed eliminare la norma sull'interesse nazionale, la cui gravità abbiamo denunciato nei giorni scorsi.
Vi sono alcuni aggiustamenti, perché la maggioranza non riusciva più a difendere l'indifendibile, ma continuiamo a non condividere il provvedimento in esame (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sugli identici emendamenti Boato 3.11, Zeller 3.5, Perrotta 3.78 e Elio Vito 3.200, accettati dalla Commissione e dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).


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(Presenti 421
Votanti 419
Astenuti 2
Maggioranza 210
Hanno votato
409
Hanno votato
no 10).

Passiamo alla votazione dell'emendamento Bressa 3.89.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Cabras. Ne ha facoltà.

ANTONELLO CABRAS. Questo emendamento ci riporta alla discussione già sviluppatasi nel corso dell'esame dei precedenti emendamenti. Si evidenzia - come già efficacemente sottolineato - la differenza fra il nostro punto di vista e quello della maggioranza su come realizzare il superamento del bicameralismo attuale con l'istituzione di una Camera federale.
Si sta commettendo un grave errore; anzi, direi che soprattutto voi lo state commettendo, considerato che siete i principali proponenti e responsabili delle decisioni che stiamo adottando nel corso dell'iter di questo provvedimento. Mi riferisco al limite più rilevante di questa ipotesi: si prefigura una seconda Camera che piaccia agli attuali senatori, i quali, però, sono in carica in un sistema completamente diverso da quello che - almeno dichiaratamente - vorremmo realizzare.
Se così non è, come si spiegano, allora, i continui cambiamenti che voi stessi introducete nelle procedure, nella composizione di questo ramo del Parlamento? E addirittura non si sa ancora quale sarà la definitiva versione del procedimento legislativo. Penso, allora, che non potremo affrontare questo tema immediatamente dopo aver deciso la composizione del Senato. Tutto ciò mette in evidenza i dubbi, le perplessità e i continui cambiamenti di questo progetto. Si evidenzia, pertanto, che neanche voi siete profondamente e concretamente convinti che il modello che alla fine verrà varato risponderà all'esigenza di fondo di realizzare una Camera veramente federale. E allo stesso modo non siete convinti del procedimento legislativo.
Come abbiamo sottolineato nei precedenti interventi, quello ipotizzato non è un Senato federale, non lo è nei numeri. Pensate ad un Senato sostanzialmente uguale a quello attuale ma con un piccolo «sconto»: in realtà, nella vostra proposta si pensa ad una Camera federale con 252 senatori, appena 60 in meno di quelli attualmente in carica. La nostra proposta, invece, prevede una Assemblea con 182 senatori, un numero in grado di soddisfare l'esigenza di un'effettiva rappresentanza prevalentemente paritaria delle regioni. È questo il modello da seguire per le Camere federali!
Evidenzio, inoltre, il sistema di elezione che introducete. Al riguardo, poco fa abbiamo votato a favore del subemendamento del collega Boccia; ebbene, se aveste ulteriormente riflettuto sul collegamento tra l'elezione dei senatori e quella del presidente della regione, avreste verificato che questo è un modo per affermare un principio di rappresentanza territoriale anche nel meccanismo di elezione. Infine, segnalo la struttura stessa, l'impianto, il sistema del procedimento legislativo: oggi comprendiamo che ancora non si tratta della versione definitiva.
Ebbene, tutto ciò evidenzia che - nella confusione generale che ancora regna fra di voi sulle conclusioni definitive - avete in mente un sistema il quale, in realtà, non supera del tutto il bicameralismo perfetto e non attua una riforma tale per cui - inequivocabilmente e in modo definitivo - una sia la Camera politica e l'altra una Camera federale.
Per questa ragione, con l'emendamento Bressa 3.89 ci sforziamo di richiamare ancora la vostra attenzione sulla composizione, sul numero e sulla rappresentanza del Senato federale, per mettere in evidenza gli aspetti contraddittori, con la speranza che nel prosieguo del dibattito prevalga in voi quel buon senso che, finora, in qualche occasione si è manifestato e in molte altre, purtroppo, è venuto meno (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).


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PRESIDENTE. Ha chiesto parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.

GIANCLAUDIO BRESSA. Signor Presidente, stiamo discutendo di un modello di bicameralismo non più paritario ma differenziato: questo dovrebbe imporci un dovere di coerenza e di razionalità. Dovremmo cercare di costruire un centro, cioè un luogo istituzionale di corresponsabilizzazione delle funzioni indivisibili ma, per farlo, bisogna avere chiaro che il centro e lo Stato sono due cose diverse; bisogna scinderli e lo Stato è un pezzo del centro. É la mancanza di capacità di comprendere questa dimensione che vi ha portato a riproporre l'interesse nazionale nei modi e nelle forme che ci avete sottoposto e che noi abbiamo così duramente criticato.
Deve essere chiaro che vi sono una serie di sedi che sono centrali ma non statali: le conferenze, che abbiamo costituzionalizzato, sono centrali ma non statali; il Senato, come Camera territoriale e delle autonomie, è centrale ma non statale. Questo deve essere chiaro quando si affronta il tema del federalismo e della seconda Camera di rappresentanza dei territori perché, altrimenti, si creano dei pasticci.
In qualche modo stiamo facendo il sindacato per la difesa del posto dei senatori attuali e questo non serve a nessuno, nemmeno ai senatori attuali: è questa la dimensione culturalmente sbagliata della vostra proposta. La Camera delle autonomie deve essere un momento di cooperazione, non un momento di autogestione di questioni locali in sede centrale, né una sorta di novello comitato di controllo, in questo caso non più regionale ma senatoriale, dell'attività legislativa e complessiva delle regioni.
Sostanzialmente, state proponendo questo: tutto ciò è cosa diversa da una Camera territoriale e da un Senato delle autonomie. La responsabilità che vi assumete è grandissima, perché le esigenze di cooperazione che non sono affrontate e risolte trovano poi il loro modo di rappresentarsi.
Questa Camera è a conoscenza che attualmente esistono, presso i ministeri, 265 commissioni e collegi a composizione mista Stato-regioni-enti locali? Ci sono 265 unità di cooperazione, che sono nate senza una razionalità ed un coordinamento (45 all'agricoltura, 43 alla sanità e 18 all'ambiente). É del tutto evidente che, se non c'è un meccanismo razionale, il sistema cerca delle forme di autoadattamento perché la cooperazione è indispensabile; ma queste forme di autoadattamento tutto sono meno che il luogo centrale della condivisione, della corresponsabilizzazione e della razionalità istituzionale.
Voi state costruendo un modello che non ha né capo né coda. Ripeto, vi siete assunti l'ingratissimo compito di difendere le poltrone degli attuali senatori, cosa che non serve allo Stato federale, ad una Camera delle autonomie e, lo ripeto ancora una volta, nemmeno ai nostri attuali senatori (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-L'Ulivo e dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Bressa 3.89, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 409
Votanti 396
Astenuti 13
Maggioranza 199
Hanno votato
168
Hanno votato
no 228).

Prendo atto che l'onorevole Lezza non è riuscito a votare e che avrebbe voluto esprimere voto contrario.


Pag. 21


Passiamo alla votazione dell'emendamento Bressa 3.13.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Marone. Ne ha facoltà.

RICCARDO MARONE. Signor Presidente, il problema del numero dei componenti di un'Assemblea non è irrilevante né si possono «dare i numeri» quando si decide quanti debbano essere.
Ovviamente, la decisione sul numero dei componenti del Senato federale non può essere neanche la motivazione demagogica addotta ieri in quest'aula dall'onorevole Carrara a sostegno della sua tesi. Non credo che il problema sia il costo di cinquanta deputati in più. Francamente, mi sembra un'argomentazione demagogica e anche un po' ridicola. Il problema è quanti debbano essere i membri di un'Assemblea affinché essa funzioni il più possibile. Questo è il tema sul quale occorre discutere, non certo il costo del singolo deputato! Quest'ultimo è un argomento di basso profilo, che forse serve a convincere qualcuno che di politica non capisce alcunché.
Nel ribadire che non sappiamo ancora cosa dovrà fare questo Senato federale - quindi, stiamo discutendo al buio -, vorrei far notare che un Senato federale, come insegnano tutti gli Stati federali del mondo, è un organo molto ristretto sotto il profilo numerico e proporzionato alla rappresentanza dei territori. Voi, invece, riducendo il numero dei senatori, vi preparate a tenere un discorso propagandistico, ossia che farete risparmiare lo Stato non pagando cinquanta senatori. Non fate un discorso più serio su cosa sia il Senato federale.
Che i senatori siano 315, com'è previsto attualmente, o 252, come prevedete voi, francamente, non mi sembra particolarmente rilevante. Ciò che, invece, fa la differenza è prevedere, come noi facciamo, una rappresentanza molto inferiore a quell'attuale: o quella che abbiamo previsto nel nostro emendamento, che ha la logica di rapportare il numero dei senatori al numero delle regioni, con un correttivo sulla popolazione, o quella prevista nell'emendamento precedentemente respinto (150 senatori). Questo numero ha una sua ragione e giustifica un intervento costituzionale.
Ciò che proponete servirà (già ieri vi sono stati alcuni accenni in tal senso) solo a vendervi la bandierina per qualche referendum sulla riduzione dei deputati e dei senatori, abbracciando un argomento di tipo qualunquistico che in quest'aula, cinquant'anni fa, qualcuno sbandierava e che oggi ritorna. Francamente, mi sembra un argomento misero. Occorre, invece, ragionare sulla corretta composizione del Senato federale e sulla previsione di un numero adeguato (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo e della Margherita, DL-L'Ulivo).

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE

ALFREDO BIONDI (ore 11,30).

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Bressa 3.13, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 413
Votanti 405
Astenuti 8
Maggioranza 203
Hanno votato
170
Hanno votato
no 235).

Passiamo alla votazione dell'emendamento Emerenzio Barbieri 3.103.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Olivieri. Ne ha facoltà.

LUIGI OLIVIERI. Signor Presidente, la nostra posizione è stata espressa poc'anzi in occasione dell'esame dell'emendamento Bressa 3.13. Evidentemente, siamo a favore di un Senato federale composto da


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150 senatori eletti con le modalità e con il sistema previsto nell'emendamento Bressa 3.89, che avete respinto.
L'emendamento Emerenzio Barbieri 3.103, sicuramente, rientra nella logica della riduzione del danno. Ciò la dice lunga sulla confusione che vi è all'interno della maggioranza e del Governo su come debba essere composto il Senato federale.
Ma vi è di più; probabilmente, questa Camera non è completamente libera di scegliere nel modo migliore le attività, le competenze, la procedura legislativa e la composizione che devono caratterizzare il nuovo Senato federale, Camera che dovrebbe avere la rappresentanza dei territori e non già portare ad un esperienza di bicameralismo quasi analoga alla precedente, con una competenza legislativa che, su molte questioni, è paritaria tra i due rami del Parlamento.
A tale riguardo, non può non ribadirsi quanto più volte si è sostenuto - da ultimo, da parte del collega Violante - circa l'esigenza che la riforma venga effettuata da un organismo che non incontri queste difficoltà ovvero la necessità di avere, a tutti i costi, il consenso dell'altra Camera. Differentemente, infatti, a norma dell'articolo 138 della Costituzione, l'iter della riforma costituzionale non può procedere; si tratta, quindi, di una forma di ricatto da parte di un ramo del Parlamento che tende a conservare a sé stesso un proprio ruolo e, quindi, non permette un intervento al riguardo.
Tale è la situazione di fatto mentre ci apprestiamo a votare la proposta emendativa che prevede il numero di duecento senatori, cui tra l'altro ne vanno aggiunti altri quaranta che intervengono in rappresentanza dei consigli regionali e del consiglio delle autonomie, senza diritto di voto. Nella sostanza, dunque, non cambia assolutamente nulla; viene invece a peggiorare tutto il sistema di produzione legislativa e di rappresentanza nel suo complesso.
Peraltro, Presidente e colleghi, non abbiamo avuto ancora la possibilità di apprendere dalla maggioranza e dal Governo perché i senatori debbano essere duecentocinquantadue anziché centocinquanta o duecento; circa la Camera, abbiamo avuto modo di sentire l'assoluto silenzio - il frastuono del silenzio - circa il numero dei deputati. Non si capisce perché un certo numero anziché un altro; probabilmente si gioca al lotto! Certo, la riforma costituzionale non può essere approvata con queste metodologie e non può non avere un disegno complessivo (sicuramente assente invece nel progetto in esame).

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE

PIER FERDINANDO CASINI (ore 11,35).

LUIGI OLIVIERI. Per tali motivi, è stato proposto questo emendamento teso a ridurre, quantomeno, il danno che si produrrebbe.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Ruzzante Ne ha facoltà.

PIERO RUZZANTE. Signor Presidente, voteremo a favore dell'emendamento Emerenzio Barbieri 3.103 in quanto riscontriamo un'incongruenza rispetto a quanto comunicato all'esterno circa l'ipotesi di riduzione del numero dei parlamentari; in realtà, la Camera dei deputati sta addirittura aumentando il numero dei membri del Senato che i senatori stessi avevano previsto come congruo.
Ricordo che abbiamo già ipotizzato una Camera dei deputati composta da cinquecento, anziché quattrocento, deputati; ebbene, oggi, ipotizziamo che la composizione del Senato passi da duecento a duecentocinquantadue senatori. Quindi, un aumento netto rispetto a quanto il Senato aveva già deciso; ricordo, al riguardo, l'intervento di ieri dell'onorevole Carrara che, in maniera un po' demagogica, aveva ipotizzato la riduzione dei costi: no, caro onorevole Carrara, si produce, piuttosto, un aumento dei costi.
Oltretutto, faccio notare ai membri della Camera dei deputati che la riduzione dei membri del Senato da trecentoquindici a duecentonovantadue senatori è nettamente


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inferiore alla riduzione decisa per la Camera, da seicentotrenta a cinquecentodiciotto deputati.
Ringrazio il collega Barbieri per avere presentato tale emendamento; certo, preferivamo l'emendamento Bressa 3.13, che proponeva il numero di 150 deputati. Ma, siccome si tratta, per così dire, di ridurre il danno - passando da 352 a 200 deputati -, voteremo a favore dell'emendamento in esame e invitiamo i colleghi a fare altrettanto. Ciò, per rendere almeno congrua la riduzione dei membri del Senato rispetto a quella testé decisa per la Camera dei deputati.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Emerenzio Barbieri 3.103, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 431
Votanti 427
Astenuti 4
Maggioranza 214
Hanno votato
194
Hanno votato
no 233).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Tonino Loddo 3.86, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 424
Votanti 419
Astenuti 5
Maggioranza 210
Hanno votato
56
Hanno votato
no 363).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Zeller 3.35, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 440
Votanti 425
Astenuti 15
Maggioranza 213
Hanno votato
184
Hanno votato
no 241).

Passiamo alla votazione dell'emendamento Zeller 3.95.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Olivieri. Ne ha facoltà.

LUIGI OLIVIERI. Signor Presidente, intervengo sul mio emendamento 3.14, analogo all'emendamento Boato 3.75. Su di essi, se non erro, vi è il parere favorevole della Commissione...

PRESIDENTE. Onorevole Olivieri, le ricordo che stiamo esaminando l'emendamento Zeller 3.95. Le ricordo altresì che lei non potrà intervenire sui successivi identici emendamenti Olivieri 3.14 e Boato 3.75.

LUIGI OLIVIERI. Domando scusa per l'errore, signor Presidente.
Con l'emendamento Zeller 3.95 si tende ad introdurre un principio comune anche agli emendamenti successivi, ossia far mutuare con questa riforma costituzionale il sistema tripolare della specialità del Trentino-Alto Adige/Südtirol. Dovrebbe essere noto a tutti, o comunque a coloro che si interessano di riforme costituzionali e degli statuti di autonomia delle regioni e delle province a statuto differenziato, che per quanto riguarda tale sistema autonomistico, che è molto importante e ha anche una valenza di natura internazionale, vi è stata una modifica dal punto di vista della sua costituzione, con la riforma


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intervenuta nel 2001, passando da una visione federale ad una confederale. Ora il centro dell'autonomia, dal punto di vista legislativo - basterebbe leggere l'articolo 8 dello statuto di autonomia del Trentino-Alto Adige/Südtirol - non è più la regione, ma le due province di cui è costituita la stessa regione. È pertanto evidente che è necessario mutuare nell'ambito della riforma costituzionale tali novità e questo emendamento va in tal senso.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Zeller 3.95, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 435
Votanti 427
Astenuti 8
Maggioranza 214
Hanno votato
189
Hanno votato
no 238).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sugli identici emendamenti Olivieri 3.14 e Boato 3.75, accettati dalla Commissione e dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
(Presenti 442
Votanti 438
Astenuti 4
Maggioranza 220
Hanno votato
435
Hanno votato
no 3).

Avverto che, a seguito della votazione testé svolta, l'emendamento Elio Vito 3.201 si intende assorbito.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Boato 3.90.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.

GIANCLAUDIO BRESSA. Signor Presidente, sul punto si pone una questione apparentemente secondaria ed invece sostanziale. Si propone che le elezioni debbano sempre avvenire in data diversa da quelle previste per la Camera dei deputati. Questo non è uno sfizio che si vuole concedere, ma un'esigenza di tipo politico fondamentale.
In questo vostro pallidissimo Senato federale, infatti, la cui rappresentanza territoriale è poco o nulla, almeno vi sia la possibilità per chi decide di candidarsi a questo «fantasma» di Camera territoriale di svolgere una campagna elettorale in cui i temi dei territori e delle regioni abbiano una certa rilevanza.
Se dovessimo immaginare che anche l'elezione di questo Senato pseudofederale deve avvenire contestualmente alle elezioni politiche, è del tutto evidente che l'effetto di trascinamento da parte della competizione politica finirebbe per azzerare qualsiasi attenzione per le esigenze di carattere locale, regionale e territoriale.
Ecco perché, se vogliamo dare un segnale comprensibile, un segnale di razionalità che possa qualificare in senso autonomista e territoriale questa seconda Camera, anche se in maniera molto marginale e lieve, almeno vi sia la possibilità di svolgere una campagna elettorale incentrata sui temi del territorio e del federalismo. Non riuscite a concedere neppure questo! La vostra seconda Camera è sempre più - emendamento dopo emendamento respinto - un fantasma di se stessa.
Noi, invece, abbiamo bisogno di una seconda Camera che sia il luogo della corresponsabilizzazione, della coesione e del confronto. Non siete in grado di garantire tutto questo; almeno, cercate di creare un'opportunità; che, almeno, politicamente vi sia davvero la possibilità di un confronto su temi regionali, locali e


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federali (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-L'Ulivo e Misto-Verdi-L'Ulivo)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Marone. Ne ha facoltà.

RICCARDO MARONE. Signor Presidente, credo che la Commissione non si sia soffermata a sufficienza su questo problema, partendo dal presupposto che, quando tale riforma andrà a regime, ossia nel 2011, le elezioni non saranno contestuali. Tuttavia, ciò potrebbe benissimo avvenire: sarebbe sufficiente uno scioglimento anticipato della Camera dei deputati, che potrebbe portare ad una contestualità tra elezioni politiche ed elezioni del Senato federale. Ciò, a nostro avviso, fa saltare l'idea della contestualità delle elezioni del Senato e delle regioni.
Avendo voi recepito, finalmente, il nostro principio della contestualità delle elezioni di Senato e regioni, se si verificasse anche l'ipotesi di una contestualità fra le elezioni del Senato e della Camera, avrebbe luogo un mega election day. In altri termini, in una giornata si terranno le elezioni per Camera dei deputati, Senato della Repubblica e regioni. Questo ci sembra assolutamente sbagliato.
È ovvio che, se questa coincidenza si verificherà, si determinerà la prevalenza della battaglia per il voto politico per la Camera dei deputati, che farà passare in secondo piano i temi più specifici e tipici di una battaglia federalista per un Senato federale.
Credo che, al riguardo, sia necessaria una riflessione. Non vi può essere una contestualità nell'elezione di tutti gli organi dello Stato: Camera dei deputati, Senato della Repubblica e regioni. Se poi si aggiungessero, come è accaduto nel 2001, anche le elezioni amministrative, si risolverebbe il problema! Certo, l'onorevole Carrara sarebbe contento, perché si avrebbe una riduzione delle spese elettorali e questo sarebbe un grande risultato...

NUCCIO CARRARA. Il popolo italiano sarà contento!

RICCARDO MARONE. Ma credo che sarà, invece, un grosso errore dal punto di vista della diversificazione dei contenuti e dei temi che devono animare queste diverse campagne elettorali (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo e Misto-Verdi-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Boato 3.90, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 432
Votanti 431
Astenuti 1
Maggioranza 216
Hanno votato
198
Hanno votato
no 233).

Onorevoli colleghi, vorrei interrompere i nostri lavori per aprire una parentesi.
Come comunicato ieri, nella seduta di oggi procederemo all'elezione di un nuovo segretario di Presidenza, in sostituzione dell'onorevole Alberta De Simone.
Desidero cogliere l'occasione per ringraziare l'onorevole De Simone per il suo apporto competente, prezioso e leale, per le doti di equilibrio e sensibilità istituzionale con cui ha sempre collaborato con l'Ufficio di Presidenza, del quale è stata componente sin dalla passata legislatura (Generali applausi).
Passiamo all'emendamento Tabacci 3.102.
Prendo atto che i presentatori non accedono all'invito al ritiro formulato dal relatore.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Tabacci 3.102, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).


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Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 435
Votanti 264
Astenuti 171
Maggioranza 133
Hanno votato
8
Hanno votato
no 256).

Passiamo all'emendamento Perrotta 3.77.

ALDO PERROTTA. Signor Presidente, lo ritiro.

PRESIDENTE. Sta bene.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Perrotta 3.84.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Perrotta. Ne ha facoltà.

ALDO PERROTTA. Si tratta di un emendamento molto importante. In effetti, secondo il comma 1, capoverso articolo 57, nessuna regione può avere meno di cinque senatori.
Chiedo un attimo di attenzione. Abbiamo detto che il numero dei senatori deve essere proporzionale a quello degli abitanti. Quando diciamo che nessuna regione ne può avere un numero inferiore a cinque, vuol dire che alcune regioni non subiscono più il sistema proporzionale ma vanno oltre e hanno più senatori rispetto al sistema proporzionale. Ciò vuol dire restringere il numero relativo alle rimanenti regioni. Ci sono alcune regioni, come l'Umbria, le Marche e il Friuli-Venezia Giulia, che avrebbero più senatori di quelli che dovrebbero avere in base alla popolazione.
Allora, quando propongo di sostituire la parola «cinque» con la parola «uno», lo faccio per rispettare il criterio proporzionale. Bocciando questo emendamento, tre regioni avranno più senatori di quelli che dovrebbero avere in base alla popolazione.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Perrotta 3.84, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti e Votanti 447
Maggioranza 224
Hanno votato
7
Hanno votato
no 440).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul subemendamento Perrotta 0.3.202.1, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 443
Votanti 440
Astenuti 3
Maggioranza 221
Hanno votato
9
Hanno votato
no 431).

Prendo atto che l'onorevole D'Agrò ha espresso erroneamente voto favorevole, mentre avrebbe voluto esprimerne uno contrario.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Elio Vito 3.202, accettato dalla Commissione e dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
(Presenti 446
Votanti 434
Astenuti 12
Maggioranza 218
Hanno votato
413
Hanno votato
no 21).


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Prendo atto che l'onorevole Mattarella si è erroneamente astenuto mentre avrebbe voluto esprimere voto favorevole.
Passiamo la votazione dell'emendamento Leoni 3.91.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Marone. Ne ha facoltà.

RICCARDO MARONE. L'attuale quinto comma dell'articolo 57 prevede un criterio che secondo noi è antitetico ad un Senato federale. Il quinto comma stabilisce che la ripartizione dei seggi tra le regioni si effettua in proporzione alla popolazione delle regioni quale risulta dall'ultimo censimento.
Questo è il criterio per stabilire come si ripartiscono i seggi per una Camera politica, non certo per un Senato federale. La ripartizione dei seggi per un Senato federale non può essere fatta in proporzione alla popolazione, perché, altrimenti, non riusciamo a comprendere come si possa avere una corretta rappresentazione in quell'organo delle esigenze dei territori e dell'uguaglianza di queste esigenze.
Ci sono temi di fondo che riguardano le regioni rispetto ai quali il numero degli abitanti delle regioni stesse è assolutamente irrilevante. Non è giusto che regioni più popolose possano essere prevalenti rispetto a regioni meno popolose. Il principio deve essere completamente diverso e deve essere quello della rappresentanza in rapporto alle regioni che i senatori rappresentano, ma non certo rispetto al numero della popolazione.
Ancora una volta viene in evidenza che quello che state approvando è un Senato assolutamente tradizionale, identico nella composizione e - pensiamo - anche nelle competenze a quello già esistente, che non ha nulla di federale se non il nome.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Leoni 3.91, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 447
Votanti 443
Astenuti 4
Maggioranza 222
Hanno votato
197
Hanno votato
no 246).

Prendo atto che l'onorevole Giuseppe Gianni non è riuscito a votare.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Mascia 3.74.
Avverto che, a seguito dell'approvazione dell'emendamento Elio Vito 3.202, l'emendamento Mascia 3.74 deve intendersi riformulato come soppressivo delle parole da «previa applicazione» fino a «quarto comma,».
Onorevole Mascia, insiste comunque per la votazione del suo emendamento 3.74?

GRAZIELLA MASCIA. Sì, signor Presidente, e chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GRAZIELLA MASCIA. Signor Presidente, come lei ha precisato, l'emendamento in esame va inteso in modo diverso perché l'approvazione dell'emendamento Elio Vito 3.200 ha soppresso la parte relativa ai senatori assegnati alla circoscrizione Estero. Tuttavia, la validità di questo emendamento rimane.
Il testo approvato in Commissione individua un numero di senatori non inferiore a sei: ciò non è compatibile con il sistema da noi proposto. Abbiamo proposto che nessuna regione possa avere un numero di senatori inferiore a cinque - tranne il Molise (due senatori) e la Valle d'Aosta (un senatore) -, basandoci su un'ipotesi di Senato delle regioni di duecento membri. Inizialmente, il testo del Senato prevedeva quattrocento deputati e duecento senatori. Nel corso dei lavori, la maggioranza ha cambiato opinione aumentando di nuovo il numero di senatori


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e deputati. Noi, come spiegato precedentemente, manteniamo l'ipotesi di un Senato delle regioni composto da duecento membri eletti dai consigli regionali.
Il mantenimento del nostro emendamento sta proprio ad argomentare coerentemente un'idea di Senato delle regioni che ha una sua integrità, una sua omogeneità, una sua organicità. Dunque, nonostante la soppressione della parte relativa alla circoscrizione Estero, l'emendamento in esame ha una sua ragione d'essere perché compone nell'insieme il Senato delle regioni di cui siamo proponenti.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Leoni. Ne ha facoltà.

CARLO LEONI. Signor Presidente, vi sono diverse condizioni affinché il Senato federale possa essere degno di questo nome, e non le si stanno rispettando. La più importante è ancora un oggetto misterioso: di che cosa dovrà occuparsi il Senato federale? Qual è la procedura legislativa nei rapporti tra Camera e Senato e nei rapporti con il Governo? Sarà questo che darà la sostanza definitiva alla parola «federale». Soprattutto, sarà questo a dire se vi sarà il coraggio oppure no - da ciò che vediamo nell'orientamento della maggioranza sembra proprio di no - di realizzare la vera riforma matura nell'Italia del 2000: la fine del bicameralismo paritario.
La condizione più importante - come dicevo - è quella della procedura legislativa, cioè definire di cosa dovrà occuparsi il Senato federale. Stiamo discutendo di come debba essere composto senza ancora il suddetto oggetto, che rimane misterioso: ciò la dice lunga!
La seconda condizione, oltre ai criteri di composizione di cui abbiamo già parlato, è quella del numero. Non esiste al mondo un Senato federale che possa essere rappresentativo delle realtà territoriali con un numero di componenti così ampio come quello che prevede la Casa delle libertà. Quel Senato federale, tenendo conto della partecipazione di rappresentanti delle regioni e dei consigli delle autonomie locali, sarà un'Assemblea troppo vasta per poter essere una sede di confronto tra realtà territoriali regionali e Governo, che dovrebbe essere l'obiettivo prioritario di un Senato federale.
L'emendamento in esame ci pare vada nella direzione che abbiamo auspicato: quella di avere un Senato federale contenuto nel numero, tale da essere funzionante e funzionale all'obiettivo che abbiamo ricordato. Per tale ragione sosteniamo questo emendamento.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Mascia 3.74, nel testo riformulato, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 431
Votanti 420
Astenuti 11
Maggioranza 211
Hanno votato
184
Hanno votato
no 236).

Prendo atto che l'onorevole Giuseppe Gianni non è riuscito a votare.
Onorevoli colleghi, do il benvenuto all'onorevole Gianluigi Boiardi, che siede oggi per la prima volta tra i banchi della Camera dei deputati (Applausi).
Avverto che sono stati ritirati i successivi emendamenti Perrotta 3.85 e Bressa 3.92.
Passiamo alla votazione dell'emendamento 3.25 della Commissione.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.

GIANCLAUDIO BRESSA. Questo emendamento della Commissione ha tenuto in considerazione alcune proposte che erano presenti nell'emendamento precedente,


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il 3.92, a mia prima firma, che è stato ritirato. In esso è stato accolto il principio che partecipano all'attività del Senato federale, senza diritto di voto, i rappresentanti delle regioni e delle autonomie locali.
Giova ricordare che il nostro emendamento era uno stralcio dell'impostazione che abbiamo voluto dare al nostro modello di Senato federale, laddove questo era costituito di centoventidue senatori; quindi, una rappresentanza territoriale molto ben definita e compatta (piccoli numeri, grande capacità di rappresentanza). Avevamo accompagnato tale impostazione con la necessità di consentire una presenza, ai lavori del Senato, di coloro che sono diretti rappresentanti dei consigli regionali e dei consigli delle autonomie locali di ogni singola regione. Ciò per favorire, ancora di più, quell'operazione di interscambio, di collaborazione e di continua e costante comunicazione tra i mondi delle autonomie e il Senato federale.
Era del tutto evidente che un'impostazione di quel tipo, quindi una presenza senza diritto di voto, che garantisse però la partecipazione politica al dibattito, si giustificava perché quel Senato federale (di centoventidue senatori) aveva una forte capacità di rappresentanza dei territori. Giova ricordare, ancora una volta, che il Senato veniva eletto mediante elezioni che non avvenivano mai contestualmente alle elezioni politiche, e quindi la rappresentanza territoriale veniva in qualche modo esaltata anche dalle modalità delle elezioni.
Dunque, la nostra proposta prevedeva un Senato di pochi rappresentanti e soprattutto in cui i territori avevano una rappresentanza paritaria: con l'eccezione della Valle d'Aosta, che ne aveva uno, e del Molise, che ne aveva due, tutte le altre regioni oscillavano tra tre e nove senatori, o tra tre e sei, con l'unica eccezione della Lombardia, che ne aveva nove. Era quindi prevista una rappresentanza paritaria dei territori, che politicamente veniva eletta centrando l'attenzione sui territori, le regioni e il federalismo. Era dunque un Senato completamente diverso da quello che voi ci proponete.
Ecco perché l'inserimento di questa clausola di partecipazione dei rappresentanti dei consigli regionali e dei consigli delle autonomie locali, eletti in ogni singola regione, è del tutto superflua, se non addirittura incongrua. Voi «attaccate» questa rappresentanza in un Senato di duecentocinquantadue membri, che diventa una Camera di rappresentanza politica, direi non affievolita ma confusa, che non ha alcuna delle caratteristiche di rappresentanza territoriale che dovrebbe avere. Pertanto, anche se è stata accolta la nostra impostazione, il fatto di averla «attaccata» ad un modello non congruente con la nostra impostazione non ci può consentire di votare a favore di questo emendamento della Commissione, bensì ci spingerà a votare contro. Il vostro è un sistema assolutamente indigeribile!
Voi cercate di sistemarlo e di abbellirlo, ma si tratta solo di operazioni cosmetiche che danno qualche colore in più, ma non mutano la sostanza di una Camera che non è federale e non rappresenta i territori. Si tratta di una Camera che consente agli attuali senatori di non perdere il loro status, la loro funzione e, lo dico tra virgolette, la loro «dignità» (nessuno ha mai pensato di metterla in discussione) che questi ultimi hanno deciso di autoproteggere ad oltranza, con il risultato di impedire che la nostra Repubblica abbia davvero una seconda Camera in rappresentanza autentica dei territori ed autenticamente federale.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mascia. Ne ha facoltà.

GRAZIELLA MASCIA. Signor Presidente, credo che l'emendamento della Commissione sia la conferma più evidente dell'incongruità del sistema adottato; un sistema che è sostanzialmente uguale all'attuale sistema elettorale, poiché si elegge un Senato cosiddetto federale attraverso il suffragio universale, con un numero di


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componenti ridimensionato di poco. Pertanto, si pone al di fuori di qualsiasi logica che possa essere vicina ad un'effettiva rappresentanza territoriale.
Naturalmente, l'esigenza di rappresentare i territori all'interno del Senato federale e di fare in modo che vi sia la composizione delle diverse esigenze non si realizza attraverso le proposte della maggioranza e del Governo, tant'è che in questo emendamento la Commissione propone che possano partecipare all'attività del Senato federale della Repubblica, senza diritto di voto, un esponente dei consigli regionali indicati dagli stessi ed un esponente indicato dal consiglio delle autonomie locali.
Mi pare che questo sia l'esempio più clamoroso della mancata soddisfazione delle esigenze espresse dal consiglio delle autonomie locali, dai presidenti delle regioni nell'iter dei lavori del Senato prima e della Camera poi sotto il profilo della rappresentanza (queste esigenze non sono state soddisfatte dal modello che è stato indicato nel provvedimento in esame), nonché del fatto che si è cercato di sopperire, in ultima analisi, al tentativo di prevedere la rappresentanza territoriale attraverso una partecipazione che non potrà incidere se non dal punto di vista formale (si prevede di intervenire senza diritto di voto).
Credo che questa sia la conferma più eclatante dell'incongruenza di questo Senato cosiddetto federale e di come l'organo che voi proponete di federale non ha proprio niente. Non è in grado di svolgere il ruolo che dovrebbe ricoprire rispetto alle rappresentanze territoriali. Noi, a tale riguardo, indichiamo un modello diverso ed, inoltre, questa ipotesi si colloca in un contesto da noi non ritenuto condivisibile e, pertanto, preannuncio l'espressione da parte del gruppo di Rifondazione comunista del voto contrario sull'emendamento in esame.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Zeller. Ne ha facoltà.

KARL ZELLER. Signor Presidente, prendiamo atto che non vi è un orientamento favorevole ad introdurre una vera Camera federale. Noi della Südtiroler Volkspartei, della componente delle minoranze linguistiche siano sempre stati favorevoli ad un modello del tipo del Bundestag. Solo un modello di questo tipo consentirebbe la previsione di un organo in grado di fungere da vera Camera di bilanciamento degli interessi statali e di quelli regionali.
Siamo del parere che ciò sarà difficilmente possibile con un Senato eletto direttamente che non sarà mai una vera rappresentanza territoriale. Risentirà sempre anche dei riflessi politici del gioco di maggioranza e di opposizione. È, altresì, vero che, nell'emendamento della Commissione, sono state recepite alcune delle nostre richieste, in special modo quella di tenere conto del particolare ordinamento della regione Trentino-Alto Adige.
Per tale motivo, preannuncio la nostra astensione con riferimento alla votazione dell'emendamento in esame.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Leoni. Ne ha facoltà.

CARLO LEONI. Con questo emendamento si tocca uno dei temi più discussi e controversi sia nei lavori parlamentari, in Commissione in particolare, sia nella discussione pubblica e anche negli incontri tra il Governo e i rappresentanti delle regioni e delle autonomie locali.
Tutti sanno che il testo licenziato dalla Commissione era assolutamente insufficiente perché si limitava ad affermare che i presidenti delle giunte regionali e dei consigli regionali sono «sentiti» ogni volta che lo richiedono dal Senato federale della Repubblica: una norma così blanda non meritava, come è evidente a tutti, neppure di essere scritta nella Costituzione.
Poi, ad un certo punto, ha cominciato a circolare l'idea da parte della maggioranza che si potesse dare ai presidenti delle giunte regionali la facoltà di partecipare ai lavori del Senato senza diritto di


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voto. Qui si commetteva un errore di altro segno ma altrettanto clamoroso perché si chiamava chi rappresenta i governi regionali, eletti direttamente dai cittadini, a partecipare ai lavori ma senza diritto di voto. Quest'ultima formulazione della Commissione è naturalmente meglio di quelle che circolavano precedentemente e raccoglie anche lo spirito di un nostro precedente emendamento. Tuttavia, pur riconoscendo questo aspetto, non possiamo, al tempo stesso, non porci responsabilmente una domanda. Diciamo che i rappresentanti eletti dalle regioni e dai consigli delle autonomie partecipano ai lavori del Senato federale, ma in quale contesto operativo del Senato federale? Partecipano per fare cosa nel Senato federale? Questo è l'oggetto ancora misterioso.
In secondo luogo, un conto è prevedere questa partecipazione, che può essere significativa, in un Senato - come dovrebbe essere - ristretto nella composizione - intorno ai 150 membri -, altro conto è prevedere una loro partecipazione che assomiglierebbe allo «strapuntino» in un Senato di 252 membri. Un conto è prevedere la loro partecipazione in un Senato dove i membri eletti lo sono con un criterio di tendenziale parità fra le regioni (allora ciò ha un senso), altro conto è prevedere la loro partecipazione in un Senato composto, regione per regione, sulla base di una proporzione diretta rispetto al numero degli abitanti e, infine, con quella incongruenza, che rimane, rispetto alla contestualità (che abbiamo denunciato ma che rimane perché non avete voluto accogliere il nostro emendamento che proponeva in ogni caso una data diversa per l'elezione della Camera dei deputati) e che rischia di restare ancora affievolita.
Quindi, nel momento in cui riconosciamo che la maggioranza si è resa conto dei limiti, dei difetti della sua impostazione iniziale, rimangono ancora questi punti che sono insormontabili per giungere ad un giudizio favorevole. Per questo motivo, voteremo contro questo emendamento.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Intini. Ne ha facoltà.

UGO INTINI. Mi associo alle osservazioni dei colleghi dell'opposizione e aggiungo solo poche parole per illustrare il mio voto contrario. Questo Senato, cosiddetto federale, è un oggetto misterioso, unico e mai sperimentato al mondo. Non è davvero una seconda Camera, non è davvero un luogo di compensazione degli interessi regionali, non è davvero un luogo di compensazione tra interessi locali e nazionali e non se ne capiscono con precisione né le competenze, né l'utilità.
Ciò che impressiona è la frammentarietà e la superficialità del lavoro che stiamo facendo in una materia non solo delicata ma che dovrebbe essere addirittura solenne.
La bussola non è un obiettivo alto ma un obiettivo tutto interno alla maggioranza, che nasce da motivazioni ideologiche e di propaganda.
Per accontentare sul piano ideologico e propagandistico la Lega si è fatto questo Senato federale (Commenti del deputato Rizzi).
Per accontentare sul piano ideologico e propagandistico Alleanza nazionale ieri si sono portati a diciotto i parlamentari eletti nella confusa galassia dei collegi esteri (Commenti dei deputati del gruppo della Lega Nord Federazione Padana). Vorrei porre una semplice domanda: perché in nessun paese al mondo esiste un Senato federale come questo? Perché in nessun paese al mondo i cittadini residenti all'estero votano come in Italia? Questo paese sperimenta soluzioni uniche al mondo perché rappresenta il legislatore più brillante del mondo? No, temo che lo faccia perché in Italia, soltanto in Italia, si è giunti al punto di redigere un nuovo assetto costituzionale con lo spirito ed il metodo che oggi stiamo seguendo. In questo caso, non vi sono stati e non vi sono padri costituenti, ma mercanteggiatori ricostituenti che hanno mercanteggiato un colossale pasticcio allo scopo di far quadrare i conti all'interno della maggioranza,


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ovvero di un palazzo del potere completamente estraneo agli interessi del paese. Apprezzo la pazienza e la competenza con le quali i colleghi dell'opposizione tentano, attraverso le loro proposte emendative, di limitare i danni. Si tratta di una grande manifestazione di correttezza istituzionale; intervengo e voto con diligenza, ma quando un pasticcio nasce come è nato questo pasticcio, l'unica strada è cancellarlo ripartendo da zero (Applausi polemici dei deputati del gruppo della Lega Nord Federazione Padana)!

RENZO INNOCENTI. Non è possibile tollerare tutto ciò!

ROBERTO GIACHETTI. È una vergogna (Commenti del deputato Intini)!

PRESIDENTE. Onorevole Intini, il microfono è spento (Commenti dei deputati dei gruppi Misto-socialisti democratici italiani, dei Democratici di sinistra-L'Ulivo e della Margherita, DL-L'Ulivo).

ROBERTO GIACHETTI. Dategli la voce!

RENZO INNOCENTI. Dategli la voce!

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, vi richiamo all'ordine...! Onorevole Intini, scusi ma non capisco. Se capivo poco prima, ora che continuate ad urlare non capisco proprio niente! Onorevole Intini, non ho capito, qual è il problema?

UGO INTINI. Signor Presidente, non si accettano le critiche e si interrompono i lavori che in questo momento si stanno svolgendo in aula!

DONATO BRUNO, Relatore. Non hanno interrotto!

NUCCIO CARRARA. Non hanno interrotto!

UGO INTINI. Si interrompe, si strepita e si dimostra, ancora una volta, che non si cambia la Costituzione in questo clima e in questo modo. Si tratta, infatti, di un clima da ricatto! Questo è un clima da ricatto, signor Presidente (Applausi dei deputati dei gruppi Misto-socialisti democratici italiani, dei Democratici di sinistra-L'Ulivo e della Margherita, DL-L'Ulivo - Applausi polemici dei deputati dei gruppi di Alleanza Nazionale e della Lega Nord Federazione Padana).

PRESIDENTE Onorevole Intini, lei ha terminato il tempo a sua disposizione.
Debbo dire che al gruppo della Lega nord si possono rivolgere tutte le accuse del mondo, ma visto che da venti giorni si sta discutendo solo attaccando la riforma, credo si possa acconsentire a delle critiche!

MARISA ABBONDANZIERI. Al dileggio, signor Presidente!

PRESIDENTE. Mi faccio garante nell'acconsentire a delle critiche.

ROBERTO GIACHETTI. Lei è il Presidente della Camera dei deputati!

PRESIDENTE. Lo so, lo so, molto più di tanti altri!

DONATO BRUNO, Relatore. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DONATO BRUNO, Relatore. Signor Presidente, mi avrebbe fatto molto piacere interloquire con l'onorevole Intini nel merito di questa proposta emendativa che stiamo per votare. Egli però affronta in maniera generica i problemi e non invece le questioni serie che, credo, la maggioranza e l'opposizione in questi giorni hanno trattato.
In riferimento all'emendamento 3.25 della Commissione, ho chiesto la parola proprio per descrivere all'Assemblea lo spirito che ha animato la maggioranza e l'opposizione all'interno del Comitato dei nove. Vede, signor Presidente, l'emendamento 3.92 ritirato dall'onorevole Bressa e


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dagli altri firmatari, nella prima parte afferma le stesse cose che noi abbiamo recepito nell'emendamento 3.25; tra l'altro, è stato recepito anche l'emendamento del collega Elio Vito 3.203. Ci siamo resi conto cioè che quanto da loro rappresentato era un modo ragionevole per poter modificare questa parte della Costituzione. Ebbene, credo che i colleghi dell'opposizione avrebbero dovuto prendere atto non solo dello spirito collaborativo, ma anche del recepimento totale di quanto da loro rappresentato nell'emendamento 3.92.
Tuttavia, stranamente, mi sento dire dal collega Leoni che il suo gruppo esprimerà un voto contrario sull'emendamento della Commissione 3.25.
Vorrei capire - non mi è stato dato il modo di comprendere appieno - come mai, su un emendamento che la Commissione ha cercato di rendere condivisibile da tutti, oggi in aula vi è una posizione di distanza da parte dei colleghi dell'opposizione. Vi è stato un ripensamento sul merito, è una scelta di carattere politico? Se fosse un ripensamento sul merito, siamo ancora disposti a trovare una soluzione condivisa, altrimenti lascio il giudizio all'Assemblea.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 3.25 della Commissione, accettato dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
(Presenti 443
Votanti 434
Astenuti 9
Maggioranza 218
Hanno votato
244
Hanno votato
no 190).

A seguito dell'approvazione dell'emendamento 3.25 della Commissione risultano precluse o assorbite le restanti proposte emendative riferite al sesto comma dell'articolo 57.
Avverto che sono stati ritirati l'emendamento Nuvoli 3.94 e l'articolo aggiuntivo Osvaldo Napoli 3.02.
Passiamo dunque alla votazione degli identici subemendamenti Cabras 0.3.10.1, Boato 0.3.10.2 e Cossa 0.3.10.3.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Maurandi. Ne ha facoltà.

PIETRO MAURANDI. Signor Presidente, il nostro emendamento riguarda la cosiddetta contestualità tra elezione del Senato ed elezione dei consigli regionali delle regioni a statuto speciale. Dunque, proponiamo che questo aspetto sia regolato dalle norme di attuazione statutaria.
Voglio ricordare che gli statuti delle regioni a statuto speciale sono approvati con leggi costituzionali e che, quindi, sarebbe poco coerente con questo impianto approvare norme contenute nella Costituzione che vanifichino le disposizioni statutarie.
Questo problema si è già presentato nei giorni scorsi relativamente al Titolo V ed è stato risolto nel senso che le norme del Titolo V presenti nel disegno di legge al nostro esame non si applicano alle regioni a statuto speciale.
Con questo emendamento chiediamo che tali norme non si applichino alle regioni a statuto speciale in quanto, in questo caso, ci sembra razionale e coerente con la natura costituzionale degli statuti speciali demandare la soluzione di tale problema alle norme di attuazione.
Inoltre, intendo ricordare al ministro competente - che purtroppo non vedo presente in aula - che sulla questione della contestualità esiste una richiesta formulata dai presidenti delle regioni a statuto speciale nel senso prospettato dal nostro emendamento.
Vorremmo comprendere qual è la risposta del Governo alla richiesta dei presidenti delle regioni a statuto speciale. In ogni caso, ci sembra che questo modo di affrontare la questione sia il più giusto al


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fine di evitare che, in gran parte delle regioni a statuto speciale, nel 2011, i consigli regionali eletti nel 2009 siano sciolti dopo due anni.
Quindi, chiedo all'Assemblea di prestare attenzione alla presente proposta emendativa e invito il Governo a fornire risposta alla richiesta - sostanzialmente analoga a quella contenuta nel nostro emendamento - formulata dai presidenti delle regioni a statuto speciale.
Vorrei ricordare che il ministro Calderoli aveva manifestato ai presidenti delle regioni a statuto speciale la disponibilità ad esaminare tale richiesta. Prima di votare l'emendamento, vorrei quindi capire se tale disponibilità possa tradursi in un atteggiamento positivo da parte del Governo, oppure se il Governo stesso preferirà ignorare le richieste avanzate dai presidenti, con un atteggiamento certamente non corretto nell'ambito dei rapporti tra Stato e regioni a statuto speciale (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.

GIANCLAUDIO BRESSA. Signor Presidente, si tratta in questo caso di stabilire un principio ormai ricorrente nel nostro ordinamento. Le regioni a statuto speciale disciplineranno attraverso lo strumento proprio, ovvero le norme di attuazione, le modalità di elezione dei senatori sul proprio territorio. Credo che questo non sia altro che il riconoscimento di una modalità, che rende la nostra Repubblica un esempio nel panorama costituzionale europeo.
Le regioni italiane a statuto speciale nel corso degli anni hanno costruito un modello, tramite le norme di attuazione, in qualche modo invidiato e studiato negli altri paesi europei. Non si capisce perché un argomento così delicato e importante debba essere sottratto a questa normativa speciale. Si tratta di utilizzare le norme di attuazione per tradurre in legge i princìpi sanciti dalla Costituzione: niente di più di quanto abbiamo fatto nel corso di questi decenni!

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sugli identici subemendamenti Cabras 0.3.10.1, Boato 0.3.10.2 e Cossa 0.3.10.3, non accettati dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 449
Votanti 438
Astenuti 11
Maggioranza 220
Hanno votato
195
Hanno votato
no 243).

Passiamo alla votazione dell'emendamento Detomas 3.10.
Ha chiesto di parlare dichiarazione di voto l'onorevole Olivieri. Ne ha facoltà.

LUIGI OLIVIERI. Signor Presidente, con l'emendamento in oggetto viene affrontata la stessa questione prima ricordata dagli onorevoli Maurandi e Bressa e trattata dalle proposte emendative precedentemente discusse. In buona sostanza, si chiede al Parlamento un'assunzione di responsabilità e il rispetto della dignità di quelle leggi costituzionali rappresentate dagli statuti delle regioni a statuto speciale. Altrimenti, infatti, e con una sola eccezione, nel 2011 i consigli regionali di tali regioni andrebbero incontro ad una scadenza anticipata, qualora in questo anno partisse effettivamente la riforma costituzionale.
Non si capiscono le ragioni di una così forte invadenza da parte del Parlamento. Tengo inoltre a precisare che in queste regioni non mancherebbero i senatori del Senato federale, in quanto tutto sarebbe rimandato alla produzione legislativa autonoma, meritoria per la Repubblica. Anzi, come ricordava l'onorevole Bressa poc'anzi, tale produzione rappresenta addirittura


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un esempio, uno stimolo e un modello positivo per tutti i sistemi a regionalismo e autonomismo avanzato o a federalismo mitigato. Tale sistema di produzione legislativa dà vita a norme con forza di legge subcostituzionale, garantendo l'assoluta coincidenza tra le due esigenze: da un lato, il varo del Senato federale e, dall'altro, il rispetto dei patti su cui si fondano gli statuti autonomi.
Per raggiungere tale obiettivo, sarebbe opportuno che la Commissione accantonasse tale riflessione per ricomprenderla nelle norme transitorie finali, all'articolo 43. Si tratta di una questione delicata e, pertanto, non si possono non tenere nella dovuta considerazione questi cinque importantissimi territori della Repubblica italiana.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Detomas 3.10, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 439
Votanti 431
Astenuti 8
Maggioranza 216
Hanno votato
192
Hanno votato
no 239).

Ricordo che l'emendamento Nuvoli 3.94 è stato ritirato.
Passiamo alla votazione dell'articolo 3.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.

GIANCLAUDIO BRESSA. Signor Presidente, ci accingiamo a votare l'istituzione di una seconda Camera federale o, meglio, sedicente federale. Stiamo perdendo una straordinaria occasione politica: la riforma del Titolo V aveva indicato la strada, e la nostra Repubblica si stava avviando verso un assetto di tipo federale. Tale assetto porta inevitabilmente con sé la necessità di una Camera che garantisca l'effettiva rappresentanza dei territori. La storia del federalismo indica che la formula della seconda Camera a struttura federale, vale a dire la rappresentanza degli Stati e dei territori, ha un'origine storica molto antica, che risale alla costituzione degli Stati Uniti, ma quello che sfugge ai più è che essa ha anche un'applicazione modernissima. Negli scorsi mesi, infatti, ci si è ispirati proprio al modello statunitense: mi riferisco alla Costituzione europea. Essa prevede, agli articoli 33 e 23, primo comma, che il Consiglio dei ministri eserciti di fatto il ruolo di colegislatore. Sono infatti previsti sostanzialmente due legislatori: il Parlamento europeo, eletto a suffragio universale e diretto, e il Consiglio dei ministri, composto dai rappresentanti dei governi degli Stati. Si prevedono pertanto due colegislatori: da un lato, i rappresentanti dei governi degli Stati; dall'altro, i rappresentanti del corpo elettorale. Si tratta, dunque, di un'impostazione concettualmente identica a quella statunitense.
Dunque, avevamo - o meglio, avevate - a disposizione un esempio estremamente chiaro e razionale. Sarebbe stato molto interessante se il Parlamento italiano, nel momento in cui l'Italia si sta avviando a divenire uno Stato federale, avesse intrapreso una via analoga. Tuttavia, non lo avete voluto fare, ed avete scelto la strada peggiore, vale a dire l'istituzione di una Camera che non ha sostanzialmente alcuna caratteristica federale.
L'idea della seconda Camera quale sede di rappresentanza degli Stati membri e dei territori è dunque antica, ed è stata ripresa recentemente, nel momento in cui l'Europa ha ritenuto di dotarsi di una Costituzione. Ma è l'intera storia del federalismo, dal 1787 ai giorni nostri, che ha visto un percorso di progressiva razionalizzazione delle seconde Camere. Tale processo ha trovato negli anni Trenta, in un giurista di origine russa ma che ha vissuto e lavorato in Francia, Mirkine-Guetzevich, il massimo esempio di razionalizzazione del parlamentarismo.


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Quella strada forniva chiaramente due indicazioni: la razionalizzazione si può realizzare differenziando i compiti della Camera federale rispetto alla prima Camera, ovvero intervenendo sulla consistenza numerica e sulla proporzione della rappresentanza. Il nostro modello tiene conto di entrambe le indicazioni; quanto al vostro modello, non è ancora definito il processo di formazione delle leggi e dunque non è ancora noto in che modo saranno diversificati i compiti fra le due Camere, ma esso ha sicuramente «deragliato» per quanto concerne la riduzione delle proporzioni nella rappresentanza. Una seconda Camera composta da 252 senatori, infatti, non ha neppure lontanamente le caratteristiche di una Camera federale, di piccole dimensioni ma con una notevole capacità di funzionamento e con una rappresentanza paritaria dei territori. La storia europea insegna che le seconde Camere che funzionano bene sono sempre di piccole dimensioni, mentre state costruendo un carrozzone incomprensibile.
Tutto questo ci porta ad affermare che la vostra la riforma non ha affrontato seriamente la questione del Senato federale. Non vi siete posti la questione centrale: realizzare un luogo dove si eserciti la corresponsabilizzazione di funzioni indivisibili. Ancora una volta avete dimostrato di non aver compreso quali siano gli assi portanti della riforma del Titolo V, che non vi sognate nemmeno di contestare perché non avete la cultura politica istituzionale di contestare fino in fondo.
Quando l'articolo 114 sancisce che la Repubblica è costituita da comuni, province, città metropolitane, regioni e Stato, si realizza una rivoluzione che ha bisogno di una seconda Camera che sia il luogo della rappresentanza, il luogo istituzionale in cui viene esercitata la corresponsabilizzazione di funzioni indivisibili.
È necessario un Senato federale che sia centrale ma non statale, che rappresenti un momento di cooperazione e non di autogestione di questioni locali in sede centrale né di controllo delle attività legislative in sede regionale. Non siete riusciti a realizzare nulla di tutto ciò. Ripeto, avete prodotto un'azione di sindacato, in difesa degli attuali senatori, di una tristezza infinita, che però avrà conseguenze drammatiche per la funzionalità del sistema.
Fuori da quest'aula autorevoli rappresentanti della società civile ci invitano a realizzare riforme che consentano una maggiore funzionalità del sistema, che non è solamente una questione di risorse ma anche di capacità, celerità e razionalità nelle risposte. Voi a tali sollecitazioni rispondete con un pasticcio di questa portata, con un pasticcio di questa levatura!

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ALFREDO BIONDI (ore 12,35)

GIANCLAUDIO BRESSA. È estremamente triste vedere che questa Camera si avvia così distrattamente a decidere per una Assemblea parlamentare che porterà alla paralisi il sistema legislativo nella nostra Repubblica.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Pacini. Ne ha facoltà.

MARCELLO PACINI. Il problema della composizione del Senato federale è ormai avviato a felice soluzione. La sfida concettuale che la Casa delle libertà ha dovuto affrontare è stata difficile ma sostanzialmente è stata vinta. È stata individuata una soluzione in linea, in primo luogo, con la nostra tradizione parlamentare (da sempre profondamente ancorata al bipolarismo perfetto) e, in secondo luogo, con i reali rapporti in essere da decenni tra Stato, regioni e sistema delle autonomie.
Su un aspetto la maggioranza e l'opposizione hanno concordato nel dibattito ma anche nel paese: mi riferisco all'impossibilità di importare nel nostro ordinamento il modello del Senato federale tedesco, il famoso Bundesrat. Da qui è emersa la necessità di trovare una soluzione originale che fosse realmente radicata nella situazione del nostro paese. Questa soluzione che si innesta nella


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realtà italiana non si ricava da un solo articolo del provvedimento, ma da un complesso di articoli, tutti egualmente necessari per definire il nuovo Senato federale, il suo ruolo e le sue funzioni.
L'articolo 3, che ci apprestiamo a votare, è quindi un mattone di un edificio più complesso; un mattone essenziale, ma di per sé non sufficiente a definire l'architettura del nuovo Senato. Tale architettura è emersa chiaramente nei lavori di questa Assemblea nel settembre appena trascorso ed è emersa attraverso alcune novità di grande peso rispetto al testo a suo tempo approvato dal Senato.
Tali novità sono rilevantissime e di ciò dovrebbe tener conto l'opposizione, se fosse capace di liberarsi dal calcolo elettorale o dalla paura di perdere la sua compattezza e se passasse da un atteggiamento di irrazionale preconcetto e opposizione ad un comportamento che sappia valutare decine di atteggiamenti politici applicando criteri di razionalità nel valutare i singoli provvedimenti.
Le novità di grande peso sono almeno cinque. In primo luogo, l'aver previsto la partecipazione ai lavori del Senato federale di due rappresentanti per ogni regione: uno eletto dal consiglio regionale e uno dal consiglio delle autonomie (è questa la novità specifica che ci apprestiamo ad approvare con l'articolo 3).
L'ingresso nel Senato di questi soggetti favorirà la costruzione di logiche di schieramento non soltanto politico o partitico, ma più propriamente territoriale; dunque, si tratta di un progresso rilevantissimo rispetto al testo precedente. Questa è, infatti, una soluzione in cui si sente la volontà di dare voce diretta alle regioni e agli enti locali, aprendo a modelli che prevedono la rappresentanza diretta di questi ultimi.
Il secondo elemento di grande novità è rappresentato dall'eliminazione della figura del senatore a vita, con la parallela introduzione del deputato a vita, modifica che abbiamo approvato ieri e condivisa, al di là dei risultati dello specifico voto, anche dall'opposizione.
La terza novità è consistita nell'abolizione della circoscrizione Estero per l'elezione del Senato federale; l'abolizione dei senatori a vita e della circoscrizione Estero hanno dato un contributo decisivo all'identità del nuovo Senato federale.
La quarta novità, forse la più importante, è l'introduzione della contestualità piena nell'elezione del consiglio regionale e dei senatori; approfondiremo questo aspetto quando esamineremo l'articolo 6, ma fin d'ora si può dire che questa innovazione rappresenterà una «rivoluzione copernicana» rispetto al testo approvato dal Senato, perché chiarisce, meglio di qualunque altra norma, il rapporto di reciproca autonomia, ma di identico collegamento con le realtà politiche, economiche e culturali dei territori, delle istituzioni regionali e del Senato federale. Autonomia che spingerà necessariamente alla collaborazione e alla sinergia, perché il giudizio degli elettori sarà contestuale e legherà in modo indissolubile i destini dei consiglieri regionali e dei senatori.
La quinta novità è esterna al Senato federale, ma è decisiva per definire ruolo e fisionomia del modello istituzionale adottato: il riconoscimento costituzionale della Conferenza Stato-regioni è contenuto nel nuovo articolo 118, già approvato. La costituzionalizzazione della Conferenza permetterà di scongiurare quanto da molti paventato, cioè un Senato rappresentativo anche delle istanze regionali di natura amministrativa o addirittura gestionale che avrebbe assorbito le funzioni della Conferenza stessa e si sarebbe posto in diretta concorrenza con quest'ultima.
In conclusione, con l'approvazione di questo articolo introduciamo un tassello essenziale di un progetto di riforma complessiva del Senato federale; quindi, un nuovo Senato che costituirà uno strumento efficace per la realizzazione di un federalismo cooperativo e solidale, efficiente ed efficace, come è nelle aspettative e nei desideri di tutti.
In questo difficile compito di individuare una forma originale di Senato federale, di possibile introduzione nel nostro paese, la Casa delle Libertà e Forza Italia,


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in questo settembre del 2004, hanno dimostrato di avere le risorse delle grandi forze politiche che sanno fare la storia del paese: essere ferme nei principi e nei valori, essere duttili e flessibili nelle soluzioni concrete (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia e di Alleanza nazionale)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Marone. Ne ha facoltà.

RICCARDO MARONE. Signor Presidente, noi avevamo presentato molti emendamenti nella speranza che ci potesse essere una qualche riflessione, ma prendiamo atto che l'impostazione che la maggioranza ha dato nei lavori del Senato, in prima lettura, non è stata solo un'autodifesa corporativa dei senatori e, in particolare, di quelli della maggioranza, ma è stata proprio la prova di quello che voi intendete costruire.
Voi, infatti, non volete affatto costruire un sistema in cui vi sia una Camera politica e un Senato federale, ma in realtà intendete edificare un sistema con due Camere politiche e poi non sapete bene come ripartire le competenze legislative tra le due Camere.
Questa non è un'opinione, ma è la realtà perché, ancora oggi, noi stiamo aspettando di conoscere la proposta della maggioranza sulla ripartizione delle competenze fra Camera e Senato.
Ma, lo ripeto, la conferma che non si ha l'intenzione di istituire un Senato federale arriva dalla previsione, in prima lettura, di un organo con prevalenza legislativa, ossia il Senato. Ciò è logico e francamente paradossale. Non si è mai visto che una Camera federale abbia prevalenza su quella politica. Voi state realizzando questo sistema, salvo ripensamenti dell'ultimo momento o a meno che non troviate una formula diversa. State per approvare la riforma di un Senato che ha piena competenza legislativa, superiore a quella che dovrebbe avere (almeno per quanto riguarda la prima lettura del Senato), ed una composizione che contraddice le caratteristiche di uno Stato federale.
L'iter di questa riforma costituzionale è pieno di fughe in avanti e di timidi passi indietro; ciò ha riguardato la devolution, l'interesse nazionale e la riduzione dei componenti dei due rami del Parlamento. Al Senato, dopo aver approvato una drastica riduzione, quasi di un terzo, dei membri della Camera dei deputati (si trattava, quindi, di un incisivo intervento), ci avete ripensato; la misura vi è sembrata eccessiva, esagerata ed avete riportato il numero dei deputati a cinquecento. Per il Senato, avete fatto una cosa analoga, riportando i componenti a duecentocinquantadue, senza alcuna logica.
Non si comprende per quale motivo non si riduca l'attuale numero dei parlamentari in maniera coerente con l'impostazione che si vuole dare alla riforma. Si vuole realizzare un Senato federale snello in cui vi sia la rappresentanza degli interessi territoriali delle regioni? Allora, questo Senato deve essere composto da un numero di parlamentari estremamente ridotto. Noi abbiamo proposto di portare il numero dei senatori a centotrenta, massimo centocinquanta; voi lo portate a duecentocinquantadue solo ed esclusivamente per vendervi l'argomento demagogico della riduzione dei parlamentari, senza considerare quanto tale argomento possa far male ed accrescere la già esistente sfiducia nella classe politica di questo paese. Portate argomenti a favore di chi non ha fiducia nella classe politica. Il nostro compito dovrebbe essere invece quello di lavorare in quest'aula per accrescere la fiducia dei cittadini nella classe politica.
Credo che il vostro sia un obiettivo miope e sbagliato. Dovremmo approfittare di quest'occasione importante (dovrebbe essere storica) per costruire una moderna organizzazione della Repubblica che risponda alle esigenze del terzo millennio. A tutti noi è apparsa necessaria la riforma della parte II della Costituzione a seguito dell'ammodernamento del Titolo V, ma, francamente, tutto questo ammodernamento nell'impianto che avete costruito non lo vedo assolutamente. Avete previsto


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un numero esagerato di senatori rispetto alla natura che dovrebbe avere l'organo ed una ripartizione dei seggi in proporzione alla popolazione delle regioni e non alle regioni, com'è giusto che sia in qualsiasi Stato federale.

PRESIDENTE. Onorevole Marone...

RICCARDO MARONE. Le regioni devono contare nell'organizzazione del Senato in misura paritaria, con qualche correttivo. Non si può prevedere lo stesso criterio che è stato previsto per la Camera. Quindi, esprimeremo un voto contrario sull'articolo in esame (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo e Misto-Verdi-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Alfonso Gianni. Ne ha facoltà.

ALFONSO GIANNI. Signor Presidente, voteremo contro l'approvazione della proposta avanzata dalla maggioranza, non per spirito conservativo ma, al contrario, per spirito innovativo.
Abbiamo già ribadito, nei numerosi interventi svolti, come, per differenziare le funzioni tra i due organi, il primo presupposto sia diversificarne la platea elettiva e le modalità di elezione; se ciò non avviene, inevitabilmente si ricade in soluzioni pasticciate e confuse. Si tratta di un principio semplice riguardante l'organizzazione dei sistemi democratici, ed è riscontrabile nella pratica.
Siamo dinanzi, cari colleghi, ad una delle tante conseguenze drammatiche - ne vedremo, purtroppo, ancora, e di più gravi - di un federalismo a discendere anziché ad ascendere. Altro è, infatti, un federalismo che storicamente si produce a partire dall'unificazione di realtà istituzionali, territoriali o, addirittura, statuali, processo nel quale ognuno dei soggetti cede una parte delle proprie caratteristiche e delle proprie potestà in favore dell'esistenza di uno Stato unitario ma federale (ed è il processo costitutivo del federalismo americano); altro è invece seguire la tendenza opposta: partire da uno Stato unitario, che peraltro, come osservava il collega Soda, ri-conosce in Costituzione preesistenti realtà locali, e disarticolarlo a scendere, cadendo, come spesso avviene nel testo in esame, in situazioni assolutamente ridicole.
Questa costruzione del Senato è l'esempio palese di quanto sopra affermato; se si vuole un Senato federale, bisogna partire dal livello elettorale dei Consigli regionali; al di là della questione sui numeri - questione del tutto secondaria, sulla quale peraltro tornerò -, bisogna, infatti, prevedere che, contestualmente all'insediamento dei Consigli regionali, avvenga l'elezione, da parte dei membri, del Senato federale. Altrimenti, non si ha alcun Senato federale.
Quanto voi proponete - basta leggere il testo - è una pura sciocchezza, in termini istituzionali è costituzionali; anche un federalismo discendente avrebbe almeno potuto, onorevole Donato Bruno, tenere conto delle esperienze esistenti più evolute.
Certo, nessun meccanismo, nessun sistema può essere esportato o importato acriticamente; quanti addirittura vogliono esportare la democrazia a suon di carri armati e di bombardamenti dovrebbero stare attenti a tali parole.
Sicché, non si può importare il metodo americano, tantomeno quello inglese, e neppure quello tedesco o francese. Ma di tutti questi - che costituiscono una esperienza storica della costruzione statuale del sistema democratico - si potrebbe anche cercare di cogliere il meglio e non il peggio.
Signor Presidente, Winston Churchill - famoso non solamente per le sue capacità di direzione nel contesto drammatico della seconda guerra mondiale, ma anche per i numerosi detti e aforismi che ci lasciò - dichiarò, una volta, che il sistema democratico è il peggiore dei Governi esistenti, fatti salvi tutti gli altri.
Sostanzialmente, sosteneva una verità molto semplice; la democrazia rappresentativa, per così dire, sarebbe il meno peggio.


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Non visse abbastanza, Churchill, per vedere scientificamente verificata la sua ipotesi, il che avvenne con il celebre teorema di Arrow, che dimostrò matematicamente l'impossibilità della perfezione in un sistema di democrazia rappresentativa.
Ciò non significa che dobbiamo fare del nostro peggio. Ciò significa, semplicemente, che dobbiamo rendere migliore la democrazia rappresentativa, integrarla con quella diretta - altrimenti, una democrazia più avanzata non la otterremo mai - ed evitare operazioni scandalose, quali un bicameralismo che da perfetto diventa imperfetto, o «bastardo», nella definizione filosofica del termine che lei mi concederà, signor Presidente...

PRESIDENTE. Onorevole, Alfonso Gianni, lei deve, però, trattenere la sua eloquenza e la sua cultura, per tenerle all'altezza della media dei presenti...!

ALFONSO GIANNI. Concludo, signor Presidente.
Quanto, poi, al problema dei costi, la maggioranza è già caduta nel ridicolo. Vorrei ricordare - e, se non lo si sa, è bene che rimanga agli atti - che, ad un certo punto della discussione in Senato, la maggioranza, per convincere i senatori che non sarebbero più stati tali in seguito alla riduzione del numero dei componenti del Senato, propose addirittura uno «scivolo» di cinque anni, per godere di una consistente pensione, mentre la si toglie a tutti gli altri italiani...

PRESIDENTE. Ed io le devo togliere la parola, onorevole Alfonso Gianni...

ALFONSO GIANNI. Poiché il fatto era troppo clamoroso, rientrò. Ma ciò la dice lunga su come il tema dei costi sia assolutamente ipocrita (Applausi dei deputati dei gruppi di Rifondazione comunista e dei Democratici di sinistra-L'Ulivo - Commenti).

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, quando il collega Alfonso Gianni fa riferimenti così interessanti, bisogna che il tempo consenta alla cultura di espandersi...
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Carrara, che è altrettanto colto dell'onorevole Alfonso Gianni, ma spero più contenuto. Ne ha facoltà.

NUCCIO CARRARA. Lei è troppo buono, signor Presidente...
Intervengo per annunciare il voto favorevole di Alleanza nazionale, sulla base di alcune considerazioni. La prima è che abbiamo posto fine al bicameralismo perfetto, con l'introduzione del cosiddetto Senato federale. A questo punto, abbiamo visto i colleghi dell'opposizione discettare sul Senato federale e dire che quello che noi votiamo non è federale, non rappresenta il territorio. Abbiamo anche ascoltato l'onorevole Bressa affermare che il loro modello di Senato federale è una proposta seria, autenticamente di tipo federale e radicalmente alternativa.
È giusto che sia i colleghi sia gli italiani sappiano che non c'è, agli atti, alcuna proposta, non solo radicalmente alternativa, ma neppure pallidamente alternativa. Se, infatti, la proposta alternativa è quella che abbiamo esaminato, ossia l'emendamento Bressa 3.19...

MARCO BOATO. Se non è alternativa, perché l'hai votata?

NUCCIO CARRARA. ...bisogna chiarire che tale emendamento è stato sostanzialmente accolto nel testo della maggioranza, in ogni sua parte. Un cenno ne ha fatto anche, giustamente, il presidente della Commissione, nella fase finale dell'approvazione degli emendamenti.
Voglio inoltre ricordare che i colleghi dell'opposizione non hanno neppure previsto - come, invece, hanno lasciato intendere - la partecipazione dei rappresentanti delle autonomie locali, con diritto di voto....

MARCO BOATO. Carrara, leggi l'emendamento, a pagina 10 del fascicolo: vi è il diritto di voto!

NUCCIO CARRARA... perché il loro emendamento prevede che possano partecipare


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rappresentanti delle regioni e delle autonomie locali, senza diritto di voto.
Ed allora, dov'è la differenza tra la nostra proposta e la vostra? Qual è la differenza sostanziale e radicalmente alternativa? La verità è che l'opposizione deve sempre sforzarsi di trovare un pretesto di lite. L'emendamento alternativo è quello Bressa 3.19, ho preso anche gli appunti...
Noi ci siamo, dunque, sforzati di andare incontro alle istanze delle opposizioni, quando ragionevolmente abbiamo accettato l'idea che, per rendere il Senato ancor più federale, si potesse consentire ai rappresentanti del territorio di potervi prendere parte. Ci siamo posti anche alcune questioni in ordine alla funzionalità dello stesso Senato, chiedendoci se avessimo riconosciuto il pieno diritto di voto a coloro che vi partecipavano in nome e per conto del territorio. Non abbiamo, dunque, trovato alcuna proposta alternativa.

MARCO BOATO. Non hai letto gli emendamenti!

NUCCIO CARRARA. Scusa Boato, poi interverrai tu!

PRESIDENTE. Onorevole Boato, la prego di lasciar parlare l'onorevole Carrara.

MARCO BOATO. Signor Presidente, se l'onorevole Carrara parla dei nostri emendamenti dovrebbe dimostrare di averli letti!

NUCCIO CARRARA. Altra questione di contenzioso è riferita al numero dei senatori. Anche sul punto abbiamo constatato che, se noi proponiamo un certo numero, è chiaro che tale numero è sempre «basso», perché loro ne troveranno sempre un altro.
Allora, come giustificano ciò, visto che essi hanno un animo nobile e per loro i costi non contano? Lo giustificano in termini di funzionalità, per cui un Senato con duecento componenti sarebbe più funzionale di un Senato con duecentocinquantadue membri. Ciò, ovviamente, sulla base di parametri tutti loro, che non abbiamo la fortuna di conoscere.

MARCO BOATO. Sulla base delle rappresentanze territoriali, non di parametri tutti nostri! Stai almeno ascoltare!

NUCCIO CARRARA. Non ti arrabbiare!
Noi abbiamo utilizzato un criterio europeo, che ci sembra ragionevole. Abbiamo osservato il comportamento degli altri Stati d'Europa con un numero di abitanti grosso modo uguale al nostro ed abbiamo constatato che noi, già oggi, rientriamo pienamente all'interno della media europea con una percentuale di 1,6 parlamentari per cento mila abitanti. Con la nostra riforma, tale rapporto migliorerà raggiungendo l'1,3 per cento e, in Europa, sotto questo profilo, saremo la nazione più virtuosa, se ci paragoniamo agli altri Stati con un assetto istituzionale simile al nostro.
Vorrei fare un ultimo accenno ai costi. Capisco che in proposito i nostri avversari si innervosiscono, ma i numeri sono duri e resistono anche alle osservazioni più faziose. Le opposizioni aprirono il dibattito dicendo che la nostra riforma sarebbe costata tantissimo (senza dire il motivo e sulla base di quali parametri): noi rispondiamo che già la riduzione dei parlamentari (che alla fine sarà di 176 unità) comporterà per ogni legislatura un risparmio di circa 500 miliardi di vecchie lire. Credo che sia una cifra notevole!
Ritengo che il popolo italiano accoglierà questa nostra determinazione e si sentirà soddisfatto, anche perché era stato assunto un preciso impegno elettorale in questa direzione, che oggi è stato onorato (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza nazionale).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Olivieri. Ne ha facoltà.

LUIGI OLIVIERI. Signor Presidente, mi fa piacere intervenire dopo il collega Carrara,


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e non è la prima volta. Sebbene egli sviluppi ragionamenti assolutamente legittimi con una propria logica, le sue ultime considerazioni sono fortemente omissive: egli, infatti, ha omesso di dire una cosa assolutamente reale, che dovrà essere spiegata al popolo italiano nel momento in cui si terrà il referendum.
Se volete operare un risparmio - che, secondo la vostra logica, è l'unico motivo a sostegno della riduzione del numero dei parlamentari -, perché fate decorrere il vigore di questa norma dal 2011? Perché per altri cinque anni ponete a carico del bilancio dello Stato questo sovrannumero di parlamentari, che deve essere ridotto per ottenere un risparmio? Perché i colleghi della maggioranza non spiegano questo non solamente a noi, ma, in modo particolare, signor Presidente, all'opinione pubblica? Perché, se è così necessario, non attuate un intervento che entri in vigore alla prossima scadenza elettorale (che, se sarà quella naturale, cadrà nel 2006)? Per il semplice motivo che, altrimenti, il Senato non approverà questa riforma! Questa è la verità che va detta agli italiani, onorevole Carrara!

PRESIDENTE. Onorevole Olivieri, non sia pessimista: Senatus mala bestia, senatores boni viri...
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Mantini. Ne ha facoltà.

PIERLUIGI MANTINI. Signor Presidente, anch'io preannuncio con convinzione il mio voto contrario sull'articolo 3, riguardante la composizione del Senato, che credo confermi davvero che non si può parlare di Senato federale.
Cosa sia questa Camera che emerge da tale disegno di legge costituzionale credo debba dirlo la maggioranza che lo propone. Non somiglia al Bundesrat, non somiglia al modello degli Stati Uniti né a quello svizzero, non somiglia neanche al criterio misto di composizione vigente in Spagna, con una designazione che proviene dagli enti delle autonomie territoriali. È una vera anomalia italiana.
Di una cosa do atto al collega Carrara: che abbiamo corretto il bicameralismo perfetto; adesso è imperfetto, anzi direi che è una vera mostruosità di cui vi prendete tutto il merito!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Ruzzante. Ne ha facoltà.

PIERO RUZZANTE. Presidente, noi voteremo contro l'articolo 3. Già il collega Marone e gli altri colleghi dell'opposizione ne hanno spiegato le motivazioni. Ne vorrei aggiungere un'altra, perché è facile fare demagogia fuori da quest'aula e, a volte, anche all'interno di essa, ma resta un dato di fatto.
Abbiamo iniziato questa discussione sulle riforme costituzionali con un voto del Senato che aveva deciso una riduzione del numero dei senatori a duecento e del numero di deputati a quattrocento. A seguito degli emendamenti approvati in quest'aula oggi, avremo una Camera composta da cinquecento deputati, più diciotto eletti nella circoscrizione Estero, e da duecentocinquantadue senatori, più i quaranta aggiuntivi, che così diventano duecentonovantadue.
Il risultato dell'approvazione degli emendamenti voluti dalla maggioranza è che avremo duecentodieci parlamentari in più rispetto a quanto il Senato aveva previsto. Credo che si possa fare ben poca demagogia. Non c'è una riduzione dei parlamentari, ma l'esatto opposto: l'aumento di duecentodieci parlamentari.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Frigato. Ne ha facoltà.

GABRIELE FRIGATO. Anch'io non riesco a trovare motivi sufficienti per esprimere un voto favorevole su questo articolo. D'altronde, come qualche collega ha sottolineato, si tratta della fine del bicameralismo perfetto. Però, mi pare che inauguriamo un sistema del tutto imperfetto, senza una forma precisa e sicuramente pasticciato e privo di una linearità e anche di una sua funzionalità.


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D'altronde, questo Senato federale, così come viene nominato, non assomiglia certamente al Senato federale degli Stati Uniti, dove due senatori, in maniera precisa per ogni Stato, vengono eletti. Non assomiglia neppure al Bundesrat della Repubblica federale tedesca, dove i consigli regionali eleggono i propri rappresentanti nel Senato federale.
Mi pare proprio un tira e molla all'italiana, dove la Lega ci mette ancora il titolo, ma il contenuto è ben altro.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Preda. Ne ha facoltà.

ALDO PREDA. Nella discussione sull'articolo 3, sul quale voteremo in senso contrario in maniera molto convinta, mi dà un po' noia il ragionamento che è stato fatto in questi ultimi giorni sulla virtuosità legata al numero dei membri del futuro Senato federale dal 2011, senza dimenticare che la democrazia costa e senza fare altri ragionamenti.
L'articolo 3, infatti, è un elemento importante della riforma. Il ragionamento che doveva essere fatto in merito all'adeguamento del sistema bicamerale era necessario anche per razionalizzare la forma di Governo e il sistema delle autonomie locali con alcuni nodi: la rappresentanza territoriale, il vincolo di mandato, la composizione, l'organizzazione del Senato, il sistema di elezione e la contestualità. Forse, abbiamo privilegiato altri ragionamenti e non questi che, probabilmente, toccano l'essenza di questa riforma.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Lettieri. Ne ha facoltà.

MARIO LETTIERI. Signor Presidente, il mio voto non può che essere contrario.
Quella scritta oggi con l'istituzione del Senato federale è una pagina certamente non storica. Ho già detto che a tale Senato manca una chiara connotazione federale nella composizione e il vincolo territoriale, che dovrebbe esserci ed invece non c'è.
Vorrei esprimere la mia solidarietà al collega Emerenzio Barbieri perché ha fatto uno sforzo personale. Tuttavia, lo sforzo dell'UDC, che ne ha parlato per un intera estate, non si è visto! Si sta approvando un mostro con la vostra complicità e con il vostro sostegno (Applausi dei deputati del gruppo della Margherita, DL-L'Ulivo)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Boccia. Ne ha facoltà.

ANTONIO BOCCIA. Signor Presidente, intervengo solo per lasciare traccia di una fortissima contraddizione presente nell'articolo in esame sia per quanto riguarda la fase transitoria dei senatori a vita, sia per quanto concerne l'inesistenza di un serio collegamento tra i senatori eletti in elezioni contemporanee con i consigli regionali.
Avevo presentato due emendamenti, uno per disciplinare la fase transitoria della nomina dei senatori a vita e l'altro per stabilire che i senatori fossero eletti in collegamento con il presidente della regione. Né l'uno, né l'altro sono stati accolti dalla maggioranza. Quindi, permangono tutti gli elementi di dubbio e di contrarietà.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Milana. Ne ha facoltà.

RICCARDO MILANA. Signor Presidente, anch'io non posso che esprimere un voto contrario su questo articolo: è l'ennesimo pasticcio che la maggioranza fa alla ricerca di un equilibrio impossibile tra le posizioni e le varie anime che la compongono. Tale pasticcio viene fatto su un argomento molto delicato: si smonta un sistema che da molti punti di vista andava ritoccato ma non si costruisce nulla di nuovo.
Come hanno già detto altri colleghi, questo modello non è simile a nulla e l'equilibrio dei poteri all'interno del Parlamento non esiste più. Da ultimo, il


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collega Boccia ha fatto presente come i senatori eletti non in collegamento con i consigli regionali potrebbero non rappresentare pienamente le autonomie locali che dovrebbero rappresentare.
Quindi, non possiamo che continuare ad essere fermamente contrari.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Delbono. Ne ha facoltà.

EMILIO DELBONO. Cari colleghi della maggioranza, leggendo questo articolo mi pare di ricordare quando alle elementari ci davano un titolo e poi si andava fuori tema. In effetti, l'articolo è rubricato «Struttura del Senato federale della Repubblica», ma il contenuto parla d'altro.
Come hanno detto giustamente i colleghi che mi hanno preceduto, non si tratta di un Senato federale perché non ha alcuna analogia con nessun Senato federale del mondo. Non è neanche tradizionalmente una Camera politica come quella che abbiamo conosciuto fino a ieri. È un pasticcio rispetto al quale la Lega dimostra, ancora una volta, di essere stata «bromurizzata». Si tratta di una funzione inutile perché nel testo scompare qualunque possibilità di incidenza da parte del sistema delle autonomie locali nel processo legislativo. Quindi, siamo veramente fuori tema. Bisognerebbe eliminare la parola «federale» dalla rubrica.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Rosato. Ne ha facoltà.

ETTORE ROSATO. Signor Presidente, in questa Costituzione-Arlecchino che sta emergendo dal dibattito credo che la pezza più colorata sia proprio quella costituita dal Senato federale.
Un Senato che è federale solo nel nome: non si è scelta infatti la strada che sarebbe stata più chiara, che avrebbe potuto essere mutuata dal sistema americano, dove ogni territorio esprime, in un clima di omogeneità nazionale, i suoi rappresentanti; in tal modo, vi sarebbe stata effettivamente una rappresentanza territoriale. Non si è scelto il sistema della designazione, utilizzato in altri paesi, anche europei, che avrebbe consentito di avere, da una parte, la Camera come organo politico, dall'altra parte, un Senato federale come organo di rappresentanza dei territori. Si è scelta invece la strada della demagogia, che ha accontentato un po' tutti all'interno della maggioranza, mentre non si è scelta sicuramente quella che servirà al paese per riscrivere meglio le sue istituzioni.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Ruggeri. Ne ha facoltà.

RUGGERO RUGGERI. Certamente nessuno disconosce alla Lega il merito di avere introdotto il tema del federalismo, che è una battaglia politica anche vera. Vorrei però sentire il ministro in merito alla struttura di questo Senato, che è composto da duecentocinquantadue senatori, eletti in ciascuna regione. Ma dove stanno le autonomie? Dove sta il senso del federale? Questo infatti non c'è!
Rispetto quindi ad una politica che si fa sempre più mediatica e rispetto ai contenuti, dove conta di più quello che si dice e che si grida, certamente la Lega ha raggiunto l'obiettivo di poter dire: abbiamo costruito finalmente un Senato federale. Ma di federale, signor ministro, ci sono solo i senatori eletti in ciascuna regione! Dove sta invece il contenuto? Avete quindi raggiunto - per ora - solo un obiettivo mediatico. Sentiremo i veri federalisti, che per fortuna sono presenti ancora all'interno della Lega.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Banti. Ne ha facoltà.

EGIDIO BANTI. Il voto contrario sull'articolo 3, che anch'io preannuncio, non può non tenere conto del dibattito che si è svolto. Agli atti del Parlamento rimarranno


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le proposte emendative che l'opposizione e in particolare il mio gruppo hanno presentato, ma che sono state respinte. Lo dico perché è troppo facile affermare che, votando contro - come qualche giornale titola questa mattina -, votiamo contro la riduzione del numero dei parlamentari. Mi sembra esattamente il contrario!
Sottolineiamo cioè l'illogicità e la contraddittorietà di una navetta parlamentare che, di volta in volta, aumenta il numero dei parlamentari rispetto al testo normativo iniziale, aumentando gli elementi di confusione e di possibile conflitto rispetto a quelli che c'erano nelle letture precedenti. Il rischio è che si vada avanti così. Ovviamente, il voto contrario è sull'insieme del dibattito che è avvenuto ed è espressivo del giudizio fortemente negativo che esprimiamo.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Giachetti. Ne ha facoltà.

ROBERTO GIACHETTI. Anch'io voterò contro questo articolo, che è l'emblema di una serie di modifiche che hanno come motivo fondante quello che alcuni hanno definito un pasticcio, altri un compromesso, mentre secondo me è solo il frutto di ricatti e veti incrociati che si sono scambiati i partiti della maggioranza.
Al di là delle belle parole del collega Barbieri e di tanti colleghi dell'UDC, si è dimostrato che anche la posizione di tale partito all'interno della maggioranza era una posizione farsa, che tendeva a dare l'immagine di un partito che difende alcuni interessi, anche nazionali, mentre in realtà, all'interno di quest'aula, tale partito ha prodotto, insieme a tutti gli altri - con questo articolo e con i voti fino ad oggi espressi sulle cosiddette riforme costituzionali (in realtà sono riforme che stanno distruggendo la Costituzione!) -, uno sfascio (ma era quello che cercavate!), riducendo a pezzi la nostra Italia, attraverso la modifica della Costituzione in un modo così barbaro (Applausi dei deputati del gruppo della Margherita, DL-L'Ulivo)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Pisapia. Ne ha facoltà.

GIULIANO PISAPIA. Signor Presidente, vorrei annunziare il mio voto contrario sull'articolo 3, sia per le motivazioni già esposte in maniera così adeguata e coerente dall'onorevole Alfonso Gianni, sia perché questo che stiamo per votare non è né un Senato federale, né un Senato regionale, ma un ibrido!
È esattamente l'opposto rispetto alla volontà della maggioranza e di parte dell'opposizione di giungere ad un punto di equilibrio istituzionale derivante dal confronto, dal dialogo, nonché dall'incontro di posizioni opposte.
Per chi, come me ed i colleghi del mio gruppo parlamentare, è decisamente contrario al federalismo, mentre è assolutamente favorevole al decentramento amministrativo, il più ampio possibile, il voto contrario è ancora più convinto (Applausi dei deputati del gruppo di Rifondazione comunista)!

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 3, nel testo emendato.
(Segue la votazione).

PIERO RUZZANTE. Presidente, troppi doppi voti!

RENZO INNOCENTI. Presidente!

PRESIDENTE. Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
(Presenti 419
Votanti 413
Astenuti 6
Maggioranza 207
Hanno votato
234
Hanno votato
no 179).


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Passiamo alla votazione dell'articolo aggiuntivo Fioroni 3.01.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.

GIANCLAUDIO BRESSA. Signor Presidente, si tratta di una richiesta che è stata avanzata dall'Associazione nazionale dei comuni italiani. È un po' stupefacente che il collega Osvaldo Napoli abbia ritirato l'articolo aggiuntivo 3.02, mentre il collega Fioroni ha mantenuto il suo articolo aggiuntivo 3.01.
Siamo convinti che sia un'ipotesi da prendere in considerazione. All'interno del Senato federale viene costituita una Commissione federale per le autonomie, la quale ha competenze precise, relativamente all'iniziativa legislativa, sulle materie che investono direttamente le autonomie locali.
Credo sarebbe un gesto di razionalità esprimere un voto favorevole sull'articolo aggiuntivo in esame.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo aggiuntivo Fioroni 3.01, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 404
Votanti 401
Astenuti 3
Maggioranza 201
Hanno votato
172
Hanno votato
no 229).

Il seguito del dibattito è rinviato al prosieguo della seduta, che sospendo brevemente, prima di procedere all'elezione di un Segretario di Presidenza.

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