Allegato B
Seduta n. 505 del 13/9/2004


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INTERROGAZIONI PER LE QUALI È PERVENUTA RISPOSTA SCRITTA ALLA PRESIDENZA

AMATO. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
presso il ministero delle infrastrutture si è costituita la Consulta Generale per l'Autotrasporto che prevede, tra l'altro, una apposita sottocommissione per i problemi del Mezzogiorno;
quest'ultima Commissione è sicuramente lo strumento adatto ad affrontare i problemi dell'autotrasporto meridionale, sicuramente il più colpito dalle sanzioni previste dal nuovo codice della strada in materie di ore di riposo;
gli autotrasportatori meridionali pagano da decenni la carenza infrastrutturale con condizioni di lavoro pietose, aggravati oggi per colpa di tali carenze anche dal peso di sanzioni amministrative e pecuniarie;
della Commissione VI della Consulta Generale fanno parte associazioni di categoria non radicate nel territorio meridionale;
le associazioni A.I.T.R.A.S. e A.I.A.S. che fanno parte della Consulta Regionale Siciliana che si occupa dell'autotrasporto regionale, in un incontro ufficiale con delegati del ministero delle infrastrutture e dei trasporti hanno chiesto di far parte della VI Commissione per mettere a disposizione la propria competenza al fine di risolvere, oltre che affrontare, i problemi inerenti l'autotrasporto siciliano e meridionale;
tale richiesta non ha avuto ad oggi seguito -:
se il Ministro è a conoscenza dei fatti esposti e se conosca i motivi dell'esclusione delle Associazioni Siciliane dalla VI Commissione;
quali provvedimenti urgenti intenda adottare al fine di convocare tali Associazioni al tavolo tecnico Stato-regioni istituito presso il ministero delle infrastrutture e dei trasporti.
(4-09715)

Risposta. - In merito all'interrogazione in esame, si rappresenta che con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti n. 2284/T del 6 febbraio 2003 è stata istituitala Consulta generale per l'autotrasporto per affrontare le tematiche generali dei settore dell'autotrasporto e della logistica.
Detta Consulta per lo svolgimento della attività ad essa attribuite dal decreto istitutivo si articola in 8 sottocommissioni. Fanno parte di queste gli stessi componenti della Consulta generale; possono essere invitati ai lavori esponenti dei altri soggetti istituzionali o di categoria nonché esperti di settore per l'esame e l'approfondimento di particolari problematiche.
In essa siedono i rappresentanti delle 13 associazioni di categoria degli autotrasportatori presenti nel Comitato centrale per l'Albo nazionale degli autotrasportatori oltre ad esponenti delle istituzioni interessate e del mondo e della produzione e dei servizi. La presidenza è affidata al Sottosegretario di Stato con delega al settore dell'autotrasporto.


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In particolare nella sottocommissione 6 (questioni relative al Mezzogiorno) sono presenti Associazioni di categoria rappresentative a livello nazionale; peraltro sono state convocate anche le associazioni AIAS e AITRAS quando si è trattato di argomenti specifici relativi alla regione Sicilia.
Tali Associazioni continueranno ad essere invitate a partecipare ai lavori tutte le volte che si tratterà di problematiche specifiche della regione siciliana interessanti il settore dell'autotrasporto.
Il Sottosegretario di Stato per le infrastrutture e per i trasporti: Nino Sospiri.

BAIAMONTE. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
il decreto legislativo n. 9 del 15 gennaio 2002, modificando l'articolo 116 del Codice della strada, introduce l'obbligatorietà del possesso di un certificato di idoneità alla guida del ciclomotore a partire dal 1 luglio 2004 per minori di anni 18 e per tutti dal 1 luglio 2005;
questo «patentino» potrà essere conseguito dopo il superamento di un test soltanto teorico nelle autoscuole tradizionali o nelle autoscuole tradizionali o nelle scuole che organizzeranno appositi corsi gratuiti;
il Ministro delle infrastrutture ha provveduto alla definizione di un programma degli argomenti da trattare nei corsi da espletare in 12 ore extracurricolari obbligatorie, che si affiancheranno ad altre 8 da considerare comprese nella più generale «Educazione alla convivenza civile» che fa parte del curriculum di ogni studente;
insieme ai programmi sono stati predisposti moduli e tabulati per i quiz, e quanto necessario per giungere a consegnare entro il 30 giugno di quest'anno circa 1.300.000 certificati;
alla fine del mese di aprile erano stati consegnati poco più di 20.000 certificati e un'indagine informale rileva che se alcune province sono state molto zelanti ed attive, la stragrande maggioranza si trova in pieno caos organizzativo e addirittura molte regioni non hanno neanche cominciato;
stando così le cose e se non si porrà rimedio il 1 luglio moltissimi ragazzi non potranno circolare e chi lo farà rischierà pesanti sanzioni economiche oltre il fermo del veicolo;
sono prevedibili ripercussioni negative sull'industria collegata, che già non naviga in buone acque, e che vedrebbe un calo delle vendite a seguito della oggettiva impossibilità di usare il ciclomotore da parte di ragazzi che non potrebbero che aspettare la ripresa delle scuole per riprendere i corsi gratuiti, dati i costi notevoli dei corsi a pagamento tenuti dalle autoscuole;
siamo di fronte ad una evidente sottovalutazione del problema non solo in fase di esecuzione, ma soprattutto in fase organizzativa -:
quanti certificati di idoneità alla guida dei ciclomotori le istituzioni scolastiche intendano consegnare entro la fine del corrente anno scolastico;
quali misure si intendano adottare per correggere, in corso d'opera ed in tempo utile, le lacune ed i ritardi nella organizzazione dei corsi scolastici gratuiti per il conseguimento del «patentino»;
come si intenda affrontare il problema della scadenza del 1 luglio, nel caso in cui il numero dei certificati di idoneità conseguiti fosse insufficiente;
se non si ritenga opportuno considerare la possibilità di affidare alle Scuole Guida l'organizzazione di un breve corso per il conseguimento del «patentino» per evitare che gli studenti debbano aspettare il nuovo anno scolastico per frequentare il corso medesimo.
(4-10024)


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Risposta. - L'introduzione nell'ordinamento italiano dell'obbligo di dotarsi di un certificato di idoneità alla guida dei ciclomotori rappresenta una misura fortemente voluta dal Governo, che ne ha proposto l'adozione, dalle amministrazioni coinvolte, nonché dal Parlamento che ne ha ratificato sia i contenuti sia i tempi di attuazione.
Tale disposizione, scaturita dalla sentita esigenza della società civile, rappresenta una innovazione importante che pone l'Italia all'avanguardia per il conseguimento dei più elevati standard di sicurezza nel campo della circolazione stradale anche rispetto agli altri Paesi dell'Unione Europea dove si registra analogo provvedimento solo in Portogallo.
Nel caso, l'Unione sta valutando con estremo interesse la possibilità di rendere la misura come obbligatoria in tutti i Paesi europei.
L'intervento riveste un significativo rilievo concorrendo a dare attuazione ad un'altra delle misure del cosiddetto «pacchetto sicurezza stradale» che, nell'ambito del programma del Governo, ha avuto un ruolo prioritario. Esso ha consentito di ottenere, per la prima volta, risultati decisamente positivi con una riduzione della mortalità per incidentalità stradale del 18,41 per cento nel periodo 1o luglio 2003-15 giugno 2004 rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente.
Il ministero dell'istruzione, deputato assieme alle autoscuole alla preparazione dei giovani candidati, avrebbe dovuto disporre, a copertura dei costi da sostenere, l'erogazione gratuita dei corsi, di una quota pari al 7,5 per cento dei proventi derivanti dalle multe mediante il trasferimento da ministero dell'economia e finanze allo stesso dicastero dell'istruzione.
Per definire procedure e linee guida per la realizzazione dei suddetti corsi e per l'effettuazione dei conseguenti esami, già dall'autunno dell'anno 2003 sono stati avviati confronti tra il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e quello dell'istruzione.
In particolare, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha provveduto per tempo ad istruire e qualificare 1.000 propri ulteriori esaminatori che, aggiunti agli oltre 2.500 già abilitati, costituiscono una risorsa idonea alla completa copertura della domanda su tutto il territorio nazionale. Tant'è che, alla data del 29 giugno 2004 risultavano esaminati dal ministero delle infrastrutture e dei trasporti oltre 400.000 candidati a fronte delle 443.000 richieste di prenotazione.
Dei 400 mila candidati, circa 100 mila sono stati respinti mentre 290 mila hanno ottenuto il rilascio dei patentini.
Le richieste, con andamento costante dall'inizio del corrente mese di giugno si sono incrementate di oltre 15 mila unità al giorno. Le strutture del ministero delle infrastrutture e dei trasporti sono comunque in grado di garantire l'esaurimento delle richieste di esame pervenute.
In ogni caso, mentre si evidenzia l'impegno del Ministero dell'istruzione a proseguire anche nel mese di luglio i corsi, si rileva che il dicastero dell'Economia ha confermato la disponibilità dei fondi necessari.
Il ministero delle infrastrutture e dei trasporti è dunque in condizioni di reagire con efficacia al pur elevatissimo picco di domande comportato dalla contemporanea conclusione dei corsi.
Tutte le considerazioni che sono state qui presentate forniscono, ove ve ne fosse ulteriore bisogno, motivi a supporto della necessità di non procedere ad una proroga dell'entrata in vigore del provvedimento in questione, a tutto vantaggio della sicurezza dei cittadini e della credibilità dell' azione di Governo.
Il Viceministro delle infrastrutture e dei trasporti: Mario Tassone.

BALLAMAN e FONTANINI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
dallo scorso anno sono stati rilevati dagli utenti notevoli peggioramenti dei servizi ferroviari in Friuli-Venezia Giulia;
oramai non passa settimana che non si legga sui giornali dell'ennesima protesta dei passeggeri;


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in particolare i pendolari lamentano frequenti ritardi e cancellazione di treni, locomotori vetusti e guasti ricorrenti dovuti anche alla drastica riduzione del personale; sporcizia nei vagoni e nelle toilettes (dove spesso manca anche l'acqua), comunicazioni poco chiare, contraddittorie o del tutto assenti, soprattutto nelle stazioni minori -:
quali interventi il Ministro ritenga di adottare nei confronti di Trenitalia per migliorare questa situazione e se corrisponda al vero che parte del materiale rotabile circolante in Friuli-Venezia Giulia sia stato riciclato perché giudicato inadeguato per la regione Campania ed in particolare per la tratta Circumvesuviana essendo stata prodotta quasi mezzo secolo fa.
(4-08993)

Risposta. - In merito all'atto parlamentare cui si risponde, riguardante la criticità del trasporto ferroviario regionale in Friuli Venezia Giulia, occorre evidenziare che per le regioni a statuto ordinario i servizi di interesse regionale non sono più di competenza statale a seguito dell'attuazione del decreto legislativo n. 422 del 1997 come modificato dal decreto legislativo n. 400 del 1999.
Tali servizi sono pertanto direttamente regolati (in tutti i loro aspetti incluse la qualità e le tariffe) dalle Autorità regionali competenti mediante Contratti di Servizio con Trenitalia spa.
Ciò premesso, Ferrovie dello Stato spa ha riferito che negli ultimi quattro mesi del 2003, per molteplici cause quali guasti ai mezzi di trazione ed inconvenienti all'infrastruttura, la percentuale dei treni in arrivo a destinazione con un ritardo medio entro i cinque minuti è stata dell'86 per cento diversamente dal valore del 92 per cento ormai consolidato negli ultimi tre anni.
Nei primi due mesi dell'anno in corso comunque si è riscontrata una inversione di tendenza essendo stati recuperati infatti ben 5 punti percentuali raggiungendo il valore del 91 per cento.
La Direzione regionale Friuli Venezia Giulia dispone attualmente del seguente materiale rotabile:
a) 18 locomotori di cui 5 E 464 di nuova costruzione in servizio con il nuovo orario e 13 della serie E 646 che nonostante abbiano già 40 anni di vita assicurano una notevole affidabilità di esercizio in linea con la media nazionale;
b) 17 complesso leggeri per un totale di 59 elementi tutti sottoposti a restyling 19 rinnovati nella parte motoria e 24 già climatizzati;
c) 115 carrozze di cui 56 climatizzate secondo un programma che sarà completato entro il 2004.

Per quanto riguarda il personale, negli uitimi due anni sono stati assunti con contratto di formazione lavoro 29 macchinisti ed altri 16 nel mese di febbraio 2004.
In tal modo sono saliti a 189 unità gli organici del personale di macchina; anche se per consentire la necessaria formazione soltanto 160 sono disponibili per il servizio.
Inoltre nel 2003 sono stati assunti e sono già in servizio 31 nuovi capitreno mentre altri 3 attualmente in fase di formazione sono stati assunti nel mese di febbraio 2004. Il settore scorta ha raggiunto così le 136 unità.
Nello stesso periodo sono stati assunti 83 addetti al settore manutenzione.
Considerate anche queste nuove risorse è stato possibile per la Direzione Friuli Venezia Giulia raggiungere un accordo quadro con le organizzazioni sindacali firmatarie del contratto di lavoro e con le RSU che consentirà di evitare le soppressioni programmate dei treni e aumentando i tempi destinati alla manutenzione renderà più affidabile il materiale rotabile.
Per quanto riguarda la pulizia dei treni la Direzione in questione si è attivata presso la società affidataria della pulizia del materiale rotabile sollecitando al rispetto delle norme contenute nel contratto di appalto ed al raggiungimento del livello qualitativo previsto.
Relativamente alla questione riguardante l'informazione al pubblico nelle stazioni la stessa Direzione è intervenuta


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presso le strutture periferiche di Rete Ferroviaria Italiana s.p.a. affinché il servizio sia reso nella maniera più completa possibile.
Circa infine l'ipotizzata provenienza dalla Campania del materiale rotabile utilizzato per il trasporto regionale in Friuli Venezia Giulia si informa che la circolazione sulla linea Circumvesuviana è gestita da una società di trasporto che non fa parte del Gruppo Ferrovie dello Stato spa per cui non sono pensabili trasferimenti di materiale rotabile.
Il Sottosegretario di Stato per le infrastrutture e per i trasporti: Nino Sospiri.

BELLINI. - A Ministro delle attività produttive, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
le recenti operazioni di Telecom, volte ad una drastica riduzione e concentrazione delle collaborazioni con aziende collegate e dislocate sul territorio nazionale, stanno causando un'inaccettabile riduzione occupazionale all'intero indotto, mettendo seriamente in discussione il principio di libera concorrenza;
dalla privatizzazione di Telecom (1997), le aziende operanti nel settore sono passate da circa trenta a meno di dieci unità, riducendosi in questo modo il livello di concorrenzialità e di economicità del mercato, con una contrazione conseguente del numero dei lavoratori occupati e incoraggiando la concentrazione delle collaborazioni a favore delle aziende di notevoli dimensioni;
negli ultimi mesi, hanno cessato le loro attività, sono fallite o sono in via di chiusura numerose aziende del settore quali: CET, Retegamma, Padovani SEIT, ITEA, CITE ed ETS con conseguente perdita di migliaia di posti di lavoro e competenze;
in particolare, in queste ultime settimane una delle tante aziende del settore che operano con Telecom, la CITE di Firenze, a causa della crisi economica in cui sta versando, è in trattativa, con il coinvolgimento delle rappresentanze sindacali, per essere ceduta ad altra azienda del settore che ne garantisca gli attuali livelli occupazionali;
al momento della stipula dell'accordo, le suddette trattative si sono inaspettatamente interrotte a causa del comportamento del possibile acquirente, l'azienda aretina CIET, che ha proposto unilateralmente l'assunzione di solo il 50 per cento dei lavoratori della CITE (100 unità su 210 lavoratori), peraltro a quanto risulta all'interrogante, a condizioni salariali inferiori rispetto ai livelli attuali;
quello che all'interrogante appare un'inaccettabile cambio di strategia della suddetta possibile azienda acquirente, la CIET, è stato riconfermato in questi ultimi giorni, nonostante l'intervento della Regione Toscana che ha sostanzialmente appoggiato le richieste del sindacato, volte a garantire un futuro certo sia ai lavoratori interessati, sia alle attività e le competenze della CITE -:
ad avviso dell'interrogante, la strategia aziendale di Telecom, in particolare in relazione con le sopra indicate vicende legale all'azienda CITE potrebbe, di fatto, costituire forma di turbativa di mercato volta a ledere la libera concorrenza e a favorire la concentrazione delle collaborazioni a discapito dell'intero settore, tali da richiedere l'urgente intervento dell'autorità garantire della concorrenza e del mercato;
quali iniziative urgenti si intendano assumere a favore dell'intero indotto collegato a Telecom, al fine di assicurare il mantenimento dei livelli occupazionali attuali e le competenze dislocate sul territorio.
(4-09953)

Risposta. - La situazione relativa alle imprese richiamate nell'atto ispettivo cui si risponde risulta caratterizzata come appresso specificato.
Le imprese di rete che hanno stipulato un contratto con Telecom Italia spa per la


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realizzazione della rete di accesso e di trasporto 2004-2005, alla data del 1o gennaio 2004, erano 16 e sono diventate 14 in quanto ETS e CITE hanno recentemente affittato il loro ramo d'azienda ad altre imprese di rete.
Sul tema delle concentrazioni, non risulta che Telecom Italia abbia adottato una politica in tal senso visto che per il 2004-2005 sono stati rinnovati i contratti con tutte le imprese che li avevano alla fine del 2003; è piuttosto la logica naturale del mercato che spinge le imprese, che meglio hanno saputo reagire ai cambiamenti degli ultimi anni, ad assorbire quelle che hanno maggiori difficoltà.
È vero, infatti, che negli ultimi anni la minore espansione della rete telefonica fissa, la continua semplificazione e ottimizzazione dei processi operativi, la riduzione progressiva delle tariffe e dei prezzi legata alla situazione di libero mercato hanno comportato una riduzione degli appalti specifici da parte di tutti i gestori di telecomunicazioni, compresa la stessa Telecom Italia spa.
Nel 2004, non sono stati rinnovati i rapporti contrattuali con le imprese ITEA (prima in amministrazione straordinaria e poi vendita nel 2003 a CEIT), Rete Gamma (rilevata nel 2003 da altre imprese di rete) e CET (non rilevata da altre imprese di rete ma con una quota parte del personale assunto da CEIT, CITE e ICOT TEC in funzione dei volumi riassegnati da Telecom) perché dichiarate fallite ma, in ogni caso, Telecom Italia ha riversato i volumi di attività relativi alle aree di operatività delle suddette aziende su quelle imprese di rete che avevano preso le aziende e le maestranze delle imprese fallite.
Telecom Italia spa ha, inoltre, mantenuto inalterati per il 2004 i volumi contrattuali totali previsti per le aziende CITE ed ETS, trasferendo tutta la parte rimanente alle società che hanno affittato i loro rami d'azienda (CIET e SIELTE).
Il Sottosegretario di Stato per le attività produttive: Mario Carlo Maurizio Valducci.

BIELLI. - Al Ministro delle attività produttive, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
il decreto del Presidente della Repubblica 26 agosto 1993, n. 412, è il regolamento attuativo dell'articolo 4, comma 4 della legge 9 gennaio 1991, n. 10 e riguarda la progettazione, l'installazione, l'esercizio e la manutenzione degli impianti termici;
il decreto del Presidente della Repubblica 21 dicembre 1999, n. 551, è intervenuto modificandone alcune parti;
dal combinato disposto di questi provvedimenti si evincono una serie di definizioni che aiutano a comprendere cosa debba intendersi per «terzo responsabile» e per «contratto servizio energia»: per «terzo responsabile dell'esercizio e della manutenzione dell'impianto termico»: la persona fisica o giuridica che, essendo in possesso dei requisiti previsti dalle normative vigenti e comunque di idonea capacità tecnica, economica, organizzativa, è delegata dal proprietario ad assumere la responsabilità dell'esercizio, della manutenzione e dell'adozione delle misure necessarie al contenimento dei consumi energetici»; per «contratto servizio energia»: l'atto contrattuale che disciplina l'erogazione dei beni e servizi necessari a mantenere le condizioni di comfort negli edifici nel rispetto delle vigenti leggi in materia di uso razionale dell'energia, di sicurezza e di salvaguardia dell'ambiente, provvedendo nel contempo al miglioramento del processo di trasformazione e di utilizzo dell'energia»;
inoltre in ossequio all'ultimo capoverso del comma 1 dell'articolo 11 dello stesso decreto del Presidente della Repubblica 412 del 1993 così come modificato dal decreto del Presidente della Repubblica 551 del 1999, si evince che: Il ruolo di terzo responsabile è incompatibile con il ruolo di fornitore di energia per il medesimo impianto, a meno che la fornitura sia effettuata nell'ambito di un contratto di servizio energia, con modalità definite con decreto del Ministro dell'industria,


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del commercio e dell'artigianato, di concerto con il Ministro delle finanze;
la legge n. 10 del 1991 stabilisce (articolo 31, comma 4) che i contratti relativi alla fornitura di energia e alla conduzione degli impianti che siano in contrasto con la legge stessa sono nulli;
la stessa legge prevede all'articolo 34, comma 5 che nel caso di sottoscrizione di contratti nulli vi siano sanzioni a carico dei sottoscrittori pari a un terzo dell'importo del contratto;
il Ministero delle attività produttive, da solo o in concerto con il Ministro delle finanze, non ha mai emanato decreti regolamentanti i cosiddetti contratti di servizio energia;
il Ministro delle finanze con risoluzione n. 103/E del 20 agosto 1998 ha chiarito che ai contratti di servizio energia per uso domestico, di cui all'articolo 1, comma 1, lettera p) del decreto del Presidente della Repubblica 26 agosto 1993, n. 412, l'imposta di valore aggiunto si applica con l'aliquota del 10 per cento, ai sensi delle disposizioni recate dal punto 122, della tabella allegato A, parte III, al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633;
il ministro delle finanze con circolare n. 273, del 23 novembre 1998 ha dato, per quanto di sua competenza, indicazioni relativamente all'applicazione dell'Aliquota IVA del 10 per cento ai contratti di servizio energia, precisando tra l'altro che:
a) l'uso domestico degli edifici a cui è asservito l'impianto termico è condizione obbligatoria per l'applicazione dell'aliquota IVA ridotta al 10 per cento;
b) deve essere misurata e contabilizzata con idonei apparecchi l'energia termica consumata;
c) tale contabilizzazione deve essere effettuata in Joule o Watt/ora;
d) deve essere effettuata la diagnosi energetica preventiva dell'edificio e dell'impianto e ad essa deve essere commisurata la tariffa;
e) deve essere definito il coefficiente di consumo specifico dell'edificio, espresso in kJ/mc/GG o kWh/mc/GG;
f) deve essere prevista nel contratto l'introduzione di tecnologie che consentano risparmio energetico (coibentazione, generatori a elevato rendimento, regolatori automatici della temperatura nelle singole unità immobiliari, eccetera) o l'uso di fonti rinnovabili;
g) la semplice gestione dell'impianto di riscaldamento non può essere considerata fornitura di energia -:

se intendano adottare le opportune iniziative per chiarire se allo stato attuale, mancando i decreti previsti dall'articolo 11, comma 1 del decreto del Presidente della Repubblica 412 del 1993 (così come modificato dal decreto del Presidente della Repubblica 551 del 1999) non possono essere sottoscritti e/o proposti i contratti di servizio energia così come indicati dalla lettera p) dell'articolo 1 del decreto del Presidente della Repubblica 412 del 1993; nonché se per il motivo di cui sopra, nel caso di contratti di servizio energia non rispondenti a tutte le indicazioni della citata circolare del Ministero delle finanze (n. 173 del novembre 1998), questi debbono considerarsi nulli.
(4-06178)

Risposta. - È in corso di attuazione da parte dello Stato italiano la direttiva 2002/91/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 16 dicembre 2002 sul rendimento energetico dell'edilizia, come disposto dalla legge 31 dicembre 2003, n. 306 (legge comunitaria 2003).
In tale contesto verranno anche emanate le disposizioni concernenti i contratti di servizio energia previste dall'articolo 11 del decreto del Presidente della Repubblica n. 412 del 1993.
In merito all'osservazione riportata nello stesso atto di sindacato ispettivo inerente i contratti di energia non rispondenti a tutte le indicazioni della circolare del ministero


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delle finanze n. 173 del novembre 1998, si evidenzia, per quanto di competenza, che tali contratti sono da considerarsi nulli.
Il Sottosegretario di Stato per le attività produttive: Giovanni Dell'Elce.

BIELLI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
la stampa locale riporta la notizia dell'approvazione, da parte del consiglio di amministrazione dell'ANAS, del progetto presentato dalla «Ili spa» riguardo alla realizzazione di mille chilometri di autostrade, per un totale di euro 18 miliardi di investimento, che prevedono anche la realizzazione del tratto Mestre-Cesena, E 55, e la sistemazione della E 45;
sembrerebbe che la E 55 e la E 45 facciano parte di un unico progetto, ora in attesa del pronunciamento da parte del CIPE;
i progetti specifici per la sistemazione e la messa in sicurezza della E 45, sono pronti alcuni dei quali già approvati dall'ANAS, altri immediatamente cantierabili, altri ancora in fasi meno avanzate ma quello che è certo è che al momento la transitabilità della Superstrada E 45, da sempre unica alternativa all'A1, è precaria e a rischio -:
se corrispondano al vero le notizie riportate dalla stampa e, in tal caso, in quale stato versi il progetto della «Ili spa» riguardo alla Mestre-Cesena e quali siano le connessioni con i ventilati lavori previsti per la E 45; quale sia l'entità dei finanziamenti previsti e le ipotesi riguardo alla loro fonte, sia per l'intero progetto che per gli specifici interventi di sistemazione e messa in sicurezza della E 45; se corrisponda al vero, inoltre, la ventilata ipotesi della gratuità, per i residenti del tratto appenninico (Valsavio), del transito sulla E 45, nel caso che tutta la tratta diventi autostrada.
(4-09473)

Risposta. - Con riferimento all'interrogazione in argomento si fa presente che la proposta di finanza di progetto della ILI spa, si inquadra nel disposto dell'articolo 37-bis della legge n. 109 del 1994.
Come tale, la proposta al soggetto aggiudicatore ANAS spa contiene un progetto di fattibilità ed uno schema di piano finanziario che mette insieme due delle opere programmate, in attuazione della legge obiettivo n. 443 del 2001, con la Delibera del CIPE n. 121 del 21 dicembre 2001. Tali opere sono la nuova infrastruttura autostradale E55 (Nuova Romea) da Mestre a Cesena ed il potenziamento della E45 Cesena-Orte.
L'approvazione del consiglio di amministrazione dell'ANAS riguarda, come previsto dalla legge, soltanto la decisione di prendere in considerazione la proposta.
Il proponente dovrà quindi approntare in progetto preliminare (con standard da legge obiettivo) con Studio di impatto ambientale e Piano finanziario da sottoporre al ministero delle infrastrutture e dei trasporti, agli altri ministeri e regioni interessati per pervenire alla proposta di approvazione da parte del CIPE.
Il progetto preliminare approvato con VIA, localizzazione urbanistica piano finanziario ed ipotesi di finanziamento, sarà successivamente posto in gara per l'assegnazione,
ex articolo 37-bis legge n. 109 del 1994, in concessione al proponente o ad altro soggetto risultante aggiudicatario.
Il raggiungimento di questa ultima fase è prevedibile richieda circa due anni di tempo da oggi.
In merito ai contenuti della proposta di finanza presentata, l'ANAS spa riferisce che nella tratta tra Ravenna sud ed Orte il tracciato coincide praticamente con quello della E45 della quale si propone la riqualificazione mediante interventi di adeguamento in sede con esclusione di alcuni tratti di modesta entità dove l'ampliamento prevede la realizzazione di una o entrambe le carreggiate con modifiche plano-altimetriche sul tracciato attuale come nella variante di San Pellegrino e nella variante di Verghereto.
La società stradale informa che nel tratto compreso tra l'intersezione con l'A14 «Adriatica» ed Orte, l'autostrada presenta


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una configurazione di svincoli ravvicinati costituiti dagli svincoli esistenti dell'itinerario E45. Il sistema di esazione del pedaggio è previsto di tipo tradizionale aperto configurato con otto barriere in asse autostradale di seguito elencate:
a) Cesena sud tra San Vittore e San Carlo;
b) Sansepolcro tra San Giustino e Selci/Lama;
c) Perugia nord tra Villa Pitignano e Collestrada;
d) Perugia sud tra Madonna del Piano e Torgiano;
e) Fratta Todina tra Prantalla /Collazione e Fratta Todina/Monte Castello;
f) Acquasparta tra Acquasparta/Spoleto e Montecastrilli/Avigliano;
g) Terni tra Terni e Narni Scalo/San Gemini;
h) Orte-interconnessione con l'A1.

Essendo tutti gli svincoli privi di casello, quelli interni a due barriere consecutive risultano liberalizzati e quindi non soggetti a pedaggio.
L'ANAS rende noto, infine, che la fonte, l'entità dei finanziamenti, nonché la fattibilità dell'intera proposta presentata saranno oggetto di valutazione da parte del CIPE in sede di approvazione del progetto preliminare ai sensi dell'articolo 8, comma 4 del decreto legislativo n. 190 del 2002.
Il Viceministro delle infrastrutture e dei trasporti: Ugo Martinat.

BOCCIA, ADDUCE, LETTIERI, LUONGO, MOLINARI e POTENZA. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
nella riunione tra i magistrati e gli avvocati del distretto di Potenza di giovedì 16 ottobre 2003 è stata confermata la sospensione del servizio di stenotipia sino al 31 dicembre 2003 ed oltre, per mancanza di fondi;
tale sospensione perdura dal luglio 2003 e già nei mesi precedenti il servizio aveva subito sensibili contrazioni; le società che forniscono detto servizio presso i quattro tribunali della Basilicata, lungamente stremate, sono state infine costrette a licenziare i propri dipendenti e a sospendere dal lavoro i propri soci;
nella lettera del 1 ottobre 2003 inviata dai responsabili delle società di stenotipia al presidente della Corte d'appello di Potenza, dopo che l'attività dibattimentale era ripresa regolarmente o quasi in tutti i tribunali d'Italia, si legge che gli stessi, al fine di interrompere la sospensione del servizio: «si dichiarano disposti a riprendere il servizio e, come certamente avviene per tutte le altre società d'Italia che pure non sono state castigate come quelle che operano in Lucania, ad attendere per il pagamento delle fatture la disponibilità dei fondi a seguito del recente assestamento del Bilancio dello Stato o di altra provenienza o, infine, con gli stanziamenti previsti per la prossima finanziaria;
rinunciano «alla corresponsione di eventuali interessi o di altri risarcimenti nel caso che il pagamento di quanto loro spettante si dovesse protrarre oltre i tre mesi dalla data di emissione delle fatture e sino a quando non saranno messe a disposizione dalla Corte di appello di Potenza le risorse finanziarie necessarie per soddisfare il pagamento del servizio»;
il Ministero ha detto a tutte le Corti d'appello d'Italia di realizzare economie ed ha ridotto le assegnazioni finanziarie -:
quali iniziative intenda assumere per evitare la dannosa sospensione del servizio di stenotipia presso il tribunale di Potenza.
(4-07935)

Risposta. - Si comunica che per l'anno 2003 conformemente allo stanziamento previsto con la legge di bilancio, è stato possibile assegnare al presidente della Corte di appello di Potenza - in qualità di funzionario delegato - per le esigenze degli uffici giudiziari del distretto, fondi per un ammontare complessivo di euro 559.500,00.


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Si evidenzia, a tal riguardo, che le problematiche relative alla incidenza della spesa per il servizio di verbalizzazione delle udienze penali rivestono carattere generale ed interessano tutti gli uffici giudiziari a livello nazionale.
Infatti, consapevole delle difficoltà in cui versano gli uffici giudiziari nella gestione del servizio di documentazione degli atti processuali ed in considerazione dell'andamento crescente della relativa spesa, la competente direzione generale ha avviato utili iniziative volte a definire anche nell'ambito di metodologie rese disponibili dall'evoluzione tecnologica, un notevole miglioramento in termini di efficacia, efficienza ed economicità del servizio.
È, infatti, in corso di definizione un progetto di ristrutturazione del servizio, sotto il profilo sia tecnico che amministrativo.
A tale scopo, sono allo studio un capitolato tecnico per la predisposizione di una gara che prevede la sostituzione delle apparecchiature di registrazione e una analisi delle varie problematiche esistenti in materia, attraverso una ricognizione sul territorio nazionale, tesa ad acquisire i dati conoscitivi sulla natura ed i costi delle prestazioni oggetto dei contratti stipulati dagli uffici giudiziari.
Il Ministro della giustizia: Roberto Castelli.

BORRIELLO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
la Marsica è stata di recente oggetto di una recrudescenza di reati contro il patrimonio, in particolare furti in appartamenti, consumati da criminalità, anche di origine extracomunitaria, proveniente da altre zone, che approfitta della relativa tranquillità goduta sino a poco tempo fa dai cittadini abruzzesi;
nelle operazioni più recenti si è dovuti ricorrere agli agenti del Corpo forestale di Avezzano (L'Aquila), essendo insufficienti le Forze di polizia attualmente presenti sul territorio -:
se non intenda con sollecitudine rafforzare la presenza dello Stato ed il controllo del territorio, provvedendo all'istituzione di un distretto di polizia nella città di Avezzano, con organico adeguato e contestualmente, nell'ambito della ridistribuzione sul territorio della provincia dell'Aquila delle caserme dell'Arma dei Carabinieri, trasferire la compagnia oggi di stanza ad Avezzano nella città di Celano (L'Aquila).
(4-05544)

Risposta. - In merito all'interrogazione parlamentare in esame, si comunica che, secondo quanto riferito dal prefetto de L'Aquila, la situazione dell'ordine pubblico nella città di Avezzano e nel comprensorio della Marsica non denota profili di particolare preoccupazione.
Negli ultimi anni si è registrata una tendenza alla diminuzione dei reati di tipo predatorio, soprattutto per quanto riguarda i furti, i cui autori sono spesso risultati stranieri.
Le denunce per tale tipo di reato, infatti, sono passate dalle 1.215 del 2000, alle 975 del 2001, alle 977 del 2002, fino alle 716 del 2003; nel primo quadrimestre dell'anno in corso, le denunce per tale reato sono state 202, contro le 183 dello stesso periodo del 2003.
Le rapine, che erano state 44 nel 2000, sono state 27 nel 2001, 20 nel 2002 e 10 nel 2003; nel primo quadrimestre dell'anno in corso, le denunce per tale reato sono state 3, contro le 4 dello stesso periodo del 2003.
Un andamento diverso hanno avuto le truffe, passate dai 54 episodi denunciati nel 2000, agli 88 del 2001, ai 77 nel 2002, ai 493 del 2003; nel primo quadrimestre dell'anno in corso, le denunce per tale reato sono state 54, contro le 20 dello stesso periodo del 2003.
L'aumento delle truffe, in realtà, è dipeso solo in parte da attività delinquenziali legate al territorio: centinaia di denunce, infatti, sono state determinate da raggiri eseguiti via internet, di cui sono stati vittime incauti «navigatori» che avevano attivato numeri telefonici particolari, vedendosi poi addebitare bollette onerosissime.


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Per quanto riguarda gli organici delle forze dell'ordine di Avezzano, si fa presente che il Commissariato di pubblica sicurezza dispone, secondo una rilevazione del maggio scorso, di 57 dipendenti appartenenti ai ruoli ordinari ed uno appartenente ai ruoli tecnici della polizia di Stato, contro una previsione organica di 36 operatori; a tale personale debbono aggiungersi 9 impiegati dei ruoli dell'amministrazione civile dell'interno che contribuiscono alla funzionalità della struttura svolgendo compiti amministrativi.
La stessa questura de L'Aquila dispone di un numero di dipendenti maggiore rispetto alle previsioni organiche nei ruoli della polizia di Stato (52 unità in più, pari al 18 per cento), in un contesto nazionale che vede una carenza media di personale, per le questure, del 4 per cento.
Naturalmente, le mutate condizioni del territorio marsicano e della provincia de L'Aquila potrebbero richiedere ulteriori adeguamenti degli organici della polizia di Stato; di ciò si terrà conto in occasione delle prossime immissioni in servizio di personale, compatibilmente con le analoghe esigenze di potenziamento di altri uffici e reparti della polizia di Stato in tutto il territorio nazionale.
A breve è, comunque, previsto l'avvio, ad Avezzano, del servizio del «Poliziotto e carabiniere di quartiere», per il quale sono stati assegnati altri 4 agenti al locale commissariato di pubblica sicurezza.
L'Arma dei Carabineri dispone, in quel comune, di un comando compagnia dal quale dipendono 13 stazioni, con una forza effettiva di 133 militari, 2 in più rispetto alle previsioni organiche.
Il comando generale dell'Arma ha comunicato che al momento non sono previste revisioni di tale dispositivo territoriale.
Infine, il prefetto de L'Aquila ha precisato che non trova riscontro l'affermazione per cui personale del Corpo Forestale dello Stato sarebbe stato impiegato per far fronte a insufficienze di organico delle altre forze di polizia.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Alfredo Mantovano.

BRICOLO. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
in data 23 gennaio 2004 il Centro Studi Giuseppe Federici (CSGF) aveva richiesto l'utilizzo della sala comunale del Quartiere 4 di Rimini per la conferenza sul tema: «Il martirio del Libano. Il dramma dell'unica nazione cristiana del Medio Oriente» che si sarebbe dovuta tenere il 21 febbraio 2004. Il CSGF aveva specificato che tra i relatori della conferenza sarebbe stato presente un cittadino di origine libanese;
in data 27 gennaio 2004 il Presidente del Quartiere 4 aveva concesso l'utilizzo della sala senza obiettare sulle modalità, sul programma e sui relatori della conferenza in programma;
in data 12 febbraio durante lo svolgimento del Consiglio comunale di Rimini, un Consigliere appartenente al Gruppo parlamentare dei DS ha chiesto ufficialmente che fosse revocato il permesso per la concessione della sala per motivi di ordine pubblico senza del resto motivare il paventato pericolo;
in data 13 febbraio 2004 il Presidente del Quartiere 4 ha comunicato al CSGF che al momento la richiesta della concessione della sala era stata congelata a seguito della comunicazione pervenuta dal Sindaco di Rimini al fine di poter predispone i dovuti accertamenti sui reali motivi inerenti a possibili problemi di ordine pubblico;
il18 febbraio 2004 il Corriere di Rimini ha pubblicato un comunicato - che all'interrogante sembra provocatorio per l'utilizzo di un linguaggio intimidatorio - scritto dal segretario provinciale di Rifondazione comunista Pierpaolo Gambuti, nella quale si chiedeva al Comune di revocare il permesso della concessione della sala altrimenti si sarebbe organizzata una contromanifestazione volta, a detta del Grimoldi ad impedire al «falangista libanese» di poter parlare;
in data 21 febbraio 2004 il Presidente del Consiglio del Quartiere 4 comunica al CSGF con raccomandata che pur se considerato


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che il Sindaco del comune di Rimini ha comunicato che non sussistono problemi di ordine pubblico demandando alla facoltà del Presidente di Quartiere 4 di decidere se vi è l'opportunità politica di svolgere tale manifestazione lo stesso ha deciso che l'autorizzazione precedentemente concessa veniva revocata in quanto l'iniziativa era da ritenersi non compatibile con l'attività istituzionale del Quartiere;
secondo l'interrogante la discrezionalità basata su una valutazione di opportunità politica non può andare a ledere quelli che sono i principi fondamentali sanciti dalla nostra Costituzione articolo 21 della Costituzione: «Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione» -:
se la competente questura abbia ravvisato motivi di ordine pubblico che ostano all'anzidetta riunione.
(4-09752)

Risposta. - Si comunica che, il Centro Studi Giuseppe Federici, con sede in Santarcangelo di Romagna, il 27 gennaio 2004 ha ottenuto dal comune di Rimini l'autorizzazione ad utilizzare la sala del Quartiere 4, per lo svolgimento di una conferenza sul tema «Il martirio del Libano: il dramma dell'unica Nazione Cristiana del Medio Oriente», il cui relatore doveva essere il signor Nassib Wehbè, già militante della Falange Libanese.
Successivamente, il prefetto di Rimini, interpellato al riguardo dal comune, anche in relazione alle richieste di un consigliere comunale, ha comunicato che non risultavano motivi ostativi allo svolgimento della conferenza promossa dal circolo Federici e che, in atto, da parte della competente autorità di pubblica sicurezza, per ragioni di ordine pubblico, non sussistevano i presupposti per il divieto della stessa.
Ciononostante, il sindaco ha revocato l'autorizzazione all'utilizzo della sala, avendo il presidente del quartiere ritenuto l'iniziativa non compatibile con l'attività propria dell'istituzione locale.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Alfredo Mantovano.

BRIGUGLIO. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
le Isole Eolie soffrono di collegamenti marittimi penalizzati da una carenza qualitativa e quantitativa dei mezzi in dotazione della società di navigazione Siremar;
in particolare la flotta degli aliscafi è composta da mezzi obsoleti e inadeguati, in servizio da oltre 25 anni, che dovrebbero essere sostituiti dopo 15 anni di attività, mentre la flotta delle navi è dotata di mezzi che hanno ormai 28-30 anni di vita e che si presentano antiquati e inadatti al servizio;
non si è tuttora provveduto, come previsto, alla consegna alla Siremar di n. 4 aliscafi nuovi, destinati alle Eolie;
occorre, a giudizio dell'interrogante, nel nuovo piano quinquennale del Ministero dei Trasporti, un riassetto qualitativo e quantitativo delle unità di naviglio in dotazione della Siremar e la conseguente sostituzione di n. 4 unità;
i disservizi nei collegamenti marittimi con le Isole Eolie peraltro provocano gravi disagi alla popolazione, all'economia locale e all'immagine dell'arcipelago -:
se intendano assumere i provvedimenti necessari per far fronte ai problemi sopra riportati.
(4-08859)

Risposta. - In merito alle problematiche evidenziate con l'atto ispettivo cui si risponde, si fa presente che la situazione della flotta della società Siremar è ben nota all'amministrazione interrogata la quale condivide pienamente la necessità di impiego di naviglio più giovane e più rispondente alle esigenze dell'utenza.
Giova porre in luce, tuttavia, che i lamentati disservizi nei collegamenti sono dovuti per lo più, non tanto alla vetustà dei mezzi, quanto alle frequenti condizioni meteomarine avverse che si registrano nei settori di operatività.
Si rappresenta, comunque, che il decreto interministeriale 9 marzo 2004, registrato


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alla Corte dei conti in data 1o aprile 2004, approvante la proposta di variante al piano quinquennale 2000/2004 avanzata dalla società Tirrenia, prevede anche alcuni interventi di riorganizzazione dei servizi svolti dalla società Siremar.
Tali interventi consistono nell'assegnazione alla predetta società Siremar di n. 5 aliscafi di nuova costruzione, di cui uno da impiegare per i collegamenti con Ustica, uno con le Egadi e tre con le isole Eolie.
L'entrata in esercizio del primo nuovo aliscafo è prevista nel corso della corrente stagione estiva.
Il Viceministro delle infrastrutture e dei trasporti: Mario Tassone.

BULGARELLI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
la situazione operativa del Tribunale di Rimini è caratterizzata da anni da gravi carenze di organico, con grave pregiudizio per l'amministrazione della giustizia e l'efficienza del servizio; dall'anno 2000 in poi il numero dei magistrati effettivamente in servizio è sempre stato altamente carente, giacché le presenze sono state 13.6 nel 2000, 14.5 nel 2001, 13.8 nel 2002 ed infine 15.5 nel 2003;
come sottolineato dal Presidente del Tribunale, Pierfrancesco Casula, in data 1 marzo 2004 in una lettera rivolta agli enti e alle autorità locali, nonostante ciò l'andamento generale del servizio è negli ultimi mesi migliorato ma solo grazie all'abnegazione del personale; la situazione complessiva continua infatti ad essere drammatica: le vacanze sono 15 sullo striminzito organico di 77 posti e pertanto le scoperture sono ormai al 20 per cento; 10 dei 15 posti vacanti si collocano nelle qualifiche superiori, sicché rispetto ai 33 posti previsti nelle predette qualifiche i posti vacanti sfiorano il 30 per cento e in tal modo l'intera organizzazione amministrativa viene resa acefala; gli aiuti locali (stagisti, borsisti) che vengono dal comune, dalla provincia e dalle università e che invece non sono venuti da altri interlocutori istituzionali cui erano stati richiesti, servono solo per garantire la sopravvivenza quotidiana; la gran parte del personale, capace e generoso, si adopera al massimo, senza neppure la garanzia di retribuzione del lavoro straordinario; la maggiore presenza di magistrati comporta ovviamente maggiori oneri che le cancellerie non sono più in grado di assorbire con conseguenti ripercussioni negative anche sul possibile ulteriore aumento di produttività; nel settore del dibattimento penale, ad esempio, non è possibile aumentare ulteriormente il numero di udienze proprio perché il personale addetto alle udienze opera da tempo ultra vires e non può essere aumentato neppure di un'unità;
ciononostante il Ministero ritiene di non dare corso ad alcun trasferimento, pur richiesto da non pochi aspiranti, nell'attesa, ormai addirittura triennale, della definizione di un contenzioso sindacale nazionale;
l'insufficienza sempre più evidente delle risorse amministrative di mezzi e di personale rischia in tal modo di vanificare i positivi risultati sopra evidenziati -:
quali siano i motivi che impediscono di intervenire efficacemente sull'organizzazione amministrativa del tribunale di Rimini, potenziandone adeguatamente l'organico al fine di consentire il puntuale espletamento del carico di lavoro che grava su di esso.
(4-09383)

Risposta. - Il tribunale di Rimini ha beneficiato dell'ampliamento di un posto di giudice in occasione della ripartizione del primo contingente dei 546 posti di magistrato recati in aumento con la legge n. 48/2001, realizzata con decreto ministeriale 23 gennaio 2003 in corrispondenza delle prove scritte del primo dei concorsi per uditore giudiziario, bandito ai sensi dell'articolo 18 della medesima legge.
Per effetto del provvedimento citato l'attuale pianta organica del personale di magistratura dell'ufficio in questione risulta


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composta da: un presidente, un presidente di sezione, diciassette giudici, per un totale di 19 membri.
Allo stato non risultano posti vacanti.
I giudici onorari presenti sono 10 e su un organico di 5 giudici onorari aggregati risulta 1 vacanza.
Al riguardo si evidenzia che tale intervento, con il quale sono stati ripartiti 234 dei predetti 546 posti, era rivolto principalmente a soddisfare le esigenze operative rilevate nei superiori gradi di giudizio (Corte di cassazione e Corti di appello), interessati da significativi incrementi del rispettivo carico di lavoro, nonché a realizzare l'istituzione delle piante organiche dei magistrati distrettuali.
Per il distretto di Bologna la consistenza numerica dell'organico di tale nuova figura magistratuale è stata fissata in 3 posti di magistrato distrettuale giudicante e 1 posto di magistrato distrettuale requirente, collocati, in conformità del dettato normativo, nell'ambito delle piante organiche della Corte di appello e della procura generale.
Per gli uffici di primo grado si è ritenuto in linea generale di poter procrastinare ai successivi interventi di ripartizione l'attribuzione di nuovi posti in organico, con poche limitate eccezioni, tra cui l'ufficio in questione.
Le determinazioni assunte con il decreto ministeriale 23 gennaio 2003 non sono da considerarsi, peraltro, definitive ed esaustive delle necessità operative degli uffici di I e II grado che saranno compiutamente valutate in occasione della predisposizione degli interventi di ripartizione dei residui 312 posti di magistrato.
Al riguardo si evidenzia che con decreti ministeriali 28 febbraio 2004 e 23 marzo 2004 pubblicati sulla
Gazzetta Ufficiale - IV serie speciale concorsi ed esami - n. 17 del 2 marzo 2004 e n. 24 del 26 marzo 2004, sono stati indetti, ai sensi del citato articolo 18 legge n. 48/2001, gli ulteriori bandi di concorso (rispettivamente 380 e 350 posti) per uditore giudiziario e che, pertanto, prima dello svolgimento delle relative prove scritte si procederà alla distribuzione di parte del predetto contingente.
L'analisi statistica condotta relazionando il numero di procedimenti sopravvenuti al numero di magistrati attualmente previsti in pianta organica, ha rilevato per l'ufficio in questione valori superiori alla media nazionale rilevata (690,8 procedimenti per magistrato a fronte di una media nazionale di 562,1) pur riscontrandosi nel contesto generale di indagine uffici caratterizzati da carichi di lavoro così rilevanti da configurare situazioni di maggiore criticità.
Delle risultanze della predetta indagine, potrà tenersi conto in occasione dei prossimi interventi generali di adeguamento degli organici.
Con riferimento al personale amministrativo, si deve immediatamente rilevare che la legge n. 48/2001 nel disporre un aumento di 1.000 unità dell'organico del personale di magistratura non ha contestualmente previsto un incremento della dotazione organica del personale amministrativo.
Per contro con i decreti del Presidente del Consiglio dei ministri 4 ottobre 2000 e 8 febbraio 2001 le dotazioni organiche complessive dell'Amministrazione giudiziaria sono state ridefinite in conformità del nuovo ordinamento professionale delineato dal contratto collettivo integrativo sottoscritto il 5 aprile 2000.
A seguito delle predette determinazioni, in conformità del rispetto dei vincoli di bilancio previsti in materia di dotazioni organiche, i contingenti del personale addetto alle cancellerie e segreterie giudiziarie sono stati ridotti nel complesso di 1.045 unità.
A tale riduzione è peraltro corrisposto un ampliamento di 579 unità del contingente complessivo assegnato agli Uffici NEP.
Con i decreti ministeriali 30 dicembre 2000 e 6 aprile 2001, in attuazione dei citati decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, la dotazione organica complessiva è stata quindi ripartita tra le singole strutture centrali e periferiche dell'Amministrazione in funzione delle rispettive necessità operative.


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Di seguito si riporta il dettaglio delle variazioni in concreto disposte per l'ufficio in questione e la relativa articolazione territoriale, nonché l'attuale pianta organica: l'organico attuale di dirigente è di una unità, l'organico attuale di direttore di cancelleria C3 è di 3 unità, è stato aumentato l'organico di cancelliere C2 di 4 unità (organico attuale è di 10 unità), l'organico attuale di cancelliere C1 è di 20 unità, è stato aumentato l'organico di cancelliere B3 di 7 unità (organico attuale è di 14 unità), l'organico attuale di operatore giudiziario B3 è di 1 unità, è stato diminuito di 8 unità l'organico di operatore giudiziario B2 (organico attuale è di 16 unità), è stato diminuito di 5 unità l'organico di operatore giudiziario B1 (organico attuale è di 3 unità), per l'organico di centralinista telefonico non vedente attualmente non ci sono unità, è stato aumentato l'organico di ausiliario B1 di 2 unità (organico attuale è di 3 unità), è stato diminuito l'organico di ausiliario (cons. aut. Spec.) B1 di 2 unità (organico attuale è di 2 unità), è stato diminuito l'organico di ausiliario Al di 1 unità (organico attuale è di 4 unità): in totale a fronte di 13 aumenti e 16 riduzioni la variazione complessiva è stata di 3 diminuzioni e l'organico attuale è complessivamente di 77 unità.
Con il citato decreto ministeriale 6 aprile 2001, sono state rideterminate le dotazioni organiche dell'Amministrazione giudiziaria ed in particolare nel tribunale di Rimini è stato aumentato l'organico di cancelliere C2 (4 unità), cancelliere B3 (7 unità) e di ausiliario B1 (2 unità) mentre è stato istituito l'organico di operatore giudiziario B3 (1 unità).
Risultano presenti 69,5 unità (comprese 3 unità in soprannumero di operatore giudiziario B2, 3 di operatore giudiziario B1, 1 di ausiliario B1 autista e 1 di ausiliario A1).
Presta inoltre servizio, non compreso nell'organico, 1 centralinista telefonico non vedente.
Pertanto le presenze effettive salgono a 70,5.
Per quanto riguarda l'Ufficio NEP del tribunale di Rimini la situazione è la seguente: è stato aumentato l'organico di ufficiale giudiziario C2 di 3 unità (organico attuale di 3 unità), è stato aumentato l'organico di ufficiale giudiziario C1 di 2 unità (organico attuale di 7 unità), è stato diminuito l'organico di ufficiale giudiziario B3 di 2 unità (organico attuale di 5 unità) mentre l'organico di operatore giudiziario addetto NEP B2 attuale è di 5 unità: in totale a fronte di 5 aumenti e due riduzioni la variazione complessiva è stata di 3 aumenti e l'organico attuale è complessivamente di 20 unità.
Con il medesimo decreto ministeriale di revisione delle dotazioni organiche è stato aumentato l'organico di ufficiale giudiziario C1 (2 unità) ed è stato istituito l'organico di ufficiale giudiziario C2 (3 unità).
Attualmente sono presenti 16 unità (comprese una unità in soprannumero di operatore giudiziario B2 e una di ufficiale giudiziario B3).
Al fine di sopperire temporaneamente alle carenze di personale si fa presente che il presidente della Corte di appello di Bologna è stato autorizzato, per l'anno 2004, a disporre l'assunzione di 27 unità di personale a tempo determinato ai sensi del decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368 da destinare agli uffici giudiziari del distretto.
I posti vacanti potranno essere coperti all'esito delle procedure di riqualificazione riservate al personale dipendente.
Si osserva, inoltre che, a fronte delle vacanze nelle posizioni economiche più elevate esistenti nel tribunale di Rimini, (10 nell'area C), vi sono numerose posizioni soprannumerarie nelle posizioni economiche inferiori (2 unità in soprannumero di operatore giudziario B2, 3 di operatore giudiziario B1, 1 di ausiliario B1 - autista - e 1 di ausiliario A1, come precedentemente riportato) che possono garantire un ausilio determinante nel rendere efficienti servizi quali l'inserimento dati informatici, la consultazione dei fascicoli ed il rilascio copie.
Con riferimento, poi, all'impossibilità di incrementare il numero di udienze dibattimentali nel settore penale, si osserva che l'organico del personale addetto alle udienze nel tribunale di Rimini (cancellieri B3) è interamente coperto.


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Si comunica, ancora, che presso il tribunale di Rimini è in corso l'assunzione di un ulteriore centralinista telefonico non vedente, posizione economica B1.
In merito ai posti vacanti nel locale ufficio NEP si osserva che 5 posti (su 6 vacanze complessive) sono di nuova istituzione e che, in particolare i 3 posti di ufficiale giudiziario C2, potranno essere coperti solo all'esito delle procedure di riqualificazione, non essendovi in servizio, allo stato, personale appartenente a tale figura professionale e posizione economica.
I tre posti complessivamente vacanti di ufficiale giudiziario C1 potranno, invece, essere coperti all'esito del concorso pubblico a 443 posti, dei quali 26 per il distretto di Bologna, indetto con PDG 8 novembre 2002, attualmente in corso di definizione. Inoltre è stato pubblicato, in data 20 gennaio 2004, l'interpello disposto ai sensi dell'articolo 19 dell'accordo sulla mobilità interna del personale sottoscritto il 28 luglio 1998 (nel quale sono stati inseriti i 3 posti vacanti di ufficiale giudiziario C1 presso l'UNEP di Rimini).
Si aggiunge, peraltro, che ulteriori riduzioni, per complessive 230 unità, dei contingenti complessivi fissati per l'Amministrazione giudiziaria sono state operate con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 20 dicembre 2001 in attuazione del decreto legislativo n. 37/2000 (istituzione del ruolo organico del personale amministrativo della segreteria e dell'ufficio studi e documentazioni del Consiglio superiore della magistratura), recepito con il decreto ministeriale 2 agosto 2002.
Quest'ultimo provvedimento non ha, tuttavia, avuto alcun riflesso sulle piante organiche degli uffici in questione.
Infine, si segnala che successivamente è intervenuto il 10 dicembre 2002 che, completando la modifica delle dotazioni organiche in conformità del nuovo ordinamento professionale delineato dal contratto collettivo integrativo sottoscritto il 5 aprile 2000 con specifico riferimento agli uffici giudiziari siti nella provincia autonoma di Bolzano, ha ulteriormente ridotto di 5 unità il contingente nazionale.
Anche in tal caso, per l'ufficio in oggetto, non vi sono state variazioni all'assetto organico sopra descritto.
L'indagine statistica condotta secondo la medesima metodologia utilizzata per il personale di magistratura ha evidenziato per il tribunale di Rimini valori superiori alla media nazionale riscontrata per gli uffici della medesima tipologia (170,5 procedimenti sopravvenuti pro-capite per personale amministrativo a fronte di una media nazionale di 139,7).
Per quanto premesso in ordine alla situazione generale, eventuali iniziative di sostegno potranno essere disposte all'esito della definizione di un progetto organico che consenta di realizzare un recupero di risorse da distribuire presso gli uffici ove si riscontri la necessità di un potenziamento.
In ogni caso si assicura che le esigenze del tribunale di Rimini saranno tenute in debita considerazione nei prossimi interventi di riordino generale in programma in attuazione dell'articolo 34 della legge n. 289/2002 (legge finanziaria 2003).
Il Ministro della giustizia: Roberto Castelli.

BUONTEMPO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della funzione pubblica, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
la perdita da parte di ACI ITALIA sin dal 1997 della posizione di gestore unico per il soccorso stradale ha comportato per la Società controllata ACI 116 una riduzione di personale per ben 259 unità, delle quali una parte in prepensionamento e la restante, pari a 176 unità, assorbita da ACI Italia a mezzo di selezioni d'idoneità;
l'ACI 116, oggi ACI GLOBAL, in data 10 febbraio 2003 ha formalmente comunicato, ex articolo 4 e 24 della legge n. 223 del 1991, l'avvio di procedura di ulteriore riduzione di personale per 171 unità (con la conseguente totale chiusura dei Centri diretti per il soccorso nella viabilità ordinaria


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e autostradale), appartenenti a diverse qualifiche professionali;
di dette 171 unità solo 30 lavoratori, al termine del periodo di mobilità, potranno essere collocati in pensione e, di conseguenza, ben 141 lavoratori verrebbero a trovarsi sul lastrico;
questi 141 dipendenti ACI GLOBAL potrebbero essere riassorbiti dall'ACI ITALIA la cui pianta organica, approvata dalla Presidenza del Consiglio dei ministri in data 6 settembre 1995, prevede, nelle varie qualifiche, una vacanza di oltre 500 posti;
per detto provvedimento di assunzione l'erario non solo non avrebbe a carico alcun onere, vivendo l'ACI ITALIA dei proventi delle proprie attività istituzionali, ma verrebbe addirittura a conseguire un notevole risparmio per la mancata corresponsione del finanziamento per la mobilità di cui alla legge n. 223 del 1991 -:
se non intendano perseguire la soluzione adottata nel 1998, cioè la riassunzione presso l'ACI ITALIA delle 141 unità lavorative, per evitare, altrimenti, che le spese relative alle indennità di mobilità previste dalla citata legge n. 223 del 1991 debbano essere sostenute dallo Stato.
(4-06549)

Risposta. - Si osserva, in via preliminare, che le questioni sollevate, nell'atto parlamentare cui si risponde traggono origine dalla perdita, fin dal 1997, da parte di ACI ITALIA della posizione di «gestore unico per il soccorso stradale», posizione gestita attraverso la propria società controllata ACI 116, oggi ACI GLOBAL.
Come è noto, nel febbraio del 2003, l'ACI GLOBAL ha avviato la procedura di mobilità relativa a 171 dipendenti in esubero. Tale procedura si è conclusa il 16 maggio 2003 con un verbale di accordo ed ha riguardato 130 lavoratori in esubero (41 unità a tale data hanno trovato una diversa collocazione all'interno dell'azienda). Tra questi 130 lavoratori vanno inseriti i lavoratori appartenenti ai settori lavorativi in fase di chiusura, individuati sulla base dei criteri stabiliti in sede di Accordo.
Ciò detto occorre precisare che già in sede di trattazione della vertenza è stata avanzata dalle organizzazioni sindacali la proposta di far confluire il personale in esubero nei ruoli dell'Automobile Club d'Italia.
Al riguardo, si precisa che l'ACI Italia si è dichiarato non disponibile a tale soluzione, ostandovi il presupposto di un pubblico concorso necessario per entrare a far parte dei ruoli dello stesso ACI Italia.
Si ricorda, peraltro, che la norma con la quale si è provveduto in passato all'inquadramento nei ruoli dell'Automobile Club d'Italia di personale analogo a quello in esame, (articolo 46 della legge 23 dicembre 1998, n. 448), è disposizione che riveste carattere di eccezionalità, destinata cioè ad esaurire i suoi effetti con la sua attuazione.
Allo stato attuale, pertanto, si ritiene che, per procedere nei termini prospettati nell'atto in esame, occorra un'apposita disposizione di legge che preveda le modalità per il passaggio nel pubblico impiego di personale con rapporto di diritto privato.
Il Sottosegretario di Stato per le attività produttive: Giovanni Dell'Elce.

BUONTEMPO. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
non meglio controllate voci si sono diffuse tra le tifoserie presenti allo stadio Olimpico di Roma durante la partita Lazio-Roma di domenica 21 marzo 2004;
tali voci accusavano ingiustamente le forze di Polizia attribuendo a queste la responsabilità di un incidente che avrebbe causato la morte di un giovane tifoso, notizia categoricamente e tempestivamente smentita dai responsabili dell'ordine pubblico e dallo stesso Prefetto in persona;
malgrado ciò inopinatamente i capi della tifoseria presenti in campo tentavano di dissuadere, riuscendoci, le squadre a non proseguire la competizione;


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è assolutamente necessario fare chiarezza su quanto è avvenuto e soprattutto dissipare i dubbi di chi, attento osservatore, ha ritenuto che l'intera manovra sia stata predisposta per gettare discredito sulle Forze dell'Ordine;
Forze dell'Ordine particolarmente occupate, specialmente nella giornata di sabato 20 marzo 2004, per la tutela dell'ordine pubblico al corteo dei «no global», peraltro, a quanto risulta all'interrogante, presenti allo stadio -:
se risulti al Governo che gli incidenti siano anche ricollegabili alla pesante crisi finanziaria che colpisce le società sportive;
quali iniziative intenda adottare per evitare il verificarsi di analoghi episodi.
(4-09479)

Risposta. - Rispondendo all'interrogazione parlamentare in argomento, si comunica che le forze di polizia impiegate in servizio di ordine pubblico in occasione dell'incontro di calcio Lazio-Roma del 21 marzo 2004, dopo aver effettuato un fruttuoso lavoro di bonifica, diverse ore prima dell'inizio della partita all'esterno dello stadio, con il sequestro di un'ingente quantità di materiale atto ad offendere, tra cui sbarre di ferro e bastoni di legno, sono state impegnate, sin dalle 18.30 del pomeriggio, nella fase di afflusso degli spettatori, a fronteggiare diversi atti di intemperanza, da parte di facinorosi, con lancio di oggetti contro gli operatori di polizia.
Le violenze sono divenute via via più accese dopo la diffusione della falsa notizia dell'investimento di un bambino da parte di una vettura della Polizia, invano prontamente smentita, ed in concomitanza del deflusso degli spettatori dall'impianto sportivo, dopo la sospensione dell'incontro.
Il bilancio degli scontri è noto: 153 feriti fra le forze dell'ordine e 21 fra i tifosi: danni ingenti all'impianto e alle vetture all'esterno.
Nell'immediatezza dei fatti, sono state fermate 32 persone coinvolte nei tafferugli, di cui 9 arrestate e 23 denunciate a piede libero. La mattina successiva, sono stati identificati e tratti in arresto i tre tifosi romanisti che avevano invaso il terreno di gioco e riferito ai giocatori la falsa notizia, nonché un noto sostenitore romanista, conosciuto come uno dei capi dei gruppi ultras più radicali, individuato nelle riprese filmate tra coloro che si erano resi protagonisti delle condotte più violente.
Successivamente, sono stati identificati e denunciati all'autorità giudiziaria 12 tifosi romanisti (tra i quali due minori) e 10 laziali (due minori).
L'azione investigativa, tuttora in corso, si è concretizzata con l'emissione, da parte dell'autorità giudiziaria, di 18 ordinanze di custodia cautelare, eseguite l'8 giugno, a carico di 10 sostenitori romanisti ed 8 laziali, riconosciuti responsabili dei gravi episodi di violenza in danno del personale delle forze dell'ordine e delle strutture dell'impianto sportivo.
Il 10 giugno, inoltre, sono state eseguite 7 perquisizioni domiciliari nei confronti di altrettanti tifosi romanisti, individuati tra quelli che si erano indebitamente introdotti sul terreno di gioco in occasione della diffusione della falsa notizia.
Più in generale si precisa che ogni settimana i rischi connessi agli avvenimenti calcistici vengono esaminati dall'Osservatorio nazionale sulle manifestazioni sportive, istituito presso il dipartimento del ministero interrogato, cui confluiscono tutte le informazioni relative, provenienti dalle questure e dagli organismi sportivi.
Sulla base di tali informazioni e delle esigenze di ordine pubblico valutate dalle autorità provinciali di pubblica sicurezza in sede locale vengono disposti, dall'ufficio ordine pubblico del dipartimento, rinforzi di personale ed ogni misura occorrente a fronteggiare le esigenze di servizio.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Alfredo Mantovano.

BUTTI. - Al Ministro per la funzione pubblica. - Per sapere - premesso che:
la legge 150/2000 sulla comunicazione ed informazione, al fine di ammodernare e rendere casa di vetro la pubblica


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amministrazione, è stata approvata in sede legislativa, con l'assenso delle forze di opposizione e di maggioranza;
la legge 150/2000 prevede che negli uffici stampa pubblici ci siano iscritti all'Albo dei giornalisti, iscritti nell'elenco dei pubblicisti o in quello dei professionisti;
all'articolo 9, comma 5, la legge faccia esplicito riferimento alla definizione di un'Area speciale di contrattazione al fine di garantire un profilo professionale ai giornalisti addetti e ai capi degli uffici stampa;
dopo l'approvazione da parte del Consiglio dei Ministri sia stato emanato il Regolamento alla legge 150/2000 n. 422/2001, sia stata inviata dal Ministero della funzione pubblica una direttiva a tutte le amministrazioni al fine di recepire la legge e, successivamente, fatto recapitare all'Aran il tradizionale Atto di indirizzo per avviare la trattativa contrattuale per la definizione del profilo professionale del giornalista negli uffici stampa pubblici;
sono passati quasi 4 anni dall'introduzione della legge 150/2000, che da oltre 2 anni è stato inviato l'Atto di indirizzo all'Aran da parte del responsabile del Dicastero della Funzione Pubblica e che nulla è accaduto in questo frangente -:
se le recentissime dichiarazioni del Presidente dell'Aran, avvocato Guido Fantoni, relativamente all'impossibilità dell'Agenzia che presiede ad aprire la trattativa con la Fnsi (giacché la legge 150/2000 in questione risulterebbe in contrasto con un precedente decreto legislativo 29, poi modificato in decreto legislativo 165 relativamente alla rappresentanza sindacale nella pubblica amministrazione) rispondono a verità;
se la legge 150/2000, in quanto successiva al decreto legislativo 29/93, che introduceva norme limitative sulla rappresentanza sindacale nel pubblico impiego, abbia abrogato la precedente normativa;
in base a quale norma relativa alla regolamentazione sulla rappresentanza sindacale nella pubblica amministrazione possa essere esclusa dalla contrattazione la Federazione nazionale della Stampa Italiana, sindacato unico ed unitario dei giornalisti italiani che discute e firma contratti dal lontano 1908;
se mai è possibile che la Fnsi non possa essere accolta al tavolo della trattativa Aran, nonostante che al sindacato dei giornalisti ci si riferisca in maniera diretta con il comma 5 dell'articolo 9 della suddetta legge 150/2000 dal momento che esiste fin dal 1947 un patto d'azione con le attuali Confederazioni sindacali Cgil, Cisl, Uil e Ugl che attualmente siedono nel consiglio nazionale della Fnsi e che assieme al Sindacato dei giornalisti nel gennaio 1959 hanno, tra l'altro sottoscritto il contratto nazionale di lavoro giornalistico esteso erga omnes con decreto del Presidente della Repubblica 153/1961 e che è stato stipulato nel 1992 - da queste Confederazioni con la Fnsi - un protocollo d'intesa che riconosceva, nei fatti, la titolarità della rappresentanza sindacale della Fnsi per gli uffici stampa.
(4-09756)

Risposta. - Con l'atto parlamentare cui si risponde si lamenta la mancata attuazione della legge 7 giugno 2000, n. 150 sugli uffici stampa pubblici, in relazione alla costituzione della speciale area di contrattazione per i giornalisti iscritti ad albi ed operanti nelle pubbliche amministrazioni, ed alla mancata ammissione al tavolo contrattuale della Federazione Nazionale della Stampa Italiana - FNSI, nonostante tale ammissione sia ipotizzata dall'articolo 5, comma 9, della legge n. 150 del 2000 e siano stati varati un apposito regolamento ed una direttiva da parte del Ministro per la funzione pubblica per l'attuazione della stessa legge nelle pubbliche amministrazioni, e, in ultimo, sia stato inviato all'ARAN un apposito atto di indirizzo propedeutico alla contrattazione collettiva.
Si ricordano, altresì le posizioni assunte dal presidente dell'ARAN, che ha sostenuto la contrarietà ditale ammissione alla luce


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del sistema di rappresentatività vigente nel pubblico impiego, e si domanda se tale affermazione risponda al vero. Inoltre, viene ribadito il carattere di organizzazione rappresentativa della categoria dei giornalisti della FNSI, atteso che la legge prevede l'ammissione alle trattative per la separata area delle sole organizzazioni rappresentative della categoria dei giornalisti.
Al riguardo si osserva quanto segue.
1. La legge 7 giugno 2000, n. 150, recante Disciplina delle attività di informazione e di comunicazione delle pubbliche amministrazioni, all'articolo 9, comma 5, stabilisce che «negli uffici stampa l'individuazione e la regolamentazione dei profili professionali sono affidate alla contrattazione collettiva nell'ambito di una speciale area di contrattazione, con l'intervento delle organizzazioni rappresentative della categoria dei giornalisti. Dall'attuazione del presente comma non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica».
2. Per attuare la predetta disposizione, ed avuto riferimento anche a quanto stabilito dal DPR 21 settembre 2001, n. 422, Regolamento recante norme per l'individuazione dei titoli professionali del personale da utilizzare presso le pubbliche amministrazioni per le attività di informazione e di comunicazione e disciplina degli interventi formativi, e dalla direttiva del Ministro per la funzione pubblica sulle attività di comunicazione delle pubbliche amministrazioni del 7 febbraio 2002, l'Organismo di coordinamento dei comitati di settore - che riassume in un organo collegiale le istanze rappresentative dell'intero universo delle pubbliche amministrazioni - su proposta del Ministro per la funzione pubblica, in data 23 luglio 2003, ha inviato all'ARAN un «Atto di indirizzo quadro per la costituzione del profilo professionale del personale addetto alle attività di informazione e di comunicazione delle pubbliche amministrazioni» (delibera del 18 luglio).
In tale atto si stabilisce espressamente che «l'ARAN stipulerà un apposito accordo quadro, che non dovrà comportare oneri aggiuntivi, con le confederazioni rappresentative e, ai sensi dell'articolo 9, comma 5, della legge n. 150 del 2000, con le organizzazioni rappresentative della categoria dei giornalisti» (paragrafo 3).
3. Successivamente, atteso il lasso di tempo inutilmente trascorso, con nota del 12 febbraio 2004, il Dipartimento della funzione pubblica ha chiesto al presidente dell'ARAN quali fossero gli eventuali ostacoli alla stipulazione del contratto.
Il Presidente dell'ARAN, con nota del l7 febbraio 2004, ha fatto presente:
a) che il principale ostacolo alla stipulazione del contratto è ravvisabile nelle modalità di partecipazione al negoziato delle sigle di categoria dei giornalisti, che, non possono considerarsi rappresentative, secondo quanto previsto dalle norme del decreto legislativo n. 165 del 2001;
b) che, in ogni caso, la materia, dato il basso numero degli addetti, non costituisce un interesse prioritario per le confederazioni ammesse alla contrattazione collettiva quadro.

4. Tutto ciò premesso si evidenzia che ogni atto contrattuale costituisce un atto di autonomia privata collettiva, che presuppone il raggiungimento della volontà comune delle parti, percentualmente quantificata allorché riguarda l'espressione del consenso sindacale nell'ambito di un comparto o area di contrattazione.
Da contatti avuti con l'ARAN ed in relazione alla formale corrispondenza intercorsa, risulta che la maggioranza delle confederazioni ed organizzazioni rappresentative ammesse alle trattative, effettivamente non considerano la contrattazione per la speciale area di contrattazione dei giornalisti dipendenti un interesse prioritario.
Risulta quindi evidente che, data l'autonomia del tavolo negoziale circa le determinazioni conclusive, che discende dal carattere volontario della contrattazione collettiva, e premesso l'interesse del Dipartimento della funzione pubblica alla positiva definizione del contratto collettivo - come si evince fra l'altro dall'emanazione dell'atto di indirizzo propedeutico alla contrattazione collettiva per la speciale area nonché dai vari solleciti e richieste di


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elementi informativi all'ARAN - occorre acquisire in sede contrattuale l'accordo delle organizzazioni rappresentative per dirimere le principali questioni ostative alla definizione dell'accordo.
In tale prospettiva, il Dipartimento della funzione pubblica ha avviato tutte le opportune iniziative di consultazione e verifica con le organizzazioni sindacali per giungere alla positiva definizione della vertenza contrattuale.
Il Ministro per la funzione pubblica: Luigi Mazzella.

BUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
Attilio Sangiani, giudice di pace operante a Como, ha ricevuto la notizia del CSM che non sarà riconfermato nel suo incarico;
la decisione del CSM non è stata motivata, ma recentemente il dottor Sangiani si è schierato a favore di una riforma radicale della giustizia italiana;
il dottor Sangiani, uomo di spiccata lealtà ed onestà, ha al suo attivo dal 1995 ad oggi 1608 processi condotti a termine e 1200 sentenze emesse praticamente in tempo reale -:
se non sia il caso di intervenire presso il CSM per conoscere la motivazione per cui non sia stato riconfermato nel proprio incarico il dottor Sangiani.
(4-09763)

Risposta. - Si comunica che il Consiglio superiore della magistratura, in data 18 marzo 2004, atteso il parere formulato dal Presidente del tribunale e visto il giudizio espresso dal consiglio giudiziario presso la Corte di appello di Milano, ha deliberato di non confermare il dottor Attilio Sangiani nell'incarico biennale di giudice di pace di Como, per essere venuti meno i requisiti previsti dall'articolo 5, comma 3, della legge 21 novembre 1991, n. 374 e successive modificazioni.
A seguito della delibera consigliare, in data 14 aprile 2004 è stato emesso decreto ministeriale di non conferma nell'incarico nei confronti del dottor Sangiani e, con nota del 21 aprile 2004, la competente direzione generale ha provveduto ad inviare copia del decreto ministeriale e della delibera consigliare di non conferma alla Corte di appello di Milano, per l'immediata notifica all'interessato.
Il Ministro della giustizia: Roberto Castelli.

CARBONELLA, DI GIOIA e SINISI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
il processo di dismissioni preannunciate dalle FF.SS., rappresenta una grave penalizzazione per il settore trasporti della Puglia;
la chiusura di diversi impianti produttivi, come denunciato dalle OO.SS. pugliesi, mette a rischio oltre 350 posti di lavoro;
tale decisione contrasta inoltre con la funzione strategica assegnata alla intermodalità ed al trasporto ferroviario della regione;
la chiusura delle officine di manutenzione di Bari e Taranto, la chiusura delle biglietterie nei comuni di Francavilla F. (Brindisi), Trinitapoli (Foggia), Monopoli (Bari), ed il ridimensionamento di quelle di Brindisi, Taranto e S. Severo (Foggia) costituiscono un altro grave colpo per lo sviluppo del sud;
tutto ciò contrasta con la necessità di privilegiare il trasporto merci su ferro a scapito di quello su gomma;
ciò nega la possibilità di registrare effetti benefici sia sul piano ambientale che economico impedendo di fatto la valorizzazione dei prodotti pugliesi sui mercati nazionali ed internazionali con conseguenti ricadute occupazionali -:
se il Ministro sia a conoscenza di quanto esposto e quali provvedimenti intenda adottare per evitare che si verifichi quanto sopra rappresentato.
(4-08973)


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Risposta. - Con l'atto parlamentare cui si risponde, si pongono alcune questioni importanti sotto il profilo delle azioni volte al miglioramento della situazione infrastrutturale ferroviaria della regione Puglia, in particolare della città di Lecce.
Giova evidenziare l'impegno profuso dal Governo per consentire al Mezzogiorno, e quindi anche alla regione Puglia, di recuperare il gap soprattutto infrastrutturale.
Per quanto attiene alle infrastrutture ferroviarie, si rappresenta che l'impegno del Governo risulta evidente dalla lettura degli strumenti di pianificazione adottati dal momento dell'insediamento in questa Legislatura, sia in termini di normativa sia in termini di impegni finanziari.
Il disegno di rilancio delle ferrovia in Puglia ed in tutte le regioni del Sud d'Italia, infatti, prevede un piano di interventi in grado di mostrare i primi effetti nel breve-medio periodo e di costruire, parallelamente, le condizioni per un rilancio nella dotazione infrastrutturale ferroviaria con una significativa riduzione dei tempi di percorrenza.
Il complesso degli investimenti previsti nei contratti di programma stipulati tra lo Stato e Ferrovie dello Stato s.p.a. costituisce un insieme strategico di interventi finalizzato a dotare anche la Puglia di una rete infrastrutturale adeguata agli standard europei.
Per quanto riguarda le infrastrutture ferroviarie, Ferrovie dello Stato s.p.a. ha riferito che la linea Bari-Lecce costituisce la parte terminale della direttrice Adriatica ed attualmente presenta tre tratte a semplice binario: Bari Parco Sud-Bari Torre a Mare, Mola-Fasano e Tuturano-Surbo.
In tutte e tre le tratte sono in corso i lavori relativi alla realizzazione delle opere civili e dell'attrezzaggio tecnologico.
Il completamento del raddoppio è effettuato totalmente in affiancamento al binario esistente; contestualmente è prevista la soppressione di tutti i passaggi a livello, l'adeguamento delle stazioni e il potenziamento delle installazioni tecnologiche anche in linea al fine di aumentare sia la capacità della linea sia la velocità massima ammessa ed estendere fino a Lecce il sistema centralizzato di comando e controllo del traffico (SCC) della direttrice Adriatica che sarà comandato dal posto centrale di Bari Lamasinata.
L'attivazione del raddoppio Bari Parco Sud-Bari Torre a Mare che rientra negli interventi di potenziamento del nodo di Bari è programmata per il 2004 con un investimento di circa 73 milioni di euro; l'intervento prevede anche la realizzazione di tre nuove fermate (Triggiano-Montetelegrafo, il Trullo, Zuccararo) e nuovi apparati per la regolazione ed il controllo della circolazione nelle stazioni di Bari Parco Sud e Bari Torre a Mare.
L'attivazione del raddoppio della tratta Mola-Fasano, con valore dell'investimento stimato in circa 12 milioni di euro, è previsto avvenga con gradualità già da ottobre 2004 con la messa in esercizio della tratta Mola-Putigliano e completamento programmato entro il 2005.
La completa attivazione del raddoppio Tuturano-Surbo è programmata per aprile 2005, con l'apertura all'esercizio di una prima tratta da Tuturano a Squinzano già da dicembre 2004; l'investimento è stimato in circa 65 milioni di euro.
L'intervento in questione, rispetto a quanto esposto nell'aggiornamento al Piano di priorità degli investimenti dell'ottobre 2003, ha fatto registrare un incremento di costo a vita intera (CVI) di 15 milioni di euro per la tratta Bari Parco Sud - Bari Torre a Mare dovuto al maggior costo del sottovia di via dei Caduti di Tutte le Guerre conseguente all'accoglimento delle richieste avanzate dal comune di Bari.
A completamento del raddoppio della linea Bari-Lecce, le divisioni commerciali di Trenitalia s.p.a. prevedono di intensificare i collegamenti e di migliorare sensibilmente le velocità dei propri treni.
Per quanto attiene poi al contratto di servizio stipulato con la Regione, Ferrovie dello Stato s.p.a. fa presente che attualmente il trasporto regionale in Puglia si svolge perfettamente in linea con lo stesso e che nella presente offerta sono stati confermati i treni chilometro prodotti nella precedente.


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Per quanto riguarda la possibilità di acquisto di biglietti ferroviari del trasporto regionale, nel territorio pugliese sono presenti 16 biglietterie; in 7 stazioni la distribuzione è affidata al capo stazione; vi sono poi 92 punti vendita esterni (tabaccai, edicole, bar) ubicati sia in stazione sia nei contesti urbani e 40 biglietterie
self service oltre alle rete di agenzie di viaggio.
In particolare la direzione regionale Puglia di Trenitalia s.p.a. non ha in programma di chiudere né la biglietteria di Francavilla né quella di Trinitapoli.
Per quanto riguarda la Divisione passeggeri si fa presente che le biglietterie gestite dall'Area vendita Puglia (Bari, Brindisi, Fasano, Foggia, Gioia del Colle, Lecce, Monopoli, San Severo e Taranto) sono tute dotate di macchine emettitrici
self service.
Le biglietterie di Brindisi e Taranto al fine di efficientare il servizio e migliorare i principali indicatori di produttività sono state riorganizzate nelle attività gestionali per adeguare il servizio di vendita alla domanda, in linea con le strategie aziendali.
In particolare per la biglietteria di Taranto, l'orario di apertura giornaliero è stato articolato in modo flessibile e rispondente alla domanda individuando una interruzione pomeridiana dalle ore 13.45 alle ore 15.45; analogamente si è proceduto per il numero degli sportelli aperti (mediamente 2 al mattino ed al pomeriggio) in maniera variabile in relazione alla domanda nell'arco della giornata e nei giorni della settimana con preciso riferimento agli standard di efficienza e di produttività fissati a livello nazionale.
Sono inoltre presenti nell'atrio della biglietteria 2 sportelli automatici
self service il cui incremento notevole di fatturato registrato recentemente dimostra il gradimento della clientela verso questo canale innovativo di vendita.
Per quanto riguarda inoltre la biglietteria di San Severo si fa presente che sono stati modificati nel numero gli sportelli aperti alla clientela.
La biglietteria di Monopoli è aperta tutti i giorni 4 ore al mattino e 3 ore al pomeriggio; nell'atrio della stessa biglietteria è presente anche una macchina
self service utilizzabile con bancomat/carta di credito che consente di ritirare il biglietto acquistato via internet e l'emissione anche nelle ore di chiusura della biglietteria.
Infine, per quanto riguarda la paventata chiusura degli impianti di manutenzione ubicati nella Regione Puglia relativamente ai treni della lunga percorrenza (Divisione passeggeri), Ferrovie dello Stato s.p.a. ritiene opportuno evidenziare che al fine di migliorare i processi operativi di manutenzione, verifica, manovra e pulizia del materiale rotabile - sia a veicolo singolo sia a treno completo - è sorta l'esigenza di riesaminare e modificare tali processi attraverso l'istituzione di un nuovo modello di struttura operativa denominata «impianto formazione treno» (IFT).
Tale organizzazione, che viene già attuata con risultati positivi in sette su dieci 10 impianti formazione treno (IFT) previsti, riportando sotto la responsabilità di un'unica struttura industriale tutte le fasi di lavorazione, garantisce un aumento di efficienza e flessibilità dell'insieme dei processi di formazione del treno ed assicura l'incremento della qualità percepita dal cliente.
In particolare, per quanto riguarda gli impianti di manutenzione della Regione Puglia, Ferrovie dello Stato spa fa presente che nella ripartizione del carico di lavoro manutentivo risulta che il 74 per cento delle carrozze assegnate all'ITF Adriatica è in composizione a treni che terminano la corsa nella stazione di Lecce mentre solo il 26 per cento dei treni termina il servizio nella stazione di Bari.
Pertanto, in un'ottica di efficienza della manutenzione e di contenimento dei costi e tenuto anche conto che con l'imminente completamento del raddoppio della Bari-Lecce è prevedibile un ulteriore incremento dei treni attestati a Lecce, Ferrovie dello Stato s.p.a. sta valutando un piano industriale che prevede di aumentare le attività di manutenzione rotabili interessanti l'impianto di Lecce sia a treno completo sia a veicolo singolo.
Ferrovie dello Stato spa fa comunque presente che presso il sito di Bari continueranno ad essere assicurate le attività di


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manovra, verifica e pulizie per i treni che terminano la corsa in tale località.
Anche per l'officina di Taranto, ricadente nella giurisdizione della Direzione regionale Puglia di Trenitalia spa, non è prevista alcuna chiusura.
Il Sottosegretario di Stato per le infrastrutture e per i trasporti: Nino Sospiri.

CAZZARO e RUZZANTE. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
la situazione carceraria veneta è al limite del collasso per gravi problemi di sovraffollamento;
secondo i dati relativi al primo trimestre 2003, nelle carceri venete vivono 2.290 detenuti a fronte di una capienza di 1.180 posti, con situazioni che oscillano da esplosive, come quella di Padova (dove i carcerati sono 908 per 450 posti effettivi) e Verona (626 detenuti contro i 250 previsti), a leggermente più equilibrate come a Rovigo, dove per 65 posti disponibili vi sono 74 detenuti;
in base alle stime minime effettuate a livello regionale, nell'immediato sarebbe necessario costruire un nuovo istituto con almeno 500 posti, mentre attualmente è stata finanziata solo la realizzazione di un nuovo carcere a Rovigo, che avrà sì una capienza di 200 posti ma, nel contempo, ospiterà anche i detenuti che ora si trovano nella casa circondariale della città, per cui l'aumento di posti si ridurrà a 126 posti effettivi, ammesso che la popolazione carceraria rimanga al livello odierno, visto che l'edificazione del nuovo carcere di Rovigo è prevista per il 2007;
l'amministrazione carceraria lamenta una cronica e sostanziale carenza di fondi da parte del ministero della giustizia, in conseguenza del quale non solo non è possibile pensare alla costruzione di nuove strutture per ospitare i detenuti in eccesso ma non si riesce neanche a garantire le opere di manutenzione ordinaria necessarie, in quanto si è costretti, con enorme difficoltà, a realizzare solo i lavori più urgenti e improrogabili -:
se il Ministro sia a conoscenza della situazione di emergenza in cui versano le carceri venete e, in ogni caso, quale sia il motivo per una così grave carenza di fondi destinati alle strutture carcerarie, tale da non permettere nemmeno la manutenzione ordinaria degli edifici, oltre a non consentire la costruzione di nuove carceri, le quali costituirebbero la soluzione di un problema sempre più drammatico.
(4-07636)

Risposta. - Con riferimento all'atto ispettivo in esame, si rappresenta che la costruzione del nuovo istituto di Rovigo è inserita nel programma di edilizia al quarto posto delle priorità, con finanziamento stanziato nell'esercizio 2004 e successivi. L'area è stata scelta dall'apposita commissione in data 17 dicembre 2002. L'opera sarà realizzata dal ministero delle infrastrutture e dei trasporti. La predetta realizzazione è stata, inoltre, confermata dal comitato paritetico per l'edilizia penitenziaria nell'ultima riunione tenutasi il 20 maggio 2004.
Per quanto attiene alla realizzazione di nuove strutture penitenziarie, si rappresenta che, con le risorse attualmente disponibili, assegnate sul Bilancio del ministero delle infrastrutture e dei trasporti, è stata programmata la costruzione di 9 istituti: Rieti, Marsala, Savona, Rovigo, Sassari, Cagliari, Tempio Pausania, Forlì ed Oristano.
Inoltre, è in fase di progettazione la nuova casa circondariale di Trento, che sarà realizzata a cura e spese della provincia autonoma di Trento, in permuta di strutture demaniali nell'ambito di un Accordo di Programma attuativo dell'Intesa istituzionale di programma tra il Governo e la provincia medesima stipulata nel 2001.
Analoga procedura è in corso di definizione per la realizzazione, a cura e spese della provincia autonoma di Bolzano, della nuova casa circondariale di Bolzano.
Con i fondi stanziati dalla legge 14 novembre 2002 n. 259 saranno realizzati i


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nuovi istituti di Varese e Pordenone con lo strumento della locazione finanziaria, nonché l'ampliamento della Casa di Reclusione di Milano Bollate.
È prevista, infine, nel programma di edilizia penitenziaria la costruzione dei nuovi istituti di Camerino, Sala Consilina, Pinerolo, Sciacca, Lanusei, Paliano, Modica, Nola, Avezzano, Mistretta, Catania e Lucca (quest'ultimo istituto è stato inserito al 23o posto delle priorità nell'ultima riunione del predetto Comitato).
Trattandosi di opere, al momento, prive di finanziamento, sono state inserite nel decreto ministeriale emesso, ai sensi del comma 1-bis dell'articolo 6 della citata legge 259/2002, e contenente l'elenco degli istituti penitenziari da dismettere, facendo ricorso allo strumento della permuta per la loro sostituzione con nuove strutture.
A quest'ultimo riguardo, è tuttavia da ritenere che le risorse finanziarie che potranno rendersi disponibili a seguito della permuta di vecchi penitenziari, potranno consentire il rinnovamento di un numero limitato di strutture, alleviando solo parzialmente la pressante necessità di un consistente incremento degli stanziamenti da destinare alla realizzazione di nuovi penitenziari.
Il Ministro della giustizia: Roberto Castelli.

CENTO. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio. - Per sapere - premesso che:
da notizie di stampa dell'11 luglio 2002 risulta che nell'isola d'Elba è, ormai da tempo, iniziata una intollerabile privatizzazione selvaggia delle spiagge a cura dei villaggi turistici e dei privati;
l'isola sta diventando la più inaccessibile del Mediterraneo e assomiglia oramai ad un club privato non usufruibile dai più in quanto di fatto impossibile il libero accesso alle spiagge e al mare;
ben dodici spiagge in quest'isola, sono ormai proibite ai turisti bagnanti perché sono state di fatto privatizzate da proprietari di ville, residence e villaggi turistici e ben venti sono praticamente segrete in quanto non segnalate da mappe e cartelli per essere utilizzate quotidianamente da pochi eletti;
risulta che a Cala dei Frati vicino Portoferraio i proprietari delle ville hanno sbarrato e recintato gli accessi al mare nonché l'unica strada percorribile dall'esterno. La stessa cosa è accaduta a Capo d'Arco, una spiaggia di 80 metri di ghiaia nera finissima, dove è ubicato un villaggio turistico molto esclusivo che ne ha praticamente privatizzato l'accesso;
anche a Marciana Marina le spiagge sono di fatto riservate ai padroni delle ville contigue in quanto l'accesso pubblico è stato spostato in modo da farlo divenire così ripido da essere inaccessibile -:
quali siano le valutazioni dei Ministri sui fatti sopra esposti e se non reputino intollerabile che si debba accettare la compressione, a beneficio di alcuni, del diritto di accesso alla spiaggia e al mare che si sta verificando nell'isola d'Elba;
se il ministro delle infrastrutture e dei trasporti, in considerazione delle norme di legge che sanciscono l'uso delle spiagge e del mare per tutti in quanto demanio marittimo, non ritenga di porre in essere, per propria competenza, provvedimenti atti a vietare le recinzioni del demanio marittimo che ostacolano o rendono impossibile o sommamente difficoltoso l'accesso alle spiagge al mare.
(4-03505)

Risposta. - In merito alle problematiche riguardanti l'inaccessibilità e conseguente privatizzazione di numerose spiagge pubbliche dell'Isola d'Elba, evidenziate con l'atto ispettivo cui si risponde, sono stati richiesti elementi informativi alla competente Capitaneria di porto di Portoferraio che rappresenta quanto segue.
Per quanto concerne Cala dei Frati, nel Comune di Portoferraio si tratta di una piccola spiaggia di ghiaia bianca lunga circa 60 metri, composta da due piccole insenature,


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ubicata in posizione attigua alla più conosciuta e frequentatissima spiaggia «Le Ghiaie», dalla quale è separata da uno sperone roccioso che si protende in mare. È dunque, raggiungibile solo con una modesta ma comunque scomoda escursione su un basso fondale roccioso; le aree retrostanti alla Cala dei frati sono interamente occupate da due proprietà private e dai rispettivi immobili ad uso residenziale. La citata Capitaneria di porto fa presente di essere a conoscenza, per quanto riportato dai «media», di intese fra il comune di Portoferrario e la curatela di una delle proprietà sovrastanti l'arenile in questione, per la ricostituzione di un accesso pedonale che, per quanto noto, risulta scomparso da circa quarant'anni.
Per quanto riguarda Capo d'Arco, nel Comune di Rio Marina, la Capitaneria di porto di Portoferraio fa presente che trattasi di una spiaggia sabbiosa con un fronte- mare di circa 70 metri, ubicata sul versante orientale dell'isola d'Elba; la spiaggia non è situata vicino ad un centro abitato, trovandosi ad una distanza di circa 5 chilometri da Porto Azzurro e ad una distanza ancora maggiore del centro di Rio Marina. La peculiarità della spiaggia di Capo d'Arco - anche denominata del Brigantino - è rappresentata dal fatto di essere interamente circondata dalla proprietà di un Consorzio costituitosi in società a responsabilità limitata, gestore di un complesso residenziale che estende la proprietà privata su una vastissima area degradante dalla sommità delle colline verso il mare.
La citata Capitaneria di porto fa conoscere che gli ampi ed approfonditi sopralluoghi effettuati in località Capo d'Arco, a seguito degli articoli di stampa cui l'interrogante si riferisce, hanno consentito di accertare numerosi abusi, di seguito descritti:
a) realizzazione di piazzole «prendisole» in cemento e porfido, collegate alla proprietà privata retrostante da una serie di scalinate e di accessi in pietra ed in cemento, in violazione degli articoli 54 e 55 del codice della navigazione;
b) edificazione di manufatti - adibiti a vario utilizzo - in violazione dell'articolo 55 del codice della navigazione, nelle parti comuni del Residence.

Al contempo, la citata autorità marittima precisa di aver riscontrato:
a) la presenza - all'esterno del Residence - di un cartello monitorio che vieta l'accesso al comprensorio ai non residenti;
b) la presenza nel corso del tragitto fra l'ingresso e la spiaggia, di n. 3 sbarre automatiche per la selezione degli accessi, la più esterna delle quali è presidiata durante la stagione estiva da personale del Consorzio;
c) la mancanza di qualsivoglia segnalazione di un percorso pedonale di accesso alla spiaggia del Brigantino, attraverso la proprietà privata;
d) la impossibilità di raggiungere, comunque, la spiaggia da «percorsi laterali», confinando la stessa con la scogliera e con la proprietà privata.

La Capitaneria di porto di Portoferraio fa presente che gli esiti di tali accertamenti sono stati riportati alla Procura della repubblica presso il tribunale di Livorno e, attesa la natura delle innovazioni abusive, sottolinea di aver prospettato alla autorità giudiziaria anche la violazione dell'articolo 734 del codice penale «Deturpamento delle bellezze naturali». Inoltre fa presente che sono in corso ulteriori indagini per la identificazione dei proprietari di immobili comunque insistenti all'interno del comprensorio, responsabili della violazione degli articoli 54 e 55 del codice della navigazione sulla scogliera antistante la proprietà privata.
In ultimo, l'autorità marittima rappresenta che il citato Consorzio, concessionario demaniale di n. 2 piscine di acqua salata e di un pontile in muratura, ha avanzato istanza di concessione della spiaggia sabbiosa del Brigantino. Tale istanza è stata trasferita, per competenza, con fg. n. 5/4776 in data 22 marzo 2001 al comune di Rio Marina.


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Per quanto riguarda, invece, l'intervento del ministero delle infrastrutture e dei trasporti occorre evidenziare che vertendosi in tema di funzioni conferite alle Regioni/Enti locali, ai sensi degli articoli 59 decreto del Presidente della Repubblica n. 616 del 1977 e 105 del decreto legislativo n. 112 del 1998, le relative azioni amministrative rientrano ormai tra le attribuzioni della regione e dei Comuni competenti per territorio.
L'atto ispettivo appare pertanto impropriamente indirizzato al ministero delle infrastrutture e trasporti, alla cui responsabilità politica non risulta ascrivibile l'azione degli enti territoriali.
Il Viceministro delle infrastrutture e dei trasporti: Mario Tassone.

CENTO. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
nonostante le recenti assunzioni di 500 agenti nel corpo della polizia municipale di Napoli, i vigili urbani della città sono in stato di agitazione ed hanno proclamato uno sciopero di categoria per il 15 novembre 2002;
il comparto sta attraversando un momento critico sia per le tre inchieste attualmente in corso che per le continue aggressioni da parte dei cittadini ai vigili;
le organizzazioni sindacali di categoria hanno segnalato il livello di cattiva organizzazione del Corpo e lo stato di difficoltà e disagio che al momento rende problematico assicurare da parte dei lavoratori il necessario livello di sicurezza collettiva e di ordine pubblico alla cittadinanza;
la questione non investe solo la città di Napoli, ma riguarda anche altre realtà locali -:
se non ritenga necessario promuovere iniziative normative volte al riordino del settore delle polizie locali.
(4-04186)

Risposta. - In linea generale, si premette che il compito di produrre sicurezza coinvolge oggi, oltre al ministero dell'interno, tutti i soggetti, pubblici e privati, protagonisti della cosiddetta «sicurezza partecipata», nella quale sono impegnati lo Stato e i diversi livelli delle autonomie.
In tale quadro la collaborazione tra lo Stato e gli enti locali si è già manifestata attraverso la sottoscrizione di specifici protocolli di sicurezza attraverso i quali sono stati individuati modelli di sicurezza prevalentemente orientati ad affrontare problemi quali le forme di disagio urbano, le problematiche del mondo economico-produttivo locale, le modalità di aggregazione giovanile.
Per quanto attiene alla specifica richiesta dell'interrogante, si fa presente che numerosi sono gli atti parlamentari d'iniziativa di vari deputati e senatori, attualmente all'esame del Parlamento, relativi al riordino del settore della polizia locale.
Si ricorda, inoltre, che presso la I Commissione della Camera dei deputati è in discussione il disegno di legge costituzionale atto Camera n. 4862, già approvato dal Senato della Repubblica, e recante la riforma dell'ordinamento della Repubblica che, nella modifica del vigente articolo 117 della Costituzione prevede di attribuire la materia della polizia locale alla competenza legislativa esclusiva delle regioni.
In merito alla particolare situazione del corpo della polizia municipale del comune di Napoli, risulta che il Sindaco di quella città ha sottoscritto un accordo con le organizzazioni sindacali di categoria, attraverso il quale sono state delineate linee d'intervento per il miglioramento degli standards organizzativi ed operativi dell'intero corpo di polizia municipale.
In particolare, la riorganizzazione del citato corpo riguarda l'adozione di un nuovo modello operativo caratterizzato dall'attivazione della centrale operativa, dal prevalente utilizzo del personale con pattuglie dotate di auto e moto, dall'impiego del personale comandato nella disciplina del traffico, dalla verifica settimanale dei piani sul traffico adottati e dei risultati ottenuti da ogni dirigente, individuato quale responsabile di uno specifico ambito territoriale, nonché dal dislocamento dei funzionari


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e dei quadri sul territorio, al fine di assicurare un diretto supporto alle esigenze di presidio del territorio medesimo.
Nel predetto accordo sono state inoltre programmate iniziative di sostegno delle politiche integrate per la sicurezza urbana, da realizzarsi, essenzialmente, mediante la costituzione, presso l'assessorato alla sicurezza, di un centro di collegamento con tutti gli uffici comunali, al fine di rispondere alla richiesta di sicurezza avanzata dai cittadini ed è stato inoltre previsto il coordinamento con le altre forze di polizia dello Stato attraverso l'attivazione della «linea punto-punto» con la questura.
Infine, con il medesimo accordo, le parti hanno assunto impegni, anche di ordine finanziario, per incrementare il numero dei veicoli e dei motoveicoli in dotazione al personale del corpo, necessari per il pattugliamento, nonché per soddisfare il fabbisogno di attrezzature delle unità operative.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Antonio D'Alì.

CENTO. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
il contingente di poliziotti penitenziari italiani è di gran lunga superiore a quello di altri paesi europei, ma il carico di lavoro che essi sopportano non è rinvenibile in altri corpi europei di polizia penitenziaria;
poliziotti europei infatti non espletano il servizio traduzioni o piantonamenti e neanche si qualificano come parte integrante delle attività di osservazione e trattamento, così come statuisce l'articolo 5 della legge istitutiva di tale corpo. Da questo punto di vista, si fa presente che il nostro Paese rappresenta un'eccezione di tutto rispetto nel panorama europeo, configurando un servizio di sicurezza ad ampio spettro che supera il mero perimetro intramurario collocandosi attivamente anche nell'area penale esterna;
si fa presente che soprattutto nella regione del Veneto persiste una sofferenza d'organico oramai insostenibile tanto che gli agenti che prestano il servizio scorte sono costretti a lavorare oltre le nove ore e addirittura vengono reimpiegati anche il giorno seguente;
all'interno degli Istituti presenti in questa regione, spesso gli agenti non riescono a coprire adeguatamente i posti di servizio ricorrendo conseguentemente al personale operante che, oltretutto, viene impiegato anche per far fronte alle continue richieste avanzate dall'autorità giudiziaria per traduzioni di detenuti;
si aggiunga anche che tale categoria ogni giorno deve occuparsi di detenuti che denunciano gravi problemi psichici o varie malattie infettive anche tra i minori -:
se il ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti e se corrispondano al vero;
se non ritenga opportuno aprire un tavolo di trattative tra i vari dipartimenti, le organizzazioni sindacali interessate e i lavoratori stessi per risolvere nel Veneto il problema della carenza delle piante organiche all'interno della polizia penitenziaria.
(4-06448)

Risposta. - L'organico complessivo di polizia penitenziaria nella regione Veneto, fissato in n. 1.866 unità, registra una carenza di 314 unità, in quanto quelle presenti sono n. 1.552.
Peraltro, il dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, destinatario di diverse segnalazioni in tal senso da parte delle organizzazioni sindacali, ha sollecitato il provveditore regionale di Padova ad utilizzare le risorse umane a disposizione nel distretto di competenza, al fine di garantire la continuità gestionale e funzionalità a quegli istituti ove si registrano maggiori carenze di personale.
Si rappresenta che, al fine di provvedere al potenziamento delle dotazioni organiche del personale di polizia penitenziaria, nel corso dell'anno 2003-2004 sono state avviate le procedure di reclutamento dall'esterno, di seguito elencate:
a) Agenti ausiliari di leva: nel corso dell'anno 2003 sono state complessivamente reclutate per il periodo di ferma obbligatoria


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n. 537 unità, mentre per l'anno 2004 è prevista l'assunzione di ulteriori contingenti con le seguenti modalità:
1) 1o contingente 2004: nel periodo 12-13 marzo 2004, sono state avviate presso le scuole di formazione ed aggiornamento della amministrazione penitenziaria n. 152 unità per la frequenza del 78o corso di formazione, della durata di mesi tre;
2) 2o contingente 2004: nel periodo 16-17 aprile 2004, sono state avviate al 79o corso di formazione, della durata di mesi tre, n. 80 unità;
3) 3o contingente 2004: sono tuttora in corso le procedure concorsuali. La partenza per il previsto corso di formazione è programmata, presumibilmente, per il mese di settembre 2004;
4) 4o contingente 2004: sono in corso le procedure concorsuali che si concluderanno, entro il mese di luglio 2004. La partenza per il previsto corso di formazione è programmata, presumibilmente, per il mese di novembre 2004.
b) Allievo agente femminile: nel corso dell'anno 2003 sono state espletate le procedure concorsuali relative al concorso pubblico per n. 284 posti di personale femminile del ruolo agenti e assistenti del corpo di Polizia penitenziaria ed in data 29 dicembre 2003 le candidate risultate vincitrici sono state avviate al previsto corso di formazione della durata di mesi dodici. Inoltre con P.D.G. del 24 marzo 2004, le candidate al concorso pubblico per titoli (n. 23 posti) per l'accesso al gruppo sportivo «Fiamme Azzurre» sono state nominate agenti del corpo di polizia penitenziaria.
c) Allievo vice ispettore: nel periodo 11-24 febbraio 2004 si è svolta la prova preliminare relativa al concorso pubblico per esami a n. 271 posti (n. 260 uomini e n. 11 donne) di allievo vice ispettore del corpo di polizia penitenziaria. I candidati giudicati idonei alla predetta prova dovranno successivamente essere sottoposti ad accertamenti psico-fisici ed attitudinali, nonché sostenere le prove scritte ed orali.
d) Vice commissario: nei giorni 1 e 2 marzo si è svolta la prova preliminare relativa al concorso pubblico per esami a n. 298 posti di vice commissario in prova del ruolo direttivo ordinario del Corpo di Polizia penitenziaria. Sono da programmare le successive fasi concorsuali (prove scritte, orali ed accertamenti psico-fisici ed attitudinali).
e) Assunzione dei volontari in ferma breve nelle forze armate, con possibilità di immissione, al termine della ferma, nelle carriere iniziali delle forze armate, delle forze di polizia ad ordinamento civile e militare e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco: n. 4 unità, risultate idonee relativamente al 1o bando dell'anno 1999, sono state avviate alla frequenza del previsto corso di formazione della durata di mesi dodici. Gli aspiranti risultati idonei alla procedura relativa al 2o bando dell'anno 2000, n. 36 unità, saranno avviati al corso di formazione presumibilmente entro la data del 31 dicembre 2004.

Inoltre, tenuto conto del disposto di cui all'articolo 3, comma 158, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, è stata richiesta alla Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento della funzione pubblica, con il piano assunzioni 2004, l'autorizzazione per l'assunzione di complessive n. 2.372 unità.
Va, infine, segnalato che le sopraindicate carenze di organico degli istituti penitenziari veneti saranno oggetto di valutazione in occasione delle assegnazioni degli agenti ausiliari del 78o e 79o Corso.
Per quanto concerne, invece, l'organico dei servizi dipendenti dal Centro per la giustizia minorile di Venezia, risultano 20 unità di personale di Polizia penitenziaria assegnate presso l'istituto penale per i minorenni di Treviso, tre unità presso il Centro di prima accoglienza di Trento e un'unità presso il Centro di prima accoglienza di Trieste. Al riguardo, va rilevato che il personale ivi assegnato provvede, oltre che alle attività richieste nell'ambito del servizio per la sicurezza dei minori ristretti, anche alle traduzioni dei minori nell'ambito della regione ed alla gestione dei


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casi di soggetti portatori di gravi problemi psichici.
Per assecondare la richiesta di personale di polizia penitenziaria avanzata dal Dipartimento per la giustizia minorile per far fronte, in particolare, a situazioni di peculiare complessità quale quella dell'istituto penale di Treviso, il dipartimento dell'amministrazione penitenziaria ha messo, in data 11 luglio 2003, a disposizione 3 unità provenienti dai corsi per agenti ausiliari recentemente ultimati e in data 18 dicembre 2003 a distaccarne altrettante presso le strutture minorili. Dei predetti agenti ausiliari ne è stato destinato uno all'istituto penale per i minorenni di Treviso.
Il Ministro della giustizia: Roberto Castelli.

CENTO. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
nella notte tra il 24 e il 25 ottobre 2003 nel carcere di Rebibbia femminile di Roma è stata ritrovata morta una donna di 38 anni Pasqualina C.;
è stato constatato il suicidio per strangolamento, poiché si sarebbe impiccata con un lenzuolo;
tale accaduto è la testimonianza che nelle nostre carceri si registrano ormai da anni gravi inadempienze e violazioni dei diritti dei detenuti, e dell'emergenza sanitaria a causa della diminuzione dei finanziamenti previsti dal ministero della salute e dal ministero della giustizia -:
quali provvedimenti intenda adottare per accertare le responsabilità di quanto accaduto e garantire interventi immediati a tutela della salute e dell'integrità fisica dei detenuti.
(4-07858)

Risposta. - Con riferimento all'atto ispettivo in esame, si rappresenta che la detenuta cui fa riferimento l'interrogante è deceduta per suicidio il 24 ottobre 2003 presso l'istituto di Rebibbia femminile.
Era stata tratta in arresto in data 9 settembre 2003 ma risulta agli atti una sua precedente carcerazione dal 5 dicembre 2001 al 9 ottobre 2002, trascorsa nella casa circondariale di Firenze Sollicciano.
L'ultimo arresto era stato eseguito a seguito di ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dalla Corte di appello di Firenze per violazione degli obblighi inerenti la sorveglianza speciale e, in particolare, per aver violato le prescrizioni imposte con provvedimento del G.I.P. del tribunale di Arezzo che le imponeva l'obbligo di dimora nel comune di Terracina.
La detenuta in questione, intorno alle ore 11,45 del 24 ottobre 2003, veniva rinvenuta appesa con i lacci delle scarpe legati alla grata della finestra della cella.
Prontamente soccorsa e sottoposta alle manovre rianimatorie del caso, alle 12,30 veniva trasportata, a mezzo ambulanza presso il pronto soccorso dell'Ospedale Sandro Pertini di Roma ove decedeva verso le ore 13,00.
Il giorno stesso venivano informati i familiari, tramite la stazione dei carabinieri di Terracina.
L'educatore che la seguiva ha dichiarato che nel corso del giorno precedente il decesso, la detenuta appariva del «solito umore» e, cioè «poco loquace e tendente ad avere risposte specifiche piuttosto che un colloquio a tutto campo» e che i colloqui erano «improntati da tranquillità e serenità», anche se «in presenza di un tono umorale leggermente depresso».
A seguito degli accertamenti ispettivi effettuati dal provveditore regionale di Roma, la competente direzione generale del personale e della formazione non ha ravvisato estremi per l'adozione di provvedimenti disciplinari.
Per quanto concerne le iniziative adottate per tentare di limitare il numero dei suicidi in carcere si fa presente che il fenomeno forma oggetto di un'attenta e risalente osservazione da parte dell'amministrazione penitenziaria. Sin dall'anno 2000 è stata costituita una struttura stabile di rilevamento, denominata UMES (Unità di Monitoraggio Eventi di Suicidio), con il compito di rilevare costantemente


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gli episodi suicidari, verificarne le caratteristiche, risalire per quanto possibile ai fattori di rischio, formulare proposte di intervento. L'UMES ha in data 11 giugno 2003 organizzato un incontro con tutti i provveditori regionali dell'amministrazione penitenziaria nel corso del quale sono stati raccolti suggerimenti operativi idonei al migliore contrasto del tragico fenomeno, diffusi i risultati del monitoraggio sin qui effettuato e richiamata l'esigenza che le articolazioni periferiche dipartimentali dedichino il massimo impegno alla prevenzione del suicidio lavorando sui fattori del disagio penitenziario. All'esito dell'incontro si è altresì deliberata l'effettuazione di incontri in tutta Italia con i direttori degli istituti coinvolti in episodi di suicidio nonché con i direttori degli istituti che risultano invece indenni dalle ricorrenze del fenomeno.
Esiste dunque un'acuta attenzione dell'Amministrazione rivolta alla tragica realtà del suicidio nelle carceri, estesa più recentemente ai tentativi di suicidio; attenzione che si attua attraverso l'analisi statistica, lo studio dei singoli casi, la sensibilizzazione e la programmazione di un piano di interventi sino ad oggi attuato conformemente alle scadenze previste.
Le iniziative richiamate sono state accompagnate da una riduzione del fenomeno di straordinaria dimensione, evidenziatasi in particolare nell'anno 2002 ma, come si dirà, persistente anche nell'anno 2003.
Il numero dei suicidi nell'anno 2002 è stato di 53. Per vero, il numero ufficiale indicato è inferiore a 53, in quanto in due casi di morte conseguente a inalazione di gas è dubbio se si sia trattato di volontà suicidaria oppure di uso voluttuario seguito da morte.
Peraltro, anche ad assumere la determinazione per eccesso, sia il numero assoluto sia la percentuale dei suicidi si è ridotta rispetto all'anno precedente, quando i suicidi erano stati 69. Si è quindi registrata una flessione di 16 casi corrispondente a oltre il 20 per cento (quasi il 25 per cento, se si considera anche l'aumento di popolazione detenuta nel periodo considerato).
In definitiva ciò che si può affermare è che nell'anno 2002 la frequenza dei suicidi all'interno del sistema penitenziario italiano - il quale pure presenta un tasso di suicidio (10 su 10.000 detenuti) molto inferiore rispetto ad altri paesi europei, tra cui la Francia (24), la Danimarca (15), l'Austria (24), il Belgio (19), l'Irlanda (14), l'Inghilterra (14) - si è fortemente attenuata. Sarebbe evidentemente semplicistico istituire un meccanico rapporto di correlazione eziologica tra il livello di impegno e di interventi che l'amministrazione penitenziaria ha profuso per far fronte al triste fenomeno e la riduzione che si è verificata nel 2002 in termini davvero rimarchevoli. Tuttavia è innegabile l'esistenza di una relazione almeno cronologica tra i due fatti.
Nell'anno 2003 si sono verificati 55 casi di suicidio in carcere.
Si può affermare, pertanto, che il fenomeno si presenta stabile in termini assoluti in rapporto all'anno precedente, considerato l'aumento intervenuto nella popolazione penitenziaria.
Non si nasconde che il risultato non può essere considerato appagante, posto che è intendimento dell'Amministrazione non già di stabilizzare, seppure ad un livello ridotto, la ricorrenza degli eventi suicidari, bensì di avanzare continuamente verso l'obiettivo di una progressiva riduzione, pur nella consapevolezza dell'impossibilità di eliminare il fenomeno, presente nella società esterna e in ogni società.
In ordine all'assistenza sanitaria ai detenuti, sempre più complessa ed articolata, l'amministrazione penitenziaria ha rivisto i criteri organizzativi del servizio sanitario in modo da utilizzare al massimo delle potenzialità tutte le risorse disponibili, in applicazione dei principi di economicità ed efficienza dell'azione della pubblica amministrazione.
Lo sforzo è diretto a predisporre in tutti gli istituti penitenziari un servizio sanitario che, tenuto conto delle risorse disponibili, potesse garantire in ogni istituto una assistenza sanitaria conforme ai principi costituzionali (articoli 2 e 32) che tutelano la salute di ogni individuo come diritto inviolabile.


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In particolare, nel 1999 si è provveduto a classificare gli istituti penitenziari in tre livelli a ciascuno dei quali corrisponde uno specifico modello organizzativo di assistenza sanitaria, individuato mediante il criterio del numero di detenuti presenti, e precisamente strutture sanitarie di primo livello, strutture sanitarie di secondo livello e strutture sanitarie di terzo livello costituite dai centri clinici dell'amministrazione penitenziaria che sono in grado di affrontare necessità medico-chirurgiche anche di elevato livello, avendo a disposizione strumenti diagnostici adeguati.
Nell'anno in corso è stato inviato ai provveditori e alle direzioni un documento di programmazione contenente le linee guida relative alle varie articolazioni del sistema. In particolare, si è intervenuti sulla medicina specialistica, prevedendo il mantenimento delle branche specialistiche effettivamente necessarie ed in relazione ai livelli di assistenza già definiti in precedenza ad eccezione delle branche in psichiatria e in infettivologia che vengono mantenute in tutti gli istituti penitenziari indipendentemente dal livello di assistenza a cui appartengono.
Infatti, per quel che concerne il fenomeno del disagio mentale all'interno degli istituti penitenziari molto spesso correlato al suicidio e al compimento di altri atti di autolesionismo, si rappresenta che l'amministrazione penitenziaria, con circolare del 30 giugno 1999, prendendo atto della diffusione del problema, ha provveduto a rimodulare il rapporto libero professionale degli specialisti in psichiatria prevedendo per gli stessi una retribuzione oraria in modo da svincolarli da un'attività di mera consulenza, come avviene per le altre branche specialistiche.
Stabilendo infatti una tariffa oraria e non a visita, lo psichiatra, diversamente dagli altri specialisti, non è subordinato, per l'effettuazione delle visite alla richiesta del medico incaricato, ma decide nell'ambito della propria autonomia divenendo in tal modo parte integrante non solo dell'area sanitaria, ma di tutta l'istituzione penitenziaria, viste le inevitabili connessioni del disagio psichico con l'area della sicurezza e con quella trattamentale.
Una volta attivato il servizio, lo specialista in psichiatria, assicurando una presenza oraria, non solo è in grado di instaurare e di gestire un vero e proprio rapporto terapeutico con il paziente, ma viene posto nella condizione di monitorare costantemente la condizione di disagio psichico dei detenuti e di apportare perciò un notevole contributo agli altri operatori che prestano la propria attività all'interno degli istituti penitenziari.
L'istituto penitenziario di Rebibbia Femnminile, ove si è verificato il decesso per suicidio della detenuta citata nell'interrogazione, può avvalersi, nel senso suindicato, dell'opera di una specialista in psichiatria per cinque giorni settimanali per un monte ore complessivo mensile di sessanta ore.
Il problema della tutela della salute mentale della popolazione è stato sempre preso in particolare considerazione dall'Amministrazione penitenziaria. Numerose sono state infatti le disposizioni ministeriali emanate al fine di limitare il numero dei suicidi e degli atti di autolesionismo ancora prima della citata circolare del 1999. Già dal 1987 con apposita circolare è stato infatti istituito il servizio psicologico nuovi giunti. All'interno di questo servizio lo psicologo riveste un ruolo di estrema importanza in quanto, dovendo valutare i rischi di autolesionismo e di suicidio del detenuto, è in grado di segnalare ad altre figure professionali situazioni critiche permettendo così l'adozione di misure precauzionali atte a scongiurare la messa in atto di gesti autolesivi (grandi sorveglianze e sorveglianze a vista). Attraverso l'organizzazione del servizio psicologico e del servizio psichiatrico l'amministrazione penitenziaria ha cercato di limitare il compimento di gesti autolesivi e i suicidi dei detenuti anche con l'opera di detto personale qualificato per «monitorare» situazioni di disagio mentale.
Il Ministro della giustizia: Roberto Castelli.


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CENTO. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
da settimane i lavoratori dell'Alitalia stanno attuando forme di manifestazione contro il rischio del loro licenziamento;
il 14 gennaio 2004 vi è stata una manifestazione spontanea dei lavoratori Alitalia davanti al centro direzionale in via della Magliana a Roma;
i delegati di alcuni sindacati non avevano indetto un'assemblea bensì avevano sollecitato e invitato personalmente i lavoratori a partecipare alla manifestazione;
vi è stata circa un'ora di protesta con un sit-in al quale hanno partecipato circa 800 dipendenti che hanno ovviamente abbandonato il loro posto di lavoro;
il giorno seguente l'Azienda si muoveva cercando di recuperare i nominativi dei partecipanti al sit-in;
tutti i sindacati chiedevano all'Alitalia subito dopo, con un volantino, di non procedere con provvedimenti disciplinari nei confronti dei propri dipendenti;
il 16 gennaio 2004 con un'assemblea regolarmente indetta da alcuni sindacati veniva fatto presente che era stato raggiunto presso il Ministero del lavoro un «accordo» per proseguire la trattativa sul «piano di ristrutturazione aziendale dell'Alitalia» e che in detta occasione l'azienda stessa aveva deciso di non applicare procedimenti disciplinari nei confronti di quei lavoratori che avevano partecipato alla manifestazione del 14 gennaio;
risulta all'interrogante che l'unica organizzazione sindacale che non partecipi alle trattative sull'attuale «piano di ristrutturazione aziendale dell'Alitalia» è la CUB-Trasporti;
nei giorni successivi all'accaduto, ad un lavoratore dell'Alitalia, nonché dirigente sindacale della CUB, sarebbe arrivata una lettera di contestazione disciplinare da parte dell'azienda stessa per abbandono del posto di lavoro (il 14 gennaio 2004) e attività sindacale non autorizzata (volantinaggio e uso di megafono) -:
se sia a conoscenza dei fatti sopra descritti e se questi corrispondano al vero;
se sia a conoscenza dei motivi per cui l'Alitalia abbia deciso di colpire, con un provvedimento disciplinare, un solo lavoratore e dirigente sindacale quando alla manifestazione spontanea del 14 gennaio scorso hanno partecipato evidentemente circa 800 dipendenti, tra i quali diversi dirigenti appartenenti a tutti i sindacati del settore;
quali iniziative intenda intraprendere per far sì che l'azienda rispetti l'impegno preso anche con i sindacati, presso il Ministero del lavoro in sede di trattativa, relativo al non ricorso ad azioni disciplinari nei confronti dei protagonisti della forma di protesta del 14 gennaio 2004 davanti alla sede direzionale dell'Alitalia in via della Magliana.
(4-08682)

Risposta. - In merito alla interrogazione in argomento, si fa presente quanto comunicato dalla Direzione Provinciale del Lavoro di Roma.
La Società Alitalia spa ha effettivamente adottato, nei confronti del lavoratore Antonio Amoroso, un provvedimento disciplinare di dieci giorni di sospensione dal lavoro.
Preliminarmente, occorre far presente che nella mattinata del 14 gennaio 2004, alcune centinaia di dipendenti della società avrebbero abbandonato il posto di lavoro per partecipare ad una mobilitazione indetta, in modo estemporaneo e fuori dalle regole di rito, dalle organizzazioni sindacali rappresentative del personale di terra, svoltasi all'incirca tra le ore 11,00 e le ore 12,00, senza provvedere a segnalare la sospensione del lavoro attraverso il sistema di rilevazione delle presenze.
Conseguentemente, la società Alitalia si sarebbe attivata per individuare i lavoratori che si erano ingiustificatamente assentati, al fine di adottare nei loro confronti gli opportuni provvedimenti economici e disciplinari.


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In seguito, l'azienda, per non aggravare la situazione ha receduto dall'intento sopra esposto, adottando una unica misura di rigore nei confronti del signor Antonio Amoroso.
Le motivazioni sottostanti a tale decisione, secondo quanto riferito dall'Alitalia, attengono al comportamento particolarmente grave e scorretto adottato dal signor Amoroso, che si sarebbe adoperato «...attraverso modalità verbali abbastanza accese, per incitare gli altri lavoratori a prolungare la manifestazione per aumentare il livello di conflittualità». Inoltre, si sarebbe trattenuto nel piazzale interno agli uffici «... continuando ad incitare alla protesta con l'ausilio di un megafono».
Il relativo provvedimento disciplinare è stato, comunque, impugnato dal lavoratore, a norma dell'articolo 7, della legge n. 300 del 1970 e la controversia è attualmente all'esame del giudice del lavoro.
Il Ministro del lavoro e delle politiche sociali: Roberto Maroni.

CENTO, BULGARELLI, CIMA, ZANELLA, LION e PECORARO SCANIO. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
la situazione dell'area industriale di Melfi, occupata da sette giorni dai lavoratori che chiedono migliori condizioni di lavoro e un salario maggiore, è tesissima;
i lavoratori protestano contro l'intervento della polizia nello stabilimento Fiat di Melfi e chiedono che la Fiat apra una trattativa con il sindacato;
questa mattina (26 aprile) circa 300 lavoratori del primo turno dello stabilimento Fiat di Mirafiori addetti alla linea Alfa 166 e Lancia Thesis sono in sciopero per 2 ore dalle 9 alle 11 e, un corteo di un centinaio di tute blu ha attraversato la linea;
da notizie di stampa si apprende che le forze dell'ordine hanno cercato di rimuovere i presidi di protesta e, a quanto si apprende da fonte sindacale, ci sarebbero state almeno tre cariche con diversi contusi;
i lavoratori impegnati nei presidi di protesta, di sicuro non si potevano aspettare una risposta così energica da parte delle forze dell'ordine;
la situazione è ovviamente estremamente tesa perché non si può superare questa crisi schiacciando i diritti dei lavoratori -:
se il ministro non reputi dover far sospendere immediatamente ogni azione repressiva contro i lavoratori che esercitano un loro diritto.
(4-09838)

Risposta. - Si comunica che il 9 maggio 2004, dopo quasi 15 ore di trattativa è stato raggiunto a Roma, nella sede della Confindustria, l'accordo tra la Fiat e i sindacati, e, sempre nella stessa giornata, è ripresa l'attività produttiva.
Il ciclo produttivo nel gruppo Fiat è tornato alla normalità, dopo tre settimane di sciopero che hanno provocato la mancata produzione di circa 40 mila vetture.
Com'è noto, il blocco totale dell'attività della FIAT-SATA e delle numerose aziende dell'indotto era iniziato il 19 aprile 2004.
L'agitazione ha tratto origine dallo sciopero dei carrellisti della Arvil - società del terziario che si occupa della logistica in fabbrica - e di altre aziende dell'indotto che, per rivendicazioni di natura salariale ed attinenti all'organizzazione dei turni di lavoro, hanno provocato di fatto il blocco produttivo a seguito del mancato approvvigionamento della componentistica. I manifestanti hanno impedito il libero transito lungo la rete viaria dell'area industriale, dove erano attuati posti di blocco che avevano ostacolato l'accesso in azienda degli operai e degli impiegati non aderenti all'iniziativa.
Ciò ha causato anche la sospensione dell'attività di altri stabilimenti industriali i cui rifornimenti sono stati, a più riprese, ostacolati dalla presenza di blocchi stradali lungo la rete viaria di attraversamento dell'area industriale.


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La spaccatura fra le organizzazioni sindacali più rappresentative ha posto il problema di continuare a garantire la libertà di lavoro, in condizioni di sicurezza, degli aderenti a quelle sigle sindacali che, in seguito a un accordo raggiunto dalla CISL-FIM e dalla UILM con i dirigenti della Fiat, intendevano riprendere il lavoro già a partire dal primo turno di lunedì 26 aprile.
In concomitanza con tale decisione, verso le 4,30 del 26 aprile, circa 200 operai dello stabilimento FIAT-Sata hanno preso posto sulla sede stradale della statale Bradanica, all'altezza dello svincolo per la zona industriale di Melfi, ponendo in essere atti tesi ad impedire il transito degli autoveicoli diretti allo stabilimento e il transito dei pullman scortati da operatori della polizia di Stato, che conducevano operai e impiegati della FIAT allo stabilimento per svolgere l'ordinaria attività lavorativa. I tentativi di convincere i dimostranti a recedere dalla forma di protesta e ad evitare azioni di forza - tentativi che le unità di polizia pongono in essere sempre in queste circostanze - nel caso specifico sono risultati vani. Per questa ragione, i pullman sono stati fatti confluire verso un itinerario alternativo.
Nel frattempo, anche sul viale di accesso all'impianto industriale si erano concentrate centinaia di persone che impedivano il transito dei due autobus sui quali erano stati fatti salire tutti i dipendenti. Pure in tal caso, sono stati inutili i tentativi ripetuti posti in essere per far desistere i manifestanti dall'azione di protesta. Le forze dell'ordine sono dovute intervenire per garantire il diritto al lavoro di coloro che non intendevano aderire allo sciopero e per questo, cioè per tutelare il diritto sul quale si fonda la Repubblica fin dal primo articolo della Costituzione, hanno incontrato una dura resistenza dei dimostranti: costoro, dapprima sdraiati sulla sede stradale, poi con rapidi e continui spostamenti, hanno cercato di ostacolare il transito degli automezzi e hanno reso estremamente difficoltosa la liberazione della sede viaria.
Mentre erano in corso le operazioni di sgombero della strada, alcuni manifestanti hanno lanciato sassi contro le forze dell'ordine. Uno di questi ha colpito alla fronte la dottoressa Amalia Di Rocco, primo dirigente della polizia di Stato, responsabile del servizio di ordine pubblico. La funzionaria è stata accompagnata in ospedale, dove è stata sottoposta a due punti di sutura, con una prognosi di dieci giorni, salvo complicazioni. Trattenuta in osservazione, è stata dimessa nella mattinata successiva.
Solo a questo punto, per la violenta resistenza opposta da parte di dimostranti, si è reso necessario un intervento di alleggerimento da parte delle forze dell'ordine. Nella circostanza tre operatori di polizia e una decina di dimostranti sono rimasti contusi e sono stati visitati nel locale ospedale. Nonostante le grosse difficoltà incontrate per fronteggiare i manifestanti più accesi, le forze dell'ordine sono riuscite a far entrare i pullman nello stabilimento, con un apposito servizio di scorta.
Il ministro dell'interno ha seguito personalmente l'evolversi della situazione. Fin dal primo momento le forze di polizia sono state invitate a comportarsi con il consueto equilibrio e hanno garantito da un lato il diritto degli scioperanti a non svolgere attività lavorativa e a manifestare le loro opinioni, ma dall'altro il diritto dei lavoratori che non condividono lo sciopero a recarsi liberamente in fabbrica. È superfluo ricordare i fondamenti costituzionali che sono alla base dell'uno e dell'altro diritto, e le sanzioni anche penali che l'ordinamento pone a carico di chi ne impedisce lo svolgimento.
Proprio per questo il ministro dell'interno si è opposto e continuerà ad opporsi alla pretesa di far accedere i lavoratori allo stabilimento passando attraverso due ali di scioperanti: una pretesa che è inammissibile per il suo contenuto oggettivamente intimidatorio nei confronti di coloro che scelgono di svolgere la loro attività lavorativa, e per il pericolo per l'ordine pubblico insito nella realizzazione di una ipotesi del genere.
Dopo lunghe e infruttuose trattative, la polizia ha deciso di rimuovere il posto di blocco, resistendo alle provocazioni ed evitando ulteriori e gravi complicazioni. Tale


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operazione sarà ripetuta ogni qual volta si renderà necessario.
Consapevole dei rischi incombenti, ma anche del dovere di garantire i diritti di tutti lavoratori, il ministro dell'interno ha rivolto un appello alle forze sociali e politiche interessate alla positiva conclusione della vertenza, per neutralizzare i provocatori che puntano allo scontro e per garantire, invece, le indispensabili condizioni di sicurezza e di ordine pubblico. Sono significative in proposito, al di là del merito del confronto sindacale, le dichiarazioni del segretario generale della UIL Luigi Angeletti: «il compito del sindacato non è quello di imporre uno sciopero, ma convincere i lavoratori a scioperare. Se è giusto e da rivendicare il diritto a scioperare, è vero pure che bisogna in qualche modo tutelare anche quello di chi non vuole scioperare». Parole cui fanno significativo riscontro quelle dell'amministratore delegato pro tempore della FIAT Giuseppe Morchio: «Sappiamo per esperienza che il modo più responsabile per risolvere i problemi è quello del dialogo. Nessuno può fingere di ignorare che in questa partita si gioca il futuro dell'industria italiana dell'automobile, delle persone che vi lavorano, nonché una parte importante del rilancio economico del nostro paese».
Peraltro, i blocchi rimossi sono stati dichiarati illeciti dal tribunale di Melfi, con ordinanza del 26 aprile 2004 a firma del giudice dottoressa Angela D'Amelio.
Il giudice, tra l'altro, ha ritenuto che «la forma di protesta attuata esula dagli schemi normativi dell'esercizio del diritto di sciopero ed integra indubbiamente gli estremi di una condotta illecita rilevante sul piano civilistico oltre che qualificabile quanto meno come illecito amministrativo (blocco stradale) idonea a causare danni al sistema produttivo». E per questo ha ordinato alla FIOM CGIL, sede di Potenza, di far cessare immediatamente ogni manifestazione di blocco degli accessi stradali e ferroviari allo stabilimento SATA spa di S. Nicola di Melfi.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Alfredo Mantovano.

COSSA. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
nei giorni sabato 5 ottobre e lunedì 7 ottobre 2002, nel carcere «Buoncammino» di Cagliari si sono suicidati due detenuti, utilizzando come strumento le lenzuola annodate alle sbarre della finestra;
non risulta che esistesse alcuna relazione personale diretta tra i detenuti che si sono tolti la vita, quindi i due gesti estremi sono maturati autonomamente nell'ambito della struttura;
tale drammatico evento è un nuovo, allarmante sintomo del grave stato nel quale versa il carcere di «Buoncammino» e con esso gran parte delle carceri sarde;
la situazione degli edifici carcerari nell'isola è drammatica e costituisce una seria emergenza. Tale circostanza è stata rilevata non solo dalla seconda commissione permanente del consiglio regionale della Sardegna, ma anche dalle visite di tutti gli esponenti del Governo e del Parlamento avvenute in passato e ampiamente riportate sulla stampa;
le principale violazioni dei diritti civili che si sono rilevate sono imputabili alle strutture, in massima parte ultrasecolari, fatiscenti, insalubri e prive di qualsiasi spazio da destinare alla rieducazione e al reinserimento sociale dei detenuti, ma anche, semplicemente a scaricare la tensione: gli ultimi due eventi sono testimonianza di tale stato;
le stesse carenze impediscono al personale di operare correttamente e serenamente e di poter progettare iniziative e realizzare i propri compiti istituzionali;
gli agenti operano in un contesto delicato, spesso senza opportuna preparazione, costretti alla sola attività di custodia, vittime anche loro delle strutture nelle quali operano, costretti spesso a turni massacranti e a responsabilità onerose; questo insieme di fattori non consente un costante monitoraggio delle condizioni psicologiche dei detenuti;


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i fatti di cronaca recenti e meno recenti fanno presagire che tale situazione può ulteriormente degenerare in qualsiasi momento, creando situazioni difficilmente ricomponibili in breve periodo e ulteriore senso di frustrazione nel personale :
quali provvedimenti urgenti intenda adottare al fine di arginare il fenomeno dell'autolesionismo, portato anche alle estreme conseguenze, nelle carceri sarde ed, in generale, per diminuire il disagio sempre più tangibile dei detenuti e della polizia penitenziaria;
quali iniziative urgenti intenda attivare per velocizzare il processo di ristrutturazione delle carceri della Sardegna;
quali iniziative urgenti intenda attivare per il tempestivo potenziamento della dotazione organica della polizia penitenziaria nelle carceri sarde.
(4-04168)

Risposta. - Con riferimento a quanto richiesto nell'atto parlamentare in questione, si rappresenta, preliminarmente, che occorre migliorare le condizioni igienico-sanitarie di alcuni istituti penitenziari della Sardegna.
Per questi motivi essi sono stati inseriti nel decreto ministeriale 30 gennaio 2001 concernente l'elenco dei vecchi istituti dei quali è prevista la dismissione allorché saranno realizzate strutture sostitutive.
Nel programma deliberato dal comitato paritetico per l'edilizia penitenziaria è stata decisa la costruzione di 5 nuovi istituti in Sardegna: Sassari, Cagliari, Tempio Pausania, Oristano e Lanusei.
Le nuove strutture di Sassari, Cagliari, Tempio Pausania e Oristano saranno realizzate dal ministero delle infrastrutture e dei trasporti con finanziamenti già assentiti; per quella di Lanusei si farà ricorso allo strumento della permuta, secondo un programma che sarà stabilito dalla società Dike Aedifica che ha come finalità quella di valorizzare il vastissimo patrimonio immobiliare costituito dai vari penitenziari italiani, per poter reperire i fondi necessari a soddisfare le pressanti esigenze di edilizia penitenziaria e giudiziaria del Paese.
Va segnalato, inoltre, che l'area dove sorgerà il nuovo istituto penitenziario di Cagliari è stata già individuata ed approvata dalla competente commissione.
Tuttavia, si fa presente che la legge finanziaria 2004 ha ridotto gli stanziamenti per il 2004 da euro 327.950.000,00 a euro 127.950.000,00 rinviando i restanti euro 200.000.000,00 al 2005.
In ogni caso nell'ambito dell'ultima seduta del comitato paritetico, tenutasi il 20 maggio 2004, per la rimodulazione, alla luce della citata finanziaria, degli interventi programmati, ha confermato la realizzazione di tutti i predetti istituti penitenziari.
Nel frattempo, il Provveditorato regionale dell'amministrazione penitenziaria di Cagliari ha assicurato, compatibilmente con le risorse finanziarie disponibili, la manutenzione degli istituti della Sardegna per assicurarne la sicurezza e la conformità alle norme igienico-sanitarie, ed, in particolare, il servizio tecnico del predetto Provveditorato ha avviato il progetto relativo all'istituzione del servizio di biblioteca dell'istituto di Cagliari, realizzato in collaborazione con l'assessorato regionale alla pubblica istruzione. Inoltre, sono stati recentemente avviati e dovrebbero essere ultimati entro il mese di novembre 2004 i lavori di realizzazione delle aree sportive ad uso della popolazione detenuta, all'interno dei cortili di passeggio.
Riguardo alla situazione del personale si comunica che la dotazione organica del personale di polizia penitenziaria amministrato dagli istituti della Sardegna ammonta a 1.339 unità con un esubero di 15 unità rispetto alla previsione organica di cui al decreto ministeriale 8 febbraio 2001, fissata in 1.324, nel mese di aprile 2004. Per quanto concerne, in particolare, la situazione relativa al personale in servizio presso la casa circondariale di Cagliari, risulta essere di 280 unità a fronte di una previsione organica di 267 unità.
Per quanto concerne, invece, il personale appartenente al comparto ministeri, nel medesimo istituto opera personale appartenente alle diverse professionalità in numero


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complessivamente equivalente alla dotazione organica prevista per quella sede (46 unità).
La situazione del personale amministrativo in servizio nelle strutture penitenziarie della Sardegna, del resto, sebbene non ottimale, appare tuttavia migliore rispetto a quella registrata a livello nazionale.
Attualmente la carenza di detto personale è pari circa al 20 per cento della dotazione organica prevista (395 unità), mentre la media nazionale si attesta al 28 per cento.
Va, peraltro, segnalato che nella
Gazzetta Ufficiale del 27 gennaio 2004, n. 7, sono stati pubblicati i bandi di concorso per l'assunzione con contratto di lavoro, a tempo determinato della durata di dodici mesi, di n. 50 educatori e n. 50 contabili, Area C, posizione economica C1 e nella Gazzetta Ufficiale del 16 aprile 2004 n. 30, sono stati pubblicati i bandi di concorso finalizzati al reclutamento dall'esterno di 661 unità di personale in diversi profili professionali.
Pertanto, sarà possibile valutare eventuali interventi negli istituti penitenziari sardi all'esito delle procedure concorsuali in corso.
Per quanto concerne, in particolare, i decessi dei detenuti Paolo Santona e Sandro Fanari avvenuti presso la casa circondariale di Cagliari, evidenziati nell'atto di sindacato ispettivo, si rappresenta che la visita ispettiva effettuata verso la metà del mese di ottobre del 2002, pur non avendo potuto accertare responsabilità oggettivamente dimostrabili o riferibili a soggetti determinati, ha rilevato una serie di problematiche riconducibili sia al dato relativo all'elevato numero di detenuti affetti da patologie, anche gravi, sia al fatto che tale dato si innesta in una situazione strutturale ed umana di profondo degrado ed in una totale disorganizzazione degli interventi di natura sanitaria.
A tal fine, il Provveditore regionale della Sardegna è stato invitato a sensibilizzare la direzione, apparsa carente nell'individuazione di strategie tese a creare all'interno dell'istituto nuovi modelli organizzativi e nuovi spazi operativi, affinché ponga in essere tutte le procedure che possano migliorare la gestione complessiva dell'istituto.
La direzione generale del personale e della formazione del competente dipartimento ha avviato nei confronti del direttore del carcere procedimento disciplinare che si è concluso, a seguito del ricorso proposto dall'interessato, con l'annullamento da parte del collegio arbitrale di disciplina della sanzione inflitta.
Inoltre, le competenti direzioni generali del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria sono state interessate ad individuare soluzioni e proposte tese a risolvere, almeno in parte, le problematiche segnalate.
Per quanto riguarda, più in generale, il fenomeno dei suicidi si rappresenta che le disposizioni contenute nella circolare del 12 maggio 2000 avente per oggetto «atti di autolesionismo e suicidi in ambiente penitenziario - linee guida operative ai fini di una riduzione dei suicidi in carcere», sono tuttora vigenti.
Il fenomeno dei suicidi in carcere forma oggetto di un'attenta e prioritaria osservazione da parte della amministrazione penitenziaria.
Sin dall'anno 2000 è stata costituita una struttura stabile di rilevamento, denominata UMES (Unità di Monitoraggio Eventi di Suicidio), con il compito di rilevare costantemente gli episodi suicidari, verificarne le caratteristiche, risalire per quanto possibile ai fattori di rischio, formulare proposte di intervento. L'UMES ha organizzato l'11 giugno 2003 un incontro con tutti i Provveditori regionali dell'amministrazione penitenziaria nel corso del quale sono stati raccolti suggerimenti operativi idonei al migliore contrasto del tragico fenomeno, diffusi i risultati del monitoraggio sin qui effettuato e richiamata l'esigenza che le articolazioni periferiche dipartimentali dedichino il massimo impegno alla prevenzione del suicidio lavorando sui fattori del disagio penitenziario. All'esito della riunione si è, altresì, deliberata l'effettuazione di incontri in tutta Italia, con i direttori degli istituti coinvolti in episodi di suicidio nonché con i direttori degli istituti che risultano invece indenni dalle ricorrenze del fenomeno.


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Esiste dunque un'acuta attenzione dell'amministrazione rivolta alla tragica realtà del suicidio nelle carceri, estesa più recentemente ai tentativi di suicidio, attenzione che si attua attraverso l'analisi statistica, lo studio dei singoli casi, la sensibilizzazione e la programmazione di un piano di interventi sino ad oggi attuato conformemente alle scadenze previste.
A livello periferico, degna di menzione è l'istituzione, già dal 30 dicembre 1987, del servizio nuovi giunti, consistente in un colloquio che l'esperto psicologo effettua col detenuto all'atto di primo ingresso in istituto e, comunque, entro e non oltre le prime ventiquattro ore, allo scopo di acquisire una conoscenza immediata della sua personalità.
Attraverso la compilazione di una scheda riassuntiva di una serie di dati (età, scolarità, problematiche di vario tipo) si mira a conoscere il livello di (probabilità) di rischio suicidario in vista della successiva comunicazione al responsabile della sicurezza per l'adozione delle misure di sorveglianza più idonee in relazione al singolo caso.
Si segnala anche l'istituzione del presidio per tossicodipendenti (decreto interministeriale 8 giugno 1991 in attuazione del testo unico n. 309 del 1990 sul trattamento, recupero e reinserimento di detenuti affetti da HIV), attivo negli istituti di maggiori dimensioni, 24 ore su 24.
Trattasi di una equipe di medici, psicologi e infermieri addetta alla individuazione dei primi interventi di tipo farmacologico finalizzati al superamento della iniziale crisi da astinenza per poi formulare successivamente un possibile programma riabilitativo.
Le iniziative richiamate sono state accompagnate da una riduzione del fenomeno di straordinaria dimensione, evidenziatasi, in particolare, nell'anno 2002.
Il numero dei suicidi nell'anno 2002 è stato di 52. Per la verità, il numero ufficiale indicato è inferiore a 52, in quanto in due casi di morte conseguente a inalazione di gas è dubbio se si sia trattato di volontà suicidaria oppure di uso voluttuario seguito da morte.
Peraltro, anche ad assumere la determinazione per eccesso, sia il numero assoluto sia la percentuale dei suicidi si è ridotta rispetto all'anno precedente, quando i suicidi erano stati 69. Si è quindi registrata una flessione di 16 casi corrispondente a oltre il 20 per cento (quasi il 25 per cento se si considera anche l'aumento di popolazione detenuta nel periodo considerato).
Il dato del 2002 è tanto più significativo se si tengono presenti alcune circostanze:
a) nel periodo in questione vi è stata grande attesa di un provvedimento di clemenza;
b) la riduzione, se è particolarmente marcata rispetto al 2001, è evidente anche rispetto all'anno 2000, quando si ebbero 56 casi;
c) uno degli episodi verificatisi nel 2002 è assolutamente atipico (un detenuto ricoverato in un ospedale si è sparato con una pistola sottratta ad un agente dopo aver tentato la fuga ed essere stato circondato);
d) cinque eventi sono seguiti all'inalazione di gas e, come si è accennato, almeno in due di questi è dubbio se si tratti di suicidio;
e) ben quattro episodi si sono concentrati in un solo istituto, oltre tutto di medio/piccole dimensioni (Sassari): ciò che ha richiamato la necessità di una specifica inchiesta del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria finalizzata alla verifica delle condizioni logistiche e di vita in detto istituto.

In definitiva, ciò che si può affermare è che nell'anno 2002 la frequenza dei suicidi all'interno del sistema penitenziario italiano - il quale pure presenta un tasso di suicidio (10 su 10.000 detenuti) molto inferiore rispetto ad altri paesi europei, tra cui la Francia (24), la Danimarca (15), l'Austria (24), il Belgio (19), l'Irlanda (14), l'Inghilterra (14) - si è fortemente attenuata. Sarebbe evidentemente semplicistico istituire un meccanico rapporto di correlazione eziologica tra il livello di impegno e


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di interventi che l'Amministrazione penitenziaria ha profuso per far fronte al triste fenomeno e la riduzione che si è verificata nel 2002 in termini davvero rimarchevoli. Tuttavia è innegabile l'esistenza di una relazione almeno cronologica tra i due fatti.
Nell'anno 2003 si sono verificati 55 suicidi.
Si può affermare, pertanto che il fenomeno si presenta stabile in termini assoluti in rapporto allo scorso anno, considerato l'aumento intervenuto nella popolazione penitenziaria.
Non si nasconde che il risultato non può essere considerato appagante, posto che è intendimento dell'Amministrazione non già di stabilizzare, seppure ad un livello ridotto, la ricorrenza degli eventi suicidari, bensì di avanzare continuamente verso l'obiettivo di una progressiva riduzione, pur nella consapevolezza dell'impossibilità di eliminare il fenomeno, presente nella società esterna e in ogni società.
Il Ministro della giustizia: Roberto Castelli.

TITTI DE SIMONE. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il 26 gennaio 2004 a Trento il ministro Moratti ha inaugurato il liceo privato Arcivescovile;
il liceo è stato lussuosamente ristrutturato col 70 per cento di fondi pubblici;
si è svolto, la mattina, un corteo con più di mille studenti medi e universitari che si è riversato nelle vie del centro al suono di due sound-sistem, protestando con slogan, cartelli e striscioni contro la riforma del sistema scolastico e contro il finanziamento da parte dello Stato alle scuole private;
i partecipanti al corteo, arrivati davanti al commissariato del Governo (la prefettura) hanno lanciato qualche chilometro di carta igienica all'indirizzo degli esponenti della forze politiche;
nel pomeriggio erano programmati due manifestazioni all'esterno del liceo Arcivescovile, dove il Ministro Moratti sarebbe intervenuta;
gli studenti sono poi confluiti nella palestra dell'adiacente liceo Leonardo Da Vinci, scuola pubblica che cade a pezzi, per un'assemblea;
secondo i racconti dei presenti, dopo che il ministro Moratti era già andata via, durante l'assemblea è avvenuta la carica della polizia in seguito alla quale una ragazza è stata portata in ospedale per le ferite riportate -:
se il fatto corrisponda al vero e, in caso affermativo, chi abbia autorizzato tale azione repressiva e violenta e perché;
se non ritenga l'atteggiamento delle Forze di polizia gravemente lesivo dei diritti e della volontà democratica dei cittadini di manifestare.
(4-08696)

Risposta. - Si comunica che il 26 gennaio 2004, a Trento, in occasione della visita del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, per l'inaugurazione dei nuovi laboratori dell'Istituto arcivescovile privato «C. Endrici», si è svolta una manifestazione studentesca di protesta contro la riforma scolastica, organizzata da diversi movimenti, fra cui i «Disobbedienti» ed il «Social Forum Studenti».
In particolare, durante il corteo, un gruppo di circa 500 manifestanti si fermava davanti al citato Istituto e iniziava un fitto lancio di oggetti contro la facciata dell'edificio e verso le Forze di Polizia, in servizio di ordine pubblico.
In questo frangente, 5 militari dell'Arma ed un ispettore della polizia di Stato venivano feriti e dovevano ricorrere alle cure dei sanitari presso il Pronto Soccorso dell'ospedale di Trento.
Contestualmente, anche il Ministro dell'istruzione veniva aggredito verbalmente e con lancio di oggetti, nonché di un fumogeno contro l'autovettura da parte di altri manifestanti.
Contemporaneamente, i manifestanti presenti sul lato principale dell'edificio rinnovavano


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il lancio di oggetti all'interno del cortile dell'Istituto e tentavano di oltrepassare compatti il cancello presidiato in quel momento dalle Forze dell'Ordine che riuscivano a fermare i giovani. Nella circostanza il cancello rimaneva seriamente danneggiato.
In presenza di ulteriore attacco da parte dei manifestanti, le forze dell'ordine ritenevano necessario attuare un intervento di alleggerimento per garantire il sereno svolgimento della manifestazione e allontanare i manifestanti che repentinamente si disperdevano in due gruppi lasciando libero l'ingresso d'Istituto.
L'opera delle forze dell'ordine, svolta in piena regolarità e nel rispetto della incolumità fisica dei manifestanti, è risultata essenziale per garantire il deflusso delle numerose persone presenti nell'Istituto, che, in tal modo, sono potute uscire senza rischiare di essere colpite da oggetti.
Si rappresenta inoltre che non risulta vi siano state persone ricoverate presso i locali nosocomi per traumi occorsi durante la manifestazione, mentre risulta che una persona, presentatasi al Pronto Soccorso del locale ospedale S. Chiara alle ore 20.28 del 30 gennaio 2004 riferendo presunte violenze da parte delle forze dell'ordine durante la manifestazione, veniva rinviata a domicilio senza riportare la prescrizione di alcun giorno di prognosi.
Si comunica, infine, che il 28 gennaio 2004, dopo le prime verifiche, con notizia di reato congiunta della questura di Trento e del comando provinciale dei carabinieri, 11 persone venivano deferite a vario titolo in stato di libertà alla competente autorità giudiziaria e per i reati di cui agli articoli 18 T.U.L.P.S. «manifestazione non autorizzata», 635 codice penale «danneggiamento aggravato», 639 codice penale «deturpamento ed imbrattamento di cose altrui», 336/337 codice penale «violenza, minaccia e resistenza a pubblico ufficiale» e articolo 674 codice penale «getto pericoloso di cose».
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Alfredo Mantovano.

FILIPPO MARIA DRAGO. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
nello scalo di alaggio del porto Acitrezza, frazione del comune di Aci Castello (Catania), è attraccato dal 10 maggio 1993 un moto peschereccio in disuso e in stato precario;
l'unità in oggetto risulta priva di indicazione del nome, è inoltre fonte di emissione di sgradevoli odori, ricettacolo di immondizie, nonché deposito naturale di carcasse di animali;
tale situazione pone a rischio l'igiene e la salute pubblica, rappresentando inoltre una causa di intralcio al regolare svolgimento delle attività portuali;
a seguito di ripetuti solleciti giunti all'indirizzo della Capitaneria di porto di Catania, quest'ultima ha provveduto a emanare un'ordinanza nel 2003 con la quale si imponeva al proprietario di rimuovere il moto peschereccio, senza tuttavia sortire effetto alcuno -:
per quali ragioni, ad un anno di distanza dalla propria ordinanza, la Capitaneria di porto di Catania non abbia ancora proceduto alla rimozione del moto peschereccio in oggetto.
(4-10270)

Risposta. - In merito alle problematiche evidenziate con l'atto ispettivo in argomento, si rappresenta quanto riferito dal comando generale del corpo delle Capitanerie di porto cui sono state richieste le opportune informazioni.
La Capitaneria di porto di Catania, a fronte dell'inerzia da parte del signor Condorelli Salvatore, proprietario del Motopeschereccio denominato «Colomba del Mare» ha attuato, sul piano tecnico-amministrativo e in stretta aderenza alla disciplina codicistica, tutte le procedure finalizzate alla rimozione e successiva demolizione d'ufficio di detta unità da pesca.
La predetta capitaneria di porto, a seguito di apposita riunione con l'amministrazione comunale di Accastello e con l'ente gestore dell'Area marina protetta


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«Isole Ciclopi», ha ottenuto la disponibilità, da parte delle citate amministrazioni, ad assumere l'onere finanziario delle spese di demolizione.
Allo stato attuale è in corso di formalizzazione del procedimento amministrativo relativo alla demolizione d'ufficio.
Il Viceministro delle infrastrutture e dei trasporti: Mario Tassone.

LUCIANO DUSSIN. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
se è vero che lo stato della giustizia in tutta Italia è in forte crisi, nel Veneto ne è causa principale la grave carenza di personale, registrata a tutti i livelli;
dalla relazione predisposta dal Procuratore Generale del Veneto in occasione dell'apertura dell'anno giudiziario, emerge che non solo c'è carenza di risorse finanziarie, bensì manca un'organizzazione che sappia utilizzare al meglio quanto viene stanziato;
mediamente, i cancellieri in servizio in Veneto risultano essere il 68 per cento in meno di quelli in pianta organica, i dirigenti il 55 per cento in meno, di ausiliari ce n'è uno su ogni quattro previsti, mentre di magistrati ne mancano il 23,8 per cento;
suscita in particolare perplessità la situazione in cui opera l'Ufficio notifiche ed esecuzioni di Castelfranco Veneto, sezione dell'UNEP di Treviso, che proprio a causa di una grave carenza di personale svolge attualmente un carico di lavoro divenuto insostenibile in un clima di costante preoccupante difficoltà organizzativa e gestionale, soprattutto da quando nel 1999 è stato disposto l'accorpamento a Castelfranco Veneto degli Uffici giudiziari del circondario di Asolo, sempre in provincia di Treviso;
a fronte infatti di un aumento esponenziale dei ricorsi all'ufficiale giudiziario, con ben oltre seimila atti in materia civile stilati dall'inizio del 2003, circa quattromila di natura penale e centinaia di atti di cancelleria, cui devono sommarsi tutti gli sfratti da eseguirsi personalmente, almeno due a settimana, un solo addetto dirige l'ufficio di Castelfranco Veneto con l'ausilio di due operatori di cancelleria;
l'apporto di un ufficiale giudiziario destinato da Treviso in applicazione presso l'UNEP di Castelfranco Veneto, a seguito di disposizione una tantum del presidente del tribunale di Treviso, non basta a rimediare ad un cronico arretrato nell'esecuzione dei provvedimenti giudiziari, che va ovviamente a discapito di tutti gli operatori del settore. Si pensi che di fatto la competenza territoriale dell'ufficio si estende dai confini della Provincia di Padova sino ai comuni del Monte Grappa, per un totale di centoventicinquemila abitanti in diciotto comuni, di cui peraltro dodici pedemontani;
negli ultimi anni più volte l'attuale responsabile dell'ufficio, fra qualche mese in pensionamento per raggiunti limiti di età, ha denunciato al presidente del tribunale di Treviso questa grave situazione di carenza di organico e l'enorme difficoltà ad ottemperare al carico di lavoro, senza che peraltro le continue istanze abbiano sortito alcun effetto;
i concorsi pubblici per ufficiali giudiziari sembrano insufficienti a fronteggiare una sempre più pressante e generalizzata richiesta di personale e non vi sono speranze che a breve, a seguito dell'ultimo concorso indetto, la situazione per Castelfranco Veneto possa sbloccarsi -:
se il Ministro sia a conoscenza della situazione esposta in premessa e quali provvedimenti intenda adottare affinché l'ufficio giudiziario di Castelfranco Veneto sia posto in grado di operare con regolarità.
(4-08689)

Risposta. - Con l'atto parlamentare cui si risponde, con il quale l'interrogante lamenta la grave carenza di personale presente presso l'ufficio NEP del tribunale di Treviso, Sezione distaccata di Castelfranco


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Veneto, si rappresenta che la dotazione organica dell'ufficio è così costituita.
Il personale dell'ufficio notifiche, esecuzioni e protesti è il seguente: per la posizione economica C2 un posto per ufficiale giudiziario, per la posizione economica C1 due posti per ufficiale giudiziario, per la posizione economica B3 un posto per ufficiale giudiziario, per la posizione economica B2 due posti per operatore giudiziario, per un totale di sei posti.
Attualmente risultano presenti tre unità.
I tre posti vacanti di ufficiale giudiziario (1 della posizione economica C2, 1 della posizione economica C1 ed 1 della posizione economica B3), potranno essere coperti solo all'esito delle procedure di riqualificazione del personale dipendente, in funzione delle quali, peraltro, è stato istituito il posto della figura professionale di ufficiale giudiziario, posizione economica C2, figura che, allo stato, non è presente tra il personale in servizio.
La vacanza della posizione economica C1, (figura professionale incrementata di 500 unità con il decreto ministeriale 6 aprile 2001 di revisione delle dotazioni organiche) potrà essere coperta con i vincitori del concorso pubblico per esami a 443 posti, attualmente in via di espletamento.
È stato inoltre pubblicato l'interpello per posti vacanti di Ufficiale giudiziario C1 ai sensi dell'articolo 19 dell'accordo sulla mobilità interna siglato con le organizzazioni sindacali il 28 luglio 1998 nel quale, tra gli altri, è stato inserito il posto vacante presso l'ufficio NEP della sezione di Castelfranco Veneto.
Per favorire l'adozione delle opportune misure atte a salvaguardare la funzionalità dell'ufficio NEP di Castelfranco Veneto ove, peraltro, come evidenziato dall'interrogante, non è sufficiente l'apporto di un ufficiale giudiziario applicato dal tribunale di Treviso, a seguito di disposizioni saltuarie del presidente del tribunale, per rimediare ad un cronico arretrato nell'esecuzione dei provvedimenti giudiziari, il presidente della Corte di appello di Venezia potrà disporre l'applicazione, ai sensi dell'articolo 32 e seguenti del decreto del Presidente della Repubblica 15 dicembre 1959, n. 1229, di almeno un ufficiale giudiziario della posizione economica B3 stante, per tale figura professionale la posizione soprannumeraria in diversi uffici NEP del distretto (5 unità in soprannumero sono in servizio nella stessa Corte, 1 all'UNEP di Belluno, 2 all'UNEP di Padova, 2 all'UNEP di Treviso e 1 all'UNEP di Vicenza), bilanciando i carichi di lavoro dei vari Uffici.
Si aggiunge, inoltre, che l'organico complessivo del personale degli Uffici NEP del distretto di Venezia prevede complessivamente 326 unità, di cui sono presenti 230 unità (12 delle quali in
part-time) e che l'organico complessivo del personale amministrativo di cancelleria nel distretto di Venezia prevede 1850 unità, di cui sono presenti 1508 unità (252 delle quali in part-time).
Prestano inoltre servizio, non conteggiate nell'organico:
a) 55 unità di personale a tempo determinato (ex lavoratori socialmente utili) i cui contratti di lavoro sono stati prorogati ai sensi dell'articolo 3, comma 62 della legge 24 dicembre 2003, 350;
b) 26 unità di personale comunale comandato ai sensi dell'articolo 26, comma 4 della legge n. 468 del 1999 negli uffici del giudice di pace;
c) 74 unità di personale comandato da altre amministrazioni;
d) 10 centralinisti telefonici non vedenti.

Pertanto le presenze effettive salgono a 1.673.
Dall'analisi dei dati riportati nell'interrogazione circa le percentuali di scopertura delle varie figure professionali, sembra opportuno fornire alcune precisazioni.
In primo luogo per quanto riguarda la percentuale di scopertura dei cancellieri in servizio in Veneto (68 per cento in meno di quelli previsti in pianta organica) si precisa che, considerate nel complesso le varie posizioni economiche di tale figura professionale C2, C1 e B3 essa è pari al 25,52 per cento.


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La percentuale indicata dall'interrogante sembra riguardare l'organico del cancelliere della posizione economica C2, ove a fronte di 224 unità previste sono presenti 66 dipendenti. Tale carenza, avvertita in tutti gli uffici giudiziari del Paese è dovuta anche all'aumento di 1.000 unità dell'organico della posizione economica C2 disposto a seguito del contratto integrativo di amministrazione del 5 aprile 2000.
I posti portati in aumento oltre quelli già vacanti saranno coperti, come detto, all'esito delle procedure di riqualificazione riservate al personale dipendente.
Per quanto riguarda i dati relativi ai dirigenti si fa presente che l'organico degli uffici del Veneto consta di 17 unità ed attualmente ne risultano presenti 11, pari ad una percentuale di scopertura del 35,29 per cento.
In proposito si comunica che con atto di interpello straordinario del 13 febbraio scorso sono state pubblicate, tra le altre, le posizioni dirigenziali vacanti presso il tribunale per i minorenni di Venezia e presso il tribunale di Vicenza.
La percentuale di scopertura riferita nella interrogazione, pertanto, potrebbe riferirsi all'organico dei dirigenti e dei direttori di cancelleria C3 nel loro insieme (57,74 per cento).
Una considerazione a parte va fatta per la figura professionale dell'ausiliario in quanto nell'ambito di tale figura sono comprese le posizioni economiche di nuova istituzione (B3 - in totale 1 unità, e B2 - in totale 6 unità) che saranno coperte all'esito delle predette procedure di riqualificazione nonché le posizioni economiche B1 e A1. In merito a queste ultime due posizioni economiche non trovano riscontro i dati riportati nell'interrogazione, in quanto nel distretto sono previste complessivamente 142 unità di personale (16 della posizione economica B1 e 126 della posizione economica A1) mentre ne sono presenti ben 154.
I posti delle posizioni economiche B1 e A1 che si renderanno vacanti all'esito delle suddette procedure di riqualificazione potranno essere coperti con l'assunzione di personale tramite le agenzie provinciali per l'impiego.
Il Ministro della giustizia: Roberto Castelli.

LUCIANO DUSSIN. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
i cittadini extracomunitari presenti regolarmente nel nostro Paese sono ormai oltre i 2 milioni. Una delle loro priorità è il conseguimento della nostra patente di guida. Le difficoltà di apprendimento per questi cittadini stranieri sono evidenti, essendo il nostro codice stradale scritto in italiano, spesso in maniera di difficile comprensione anche per i cittadini italiani;
risulta all'interrogante che da tempo il Ministero stia predisponendo dei quiz scritti in altre lingue, che consentiranno una più trasparente ed approfondita valutazione da parte degli esaminatori impegnati negli esami di teoria. Inoltre gli esaminatori, già carenti negli organici delle sedi periferiche, potrebbero passare dagli attuali esami orali che richiedono un'ora di tempo per soli 3-4 esami ai circa 25-30 che i quiz permetteranno. Trarrebbe vantaggio anche la trasparenza degli esami stessi in quanto esistono a tutt'oggi strani fenomeni migratori di cittadini extracomunitari che si recano fuori della provincia di residenza per conseguire la patente di guida -:
a che punto siano i lavori preparatori per passare dagli esami di teoria orali a quelli a quiz in lingua.
(4-10105)

Risposta. - Si rappresenta che presso il Dipartimento dei trasporti terrestri e per i sistemi informativi e statistici sono in corso di definizione le modalità di svolgimento degli esami di teoria per il conseguimento della patente di guida mediante l'utilizzo estensivo di tecnologie informatiche. In tale ambito è allo studio anche la possibilità di


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tradurre i quiz in altre lingue tra quelle più diffuse tra gli immigrati attualmente residenti in Italia.
Tali strumenti che presumibilmente avranno piena attuazione entro la prima metà del 2005 offriranno le massime garanzie di trasparenza degli esami e consentiranno nel contempo il miglior utilizzo del personale.
Il Viceministro delle infrastrutture e dei trasporti: Mario Tassone.

FERRO. - Al Ministro delle attività produttive. - Per sapere - premesso che:
l'aumento dei prezzi di numerose materie prime in particolare acciaio, rame, nonché rottame, essenziale quest'ultimo nell'industria siderurgica, ha subìto crescite enormi;
nel periodo luglio 2003 febbraio 2004 il rame ha fatto registrare aumenti di prezzo nell'ordine del 70 per cento e i prodotti della siderurgia nello stesso periodo hanno segnato aumenti tra il 20-25 per cento ed il 70-80 per cento a seconda dei prodotti: questa tendenza risulta sempre più marcata in questi primi mesi del 2004, ed è frutto di una situazione di generale scarsità di materie prime necessarie per l'industria metalmeccanica e siderurgica in particolare, oltre che per le inevitabili manovre speculative che si alimentano in situazione «patologiche» di mercato. Alla base di questi aumenti vi è una corsa all'accaparramento dei prodotti siderurgici da parte della Cina, che, pur essendo il primo produttore mondiale di acciaio sta rastrellando rottame ed altre materie prime per sostenere gli elevatissimi ritmi di sviluppo interno. Nel caso dell'acciaio la materia prima indispensabile (il coke, già di per sé scarso anche per effetto di discutibili decisioni di chiusura delle cokerie, in particolare nel nostro paese, in base ad asserite ragioni ambientali) è diventata ancora più scarsa per effetto della decisione cinese di ridurre drasticamente il numero di licenze per la vendita di coke alle aziende produttrici straniere. Tutto questo comporta l'obbligo da parte dei costruttori italiani di accettare livelli di prezzo ormai insostenibili pur di alimentare i propri impianti, nell'impossibilità di trasferire gli incrementi di costo sui prezzi di vendita, pena l'uscita dal mercato;
la situazione non sembra risolvibile a breve, perché anche gli USA hanno bloccato l'esportazione di coke e di rottame, e analoghi provvedimenti restrittivi ha adottato la Corea del Sud;
si pone, a giudizio dell'interrogante, necessario un intervento immediato ed urgente che contribuisca a riportare a condizioni normali la reperibilità dei materiali, scoraggiando al tempo stesso la speculazione -:
se il Governo non intenda predisporre con urgenza un decreto-legge che obblighi a trattenere entro i confini nazionali il rottame di ferro, subordinandone l'esportazione ad autorizzazione governativa, così come altri Paesi Europei, (Svizzera) hanno già fatto.
(4-09889)

Risposta. - Al Governo è ben nota la difficile situazione in cui attualmente versa la siderurgia e tutta la famiglia merceologica a valle del settore. Si tratta di una crisi dai connotati diversi rispetto al passato, innescata da un trend economico senza precedenti che vede la Cina, maggiore produttore mondiale di acciaio, aumentare la sua produzione a ritmi superiori al 21 per cento annuo, seguita da gran parte del Sud-Est asiatico: una vera e propria svolta epocale, tenuto conto delle dimensioni dei soggetti considerati. Ciò ha naturalmente comportato uno sconvolgimento del mercato e come logica conseguenza la rarefazione delle materie prime e l'impennarsi straordinario dei prezzi.
Il Governo non è rimasto alla finestra, bensì ha provveduto a convocare il tavolo di confronto per la siderurgia con le organizzazioni sindacali, tavolo che è stato preceduto da una riunione tecnica straordinaria dell'Osservatorio siderurgico, cui hanno partecipato, oltre ai membri istituzionali,


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tutte le categorie interessate a valle del settore siderurgico e le organizzazioni sindacali. In quella sede si è constatato, con soddisfazione unanime, una sostanziale identità di vedute in ordine alla soluzione dei problemi evidenziati. Certamente non sarà facile risolvere tutti i problemi in un breve lasso di tempo, ma è importante affrontarli nel modo migliore a cominciare - grazie alla recente individuazione delle BAT (Best available technologies) - dalla più rapida riattivazione delle cokerie dello stabilimento di Taranto, a suo tempo fermate dall'intervento della Magistratura per motivi ambientali. Sarà inoltre, opportuna un'azione decisa, a livello comunitario, volta a canalizzare verso i Paesi della Comunità i rottami prodotti dai Paesi aderenti. Sarà anche necessario chiarire normativamente che i rottami non sono rifiuti, bensì materie prime seconde, al fine di evitare blocchi all'importazione da parte della Magistratura.
In particolare, il Governo sulla materia «rottame», in funzione dell'impennata dei costi dell'acciaio, sta valutando alcuni strumenti di parziale correzione delle esigenze dell'apparato produttivo che riguardano, da un lato, l'aumento della produzione nazionale attraverso una migliore organizzazione dei processi di rottamazione, dall'altro, il ricorso all'utilizzo della distruzione di impianti connessi all'applicazione di specifiche norme (ad esempio la riduzione della capacità produttiva delle fonderie). Altro strumento per far fronte alla lievitazione dei costi dell'acciaio, che va a favore dei titolari di precedenti contratti di fornitura e/o di costruzione, è costituito dall'emanando provvedimento reintroduttivo di una forma di revisione dei prezzi.
Poiché, come è noto, la rappresentanza degli interessi nazionali in ambito WTO non può che essere affidata alla Commissione dell'Unione europea, il Governo è impegnato ad effettuare le massime pressioni possibili perché la linea comunitaria possa essere diretta ad una decisa contrattazione sulle regole di reciprocità.
Anche la richiesta di un monitoraggio, sia per il controllo delle diseconomie che per il controllo di possibili speculazioni, è già stata avanzata in ambito comunitario e si continuerà ad insistere perché ciò avvenga.
Oltre alle su citate misure, sarà adottata ogni altra misura che sarà possibile ed utile intraprendere per la salvaguardia della produzione dell'industria siderurgica e metallurgica italiana.
Il Sottosegretario di Stato per le attività produttive: Mario Carlo Maurizio Valducci.

FOTI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
recenti notizie di stampa ipotizzano come imminente la presentazione di un'iniziativa normativa volta a prevedere che i cacciatori siano sottoposti ad una visita medica presso una Commissione provinciale composta di 5 specialisti, al fine di potere continuare a detenere regolarmente le armi, indispensabili per l'esercizio dell'attività venatoria;
detta ipotesi di previsione legislativa finirebbe per ingiustamente penalizzare persone che, nella quasi totalità, esercitano l'attività venatoria con il massimo dello scrupolo possibile e che, inoltre, svolgono una preziosa attività di volontariato, di vigilanza e di concreta e disinteressata gestione del territorio;
saggezza e buonsenso, secondo l'interrogante, imporrebbero di non presentare una tale iniziativa normativa da parte del Governo- :
se quanto esposta risponda al vero.
(4-08979)

Risposta. - Rispondendo all'interrogazione parlamentare in esame, si comunica che la decisione di rivedere la normativa in tema di armi deriva dalla necessità di sistemare organicamente una serie di disposizioni di legge e regolamenti che disciplinano la materia, al fine di semplificarne l'interpretazione e l'applicazione, anche sotto il profilo sanzionatorio, e per allinearla alle direttive comunitarie.


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In questa ottica il Ministro dell'interno con un decreto dell'8 maggio 2003 ha istituito una commissione tecnica interministeriale con il compito di elaborare, entro 18 mesi, un «Testo unico recante nuove norme in materia di armi, di munizioni e di esplosivi».
Tale gruppo di esperti è presieduto da un magistrato Presidente di sezione della Corte di Cassazione.
Nel corso dei lavori di stesura del nuovo testo, tutt'ora in fase preparatoria, al fine di elaborare un sistema di norme che soddisfi contemporaneamente l'interesse pubblico e le legittime aspettative di coloro che, per aspetti diversi, sono coinvolti nella materia delle armi e delle munizioni, la commissione ha ritenuto di acquisire, dalle associazioni di categoria coinvolte nell'argomento, suggerimenti utili per la stesura del nuovo testo.
Nella seduta del 12 e del 13 febbraio 2004, infatti, il citato organo tecnico ha incontrato i rappresentanti delle maggiori associazioni venatorie riconosciute (Arcicaccia, Federcaccia, Italcaccia, Liberacaccia ed Enalcaccia), delle Federazioni sportive del Tiro a volo e del Tiro a segno nazionale e, presto, riceverà anche le organizzazioni rappresentative dei Produttori di Armi e munizioni.
La commissione tecnica interministeriale, in questo modo, avrà la possibilità di valutare con attenzione tutti gli aspetti sui quali inciderà il nuovo testo sulle armi.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Alfredo Mantovano.

DANIELE GALLI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
da oltre un anno gli utenti novaresi che per motivi di studio o di lavoro usufruiscono della rete ferroviaria Trenitalia sulla tratte Torino-Novara-Milano e Novara-Borgomanero-Domodossola lamentano continui e reitetati disagi e disservizi, come anche reso evidente dai numerosi servizi giornalistici;
i continui ritardi o soppressioni dei convogli provocano perdite di coincidenze, di appuntamenti, di ore di lavoro o di lezioni nelle scuole e negli Atenei;
le condizioni delle vetture sono sempre più spesso indecenti, carenti di adeguata pulizia, obsolete, in molti casi, nel periodo estivo, prive di aria condizionata, con servizi di ritirata ai limiti della tolleranza in quanto a pulizia ed igiene;
gli utenti corrispondono in denaro dei supplementi, Intercity o rapido, in cambio di servizi che non vengono corrisposti, né in termini di puntualità, né in termini di comfort;
sulla tratta Novara-Borgomanero-Domodossola la maggior parte dei disagi subiti dai pendolari è dovuta al problema delle precedenze sulla linea, su cui spesso si sovrappongono i convogli passeggeri ed i treni dell'autostrada viaggiante -:
se non intenda intervenire presso Ferrovie dello Stato spa onde garantire puntualità del servizio, condizioni di accettabilità dei mezzi, priorità del trasporto passeggeri rispetto ai servizi merci, nonché verificare puntualmente l'effettiva corrispondenza fra servizi erogati e prezzo degli stessi;
inoltre, sulla tratta Sempione-Novara-Voltri, se non intenda attivarsi affinché siano attuate prontamente le progettazioni e le procedure atte a consentire la coesistenza tra l'indubitabile ed importante arteria mercantile di collegamento Amsterdam-Genova con il traffico pendolare che supporta le attività economiche in sede locale.
(4-07258)

Risposta. - In merito all'atto parlamentare cui si risponde, con cui venivano evidenziati alcuni disservizi sulla tratta Torino-Novara-Milano, si riferisce quanto segue.
Relativamente alla pulizia dei treni, Ferrovie dello Stato spa ha fatto conoscere che sono state riscontrate alcune criticità collegate a problematiche organizzative delle imprese di pulizia verificatesi al cambio


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dell'appalto che hanno effettivamente determinato un calo di qualità della pulizia da parte delle imprese stesse.
Ferrovie dello Stato spa, al fine di migliorare lo standard delle pulizie, ha pertanto posto in essere le azioni necessarie per coinvolgere attivamente le imprese affidatarie dei servizi nel processo di cambiamento previsto dalla nuova tipologia di contratto, nell'intento di ottenere apprezzabili risultati in tempi brevi attraverso incisivi interventi sul territorio, nel rispetto degli standard di qualità determinati nel contratto ed in linea con le aspettative della clientela.
Per quanto riguarda gli obiettivi prefissati, in sintonia con quanto previsto dalla Carta dei servizi, la Divisione passeggeri ha definito con i nuovi contratti di pulizia procedure e programmi finalizzati ad ottenere prestazioni di pulizia in linea con i migliori standard europei. In tal senso i nuovi contratti rappresentano così gli strumenti e le procedure per il raggiungimento degli obiettivi di qualità.
Al fine quindi di conseguire tali obiettivi i nuovi contratti di pulizia hanno previsto requisiti di qualità misurabili in base alla tipologia dell'intervento in relazione alle singole azioni codificate nel Capitolato tecnico organizzativo.
Qualora si presentino eventuali criticità che non consentono il raggiungimento degli standard prefissati sono previste azioni correttive basate sulla revisione dei processi e vengono attivati specifici «piani d'azione» i cui risultati vengono monitorati con metodologie concordate con l'impresa appaltatrice.
Al riguardo il ministero delle infrastrutture e dei trasporti si riserva ovviamente nell'ambito di propria competenza di predispone ogni azione di vigilanza conseguente.
In ultima analisi relativamente alle operazioni di bonifica del parco rotabili si fa presente che queste hanno interessato la quasi totalità del parco.
Tale intervento di natura straordinaria consiste tra l'altro nello smontaggio dei sedili e delle carrozze al fine di consentire la pulizia radicale di quelle parti non accessibili durante le operazioni ordinarie di pulizia.
È già entrato in vigore il nuovo servizio effettuato a bordo treno dal
pulitore viaggiante che prevede, tra l'altro, alcuni importanti interventi, quali:
a) pulizia delle toilettes;
b) segnalare eventuali abusi da parte dei viaggiatori che sporcano o deteriorano le carrozze o fumano in zone non consentite;
c) pulire le parti interne delle carrozze (vetri, maniglie, pavimenti delle toilette, compartimenti che rimangono vuoti durante il viaggio);
d) rimuovere dai compartimenti occupati alcuni rifiuti, previo consenso dei viaggiatori.

A conferma di tale impegno, i dati statistici riferiti ai controlli di qualità effettuati negli ultimi mesi hanno evidenziato un miglioramento rispetto al trend dei mesi a cavallo 2002/2003, dovuto anche a processi di razionalizzazione degli assetti organizzativi delle imprese che operano nel settore.
Circa l'andamento dei treni di competenza del trasporto regionale, le rilevazioni relative al 1o settembre 2003 evidenziano, per la direttrice in questione, standard di puntualità mediamente allineati con gli obiettivi indicati nella Carta dei servizi regionale, con esclusione di alcune criticità registrate nei mesi di gennaio, febbraio e giugno 2003 sulla linea Torino-Novara.
Inoltre, dall'esame comparato dei dati relativi all'andamento dei treni della relazione Novara-Domodossola negli anni 2002-2003, emerge un sensibile miglioramento della regolarità, frutto di provvedimenti tesi ad evitare interferenze del traffico merci con quello passeggeri.
Alcune variazioni di orario, entrate in vigore dal mese di aprile 2004 e riguardanti una coppia di treni viaggiatori ed un treno


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merci, hanno contribuito a regolarizzare ulteriormente la circolazione.
Per quanto riguarda il materiale rotabile, il 9 dicembre 2002, con la sottoscrizione di un Protocollo d'intesa, la Regione Piemonte e la società Trenitalia hanno congiuntamente assunto l'impegno di ammodernare l'intero parco, acquisendo mezzi più moderni e funzionali e ristrutturando quelli già circolanti per un progressivo, visibile miglioramento del confort del cliente e della qualità dell'ambiente di viaggio.
In particolare saranno acquistate 21 nuove e confortevoli vetture a doppio piano e 4 vetture pilota a doppio piano, da utilizzare principalmente per i treni interregionali sulla linea Torino-Milano che aumenteranno sensibilmente il numero dei posti offerti.
Il completamento del programma è previsto entro l'anno 2006; ma già entro il 2004 la Direzione regionale Piemonte di Trenitalia spa prevede di realizzare la climatizzazione di tutti i propri convogli.
Per quanto riguarda la pulizia delle vetture, la Direzione regionale Piemonte risulta impegnata nel controllo e nella verifica della corretta applicazione delle clausole contrattuali, al fine di garantire adeguati livelli qualitativi del servizio e, fa presente Ferrovie dello Stato spa, eventuali difformità tra gli interventi richiesti e quelle effettuati comporteranno l'applicazione di sanzioni a carico delle imprese appaltatrici.
Per quanto attiene alla direttrice Rotterdam-Basilea-Domodossola-Novara-Genova, Ferrovie dello Stato spa fa conoscere che il suo potenziamento risulta essere un progetto di valenza strategica per lo sviluppo del traffico merci su ferrovia.
Già in questi ultimi anni, la tratta italiana da Iselle a Novara/Genova è stata oggetto di significativi interventi di potenziamento e riqualificazione: nel 2002 sono stati ultimati i lavori di adeguamento della sagoma delle gallerie tra Domodossola ed Iselle, conclusivi di una serie di potenziamenti su tutta la direttrice e riguardanti l'elettrificazione della linea PromoselloBorgomanero-Vignale, l'adeguamento tecnologico della linea e la sistemazione delle stazioni di Pregia e Varzo secondo il piano regolatore generale.
Questi ed altri interventi hanno consentito un aumento della capacità della linea e, soprattutto l'istituzione del servizio autostrada viaggiante, vale a dire il trasporto di camion su carri ferroviari.
Ulteriori interventi sono programmati a breve/medio termine, volti a migliorare la qualità del servizio e ridurre al minimo le interferenze tra il traffico merci e viaggiatori dovute alla necessità di effettuare precedenze ed incroci; tra questi troviamo l'adeguamento a 650 metri dei binari di incrocio/precedenza nelle stazioni di Gravellona Toce, Orta Miasino, Cressa e Caltignaga, la velocizzazione e risoluzione delle interferenze nell'abitato di Gozzano («Gobba di Gozzano»), la soppressione di passaggi a livello lungo la linea ed altri interventi puntuali.
Da menzionare poi il progetto di raddoppio della linea Vignale-Oleggio-Arona, inserito nell'elenco della legge n. 443 del 21 dicembre 2001 («legge obiettivo»), di cui sarà presentata al ministero delle infrastrutture e dei trasporti la progettazione preliminare entro il corrente anno.
L'importanza strategica del corridoio Sempione-Novara/Genova e la conseguente programmazione di interventi di potenziamento infrastrutturale è confermata anche nel documento di piattaforma comune Rete Ferroviaria Italiana spa - Ferrovie Federali Svizzere, sottoscritto nel luglio del 2003 dai gestori delle Reti italiana e svizzera che individua una serie di opere ed interventi, tra cui quelle sopra evidenziate, volti al miglioramento della qualità del servizio sia merci sia viaggiatori.
Per quanto riguarda la tratta ligure-piemontese, la recente approvazione del progetto preliminare del Terzo Valico ha avviato un processo pianificato di superamento della barriera appenninica per la quale già oggi è stato attrezzato il percorso di Alessandria e Genova via Ovada.
Il Sottosegretario di Stato per le infrastrutture e per i trasporti: Nino Sospiri.


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GASPERONI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
dal primo marzo non sarà più consentito fumare sui treni eurostar e sui nuovi intercity. L'annuncio, a cura dall'amministratore delegato di Trenitalia, Roberto Renon e del direttore dei passeggeri, Massimo Ghenzer, è del 3 febbraio uscente;
l'iniziativa di Trenitalia, che estende il programma «libertà di non fumare», riguarda i 130 eurostar e i 18 nuovi intercity che ogni giorno collegano più di 160 città d'Italia;
su questi treni viaggiano mediamente 60 mila passeggeri al giorno per un totale annuo di oltre 25 milioni. Il provvedimento sarà gradualmente esteso a tutti i nuovi intercity che entreranno in esercizio entro il 2006;
pur apprezzando la campagna contro il fumo messa in atto dal Ministro della salute -:
quali siano le ragioni che giustificano questo provvedimento sui treni a lunga percorrenza, che sembra non più rivolto alla corretta salvaguardia della salute dei viaggiatori, ma ad un mero accanimento ideologico verso i fumatori;
se non ritenga di intervenire presso FS affinché possa essere mantenuta, sui treni a lunga percorrenza, nei quali i viaggi durano parecchie ore, una carrozza fumatori in testa o in coda al convoglio, così da non obbligare alcun non fumatore a doverla attraversare.
(4-09094)

Risposta. - In merito all'interrogazione in argomento, Ferrovie dello Stato spa ha riferito che, in linea con quanto disposto dall'articolo 51 della legge n. 3 del 16 gennaio 2003 «tutela della salute dei non fumatori», per il quale a partire dal 1o gennaio 2005 sarà vietato il fumo nei ristoranti e dei bar, Trenitalia spa, all'interno dell'iniziativa denominata «Libertà di non fumare» all'avanguardia in Europa, ha adottato il provvedimento di divieto di fumo totale sulla flotta ammiraglia delle ferrovie italiane con l'abolizione e la bonifica delle carrozze fumatori.
Il provvedimento in questione, in vigore dall'aprile 2003 solo sui treni del trasporto regionale e sulle vetture letto dei treni notte, è stato esteso dal 1o marzo 2004 anche a tutti gli eurostar ed ai 18 nuovi intercity con il divieto assoluto di fumare anche nei vagoni 1 e 11 finora riservati ai fumatori.
Su tutte le vetture fumatori della flotta eurostar e dei nuovi intercity verranno effettuati inoltre interventi di bonifica per eliminare ogni traccia residua di fumo (su posacenere, tappezzeria,
moquette, pareti).
Questa scelta tiene conto delle richieste dei clienti e delle associazioni dei consumatori e si inquadra nel contesto delle azioni promosse dal ministero della salute per ridurre sempre più la diffusione della dipendenza dalla nicotina e per limitare i danni causati ai non fumatori dal fumo passivo.
Il provvedimento in questione ha tenuto conto anche dei risultati di una ricerca di mercato che si è svolta nel settembre 2003 che si è aggiunta ad altre già realizzate nel passato sullo stesso tema.
Da tale indagine è emerso che oltre il 74 per cento della clientela valuta positivamente l'ipotesi di eliminare il fumo a bordo dei treni e più in dettaglio il 7 per cento del totale clienti eurostar viaggerebbe con maggior frequenza in caso di abolizione del fumo mentre il 4 per cento potrebbe cambiare mezzo di trasporto.
A conferma di ciò si evidenzia che a partire dal 1o marzo 2004, data di introduzione del divieto di fumo, le frequentazioni dei treni eurostar sono sensibilmente aumentate (più 7,5 per cento di viaggiatori) e che si è registrato un calo dei reclami inoltrati dalla clientela sull'argomento.
Per i motivi su esposti pertanto Ferrovie dello Stato ha rilevato di non ritenere opportuna l'ipotesi di ripristinare le due carrozze destinate ai fumatori.
Il Sottosegretario di Stato per le infrastrutture e per i trasporti: Nino Sospiri.


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GASPERONI, CALZOLAIO, DUCA, RUGGIERI e GALEAZZI. - Al Ministro dell'interno, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
dai giornali locali (Corriere Adriatico, Resto del Carlino, Messaggero) di lunedì 29 marzo si apprende del viaggio verso Pesaro di sedicenti «tifosi» di basket del Roseto, che, il 28 marzo 2004 si è trasformato in un incubo per molte persone;
i «tifosi», durante tutto il tragitto, hanno messo a ferro e fuoco la vettura nella quale viaggiavano, distruggendola, e le stazioni ferroviarie nelle quali il treno ha sostato;
nella stazione di Porto San Giorgio una ragazza è stata ferita dal lancio di una bottiglia;
nella stazione di Ancona è stata lanciata una bomba carta che provoca molta paura tra i passeggeri in attesa sulle banchine;
tutte le stazioni, in generale, sono state oggetto di lancio di suppellettili, comprese le tavolette dei servizi igienici;
durante il tragitto è stato tirato più volte il freno di emergenza, tanto che il treno è arrivato con oltre un'ora di ritardo;
all'arrivo nella stazione di Pesaro i «tifosi», decisamente su di giri, scesi dal vagone dal quale usciva fumo, hanno intonato cori lanciando insulti a Pesaro, alla Scavolini e a tutti i viaggiatori che si trovavano in stazione;
ad attendere i «tifosi» c'erano 20 poliziotti della Questura, 16 Carabinieri, 16 agenti della Polizia Penitenziaria e, come rinforzo, anche 16 poliziotti del Reparto Mobile;
dalla stazione ferroviaria di Pesaro i «tifosi» sono stati fatti salire su due pullman, che hanno subìto, naturalmente, danni, e sono stati scortati dalle forze dell'ordine fino al Palasport;
alcuni dei tifosi, nonostante fossero privi di biglietto, sono stati fatti entrare al Palasport per evitare ulteriori disordini;
lo sport rappresenta senz'altro una risorsa importante quale scuola di civiltà e vita per tutta la popolazione e, soprattutto, per i giovani, che dovrebbero trovare nella pratica sportiva, e nel tifo, motivo di crescita e maturazione responsabile;
le Forze dell'ordine hanno svolto in maniera ineccepibile il loro compito, nonostante le forti tensioni, evitando che accadessero incidenti ben più gravi, ma sono state sottratte alla cittadinanza che avrebbe avuto tutto il diritto di poter contare su di loro per qualunque evenienza -:
come sia possibile che lungo il tragitto possano essere accadute le cose sopra descritte, senza che non venisse deciso di bloccare il viaggio dei «tifosi» ai primi disordini;
se non si ritenga, che in casi di questo genere, sia più utile per questioni di ordine pubblico non consentire il raggiungimento del luogo della manifestazione sportiva per prevenire disordini ancora più gravi;
se i «tifosi» sono stati identificati e denunciati, in modo tale che sia possibile chiedere loro risarcimenti dei danni provocati.
(4-09630)

Risposta. - Si comunica che il 28 marzo 2004 un centinaio di tifosi della squadra di pallacanestro di Roseto degli Abruzzi (Teramo) si sono recati in treno a Pesaro, per seguire la propria squadra impegnata in una gara di campionato di serie A1, contro la Basket Scavolini Pesaro.
Subito dopo la partenza diversi tifosi hanno azionato più volte il freno d'emergenza del treno, rallentandone la marcia e durante le soste presso le stazioni di San Benedetto del Tronto, di Civitanova, di


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Ancona e di Pesaro, si sono resi effetti- vamente protagonisti di ulteriori atti di intemperanza, con il lancio di petardi e di altri oggetti all'esterno del treno senza, peraltro, provocare danni a persone o cose.
In tali circostanze, gli operatori di polizia non sono intervenuti al fine di non mettere a repentaglio l'incolumità degli altri viaggiatori e dei passanti.
All'arrivo a Pesaro, dove erano state predisposte accurate misure di sicurezza anche in considerazione dell'accesa rivalità tra le opposte tifoserie, i sostenitori rosetani sono stati accompagnati dalle forze dell'ordine, con due mezzi pubblici messi a disposizione dalla locale società di trasporto urbano, presso il palazzo dello sport sede dell'incontro, dove non si sono registrati disordini.
Durante il viaggio di ritorno, si sono inizialmente ripetuti analoghi episodi dell'andata, con il reiterato azionamento del freno di emergenza da parte dei tifosi abruzzesi, ma non si sono registrati altri incidenti, atti provocatori o lanci di petardi ed oggetti.
La Società Ferrovie dello Stato ha stimato in circa 3.000,00 euro i danni subiti dalle carrozze ferroviarie del treno di andata, mentre sono di poco conto quelli riscontrati sul treno di ritorno.
Degli episodi in questione sono state dettagliatamente informate le autorità giudiziarie competenti.
La questura di Pesaro ha messo a disposizione degli uffici di polizia delle località interessate le videoregistrazioni effettuate dalle telecamere a circuito chiuso dell'impianto sportivo pesarese al fine di pervenire all'identificazione degli autori dei reati commessi.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Alfredo Mantovano.

GAZZARA. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
i magistrati onorari svolgono funzioni di notevole importanza, atte anche a garantire il funzionamento del sistema giustizia, da anni ormai in crisi e bisognoso di un intervento radicale;
le figure ad oggi create dal legislatore, sorte in tempi diversi in relazione alle esigenze contingenti, sono: i giudici onorari aggregati, i vice procuratori onorari, i giudici onorari di tribunale ed i giudici di pace; ognuna con funzioni e competenze proprie e con un trattamento economico notevolmente differenziato;
proprio tale differenza retributiva, determinata più dai diversi tempi in cui le varie figure di magistrati onorari sono state istituite che dalle funzioni effettivamente svolte, è particolarmente evidente tra i giudici onorari di tribunale ed i giudici di pace;
infatti, ai giudici di pace è assicurato, dalla legge 21 novembre 1991, n. 374, il seguente trattamento economico: un'indennità di lire 70.000 per ciascuna udienza civile o penale svolta e per l'apposizione dei sigilli, nonché lire 110.000 per ogni processo assegnato e comunque definito o cancellato dal ruolo; una indennità di lire 500.000 per ciascun mese di effettivo servizio a titolo di rimborso spese per l'attività di formazione, aggiornamento e per l'espletamento dei servizi generali di istituto; una indennità di lire 20.000 per ogni decreto ingiuntivo od ordinanza emessi; oltre, quanto previsto in materia penale;
diversamente, il decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 273, e successive modifiche, prevede per i giudici onorari di tribunale, un trattamento economico notevolmente inferiore: una indennità di lire 190.000 per ogni udienza e non possono essere corrisposte più di due indennità al giorno;
è evidente la differenza retributiva tra queste due figure di magistrati onorari, peraltro non giustificata dal carico di lavoro o dal differente lavoro svolto, anzi, la competenza per materia e per valore dei giudici onorari di tribunale, è sicuramente


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più ampia e delicata di quella dei giudici di pace. Infatti, tranne che per materie di particolare importanza in ragione degli interessi in causa, la compentenza dei giudici onorari di tribunale è quella dei «togati»;
nel tempo si è cercato di ovviare a tale situazione con varie iniziative che, ad oggi, non hanno avuto alcun esito;
rientra nei programmi del Governo il riassetto dell'intero comparto giustizia anche con una riforma radicale delle funzioni, delle competenze e dei compensi degli uffici dei magistrati onorari;
in attesa di tale riforma, sarebbe opportuno e possibile intervenire estendendo ai giudici onorari di tribunale il trattamento economico certamente più favorevole previsto per i giudici di pace -:
quali iniziative intendano adottare al fine di evitare il protrarsi delle suesposte situazioni di discriminazioni tra soggetti che ricoprono ruoli simili e, comunque, per rendere dignitoso il compenso per l'attività svolta dai giudici onorari di tribunale.
(4-05456)

Risposta. - Con riferimento all'atto ispettivo in argomento, si rappresenta che l'attenzione rivolta alle categorie di giudici onorari dei GOT e dei VPO è stata dimostrata dal disposto di cui all'articolo 2, comma 1, del decreto-legge 24 dicembre 2003, n. 354 (convertito in legge con modificazioni dall'articolo 1, legge 26 febbraio 2004, n. 45), mediante il quale l'incarico di tutti i GOT ed i VPO in scadenza alla data del 31 dicembre 2003 è stato prorogato ex lege di un anno.
È in corso lo studio di una riforma organica della magistratura onoraria ed anche in quella sede potrà essere valutata l'opportunità di equiparare il valore delle indennità da corrispondersi ai GOT ed ai VPO a quelle previste per i giudici di pace ed i giudici onorari aggregati.
Il Ministro della giustizia: Roberto Castelli.

GAZZARA, PITTELLI, CAMINITI, LA GRUA, MISURACA, GIUDICE, SARDELLI, MAURO, BAIAMONTE, PERROTTA, MARINELLO, BLASI e FATUZZO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
fino a poco tempo addietro viaggiare da Messina a Roma in vagone letto o cuccetta risultava utile in quanto erano due i treni che consentivano di partire comodamente la sera (23,25 e 23,55) per arrivare, trascorsa la notte, in modo da avere a disposizione l'intera mattinata. Il primo treno, infatti, arrivava a destinazione alle ore 8,12, ed il secondo alle ore 8,45;
per la verità il treno delle 8,12 procedeva sempre con notevole puntualità; l'altro spesso arrivava a Roma con ritardo;
di recente RFI ha modificato g1i orari, e di fatto unificando i due precedenti treni, fa sostare nella stazione di Messina per circa 25 minuti quello proveniente da Siracusa (che partiva alle 23,25) in attesa dell'altro proveniente da Palermo (che partiva alle 23,55). Sennonché spesso il secondo arriva con ritardo, a volte notevole, e comunque il treno non arriva a Roma quasi mai in orario: confermando la consuetudine che quello delle 23,55 aveva da sempre;
adesso l'arrivo a Roma in tempo utile per appuntamenti non rinviabili risulta assolutamente incerto per cui sarebbe opportuno intervenire drasticamente e, se del caso, ripristinare i due treni da Messina;
sembra incredibile che tutto ciò si ripeta con continuità ma ancora più incredibile è che nessuno vi ponga rimedio;
la situazione evidenzia disinteresse e disattenzione e merita una soluzione rapida e definitiva -:
quali iniziative si intenda adottare per evitare i lamentati disguidi che si ripetono inspiegabilmente con una frequenza che depone malissimo per una azienda chiamata a svolgere un pubblico servizio.
(4-08587)


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Risposta. - In merito alle problematiche evidenzia nell'interrogazione in argomento, Ferrovie dello Stato spa ha riferito che con il nuovo orario del 14 dicembre 2003 i treni EXP N 834 Freccia del Sud Agrigento-Milano e TH 1938 Bellini Siracusa-Roma non sono stati soppressi e non hanno subito variazioni nè di traccia nè di fermate, così come risulta dall'attuale orario qui sotto riferito:
EXP N 834 partenza da Messina 23.05 e arrivo a Roma Tiburtina 8.02;
TH 1938 partenza da Messina 23.53 e arrivo a Roma Termini 8.46.

È variata, invece, la composizione dei treni in questione, come di seguito riportato:
EXP N 834: 1 sola vettura posti a sedere di 2 classe nella sezione per Catania;
TH 1938: 1 sola vettura WL T2S nella sezione per Palermo Centrale (dovuta a razionalizzazione della composizione per radiazione di alcune vetture WL non più utilizzabili).

Relativamente alla puntualità dei due treni, si fa presente che per quanto riguarda il treno TH 1938 l'indice medio di puntualità si è attestato intorno ai 20 minuti circa ed è condizionato dal ritardo a Messina del treno antenna EXP 1936 proveniente da Palermo.
Quest'ultimo treno, con l'orario attuale, sta facendo registrare un ritardo medio a Messina di circa 14 minuti, con indici di puntualità nella fascia 0-15 minuti pari a circa l'82 per cento.
Per quanto riguarda, invece, i motivi dei ritardi del treno EXP 834 Freccia del Sud (Agrigento-Milano) si fa presente che durante l'anno 2003 sono stati determinati principalmente da difficoltà nel tratto di attraversamento dello Stretto durante la navigazione, problematiche durante la composizione del treno.
Dall'analisi dell'andamento del treno in questione risulta che, escludendo i ritardi maturati per cause esterne, lo stesso viaggia con un ritardo medio inferiore ai 10 minuti.
Il monitoraggio del treno in questione effettuato dal 1o febbraio al 23 maggio 2004 ha evidenziato le cause dei ritardi più consistenti (oltre a quelli già evidenziati):
a) guasto agli apparati tecnici (incendio cavi elettrici nei pressi di Salerno ed inconvenienti fra Mileto e Vibo Valentia);
b) lavori di manutenzione (tratta Villa San Giovanni-Salerno);
c) forte afflusso di viaggiatori nel mese di aprile 2004.

Ferrovie dello Stato s.p.a. assicura comunque che la circolazione del treno EXP 834 continua ad essere costantemente ed accuratamente monitorata al fine di migliorarne ulteriormente le performance di puntualità.
Il Sottosegretario di Stato per le infrastrutture e per i trasporti: Nino Sospiri.

GAZZARA, SANTORI, MORMINO, MISURACA, SARDELLI, SPINA DIANA, MAURO, CAMINITI, PITTELLI, MARINELLO, GERMANÀ, CAMPA, ZAMA, GIUDICE, PERROTTA, BAIAMONTE, BLASI, FATUZZO, LA GRUA, CUCCU e NICOTRA. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
RFI ha come missione d'impresa, tra l'altro, la garanzia della continuità territoriale tra terminali ferroviari marittimi come Villa San Giovanni e Reggio Calabria con Messina;
conseguentemente le tratte che collegano Villa San Giovanni e Reggio Calabria con Messina sono da considerare «sociali» con la duplice conseguenza che il costo del biglietto deve essere rapportato alla distanza tra le località come se si trattasse di percorso lungo un binario ferroviario e che va uniformato l'orario delle corse


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lungo lo Stretto di Messina con quello dei treni a lunga percorrenza (Intercity, Eurostar, ...) i quali, se del caso, come avviene per i treni «in coincidenza», devono aspettare l'arrivo del mezzo proveniente dalla Sicilia (e viceversa);
i lavoratori pendolari tra Messina e Reggio Calabria oggi, invece, pagano molto più del dovuto e gli utenti siciliani e calabresi devono arrivare prudentemente ore prima della partenza prevista del treno sul quale devono salire e non se ne comprende il motivo forse riconducibile a questioni di bilancio che poco hanno a che fare con il rispetto delle esigenze dei cittadini (in particolare dei bisogni di chi si trova in posizione territoriale disagiata sotto il profilo dei collegamenti) e con i doveri e gli obblighi connessi con l'esercizio di un pubblico servizio;
senza dire che, proprio per la finalità di cui si tratta, quella cosiddetta missione d'impresa viene dallo Stato ancora compensata con una consistente rimessa annuale a RFI, che comunque sarebbe tenuta a garantire quel servizio gestendo la rete in situazione di sostanziale monopolio;
non è possibile, né verosimile che quanto lamentato avvenga, né verosimile tenere gli utenti in condizione di difficoltà permanente;
tra l'altro la normativa vigente pare consenta a chi si trova in tali situazioni e può dimostrare che i ricavi del servizio (nella specie lungo lo Stretto di Messina, individuato come tratta sociale) coprono almeno il 35 per cento dei relativi costi, di ottenere la copertura della parte restante degli stessi costi. Per tale beneficio, trattandosi di terminali ricadenti in province e regioni differenti occorrerebbe un accordo interprovinciale o interregionale, per il quale comunque non dovrebbero esservi difficoltà;
RFI attua da tempo una politica di apparente disimpegno dalla Sicilia, realizzata attraverso la unilaterale decisione di chiudere biglietterie e stazioni ferroviarie, di ridimensionare le officine G.R. di Catania e di Messina, di esternalizzare servizi di manutenzione, di non ammodernare adeguatamente la flotta di navi traghetto in servizio lungo lo Stretto di Messina, di ridurre le risorse dei mezzi, veloci, tra Messina e Reggio, di sospendere i collegamenti tra Messina e l'aeroporto di Reggio Calabria;
RFI è tenuta a svolgere un servizio uniforme in tutta Italia in modo da garantire pari dignità agli utenti ed il modo in cui il servizio viene svolto di fatto merita verifica al fine di apprezzare i comportamenti, individuare eventuali responsabilità e intervenire adeguatamente per porre i necessari rimedi -:
quali concrete, urgenti iniziative, intendono adottare, per rimediare in modo definitivo a quanto evidenziato che crea un legittimo disagio nella popolazione siciliana e calabrese, di Messina e Reggio Calabria in particolare, mentre, invece, una politica dei trasporti adeguata alle effettive esigenze del territorio potrebbe agevolare una conurbazione che il ponte sullo stretto di Messina accelererà e realizzerà compiutamente.
(4-08603)

Risposta. - Si fa presente che Rete Ferroviaria Italiana spa svolge la seguente attività di collegamento ferroviario via mare e di trasporto marittimo passeggeri e gommato tra il Continente e rispettivamente la Sardegna e la Sicilia:
a) trasporto di carri ferroviari sulla rotta Civitavecchia-Golfo Aranci e di carri carrozze e ferrocisterne sulla rotta Villa San Giovanni-Messina;
b) trasporto di gommato leggero e pesante sulla rotta Villa San Giovanni-Messina;
c) trasporto di passeggeri a piedi con unità veloci sulla rotta Reggio Calabria-Messina.

Il servizio di trasporto marittimo passeggeri e gommato è svolto in regime di libero mercato.


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Il trasporto ferroviario via mare fra la Penisola e la Sicilia e la Sardegna è operato da Rete Ferroviaria Italiana spa sulla base della concessione rilasciata con decreto del ministero delle infrastrutture e dei trasporti in data 31 ottobre 2000.
Attualmente Rete Ferroviaria Italiana spa riceve contributi in conto esercizio, a fronte degli obblighi di servizio, ad integrazione dei corrispettivi per il trasporto marittimo dei rotabili ferroviari nonché contributi in conto capitale per la manutenzione straordinaria delle aree e delle strutture portuali in concessione e per l'acquisto e manutenzione straordinaria del naviglio impiegato nel collegamento ferroviario.
Inoltre, nel rispetto dell'Atto di concessione Rete Ferroviaria Italiana s.p.a. è tenuta a garantire il collegamento ferroviario via mare tra la Penisola e le Isole maggiori (Sardegna e Sicilia).
In tale ottica è infatti organizzato il servizio di traghettamento tra Messina e Villa San Giovanni ove viene proposta una considerevole offerta di trasporto per passeggeri e veicoli.
Su tale relazione il prezzo del biglietto pagato dal passeggero è effettivamente rapportato alla distanza tra le due località come si trattasse di un percorso lungo un binario ferroviario.
Il più recente servizio destinato al collegamento veloce tra Messina e Reggio Calabria realizzato con unità navali tipo monocarena presenta caratteristiche di qualità e, anche se di fatto risulta socialmente apprezzato, non rientra tra gli obblighi di servizio cui Rete Ferroviaria Italiana spa è tenuta ad ottemperare per garantire la continuità territoriale.
Il servizio in questione presenta inoltre elevati costi di gestione e nonostante il gradimento riscontrato risulta economicamente in deficit in quanto i volumi complessivi di traffico sono attualmente insufficienti a garantire il pareggio fra costi e ricavi.
Il prezzo del biglietto richiesto al passeggero (euro 2,60 per corsa semplice ed euro 4,20 per andata e ritorno) considerata la qualità del servizio risulta sicuramente contenuto.
Per quanto riguarda la richiesta di programmare gli orari delle corse delle navi in coincidenza con quelli dei treni intercity ed eurostar si fa presente che tale ipotesi risulta di problematica realizzazione in quanto le navi Rete Ferroviaria Italiana s.p.a., oltre che a trasporto di viaggiatori, sono adibite al traghettamento di veicoli gommati e devono pertanto soddisfare pienamente le esigenze correlate a tale tipo di traffico prima fra tutte quella di contenere i tempi di attesa entro valori accettabili.
A tal fine Rete Ferroviaria Italiana spa ha organizzato il proprio servizio fra i terminali di Messina e Villa San Giovanni prevedendo mediamente una partenza ogni 20-25 minuti; considerato il particolare scenario del traffico sullo Stretto ed il complesso servizio da svolgere (traghettamento di autoveicoli treni e viaggiatori isolati) è stato ritenuto più adeguato ed affidabile programmare gli orari di partenza secondo il concetto del «rispetto della frequenza» piuttosto che prevedere delle «coincidenze» con gli orari dei principali treni.
Per quanto riguarda i programmi si fa presente che Rete Ferroviaria Italiana s.p.a. nel rispetto dell'Atto di concessione continuerà ad assicurare il collegamento ferroviario via mare da e per la Sicilia; a conferma di ciò sta il fatto che nel febbraio 2003 è entrata in servizio la nuova unità bidirezionale
Enotria.
Per quanto concerne invece la cessazione del servizio di collegamento veloce tra Messina e l'Aeroporto «Tito Minniti» di Reggio Calabria si fa rilevare che la stessa ha avuto luogo alla data prevista di scadenza (31 ottobre 2003) della convenzione con la società So.G.A.S. che gestisce lo scalo aeroportuale reggino.
Si fa comunque presente che Rete Ferroviaria Italiana spa è disposta a prendere in considerazione l'ipotesi di mantenere una elevata offerta per il servizio di collegamento veloce tra Messina e Reggio Calabria qualora vengano però previsti da


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parte della autorità locali provvedimenti che possano consistentemente favorire lo sviluppo del mercato del traffico e che consentano, da tale momento, la copertura ed il ripianamento di eventuali perdite di esercizio.
Il Sottosegretario di Stato per le infrastrutture e per i trasporti: Nino Sospiri.

GENTILONI SILVERI. - Al Ministro per la funzione pubblica. - Per sapere - premesso che:
la legge n. 150 del 2000, sulla comunicazione ed informazione, al fine di ammodernare e rendere trasparente la pubblica amministrazione, è stata approvata in sede legislativa con l'assenso delle forze di opposizione e di maggioranza;
la legge n. 150 del 2000, prevede che negli uffici stampa pubblici ci siano iscritti all'Albo dei giornalisti iscritti nell'elenco dei pubblicisti o in quello dei professionisti;
all'articolo 9, comma 5, la legge fa esplicito riferimento alla definizione di un'Area speciale di contrattazione al fine di garantire un profilo professionale ai giornalisti addetti e ai capi degli uffici stampa;
è stato emanato il regolamento alla legge n. 150 del 2000, decreto del Presidente della Repubblica n. 422 del 2001, ed è stata inviata dal Ministro della funzione pubblica una direttiva a tutte le amministrazioni al fine di far recepire la legge e, successivamente, inviato all'Aran il tradizionale Atto di indirizzo per avviare la trattativa contrattuale per la definizione del profilo professionale del giornalista negli uffici stampa pubblici;
sono passati quasi quattro anni dall'introduzione della legge n. 150 del 2000;
da oltre due anni è stato inviato l'Atto di indirizzo all'Aran da parte del responsabile del Dicastero della funzione pubblica e che nulla è accaduto in questo frangente -:
se le recentissime dichiarazioni del Presidente dell'Aran, avvocato Guido Fantoni, relativamente all'impossibilità dell'Agenzia che presiede ad aprire la trattativa con la Fnsi rispondano a verità;
se la legge n. 150 del 2000 abbia abrogato il decreto legislativo n. 29 del 1993, che introduceva norme limitative sulla rappresentanza sindacale nel pubblico impiego;
in base a quale norma relativa alla regolamentazione sulla rappresentanza sindacale nella pubblica amministrazione possa essere esclusa dalla contrattazione la Federazione Nazionale della Stampa Italiana, sindacato unico ed unitario dei giornalisti italiani, che discute e firma contratti dal lontano 1908.
(4-09656)

Risposta. - Con l'atto parlamentare cui si risponde si lamenta la mancata attuazione della legge 7 giugno 2000, n. 150 sugli uffici stampa pubblici, in relazione alla costituzione della speciale area di contrattazione per i giornalisti iscritti ad albi ed operanti nelle pubbliche amministrazioni, ed alla mancata ammissione al tavolo contrattuale della Federazione Nazionale della Stampa Italiana - FNSI, nonostante tale ammissione sia ipotizzata dall'articolo 5, comma 9, della legge n. 150 del 2000 e siano stati varati un apposito regolamento ed una direttiva da parte del Ministro per la funzione pubblica per l'attuazione della stessa legge nelle pubbliche amministrazioni, e, in ultimo, sia stato inviato all'ARAN un apposito atto di indirizzo propedeutico alla contrattazione collettiva.
Si ricordano, altresì le posizioni assunte dal presidente dell'ARAN, che ha sostenuto la contrarietà di tale ammissione alla luce del sistema di rappresentatività vigente nel pubblico impiego, e si domanda se tale affermazione risponda al vero. Inoltre, viene ribadito il carattere di organizzazione rappresentativa della categoria dei giornalisti della FNSI, atteso che la legge prevede


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l'ammissione alle trattative per la separata area delle sole organizzazioni rappresentative della categoria dei giornalisti.
Al riguardo si osserva quanto segue.
1. La legge 7 giugno 2000, n. 150, recante Disciplina delle attività di informazione e di comunicazione delle pubbliche amministrazioni, all'articolo 9, comma 5, stabilisce che «negli uffici stampa l'individuazione e la regolamentazione dei profili professionali sono affidate alla contrattazione collettiva nell'ambito di una speciale area di contrattazione, con l'intervento delle organizzazioni rappresentative della categoria dei giornalisti. Dall'attuazione del presente comma non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica».
2. Per attuare la predetta disposizione, ed avuto riferimento anche a quanto stabilito dal decreto del Presidente della Repubblica 21 settembre 2001, n. 422, Regolamento recante norme per l'individuazione dei titoli professionali del personale da utilizzare presso le pubbliche amministrazioni per le attività di informazione e di comunicazione e disciplina degli interventi formativi, e dalla direttiva del Ministro per la funzione pubblica sulle attività di comunicazione delle pubbliche amministrazioni del 7 febbraio 2002, l'organismo di coordinamento dei comitati di settore - che riassume in un organo collegiale le istanze rappresentative dell'intero universo delle pubbliche amministrazioni - su proposta del Ministro per la funzione pubblica, in data 23 luglio 2003, ha inviato all'ARAN un «Atto di indirizzo quadro per la costituzione del profilo professionale del personale addetto alle attività di informazione e di comunicazione delle pubbliche amministrazioni» (delibera del 18 luglio).
In tale atto si stabilisce espressamente che «l'ARAN stipulerà un apposito accordo quadro, che non dovrà comportare oneri aggiuntivi, con le confederazioni rappresentative e, ai sensi dell'articolo 9, comma 5, della legge n. 150 del 2000, con le organizzazioni rappresentative della categoria dei giornalisti» (paragrafo 3).
3. Successivamente, atteso il lasso di tempo inutilmente trascorso, con nota del 12 febbraio 2004, il Dipartimento della funzione pubblica ha chiesto al Presidente dell'ARAN quali fossero gli eventuali ostacoli alla stipulazione del contratto.
Il presidente dell'ARAN, con nota del 17 febbraio 2004, ha fatto presente:
a) che il principale ostacolo alla stipulazione del contratto è ravvisabile nelle modalità di partecipazione al negoziato delle sigle di categoria dei giornalisti, che, non possono considerarsi rappresentative, secondo quanto previsto dalle norme del decreto legislativo n. 165 del 2001;
b) che, in ogni caso, la materia, dato il basso numero degli addetti, non costituisce un interesse prioritario per le confederazioni ammesse alla contrattazione collettiva quadro.

4. Tutto ciò premesso si evidenzia che ogni atto contrattuale costituisce un atto di autonomia privata collettiva, che presuppone il raggiungimento della volontà comune delle parti, percentualmente quantificata allorché riguarda l'espressione del consenso sindacale nell'ambito di un comparto o area di contrattazione.
Da contatti avuti con l'ARAN ed in relazione alla formale corrispondenza intercorsa, risulta che la maggioranza delle confederazioni ed organizzazioni rappresentative ammesse alle trattative, effettivamente non considerano la contrattazione per la speciale area di contrattazione dei giornalisti dipendenti un interesse prioritario.
Risulta quindi evidente che, data l'autonomia del tavolo negoziale circa le determinazioni conclusive, che discende dal carattere volontario della contrattazione collettiva, e premesso l'interesse del Dipartimento della funzione pubblica alla positiva definizione del contratto collettivo - come si evince fra l'altro dall'emanazione dell'atto di indirizzo propedeutico alla contrattazione collettiva per la speciale area nonché dai vari solleciti e richieste di elementi informativi all'ARAN - occorre acquisire in sede contrattuale l'accordo delle organizzazioni rappresentative per dirimere


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le principali questioni ostative alla definizione dell'accordo.
In tale prospettiva, il Dipartimento della funzione pubblica ha avviato tutte le opportune iniziative di consultazione e verifica con le organizzazioni sindacali per giungere alla positiva definizione della vertenza contrattuale.
Il Ministro per la funzione pubblica: Luigi Mazzella.

GHIGLIA. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
a Torino, in particolare nella zona stazione Porta Nuova - Piazza Carlo Felice, da tempo si verificano numerosi casi di microcriminalità, soprattutto aggressioni ai danni alle donne che vengono circondate, scippate e borseggiate;
gran parte delle violenze di cui sopra sono commesse da ragazzi extracomunitari di età compresa tra i 9 e i 15 anni;
il degrado della zona è causa di fortissimi disagi ai danni dei residenti e dei negozianti i quali trattandosi di uno stato di vera e propria esasperazione, chiedono maggiore protezione dalle Forze dell'Ordine e dai Vigili Urbani i quali non interverrebbero in maniera efficace -:
quali urgenti iniziative si intendano adottare al fine di migliorare la sicurezza e la vivibilità della zona;
se non intenda prevedere maggiori presenze e controlli da parte delle forze dell'ordine, tese a scoraggiare gli episodi criminosi di cui sopra.
(4-08990)

Risposta. - Si fa presente che l'area della Stazione ferroviaria «Porta Nuova», a Torino, rientra, effettivamente, tra quelle del capoluogo piemontese maggiormente colpite da forme delinquenziali, specie di tipo predatorio, come del resto avviene in zone con caratteristiche analoghe di altre grandi città.
Nell'area, infatti, gravitano numerosi tossicodipendenti, alcolizzati e disadattati, per lo più italiani, che talora infastidiscono passanti, viaggiatori ed esercizi pubblici, nonchè gruppi di extracomunitari «specializzati» in varie tipologie criminali, soprattutto romeni, dediti a borseggi, e soggetti di diverse etnie, spesso responsabili di scippi, furti su auto, spaccio di stupefacenti o dediti all'attività di parcheggiatore abusivo.
Il Prefetto di Torino ha riferito che la situazione è resa al momento più difficile a causa dei lavori in corso per la realizzazione della metropolitana, che hanno creato una barriera fra i due lati di Corso Vittorio Emanuele II, consentendo agli autori dei reati di dileguarsi o di nascondersi più facilmente.
Per tale motivo, allo scopo di migliorare la visibilità complessiva dell'area, è stato chiesto alla società incaricata dei lavori di usare, almeno in parte, materiale grigliato per la delimitazione del perimetro interessato dal cantiere e, al comune di Torino, di incrementare l'illuminazione pubblica, specie in prossimità degli attraversamenti pedonali.
Nel contempo, la situazione dell'ordine e della sicurezza pubblica nella zona viene valutata con cadenza settimanale nel corso di riunioni di coordinamento tecnico delle forze di polizia con l'attiva collaborazione della polizia municipale, ove vengono esaminati i risultati dei servizi svolti e pianificati quelli della settimana successiva.
Miglioramenti sensibili si sono avvertiti negli ultimi mesi, grazie al servizio del «Poliziotto e Carabiniere di quartiere», che ha permesso un contatto diretto e stabile con i residenti e gli operatori commerciali, ed alla presenza costante e capillare, nell'arco delle 24 ore, delle altre unità di controllo del territorio.
In particolare, ogni pomeriggio, in Piazza Carlo Felice, viene dislocato un «camper», in alternanza della polizia di Stato e dell'Arma dei Carabinieri, con pattuglie a piedi che stazionano nelle sue vicinanze e nell'area dei portici, ed in tutta l'area circostante vengono disposti periodici servizi interforze per individuare gli stranieri irregolari e per contrastare, in


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collaborazione con la polizia municipale, il fenomeno dei parcheggiatori abusivi.
Nella zona, inoltre, vengono svolti servizi di polizia in abiti borghesi soprattutto per il contrasto dello spaccio di stupefacenti e dei furti eseguiti da minori.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Alfredo Mantovano.

GIULIETTI. - Al Ministro della funzione pubblica. - Per sapere - premesso che:
la legge 150/2000 sulla comunicazione ed informazione, al fine di ammodernare e rendere casa di vetro la pubblica amministrazione, è stata approvata in sede legislativa con l'assenso delle forze di opposizioni e di maggioranza;
la legge 150/2000 prevede che negli uffici stampa pubblici ci siano iscritti all'Albo dei giornalisti iscritti nell'elenco dei pubblicisti o in quello dei professionisti;
all'articolo 9, comma 5, la legge fa esplicito riferimento alla definizione di un'Area speciale di contrattazione al fine di garantire un profilo professionale ai giornalisti addetti e ai capi degli uffici stampa;
dopo l'approvazione da parte del Consiglio dei Ministri è stato emanato il regolamento attuativo della legge 150/2000, decreto del Presidente della Repubblica n. 422/2001, è stata inviata dal Ministro della funzione Pubblica una direttiva a tutte le amministrazioni al fine di far recepire la legge e, successivamente, fatto recapitare all'Aran il tradizionale atto di indirizzo per avviare la trattativa contrattuale per la definizione del profilo professionale del giornalista negli uffici stampa pubblici;
sono passati quasi quattro anni dall'introduzione della legge 150/2000; da oltre due anni è stato inviato l'Atto di indirizzo all'Aran da parte del responsabile del Dicastero della Funzione Pubblica e che nulla è accaduto in questo frangente -:
se le recentissime dichiarazioni del Presidente dell'Aran, avv. Guido Fantoni, relativamente all'impossibilità dell'Agenzia che presiede ad aprire la trattativa con la Federazione Nazionale Stampa Italiana (giacché la legge 150/2000 in questione risulterebbe in contrasto con il decreto legislativo n. 29 del 1993, poi modificato in decreto legislativo n. 165 del 2001, relativamente alla rappresentanza sindacale nella pubblica amministrazione) rispondano a verità;
se la legge 150/2000 in quanto successiva al decreto legislativo 29/93, che introduceva norme limitative sulla rappresentanza sindacale nel pubblico impiego, abbia abrogato la precedente normativa;
se una norma relativa alla regolamentazione sulla rappresentanza sindacale nella pubblica amministrazione possa tenere fuori la Federazione Nazionale della Stampa Italiana, sindacato unico ed unitario dei giornalisti italiani, che discute e firma contratti dal lontano 1908;
se è mai possibile che la Federazione Nazionale Stampa Italiana, non possa essere accolta al tavolo della trattativa Aran nonostante che al sindacato dei giornalisti ci si riferisca in maniera diretta con il comma 5 dell'articolo 9 della suddetta legge 150/2000 dal momento che esiste fin dal 1947 un patto d'azione con le attuali Confederazioni sindacali Cgil, Cisl, Uil e Ugl che attualmente siedono nel consiglio nazionale della Federazione Nazionale Stampa Italiana e che assieme al Sindacato dei giornalisti nel gennaio 1959 hanno, tra l'altro, sottoscritto il contratto nazionale di lavoro giornalistico esteso erga omnes con decreto del Presidente della Repubblica 153/1961 e che è stato stipulato nel 1992 - da queste Confederazioni con la Federazione Nazionale Stampa Italiana - un protocollo d'intesa che riconosceva, nei fatti, la titolarità della rappresentanza sindacale della Federazione Nazionale Stampa Italiana per gli uffici stampa.
(4-09409)


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Risposta. - Con l'atto parlamentare cui si risponde si lamenta la mancata attuazione della legge 7 giugno 2000, n. 150 sugli uffici stampa pubblici, in relazione alla costituzione della speciale area di contrattazione per i giornalisti iscritti ad albi ed operanti nelle pubbliche amministrazioni, ed alla mancata ammissione al tavolo contrattuale della Federazione Nazionale della Stampa Italiana - FNSI, nonostante tale ammissione sia ipotizzata dall'articolo 5, comma 9, della legge n. 150 del 2000 e siano stati varati un apposito regolamento ed una direttiva da parte del Ministro per la funzione pubblica per l'attuazione della stessa legge nelle pubbliche amministrazioni, e, in ultimo, sia stato inviato all'ARAN un apposito atto di indirizzo propedeutico alla contrattazione collettiva.
Si ricordano, altresì le posizioni assunte dal presidente dell'ARAN, che ha sostenuto la contrarietà di tale ammissione alla luce del sistema di rappresentatività vigente nel pubblico impiego, e si domanda se tale affermazione risponda al vero. Inoltre, viene ribadito il carattere di organizzazione rappresentativa della categoria dei giornalisti della FNSI, atteso che la legge prevede l'ammissione alle trattative per la separata area delle sole organizzazioni rappresentative della categoria dei giornalisti.
Al riguardo si osserva quanto segue.
1. La legge 7 giugno 2000, n. 150, recante Disciplina delle attività di informazione e di comunicazione delle pubbliche amministrazioni, all'articolo 9, comma 5, stabilisce che «negli uffici stampa l'individuazione e la regolamentazione dei profili professionali sono affidate alla contrattazione collettiva nell'ambito di una speciale area di contrattazione, con l'intervento delle organizzazioni rappresentative della categoria dei giornalisti. Dall'attuazione del presente comma non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica».
2. Per attuare la predetta disposizione, ed avuto riferimento anche a quanto stabilito dal decreto del Presidente della Repubblica 21 settembre 2001, n. 422, Regolamento recante norme per l'individuazione dei titoli professionali del personale da utilizzare presso le pubbliche amministrazioni per le attività di informazione e di comunicazione e disciplina degli interventi formativi, e dalla direttiva del Ministro per la funzione pubblica sulle attività di comunicazione delle pubbliche amministrazioni del 7 febbraio 2002, l'organismo di coordinamento dei comitati di settore - che riassume in un organo collegiale le istanze rappresentative dell'intero universo delle pubbliche amministrazioni - su proposta del Ministro per la funzione pubblica, in data 23 luglio 2003, ha inviato all'ARAN un «Atto di indirizzo quadro per la costituzione del profilo professionale del personale addetto alle attività di informazione e di comunicazione delle pubbliche amministrazioni» (delibera del 18 luglio).
In tale atto si stabilisce espressamente che «l'ARAN stipulerà un apposito accordo quadro, che non dovrà comportare oneri aggiuntivi, con le confederazioni rappresentative e, ai sensi dell'articolo 9, comma 5, della legge n. 150 del 2000, con le organizzazioni rappresentative della categoria dei giornalisti» (paragrafo 3).
3. Successivamente, atteso il lasso di tempo inutilmente trascorso, con nota del 12 febbraio 2004, il Dipartimento della funzione pubblica ha chiesto al Presidente dell'ARAN quali fossero gli eventuali ostacoli alla stipulazione del contratto.
Il presidente dell'ARAN, con nota del 17 febbraio 2004, ha fatto presente:
a) che il principale ostacolo alla stipulazione del contratto è ravvisabile nelle modalità di partecipazione al negoziato delle sigle di categoria dei giornalisti, che, non possono considerarsi rappresentative, secondo quanto previsto dalle norme del decreto legislativo n. 165 del 2001;
b) che, in ogni caso, la materia, dato il basso numero degli addetti, non costituisce un interesse prioritario per le confederazioni ammesse alla contrattazione collettiva quadro.

4. Tutto ciò premesso si evidenzia che ogni atto contrattuale costituisce un atto di autonomia privata collettiva, che presuppone


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il raggiungimento della volontà comune delle parti, percentualmente quantificata allorché riguarda l'espressione del consenso sindacale nell'ambito di un comparto o area di contrattazione.
Da contatti avuti con l'ARAN ed in relazione alla formale corrispondenza intercorsa, risulta che la maggioranza delle confederazioni ed organizzazioni rappresentative ammesse alle trattative, effettivamente non considerano la contrattazione per la speciale area di contrattazione dei giornalisti dipendenti un interesse prioritario.
Risulta quindi evidente che, data l'autonomia del tavolo negoziale circa le determinazioni conclusive, che discende dal carattere volontario della contrattazione collettiva, e premesso l'interesse del Dipartimento della funzione pubblica alla positiva definizione del contratto collettivo - come si evince fra l'altro dall'emanazione dell'atto di indirizzo propedeutico alla contrattazione collettiva per la speciale area nonché dai vari solleciti e richieste di elementi informativi all'ARAN - occorre acquisire in sede contrattuale l'accordo delle organizzazioni rappresentative per dirimere le principali questioni ostative alla definizione dell'accordo.
In tale prospettiva, il Dipartimento della funzione pubblica ha avviato tutte le opportune iniziative di consultazione e verifica con le organizzazioni sindacali per giungere alla positiva definizione della vertenza contrattuale.
Il Ministro per la funzione pubblica: Luigi Mazzella.

GRIGNAFFINI. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
la legislazione vigente consente al Ministro di sospendere i lavori quando sia stato espresso un parere contrario sul relativo progetto da parte del competente Comitato di settore del ministero per i beni e le attività culturali;
ciò è avvenuto con il parere espresso dal Comitato di settore per i beni ambientali e architettonici in data 19 marzo 2004 in relazione all'edificio in corso di costruzione nell'area antistante allo storico Palazzo Bentivoglio sito in via Belle Arti 11/13 a Bologna;
in quel parere si afferma: «la precedente soluzione (il progetto di Piazza triangolare dello Studio Cuppini) era una interessante reinterpretazione critica del tema della ricostruzione del tessuto edilizio, cui in alternativa si sarebbe potuto contrapporre un approccio più filologico e più tradizionale sotto il profilo tipologico, posizioni entrambe culturalmente valide e ben riconoscibili. Il progetto attuale (redatto dallo Studio Zacchiroli) non pare seguire né l'uno né l'altro indirizzo, ma si propone come una ipotesi tesa ad occupare lo spazio disponibile con una soluzione architettonica che, rispetto al progetto precedente già approvato dal Comitato, appare meno attento al rapporto con l'antistante Palazzo Bentivoglio, non mettendo in evidenza coni visivi e forme nette dello spazio antistante»;
la sospensione dei lavori è stata richiesta dall'Associazione per la tutela del centro storico e dell'immediata periferia «Scipio Slataper» e dal quartiere San Vitale di Bologna con un ordine del giorno votato all'unanimità nella seduta del 1 aprile 2004;
l'amministrazione comunale di Bologna dello scorso mandato, con una decisione, secondo l'interrogante, censurabile e in contrasto con gli interessi della collettività, ha consentito che i lavori procedessero realizzando in gran parte il progetto contestato;
la sospensione dei lavori deve quindi essere orientata a convertire l'attuale edificio in corso di costruzione in direzione del progetto precedente anche mediante la demolizione delle parti di edificato non congruenti con tale progetto -:
quali misure il Ministro intenda adottare, nell'ambito delle prerogative assegnategli dalla legge, per sospendere i lavori in corso per la costruzione dell'edificio nell'area antistante lo storico Palazzo Bentivoglio di Bologna.
(4-10576)


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Risposta. - In riferimento al quesito posto dell'interrogante, concernente la questione dei lavori in corso di realizzazione nell'area antistante lo storico Palazzo Bentivoglio, sito in via Belle Arti 11/13 a Bologna, si rappresenta quanto segue.
Per quanto riguarda le misure che il Ministro intende adottare in ordine a tali lavori, si precisa che la premessa dalla quale partono gli interroganti, secondo la quale la legislazione vigente consente al Ministro di sospendere i lavori qualora sia stato espresso un parere contrario sul relativo progetto da parte del competente Comitato di settore, non appare condivisibile.
Infatti, in conformità a quanto stabilito dalla vigente normativa, il Comitato di settore svolge funzioni meramente consultive nei confronti dell'amministrazione e, per conseguenza, le sue valutazioni non possono ritenersi vincolanti per gli organi di amministrazione attiva, ai quali soli compete, istituzionalmente, l'adozione dei provvedimenti di tutela.
Tanto chiarito, è doveroso altresì precisare che il progetto relativo ai lavori in corso nello spiazzo antistante Palazzo Bentivoglio è stato formalmente approvato dal competente Soprintendente, sia in fase preliminare (con nota n. 7648 del 25 maggio 2000) che in via definitiva (con nota n. 13051 del 20 settembre 2000), senza che sullo stesso tale Soprintendente abbia ritenuto necessario acquisire la valutazione da parte del Comitato di settore sopra menzionato.
Per una migliore comprensione dei fatti, è opportuno ripercorrere le fasi salienti del procedimento relativo alla realizzazione dell'immobile oggetto dell'interrogazione, il cui avvio risale al maggio del 1991, quando il soggetto proprietario dell'area di risulta antistante Palazzo Bentivoglio, conseguente alle demolizioni avvenute negli anni '60, presentò un progetto di massima per la ricostruzione di tale area.
Su detto progetto fu richiesto dal Soprintendente dell'epoca il parere del Comitato di settore che si espresse in merito nella seduta del 14 e 15 marzo 1994, approvandolo nell'impostazione e chiedendo che, nella messa a punto del progetto esecutivo (che avrebbe dovuto essere ripresentato al Comitato di settore) fosse valutata anche la possibilità di arretrare la facciata del nuovo edificio.
Tale parere, fatto proprio dall'Amministrazione, fu trasmesso alla competente Soprintendenza che ne diede notizia alla parte proprietaria dell'area.
Tuttavia, nonostante l'assenso espresso dal ministero su detto progetto di massima, il soggetto proprietario dell'area non ha mai trasmesso la conseguente progettazione definitiva. Anzi, al contrario, nel 2000, ha proposto alla competente Soprintendenza una progettazione diversa, per contenuto ed impostazione, dal quella del 1994, sulla quale, come detto in precedenza, il Soprintendente, nell'ambito delle sue autonome competenze, si è pronunciato direttamente in termini favorevoli, senza interessare in alcun modo l'Amministrazione centrale ed i suoi organi consultivi.
Ed è appena il caso di evidenziare che, alla luce delle vigenti norme sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze della pubblica amministrazione, il dirigente dello Stato non è suscettibile di controllo in ordine ai singoli atti emanati in ragione del suo ufficio, ma è suscettibile di verifica solo in funzione dell'attività amministrativa esplicata nello svolgimento dell'incarico e dei risultati conseguiti.
L'amministrazione, in considerazione dell'orientamento in precedenza espresso sulle ipotesi progettuali elaborate nello spazio antistante Palazzo Bentivoglio, una volta acquisite notizie dei lavori in corso e ricevuta copia del relativo progetto, ha ritenuto opportuno acquisire comunque una valutazione del comitato di settore (che come rammentato agli stessi interroganti si è espresso in termini negativi in data 19 marzo 2004), pur nella consapevolezza che ciò non avrebbe potuto interferire in alcun modo con l'esecuzione di opere regolarmente autorizzate.
Per quanto attiene alle censure mosse all'Amministrazione comunale di Bologna per aver consentito che «i lavori procedessero realizzando in gran parte il progetto contestato», appare opportuno chiarire che


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detta amministrazione era ed è titolata a valutare la rispondenza del progetto alle scelte di pianificazione urbanistica, per cui ogni altra questione esorbitante tale ambito è al di fuori delle competenze del comune.
Il Sottosegretario di Stato per i beni e le attività culturali: Nicola Bono.

LA GRUA. - Al Ministro delle attività produttive. - Per sapere - premesso che;
l'Associazione Nazionale Costruttori di impianti ha denunziato nei giorni scorsi il vertiginoso aumento dei prezzi dei prodotti impiantistici a forte concentrazione ferrosa;
l'attuale escalation di rialzi considerevoli si è manifestata, a quanto pare, in seguito alla forte richiesta del mercato cinese;
conseguentemente, si è registrata una sempre maggiore difficoltà di reperimento delle materie prime che potrebbe tramutarsi in una possibile riduzione della capacità produttiva interna e in un incremento generale dei prezzi di acquisto dei componenti per impianti tecnologici;
detto fenomeno si è già verificato nel settore meccanico ed in quello elettrotecnico, tanto è vero che, per quanto riguarda gli impianti termoidraulici e di climatizzazione, l'incremento ha raggiunto il 30-40 per cento nelle ultime settimane, mentre nel settore elettrico la componente rame ha fatto innalzare i prezzi sino al 50 per cento -:
se non ritenga necessario valutare l'opportunità di introdurre meccanismi compensativi in grado di contenere l'incremento degli oneri derivanti alle imprese dai vertiginoso aumento dei prezzi di acquisto che, alla fine, penalizza il consumatore finale e se non ritenga di attuare un costante ed attento monitoraggio della situazione al fine di prevenire prevedibili effetti speculativi.
(4-10206)

Risposta. - Al Governo è ben nota la difficile situazione in cui attualmente versa la siderurgia e tutta la famiglia merceologica a valle del settore. Si tratta di una crisi dai connotati diversi rispetto al passato, innescata da un trend economico senza precedenti che vede la Cina, maggiore produttore mondiale di acciaio, aumentare la sua produzione a ritmi superiori al 21 per cento annuo, seguita da gran parte del Sud-Est asiatico: una vera e propria svolta epocale, tenuto conto delle dimensioni dei soggetti considerati. Ciò ha naturalmente comportato uno sconvolgimento del mercato e come logica conseguenza la rarefazione delle materie prime e l'impennarsi straordinario dei prezzi.
Il Governo non è rimasto alla finestra bensì ha provveduto a convocare il tavolo di confronto per la siderurgia con le organizzazioni sindacali, tavolo che è stato preceduto da una riunione tecnica straordinaria dell'Osservatorio siderurgico, cui hanno partecipato, oltre ai membri istituzionali, tutte le categorie interessate a valle del settore siderurgico e le organizzazioni sindacali. In quella sede si è constatato, con soddisfazione unanime, una sostanziale identità di vedute in ordine alla soluzione dei problemi evidenziati. Certamente non sarà facile risolvere tutti i problemi in un breve lasso di tempo, ma è importante affrontarli nel modo migliore a cominciare - grazie alla recente individuazione delle BAT
(Best available technologies) - dalla più rapida riattivazione delle cokerie dello stabilimento di Taranto, a suo tempo fermate dall'intervento della Magistratura per motivi ambientali. Sarà inoltre, opportuna un'azione decisa, a livello comunitario, volta a canalizzare verso i Paesi della Comunità i rottami prodotti dai Paesi aderenti. Sarà anche necessario chiarire normativamente che i rottami non sono rifiùti, bensì materie prime seconde, al fine di evitare blocchi all'importazione da parte della Magistratura.
In particolare, il Governo sulla materia «rottame», in funzione dell'impennata dei costi dell'acciaio, sta valutando alcuni strumenti di parziale correzione delle esigenze dell'apparato produttivo che riguardano, da


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un lato, l'aumento della produzione nazionale attraverso una migliore organizzazione dei processi di rottamazione, dall'altro, il ricorso all'utilizzo della distruzione di impianti connessi all'applicazione di specifiche norme (ad esempio la riduzione della capacità produttiva delle fonderie). Altro strumento per far fronte alla lievitazione dei costi dell'acciaio, che va a favore dei titolari di precedenti contratti di fornitura e/o di costruzione, è costituito dall'emanando provvedimento reintroduttivo di una forma di revisione dei prezzi.
Poiché, come è noto, la rappresentanza degli interessi nazionali in ambito WTO non può che essere affidata alla Commissione dell'Unione Europea, il Governo è impegnato ad effettuare le massime pressioni possibili perché la linea comunitaria possa essere diretta ad una decisa contrattazione sulle regole di reciprocità.
Anche la richiesta di un monitoraggio, sia per il controllo delle diseconomie che per il controllo di possibili speculazioni, è già stata avanzata in ambito comunitario e si continuerà ad insistere perché ciò avvenga.
Oltre alle su citate misure, sarà adottata ogni altra misura che sarà possibile ed utile intraprendere per la salvaguardia della produzione dell'industria siderurgica e metallurgica italiana.
Il Sottosegretario di Stato per le attività produttive: Mario Carlo Maurizio Valducci.

LUCCHESE. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
extracomunitari clandestini continuano a sostare nelle nostre città, ad occupare centri e luoghi abbandonati, a vendere oggetti vari per le strade, a bloccare le auto presso i semafori;
vi sono poi quelli dediti alle azioni criminose: entrano nelle case, rubano, feriscono, uccidono, violentano;
rapine e furti sono all'ordine del giorno;
le popolazioni ormai non sanno come difendersi, nessuno osa rispedire nei paesi di origine gli extracomunitari non in regola -:
se e quando vorrà impartire le disposizioni per la piena applicazione della legge Bossi-Fini;
o se, invece, la situazione attuale debba proseguire e la legge Bossi-Fini rimanere inapplicata.
(4-04529)

Risposta. - Le potenzialità della legge n. 189 del 2002, cosiddetta legge Bossi-Fini, come strumento per il governo dell'immigrazione, sono testimoniate dal primo risultato ottenuto, ossia la regolarizzazione e l'emersione dal lavoro nero di oltre 700 mila lavoratori stranieri.
Il 31 dicembre 2003, infatti, perfettamente in linea con le previsioni governative, si è definitivamente conclusa l'operazione, avviata nel mese di novembre del 2002, di emersione e regolarizzazione dei lavoratori extracomunitari irregolari presenti nel nostro paese prevista sia dalla citata legge n. 189 del 2002 che dalla legge n. 222 del 2002, di conversione del decreto legge n. 195 dello stesso anno.
Si è trattato di un'operazione che non ha precedenti in Europa per dimensione, complessità degli adempimenti e tempi di realizzazione.
Va sottolineato che la regolarizzazione è la premessa indispensabile all'inserimento di quanti vengono in Italia per lavorare pacificamente nel rispetto delle nostre leggi e dei nostri valori, ed è anche un'efficace forma di prevenzione nei confronti di quel fanatismo religioso, che alligna, soprattutto, nell'emarginazione sociale e nell'isolamento culturale.
Va detto, in proposito, che questa grande legge di riforma dispiegherà completamente i propri effetti soltanto una volta definito l'iter di approvazione di tutti i regolamenti attuativi in essa previsti.
In particolare, si rammenta che quello relativo alle modalità di coordinamento fra il Comitato dei Ministri e il gruppo tecnico di lavoro istituito presso il ministero dell'interno - decreto del Presidente della


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Repubblica 6 febbraio 2004, n. 100 - è già stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 94 del 22 aprile 2004. Degli altri tre, quelli sull'asilo e sull'interconnessione informatica sono stati definitivamente approvati dal Consiglio dei Ministri nella seduta del 9 luglio scorso e sono ormai in via di pubblicazione, mentre quello generale sull'immigrazione è prossimo alla definitiva approvazione da parte del Consiglio dei Ministri.
Si ricorda, altresì, che la direttiva del Ministro dell'interno per l'anno 2004 individua, fra le priorità politiche, il perseguimento di una sempre più efficace attuazione della citata legge n. 189.
Nella stessa direttiva, pertanto, come obiettivi operativi e strategici, vengono indicati, oltre all'emanazione e all'attuazione dei regolamenti, l'istituzione degli sportelli unici per l'immigrazione, il potenziamento del sistema dei centri di permanenza e assistenza agli immigrati e la pianificazione dei centri di identificazione per richiedenti asilo, nonché l'ulteriore opera di prevenzione e di contrasto alle diverse forme di criminalità nell'ambito dell'immigrazione clandestina, del traffico di esseri umani e della prostituzione.
Per quanto concerne, in particolare, le iniziative intraprese sul versante di contrasto dell'immigrazione clandestina, si precisa che nel 2003 sono sbarcati clandestinamente sulle coste del nostro Paese 14.331 stranieri, con una diminuzione di circa il 40 rispetto all'anno precedente.
Accanto al sostanziale azzeramento dei flussi migratori verso la Puglia e la Calabria (rispettivamente, il 95,9 per cento ed il 91,6 per cento di sbarchi in meno ristretto al 2002), si registra una diminuzione significativa anche per le coste siciliane (meno 23 per cento), dove, nel periodo indicato, sono sbarcati 14.017 immigrati (erano stati 18.225).
Tale dato, benché ancora rilevante per la Sicilia, segna una positiva inversione di tendenza rispetto al forte incremento che si era verificato nel 2002, quando sbarcarono, nell'isola, 18.225 clandestini (erano stati 5.504 nel 2001).
Si soggiunge, inoltre, che nel periodo 1o gennaio-21 maggio 2004 sono sbarcati nelle coste siciliane 1.573 stranieri irregolari, contro i 3.139 dello stesso periodo del 2003, con una diminuzione pari al 49,8 per cento, a riprova della efficacia delle iniziative intraprese.
Va detto, inoltre, che dal 15 gennaio 2004 è attivo, nell'isola di Lampedusa, un apposito gruppo di esperti e investigatori, per il contrasto degli sbarchi clandestini.
È diminuito anche il numero degli stranieri rintracciati in posizione irregolare sul territorio nazionale, passando dai 150.746 del 2002 ai 105.957 del 2003, a riprova di un più efficace controllo delle frontiere esterne; inoltre i provvedimenti di allontanamento dal territorio nazionale adottati lo scorso anno sono stati 65.153, pari al 61,49 per cento del totale degli stranieri irregolari rintracciati, a fronte degli 88.501 del 2002, pari al 58,7 per cento del totale dei rintracciati di quell'anno.
Per rendere tempestivi e reali i riaccompagnamenti nei Paesi d'origine si è fatto un uso intenso di voli charter, che nel corso del 2003 sono stati 33 per il rimpatrio di 2.334 stranieri (nel 2004, al 15 marzo, i voli effettuati sono stati già 9, per il rimpatrio di 583 stranieri).
La tendenza alla diminuzione degli sbarchi e, più in generale, degli ingressi clandestini nel nostro Paese costituisce, obiettivamente, il risultato delle iniziative di contrasto messe in atto dal Governo non solo sul piano interno, ma anche, come richiede la complessità del fenomeno migratorio, su quello internazionale, in sedi europee ed extra-europee.
Sul piano normativo, uno dei punti di maggiore novità introdotto dalla legge n. 189 del 2002, è costituito dalle misure per il contrasto dell'immigrazione clandestina via mare, che prevedono il concorso delle navi della Marina Militare per il fermo, l'ispezione ed il sequestro delle imbarcazioni di cui si sospetta il coinvolgimento nel trasporto illecito di migranti, oltre che per il soccorso e la salvaguardia della vita umana in mare.
A tal proposito si aggiunge che con decreto interministeriale del 14 luglio 2003


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sono state definite le modalità di intervento e di raccordo tra le navi della Marina militare e quelle in servizio di polizia.
Va ricordato, inoltre, che sul piano internazionale, una delle principali linee guida dell'azione del Governo è quella di sostenere lo sviluppo dei Paesi più poveri, cercando di elevarne le condizioni economiche e di ridurre, così, «a monte» la spinta migratoria.
Una seconda linea di azione è quella di estendere e consolidare i rapporti di collaborazione con i Paesi di origine e di transito dei maggiori flussi migratori, anche attraverso forme di assistenza tecnica e finanziaria; a questo riguardo, la Presidenza italiana dell'Unione Europea ha lavorato ad un programma, da adottare in co-decisione col Parlamento Europeo, volto a mettere a disposizione 250 milioni di euro per il finanziamento di progetti mirati.
Quanto agli accordi di riammissione, l'Italia ne ha sinora sottoscritti 27 mentre sono in corso negoziati per la stipula di altri 14; con altri 5 Paesi (Cina, Pakistan, Russia, Turchia e Ucraina) le trattative sono state sospese, essendo stato conferito un apposito mandato negoziale all'Unione Europea.
Va segnalato che la Commissione dell'Unione Europea ha ricevuto il mandato per la stipula di accordi comunitari di riammissione con ulteriori 6 Paesi (Albania, Algeria, Marocco, Sri Lanka, Hong Kong e Macao); con Hong Kong si è arrivati alla sottoscrizione dell'accordo, con Macao e Sri Lanka si è alla fase della firma.
Con alcuni Paesi, tra i quali il Pakistan, il Bangladesh, il Ghana e l'Egitto, pur in mancanza di accordi di tal genere, è stato possibile realizzare accordi bilaterali di cooperazione e di polizia, che rendono egualmente possibili le operazioni di rimpatrio.
Vi sono altresì proficue intese ed una crescente cooperazione con i maggiori Paesi del Nord-Africa e dell'area mediterranea, con specifico riguardo alla Tunisia, alla Libia, al Libano e alla Siria.
La collaborazione con la Tunisia e la Libia, in particolare, ha oggi rilievo strategico, dal momento che la parte di gran lunga preponderante degli stranieri giunti illegalmente in Italia durante l'ultimo anno è transitata o proveniva da quei Paesi.
Per tale ragione è stata data attuazione prioritaria agli accordi di assistenza nei confronti di questi due Stati, attraverso la concessione di mezzi di supporto tecnico, la formazione professionale del personale di polizia, eccetera.
Un ulteriore obiettivo del Governo, è quello di pervenire ad una gestione integrata, a livello comunitario, delle frontiere terrestri, marittime ed aeree dell'Unione Europea allargata; su questo obiettivo si è registrata una crescita del consenso sulle proposte italiane, come testimoniano le conclusioni del vertice europeo di Salonicco e del Consiglio europeo di Siviglia.
L'Italia ha presentato, nell'ambito dell'Unione Europea, il progetto «Nettuno», finalizzato al contrasto dell'immigrazione clandestina via mare attraverso operazioni di pattugliamento congiunto nel Mediterraneo.
Approvato nel luglio 2003, il progetto è stato realizzato in due fasi: la prima, nel settembre 2003, nel Mediterraneo centrale (Canale di Sicilia), la seconda, dal 3 al 15 maggio 2004, nel Mediterraneo orientale (acque territoriali e relativo spazio aereo della Repubblica di Cipro e adiacenti acque internazionali).
Va segnalata, inoltre, la forte accelerazione impressa nel semestre italiano di Presidenza dell'Unione Europea ai lavori per la istituzione di una Agenzia europea per il coordinamento dei controlli alle frontiere esterne, il cui progetto operativo è stato approvato dalla Commissione nello scorso mese di novembre.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Antonio D'Alì.

MARIOTTI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
la stazione ferroviaria Vasto-San Salvo sulla linea adriatica è tra le più importanti e con maggiore volume di


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traffico nella tratta compresa tra Ancona e Foggia, perché serve un'area vasta tra le due regioni Abruzzo e Molise caratterizzata da un forte sviluppo intersettoriale incentrato sulla mobilità delle persone e delle merci. Infatti: la presenza di grandi imprese multinazionali come la Denso e la Pilkington; lo sviluppo costiero che registra diverse centinaia di migliaia di presenze giornaliere nel periodo estivo; un forte pendolarismo verso le città di Pescara, Ancona e Bologna sia per ragioni di studio che di lavoro, attribuiscono al trasporto ferroviario una importanza strategica per l'intero comprensorio;
da oltre un anno presso la stazione Vasto-San Salvo, è stato abolito il servizio di Polizia Ferroviaria nelle ore notturne che ha determinato un'insostenibile condizione di ordine pubblico e diminuzione della sicurezza dei viaggiatori e quindi di disagio ed insoddisfazione;
la stessa struttura, seppure di recente costruzione, è in uno stato di abbandono e degrado, tanto che da diversi mesi non funzionano più nemmeno i monitor informativi per i viaggiatori, senza che vi siano motivazioni che giustificano lo stato delle cose;
in questi giorni circolano voci rispetto all'intenzione di Trenitalia di chiudere perfino il servizio di biglietteria per sostituirlo con distributori automatici;
in questo modo si darebbe il colpo finale ad un'infrastruttura che non avrebbe più nessun presidio, per cui sarebbe in balia di balordi e malintenzionati che scoraggerebbero ulteriormente l'uso, da parte delle persone per bene, di questo vitale servizio per lo sviluppo e la crescita delle città di Vasto e San Salvo e di tutto il territorio;
il buon senso, prima del buon governo, dovrebbe consigliare un'azione volta allo sviluppo del trasporto ferroviario attraverso il riequilibrio rispetto al vantaggio acquisito dal trasporto su gomma di tipo pubblico ma soprattutto di tipo privato a svantaggio della sicurezza delle persone e dello stato dell'ambiente -:
quali iniziative il Governo intenda adottare in relazione alla finalità del servizio di trasporto ferroviario e quindi della sopravvivenza e potenziamento della stazione Vasto-San Salvo;
se e quando verrà ripristinato il servizio di Polizia ferroviaria nelle ore notturne per garantire sicurezza ai viaggiatori ed agli stessi lavoratori ed operatori presenti in questa stazione;
quali azioni urgenti intenda esercitare nei confronti di Trenitalia per scongiurare la chiusura del servizio di biglietteria e per assicurare all'utenza un minimo di decoro da paese civile.
(4-08473)

Risposta. - In merito a quanto richiesto nell'interrogazione in esame, Ferrovie dello Stato S.p.A., ha riferito che la soppressione dei servizi di biglietteria presso la stazione di Vasto S. Salvo non rientra negli attuali programmi di Trenitalia S.p.A.
I servizi in questione, che comprendono la vendita di sportello per viaggi in ambito nazionale ed internazionale, vengono effettuati per l'intera settimana, festivi compresi, dalle ore 6.30 alle ore 20.10.
La vendita self-service è assicurata 24 ore su 24 a mezzo di biglietteria automatica in grado di emettere biglietti e prenotazioni per qualsiasi destinazione utilizzando denaro contante o moneta elettronica.
I monitor informativi ad oggi risultano funzionanti.
Nella stazione di Vasto S. Salvo, inoltre, il servizio di Polizia ferroviaria è stato sospeso durante le ore notturne ma non risultano disagi per i viaggiatori né denunce riguardanti atti di criminalità o vandalismo.
Nell'impianto in questione sono stati eseguiti circa un anno fa lavori di tinteggiatura all'interno del fabbricato viaggiatori; sono stati sistemati i marciapiedi ed è stata predisposta tutta la segnaletica necessaria. Sono stati, inoltre, ristrutturati i servizi igienici e la pulizia viene svolta più


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volte al giorno come previsto dal contratto stipulato con la ditta appaltatrice.
Su tutta la linea adriatica è stata prevista l'attivazione del nuovo sistema di controllo della circolazione dei treni (S.C.C.); attualmente parte del suddetto sistema è già attivato con il posto centrale di telecomando ubicato nella città di Bari.
Anche la stazione di Vasto S. Salvo sarà in seguito interessata da questa tecnologia innovativa caratterizzata dalla stretta interconnessione tra la gestione della circolazione, la manutenzione, la telesorveglianza e l'informazione alla clientela.
Il risultato che si otterrà sarà il miglioramento del servizio offerto agli utenti in termini di qualità, sicurezza e informazione.
Il Sottosegretario di Stato per le infrastrutture e per i trasporti: Nino Sospiri.

MASCIA. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il Corpo nazionale dei vigili del fuoco svolge attività di soccorso tecnico urgente e protezione civile;
un'alta percentuale degli automezzi pesanti, attualmente impiegati negli interventi di soccorso, ha una «età» media di 20 anni, con punte di oltre 30 per i mezzi speciali, come autoscale e autogrù;
le norme del codice della strada impongono agli automezzi speciali revisioni e controlli specifici ogni anno;
il personale del Corpo nazionale dei vigili del fuoco addetto alle autopompe di soccorso, non dispone di strumenti specifici di valutazioni che possano garantire una precisa conoscenza dell'efficienza degli automezzi in servizio;
per la loro attività di soccorso gli automezzi pesanti, in dotazione al Corpo nazionale dei vigili del fuoco, sono sottoposti a elevate sollecitazioni e necessitano di manutenzioni intensive;
a seguito della segnalazione della RdB P.I. Settore vigili del fuoco, su una fornitura di oltre cento (100) A.P.S. (Auto Pompa Serbatoio tipo Euro City) da parte della Iveco Mezzi speciali, si è potuto riscontrare il verificarsi di gravi difetti strutturali, inerenti al cedimento dei supporti fissati sull'autotelaio che sorreggono l'allestimento antincendio, di circa 4 tonnellate, comprendente serbatoio acqua, pompa e attrezzature;
di questi gravi difetti verificatisi già nel 1997, l'ufficio competente non ha mai divulgato le note fornite dalla ditta costruttrice Service Information Iveco, se non dopo le segnalazioni della RdB P.I. del 15 ottobre 2002, ai Comandi Provinciali;
lo stesso Dipartimento dei vigili del fuoco, del soccorso pubblico e della difesa civile ha diramato una nota 442/4501 del 29 gennaio 2003 dove si dispone la messa fuori servizio a titolo cautelare delle APS Euro City di ultima assegnazione che presentano anomalie alle sospensioni posteriori che pregiudicano la stabilità del mezzo e quindi ha disposto l'invio alla ditta costruttrice -:
se intenda avviare un piano speciale di acquisto di nuovi automezzi;
se intenda immediatamente avviare un'indagine ministeriale per verificare eventuali responsabilità dell'ufficio acquisti del dipartimento dei vigili del fuoco, soccorso pubblico e difesa civile o eventuali violazioni del contratto da parte della ditta appaltatrice;
se intenda procedere da subito al ritiro degli automezzi con oltre 7 anni d'impiego nelle attività di soccorso, come per altro avviene per gli automezzi di trasporto pubblico, al fine di garantire l'incolumità del personale del Corpo nazionale e quella dei cittadini.
(4-05698)

Risposta. - La società IVECO M.S. di Brescia è risultata aggiudicataria, a mezzo di due distinte gare europee, della fornitura complessiva di 245 autopompeserbatoio mod. Euro City. La società ha consegnato


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dapprima 103 unità, entrate in servizio tra il mese di luglio 1997 e il mese di marzo 1998, poi 18 e 24 unità, entrate in servizio tra il mese di luglio 1998 ed aprile 1999. Infine, a seguito dell'aggiudicazione della seconda gara, ha consegnato le ultime 100 unità, entrate in servizio tra i mesi di ottobre 1999 e maggio 2000.
A seguito di segnalazioni di alcuni Comandi provinciali dei vigili del fuoco che denunciavano deformazioni e rotture di parte delle staffe di supporto per la furgonatura e l'allestimento antincendio, verificatesi su mezzi della prima fornitura, è stata interessata la società costruttrice per la identificazione delle cause delle anomalie e per il ripristino delle condizioni ordinarie, senza oneri per l'Amministrazione.
La società costruttrice ha rappresentato in contraddittorio con l'amministrazione le proprie considerazioni sulle modalità di rottura e le proposte di ripristino, sottolineando che anche in assenza di interventi «le anomalie riscontrate non pregiudicavano comunque le condizioni di sicurezza, di guidabilità, d'uso in generale». In quella sede la ditta ha assicurato di aver già apportato modifiche migliorative sulle forniture successive, per ovviare ai difetti riscontrati.
Per non intralciare eccessivamente l'attività di soccorso che in buona misura si impernia su tali mezzi, si è concordato che la ditta procedesse a controlli e interventi, in presenza di situazioni anomale che si fossero riscontrate.
In attuazione di tale intesa, a tutto il mese di ottobre 2002, la ditta ha effettuato sostituzioni dei componenti che avevano presentato anomalie su 55 veicoli della prima e seconda fornitura.
Inoltre, in data 31 ottobre l'Amministrazione ha diramato una circolare ai Comandi assegnatari dei mezzi con la quale «si invitava ad intensificare le ispezioni in particolare sulle staffe dei supporti, già previste con procedente circolare del 19 maggio 1998».
Allo stato gli interventi risultano completati anche se rimane in corso il controllo per ogni mezzo.
La nota del 29 gennaio 2003, a cui l'interrogante fa riferimento nell'atto parlamentare presentato, si riferisce ad una diversa fornitura di 14 unità appartenenti ad un altro modello, per la quale è stata immediatamente messa in atto una campagna di controllo e intervento, senza oneri per l'amministrazione, dopo che era stato riscontrato un diverso difetto su tre unità.
Il piano di sostituzione degli automezzi più vecchi (più di 14 anni) è stato da tempo elaborato, ma non trova completa applicazione per la cronica insufficienza delle disponibilità economiche destinate al settore del soccorso ordinario.
Nell'ambito di tale piano la situazione dei mezzi in fornitura relativamente alle autobottipompa ed alle autopompaserbatoio è la seguente.
a) Fornitura di n. 120 Autobottipompa:
n. 85 unità già consegnate ai Comandi Prov.VV.F,.,
n. 35 unità approntate al collaudo, saranno consegnate entro luglio.
b) Fornitura n. 18 Autobottipompa:
Da informazioni assunte telefonicamente, si riferisce che il decreto ministeriale è stato registrato il 27 maggio 2004. La scadenza di approntamento presunta è il 28 febbraio 2005.
c) Fornitura di n. 110 Autopompaserbatio 4x4:
Da informazioni assunte telefonicamente, si riferisce che il decreto ministeriale è stato registrato alla Corte dei conti in data 19 maggio 2004. La relativa consegna è stata suddivisa in 5 lotti di varie unità con scadenze di approntamento presunte dai 330 gg. solari ai 540 gg. solari.
d) Fornitura di n. 38 Autopompeserbatoio 4x4:
Le scadenze di approntamento presunte sono n. 15 entro il 20 luglio 2004 e n. 23 unità entro il 20 settembre 2004.

È stata altresì prevista nelle gare per le suddette forniture, in base agli stanziamenti,


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l'eventuale ulteriore fornitura fino a 350 unità, da commissionare alle ditte aggiudicatarie.
Con tali acquisizioni sarà possibile conseguire un sensibile miglioramento della capacità operativa e della sicurezza complessiva degli operatori.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Maurizio Balocchi.

MASCIA. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
in una dichiarazione congiunta Cgil-Cisl-Uil lanciano una campagna di mobilitazione presso le prefetture e gli uffici provinciali del lavoro d'Italia, che culminerà in un presidio nazionale davanti al ministero del lavoro nei giorni 24-25 febbraio 2003;
le organizzazioni sindacali, insieme alle molte associazioni che si occupano di immigrazione, segnalano i problemi fin qui emersi in relazione all'attuazione della cosiddetta legge Bossi-Fini nella parte che riguarda la regolarizzazione dei lavoratori stranieri;
allo stato attuale, a più di due mesi dalla scadenza del termine di presentazione delle domande di regolarizzazione, solo poche migliaia di pratiche risultano chiuse;
i dati che arrivano dalle varie prefetture mettono in luce la totale disfunzione del servizio, evidenziando sia sul piano operativo che sul piano politico-istituzionale l'assenza di coordinamento e di collaborazione fra ministero dell'interno e ministero del lavoro e delle politiche sociali e tra gli uffici centrali e quelli periferici;
il prorogarsi delle procedure di regolarizzazione rende insopportabili le condizioni di vita dei lavoratori stranieri i quali devono sottostare a ricatti di ogni genere;
è noto, tra l'altro, che fino all'ottenimento del permesso di soggiorno, i lavoratori stranieri non possono temporaneamente uscire dal territorio italiano -:
quanto tempo stima necessario per la chiusura della sanatoria e quali siano ad oggi i dati sia a livello nazionale che a livello provinciale relativi alle domande di regolarizzazione;
se intendano procedere all'individuazione delle disfunzioni organizzative al fine di reperire strumenti idonei a rendere più efficiente la procedura di valutazione e accoglimento delle domande di regolarizzazione;
dopo più di due mesi dalla scadenza del termine di presentazione delle domande di regolarizzazione, che valutazione venga data del lavoro fin qui svolto dagli organi preposti, con particolare riguardo alla collaborazione tra il ministero dell'interno e il ministero del lavoro e delle politiche sociali e al coordinamento tra gli uffici periferici e quelli centrali;
se non si ritenga necessario e urgente rilasciare un permesso di soggiorno valido fino al completamento della procedura di regolarizzazione a tutti i lavoratori stranieri che ne hanno fatto richiesta ai sensi della legge del 30 luglio 2002, n. 189, e della legge del 9 ottobre 2002, n. 222, al fine di garantire loro condizioni di vita meno precarie;
se si intendano convocare i rappresentanti delle organizzazioni sindacali e delle associazioni che si occupano di immigrazione al fine di elaborare decisioni tese a migliorare la situazione partendo dall'esperienza «sul campo» di tutte le organizzazioni che si sono mobilitate in difesa dei diritti dei lavoratori stranieri.
(4-06607)

Risposta. - Le potenzialità della legge n. 189 del 2002, cosiddetta legge Bossi-Fini, come strumento per il governo dell'immigrazione, sono testimoniate dal primo risultato ottenuto, ossia la regolarizzazione e l'emersione dal lavoro nero di oltre 700 mila lavoratori stranieri.


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Il 31 dicembre 2003, infatti, perfettamente in linea con le previsioni governative, si è definitivamente conclusa l'operazione, avviata nel mese di novembre del 2002, di emersione e regolarizzazione dei lavoratori extracomunitari irregolari presenti nel nostro paese prevista sia dalla citata legge n. 189 del 2002 che dalla legge n. 222 del 2002, di conversione del decreto legge n. 195 dello stesso anno.
Si è trattato di un'operazione che non ha precedenti in Europa per dimensione, complessità degli adempimenti e tempi di realizzazione.
Va sottolineato che la regolarizzazione è la premessa indispensabile all'inserimento di quanti vengono in Italia per lavorare pacificamente nel rispetto delle nostre leggi e dei nostri valori, ed è anche un'efficace forma di prevenzione nei confronti di quel fanatismo religioso, che alligna, soprattutto, nell'emarginazione sociale e nell'isolamento culturale.
La consistente quantità di domande di regolarizzazione presentate e le iniziali difficoltà tecniche incontrate, sono state superate anche grazie alla efficiente organizzazione messa a punto dalle Amministrazioni interessate alla realizzazione di tale progetto.
A tal proposito si ricorda che con ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 3262 del 31 gennaio 2003 è stata resa possibile l'assunzione di complessive 1250 unità di lavoratori temporanei, di cui 900 inseriti nell'organico del Ministero dell'Interno e distribuiti fra prefetture e questure, mentre 350 unità, destinate al ministero del lavoro e delle politiche sociali, sono state collocate presso gli sportelli ove era presente tale ministero.
Inoltre, essendo stato previsto un contributo previdenziale di 290 euro per la regolarizzazione delle cosiddette «badanti» e di 700 euro per i lavoratori subordinati, l'operazione di regolarizzazione ha permesso di far affluire nelle casse dello Stato ben 353 milioni di euro, pari a 683,5 miliardi di vecchie lire.
Gli sportelli polifunzionali delle Prefetture, nati dalla collaborazione tra aziende private (Poste italiane) e amministrazioni pubbliche (Ministero dell'interno, ministero del lavoro e delle politiche sociali, Agenzie delle entrate, INPS e INAIL), sono stati un potente moltiplicatore di efficienza e rapidità del processo.
Per quanto riguarda, in particolare, la questione del rilascio di un permesso di soggiorno ai cittadini stranieri in attesa di regolarizzazione, si precisa che tali lavoratori - in possesso della copia della ricevuta postale attestante l'avvenuta presentazione dell'istanza e rilasciata, non a loro, ma al datore di lavoro - hanno potuto, nelle more della definizione della procedura, liberamente soggiornare e circolare nel territorio italiano come tutti gli altri lavoratori stranieri regolari, pur non potendo, in linea di massima, come noto, uscire e fare rientro nel nostro paese.
Tale ricevuta, infatti, pur indicando il nome del lavoratore, in realtà, non ne consentiva l'individuazione certa e non poteva in alcun caso costituire documento idoneo ad autorizzare l'espatrio - seppur temporaneo - con successivo rientro, né poteva essere utilizzata come documento di identità o di riconoscimento.
Ciò sarebbe stato in contrasto, non tanto con la legge n. 189, ma, soprattutto, con gli accordi di Schengen che pongono in proposito vincoli precisi.
La facoltà di lasciare temporaneamente il territorio dello Stato è, infatti, riconosciuta in via generale soltanto allo straniero regolarmente soggiornante in Italia, in possesso di regolare passaporto. Tale regolarità si collega al permesso di soggiorno, rilasciato in conformità ai criteri indicati nel trattato di Schengen, del quale l'articolo 8 del regolamento di attuazione del testo unico sull'immigrazione rappresenta la traduzione normativa.
Detto questo, il Governo è sempre stato ben consapevole che gli immigrati clandestini in fase di regolarizzazione hanno affrontato un obiettivo sacrificio, ma è stato, tuttavia, altrettanto consapevole dell'opportunità che è stata loro offerta dalla cosiddetta legge Bossi-Fini di essere accolti in condizioni di piena integrazione nel nostro paese.


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Alla luce delle norme generali sull'immigrazione, tuttavia, i casi eccezionali di necessità di rimpatrio, con caratteristiche di indifferibilità nel tempo, anche solo di qualche settimana o di qualche mese, sono stati valutati adeguatamente con procedure di autorizzazione particolari legate alla specificità dei singoli casi.
Va ricordato, infine, che, nei confronti di quei lavoratori per i quali si sia verificata una modifica del rapporto di lavoro rispetto al momento della presentazione dell'istanza di regolarizzazione (ad esempio, per decesso del datore di lavoro, licenziamento o dimissioni), è stato previsto, oltre alla convocazione con priorità presso gli sportelli polifunzionali, il rilascio di un permesso di soggiorno per attesa occupazione, della durata di sei mesi, al fine di rientrare nelle condizioni, seppur con altro datore di lavoro, previste dalla procedura di emersione, peraltro già avviata dagli stessi.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Antonio D'Alì.

MASCIA. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
Francesco Di Fiore, vicebrigadiere dei carabinieri in servizio in Friuli e consigliere comunale della Quercia al comune di Monfalcone, è stato arrestato e subirà un processo per direttissima;
l'ordine di custodia cautelare, emesso dal tribunale militare di Padova, ipotizza i reati di ritenzione di oggetti di armamento aggravata e di disobbedienza aggravata nei confronti di un superiore;
Di Fiore, primo dei non eletti nel 2001, non avrebbe restituito distintivo e pistola nel momento in cui è subentrato in consiglio comunale per la rinuncia al seggio di un suo collega di lista;
risulta che l'arresto sia avvenuto a sole 48 ore dall'inizio dell'aspettativa prevista in caso di elezione a cariche pubbliche;
il vicebrigadiere inoltre richiedendo l'aspettativa ha formulato al ministero precisa domanda sulla sorte degli «oggetti di armamento»;
l'arresto in casi del genere è facoltativo poiché nessun regolamento si pronuncerebbe inequivocabilmente sulla materia;
sulla vicenda del vicebrigadiere Francesco Di Fiore è stata pubblicata una lettera sul quotidiano Liberazione (6 dicembre 2003) nella quale si legge, tra l'altro: «il militare è noto in tutta Italia per le sue battaglie, prima nell'associazione Unarma poi nel «Giornale dei carabinieri», in favore della democrazia militare e del rispetto per i diritti dei lavoratori compresi coloro che indossano la divisa della quarta forza armata. Di Fiore, che vanta una lunga esperienza nei reparti antidroga, ha denunciato più volte il comportamento vessatorio dei suoi dirigenti (mobbing), diffidando il generale comandante della regione, pagando un prezzo altissimo in termini sia di procedimenti disciplinari e penali (nel 2003 ha subito ben due perquisizioni domiciliari), sia di salute. Stress e depressione lo hanno tenuto lontano dal lavoro per otto mesi ma tutto ciò non gli ha impedito di denunciare un abuso edilizio in caserma che ha provocato il trasferimento immediato di un capitano. Si tratta dello stesso capitano Garritani, recentemente candidato di An al comune di Pomezia (Roma), di cui Di Fiore racconta il particolare accanimento nel consegnare punizioni in giorni particolari come il Primo Maggio o il 25 aprile, date che sarebbero particolarmente invise all'ufficiale. Naturalmente, Di Fiore - che sta ricevendo la solidarietà di numerosi parlamentari, colleghi e cittadini - assicura di avere testimoni per tutte le accuse che muove e, in uno dei suoi scambi di carte con il comando sarebbe emersa la persistenza negli scaffali della Benemerita dei fascicoli permanenti che il garante della Privacy aveva ordinato di distruggere dichiarando l'illegalità delle schedature di massa. L'episodio è venuto a galla proprio grazie alla denuncia di un altro


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coraggioso carabiniere poi radiato dall'arma e di alcune testate tra cui Liberazione -:
se non intenda adottare iniziative normative volte a modificare la disciplina che regola le procedure da seguire in casi analoghi a quello descritto in premessa.
(4-08358)

Risposta. - L'adozione della misura cautelare nei confronti del vice brigadiere Di Fiore risulta essere stata convalidata dall'Autorità Giudiziaria procedente, il conseguente provvedimento precauzionale posto in essere - nella competenza - dall'Amministrazione Difesa assume, nella fattispecie, carattere vincolato, costituendo un obbligo conforme alle previsioni dell'articolo 20 comma 2 della legge n. 599/1954.
Sulla vicenda giudiziaria:
a) il 23 aprile 2004 il tribunale militare di Padova ha condannato il Di Fiore alla pena di anni 1 di reclusione militare per il reato di «ritenzione di materiale di armamento aggravata»;
b) a seguito di ricorso contro l'ordinanza del tribunale con il quale è stato convalidato l'arresto, la Corte di Cassazione, nell'udienza del 16 giugno 2004, ha dichiarato inammissibile il ricorso dell'interessato.

Può senz'altro escludersi nel procedimento ogni ipotesi di «accanimento» così come ipotizzato nell'interrogazione.
Per quanto concerne le restanti argomentazioni dell'interrogante si precisa che:
a) le azioni disciplinari nei confronti del militare sono state avviate e definite nel rispetto delle norme regolamentari vigenti e non hanno alcuna relazione con la sua candidatura politica;
b) il riferimento ad iniziative poste in essere dal Garante della Privacy, su presunte censure mosse all'Arma, non trovano alcun riscontro. Peraltro, la stessa Autorità, dopo aver acquisito approfonditi elementi di valutazione, ha postulato la legittimità circa il trattamento dei dati effettuati dall'Arma dei Carabinieri.

In conclusione, considerata l'assoluta correttezza procedurale posta in essere dall'Arma, non si ravvisa alcun motivo per adottare le invocate iniziative tese a modificare le procedure attuate nel caso in questione.
Il Ministro della difesa: Antonio Martino.

MAURANDI e CARBONI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
il carcere circoscrizionale di Buoncammino a Cagliari soffre di gravi carenze sia in termini di spazi disponibili che in termini di organico del personale di polizia penitenziaria;
le condizioni strutturali del carcere - risalente al XVIII secolo - rendono particolarmente difficili le condizioni di vita dei carcerati - talché vi sono stati diversi episodi di autolesioni e di suicidio - e le condizioni di lavoro del personale;
le difficoltà vengono solo parzialmente alleviate dal lavoro di organizzazione da parte della direzione, della polizia penitenziaria e del personale addetto al trattamento, che cercano in ogni modo di ovviare ai limiti derivanti da una struttura inadeguata alle esigenze di un carcere moderno, rispondente alle condizioni di espiazione della pena richiesta dalla Costituzione repubblicana;
il piano per l'edilizia penitenziaria ha già previsto la nuova costruzione del carcere circoscrizionale di Cagliari;
il comune di Uta, in provincia di Cagliari, ha individuato e proposto un sito per la costruzione del nuovo carcere, sito è stato ritenuto idoneo dal Ministero della giustizia;
fino a questo momento non risulta che siano state reperite le risorse per il finanziamento dell'opera;


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a che punto è l'iter per la costruzione del nuovo carcere circoscrizionale di Cagliari, in particolare l'individuazione delle fonti di finanziamento -:
se non ritenga di dover accelerare l'iter della pratica in questione, affinché si possa chiudere il più rapidamente possibile l'attuale carcere di Buoncammino, ponendo fine alle difficili condizioni di vita dei carcerati e di lavoro del personale della polizia penitenziaria e degli altri operatori.
(4-07167)

Risposta. - Con riferimento all'atto parlamentare in esame si rappresenta, preliminarmente, che nel programma di edilizia penitenziaria è compresa la costruzione di un nuovo istituto nel capoluogo sardo. La rimodulazione dei finanziamenti e delle priorità degli interventi ha assicurato la copertura finanziaria, con fondi del ministero delle infrastrutture e dei trasporti, per la realizzazione del nuovo istituto di Cagliari ed è stata già individuata, ed approvata dalla competente Commissione, l'area dove sorgerà l'istituto.
In ogni caso nell'ambito dell'ultima seduta del comitato paritetico, la realizzazione della casa circondariale di Cagliari è stata confermata al sesto posto delle priorità.
Nel frattempo, il Provveditorato regionale dell'amministrazione penitenziaria di Cagliari ha assicurato, compatibilmente con le risorse finanziarie disponibili, la manutenzione degli istituti della Sardegna per assicurarne la sicurezza e la conformità alle norme igienico-sanitarie, ed, in particolare, il servizio tecnico del predetto Provveditorato ha avviato il progetto relativo all'istituzione del servizio di biblioteca dell'istituto di Cagliari, realizzato in collaborazione con l'assessorato regionale alla pubblica istruzione. Inoltre, sono stati recentemente avviati e dovrebbero essere ultimati entro il mese di novembre 2004 i lavori di realizzazione delle aree sportive ad uso della popolazione detenuta, all'interno dei cortili di passeggio.
Per quanto concerne, più in generale, la situazione del suddetto istituto, si evidenzia che, nel mese di maggio 2004, erano presenti 360 detenuti a fronte di una capienza tollerabile di 469 posti.
Per quanto riguarda il personale di Polizia penitenziaria, amministrato dalla casa circondariale di Cagliari, risulta essere di 278 unità a fronte di una previsione organica di 267 unità.
Il Ministro della giustizia: Roberto Castelli.

MESSA. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere:
quali iniziative siano state assunte per accertare se il Naviglio privato della classe «Rina» sia in possesso dei previsti requisiti e standard di sicurezza;
quali provvedimenti siano stati assunti per eliminare anche le imbarcazioni fuorilegge.
(4-05990)

Risposta. - Si rappresenta che ai sensi della direttiva 94/57/CE che ha fissato i criteri minimi per il riconoscimento degli organismi che operano per conto degli Stati membri, questi possono autorizzare gli organismi di classifica riconosciuti ad effettuare per proprio conto i controlli ovvero a rilasciare i certificati internazionali in materia di sicurezza e di prevenzione dell'inquinamento, a norma della convenzione internazionale sulla salvaguardia della vita umana in mare (SOLAS 74), della convenzione internazionale sulla linea di carico (LL 66) e della convenzione internazionale sulla prevenzione dell'inquinamento del mare da navi (MARLOP 73/78).
La direttiva in parola, come emendata, è stata recepita nell'ordinamento italiano con decreto legislativo n. 314/98, modificato dal decreto legislativo n. 169/2000 e, da ultimo, con decreto legislativo n. 275/2003.
Si fa presente che, ai sensi di quanto previsto dalla suddetta normativa, dal 2001 sono stati stipulati accordi per l'autorizzazione e l'affidamento degli organismi riconosciuti, tra cui il RINA S.p.A.
I predetti organismi sono stati quindi autorizzati al rilascio dei certificati di cui all'allegato 1 del già citato decreto legislativo


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n. 314/1998 nonché ai compiti di ispezione e controllo ai fini dell'emissione da parte dell'amministrazione dei certificati di cui all'allegato 2 dello stesso decreto legislativo.
Inoltre, in applicazione di quanto previsto dall'articolo 7 del summenzionato decreto legislativo, richiamato dalle norme degli accordi di autorizzazione e di affidamento sottoscritti, il RINA spa come gli organismi di classifica autorizzati ed affidatari, fornisce semestralmente al ministero delle infrastrutture e trasporti tutti i dati relativi all'attività di ispezione e di controllo svolta ed alla certificazione rilasciata.
L'esame dei suddetti dati comunicati è finalizzato alla valutazione delle prestazioni dell'organismo.
Per meglio valutare le suddette prestazioni, vengono anche effettuati controlli sulle navi fermate a seguito di verifiche PSC (Port State Control) cui sono state soggette le navi battenti bandiera nazionale e certificate dall'organismo.
Il Ministero delle infrastrutture e trasporti ha infatti l'obbligo di valutare periodicamente le prestazioni degli organismi operanti per proprio conto, al fine della predisposizione di apposite relazioni contenenti informazioni particolareggiate in merito, da trasmettere ogni due anni alla Commissione e agli Stati membri, ai sensi degli 11 e 12 della direttiva 94/57/CE.
In base agli accordi succitati, è prevista inoltre l'effettuazione di visite ispettive biennali finalizzate alla verifica della permanenza in capo all'organismo dei requisiti che hanno portato all'autorizzazione e all'affidamento, anche attraverso lo svolgimento di controlli mirati.
È fatta salva comunque la facoltà dell'amministrazione interrogata di procedere in ogni momento a visite ulteriori infrabiennali, ove lo ritenga opportuno, anche predisponendo visite a campione sulle navi certificate dell'organismo.
Si assicura, infine, che la costante sorveglianza degli organismi di classifica, tra cui il RINA spa mediante la valutazione delle loro prestazioni in materia di sicurezza e di prevenzione dell'inquinamento nonché tramite le ispezioni, consente di garantire la verifica del rispetto delle norme internazionali in materia di sicurezza della navigazione e di prevenzione dell'inquinamento marino.
Il Viceministro delle infrastrutture e dei trasporti: Mario Tassone.

MESSA. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
si paventa una parziale, o totale, privatizzazione del Cotral (Consorzio Trasporti Laziali) -:
in caso di risposta affermativa, se non intenda attivarsi, per scongiurare una riduzione di personale e la riduzione dell'attuale livello occupazionale.
(4-07394)

Risposta. - In merito all'atto parlamentare si fa presente quanto comunicato, al riguardo, dalla Direzione Provinciale del Lavoro di Roma.
Il 18 novembre 2002, l'assemblea degli azionisti della società Consorzio Trasporti Laziali (Cotral) ha deliberato un aumento del capitale sociale di 4.000.000,00 euro, fino all'importo di 11.770.172,80 euro, mediante l'emissione di n. 40.000.000 azioni ordinarie nominative, da collocare sul mercato entro il termine del 30 aprile 2003, poi prorogato al 31 ottobre 2003, fermo restando il diritto di opzione spettante ai soci in misura proporzionale alle rispettive partecipazioni sociali.
In seguito, però, il consiglio d'amministrazione della società, con delibera n. 85 dell'11 agosto 2003, ha disposto la revoca della procedura di evidenza pubblica per la ricerca del socio privato (procedura pubblicata sulla
Gazzetta Ufficiale n. 134 del 12 giugno 2003) e, in data 1o dicembre 2003, l'assemblea dei soci ha revocato l'aumento di capitale precedentemente deliberato.


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Nel frattempo, i lavoratori occupati sono aumentati dalle 3385 unità esistenti alla data del 1o gennaio 2003, fino alle attuali 3512 unità esistenti alla data del 1o marzo 2004.
Il Ministro del lavoro e delle politiche sociali: Roberto Maroni.

MIGLIORI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
un attentato, secondo l'interrogante di stampo terroristico, ha distrutto a Calci (Pisa) l'auto del segretario provinciale di Alleanza Nazionale di Pisa Marco Meucci;
questo gesto è l'ultimo di una serie di atti contro uomini e sedi del centro-destra in provincia di Pisa -:
quali iniziative urgenti si intenda assumere per evitare il ripetersi di episodi analoghi a quello sopra descritto.
(4-09905)

Risposta. - Si comunica che l'episodio relativo all'incendio dell'autovettura del segretario provinciale pisano di Alleanza Nazionale, Marco Meucci, avvenuto a Calci (Pisa) nella notte tra il 4 ed il 5 aprile 2004, è stato oggetto di immediato esame da parte dei responsabili delle forze dell'ordine della stessa provincia, che hanno subito rafforzato le misure di protezione nei confronti della vittima e di altri esponenti politici ritenuti a rischio di analoghi attentati.
Già nella mattinata del 5 aprile è stata potenziata, con più frequenti passaggi, soste prolungate e contatti diretti con gli interessati, la vigilanza generica radio-collegata nei pressi dell'abitazione dello stesso segretario provinciale e degli altri esponenti di Alleanza Nazionale nei confronti dei quali la misura era in attuazione dal 30 settembre 2003, a seguito dell'attentato incendiario contro l'abitazione di un consigliere circoscrizionale pisano, del medesimo partito.
Le misure sono state confermate dal Comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica tenutosi il 7 aprile con la partecipazione anche del presidente della provincia e dei sindaci di Pisa e Calci, che ha svolto un ulteriore esame dell'atto intimidatorio di cui è stato vittima il sig. Meucci.
Il giorno successivo, lo stesso comitato provinciale è tornato a riunirsi a seguito della rivendicazione del gesto con un volantino a firma «Cellule di Offensiva rivoluzionaria», pervenuto alle redazioni romane dei quotidiani
Il Giornale e Il Messaggero, recante anche frasi ingiuriose e gravi minacce nei confronti del signor Meucci, del suo Partito e di Federico Cortesi, giornalista della redazione pisana del quotidiano La Nazione autore di un articolo sull'attentato ai danni del Meucci; tra l'altro, il volantino richiamava una precedente minaccia allo stesso giornalista, al quale, nel luglio 2003, era stata inviata una lettera, firmata dal medesimo gruppo estremista, contenente una pallottola.
È stato perciò elevato il livello di protezione sia nei confronti del signor Meucci che del signor Cortesi con la misura della «tutela» su auto non blindata e la scorta di personale delle forze di polizia.
La stessa misura è stata adottata anche nei confronti del signor Diego Petrucci, consigliere comunale di Pisa eletto nelle liste di Alleanza Nazionale, la cui autovettura è stata data alle fiamme da ignoti nella notte tra il 20 ed il 21 aprile, mentre è stata adottata la misura della vigilanza generica radio-collegata nei confronti del successore dello stesso Petrucci alla carica di coordinatore provinciale di «Azione Giovani».
È stata, inoltre, intensificata la vigilanza presso le sedi di partiti politici nella provincia, con particolare riguardo a quelle delle segreterie provinciali di Forza Italia e Alleanza Nazionale, maggiormente prese di mira.
Sul piano nazionale, pur in presenza di una obiettiva impossibilità a prevenire in assoluto il ripetersi di atti del genere per l'elevato e indefinito numero di potenziali obiettivi in ogni parte del Paese, sono stati intensificati, su tutto il territorio, sia gli strumenti informativi ed investigativi, sia i servizi di controllo del territorio.


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È indubbio, dall'insieme dei fatti accaduti negli ultimi mesi, non solo in Toscana, che non si possa escludere un'azione aggressiva coordinata e mirata nei confronti delle sedi di Alleanza Nazionale,
Il Dipartimento della pubblica sicurezza ha provveduto più volte, negli ultimi mesi, anche in vista degli appuntamenti elettorali appena trascorsi, a sollecitare le autorità provinciali di pubblica sicurezza, diramando a tal fine apposite direttive, per elevare ai massimi livelli le misure di vigilanza alle sedi di partiti e di organizzazioni politiche.
A questa attività di protezione e contrasto, si aggiunge la costante opera di monitoraggio della rete Internet, che costituisce un abituale strumento di comunicazione tra gruppi violenti.
La protezione delle sedi di partiti, di circoli, di movimenti, di esponenti politici, di amministratori locali, così come di tutte le persone esposte a rischio, costituisce una delle priorità dei servizi di controllo del territorio svolti dalle forze dell'ordine in ogni regione del Paese secondo una programmazione definita provincia per provincia.
In tale azione, non viene sottovalutato alcun episodio, neanche quelli di minor impatto. È ovvio che l'impegno delle forze di polizia non può non essere accompagnato, nel pieno rispetto della legalità, dalla ferma condanna di ogni forma di violenza e dall'appoggio di tutte le forze istituzionali e politiche.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Alfredo Mantovano.

MILANA e GIACHETTI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
risulta agli interroganti che la società A.d.R. s.p.a., che gestisce il processo di liberalizzazione dell'attività aeroportuale di Fiumicino, abbia proceduto ad alcuni trasferimenti di personale dall'A.d.R. ad altre aziende;
queste ultime aziende, a quanto consta, sarebbero esse stesse interessate da esuberi di personale proprio;
tra i dipendenti trasferiti vi sarebbero alcune lavoratrici in stato di aspettativa per maternità -:
se tali trasferimenti avvengano nel rispetto della normativa vigente e in particolare quali provvedimenti si intenda adottare nel caso in cui si riscontrassero gravi violazioni dei diritti sindacali.
(4-04485)

Risposta. - In relazione all'atto parlamentare in argomento, si fa presente quanto comunicato, al riguardo, dalla Direzione Provinciale del Lavoro di Roma.
La società Aeroporti di Roma spa ha effettuato, nell'anno 2001, n. 2 trasferimenti di personale e n. 1 trasferimento nell'anno 2003, verso una società del Gruppo in esame, costituita per l'esercizio dell'assistenza aeroportuale e, precisamente, la A.D.R. Handling. Inoltre, a favore della società A.D.R. Engineering, costituita nel 2000, per l'esecuzione dei lavori aeroportuali, sono stati predisposti n. 2 trasferimenti, di cui uno nel 2002 e l'altro nel 2003.
I suddetti trasferimenti sono stati predisposti a seguito della cessione del relativo contratto e con l'assenso dei lavoratori.
A favore della A.D.R. Advertising, costituita nel 2003 per la gestione della pubblicità di settore, sono stati predisposti n. 9 trasferimenti nel 2003. Inoltre, alla A.D.R. Tel, costituita nel 2003, per la gestione delle telecomunicazioni di settore sono stati trasferiti n. 11 lavoratori, nel 2003.
La cessione del suindicato personale è stata determinata dal trasferimento delle competenze dalla Società Aeroporti di Roma alle succitate società, appositamente costituite.
Infine, alla società, esterna al Gruppo, denominata «Full Integrated Solution», esercente la gestione del personale e l'elaborazione delle paghe, sono stati trasferiti n. 27 lavoratori, per la esternalizzazione del servizio.
Complessivamente, i trasferimenti effettuati sono stati n. 2 nel 2001; n. 1 nel 2002, ed, infine, n. 49 nel 2003.


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Da ultimo, si fa presente che tra il personale trasferito non risultavano lavoratrici in stato di aspettativa per maternità e che le società in questione non erano interessate da esuberi di personale.
Il Ministro del lavoro e delle politiche sociali: Roberto Maroni.

MINNITI, LUCIDI e NIGRA. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
è stata resa nota attraverso la stampa una lettera aperta indirizzata al questore di Torino da una organizzazione sindacale della polizia di Stato che si è resa interprete di una situazione di disagio presente tra gli agenti di quella città;
la presa di posizione sindacale intende portare all'attenzione delle autorità e della opinione pubblica la necessità di, una riorganizzazione interna e di una valorizzazione delle risorse umane della questura torinese;
attività rilevanti per la sicurezza della città, quale ad esempio il servizio delle volanti, vengono svolte in condizioni decisamente precarie per il tipo e la qualità delle vetture in dotazione molto vecchie e con scarse capacità operative e con equipaggi composti da due soli operatori;
sembra addirittura essere stata formulata l'eventualità di una diminuzione degli organici per circa 128 agenti sulla base della bozza di un decreto ministeriale di riorganizzazione -:
come il Ministro giudichi la situazione e se intenda assumere iniziative tese a riportare serenità tra gli agenti in servizio a Torino a valorizzarne il ruolo e a potenziare i mezzi a loro disposizione.
(4-09063)

Risposta. - Si comunica che la questura di Torino, al pari di altre nel resto del Paese, è stata interessata da misure di riorganizzazione interna e di redistribuzione del personale, allo scopo di ottimizzare l'impiego delle risorse umane disponibili e di incrementare i servizi operativi di controllo del territorio.
In tale contesto, che non prevede alcuna riduzione di personale, non trova alcun fondamento la notizia, citata dall'interrogante, di una diminuzione degli organici della stessa questura di circa 128 unità, sulla base di un «decreto ministeriale di riorganizzazione».
Verosimilmente, il riferimento è al decreto di riordino dei reparti mobili, tuttora in fase di elaborazione, che, nella stesura sulla quale si è avviato il confronto con le organizzazioni sindacali, ipotizza, per il reparto torinese, un organico di 400 unità, inferiore di 28 rispetto alle previsioni tabellari del 1986, ma superiore di 75 a quello effettivamente disponibile al momento (325 operatori).
Inoltre, la bozza di decreto di riordino prevede l'assunzione da parte delle questure della intera gestione amministrativo-contabile di tali reparti, il cui personale potrà così essere interamente impiegato in servizi di ordine pubblico, senza distrazioni di elementi in compiti burocratici.
Conseguentemente, il progetto in questione, relativamente al reparto mobile di Torino, pur prevedendo un organico inferiore a quello previsto attualmente, ma non effettivamente disponibile, comporterà, in pratica, un suo sensibile potenziamento in termini operativi.
Quanto al servizio «Volanti», il questore del capoluogo piemontese ha riferito che esso è svolto, come previsto dalle disposizioni ministeriali, esclusivamente da equipaggi composti da due operatori a bordo di vetture Fiat «Marea», attrezzate proprio per tale servizio e con quel numero di agenti.
Si tratta di vetture che vengono considerate tuttora efficienti ed idonee anche se talune di esse, avendo percorso più di 100 mila chilometri, hanno necessità di più frequenti interventi manutentivi e di riparazione.
Nei casi in cui le vetture di tale tipo non fossero temporaneamente disponibili in numero


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sufficiente, il servizio viene svolto utilizzando automezzi di altro modello, che richiedono l'impiego di tre unità di personale.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Alfredo Mantovano.

MISURACA. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
è di ieri la notizia dell'ennesimo e gravissimo incidente stradale occorso sulla bretella autostradale che collega la Statale 640 all'autostrada A19 Palermo-Catania nelle prossimità del curvone prossimo al bivio La Spia per Santa Caterina;
nell'arco temporale di due week-end nove, incluso l'ultimo, sono stati gli incidenti con feriti verificatisi tutti sul medesimo tratto per via del forte raggio curvante e del manto stradale estremamente scivoloso soprattutto in presenza di piogge;
in passato non sono mancati anche incidenti mortali avutisi sullo stesso tratto;
la Polizia Stradale ha rilevato che la manutenzione in quel tratto di bretella da parte dell'ANAS è scarsa ed ha invitato l'Ente ad intervenire sia sulla segnaletica che sul manto stradale per renderlo meno scivoloso;
al momento l'ANAS è intervenuta sostituendo solamente un lungo tratto di guard-rail già danneggiato da precedenti incidenti;
il tratto di strada incriminato è continuamente percorso sia da autovetture che da mezzi pesanti che da Agrigento raggiungono sia la Sicilia occidentale che orientale per motivi di lavoro -:
se sia a conoscenza di tale situazione dei fatti e quali provvedimenti urgenti intenda adottare al fine di sensibilizzare sia l'ANAS che gli altri Enti competenti al fine di migliorare la viabilità con interventi strutturali di ampliamento dei tratti stradali e di sostituzione dei manti stradali con materiale idrorepellente in linea con le norme sulla sicurezza stradale.
(4-09231)

Risposta. - La strada statale n. 640 «Di Porto Empedocle» rientra tra le infrastrutture strategiche di interesse nazionale di cui alla legge n. 443/2002 «legge obiettivo» per cui è previsto un intervento di ammodernamento a quattro corsie dell'attuale carreggiata con potenziamento alla categoria «B» delle norme vigenti da realizzarsi, laddove possibile, con allargamenti in sede.
Per la redazione del progetto definitivo e dello Studio di Impatto Ambientale sono state stipulate apposite convenzioni tra ANAS spa e le Province interessate.
Il progetto definitivo del tratto da Agrigento a Canicattì predisposto dalla provincia di Agrigento è stato approvato dal consiglio di amministrazione dell'ANAS nella seduta del 13 maggio 2004 ai fini della successiva attivazione della procedura avanti il CIPE ed il conseguente finanziamento.
L'ANAS fa conoscere che l'affidamento al contraente generale è previsto entro il 2005.
Per quanto riguarda il successivo tratto da Canicattì a Caltanissetta di circa 30 chilometri, la società stradale sta provvedendo, in accordo con la Regione Sicilia, all'affidamento mediante gara della progettazione definitiva e dello Studio di Impatto Ambientale. Il relativo finanziamento della progettazione è previsto nell'ambito dell'Accordo di programma quadro per le infrastrutture stradali.
Allo stato attuale, l'ANAS riferisce che è stato pubblicato il bando di gara relativo alla progettazione definitiva di cui si prevede il completamento entro il mese di marzo 2005.
Nelle more della realizzazione dell'intervento suddetto, l'ANAS ha provveduto ad effettuare un intervento di manutenzione straordinaria consistente nella ripavimentazione dell'intero tratto conclusosi nello scorso mese di giugno. In particolare, al chilometro 65+300 in corrispondenza dello


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svincolo con la statale n. 122-bis si è provveduto alla sostituzione de integrazione dell'esistente segnaletica verticale.
Il Viceministro delle infrastrutture e dei trasporti: Ugo Martinat.

ANGELA NAPOLI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
da molto tempo, ed in particolare dopo l'entrata in vigore del codice di procedura penale, è sempre emersa, da parte degli operatori del settore, l'esigenza di potenziamento dell'organico della magistratura ordinaria, anche per fronteggiare il dilagare della criminalità organizzata;
la giustizia, non solo quella ex pretorile, è oggi amministrata prevalentemente da magistrati onorari (vice Procuratori onorari, giudici onorari di tribunale e, quindi, del tribunale monocratico) che con il loro impegno assicurano il regolare svolgimento delle udienze, in quanto la presenza dei pubblici ministeri togati alle stesse paralizzerebbe di fatto la fase delle indagini preliminari e tutte le altre incombenze rese particolarmente gravose dalla assegnazione di migliaia di procedimenti penali ad ogni magistrato;
il magistrato onorario è, quindi, divenuto giudice quotidianamente operante, peraltro con un compenso assolutamente offensivo della sua professionalità;
è in atto, da parte del Ministero, lo studio per il riassetto della Magistratura Onoraria di tribunale;
in tale contesto non potrà non essere presa in considerazione la condizione dei Magistrati Ordinari di tribunale V.P.O.-G.O.T nella loro professionalità e dignità -:
se non ritenga di dover adottare le opportune iniziative affinché si giunga ad un nuovo mandato per i magistrati onorari di tribunale in «decadenza»;
se nell'ambito del progetto di riforma non ritenga di dover tenere in particolare considerazione la posizione dei magistrati onorari di tribunale.
(4-05987)

Risposta. - La necessità di potenziamento dell'organico nazionale della magistratura ordinaria, è stata soddisfatta con l'applicazione della legge 13 febbraio 2001, n. 48, che ha disposto l'aumento del ruolo organico del personale di magistratura per complessive 1.000 unità. Tale contingente verrà ripartito in fasi successive, attuate prima dello svolgimento della prova scritta di ciascuno dei tre concorsi banditi ai sensi dell'articolo 18 della stessa legge.
Il primo intervento di ripartizione, effettuato con decreto ministeriale 23 gennaio 2003, ha previsto l'assegnazione di 234 posti. Nell'individuazione degli uffici presso cui ripartire il primo contingente dei posti recati in aumento, si è ritenuto di dover privilegiare le Corti di appello e la Corte suprema di cassazione, in funzione delle esigenze operative delle relative sezioni lavoro. Ciò in considerazione della rilevanza riconosciuta a tale settore dalla stessa legge n. 48/2001.
Per quanto riguarda gli uffici giudiziari di primo grado, è stato ritenuto opportuno procrastinare ai successivi provvedimenti la ripartizione delle ulteriori unità recate in aumento dalla legge citata; ripartizione la cui realizzazione è condizionata dall'espletamento delle prove scritte degli ulteriori concorsi di cui all'articolo 18 sopra citato. A tal riguardo, si rappresenta che con decreto ministeriale 28 febbraio 2004, pubblicato nella
Gazzetta Ufficiale n. 17 del 2004 - 4o serie speciale, e con decreto ministeriale 23 marzo 2004 pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 26 marzo 2004 4o serie speciale, sono stati indetti due concorsi pubblici, per esami, rispettivamente a 380 posti e 350 posti di uditore giudiziario. Le date di svolgimento della prova preliminare saranno stabilite con successivi decreti ministeriali che saranno pubblicati nella Gazzetta Ufficiale - 4o serie speciale, Concorsi ed Esami - il giorno 7 settembre 2004 e 24 giugno 2005.


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In ordine al quesito posto sul riassetto della magistratura onoraria, si rappresenta che per effetto del disposto di cui all'articolo 2, comma 1, del decreto-legge 24 dicembre 2003 n. 354 (convertito in legge con modificazioni dall'articolo 1 legge 26 febbraio 2004, n. 45), promosso dal ministero interrogato, l'incarico di tutti i GOT ed i VPO in scadenza alla data del 31 dicembre 2003 è stato prorogato
ex-lege di un anno. Il pericolo immediato della decadenza di un numero peraltro elevato (circa mille) di magistrati GOT e VPO è stato quindi scongiurato.
Resta peraltro confermato il proposito di provvedere ad una riforma organica della magistratura onoraria non appena gli impegni governativi lo consentiranno, ed anche in quella sede potrà essere valutata l'opportunità di consentire ai GOT ed ai VPO di essere confermati per un ulteriore mandato triennale o, eventualmente, di conseguire la parificazione della durata del loro incarico a quella dei giudici di pace. Tanto, anche in considerazione dell'ordine del giorno (0/2716/1/2a) approvato dalla Commissione giustizia del Senato in data 5 febbraio 2004, che ha impegnato il Governo a «prevedere un arco temporale più ampio di proroga per i giudici onorari il cui mandato è scaduto entro il 31 dicembre 2003» (punto 5), rispetto a quanto disposto dall'articolo 2 decreto-legge n. 354/2003 e l' «esonero dalle prove preliminari del concorso per uditore giudiziario per i giudici onorari con almeno tre anni di esercizio delle funzioni» (punto 6).
Il Ministro della giustizia: Roberto Castelli.

ANGELA NAPOLI e MIGLIORI. - Al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
il procuratore della Direzione Nazionale Antimafia (DNA), dottor Pierluigi Vigna, in un convegno sulla legalità ha messo in guardia rispetto alla dilagante attività di riciclaggio attuata dalla criminalità organizzata nelle regioni storicamente immuni da tale presenza;
il 6 novembre 2002 con un atto di sindacato ispettivo gli interroganti hanno denunciato l'investimento di denaro sporco che le cosche della 'ndrangheta avrebbero investito nella zona del Mugello in Toscana, attraverso società ed operazioni formalmente pulite;
la Procura della Repubblica di Firenze ha avviato, già dal febbraio 2002, un'indagine volta ad accertare se, presso il Tribunale di quella città, taluni acquisti all'asta di beni immobili di cospicuo valore siano avvenuti utilizzando mezzi finanziari di provenienza illecita;
la denunzia di un agricoltore del Mugello, la cui azienda agricola sarebbe stata acquistata ad un'asta giudiziaria da una presunta società, costituita da due agricoltori di Lametia Terme (Catanzaro), ha evidenziato l'anomalia della stessa Srl il cui capitale sociale era di appena 13 mila euro, versati solo i 3/10 ed in seguito ritirati;
i due agricoltori in questione, che avrebbero lo stesso cognome di una delle famiglie mafiose del territorio lametino, nonostante la modestia della società in questione, sono riusciti a versare l'intero prezzo di acquisto dell'azienda agricola del Mugello, un miliardo e novanta milioni di lire in soli 60 giorni;
a ben 16 mesi dalla presentazione della denuncia da parte dell'agricoltore del Mugello non si conoscono ancora gli esiti delle indagini preliminari -:
se il ministro della giustizia sia a conoscenza del fatto denunciato e se il ministro della giustizia non ritenga opportuno disporre un'ispezione presso il Tribunale di Firenze per accertare il corretto funzionamento degli uffici giudiziari, nonché per accertare se l'ufficio ha assunto tutte le preventive misure cautelari a tutela delle persone offese;
se il ministro dell'interno abbia allo studio iniziative normative volte a scongiurare il concreto pericolo che gli uffici giudiziari preposti alle vendite immobiliari al pubblico incanto possano essere utilizzati


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dalla criminalità organizzata come canali di riciclaggio di capitali di illecita provenienza.
(4-05988)

Risposta. - L'atto parlamentare cui si risponde fa riferimento alle notizie stampa pubblicate dall'ANSA il 20 maggio 2002 relative ad un esposto inoltrato alla procura della Repubblica di Firenze dall'imprenditore agricolo Pietro Tagliaferri, secondo cui una sua azienda sarebbe stata acquistata all'asta per una cifra inferiore alla metà del valore di mercato ed altre due sarebbero state acquistate con le stesse modalità dalla medesima società, facente capo a due contadini di Lamezia Terme.
Dagli accertamenti esperiti dalla locale questura è emerso che, effettivamente l'imprenditore agricolo Pietro Tagliaferri ha presentato alla sezione di polizia giudiziaria, presso la procura della Repubblica di Firenze, un esposto dal quale ha avuto origine un procedimento penale. In tale denuncia sarebbero stati avanzati sospetti su alcuni calabresi che avevano acquistato all'asta giudiziaria il podere, venduto nel contesto di esecuzioni immobiliari nei confronti del Tagliaferri, per una cifra di circa un miliardo e ottanta milioni alla società Astrid srl di De Sensi Domenico e De Sensi Antonio, a quanto pare costituita alcuni mesi prima.
I suddetti titolari della ditta, avrebbero in precedenza acquistato altro podere confinante con quello del Tagliaferri e sembra abbiano anche comprato, con società a loro riconducibili, altri immobili nella zona, sempre attraverso l'asta giudiziaria del tribunale di Firenze.
Sembra, peraltro, da quanto emerge dagli accertamenti svolti dalla Questura, che gli acquirenti non abbiano avuto, in precedenza, alcun interesse economico in Toscana.
La Società Astrid srl ha sede in Lamezia Terme ed è stata costituita il 16 novembre 2000; ha un variegato oggetto sociale, relativo alla gestione di aziende agricole e risulta intestata a De Sensi Domenico.
Dagli atti d'archivio della questura si è rilevato che l'esecuzione immobiliare dell'azienda agricola Moriano di Sotto, di Vicchio di Mugello, ha avuto origine nel 1996, allorché l'azienda era stata venduta all'asta con un prezzo base di cinquecento milioni di lire ed era stata acquistata per una cifra di 565 milioni di lire da Monni Antonio Pasquale. Il Tagliaferri presentò alla locale autorità giudiziaria un esposto in cui contestava l'incongruità della vendita, avvenuta, a suo dire, ad un prezzo notevolmente inferiore a quello di mercato, fissato da una perizia di parte in un valore di un miliardo e 435 milioni di lire. Lo stesso inoltrò, altresì, al locale tribunale civile, richiesta di valutazione della congruità del prezzo di vendita e di revoca dell'aggiudicazione.
Preso atto delle risultanze della nuova perizia, il giudice delle esecuzioni dichiarava, pertanto, decaduto il signor Monni dall'aggiudicazione e disponeva la restituzione all'aggiudicatario delle somme dallo stesso versate.
In una successiva lettera, dell'11 novembre 1996, il Tagliaferri faceva riferimento ad un assoggettamento usuraio che lo aveva portato a difficoltà finanziarie, aggiungendo particolari di oscure manovre di «professionisti, malavitosi, mediatori ... che con la complicità di personaggi all'interno di istituti di credito e del Tribunale Civile, vogliono impossessarsi della mia azienda ... ci vendi l'azienda o ti facciamo fallire».
Il 9 luglio 1997 il Tagliaferri presentò istanza, ai sensi del decreto-legge 31 dicembre 1991, n. 419, convertito in legge 18 febbraio 1992, n. 172, al fondo di solidarietà per le vittime dell'estorsione. La domanda è stata rigettata.
Per quanto riguarda gli invocati interventi ispettivi nella Procura della Repubblica di Firenze - per accertare che «le indagini non sono state concluse a distanza di 13 mesi» e per «la mancata adozione di misure cautelari e preventive a tutela delle persone offese» - e negli uffici giudiziari di Firenze preposti alle vendite immobiliari al pubblico incanto - per verificarne il corretto funzionamento - si rappresenta che, a seguito del citato esposto a firma del Tagliaferri, veniva iscritto il 14 dicembre 2001 nella predetta procura il procedimento n. 3696 Mod 45.


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Il che è sintomatico del fatto che detta indagine non riguarda magistrati del tribunale di Firenze, nei confronti dei quali, ex articolo 11 codice di procedura penale sarebbe competente la procura di Genova.
Nell'ambito di tale procedimento, il 4 febbraio 2002, il pubblico ministero, titolare delle indagini, delegava al nucleo regionale di polizia tributaria Toscana ed alla sezione di polizia giudiziaria della guardia di finanza una vasta serie di accertamenti, sia in ordine ai fatti specificatamente denunciati dal Tagliaferri, sia volti a verificare se, anche in esito ad altre procedure esecutive, immobili ubicati nel circondario fossero stati acquistati da soggetti (persone fisiche o giuridiche) con disponibilità di risorse finanziarie di provenienza illecita.
Il 21 febbraio 2002, venivano attivate le ricerche, tramite banca dati SIDDA/SIDNA, di notizie utili ai fini investigativi sui titolari del capitale sociale della «Astrid srl» e sullo stesso ente collettivo. Ancora nell'ambito di tale procedimento, venivano adottati dal pubblico ministero e trasmessi alla polizia giudiziaria delegata, ordini di esibizione di documentazione bancaria.
Il 22 maggio 2002, a seguito della presentazione di una istanza nell'interesse del Tagliaferri, con cui veniva sollecitato il sequestro preventivo ovvero probatorio dell'azienda agricola acquistata dalla «Astrid srl», era disposto il passaggio del procedimento a registro noti, con iscrizione a carico di De Sensi Domenico e De Sensi Antonio, per il reato di cui all'articolo 648-
ter codice penale (proc. n. 9387/02).
Il 19 giugno 2002 il G.I.C.O. del nucleo regionale polizia giudiziaria Toscana riferiva delle iniziative investigative già svolte e delle richieste di documentazione bancaria già inoltrate a vari istituti ed ancora non evase.
Successivamente, oltre a nuovi decreti di acquisizione di documentazione bancaria, venivano richieste ad altre procure della Repubblica copie di atti di altri procedimenti. Inoltre, veniva richiesta la proroga del termine per le indagini preliminari, tenuto conto delle ulteriori necessarie iniziative investigative stante la particolare complessità del procedimento.
Quanto alla pretesa omessa adozione di misure cautelari, che si ipotizza avrebbero potuto anche tutelare il Tagliaferri - erroneamente indicato quale persona offesa del reato trattandosi di procedimento per ipotesi di reato ex 648-
ter codice penale - appare utile unicamente evidenziare che le ragioni addotte a sostegno del parere contrario del pubblico ministero al sequestro probatorio dell'azienda acquistata dalla «Astrid srl» (e adottate anche per disattendere la sollecitazione a richiedere il sequestro preventivo dello stesso bene) sono state integralmente recepite dal GIP del tribunale di Firenze con provvedimento 2 luglio 2002 di rigetto della relativa istanza, formulata nell'interesse del Tagliaferri.
Va precisato, inoltre, che nessuna norma di legge impone un controllo preventivo o successivo in relazione ai partecipanti alle aste, salvo quello giuridico di legittimazione civilistica all'asta. È evidente che nel caso di situazioni di fatto, idonee a dare concreto fondamento al sospetto di irregolarità viene interessata la competente procura per le indagini del caso.
Nel caso specifico, va comunque rilevato che i giudici che si occupano dei fallimenti e delle esecuzioni del tribunale di Firenze hanno presentato alla locale Procura un esposto nei confronti del citato Tagliaferri, per le reiterate affermazioni calunniose nei loro confronti.
Dall'esame della documentazione acquisita, salvi gli sviluppi dell'unico fatto oggetto di denuncia e di indagine penale, attualmente interessato dal segreto investigativo, deve evidentemente escludersi nel caso di specie la sussistenza di profili di interesse disciplinare, riguardo ai magistrati ed, in particolare, al titolare del suindicato procedimento penale (in punto di negligenza o di poca laboriosità non potendo sindacare in sede amministrativa le determinazioni inerenti all'esercizio dell'azione penale e alle scelte investigative).
Inoltre, non si evidenziano elementi che possano consentire di sindacare l'operato del giudice dell'esecuzione del tribunale di Firenze, che si è limitato, nello svolgimento


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della sua funzione, al controllo giuridico di legittimità civilistica sullo svolgimento delle aste.
Pertanto, non emergono in alcun modo condotte suscettibili di valutazione disciplinare, né ricorrono i presupposti per avviare iniziative di natura ispettiva.
In relazione al quesito relativo alle iniziative legislative da intraprendere per contrastare il fenomeno del riciclaggio mediante aste giudiziarie, il ministero dell'interno ha comunicato che, allo stato, non sono allo studio specifiche misure di contrasto contro il predetto fenomeno. Va comunque rilevato che il Consiglio dei Ministri, nella seduta dello scorso 13 febbraio, ha approvato il decreto legislativo di recepimento della direttiva 2001/97 CE recante modifica della direttiva 91/308/CEE del Consiglio relativa alla prevenzione dell'uso del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attività illecite.
Inoltre, è in fase di predisposizione lo schema di regolamento di attuazione dell'articolo 4, comma 8, del decreto legislativo 25 settembre 1999, n. 374, in materia di estensione delle disposizioni antiriciclaggio ad attività finanziarie particolarmente suscettibili di utilizzazione a fini di riciclaggio.
Tale progetto normativo prevede, in particolare, all'articolo 9, che i soggetti, che svolgono le attività di commercio di cose antiche e di esercizio di case d'asta o gallerie d'arte, debbano annotare nell'apposito registro previsto dal decreto la data e l'importo complessivo dell'operazione e i mezzi di pagamento impiegati in caso di somme superiori a 12.500 euro.
Ciò in adempimento della prescrizione contenuta nell'articolo 2, comma 1, dello stesso decreto che prevede gli obblighi di identificazione e di registrazione del cliente.
Sale da gioco, sale d'asta, ed antiquari dovranno, quindi, in caso di operazioni superiori ai 12.500 euro, informare i clienti sull'uso che verrà fatto dei dati personali che li riguardano. I dati personali raccolti e utilizzati dovranno quindi essere conservati in apposito registro. Coloro che raccolgono e usano i dati dovranno segnalare all'autorità giudiziaria eventuali anomalie, che emergessero al momento dell'acquisizione o della trascrizione dei dati.
L'articolo 4 del decreto prescrive, altresì, che i dati debbono essere conservati per dieci anni.
La novità di tale prescrizione normativa è che fino ad ora la normativa antiriciclaggio riguardava solo i settori del credito e della finanza, mentre l'adozione di questo nuovo provvedimento fornirà al nostro Paese un ambito applicativo allargato ad una serie di servizi e di attività che, pur rispondendo alle comuni esigenze dei cittadini o a bisogni sociali molto diffusi, sono suscettibili, proprio per la loro natura, di essere esposti alle attività di riciclaggio della criminalità organizzata.
Si fa presente che questo allargamento della gamma di soggetti interessati alla registrazione dei dati ha sollevato qualche perplessità da parte dell'autorità garante per la tutela dei dati personali che, proprio in sede di espressione del parere sul decreto, ha puntualizzato l'esigenza di circoscrivere al massimo l'ambito di soggetti «identificati», limitandoli ai soggetti che compiono le operazioni e non ai meri «clienti»; l'obbligo di fornire all'interessato l'informativa su quanto effettuato nei suoi confronti; la limitazione ad un unico registro della conservazione dei dati, evitando pericolose moltiplicazioni documentali e, in ultima analisi, la necessità che vengano adottate particolari cautele per assicurare la riservatezza della persona che dovrà effettuare la segnalazione delle eventuali operazioni sospette.
Il Ministro della giustizia: Roberto Castelli.

ANGELA NAPOLI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
nella Città di Crotone operano, da molti anni, tre istituti di vigilanza privata: Petrone srl, Cooperativa Vigilanza Forze di Polizia in congedo srl ed il Corpo dei Vigili Notturni; tutti con personale autoctono e locale centrale operativa;
gli istituti Petrone srl e Cooperativa Vigilanza Forze di Polizia in congedo srl,


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nel 2001, hanno richiesto alla locale Prefettura l'ampliamento di organico, in previsione di eventuali nuove occasioni occupazionali, senza ottenerne il consenso;
successivamente al dissenso è stata data l'autorizzazione ad esercitare l'attività di vigilanza alla Sicurtransport Spa società con uffici a Catanzaro e sede legale a Palermo, e, limitatamente ai comuni di Caccuri, Cerenzia, Castelsilano, Crotonei e Savelli, alla Vigilanza Internationalpol;
alla fine dello scorso mese di gennaio 2004 è apparsa la notizia relativa ad una inchiesta che vedrebbe indagato l'amministratore Unico della Sicurtransport con l'accusa di turbativa d'asta per l'affidamento dei servizi di vigilanza all'Enav -:
se non ritenga necessario ed urgente attivarsi affinché sia revocata l'autorizzazione ottenuta a Crotone, alla Sicurtranport Spa, e alla Vigilanza Internationalpol, considerato che tali istituti di vigilanza, il primo con sede ad Isola Capo Rizzuto ed il secondo a Crotone, non risultano abbiano in loco la centrale operativa, necessaria, secondo le normative vigenti, per ottenere l'autorizzazione a svolgere regolare attività di vigilanza.
(4-09329)

Risposta. - Si comunica che, secondo quanto riferito dal prefetto di Crotone, le ultime richieste di autorizzazione all'ampliamento degli organici degli istituti di vigilanza privata «Petrone srl» e «Cooperativa di vigilanza forze di polizia, in congedo», rispettivamente presentate nel 2001 e nel 2000, sono state accolte da quella prefettura, che ha autorizzato il primo istituto ad elevare da 22 a 30 il numero delle proprie guardie particolari giurate, ed il secondo da 22 a 29.
Non risultano presentate, dai responsabili di tali istituti, ulteriori istanze di autorizzazione all'ampliamento degli organici.
L'insediamento, nel comprensorio provinciale, di nuove iniziative imprenditoriali, nel contesto attuativo del «Contratto d'Area», ha determinato, negli ultimi anni, un incremento della domanda di servizi di vigilanza privata, inducendo la prefettura a valutare favorevolmente alcune istanze di operatori del settore, tenuto conto, altresì, dell'esigenza di garantire nella provincia un quadro di adeguata concorrenzialità tra le varie imprese e la pluralità dell'offerta dei relativi servizi.
Sono stati, perciò, autorizzati ad operare in quella provincia, nel giugno 2001, l'Istituto «Sicurtransport srl», con sede operativa nel comune di Isola Capo Rizzuto ed un organico di 20 unità, e, nell'agosto 2002, l'istituto «Vigilanza Internationalpol», con sede operativa a Castelsilano ed un organico di 8 unità, e l'istituto «Vigilanza privata notturna e diurna srl» con sede operativa a Crotone ed un organico di 10 unità.
Si precisa che l'istituto «Vigilanza Internationalpol» è stato autorizzato ad operare limitatamente ai Comuni di Caccuri, Cerenzia, Castelsilano, Cotronei e Savelli anche in considerazione della circostanza che dispone di una sala operativa nel vicino comune di San Giovanni in Fiore, in provincia di Cosenza, mentre l'istituto «Sicurtransport srl» ha in servizio, attualmente, solo 9 guardie particolari giurate.
Si precisa, altresì, che la legislazione vigente demanda in via esclusiva alle autorità provinciali di pubblica sicurezza l'accertamento, per ciascun istituto di vigilanza, dei requisiti, anche di ordine tecnico e organizzativo, per il rilascio o la revoca della licenza in questione, mentre competono agli uffici centrali del ministero dell'interno le indicazioni e le direttive di carattere generale.
Nell'esercizio di tali poteri sono state diramate, negli ultimi anni, direttive volte a contrastare le posizioni di monopolio nel settore in argomento, invitando i Prefetti a ripristinare con mirati provvedimenti, ove del caso, situazioni di effettiva e reale concorrenza, seppure con la gradualità resa necessaria dalle situazioni locali.
Il prefetto di Crotone, che non ritiene vi siano le condizioni per interventi di revoca nei confronti di operatori della vigilanza privata attualmente in attività nella provincia, ha riferito, inoltre, che nel biennio 2002-2003 sono state complessivamente respinte


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dalla prefettura 5 istanze di rilascio di nuove licenze per altrettanti istituti richiedenti.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Alfredo Mantovano.

NESI. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
l'archivio di Stato di Parma ha sede dal 1948 presso il complesso monumentale dell'Ospedale Vecchio, il cui nucleo centrale risale al secolo XV, di proprietà del comune di Parma. L'edificio ospita al suo interno importanti istituti culturali: oltre all'Archivio di Stato, l'Archivio storico comunale, la Biblioteca Civica, la Biblioteca Bizzozero, l'Emeroteca comunale e il Centro multimediale-videoteca;
l'Archivio di Stato occupa una superficie di circa 6000 mq. In cui è compresa l'intera Crociera, antica corsia monumentale dell'ospedale. La maggior parte degli spazi è destinata a custodire i fondi archivistici: circa 30 km lineari di documentazione dal secolo IX al XX, ogni anno consultata da 3000 studiosi italiani e stranieri e citata in innumerevoli pubblicazioni;
i principali servizi forniti al pubblico dall'Archivio di Stato sono: la Sala di studio per la consultazione e lo studio dei documenti, il Catasto cessato italiano, scuola di archivistica, paleografia e diplomatica;
nel giugno 2003, con approvazione da parte del consiglio comunale di una variante urbanistica che consente maggiore elasticità nella destinazione degli spazi interni dell'Ospedale Vecchio, prende via ufficiale l'iter per la realizzazione della «Cittadella della Carta e del Cinema». Ossia il comune, avvalendosi dello strumento del project financing, punta alla ristrutturazione dell'intero edificio in modo che vi si realizzino attività pubbliche e private. Alla fine dell'intervento l'Ospedale Vecchio risulterà destinato per il 50 per cento ad uso privato (con albergo, parcheggio e locali di ristoro) e per altro 50 per cento ad uso pubblico (una percentuale nettamente inferiore a quella attualmente occupata dagli istituti culturali nel loro insieme). Un progetto particolareggiato scelto dalla Giunta entro il 30 aprile 2004 indicherà se, e quali locali (per una superficie di circa un sesto di quella attuale) verranno assegnati all'Archivio di Stato;
il comune di Parma ha intimato di liberare i locali, revocando la concessione all'Archivio di Stato «per il pubblico interesse»;
al fine di sgombrare i locali entro il termine del 1 luglio l'amministrazione comunale sta perciò trattando con la ditta Italarchivi, per il trasferimento dell'Archivio di Stato nei magazzini attrezzati che tale ditta possiede nel comune di Fontevivo -:
come si sia pronunciata la competente sovrintendenza sul progetto di trasformare completamente, a fini di lucro, ingenti parti di un edificio, che è stato sede di una delle più antiche istituzioni ospedaliere europee - di recente ha festeggiato i suoi 800 anni - e che come tale è patrimonio del Paese.
(4-10200)

Risposta. - In riferimento alle questioni poste dall'interrogante, concernenti il complesso denominato Ospedale della Misericordia di Parma, si rappresenta quanto segue.
Quanto al progetto elaborato dal comune di Parma per un intervento definito dal Sindaco della città stessa «di riqualificazione» dell'edificio, si precisa che tale progetto è stato inoltrato direttamente al Ministro per i beni e le attività culturali con lettera dell'8 luglio 2003.
Gli uffici di diretta collaborazione del Ministro hanno provveduto a inoltrare il detto progetto per il relativo esame alle competenti strutture tecniche del ministero, costituite dalla Direzione Generale per i beni architettonici ed il paesaggio e dalla


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Soprintendenza per i beni architettonici e per il paesaggio di Bologna.
I detti uffici tecnici, esaminati gli atti trasmessi, peraltro non ancora qualificabili come veri e propri elaborati progettuali, ma come semplici dati grafici rinvenienti da un concorso di idee, hanno espresso perplessità sia in ordine alle ipotizzate destinazioni finali dell'immobile in questione, sia in ordine alle soluzioni progettuali individuate per la loro attuazione.
Di tali perplessità gli uffici di diretta collaborazione del Ministro hanno dato puntuale informazione al sindaco di Parma, con lettera del 9 aprile 2004, avvertendolo al contempo che i competenti uffici tecnici ministeriali avrebbero preso gli opportuni contatti con l'amministrazione comunale, al fine di un esame approfondito dei grafici frutto del concorso di idee.
Pertanto, in ordine alla «riqualificazione» dell'ex ospedale della Misericordia non vi sono al momento elaborati grafici approvati dall'amministrazione interrogata.
Quanto al trasferimento dell'Archivio di Stato dai locali dell'ex Ospedale della Misericordia, presso i quali al momento è ospitato, si precisa che l'Archivio di Stato di Parma occupa dal 1947 detti locali, sulla base non di un contratto di locazione, ma di una concessione amministrativa cinquantennale che, fra le varie clausole, prevede anche che il comune, proprietario dei locali, possa procedere alla revoca della concessione amministrativa per ragioni di pubblica utilità senza alcuna possibilità per il concessionario di opporre eccezioni.
Si rappresenta, altresì, che il comune di Parma non ha mai dato riscontro a una richiesta di questa amministrazione, formulata prima della scadenza naturale di detta concessione (1o luglio 1997) e finalizzata ad ottenere un rinnovo della stessa, né ha dato mai seguito ai solleciti che l'Amministrazione ha trasmesso al riguardo.
Invece, in data 29 luglio 2003, il comune di Parma ha emesso un provvedimento di revoca della concessione amministrativa sopraccitata e, a seguito di specifica richiesta formulata dagli uffici di diretta collaborazione del Ministro, ha concesso una proroga per il rilascio degli stessi valevole fino al settembre 2004.
Inoltre, tenuto conto della natura pubblica del servizio reso dall'Archivio di Stato, il comune si è anche impegnato a trovare congiuntamente con la Direzione Generale per gli archivi soluzioni soddisfacenti per una diversa temporanea allocazione dell'Archivio di Stato in attesa che possano essere avviati e completati i lavori di adattamento del complesso di San Luca degli Eremitani, individuato dall'Agenzia del Demanio quale nuova sede dell'Archivio di Stato di Parma.
A tale riguardo, si precisa che le stime progettuali concernenti il costo complessivo dell'intervento ammontano a sette milioni e mezzo di euro e che per la esecuzione del primo lotto di lavori è stata stanziata la cifra di due milioni di euro a valere sul piano triennale 2004-2006 di finanziamenti straordinari derivanti dal Lotto.
Ovviamente, ogni questione afferente il trasferimento e la ricollocazione dei materiali dell'Archivio di Stato di Parma verrà affrontato una volta che siano state individuate, d'intesa con il comune di Parma, soluzioni logistiche alternative all'Ospedale vecchio ed ugualmente valide ai fini di assicurare la correntezza del servizio pubblico reso dall'Archivio di Stato.
Analogamente, verrà affrontato e risolto il problema concernente il trasferimento dell'Archivio comunale sulla cui conservazione questa amministrazione esercita funzioni di vigilanza.
Il Sottosegretario di Stato per i beni e le attività culturali: Nicola Bono.

NESPOLI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro degli affari esteri, al Ministro per gli italiani nel mondo. - Per sapere - premesso che;
recentemente, è stata disposta per il 31 luglio 2003 la chiusura delle sedi all'estero (Parigi e Bruxelles) della divisione passeggeri delle Ferrovie Italiane (Trenitalia);


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resterebbe solo un consulente esterno a Londra;
la decisione creerà un grave danno alla rete di vendita, alla clientela estera e ai connazionali che intendono recarsi in Italia e che non troveranno più punti di riferimento per organizzare i propri viaggi verso l'Italia;
tutte le rappresentanze già esistenti hanno un ruolo importante negli specifici mercati dove operano e dove hanno realizzato contatti essenziali per lo sviluppo del traffico, ove si volesse tenere conto nella eliminazione delle sedi all'estero solo dei costi, la ipotesi potrebbe essere quella di assegnare il lavoro che svolge Bruxelles alla sede di Parigi. È quindi su quest'ultima che si intende richiamare l'attenzione;
restano aperte le sedi estere della Divisione Cargo (Merci) e non si intravede uniformità in tale provvedimento, poiché entrambe le Divisioni dipendono da Trenitalia;
la decisione è stata presa da dirigenti in partenza dagli incarichi che attualmente ricoprono;
fin dalla sua costituzione nel 1926 (con un intervallo durante e dopo la guerra), in particolare la rappresentanza di Parigi ha sempre costituito un punto di riferimento nell'Europa francofona negli spostamenti degli italiani residenti all'estero che regolarmente tornano in Italia in treno;
essi e le loro associazioni frequentano abitualmente l'ufficio di Parigi e trovano in tale sede tutto il sostegno per organizzare e ottimizzare i loro spostamenti dalla Francia verso l'Italia e viceversa;
l'ufficio di Parigi rappresenta, inoltre, un valido supporto per Ambasciata, Consolati, ENIT, Camere di Commercio italiane in Francia, Nunziatura Apostolica, ICE, Associazioni regionali, e altre;
d'altra parte anche i connazionali che si spostano verso la Francia (per studio, lavoro, turismo) conoscono ormai il lavoro puntuale svolto dalla sede di Parigi e contattano il personale di tale sede per tutte le evenienze;
questa sede ha sempre fornito informazioni e notizie utili ai viaggi verso e in Italia della clientela estera irradiando una buona immagine dell'Italia per la professionalità e l'attenzione che sempre gli sono stati riconosciuti;
oltre alle attività su esposte, dirette al pubblico, l'ufficio di Parigi svolge attività di raccordo con la rete ferroviaria francese (SNCF) e con organismi ferroviari internazionali (Union Internazionale des Chemin de fer - UIC), nonché con i vari ministeri francesi (economia e finanze, trasporti) con i quali le Ferrovie Italiane hanno avuto in momenti diversi, la necessità di negoziare, di cercare soluzioni comuni;
il personale di questo ufficio, sensibile alle esigenze di economia e redditività cui tutte le imprese oggi tendono, ha sviluppato un piano di riconversione che prevede la vendita diretta dei biglietti e prenotazioni da e per l'Italia e si è, inoltre, dichiarato disponibile a rinegoziare il proprio trattamento economico;
tale piano prevede, al secondo anno di attività, la totale copertura dei costi di struttura e di personale;
attualmente, all'estero, nei sistemi di vendita delle altre reti ferroviarie sono disponibili solo le principali città e solo alcuni treni principali;
con l'attività di vendita diretta che potrebbe essere assegnata a questo ufficio tutta l'offerta ferroviaria italiana sarebbe disponibile per la clientela;
tutte le altre reti sono già presenti nei mercati per loro più significativi: in Italia vendono direttamente tramite propri uffici, le ferrovie francesi, tedesche, svizzere, austriache, spagnole, belghe e slovene;
le Ferrovie Italiane non sarebbero quindi presenti in un mercato come quello francese che, essendo costituito da un


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flusso di circa 4 milioni di passeggeri l'anno, rappresenta una delle maggiori quote di mercato di Trenitalia;
l'immagine dell'Italia resterebbe così affidata, in Francia solo ad Artesia (società al 50 per cento FS e 50 per cento SNCF) che non opera direttamente con il pubblico e che cura solamente i collegamenti internazionali diretti tra Francia e Italia;
resterebbe così scoperta tutta l'informazione e l'emissione di biglietteria interna Italia;
tale decisione assume un valore assolutamente contrario a quella che è la politica di governo nel presente e in particolare contraria all'indirizzo di supporto e di collaborazione che il Governo sta assumendo verso le collettività nazionali all'estero;
dal punto di vista della politica di governo, com'è noto, l'indirizzo è quello di ampliare l'attività commerciale all'estero delle nostre ambasciate e conseguentemente delle sedi che con queste possono collaborare;
in relazione a quanto sopra, risulta che le sedi all'estero possono sviluppare, se adeguatamente riorganizzate, una forte attività commerciale e mantenere quei legami con le collettività nazionali come già avvenuto finora -:
se il Presidente del Consiglio ed i Ministri competenti, siano dell'avviso di intervenire onde valutare l'opportunità che sia rivista la decisione assunta.
(4-05828)

Risposta. - In merito all'atto parlamentare cui si risponde, per quanto di competenza si osserva che la lamentata chiusura da parte di Trenitalia spa delle sedi di Parigi e Bruxelles costituisce una decisione di natura organizzativa e gestionale derivante da scelte commerciali dell'impresa ferroviaria.
In conformità con i princìpi di autonomia sanciti da ultimo dall'articolo 2 comma 1 del decreto legislativo 8 luglio 2003 n. 188 di recepimento delle direttive comunitarie 2001/12, 13 e 14 tali specifici aspetti esulano, pertanto, dagli ambiti di intervento del mistero delle infrastrutture e dei trasporti.
Il Sottosegretario di Stato per le infrastrutture e per i trasporti: Nino Sospiri.

NICOTRA. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
dallo scorso anno una compagnia aerea diversa da quella di Bandiera collega con volo diretto Torino a Lamezia Terme, (grazie anche all'impegno e al supporto promozionale dell'Associazione Magna Grecia Millennium di Torino), e con il nuovo orario stagionale entrato in vigore lunedì scorso, lo scalo torinese e la Calabria saranno collegati con ben 2 voli diretti AP;
vi è un'incisiva e giornaliera richiesta di effettuare analogo collegamento diretto con lo scalo di Reggio Calabria che supporta come bacino di utenza sia la comunità calabrese sia quella siciliana dell'area Diretta di Messina emigrata in Piemonte -:
quali iniziative intenda adottare affinché si verifichi la concreta possibilità di una linea diretta con la compagnia di Bandiera Alitalia, Piemonte-Calabria-Sicilia, che agevoli e incentivi un maggiore sviluppo economico sociale e turistico;
se non reputi opportuno rendere definitivo il collegamento fra Torino-Reggio e Lamezia, già esistito seppure in via sperimentale ed effettuato sempre dall'Alitalia, offrendo così migliori servizi per tutti.
(4-09645)

Risposta. - In merito alle problematiche evidenziate con l'atto ispettivo cui si risponde, si premette che i collegamenti operati dalla società Alitalia tra le varie città italiane appartengono alla politica aziendale della compagnia sulla quale, a seguito della liberalizzazione del trasporto aereo, non sussiste potere di intervento né di indirizzo.


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Sono stati richiesti, tuttavia, elementi informativi all'ENAC - Ente nazionale per l'aviazione civile che ha riferito quanto segue, così come da specifica comunicazione della società Alitalia.
Lo sviluppo dei collegamenti diretti tra aeroporti regionali italiani e, in particolare quelli tra il Piemonte e la Calabria, rappresentano una alternativa strategica importante per lo sviluppo dell'attività della società Alitalia.
Purtuttavia, la stessa società ha fatto presente che le ragioni storiche che le hanno impedito di sviluppare tali collegamenti sono riconducibili, da una parte, alla necessità di concentrare la propria attività per lo sviluppo dei due aeroporti di Fiumicino e Malpensa e; dall'altra, all'assenza di una flotta con capacità unitaria ridotta, più adatta a soddisfare anche le esigenze espresse da una domanda
local su mercati regionali, garantendo allo stesso tempo condizioni di costo per tratta vantaggiose.
Nel corso degli ultimi anni, Alitalia fa conoscere di avere intrapreso un processo di sviluppo della flotta
regional di tipo jet, nello specifico costituito da Embraer di 45/70 posti.
In particolare la missione che Alitalia ha individuato per queste risorse in ordine di priorità strategica e temporale è la seguente:
a) sviluppo di frequenze sui collegamenti regionali da/per Milano e da/per Roma dove le attuali dinamiche competitive richiedono un'offerta con un elevato numero di frequenze giornaliere;
b) sviluppo di collegamenti diretti tra aeroporti regionali italiani e da aeroporti regionali italiani verso destinazioni europee;
c) ricognizione di nuove rotte con volumi di traffico esigui.

Conseguentemente, i collegamenti tra aeroporti regionali rappresentano per la società Alitalia una valida alternativa di sviluppo del proprio network ma potranno essere efficacemente essere implementati solo una volta completato il processo di rafforzamento del proprio posizionamento su Malpensa e su Fiumicino.
La società Alitalia, sempre nell'ottica di sviluppare i collegamenti tra aeroporti regionali italiani, ritiene di aver avviato un percorso di ricerca di partner finalizzato allo sviluppo congiunto di questo tipo di prodotti che potrebbe pertanto condurre al rafforzamento dei collegamenti diretti tra Piemonte e Calabria.
Il Viceministro delle infrastrutture e dei trasporti: Mario Tassone.

ONNIS, PORCU, COLA, GARNERO SANTANCHÈ e ALBONI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
la Direttiva emanata il 28 novembre 2002, in aderenza alla previsione di cui all'articolo 101 della Costituzione, dispone che nelle aule di udienza di tutti gli uffici giudiziari sia riprodotta ed affissa, in modo visibile alle spalle del Giudice, la dicitura «La Giustizia è amministrata in nome del Popolo»; che con successiva Direttiva del 5 dicembre 2002 si è chiarito che la dicitura in oggetto non sostituisce, ma si aggiunge alla scritta «La legge è uguale per tutti», che campeggia da sempre nelle aule in cui si amministra la giustizia;
non pare contestabile la scelta di indicare solennemente, e di ricordare per mezzo della pubblica esposizione del precetto costituzionale, che la fonte, il motore, il soggetto istituzionale della amministrazione della giustizia il «popolo», quello stesso «popolo» che, attraverso il Parlamento liberamente eletto, produce le leggi che gli «amministratori» della giustizia debbono applicare;
risulta che non tutti gli uffici giudiziari abbiano attuato la Direttiva 28 novembre 2002, tanto che in molte aule di udienza la dicitura non è stata riprodotta e affissa;
peraltro la scrittura «La Giustizia è amministrata in nome del Popolo», pur recettizia alla lettera del disposto costituzionale, può essere letta e interpretata in termini riduttivi e devianti in quanto non


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accompagnata e qualificata dall'aggettivo «italiano» la cui aggiunta renderebbe più incisivo e più comprensibile il forte messaggio costituzionale nelle aule nelle quali giudici italiani rendono giustizia a cittadini italiani;
infatti il riferimento al «Popolo», e non al «Popolo italiano», può evocare entità e valori astratti e lontani o categorie filosofiche che non tutti, forse, sarebbero in grado di cogliere e di apprezzare, mentre la effettiva amministrazione della giustizia evoca, e presuppone anche esigenze di territorialità e di identità nazionale;
d'altro canto, se, per un verso, il riferimento al «popolo» in nome del quale è amministrata la giustizia è contenuto all'interno della «Costituzione della Repubblica italiana», per altro verso, le sentenze dei nostri giudici vengono pronunziate non in nome del «popolo», ma «in nome del popolo italiano» -:
se non ritenga di integrare con l'aggiunta dell'aggettivo «italiano» la dicitura di cui si è disposta l'affissione con la direttiva 28 novembre 2002, intervenendo perché la stessa direttiva trovi attuazione, in tutte le aule di udienza d'Italia, attraverso la pubblica affissione della scritta: «La Giustizia è amministrata in nome del Popolo italiano».
(4-08883)

Risposta. - Con riferimento all'atto ispettivo in esame, si rappresenta che la competente direzione generale ha provveduto ad autorizzare ogni ufficio giudiziario, che ne abbia fatto richiesta, all'acquisto delle insegne con la dicitura «la Giustizia è amministrata in nome del popolo», in ossequio alla direttiva del Ministro della giustizia del 28 novembre 2002.
Si precisa che il Ministro ha disposto che venisse riportato il primo comma dell'articolo 101 della Costituzione che recita testualmente: «la Giustizia è amministrata in nome del popolo».
Il Ministro della giustizia: Roberto Castelli.

ONNIS. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
la stampa ha dato recentemente notizia del rinvenimento, sulle spiagge tra le località di Costa Rei e Santa Giusta e nel tratto di mare antistante, lungo la costa sudorientale della Sardegna, in provincia di Cagliari, di duecentoventi contenitori, di provenienza ignota, sparsi in un raggio di circa tre chilometri, chiusi ermeticamente e recanti all'interno «prodotti petroliferi»;
tali contenitori sarebbero stati illegalmente abbandonati in mare da un natante, allo stato non identificato;
tale episodio, che pure non ha determinato alcuna conseguenza negativa per l'ambiente, anche grazie all'efficace e tempestivo intervento delle popolazioni e delle autorità interessate, ha riproposto l'esigenza di assicurare un capillare e costante controllo dei mezzi in navigazione, specialmente in prossimità di quel tratto di costa;
infatti, in più occasioni, negli ultimi anni, sarebbero stati ritrovati, in quella zona, tuttora incontaminata, prodotti petroliferi riversati in mare da qualche imbarcazione in transito;
tali condotte, assai pericolose per l'incolumità pubblica e per l'equilibrio ambientale, possono, conseguentemente, pregiudicare anche la pesca e le fiorenti attività turistiche, essenziali per l'economia locale, incentrate in prevalenza, nel periodo estivo, sulla bellezza del mare e del litorale;
l'area marina protetta di Capo Carbonara - Villasimius è assai prossima al luogo dell'ultimo rinvenimento dei contenitori di prodotti - potenzialmente - inquinanti;
appare pertanto indispensabile intensificare i già assidui controlli su quel tratto di mare e di costa, soprattutto in funzione dissuasiva, al fine di prevenire comportamenti criminosi analoghi a quelli sopra descritti e, eventualmente, anche per individuarne immediatamente i responsabili;


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tali esigenze appaiono più pressanti durante la stagione estiva, ormai vicina, in quanto maggiormente intenso è, in quel periodo, nella zona, il traffico di imbarcazioni, anche da diporto;
potrà farsi affidamento, per l'esercizio della vigilanza, sull'utile collaborazione tra gli enti e le autorità a vario titolo coinvolti -:
quali iniziative, anche d'indirizzo e di coordinamento, siano state assunte e si vogliano ulteriormente intraprendere per assicurare la migliore tutela del tratto di costa e di mare sopra indicati, affinché si prevengano i rischi di inquinamento ambientale.
(4-09524)

Risposta. - In merito alle problematiche evidenziate con l'atto ispettivo cui si risponde, sono state richieste informazioni al comando generale del corpo delle capitanerie di porto il quale fa conoscere che l'episodio di che trattasi trova conferma nell'avvenuto recupero di 208 barattoli, perfettamente sigillati, che, a seguito di apposita analisi clinica, risultavano contenere gasolio e benzina.
Gli stessi, essendo risultati ben sigillati, non hanno fatto riscontrare alcuna situazione inquinante particolare, come confermato dai controlli effettuati anche dal rimorchiatore d'altura SupplyVessel (S/V) «Mascalzone Atlantico» della società Castalia.
A riguardo, l'autorità marittima precisa che le attività di ricerca ed indagini successivamente svolte, non hanno consentito di individuare né la causa, né gli autori del fatto evidenziato.
Tuttavia, a detta del comando generale del corpo delle Capitanerie di porto, non può escludersi che i citati contenitori possano essere stati sganciati da unità, anche ben al di fuori del limite delle acque territoriali in considerazione delle rotte percorse, in quell'area marittima, da numerose unità mercantili. Altrettanto verosimile può essere considerata l'accidentalità dell'evento, tenuto conto che barattoli sigillati, che contengono benzina e petrolio, ben difficilmente vengono dolosamente dispersi per ottenere dei vantaggi.
In effetti, le caratteristiche degli elementi inquinanti in generale sono riscontrabili nella presenza di sostanze di altra natura quali oli di sentina, morchie e similari.
L'episodio occorso non può far ipotizzare, a detta dell'autorità marittima, l'effettuazione di una ridotta attività di sorveglianza da parte delle Capitanerie di porto-Guardia Costiera che integra i controlli nei porti con un'azione di sorveglianza non trascurabile. Infatti, le unità navali del Corpo assegnate agli uffici marittimi della Sardegna hanno effettuato, nel corso dell'anno 2003, 449 missioni antinquinamento e hanno percorso complessivamente 8.500 miglia.
In più, nell'ambito del potenziamento del servizio di controllo, è stata istituita nei mesi estivi, presso il porto di Villasimius, una sezione staccata della Capitaneria di porto di Cagliari con l'assegnazione di un mezzo navale che effettua attività di vigilanza nell'area marina di Capo Carbonara.
Il Comando generale fa presente che l'iniziativa costituisce un ulteriore sforzo in funzione di maggiore controllo dei fenomeni inquinanti attraverso il riposizionamento di un'unità navale in una zona che, per gli aspetti trattati, è senz'altro definibile di rilievo strategico.
Inoltre, detta autorità marittima fa conoscere che l'apposita convenzione stipulata con il ministero dell'ambiente e della tutela del territorio consente un servizio aggiuntivo di vigilanza che è completato con l'azione di controllo effettuata nel corso dell'espletamento di altri compiti istituzionali compatibili e sempre attinenti ai servizi di vigilanza e sorveglianza.
Il Viceministro delle infrastrutture e dei trasporti: Mario Tassone.

PASETTO. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro degli affari esteri, al Ministro per le politiche comunitarie. - Per sapere - premesso che:
da quanto si apprende dagli organi di stampa, l'imminente firma di una serie di


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accordi unilaterali, tra alcuni dei maggiori porti del nord-Europa e le dogane americane, per l'applicazione di un protocollo volto ad incrementare le misure di prevenzione del terrorismo nel traffico marittimo container da e per gli Stati Uniti, rischierebbe di provocare una distorsione del commercio con effetti di emarginazione dei porti italiani dai maggiori flussi di traffico container;
pur condividendo la necessità di riservare ogni attenzione alla prevenzione di atti terroristici a danno del trasporto in ogni suo comparto, si ritiene che le misure preposte alla garanzia della security portuale debbano essere: fissate dai competenti organismi internazionali; applicate in modo omogeneo a livello europeo, fatte salve le indispensabili specificità nazionali e portuali; programmate con il coinvolgimento degli organi di Polizia, degli operatori e delle diverse autorità in sede locale; supportate da azioni organizzative e di messa a disposizione dei porti delle attrezzature e delle risorse finanziarie necessarie per adeguarli ai nuovi standard di security internazionali -:
quali atti abbiano intrapreso o intendano intraprendere, per definire rapidamente uno standard di sicurezza valido per tutti i porti italiani; per contrastare la stipula di accordi unilaterali, tra alcuni paesi europei e gli Stati Uniti, che rischierebbero di provocare effetti distorsivi nelle competitività tra porti e pertanto di tradursi in politiche commerciali penalizzanti e selettive; e infine quali stanziamenti siano stati programmati per gli investimenti in sicurezza (security) nei porti italiani.
(4-04003)

Risposta. - In merito alle problematiche evidenziate con l'atto ispettivo cui si risponde si rappresenta che in merito all'adozione dei provvedimenti in materia di security non conformi alla definenda normativa internazionale IMO, l'Italia si è espressa in tutte le sedi opportune.
In particolare, si è continuamente sostenuto che ogni azione legata agli aspetti di sicurezza in ambito marittimo doveva essere intrapresa alla luce delle decisioni adottate in sede internazionale (Unione Europea, International Marittime Organization e Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo economico eccetera, al fine di evitare evidenti effetti distorsivi nei traffici marittimi, nella concorrenza tra i porti e nei rispettivi terminal, con gravi ripercussioni di carattere economico per l'intero settore.
Da parte italiana, peraltro, proprio nell'ambito dei contatti con gli Stati Uniti è sempre stata evidenziata una precisa preferenza per la definizione di una posizione comune dell'Unione Europea.
Tuttavia, considerata l'avvenuta definizione ed entrata in vigore di diversi accordi bilaterali in materia di
security doganale con gli Stati membri e al fine di evitare una possibile emarginazione dei porti nazionali con grave nocumento dei rilevanti interessi del settore, l'Agenzia delle Dogane italiana si è trovata nelle condizioni di non poter ulteriormente rinviare la conclusione di un accordo bilaterale con gli USA.
Nel testo di tale accordo, firmato il 7 novembre 2002, è stata comunque inserita una clausola che prevede il venir meno dell'accordo stesso nel momento in cui sarà definita un'intesa con l'Unione Europea.
A tal proposito, si fa presente che recentemente è stato firmato un accordo tra l'Unione Europea e gli Stati Uniti per coordinare l'azione dei vari Governi nel campo della sicurezza doganale.
La sottoscrizione di tale intesa, nel far venir meno gli accordi bilaterali a suo tempo sottoscritti tra alcuni Paesi europei, tra cui l'Italia e gli USA, va nella direzione auspicata dalla S.V. onorevole, in quanto crea un omogeneo quadro di riferimento a livello europeo ed evita in tal modo gli indesiderati effetti della prassi delle intese bilaterali, quali i paventati effetti di distorsione commerciale e di emarginazione di taluni porti a vantaggio di altri.
Per quanto riguarda infine gli stanziamenti programmati per gli investimenti relativi alla sicurezza nei porti italiani, si fa presente che a tale scopo è stato messo a disposizione dei porti sede di Autorità portuali


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un finanziamento complessivo di euro 130.400.000,00 così distribuito:
a) Genova, La Spezia, Livorno e Gioia Tauro euro 9 milioni;
b) Napoli, Civitavecchia, Venezia, Taranto, Ravenna e Trieste euro 7 milioni;
c) Salerno, Ancona, Bari, Brindisi, Palermo e Savona euro 5 milioni;
d) Marina di Carrara, Piombino, Messina, Cagliari, Olbia, Augusta e Catania euro 3,2 milioni.
Il Viceministro delle infrastrutture e dei trasporti: Mario Tassone.

PASETTO. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
l'ultima indagine di Cittadinazattiva sui trasporti pubblici mostra che a parità di fascia chilometrica, in Italia un abbonamento ferroviario mensile può avere costi quasi doppi tra una regione e l'altra. In Puglia, ad esempio, su 35 km il costo di un abbonamento è pari a 51 euro, in Piemonte 48 euro, in Liguria 46,5 euro, in Mouse 36,2;
la lettera m) dell'articolo 117 della Costituzione novellata dalla legge costituzionale n. 3 del 2001, attribuisce allo Stato la legislazione esclusiva nella determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale -:
quali atti abbia intrapreso o intenda intraprendere affinché anche nelle regioni in cui il costo dell'abbonamento mensile ferroviario risulta estremamente elevato rispetto alla media nazionale vengano attuate politiche volte al riequilibrio modale e politiche volte ad incentivare l'utilizzo di tipologie di trasporto poco inquinanti.
(4-06558)

Risposta. - Occorre evidenziare che per le regioni a statuto ordinario i servizi di interesse regionale non sono più di competenza statale a seguito dell'attuazione del decreto legislativo n. 422 del 1997 come modificato dal decreto legislativo n. 400 del 1999.
Tali servizi sono pertanto direttamente regolati (in tutti i loro aspetti incluse la qualità e le tariffe) dalle Autorità regionali competenti mediante Contratti di Servizio con Trenitalia spa.
Ciò premesso, Ferrovie dello Stato spa ha riferito che la diversità di prezzo nei biglietti e negli abbonamenti a tariffa regionale è una conseguenza della regionalizzazione del trasporto pubblico locale, che attribuisce alle regioni e non più allo Stato tutte le competenze in materia di programmazione ed amministrazione dei servizi di trasporto, ivi compresi quelli ferroviari effettuati con treni regionali ed interregionali assegnati a ciascuna regione, secondo specifici contratti di servizio.
In questo modo le regioni possiedono gli strumenti per meglio rispondere alla domanda di mobilità presente nel loro territorio e per curare la pianificazione generale del sistema trasportistico, riducendo i costi per la collettività.
Le regioni sono, quindi, competenti in tema di tariffazione per quanto riguarda sia le aliquote sia l'articolazione degli scaglioni; e fissano prezzi diversi, come da sempre accade per il vettore su gomma, in una prospettiva di progressiva e rapida integrazione di tutti i servizi, condizione imprescindibile di riduzione di costi e miglioramento della qualità.
In particolare, l'adeguamento tariffario nella regione Puglia, a decorrere dal 1o febbraio 2003, è stato disposto per rendere il costo dell'abbonamento ferroviario pari alle tariffe minime regionali degli altri sistemi di trasporto. Obiettivo, peraltro, non ancora raggiunto, nonostante l'aumento medio sia pari all'1,76 per cento.
Il Sottosegretario di Stato per le infrastrutture e per i trasporti: Nino Sospiri.


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PERROTTA. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
Ferrovie dello Stato è una delle principali aziende italiane e che con gli investimenti che effettua, dovrebbe costituire uno dei principali punti di riferimento dell'economia italiana;
negli ultimi anni sono state spese ingenti somme di denaro -:
se ilMinistro intenda verificare se il denaro speso sia stato utilizzato, anche, per la ristrutturazione della linea ferroviaria Falconara-Orte;
se il Ministro intenda accertare quanto sia, eventualmente, costata per ogni chilometro e se i costi sopportati corrispondano a quelli preventivamente stabiliti.
(4-09367)

Risposta. - In relazione all'atto ispettivo in esame, Ferrovie dello Stato spa ha riferito che la linea Orte-Falconara, della lunghezza complessiva di 204 chilometri interamente elettrificata e prevalentemente a semplice binario, è oggetto di un importante programma di potenziamento.
Ad oggi sono stati attivati i seguenti tratti a doppio binario: Orte-Terni (30 chilometri), Campello-Foligno (16 chilometri) e Montecarotto-Jesi-Falconara (26 chilometri), per un totale di 72 pari a circa il 35 per cento dell'estesa dell'intera linea.
Nell'ambito di detto programma di potenziamento, le attività in corso sono di seguito elencate.

Interventi tecnologici

È stato attivato il controllo centralizzato del traffico (CTC) tra Foligno e Montecarotto e tra Campello e Terni, con l'adeguamento dei sistemi di regolazione e controllo della circolazione (ACEI) nelle stazioni di Campello, Spoleto, Baiano e Giuncano e la realizzazione ex novo negli impianti di Nera e Narni dove è stato realizzato l'impianto di telediagnostica. È stato inoltre realizzato il sottopassaggio pedonale nella stazione di Foligno.
I lavori sono stati completamente ultimati con un costo complessivo di 25,37 milioni di euro.

Raddoppio delle tratte ancora a semplice binario

Gli interventi il cui progetto preliminare è all'esame del ministero delle infrastrutture e dei trasporti secondo le procedure approvative introdotte dalla legge n. 443 del 2001 (legge obiettivo) sono:
a) raddoppio Terni-Spoleto: l'intervento ha uno sviluppo di 22 chilometri ed un costo stimato di circa 529 milioni di euro, finanziato per 28,5 milioni di euro dal Contratto di Programma. L'attivazione è prevista per il 2014;
b) raddoppio Foligno-Fabriano: l'opera si sviluppa per 54 chilometri ed ha un costo stimato di circa 1.871,5 milioni di euro, totalmente da finanziare. L'attivazione è programmata per il 2015;
c) raddoppio tra il posto di movimento 228 e Castelpiano: l'opera, dello sviluppo di circa 21 chilometri, ha un costo stimato circa 573 milioni di euro, interamente da finanziare. L'attivazione è prevista entro il 2010;
d) variante di Falconara, per il collegamento diretto con la linea Adriatica, costo di 126 milioni di euro. L'attivazione è prevista entro il 2011.

Relativamente al raddoppio Fabriano-P.M. 228 (chilometri 4,3) è previsto l'affidamento dei lavori in regime di appalto integrato e sono in corso le attività negoziali. Il costo stimato delle opere è di circa 99,5 milioni di euro, la cui attivazione è prevista per gennaio 2009.
I lavori di raddoppio delle tratte Spoleto-Campello sul Clitunno (chilometri 9,8) e Castelpiano-Montecarotto (chilometri 5,8) sono sospesi dalla seconda decade di aprile a causa dello stato di insolvenza dichiarato


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dal Tribunale di Ferrara della ditta appaltatrice Coop Costruttori che in data 13 agosto 2003 è stata ammessa ai sensi della legge 270 del 1999 alla gestione in amministrazione straordinaria. Nel marzo 2004 i commissari straordinari hanno formalizzato la rinuncia alla prosecuzione dei lavori per il raddoppio delle due tratte.
Attualmente è in corso la revisione del progetto esecutivo per il riappalto dei lavori ancora da realizzare. L'attivazione della tratta Spoleto-Campello, il cui costo ammonta a 98,56 milioni di euro, è stata riprogrammata a settembre 2008; quella della tratta Castelpiano-Montecarotto, costo stimato 43 milioni di euro, a dicembre 2007.
L'intervento in questione, rispetto a quanto esposto nell'aggiornamento del Piano Prioritario degli Investimenti dell'ottobre 2003, ha fatto registrare un incremento del costo a vita intera (CVI) di 40 milioni di euro. Tale maggiore costo complessivo si lega a:
a) circa 4,5 milioni di euro per gli interventi tecnologici di cui al precedente paragrafo, per la realizzazione di interventi di completamento la cui necessità è emersa dopo l'attivazione dei relativi impianti;
b) circa 35,3, milioni di euro per il raddoppio Fabriano-PM 228. Al riguardo si evidenzia che:
1) per recepire le prescrizioni formulate dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio in ambito procedure VIA e dagli Enti locali nel corso della Conferenza di Servizi è stato necessario raddoppiare la parte di tracciato previsto in galleria, progettare interventi più incisivi sulla viabilità locale interferente con il raddoppio, predisporre il monitoraggio ambientale in corso d'opera (12,9 milioni di euro);
2) a seguito di approfondimenti progettuali è emersa la necessità di adeguare il piano del ferro (PRG) della stazione di Fabriano al raddoppio della linea (18,1 milioni di euro);
3) sono stati previsti l'adeguamento del progetto alle nuove norme relative alla sicurezza in galleria (3,3, milioni di euro) e calcolati i maggiori costi per espropri (1,2 milioni di euro).

Per quanto riguarda il costo medio per chilometro dell'intervento, occorre evidenziare che in generale tale valore risulta fortemente variabile; dipende solo dagli standard dell'infrastruttura (binari singoli/doppi, raggi di curvatura, pendenze, peso assiale, tecnologie di regolazione e controllo della circolazione, numero e tipologia degli impianti eccetera) adottati in funzione del traffico previsto e dalla tipologia costruttiva (raso, trincea, viadotto, galleria eccetera), operata sulla base delle caratteristiche orografiche dell'area attraversata; peraltro, negli ultimi anni la definizione degli standard dell'infrastruttura e delle dotazioni tecnologiche ha subito notevoli evoluzioni qualitative con rilevante incremento dei costi di costruzione.
Per aumentare la sicurezza sono stati infatti adottati sistemi innovativi per il distanziamento automatico dei treni lungo la linea ed il controllo e la regolazione della circolazione nelle stazioni che hanno reso necessario opere civili aggiuntive e, in alcuni casi, il completo rifacimento degli impianti già esistenti. Sono state, inoltre, recepite le nuove norme di sicurezza in caso d'incendio che hanno comportato una adeguamento degli impianti e degli edifici e nuovi criteri per la progettazione delle gallerie. La normativa in tema di sicurezza del lavoro ha reso necessario una profonda revisione delle fasi realizzative incidendo sia sulla organizzazione dei cantieri sia sulla scelta delle tecnologie.
Per elevare la qualità e la velocità commerciale del servizio offerto al traffico sia passeggeri sia merci sono stati adottati raggi di curvatura maggiori e pendenze minori, sono state previste opere d'arte (ponti, viadotti eccetera) in grado di sostenere carichi (peso assiale) maggiori; e per consentire il transito di mezzi con maggiore ingombro è stata aumentata considerevolmente la larghezza trasversale dell'infrastruttura.
Il trasferimento agli enti locali della materia dell'urbanistica e di gran parte di


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quella ambientale ha reso poi necessario conseguire per gradi le autorizzazioni. Nel confronto con gli enti locali è divenuto oggetto di approfondita analisi il corretto inserimento urbanistico e ambientale dell'infrastruttura. Particolare cura è oggi richiesta nell'affrontare le interferenze dell'infrastruttura con la viabilità locale, nella realizzazione delle stazioni che devono essere dotate di idonea viabilità di accesso, parcheggi, aree a verde e relative opere complementari e, infine nell'adozione di opere di mitigazione ambientale quali barrire antirumore, inerbimento delle scarpate, gallerie artificiali eccetera.
Nel caso del potenziamento della linea Orte-Falconara, infrastruttura con andamento planoaltimetrico estremamente variabile, che collega attraverso l'Appennino umbro-marchigiano la pianura di Orte e Terni con la costa adriatica, il programma di raddoppio ha avuto inizio fin dagli anni ottanta. Pertanto il costo medio di costruzione per chilometro di linea deve essere calcolato sulla base sia dei costi attualizzati fino ad oggi sostenuti sia di quelli futuri previsti per il completamento dell'intervento. In via di prima approssimazione il costo medio per chilometro risulta di circa 29 milioni di euro.
Il Sottosegretario di Stato per le infrastrutture e per i trasporti: Nino Sospiri.

PERROTTA. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
Ferrovie dello Stato è una delle principali aziende italiane e che con gli investimenti che effettua, dovrebbe costituire uno dei principali punti di riferimento dell'economia italiana. È inoltre da tener presente che dal 1996 ad oggi, sono stati spesi circa 50.000 miliardi di vecchie lire -:
se il Ministro intenda accertare se parte dei soldi spesi siano stati destinati ai lavori di ristrutturazione della linea Bologna-Verona, già iniziati dall'ex Presidente Necci;
se la linea sia ancora a binario unico;
se il Ministro intenda verificare a che punto sono gli eventuali lavori;
se il Ministro intenda appurare di quanto sono aumentati i costi.
(4-09368)

Risposta. - In merito all'interrogazione in argomento, Ferrovie dello Stato spa ha riferito che sulla linea Bologna-Verona nel maggio 2002 è stata attivata la fase, tra Nogara e Isola della Scala, del raddoppio del tratto Nogara-Verona Cà di David, di circa 24 chilometri, portando complessivamente a 42 chilometri l'estesa raddoppiata tra Bologna C.le e Verona P.N., su 115 chilometri complessivi (36,5 per cento del totale).
Il nuovo tratto a doppio binario rende omogenee le caratteristiche dell'intera parte terminale della linea verso nord, migliorando il livello del servizio del trasporto locale gravante su Verona. Anche a sud la parte terminale della linea, tra Bologna e Tavernelle d'Emilia, è già da tempo raddoppiata.
La linea Bologna-Verona, che costituisce un tratto nevralgico della rete ferroviaria italiana, sulla quale confluiscono sia i traffici dell'asse Monaco-Verona sia quelli provenienti dai corridoi tirrenico e adriatico, è oggetto di un programma di potenziamento che prevede, per successive fasi di attivazione, il suo completo raddoppio entro il 2008, con contestuale eliminazione dei passaggi a livello attraverso la realizzazione di idonee opere sostitutive, l'installazione in linea del distanziamento automatico dei treni e, nelle stazioni, di apparati di sicurezza per la regolazione e il controllo della circolazione, interfacciati con il posto centrale di Verona del sistema di comando e controllo (SCC) della circolazione sull'intera direttrice Bologna-Brennero.
L'obiettivo finale è l'innalzamento della capacità della linea dagli attuali 80 treni/giorno a 240 treni/giorno e una riduzione del tempo di percorrenza tra Bologna e Verona di circa 30 minuti.
Le opere di raddoppio si articolano su tratte funzionali. Sulla tratta Tavernelle d'Emilia-San Giovanni in Persiceto di circa


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11 chilometri, nel febbraio 2002 è stata attivata la variante a semplice binario quale prima fase del raddoppio, con contestuale dismissione del binario preesistente. I lavori di raddoppio completo della tratta sono stati consegnati in questi giorni all'appaltatore e l'attivazione del doppio binario è prevista entro il 2005.
Sulla tratta di circa 9 chilometri tra San Giovanni in Persiceto e Crevalcore sono in corso di realizzazione le opere civili. L'attivazione è programmata entro aprile 2006.
Entro il prossimo mese di marzo è prevista la consegna dei lavori di raddoppio della tratta Crevalcore-Poggio Rusco-Nogara, esclusa la tratta centrale San Felice sul Panaro-Poggio Rusco, per la quale è in fase di avvio l'attività negoziale, con previsione di attivazione già da febbraio 2007, in anticipo rispetto all'intera tratta Crevalcore-Poggio Rusco, di circa 30 chilometri, la cui attivazione è attualmente programmata entro il 2007.
Il completamento del raddoppio della linea Bologna-Verona, programmato entro il 2008, avverrà con l'attivazione dell'ultima tratta Poggio Rusco-Ostiglia-Nogara, di circa 24 chilometri comprendente il nuovo ponte sul fiume Po ad Ostiglia, in provincia di Mantova, i cui lavori sono già stati anticipatamente avviati con la costruzione, in officina, delle travate metalliche.
Il costo complessivo dell'intervento ammonta a 846 milioni di euro. L'intervento in questione ha fatto registrare un incremento del costo a vita intera (CVI) di 36 milioni di euro rispetto a quanto esposto nel Piano prioritario investimenti dell'ottobre 2003. Tale maggiore costo complessivo è dovuto alle seguenti motivazioni:
a) aggiornamento dell'entità dei costi di realizzazione dell'investimento, in relazione agli attuali livelli di mercato, stante la rivisitazione dei prezzi da porre a base si gara per il riaffidamento delle opere fondali del Po, a seguito della rescissione del contratto con COOP Costruttori e per il raddoppio San Felice-Poggio Rusco (15 milioni di euro);
b) monitoraggio ambientale in corso d'opera (3 milioni di euro); incremento degli oneri per espropri (4 milioni di euro);
c) aumenti registrati in sede di gara per gli appalti degli interventi tecnologici (14 milioni di euro).

Per quanto riguarda il costo medio per chilometro dell'intervento, occorre evidenziare che, in generale, tale valore risulta fortemente variabile; infatti questo dipende dagli standard dell'infrastruttura (binari singoli/doppi, raggi di curvatura, pendenze, peso assiale, tecnologie di regolazione e controllo della circolazione, numero e tipologia degli impianti eccetera) adottati in funzione del traffico previsto e della tipologia costruttiva (raso, trincea, viadotto, galleria eccetera), scelta in relazione alle caratteristiche orografiche dell'area attraversata. Peraltro, negli ultimi anni la definizione degli standard dell'infrastruttura e delle dotazioni tecnologiche ha subìto notevoli evoluzioni qualitative con rilevante incremento dei costi di costruzione.
Per aumentare la sicurezza sono stati infatti adottati sistemi innovativi per il distanziamento automatico dei treni lungo la linea ed il controllo e la regolazione della circolazione nelle stazioni che hanno reso necessario opere civili aggiuntive e, in alcuni casi, il completo rifacimento degli impianti già esistenti. Sono state, inoltre, recepite le nuove norme di sicurezza in caso d'incendio che hanno comportato una adeguamento degli impianti e degli edifici e nuovi criteri per la progettazione delle gallerie. La normativa in tema di sicurezza del lavoro ha reso necessario una profonda revisione delle fasi realizzative incidendo sia sulla organizzazione dei cantieri sia sulla scelta delle tecnologie.
Per elevare la qualità e la velocità commerciale del servizio offerto al traffico sia passeggeri sia merci sono stati adottati raggi di curvatura maggiori e pendenze minori; sono state previste opere d'arte (ponti, viadotti eccetera) in grado di sostenere carichi (peso assiale) maggiori; e, per consentire il transito di mezzi con maggiore ingombro, è stata aumentata considerevolmente la larghezza trasversale dell'infrastruttura.


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Il trasferimento agli enti locali della materia dell'urbanistica e di gran parte di quella ambientale ha reso poi necessario conseguire per gradi le autorizzazioni. Nel confronto con gli enti locali è divenuto oggetto di approfondita analisi il corretto inserimento urbanistico e ambientale dell'infrastruttura. Particolare cura è oggi richiesta nell'affrontare le interferenze dell'infrastruttura con la viabilità locale, nella realizzazione delle stazioni che devono essere dotate di idonea viabilità di accesso, parcheggi, aree a verde e relative opere complementari e, infine nell'adozione di opere di mitigazione ambientale quali barrire antirumore, inerbimento delle scarpate, gallerie artificiali eccetera.
Nel caso del potenziamento della linea Bologna-Verona, infrastruttura realizzata in pianura con opere d'arte puntuali complesse quali l'attraversamento del fiume Po, il programma di raddoppio ha avuto inizio fin dagli anni '80; pertanto il costo medio di costruzione per chilometro di linea deve essere calcolato sulla base sia dei costi sostenuti attualizzati fino ad oggi sia di quelli futuri previsti per il completamento dell'intervento. In via di prima approssimazione il costo medio per chilometro risulta di circa 13 milioni di euro.
Il Sottosegretario di Stato per le infrastrutture e per i trasporti: Nino Sospiri.

PERROTTA. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
Ferrovie dello Stato è una delle principali aziende italiane e che con gli investimenti che effettua, dovrebbe rappresentare uno dei principali punti di riferimento dell'economia italiana;
negli ultimi anni sono state spese ingenti somme di denaro -:
se il Ministro intenda verificare se il denaro speso sia stato utilizzato, anche, per apportare migliorie alla linea ferroviaria Genova-Ventimiglia;
se il Ministro intenda accertare quanto sia, eventualmente, costata per ogni chilometro e se i costi sopportati corrispondano a quelli preventivamente stabiliti.
(4-09372)

Risposta. - In relazione all'atto ispettivo in questione, Ferrovie dello Stato spa, ha riferito che il 27 settembre 2001 è stata attivata la tratta di raddoppio, in variante, tra le stazioni di Ospedaletti e San Lorenzo al Mare della linea Genova-Ventimiglia. La tratta, dello sviluppo complessivo di 23,9 chilometri dei quali 22 in galleria, ha permesso una riduzione della lunghezza, rispetto all'attuale infrastruttura, di circa 2 chilometri. Sono state contestualmente attivate le nuove stazioni di San Remo (in galleria) e Arma di Taggia.
Per il completamento del potenziamento dell'intera relazione è programmato il raddoppio, articolato in due tratte funzionali, dei restanti 50 chilometri tra San Lorenzo al Mare e Finale Ligure Marina.
Sono state recentemente affidate, in appalto integrato per un importo di circa 335 milioni di euro, le opere civili della tratta San Lorenzo-Andora. La tratta ha un'estesa di 18,8 chilometri, di cui 13,4 in galleria, tutti in variante rispetto al tracciato oggi in esercizio. L'intervento, che ha un costo complessivo di circa 464 milioni di euro, completamente finanziati, comprende la realizzazione dei nuovi impianti di Imperia (stazione), Diano (fermata) e Andora (stazione). L'attivazione è prevista entro il primo trimestre 2009.
Il 7 marzo 2003 è stato trasmesso al ministero delle infrastrutture e dei trasporti secondo l'iter procedurale previsto dalla legge obiettivo n. 443/2001 il progetto preliminare della tratta Andora-Finale dell'estesa di 32 chilometri, completamente in variante rispetto al tracciato attualmente in esercizio, di cui circa 25 in galleria, comprendente la nuova stazione di Albenga e le fermate di Alassio (in galleria), Borghetto-Ceriale-Loano e Pietra Ligure, ricollegandosi alla linea esistente nella stazione di Finale Ligure. Il costo dell'intervento ammonta a 1.540 milioni di euro, di cui 620 disponibili e 920 da reperire con la legge


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finanziaria 2005, l'attivazione è prevista per il secondo semestre 2012.
L'intervento in questione, rispetto a quanto esposto nell'aggiornamento del Piano prioritario investimenti dell'ottobre 2003, non ha registrato incrementi del costo a vita intera (CVI).
Per quanto riguarda il costo medio per chilometro dell'intervento, occorre evidenziare che, in generale, tale valore risulta fortemente variabile; infatti esso dipende dagli standard dell'infrastruttura (binari singoli/doppi, raggi di curvatura, pendenze, peso assiale, tecnologie di regolazione e controllo della circolazione, numero e tipologia degli impianti eccetera) adottati in funzione del traffico previsto e della tipologia costruttiva (raso, trincea, viadotto, galleria eccetera), scelta in relazione alle caratteristiche orografiche dell'area attraversata; peraltro, negli ultimi anni la definizione degli standard dell'infrastruttura e delle dotazioni tecnologiche ha subìto notevoli evoluzioni qualitative con rilevante incremento dei costi di costruzione.
Per aumentare la sicurezza sono stati infatti adottati sistemi innovativi per il distanziamento automatico dei treni lungo la linea ed il controllo e la regolazione della circolazione nelle stazioni; il che ha reso necessarie opere civili aggiuntive e, in alcuni casi, il completo rifacimento degli impianti già esistenti. Sono state, inoltre, recepite le nuove norme di sicurezza in caso d'incendio che hanno comportato una adeguamento degli impianti e degli edifici e nuovi criteri per la progettazione delle gallerie. La normativa in tema di sicurezza del lavoro ha reso necessario una profonda revisione delle fasi realizzative incidendo sia sulla organizzazione dei cantieri sia sulla scelta delle tecnologie.
Per elevare la qualità e la velocità commerciale del servizio offerto al traffico sia passeggeri sia merci sono stati adottati raggi di curvatura maggiori e pendenze minori, sono state previste opere d'arte (ponti, viadotti in grado di sostenere carichi (peso assiale) maggiori; e, per consentire il transito di mezzi con maggiore ingombro, è stata aumentata considerevolmente la larghezza trasversale dell'infrastruttura.
Il trasferimento agli enti locali della materia dell'urbanistica e di gran parte di quella ambientale ha reso poi necessario conseguire per gradi le autorizzazioni. Nel confronto con gli enti locali è divenuto oggetto di approfondita analisi il corretto inserimento urbanistico e ambientale dell'infrastruttura. Particolare cura è oggi adottata nell'affrontare le interferenze dell'infrastruttura con la viabilità locale, nella realizzazione delle stazioni che devono essere dotate di idonea viabilità di accesso, parcheggi, aree a verde e relative opere complementari e, infine nella realizzazione di opere di mitigazione ambientale quali barrire antirumore, inerbimento delle scarpate, gallerie artificiali eccetera.
Nel caso del raddoppio della linea Genova-Ventimiglia l'estensione del tracciato in galleria supera l'80 per cento del totale e i tratti allo scoperto interessano aree di alto valore economico con attività florovivaistiche o urbanizzate. Gli impianti hanno struttura complessa; le stazioni di Sanremo ed Alassio sono interamente in sotterraneo; quella di Imperia è realizzata parte su viadotto parte in galleria; quella di Pietra Ligure interamente su viadotto. Il programma di potenziamento della linea ha avuto inizio fin dagli anni ottanta; pertanto il costo medio di costruzione per chilometro deve essere calcolato sulla base sia dei costi attualizzati fino ad oggi sostenuti sia di quelli futuri previsti per il completamento dell'intervento. In via di prima approssimazione il costo medio per chilometro risulta di circa 34 milioni di euro.
Il Sottosegretario di Stato per le infrastrutture e per i trasporti: Nino Sospiri.

PERROTTA, DANIELE GALLI, ALFREDO VITO, ROSSO, SANTORI, ANTONIO BARBIERI, ANTONIO RUSSO e BRUSCO. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
Ferrovie dello Stato è una delle principali aziende italiane e che con gli investimenti che effettua, dovrebbe costituire


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uno dei principali punti di riferimento dell'economia italiana;
negli ultimi anni sono state spese ingenti somme di denaro per apportare migliorie al trasporto ferroviario -:
se il Ministro intenda verificare se il denaro speso sia stato utilizzato, anche, per la realizzazione dei binari ad alta velocità;
se il Ministro intenda accertare se i binari di cui sopra sono previsti all'entrata delle grandi città, quali ad esempio: Roma, Napoli, eccetera;
se corrisponda al vero che la tratta Napoli-Roma costerà più di venti milioni di euro a chilometro;
se il Ministro intenda appurare quanto sia, eventualmente, costata l'opera in questione per ogni chilometro e se i costi sopportati corrispondano a quelli preventivamente stabiliti.
(4-09428)

Risposta. - Si fa presente che nell'ambito del sistema Alta velocità/Alta capacità Torino-Milano-Napoli è attualmente in costruzione la tratta Roma-Napoli.
Tale progetto di investimento è previsto nell'ambito del Contratto di Programma 2001-2005 tra lo Stato e Rete Ferroviaria Italiana spa e come tale è oggetto di monitoraggio da parte del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti che annualmente riferisce al Parlamento in osservanza delle disposizioni della legge n. 283 del 1993 sullo stato di attuazione degli investimenti previsti dal Contratto stesso.
Secondo gli ultimi dati disponibili, nel corso del 2003 il Gestore dell'infrastruttura ferroviaria ha speso per i lavori relativi al predetto sistema AV/AC una somma pari a circa 3,8 miliardi di euro (circa 2,5 nel 2002).
I lavori relativi alla tratta Roma-Napoli si trovano ad uno stato di avanzamento dell'80 per cento circa ed hanno visto spese nel 2003 per circa 360 milioni di euro. L'ultimazione di una prima fase funzionale (Roma-Napoli via Gricignano) è prevista per il 2005 ed il completamento è previsto nel 2008.
Il costo stimato per la realizzazione del sistema AV/AC Torino-Milano-Napoli è pari complessivamente a circa 29,5 miliardi di euro (di cui circa 5,2 per la tratta Roma-Napoli) ed è aggiornato secondo il valore riportato nel Piano di priorità degli investimenti (aggiornamento ottobre 2003) approvato con delibera CIPE n. 103 del 13 novembre 2003.
Per quanto riguarda le valutazioni di carattere tecnico-economico, di cui all'interrogazione, Ferrovie dello Stato spa, ha riferito che:
a) il costo a chilometro della tratta AV/AC Roma-Napoli aggiornato al 31 dicembre 2003 ammonta a circa 23 milioni di euro, cifra nella quale oltre alla realizzazione della linea AV/AC sono inclusi anche circa 21 chilometri di interconnessioni;
b) il progetto alta velocità prevede l'ingresso con binari dedicati nei principali nodi ferroviari di alcune grandi città quali Roma, Napoli, Firenze, Bologna, Milano, Torino, Verona e Padova.
Il Sottosegretario di Stato per le infrastrutture e per i trasporti: Nino Sospiri.

PEZZELLA. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
l'Alitalia ha istituito il collegamento aereo Malpensa-Washington, operato con velivolo B 767-300 con inizio dal 28 marzo: volo AZ622 da Malpensa;
il collegamento aereo, presentato nel corso di un ricevimento all'Ambasciata d'Italia negli USA alla presenza del rappresentante del Governo italiano, è stato definito dal direttore Alitalia per le Americhe «l'unico volo diretto dall'Italia verso la Capitale USA»;


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l'Alitalia continua a posizionare collegamenti aerei intercontinentali su Malpensa, come annunciò il suo Presidente, fin dal momento della sua nomina, pur essendo ancora aperto il dibattito politico sul ruolo dei due scali intercontinentali di Fiumicino e Malpensa -:
quale logica di mercato avrebbe consigliato di collocare l'unico collegamento italiano con la Capitale degli USA, su Malpensa;
se l'unico collegamento aereo italiano tra due Capitali, che mantengono ottimi rapporti politici, non deve avere origine e destinazione nella Capitale italiana;
se Alitalia intenda rinunciare all'utenza politica, espressa dalla Capitale italiana, costringendola a raggiungere la capitale degli USA via Parigi;
quale indice di load factor sia stato valutato da Alitalia per un velivolo di 250 posti in partenza da Malpensa per Washington, quando è a tutti noto che l'utenza commerciale lombarda è diretta prevalentemente a New York e Chicago o, comunque, attraverso l'hub di New York, ad altre destinazioni degli USA.
(4-09525)

Risposta. - In merito alle problematiche evidenziate l'atto parlamentare cui si risponde, si deve osservare preliminarmente che, a seguito della liberalizzazione del trasporto aereo, avvenuta con l'approvazione dei Regolamenti europei costituenti il cosiddetto Terzo pacchetto e fatta naturalmente eccezione per i collegamenti tra rotte gravate da oneri di servizio, ciascun vettore comunitario può scegliere liberamente, sia in ambito nazionale che europeo, gli aeroporti su cui operare e le tariffe da applicare in base a considerazioni di carattere prettamente commerciale sulle quali l'ENAC o il ministero non hanno competenza.
A riguardo, l'Ente nazionale per l'aviazione civile cui sono state richieste informazioni fa conoscere che, a detta di Alitalia, le scelte sono legate necessariamente a vincoli di flotta e di redditività nonché all'andamento della domanda e del mercato.
In particolare, il collegamento Milano-Washigton è operato da aeromobile Boeing 767 con una configurazione di 214 posti.
Washington rappresenta la quarta area più popolata degli USA dopo New York, Chicago e Los Angeles ed esprime un notevole potenziale di mercato.
Dopo la chiusura a gennaio 2003 del volo United Airlines da Milano, il collegamento in oggetto ha rappresentato un importantissimo investimento anche per Alitalia.
Tale direttrice è dunque operata da Milano, poiché l'aeroporto di Malpensa garantisce flussi di traffico importanti e naturali, sia diretto che in connessione non solo sulla rete nazionale e su quella europea, ma anche sul Medio Oriente, sull'India e sulla costa Ovest dell'Africa.
Nell'analisi dei flussi di traffico effettuata dalla stessa società Alitalia, sia Roma che Milano presentano potenziali simili, ma mentre Roma esprime una connotazione maggiormente ricreativa (traffico a basso apporto), Milano ha invece una connotazione maggiormente business (quindi ad alto rientro economico per la compagnia). Roma è, comunque in perfetta connessione, con la partenza da Milano per Washington come tutto il resto del Network Alitalia.
La compagnia United Airlines operava tale collegamento da Milano con coefficienti di occupazione pari all'80 per cento (nella stagione di picco). Il coefficiente di occupazione per il primo anno di vita del volo Alitalia è stato valutato intorno al 74 per cento per poi crescere negli anni successivi e posizionarsi su un livello medio di occupazione pari a quello di tutto il Nord America.
L'ENAC fa presente che attualmente la performance del volo, considerando un periodo fisiologico di avviamento, è più che soddisfacente. Nel mese di aprile il collegamento ha registrato un coefficiente di occupazione pari al 65 per cento ampiamente confermato nel mese di maggio scorso.
Il Viceministro delle infrastrutture e dei trasporti: Mario Tassone.


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PISAPIA. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
da notizie stampa si è appreso che, in data 19 gennaio 2003, un detenuto tossicodipendente di ventisei anni, Alessio Inconis, si è tolto la vita nel carcere di Buoncammino (Cagliari);
Alessio Inconis (che avrebbe finito di scontare la pena detentiva a marzo prossimo) sarebbe stato a breve assegnato in affidamento al Sert, o ad altra associazione che si occupa del reinserimento dei soggetti con problemi di tossicodipendenza;
questo tragico episodio fa seguito alla morte di altri detenuti che negli ultimi tempi si sono tolti la vita, o sono deceduti all'interno degli istituti di pena in circostanze spesso non chiare, e si aggiungono ad altri recenti atti di autolesionismo e a denunce di abusi avvenuti nelle carceri sarde;
non appare di poca rilevanza che, proprio nel carcere di Buoncammino, neanche tre mesi fa si fossero già suicidati due detenuti;
quanto esposto non può che confermare la necessità di far chiarezza sulle condizioni di detenzione all'interno del carcere di Cagliari (motivo per il quale, peraltro, da circa due settimane è in corso una protesta pacifica dei detenuti dello stesso istituto), nonché l'urgenza di dare risposta alle gravi problematiche che affliggono le nostre carceri: il sovraffollamento, la mancanza di assistenza e supporto psicologico, le condizioni di vita spesso inumane -:
quali iniziative il Ministro intenda intraprendere in relazione ai suicidi e agli atti di autolesionismo che si sono verificati nel carcere di Buoncammino e, in caso affermativo, di quale genere;
se non ritenga necessario verificare le condizioni di detenzione all'interno del carcere di Buoncammino, e con quali tempi;
se non ritenga opportuno adottare provvedimenti per accertare eventuali responsabilità disciplinari nel decesso di Alessio Inconis, soprattutto in considerazione degli altri «eventi critici» avvenuti in tempi recenti all'interno del carcere cagliaritano e, comunque, negli istituti di pena sardi.
(4-05183)

Risposta. - Si comunica che il detenuto Inconis era tossicodipendente ed affetto da patologie per le quali era seguito dall'infettivologo, dal cardiologo, dal fisiatra e dallo psichiatra.
In ogni caso gli sono state assicurate tutte le più opportune terapie.
Dal 2 maggio 2001 al 18 settembre 2001 era stata sottoposto a trattamento metadonico a scalare ed era seguito anche dagli esperti del Sert.
In data 6 marzo 2003 era stata fissata l'udienza per l'eventuale concessione del beneficio dell'affidamento in prova al servizio sociale.
Nonostante la costante attenzione trattamentale e sanitaria, il detenuto si è suicidato il 19 gennaio 2003 legando un lenzuolo a forma di cappio alle grate del bagno della cella; nulla faceva presagire la sua volontà suicida.
Dalla relazione ispettiva inviata dal Provveditorato di Cagliari si evidenzia che gli accertamenti esperiti in ordine al suicidio dello Inconis hanno escluso la sussistenza di responsabilità disciplinari a carico di operatori penitenziari.
Per quanto concerne, in particolare, i decessi dei detenuti Paolo Santona e Sandro Fanari avvenuti presso la casa circondariale di Cagliari, evidenziati nell'atto di sindacato ispettivo, si rappresenta che la visita ispettiva effettuata verso la metà del mese di ottobre del 2002, pur non avendo potuto accertare responsabilità oggettivamente dimostrabili o riferibili a soggetti determinati, ha rilevato una serie di problematiche riconducibili sia al dato relativo all'elevato numero di detenuti affetti da patologie, anche gravi, sia al fatto che tale dato si innesta in una situazione strutturale ed umana di profondo degrado ed in una totale disorganizzazione degli interventi di natura sanitaria.


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A tal fine, il Provveditore regionale della Sardegna è stato invitato a sensibilizzare la direzione, apparsa carente nell'individuazione di strategie tese a creare all'interno dell'istituto nuovi modelli organizzativi e nuovi spazi operativi, affinché ponga in essere tutte le procedure che possano migliorare la gestione complessiva dell'istituto.
La direzione generale del personale e della formazione del competente dipartimento ha avviato nei confronti del direttore del carcere procedimento disciplinare che si è concluso, a seguito del ricorso proposto dall'interessato, con l'annullamento da parte del collegio arbitrale di disciplina della sanzione inflitta.
Inoltre, le competenti direzioni generali del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria sono state interessate ad individuare soluzioni e proposte tese a risolvere, almeno in parte, le problematiche segnalate.
Il fenomeno dei suicidi in carcere forma oggetto di un'attenta e prioritaria osservazione da parte della amministrazione penitenziaria.
Sin dall'anno 2000 è stata costituita una struttura stabile di rilevamento, denominata UMES (Unità di Monitoraggio Eventi di Suicidio), con il compito di rilevare costantemente gli episodi suicidari, verificarne le caratteristiche, risalire per quanto possibile ai fattori di rischio, formulare proposte di intervento. L'UMES ha organizzato l'11 giugno 2003 un incontro con tutti i Provveditori regionali dell'Amministrazione penitenziaria nel corso del quale sono stati raccolti suggerimenti operativi idonei al migliore contrasto del tragico fenomeno, diffusi i risultati del monitoraggio sin qui effettuato e richiamata l'esigenza che le articolazioni periferiche dipartimentali dedichino il massimo impegno alla prevenzione del suicidio lavorando sui fattori del disagio penitenziario. All'esito della riunione si è, altresì, deliberata l'effettuazione di incontri in tutta Italia, con i direttori degli istituti coinvolti in episodi di suicidio nonché con i direttori degli istituti che risultano invece indenni dalle ricorrenze del fenomeno.
Esiste dunque un'acuta attenzione dell'amministrazione rivolta alla tragica realtà del suicidio nelle carceri, estesa più recentemente ai tentativi di suicidio, attenzione che si attua attraverso l'analisi statistica, lo studio dei singoli casi, la sensibilizzazione e la programmazione di un piano di interventi sino ad oggi attuato conformemente alle scadenze previste.
A livello periferico, degna di menzione è l'istituzione, già dal 30 dicembre 1987, del servizio nuovi giunti, consistente in un colloquio che l'esperto psicologo effettua col detenuto all'atto di primo ingresso in istituto e, comunque, entro e non oltre le prime ventiquattro ore, allo scopo di acquisire una conoscenza immediata della sua personalità.
Attraverso la compilazione di una scheda riassuntiva di una serie di dati (età, scolarità, problematiche di vario tipo) si mira a conoscere il livello di (probabilità) di rischio suicidario in vista della successiva comunicazione al responsabile della sicurezza per l'adozione delle misure di sorveglianza più idonee in relazione al singolo caso.
Si segnala anche l'istituzione del presidio per tossicodipendenti (decreto interministeriale 8 giugno 1991 in attuazione del testo unico n. 309/1990 sul trattamento, recupero e reinserimento di detenuti affetti da HIV), attivo negli istituti di maggiori dimensioni, 24 ore su 24.
Trattasi di una
equipe di medici, psicologi e infermieri addetta alla individuazione dei primi interventi di tipo farmacologico finalizzati al superamento della iniziale crisi da astinenza per poi formulare successivamente un possibile programma riabilitativo.
Le iniziative richiamate sono state accompagnate da una riduzione del fenomeno di straordinaria dimensione, evidenziatasi, in particolare, nell'anno 2002.
Il numero dei suicidi nell'anno 2002 è stato di 52. Per la verità, il numero ufficiale indicato è inferiore a 52, in quanto in due casi di morte conseguente a inalazione di gas è dubbio se si sia trattato di volontà suicidaria oppure di uso voluttuario seguito da morte.


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Peraltro, anche ad assumere la determinazione per eccesso, sia il numero assoluto sia la percentuale dei suicidi si è ridotta rispetto all'anno precedente, quando i suicidi erano stati 69. Si è quindi registrata una flessione di 16 casi corrispondente a oltre il 20 per cento (quasi il 25 per cento, se si considera anche l'aumento di popolazione detenuta nel periodo considerato).
Il dato del 2002 è tanto più significativo se si tengono presenti alcune circostanze:
a) nel periodo in questione vi è stata grande attesa di un provvedimento di clemenza;
b) la riduzione, se è particolarmente marcata rispetto al 2001, è evidente anche rispetto all'anno 2000, quando si ebbero 56 casi;
c) uno degli episodi verificatisi nel 2002 è assolutamente atipico (un detenuto ricoverato in un ospedale si è sparato con una pistola sottratta ad un agente dopo aver tentato la fuga ed essere stato circondato);
d) cinque eventi sono seguiti all'inalazione di gas e, come si è accennato, almeno in due di questi è dubbio se si tratti di suicidio;
e) ben quattro episodi si sono concentrati in un solo istituto, oltre tutto di medio/piccole dimensioni (Sassari): ciò che ha richiamato la necessità di una specifica inchiesta del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria finalizzata alla verifica delle condizioni logistiche e di vita in detto istituto.

In definitiva, ciò che si può affermare è che nell'anno 2002 la frequenza dei suicidi all'interno del sistema penitenziario italiano - il quale pure presenta un tasso di suicidio (10 su 10.000 detenuti) molto inferiore rispetto ad altri paesi europei, tra cui la Francia (24), la Danimarca (15), l'Austria (24), il Belgio (19), l'Irlanda (14), l'Inghilterra (14) - si è fortemente attenuata. Sarebbe evidentemente semplicistico istituire un meccanico rapporto di correlazione eziologica tra il livello di impegno e di interventi che l'amministrazione penitenziaria ha profuso per far fronte al triste fenomeno e la riduzione che si è verificata nel 2002 in termini davvero rimarchevoli. Tuttavia è innegabile l'esistenza di una relazione almeno cronologica tra i due fatti.
Nell'anno 2003 si sono verificati 55 suicidi.
Si può affermare, pertanto che il fenomeno si presenta stabile in termini assoluti in rapporto allo scorso anno, considerato l'aumento intervenuto nella popolazione penitenziaria.
Non si nasconde che il risultato non può essere considerato appagante, posto che è intendimento dell'amministrazione non già di stabilizzare, seppure ad un livello ridotto, la ricorrenza degli eventi suicidari, bensì di avanzare continuamente verso l'obiettivo di una progressiva riduzione, pur nella consapevolezza dell'impossibilità di eliminare il fenomeno, presente nella società esterna e in ogni società.
Per quanto riguarda le strutture, si rappresenta, preliminarmente, che occorre migliorare le condizioni igienico-sanitarie di alcuni istituti penitenziari della Sardegna.
Per questi motivi essi sono stati inseriti nel decreto ministeriale 30 gennaio 2001 concernente l'elenco dei vecchi istituti dei quali è prevista la dismissione allorché saranno realizzate strutture sostitutive.
Nel programma deliberato dal comitato paritetico per l'edilizia penitenziaria è stata decisa la costruzione di 5 nuovi istituti in Sardegna: Sassari, Cagliari, Tempio Pausania, Oristano e Lanusei.
Le nuove strutture di Sassari, Cagliari, Tempio Pausania e Oristano saranno realizzate dal ministero delle infrastrutture e dei trasporti con finanziamenti già assentiti; per quella di Lanusei si farà ricorso allo strumento della permuta, secondo un programma che sarà stabilito dalla Società Dike Aedifica che ha come finalità quella di valorizzare il vastissimo patrimonio immobiliare costituito dai vari penitenziari italiani, per poter reperire i fondi necessari a soddisfare le pressanti esigenze di edilizia penitenziaria e giudiziaria del Paese.


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Va segnalato, inoltre, che l'area dove sorgerà il nuovo istituto penitenziario di Cagliari è stata già individuata ed approvata dalla competente commissione.
Tuttavia, si fa presente che la legge finanziaria 2004 ha ridotto gli stanziamenti per il 2004 da euro 327.950.000,00 a euro 127.950.000,00 rinviando i restanti euro 200.000.000,00 al 2005.
In ogni caso nell'ambito dell'ultima seduta del Comitato Paritetico, tenutasi il 20 maggio 2004, per la rimodulazione, alla luce della citata finanziaria, degli interventi programmati, ha confermato la realizzazione di tutti i predetti istituti penitenziari.
Nel frattempo, il Provveditorato regionale dell'amministrazione penitenziaria di Cagliari ha assicurato, compatibilmente con le risorse finanziarie disponibili, la manutenzione degli istituti della Sardegna per assicurarne la sicurezza la conformità alle norme igienico-sanitarie, ed, in particolare, il servizio tecnico del predetto Provveditorato ha avviato il progetto relativo all'istituzione del servizio di biblioteca dell'istituto di Cagliari, realizzato in collaborazione con l'assessorato regionale alla pubblica istruzione. Inoltre, sono stati recentemente avviati e dovrebbero essere ultimati entro il mese di novembre 2004 i lavori di realizzazione delle aree sportive ad uso della popolazione detenuta, all'interno dei cortili di passeggio.
Riguardo alla situazione del personale si comunica che la dotazione organica del personale di polizia penitenziaria amministrato dagli istituti della Sardegna ammonta a 1.339 unità con un esubero di 15 unità rispetto alla previsione organica di cui al decreto ministeriale 8 febbraio 2001, fissata in 1.324, nel mese di aprile 2004. Per quanto concerne, in particolare, la situazione relativa al personale in servizio presso la casa circondariale di Cagliari, risulta essere di 280 unità a fronte di una previsione organica di 267 unità.
Per quanto concerne, invece, il personale appartenente al Comparto Ministeri, nel medesimo istituto opera personale appartenente alle diverse professionalità in numero complessivamente equivalente alla dotazione organica prevista per quella sede (46 unità).
La situazione del personale amministrativo in servizio nelle strutture penitenziarie della Sardegna, del resto, sebbene non ottimale, appare tuttavia migliore rispetto a quella registrata a livello nazionale.
Attualmente la carenza di detto personale è pari circa al 20 per cento della dotazione organica prevista (395 unità), mentre la media nazionale si attesta al 28 per cento.
Va, peraltro, segnalato che nella
Gazzetta Ufficiale del 27 gennaio 2004, n. 7, sono stati pubblicati i bandi di concorso per l'assunzione con contratto di lavoro, a tempo determinato della durata di dodici mesi, di n. 50 educatori e n. 50 contabili, Area C, posizione economica C1 e nella Gazzetta Ufficiale del 16 aprile 2004 n. 30, sono stati pubblicati i bandi di concorso finalizzati al reclutamento dall'esterno di 661 unità di personale in diversi profili professionali.
Pertanto, sarà possibile valutare eventuali interventi negli istituti penitenziari sardi all'esito delle procedure concorsuali in corso.
Il Ministro della giustizia: Roberto Castelli.

PISTONE. - Al Ministro dell'interno, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
la sanatoria dei lavoratori extracomunitari risulta impantanata nella burocrazia e nel complicato meccanismo di smistamento messo a punto;
a tutt'oggi, infatti, soltanto meno del 10 per cento dei kit presentati nel novembre 2002 si è trasformato in contratti di soggiorno conclusi;
da uno studio effettuato dal quotidiano Il Sole 24 ore che ha monitorato 14 città italiane, risulta che, ad esempio, nella città di Roma soltanto il 3,7 per cento delle pratiche presentate risultano chiuse, a Padova il 7,3 per cento, a Treviso il 7,5


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per cento, a Firenze il 7,6 per cento e a Milano il 9,2 per cento;
secondo la Cgil il problema maggiore della lentezza nasce dall'enorme discrepanza «tra i dati telematici, in possesso della questura e quelli cartacei che la prefettura riceve dal centro di Napoli», tanto che risultano essere centinaia le domande bloccate perché non corrispondono i dati anagrafici (nomi e cognomi in particolare) tra le pratiche della prefettura e quelle cui la questura dà il nullaosta;
è quanto mai opportuno rendere più agevole il lavoro svolto dalle singole prefetture che, in molti casi, rimangono ingolfati dal meccanismo finora adottato, rischiando di diventare i capri espiatori di tale situazione -:
se non ritengano indispensabile adoperarsi, con tutti gli strumenti in loro possesso, al fine di sbloccare la situazione di stallo, che grosse preoccupazioni e grande ansia genera nei cittadini extracomunitari che hanno presentato regolare domanda, quali atti intendano adottare al fine di ottenere tale risultato e se non ritengano urgente intervenire per eliminare la discrepanza denunciata dalla Cgil.
(4-05969)

Risposta. - Le potenzialità della legge n. 189 del 2002, cosiddetta legge Bossi-Fini, come strumento per il governo dell'immigrazione, sono testimoniate dal primo risultato ottenuto, ossia la regolarizzazione e l'emersione dal lavoro nero di oltre 700 mila lavoratori stranieri.
Il 31 dicembre 2003, infatti, perfettamente in linea con le previsioni governative, si è definitivamente conclusa l'operazione, avviata nel mese di novembre del 2002, di emersione e regolarizzazione dei lavoratori extracomunitari irregolari presenti nel nostro paese prevista sia dalla citata legge n. 189 del 2002 che dalla legge n. 222 del 2002, di conversione del decreto-legge n. 195 dello stesso anno.
Si è trattato di un'operazione che non ha precedenti in Europa per dimensione, complessità degli adempimenti e tempi di realizzazione.
Va sottolineato che la regolarizzazione è la premessa indispensabile all'inserimento di quanti vengono in Italia per lavorare pacificamente nel rispetto delle nostre leggi e dei nostri valori, ed è anche un'efficace forma di prevenzione nei confronti di quel fanatismo religioso, che alligna, soprattutto, nell'emarginazione sociale e nell'isolamento culturale.
La consistente quantità di domande di regolarizzazione presentate e le iniziali difficoltà tecniche incontrate, sono state superate anche grazie alla efficiente organizzazione messa a punto dalle amministrazioni interessate alla realizzazione di tale progetto.
A tal proposito si ricorda che con ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 3262 del 31 gennaio 2003 è stata resa possibile l'assunzione di complessive 1250 unità di lavoratori temporanei, di cui 900 inseriti nell'organico del Ministero dell'interno e distribuiti fra prefetture e questure, mentre 350 unità, destinate al ministero del lavoro e delle politiche sociali, sono state collocate presso gli sportelli ove era presente tale ministero.
Inoltre, essendo stato previsto un contributo previdenziale di 290 euro per la regolarizzazione delle cosiddette «badanti» e di 700 euro per i lavoratori subordinati, l'operazione di regolarizzazione ha permesso di far affluire nelle casse dello Stato ben 353 milioni di euro, pari a 683,5 miliardi di vecchie lire.
Gli sportelli polifunzionali delle prefetture, nati dalla collaborazione tra aziende private (Poste italiane) e amministrazioni pubbliche (ministero dell'interno, ministero del lavoro e delle politiche sociali, Agenzie delle entrate, INPS e INAIL), sono stati un potente moltiplicatore di efficienza e rapidità del processo lavorativo, consentendo così di creare soddisfazione sia nei datori di lavoro richiedenti che nei cittadini extracomunitari.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Antonio D'Alì.


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PISTONE. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
a seguito del decreto-legge n. 107 del 10 giugno 2002, il ministero della giustizia ha di fatto sospeso i processi elettorali in corso presso taluni ordini professionali, ivi compreso l'ordine degli ingegneri di Roma;
il processo elettorale dell'ordine degli ingegneri di Roma era nella fase conclusiva di ballottaggio, con il primo turno e relativo spoglio già espletato e con una precisa volontà espressa dall'elettorato;
il 24 luglio 2002, nella seduta n. 183, il Parlamento, prendendo coscienza del grave problema, ha votato all'unanimità un ordine del giorno che impegnava il Governo ad assumere le iniziative necessarie e, perciò, nel caso suddetto a garantire il ballottaggio e l'elezione del nuovo Consiglio;
a tutt'oggi, le molteplici sollecitazioni rivolte al ministero della giustizia, organo di controllo degli Ordini, per vedere finalmente riconosciuto un diritto fondamentale, quale l'espressione di voto, sono risultate vane;
l'Ordine degli Ingegneri di Roma è l'organizzazione professionale più grande in Europa -:
se - anche tenuto conto dell'articolo 48 della Costituzione e dell'ordine del giorno approvato dal Parlamento nella seduta del 24 luglio 2002 - non ritenga urgente adoperarsi, con tutti gli strumenti in suo possesso, al fine di garantire la conclusione del processo elettorale dell'Ordine degli Ingegneri e ripristinare, quindi, il corretto e giusto corso di un diritto essenziale.
(4-10392)

Risposta. - Si comunica che il 12 giugno 2002 è entrato in vigore il decreto-legge 10 giugno 2002 n. 107, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale dell'11 giugno 2002 (convertito, con modificazioni, dalla legge 1o agosto 2002, n. 173), che all'articolo 4 sancisce la proroga automatica ex lege fino alla data di entrata in vigore del regolamento di cui all'articolo 4, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica 5 giugno 2001 n. 328, in materia di procedure elettorali e funzionamento degli organi degli ordini professionali regolamentati, e in ogni caso non oltre il 30 giugno 2004 (termine prorogato al 31 dicembre 2004 con decreto-legge n. 158 del 24 giugno 2004, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 147 del 25 giugno 2004), della composizione comunque vigente alla data di entrata in vigore dello stesso decreto, dei consigli provinciali, regionali e nazionali degli ordini di dottore agronomo e dottore forestale, architetto, assistente sociale, attuario, biologo, chimico, geologo, ingegnere e psicologo.
In ossequio a quanto disposto dal citato articolo 4 del decreto-legge 10 giugno 2002, n. 107, doverosamente e con immediatezza, la competente direzione generale ha provveduto a comunicare all'ordine degli ingegneri di Roma che l'entrata in vigore della norma imponeva la sospensione delle operazioni elettorali che presso lo stesso erano effettivamente in corso.
Attenendosi alle indicazioni del ministero interrogato, l'ordine degli ingegneri di Roma ha sospeso le operazioni elettorali.
Con l'entrata in vigore del decreto-legge 24 giugno 2003 n. 147, convertito dalla legge 1o agosto 2003 n. 200, pubblicata sulla
Gazzetta Ufficiale il 2 agosto 2003 ed entrata in vigore il 3 agosto 2003, la disciplina citata è stata in parte modificata.
Invero, il comma 2-
bis dell'articolo 16 della legge del 10 agosto 2003 n. 200 - introdotto solo in sede di conversione del decreto-legge - ha sancito la validità delle operazioni elettorali in corso.
In conformità alla nuova normativa, il competente ufficio ministeriale, al quale spetta istituzionalmente il controllo sull'operato degli ordini professionali, non avendo avuto notizia dal consiglio dell'ordine degli Ingegneri di Roma della prosecuzione delle elezioni sospese, ha sollecitato, con nota del 9 settembre 2003, l'indizione del ballottaggio per il rinnovo di tale consiglio.
L'ordine degli ingegneri di Roma ha risposto in data 5 novembre 2003, comunicando che le votazioni avrebbero avuto


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inizio il 7 gennaio 2004 e sarebbero terminate il 31 gennaio 2004, non essendo praticabile una data precedente in vista delle festività natalizie.
Come preannunciato dall'ordine degli ingegneri di Roma, le votazioni si sono svolte nei giorni stabiliti, portando così a termine le operazioni di ballottaggio sospese.
Il Ministro della giustizia: Roberto Castelli.

REALACCI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
la delibera del CIPE del 21 dicembre 2001 riguardante l'approvazione del 1 programma delle infrastrutture strategiche, indicava per la realizzazione del ponte sullo stretto di Messina un costo di 4.957,986 milioni di euro, e una previsione di spesa nel triennio 2002-2004 di 356,355 milioni di euro di cui 77,469 nel 2003;
la finanziaria 2003 non prevede fondi specifici per il ponte sullo stretto. I finanziamenti complessivi per le opere strategiche (legge 166/2002) assegnati al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, indicati nell'allegato 2, sono pari a 354,3 milioni di euro;
la commissione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti coordinata dal direttore generale Gaetano Fontana, istituita per valutare l'interesse finanziario nell'operazione da parte di banche e istituti di credito, nel rapporto consegnato a settembre 2001 indicava come condizioni necessarie:
a) un intervento maggioritario da parte dello Stato per garantire i rischi e le modifiche dei costi del progetto avvenuti in corso d'opera;
b) il mantenimento della concorrenza da parte di traghetti e autostrade del mare;
c) la corresponsione di un canone fisso da parte delle Ferrovie dello Stato;
nel corso dell'audizione del 22 ottobre 2002 presso l'VIII Commissione permanente della Camera dei deputati di Domenico Siniscalco, direttore generale del dipartimento del tesoro, e Antonino Turicchi, direttore generale della Cassa depositi e prestiti, sul ruolo di Infrastrutture S.p.a. nel finanziamento delle opere, veniva proposta una classificazione dei progetti infrastrutturali del Governo in quattro categorie. Il ponte sullo stretto, in quanto quarta e ultima categoria, è escluso dal finanziamento di Infrastrutture S.p.a. mentre la nuova società concentrerà le proprie attività sui progetti delle prime due categorie a rendimento «elevato o parziale», in specifici progetti della terza categoria a «basso» rendimento (vengono indicati i sistemi idrici), ma non per quelli di quarta categoria definiti «speciali» -:
quali siano le decisioni prese in merito alla progettazione e realizzazione del ponte sullo stretto, gli eventuali impegni di spesa previsti per i prossimi anni e le forme di finanziamento individuate;
se siano stati previsti investimenti alternativi per rilanciare nei prossimi anni il cabotaggio nell'area dello stretto e per i traffici nazionali.
(4-04319)

Risposta. - In riferimento alle problematiche evidenziate con l'atto ispettivo cui si risponde, si fa preliminarmente presente che per quanto riguarda gli investimenti alternativi per rilanciare nei prossimi anni il cabotaggio nell'area dello Stretto, sono in corso finanziamenti previsti dal decreto ministeriale 2 maggio 2001 per le infrastrutture funzionali allo sviluppo del trasporto combinato strada-mare. Tali finanziamenti comprendono sia il cabotaggio, sia lo short sea shipping (cosiddette Autostrade del mare) che non riguardano direttamente i porti che affacciano sullo stretto.
Tuttavia, poiché tra gli scali destinatari di detti finanziamenti figurano anche Genova, Livorno, Napoli, Palermo e Catania, i collegamenti marittimi tra essi possono rappresentare un' alternativa all' attraversamento dello Stretto di Messina nei percorsi di lunga distanza.


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Si fa presente, altresì, che è in corso di perfezionamento un decreto per la ripartizione di ulteriori risorse finanziarie recate dalla legge n. 166 del 2002, la quale ha rifinanziato l'articolo 9 della legge n. 413 del 1998, con le stesse finalità indicate nel citato decreto ministeriale 2 maggio 2001.
Giova rammentare che il progetto preliminare del ponte è stato approvato dal CIPE con delibera del 1o agosto 2003.
Con tale progetto è stato approvato il relativo piano finanziario che non prevede alcun contributo dello Stato.
Infatti, l'opera si autofinanzia attraverso l'utilizzazione dei pedaggi che, in partenza sono previsti essere gli attuali praticati dai traghetti, sia sul traffico ferroviario sia sul traffico stradale. Lo stesso contributo dello Stato per la continuità territoriale, oggi assicurato a Rete Ferroviaria Italiana, sarà erogato in favore del Concessionario del Ponte.
Nel primo periodo di concessione di trenta anni i pedaggi consentiranno di ammortizzare più del 50 per cento dei costi, sostenuti con credito ordinario.
La rimanente quota dei costi, sostenuti dagli azionisti, sarà recuperata in occasione della gara relativa al secondo periodo di concessione.
Ovviamente, sono prevedibili scenari più ottimistici che, più verosimilmente, consentono di ipotizzare con buona probabilità il recupero dell'intero importo nel primo periodo di concessione gestito da Stretto di Messina spa.
Si fa presente, infine, che nei costi viene ricompresa la manutenzione dell'infrastruttura al fine di assicurare al ponte una vita di duecento anni.
Il Viceministro delle infrastrutture e dei trasporti: Mario Tassone.

RIZZO, DILIBERTO e MAURA COSSUTTA. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, al Ministro delle attività produttive. - Per sapere - premesso che:
con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 14 febbraio 2003 è stato dichiarato, fino al 31 dicembre 2003, lo stato di emergenza in relazione all'attività di smaltimento dei rifiuti radioattivi dislocati nelle centrali nucleari presenti nel territorio delle regioni Lazio, Campania, Emilia-Romagna, Basilicata e Piemonte giustificando tale dichiarazione con la maggiore gravità del rischio derivante dalla presenza sul territorio di tali rifiuti radioattivi nella attuale situazione di diffusa crisi internazionale -:
quali siano le valutazioni tecniche sullo stato di sicurezza degli impianti nucleari italiani e, se esistano, da chi siano state effettuate, che hanno indotto il Presidente del Consiglio dei ministri a dichiarare lo stato di emergenza per lo smaltimento dei rifiuti radioattivi presenti nelle centrali nucleari ed i motivi per i quali l'emergenza non riguardi i reattori di ricerca ancora in esercizio, a volte presenti sullo stesso sito;
il motivo per cui venga stabilita la deroga alle disposizioni dei trattati internazionali sulla non proliferazione delle armi nucleari e sulla protezione fisica delle materie nucleari;
il motivo per cui venga stabilita la deroga alle norme italiane, che recepiscono anche la normativa internazionale, riguardanti la sicurezza del trasporto, sia stradale sia ferroviario, dei materiali nucleari, perfino a quelle della etichettatura e dell'imballaggio;
i motivi per cui è previsto l'intervento coordinato di forze dell'ordine pubblico e di forze armate.
(4-05836)

Risposta. - Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 14 febbraio 2003 è stato dichiarato lo stato di emergenza in relazione all'attività di smaltimento dei rifiuti radioattivi dislocati nelle centrali nucleari presenti sul territorio delle regioni Lazio, Campania, Emilia-Romagna, Basilicata e Piemonte.
Successivamente, sempre a seguito dei noti eventi dell'11 settembre, con ordinanza


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del Presidente del Consiglio dei ministri del 7 marzo 2003 n. 3267, sono state dettate disposizioni urgenti in relazione all'attività di smaltimento, in condizioni di massima sicurezza, dei materiali radioattivi dislocati nelle suddette centrali nucleari e nei siti situati sul territorio delle regioni interessate. Con lo stesso provvedimento è stato nominato, in qualità di commissario delegato per la sicurezza dei materiali nucleari, il presidente della Sogin e sono stati individuati i limiti della delega, ossia le attività che formano oggetto dell'incarico, e le norme cui lo stesso commissario può derogare nell'attuazione degli interventi necessari a far fronte all'emergenza.
La stessa ordinanza precisa che l'intera gestione dell'emergenza avvenga sotto l'alta sorveglianza della commissione tecnico-scientifica istituita presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, alla quale è affidato il ruolo istituzionale di garanzia globale tecnico-scientifica, soprattutto da punto di vista dell'efficacia delle soluzioni adottate dal commissario ai fini della messa in sicurezza dei materiali nucleari e del rispetto delle normative di sicurezza nucleare, di radioprotezione e ambientali.
Più recentemente con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 7 maggio 2004, è stato prorogato fino al 31 dicembre 2004 lo stato d'emergenza precedentemente dichiarato e, con ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri del 7 maggio 2004 n. 3355, si sono dettate ulteriori disposizioni urgenti.
Con le citate ordinanze è stata demandata al commissario, con le modalità ivi previste l'attività autorizzativa facente capo al ministero delle attività produttive, riservando tuttavia ad APAT il ruolo istituzionale attribuito dal vigente quadro normativo al fine di garantire il rispetto degli
standards della sicurezza e radioprotezione nazionali ed internazionali.
Si segnala al riguardo che le procedure amministrative per gli impianti nucleari si trovavano da tempo in una fase di stallo procedurale sia per quanto attiene la disattivazione delle ex centrali nucleari sia per la revisione delle licenze di esercizio degli altri impianti nucleari.
Si richiama in materia di sicurezza quanto disposto dal decreto legislativo del 17 marzo 1995, n. 230, e sue modifiche ed integrazioni, che all'articolo 10 specifica che «le funzioni ispettive per l'osservanza dello stesso decreto n. 230 del 1995 nonché, per quanto attiene alla sicurezza nucleare ed alla protezione sanitaria, della legge 31 dicembre 1962, n. 1860, sono attribuite all'ANPA, (on APAT), che le esercita a mezzo dei propri ispettori» e inoltre che «nell'esercizio delle loro funzioni gli ispettori dell'ANPA sono Ufficiali di polizia giudiziaria». Sulla base di tale normativa l'organo di vigilanza è comunque svincolato «ope legis», da qualsiasi ingerenza con l'autorità autorizzativa quale che sia.
Si sottolinea che la deroga disposta nell'ordinanza al decreto n. 230 del 1995 ed alla legge 31 dicembre 1962, n. 1860, è esclusivamente riferita agli articoli concernenti i provvedimenti autorizzativi, e pertanto limitatamente alle procedure amministrative per l'ottenimento della necessaria autorizzazione.
Analogamente per quanto attiene il trasporto non avvengono deroghe in materia di sicurezza e protezione sanitaria.
La deroga alle norme indicate nelle ordinanze della Presidenza del Consiglio dei ministri nn. 3267 e 3355, è peraltro valida esclusivamente nell'ambito di validità dell'emergenza, trattasi quindi di deroga che segue temporalmente le stesse ordinanze della Presidenza del Consiglio dei ministri.
Il Sottosegretario di Stato per le attività produttive: Giovanni Dell'Elce.

RIZZO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per la funzione pubblica. - Per sapere - premesso che:
la legge 150/2000 sulla comunicazione ed informazione, al fine di ammodernare e rendere «casa di vetro» la pubblica amministrazione, è stata approvata in sede legislativa con l'assenso delle forze di opposizione e di maggioranza;
la legge 150/2000 prevede che negli uffici stampa pubblici ci siano iscritti all'Albo


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dei giornalisti iscritti nell'elenco dei pubblicisti o in quello dei professionisti;
all'articolo 9, comma 5, la legge fa esplicito riferimento alla definizione di un'Area speciale di contrattazione al fine di garantire un profilo professionale ai giornalisti addetti e ai capi degli uffici stampa;
dopo l'approvazione da parte del Consiglio dei Ministri, è stato emanato il regolamento alla legge 150/2000 decreto del Presidente della Repubblica n. 422/2001, è stata inviata dal Ministro della Funzione Pubblica una direttiva a tutte le amministrazioni al fine di far recepire la legge e, successivamente, fatto recapitare all'Aran il tradizionale Atto di indirizzo per avviare la trattativa contrattuale per la definizione del profilo professionale del giornalista negli uffici stampa pubblici;
sono passati quasi quattro anni dall'introduzione della legge 150/2000; da oltre due anni è stato inviato l'Atto di indirizzo all'Aran da parte del responsabile del Dicastero della Funzione Pubblica e nulla è accaduto in questo frangente -:
se le recentissime dichiarazioni del Presidente dell'Aran, avvocato Guido Fantoni, relativamente all'impossibilità dell'Agenzia che presiede ad aprire la trattativa con la Fnsi (giacché la legge 150/2000 in questione risulterebbe in contrasto con un precedente decreto legislativo 29, poi modificato in decreto legislativo 165 relativamente alla rappresentanza sindacale nella pubblica amministrazione) rispondano a verità;
se la legge 150/2000 in quanto successiva al decreto legislativo 29/93, che introduceva norme limitative sulla rappresentanza sindacale nel pubblico impiego, abbia abrogato la precedente normativa;
se una norma relativa alla regolamentazione sulla rappresentanza sindacale nella pubblica amministrazione possa tenere fuori la Federazione Nazionale della Stampa Italiana, sindacato unico ed unitario dei giornalisti italiani, che discute e firma contratti dal lontano 1908;
se è mai possibile che la Fnsi, non possa essere accolta al tavolo della trattativa Aran nonostante che al sindacato dei giornalisti ci si riferisca in maniera diretta con il comma 5 dell'articolo 9 della suddetta legge 150/2000, dal momento che esiste fin dal 1947 un patto d'azione con le attuali Confederazioni sindacali Cgil, Cisl, Uil e Ugl che attualmente siedono nel consiglio nazionale della Fnsi e che assieme al Sindacato dei giornalisti nel gennaio 1959 hanno, tra l'altro, sottoscritto il contratto nazionale di lavoro giornalistico esteso erga omnes con decreto del Presidente della Repubblica 153/1961 e che è stato stipulato nel 1992 da queste Confederazioni con la Fnsi un protocollo d'intesa che riconosceva, nei fatti, la titolarità della rappresentanza sindacale della Fnsi per gli uffici stampa.
(4-09586)

Risposta. - Con l'atto parlamentare cui si risponde si lamenta la mancata attuazione della legge 7 giugno 2000, n. 150 sugli uffici stampa pubblici, in relazione alla costituzione della speciale area di contrattazione per i giornalisti iscritti ad albi ed operanti nelle pubbliche amministrazioni, ed alla mancata ammissione al tavolo contrattuale della Federazione Nazionale della Stampa Italiana - FNSI, nonostante tale ammissione sia ipotizzata dall'articolo 5, comma 9, della legge n. 150 del 2000 e siano stati varati un apposito Regolamento ed una direttiva da parte del Ministro per la funzione pubblica per l'attuazione della stessa legge nelle pubbliche amministrazioni, e, in ultimo, sia stato inviato all'ARAN un apposito atto di indirizzo propedeutico alla contrattazione collettiva.
Si ricordano, altresì le posizioni assunte dal presidente dell'ARAN, che ha sostenuto la contrarietà di tale ammissione alla luce del sistema di rappresentatività vigente nel pubblico impiego, e si domanda se tale affermazione risponda al vero. Inoltre, viene ribadito il carattere di organizzazione rappresentativa della categoria dei giornalisti della FNSI, atteso che la legge prevede l'ammissione alle trattative per la separata area delle sole organizzazioni rappresentative della categoria dei giornalisti.


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Al riguardo si osserva quanto segue.

1. La legge 7 giugno 2000, n. 150, recante Disciplina delle attività di informazione e di comunicazione delle pubbliche amministrazioni, all'articolo 9, comma 5, stabilisce che «negli uffici stampa l'individuazione e la regolamentazione dei profili professionali sono affidate alla contrattazione collettiva nell'ambito di una speciale area di contrattazione, con l'intervento delle organizzazioni rappresentative della categoria dei giornalisti. Dall'attuazione del presente comma non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica».

2. Per attuare la predetta disposizione, ed avuto riferimento anche a quanto stabilito dal decreto del Presidente della Repubblica 21 settembre 2001, n. 422, Regolamento recante norme per l'individuazione dei titoli professionali del personale da utilizzare presso le pubbliche amministrazioni per le attività di informazione e di comunicazione e disciplina degli interventi formativi, e dalla direttiva del Ministro per la funzione pubblica sulle attività di comunicazione delle pubbliche amministrazioni del 7 febbraio 2002, l'organismo di coordinamento dei comitati di settore - che riassume in un organo collegiale le istanze rappresentative dell'intero universo delle pubbliche amministrazioni - su proposta del Ministro per la funzione pubblica, in data 23 luglio 2003, ha inviato all'ARAN un «Atto di indirizzo quadro per la costituzione del profilo professionale del personale addetto alle attività di informazione e di comunicazione delle pubbliche amministrazioni» (delibera del 18 luglio).
In tale atto si stabilisce espressamente che «l'ARAN stipulerà un apposito accordo quadro, che non dovrà comportare oneri aggiuntivi, con le confederazioni rappresentative e, ai sensi dell'articolo 9, comma 5, della legge n. 150 del 2000, con le organizzazioni rappresentative della categoria dei giornalisti» (paragrafo 3).

3. Successivamente, atteso il lasso di tempo inutilmente trascorso, con nota del 12 febbraio 2004, il Dipartimento della funzione pubblica ha chiesto al presidente del ARAN quali fossero gli eventuali ostacoli alla stipulazione del contratto.
Il presidente dell'ARAN, con nota del 17 febbraio 2004, ha fatto presente:
a) che il principale ostacolo alla stipulazione del contratto è ravvisabile nelle modalità di partecipazione al negoziato delle sigle di categoria dei giornalisti, che, non possono considerarsi rappresentative, secondo quanto previsto dalle norme del decreto legislativo n. 165 del 2001;
b) che, in ogni caso, la materia, dato il basso numero degli addetti, non costituisce un interesse prioritario per le confederazioni ammesse alla contrattazione collettiva quadro.

4. Tutto ciò premesso si evidenzia che ogni atto contrattuale costituisce un atto di autonomia privata collettiva, che presuppone il raggiungimento della volontà comune delle parti, percentualmente quantificata allorché riguarda l'espressione del consenso sindacale nell'ambito di un comparto o area di contrattazione.
Da contatti avuti con l'ARAN ed in relazione alla formale corrispondenza intercorsa, risulta che la maggioranza delle confederazioni ed organizzazioni rappresentative ammesse alle trattative, effettivamente non considerano la contrattazione per la speciale area di contrattazione dei giornalisti dipendenti un interesse prioritario.
Risulta quindi evidente che, data l'autonomia del tavolo negoziale circa le determinazioni conclusive, che discende dal carattere volontario della contrattazione collettiva, e premesso l'interesse del Dipartimento della funzione pubblica alla positiva definizione del contratto collettivo - come si evince fra l'altro dall'emanazione dell'atto di indirizzo propedeutico alla contrattazione collettiva per la speciale area nonché dai vari solleciti e richieste di elementi informativi all'ARAN - occorre acquisire in sede contrattuale l'accordo delle organizzazioni rappresentative per dirimere le principali questioni ostative alla definizione dell'accordo.


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In tale prospettiva, il Dipartimento della funzione pubblica ha avviato tutte le opportune iniziative di consultazione e verifica con le organizzazioni sindacali per giungere alla positiva definizione della vertenza contrattuale.
Il Ministro per la funzione pubblica: Luigi Mazzella.

ROSATO, MEDURI e DAMIANI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
i benefici per i lavoratori che hanno lavorato a contatto con l'amianto sono un risarcimento che lo Stato concede rispetto ad una minor aspettativa di vita che questi lavoratori statisticamente hanno;
accanto a tanti lavoratori dipendenti, molti lavoratori autonomi, in particolare nel settore della cantieristica, sono stati sottoposti agli stessi rischi, senza poter scegliere, anche per la natura dei contratti che li legavano a chi commissionava le loro attività;
spesso gli stessi lavoratori hanno effettuato periodi di lavoro sia come lavoratori dipendenti che come lavoratori autonomi, negli stessi cantieri, anche con le stesse mansioni;
l'articolo 13, comma 7, della legge n. 257 del 1992 così come modificato dalla legge 271/93, dispone che «al fine del conseguimento delle prestazioni pensionistiche per i lavoratori che abbiano contratto malattie professionali a causa dell'esposizione all'amianto documentate dall'INAIL, il numero di settimane coperte da contribuzione obbligatoria relativa a periodi di prestazione lavorativa per il periodo di provata esposizione all'amianto è moltiplicato per il coefficiente di 1,5»;
il riferimento ai «lavoratori», come destinatari dai benefici pensionistici previsti per l'esposizione all'amianto, formulato dall'articolo 1, comma 1, della legge 4 agosto 1993, n. 271 va inteso come estensione anche ai lavoratori autonomi dei benefici in parola previsti dalla precedente legge n. 251/1992 solo per i «lavoratori dipendenti» -:
la Corte di Cassazione con sentenza, autorevole ma isolata e non emessa dalle Sezioni Unite, del 10 aprile del 2002 ha limitato l'erogazione dei benefici pensionistici previsti per i lavoratori esposti all'amianto solo nei confronti dei «lavoratori dipendenti»;
la sentenza della Cassazione, secondo l'interrogante, oltre a non tener conto delle modifiche legislative richiamate ed introdotte dalla legge n. 271 del 1993 appare in contrasto con i principi costituzionali di cui agli articoli 3, 32, 35 e 38 della Costituzione -:
quale sia l'interpretazione del Ministro, autorevole e attesa anche dalle sedi distaccate dell'INPS, in ordine alla corretta applicazione della normativa richiamata.
(4-09183)

Risposta. - In relazione all'atto ispettivo in questione, si fa presente che l'articolo 13, comma 8, della legge 27 marzo 1992, n. 257, come modificato dalla legge 4 agosto 1993, n. 271, dispone che per i lavoratori esposti all'amianto per un periodo superiore a dieci anni, l'intero periodo lavorativo soggetto all'assicurazione obbligatoria contro le malattie professionali derivanti dall'esposizione all'amianto, gestita dall'INAIL, è moltiplicato, ai fini delle prestazioni pensionistiche, per il coefficiente di 1,5.
Il predetto beneficio, è ora riconosciuto limitatamente ai lavoratori dipendenti e non anche ai lavoratori autonomi.
La problematica è stata, peraltro, già esaminata, seppure limitatamente ad una particolare categoria di lavoratori autonomi iscritti alla Gestione speciale per gli artigiani, interessati al medesimo benefico, a seguito dei quesiti posti dall'istituto nazionale di previdenza sociale.
Nell'occasione è stata ribadita l'attuale interpretazione della disciplina, precisando che l'eventuale abbandono di un simile indirizzo interpretativo, dovrebbe essere preceduto, oltre che dal necessario approfondimento


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normativo, anche, da un ripensamento della procedura prevista per il riconoscimento dell'esposizione all'amianto, oggi delineata sulla fattispecie del lavoro subordinato.
Infine, si fa presente che la problematica relativa alla eventuale estensione dei menzionati benefici previdenziali ad altre categorie di lavoratori, in aggiunta ai lavoratori dipendenti, riferendosi necessariamente alla platea complessiva dei lavoratori autonomi, è stata rimessa al ministero dell'economia e delle finanze per le valutazioni in ordine all'impatto finanziario complessivo del provvedimento.
Il Ministro del lavoro e delle politiche sociali: Roberto Maroni.

ROSSO. - Al Ministro delle attività produttive - Per sapere - premesso che:
le azioni di messa in sicurezza degli impianti, in particolare quelli localizzati nella provincia di Vercelli, sono un obiettivo di altissima priorità per le conseguenze radiologiche che eventi incidentali, naturali o umani, soprattutto dopo i tragici eventi dell'11 settembre 2001 potrebbero avere luogo nel territorio circostante ed in ampie zone della pianura padana;
presso l'impianto sperimentale EUREX dell'ENEA di Saluggia (Vercelli), sono immagazzinate dal 1980 scorie liquide (oltre 100 metri cubi) ad alta attività prodotte dal riprocessamento di combustibili irraggiati, scorie che devono essere solidificate per ragioni di sicurezza, per il rischio di perdita accidentale di liquidi radioattivi nell'ambiente;
l'ENEA aveva da tempo, prima dell'attuale gestione del presidente Carlo Rubbia, avviato una gara d'appalto internazionale per la selezione della migliore tecnologia disponibile per la solidificazione, scegliendo la tecnologia della vetrificazione di un consorzio di imprese italo francese;
questa attività di solidificazione è stata oggetto di prescrizione da parte del Ministero per le attività produttive, su sollecitazione dell'ANPA, agenzia nazionale protezione ambiente, prescrizione che imponeva all'ENEA la solidificazione dei suddetti rifiuti liquidi ad alta attività entro 5 anni, cioè entro il 2005;
a seguito della suddetta prescrizione, il presidente dell'ENEA, ora commissario dell'ente avviava una indagine tecnica con esperti internazionali per confermare il processo scelto di vetrificazione, già acquisito e noto agli esperti dell'ente con esperienza internazionale, tra i maggiori in campo europeo, con il risultato di rallentare ancora di più il progetto già avviato da alcuni anni;
risulta all'interrogante che il progetto sia fermo e pertanto la prescrizione sarà certamente disattesa, con ritardi e conseguenze immaginabili, al punto che sarebbe stato necessario ridiscutere l'intero appalto con elevatissimi per il Paese -:
se corrisponda al vero che contro la citata prescrizione il commissario dell'ente, professor Carlo Rubbia, abbia proposto ricorso al Consiglio di Stato, e che il ricorso sia stato respinto, confermando la suddetta prescrizione;
in caso affermativo, quali iniziative intenda assumere il MAP per assicurare il risultato atteso di messa in sicurezza delle scorie liquide di EUREX nei tempi più brevi possibili e, se non intenda attivarsi affinché sia fatta luce sulle eventuali responsabilità, ai vari livelli dell'ente.
(4-04265)

Risposta. - Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 14 febbraio 2003 è stato dichiarato lo stato di emergenza in relazione all'attività di smaltimento dei rifiuti radioattivi dislocati nelle centrali nucleari presenti sul territorio delle regioni Lazio Campania, Emilia Romagna, Basilicata e Piemonte.
Successivamente, con ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri del 7 marzo 2003 n. 3267, sono state dettate disposizioni


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urgenti in relazione all'attività di smaltimento, in condizioni di massima sicurezza, dei materiali radioattivi dislocati nelle suddette centrali nucleari e nei siti situati sul territorio delle regioni interessate. Con lo stesso provvedimento è stato nominato, in qualità di commissario delegato per la sicurezza dei materiali nucleari, il presidente della Sogin e sono stati individuati i limiti della delega, ossia le attività che formano oggetto dell'incarico, e le norme cui lo stesso commissario può derogare nell'attuazione degli interventi necessari a far fronte all'emergenza.
Più recentemente con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 7 maggio 2004 è stato prorogato fino al 31 dicembre 2004, lo stato d'emergenza precedentemente dichiarato e, con ordinanza del presidente del Consiglio dei ministri del 7 maggio 2004 n. 3355, si sono dettate ulteriori disposizioni urgenti.
Oggetto specifico della delega è, dunque, l'attività di messa in sicurezza dei materiali nucleari con:
a) particolare riferimento al combustibile nucleare irraggiato ed ai rifiuti radioattivi ad alta attività;
b) la predisposizione dei piani per l'avvio delle procedure di smantellamento:
1) delle centrali elettronucleari di Garigliano (Caserta), di Trino Vercellese (Vercelli), di Caorso (Piacenza) e di Latina;
2) degli impianti di ENEA e Nucleco, limitatamente al settore del ciclo del combustibile;
3) dei depositi di materie radioattive Eurex e FIAT-Avio di Saluggia (Vercelli), impianto plutonio e impianto celle calde di Casaccia (Roma), ITREC di Trisaia (Matera);
4) degli impianti nucleari di Bosco Marengo (Alessandria).

Le succitate ordinanze del Presidente del Consiglio dei ministri evidenziano proprio l'esigenza di perseguire in tempi brevi l'obiettivo dello smaltimento dei materiali radioattivi presso gli impianti nucleari.
Al commissario è stata altresì demandata, con le modalità dell'ordinanza medesima, l'attività autorizzativa facente capo al ministero delle attività produttive, riservando tuttavia ad APAT il ruolo istituzionale attribuito dal vigente quadro normativo al fine di garantire il rispetto degli
standard e della sicurezza e radioprotezione nazionali ed internazionali.
È da segnalare che le procedure amministrative per gli impianti nucleari si trovavano da tempo in una fase di stallo procedurale, sia per quanto attiene la disattivazione delle ex centrali nucleari, sia per la revisione delle licenze di esercizio degli altri impianti nucleari.
Inoltre l'articolo 6 dell'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3355 sopra citata, prevede che il commissario delegato predisponga dettagliati cronoprogrammi delle attività da porre in essere, articolati per le varie tipologie e cadenzati per trimestri, finalizzati alla messa in sicurezza dei materiali nucleari, con particolare riferimento al combustibile nucleare irraggiato ed ai rifiuti radioattivi ad alta attività e, quindi, anche per i rifiuti liquidi dell'impianto Eurex, nonché alla predisposizione dei piani per l'avvio delle procedure di smantellamento degli impianti nucleari, stabilendo altresì le necessità temporali di straordinarietà ed emergenza.
Le ordinanze del Presidente del Consiglio dei ministri prevedono, inoltre, l'istituzione della commissione tecnico-scientifica, composta da elementi di elevata e comprovata autorevolezza scientifica, con compiti di valutazione ed alta vigilanza, volta proprio al raggiungimento di creare i presupposti di un migliore grado di sicurezza degli impianti nucleari, ed in particolare è all'esame di detta commissione la risoluzione delle problematiche relative ai rifiuti liquidi dell'impianto Eurex.
Il Sottosegretario di Stato per le attività produttive: Giovanni Dell'Elce.


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RUZZANTE. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
l'ennesimo guasto del treno TAF (Treno ad alta frequentazione), che collega ogni mattina la Bassa padovana alla città di Padova, ha bloccato, giovedì 5 febbraio, un centinaio di passeggeri, per lo più lavoratori, nella stazione di Monselice per circa un'ora;
i passeggeri sono arrivati a Padova 75 minuti dopo l'orario previsto, molti lavoratori sono quindi arrivati in gravissimo ritardo nei rispettivi posti di lavoro (una studentessa non è riuscita a sostenere un esame universitario, che iniziava alle 8.30);
il TAF che ha subito il guasto parte ogni mattina da Mantova alle 5.34 e transita per le stazioni di Montaganana, Saletto, Ospedaletto, Monselice, Padova (Orario di arrivo previsto: 7.47);
non si tratta di un caso isolato;
giovedì 29 gennaio 2004, infatti, i pendolari dello stesso convoglio hanno subito un trattamento che secondo l'interrogante appare indegno di un Paese civile: il treno Taf 11479 è arrivato ad Ospedaletto Euganeo con venti minuti di ritardo, senza nessuna spiegazione da parte di Trenitalia; arrivato alla successiva fermata di Este, il treno si è bloccato, a causa dell'intasamento causato dall'arrivo, sempre in ritardo, di altri due treni; i passeggeri, quasi tutti lavoratori ormai in grave ritardo, provano a chiedere spiegazioni al macchinista, senza ottenere nessuna risposta; una volta arrivato a Monselice, una signora scende dal treno per chiedere informazioni sul motivo dei disagi al capostazione, il quale afferma di non sapere nulla; la signora a quel punto, senza risalire sul treno, si dirige verso la testa del convoglio e - bussando sul finestrino - tenta di chiedere spiegazioni ai macchinisti; ma le porte si chiudono e il treno riparte, lasciando la signora e una sua amica sulla banchina, arriveranno successivamente a Padova alle ore 9, con incredibile ritardo; problemi simili hanno interessato lo stesso convoglio venti giorni fa;
i due incidenti qui descritti sono solo la punta dell'iceberg: i lavoratori della Bassa padovana subiscono, ormai da mesi, le gravi conseguenze del disinteresse di Trenitalia e della Regione Veneto;
per moltissimo tempo il treno che arriva a Padova alle ore 8, il più frequentato, ha viaggiato stracolmo di passeggeri e solo dopo innumerevoli proteste è stata aggiunta una carrozza per consentire alle persone di viaggiare dignitosamente;
Trenitalia, a partire da gennaio del 2004, ha soppresso il treno delle ore 12.39 che da Este andava a Padova, creando una situazione intollerabile: dalla Bassa padovana non ci si può muovere più in treno dalle ore 8.30 alle ore 13.20;
molti lavoratori, esasperati, hanno raccolto centinaia di firme di protesta senza ottenere nessun risultato;
minacciano, se Trenitalia non cambierà atteggiamento, di rifiutarsi di continuare a pagare l'abbonamento;
sia la Regione Veneto che Trenitalia avevano assicurato un potenziamento del trasporto di persone su rotaia, ma le promesse - anche in questo caso - non sono state seguite dai fatti -:
se il Governo sia a conoscenza di questa grave situazione;
se il Governo non ritenga opportuno intervenire presso Trenitalia affinché siano tenute nella dovuta considerazione le esigenze dei lavoratori della Bassa padovana, che fanno sempre più fatica ad arrivare puntuali al lavoro;
se il Governo non ritenga opportuno sollecitare Trenitalia affinché tenga un comportamento più civile e responsabile nei confronti dei passeggeri-utenti, spesso lasciati senza nessuna informazione sui gravi disagi che sono costretti a subire.
(4-08849)

Risposta. - In relazione all'atto ispettivo in questione, occorre innanzitutto premettere che, come noto, il servizio di trasporto regionale, a seguito dell'attuazione del decreto


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legislativo n. 422 del 1997, come modificato dal decreto legislativo n. 400 del 1999, non è più di diretta competenza dello Stato.
Infatti, i servizi di trasporto regionale sono oggetto di apposito contratti fra Trenitalia s.p.a. e le competenti Autorità regionali e, quindi, nelle problematiche relative a tale tipologia di trasporto non trova applicazione il Contratto di Servizio nazionale.
Ciò premesso, Ferrovie dello Stato s.p.a. ha riferito che i ripetuti ritardi che nel mese di febbraio scorso hanno coinvolto il treno regionale TAF 20751/1/1472 che parte da Mantova alle ore 5.34 per giungere a Padova alle ore 7.47 non sono imputabili ad avarie del materiale bensì al congelamento della linea di contatto che ha reso estremamente difficoltosa l'alimentazione alla locomotiva.
In particolare il giorno 5 febbraio il treno in questione è arrivato a Monselice con 41 minuti di ritardo ed è ripartito per Padova con 67 minuti di ritardo; l'inconveniente è stato causato dalle forti nevicate e conseguenti ghiacciate notturne che sulla linea Mantova-Venezia hanno procurato difficoltà della linea di contatto e conseguenti disservizi ai mezzi di trazione.
Le criticità relative all'alimentazione dei TAF sono state superate con provvedimenti organizzativi ed interventi formativi attraverso la richiesta di collaborazione a Rete Ferroviaria Italiana spa, per la parte specifica di movimento.
Per quanto riguarda l'episodio del 29 gennaio 2004 si fa presente che il treno in questione a causa di un guasto all'infrastruttura nella stazione di Este era giunto con 67 minuti di ritardo nella stazione di Monselice.
Mentre il treno sostava in stazione veniva annunciato l'arrivo del regionale 11474 da Bologna per Venezia e molti passeggeri pensando che quest'ultimo treno sarebbe ripartito prima cambiavano convoglio.
Nel frattempo però il regionale 20751 riceveva il segnale di via libera ed una passeggera che era scesa dal treno in questione per chiedere informazioni al personale di stazione sui motivi del sensibile ritardo rimaneva a terra mentre il convoglio ripartiva.
In merito al sovraffollamento del treno regionale 5563 da Legnago a Padova si fa presente che è stato rilevato che i viaggiatori trasportati dal treno in questione sono mediamente 295 a fronte di un'offerta di 260 posti a sedere; da pochi giorni pertanto è stata predisposta una diversa composizione del materiale con un'offerta di ulteriori 78 posti a sedere.
Il treno regionale 5567, che nella precedente offerta commerciale fermava ad Este alle ore 12.39, non è stato soppresso bensì posticipato nella partenza da Legnago su richiesta del comune e dei locali istituti scolastici.
Dopo gli incontri con la Provincia di Padova e la Direzione mobilità della regione la Direzione regionale Veneto di Trenitalia spa ha deciso di anticipare di 13 minuti la partenza da Monselice del regionale 20758 riducendo così i tempi di attesa per i viaggiatori provenienti da Venezia.
Il Sottosegretario di Stato per le infrastrutture e per i trasporti: Nino Sospiri.

RUZZANTE. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
LA FORMAN di Legnaro, nota azienda della bassa padovana, rischia la chiusura a causa della scelta della dirigenza della FORALL S.p.A (proprietaria al 100 per cento dell'unità produttiva di Legnaro) di esaurire l'attività di questa azienda, trasferendone la produzione ad altri ambiti del Gruppo;
l'azienda realizza capi su misura for man di alta qualità con una produttività costante, utilizzando professionalità e creando produzioni ai massimi livelli;
l'organizzazione del lavoro interna è all'avanguardia, ciò permette di avere ritmi e quantità produttive sempre elevati tanto che negli ultimi 8 mesi i lavoratori non hanno usufruito di nessun ora di


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cassa integrazione ordinaria. Inoltre negli ultimi 5 anni l'azienda ha presentato bilanci in utile o in pareggio;
la FORALL S.p.A., nonostante i buoni risultati conseguiti della azienda, è intenzionata a chiudere la produzione della provincia di Padova, per trasferire l'intero sistema produttivo nella sede di Quinto Vicentino. In questa sede le lavorazioni tipiche della FORMAN non sono mai state realizzate o, se prodotto, soltanto in quantità minime e saltuarie, inoltre i lavoratori hanno usufruito nel marzo del 2004 di 42 settimane di cassa integrazione -:
se il Ministro sia a conoscenza della situazione e della decisione della dirigenza della FORALL S.p.A di chiudere l'azienda padovana e trasferirne l'attività a Quinto Vicentino;
quali misure intenda adottare il Ministro per tutelare i 154 lavoratori che rischiano il posto di lavoro.
(4-09814)

Risposta. - Si fa presente quanto comunicato dalla Direzione Provinciale del Lavoro di Padova.
In data 18 aprile 2004, presso l'Ufficio Territoriale di Governo si è tenuto un incontro tra i rappresentanti delle Associazioni Industriali di Padova e Vicenza, del rappresentante della società «Forall S.p.A.» di Legnano, degli Assessori provinciali e regionali al Lavoro e del Sindaco di Legnano, per esaminare la situazione sorta a seguito della decisione aziendale di mettere in liquidazione la società con il conseguente avvio della procedura di licenziamento per n. 152 lavoratori.
In tale sede sono state valutate varie possibili soluzioni atte a scongiurare il licenziamento dei citati lavoratori, come la ricollocazione presso altre aziende o il trasferimento dei lavoratori presso lo stabilimento di Quinto Vicentino, nonché il ricorso agli ammortizzatori sociali, senza tuttavia raggiungere alcuna decisione.
Allo stato attuale, in considerazione della disponibilità degli intervenuti al predetto incontro, si sta valutando di proseguire il confronto per concordare, all'interno della procedura di consultazione, prevista dalla legge n. 223/1991, ogni possibile intervento finalizzato a risolvere il problema occupazionale.
Il Ministro del lavoro e delle politiche sociali: Roberto Maroni.

SAIA. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
i numerosi pendolari che si trovano a viaggiare quotidianamente sulla linea ferroviaria Bassano del Grappa - Padova, si trovano in una grave situazione di disagio, costretti per quasi tutto il tragitto a stare in piedi, in spazi angusti e non consoni a garantire un viaggio in piena sicurezza;
questa situazione di grave disagio si verifica in particolare nelle corse del mattino dalle ore 6 alle ore 9 e della sera dalle ore 17 alle ore 19. Orari nei quali la linea è frequentata soprattutto da pendolari che hanno la necessità di raggiungere il posto di lavoro o studio;
il problema non è nuovo, dal momento che si ripropone puntualmente ogni anno con l'inizio dell'attività didattica, ma è tuttavia esploso in tutta la sua gravità questo anno, per il considerevole aumento degli studenti che utilizzano la linea ferroviaria in questione;
questi disagi nascono, non solo dall'aumento dell'utenza delle linee ferroviarie in questione, ma anche dagli scarsi investimenti riservati al trasporto ferroviario -:
se sia a conoscenza della situazione di cui sopra;
come intenda intervenire per assicurare il miglioramento delle condizioni di trasporto sulla tratta Bassano del Grappa - Padova.
(4-08623)


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Risposta. - In relazione all'atto parlamentare in argomento, occorre innanzitutto premettere che, come noto, il servizio di trasporto regionale, a seguito dell'attuazione del decreto legislativo n. 422/1997, come modificato dal decreto legislativo n. 400/1999, non è più di diretta competenza dello Stato.
Infatti, i servizi di trasporto regionale sono oggetto di appositi contratti fra Trenitalia spa e le competenti autorità regionali e, quindi, nelle problematiche relative a tale tipologia di trasporto non trova applicazione il contratto di servizio nazionale.
Ciò premesso, con riferimento alle condizioni di sovraffollamento sui treni che effettuano servizio regionale sulla linea Bassano del Grappa-Padova, Ferrovie dello Stato spa, ha riferito che il maggior afflusso di viaggiatori sulla linea in questione si registra nella tratta Camposampiero-Padova (19 chilometri percorsi mediamente in 25 minuti) «asse forte» del SFRM della città di Padova a servizio delle direttrici Bassano-Padova (non elettrificata) e Belluno-Padova (elettrificata da Castelfranco).
Per potenziare il servizio sulla relazione Bassano-Padova oltre all'immissione in servizio di treni ad alta frequentazione (TAF) sono state anche sostituite le automotrici diesel (posti offerti 272) con carrozze media distanza (posti offerti 380) nella composizione del treno regionale con partenza da Bassano alle ore 6.35 e del treno regionale con partenza da Padova alle ore 16.45.
Una riorganizzazione complessiva del servizio, con un incremento dell'offerta giornaliera, sarà possibile quando saranno ultimati i lavori che interessano attualmente la linea Bassano del Grappa-Padova.
La linea in questione, infatti, è inserita nel progetto denominato «sistema di comando e controllo del bacino Veneto e direttrice Pontebbana» che Rete Ferroviaria Italiana spa ha in corso di realizzazione e che consiste nell'introduzione della più avanzata tecnologia di gestione della circolazione dei treni in campo ferroviario.
Il sistema in argomento, oltre al comando e controllo della circolazione, effettua l'esame diagnostico in tempo reale degli apparati, la telesorveglianza delle stazioni e le informazioni al pubblico.
L'assetto del sistema di comando e controllo, nella sua configurazione finale, sarà raggiunto per fasi entro il 2005 e riguarderà il controllo della circolazione di circa 700 treni circolanti su 500 chilometri di linee, 70 posti di servizio e 68 apparati di stazione;
Peraltro, già nel dicembre 2002 sono stati attivati il «posto centrale» di Mestre ed un primo modulo della tratta tra Mestre e Bassano, con una estesa complessiva di 52 chilometri e che comprende 11 stazioni.
A novembre 2003 è stato inoltre attivato sul tratto Camposampiero-Padova il nuovo sistema di regolazione e controllo della circolazione in regime di blocco automatico banalizzato (BAB) che garantisce il distanziamento automatico dei convogli ed è funzionale al nuovo sistema di controllo e comando della circolazione (SCC), la cui attivazione sulla tratta Bassano-Padova è prevista entro breve tempo.
Nel tratto di circa 10 chilometri della linea Bassano del Grappa-Padova tra le stazioni Cittadella e Camposampiero sono in corso interventi di rinnovo dell'armamento che saranno conclusi entro la corrente stagione estiva.
La provincia di Padova, unitamente ad alcuni comuni, ha in corso con Rete Ferroviaria Italiana spa, la messa a punto di un programma integrato per la soppressione di alcuni passaggi a livello della tratta Cittadella-Camposampiero ed il miglioramento della gestione dei restanti attraversamenti.
Infine, nell'ambito del sistema ferroviario metropolitano regionale finanziato dalla Regione Veneto con risorse proprie e con finanziamenti statali recati dalla legge n. 211/1992, è prevista la realizzazione di parcheggi di scambio e sottopassi nelle stazioni della tratta Camposampiero-Padova oltre alla soppressione di tutti i passaggi a livello.
Il Sottosegretario di Stato per le infrastrutture e per i trasporti: Nino Sospiri.


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SCHERINI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
risulta all'interrogante che verrebbero continuamente esercitate insistenze sulla Direzione Generale dell'ANAS perché, in merito alla SS 38 si dia priorità al completamento della tangenziale di Sondrio;
il completamento della tangenziale di Sondrio, pur auspicabile, appartiene ad un ordine di priorità assolutamente secondario rispetto a quello che riguarda il I lotto della medesima SS 38 Trivio di Fuentes-Tartano, il lotto IV dell'attraversamento di Tirano e il lotto V relativo allo svincolo di Novate Mezzola sulla SS 36;
la stessa Amministrazione Comunale di Sondrio sia nell'edizione passata che nell'attuale, condivide pienamente il pensiero della Provincia -:
se sia a conoscenza del fatto esposto in premessa;
se intenda verificare quale posizione intenda assumere l'ANAS al riguardo.
(4-09393)

Risposta. - Si forniscono i seguenti elementi di risposta all'atto ispettivo presentato comunicati da ANAS spa.
L'importanza della viabilità di accessibilità valtellinese è stata riconosciuta nel 1o Programma delle infrastrutture strategiche e le relative problematiche sono oggetto di costante confronto tra la società stradale e la regione Lombardia.
Per quanto concerne le priorità, l'unico lotto inserito nel programma di appaltabilità 2004 dell'ANAS, seppure nelle more di un'integrazione al finanziamento oggi disponibile, risulta essere il 1o stralcio del lotto I della strada statale «Dello Stelvio» - Variante di Morbegno dallo svincolo di Fuentes allo svincolo di Tartano.
L'ANAS precisa inoltre che per i progetti definitivi dei lotti I - variante di Morbegno, IV - variante di Tirano e VII tangenziale di Sondrio, già approvati dal consiglio di amministrazione della società nel dicembre 2003, è stata avviata la procedura CIPE anche ai fini del finanziamento.
Il Viceministro delle infrastrutture e dei trasporti: Ugo Martinat.

SCIACCA. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
la legge 9 gennaio 1989 n. 13, concernente disposizioni per favorire il superamento e l'eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici privati, prevedeva la possibilità per i cittadini di accedere a contributi statali atti ad incentivare l'eliminazione delle suddette barriere architettoniche;
tale normativa prevedeva all'articolo 10 l'istituzione, presso l'allora ministero dei lavori pubblici, di un Fondo speciale per l'eliminazione e il superamento delle barriere architettoniche negli edifici privati;
tale Fondo, come previsto dalla normativa in oggetto, doveva essere ripartito annualmente tra le regioni che ne avevano fatto richiesta, ed a loro volta le regioni provvedevano a ripartirlo tra i comuni richiedenti -:
se tale normativa sia stata modificata o superata dalla riforma dell'articolo V della Costituzione;
in quale misura tali contributi siano stati erogati dall'entrata in vigore della suddetta legge e come siano stati ridistribuiti tra le varie regioni;
quali livelli di certezza possono vantare i cittadini di veder riconosciuto il loro diritto al rimborso in presenza, come denunciato da varie famiglie, di una totale indeterminatezza sul reale recupero delle somme impegnate in ristrutturazioni atte ad abbattere le barriere architettoniche;
se non si ritenga opportuno attivarsi affinché siano riviste le modalità ed i criteri di erogazione di contributi, previsti


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in varie normative, ponendo in essere criteri di certezza atti ad evitare inutili aggravi finanziari.
(4-08906)

Risposta. - In merito a quanto richiesto con l'atto ispettivo cui si risponde, si rappresenta che in relazione alle riforme introdotte dalla modifica del titolo V della Costituzione, è evidente come tali riforme accrescano significativamente il ruolo delle regioni, pur non incidendo direttamente sul testo della norma specifica.
Per quanto attiene la reale possibilità di rimborso ai cittadini si rappresenta che per la annualità 2004, la legge n. 13/1989 non è stata finanziata e, pertanto, si intende richiederne il rifinanziamento per un importo 150 milioni di euro da ripartire su tre annualità a partire dal 2005.
Infine, in relazione alle iniziative che si intende intraprendere, si informa che l'amministrazione interrogata è in procinto di ricostituire una commissione permanente con il compito, tra l'altro, di esprimersi sulle ripartizioni dei contributi statali nonché di determinare le soluzioni ai problemi derivanti dall'applicazione della normativa tecnica per l'abbattimento delle barriere architettoniche e di esaminare le proposte di aggiornamento e modifica della predetta normativa.
Il Viceministro delle infrastrutture e dei trasporti: Ugo Martinat.

SEDIOLI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
nella notte di lunedì 26 gennaio presso lo stabilimento della filiale di Forlì del Gruppo KWS (commercializzazione e produzione di sementi per l'agricoltura), si sono verificati atti vandalici, con finalità terroristica, attraverso l'esplosione di due bombole di GPL collegate con miccia a bottiglie di liquido infiammabile, mentre altri tre ordigni confezionati sempre in modo rudimentale restavano inesplosi;
sui muri dell'azienda gli esecutori dell'attentato hanno tracciato la scritta «basta! Gli OGM non entreranno in Europa!», connotando così l'atto come attentato «eco terrorista»;
l'esplosione e gli incendi conseguenti hanno provocato danni alla struttura dello stabilimento, mentre il forte boato ha destato viva preoccupazione e paura in un ampio territorio circostante. In ogni caso le limitate conseguenze dell'esplosione non possono essere sottovalutate rispetto al potenziale dei cinque ordigni se fossero esplosi contemporaneamente e se vi fosse stata la presenza di lavoratori all'interno dell'azienda;
l'attentato si inserisce in un momento di teso confronto sulle produzioni OGM e sulla loro coesistenza con l'agricoltura convenzionale e biologica, che rischia di essere turbato da iniziative violente che non favoriscono una conclusione razionale e neppure le posizioni volte alla difesa delle produzioni di qualità e dello sviluppo compatibile dell'agricoltura con l'ambiente e con il territorio -:
quali iniziative intenda assumere il Ministro per prevenire azioni che, come quella descritta in premessa, pregiudicano la sicurezza dei cittadini e determinano un pesante condizionamento su scelte decisive per l'agricoltura, per l'ambiente, per i consumatori.
(4-08702)

Risposta. - Si comunica che, nella notte tra il 26 ed il 27 gennaio 2004, ignoti hanno perpetrato un attentato ai danni della K.W.S. Italia s.p.a. di Forlì, filiale della casa madre tedesca di Einbeck che opera nel settore della produzione, selezione e commercializzazione di sementi e delle sperimentazioni genetiche sulle sementi stesse (cosiddette OGM).
Gli attentatori hanno posizionato rudimentali congegni esplosivi, a cui sono state collegate alcune bombole di gas propano custodite nell'azienda, in diverse zone dello stabilimento.
Un primo ordigno, collocato nei pressi della mensa, è esploso distruggendo la porta d'ingresso e causando seri danni alle suppellettili ed alle mura dell'adiacente magazzino


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di sementi. Un secondo ordigno, posto nelle vicinanze del bagno, non è deflagrato. forse a causa dell'abbondante nevicata che aveva interessato la zona.
È stato, inoltre, appiccato il fuoco alla cabina ENEL situata vicino al cancello dell'azienda e ad un quadro elettrico sul retro dell'edificio, dove è stato rinvenuto un terzo ordigno incendiario rimasto inutilizzato.
Nel piazzale antistante l'ingresso degli uffici gli attentatori hanno disseminato chiodi a quattro punte ed hanno lasciato alcuni cartelli riportanti avvisi di pericolo, mentre, nei pressi del varco praticato nella recinzione dello stabilimento, è stata rinvenuta una scritta di opposizione agli OGM.
A due giorni di distanza dall'episodio sono state recapitate, nelle sedi bolognesi del quotidiano
Il Resto del Carlino dell'Agenzia ANSA, due missive di rivendicazione.
Le indagini, di competenza della Direzione Distrettuale Antimafia di Bologna, sono indirizzate nei confronti del movimento cosiddetto «anarco-ambientalista». In particolare gli inquirenti ritengono che dietro l'episodio possa celarsi la regia di una cellula clandestina di matrice anarco-animalista/ambientalista, riconducibile al movimento «Animal Liberation Front».
Il prefetto di Forlì-Cesena ha riferito che è costante il monitoraggio da parte delle forze di polizia sulle attività e sui movimenti in tutto il territorio provinciale degli appartenenti a tale compagine.
Inoltre, al fine di prevenire analoghi episodi delittuosi è stata disposta un'intensificazione dell'attività di controllo del territorio.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Alfredo Mantovano.

SERENA. - Al Ministro per gli italiani nel mondo. - Per sapere - premesso che:
risulta all'interrogante che numerosi cittadini residenti in Svizzera, a Lugano, lamenterebbero un'insufficiente informazione relativamente alle prossime elezioni del «Comitato degli Italiani all'Estero»;
in particolare i votanti non sarebbero stati informati sui programmi dei singoli schieramenti che si presenteranno alle elezioni, né sulla personalità dei candidati, nonostante questi ultimi - non esistendo una legge sulla privacy in Svizzera - avessero facilmente potuto richiedere agli uffici consolari le liste degli elettori italiani -:
se non si ritenga prevedere in futuro opportune iniziative di coinvolgimento degli elettori nelle competizioni elettorali riguardanti l'elezione del «Comitato» nella Repubblica Elvetica.
(4-09445)

Risposta. - In occasione delle ultime elezioni per il rinnovo dei Comitati degli Italiani all'Estero (Comites), il Governo ha posto in essere numerose iniziative finalizzate ad assicurare un'efficace opera di sensibilizzazione del corpo elettorale.
Subito dopo l'indizione delle elezioni, tutte le sedi all'estero interessate hanno provveduto a diffondere, tramite i mezzi d'informazione maggiormente seguiti dalla comunità italiana, un comunicato stampa, precedentemente concordato con la I Commissione «Informazione e Comunicazione» del Consiglio Generale degli Italiani all'Estero (CGIE), contenente le notizie essenziali relative all'appuntamento elettorale.
Inoltre, nelle ultime settimane che hanno preceduto il giorno stabilito per le elezioni, si è svolta un'ulteriore campagna informativa condotta al fine di divulgare un nuovo comunicato incentrato sull'invito al voto e contenente le più importanti informazioni sui Comites e sulle modalità di voto. Si è trattato di un'operazione volta a sensibilizzare ulteriormente l'elettorato all'estero sull'importanza dell'appuntamento elettorale e sulle specifiche modalità del voto per corrispondenza.
In entrambi i comunicati gli elettori sono stati invitati a verificare la propria posizione anagrafica ed elettorale, segnalando eventuali anomalie ai rispettivi uffici consolari, i quali, seguendo la procedura prevista dalla normativa in vigore, si sono attivati per consentire anche a coloro che non risultavano iscritti nell'elenco degli


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elettori di esercitare ugualmente il diritto di voto.
Sono state inoltre contattate e interessate la RAI e RAI International con lo scopo di realizzare non solo una efficace campagna informativa, ma anche un'opera di sensibilizzazione dei connazionali all'estero finalizzata a far comprendere l'importanza delle elezioni.
Ogni elettore, infine, ha ricevuto il plico contenente il certificato elettorale, la scheda nella quale erano riportati i nominativi di tutti i candidati, il testo della legge ed un foglio informativo con le istruzioni sulle modalità di voto.
In particolare, l'ufficio consolare di Lugano ha condotto la campagna informativa utilizzando alcune testate in lingua italiana (
Il Dialogo, Il Ponte di Carta, Coincidenze, La Pagina, Rinascita, Corriere degli Italiani, La Rivista), l'emittente televisiva Teleticino e la radio locale R.S.I. - Radio della Svizzera di lingua italiana. La stessa sede ha inoltre organizzato numerosi incontri con le associazioni rappresentative della comunità italiana e con i locali rappresentanti dei Comites, nel corso dei quali sono stati illustrati i contenuti della legge 23 ottobre 2003, n. 286, e le modalità di voto per corrispondenza.
È stato altresì allestito, nei locali dell'ufficio consolare nonché nel sito internet dello stesso, un apposito spazio espositivo contenente notizie, comunicazioni ed informazioni di carattere istituzionale concernenti le elezioni dei Comites, quali ad esempio il decreto consolare d'indizione delle elezioni, le circolari informative e le liste dei candidati.
Tale spazio non poteva, invece, comprendere messaggi elettorali o promozionali, né eventuali programmi dei singoli candidati o delle liste, la cui diffusione è per ovvie ragioni demandata all'iniziativa delle parti interessate. A tal fine è stato messo a disposizione di tutti coloro che ne hanno fatto richiesta per fini elettorali l'elenco degli elettori con le necessarie correzioni relative agli indirizzi, nonché l'elenco aggiunto degli elettori ammessi al voto dall'ufficio consolare.
Si ritiene che tramite tali iniziative, che sono state intraprese anche dalle altre sedi in Svizzera interessate alle elezioni dei Comites, gli elettori abbiano ricevuto tutte le informazioni necessarie per esercitare correttamente il diritto di voto.
Il Ministro per gli italiani nel mondo: Mirko Tremaglia.

SGOBIO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, al Ministro delle attività produttive. - Per sapere - premesso che:
con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 14 febbraio 2003 è stato dichiarato, fino al 31 dicembre 2003, lo stato di emergenza in relazione all'attività di smaltimento dei rifiuti radioattivi dislocati nelle centrali nucleari presenti nel territorio delle regioni Lazio, Campania, Emilia Romagna, Basilicata e Piemonte giustificando tale dichiarazione con la maggiore gravità del rischio derivante dalla presenza sul territorio di tali rifiuti radioattivi nella attuale situazione di diffusa crisi internazionale;
con la successiva ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3267 del 7 marzo 2003 pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale del 17 marzo 2003, allo scopo di «assumere iniziative straordinarie e urgenti per la messa in sicurezza dei rifiuti radioattivi nonché procedure atte ad individuare soluzioni finalizzate a realizzare lo smaltimento dei medesimi rifiuti dislocati nelle centrali nucleari e nei siti di stoccaggio presenti sul territorio delle regioni Lazio, Campania, Emilia Romagna, Basilicata e Piemonte»:
1) viene nominato «Commissario delegato per la messa in sicurezza dei materiali nucleari... nonché alla predisposizione dei piani per l'avvio delle procedure di smantellamento delle centrali elettronucleari degli impianti del ciclo del combustibile nucleare dei depositi di materie


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radioattive» il presidente della Società di gestione degli impianti nucleari (SOGIN);
2) si stabilisce che «i piani degli interventi... sono inviati all'Agenzia per la Protezione dell'Ambiente e per i Servizi Tecnici che dovrà rilasciare il relativo parere tecnico entro 30 giorni dalla trasmissione del medesimo piano»;
3) viene stabilita la deroga, senza indicazione di limiti temporali, alle norme sotto elencate:
legge 31 dicembre 1962, n. 1860 (Uso pacifico dell'energia nucleare) e decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 230, come modificato dal decreto legislativo 26 maggio 2000, n. 241, per le norme concernenti i provvedimenti autorizzativi per gli impianti nucleari e per le relative modifiche;
legge 24 aprile 1975, n. 131 (ratifica del trattato internazionale di non proliferazione delle armi nucleari) e relativi adempimenti autorizzativi;
legge 7 agosto 1982, n. 704 (ratifica del trattato internazionale sulla protezione fisica dei materiali nucleari) e relativi adempimenti autorizzativi;
legge 8 luglio 1986, n. 349, articolo 6 e disposizioni normative regionali in materia di valutazione di impatto ambientale, per le norme concernenti i provvedimenti autorizzativi ivi previsti;
decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, per le disposizioni in materia di permesso di costruire contenute nella parte I, titolo I, capo II;
decreto del Presidente della Repubblica 18 aprile 1994, n. 383 e norme in esso richiamate (localizzazione delle opere di carattere statale);
regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, per le disposizioni in materia di concessioni per le derivazioni d'acqua per usi industriali;
decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 158, articolo 8, comma 6 e articolo 9;
decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 5 agosto 1997, n. 517 (lavori assoggettati alla normativa sui lavori pubblici);
decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, articoli 23, 24 e 25 (funzioni amministrative dei comuni per la realizzazione, l'ampliamento, localizzazione eccetera, licenza edilizia);
decreto ministeriale 26 gennaio 2001, articolo 13, comma 1 (etichettatura e imballaggio sostanze pericolose);
decreto ministeriale 27 febbraio 2002 per i punti E.1.3 e E.3.1 dell'annesso 3 (trasporti ferroviari di sostanze pericolose);
circolare del Ministero dei trasporti prot. 1772/4967/1, n. 162/96 del 16 dicembre 1996, per le norme sul trasporto di merci pericolose su percorsi stradali;
decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modifiche ed integrazioni, articoli 7, 19, 24, 35 e 36 (norme sul lavoro nelle Pubbliche Amministrazioni: gestione risorse umane, incarichi dirigenziali, trattamento economico, reclutamento del personale);
contratto collettivo nazionale di lavoro del personale dirigente dell'area 1, sottoscritto in data 5 aprile 2001;
contratto collettivo nazionale di lavoro del personale appartenente al comparto Ministeri, sottoscritto in data 19 febbraio 1999;
legge 11 febbraio 1994, n. 109 (Legge quadro in materia di lavori pubblici), articolo 2, comma 2, lettera b) (ambito di applicazione della legge);
decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 12 dicembre 2001;
decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 23 luglio 2002 (Ordinamento delle strutture generali della Presidenza del Consiglio dei ministri);


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decreto del Segretario generale della Presidenza del Consiglio dei ministri del 10 settembre 2002;
decreto del Presidente della Repubblica 23 maggio 2001, n. 316 (Accordo del personale della carriera prefettizia biennio 2000-1);
i motivi della nomina a Commissario per la messa in sicurezza dei materiali nucleari del Presidente della SOGIN, la società che gestisce gli impianti oggetto dell'ordinanza, riproponendosi così, ad avviso dell'interrogante in maniera acuta il problema del conflitto controllore-controllato;
chi garantirà la sicurezza delle attività sui materiali nucleari dal momento che, con la deroga alle norme della legge 31 dicembre 1962, n. 1860 (Uso pacifico dell'energia nucleare) e del decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 230, come modificato dal decreto legislativo 26 maggio 2000, n. 241, viene abolito il processo di autorizzazione per tali attività e quindi anche la preventiva verifica di adeguatezza dei progetti riguardo alla sicurezza nucleare e alla protezione sanitaria dei lavoratori e delle popolazioni, dal momento che risulta evidente che la sospensione delle norme che regolano i processi di autorizzazione in campo nucleare va in senso opposto all'obiettivo che si proclama di voler raggiungere, creando i presupposti per un minor grado di sicurezza degli impianti nucleari -:
se non ritengano dover allungare i termini entro i quali l'Agenzia per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici deve esprimere il parere, tenendo conto che le relative istruttorie riguardanti impianti estremamente complessi, necessitano di mesi, e a volte anche anni;
a chi verrà affidato il controllo sulla regolarità degli appalti dato che viene concessa ampia deroga alla vigente legislazione e che, secondo stime effettuate dalla SOGIN, i lavori di smantellamento delle centrali nucleari e degli impianti del ciclo del combustibile nucleare verranno a costare 3 milioni euro pari a circa 6.000 (seimila) miliardi di vecchie lire;
per quali motivi i costi dell'intera operazione della messa in sicurezza degli impianti saranno affrontati grazie al totale recupero dei fondi attraverso il ricarico sulla bolletta energetica; per quale motivo vengono derogate le norme sul lavoro nelle pubbliche amministrazioni, in particolare per quanto riguarda il reclutamento del personale, il trattamento economico, gli incarichi dirigenziali, la gestione delle risorse umane e quale altro tipo di norme si pensa di adottare, attraverso gli istituti del comando o del distacco in deroga alla vigente normativa in materia di mobilità;
per quale motivo sia stato prorogato il termine della dichiarazione di stato di emergenza fino al 31 dicembre 2003, quando la soluzione dei problemi relativi allo smantellamento degli impianti nucleari, alla loro messa in sicurezza, alla destinazione finale dei rifiuti radioattivi ad alta attività richiederà un tempo stimato di venti anni.
(4-05837)

Risposta. - Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 14 febbraio 2003 è stato dichiarato lo stato di emergenza in relazione all'attività di smaltimento dei rifiuti radioattivi dislocati nelle centrali nucleari presenti sul territorio delle regioni Lazio, Campania, Emilia Romagna, Basilicata e Piemonte.
Successivamente, con Ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri del 7 marzo 2003 n. 3267, sono state dettate disposizioni urgenti in relazione all'attività di smaltimento, in condizioni di massima sicurezza, dei materiali radioattivi dislocati nelle suddette centrali nucleari e nei siti situati sul territorio delle regioni interessate. Con lo stesso provvedimento è stato nominato, in qualità di commissario delegato per la sicurezza dei materiali nucleari, il presidente della Sogin e sono stati individuati i limiti della delega, ossia le attività che formano oggetto dell'incarico, e le norme cui lo stesso commissario può derogare nell'attuazione degli interventi necessari a far fronte all'emergenza.


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Più recentemente con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 7 maggio 2004, è stato prorogato fino al 31 dicembre 2004 lo stato d'emergenza precedentemente dichiarato e, con Ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri del 7 maggio 2004 n. 3355, si sono dettate ulteriori disposizioni urgenti.
Oggetto specifico della delega di cui alle citate ordinanze è l'attività di messa in sicurezza dei materiali nucleari con:
a) particolare riferimento al combustibile nucleare irraggiato ed ai rifiuti radioattivi ad alta attività;
b) la predisposizione dei piani per l'avvio delle procedure di smantellamento:
1) delle centrali elettronucleari di Garigliano (Caserta), di Trino Vercellese (Vercelli), di Caorso (Piacenza) e di Latina;
2) degli impianti di ENEA e Nucleco, limitatamente al settore del ciclo del combustibile;
3) dei depositi di materie radioattive Eurex e FIAT-Avio di Saluggia (Vercelli), impianto plutonio e impianto celle calde di Casaccia (Roma), ITREC di Trisaia (Matera);
4) degli impianti nucleari FN di Bosco Marengo (Alessandria).

Particolare importanza riveste il comma 6 dell'articolo 1 dell'Ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri, nel quale il Commissario delegato provvede all'adozione di ogni iniziativa utile per la predisposizione di uno studio volto a definire le soluzioni idonee a consentire la gestione centralizzata delle modalità di deposito dei rifiuti radioattivi.
Principali innovazioni dettate dall'Ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3355, d'integrazione e modifica, sono:
a) all'articolo 4 ove si stabilisce la possibilità di procedere, da parte del commissario delegato ad occupazione d'urgenza per le eventuali espropriazioni delle aree occorrenti per l'esecuzione delle opere;
b) all'articolo 6 dove si prevede che il Commissario delegato elabori specifici cronoprogrammi delle attività da porre in essere, articolati in relazione alle diverse tipologie d'azione e cadenzati per trimestri successivi, finalizzati alla messa in sicurezza dei materiali nucleari, con particolare riferimento al combustibile nucleare irraggiato ed ai rifiuti radioattivi ad alta attività, nonché alla predisposizione dei piani per l'avvio delle procedure di smantellamento degli impianti nucleari, stabilendo altresì le necessità temporali di straordinarietà ed emergenza. In tali cronoprogrammi sarà cadenzata anche la prevista emanazione del parere tecnico dell'Agenzia per la Protezione dell'Ambiente e per i Servizi Tecnici in funzione della complessità degli impianti.
Al comissario è stata quindi demandata, con le modalità dell'ordinanza medesima, l'attività autorizzativa facente capo al ministero delle attività produttive, riservando tuttavia ad APAT il ruolo istituzionale attribuito dal vigente quadro normativo al fine di garantire il rispetto degli standards della sicurezza e radioprotezione nazionali ed internazionali.
Si richiama infatti quanto disposto dal decreto legislativo del 17 marzo 1995, n. 230, e sue modifiche ed integrazioni, che all'articolo 10 specifica che «le funzioni ispettive per l'osservanza dello stesso decreto n. 230/1995 nonché, per quanto attiene alla sicurezza nucleare ed alla protezione sanitaria, della legge 31 dicembre 1962, n. 1860, sono attribuite all'ANPA, (ora APAT), che le esercita a mezzo dei propri ispettori» e inoltre che «nell'esercizio delle loro funzioni gli ispettori dell'ANPA sono Ufficiali di polizia giudiziaria». Sulla base di tale normativa l'organo di vigilanza è comunque svincolato
«ope legis», da qualsiasi ingerenza con l'autorità autorizzativa quale che sia, venendo quindi meno il problema del conflitto controllore-controllato lamentato.
Si sottolinea che la deroga disposta nell'ordinanza al decreto n.230/1995 ed alla legge 31 dicembre 1962, n. 1860, è esclusivamente riferita agli articoli concernenti i provvedimenti autorizzativi, e pertanto limitatamente


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alle procedure amministrative per l'ottenimento della necessaria autorizzazione.
Analogamente per quanto attiene il trasporto non avvengono deroghe in materia di sicurezza e protezione sanitaria.
La stessa ordinanza precisa che l'intera gestione dell'emergenza avvenga sotto l'alta sorveglianza della commissione tecnico-scientifica istituita presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, alla quale è affidato il ruolo istituzionale di garanzia globale tecnico-scientifica, soprattutto dal punto di vista dell'efficacia delle soluzioni adottate dal commissario ai fini della messa in sicurezza dei materiali nucleari e del rispetto delle normative di sicurezza nucleare, di radioprotezione e ambientali.
La deroga alle norme indicate nelle Ordinanze del Presidente del Consiglio dei ministri nn. 3267 e 3355, è comunque valida esclusivamente nell'ambito di validità dell'emergenza; trattasi quindi di deroga che segue temporalmente le stesse Ordinanze del Presidente del Consiglio dei ministri.
Le ulteriori deroghe disposte, nel rispetto dei principi generali dell'ordinamento, alle norme sul lavoro nelle pubbliche amministrazioni per quanto previsto al comma 2 dell'articolo 5, ed in particolare nel rispetto dell'articolo 7, della legge 15 maggio 1997, n. 127, che impone alle amministrazioni di mettere a disposizione il personale richiesto nel termine perentorio di quindici giorni, sono finalizzate a permettere una veloce organizzazione della struttura necessaria allo svolgimento dei compiti assegnati.
Il Sottosegretario di Stato per le attività produttive: Giovanni Dell'Elce.

SGOBIO. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
i sindacati di Cgil, Cisl e Uil dei lavoratori chimici della provincia di Matera hanno chiesto al presidente della giunta regionale della Basilicata, all'assessore alle attività produttive e al presidente di «Metapontum Agrobios», un incontro urgente per una verifica della situazione e dei programmi del centro di ricerca;
i sindacati lamentano il mancato rispetto di impegni sul piano di rilancio aziendale e chiedono certezze sul futuro occupazionale dei 45 dipendenti;
secondo i sindacati tutti gli «impegni sono stati finora disattesi poiché tutto avviene in presenza di una situazione sempre più incerta e confusa, con notevoli problemi di natura finanziaria, che rischiano seriamente di mettere in pericolo un centro di avanguardia nel settore della ricerca» -:
se non ritenga opportuno adoperarsi presso le parti nell'intento di dare risposte certe e definitive ai lavoratori del suddetto centro di ricerca, tutelandone la dignità ed i diritti e salvaguardando gli attuali livelli occupazionali, garantendo la continuità produttiva della struttura, in un'area purtroppo già attraversata da altre gravi e preoccupanti crisi.
(4-06081)

Risposta. - In relazione all'atto ispettivo in esame, si riferisce quanto rappresentato dalla Direzione Provinciale del Lavoro di Matera.
Per quanto attiene alla situazione occupazionale della società «Metapontum Agrobios» S.C.A.R.L. (Bernalda fraz.ne Metaponto - Matera), il 31 dicembre 2003, n. 6 lavoratori, in possesso del diploma di laurea, assunti con contratto di collaborazione coordinata e continuativa, hanno cessato il rapporto per scadenza del contratto medesimo. Inoltre, la suddetta società ha corrisposto ai propri dipendenti tutti gli stipendi maturati fino al mese di aprile 2004, ed ha versato tutti i contributi assicurativi e previdenziali.
Nell'Assemblea straordinaria, del 16 febbraio 2004, la ditta Metapontum ha deliberato di approvare la situazione patrimoniale al 31 ottobre 2003, che presentava una perdita di euro 2.789.921,00, ripianandola


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mediante l'utilizzo delle riserve per euro 506.538,00, l'azzeramento del capitale sociale di euro 1.300.000,00 ed, infine, con l'aumento del capitale sociale da euro 0,00 a euro 2.783.383,00, previa intesa che parte di tale aumento (euro 983.383,00) è imputato a copertura delle perdite, mentre la rimanente quota di euro 1.800.000,00 è destinato a costituire il nuovo capitale sociale.
Nel corso della stessa assemblea si è stabilito che le sottoscrizioni devono avere valore nominale e che si concludano entro un mese dall'iscrizione della delibera nel registro delle imprese. Inoltre, si è preso atto che il socio Bioren srl ha dichiarato di rinunciare irrevocabilmente ai diritto di opzione.
La nuova composizione societaria risulta costituita dalla regione Basilicata al 97,5 per cento e dall'Alsia al 2,5 per cento. Il ripianamento delle perdite e la ricapitalizzazione della società grava sulla Regione Basilicata per euro 1.755.000,00, mentre sull'Alsia per euro 45.000,00.
La regione Basilicata ha versato euro 1.000.000, mentre l'Alsia euro 25.607,00 pari al 36,8 della sottoscrizione dell'aumento del capitale sociale deliberato.
La stessa regione ha richiesto al consiglio di amministrazione il budget 2004/2007, con le considerazioni economiche e tecnico-scientifiche sulla società in esame ed a tutt'oggi non ha ancora deliberato sul predetto budget.
Da ultimo, si fa presente che la società Metapontum Agrobios ha provveduto a pagare solo qualche fornitore, per assicurare l'attività del Centro.
Il Ministro del lavoro e delle politiche sociali: Roberto Maroni.

SGOBIO. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro delle attività produttive. - Per sapere - premesso che:
ivertici dell'azienda «Schneider Eletric», fabbrica di Bragno di Cairo Montenotte (Savona), che produce trasformatori elettrici, hanno messo in mobilità 30 dei 139 dipendenti;
le organizzazioni sindacali di categoria giudicano «inaccettabile» la decisione dell'azienda ed hanno chiesto il ritiro dei licenziamenti, pena una mobilitazione che partirà sin dai prossimi giorni e che si concretizzerà in uno sciopero di otto ore;
solo 9 dei 30 dipendenti sulla strada del licenziamento potranno andare in pensione mentre per gli altri si profilano mesi se non anni di disoccupazione;
con la decisione dei vertici aziendali della Schneider Eletric, secondo i lavoratori, si va verso la progressiva eutanasia di una realtà produttiva nata nel 1919, a Savona, con le Officine elettromeccaniche Scarpa & Magnano -:
se non ritengano opportuno intervenire, ciascuno per gli ambiti di propria competenza, presso i soggetti interessati, a tutela dei diritti e della dignità dei lavoratori, al fine di scongiurare la suddetta decisione, individuando soluzioni alternative capaci di garantire gli attuali livelli occupazionali e utili ad assicurare un tranquillo futuro lavorativo e aziendale alla fabbrica.
(4-07274)

Risposta. - Con riferimento all'atto parlamentare cui si risponde, dagli accertamenti effettuati dalla Direzione Provinciale del Lavoro di Savona presso la Schneider Electric spa - Stabilimento di Cairo Montenotte, è emerso quanto segue.
L'attuale situazione occupazionale dell'unità di Cairo Montenotte della multinazionale francese, pare manifestare una inversione di tendenza rispetto al trend negativo che sta caratterizzando la Val Bormida savonese.
La dirigenza locale sembra aver pilotato, nella maniera migliore, la crisi che nell'autunno scorso aveva investito lo stabilimento, con la decisione di aprire una procedura di mobilità che doveva coinvolgere 30 addetti (26 operai e 4 impiegati).
Il provvedimento si era reso necessario a causa del perdurare di una forte contrazione del mercato che, dopo una fase di


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espansione nel corso degli ultimi anni novanta ha subito una drastica e repentina caduta dei volumi, che ancora permane.
Le pressioni sindacali, l'interesse delle forze politiche locali ed il patrocinio delle Istituzioni (primariamente la regione Liguria e la Provincia Savona), hanno indotto l'azienda ad una soluzione di compromesso; soluzione che è stata, poi, ratificata con verbale di accordo sindacale sottoscritto in data 17 novembre 2003 presso la locale sede dell'Unione Industriali.
I punti principali del predetto accordo sono:
a) Riduzione del numero delle maestranze in esubero per le quali avviare le procedure di mobilità: dalle iniziali 30 unità alle 23 concordate (di cui 19 operai e 4 impiegati);
b) incentivi di natura economica, al fine di ammortizzare l'uscita dal ciclo produttivo, per lavoratori con requisiti di pensionamento (per anzianità o vecchiaia) conseguiti nel corso o al termine del periodo di mobilità;
c) erogazione di incentivi per agevolare l'uscita volontaria di singoli lavoratori (non pensionabili), in aggiunta alle somme corrisposte per fine rapporto;
d) la possibilità offerta ai dipendenti in esubero, e non pensionabili, di accedere (su base volontaria), ad un percorso di ricollocazione professionale, curato da società specializzata nel settore, con costo a totale carico della Schneider;
e) potenziamento dello strumento della flessibilità, con innalzamento da 48 a 96 del numero delle ore utilizzabili in un anno per chiusure collettive.

Sulla base di tale accordo, attualmente la situazione risulta essere la seguente.
Sono stati posti in mobilità 21 addetti (di cui ben 13 su base volontaria); un pensionando già individuato e un altro addetto lasceranno il posto entro la fine dell'anno.
Il trend positivo, menzionato in precedenza, ha addirittura comportato, dal 10 febbraio 2004, l'assunzione, di ben 20 unità operaie (di cui 11 uomini e 9 donne), seppure con contratto di lavoro a termine della durata di mesi tre, ovviamente prorogabili.
Il Ministro del lavoro e delle politiche sociali: Roberto Maroni.

SGOBIO. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
il 15 dicembre 2003 i dipendenti della clinica psichiatrica «Colle Cesarano» di Tivoli hanno manifestato fuori della struttura sanitaria convenzionata con la Regione Lazio per chiedere il pagamento degli stipendi arretrati e la sicurezza del posto di lavoro;
da notizie in possesso dell'interrogante risulta che i lavoratori della clinica sono da due mesi in agitazione e senza stipendio -:
se non ritenga opportuno intervenire presso i soggetti interessati al fine di sbloccare positivamente la situazione, a tutela dei diritti, della dignità e delle professionalità dei lavoratori che, da oramai troppo tempo, vivono una situazione economicamente grave, dando loro risposte certe e rassicuranti sul loro futuro lavorativo.
(4-08383)

Risposta. - In relazione alla interrogazione parlamentare in esame, si rappresenta quanto comunicato al riguardo dalla Direzione Provinciale del Lavoro di Roma.
Il personale dipendente della Clinica Psichiatrica «Colle Cesarano», risulta ancora creditore di parte delle retribuzioni spettanti dal mese di novembre 2003.
Tale situazione è stata determinata dalla decisione assunta dalla Azienda Sanitaria Locale (ASL) RM G di trattenere delle somme a recupero di precedenti importi già erogati.
Tali importi riguardano il mancato riconoscimento di «supplementi di tariffa» per prestazioni di fascia superiore, peraltro,


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documentati dalla società in questione e già erogati dalla stessa ASL.
La società, infatti, eroga servizi sanitari di ricovero psichiatrico, in regime di provvisorio accreditamento con la Regione Lazio. La ASL Roma G, con sede in Tivoli, provvede alla verifica ed alla liquidazione delle fatture mensili, comunicando alla società gli importi da erogare.
In data 20 marzo 2004, presso l'Ufficio Territoriale di Governo, si è tenuta una riunione tra i rappresentanti della regione, della ASL, della Casa di cura e le organizzazioni sindacali, per esaminare la grave situazione economica che ha comportato sia il mancato pagamento degli stipendi, come sopra già accennato, sia l'interruzione del servizio di catering, da parte della società Sodexo, per i crediti non corrisposti, con gravi ripercussioni sull'attività ospedaliera.
Si è convenuto in tale incontro, di liquidare ad ogni dipendente, a fronte del mancato pagamento degli stipendi, la somma di 3.000 euro a titolo di acconto.
Il Ministro del lavoro e delle politiche sociali: Roberto Maroni.

SGOBIO. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
il 15 gennaio 2004 una settantina di lavoratori edili ha occupato il cantiere per la realizzazione di un centro polifunzionale e di una caserma dei carabinieri, nel quartiere Soccavo a Napoli;
da notizie provenienti da ambienti sindacali si apprende che, all'origine della protesta vi sarebbe la decisione dell'impresa esecutrice dei lavori, la ditta «Antonio Calabrese» di procedere a 40 esuberi per fine lavoro: di questi soltanto una ventina avrebbe i requisiti per poter beneficiare dell'indennità di disoccupazione speciale, mentre gli altri rischiano di essere licenziati senza alcuna indennità;
secondo la Fillea Cgil gli esuberi non sono giustificati poiché ancora c'è da portare a compimento tanto lavoro: dalla realizzazione della caserma dei carabinieri alle infrastrutture, come il verde attrezzato e le fogne;
se non ritenga opportuno intervenire presso i soggetti interessati al fine di scongiurare gli esuberi annunciati, a tutela dei diritti, della dignità e della professionalità dei lavoratori, in un'area geografica già purtroppo interessata da altre e gravi crisi economiche ed occupazionali.
(4-08550)

Risposta. - In relazione all'atto ispettivo in esame, si fa presente quanto comunicato al riguardo dalla Direzione Provinciale del Lavoro di Napoli.
I lavori di adeguamento sismico e di completamento del «Centro Polifunzionale del Rione Traiano a Soccavo» sono stati aggiudicati all'impresa Bonatti spa, con sede in Parma, che ha subappaltato, all'impresa «Ing. Antonio Calabrese srl» con sede in Napoli, l'esecuzione di una parte dei lavori di movimento terra (scavi e rinterri) ed altri affini, pari a lire 297.000.000 (euro 153.387,70), con contratto n. OC/10 del 22 ottobre 1999.
I relativi lavori hanno avuto inizio con la consegna del cantiere, in data 15 marzo 2000 e sono terminati in data 15 maggio 2000.
Il 18 maggio 2000, l'impresa Bonatti spa, con un altro contratto n. OC/159 ha affidato alla società Ing. Antonio Calabrese srl una parte delle opere edili, per un importo iniziale di lire 2.800.000.000, divenuti, poi, per effetto di sei atti aggiuntivi di estensione del subappalto, euro 4.246.500,00. Tali lavori dovrebbero concludersi nel mese di giugno 2004.
Durante l'esecuzione dei lavori, il comune di Napoli ha deciso di destinare alcune zone del complesso in parola alla locazione della Tenenza e Stazione dei Carabinieri del Rione Traiano.
I lavori per le trasformazioni necessarie alla nuova destinazione di dette aree, assieme a quelle per sistemazione a verde del complesso, non rientrano nel contratto originario d'appalto delle opere, stipulato tra il


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comune di Napoli e la Impresa Bonati spa e, come ovvia conseguenza, nemmeno nel contratto di subappalto sottoscritta dalla Ing. Antonio Calabrese srl, che, come prima esposto, terminerebbe il proprio intervento sul cantiere nel giugno prossimo per esaurimento dei lavori.
Le opere concernenti l'adeguamento di una delle torri da destinare all'Arma dei Carabinieri, saranno, presumibilmente, oggetto di nuova gara d'appalto da parte del Comune di Napoli.
La media dei lavoratori occupati presso il cantiere in esame è oscillata dai 35/40 lavoratori del 2000/2001 ai 48 del 2002, per passare ai 55 lavoratori del 2003; attualmente presso il predetto cantiere vi sono 52 operai e 2 impiegati tecnici.
I primi contatti informali con le rappresentanze sindacali per l'eventuale attivazione di procedure di mobilità e/o di disoccupazione speciale, sono stati presi dall'impresa, in considerazione del fatto che, la stessa, ha in corso tutti contratti in fase di ultimazione e, al momento non ha previsioni di commesse in cui possano essere utilizzate le maestranze attualmente in forza.
Il Ministro del lavoro e delle politiche sociali: Roberto Maroni.

SGOBIO e PISTONE. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
da notizie provenienti dalle organizzazioni sindacali di categoria si apprende che la «SEM» di Potenza, Società Esattorie Meridionali, ha avviato le procedure di licenziamento, decise dalla Direzione generale, a carico di 22 dei 95 dipendenti;
le organizzazioni sindacali di categoria, secondo cui non sussistono le condizioni per dichiarare eccedenze di personale, hanno annunciato per il prossimo 6 febbraio una manifestazione di protesta a Roma, davanti alla sede di «Capitalia», che controlla il 100 per cento dell'azienda potentina -:
se non ritengano opportuno intervenire, ciascuno per gli ambiti di propria competenza, presso i soggetti interessati, al fine di scongiurare i licenziamenti suddetti, a tutela dei diritti, della dignità e della professionalità dei lavoratori in questione, salvaguardando gli attuali livelli di occupazione, in un'area già purtroppo attraversata da altre e gravi crisi occupazionali.
(4-08667)

Risposta. - In relazione all'atto parlamentare in questione, si fa presente quanto comunicato dalla Direzione Provinciale del Lavoro di Potenza.
Dagli accertamenti effettuati sulla società S.E.M. spa è emerso che, il 3 dicembre 2003, la suddetta società ha informato le organizzazioni sindacali sullo stato di crisi che stava attraversando l'azienda, a causa della quale, sull'intero organico di 97 dipendenti, si era venuto a creare un esubero di 22 lavoratori.
La crisi, secondo la società in esame era riconducibile alla perdita delle entrate, scaturenti dalla gestione del servizio di riscossione per l'Acquedotto Pugliese.
Brevemente, si rappresenta che al suddetto Acquedotto è subentrato l'Acquedotto Lucano, che ha commissionato alla società S.E.M. solo la riscossione volontaria dei canoni inerenti il consumo dell'acqua, fino al 31 dicembre 2003, escludendo la riscossione coattiva affidata ad altri soggetti. A tale cambiamento è riconducibile la crisi aziendale ed il conseguente esubero di personale.
Il 30 gennaio 2004, a seguito della contestazione delle organizzazioni sindacali, si è tenuto un incontro presso la regione Basilicata, nel quale è stato raggiunto un accordo, in base al quale sono state revocate le procedure di licenziamento oltre che le iniziative di lotta sindacale.
Da ultimo, si fa presente che la società S.E.M. è impegnata nella ricerca di nuove opportunità e le organizzazione sindacali sostengono che le prospettive di mercato sono tali da scongiurare il licenziamento dei lavoratori in esubero.
Il Ministro del lavoro e delle politiche sociali: Roberto Maroni.


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SGOBIO. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro delle attività produttive. - Per sapere - premesso che:
nei giorni scorsi, i 160 lavoratori della «Multiservizi» di Brindisi, che nei mesi scorsi avevano già subito il taglio dell'orario di lavoro e il dimezzamento degli stipendi, hanno manifestato, attraverso forme di mobilitazione e di protesta, perché temono che la società, fortemente indebitata, possa essere messa in liquidazione;
la «Multiservizi», che ha un disavanzo di 900 mila euro e alla cui guida è stato nominato un commissario prefettizio per curare un piano di recupero, ha la concessione dei parcheggi a pagamento, la manutenzione del verde pubblico, la custodia e la pulizia dei locali comunali -:
se non ritengano opportuno attivarsi, ciascuno per gli ambiti di propria competenza, presso i soggetti interessati, al fine di salvaguardare l'attività produttiva dell'azienda e gli attuali livelli di occupazione, in un'area già purtroppo interessata da altre e gravi crisi economiche e occupazionali.
(4-08705)

Risposta. - In relazione all'atto ispettivo in esame, si riferisce quanto comunicato dalla Direzione Provinciale del Lavoro di Brindisi.
La società «Brindisi Multiservizi S.p.A.» è stata costituita il 9 novembre 1995 dai Comune di Brindisi - azionista maggioritario al 51 per cento - e dalla Termomeccanica S.p.A. di La Spezia - azionista al 44 per cento - e per la rimanente parte da privati. L'attività concerne i servizi di pulizia e di custodia degli immobili comunali, la manutenzione dei verde pubblico, delle strade, della segnaletica stradale, ed è svolta da n. 147 operai e n. 15 impiegati.
L'8 agosto 2003, la suddetta società ha avviato la procedura di riduzione del personale per 60 lavoratori, a causa di una riduzione dell'attività. Tale procedura si è conclusa il 12 dicembre 2003 presso il ministero interrogato, con un accordo che prevede l'impegno ad attivare un contratto di solidarietà, con una riduzione media dell'orario di lavoro di 12,5 ore settimanali.
In seguito, la società in esame ha presentato l'istanza per il contributo, di cui all'articolo 5, comma 5, della legge n. 236 del 1993, previsto per la suindicata riduzione dell'orario lavorativo, rinunciando alla quota di propria competenza e, al momento, il provvedimento è in corso di definizione.
La riduzione dell'attività, prima accennata, ha comportato, a partire dall'anno 2001 e fino al 2003, delle rilevanti perdite economiche, tanto che l'11 marzo 2004, la società «Brindisi Multiservizi S.p.A.» è stata sciolta e liquidata.
Ad ogni modo, si fa presente che il 5 marzo 2004, si è tenuto un incontro tra il Comune di Brindisi, la Provincia di Brindisi, il Consorzio SISRI, la Termomeccanica nonché le organizzazioni sindacali e datoriali, per individuare le iniziative idonee a rilanciare la produttività dell'azienda.
Da ultimo, si precisa che i lavoratori continuano a prestare la loro attività ad orario ridotto e risulta che i soci abbiano l'intenzione di intervenire, per ripianare le perdite economiche e la conseguente cessazione della liquidazione.
Il Ministro del lavoro e delle politiche sociali: Roberto Maroni.

SGOBIO. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
come riportato dal quotidiano il manifesto del 3 febbraio scorso, sono già 90 gli operatori del call center Imr, gruppo «Seat», di Torino, impegnati nella gestione del tanto pubblicizzato numero delle Pagine Gialle 892424, inquadrati con il contratto coordinato e continuativo, denominato Co.co.co, che chiedono il riconoscimento del loro rapporto di lavoro a tempo indeterminato, sostenuti in questa richiesta dal sindacato di categoria Nidil Cgil;


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i suddetti lavoratori, infatti, in quanto collaboratori coordinati e continuativi, oltre ad avere contratti «scopertissimi» da tutti i punti di vista (non hanno ferie, maternità, malattia e hanno contributi pensionistici al 14 per cento anziché al 33 per cento), denunciano una situazione di vera e propria insostenibilità contrattuale che regna all'interno dell'azienda;
non esiste un orario lavorativo settimanale fissato, si pretende la piena disponibilità di tempo del lavoratore, per cui un operatore può essere chiamato anche la stessa giornata per il fare il turno che fa comodo al call center, il tutto secondo una prassi che si è consolidata, seppur non scritta da nessuna parte;
dal resoconto giornalistico pubblicato su il manifesto risulta che per molti dei 300 operatori passati in questi anni per l'Imr, inoltre, che hanno deciso di iscriversi ad un sindacato o hanno attivato cause di lavoro, da parte dell'azienda è stato avanzato un accordo: la rinuncia ai propri diritti in cambio di soluzioni economiche o contrattuali più vantaggiose;
nel corso del 2003 l'ispettorato del lavoro ha fatto ispezione all'interno dei call center, rilevando ben 130 posizioni irregolari mentre l'Inps di Torino ha richiesto all'azienda di integrare i magri contributi fino ad allora versati -:
se non ritenga opportuno attivarsi presso i soggetti interessati al fine di ripristinare un corretto e rispettoso rapporto di lavoro all'interno della struttura, a tutela dei diritti e della dignità dei lavoratori, e individuando insieme alle parti soluzioni contrattuali a tempo indeterminato, capaci di garantire un futuro occupazionale certo e tutelato, sia sotto l'aspetto economico e sia sotto l'aspetto dell'osservanza dei diritti.
(4-08772)

Risposta. - In ordine all'atto parlamentare in argomento si riferisce quanto comunicato dalla Direzione Provinciale del Lavoro di Torino.
Presso la Ditta I.M.R., con sede legale in Torino, sono risultati occupati, oltre ai dipendenti assunti con contratto di lavoro subordinato, circa n. 130 lavoratori, qualificati giuridicamente come collaboratori coordinati continuativi, con mansioni di «operatore addetto alla postazione di call center».
Sulla base di quanto emerso dagli accertamenti ispettivi, la citata Direzione Provinciale ha ritenuto che, in realtà, i lavoratori con contratto cosiddetto «co.co.co», erano stabilmente inseriti nella struttura organizzativa dell'azienda e operavano in un regime di subordinazione, in quanto soggetti ad un potere direttivo, gerarchico e disciplinare.
Pertanto, si è proceduto al disconoscimento dei contratti di collaborazione coordinata continuativa di n. 113 dipendenti, mediante la notifica di illecito amministrativo, in data 3 marzo 2003, con il recupero di euro 14.549.986,61 di contributi previdenziali omessi e l'irrogazione di sanzioni amministrative per un totale euro 122.624,00.
In data 12 settembre 2003, la società I.M.R. srl ha sottoscritto una ipotesi di accordo con le segreterie territoriali SLC/CIGL, FISTEL/CISL, UILCOM/UIL al fine di mantenere il posizionamento raggiunto nel mercato storico di riferimento, nonché alla presenza della Segreteria Territoriale NIDIL/CGIL per la definizione transattiva dei rapporti di lavoro autonomo di collaborazione coordinata continuativa. In tale ipotesi di accordo, inoltre, è stato illustrato un insieme di interventi da eseguire sul fronte degli investimenti, dell'organizzazione del lavoro e della formazione professionale.
Per quanto concerne l'organizzazione del lavoro, nel citato accordo, si è convenuto che il numero degli addetti al call center doveva essere di n. 40 operatori con contratto di lavoro part time, a 4 ore giornaliere, a tempo indeterminato e di n. 20 operatori con contratto di lavoro part time, a 4 ore giornaliere, a tempo determinato. Inoltre le suddette assunzioni avrebbero interessato i lavoratori già occupati presso l'azienda e, indicativamente, a far data dal


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15 gennaio 2004, sarebbero cessati tutti i precedenti contratti di collaborazione.
In data 12 marzo 2004, la società I.M.R. ha contestato il predetto illecito amministrativo e la Direzione Provinciale del lavoro ha proceduto alla emissione, ex articolo 18, legge n. 689/81, delle ordinanze di ingiunzione di pagamento delle sanzioni amministrative per le violazioni in materia di collocamento, libretto di lavoro e prospetti paga.
Ad oggi non risulta proposta alcuna opposizione ai sensi dell'articolo 22, della legge n. 689/1981.
Da ultimo, si osserva che proprio per garantire una maggior tutela ai lavoratori, il decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, è intervenuto a regolare le collaborazioni coordinate e continuative, prevedendo oltre al noto presupposto del progetto, anche, un adeguato sistema di tutele compatibile con la natura autonoma del rapporto.
Il Ministro del lavoro e delle politiche sociali: Roberto Maroni.

SGOBIO. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro delle attività produttive. - Per sapere - premesso che:
il 1 marzo scorso, circa duemila persone hanno partecipato alla manifestazione di protesta indetta da Cgil, Cisl e Uil per la crisi dell'azienda tessile «Miroglio» - coincisa con uno sciopero di 24 ore negli stessi stabilimenti, a cui hanno aderito con i loro gonfaloni i comuni di Palagiano, Palagianello, Laterza e Ginosa - che ha annunciato la messa in mobilità di 65 lavoratori fra gli stabilimenti di Castellaneta, ormai quasi chiuso, e Ginosa;
l'azienda «Miroglio» due anni fa aveva sottoscritto un accordo in base al quale avrebbe dovuto chiudere lo stabilimento di Castellaneta, trasferendo i 50 dipendenti nello stabilimento di Ginosa;
secondo i vertici aziendali, però, a causa della crisi del settore derivante soprattutto dalla concorrenza cinese, nello stabilimento di Castellaneta sono rimasti a lavorare 12 dipendenti che ora dovrebbero andare in mobilità, insieme con 53 lavoratori di quello di Ginosa, che conta attualmente 340 unità -:
se non ritengano opportuno intervenire, ciascuno per gli ambiti di propria competenza, presso i soggetti interessati, al fine di individuare una soluzione capace di tutelare i lavoratori interessati e di garantire un futuro produttivo certo e sicuro all'azienda stessa, in un'area già purtroppo interessata da altre e gravi crisi economiche e occupazionali.
(4-09173)

Risposta. - La Direzione Provinciale del Lavoro di Taranto riferisce che la società «Filatura e Tessitura di Puglia spa» è presente nella provincia di Taranto con due unità produttive, una a Castellanateta e l'altra a Ginosa.
Il 3 luglio 2003, la società in esame ha avviato la procedura per l'intervento della Cassa integrazione guadagni straordinaria, a favore dei 49 dipendenti dello stabilimento di Castellaneta, per cessazione dell'attività.
Il 30 luglio 2003, presso il ministero interessato è stato sottoscritto un accordo per l'intervento suddetto di Cassa integrazione guadagni straordinaria e per il contestuale impegno a riassorbire tutte le 49 unità lavorative, presso lo stabilimento di Ginosa, secondo un preciso scadenzario, in virtù del quale n. 12 lavoratori sarebbero stati assorbiti dal 1o gennaio 2004, n. 16 dipendenti dal 1o agosto 2003 (previa riqualificazione professionale) ed, infine, i rimanenti 21 lavoratori alla scadenza del periodo di Cassa integrazione guadagni straordinaria.
Inoltre, in tale accordo, la società confermava il ruolo strategico dello stabilimento di Ginosa e assumeva l'impegno ad investire sullo stesso stabilimento, nel corso del 2003, la somma di 800.000 euro, necessario alla attività di ritorcitura prima espletata nella unità produttiva di Castellaneta. Oltre a ciò, l'impegno comprendeva l'acquisto di due nuove macchine per la ritorcitura, del valore complessivo di


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300.000 euro, l'adeguamento della rete informatica, per una spesa di 150.000 euro e la manutenzione ordinaria e straordinaria delle strutture, per una spesa prevista di 1.300.000 euro.
Pertanto, la società, complessivamente, si impegnava, per il 2003, ad effettuare un investimento pari a 2.550.000 euro.
Il 3 febbraio 2003, tuttavia, la «Filatura e Tessitura di Puglia spa» ha avviato la procedura di mobilità per n. 65 lavoratori, di cui 40 occupati preso lo stabilimento di Ginosa e n. 25 dipendenti occupati presso Castellaneta, per riduzione dell'attività (riduzione complessiva di 7 milioni di metri di prodotto finito).
Le organizzazioni sindacali, nel corso delle consuete consultazioni, hanno contestato sia la mobilità, sia il mancato rispetto del già menzionato accordo, sottoscritto presso il ministero del lavoro e degli affari sociali.
Il 30 aprile 2004, pertanto, c'è stato un nuovo incontro, presso l'amministrazione, interrogata tra le parti interessate ed è stato raggiunto un nuovo accordo, nel quale si prevede la revoca della procedura di mobilità, con l'avvio dell'intervento di Cassa integrazione guadagni straordinaria per crisi aziendale, per 60 lavoratori dello stabilimento di Ginosa, a far data dal 14 maggio 2004, per 12 mesi.
Il Ministro del lavoro e delle politiche sociali: Roberto Maroni.

SGOBIO. - Al Ministro delle difesa, al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
documenti non secretati del Pentagono attesterebbero la trasformazione della base navale di Taranto in base NATO e che, sin dall'ottobre del 2002, Taranto sarebbe diventata Comando Nato con la sigla «ComitMarFor»;
la fonte http://www.pacelink.it profila l'eventualità che la base navale di Taranto sia chiamata dal 2005 ad ospitare la sesta flotta americana, di cui sarebbe già stato deciso il trasferimento da Gaeta;
in particolare, sempre secondo la detta fonte, documenti ufficiali del Pentagono attesterebbero, sempre a Taranto, la costituzione di una «high readiness force» (comandi proiettabili ad alta prontezza) di tipo navale, che si andrebbe ad affiancare ad una «high readiness force» di terra, ubicata a Milano, in un apposito nuovo quartier generale della NATO;
malgrado le intervenute smentite da parte di alcuni rappresentanti del ministero della difesa italiano, dalla mappa del Pentagono, ricavabile dal sito del Dipartimento della difesa USA, risulta chiaramente che l'unica sede deputata ad accogliere la sesta flotta USA nel nuovo ruolo del comando NATO è Taranto -:
se rispondano al vero le notizie diffuse dalle sopraccitate fonti e quale sia la posizione del Governo in merito alle ipotesi di Taranto quale sede per la costituenda base NATO, anche alla luce delle recenti dichiarazioni del Ministro degli affari esteri Frattini, relativamente alle nuove scelte della NATO che saranno decise nel prossimo vertice di Instanbul.
(4-09339)

Risposta. - Occorre preliminarmente precisare che la presunta notizia per le quale la base navale di Taranto sia chiamata dal 2005 ad ospitare la sesta flotta americana è destituita di fondamento.
La nuova Stazione navale in Mar Grande a Taranto è stata realizzata per soddisfare le esigenze operative delle Unità della Marina Militare italiana.
In relazione agli accordi vigenti potranno, occasionalmente e su base di reciprocità, essere ormeggiate anche Unità Navali di passaggio, appartenenti alla NATO.
Nell'ambito del processo di ristrutturazione delle Forze della NATO, volto a dotare l'Alleanza di forze proiettabili, si è provveduto nel contesto dei programmi di ristrutturazione dei Comandi dipendenti dal Comando in Capo della Squadra Navale (CINCNAV), ad operare la riconfigurazione del


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Comando delle Forze d'Altura (COMFORAL), che ha sede a Taranto, in una nuova struttura di Comando destinata ad operare sia in ambito nazionale sia nel quadro dell'Unione Europea che quello NATO (COMFORAL/COMITMARFOR).
Analoghi Comandi sono stati riconfigurati in Gran Bretagna (COMUKMARFOR) e in Spagna (COMSPMARFOR).
Il Comando in questione, il cui staff è costituito da personale italiano, è integrabile nei rispettivi contesti per le operazioni a guida europea e NATO da alcuni rappresentanti multinazionali (Spagna, Germania, Paesi Bassi, Gran Bretagna, USA, Turchia).
Lo stesso Comando è deputato, a rotazione con i Comandi navali spagnolo e britannico, alla condotta delle operazioni marittime della Forza di Risposta NATO (NRF).
In conclusione si assicura l'interrogante che la base navale di Taranto è e rimane ad esclusivo controllo nazionale.
Il Ministro della difesa: Antonio Martino.

SGOBIO. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
i 26 dipendenti della Sim di Pozzili, in provincia di Isernia, che oltre un anno fa trovarono le porte dello stabilimento in cui lavoravano chiuse, vivono una situazione al limite del paradossale, tanto da diventare dei perfetti sconosciuti sia per lo Stato, sia per la Regione e sia per la magistratura;
nella primavera scorsa, l'azienda presso cui lavoravano - appartenente ad un gruppo bergamasco, che si occupava della raccolta e dello smaltimento di rifiuti liquidi industriali e non - interruppe all'improvviso la produzione poiché il nucleo industriale le sospese la fornitura idrica per morosità;
a tale sospensione seguì la chiusura improvvisa dello stabilimento a cui fece seguito un provvedimento di sequestro della Procura di Isernia, nell'ambito di un'indagine, ancora in corso, per inquinamento ambientale;
da allora i lavoratori non hanno avuto più alcuna comunicazione di nessun genere, nemmeno dagli uffici pubblici, ed a tutt'oggi si trovano a vivere nell'incredibile condizione di lavoratori che non sono stati licenziati, non sono in cassa integrazione e neanche in mobilità, non percepiscono lo stipendio da 13 mesi e neanche hanno notizie del datore di lavoro -:
se non ritengano opportuno intervenire, ciascuno per gli ambiti di propria competenza, presso i soggetti interessati al fine di fare piena e definitiva luce sulla vicenda, tutelando i diritti, la dignità e le professionalità dei lavoratori, che vivono con giustificata e profonda angoscia una situazione davvero inimmaginabile, che pesa solo e pesantemente sulle loro famiglie.
(4-09414)

Risposta. - In ordine all'atto parlamentare in esame, si riferisce quanto comunicato dalla Direzione Provinciale del Lavoro di Isernia.
La situazione di disagio occupazionale riguardante i dipendenti della società SIM srl, di Pozzilli è ricollegabile a due diverse e contestuali situazioni negative verificatesi nei mesi di aprile e maggio 2003.
Nel mese di aprile 2003, infatti, alla società SIM, operante nel settore dell'ecologia, è stata revocata l'autorizzazione dei servizi industriali, per morosità nei confronti del Consorzio del Nucleo Industriale di Pozzilli.
A seguito di tale revoca, la società in data 14 aprile 2003 ha effettuato prima il fermo degli impianti e successivamente, in data 17 aprile 2003, ha chiuso lo stabilimento.
Inoltre, in data 26 maggio 2003, l'impianto è stato sottoposto a sequestro preventivo, da parte degli organi giudiziari competenti, a seguito delle indagini in materia di inquinamento ambientale già in corso al momento del fermo anzidetto e, da tale data inizia il blocco ininterrotto delle attività.
Il fermo degli impianti, inserito in un contesto di difficoltà economiche della società,


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ha determinato per le maestranze l'inizio di un lungo periodo di incertezze, poiché, in assenza di licenziamento, viene meno anche la possibilità di poter usufruire delle indennità previste in materia di ammortizzatori sociali.
Pertanto, a causa della mancata corresponsione delle spettanze salariali già maturate, i dipendenti hanno richiesto alla commissione di conciliazione di esperire il tentativo di conciliazione che, in data 23 settembre 2003, si è concluso negativamente per la mancata comparizione del datore di lavoro.
La situazione, comunque, si è chiarita nel mese di marzo 2004, quando la società, nel valutare l'impossibilità di una ripresa, anche parziale delle attività, ha dato l'avvio alla procedura di riduzione del personale con la conseguente messa in mobilità delle maestranze, ai sensi della legge n. 223 del 1991.
La citata procedura si è conclusa con accordo sindacale, il 23 aprile 2004, sottoscritto presso l'Associazione Industriali del Molise e in pari data la società ha comunicato la risoluzione dei rapporti di lavoro.
Per quanto concerne le retribuzioni già maturate, inoltre, presso la sede dell'Associazione degli Industriali del Molise, le parti hanno raggiunto accordi transattivi, con verbali individuali di conciliazione, il cui deposito è avvenuto in data 28 aprile 2004, presso la Direzione Provinciale di Isernia.
Gli accordi sopra menzionati prevedono:
a) per n. 7 dipendenti dimissionari, il pagamento delle spettanze entro maggio 2004;
b) per il restante personale il pagamento delle spettanze entro il corrente anno nonché la messa in mobilità.
Il Ministro del lavoro e delle politiche sociali: Roberto Maroni.

SGOBIO. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro delle attività produttive. - Per sapere - premesso che:
i vertici aziendali della ditta «Forall by Pal Zileri», che produce capi di abbigliamento e che attualmente occupa 959 dipendenti, suddivisi in tre sedi, due nel vicentino e una nel padovano, hanno comunicato verbalmente, durante un incontro sindacale, l'intenzione di andare ad un ridimensionamento delle capacità produttive, riorganizzando i propri centri di produzione con il taglio di 90 posti di lavoro nelle sedi vicentine e chiudendo la sede padovana di Legnaro, con conseguente licenziamento dell'intero organico;
dallo stabilimento di Legnaro escono capi d'abbigliamento particolari, avendo delle attrezzature specifiche, con produzioni che altrove sarebbero difficoltose da realizzare se non attraverso una riconversione tecnico/produttiva e conseguente qualificazione professionale di addetti -:
se non ritengano opportuno intervenire, ciascuno per gli ambiti di propria competenza, presso i soggetti interessati, al fine di scongiurare le suddette decisioni, a tutela dei diritti, della dignità e delle professionalità dei lavoratori, garantendo loro un futuro occupazionale certo e sicuro e tutelando così l'attività produttiva dell'azienda stessa.
(4-09716)

Risposta. - In relazione all'atto parlamentare in argomento, si fa presente quanto comunicato dalla Direzione Provinciale del Lavoro di Padova.
In data 18 aprile 2004, presso l'Ufficio Territoriale di Governo si è tenuto un incontro tra i rappresentanti delle Associazioni Industriali di Padova e Vicenza, del rappresentante della società «Forall spa» di Legnano, degli Assessori provinciali e regionali al lavoro e del sindaco di Legnano, per esaminare la situazione sorta a seguito della decisione aziendale di mettere in liquidazione la società con il conseguente avvio della procedura di licenziamento per n. 152 lavoratori.
In tale sede sono state valutate varie possibili soluzioni atte a scongiurare il licenziamento dei citati lavoratori, come la ricollocazione presso altre aziende o il trasferimento dei lavoratori presso lo stabilimento


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di Quinto Vicentino, nonché il ricorso agli ammortizzatori sociali, senza tuttavia raggiungere alcuna decisione.
Allo stato attuale, in considerazione della disponibilità degli intervenuti al predetto incontro, si sta valutando di proseguire il confronto, per concordare, all'interno della procedura di consultazione prevista dalla legge n. 223 del 1991, ogni possibile intervento finalizzato a risolvere il problema occupazionale.
Per quanto concerne, poi, la situazione occupazionale dello stabilimento di Quinto Vicentino, la direzione provinciale del lavoro di Vicenza riferisce che l'azienda in esame ha ridotto il numero dei lavoratori interessati dalla mobilità da n. 90 a n. 26 dipendenti.
Il Ministro del lavoro e delle politiche sociali: Roberto Maroni.

SGOBIO. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
i 73 addetti dell'impresa «Sistema Snc», che si occupa, in subappalto, delle pulizie all'interno dell'Università degli Studi dell'Aquila, hanno indetto uno sciopero per il prossimo 26 maggio;
la protesta, proclamata da Cgil, Cisl, Uil e Ugl scaturisce dal taglio delle ore di lavoro imposto dalla ditta, la «Sistema Snc» che ha avuto il subappalto dalla «Manutencoop», a sua volta subentrata all'aquilana «Cofathec», che aveva gestito il servizio negli anni precedenti;
da notizie provenienti da ambienti sindacali si apprende che la ditta ha fatto sapere che non ci sarà nessun taglio al monte ore, ma una ridistribuzione delle stesse su cinque giorni anziché su sei, togliendo il sabato e spezzettando in due turni la giornata lavorativa: una proposta che i sindacati e gli stessi lavoratori hanno definito «inaccettabile»;
le organizzazioni sindacali di categoria hanno fatto sapere di non essere contrari ai cinque giorni ma al fatto che i turni spezzettati spingerebbero molti lavoratori e soprattutto molte lavoratrici a rinunciare ai turni di mattina, con conseguente decurtazione del già misero compenso di 500 euro, oppure addirittura alle dimissioni -:
se non ritenga opportuno intervenire, presso i soggetti interessati, al fine di tutelare i diritti dei lavoratori, con l'obiettivo di giungere, insieme alla parti in causa, ad un accordo rispettoso della dignità dei dipendenti.
(4-10026)

Risposta. - Con riferimento all'interrogazione in questione, si comunicano le risultanze degli accertamenti effettuati dalla Direzione provinciale del lavoro di L'Aquila.
La Soc. coop. A r.l. - Consorzio Cooperative Costruzioni ed Impresilo Servizi spa, (poi costituitasi in data 22 novembre 2002 in società consortile a responsabilità limitata denominata «S.I.M.A. GEST3 SOC.CONS.A R.L.) è risultata aggiudicataria della gara bandita da CONSIP per la fornitura del «servizio di gestione integrata degli immobili in uso a qualsiasi titolo alle pubbliche amministrazioni» ai sensi dell'articolo 26 della legge 23 dicembre 1999, n. 488, per gli immobili ubicati nelle regioni Toscana, Lazio (escluso il comune di Roma), Umbria ed Abruzzo, sottoscrivendo la relativa Convenzione Consip in data 6 marzo 2002.
A seguito di tale convenzione Consip l'A.T.I. suddetta ha stipulato con l'Università degli Studi di L'Aquila l'ordinativo di fornitura per il Servizio di pulizia, reception e fornitura materiale di consumo per i servizi igienici per la durata di anni quattro, a partire dal 2 gennaio 2004.
In relazione a quanto sopra, la società Consortile S.I.M.A. Gest3 ha subappaltato alla SISTEMA Snc di Gualtieri Stefano & C. «il servizio di pulizia, reception e fornitura materiale di consumo per i servizi igienici» (già oggetto di convenzione CONSIP).


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Tale subappalto è stato autorizzato, con riferimento all'articolo 18 della legge 19 marzo 1990, n. 55, dall'Università degli Studi di L'Aquila in data 31 dicembre 2003, riconoscendo all'impresa subappaltatrice «...un corrispettivo con ribasso sul presso offerto per l'appalto non superiore al 20 per cento ...».
Per l'esecuzione di tale appalto, la Sistema ha occupato 61 lavoratori, già dipendenti delle precedenti imprese che avevano l'appalto fino al 31 dicembre 2003, con un orario di lavoro ripartito su sei giorni settimanali (lunedì-sabato).
Poiché il subappalto prevedeva l'esecuzione dei lavori di pulizia su cinque giorni settimanali, e vista l'impossibilità da parte della Sistema di ottenere dalla società appaltatrice l'estensione del contratto anche per la giornata del sabato, la società Sistema stessa si è trovata a dover retribuire ai dipendenti un monte ore superiore rispetto a quelle pagate dalla S.I.M.A. Gest3; per questo motivo la società Sistema ha proposto di ridurre il monte ore settimanali dei dipendenti, ovvero di licenziare 7 dipendenti.
A fronte dei contrasti intervenuti, le parti (S.I.M.A. Gest3 e Sistema Snc) hanno consensualmente rescisso il contratto di subappalto con decorrenza 15 luglio 2004; i dipendenti in forza saranno riassunti direttamente dalla società appaltatrice.
In ultimo si fa rilevare che tenuto conto del disposto dell'articolo 26 della legge 23 dicembre 1999, n. 488, il quale testualmente recita «...stipula...convenzioni con le quali l'impresa prescelta si impegna ad accettare, sino a concorrenza della quantità massima complessiva stabilita dalla convenzione ed ai prezzi e condizioni ivi previsti ordinativi di fornitura...», l'appalto di cui sopra non poteva essere subappaltato nonostante l'autorizzazione dell'Università.
Per tale motivo la competente direzione provinciale del lavoro ha interessato la Corte dei conti per l'eventuale azione di competenza.
Il Ministro del lavoro e delle politiche sociali: Roberto Maroni.

SUSINI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
da diversi anni si è affermato presso il penitenziario di Gorgona (Livorno) un modello di carcere diverso da quello che si attua negli altri istituti di pena;
tale modello ha dato nel corso degli anni risultati importanti e documentati per quanto riguarda il recupero dei detenuti e il loro reinserimento nella società;
il lavoro e l'impegno dei detenuti ha contribuito inoltre alla preservazione e alla valorizzazione di un ambiente naturale che fa dell'isola una realtà di grande pregio paesaggistico;
era allo studio da parte dell'Amministrazione carceraria un progetto teso a consolidare e rilanciare il modello di «Carcere aperto» realizzato a Gorgona attraverso nuovi criteri di selezione dei detenuti fondati sulla bassa pericolosità sociale e la provenienza da comuni toscani;
è in corso di stipula un Protocollo di Intesa tra la Direzione del Carcere di Gorgona e la Regione Toscana e gli Enti locali livornesi tale da rappresentare una cornice generale alla quale dovranno essere riferiti i progetti, le attività e le iniziative attuate sull'isola;
da tempo è in atto un rapporto proficuo e costante tra la Direzione del Carcere e l'associazionismo livornese impegnato a supportare le attività lavorative che i detenuti svolgono sull'isola;
i due recenti delitti che sono avvenuti sull'isola hanno condotto l'amministrazione carceraria ad assumere iniziative circa il trasferimento di una parte notevole dei detenuti attualmente presenti a Gorgona nonché la sospensione del Comandante della Polizia Penitenziaria e del Direttore, quest'ultimo unanimemente riconosciuto come l'ispiratore e la vera e propria anima di quel nuovo modello di detenzione -:
quali iniziative intenda assumere per salvaguardare e rilanciare il modello di «Carcere Aperto» che è stato attivato presso il Penitenziario di Gorgona.
(4-09543)


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Risposta. - Si rappresenta che, pur a seguito degli eventi delittuosi che si sono verificati e che hanno sconvolto la gestione dell'istituto di Gorgona, si ritiene opportuno confermare la volontà dell'amministrazione penitenziaria di dare nuovamente impulso a tutti gli importanti percorsi progettuali integrati intrapresi nel corso degli anni insieme agli enti locali ed al Volontariato.
In particolare, allo stato, sono in corso o in fase di progettazione, presso la casa di reclusione di Gorgona, le seguenti iniziative:
a) rinnovo della convenzione con gli enti locali (Ente Nazionale Arcipelago Toscano e Centro Universitario di biologia marina ed ecologica applicata - regione Toscana - provincia e comune di Livorno) teso a sviluppare specifici programmi di intervento nel settore ittico, idrogeologico ed agricolo, attraverso percorsi di formazione professionale ed attività lavorativa per i detenuti;
b) progetto «comunità aperta» proposto dal direttore e dal Provveditorato regionale.

Quest'ultima ipotesi progettuale, è tuttora al vaglio della competente direzione generale del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria.
Il Ministro della giustizia: Roberto Castelli.

TIDEI, DUCA e RAFFALDINI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
il decreto legislativo 15 gennaio 2002, n. 9, ha introdotto il patentino per la guida dei ciclomotori;
detto certificato sarà obbligatorio per i conducenti minorenni che non siano già titolari della patente di guida della sottocategoria A/1;
è possibile ottenere tale certificazione sia nelle autoscuole che presso gli Istituti scolastici previo superamento di specifico esame volto ad ottenere l'idoneità prevista;
per ciò che riguarda la frequentazione dei corsi appositi nelle scuole era prevista la copertura delle spese con l'utilizzo del 7,5 per cento delle multe agli automobilisti e motociclisti italiani;
tale aliquota doveva essere versata dal Ministero dell'Economia e delle Finanze al Ministero dell'Istruzione;
non risulta che il Ministero del Tesoro abbia versato al MIUR le cifre corrispondenti. L'UNASCA - associazione di categoria delle autoscuole - dichiara che i primi cinque milioni sono arrivati solo il 16 giugno e perciò in ritardo per essere adeguatamente utilizzati;
in conseguenza la copertura dei costi per l'espletamento dei corsi delle scuole è stato notevolmente ridotto rispetto alle previsioni;
da notizie di stampa si apprende che erano stati programmati ben 26.000 corsi per 700.000 partecipanti in più di 6.000 scuole;
in conseguenza dei ritardi e delle inadempienze pare che dei 700.000 aspiranti solo 181.000 studenti hanno ottenuto l'idoneità e si prevede che solo 250.000 riusciranno ad ottenerla entro il 30 giugno 2004;
per molte famiglie di studenti la frequentazione del corso gratuito avrebbe rappresentato una misura di sostegno;
l'unica possibilità per migliaia di studenti, in conseguenza della scadenza del decreto al 30 giugno 2004 sarà quella di rivolgersi alle autoscuole, dunque a pagamento;
molte famiglie non saranno certamente in condizione di sostenere le spese per la frequentazione dei corsi privati;
moltissimi giovani cittadini saranno costretti a fermare i propri ciclomotori;
le inadempienze dei vari ministeri per la copertura delle spese dei costi potrà comportare una «circolazione non autorizzata» per mancanza di certificazione;


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l'ipotesi abbastanza possibile della via della circolazione illegale metterà in forte difficoltà le forze dell'ordine -:
se il Ministro interrogato intenda adottare un'iniziativa normativa volta a prorogare l'entrata in vigore della norma sopra riportata per riconfermare le condizioni di accesso alla certificazione per la guida agli studenti nei modi e nelle forme previste dal decreto stesso e per evitare che le inadempienze dei vari Ministeri producano ulteriori danni alle famiglie, alle forze dell'ordine ed alla circolazione.
(4-10365)

Risposta. - L'introduzione nell'ordinamento italiano dell'obbligo di dotarsi di un certificato di idoneità alla guida dei ciclomotori rappresenta una misura fortemente voluta dal Governo, che ne ha proposto l'adozione, dalle amministrazioni coinvolte, nonché dal Parlamento che ne ha ratificato sia i contenuti sia i tempi di attuazione.
Tale disposizione, scaturita dalla sentita esigenza della società civile, rappresenta una innovazione importante che pone l'Italia all'avanguardia per il conseguimento dei più elevati standard di sicurezza nel campo della circolazione stradale anche rispetto agli altri Paesi dell'Unione Europea dove si registra analogo provvedimento solo in Portogallo.
Nel caso, l'Unione sta valutando con estremo interesse la possibilità di rendere la misura come obbligatoria in tutti i Paesi europei.
L'intervento riveste un significativo rilievo concorrendo a dare attuazione ad un'altra delle misure del cosiddetto «pacchetto sicurezza stradale» che, nell'ambito del programma del Governo, ha avuto un ruolo prioritario. Esso ha consentito di ottenere, per la prima volta, risultati decisamente positivi con una riduzione della mortalità per incidentalità stradale del 18,41 per cento nel periodo 1o luglio 2003-15 giugno 2004 rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente.
Il ministero dell'istruzione, deputato assieme alle autoscuole alla preparazione dei giovani candidati, avrebbe dovuto disporre, a copertura dei costi da sostenere, l'erogazione gratuita dei corsi, di una quota pari al 7,5 per cento dei proventi derivanti dalle multe mediante il trasferimento dal ministero dell'economia e finanze allo stesso dicastero dell'istruzione.
Per definire procedure e linee guida per la realizzazione dei suddetti corsi e per l'effettuazione dei conseguenti esami, già dall'autunno dell'anno 2003 sono stati avviati confronti tra il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e quello dell'istruzione.
In particolare, il ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha provveduto per tempo ad istruire e qualificare 1000 propri ulteriori esaminatori che, aggiunti agli oltre 2500 già abilitati, costituiscono una risorsa idonea alla completa copertura della domanda su tutto il territorio nazionale. Tant'è che, alla data del 29 giugno 2004 risultavano esaminati dal ministero delle infrastrutture e dei trasporti oltre 400.000 candidati a fronte delle 443.000 richieste di prenotazione.
Dei 400mila candidati, circa 100mila sono stati respinti mentre 290mila hanno ottenuto il rilascio dei patentini.
Le richieste, con andamento costante dall'inizio del corrente mese di giugno si sono incrementate di oltre 15mila unità al giorno. Le strutture del ministero delle infrastrutture e dei trasporti sono comunque in grado di garantire l'esaurimento delle richieste di esame pervenute.
In ogni caso, mentre si evidenzia l'impegno del ministero dell'istruzione a proseguire anche nel mese di luglio i corsi, si rileva che il dicastero dell'economia ha confermato la disponibilità dei fondi necessari.
Il mistero delle infrastrutture e dei trasporti è dunque in condizioni di reagire con efficacia al pur elevatissimo picco di domande comportato dalla contemporanea conclusione dei corsi.
Tutte le considerazioni che sono state qui presentate forniscono, ove ve ne fosse ulteriore bisogno, motivi a supporto della necessità di non procedere ad una proroga dell'entrata in vigore del provvedimento in


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questione, a tutto vantaggio della sicurezza dei cittadini e della credibilità dell'azione di Governo.
Il Viceministro delle infrastrutture e dei trasporti: Mario Tassone.

TRANTINO. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
in data 28 agosto 2001 è entrato in vigore il «regolamento di attuazione delle direttive 94/58/CE e 98/35/CE relative ai requisiti minimi di formazione per la gente di mare»;
il regolamento di cui sopra prevede, per l'imbarco di marittimi stranieri su navi di bandiera italiana, la convalida delle certificazioni IMO/STCW rilasciate dagli altri Stati e, pertanto da tale data non possono essere imbarcati né marittimi comunitari in possesso di certificati IMO/STCW 78 né marittimi extracomunitari in possesso di certificati adeguati IMO/STCW 95 che non siano stati convalidati, inoltre non potranno essere imbarcati marittimi di nazionalità non italiana nelle qualifiche di comandante e di primo ufficiale di coperta;
il tribunale civile di Genova, ha accolto il ricorso dei legali di un cittadino inglese, al quale era stata negata l'iscrizione nei turni particolari, imponendo l'iscrizione del cittadino inglese, con la qualifica di comandante, al turno generale, cioè all'albo degli ufficiali disponibili per l'imbarco, indicando la soluzione positiva nel rinnovato articolo 318 del codice della navigazione: l'equipaggio delle navi con bandiera nazionale deve essere composto da cittadini dell'Unione europea -:
se non ritenga necessario ed urgente intervenire al fine di adottare le opportune iniziative atte a regolamentare la materia, per evitare equivoci e confusione in un settore strategico, la marina italiana, protagonista di tradizioni senza epoca.
(4-03290)

Risposta. - In merito alle problematiche evidenziate con l'atto ispettivo cui si risponde e per quanto di competenza dell'amministrazione interrogata, si rappresenta che il comandante imbarcato su navi battenti bandiera italiana riveste funzioni inerenti potestà pubbliche quali ordine pubblico, pubblica sicurezza, sanità pubblica, funzioni notarili e di stato civile.
Quanto sopra è previsto, in particolare, dall'articolo 296 e dal comma 2 dell'articolo 1235 del codice della navigazione.
L'esercizio di tali funzioni pubbliche non si concilia con la possibilità di esercizio da parte dei cittadini stranieri anche se appartenenti all'Unione Europea.
D'altro canto, l'articolo 48 del trattato CEE prevede la libera circolazione dei lavoratori con esclusione delle persone esercenti potestà pubbliche.
Si pone in evidenza che tale questione è stata rimessa alla Corte di Giustizia Europea per l'interpretazione della complessa problematica e, pertanto, tale riserva resterà in vigore fino alla determinazione che la suddetta Corte vorrà adottare in merito.
Si rappresenta, comunque, che il ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha dato disposizioni ai competenti uffici di collocamento della gente di mare, affinché i comandanti e i primi ufficiali di coperta comunitari vengano comunque iscritti con il titolo professionale posseduto ma, per i motivi suesposti, il nulla-osta per l'imbarco è concesso solo per la qualifica inferiore a quella di comandante.
Il Viceministro delle infrastrutture e dei trasporti: Mario Tassone.

TRUPIA e D'AGRÒ. - Al Ministro per la funzione pubblica. - Per sapere - premesso che:
il ministero della funzione pubblica definirà nelle prossime settimane i criteri per le assunzioni in deroga al blocco delle assunzioni a tempo indeterminato nei limiti di un fondo di 70 milioni di euro per il 2004 (articolo 3, comma 54, della legge n. 350 del 2003);


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il Ministro onorevole Mazzella, rispondendo ad un'interrogazione parlamentare del 23 luglio 2003, aveva sostenuto la disponibilità del Governo ad affrontare il problema della conversione dei contratti di formazione lavoro stipulati presso le pubbliche amministrazioni in contratti a tempo indeterminato in occasione della predisposizione della legge finanziaria 2004;
la legge finanziaria 2004 ha confermato la proroga del contratto a tempo determinato del Cfl e non la conversione a tempo indeterminato;
il Governo, in occasione dell'approvazione della stessa legge finanziaria ha accolto come raccomandazione un ordine del giorno (9/4489/110 Motta, Cordoni, Gasperoni, Guerzoni, Innocenti, Nigra, Trupia, Sciacca, Diana, Buffo) che «impegna il Governo ad individuare percorsi di stabilizzazione dei lavoratori della pubblica amministrazione assunti con contratti di lavoro a tempo determinato e contratti di formazione e lavoro, operanti già da vari anni all'interno degli uffici pubblici e oramai indispensabili per il funzionamento degli stessi» -:
quali provvedimenti e quali garanzie il Ministro Mazzella intenda adottare per dare risposta a queste legittime aspettative e, in particolare, per assicurare che la conversione dei contratti di formazione lavoro dell'Inpdap sia inserita nella circolare della funzione pubblica applicativa della deroga prevista dall'articolo 3, comma 54, della legge n. 350 del 2003 e diramata dall'ufficio per il personale delle pubbliche amministrazioni.
(4-08767)

Risposta. - In riferimento all'atto parlamentare cui si risponde, riguardante la possibilità di convertire i contratti di formazione lavoro stipulati presso le pubbliche amministrazioni in contratti a tempo indeterminato in occasione della predisposizione della legge finanziaria 2004, si rappresenta quanto segue.
La legge finanziaria n. 350/2004, nel confermare il blocco delle assunzioni a tempo indeterminato nella pubblica amministrazione, prevede una specifica possibilità di deroga al citato divieto in favore delle amministrazioni dello Stato anche ad ordinamento autonomo, le agenzie, gli enti pubblici non economici, le università, gli enti di ricerca e gli enti di cui all'articolo 70, comma 4, del decreto legislativo n. 165/2001.
In particolare, la predetta legge prevede che, per effettive, motivate e indilazionabili esigenze di servizio e previo esperimento delle procedure di mobilità, tali amministrazioni possano procedere per l'anno 2004 ad avviare assunzioni di personale nel limite di un contingente corrispondente ad una spesa annua lorda a regime pari a 280 milioni di euro, mediante l'utilizzo di un fondo costituito nell'ambito dello stato di previsione della spesa del ministero dell'economia e delle finanze con uno stanziamento pari a 70 milioni di euro per l'anno 2004 ed a 280 milioni di euro a decorrere dall'anno 2005.
Sempre la stessa legge finanziaria prevede, altresì, all'articolo 3, comma 63, che le procedure di conversione in rapporti di lavoro a tempo indeterminato dei contratti di formazione e lavoro di cui all'articolo 34, comma 18, delle legge n. 289/2002, possono essere effettuate nel rispetto delle limitazioni e modalità previste dai commi da 53 a 71 per l'assunzione di personale a tempo indeterminato. I rapporti in essere instaurati con il personale interessato alla predetta conversione sono comunque prorogati al 31 dicembre 2004.
Ciò posto, si rappresenta che le richieste di conversione dei contratti di formazione lavoro comunicate dalle amministrazioni interessate, tra le quali l'INPDAP, sono state inserite nella programmazione delle assunzioni relative all'anno 2004, fermo restando che tali conversioni possono essere effettuate nel rispetto delle limitazioni e modalità previste dalla circolare trasmessa a tutte le amministrazioni pubbliche in data 25 febbraio 2004, recante istruzioni e modalità attuative dell'articolo 3 della legge n. 350/2004 per l'assunzione di personale a tempo indeterminato.
Il Ministro per la funzione pubblica: Luigi Mazzella.


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VALPIANA. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
l'Istituto penale per i minorenni di Treviso è ubicato all'interno della locale Casa Circondariale, struttura inidonea per l'accoglienza di giovani detenuti a causa della mancanza di locali adeguati a garantire il corretto svolgimento di attività educative;
una cella piccola ubicata nella sezione minori è utilizzata come aula scolastica dove permangono in media otto-dieci giovani, un mediatore culturale e due insegnanti; la sala mensa per due volte alla settimana diventa anche sala colloqui per i minori e i loro familiari; la palestra in diversi giorni della settimana diventa laboratorio per le attività informatiche; l'unico spazio aperto, costituito da un campo di calcio, attualmente inagibile, non è sempre disponibile, perché gestito in comune con la Casa Circondariale;
a rendere ancora più preoccupante questo stato di cose è la presenza del Centro di prima accoglienza situato, in difformità con la normativa vigente, all'interno della struttura penale;
le condizioni ambientali sono estremamente precarie e frustranti: per accedere alle stanze di lavoro è necessario stabilire turni, così come per utilizzare strumenti quali il computer, il telefono, la scrivania, creando una situazione sfavorevole sulla convivenza, aumentando i livelli di conflittualità;
i drastici tagli operati sulle spese volte a sostenere gli interventi educativi a favore dei giovani ristretti, hanno determinato una contrazione dell'offerta formativa, solo parzialmente recuperata attraverso contributi locali e la disponibilità proveniente dal mondo del volontariato;
a causa della mancata attuazione della riforma della salute penitenziaria e dell'irrisorio stanziamento per gli infermieri professionali, nei giorni festivi manca qualsiasi figura sanitaria;
in mancanza di personale adibito al compito di trasporto dei minori dal Centro di prima accoglienza al Tribunale per i minori di Venezia, tale compito è svolto da unità di polizia dell'Istituto, distolto quindi da compiti di sicurezza con aggravio dei turni lavorativi -:
quali provvedimenti intenda adottare al fine di rendere idonea la struttura dell'Istituto penale per i minori di Treviso;
se non ritenga opportuno trasferire il Centro di prima accoglienza;
quali siano le valutazioni e le risultanze emerse dalla sperimentazione attuata nel trasferimento della sanità penitenziaria al Ministro della salute;
quali siano tempi e modalità di attuazione previste per la riforma della salute penitenziaria.
(4-06531)

Risposta. - Si comunica che le esigenze sanitarie dell'utenza penale minorile risultano di gran lunga inferiori alle patologie poste dalla popolazione carceraria adulta. In proposito, infatti, il servizio sanitario degli istituti minorili è prevalentemente orientato a finalità preventive e di diagnosi precoce. Per soddisfare le esigenze di assistenza sanitaria dei minori, è stata prevista la costituzione nei 17 istituti penali minorili di un ambulatorio attrezzato per far fronte alle urgenze. Il ricorso alle strutture pubbliche esterne avviene solo per le affezioni per le quali non è opportuno né possibile curare i minori all'interno della struttura.
Negli ambulatori sopra richiamati, l'assistenza sanitaria è regolata dall'articolo 11 della legge 26 luglio 1975, n. 354 ed è assicurata da medici incaricati e medici provvisori, i primi nominati con decreto del Ministro della giustizia, i secondi con conferimento diretto del direttore della struttura penale minorile, in attuazione all'articolo 50 comma 1 e 2 della legge n. 740 del 1970. Essi operano in tutti gli istituti penali minorili e nei centri di prima accoglienza e dipendono, anche economicamente, dal Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria.


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Il servizio infermieristico, invece, che viene assicurato da personale in convenzione e, quindi, in continuo turn-over, comporta qualche difficoltà nel reperimento di operatori disposti a lavorare nel settore penale.
Al riguardo si rappresenta che il personale medico che opera nei servizi minorili dipende, sulla base di un accordo formalizzato, dal dipartimento dell'amministrazione penitenziaria e distaccato presso i servizi dipendenti dal dipartimento per la giustizia minorile. Tali professionisti, comunque, assicurano la loro presenza negli istituti penali per una durata non inferiore alle tre ore al giorno. In aggiunta, il direttore del servizio può provvedere a stipulare una convenzione di assistenza sanitaria integrativa istituendo un servizio di guardia medica.
Il competente dipartimento per la giustizia minorile si sta inoltre adoperando verso una scelta che garantisca le esigenze di tutti i minori dell'area penale portatori di problematiche psichiatriche, attraverso il reperimento di una struttura di accoglienza, peraltro già da tempo avviata. La scelta di una struttura unica si ritiene possa essere sufficiente a soddisfare le esigenze poste da tale tipologia di utenza che transita nei servizi minorili e che, allo stato, risulta essere in numero esiguo.
Per quanto riguarda la presenza di personale di custodia a copertura dell'organico, si fa presente che si fa ricorso anche a lavoratori appartenenti al volontariato ed al supporto di personale di polizia penitenziaria del settore adulti in occasione di traduzioni e, limitatamente al personale femminile, in caso di perquisizioni di ragazze arrestate.
Al riguardo va rilevato che il personale assegnato nel distretto Veneto provvede, oltre che alle attività richieste dal servizio per la sicurezza dei minori ivi ristretti, alle traduzioni dei minori nell'ambito della regione ed alla gestione dei casi di soggetti portatori di gravi problemi psichici.
Per far fronte alle esigenze poste da tale tipologia di utenza e riguardo ad alcune situazioni di particolare complessità, tra le quali anche quelle poste dall'Istituto penale per i minorenni di Treviso, il dipartimento per la giustizia minorile ha provveduto a richiedere al competente dipartimento dell'amministrazione penitenziaria l'assegnazione di almeno 25 agenti ausiliari.
Il dipartimento dell'amministrazione penitenziaria ha provveduto in data 11 luglio 2003 ad assegnare tre agenti ausiliari di prima nomina ed in data 18 dicembre 2003 a distaccarne altrettanti presso le strutture minorili. Dei predetti agenti ausiliari ne è stato destinato uno all'istituto penale per i minorenni di Treviso.
È comunque compito del competente dipartimento richiedere all'amministrazione penitenziaria il personale di polizia necessario per supplire alla temporanea carenza organica sofferta negli istituti penali per i minorenni.
In merito all'idoneità della struttura dell'istituto penale per i minorenni di Treviso, si comunica che l'istituto in questione è situato nell'ambito di un'area demaniale in cui ha sede anche la casa circondariale.
Considerato che la citata struttura risulta carente riguardo agli spazi, si è provveduto ad installare, nell'area disponibile, dei prefabbricati in cui sono stati trasferiti alcuni uffici amministrativi.
Si sono così resi disponibili locali da destinare ad attività comuni dei minori e per i colloqui con i familiari, migliorando sensibilmente la vita dell'istituto.
Il dipartimento per la giustizia minorile è comunque alla ricerca di una soluzione alternativa più consona ai bisogni.
Per quanto riguarda il centro di prima accoglienza, esso è previsto, secondo legge, nella nuova sede di Mestre, nell'ambito degli uffici giudiziari minorili, di recente trasferiti dall'edificio «Le Zattere» di Venezia, ceduto alla locale Accademia delle Belle Arti.
Vi sono programmati alcuni lavori di sicurezza passiva, dopodiché sarà pronto ad ospitare i minori.
Ogni migliore valutazione relativa alle problematiche rilevate dall'Onorevole Interrogante potrà trovare adeguata risposta a seguito dell'attuazione degli adempimenti sopra indicati.


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Per quanto riguarda, in generale, la sanità penitenziaria, si rappresenta che alla data di emanazione del decreto legislativo n. 230 del 1999 «Legge di riordino della medicina penitenziaria», la direzione generale dei detenuti e del trattamento del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, per la parte di propria competenza, ha proceduto più volte a verificare lo stato di attuazione della riforma, rilevando le notevoli difficoltà incontrate sia dagli assessorati alla sanità regionali e dai Provveditorati penitenziari delle regioni dove è stata condotta la sperimentazione - Puglia, Lazio, Toscana, Emilia Romagna, Molise e Campania - che delle altre regioni, a dare attuazione al disposto normativo.
È stato, quindi, necessario individuare quei nodi, insiti nella stessa legge di riforma, che ne hanno reso impossibile l'applicazione anche nell'unico settore già funzionalmente trasferito alle ASL a partire dal 1o gennaio 2000.
Dai rilevamenti effettuati da parte dell'ufficio sanitario della direzione generale dei detenuti e del trattamento è risultato, infatti, che, dopo l'avvio della riforma, non solo non si è assistito ad un incremento della presenza dei SER.T all'interno degli Istituti penitenziari, ma si è dovuto osservare come gli interventi per assicurare la continuità terapeutica siano svolti quasi esclusivamente dagli ex medici del presidio sociosanitario per detenuti tossicodipendenti - PTD (istituito dall'amministrazione penitenziaria fin dal 1991).
Tenuto presente quanto sopra esposto, la commissione istituita con decreto interministeriale salute - giustizia del 16 maggio 2002 per riformulare, su basi oggettive e realistiche, un nuovo modello di sistema sanitario penitenziario, anche sulla base di quanto emerso nel corso della sperimentazione svolta, ha posto alla base del suo operare una seria e approfondita riflessione sulle strategie più idonee al raggiungimento di quell'integrazione tra Sistema sanitario nazionale e Sistema sanitario penitenziario - già prevista dal legislatore fin dal 1975 (ordinamento penitenziario) e mai di fatto realizzatasi se non in poche felici realtà - che può essere sintetizzata in quattro concetti fondamentali:
a) piena osservanza e rispetto delle «missioni istituzionali» dei due dicasteri responsabili, giustizia e salute; principi che si traducono rispettivamente nei concetti di eguale diritto alla salute di tutte le persone presenti sul territorio nazionale e di sicurezza e recupero sociale del detenuto;
b) definizione degli ambiti di intervento dei due ministeri e individuazione delle risorse disponibili; partendo dalla valutazione delle risorse finanziarie e di personale già presenti, sono stati individuati gli standard necessari ad assicurare i livelli essenziali di assistenza al di sotto dei quali perde efficacia qualsiasi intervento, nei settori della medicina di base, di quella d'urgenza, della specialistica e della farmaceutica;
c) ricerca di una organizzazione agile e flessibile, capace di modularsi sulle differenti normative regionali e di fornire risposte parimenti efficaci alle problematiche comuni a tutti gli istituti penitenziari;
d) condivisibilità del progetto: il quadro riformatore elaborato dalla commissione, già aperto alla collaborazione delle regioni, dovrà essere proposto prima del necessario passaggio in Parlamento per la definitiva approvazione, ai rappresentanti degli enti locali, delle associazioni di volontariato e dei rappresentanti di categoria ed accogliere gli eventuali suggerimenti che dovessero provenire da tali sedi.

Infine, nella relazione tecnica elaborata dalla citata commissione, è stata raccomandata particolare cura ed attenzione per taluni peculiari settori della sanità penitenziaria, correlati alla particolare utenza, all'aumento costante della stessa nonché alla presenza di gravi fenomeni sociali (disagio psichico, tossicodipendenza, patologia da AIDS, presenza di extracomunitari, con la conseguente reintroduzione di patologie diffusive già debellate) allo scopo di conseguire una più elevata qualificazione


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della cura e dell'assistenza alla popolazione detenuta ed internata. Si fa specifico riferimento a:
a) servizio psichiatrico - già potenziato nel corso degli ultimi anni mediante il convenzionamento con i dipartimenti di salute mentale delle ASL e l'istituzione di uno specifico presidio psichiatrico già attivo in quasi tutti gli Istituti Penitenziari;
b) assistenza infettivologica - organizzazione di reparti di 1o livello e di livello intermedio per soggetti affetti da infezione HIV e sindromi correlate;
c) assistenza ai disabili - individuazione e ristrutturazione di specifici reparti per soggetti affetti da disabilità motoria e/o sensoriale, anch'essi strutturati su due livelli di assistenza;
d) tutela della maternità e infanzia - il numero limitato di utenti di questo particolare settore consente un'assistenza personalizzata basata su uno stretto rapporto umano e professionale con tutti gli operatori sanitari e sociali coinvolti (educatore, ginecologo, pediatra, sociologo, neuropsichiatra infantile, psicologo eccetera).

Nonostante non siano state ancora ufficializzate le risultanze della sperimentazione, i rappresentanti del ministero della giustizia hanno comunque evidenziato, nella relazione finale, le difficoltà incontrate dalle regioni ad un rinnovamento della sanità penitenziaria.
La sperimentazione si è infatti limitata ad atti propedeutici, quali protocolli d'intesa, convenzioni eccetera, senza però pervenire alla realizzazione di nuovi modelli organizzativi.
La sperimentazione ha avuto comunque il merito di coinvolgere le regioni sul tema della tutela della salute della popolazione detenuta. Infatti molte regioni, anche non sede di sperimentazione, hanno collaborato attivamente con l'amministrazione penitenziaria soprattutto relativamente al settore farmaceutico rendendosi disponibili alla fornitura gratuita di farmaci ai detenuti.
Comunque la commissione istituita con decreto del 16 maggio 2002, tra il ministero della giustizia e il ministero della salute, tuttora in corso, ha proposto un ampio ventaglio di possibili soluzioni alle numerose e non facili problematiche della sanità penitenziaria al fine di pervenire ad una definizione degli ambiti di competenza, in materia di tutela della salute della popolazione detenuta, tra Servizio sanitario nazionale e Servizio sanitario penitenziario secondo il principio dell'integrazione. Con decreto del 20 gennaio 2004 si è inoltre provveduto ad ampliare i compiti di tale commissione. Considerata infatti la necessità di individuare nuove configurazioni degli interventi nei confronti di soggetti socialmente pericolosi affetti da patologie psichiatriche ricoverati negli ospedali psichiatrici giudiziari dell'amministrazione penitenziaria, si è ritenuto necessario attribuire alla commissione istituita con decreto del 16 maggio 2002 anche il compito di proporre adeguate soluzioni alle problematiche relative alla riforma delle suddette strutture in modo che il tema della salute mentale dei soggetti internati sia esaminato congiuntamente dal ministero della giustizia e dal ministero della salute.
Per quel che riguarda il servizio della tossicodipendenza, invece, in data 31 luglio 2003, con l'assegnazione dei fondi della regione, si è definitivamente conclusa la vicenda del transito delle risorse umane e finanziarie del ministero della giustizia al Servizio sanitario nazionale previsto dal decreto legislativo n. 230 del 1999.
In data 16 luglio 2003 il ministero dell'economia con apposito decreto, ha provveduto ad apportare, negli stati di previsione di spesa per l'anno 2003 le necessarie variazioni sia in termini di cassa che di competenza, al fine di concretizzare il definitivo passaggio di funzioni relative all'assistenza e alla prevenzione della tossicodipendenza, di cui al decreto legislativo n. 230 del 1999.
Precisamente, con tale decreto è stata prevista una diminuzione di spesa sul capitolo di bilancio n. 1768 relativo agli interventi in favore dei detenuti tossicodipendenti eccetera dell'amministrazione penitenziaria di euro 3.420.000,00 a beneficio del fondo sanitario nazionale. Il 31 luglio 2003,


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con successivo decreto è stato autorizzato il versamento dello stanziamento indicato a favore delle regioni e Province autonome secondo un'apposita tabella, parte integrante del decreto stesso.
Comunque, corre l'obbligo di osservare che, al di là delle difficoltà sopra evidenziate, la normativa di riordino del servizio sanitario penitenziario, quantomeno nei settori in cui è stata possibile una immediata applicazione, ha globalmente prodotto l'effetto di accelerare un fenomeno di trasformazione della sanità penitenziaria, già peraltro avviato dall'amministrazione attraverso una serie di iniziative volte a razionalizzare e rendere più efficiente l'intero settore.
In particolare, si è potuto notare che in seguito all'intervento di detta normativa l'evoluzione del sistema si è orientata verso una più concreta integrazione del servizio sanitario penitenziario con il servizio sanitario nazionale.
È stata, pertanto, impressa una spinta alla realizzazione del principio di integrazione dei sistemi sanitari in argomento, già auspicata dal legislatore del 1975, nella fase di stesura della legge n. 354/1975 (ordinamento penitenziario) e ribadita nei regolamenti di esecuzione, quale soluzione più appropriata per la tutela del diritto alla salute delle persone in stato di privazione della libertà personale.
Occorre, infatti, rammentare che il compito istituzionale dell'Amministrazione Penitenziaria è costituito dall'esecuzione della pena e delle misure di sicurezza e che tale finalità deve necessariamente comporsi con i profili attinenti alla salute dei ristretti, trattandosi di diritto inviolabile tutelato dalla Costituzione (articoli 2 e 32).
Per tale motivo l'amministrazione penitenziaria è tenuta sicuramente ad assicurare dei servizi sanitari alla popolazione detenuta (articolo 11 comma 1, legge 354/1975) avvalendosi anche, là dove non possa garantire livelli adeguati di assistenza, della collaborazione del Servizio sanitario nazionale, istituzionalmente preposto alla tutela della salute di tutta la collettività.
D'altra parte il concetto «integrazione» si presta a diverse interpretazioni stante la formulazione volutamente ampia. Ciò nonostante lo sforzo sia dell'Amministrazione penitenziaria che delle regioni dovrà essere rivolto non tanto alla definizione del principio, quanto alla diretta realizzazione del medesimo, tenuto conto delle peculiarità territoriali.
È intendimento dell'amministrazione penitenziaria continuare a partecipare alla gestione della salute della popolazione detenuta, non sottraendosi dall'esercitare compiti di vigilanza e controllo anche in quei settori, come la tossicodipendenza, già definitivamente transitati al Servizio sanitario nazionale.
Il Ministro della giustizia: Roberto Castelli.

VENDOLA, RUSSO SPENA e VALPIANA. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
lo scorso 9 settembre 2002 le organizzazioni sindacali degli inquilini Sunia, Sicet, Uniat, Unione Inquilini, Ania e Federcasa e le associazioni dei proprietari immobiliari Arpe, Asppi, Uppi, Confappi hanno consegnato presso il ministero delle infrastrutture e del trasporti il testo della convenzione nazionale ai sensi dell'articolo 4 della legge 431 del 1998;
successivamente, dopo alcuni giorni, le associazioni della proprietà Confedilizia e Appc e degli inquilini Conia hanno consegnato allo stesso ministero un'altra convenzione nazionale;
in base alla legge 431 del 1998 il ministero delle infrastrutture e dei trasporti entro un mese avrebbe dovuto recepire la convenzione nazionale con apposito decreto da pubblicare sulla Gazzetta Ufficiale;
la legge 431 del 1998 prevede, altresì, all'articolo 4, comma 2, che in caso di mancanza di accordo tra le parti, i criteri generali per la definizione dei canoni sono


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stabiliti dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti sulla base degli orientamenti prevalenti;
appare in maniera inequivocabile che la convenzione nazionale depositata lo scorso 9 settembre 2002 da parte di 10 delle organizzazioni della proprietà e degli inquilini sia di gran lunga più rappresentativa di quella depositata successivamente da altre associazioni;
il ritardo nell'emanare il decreto di recepimento della convenzione nazionale è grave in quanto diventa ostativo per procedere nei comuni alla stipula di accordi locali per calmierare i prezzi degli affitti che, oltretutto, rappresentano una pesante voce in termini di aumento dell'inflazione e di ricaduta su inquilini con redditi medio bassi -:
quali siano i motivi del ritardo nell'emanazione del decreto che deve recepire la convenzione nazionale ai sensi dell'articolo 4 della legge 431 del 1998;
se in considerazione della presentazione di due convenzioni, l'articolo 41, comma 2, della legge n. 431 del 1998 non debba interpretarsi nel senso che la convenzione sottoscritta dalla maggioranza delle organizzazioni sindacali degli inquilini e delle associazioni dei proprietari immobiliari, sia quella di recepire, in quanto rappresentativa delle «opinioni prevalenti»;
e in caso affermativo, se non ritenga necessario e indifferibile come è opinione degli interroganti, procedere immediatamente al recepimento integrale della convenzione nazionale depositata in data 9 settembre 2002 dalle organizzazioni sindacali degli inquilini Sunia, Sicet, Uniat, Unione Inquilini, Ania e Federcasa e dalle organizzazioni della proprietà immobiliare Arpe, Asppi, Uppi e Confappi.
(4-04353)

Risposta. - In merito alle problematiche evidenziate con l'atto ispettivo cui si risponde, si richiama la procedura che ha portato l'Amministrazione interrogata all'emanazione, di concerto con il ministero dell'economia e delle finanze, del decreto, in data 30 dicembre 2002, pubblicato sul supplemento ordinario n. 59 alla Gazzetta Ufficiale Serie Generale n. 85 dell'11 aprile 2003, concernente «Criteri generali per la realizzazione degli accordi da definire in sede locale per la stipula dei contratti di locazione agevolati ai sensi dell'articolo 2, comma 3, della legge 9 dicembre 1998, n. 431, nonché dei contratti di locazione transitori e dei contratti di locazione per studenti universitari ai sensi dell'articolo 5, commi 1, 2 e 3, della stessa legge».
Il ministero interrogato, ai sensi dell'articolo 4, comma 1, della legge n. 431/1998, così come modificato dall'articolo 2, comma 1, lettera
c), della legge 8 gennaio 2002, n. 2, ha provveduto, in data 15 gennaio 2002, a convocare le organizzazioni sindacali della proprietà edilizia e dei conduttori maggiormente rappresentative a livello nazionale, affinchè si giungesse, entro il termine stabilito dal medesimo articolo 4, comma 1, della legge n. 431/1998, ad aggiornare il decreto interministeriale che, in data 5 marzo 1999, ha recepito la precedente Convenzione nazionale.
Alla scadenza del suddetto termine, le organizzazioni sindacali convocate dal ministero delle infrastrutture e dei trasporti non hanno raggiunto un accordo formale unico, ma hanno presentato due distinti accordi: il primo, in data 6 settembre 2002, del Sunia, Sicet, Uniat, Unione inquilini, Ania, Feder Casa, Anpe-Federproprietà, Asppi, Confappi e Uppi, al quale ha successivamente aderito l'associazione Assocasa, ed il secondo, in data 9 settembre 2002, delle organizzazioni Confedilizia, Appc, Unioncasa e Conia.
In mancanza di un unico accordo tra le parti, i criteri generali per la definizione dei canoni sono stati stabiliti sulla base degli orientamenti prevalenti espressi dalle organizzazioni sindacali degli inquilini e dei proprietari in entrambi gli accordi sopramenzionati.
Il Viceministro delle infrastrutture e dei trasporti: Ugo Martinat.


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VENDOLA, GIULIETTI e CALDAROLA. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
il 20 marzo 1994 a Mogadiscio (Somalia), un commando somalo uccideva la giornalista, inviata del TG3 della Rai, Ilaria Alpi e l'operatore TV Miran Hrovatin, entrambi impegnati a seguire le vicende relative alla missione ONU denominata Restore Hope;
l'autista della vettura, verso cui vennero sparati i colpi che colpirono a morte la giornalista RAI e l'operatore TV, è deceduto il 13 settembre 2002 a Mogadiscio: si tratta del signor Sid Ali Abdi;
il signor Sid Ali Abdi era l'unico testimone oculare esaminato nel corso del processo per il delitto Alpi-Hrovatin;
nel procedimento penale sull'omicidio Alpi aperto dalla procura di Roma, il signor Abdi fu il principale teste d'accusa contro il signor Hashi Omar Hassan (il cittadino somalo condannato a 26 anni per essere stato uno dei killer);
la morte del signor Abdi avveniva esattamente cinque giorni dopo il suo rientro in patria (8 settembre 2002), dove, secondo quanto riferiscono fonti giornalistiche, pare avesse intenzione di riferire una versione differente dell'omicidio Alpi-Hrovatin insieme alla volontà di chiedere scusa alla famiglia di Hashi Omar Hassan, condannato per quel terribile agguato;
le stesse fonti giornalistiche riferiscono di un improvviso arricchimento del signor Abdi, che avrebbe ricevuto da mani misteriose la considerevole somma di 50 mila dollari per tacere e per non modificare la testimonianza offerta in tribunale come teste d'accusa di Hashi;
e proprio grazie alla somma ricevuta il signor Abdi avrebbe acquistato una casa a Mogadiscio per 25 mila dollari;
secondo la stampa somala, la morte del signor Abdi è stata causata molto probabilmente da un'iniezione di veleno; si tratterebbe dunque di un omicidio;
il signor Abdi è stato l'unico testimone oculare ascoltato in aula nel primo processo contro Hashi (l'altro teste, Jelle, si era reso irreperibile dopo le dichiarazioni rilasciate alla Digos) ed era stato posto sotto protezione. Dopo la sentenza definitiva - con cui venne condannato Hashi alla pena di 26 anni - il regime di protezione gli era stato revocato e l'uomo aveva fatto rientro in Somalia;
la testimonianza del signor Abdi fu alquanto controversa: nella sentenza del primo processo le sue dichiarazioni furono definite dalla Corte imprecise e poco coerenti, se non addirittura «false». Mentre del tutto diversa fu la valutazione della Corte d'appello di Roma che aveva ritenuto completamente attendibile il signor Abdi -:
se sia stata sollecitata una specifica investigazione dei nostri servizi di intelligence su questo inquietante sviluppo di una delle vicende più oscure della recente storia della nostra Repubblica e, in caso affermativo, se tutte le eventuali nuove informazioni in tal modo acquisite in merito al caso Alpi siano state fornite all'autorità giudiziaria.
(4-04693)

Risposta. - La procura della Repubblica presso il tribunale di Roma ha comunicato che nulla risulta circa l'eventuale decesso di Sid Ali Mohamed Abdi.
Le fonti opportunamente attivate dalla Digos per verificare la fondatezza della notizia della morte del collaboratore Sid Ali Mohamed Abdi hanno fatto sapere che la stessa non ha trovato a tutt'oggi alcun elemento di riscontro, anche se il predetto non è stato rintracciato a Mogadiscio.
È tuttavia verosimile che Sid Ali Mohamed Abdi, dopo aver lasciato l'Italia, abbia raggiunto la sua compagna residente negli Emirati Arabi, decisione della quale aveva più volte parlato durante la sua permanenza nel nostro Paese.
La Digos ha inoltre riferito che le condizioni ambientali che caratterizzano ancora oggi Mogadiscio e la Somalia, non favoriscono certamente la ricerca di notizie in ordine al Sid Ali Mohamed Abdi; tuttavia,


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se in futuro dovessero essere acquisite notizie al riguardo è stato assicurato che saranno tempestivamente comunicate alla competente autorità giudiziaria.
È stato infine riferito che allo stato non sono emersi nuovi elementi nelle indagini sulla morte di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin.
Il Ministro della giustizia: Roberto Castelli.

VENDOLA. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
il pretore di Barcellona Pozzo di Gotto (Messina) con sentenza del 6 febbraio 1998 condannava il signor Palano Antonino per aver realizzato un fabbricato abusivo in area soggetta a vincolo ambientale e paesaggistico, in contrada Cannotta del comune di Terme Vigliatore (Messina), concedendo al suddetto Palano il beneficio della sospensione condizionale della pena purché lo stesso procedesse alla demolizione del fabbricato;
in data successiva a tale sentenza passata in giudicato si sono verificati una serie di fatti e vicissitudini che hanno visto attori il sindaco di Terme Vigliatore, l'Ufficio esecuzioni penali della Corte di Appello di Messina e la procura della Repubblica di Barcellona Pozzo di Gotto e che hanno indotto l'interrogante in data 6 marzo 2001 ad interrogare il Presidente del Consiglio, il Ministro dell'interno e il Ministro della giustizia sulle presunte violazioni di legge consumate dal sindaco di Terme Vigliatore nonché dall'Ufficio esecuzione della Corte di Appello e dalla Procura della Repubblica di Barcellona Pozzo di Gotto, chiedendo peraltro: a) di accertare la compatibilità delle presunte violazioni di legge con le responsabilità, funzioni e attribuzioni degli Organi Istituzionali coinvolti; b) quali provvedimenti intendesse adottare il Governo nei confronti degli Organi Istituzionali citati qualora fosse accertata la reiterata azione «contra legem»;
il giudice del Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto in data 16 febbraio 2001 sospendeva l'esecuzione della sentenza in oggetto stante il ricorso proposto dal Palano Antonino alla Suprema Corte di Cassazione;
la Suprema Corte di Cassazione nell'udienza del 21 settembre 2001 rigettava il ricorso del Palano Antonino condannandolo altresì al pagamento delle spese processuali;
risulta all'interrogante che il Palano, nel corso del 2001, avrebbe esibito al tecnico designato dalla procura della Repubblica di Barcellona Pozzo di Gotto (Messina), un documento - rivelatosi ad una successiva verifica artificiosamente creato dallo stesso Palano - da cui sembrava emergere un'autorizzazione per la trasformazione in serra del fabbricato oggetto della demolizione;
sulla scorta di tale documentazione la procura della Repubblica di Barcellona Pozzo di Gotto decideva di soprassedere alla demolizione la cui legittimità era stata già sancita ben due volte dalla Suprema Corte di Cassazione e di archiviare il relativo procedimento esecutorio;
risulta all'interrogante che a marzo 2003 la Pocura Generale della Repubblica di Messina chiedeva alla Procura della Repubblica di Barcellona Pozzo di Gotto di riconsiderare la vicenda, all'evidente fine di procedere alla demolizione dell'immobile;
il C.T.U. nominato dal PM di Barcellona Pozzo di Gotto ad aprile 2003 - a seguito dell'intervento della Procura Generale di Messina - non trovava agli atti del comune traccia alcuna dell'autorizzazione sopra citata esibita da Palano Antonino per chiedere l'archiviazione del procedimento esecutorio di demolizione dell'immobile;
il Palano Antonino comunicava al comune di Terme Vigliatore in data 8 maggio 2003 che avrebbe dato inizio ai lavori di trasformazione dell'immobile in data 15 maggio 2003;


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risulta all'interrogante che: il 17 settembre 2003 la Procura della Repubblica di Barcellona Pozzo di Gotto decideva di sottoporre a sequestro preventivo l'immobile in oggetto ed altri 4 capannoni realizzati dal Palano Antonino ubicati nel centro abitato di Terme Vigliatore in forza di autorizzazioni rilasciate dal sindaco di Terme Vigliatore (sulla cui legittimità starebbe indagando la stessa Procura della Repubblica di Barcellona Pozzo di Gotto);
a tutt'oggi il fabbricato in oggetto non è stato demolito dopo ben 57 mesi (4 anni e 9 mesi) dall'emissione dell'ordinanza dell'Ufficio esecuzioni penali della Corte di Appello di Messina;
il caso suesposto è emblematico di una diffusa situazione di abusivismo, visto che, a quanto risulta all'interrogante, nella stessa contrada di cui si parla insistono centinaia di edifici abusivi non sanabili -:
quale giudizio dia il Governo dei fatti suesposti;
quali iniziative ed in quali tempi il Governo intende adottare al fine di ripristinare la certezza del diritto e l'onorabilità dei provvedimenti giudiziari nel Distretto Giudiziario di Barcellona Pozzo di Gotto e rimuovere gli Organi istituzionali dei quali sia accertata e documentata l'eventuale e reiterata azione contra legem.
(4-09255)

Risposta. - La procura generale presso la Corte di appello di Messina ha comunicato che la vicenda, che ben potrebbe classificarsi come il «caso Palano», nella sua parte descrittiva corrisponde abbastanza alla realtà dei fatti e delle conseguenti vicende processuali che hanno visto il reiterato intervento della magistratura requirente e giudicante di Barcellona Pozzo di Gotto.
In particolare in merito alle vicende successive alla sentenza della Cassazione del 21 settembre 2001-542/2000, che, rigettando il ricorso del Palano, rendeva esecutiva la di lui condanna e, conseguentemente, anche la parte che disponeva la demolizione del fabbricato illegalmente costruito, è stato precisato che dal predetto fascicolo penale era derivato, come fase di esecuzione, il fascicolo n. 16/1999 registro demolizioni di quella procura della Repubblica, nell'ambito del quale, con ingiunzione del 19 novembre 1999 il pubblico ministero di Barcellona aveva intimato al condannato Palano di demolire entro 20 giorni dalla notifica il fabbricato illegittimo.
Accertata l'inottemperanza all'ingiunzione, il pubblico ministero con provvedimento del 19 gennaio 2000 nominava CTU l'ingegner Piccolo Francesco, delegando allo stesso l'elaborazione del progetto per la demolizione e l'incarico per la scelta, con gara informale a trattativa privata, della ditta esecutrice delle opere di demolizione.
Con provvedimento dell'8 gennaio 2000 lo stesso pubblico ministero rigettava l'istanza, avanzata dal condannato, di sospensione dell'ordine di demolizione ed analogo provvedimento era emesso dal giudice dell'esecuzione in data 12 gennaio 2001.
A seguito di ricorso per Cassazione del Palano avverso la predetta ordinanza il pubblico ministero, su richiesta della parte, sospendeva l'esecuzione sino alla pronunzia della Suprema Corte ed in tale senso si pronunziava anche il giudice dell'esecuzione con provvedimento del 16 febbraio 2001.
Con istanza del 14 dicembre 2001 il Palano richiedeva la sospensione della esecuzione per almeno sei mesi ed il giudice dell'esecuzione, su conforme parere del pubblico ministero, rigettava in data 24 dicembre 2001 la richiesta ma, subito dopo, a seguito di richiesta del 6 maggio 2002 del Palano al comune di Terme Vigliatore, diretta ad ottenere l'autorizzazione per la trasformazione in serra per la produzione di fiori e piante ornamentali, previa demolizione totale dei solai di copertura, il pubblico ministero con provvedimento del 10 ottobre 2002 differiva di tre mesi l'esecuzione dell'ordine di demolizione.
Con provvedimento del 14 maggio 2002, il comune di Terme Vigliatore autorizzava la trasformazione in serra dell'immobile abusivo previa demolizione dei solai di copertura.


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Il giudice dell'esecuzione con provvedimento del 5 luglio 2002, vista l'autorizzazione del comune di Terme Vigliatore, dichiarava l'ineseguibilità dell'ordine di demolizione nella parte in cui lo stesso era incompatibile con la predetta autorizzazione sindacale e di conseguenza il pubblico ministero, vista la relazione del CTU, che certificava l'avvenuta compatibilità dell'immobile - del quale erano stati demoliti i solai di copertura - con l'autorizzazione sindacale, archiviava in data 31 ottobre 2002 la procedura.
Successivamente la citata procura generale di Messina, a seguito di segnalazioni apparse su organi di stampa, aveva il 27 febbraio 2003 chiesto notizie in proposito alla procura di Barcellona, particolarmente in ordine alla certamente strana e rapidissima «sanatoria» concessa dal comune di Terme Vigliatore a soli otto giorni dalla presentazione della istanza da parte del Palano. La procura di Barcellona aveva quindi inviato copia della C.T.U. eseguita sull'immobile e depositata il 20 ottobre 2002, dalla quale si rilevava chiaramente la palese anomalia della intera vicenda, tanto che la stessa procura generale ritenne opportuno di suggerire, con lettera del 19 marzo 2003, alla procura di Barcellona un immediato ed approfondito accertamento in ordine alla suddetta pratica; accertamento che, immediatamente eseguito dalla Procura di Barcellona, portava alla nuova iscrizione del Palano, e questa volta a titolo di concorso, del Sindaco pro-tempore del comune di Terme Vigliatore, Bartolo Cipriano, per altro già indagato per analoga grave violazione in altro procedimento (3609/2003) che, con l'occasione, veniva riunito al n. 1219/2001. Tali procedimenti andavano ad aggiungersi ad altri numerosi già pendenti. Frattanto il sostituto procuratore affidatario delle ultime indagini nei procedimenti riuniti 3609/2003 e 1219/2001, avendo provveduto al deposito degli atti ex articolo 415 codice di procedura penale, prodromico alla relativa richiesta di rinvio a giudizio, accogliendo il suggerimento della procura generale di Messina del 19 marzo 2003, inoltrava il 3 febbraio 2004 apposito ricorso al giudice dell'esecuzione del tribunale di Barcellona con il quale, sulla base delle accertate irregolarità e particolarmente dalla accertata illegittimità della sanatoria rilasciata il 14 maggio 2002 dal comune di Terme Vigliatore, chiedeva di revocare l'ordinanza del 5 luglio 2002, con la quale veniva dichiarata la ineseguibilità del contenuto della sentenza n. 3-8/98 del pretore di Barcellona, onde consentire la ripresa della fase della esecuzione e, quindi, la demolizione dell'opera abusiva.
Su tale istanza il giudice dell'esecuzione disponeva il 9 aprile 2004, con provvedimento interlocutorio, «accertamenti conoscitivi» riguardanti la decisione, in particolare al fine di accertare se in relazione a tale pratica fosse stata presentata una ulteriore istanza di condono ai sensi della legge 24 novembre 2003 n. 326.
Ove questi, siano positivi, di certo la procura di Barcellona potrà finalmente dar corso alla demolizione.
Non si ritiene, pertanto, che vi sia stata scarsa attenzione della procura della Repubblica di Barcellona nella trattazione della vicenda in parola, soprattutto se si considera che detto ufficio ha da sempre dovuto fare i conti con lunghi periodi di mancanza di personale, con un forte indice di avvicendamento dei sostituti ed opera in una realtà caratterizzata da alto indice di illegalità.
La procura generale di Messina ha, peraltro, precisato che l'intervento della medesima del 19 marzo 2003 sopra richiamato va inteso come espressione della doverosa opera di sorveglianza e di incoraggiamento che compete a detto ufficio e non quale censura all'operato della procura di Barcellona che, anzi, sul punto ha operato nel modo migliore possibile.
La descrizione della lunga e complessa vicenda è da sé atta ad indicare quale sia il livello di illegalità nella zona in materia anche edilizia e quanto difficoltoso ed oneroso sia perseguire questo tipo di illegalità.
Il Ministro della giustizia: Roberto Castelli.


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VIANELLO. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
la stampa veneziana ha riportato l'appello del Soprintendente per i beni architettonici e il paesaggio Giorgio Rossini, del Soprintendente ai beni archeologici Maurizia de Min, del direttore del museo di Altino Margherita Tirelli, affinché l'opera proseguita in questi anni per garantire l'allestimento del nuovo «museo nazionale di Altino», abbia pieno coronamento;
il «museo nazionale di Altino» rappresenterebbe una delle più importanti esposizioni archeologiche d'Italia, contribuendo inoltre al rilancio e alla valorizzazione del territorio altinate;
per ultimare l'opera sono necessari ulteriori 6 milioni di euro da parte del ministero per i beni e le attività culturali -:
se il Ministro interrogato intenda adottare le necessarie iniziative affinché vengano stanziate le risorse necessarie affinché il Museo non resti «una grande incompiuta».
(4-09962)

Risposta. - In riferimento all'atto parlamentare cui si risponde, con il quale si chiedono quali iniziative il ministero interrogato intenda adottare al fine di garantire il completamento dell'allestimento del Museo archeologico nazionale di Altino, si rappresenta quanto segue.
Come è noto la progettazione e la realizzazione degli spazi espositivi del Museo ha interessato due edifici esistenti, già appartenenti all'ex risaia Reali ed ha dato luogo alla realizzazione di un altro edificio
ex novo. Come è altrettanto noto il progetto prevede la realizzazione di ulteriori due edifici, al fine di poter dare adeguata sistemazione alle collezioni archeologiche esistenti e ai reperti che emergono dal sito di Altino.
I lavori finora eseguiti (che hanno visto un impegno dello Stato per oltre cinque milioni di euro) hanno riguardato il restauro architettonico dell'ex risaia Reali, oramai pressoché completato e la realizzazione, come già detto, di uno dei tre nuovi corpi di fabbrica previsti in progetto.
Come anche riferito dall'interrogante, per il completamento dell'intervento è stato stimato un ulteriore fabbisogno di circa sei milioni di euro.
Tenuto conto dell'entità del finanziamento occorrente per l'ultimazione delle opere al fine di rendere agibile il complesso museale, appare evidente la necessità di distribuire la spesa su più esercizi finanziari. A tale proposito la Soprintendenza per i beni architettonici ed il paesaggio di Venezia e Laguna aveva proposto per l'anno 2004, fra gli interventi programmati, un ulteriore lotto di lavori per il costituendo Museo di Altino, dell'ammontare di 500.000 euro.
Tuttavia tale proposta non ha trovato accoglimento in sede di elaborazione della programmazione su base regionale in quanto si è data priorità a quegli interventi che, in rapporto allo stanziamento previsto e allo stato relativo dei lavori, potessero essere effettivamente completati.
In ogni caso l'amministrazione interrogata - tenuto conto dell'importanza del progetto - valuterà la possibilità di reperire un finanziamento, anche in via straordinaria, per il corrente anno finanziario, onde assicurare la continuità del cantiere del Museo di Altino.
Il Sottosegretario di Stato per i beni e le attività culturali: Nicola Bono.

ZACCHERA. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
risulta all'interrogante che la società Autostrade per l'Italia con lettera del 23 dicembre 2003, inviata ai Ministeri delle infrastrutture e dei trasporti e dell'interno, all'ANAS, li avrebbe informati che ai sensi e per gli effetti dell'articolo 226 decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, modificata dalla legge 1 agosto 2003, n. 214 (Nuovo codice della Strada), l'intera rete


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autostradale di sua competenza non sarebbe idonea al transito e alla circolazione dei mezzi d'opera;
l'articolo 226 comma di cui sopra, dispone che in assenza dell'archivio nazionale delle strade, la circolazione dei mezzi d'opera è consentita sulle strade non comprese nell'elenco delle strade non percorribili annualmente pubblicato in Gazzetta Ufficiale dal Ministero dei lavori pubblici;
l'articolo 34 comma 1 stabilisce che i mezzi d'opera, ai fini della circolazione, devono essere muniti di un apposito contrassegno comprovante l'avvenuto pagamento di un generico indennizzo d'usura alla tesoreria centrale dello Stato (provincia di Viterbo), per un importo pari alla tassa di possesso;
l'articolo 34 comma 2 stabilisce che detti mezzi d'opera per la circolazione sulle autostrade devono corrispondere alle concessionarie un'ulteriore somma pari al 50 per cento del pedaggio applicato al veicolo normale, quale indennizzo di usura;
l'articolo 10 comma 7 del Codice della Strada all'ultimo comma stabilisce che «qualora non siano rispettate le condizioni di cui alle lettere di detto articolo:
a) (limite di massa);
b) (circolino su strade non comprese nell'elenco di cui all'articolo 226 codice della strada);
c) (si verifichi che lungo il tragitto non vi siano limitazioni di massa totale a pieno carico);
d) (sia stato corrisposto l'indennizzo di cui all'articolo 34);
i suddetti mezzi devono richiedere apposita autorizzazione prevista per tutti gli altri trasporti eccezionali;
l'articolo 10 comma 10 del Codice della Strada prevede che l'autorizzazione di cui sopra può essere rilasciata solo quando sia compatibile con la conservazione delle sovrastrutture stradali (...). Se il trasporto eccezionale è causa di maggiore usura delle strade in relazione al tipo di veicolo, deve altresì essere determinato l'ammontare dell'indennizzo dovuto all'ente proprietario della strada con le modalità previste dal comma 17;
l'articolo 10 comma 17 stabilisce che l'ammontare dell'indennizzo nel caso di trasporto eccezionale per massa è fissato nel regolamento;
in riferimento al precedente Regolamento sul sito della Società Autostrade per l'Italia è riportata la tabella dei costi d'uso per asse per l'anno 2004 ai sensi dell'articolo 10 del Nuovo Codice della Strada;
da una stima effettuata risulta che un mezzo 4 assi classificato trasporto eccezionale per transitare sull'autostrada per il tragitto Gravellona-Milano pagherebbe al mese una cifra pari a 400,00 euro;
detti mezzi d'opera se paragonati ai trasporti eccezionali oltre ad essere assoggettati a maggiori oneri, sono soggetti ad un limite massimo di velocità pari a 40 km/h;
secondo l'interrogante potrebbero esservi alla base delle iniziative di Autostrade motivazioni diverse, di natura economica, da quelle rappresentate nella lettera inviata ai Ministri delle infrastrutture e dei trasporti e dell'interno -:
se la posizione assunta dalla società Autostrade per l'Italia deriva da una effettiva situazione di pericolo in cui versa la rete autostradale da questa gestita, a causa del frequente passaggio dei mezzi d'opera che, essendo autorizzati ad eccedere la massa limite ai sensi dell'articolo 62 codice della strada, comportino reali situazioni di maggior degrado strutturale derivanti dalle maggiori sollecitazioni a cui i viadotti eccetera sono assoggettati causa il loro passaggio;
se Autostrade per l'Italia, richieda ai mezzi d'opera la sola apposita autorizzazione oppure regoli il transito sulle tratte autostradali anche attraverso il pagamento delle tariffe, delle limitazioni di


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velocità, della presenza di scorte previste per i trasporti eccezionali come citato dall'articolo 10 commi 10 e 17 prima elencati.
(4-09065)

Risposta. - In riferimento all'interrogazione parlamentare cui si risponde, si fa presente, per quanto di competenza, che secondo la definizione dell'articolo 54 comma 1 lettera n) del codice della strada, i «mezzi d'opera» sono veicoli, o complessi di veicoli, particolarmente attrezzati per il trasporto di materiali d'impiego o di risulta dell'attività edilizia, stradale e di escavazione mineraria e assimilati, ovvero che completano, durante la marcia, il ciclo produttivo di specifici materiali per la costruzione edilizia.
I limiti di velocità per tali veicoli, secondo l'articolo 142 comma 3 lettera
l), sono pari a 40 chilometri orari nei centri abitati e a 60 chilometri orari fuori dei centri abitati.
Nel rispetto dei limiti dimensionali indicati nell'articolo 61, essi eccedono tuttavia i limiti di massa complessiva a pieno carico stabiliti dall'articolo 62, come fissato dall'articolo 10 comma 8 (veicoli isolati: a due assi 20 t., a tre assi 33 t., a quattro assi o più assi 40 t.; complessi di veicoli: a quattro assi 44 t., a cinque o più assi 56 t., idem per trasporto di calcestruzzo in betoniere 54 t.).
Essi costituiscono, pertanto, una particolare categoria di veicoli eccezionali, impiegati ordinariamente in percorsi del tipo cantiere-discarica, oppure cava-cantiere, in ausilio alle attività di costruzioni o di escavazioni, per brevi tragitti e con alte frequenze di viaggio nell'arco della giornata.
L'eccedenza rispetto ai limiti legali di massa comporta una maggiore usura del manufatto stradale, per la quale è dovuto un indennizzo all'ente proprietario della strada. Tale indennizzo è fissato nella somma pari alla tassa di possesso, secondo l'articolo 31 comma 1.
Per il transito in autostrada, secondo all'articolo 134 comma 2 del codice della strada, è dovuto un ulteriore indennizzo pari alla metà del pedaggio autostradale.
Ciò vale nel caso che il veicolo, o complesso di veicoli, non necessiti di autorizzazione alla circolazione, secondo l'articolo 10 comma 7, ossia se:
a) non vengano superati i limiti di massa indicati nel successivo comma 8 e comunque nel rispetto dei limiti di cui all'articolo 61;
b) la strada o il tratto di strada risulti transitabile per tali mezzi, ossia non siano inseriti nell'elenco delle strade non percorribili di cui all'articolo 226 comma 4 (in attesa che venga archiviato l'archivio nazionale per le strade);
c) da parte di chi esegue il trasporto sia verificato che lungo il percorso non esistano limitazioni di massa totale a pieno carico o per asse, segnalate dai prescritti segnali;
d) per i veicoli sia stato corrisposto l'indennizzo di usura previsto dall'articolo 34.

Nel caso in argomento, la Società Autostrade per l'Italia ha dichiarato che l'intera rete nazionale di sua competenza non è idonea al transito incondizionato dei «mezzi d'opera». Pertanto, venendo meno la condizione di cui al precedente punto b), ne consegue necessariamente che detti mezza per circolare su tali strade, devono munirsi dell'autorizzazione di cui all'articolo 10 comma 6.
Tale autorizzazione, secondo il successivo comma 9, può essere rilasciata volta per volta (singola) o per più transiti (multipla) o per determinati periodi di tempo (periodica). Essa viene rilasciata solo se è compatibile con la conservazione delle sovrastrutture stradali, con la stabilità dei manufatti e con la sicurezza della circolazione, ai sensi del successivo comma 10. In tal caso in essa vengono indicate le prescrizioni nei riguardi della sicurezza stradale.
Le modalità del rilascio dell'autorizzazione e l'entità dell'indennizzo di usura vengono determinati ai sensi del comma 17, che rinvia alle norme regolamentari.


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Per i «mezzi d'opera» che non eccedono i limiti di cui all'articolo 61 del codice della strada la scorta tecnica è prescritta solo in caso di larghezza di corsia inferiore ai 3.00 metri e di velocità consentita inferiore a 40 chilometri orari, come previsto dall'articolo 16 comma 3 lettera a) ed e) del Regolamento.
Nelle more della realizzazione dell'Archivio nazionale delle strade, che a norma dell'articolo 226 comma 2 deve riportare per ogni strada i dati relativi allo stato di percorribilità da parte dei veicoli classificati «mezzi d'opera», i provvedimenti adottati dalla Società risultano conformi al dettato del codice della strada.
Si sottolinea, infine, che la società Autostrade per l'Italia ha fatto presente che il tratto nord dell'autostrada A26 è stato aperto al traffico nel luglio 1995 ed è stato realizzato con le più moderne tecnologie di costruzione e registra i migliori parametri di sicurezza infrastrutturali.
Il Viceministro delle infrastrutture e dei trasporti: Ugo Martinat.

ZAMA. - Al Ministro delle attività produttive. - Per sapere - premesso che:
La decisione di «chiusura definitiva» delle centrali nucleari di Caorso e di Trino Vercellese fu assunta con delibera CIPE - VI Governo Andreotti - il 26 luglio 1990, esattamente una settimana prima che Saddam Hussein invadesse il Kuwait. Non è fuori luogo ricordare che la citata delibera, nel disporre la chiusura definitiva delle due centrali nucleari, ne deliberava la messa in «custodia protettiva passiva», mentre per lo smantellamento si limitava a chiedere di predisporre i piani di decommissioning senza disporne, anzi rinviandone, conformemente alla prassi internazionale, l'attuazione;
lo stesso Presidente del consiglio Giulio Andreotti, neppure due mesi da quella infausta delibera, parlando del nucleare auspicherà «scelte coraggiose, senza paura della impopolarità» ed ancora, intervenendo alla rassegna internazionale Elettronica, Spazio ed Energia di Roma, il 5 novembre di quello stesso anno, dichiarerà: «Se oggi andiamo a rileggere gli atti delle polemiche parlamentari attorno a questo problema, c'è da arrossire collettivamente non solo per la mancanza di senso scientifico di alcune posizioni di allora, ma anche per la miopia delle decisioni prese». Ma intanto le decisioni erano state prese, un'intera generazione di tecnici distrutta, sperperati 120.000 miliardi di lire con l'industria nucleare nazionale messa in ginocchio.
dopo 9 anni di attesa, il Ministro onorevole Bersani, inventa la «dismissione accelerata» delle centrali nucleari dimesse di Caorso e Trino Vercellese. Una iniziativa prematura (non è stato ancora individuato il sito per la sistemazione dei rifiuti radioattivi), inutilmente costosa (lo stesso onorevole Bersani ha stimato il costo in almeno 7.000 miliardi di lire), comportante dosi di radiazione più elevate al personale, contraria alla prassi internazionale (generalmente si attendono 60 o piu anni), ma sopra tutto «illegittima» essendo priva di autorizzazione formale;
Il Ministro dell'industria ne da comunicazione il 14 dicembre 1999 con un ponderoso documento di 58 pagine sugli «Indirizzi strategici per la gestione - con una infelice espressione - degli esiti del nucleare» alla Camera dei Deputati, definendo gli obiettivi da perseguire «dopo la decisione di rinunciare definitivamente al nucleare», decisione che non risulta presa.

Infatti il Parlamento con la mozione del 18 dicembre 1987 aveva deliberato «una moratoria per le nuove costruzioni nucleari di cinque anni» e l'ultimo Piano Energetico Nazionale approvato (PEN 88) aveva invitato a sviluppare, nel quadro di una ampia collaborazione internazionale, progetti di reattori nucleari facenti largo impiego di sicurezze intrinseche o passive. Cosa che è stata fatta in collaborazione con gli americani del prestigioso Istituto di Ricerca delle Società elettriche USA (EPRI) e con le maggiori Società elettriche


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europee nell'ambito del progetto del reattore pressurizzato europeo (EPR);
lo stesso giorno, in una affollata Conferenza stampa, alla quale erano presenti i massimi responsabili della direzione energia del dicastero, il Ministro spiega che ci vorranno ancora una ventina d'anni e un investimento di circa 7.000 miliardi di lire prima che la pietra tombale possa definitivamente calare sulla triste storia del nucleare italiano;
Il ponderoso documento contiene alcune affermazioni gratuite e sorprendenti:
a) che l'Italia, dopo aver intrapreso negli anni passati un impegnativo programma nucleare, ha deciso di interromperlo e non più proseguirlo;
b) che l'obiettivo da perseguire è quello della disattivazione accelerata di tutti gli impianti nucleari dismessi, saltando la messa in custodia protettiva passiva, in base al principio etico di non trasferire sulle future generazioni gli effetti onerosi delle scelte effettuate.
c) che sia riformulata la normativa relativa all'iter autorizzativo delle istanze di disattivazione degli impianti nucleari, ricorrendo eventualmente anche allo strumento della Conferenza dei Servizi;
d) che per reperire i fondi necessari si attingerà a «due salvadanai», lo specifico fondo accantonato dall'Enel (1.300 miliardi) e il sovrapprezzo, che secondo l'onoredvole Bersani sarà nell'ordine di una lira per kWh;
Affermazioni sorprendenti, sopra tutto per un rappresentante di un Governo giunto a fine legislatura - il primo Governo D'Alema darà le dimissioni tre giorni dopo - e lo stesso Ministro verrà sostituito nel giro di una settimana dal Ministro onorevole Enrico Letta nel Governo D'Alema 2;
Sorprendenti per gli oneri inutili e rilevanti che ne deriverebbero: ove l'importo di 7.000 miliardi dovesse, come probabile, essere scaricato essenzialmente sulla utenza domestica (60 TWh/anno), esonerando i grandi consumatori e la fascia sociale, l'aumento della bolletta sarebbe più vicino a 10 lire che a i lira per kWh. E le nostre tariffe sono già doppie di quelle di altri Paesi europei;
Il Sole-24 Ore del 27 novembre 2000 riportava, tra le notizie in breve, l'avvenuto accordo, tra Governo ed Enel, nella riunione del giorno prima, per la «dismissione accelerata» della centrale nucleare di Caorso, l'esatto contrario di quella «differita», fino ad allora sostenuta da Enel;
Il differimento delle operazioni di smantellamento di Caorso e di Trino Vercellese, oltre che ad essere necessario per la mancata disponibilità del sito nazionale in cui sistemare il combustibile nucleare irraggiato ed i rifiuti a bassa e media radioattività, sarebbe stato un vantaggio per l'Enel e per il Paese sia in termini finanziari (per il differimento degli oneri) che di radioprotezione (per le più basse dosi al personale);
mentre noi teniamo ferma dal 1990 la centrale di Caorso, nostri tecnici hanno lavorato in Armenia per rimettere in funzione la centrale nucleare armena di Medzamor, di progettazione sovietica, fermata nel 1989 in seguito ad un terremoto, nell'ambito di un programma finanziato dalla Unione europea e gli USA hanno riavviato la centrale nucleare di Browns Ferry, fermata dieci anni or sono in seguito ad un incendio. Mentre noi teniamo ferma la centrale nucleare di Trino Vercellese, importiamo energia elettrica dalla centrale nucleare slovena di Krsk, situata a 120 chilometri da, Trieste dello stesso tipo, ma tre volte più potente di quella di Trino. In aggiunta la centrate di Trino Vercellese fu completamente rinnovata, dopo l'incidente di Three Mile lsland (1979) con il rifacimento pressoché integrale di tutti i sistemi di salvaguardia. E il Governo del Regno Unito, avendo deciso di chiudere, dopo 50 anni di onorato servizio, la centrale nucleare di Calder Hall, ha stabilito di eseguirne il decommissioning differito tra 100 anni;
deve essere ancora individuato colui il quale ha deciso l'uscita dell'Italia dal


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nucleare e, di conseguenza, ha autorizzato una inutile spesa;
a conferma della situazione kafkiana in cui si assumono decisioni di spesa rilevanti, non autorizzate, tecnicamente errate ed inutili, citiamo il fatto che per iniziativa di alcuni Senatori della allora opposizione (Baldini, Basini ed altri) in data 5 gennaio 2000 veniva presentato al Parlamento un disegno di legge (n. 3735) per la messa in servizio delle centrali di Caorso e di Trino Vercellese e che il decreto interministeriale Industria/Tesoro del successivo 26 gennaio fa riferimento agli oneri per la disattivazione delle centrali nucleari senza peraltro indicarne tempi e modalità;
è diffusa convinzione, peraltro, che gli italiani siano contrari all'uso dell'energia nucleare per la produzione di energia elettrica. Solo il 7 maggio 2001, poco prima della fine del Governo Amato, il Ministro dell'industria Enrico Letta firma un decreto per affidare alla SOGIN lo smantellamento delle centrali nucleari dimesse, decreto pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale solo il 28 maggio, dopo le elezioni politiche vinte dalla Casa delle Libertà;
secondo il decreto dell'onorevole Letta, SOGIN dovrà provvedere: «alla disattivazione accelerata di tutti gli impianti elettronucleari dismessi entro venti anni». Ma intanto e per oltre 18 mesi i lavori di smantellamento della centrale di Caorso erano proseguiti senza alcuna autorizzazione;
c'è chi ha detto del nucleare «è una occasione persa ed è inutile piangere sul latte versato», chi sostiene che «I tempi non sono maturi» e l'opinione pubblica «non lo accetterebbe» ed anche il vice ministro all'economia Adolfo D'Urso, intervenendo il 27 marzo 2003 al Rome Energy Meeting si è detto contrario all'apertura del discorso nucleare in Italia, sostenendo che «Ormai è tardi per reintrodurre il nucleare in Italia». Non è tuttavia fuori luogo ricordare che al recente Vertice del G8 Energia svoltosi a Detroit, Michigan il 2 e 3 maggio 2001, il documento conclusivo firmato dagli 8 Ministri dell'Energia, al punto 5 prevede: Most G8 members stress the value of nuclear energy... providing optimal safety and waste handling are ensured e che una recente (19 aprile 2002) indagine della Unione europea sulla accettabilità sociale dell'energia nucleare nei Paesi dell'Unione (EUROBAROMETR 56,2 - Europeans and radioactive waste) riporta le seguenti percentuali di coloro che, nei diversi Paesi, sono «fortemente d'accordo o tendono ad esserlo» che, se tutti i rifiuti radioattivi sono gestiti in sicurezza, «l'energia nucleare debba restare una opzione in Europa per la produzione di energia elettrica»;
considerato che non esiste dunque alcun impedimento né parlamentare nè tanto meno tecnico, come esperienze estere hanno dimostrato e stanno dimostrando, e come ha affermato l'onorevole Giulio Andreotti, intervenendo ad una Conferenza organizzata dalla Accademia Nazionale dei Lincei, «non c'è bisogno di alcuna legge, se si decide di ripartire» col nucleare -:
se il Ministro intenda intraprendere opportune misure per interrompere immediatamente i «vandalici interventi» di smantellamento delle centrali nucleari di Caorso e Trino Vercellese.
(4-06285)

Risposta. - Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 14 febbraio 2003 è stato dichiarato lo stato di emergenza in relazione all'attività di smaltimento dei rifiuti radioattivi dislocati nelle centrali nucleari presenti sul territorio delle regioni Lazio, Campania, Emilia Romagna, Basilicata e Piemonte.
Successivamente, con ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri del 7 marzo 2003 n. 3267, sono state dettate disposizioni urgenti in relazione all'attività di smaltimento, in condizioni di massima sicurezza, dei materiali radioattivi dislocati nelle suddette centrali nucleari e nei siti situati sul territorio delle regioni interessate. Con lo stesso provvedimento è stato


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nominato, in qualità di commissario delegato per la sicurezza dei materiali nucleari, il presidente della Sogin e sono stati individuati i limiti della delega, ossia le attività che formano oggetto dell'incarico, e le norme cui lo stesso commissario può derogare nell'attuazione degli interventi necessari a far fronte all'emergenza.
Più recentemente con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 7 maggio 2004, è stato prorogato fino al 31 dicembre 2004, lo stato d'emergenza precedentemente dichiarato e, con ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri del 7 maggio 2004 n. 3355, si sono dettate ulteriori disposizioni urgenti.
Oggetto specifico della delega è, dunque, l'attività di messa in sicurezza dei materiali nucleari con:
a) particolare riferimento al combustibile nucleare irraggiato ed ai rifiuti radioattivi ad alta attività;
b) la predisposizione dei piani per l'avvio delle procedure di smantellamento:
1) delle centrali elettronucleari di Garigliano (Caserta), di Trino Vercellese (Vercelli), di Caorso (Piacenza) e di Latina;
2) degli impianti di ENEA e Nucleco, limitatamente al settore del ciclo del combustibile;
3) dei depositi di materie radioattive Eurex e FIAT - Avio di Saluggia (Vercelli), impianto plutonio e impianto celle calde di Casaccia (Roma), ITREC di Trisaia (Matera);
4) degli impianti nucleari FN di Bosco Marengo (Alessandria).

Nell'ordinanza citata è in particolare previsto che il commissario delegato provveda all'adozione di ogni iniziativa utile per la predisposizione di uno studio volto a definire le soluzioni idonee a consentire la gestione centralizzata delle modalità di deposito dei rifiuti radioattivi; provveda all'occupazione d'urgenza per le eventuali espropriazioni delle aree occorrenti per l'esecuzione delle opere e degli interventi; elabori specifici cronoprogrammi delle attività necessarie per la messa in sicurezza dei materiali nucleari, nonché predisponga piani per l'avvio delle procedure di smantellamento degli impianti nucleari.
Allo stato attuale, con l'emanazione dei succitati provvedimenti, il Presidente del Consiglio dei ministri ha indicato chiaramente la posizione governativa in merito alle problematiche nucleari in Italia, cioè il perseguimento dello smantellamento degli impianti nucleari.
Il Sottosegretario di Stato per le attività produttive: Giovanni Dell'Elce.

ZANELLA. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
mercoledì 17 dicembre Riccardo Pellizzer, di 18 anni, impiegato presso un'impresa di impianti elettrici, è precipitato da un'altezza di 15 metri mentre posava dei cavi elettrici all'interno di un cantiere edile di via della Montagnola, a Mestre (Verona) ed è morto;
la tragedia è solo l'ultima di una lunga serie, e, secondo dati dell'INAIL, il trend di decessi per infortuni sul lavoro in Veneto è aumentato nei primi sei mesi dell'anno in corso rispetto al 2002: da 63 a 86 morti;
ma la cosa preoccupante, secondo quanto afferma Oscar Mancini, segretario della CGIL di Vicenza è che gli organismi pubblici preposti non ce la fanno a star dietro al lavoro di prevenzione. «In Veneto l'80 per cento del tempo dei tecnici degli Spisal è impiegato a rincorrere incidenti già avvenuti e solo il 20 per cento del tempo viene riservato alla prevenzione»;
secondo i dati ricavati dal sito INAIL, nel 2002, in Italia, ci sono stati 972.404 infortuni sul lavoro di cui 1.360 mortali; la percentuale degli infortuni sul lavoro - ogni 100 mila lavoratori occupati - è più che doppia rispetto la media europea e supera le 2,5 volte rispetto alla Germania;


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la causa di questo incremento degli infortuni sul lavoro e di quelli mortali in particolare è causata ad avviso dell'interrogante dal mancato rispetto delle norme sulla sicurezza del lavoro, come previste dal decreto legislativo 626/94, dagli insufficienti controlli ed ispezioni da parte degli organi preposti quale conseguenza dell'elevata carenza di personale negli Ispettorati del Lavoro;
i sindacati denunciano che con il varo della legge 30, entrata in vigore il 23 ottobre 2003 e con il Decreto attuativo n. 276, si possano determinare condizioni di possibile elusione e allentamento delle norme, pur restando all'interno dell'alveo del lavoro regolare. La legge n. 30 del 2003 dispone infatti l'abrogazione della legge 1369 del 1960, che vietava l'interposizione di manodopera, ed introduce la possibilità di «affittare» manodopera anche a tempo indeterminato, facilita il ricorso agli appalti, riduce i vincoli ai trasferimenti di «pezzi» di impresa, offre alle imprese una miriade di tipologie contrattuali precarie ed instabili. L'effetto combinato di questi provvedimenti è un prevedibile allungamento della catena di passaggi dall'impresa committente al lavoratore, con l'allentamento delle responsabilità e dei doveri giuridici, economici e sindacali dell'imprenditore. In questo nuovo quadro normativo è prevedibile un aumento delle difficoltà per le stesse attività ispettive e di controllo sull'applicazione delle norme di sicurezza sul lavoro, che rappresentano la condizione primaria per un efficace e serio intervento di prevenzione degli infortuni sul lavoro -:
quali iniziative anche di carattere normativo intenda porre in atto il Ministro del lavoro per far fronte a tale grave e drammatica situazione di insicurezza sul lavoro e quali siano le iniziative ed i progetti per affrontare la questione degli infortuni sul lavoro con maggiore incisività e con un più efficace coordinamento delle forze preposte a tale ministero;
se il Ministro del lavoro non ritenga di verificare presso l'Ispettorato del Lavoro competente lo stato di attuazione del decreto legislativo n. 626 del 1994 sulla sicurezza nei luoghi di lavoro e delle relative norme antinfortunistiche;
quali misure il Ministero del lavoro intenda adottare, con urgenza, al fine di potenziare la completezza degli organici degli Ispettorati del Lavoro affinché sia possibile mettere in atto una più forte strategia di prevenzione.
(4-08459)

Risposta. - In relazione alla scottante questione degli «incidenti sul lavoro» affrontata nell'atto parlamentare, cui si risponde si fa presente che l'amministrazione interrogata è particolarmente sensibile ed attenta a tale problema, nella prevenzione del quale sono pienamente coinvolti gli organi ispettivi.
Occorre precisare, in via preliminare, che sulla base di quanto disposto dalla legge n. 833 del 1978, i compiti di controllo in materia di sicurezza sul lavoro sono attribuiti in via generale alle Aziende sanitarie locali, mentre ai Servizi ispezione del lavoro è riservata una competenza di carattere residuale.
Gli ispettori del lavoro hanno competenza per la vigilanza congiunta in ambito ferroviario ed in materia di radiazioni ionizzanti. Inoltre, nei loro compiti rientrano i collaudi e le verifiche di ascensori e montacarichi installati in ambienti industriali, elevatori trasferibili, impianti di panificazione e ponteggi sospesi motorizzati. Poi, in qualità di ufficiali di polizia giudiziaria hanno competenza nelle materie attribuite, in via principale, alle Aziende sanitarie locali.
Ciò premesso, l'articolo 23, comma 2, del decreto legislativo n. 242 del 1996, ha stabilito che, ferme restando le competenze in materia di attività lavorative comportanti rischi particolarmente elevati, la vigilanza in materia di sicurezza può essere esercitata anche dal Servizio ispezione del lavoro che ne informa preventivamente il Servizio di prevenzione e sicurezza della A.S.L. competente per territorio. Tali attività sono elencate alle lettere
a) e b) dell'articolo 1, del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri n. 412, del 14 ottobre 1997.


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Va ricordato che l'azione di vigilanza svolta dagli ispettori dell'amministrazione interrogata ha permesso di effettuare controlli sull'applicazione della direttiva sui «cantieri» e delle altre norme in materia di sicurezza e di legislazione sociale. L'obiettivo primario delle ispezioni è la verifica della regolarità del rapporto di lavoro dell'infortunato, del contesto aziendale occasione dell'infortunio e dell'adempimento degli obblighi in materia di sicurezza.
Al momento, gli ispettori tecnici in organico sono circa n. 370, ma molti sono impegnati in attività di coordinamento di strutture nonché in varie commissioni che ne limitano ovviamente l'operatività.
L'amministrazione ha comunque cercato di potenziare l'azione di vigilanza in materia di sicurezza sul lavoro, nei settori di competenza, attraverso l'impiego di tutte le risorse attualmente disponibili e la riconversione del personale ispettivo.
Nell'ultimo anno, l'incremento del personale in esame è valutabile in circa il 10 per cento. Si fa presente, inoltre, che sono state attivate le procedure per l'assunzione di ulteriori 870 ispettori.
L'amministrazione interrogata ha, tra l'altro, messo in atto varie iniziative, come la campagna europea nel settore delle costruzioni, decisa nell'ambito del Comitato degli alti responsabili del lavoro (CARIL), che si è concretizzata in una serie di iniziative di natura ispettiva e promozionale con il coinvolgimento degli organi di vigilanza a livello territoriale nonché delle parti sociali, realizzata nella prima e nella seconda settimana del mese di giugno 2003 e nella seconda e terza settimana del mese di settembre 2003.
Nei due periodi di riferimento dei mesi di giugno e di settembre, gli ispettori delle Direzioni provinciali del lavoro hanno svolto attività di vigilanza in circa 5500 cantieri e contestato circa 12000 violazioni a norme inerenti la sicurezza sul lavoro.
Occorre segnalare, poi, che tutti gli assessori alla sanità hanno aderito alla Campagna europea nel settore delle costruzioni, campagna che verrà reiterata nel corso del 2004.
Si ricorda, poi, che, il 16 dicembre 2003, a seguito di quanto rilevato nel tavolo nazionale sul lavoro sommerso nel settore delle costruzioni, attivato da questa Amministrazione di concerto con la Presidenza del Consiglio dei ministri, è stato definito «un Avviso Comune» con le associazioni di categoria, in materia di emersione del lavoro irregolare. In tale «avviso» si è concordato di ripristinare regole certe per il corretto funzionamento del mercato del lavoro, nel rispetto reciproco dei rispettivi ruoli.
Per quanto riguarda, in particolare, il profilo normativo, si ricorda che la normativa vigente ha conosciuto una abbondante e particolareggiata normazione a partire dagli anni Cinquanta e precisamente con i decreti del Presidente della Repubblica n. 547/55 «Norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro» e n. 164/56 «Norme sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro nelle costruzioni». Questi decreti costituiscono un complesso di norme tecniche che presentano elementi di unitarietà e di completezza, che hanno un vasto campo di applicazione.
Successivamente, nello specifico settore dei cantieri edili con il decreto legislativo n. 494 del 1996, modificato con il decreto legislativo n. 528/1999, è stata data attuazione alla direttiva 92/57/CEE e sono state introdotte significative novità rispetto alla normativa previgente, con riferimento non tanto al contenuto dell'obbligo di sicurezza, quanto al modo di gestire l'obbligo stesso, che deve essere programmato e procedimentalizzato, ed essere incentrato in primo luogo sulla prevenzione.
Si ricorda, inoltre, il «Regolamento sui contenuti minimi dei piani di sicurezza nei cantieri temporanei o mobili» (decreto del Presidente della Repubblica 3 luglio 2003 n. 222), il quale costituisce per «i coordinatori per la progettazione» una guida organica e sistematica per l'elaborazione dei piani di sicurezza e il coordinamento delle attività nei singoli cantieri. In effetti, le disposizioni del decreto, se correttamente applicate, consentono di realizzare «piani» che siano effettivamente ed efficacemente


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strumenti di prevenzione per la sicurezza dei lavoratori del settore.
Infine, si precisa che a questo Ministero non risulta che con l'entrata in vigore della legge 14 febbraio 2003, n. 30, «Delega al Governo in materia di occupazione e mercato del lavoro e del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, attuativo delle deleghe, vi sia stato un aumento delle difficoltà «... per le stese attività ispettive e di controllo sull'applicazione delle norme di sicurezza sul lavoro».
Uno dei principi e dei criteri direttivi della suddetta delega è rappresentato dalla razionalizzazione degli interventi ispettivi di tutti gli organi di vigilanza con attribuzione della direzione e del coordinamento operativo alle direzioni regionali e provinciali del lavoro sulla base delle direttive adottate dalla direzione generale.
Per completezza si ricordano sia il decreto legislativo n. 195/2003, che ha individuato le capacità e i requisiti professionali richiesti agli addetti ed ai responsabili dei servizi di prevenzione e protezione dei lavoratori, sia il decreto legislativo n. 235/2003, che determina i requisiti minimi di sicurezza e salute per l'uso delle attrezzature di lavoro per l'esecuzione di lavori temporanei in quota, che entrerà in vigore il 19 luglio 2005.
Da questo rinnovato quadro normativo emerge, pertanto, un miglioramento della cultura della sicurezza ed un incremento della tutela della sicurezza dei lavoratori, soprattutto nelle piccole imprese, nell'edilizia e nelle nuove tipologie contrattuali.
Da ultimo, si ribadisce che la verifica dello stato di attuazione del decreto legislativo n. 626/94, come anticipato in premessa, non compete in via generale a questo Ministero, tuttavia nell'ambito della campagna europea del settore delle costruzioni, da attuare su tutto il territorio nazionale, verrà valutata l'opportunità di una intensificazione mirata alla vigilanza in materia di sicurezza nel settore edile, anche nella provincia di Venezia.
Il Ministro del lavoro e delle politiche sociali: Roberto Maroni.

ZANELLA. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riportato da organi di stampa (La Repubblica, 7 gennaio 2004) la Giunta Comunale di Treviso ha approvato un regolamento che prevede la dotazione di pistole per propri 93 agenti di polizia municipale, compresi quelli che svolgono lavoro in ufficio;
l'arma che sarà consegnata agli agenti, secondo quanto riferito dal Il Gazzettino di Treviso del 18 dicembre 2002, sarà una «Glock» - modello 19, calibro 21 x 9 di fabbricazione austriaca, la stessa pistola in dotazione al Mossad, il servizio segreto israeliano, descritta come uno strumento facile da caricare, molto leggero e non provvisto di sicura;
è ancora notizia del 7 gennaio 2004 che un ex agente del Mossad è stato chiamato dall'amministrazione di Treviso per addestrare i vigili urbani in funzione anti-extracomunitari e che addestrerà i vigili urbani in tecniche di difesa, immobilizzazione e cattura;
la spesa che dovrà affrontare la città di Treviso per questa militarizzazione del corpo di Polizia municipale si aggira attorno ai 57 mila euro per l'addestramento e circa 500 euro per ogni pistola munizionamento escluso; nulla si sa invece sul compenso da destinare all'ex agente del Mossad per la sua preziosa consulenza -:
se non ritenga che una formazione e un addestramento dei vigili urbani, affidata ad un ex agente del Mossad possa comportare sul piano operativo un esercizio delle funzioni di tutela dell'ordine pubblico in contrasto con i principi costituzionali;
ad avviso dell'interrogante le funzioni di pubblica sicurezza debbano essere solo una delle mansioni della polizia municipale insieme alle attività di sorveglianza, prevenzione e controllo della viabilità, controllo del rispetto norme sul commercio e sulle autorizzazioni commerciali, e soprattutto come figura di aiuto ai cittadini


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anche nel dialogo con l'amministrazione comunale;
ad avviso dell'interrogante tali investimenti finanziari del comune di Treviso, già attanagliato da una profonda crisi economica, risultano oltre che grotteschi anche pericolosi per una possibile deriva repressiva e antidemocratica viste anche le dichiarazioni dell'ex sindaco Gentilini, il quale, «nel "battezzare" i dieci nuovi vigili entrati a far parte del suo "esercito", non ha usato mezzi termini quando ha definito "paramilitare" la polizia municipale» (Il Gazzettino di Treviso del 18 dicembre 2002).
(4-08541)

Risposta. - Si comunica che il 2 gennaio 2004 ha preso servizio a Treviso il nuovo comandante della polizia municipale, che ha avviato una riorganizzazione dei servizi e del personale anche attraverso programmi di addestramento teorico e pratico per incrementare il livello di professionalità degli agenti.
In tale ambito è stata considerata anche la difesa personale degli operatori, prevedendo la frequenza, per più giovani, di corsi specifici, comprendenti l'apprendimento di una speciale tecnica di difesa, denominata
krav-maga (contatto fisico), che si addice, in particolare, agli agenti di polizia che operano sulla strada e negli aeroporti e di cui è particolarmente esperto un cittadino israeliano, di cui è stata richiesta la consulenza.
L'ampia polemica, enfatizzata dalla stampa locale, riguardante la presunta appartenenza di tale cittadino israeliano al servizio segreto del suo paese, non ha trovato alcun fondamento. Il predetto, infatti, sentito da personale della locale D.I.G.O.S., ha dichiarato di non avere alcun legame con il Mossad, ma di essere un maestro di karate specializzato nella difesa personale sopra indicata. In Israele avrebbe anche allenato per alcuni anni la squadra nazionale della medesima disciplina sportiva.
Inoltre, l'amministrazione comunale di Treviso ha riferito che, se la giunta comunale decidesse di deliberare la relativa spesa per i corsi di addestramento, questi verrebbero condotti dal maestro italiano titolare del centro sportivo e dai suoi collaboratori, mentre il predetto cittadino israeliano terrebbe solo la lezione dimostrativa finale.
Si comunica, inoltre, che il 15 marzo 2004 il consiglio comunale di Treviso ha definitivamente approvato il «Regolamento per la disciplina dell'armamento del Corpo di Polizia Municipale» ponendo l'accento sulla situazione territoriale gravemente problematica per gli aspetti del mantenimento dell'ordine e della sicurezza pubblica.
Per quanto riguarda il progetto di dotare di pistola gli agenti della polizia municipale, come prevede la legge 7 marzo 1986, n. 65 (legge-quadro sull'ordinamento della polizia municipale) esso era stato già presentato due anni fa dalla precedente amministrazione comunale, considerando che, tra i capoluoghi del Veneto, solo a Treviso e a Belluno i vigili svolgevano ancora il servizio d'istituto senza portare l'arma.
In osservanza di tale deliberazione, la stessa amministrazione comunale, in piena adesione alle prescrizioni di legge, ha provveduto ad avviare l'
iter burocratico per l'acquisto delle pistole marca Glok, cal. 9x21 semiautomatiche, già adottate, nella loro versione militare o civile, da diversi eserciti e dipartimenti di polizia nel mondo.
Si sottolinea che l'arma, costruita in Austria, è realizzata con materiali compositi ed è caratterizzata da una notevole resistenza meccanica; è, inoltre, estremamente funzionale e dotata di una sicura manuale esterna al centro del grilletto e di altre due sicurezza interne: la prima automatica al percussore e la seconda costituita dalla semidoppia azione.
Le armi saranno assegnate agli operatori della polizia municipale, con la qualifica di agente della pubblica sicurezza, dopo il previsto addestramento all'uso che avverrà presso il poligono di tiro civile e dopo che i predetti saranno stati istruiti sui doveri e modalità concernenti il porto e la custodia della pistola, come prevede il decreto ministeriale n. 145/1987 che dà attuazione alla legge n. 65/1986, ed il Regolamento in parola.


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Per quanto riguarda le questioni di carattere generale, si ricorda che nel sistema attuale le scelte in ordine all'armamento della polizia municipale sono rimesse alle autonome determinazioni degli enti da cui dipendono, nei limiti di quanto stabilito dalla già citata legge-quadro di settore, n. 65 del 1986, e dal regolamento posto con decreto ministeriale n. 145 del 1987.
Per effetto di tali disposizioni, i comuni hanno la possibilità di non assegnare armi agli addetti alla polizia municipale, ovvero di assegnarle in via continuativa o solo occasionalmente al personale cui sia stata conferita dal prefetto la qualifica di agente di pubblica sicurezza in relazione ad alcuni o, anche, a tutti, i servizi espletati.
Ove prevedano servizi «armati», i comuni possono dotare le proprie polizie municipali di armi rispondenti ai tipi generali stabiliti dal ricordato del 1987 (pistola semi-automatica o a rotazione appartenenti ad uno dei modelli iscritti del Catalogo nazionale delle armi comuni da sparo, previsto dall'articolo 7 della legge 18 aprile 1975, n. 110).
A tal proposito, si ribadisce che la già ricordata pistola assegnata alla polizia municipale di Treviso è regolarmente iscritta nel Catalogo al n. 5693, assieme ad un altro modello di pistola semiautomatica della stessa marca, iscritto al n. 12566.
Quanto all'addestramento dei vigili urbani all'uso delle armi, si ricorda che lo stesso decreto ministeriale reca le linee di fondo della disciplina, prevedendo la frequenza di questi ultimi ad almeno un corso di lezioni di tiro ogni anno, presso poligoni abilitati.
Si soggiunge altresì che, non di rado, previe specifiche convenzioni con gli enti locali interessati, tali esercitazioni vengono svolte presso poligoni delle forze di polizia di Stato.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Alfredo Mantovano.

ZANELLA. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
sulla Nuova Venezia di domenica 1 febbraio si riporta una denuncia della Fillea CGIL sul tema della sicurezza sul lavoro nella provincia di Venezia;
secondo quanto riportato dall'organo di stampa, nel 2003 i morti sul lavoro nel settore edile sono stati 9 contro i 5 del 2002: un aumento quasi del 100 per cento;
questo dato si va ad aggiungere a quello degli infortuni gravi che sono stati registrati nel 2003 e che risultano essere quasi del 50 per cento più numerosi che nel 2002;
secondo i dati ricavati dal sito INAIL, nel 2002, in Italia, ci sono stati 972.404 infortuni sul lavoro di cui 1.360 mortali; la percentuale degli infortuni sul lavoro - ogni 100 mila lavoratori occupati - è più che doppia rispetto la media Europea e supera le 2,5 volte rispetto alla Germania;
un dato molto preoccupante riferito nell'articolo della Nuova Venezia dal Sindacato è quello relativo ai controlli e alla prevenzione: infatti nella provincia di Venezia ci sono solo 4 ispettori Spisal per controllare più di 1.990 aziende con oltre 17.000 lavoratori;
Antonio De Dea della Fillea CGIL denuncia che «proseguire l'assegnazione degli appalti con il principio del massimo ribasso è un invito alle imprese a tagliare in sicurezza pur di ottenere il lavoro»;
i sindacati denunciano anche che con il varo della legge n. 30 del 2003 con il decreto legislativo di attuazione, si possono determinare condizioni di possibile elusione e allentamento delle norme, pur restando all'interno dell'alveo del lavoro regolare. Il decreto legislativo n. 276 del 2003 dispone infatti l'abrogazione della legge n. 1369 del 1960, che vietava l'interposizione di manodopera, introduce la possibilità di affittare manodopera anche a tempo indeterminato, facilita il ricorso agli appalti, riduce i vincoli ai trasferimenti di «pezzi» di impresa, offre alle imprese una miriade di tipologie contrattuali precarie ed instabili. L'effetto combinato di questi provvedimenti è un prevedibile allungamento della catena di passaggi dall'impresa


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committente al lavoratore, con l'allentamento delle responsabilità e dei doveri giuridici, economici e sindacali dell'imprenditore. In questo nuovo quadro normativo, è prevedibile un aumento delle difficoltà per le stesse attività ispettive e di controllo sull'applicazione delle norme di sicurezza sul lavoro, che rappresentano la condizione primaria per un efficace e serio intervento di prevenzione degli infortuni sul lavoro -:
quali iniziative intenda porre in atto il Ministero del lavoro e le strutture da esso dipendenti per far fronte a tale grave e drammatica situazione di insicurezza sul lavoro e quali siano le iniziative ed i progetti per affrontare la questione degli infortuni sul lavoro con maggiore incisività e con un più efficace coordinamento delle forze preposte a tale ministero;
se il Ministro del lavoro non ritenga di verificare presso gli ispettorati del Lavoro competenti lo stato di attuazione della legge n. 626/94 sulla sicurezza nei luoghi di lavoro e delle relative norme antinfortunistiche;
quali misure il Ministero del lavoro intende adottare, con urgenza, al fine di potenziare la completezza degli organici degli Ispettorati del Lavoro affinché sia possibile mettere in atto una più forte strategia di prevenzione.
(4-08813)

Risposta. - In relazione alla scottante questione degli «incidenti sul lavoro» affrontata nell'atto parlamentare, cui si risponde, si fa presente che l'Amministrazione interrogata è particolarmente sensibile ed attenta a tale problema, nella prevenzione del quale sono pienamente coinvolti gli organi ispettivi.
Occorre precisare, in via preliminare, che sulla base di quanto disposto dalla legge n. 833/78, i compiti di controllo in materia di sicurezza sul lavoro sono attribuiti in via generale alle Aziende sanitarie locali, mentre ai Servizi ispezione del lavoro è riservata una competenza di carattere residuale.
Gli ispettori del lavoro hanno competenza per la vigilanza congiunta in ambito ferroviario ed in materia di radiazioni ionizzanti. Inoltre, nei loro compiti rientrano i collaudi e le verifiche di ascensori e montacarichi installati in ambienti industriali, elevatori trasferibili, impianti di panificazione e ponteggi sospesi motorizzati. Poi, in qualità di ufficiali di polizia giudiziaria hanno competenza nelle materie attribuite, in via principale, alle Aziende sanitarie locali.
Ciò premesso, l'articolo 23, comma 2, del decreto legislativo n. 242 del 1996, ha stabilito che, ferme restando le competenze in materia di attività lavorative comportanti rischi particolarmente elevati, la vigilanza in materia di sicurezza può essere esercitata anche dal Servizio ispezione del lavoro che ne informa preventivamente il Servizio di prevenzione e sicurezza della A.S.L. competente per territorio. Tali attività sono elencate alle lettere
a) e b) dell'articolo 1, del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri n. 412, del 14 ottobre 1997.
Va ricordato che l'azione di vigilanza svolta dagli ispettori dell'amministrazione interrogante ha permesso di effettuare controlli sull'applicazione della direttiva sui «cantieri» e delle altre norme in materia di sicurezza e di legislazione sociale. L'obiettivo primario delle ispezioni è la verifica della regolarità del rapporto di lavoro dell'infortunato, del contesto aziendale occasione dell'infortunio e dell'adempimento degli obblighi in materia di sicurezza.
Al momento, gli ispettori tecnici in organico sono circa n. 370, ma molti sono impegnati in attività di coordinamento di strutture nonché in varie commissioni che ne limitano ovviamente l'operatività.
L'amministrazione ha comunque cercato di potenziare l'azione di vigilanza in materia di sicurezza sul lavoro, nei settori di competenza, attraverso l'impiego di tutte le risorse attualmente disponibili e la riconversione del personale ispettivo.
Nell'ultimo anno, l'incremento del personale in esame è valutabile in circa il 10 per cento. Si fa presente, inoltre, che sono


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state attivate le procedure per l'assunzione di ulteriori 870 ispettori.
L'amministrazione interrogata ha, tra l'altro, messo in atto varie iniziative, come la campagna europea nel settore delle costruzioni, decisa nell'ambito del Comitato degli alti responsabili del lavoro (CARIL), che si è concretizzata in una serie di iniziative di natura ispettiva e promozionale con il coinvolgimento degli organi di vigilanza a livello territoriale nonché delle parti sociali, realizzata nella prima e nella seconda settimana del mese di giugno 2003 e nella seconda e terza settimana del mese di settembre 2003.
Nei due periodi di riferimento dei mesi di giugno e di settembre, gli ispettori delle Direzioni provinciali del lavoro hanno svolto attività di vigilanza in circa 5500 cantieri e contestato circa 12000 violazioni a norme inerenti la sicurezza sul lavoro.
Occorre segnalare, poi, che tutti gli assessori alla sanità hanno aderito alla Campagna europea nel settore delle costruzioni, campagna che verrà reiterata nel corso del 2004.
Si ricorda, poi, che, il 16 dicembre 2003, a seguito di quanto rilevato nel tavolo nazionale sul lavoro sommerso nel settore delle costruzioni, attivato da questa Amministrazione di concerto con la Presidenza del Consiglio dei ministri, è stato definito «un Avviso Comune» con le associazioni di categoria, in materia di emersione del lavoro irregolare. In tale «avviso» si è concordato di ripristinare regole certe per il corretto funzionamento del mercato del lavoro, nel rispetto reciproco dei rispettivi ruoli.
Per quanto riguarda, in particolare, il profilo normativo, si ricorda che la normativa vigente ha conosciuto una abbondante e particolareggiata formazione a partire dagli anni Cinquanta e precisamente con i decreti del Presidente della Repubblica n. 547/55 «Norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro» e n. 164/56 «Norme sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro nelle costruzioni». Questi decreti costituiscono un complesso di norme tecniche che presentano elementi di unitarietà e di completezza, che hanno un vasto campo di applicazione.
Successivamente, nello specifico settore dei cantieri edili con il decreto legislativo n. 494/96, modificato con il decreto legislativo n. 528/1999, è stata data attuazione alla direttiva 92/57/CEE e sono state introdotte significative novità rispetto alla normativa previgente, con riferimento non tanto al contenuto dell'obbligo di sicurezza, quanto al modo di gestire l'obbligo stesso, che deve essere programmato e procedimentalizzato, ed essere incentrato in primo luogo sulla prevenzione.
Si ricorda, inoltre, il «Regolamento sui contenuti minimi dei piani di sicurezza nei cantieri temporanei o mobili» (decreto del Presidente della Repubblica 8 luglio 2003 n. 222), il quale costituisce per «i coordinatori per la progettazione» una guida organica e sistematica per l'elaborazione dei piani di sicurezza e il coordinamento delle attività nei singoli cantieri. In effetti, le disposizioni del decreto, se correttamente applicate, consentono di realizzare «piani» che siano effettivamente ed efficacemente strumenti di prevenzione per la sicurezza dei lavoratori del settore.
Infine, si precisa che al ministero interrogato non risulta che con l'entrata in vigore della legge 14 febbraio 2003, n. 30, «Delega al Governo in materia di occupazione e mercato del lavoro e del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, attuativo delle deleghe, vi sia stato un aumento delle difficoltà» ... per le stesse attività ispettive e di controllo sull'applicazione delle norme di sicurezza sul lavoro».
Uno dei principi e dei criteri direttivi della suddetta delega è rappresentato dalla razionalizzazione degli interventi ispettivi di tutti gli organi di vigilanza con attribuzione della direzione e del coordinamento operativo alle direzioni regionali e provinciali del lavoro sulla base delle direttive adottate dalla direzione generale.
Per completezza si ricordano sia il decreto legislativo n. 195/2003, che ha individuato le capacità e i requisiti professionali richiesti agli addetti ed ai responsabili dei servizi di prevenzione e protezione dei


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lavoratori, sia il decreto legislativo n. 235/2003, che determina i requisiti minimi di sicurezza e salute per l'uso delle attrezzature di lavoro per l'esecuzione di lavori temporanei in quota, che entrerà in vigore il 19 luglio 2005.
Da questo rinnovato quadro normativo emerge, pertanto, un miglioramento della cultura della sicurezza ed un incremento della tutela della sicurezza dei lavoratori, soprattutto nelle piccole imprese, nell'edilizia e nelle nuove tipologie contrattuali.
Da ultimo, si ribadisce che la verifica dello stato di attuazione del decreto legislativo n. 626 del 1994, come anticipato in premessa, non compete in via generale al ministero interrogato, tuttavia nell'ambito della campagna europea del settore delle costruzioni, da attuare su tutto il territorio nazionale, verrà valutata l'opportunità di una intensificazione mirata alla vigilanza in materia di sicurezza nel settore edile, anche nella provincia di Venezia.
Il Ministro del lavoro e delle politiche sociali: Roberto Maroni.

ZANELLA. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
sul quotidiano Il Manifesto di venerdì 14 maggio sono riportare le dichiarazioni del dottor Nur Ahmad Nurani, dirigente di una clinica medica a Grishk, ad ovest di Kandahar, in Afghanistan, dove gli americani hanno installato una loro base con annesso un piccolo carcere;
si tratta di rivelazioni sconvolgenti che riferiscono di torture, maltrattamenti, umiliazioni, di persone trattate come bestie, fermate anche solo se risultano antipatiche ai collaborazionisti degli americani che li denunciano come spie;
sempre secondo quanto afferma il dottor Nur Ahmad Nurani le stesse persone spesso sono ricattate e il vero scopo delle incarcerazioni non ha niente a che fare con la lotta al terrorismo ma è l'estorsione;
la testimonianza del dottor Nurani riporta anche il fatto che durante le perquisizioni nelle case dei sospetti gli stessi militari americani rubano soldi -:
se non ritenga di doversi attivare immediatamente nelle opportune sedi, affinché si faccia luce al più presto su questa vicenda che apre un nuovo capitolo dell'orrore.
(4-10059)

ZANELLA. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
l'interrogante in data 17 maggio ha presentato a codesto Ministero un'interrogazione per fare luce sulle dichiarazioni rilasciate alla stampa dal dottor Nur Ahmad Nurani dirigente di una clinica medica a Grishk, ad ovest di Kandahar, che ha denunciato di torture, maltrattamenti, umiliazioni perpetrate nel carcere annesso alla locale base americana;
Human Rights Watch (Hrw), un'organizzazione internazionale per la tutela dei diritti umani, ha recentemente definito «sistematici» i maltrattamenti inflitti ai detenuti rinchiusi nelle carceri del paese asiatico;
il settimanale tedesco Stern ha pubblicato, nel numero in edicola il giorno 19 maggio, documenti fotografati che dimostrerebbero, se autentici, che i soldati americani in Afghanistan hanno ricevuto istruzioni per sottoporre i prigionieri a pratiche di cosiddetta «tortura leggera»; le tecniche permesse durante gli interrogatori sarebbero: la presenza nelle «immediate vicinanze di un cane da lavoro militare» per generare nel prigioniero «paura controllata», «far fuoco con obici/lanciagranate» allo stesso scopo, «sovraccarico sensorio» tramite «impiego di forte rumore/musica», «sbalzo di temperatura; uso di temperature calde o fredde», «cappucci/occhiali neri» nel trasporto di detenuti; costrizione a stare «in ginocchio, in piedi, ecc.» durante gli interrogatori, sottrazione del sonno;


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in seguito alle crescenti denunce di tortura le autorità militari americane, durante una conferenza stampa tenutasi nella giornata del 19 maggio, si sono impegnate a fare piena luce sugli abusi inflitti ai detenuti nei centri di detenzione in Afghanistan ma hanno detto anche che ai giornalisti non verrà consentito l'ingresso in nessuno dei centri di detenzione -:
se non ritenga che debba essere fatta luce al più presto su questa penosa vicenda e che sia doveroso assicurare la massima trasparenza che purtroppo, secondo l'interrogante, non è garantita, vista la clamorosa ed inaccettabile decisione delle autorità militari americane di non coinvolgere i giornalisti nelle indagini;
se non ritenga di dover intervenire, nelle opportune sedi, presso l'amministrazione statunitense per sollevare tale problema perché ogni indagine che non potrà essere accessibile non potrà avere credibilità.
(4-10136)

Risposta. - In relazione a quanto rappresentato dall'interrogante, si sottolinea che la questione della situazione carceraria in Afghanistan forma oggetto di costante attenzione da parte della Croce Rossa Internazionale, dell'ONU e di varie Organizzazioni non governative (ONG), quali Amnesty International e Human Rights Watch.
Diversi centri di detenzione in Afghanistan - ed in particolare quello di Bagram, dove sono attualmente ospitati circa 300 prigionieri - vengono regolarmente visitati da parte di rappresentanti della Croce Rossa Internazionale. Al termine di tali ispezioni la Croce Rossa notifica alle Autorità statunitensi rapporti ed osservazioni, che hanno carattere confidenziale ed il cui contenuto non è noto al Ministero degli Esteri.
I rapporti vengono comunque discussi dalla Croce Rossa Internazionale direttamente con le autorità militari del posto e con le autorità americane a Kabul e a Washington.
In considerazione delle denunce, informazioni e testimonianze diffuse di recente da autorevoli organizzazioni non governative, la nostra Ambasciata a Kabul si è messa in contatto con la locale Ambasciata americana e con il rappresentante del Comitato Internazionale della Croce Rossa in Afghanistan. Da tali contatti sono emerse problematiche sicuramente delicate, come gli eccessivi tempi di detenzione in installazioni militari periferiche, il comportamento delle truppe americane nel corso di arresti e perquisizioni non sempre conformi al contesto culturale locale, i metodi di interrogatorio utilizzati - ma in ogni caso di entità apparentemente non comparabile a quelle emerse in Iraq - e da parte americana è stato espresso l'impegno a risolvere tali situazioni. Peraltro la stessa Croce Rossa ha indicato che le condizioni di detenzione ed i metodi di interrogatorio sarebbero sostanzialmente migliorati rispetto a un anno fa.
In base al diritto internazionale ed al diritto internazionale umanitario, pratiche del tipo di quelle riportate da
Amnesty International e Human Rights Watch sono oggetto di un divieto generale ed assoluto, come statuito dalla Convenzione delle Nazioni Unite contro la Tortura del 1984 e dalla IIIa e IVa Convenzione di Ginevra del 1949, rispettivamente sul trattamento dei prigionieri di guerra e la protezione dei civili durante i conflitti armati. Ai sensi di tale normativa gli Stati sono obbligati a prevenire ed indagare tali atti al fine di accertare le responsabilità individuali e comminare le adeguate sanzioni.
Occorre infine ricordare che, nell'ambito dei lavori della sessantesima sessione della Commissione delle Nazioni Unite per i diritti umani, svoltasi nel marzo-aprile di quest'anno a Ginevra, l'Italia si è fatta promotrice di un testo di «Dichiarazione della Presidenza» sulla situazioni dei diritti umani in Afghanistan, adottata all'unanimità il 22 aprile 2004. Nella Dichiarazione Presidenziale, in particolare, viene richiesto all'esperto indipendente sui diritti umani in Afghanistan, nominato dal Segretario Generale delle Nazioni Unite, di visitare il Paese e di riferire sugli esiti della missione alla IIIa Commissione dell'Assemblea Generale, nel prossimo autunno a New York,


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ed alla 61ma sessione della Commissione per i diritti umani, nella primavera del prossimo anno a Ginevra. Lo stesso testo invita l'Autorità Transitoria Afgana a offrire piena collaborazione ai meccanismi speciali delle Nazioni Unite incaricati di monitorare il rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali nel Paese.
Riguardo al caso specifico della situazione nell'area di Grishk ad ovest di Kandahar, la nostra Ambasciata a Kabul, a seguito di contatti con la locale Ambasciata USA, il Comitato Internazionale della Croce Rossa e la Commissione Afgana Indipendente sui Diritti Umani, ha potuto raccogliere i seguenti elementi di informazione.
Il Comitato Internazionale della Croce Rossa non può confermare né smentire (neanche in termini generali) eventuali abusi verificatisi nelle basi militari della provincia di Kandahar, poiché fino ad oggi non vi ha mai effettuato visite e non è dunque entrato in contatto diretto con i prigionieri colà detenuti.
Le Autorità americane e il Comando delle Forze della Coalizione in Afghanistan seguono con la massima attenzione quanto riportato dai vari organi di informazione circa supposti abusi o torture ai danni di cittadini afgani perpetrati da militari americani. A tal proposito, il Comandante della Coalizione Gen. Barno ha incaricato il Brig. Gen. americano Charles Jacoby di effettuare visite ispettive nei circa 20 centri di raccolta e smistamento dei prigionieri, ubicati nelle numerose basi o distaccamenti militari della Coalizione sparsi nel territorio afgano (inclusi quelli nella regione meridionale di Kandahar, dove sarebbero accaduti i fatti menzionati nell'interrogazione di cui all'oggetto).
Essendo le indagini in corso condotte da organi militari, non è da considerarsi insolito che si svolgano sotto stretto riserbo e senza concedere accesso a giornalisti, ai quali comunque non si impedisce di effettuare proprie ricerche nell'esercizio della libertà di stampa. È anche previsto che il Gen. Jacoby rediga un rapporto conclusivo al termine delle indagini, in attesa del quale sarebbe prematuro esprimere un parere di merito sulle indagini e sulla loro condotta.
Dal canto suo, la Commissione Indipendente dei Diritti Umani dell'Afghanistan è stata destinataria di alcune generiche segnalazioni da parte di individui, i quali sono stati arrestati alcuni mesi fa dalle forze di sicurezza afgane e successivamente trasferiti nella base militare USA di Grishk (per poi venirne rilasciati). Secondo quanto riportato dalla Commissione tali individui sarebbero stati oggetto di maltrattamento da parte delle stesse forze di sicurezza afgane.
L'Italia non mancherà in ogni caso di continuare a seguire con ogni attenzione la tutela dei diritti umani nelle carceri dell'Afghanistan, nella convinzione che il costante interesse della collettività internazionale su questo importante tema costituisca un elemento essenziale per sostenere il cammino di ogni Paese verso il pieno rispetto dei diritti fondamentali dell'uomo.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Margherita Boniver.