Resoconto stenografico dell'Assemblea
Seduta n. 500 del 28/7/2004
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Seguito della discussione del disegno di legge: Norme in materia pensionistica e deleghe al Governo nel settore della previdenza pubblica, per il sostegno alla previdenza complementare e all'occupazione stabile e per il riordino degli enti di previdenza e assistenza obbligatoria (Approvato dalla Camera e modificato dal Senato) (2145-B) (ore 14,56).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge, già approvato dalla Camera e modificato dal Senato: Norme in materia pensionistica e deleghe al Governo nel settore della previdenza pubblica, per il sostegno alla previdenza complementare e all'occupazione stabile e per il riordino degli enti di previdenza e assistenza obbligatoria
Ricordo che, nella seduta di ieri, il Governo ha posto la questione di fiducia sull'approvazione, senza emendamenti ed articoli aggiuntivi, dell'articolo unico del disegno di legge n. 2145-B, nel testo della Commissione, identico a quello approvato dal Senato.
Secondo quanto convenuto in sede di Conferenza dei presidenti di gruppo, procederemo ora direttamente alle dichiarazioni di voto sulla questione di fiducia.

(Dichiarazioni di voto sulla questione di fiducia - Articolo unico - A.C. 2145-B)

PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto sulla questione di fiducia.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Zanella, alla quale ricordo che ha a disposizione cinque minuti di tempo. Ne ha facoltà.

LUANA ZANELLA. Signor Presidente, rieccoci all'ennesimo voto di fiducia, il ventunesimo in questa legislatura ed il secondo - e ahinoi definitivo - su questa vera e propria controriforma pensionistica, dopo quello che avete imposto al Senato un mese e mezzo fa.
Vorrei ricordare che la cosiddetta riforma Dini del 1995, forse la più importante legge di riforma in materia pensionistica, contemplava tra i suoi obiettivi il contenimento, per gli anni a venire, della spesa previdenziale. In tal senso, quella legge stabiliva che la verifica dell'andamento di detta spesa avrebbe dovuto essere condotta, ogni cinque anni, da un apposito nucleo di valutazione. Ebbene, nel marzo del 2002 fu presentata al ministro Maroni la relazione, predisposta dal nucleo di valutazione della spesa previdenziale, nella quale furono confermati i dati contenuti nel rapporto presentato il 3 settembre 2001 dalla commissione Brambilla, istituita presso il Ministero del welfare, in ordine ai risparmi conseguenti alla riforma stessa.
Vorrei ricordare che, in quei cinque anni, i risparmi furono pari a quasi 55 miliardi di vecchie lire. In pratica, i risultati dell'attività della commissione Brambilla hanno rilevato, sostanzialmente, che i conti della previdenza avevano smesso di aumentare più della crescita del valore del PIL, evidenziando, dunque, sia il buon andamento del rapporto tra spesa pensionistica e prodotto interno lordo, sia la validità della riforma in relazione alla compatibilità tra la spesa previdenziale ed il trend della crescita economica, soprattutto nel medio-lungo periodo.
Si è trattato di una risposta chiarissima allo spauracchio, fin troppo spesso sollevato, circa una spesa pensionistica fuori controllo. Si sarebbe dovuto attendere, dunque, la scadenza del 2005 per verificare nuovamente l'effetto sui conti pubblici della riforma previdenziale. Sarebbe stato forse più saggio attendere i risultati di tale verifica, intervenendo puntualmente sull'ipotizzata «gobba» della spesa previdenziale in rapporto al PIL, prevista negli anni 2030-2035.
Invece, avete voluto imprimere un'accelerazione per fare cassa e, soprattutto, per tentare di riconquistare un minimo di credibilità in sede europea, per farvi perdonare il ricorso eccessivo alle misure una tantum. Ma è una credibilità che vi siete completamente giocati in questi tre anni di


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governo del paese; e adesso vi state accingendo a modificare, in senso decisamente peggiorativo, un sistema previdenziale che è considerato ancora tra i migliori in Europa, caratterizzato da elementi di flessibilità e da sostenibilità finanziaria.
Voi, di ciò avete deciso di fare carta straccia. Questa riforma, infatti, colpisce pesantemente i pensionati di domani. Avete reso impossibile il confronto sulla riforma sia nel paese sia con le parti sociali sia con il Parlamento.
Vi sono state alcune lievissime modifiche migliorative, introdotte al Senato (penso alla giusta soppressione della decontribuzione, attraverso l'abbassamento dell'aliquota contributiva o al meccanismo del silenzio-assenso per il conferimento della TFR); tuttavia, nonostante tali modifiche, mancano sostenibilità, giustizia e coerenza, quali principi che dovrebbero informare il sistema delle pensioni. Si tratta di un provvedimento che - lo costateremo fin dal 2008, quando, di fatto, potrà vedere dispiegati i suoi effetti - aumenterà l'iniquità tra le diverse categorie di lavoratori, tra lavoratori dipendenti - cui si riferisce la riforma - e lavoratori autonomi, tra coloro che andranno in pensione tra pochi anni e che, sostanzialmente, non risultano svantaggiati dalla riforma e coloro che, al momento, si ritrovano in pieno periodo attivo e che subiranno gravi ripercussioni sulle prestazioni pensionistiche. Per non parlare, poi, dei giovani, soprattutto se precari, che vedono allontanarsi l'obiettivo di una pensione minima adeguata.
Questa riforma, infatti, trascura colpevolmente tutte le nuove forme contrattuali, prevalentemente precarie, che si sono andate affermando e moltiplicando negli ultimi anni sul mercato del lavoro. Essa non fornisce...

PRESIDENTE. Onorevole Zanella, la pregherei di concludere.

LUANA ZANELLA. Concludo, signor Presidente. La riforma non fornisce, signor Presidente - lei converrà con me - le necessarie garanzie ai sempre più numerosi giovani lavoratori con contratti di lavoro atipico. Pertanto, sulla questione di fiducia posta dal Governo esprimiamo, come gruppo dei Verdi, voto contrario, con convinzione e determinazione, ma anche con grande preoccupazione, perché assistiamo ad un'agonia troppo lunga e vieppiù pericolosa del Governo (Applausi dei deputati dei gruppi Misto-Verdi-L'Ulivo, dei Democratici di sinistra-L'Ulivo, della Margherita, DL-L'Ulivo, Misto-Comunisti italiani e di Rifondazione comunista).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Intini. Ne ha facoltà.

UGO INTINI. Signor presidente, onorevoli colleghi, signor ministro, credo che si debbano oggi avanzare due critiche molto severe; una che riguarda la sostanza di questo provvedimento; l'altra che riguarda l'aspetto formale e politico. Nella sostanza, si dimostra - ancora una volta - che il Governo non ha vision, né progetto. Di fronte ad una crisi economica che si aggrava, interviene con esasperante monotonia, sempre allo stesso modo. Impone balzelli, tasse, aumenti indiretti e furbeschi della pressione fiscale e, poi, taglia. Taglia, ad esempio, pesantemente la spesa dei ministeri, senza rendersi conto che i casi, al riguardo, sono soltanto due: o, fino ad oggi, i ministeri effettuavano spese inutili - e ciò sarebbe uno scandalo - oppure le spese tagliate riducono l'efficienza, il funzionamento e la produttività della macchina pubblica, con grave danno per il progresso del paese.
Il Governo taglia oggi i redditi futuri delle persone anziane, ovvero le pensioni, anche in questo caso senza un progetto di riforma organica, credibile e concordata, con l'idea che il mondo degli anziani sia un peso finanziario da ridurre, come e quando si può. Punto e basta.
I governi dei contabili e dei ragionieri miopi vessano e tagliano dove risulta più facile. Aumentano, in tal modo, l'inflazione, riducono i consumi ed aggravano la spirale negativa della crisi.


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Un governo di dirigenti politici veri, di economisti veri dovrebbe, invece, affrontare il nodo irrisolto e riavviare lo sviluppo; il che significa ricreare la competitività dell'Italia, investire sul futuro, con la ricerca scientifica, con la tecnologia, con un progetto industriale concordato tra imprese, sindacati e politica, con idee per i settori ancora trainanti che rischiano di declinare, con una politica estera rivolta ad individuare e a incoraggiare i mercati di possibile espansione, con il contenimento delle alte tariffe derivanti dalle rendite di monopolio, di quei monopoli privati che si sono sostituiti ai monopoli pubblici.
Si deve fare una critica di sostanza, dunque, ma anche una critica formale e politica, che appare ancora più grave. Diciamo la verità: il Governo ha ritenuto che si dovesse pagare qualunque prezzo - un prezzo, dunque, molto alto - per tenere in piedi la maggioranza, ormai profondamente divisa. Ma questo prezzo lo ha fatto pagare al paese.
Il primo prezzo pagato dall'Italia è stato quello di rendersi ridicola agli occhi dell'Unione europea con la scelta di Buttiglione al posto di Monti. In altre circostanze, Buttiglione sarebbe stato, per le sue caratteristiche personali, un degno e rispettabile candidato. Adesso egli è, per i Governi europei, un simbolo negativo: il simbolo di un paese, l'Italia, che usa le istituzioni sovranazionali per risolvere problemi di partito, anzi, peggio, di correnti di partito; anzi, peggio ancora, per consentire a un Presidente del Consiglio arrogante di invadere e piegare la volontà di un piccolo partito della coalizione.
Il secondo prezzo che il Governo ha fatto pagare all'Italia è ancora più alto: l'insistenza maniacale sul federalismo. A qualunque costo, si vuole accontentare la Lega per placare il suo continuo ricatto; la si vuole accontentare per soddisfare i suoi miti ideologici, la pazza idea di una nazione padana che esiste soltanto nella fantasia di dirigenti politici che - non dimentichiamolo - rappresentano il 5 per cento degli italiani. Si tratta di dirigenti politici guidati non si sa più da chi, come e secondo quale logica; guidati in modo tale che la Lega ha appena minacciato di non votare la legge in materia pensionistica proposta da un suo stesso ministro.
Attraverso il federalismo si vuole rompere l'unità nazionale, moltiplicare le spese burocratiche, complicare e rallentare tutte le decisioni con nuovi conflitti di competenza. Non si vuole vedere che l'Italia è l'Italia dei mille campanili e delle 100 province, prima ancora che l'Italia delle regioni, spesso create artificiosamente a tavolino. Si vuole per forza credere che lo stato federato del Molise possa essere trattato come lo Stato federato della California. Si vuole allontanare ancora di più l'Italia della politica dall'Italia vera, con un Parlamento di apprendisti stregoni che si occupa di stravolgere la Costituzione, mentre i cittadini italiani si occupano e si preoccupano di ben altro. Se ne occupa, questo Parlamento, non come ha giustamente chiesto oggi il Presidente del Senato Pera, cioè con una discussione corale che coinvolga anche l'opposizione. Se ne occupa, al contrario, come se la Costituzione fosse cosa propria, della sola maggioranza, da piegare alle esigenze di equilibrio interno della sola maggioranza.
Il Governo, dunque, per mantenere compatta la maggioranza ha fatto pagare al paese due prezzi altissimi: il discredito in Europa e il rischio di rottura dell'unità nazionale. Ma il voto di oggi dimostra che il prezzo pagato è stato inutile. La maggioranza continua, infatti, a essere profondamente divisa, al punto che il Governo, ancora una volta, deve impedirle di discutere e di decidere liberamente, imponendo l'ennesimo voto di fiducia.
Vogliamo sapere, signor Presidente, per quanto tempo ancora il paese dovrà sopportare sacrifici e pagare prezzi allo scopo di tenere in piedi una maggioranza che politicamente non esiste più (Vivi, prolungati applausi dei deputati dei gruppi Misto-Socialisti democratici italiani, dei Democratici di sinistra-L'Ulivo, della Margherita, DL-L'Ulivo, di Rifondazione comunista, Misto-Comunisti italiani, Misto-UDEUR-Alleanza Popolare e Misto-Verdi-L'Ulivo).


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PRESIDENTE. Onorevole Intini, la ringrazio anche per il rispetto dei tempi, che non è usuale.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole De Franciscis. Ne ha facoltà.
Ricordo all'onorevole De Franciscis che ha sei minuti a sua disposizione. Prego, onorevole De Franciscis, la invito a prendere la parola, vincendo gli entusiasmi teleguidati!

ALESSANDRO DE FRANCISCIS. Signor Presidente, signori del Governo, ancora una volta il Governo risolve le proprie difficoltà facendo ricorso, su questioni politiche di enorme interesse per il paese, alla posizione della questione di fiducia. Il punto che eccepiamo noi parlamentari dell'UDEUR e parlamentari di opposizione non è la legalità del ricorso a tale strumento; peraltro, già ieri pomeriggio, in quest'aula, il Presidente della Camera ha ricordato che la richiesta del Governo si pone nel rispetto delle norme costituzionali e regolamentari.
Noi eccepiamo sull'opportunità politica del ricorso sempre più frequente a tale strumento, legato a questioni che, per ammissione degli stessi presidenti dei gruppi di maggioranza, sono considerate centrali.
Con lo strumento della fiducia, e per giunta nell'approvazione di una legge di delega al Governo, vediamo un atto di sostanziale autodelegittimazione del Parlamento, nel quale, e solo in esso, per prerogativa costituzionale devono essere ricercate le soluzioni fra le diverse opinioni e posizioni che i rappresentanti del popolo sovrano ritengono di dover assumere.
A noi non sfugge che il ricorso alla questione di fiducia ha registrato un significativo incremento ed una vera e propria accelerazione dopo l'approvazione dell'ultima legge finanziaria; come dicevamo già ieri, se la situazione non fosse drammatica, oggi ci sarebbe da ridere.
La verifica politica della maggioranza, che dura ormai da anni, i rapporti tesi fra i singoli partiti di maggioranza, la totale insoddisfazione delle forze sindacali, la critica posizione di Confindustria e, ancora una volta, il silenzio imposto a questo ramo del Parlamento sono la cornice di un voto di fiducia che noi non daremo questo pomeriggio.
Le norme in materia pensionistica e la delega al Governo nel settore della previdenza sono inoltre da noi ritenute misure sbagliate per una serie di motivi. La legge che la maggioranza si appresta a votare - e a nulla valgono, onorevole Cè, i bizantinismi e i distinguo che leggiamo in queste ore sulle agenzie di stampa - amplificherà la spesa pubblica nei prossimi primi anni di applicazione, poichè vedrà il conferimento di quel circa 33 per cento anche a quanti non avevano alcuna intenzione di avvalersene. Più che un bonus, si tratta, in un'ottica di finanza pubblica, di un malus, che segnala la raffazzonata leggerezza del vostro rapporto con la finanza pubblica.
Se a ciò si aggiunge quanto riportato ieri da un vostro autorevole esponente - l'ex ministro Giancarlo Pagliarini, che cito testualmente: « Negli ultimi tre anni le spese correnti dello Stato sono tutte aumentate» - il disastro finanziario che il Governo Berlusconi ha determinato, e pervicacemente si ostina ad ingigantire, è sotto i nostri occhi.
In quest'aula, oggi, dobbiamo gridare il nostro allarme: con il sistema pensionistico che state approvando si prefigura la creazione, tra circa venti anni, di un popolo di affamati pensionati. Chi infatti, onorevoli colleghi, sarà fra venti anni in pensione, godrà di un trattamento non superiore al 45-48 per cento del suo ultimo salario: se questo può essere ritenuto utile per la finanza pubblica, a ciò avrebbe dovuto accompagnarsi una legge che prevedesse immediatamente una previdenza integrativa tesa a riequilibrare e completare la copertura pensionistica.
Onorevoli colleghi della maggioranza, per quale motivo non vediamo operare la previdenza integrativa, da voi fantasiosamente e pervicacemente immaginata? I fondi pensione non decolleranno mai, perché non potranno offrire ai lavoratori un rendimento minimo garantito più una


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quota variabile. Se voi pensate che oggi le aziende offrono una rivalutazione del trattamento di fine rapporto di un punto percentuale e mezzo l'anno più lo 0,75 per cento dell'inflazione, vi chiedo: chi è quel pazzo che «toglie» il suo trattamento di fine rapporto per darlo ad un fondo pensioni che non garantisce un rendimento minimo e, per giunta, in un clima di scarso controllo sul risparmio nel nostro paese, che proprio recentemente ha determinato e può ancora determinare tragedie, come quelle legate alla crisi del gruppo Parmalat?
Perché, onorevoli colleghi della maggioranza, i fondi pensione, la cui organizzazione state per delegare al Governo, non possono offrire un rendimento garantito? Perché si continua ancora una volta pervicacemente a tassare i rendimenti dei fondi pensione, i quali, invece, dovrebbero essere totalmente esenti, per garantire un lento, ma costante montante della massa finanziaria investita in grado, a sua volta, di garantire un rendimento minimo?
D'altra parte, l'esenzione dalla tassazione dei fondi pensione, che pure avevamo suggerito attraverso i nostri emendamenti presentati sia al Senato sia alla Camera, non avrebbe determinato un aumento del costo dell'operazione, tenuto conto che già attualmente i trattamenti di fine rapporto per le aziende figurano come costi e, pertanto, non sono soggetti alle imposizioni sui ricavi.
Se questo è vero, perché continuate a dire ipocritamente e genericamente nel testo che state per approvare che i rendimenti devono essere tassati?
Gioverà ricordare che il mancato decollo dei fondi per la previdenza complementare ed integrativa, che voi oggi determinate, priva il nostro paese di uno strumento essenziale per destinare in maniera virtuosa il risparmio previdenziale verso il sistema produttivo.
Se è vero - ed è vero - che l'attenzione internazionale è rivolta al nostro sistema pensionistico, avremmo dovuto in quest'aula dibattere e decidere per una reale attivazione dei fondi pensione, la cui importanza nel capitalismo europeo è assolutamente essenziale. Ad esempio, il 20-30 per cento del capitale ENI che oggi è nelle mani dei fondi pensione degli americani avrebbe potuto tornare ad essere nella disponibilità della finanza italiana.
A voi, onorevoli colleghi della maggioranza, deve essere chiaro questo pomeriggio che l'avere delegato un ulteriore processo di privatizzazione senza la precedente disponibilità di fondi pensione con regole certe e rendimento garantito, decisi e controllati dal Parlamento, significa vendere l'Italia ai mercati finanziari internazionali e completare la definitiva colonizzazione di questo nostro sfortunato paese.

PRESIDENTE. Onorevole De Franciscis...

ALESSANDRO DE FRANCISCIS. Se questo vuole il Governo Berlusconi, sia chiaro, in quest'aula e fuori da essa, che ciò è possibile per la connivenza acritica di ciascuno di voi, onorevoli colleghi della maggioranza. A tale disegno i deputati di Alleanza Popolare-UDEUR, fedeli a quella cultura di Governo democratico cristiana nella quale ci riconosciamo ed alla responsabilità solidale che in un paese democratico vede legati reciprocamente gli interessi dei giovani e degli anziani, dei lavoratori e dei non occupati, dei ceti ricchi e dei ceti economicamente svantaggiati, dicono senza alcuna esitazione un «no» convinto ed irrevocabile (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Alleanza Popolare-UDEUR, dei Democratici di sinistra-L'Ulivo, della Margherita, DL-L'Ulivo, Misto-Comunisti italiani e Misto-Socialisti democratici italiani).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Diliberto. Ne ha facoltà.

OLIVIERO DILIBERTO. Signor Presidente, vorrei sollevare tre questioni, tutte di merito. La prima è di ordine sociale: con il provvedimento in esame si conferma, infatti, la natura radicalmente antipopolare di questo Governo. Si aumenta l'età pensionabile, si dimezzano le cosid


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dette finestre, cioè la possibilità per i lavoratori che hanno già maturato il diritto alla pensione di potervi concretamente andare, si scippa il TFR, si accelera sull'odiosa previdenza integrativa, cioè privata. Se colleghiamo questa pessima controriforma alla già approvata legge n. 30, quella sul mercato del lavoro, la conclusione è terribile. I giovani - che oggi vengono assunti con forme interamente precarizzate, senza il contratto a tempo indeterminato, cioè senza un lavoro stabile, senza un salario certo, con fortissime decontribuzioni - la pensione, letteralmente, non l'avranno. Un'intera generazione - a meno che, come noi chiediamo, questi due provvedimenti non verranno drasticamente abrogati dal prossimo Governo di centrosinistra - rischia di essere condannata ad un massacro sociale. Ancora una volta, rendete milioni di italiani più poveri, più fragili, più insicuri.
La seconda questione è squisitamente politica: voi non avete più la maggioranza in Parlamento. Nel paese ciò è stato già certificato da tre tornate elettorali da voi rovinosamente perdute. Da almeno un mese a questa parte appare chiaro che la maggioranza non vi è più neppure alle Camere: si è semplicemente dissolta. Senza voti di fiducia venite battuti in aula letteralmente tutti i giorni e la fiducia copre ricatti incrociati, scambi tra provvedimenti che stanno a cuore a questa o a quella parte della vostra compagine. Si tratta di vergognosi baratti su temi delicatissimi: le pensioni oggi, in cambio, forse, della devoluzione domani. Tali temi richiederebbero giornate di discussione, di confronto ed anche di scontro tra maggioranza ed opposizione: niente di tutto ciò. La maggioranza non c'è più.
Il Capo dello Stato ha richiamato ieri all'unità nazionale. Meglio avrebbe fatto se avesse convocato il Presidente del Consiglio per ammonirlo sull'abuso della posizione della questione di fiducia o se avesse inviato su tale tema un messaggio alle Camere utilizzando uno dei poteri a lui costituzionalmente garantiti. Meglio ancora sarebbe se prendesse atto, come è evidente, che la maggioranza non c'è più, se non formalmente, e, dopo un giro di consultazioni, avviasse le procedure per lo scioglimento anticipato delle Camere: risparmierebbe al paese ulteriori umiliazioni, danni gravissimi al tessuto sociale, pericoli democratici.
Ciò ci porta alla terza questione: la questione democratica. Il Parlamento è stato messo in condizioni di non poter più lavorare. Il luogo per eccellenza della rappresentanza politica è privato, ormai, di potere reale a vantaggio dell'esecutivo.
I principi democratici sono evidentemente vissuti da questo Governo come un impaccio, come un fastidio. Vedete, colleghi, intervenendo in questa stessa aula nel febbraio del 1947, nel corso dei lavori dell'Assemblea Costituente, Palmiro Togliatti si rivolse alla vecchia classe politica e democratica, che nel primo dopoguerra, tra il 1919 ed il 1924, non fu all'altezza di contrastare il fascismo nascente e poi trionfante. Non vide i pericoli, li sottovalutò, minimizzando o irridendo chi paventava il peggio, come poi concretamente accadde. Era una classe dirigente che non aveva compreso in definitiva la fase nuova e terribile che viveva l'Italia. Le parole di Togliatti furono appunto: «voi avevate occhi e non avete visto».
Amici del centrosinistra, la situazione odierna è certo diversissima da quella del primo dopoguerra italiano, ma i pericoli sono alti, molto alti. Non vorrei che anche a noi, a posteriori, dovesse essere rinfacciato di avere avuto occhi, ma di non aver visto. Lo stravolgimento delle forme e della sostanza democratica sta già avvenendo. Occorre essere tutti insieme, noi del centrosinistra, all'altezza della sfida, che è enorme. Mandare a casa questo Governo pericoloso è diventato per noi, oltre che un obiettivo politico, una scelta morale ed è in questi tornanti stretti, cari colleghi, che si misura la statura di un gruppo dirigente.
Noi Comunisti italiani siamo un drappello esiguo in questo Parlamento, ma faremo sino in fondo la nostra parte. Speriamo che tutti noi nel centrosinistra abbiamo ben chiara quale sia oggi per davvero la posta in gioco (Applausi dei


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deputati dei gruppi Misto-Comunisti italiani, dei Democratici di sinistra-L'Ulivo, della Margherita, DL-L'Ulivo, di Rifondazione comunista e Misto-Socialisti democratici italiani)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Alfonso Gianni, al quale ricordo che ha dieci minuti di tempo a disposizione. Ne ha facoltà.

ALFONSO GIANNI. Noi negheremo per la tredicesima volta in questo ramo del Parlamento la fiducia a questo Governo e mi auguro che il numero 13 gli porti sfiga!

LUCA VOLONTÈ. Che parole...!

ALFONSO GIANNI. Sfortuna! È un Governo - ed una classe dirigente - irresponsabile verso il paese, per tante ragioni, ma vorrei sottolinearne almeno due, che riguardano l'argomento alla nostra attenzione. La prima è la seguente. La questione delle pensioni, signor ministro - lei lo sa bene, avendo avuto anche colloqui privati su questo tema -, così come quella concernente l'Europa, è stata ridotta a volgare merce di scambio entro la compagine governativa: una merce di scambio tra questioni che nulla c'entrano con milioni di pensionati, un gioco cinico! Volete un esempio? L'UDC offre il ritiro degli emendamenti sulle riforme istituzionali per buona pace della coalizione di quel partito; Alleanza nazionale accetta la devolution per incassare il premierato; la Lega dice di «sì» a questa controriforma pensionistica, in nome della devolution. Ognuno dà qualcosa, per qualcosa, ad altro: la somma torna pari, ovvero zero, solo per questa classe dirigente e per questa coalizione governativa, ma è fatta sulla testa di milioni di persone reali.
Signor ministro del lavoro, è una vergogna: altro che patto generazionale, qui siamo di fronte ai ladri di Pisa, che rubano di notte e litigano di giorno, per ripartirsi il bottino! Il guaio - questa è la seconda ragione (ancora più grave) di irresponsabilità - è che il bottino sono le pensioni degli italiani. Non solo le pensioni, ma persino le liquidazioni dei lavoratori dipendenti, vale a dire ciò che più si avvicina al concetto di salario differito.
Altro che patto fra le generazioni! Siamo di fronte ad un fatto straordinario per la sua totale negatività. Per la prima volta, in modo incosciente, per quanto consapevole, il Parlamento, ovvero la sua maggioranza, sta decidendo che le generazioni che verranno avranno un futuro peggiore dei loro padri.
Esagero, signor ministro? No, perché lo dicono tutti i dati: quelli che emergono dalla ricerca effettuata dal suo sottosegretario Brambilla, quelli riportati sulla stampa o sulle riviste specializzate. Prima della riforma degli anni Novanta (già ciò non ci piaceva), un lavoratore dipendente, indipendentemente dall'età, con 35 anni di anzianità contributiva, maturava una pensione pari al 67 per cento o al 77 per cento dell'ultima retribuzione, se impiegato, rispettivamente, nel settore privato o in quello pubblico.
Nel sistema contributivo a regime, tenendo conto del previsto adeguamento del metodo di calcolo, un lavoratore dipendente, indifferentemente del settore pubblico o privato, che andrà in pensione con 35 anni di contributi a sessant'anni di età, avrà una pensione pari al 48,5 per cento dell'ultima retribuzione (il 20 per cento in meno). Nell'ipotesi massima di quarant'anni di anzianità e di 65 anni di età, il tasso di sostituzione, cioè il valore della pensione rispetto al salario, salirà solamente al 64 per cento, non raggiungendo il valore antecedente, ma, in questo caso, non vi sarà più la liquidazione. Se, invece, si tratta di un lavoratore precario, il valore della sua pensione oscilla tra il 30 ed il 39 per cento.
Questo sarà il frutto delle nostre decisioni, cari irresponsabili colleghi! Non ci sarà più la liquidazione, lo ripeto, perché questa sarà stornata verso i fondi che si perdono sul mercato internazionale (leggetevi The Economist e qualunque altro più modesto quotidiano). I fondi, sia quelli


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chiusi, sia quelli aperti, a livello internazionale o interno, a causa dell'andamento finanziario, hanno perduto di valore.
Non ci salva, onorevole Maroni, il silenzio-assenso. Complessivamente, lei lo sa qual è la partita e mi rivolgo anche a lei, signor Presidente (forse almeno lei mi ascolta): il flusso annuo relativo ai trattamenti di fine rapporto è di 13 miliardi di euro (26 mila miliardi di lire), vale a dire poco più della metà della manovra finanziaria che, disgraziatamente, discuteremo nelle prossime ore.
Una parte di questi fondi, di questa cifra che appartiene al lavoro dei lavoratori dipendenti prenderà la strada incerta dei mercati finanziari interni ed internazionali (quelli che hanno prodotto i casi Parmalat o Enron). Un'altra parte prenderà la strada del circuito pubblico, il quale, però, sarà sottoposto alle direttive dell'attuale politica economica e potrebbe - questo è il gioco che si cela nelle decisioni che si stanno prendendo - diventare il finanziamento per la riduzione delle tasse dei ceti più ricchi.
In altre parole, con questa fiducia irresponsabile, i signori della maggioranza stanno decidendo la più grande rapina del secolo. In questo senso entreranno nella storia, ma nel cono d'ombra negativo, perché dai poveri o dai poverissimi o da coloro che hanno ricevuto solo dalla loro fatica intellettuale o manuale passeranno ai ricchi su grande scala.
Si è detto: al Senato abbiamo tolto la decontribuzione per i nuovi assunti. Non è vero, è una bugia - lo dico anche ai sindacati -, anche perché quella decontribuzione è prevista nel disegno di legge n. 8448-bis, attualmente giacente al Senato, quello che contiene la cancellazione per tutti dell'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori e soprattutto perché, nella logica di una privatizzazione del settore, è indispensabile ridurre il costo del lavoro, essendo questa la vera finalità della controriforma pensionistica.
Infine, l'innalzamento dell'età pensionabile. Ma chi l'ha detto, quale autorità umana e civile ha mai detto che l'allungamento delle speranze di vita, frutto dell'avanzamento dell'umanità, delle lotte di classe, della scienza, dell'organizzazione sociale, debba essere pagato con l'allungamento del tempo di lavoro? Questa è la più grande ingiustizia che riserviamo alle prossime generazioni, alle quali abbiamo garantito di vivere di più, ma che poi puniamo dicendo loro: lavorate di più! È una logica perversa, alla quale non appartengo e non voglio appartenere.
L'allungamento dell'età lavorativa penalizza i giovani, in quanto si occupano posti di lavoro che potrebbero essere liberi, ma li penalizza soprattutto perché toglie dalle responsabilità del Governo l'unico vero problema che giustificherebbe una vera riforma e non una controriforma del sistema pensionistico, vale a dire la garanzia di una pensione dignitosa per i giovani che hanno un lavoro precario.
Ciò non può essere risolto senza una fiscalizzazione dei contributi. Di questa riforma ci sarebbe bisogno, ma di questa riforma ci faremo carico noi, cancellando, se riusciremo a sconfiggere le destre, l'attuale controriforma strappata a colpi di voti di fiducia e aprendo quindi realmente un discorso per il domani delle giovani e, contemporaneamente, delle nostre e delle vecchie generazioni. Allora, di nuovo «no» (Applausi dei deputati dei gruppi di Rifondazione comunista, dei Democratici di sinistra-L'Ulivo, della Margherita, DL-L'Ulivo e Misto-Comunisti italiani)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Dario Galli. Ne ha facoltà.

DARIO GALLI. Signor Presidente, la necessità di intervenire sul sistema previdenziale credo sia nota ad ognuno di noi. Le follie del passato, che si possono riassumere nel sistema di partizione, che non ha messo a frutto un solo euro di quanto versato dagli italiani per cinquant'anni, nei prepensionamenti di massa (ferrovie e aziende di Stato), nell'uso improprio dei contributi previdenziali nel campo dell'assistenza, hanno portato alla drammatica situazione di oggi. A questo si aggiunga la preoccupante situazione anagrafica, che ci


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presenta un paese di 57 milioni di abitanti, ma con solo 7 milioni di ragazzi al di sotto di 18 anni. Un paese cioè che, nell'arco di due generazioni, si dimezza come numero e diventa un paese di soli anziani, con le drammatiche conseguenze facilmente prevedibili.
Anche per questo, che è e rimane il problema più importante, dobbiamo ringraziare la politica di distruzione della famiglia e di valori ad essa collegati, in nome di un mondialismo e di un laicismo ideologico che, già da tempo, stanno dimostrando tutti i loro devastanti effetti.
Non a caso la Lega Nord, da anni, ha quale elemento fondante del proprio messaggio politico, oltre ovviamente alla libertà dell'individuo e dei popoli, quello del rispetto e del sostegno alla famiglia tradizionale, quale unico elemento capace di mantenere in vita la nostra società così come noi la conosciamo.
In questo senso la riforma contiene elementi assolutamente indispensabili al mantenimento dell'equilibrio del sistema, quali l'innalzamento graduale dell'età pensionabile e gli incentivi al mantenimento del lavoro di chi, pur avendo i requisiti per la pensione, preferisca continuare a lavorare, con evidenti vantaggi economici e professionali per la collettività.
Nondimeno vengono mantenuti elementi di rispetto per i lavori particolarmente pesanti e per le lavoratrici. Vengono introdotti, altresì, elementi di giustizia sociale e fiscale, quali il progressivo allineamento tra pensioni pubbliche e private, il recupero degli anni di contributi pagati soprattutto dalle lavoratrici in giovane età e non sufficienti al raggiungimento del minimo contributivo, la totalizzazione dei contributi pagati ad enti previdenziali diversi, la certificazione dei contributi stessi, per non parlare del contributo di solidarietà sulle cosiddette pensioni d'oro.
Un'attenzione particolare è rivolta anche ai giovani e alle loro future pensioni, con l'allineamento contributivo dei contratti precari, i cosiddetti Co.Co.Co., peraltro introdotti proprio dal centrosinistra con il famoso pacchetto Treu.
Da sottolineare anche l'avvio, finalmente, dopo anni di chiacchiere, dell'elemento di capitalizzazione delle pensioni, con l'utilizzo volontario del TFR. Si tratta, quindi, di una riforma ragionevole ed indispensabile, che lascia scoperto solo qualche elemento, quale la gradualità delle pensioni di anzianità residue, che però - e ne sono sicuro - verrà affrontata nei prossimi anni dal Governo. Ricordo, infatti, che la riforma inizierà a decorrere solo a partire dal 2008.
Per tutte queste ragioni, risultano davvero incomprensibili le proteste del centrosinistra. Di questa riforma si è parlato per tre anni, molti suggerimenti sono stati accolti, nonostante gli scioperi generali effettuati quando ancora non si era deciso praticamente nulla. Non ci sorprende tutto questo, ovviamente; il centrosinistra, a corto di argomenti, preferisce attaccarsi alle questioni formali e perdere il senso dello Stato.
Siamo stati accusati di abuso di voto di fiducia, quando nella passata legislatura si è ricorso ad esso più frequentemente; si accusa di litigiosità un normale confronto di maggioranza, tra sensibilità ovviamente diverse, e si glissa allegramente sulla verifica permanente della scorsa legislatura, dei tre Presidenti del Consiglio e dei quattro Governi. Noi siamo ancora ad un Governo ed un Presidente del Consiglio!
La necessità temporale di approvare la riforma, l'obbligo di presentarsi con i conti in ordine e il rischio di un'estate calda sul fronte dei rating internazionali e dei conseguenti tassi sul debito pubblico dovrebbero essere elementi sufficienti a tacitare chiunque abbia senso di responsabilità nei confronti della cosa pubblica. Non possiamo, quindi, che concordare nel merito della riforma e sulla necessità di una sua rapida approvazione.
In conclusione - e mi rivolgo all'onorevole Presidente del Consiglio -, il gruppo della Lega Nord Federazione Padana conferma oggi la fiducia a lei e al Governo che lei rappresenta. In questi primi tre anni di legislatura, il nostro movimento si è sempre


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comportato con grande lealtà nei suoi confronti e nei confronti dei cittadini che ci hanno eletto.
La Lega Nord è entrata nella Casa delle Libertà, accettando molte delle esigenze degli altri componenti la coalizione. Questo ci è costato un forte tributo elettorale, come le recenti elezioni europee, senza il vincolo di coalizione, hanno dimostrato. Noi, comunque, non rinneghiamo certo le scelte fatte nel 2000 e nel 2001. Pretendiamo, però, che i patti vengano rispettati da tutti.
Quando questo non si è verificato ci siamo fatti sentire, ma sempre in maniera chiara, trasparente, senza dietrologie né secondi fini. Quando la coalizione è uscita dal patto con gli italiani, lo abbiamo immediatamente denunciato e apertamente dichiarato. Abbiamo fortemente protestato in occasione dell'«indultino», del decreto «salva calcio», della svendita degli immobili pubblici, oppure quando si è ventilata l'ipotesi di concedere il voto anticipato agli extracomunitari, o quando si è dimostrato di non voler aprire il vaso di Pandora del caso Parmalat. Così come saremo costretti a dimostrare la nostra contrarietà sul prestito-regalo ad Alitalia, forse già nelle prossime ore.
Lo abbiamo comunque sempre fatto per questioni di giustizia e di rispetto dei cittadini che, quando ci hanno votato, certo non lo hanno fatto perché si portassero avanti quei provvedimenti. Siamo sempre stati chiari, non abbiamo fatto rischiare crisi al paese senza che se ne comprendessero le ragioni né tantomeno per rivalse personali, per avere un ministero o una poltrona di sottosegretario in più. Non ci siamo neppure mai sognati di fare prove tecniche del dopo-Berlusconi.
Spero vorrà concordare con noi che il patrimonio di idee innovative, la cultura civile del fare e non dell'aspettare da altri, tipico delle regioni da cui proveniamo e delle quali rappresentiamo le culture più profonde, siano patrimonio irrinunciabile di questa coalizione. Altrettanto irrinunciabile credo sia la dimostrazione di affidabilità, di trasparenza politica, di chiarezza di posizioni e di rapporti che la Lega Nord rappresenta nella Casa della Libertà.
Ci auguriamo che lei a tutto questo non voglia rinunciare. Oggi, signor Presidente del Consiglio, apriamo, con il nostro voto, una nuova linea di credito: contribuiamo ad approvare una riforma difficile, per certi aspetti dolorosa, ma assolutamente indispensabile per il futuro del nostro paese. Il sacrificio che chiediamo oggi a molti cittadini non deve diventare inutile. La riforma previdenziale assume significato solo se accompagnata da altre riforme: riforme che devono trasformare il nostro paese in un paese più snello, più agile, con uno Stato meno burocrate e più vicino alle esigenze del cittadino, con un apparato pubblico leggero che detti le regole della convivenza democratica ma non ne diventi un inutile peso, uno Stato meno costoso per le tasche dei cittadini e che non assorba, annientandole, le risorse da destinare allo sviluppo.
Di questo Stato c'è già un esempio, pur con i limiti imposti dal regime centralista: mi riferisco alle regioni del Nord e della Padania, dove i servizi funzionano, le strutture pubbliche già oggi sono più leggere e meno costose, dove si pagano le tasse ma l'avanzo territoriale primario è il più alto del mondo. La riforma federale, vero e unico motivo per il quale la Lega Nord è entrata in questa maggioranza - come peraltro è a tutti noto dall'inizio - è la riforma istituzionale indispensabile a questo cambiamento: avvicinare le istituzioni al cittadino, aumentare il potere di controllo reale, finalizzare la tassazione alle effettive necessità dei servizi sono l'unico modo per trasformare, migliorandolo, l'intero paese. Mantenere la libertà delle regioni del Nord e mantenere la loro vocazione imprenditoriale con la conseguente creazione di valore aggiunto è indispensabile a loro stesse, ma anche e soprattutto all'intero paese. Riuscire a trasformare nel tempo le altre regioni verso modelli più simili ai territori settentrionali è un augurio che formuliamo sinceramente, da padani, nei confronti di tutto il paese e dell'Italia intera.


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Se venisse meno dichiaratamente la volontà di portare avanti tale istanza, la conseguenza sarebbe ovvia: verrebbe meno l'unica ragione della nostra appartenenza alla Casa delle libertà. Anche in questo caso, comunque, non saremmo noi a mancare ai patti e la nostra scelta sarebbe assolutamente obbligata, per ragioni di chiarezza, trasparenza e coerenza politica.
Lei oggi, onorevole Berlusconi, è l'unico garante di tutto ciò. È sua la responsabilità, l'onere e l'onore di mantenere la squadra in campo, possibilmente tutta dalla stessa parte. Diamo una dimostrazione di serietà e affidabilità e lasciamo agli altri le alchimie politiche e i bizantinismi della prima Repubblica. I cittadini vogliono politici moderni, chiari, leali, professionali. Questa legislatura rappresenta ancora una grande occasione per tutto il paese: faccia in modo di non mancarla (Applausi dei deputati del gruppo della Lega Nord Federazione Padana)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Anna Maria Leone. Ne ha facoltà.

ANNA MARIA LEONE. Signor Presidente, onorevoli colleghi, dopo una navigazione burrascosa, giunge finalmente in porto per la sua definitiva approvazione la riforma delle pensioni. Nel corso dell'iter parlamentare, durato quasi tre anni, non ci siamo sottratti al confronto con le altre forze politiche, recependo osservazioni e rilievi provenienti dalla società civile. Non ci siamo sottratti al dibattito, né oggi, né in occasione di altri importanti provvedimenti assunti da questo Governo (quali, ad esempio, il patto per l'Italia e la legge Biagi). Giunge tuttavia il momento nel quale occorre una svolta, anche per tener fede ai propri impegni e per tranquillizzare chi ci guarda dall'esterno e, nel caso delle agenzie di rating, ci giudica.
Nella lunga marcia verso una rivisitazione del sistema delle prestazioni previdenziali non siamo soli. In Germania, il sistema è stato riformato nel 2001 e ulteriormente modificato nel 2003; in Francia, la riforma del 1993 è stata modificata già due volte, a significare che nulla è immodificabile e che tutto deve essere adattato alle esigenze e alle oggettive tendenze demografiche.
Il provvedimento sul quale è stata posta la questione di fiducia è positivo sotto molti aspetti. In primo luogo, esso consente di completare la riforma pensionistica lasciata incompiuta dal Governo Dini. Esso, inoltre, consentirà di far decollare definitivamente il secondo pilastro della previdenza complementare. È ovvio che, come in ogni trasformazione epocale, esista qualche criticità, in particolare per quanto riguarda la scadenza del 2008 per il passaggio dell'età minima pensionabile da 57 a 60 anni. È tuttavia anche vero che negli ultimi dieci anni l'attesa di vita per uomini e donne si è ulteriormente allungata, e si tratta di un fatto che non può essere tralasciato.
Onorevoli colleghi, manovre correttive, decreti taglia-spese e finanziarie varie sono utili a centrare gli obiettivi di finanza pubblica, ma tutto ciò non basta. Come ha recentemente confermato la magistratura contabile, servono soprattutto misure strutturali, misure che incidano sulla spesa corrente. Se non vi saranno drastici rimedi - cito testualmente la Corte dei conti - il problema delle pensioni, già oggi assai pesante, non potrà che peggiorare a danno dei lavoratori attuali e delle generazioni future.
Su quest'ultimo punto sappiamo che il sistema contributivo introdotto dalla legge Dini ha portato ad avere una pensione pari circa al 50 per cento dell'ultima retribuzione. Se non partisse subito il secondo pilastro - e siamo già in ritardo di quasi dieci anni - rischieremmo di creare fasce di pensionati di assoluta povertà. Il sistema previdenziale dunque necessitava di questa riforma, una riforma in grado di prefigurare un equilibrio finanziario e, allo stesso tempo, garantire condizioni di equità sociale ed intergenerazionale.
Un altro aspetto che occorre sottolineare è che il provvedimento separa finalmente, dopo anni e anni di tentativi, la previdenza dall'assistenza: una semplice


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riclassificazione della spesa in senso stretto, depurata cioè dalla quota impiegata per fini socioassistenziali, come ad esempio le integrazioni al minimo, le invalidità, i prepensionamenti o la reversibilità.
L'Italia si colloca sotto la media europea quanto a percentuale di spesa previdenziale rispetto al PIL. Per questo, dopo aver affrontato la riforma del mercato del lavoro, chiudiamo il capitolo delle pensioni e prepariamoci ad affrontare il nodo degli ammortizzatori sociali. Da qui occorre ripartire con l'aiuto del dialogo sociale per capire quale sia il migliore sistema di sicurezza che possiamo garantire ai cittadini.
Vorrei dire ai colleghi dell'opposizione che hanno formulato critiche e cavalcano la tigre del dissenso - per usare un eufemismo - che tra il 1996 ed il 2001 i Governi dell'Ulivo hanno completamente abbandonato il tema delle pensioni, in ossequio ad una pax interna alla loro coalizione. Una riforma è stata avviata nei primi anni Novanta, per poi subirne un rallentamento, una riforma lasciata a metà (mi riferisco ai fondi pensione e alla totalizzazione). Ci avete lasciato in eredità le famose finestre, facendole accettare dai sindacati, e oggi ci accusate di spaccare la nazione.
Tutto questo è poco rispettoso dell'intelligenza degli italiani, almeno di quelli che ricordano e voglio ricordare. Il voto di oggi è un voto per domani, quando ci presenteremo al tavolo dell'Ecofin con una nuova carta da giocarci. Per questi motivi, preannuncio il voto favorevole del gruppo dell'Unione dei democratici cristiani e dei democratici di centro

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Delbono. Ne ha facoltà.

EMILIO DELBONO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, onorevole ministro Maroni, siamo all'epilogo di un percorso parlamentare di un provvedimento che, per la sua rilevanza e il suo impatto sui cittadini, avrebbe meritato più serietà, più rigore, più apertura mentale, più senso dello Stato, più capacità di Governo. Il nostro giudizio su questo provvedimento e sul modo con cui viene approvato - l'ennesima fiducia - non può che essere critico, pesantemente critico.
Si era partiti con obiettivi anche da noi condivisi (la costruzione di un vero secondo pilastro previdenziale, una progressiva liberalizzazione dell'età pensionabile, un'armonizzazione del sistema) e si è giunti, al contrario, in fondo con la certezza degli effetti negativi e la totale incertezza - anzi la inesistenza - dei suoi elementi positivi e delle sue convenienze per i cittadini italiani. Ciò che è certo è che si taglia, non si riconverte la spesa previdenziale e quindi si taglia la spesa sociale dello 0,7 per cento del prodotto interno lordo, in un paese nel quale la spesa sociale complessiva è di oltre due punti sotto la media dell'Unione europea. Ciò che è certo è che si innalza l'età pensionabile dal 2008 di oltre tre anni, sino ad arrivare a cinque nel 2014 per i lavoratori dipendenti ed autonomi, colpendo pesantemente i lavoratori italiani ed in particolare, caro ministro, quelli del nord, che si caratterizzano per l'inizio precoce della loro carriera lavorativa. Ciò che è certo è che si fa tutto ciò senza una vera concertazione con le parti sociali; non si capirebbe altrimenti il giudizio critico che accomuna indistintamente i sindacati dei lavoratori dipendenti - CGIL, CISL, UIL e UGL, cari amici di AN - ed i sindacati delle imprese, dalla Confindustria alle associazioni degli artigiani e dei commercianti, e senza che il paese abbia coscienza di ciò che avviene.
Non vi fa riflettere il fatto che da un recente sondaggio pubblicato da un'importante testata nazionale sia emerso che l'86 per cento degli italiani non sa che è in corso una modifica del sistema pensionistico e non ne conosce i contenuti? Ciò testimonia che il dibattito in Parlamento e nel paese è stato pressoché inesistente. E si fa tutto ciò manifestando la totale indisponibilità ad un confronto con l'opposizione: due fiducie, una al Senato ed una alla Camera!


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Eppure, nel corso della discussione parlamentare, l'opposizione non aveva mai fatto trasparire, né in Commissione né in Assemblea, volontà ostruzionistiche, ma aveva presentato, responsabilmente, poco più di cento proposte emendative, tutte mirate, che prefiguravano una diversa e più efficace risposta ai limiti ed alle deficienze del testo in esame. Persino nella maggioranza vi era coscienza della loro importanza ed utilità!
Ma da dove viene, cari colleghi, l'accanimento sulle pensioni di cui state facendo mostra? Ma che c'entra la riforma con un avvio solido e conveniente della previdenza complementare ed integrativa se il cuore delle norme al nostro esame è soltanto quello di fare cassa, di risparmiare sulla pelle dei cittadini solo per rassicurare l'Unione europea e l'Ecofin? Si stanno rastrellando euro per coprire i buchi di bilancio che sono stati causati da un'incapace gestione della finanza pubblica da parte di Tremonti e di tutti voi (proprio voi, a cominciare dal Presidente del Consiglio, lo state dichiarando)!
Cosa c'entra la riforma in esame con gli equilibri finanziari degli enti previdenziali se gli effetti delle precedenti riforme - quelle sì che lo erano! - avevano già prodotto tra il 1995 ed il 2005, come ha dimostrato la commissione presieduta da Brambilla, risparmi di gran lunga al di sopra delle previsioni?
E volete spiegarci cosa c'è di davvero conveniente a fronte del taglio della spesa e dell'innalzamento dell'età pensionabile, che sono elementi certamente di segno negativo? Noi, che pure siamo favorevoli, a seguito di atto volontario del lavoratore, ad utilizzare il TFR per avviare i fondi pensionistici complementari ed integrativi, non vediamo davvero dove stia la convenienza per i lavoratori. Dove sono le risorse e le norme certe, che pure abbiamo proposto, per garantire un mercato ampio, solido e sicuro? Ovvero, dove sta, nel disegno di legge in esame, la certezza di un regime fiscale agevolato che passi, come noi proponiamo, attraverso una piena e totale deducibilità dei contributi versati dai lavoratori ai fondi pensionistici? Dove sta la certezza di un regime fiscale che preveda il dimezzamento delle aliquote per la tassazione dei rendimenti delle attività delle forme pensionistiche? Dove sta, nel disegno di legge in esame, la certezza di un rendimento minimo garantito per quei lavoratori che intendono costruirsi una previdenza complementare, soprattutto a fronte di una volubilità dei mercati mobiliari che, come dimostrano i dati fornitici, ha fatto registrare, tra il 1999 ed il 2003, differenze notevoli tra il rendimento del TFR (che è garantito per legge), attestatosi al 17,7 per cento, quello dei fondi chiusi negoziali, attestatosi al 16,1, e quello dei fondi aperti, attestatosi addirittura ad un non molto lusinghiero 10,6 per cento? Per non parlare, poi, dei piani pensionistici individuali!
Ma vi rendete conto che scaricate tutti i rischi della previdenza complementare sulla parte più debole, vale a dire sui lavoratori dipendenti e sugli autonomi?
Dove sta, nel disegno di legge in esame, la certezza di un sistema dotato di capacità di vigilanza e di controllo in un mercato che, potenzialmente, si allargherà enormemente con l'immissione, solo per effetto del conferimento del TFR, di ben 12 miliardi di euro? Invece, che si fa? Si affida genericamente alla Covip, l'attuale Commissione di vigilanza sui fondi pensionistici, il controllo su questo mercato! Ma la Covip non è in grado di garantire una seria, solida e rassicurante vigilanza su un mercato così ampio e complesso, anche a causa della mancanza di norme, di mezzi e di personale, che voi non garantite affatto!
D'altra parte, la vostra mano destra non sa quel che fa la sinistra: quando già era cominciato l'esame della riforma pensionistica, con il decreto-legge recante interventi urgenti per il contenimento della spesa pubblica avete tagliato risorse che erano finalizzate proprio al rafforzamento del sistema di vigilanza e di controllo dei fondi pensionistici! Siete proprio dei bei campioni di coerenza!
Ma non vi hanno detto nulla sulla fragilità e sulla debolezza del nostro sistema i crac finanziari di Bipop, Cirio e


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Parmalat? E poi, siete stati sordi quando vi abbiamo chiesto di non innalzare l'età pensionabile, così rigidamente ed ingiustamente, con lo scalone del 2008. Vi abbiamo detto che, così facendo, avreste danneggiato i lavoratori precoci, il nord, i lavoratori impiegati in lavori usuranti e le donne, le quali, secondo la vostra astratta - soltanto astratta - idea, dovrebbero ritornare a fare i figli e ad occuparsi della famiglia!
Non ci avete ascoltato quando vi abbiamo indicato altre strade, come quella indicata da Dini, che interviene sui coefficienti di calcolo, o la strada flessibile della «quota 94», che permette un bilanciamento tra anzianità anagrafica e contributiva, o il percorso di gradualità nell'innalzamento. Siete stati sordi! Sordi ai buoni consigli!
Ve ne siete infischiati anche dei nostri richiami a non introdurre deleghe nella delega, come quella che può ben definirsi una «delega al quadrato», di cui Maroni si vanta, che permette al Governo di predisporre un testo unico della previdenza, modificando - questo prevede la delega -, correggendo o abrogando norme che intervengono sulle aliquote contributive e sulle prestazioni. Tutto questo senza alcun criterio e principio direttivo, in palese violazione delle norme costituzionali.
Inoltre, respingendo le proposte dell'opposizione, avete dimostrato che non vi interessa nulla del futuro pensionistico di tanti giovani e meno giovani che continuano a vivere in condizioni di totale precarietà a causa di un eccesso di flessibilità.
Vi abbiamo proposto percorsi che permettessero la costruzione di contributi migliorativi e di meccanismi di piena e certa totalizzazione contributiva per questi lavoratori. Vi abbiamo chiesto di innalzare per tutti i lavoratori atipici le soglie delle tutele sociali per la malattia, l'infortunio e la maternità. Con questo provvedimento ci avete risposto «no». Avete persino negato, in barba ai vostri libri bianchi sul welfare, che si prevedessero norme previdenziali, dal riscatto ai contributi figurativi, che venissero incontro ai genitori che accudiscono i propri figli affetti da disabilità gravi.
Per tutte queste motivazioni, dovevate tenere aperto il dibattito e permettere l'accoglimento di alcune di queste proposte emendative. Invece, nulla di nulla avete accolto!
In conclusione, cari colleghi, in questo provvedimento certe sono le stangate. Rinviate, invece, con il meccanismo della copertura finanziaria creativa, in violazione dell'articolo 81 della Costituzione, che affida a future leggi finanziarie e al DPEF (lo vedremo) la definizione della manovra di finanza pubblica, le convenienze e le certezze per i cittadini e per le imprese, che soffriranno, perché non altrimenti compensate dalla mancata liquidità garantita dai TFR.
E poi - lasciatemelo dire -, cari colleghi della Lega Nord Federazione Padana, squallido è stato anche il vostro comportamento, perché avete barattato una scatola piena, ovvero la riforma delle pensioni, che interviene sulla vita di centinaia di migliaia di lavoratori, sui loro diritti e sul loro futuro, con una scatola vuota: la inconcludente, quanto enfatizzata, devolution.
Non è stata, cari colleghi, davvero una bella pagina, né per il paese né, caro Presidente Biondi, per il Parlamento.
Per questo ci apprestiamo a non darvi la fiducia e ad esprimere voto contrario su questo dannoso, quanto pretenzioso, provvedimento.
Colleghi del centrodestra, avete imboccato una brutta china per far quadrare i conti pubblici e le vostre divisioni. State prefigurando un impoverimento dello Stato sociale e un imbarbarimento delle regole del gioco democratico.
Fermatevi colleghi finché siete in tempo! Fermatevi prima che il paese perda definitivamente fiducia e mezzi per guardare al futuro con convinzione di sé e delle istituzioni che lo governano (Vivi, prolungati applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-L'Ulivo, dei Democratici di sinistra-L'Ulivo e Misto-Comunisti italiani - Congratulazioni)!


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PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Lo Presti. Ne ha facoltà.

ANTONINO LO PRESTI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, nel corso di questo dibattito sulla questione di fiducia nell'ambito del disegno di legge di riforma del sistema pensionistico, mi sarei aspettato che gli interventi degli esponenti...

PRESIDENTE Onorevole colleghi, sta parlando un collega. Capisco l'entusiasmo...

ANTONINO LO PRESTI. ... dell'opposizione affrontassero il merito della riforma e cogliessero l'occasione... Presidente, poiché i colleghi del centrosinistra continuano ad applaudire, posso conteggiare il tempo?

PRESIDENTE. Lei è un po' diffidente, ma la accontenterò. L'ho vista fare i dovuti controlli. Stia tranquillo. Vigilo anche per lei.

ANTONINO LO PRESTI. Grazie, Presidente: vigilando redimere.

PRESIDENTE. No, questo lo fanno in galera.

ANTONINO LO PRESTI. Appunto. Bisogna stare attenti. Mi sarei aspettato che i colleghi della sinistra cogliessero l'occasione per spiegare in Parlamento le ragioni della loro contestazione.
Abbiamo invece assistito ancora una volta al teatrino delle contumelie, degli urli e degli strepiti lanciati contro il centrodestra, accusato addirittura di attentare alla democrazia, strozzando o impedendo il dibattito con il ricorso al voto di fiducia.
Avete perso ancora una volta un'occasione, cari colleghi, per dimostrare al Paese quali siano le vostre idee, le vostre proposte di governo e quali responsabilità intendiate assumervi come classe dirigente per governare l'Italia, per garantire quel futuro dei giovani lavoratori che un sistema pensionistico prossimo all'implosione rischia di compromettere definitivamente, per colpe che, è bene ricordarlo, sono tutte dei Governi di centrosinistra degli ultimi quarant'anni. Noi, invece, abbiamo avuto la responsabilità, non dico il coraggio, di intervenire subito per riportare in equilibrio nei prossimi anni il sistema previdenziale, che a giudizio unanime di tutti gli studiosi, ma soprattutto della Commissione europea, andava subito riformato.
E così abbiamo fatto dopo due anni di dibattito in Parlamento, di confronti interminabili con i sindacati, dai quali è venuto prima un «no», poi un «ni» e poi ancora un «no», e qualche «conato» di sciopero largamente abortito. Infatti, nonostante quello che voi, cari colleghi, volete fare apparire con la complicità di un'informazione mediatica parziale e allarmistica, gli italiani hanno capito che stiamo lavorando per il bene comune, per il futuro del nostro paese e contro i privilegi di pochi (come le pensioni di annata). Si tratta di privilegi che si sono sedimentati negli anni e hanno incancrenito il sistema, grazie alla politica demagogica dei sindacati e di quelle forze politiche di sinistra che hanno governato prima di noi, a partire dagli anni Sessanta, allorquando si passò da un sistema contributivo a capitalizzazione ad un sistema a ripartizione.
Che gli italiani abbiano compreso le ragioni della nostra politica lo dimostra la tenuta complessiva della nostra coalizione alle ultime elezioni europee. Infatti, in quell'occasione il giudizio politico, e ribadisco politico, della maggioranza degli italiani è stato ancora una volta favorevole a noi. Avevate detto che della riforma delle pensioni avreste fatto un cavallo di battaglia in campagna elettorale. Ma gli italiani, che sono attenti, non vi hanno seguito, perché sanno che in questi tre anni il Governo di centrodestra, nonostante la grave crisi internazionale, ha varato importanti provvedimenti, come la riforma delle pensioni, che cambieranno in meglio il nostro paese.
Voglio cogliere l'occasione di questo dibattito per fare una breve sintesi e


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dimostrare agli italiani quanto strumentali siano le vostre contestazioni ed accuse. La verità, cari colleghi, è che voi temete che in Italia qualcosa possa cambiare, come in realtà sta avvenendo, a cominciare dal mondo del lavoro, dove con la cosiddetta riforma Biagi abbiamo offerto alle imprese impegnate nella sfida della globalizzazione strumenti più flessibili per la ricerca e l'assunzione di manodopera, garantendo al contempo ai lavoratori la dignità della prestazione ed un lavoro che non sarà più soggetto a forme ipocrite di stabilità.
Si tratta di una riforma che sta cominciando a dare i suoi frutti, se è vero come è vero che diverse grandi imprese (ad esempio la Telecom) hanno già avviato la stabilizzazione di diversi Co.Co.Co. e di variegate altre forme di precari create dal famigerato pacchetto Treu. E che dire, poi, della riforma della scuola e della nuova politica di gestione del personale scolastico? Questa, ad onta di quanto blaterato da una minoranza politicizzata e ottusa del mondo scolastico, darà agli studenti la possibilità di presentarsi nel mondo del lavoro compiutamente formati, e anzi sul fronte della dignità del lavoro, sta già dando dei risultati. È proprio di questi giorni, infatti, anzi, di queste ore, la notizia che 17 mila precari saranno stabilizzati. Non è poca cosa, anche se molto rimane da fare su questo fronte. Ma noi, al contrario di voi, abbiamo iniziato a prenderci cura di questi lavoratori della scuola.
E ancora, abbiamo operato riforme che non appaiono, ma che incidono profondamente sul nostro tessuto sociale e produttivo, come la riforma del diritto societario e fallimentare per dare alle imprese strumenti di gestione più agili e trasparenti. O come quella dell'immigrazione, che ha determinato l'emersione di ben 600 mila posizioni lavorative, che prima erano clandestine e che oggi, una volta regolarizzate, implementano il sistema previdenziale. E vi sono cento altri provvedimenti, come ad esempio la patente a punti, tanto criticata dalla sinistra ma che si sta rivelando una scelta decisiva per ridurre drasticamente il numero di feriti e di vite perdute, con benefici importanti per il nostro sistema sociale e sanitario. E ancora, nonostante la crisi internazionale, non abbiamo aumentato le tasse. Anzi, abbiamo ridotto la pressione fiscale di un punto percentuale.
Sarà poca cosa, certamente, e faremo di più, come abbiamo promesso, ma è già tanto, se si pensa che voi, la sinistra, in oltre sette anni di Governo non l'avete mai fatto!
Abbiamo prodotto, attraverso la legge obiettivo, investimenti per miliardi di euro in opere pubbliche ed infrastrutture che cambieranno il volto del paese, da nord a sud (Commenti dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo)...

EUGENIO DUCA. Sei ridicolo!

ANTONINO LO PRESTI. Eh, vi brucia, vi brucia! È una verità che vi brucia! Abbiamo fatto investimenti per rendere i nostri porti, le nostre strade ed i nostri aeroporti adeguati alle sfide che i mercati internazionali dell'est hanno già lanciato alle nostre imprese! In questo contesto, sono state varate norme rigide a difesa del made in Italy, per smascherare le contraffazioni!
Potrei continuare con gli interventi in materia di sicurezza, (Commenti dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo)...

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi!

ANTONINO LO PRESTI. ... con il terrorismo internazionale, (Commenti dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo)...

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, non avete interrotto i precedenti oratori: fate la cortesia (Commenti del deputato Duca)!

ANTONINO LO PRESTI. ... con la politica internazionale, che ha portato il nostro paese ad un livello di prestigio mai ottenuto prima!
Rimane ancora molto da fare, ma state pur certi, cari colleghi, che da qui alla fine della legislatura avremo completato il nostro


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programma di Governo ed avremo dato agli italiani - con buona pace dei nostri avversari - un paese più libero e più moderno, pronto a sostenere le sfide economiche, culturali e sociali che il nuovo secolo ci riserva! Avremo bisogno, tuttavia, del sostegno degli italiani, che sono sicuro non mancherà, ed anche di un po' di fortuna, quella che fino ad ora ci è mancata per colpa di eventi, come il terrorismo, che non abbiamo potuto dominare, ma che contrasteremo con tutta la forza e la determinazione di cui saremo capaci!
Voi avete affermato - e mi avvio alla conclusione - che porre la questione di fiducia è un atto antidemocratico; si tratta di parole grosse, di grande effetto.
Non siate ridicoli! A parte il fatto che la questione di fiducia è un istituto costituzionale, cui il Governo può ricorrere quando lo ritiene, come voi avete fatto, in passato, per un numero di volte ben più ampio, trovo che la fiducia sia per un governo, ma soprattutto per chi la vota, un momento di grande assunzione di responsabilità. Si tratta, infatti, di un momento in cui una maggioranza è posta di fronte al dilemma di scegliere tra il subire il ricatto delle opposizioni che non pensano, non ragionano e non si confrontano, ma insultano, e decidere, invece, di andare avanti per il bene del paese!
Noi abbiamo scelto di decidere di andare avanti, contro il vostro ostruzionismo...

MAURA COSSUTTA. Ma non abbiamo neanche cominciato!

ANTONINO LO PRESTI. ... e contro il vostro stolto catastrofismo, per garantire ai nostri giovani la certezza di un futuro e ai nostri anziani una serena vecchiaia, attraverso la stipula di un patto generazionale al quale solo voi vi opponete! Si tratta di un patto che trova la sua ragion d'essere nella necessità di contenere il divario, sempre più crescente, tra l'aumento delle aspettative di vita e la diminuzione della natalità.
La riforma delle pensioni affronta questi problemi che voi, invece, che li nascondete al paese, non avete il coraggio di risolvere, come avvenne con il Governo D'Alema: infatti, allorquando timidamente accennaste a discutere di pensioni, foste successivamente costretti ad una rovinosa ed indecorosa marcia indietro per il diktat di Cofferati! Ricordatevelo!
Da questo dibattito è emerso chiaramente agli occhi di tutti, ma soprattutto a quelli dei nostri elettori, che voi siete privi di contenuti e divisi su tutto: dalla politica estera a quella fiscale alla politica del lavoro (Commenti del deputato Abbondanzieri).
Conoscete bene il linguaggio delle contumelie e le tecniche di propaganda e fondate la vostra azione politica in Parlamento - poveri illusi! - sulla speranza che il centrodestra si divida, e immagino lo «scorno» che vi ha colpito dopo la positiva conclusione della verifica!

AGAZIO LOIERO. Basta!

ANTONINO LO PRESTI. Mentre noi - e qui sta la differenza - nonostante le forti contrapposizioni dialettiche sul contenuto di alcune riforme, troviamo sempre il modo di unirci e di andare avanti, perché ci guida un solo interesse: quello degli italiani ad avere un paese competitivo, moderno e solidale!
Sono queste tutte le ragioni per le quali il gruppo di Alleanza nazionale voterà convintamente a favore della fiducia, non fosse altro perché l'attuale Governo, tra mille difficoltà, sta dimostrando di completare, tassello su tassello, il grande mosaico delle riforme che questo paese attende da quarant'anni! E poi lo farà perché il peggiore governo della destra sarà sempre, comunque, migliore del miglior governo della sinistra, anche per una sola ed esclusiva ragione: perché noi garantiamo e garantiremo a questo paese la libertà e la certezza del proprio futuro (Vivi applausi dei deputati del gruppo di Alleanza nazionale - Applausi polemici del deputato Violante - Commenti dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo - Dai banchi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo si grida: «Buffoni!»)!


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PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Cordoni. Ne ha facoltà.

ELENA EMMA CORDONI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor ministro, la decisione del Governo di porre la questione di fiducia sul disegno di legge di delega in materia previdenziale è grave e immotivata. Tale scelta è grave perché vi apprestate ad intervenire in un settore, le pensioni, senza il consenso del mondo del lavoro e delle organizzazioni sindacali ed imprenditoriali, comprese quelle organizzazioni sindacali e sociali delle quali in questi giorni, invece, vorreste la corresponsabilizzazione nella costruzione del Documento di programmazione economico-finanziaria. È immotivata perché non potete spiegarla con l'ostruzionismo dell'opposizione. Noi abbiamo presentato, ieri ed oggi, emendamenti di merito limitati e selezionati, ed oggi, se voi non aveste posto la fiducia, avremmo potuto discuterli e votarli. Voi non ce lo permettete, perché avete deciso di porre la questione di fiducia. Pertanto, la fiducia non è dovuta all'ostruzionismo, ma alle vostre divisioni. Avete paura della vostra maggioranza. È evidente questo fatto, non solo in Parlamento, ma, soprattutto, nel paese.
Non vi fidate di voi stessi. Per la prima volta, una riforma di questo tipo, con un grande e rilevante impatto sociale, è approvata senza un accordo con i sindacati, anzi, con il loro esplicito dissenso. L'intervento arriva in anticipo rispetto alla verifica del 2005, prevista dalla legge Dini. Esso non scaturisce da un'esigenza di equilibrio dei conti previdenziali, che non sono in affanno - sono dichiarazioni del nucleo previdenziale e del ministro Maroni, leggetevi gli atti di questo dibattito parlamentare - ma il testo che vi apprestate a votare scaturisce dall'esigenza di farsi perdonare dall'Unione europea le troppe misure una tantum, i troppi condoni, la finanza creativa del grande assente di questo dibattito, il vero, unico ed autentico ispiratore del provvedimento di cui stiamo discutendo, l'ex ministro Tremonti.
Ciò che state facendo, e che il paese capisce, è molto semplice: tagliate la spesa sociale dello 0,7 per cento, nonostante stiate dicendo al paese esattamente il contrario. Non utilizzate questi tagli e questi risparmi per nuove politiche sociali, non date aiuti alle famiglie, non pensate a finanziare la riforma degli ammortizzatori sociali, non costituite il fondo per i disabili gravi o per gli anziani non autosufficienti. La spesa sociale è tagliata, e basta. Questo è l'inizio. In questo dibattito avete avuto modo di misurarvi con un'opposizione competente e rigorosa, che ha usato argomenti e ha avanzato proposte, che ha parlato in nome dei diritti dei lavoratori e del bene del paese, a tal punto che due delle misure che il provvedimento conteneva durante il dibattito alla Camera, la decontribuzione e l'obbligatorietà del trasferimento del TFR, nel passaggio al Senato, sono stati modificati. Misure che erano il frutto dell'accordo con l'allora presidenza della Confindustria che, pur di ottenere la riduzione dell'aliquota contributiva, non si preoccupava dei conti dell'INPS, non si preoccupava degli effetti che tale misura avrebbe potuto determinare al nostro sistema previdenziale pubblico.
I nostri argomenti, la lotta dei lavoratori e le nostre proposte vi hanno convinto a cambiare quelle norme. Ciò è stato ed è un bene, ma da quando questo percorso è iniziato, nel febbraio del 2002, sono passati diversi anni. Oggi stiamo discutendo di un'altra riforma previdenziale, di altri contenuti, perché è cambiata la fase economica del paese, perché l'Europa ha richiamato al controllo dei conti pubblici, sono avvenuti molti cambiamenti, come è intervenuto - lo vorrei ricordare all'onorevole Lo Presti - un voto elettorale che ha dimostrato cosa pensano gli italiani della maggioranza del centrodestra. E non è solo, a questo punto, l'opposizione ad esprimere tali orientamenti. Al Senato, nell'ultima fase, negli ultimi mesi, avete cambiato segno alla discussione della riforma della previdenza: non più solo previdenza complementare, non più solo incentivi per la permanenza al lavoro. Oggi ci troviamo di fronte ad interventi pesanti,


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ingiusti ed iniqui sull'età pensionabile. A partire dal 2008, la si eleva bruscamente di ben tre anni. Così, si spacca una generazione di lavoratori. Chi avrà 57 anni di età e 35 anni di lavoro nel dicembre 2007, si salverà rispetto a coloro che matureranno i requisiti soltanto il 1o gennaio 2008. Costui sarà bastonato!
Un'altra modifica illogica, riguardante i lavoratori che vanno in pensione interamente con il metodo contributivo, concerne il fatto che avete tolto la possibilità di un pensionamento flessibile, che era il vero cuore della riforma Dini ed era in coerenza con l'introduzione di un sistema contributivo. Voi, la Casa delle libertà, la casa delle flessibilità, introducete la vera rigidità, incomprensibile anche rispetto ai mutamenti del mercato del lavoro!
Un discorso a parte merita ancora la previdenza complementare, che era stata sostenuta da noi come un'esigenza che volevamo, anche noi, riuscire a realizzare. Avete trasformato l'obbligatorietà in silenzio-assenso, ma avete aperto la strada all'equiparazione della previdenza collettiva con quella privata e individuale, non preoccupandovi del futuro delle pensioni dei lavoratori.
Ecco, il nostro giudizio è fortemente negativo, perché introducete - come dicevo - un iniquo e ingiusto scalone a partire dal 2008, perché non salvate le normative per i lavoratori precari, quelli che svolgono lavori usuranti e quelli precoci, perché anche i risparmi finanziari che conseguirete dal 2008 non sono finalizzati alla spesa sociale. Fate solo cassa per coprire i buchi di bilancio, sperando di essere più credibili in Europa. Oltre a colpire le pensioni di anzianità, colpite al cuore il sistema introdotto nel 1995, laddove si definisce un percorso flessibile e incentivato del mantenimento al lavoro di chi è in età pensionabile. Soprattutto, non proponete nulla per i giovani che non hanno un lavoro stabile e per coloro che andranno in pensione con il metodo contributivo. Questa delega non fornisce loro alcuna tutela; nessuna tutela di fronte ai cambiamenti del mercato del lavoro e alla flessibilità del mercato del lavoro. Voi avete cambiato segno al dibattito parlamentare, avete cambiato segno ad una proposta che non può ottenere la nostra condivisione.
Su tutti questi temi che ho elencato vi erano le proposte dell'opposizione in modo unitario. Ve le abbiamo avanzate con pochi, ordinati e selezionati emendamenti: non li avete voluti prendere in considerazione, non avete avuto neppure il coraggio di confrontarvi con essi in questo dibattito parlamentare, che vi avrebbe fatto perdere meno tempo di quello che avete, invece, perso con il voto di fiducia.
Non avete voluto costruire una riforma che puntasse all'equità e all'efficacia dell'intervento riformatore, ma solo all'esigenza di risparmiare. E lo fate nel peggiore dei modi! È chiaro ed è evidente il nostro dissenso, così come sono chiare le ragioni di metodo e di merito che ci porteranno a votare contro questo provvedimento e a non dare la fiducia ad una proposta che voi definite di riforma, ma che io credo occorra cominciare a chiamare con il suo vero nome: siamo di fronte ad una controriforma (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo, della Margherita, DL-L'Ulivo, Misto-Comunisti italiani e Misto-UDEUR-Alleanza Popolare)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Santori. Ne ha facoltà.

ANGELO SANTORI. Signor Presidente, signor ministro, onorevoli colleghi, dopo due anni e mezzo di dibattiti, di confronti, di manifestazioni di forte contrarietà, ma anche di espressioni di consenso...

PRESIDENTE. Mi scusi, onorevole Santori. Chiedo ai colleghi in piedi nell'emiciclo di consentire al collega di parlare senza vedere le loro terga...

ANGELO SANTORI. Soprattutto, dopo due anni e mezzo di inviti ad operare da parte degli organismi internazionali, la maggioranza della Casa delle libertà può


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finalmente mantenere fede ai suoi impegni, concedendo la fiducia al Governo sulla riforma delle pensioni.
Nel volgere di una settimana, il Governo e la maggioranza che lo regge hanno garantito al paese una politica economica e sociale che si può poggiare su due nuovi pilastri: quello del rigore, che responsabilmente contribuirà all'opera di risanamento delle finanze pubbliche che ci sono state consegnate dal consociativismo sull'orlo del collasso, tanto da rischiare l'impossibilità di governare il paese per mancanza di risorse, e quello che ci accingiamo a rendere operativo e che riguarda il nuovo sistema pensionistico.
Questa riforma garantirà, in primo luogo, alle future generazioni di poter contare su un apparato previdenziale efficiente e, in secondo luogo, farà risparmiare alle casse dello Stato, solo nei primi cinque anni da quando entrerà in funzione, 39 milioni di euro da destinare alle politiche di sviluppo e al sostegno sociale.
Nella storia della Repubblica, non si è mai assistito in quest'aula ad un'opposizione tanto astiosa ed irragionevole, votata allo scontro ad ogni costo, che continua ad alimentarsi ogni giorno di odio e di pregiudizi ideologici, che dovrebbero essere rinchiusi nello sgabuzzino delle cose vecchie ed inutili.
Gli interessi dello Stato, le necessità del paese, i richiami pressanti di chi attende dalle istituzioni aiuto per sopravvivere dovrebbero di tanto in tanto smuovere il senso civico ed il peso della responsabilità della rappresentanza parlamentare. Invece, ogni occasione viene colta come un'opportunità di derisione, di generazione di nuovo odio, di cieca ed ostinata opposizione manifestata anche attraverso la bugia.
Non è infatti vero che questo Governo stia usando in maniera impropria il diritto costituzionale di porre la questione di fiducia: la verità non sta tra i vostri banchi, ma nell'archivio del Parlamento. Il vostro ultimo Governo ha posto la questione di fiducia per ben 36 volte e la Casa delle libertà dovrà farlo per altre 15 volte per pareggiare i conti!
Intanto, la vostra foga polemica vi ha tolto la lucidità e la memoria al punto di non ricordare che la riforma Dini, nel 1995, fu approvata proprio con un voto di fiducia. Strano questo comportamento della sinistra: quando la riforma veniva da loro chiesta, era per il bene e l'interesse del paese; quando la chiede il centrodestra, questo non è più vero!
Credo, amici del centrosinistra, che vi sia bisogno di un bagno di umiltà e di coerenza. Non è poi vero neppure che approveremo la riforma del sistema previdenziale evitando il confronto: quante bugie e quanta falsità! La cronaca e gli atti parlamentari ne sono giudici imparziali: il provvedimento che ci è stato chiesto dall'Europa e dagli organismi economici e finanziari del mondo è stato varato dal Consiglio dei ministri il 20 dicembre 2001 e quest'aula ne ha iniziato l'esame nel 2002, approvandolo in Assemblea il 23 febbraio 2003.
Mentre nel paese non cessava il dibattito e lo scontro fra le forze sociali e le rappresentanze politiche e gli organismi economici continuavano a martellare il nostro Governo di raccomandazioni per un rapido varo della riforma, il Senato licenziava il provvedimento il 13 maggio 2004.
Dopo due anni e mezzo di dibattito e di lunghissime e numerose sedute in Commissione, di pressioni di piazza ed incoraggiamenti da parte delle rappresentanze tecniche internazionali, siamo giunti oggi finalmente all'ultimo atto parlamentare! Beninteso, il voto di fiducia è stato richiesto perché il Governo ha il diritto di esercitare la propria volontà di mantenere la promessa verso il paese e l'Europa; pertanto, si è avvalso di questo strumento costituzionale per contrastare l'atto ostruzionistico della minoranza.
Il presidente della XI Commissione, onorevole Benedetti Valentini, ha già illustrato il lungo e meticoloso lavoro svolto dall'inizio della legislatura per esaminare il provvedimento, con la collaborazione di tutti gruppi; egli ha ragione quando ha


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affermato che nessun atto normativo è stato così profondamente esaminato e dibattuto.
È pura ipocrisia non ammettere che, se avessimo esaminato ogni emendamento presentato, il provvedimento sarebbe slittato in autunno, non facendoci osservare i tempi tecnici, politici ed organizzativi, nonché quelli giuridici, per l'attuazione della riforma.
La XI Commissione, alla quale mi onoro di appartenere, ha garantito il più ampio confronto ed il più meticoloso esame sul provvedimento, permettendo di chiarire le contrapposte posizioni, tanto che oggi si giunge al voto di fiducia confortati da uno scrupoloso e corretto procedimento istruttorio.
Si è detto che il ricorso alla fiducia umilia le prerogative democratiche ed istituzionali della centralità del Parlamento. Si tratta di un'affermazione dai forti contenuti politici, ma che non rispetta la verità del momento, non riconosce la valenza costituzionale del voto di fiducia e la legittimità del lavoro di Commissione, organismo intrinseco e costituzionale del Parlamento. Non c'è dubbio che il voto di fiducia rappresenti un atto politico coraggioso del Governo e della maggioranza che lo sostiene, poiché se ne assume ogni responsabilità e intende mantenere la parola data al paese.
Con questa riforma l'Italia potrà godere finalmente di un intervento strutturale sul debito pubblico. Da troppi anni il mondo e gli esperti non compromessi dagli interessi di parte affermano la necessità di non affrontare il disavanzo solo con interventi una tantum e di eliminare le cause del deficit per poi aggredirlo e ridimensionarlo.
Questa riforma non solo dà una concreta risposta a tale esigenza, ma ha anche una rilevante azione sociale perché lascia spazio alle scelte individuali dei lavoratori e, soprattutto, garantisce che il sistema previdenziale abbia un futuro.
È con l'orgoglio di chi si sente di compiere un servizio al paese che Forza Italia si accinge a dare un voto di fiducia al Governo ed un voto fortemente convinto a questo provvedimento di valore storico (Applausi dei deputati del gruppo di Forza Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Serena, al quale ricordo che ha due minuti a disposizione. Ne ha facoltà.

ANTONIO SERENA. Signor Presidente, signori ministri, onorevoli colleghi, sono essenzialmente tre le ragioni che inducono ad accelerare i tempi di questa riforma pensionistica. Innanzitutto, i guasti provocati in materia per sessant'anni dai Governi e dai sindacati di centro e centrosinistra. Vi è stata una politica fallimentare che ha confuso previdenza ed assistenza, che ha creato quantità vergognose di baby pensionati, che ha permesso l'incivile coesistenza di pensioni d'oro con pensioni da fame.
In secondo luogo, vi è stato l'espandersi di una cultura e di modelli a noi estranei che hanno portato ad una denatalità che minaccia di farci scomparire addirittura come nazione e come popolo. Siamo un paese senza più giovani, siamo un continente vecchio che ha sposato forme di globalizzazione che mirano a distruggere ogni identità, ogni valore, ogni futuro per i popoli europei.
In ultimo, ma non meno importante, a spingere su tale riforma è stato il monito pressante dell'Europa in ordine al debito pubblico, in particolare quello pensionistico.
La sinistra si scandalizza perché il Governo ha messo mano al problema. Ha cominciato a minacciare tuoni e fulmini e ad indire scioperi ancor prima che si conoscessero i contenuti di questa riforma pensionistica e ancor prima di sapere se sul provvedimento sarebbe stata posta la questione di fiducia, dimenticando, ad esempio, che la riforma Dini del 1995 passò dopo tre richieste di fiducia.
Personalmente, sono decisamente contrario, in linea di principio, al ricorso alla fiducia perché un Parlamento che non discute denuncia uno stato di malessere


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della politica e delle istituzioni. Tuttavia, altra cosa sono i teatrini, come quello inscenato ieri da un centrosinistra che protesta demagogicamente contro l'attuale Governo per i troppi ricorsi alla fiducia dimenticando, numeri alla mano, di essere ricorso alla fiducia con identica frequenza quando era al Governo. Avrebbero fatto meglio a scandalizzarsi dei baby pensionati, delle pensioni d'oro e di quelle da fame erogate ai lavoratori italiani: si tratta di fenomeni creati dai Governi di centro e centrosinistra, non da Berlusconi.
Certo che, così come prospettata, questa riforma ha bisogno di modifiche, ad esempio...

PRESIDENTE. Onorevole Serena, sono spiacente, ma deve concludere.

ANTONIO SERENA. Sto terminando, signor Presidente.
Dicevo che questa riforma ha bisogno di modifiche, ad esempio, per quanto concerne l'insufficiente gradualità nell'introduzione dei minimi di contribuzione oppure per quanto attiene alla mancata restituzione dei contributi versati da donne uscite dal mondo del lavoro per dedicarsi alla famiglia.
Molti saranno ancora i problemi da risolvere anche dopo l'approvazione delle riforma, come quello delle false pensioni di invalidità. Si tratta di problemi che richiedono comunque tempi diversi da quelli stretti impostici dall'Europa. Quindi mi auguro...

PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Serena, il tempo a sua disposizione è esaurito, ora devo dare la parola ad altri colleghi.

ANTONIO SERENA. Presidente, le chiedo l'autorizzazione alla pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna di considerazioni integrative del mio intervento.

PRESIDENTE. La Presidenza lo consente, sulla base dei consueti criteri.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, in dissenso dal proprio gruppo, l'onorevole Boccia. Ne ha facoltà.
Per il momento concedo la parola per due minuti a chi chiede di parlare per dichiarazione di voto in dissenso dal proprio gruppo, avvertendo che sarà poi il Presidente della Camera, Casini, a decidere il tempo da concedere, anche in relazione al numero delle richieste avanzate.

ANTONIO BOCCIA. Presidente, mi avvalgo della facoltà prevista dal comma 3 dell'articolo 116 del regolamento, esprimendo ovviamente un voto diverso da quello annunziato dal collega Delbono per un fatto meramente formale. Questo perché abbiamo elevato al massimo, nel rispetto del regolamento, la nostra opposizione a questo provvedimento. Il collega Delbono ne ha già spiegato i motivi e quindi non li ripeto. Aggiungo solo che la scelta del Governo di porre la questione di fiducia ha ovviamente determinato, ancora di più, il nostro orientamento in questa attività, che è di vero e proprio ostruzionismo parlamentare. Noi useremo tutti i mezzi che abbiamo a disposizione per impedire che questo provvedimento venga approvato. Devo dire che ci auguriamo anche che i colleghi della Lega mantengano la loro coerenza e votino contro questo provvedimento; altrimenti, l'ennesimo bluff sarà scoperto.
Però, Presidente, c'è anche un altro motivo. Noi iniziamo un'attività di forte protesta - noi del gruppo della Margherita, ma come lei vedrà anche il collega Innocenti e il collega Boato lo diranno per i rispettivi gruppi di opposizione e così pure i colleghi della sinistra, di Rifondazione comunista, i Comunisti italiani, i Verdi, insomma tutti - perché già si annuncia un diktat del gruppo parlamentare della Lega nei confronti del Presidente della Camera, ove non si dovesse procedere all'inversione dell'ordine del giorno, come essi chiedono. Quindi, come al solito, minacce... (Commenti del deputato


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Rizzi). Lo dicono le agenzie di stampa, perché voi, invece di parlare in quest'aula, parlate sui giornali!

PRESIDENTE. Onorevole Boccia, la invito a concludere, perché il tempo a sua disposizione è trascorso.

ANTONIO BOCCIA. Concludo, Presidente, dicendo che questa sarebbe una grave violazione. Quindi la nostra protesta è volta anche ad evitare che si passi in maniera repentina ad approvare la riforma della Costituzione (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-L'Ulivo, dei Democratici di sinistra-L'Ulivo, Misto-Comunisti italiani e Misto-UDEUR-Alleanza Popolare).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, in dissenso dal proprio gruppo, l'onorevole Maura Cossutta, alla quale ricordo che ha due minuti di tempo a disposizione. Ne ha facoltà.

MAURA COSSUTTA. Signor Presidente, parlerò in dissenso - anche se è la prima volta - dal mio gruppo, perché preannuncio che non voterò contro la fiducia a questo Governo, bensì non parteciperò proprio all'espressione del voto di fiducia. Ritengo infatti doveroso dare un segnale ancora più forte, perché si tratta di un provvedimento terribilmente odioso contro la previdenza pubblica, che introduce la previdenza privata in modo sostitutivo di quella pubblica, che cancella diritti e conquiste di tutte le generazioni passate e che condanna la generazione futura a non avere un futuro.
Ma non si tratta solo di questo. In realtà, con questa controriforma vi è ormai la scelta esplicita di procedere verso il totale smantellamento dell'intero assetto del sistema pubblico delle protezioni sociali: le pensioni, la scuola pubblica, la sanità pubblica. La scelta è quella della riduzione complessiva, totale, della spesa sociale, dalla previdenza alla scuola alla sanità, quindi di tutta la spesa sociale. Si tratta di una scelta politica ed ideologica, in virtù della quale tutto lo Stato sociale rappresenta un ostacolo, un peso per lo sviluppo, e i bisogni sociali devono essere coperti soltanto dalle assicurazioni. Si passa dalla cultura costituzionalista alla cultura assicurativa, che è una cultura solo risarcitoria. Altro che individuo libero di scegliere! L'individuo è solo, sempre più solo e diseguale a contrattare i suoi bisogni di fronte e all'interno di un mercato delle assicurazioni.
È un'ideologia, una politica che, per esempio, negli Stati Uniti ha creato sempre più disuguaglianze e povertà e che sta dimostrando in tutto il mondo il suo fallimento. Gli andamenti negativi della borsa, lo sapete, stanno drammaticamente lasciando i lavoratori, inseriti in un contesto lavorativo che non si uniforma agli schemi privatistici, senza adeguate pensioni. Pertanto, sarebbero state altre le misure da intraprendere: la lotta all'evasione ed al sommerso. Il sommerso costituisce il 17 per cento del PIL. Altro che spesa previdenziale che si attesta al 14,3 per cento del PIL!
Sono contraria non solo a questo provvedimento odioso sulle pensioni, ma anche a tutta la politica restauratrice di questo Governo e, pertanto, non parteciperò al voto (Applausi dei deputati dei gruppi Misto-Comunisti italiani e dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, in dissenso dal proprio gruppo, l'onorevole Lusetti. Ne ha facoltà.

RENZO LUSETTI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, parlo in dissenso dal mio gruppo, perché esprimere un voto contrario mi pare troppo poco e, pertanto, non parteciperò al voto sulla questione di fiducia posta ieri dal Governo.
Continueremo ad esercitare un'opposizione politica fortissima al provvedimento in discussione ed a tutta la politica del Governo. È la ventiduesima questione di fiducia posta dal Governo in tre anni e riguarda uno dei provvedimenti strutturali più importanti di questa legislatura, che avrebbe richiesto una più ampia discussione


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parlamentare. È stato fortemente impedito alle opposizioni di discutere in merito a proposte emendative, migliorative del provvedimento in esame ed è stata abolita ogni traccia di concertazione da parte di questo Governo, tant'è vero che tutte le organizzazioni sindacali hanno fortemente protestato dal punto di vista politico per la mancata concertazione e per l'assenza di un dialogo vero e forte tra Governo e parti sociali (mi riferisco, in particolare, alle organizzazioni sindacali).
Per tale motivo, continueremo ad esercitare la nostra protesta politica che si traduce, come ha detto il collega Boccia in precedenza, in una forma di ostruzionismo politico forte e, credo, autorevole.
Infine, onorevoli colleghi, viene cancellata ogni forma di attenzione, anche minima, nei confronti dello Stato sociale. Un paese serio, che sta per varare una manovra di quasi 50 mila miliardi di vecchie lire, non può non porsi il problema dello Stato sociale.
Per tale motivo, signor Presidente, onorevoli colleghi, non parteciperò al voto sull'ennesima questione di fiducia posta male da questo Governo (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-L'Ulivo, dei Democratici di sinistra-L'Ulivo e Misto-Comunisti italiani)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, in dissenso dal proprio gruppo, l'onorevole Zanotti. Ne ha facoltà.

KATIA ZANOTTI. Signor Presidente, anch'io interverrò in dissenso dal mio gruppo e, per coerenza, questo dissenso mi porterà a non partecipare al voto.
È l'ennesimo voto di fiducia, l'ennesima vergognosa ed indegna mortificazione subita da quest'Assemblea parlamentare, l'ennesima manifestazione di disprezzo per il confronto democratico. Altro che paese più libero e più moderno, come ho sentito dire dai colleghi della maggioranza! Voi non avete nulla di moderno! La vostra pratica politica e la vostra politica sono basate su decisione unilaterali. Volete liquidare i lavoratori ed i pensionati come soggetti. Volete liquidare i sindacati come soggetti sociali e parti nel dialogo e nella contrattazione.
Colleghi della maggioranza, la democrazia si restringe ed il vostro Governo, il Governo di Berlusconi, è la massima rappresentazione di questa tendenza. C'è poco da fare e da dire, colleghi della maggioranza: ancora una volta oggi, attorno a questo voto di fiducia, sentiamo che la democrazia per tutti noi è e rimane il problema centrale. Per questa ragione non parteciperò al voto (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo e Misto-Comunisti italiani)!

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE PIER FERDINANDO CASINI (ore 16,40)

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, in dissenso dal proprio gruppo, l'onorevole Carbonella. Ne ha facoltà.

GIOVANNI CARBONELLA. Signor Presidente, nell'associarmi a quanto esposto in precedenza dal collega Lusetti, vorrei sottolineare la cocente delusione che si prova in momenti come questi, che valicano i confini parlamentari ed avvolgono l'intero paese.
Se il Governo e la maggioranza considerano il voto di fiducia una questione meramente tecnica, evidentemente trascurano colpevolmente i sentimenti più profondi che, in questo momento, animano milioni di pensionati, di pensionandi, di cittadini e di grandi soggetti collettivi, quali i sindacati confederali (e non solo).
La materia in oggetto, infatti, non è di ordinaria amministrazione, in quanto attiene a progetti di vita ed a prospettive che riguardano milioni e milioni di persone. Con questa controriforma, voi del Governo e della maggioranza rendete tutto incerto, precario e preoccupante. Inoltre, creando una rottura con la precedente riforma Dini, determinate contestualmente una rottura generazionale, rimuovendo il vincolo solidaristico prima esistente. Ma tanto tutto ciò a voi non importa, visto che


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scambiate pensioni con pseudofederalismo, espropriate il ruolo del Parlamento, restringete gli spazi democratici, considerate sostanzialmente queste misure quali misure per far cassa, indipendentemente dai danni che producono nel paese. E tutto ciò per galleggiare ancora qualche mese (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-L'Ulivo e dei Democratici di sinistra-L'Ulivo)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, in dissenso dal proprio gruppo, l'onorevole Stradiotto. Ne ha facoltà.

MARCO STRADIOTTO. Signor Presidente, ho chiesto di intervenire in dissenso dal mio gruppo per comunicare all'Assemblea che non parteciperò al voto di fiducia.
Ho fatto questa scelta per segnalare l'assurdità del provvedimento che state votando e l'assurdità del metodo. Che senso ha porre la questione di fiducia quando una maggioranza ha cento parlamentari in più dell'opposizione? A volte, in passato, è stata chiesta la fiducia per bloccare l'ostruzionismo, ma su questo provvedimento erano stati presentati solo 120 emendamenti, tutti di merito e migliorativi del testo. La verità è che il Governo ha posto la questione di fiducia perché non si fida dei parlamentari di maggioranza!
Non condivido il provvedimento in esame, che si pone l'obiettivo di fare cassa a scapito dei lavoratori. Con la legge finanziaria e con la manovra correttiva approvata la scorsa settimana avete tagliato i fondi per gli enti locali, per le regioni; tutte risorse che si trasformano localmente in tagli alle spese sociali, quindi, in maggiori difficoltà per le famiglie, per i giovani, per gli anziani, per i portatori di handicap.
Se avevate bisogno di fondi, perché non avete reintrodotto la tassa per la successione dei capitali e per le donazioni? Perché continuate ad ostinarvi a tirare la coperta sempre e comunque verso le classi forti? Questo dovrete spiegarlo al paese (Applausi dei deputati del gruppo della Margherita, DL-L'Ulivo)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, in dissenso dal proprio gruppo, l'onorevole Guerzoni. Ne ha facoltà.

ROBERTO GUERZONI. Signor Presidente, anch'io intervengo in dissenso dal mio gruppo, anche se mi riprometto di ascoltare gli altri colleghi che interverranno e di valutare alla fine quale posizione definitiva assumere.
Le ragioni di questa mia decisione derivano dal contenuto generale, profondamente negativo, del disegno di legge di «controriforma» delle pensioni, ma sono dovute soprattutto ad un motivo specifico: questa legge non colpisce solo i lavoratori dipendenti ma anche i lavoratori autonomi e le piccole e medie imprese.
Si colpiscono i lavoratori autonomi in quanto lo scalone di innalzamento dell'età non riguarda soltanto il lavoro dipendente, ma anche i commercianti, gli artigiani, milioni di lavoratori autonomi che dovranno lavorare tre, quattro, cinque, sei anni in più prima di avere diritto alla pensione. E tutti sappiamo quanto siano basse ed insufficienti le pensioni dei lavoratori autonomi!
Inoltre, con questa misura, si colpiscono anche le piccole e medie imprese perché, decidendo di destinare il trattamento di fine rapporto ai fondi di previdenza complementare, non si attua nessuna misura a sostegno delle piccole e medie imprese (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo, di Rifondazione comunista e Misto-Comunisti italiani).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, in dissenso dal proprio gruppo, l'onorevole Raffaldini. Ne ha facoltà.

FRANCO RAFFALDINI. Signor Presidente, anch'io come i colleghi che hanno appena parlato, intervengo in dissenso dal gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo.
La controriforma degli scatenati, ma bolsi Maroni e Berlusconi impaurisce i lavoratori prossimi alla pensione, spingendoli


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ad anticipare il pensionamento, con effetti sull'INPS opposti a quelli da perseguire. Nel giro di un minuto, nella notte tra il 2007 e il 2008, darete una «legnata» ai lavoratori che non hanno ancora maturato i requisiti per il pensionamento!
Avete poi un accanimento particolare verso i giovani; volete rompere il legame tra le generazioni, fondamento del sistema previdenziale. Se un giovane dovesse fare i conti, potrebbe scoprire di non sapere se e quando andrà in pensione o che, in ogni caso, avrà una pensione da miseria. Se poi dovesse comunicare tale scoperta tramite Internet ad altri giovani e questi - a loro volta - la comunicassero ad altri giovani, può darsi che tutti insieme, spinti da voi, sceglierebbero di tirarsi fuori da un sistema previdenziale che non li protegge più. Tirandosi fuori, metterebbero in crisi il sistema mutualistico, cosicché anche gli attuali pensionati non verrebbero più garantiti.
Su questo chiedete la fiducia, ma siete degli irresponsabili (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo, della Margherita, DL-L'Ulivo e Misto-Comunisti italiani)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, in dissenso dal proprio gruppo, l'onorevole Gasperoni. Ne ha facoltà.

PIETRO GASPERONI. Signor Presidente, il mio dissenso si fonda sull'insufficienza del voto contrario, annunciato dall'onorevole Cordoni, a nome del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo. L'onorevole Cordoni è stata molto puntuale ed efficace nell'evidenziare la nostra contrarietà a questa controriforma delle pensioni, ma proprio per questo sarebbe necessaria una modalità di voto in grado di rendere ancora più evidente la radicalità del nostro dissenso.
Il semplice voto contrario è inadeguato, ampiamente inadeguato, e non rende giustizia alla necessità di opporsi ad un atto di arroganza così grave come quello che si sta perpetrando. È un atto grave perché penalizza i lavoratori, soprattutto quelli più giovani e quelli precari, in nome dei quali si è detto di voler fare questa controriforma.
È inoltre grave perché mina il sistema previdenziale pubblico e perché, con il voto di fiducia, si mortificano il Parlamento ed il confronto democratico, manifestando tutto il disprezzo possibile ed immaginabile alla partecipazione e al coinvolgimento delle parti sociali, a partire dai sindacati, che sono già al quinto sciopero contro questa controriforma (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo, della Margherita, DL-L'Ulivo e Misto-Comunisti italiani).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, in dissenso dal proprio gruppo, l'onorevole Bellini. Ne ha facoltà.

GIOVANNI BELLINI. Signor Presidente, mi rivolgo a lei, anche se in questo momento sta parlando con esponenti importanti del Governo e del sottogoverno! Visto il poco tempo a disposizione, potrebbe anche ascoltarci. Constato, comunque, che a lei non interessa. Insisto, in modo che rimanga a verbale: neppure il presidente della Camera ascolta quanto stiamo dicendo (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo, della Margherita, DL-L'Ulivo e del Misto-Comunisti italiani)!
Faccio presente che stiamo parlando delle pensioni di milioni di persone in Italia!

PRESIDENTE. Onorevole Bellini, la sua reazione mi induce a prendere seriamente in considerazione la richiesta del capogruppo di Forza Italia di dimezzare i tempi. Capisco di essere in presenza di un legittimo ostruzionismo, ma francamente mi sembra del tutto ininfluente che lei si metta a fare la predica proprio a me! Le consiglio di continuare, perché le è rimasto soltanto un minuto (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia, di Alleanza nazionale e dell'Unione dei democratici cristiani e dei democratici di centro).


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GIOVANNI BELLINI. Signor Presidente, la critica non era rivolta a lei personalmente, bensì al Presidente della Camera. Il Presidente è bene che guardi la Camera, invece di parlare con i suoi «amici» (Commenti dei deputati dei gruppi di Forza Italia e di Alleanza Nazionale. Una voce a destra: «Buffone!»).
Comunque, se mi è consentito dire qualcosa, intervengo per esprimere il mio dissenso rispetto alle politiche del Governo, della maggioranza e anche del mio gruppo, in quanto ritengo che si sarebbe dovuta condurre un'opposizione più dura e giungere alla conclusione che questo provvedimento non può essere votato dal Parlamento, così come è stato presentato. Esso giunge al nostro esame dopo un voto di fiducia al Senato. Si è trattato di un voto di fiducia immotivato, così come immotivato è quello che avete chiesto in questa sede. Infatti, nessuno ha fatto ostruzionismo: anzi, sono state formulate numerose proposte intelligenti, apprezzate in Commissione anche da una parte della maggioranza (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo e Misto-Comunisti italiani).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, in dissenso dal proprio gruppo, l'onorevole Trupia. Ne ha facoltà.

LALLA TRUPIA. Signor Presidente, intervengo in dissenso dal mio gruppo, in quanto ritengo necessario un atto forte contro un provvedimento che dà un colpo pesante ai diritti di chi lavora e a quel sistema di solidarietà che rende un paese civile e di progresso. Questa è davvero una controriforma odiosa, che segnerà il futuro del nostro paese, che eliminerà la parte migliore della previdenza pubblica, che colpirà le generazioni più anziane come le più giovani. Non a caso, tutti i sindacati protesteranno unitariamente contro questo provvedimento, e protesteranno contro l'assenza del dialogo necessario per governare un paese moderno ed europeo.
Il sistema previdenziale che ci propinate discrimina soprattutto i giovani, con cui vi riempite la bocca, che avete già condannato con la legge n. 30 del 2003 alla precarietà a vita, e che non potranno neppure costruirsi una pensione dignitosa: anzi, senza la totalizzazione andranno in pensione con meno del 50 per cento delle pensioni dei loro genitori.
Non vi è l'ombra di altri strumenti, come il reimpiego di ammortizzatori sociali che aiutino chi è più debole nel mercato del lavoro. La beffa colpisce soprattutto chi ha la sventura di compiere 57 anni il 1o gennaio 2008, che dovrà aspettare altri quattro anni per andare in pensione rispetto a chi li compie il 31 dicembre 2007.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, in dissenso dal proprio gruppo, l'onorevole Angioni. Ne ha facoltà.

FRANCO ANGIONI. Signor Presidente, intervengo sulle norme in materia pensionistica, con riferimento alle quali il Governo ha posto la questione di fiducia. Il Governo può, ovviamente, porre la questione di fiducia su qualsiasi provvedimento legislativo e per i motivi più disparati, nel presupposto che l'urgenza e le contingenze facciano premio sulla discussione e sulla dialettica politica, tanto da poter accantonare il confronto con rappresentanze e parti sociali.
Nel caso in esame, la discussione era ed è indispensabile. Non stiamo discutendo su misure fiscali, per rastrellare più fondi, e su come destinarli, o se la scuola media di secondo grado debba avere il 10 per cento di ore di insegnamento in più. Si tratta del futuro di milioni di persone e dei soldi che ogni operaio, impiegato, dirigente di questo paese ha versato e sta versando allo Stato per ogni giorno del suo impiego, affinché quando non sarà più idoneo ad operare, o quando qualcuno per lui deciderà che non lo si vuole più impiegare, non debba guardarsi intorno disperato perché privo di un dignitoso sostentamento e di un minimo di assistenza per decidere come e dove trascorrere le giornate della sua vecchiaia.


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La questione pensionistica è certamente grave e coinvolge tutti gli attori della comunità nazionale, a partire dallo Stato e fino a tutti noi, direttamente o indirettamente, perché prossimi a lasciare il lavoro, con molte incertezze sul quando e sul come, in un periodo più o meno lungo, o perché destinati a lasciarlo preoccupati e ansiosi per l'incerto futuro.
Si tratta certamente di una questione importante, e proprio per questo non si può pretendere di affrontare un argomento così delicato, rilevante, coinvolgente, senza confrontarsi, senza discutere, senza ascoltare le parti in causa e accertare le preoccupazioni di chi, fiducioso, ha lasciato per tanti anni i propri soldi allo Stato.
Su moltissime cause si può anche non discutere, ma non sulle speranze, sulle ansie, sul futuro di milioni di persone. Non mi basta votare «no»: questa volta...

PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Angioni.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, in dissenso dal proprio gruppo, l'onorevole Provera.

MARILDE PROVERA. Signor Presidente, intervengo in dissenso dall'intervento del nostro capogruppo, non tanto per i suoi contenuti, quanto perché mi pare che il tema in esame venga affrontato in modo tenue, in particolare il problema di una discussione che viene negata. Un provvedimento così gravoso sulla situazione pensionistica, che ha visto i giovani già penalizzati dai precedenti provvedimenti, richiederebbe un effettivo impegno di tutti per recuperare la situazione di questi giovani.
I provvedimenti che voi proponete colpiscono invece la generazione dei cinquantenni, liquidando definitivamente il problema delle pensioni di anzianità e condannando persone che avevano già un'aspettativa di miglioramento della loro vita - quando passavano al momento della tregua, quello della pensione, della possibilità di una vita migliore, senza più un impegno fisso di lavoro, dopo anni di fatica - a dovervi rinunciare.
Colpite anche le donne, con un atteggiamento totalmente familistico e negativo, eliminando la possibilità per le donne di andare in pensione in anticipo, non tanto per il riconoscimento della doppia fatica, quanto per il disconoscimento della capacità di reddito che nuovamente riconsegnate rispetto alle donne. Quindi, un doppio vulnus: quello all'essere donna e quello all'essere lavoratrice.
Questo è, pertanto, un provvedimento pesantissimo, che peggiora una situazione pensionistica che nel nostro paese condanna già centinaia di giovani a non sapere quale sarà il loro futuro e condanna tutta la categoria dei cinquantenni...

PRESIDENTE. Onorevole Provera, la prego di concludere.

MARILDE PROVERA. ...di quei cinquantenni che anni fa conquistarono i provvedimenti pensionistici, ad avere anche loro una vita peggiore nel prossimo futuro. Per questo, non può essere tollerato...

PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Provera. Mi dispiace doverle togliere la parola, però le porgo i miei auguri perché credo che questo sia uno dei sui primi interventi, se non proprio il primo.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, in dissenso dal proprio gruppo, l'onorevole Valpiana. Ne ha facoltà.

TIZIANA VALPIANA. Signor Presidente, anch'io, in dissenso dal mio gruppo, non parteciperò a questo voto di fiducia, perché penso che non sia assolutamente sufficiente un voto contro la fiducia richiesta dal Governo, ma che sia importante manifestare in ogni modo come sia totalmente inaccettabile questa controriforma, che non è altro che un ulteriore tassello aggiunto da questo Governo nell'opera di distruzione dello Stato sociale.
Oggi state distruggendo la previdenza, finite di distruggerla; ma già ieri, ancora oggi e ancora domani distruggerete la sanità, la scuola e ogni altro residuo


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universalistico e solidale che esisteva nella nostra democrazia. Da domani, i lavoratori, soprattutto le future generazioni, si troveranno davanti - non soltanto grazie alle vostre leggi - a lavori sempre più precari e a salari sempre più bassi e insufficienti, ma anche con gravissime incognite sul futuro, con quote crescenti del salario affidate forzosamente ai fondi pensione. Sì, perché un'altra caratteristica di questa maggioranza, accanto a quella di voler distruggere lo Stato sociale, è la ricerca spasmodica di un profitto e di un mercato su tutto: avete creato il mercato dei servizi, il mercato della salute, ora create il mercato dei fondi pensione (Applausi dei deputati del gruppo di Rifondazione comunista)!

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, da adesso in poi a coloro che intervengono concederò soltanto un minuto di tempo, perché altri venti colleghi hanno chiesto di parlare per dichiarazione di voto in dissenso dal proprio gruppo (Commenti dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo, di Rifondazione comunista e Misto-Comunisti italiani).

RENZO INNOCENTI. È un'ingiustizia!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, in dissenso dal proprio gruppo, l'onorevole Vendola. Ne ha facoltà (Commenti del deputato Bellillo).
È giusto contestare il Presidente, è democrazia anche questa! Però, il tempo rimane di un minuto. Prego, onorevole Vendola.

NICHI VENDOLA. Signor Presidente, intervenire in dissenso dal proprio gruppo è uno dei modi di cui le opposizioni dispongono per far sentire le proprie ragioni di fronte al bavaglio che viene imposto al Parlamento da questo voto di fiducia.
In un minuto vorrei semplicemente rimarcare l'ipocrisia insopportabile che vi è quando in un paese come l'Italia compaiono dibattiti stagionali sulle condizioni di vita degli anziani: in questi giorni siamo stati preoccupati per gli anziani a rischio del caldo e d'inverno siamo preoccupati per gli anziani a rischio del freddo. Contemporaneamente, la remunerazione del tempo di chi ha smesso di lavorare, di chi vive in quel tempo difficile e terribile che è la terza età, diventa oggetto non di un serio, delicato e complesso dibattito parlamentare...

PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Vendola.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, in dissenso dal proprio gruppo, l'onorevole Buontempo. Ne ha facoltà.

TEODORO BUONTEMPO. Signor Presidente, per lealtà alla coalizione di cui faccio parte e per rispetto verso coloro che mi hanno eletto e che appartengono all'intera Casa delle libertà, voterò la fiducia (Commenti dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo). La mia amarezza non è legata all'iniziativa del Governo, ma al fatto che si è consentito al relatore, onorevole Maninetti, di inserire una materia del tutto estranea nel provvedimento su cui il Governo ha posto la questione di fiducia.
È stata cioè introdotta, in maniera un po' inquietante, una modifica, attraverso un emendamento, con cui si consente all'ENPAF, che ha violato la legge per ben due volte e che ha ingannato i propri inquilini, di annullare gli effetti della sentenza del TAR e il parere del Consiglio di Stato: con una legge, cioè, si annulla un provvedimento della magistratura e ciò che è stato deciso dai tecnici della Presidenza del Consiglio!
Dunque, Presidente, ho presentato un ordine del giorno, che illustrerò con grande amarezza, affinché il Governo intervenga a posteriori per evitare che nel provvedimento in esame, sul quale è stata posta la questione di fiducia, vi sia una materia estranea al contenuto dello stesso. Chi la pensa diversamente, può fare una proposta.


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PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, in dissenso dal proprio gruppo, l'onorevole Titti De Simone. Ne ha facoltà.

TITTI DE SIMONE. Signor Presidente, anch'io voterò in dissenso dal mio gruppo; non voterò la fiducia sul provvedimento in esame per stigmatizzare gli elementi di metodo e di merito che questa controriforma rappresenta per il paese.
La scelta di porre la questione di fiducia è gravissima, perché la richiesta della fiducia è diventata una merce di scambio e di ricatti politici all'interno della maggioranza e perché il Parlamento è stato scippato di una sua prerogativa fondamentale, quella cioè di poter svolgere, in sintonia con il paese e con le forze democratiche, un dibattito pubblico e democratico.
In secondo luogo, vi è una questione di merito, perché siamo di fronte ad un attacco pesantissimo ai diritti fondamentali previsti dalla nostra Carta costituzionale, alla previdenza pubblica in favore di quella privata, nonché al destino delle prossime generazioni (Applausi dei deputati del gruppo di Rifondazione comunista).

ANTONIO BOCCIA. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANTONIO BOCCIA. Signor Presidente, le devo porre una questione, che è bene dirimere subito, sul modo di procedere dei nostri lavori.
Il collega Buontempo (mi dispiace fare questo intervento dopo che ha parlato il collega Buontempo, il quale, solitamente, a parte il tono della voce, è sempre molto garbato) ha utilizzato l'articolo 116, comma 3, ultimo periodo, del regolamento, che consente di intervenire nel caso in cui si intenda esprimere un voto diverso da quello dichiarato dal proprio gruppo. Il collega Buontempo, ora, non può più votare la fiducia al Governo.
Presidente, il collega Buontempo - lei lo ha ascoltato - ha dichiarato che voterà la fiducia. Allora, tutti gli altri colleghi che stanno esprimendo un voto in dissenso dal proprio gruppo e che hanno annunziato un voto diverso dovrebbero poter coerentemente votare contro il Governo.
In questo modo, però, si introducono una prassi ed una procedura nuove; quindi, io le chiedo che vi sia un trattamento uguale per tutti. Allora, mettiamoci d'accordo...

PRESIDENTE. Certo, onorevole Boccia, lei ha perfettamente ragione. Naturalmente, come lei può immaginare, a me è stato chiesto di poter intervenire in dissenso; poi, alla fine della dichiarazione di voto, mi sono accorto che il contenuto della stessa era diverso, come verificatosi in molti casi precedenti.
Tra le altre cose, onorevole Boccia, lei ha introdotto nel dibattito un argomento interessante. Da parte della maggioranza, mi si fa notare che anche la decisione di non partecipare al voto, che qualcuno dell'opposizione potrebbe annunciare, difficilmente potrebbe configurarsi come una dichiarazione di difformità (Commenti dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo)... Colleghi, potete certamente urlare, ma vi posso dire che esistono precedenti in materia: l'onorevole Iotti, che ritengo non molto distante dalle posizioni di chi ha ululato, teorizzava ed affermava che la dichiarazione di non partecipare al voto non poteva essere in alcun modo considerata come dichiarazione di dissenso, mentre l'onorevole Violante, nella scorsa legislatura, ha dato un'interpretazione diversa.
Non dobbiamo dirimere adesso il problema, ma colgo l'occasione per preannunciare che convocherò la Giunta per il regolamento affinché la Presidenza possa meglio orientarsi, in futuro, davanti a situazioni analoghe.

ANTONIO BOCCIA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. No, onorevole Boccia...

ANTONIO BOCCIA. Soltanto un secondo, signor Presidente!


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PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare, onorevole Boccia, ma non possiamo continuare il dibattito su questo argomento.

ANTONIO BOCCIA. Signor Presidente, desidero sottoporle un rilievo che considero importante: il regolamento non parla di voto in dissenso, ma di voto diverso.

PRESIDENTE. È discutibile, onorevole Boccia, ma poiché lei è un autorevole componente della Giunta per il regolamento, ne riparleremo in quella sede.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, in dissenso dal proprio gruppo, l'onorevole Lettieri. Ne ha facoltà

MARIO LETTIERI. Signor Presidente, il Presidente del Consiglio, mentendo a se stesso ed all'intero popolo italiano, ha dichiarato che la richiesta della fiducia sarebbe la conseguenza degli impegni assunti in sede Ecofin. Ebbene, secondo noi non sono in discussione gli impegni assunti, perché la credibilità del paese in sede internazionale ne impone, ovviamente, il rispetto. Sono in discussione, invece, la tenuta della maggioranza ed il ricatto continuo che il Presidente esercita nei confronti della stessa!
Anziché prendere atto della crisi profonda che attraversa il centrodestra e trarne le dovute conseguenze, il Presidente del Consiglio continua a sostenere che tutto va bene. Purtroppo, non è così! Il paese va a rotoli e le prime vittime dello sfascio economico causato dal Governo in questi tre anni sono i pensionati, i pensionandi ed i giovani, i quali, senza un lavoro, rischiano di non andare mai in pensione.
Per questo motivo, negherò la mia fiducia al Governo non partecipando al voto (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-L'Ulivo e dei Democratici di sinistra-L'Ulivo)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, in dissenso dal proprio gruppo, l'onorevole Bellillo. Ne ha facoltà.

KATIA BELLILLO. Signor Presidente, sebbene avessimo detto che questo Governo sarebbe stato deleterio per il paese, qualcuno ha voluto provare! Oggi, tutti gli italiani sanno cosa significhi essere governati da Berlusconi e dai suoi amici: questo paese è più povero e più insicuro!
Con quest'ultimo atto, con questa nuova richiesta di fiducia, con questa nuova imposizione al Parlamento, si vogliono togliere le pensioni. Cosa dovremmo dire ai nostri giovani? Dopo la legge n. 30 del 2003, essi non hanno più un lavoro stabile e sicuro; ora, non avranno più nemmeno la garanzia di una terza età tranquilla con un minimo di pensione! A proposito, dov'è andata a finire la promessa della pensione di un milione a tutti?
Ebbene, io dissento dal «no» blando che è stato espresso dal mio capogruppo. Qui c'è bisogno di dire non uno solo, ma due, tre ed anche quattro «no»! Qui non si tratta di esprimere la fiducia, ma di manifestare la sfiducia provata, ormai, da tutto il popolo italiano, che soltanto un mese fa, chiamato alle urne, vi ha sonoramente bocciati: ha bocciato le vostre politiche liberiste e la vostra tendenza all'egoismo.
Esprimo il mio, anzi, i miei «no» - diversi dal «no» semplice, se così si può dire, già espresso dal mio capogruppo - perché, con il disegno di legge in esame, cancellate un diritto fondamentale sancito dalla Carta costituzionale. Del resto, siete abituati a gettare nella disperazione le masse popolari: i lavoratori non hanno più sicurezze e nemmeno i sindacati possono più tutelarli con i contratti collettivi. Noi lo sappiamo, lo sappiamo bene (Applausi dei deputati dei gruppi Misto-Comunisti italiani e dei Democratici di sinistra-L'Ulivo)!

PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Bellillo.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, in dissenso dal proprio gruppo, l'onorevole Cima. Ne ha facoltà.


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LAURA CIMA. Signor Presidente, intervengo in dissenso rispetto alla componente dei Verdi del gruppo Misto.
Questo provvedimento, al contrario di ciò che è stato dichiarato, penalizza le donne e soprattutto i giovani. La grancassa sulla riforma pensionistica è stata battuta, sostenendo che occorreva assumere maggiori responsabilità verso le generazioni future. La situazione attuale dei giovani e delle donne è gravemente peggiorata in seguito all'approvazione della legge n. 30 del 2003; un'assoluta precarietà!
Con l'allungamento dell'età pensionabile, nessuno più troverà lavoro, in particolare le giovani donne. In Europa, Presidente, siamo il fanalino di coda: abbiamo la più bassa percentuale di donne con un'occupazione.
Credo sia vergognoso porre la questione di fiducia su un provvedimento che, invece, doveva essere discusso a fondo...

PRESIDENTE. Grazie. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, in dissenso dal proprio gruppo, l'onorevole Calzolaio. Ne ha facoltà.

VALERIO CALZOLAIO. Signor Presidente, dissento dal mio gruppo. A differenza della maggioranza dei colleghi del mio gruppo, non ho ancora deciso di esprimere un voto contrario. Gli argomenti utilizzati dall'onorevole Cordoni certamente sono convincenti; tuttavia, non ho ancora deciso, perché si tratta dell'ennesima questione di fiducia posta da questo Governo. È possibile che nei prossimi giorni sia posta la questione di fiducia - così si legge sui giornali - sulla riforma del sistema energetico. Oggi, il Presidente del Consiglio ha annunciato la fiducia sulla par condicio.
Se ci limitiamo a votare «no», come possiamo rapportarci in futuro a queste continue richieste di un voto di fiducia da parte di una maggioranza che sente di non avere altra scelta se non quella di restare avvinghiata ad un Governo che non regge? E che non regga lo dimostra anche il merito di questa fiducia. La riforma sulle pensioni del 1995 funzionava e prevedeva, nel 2005, una verifica ordinata che avrebbe consentito di individuare eventuali ombre. Inoltre, aveva il consenso delle organizzazioni sindacali... (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo)

PRESIDENTE. Grazie. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, in dissenso dal proprio gruppo, l'onorevole Abbondanzieri. Ne ha facoltà.

MARISA ABBONDANZIERI. Signor Presidente, intervengo per dichiarare la non partecipazione al voto di fiducia e per ricordare ai colleghi della maggioranza che, quasi quasi, avete raggiunto il numero di questioni di fiducia poste dal centrosinistra (Commenti del deputato Di Luca). Almeno non lo ripeterete più, visto che chi lo afferma è caduto abbondantemente in disgrazia.
Vorrei ricordarvi che avete posto la questione di fiducia su tutti i più grandi provvedimenti del vostro programma di Governo: la legge obiettivo, la delega ambientale, il rientro dei capitali all'estero, la cartolarizzazione, l'ordinamento giudiziario, il settore energetico, la manovra 2004, la manovra correttiva e, da ultimo, il provvedimento sulle pensioni. È una vergogna, ministro Maroni! Lei, ministro del welfare, consente che sia approvato un provvedimento che penalizza le donne! Proprio lei! Il ministro delle donne (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo)...!

PRESIDENTE. Grazie. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, in dissenso dal proprio gruppo, l'onorevole Spini. Ne ha facoltà.

VALDO SPINI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, intendo porre un problema del tutto diverso da quello sottoposto precedentemente dai miei colleghi ed è il seguente: siamo di fronte ad un fatto istituzionale molto grave, una sorta di rimpasto a fettine di salame.
Il Presidente del Consiglio ha dichiarato che il «rimpasto» è una parola che gli


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è ostica e che non vuole pronunciarla. Poi assistiamo alla sostituzione (niente po' po' di meno che...) del ministro dell'economia Tremonti con il ministro Siniscalco e del ministro delle riforme istituzionali Bossi (anche questo Ministero è importante) con il ministro Calderoli. Inoltre, con la nomina dell'onorevole Buttiglione in pectore a commissario europeo, avremo anche un nuovo ministro delle politiche comunitarie.
Mi sembra che siamo di fronte veramente all'aggiramento della corretta dialettica politica in cui, se un Presidente del Consiglio (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo)...

PRESIDENTE. Grazie. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, in dissenso dal proprio gruppo, l'onorevole Sabattini. Ne ha facoltà.

ALDO CENNAMO. Ha rubato il tempo al collega! Ha parlato solo 52 secondi!

PRESIDENTE. Onorevole Sabattini, il tempo sta scorrendo.

SERGIO SABATTINI. No, Presidente!

PRESIDENTE. Sì! Il tempo inizia a scorrere dal momento in cui le do la parola. Non decide una persona che fa un'interruzione!

ALDO CENNAMO. Ha tolto il tempo al collega! Ha parlato solo 52 secondi!

SERGIO SABATTINI. Signor Presidente, è difficile intervenire in queste condizioni.
Ritengo che il dissenso oggi possa essere molto profondo; d'altra parte, vi è anche una sensazione contraddittoria. Infatti, con questo atto, l'attuale maggioranza si separa dalla società e diventa sempre più autoreferente. Quindi si può anche sperare che prosegua seguendo questa linea: in tal modo, infatti, la maggioranza sta spiananando la strada al centrosinistra per candidarsi al Governo del paese. La separazione dalla società è grave, tanto più perché riguarda un argomento come le pensioni ed il welfare.
Personalmente non voterò contro la fiducia ma quel tanto di contraddittorietà - cui mi rifacevo poc'anzi - mantiene in me aperta una speranza; quella che, proseguendo così, questa banda di fratelli De Rege che dà vita al Governo possa finalmente cadere (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo e del gruppo Misto-Comunisti italiani)

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare, per dichiarazione di voto, in dissenso dal proprio gruppo, l'onorevole Reduzzi. Ne ha facoltà.

GIULIANA REDUZZI. Grazie signor Presidente. Intervengo per esprimere amarezza, delusione, indignazione e netta contrarietà alla richiesta di questo voto di fiducia. L'attuale Governo, a differenza del precedente esecutivo di centrosinistra della passata legislatura, gode di una maggioranza tanto ampia da poter approvare, quando vuole, qualsiasi provvedimento del suo programma, anche il più contrastabile dall'opposizione, visto che questa non ha la forza numerica per opporvisi ed impedirne l'approvazione.
Si è dichiarato di temere l'ostruzionismo della minoranza: niente di più ridicolo. Nelle 24 ore intercorse tra l'annuncio del voto di fiducia e il momento della votazione, la proposta legislativa sarebbe stata convenientemente esaminata, discussa e portata al voto finale. Con il confronto in Parlamento si sarebbe offerta agli elettori la legittima e opportuna occasione per conoscere il contenuto di una legge in materia pensionistica di grande interesse per tutti. La verità è che nella maggioranza non vi è intesa su nulla, neppure su questa importante riforma.
È evidente che il voto di fiducia serve soltanto a nascondere i dissensi ancora presenti all'interno della coalizione di centrodestra. L'altra verità è che il Presidente del Consiglio sta imponendo ai suoi alleati (Applausi dei deputati del gruppo della Margherita, DL-L'Ulivo e dei Democratici di sinistra-L'Ulivo)...


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PRESIDENTE. Grazie. Ha chiesto di parlare, per dichiarazione di voto, in dissenso dal proprio gruppo, l'onorevole Magnolfi. Ne ha facoltà.

BEATRICE MARIA MAGNOLFI. La ringrazio, signor Presidente. Nel minuto di tempo che è a mia disposizione per parlare in dissenso dal mio gruppo vorrei rivolgere una domanda all'onorevole Stefania Prestigiacomo, ministro per le pari opportunità. Vorrei chiederle se si è accorta che le più colpite da questa controriforma sono le donne lavoratrici. Oggi, le donne che lavorano possono andare in pensione a 57 anni di età e con 35 anni di contributi. Esse, dopo il 2008, grazie al centrodestra, non solo non avranno pensioni più dignitose, come era scritto nelle vostre promesse elettorali, ma dovranno aspettare sino a 60 anni per andare in pensione oppure rassegnarsi ad una decurtazione di oltre il 30 per cento della loro pensione. Infatti, l'entità dell'assegno sarà calcolata con il metodo contributivo che, in quel caso, comporta la rinuncia ad un terzo del totale della pensione.
Perché ve la prendete con le donne lavoratrici? Non sapete che le donne italiane svolgono ancora un doppio e talvolta anche triplo lavoro? È così che le ricompensate della doppia o tripla fatica? È così che volete favorire le famiglie (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo)?

PRESIDENTE. Grazie. Ha chiesto di parlare, per dichiarazione di voto, in dissenso dal proprio gruppo, l'onorevole Folena. Ne ha facoltà.

PIETRO FOLENA. Intervengo in dissenso dal mio gruppo ricordando le parole che un uomo non di sinistra, uno dei leader dell'attuale maggioranza, talmente prestigioso e autorevole da soffiare il posto di Commissario europeo a Mario Monti, mi riferisco al professor Rocco Buttiglione, pronunciò in quest'aula il 31 luglio del 1996, in occasione di un voto di fiducia. Egli, in occasione di un voto di fiducia disse: «sembra che il Governo (...) abbia già consumato la propria luna di miele con il paese». Ma voi non avete avuto neanche quella!
Disse ancora Buttiglione: «Il vostro è un modo per impedire che le proposte dell'opposizione possano essere approvate anche con il consenso di una parte delle forze di Governo (...) Porre la fiducia (...) è un grave segno di debolezza di questo Governo.»
Voi, con cento voti di maggioranza in più, avete paura di milioni di lavoratori, ma ormai anche di voi stessi (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo, della Margherita, DL-L'Ulivo e Misto-Comunisti italiani)!

PRESIDENTE. Grazie. Ha chiesto di parlare, per dichiarazione di voto, in dissenso dal proprio gruppo, l'onorevole Duca. Ne ha facoltà.

EUGENIO DUCA. Vede, signor Presidente, a mio avviso il Governo non avrebbe potuto chiedere la fiducia su un provvedimento che reca, oltre alle firme del Presidente del Consiglio Berlusconi e del ministro Maroni, anche quella del ministro «truccaconti», un ministro che è stato sfiduciato dalla vostra maggioranza proprio perché ha truccato i conti dello Stato italiano, perché ha truccato i conti dell'Italia e degli italiani (Una voce dai banchi dei deputati del gruppo della Lega Nord Federazione Padana: «Tempo!»)!
Ebbene, oggi il ministro «truccaconti», o «tre carte», come lo vogliamo chiamare, che è stato sfiduciato, torna con una delle sue peggiori creature, vale a dire l'attacco al reddito di milioni di pensionati, al futuro di milioni di lavoratori e di lavoratrici, alle donne e alle giovani generazioni - che non sapranno più neanche cos'è la parola «pensione»! -, al trattamento di fine rapporto, vale a dire alla liquidazione dei lavoratori, che è salario differito, dunque proprietà di chi oggi lavora, e che non è nelle disponibilità di chi trucca i conti dello Stato ...

MASSIMO POLLEDRI. Tempo!


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CESARE RIZZI. Tempo!

EUGENIO DUCA. ...non è nella nostra disponibilità. Voi che state mettendo le mani nelle tasche degli italiani con l'arroganza del potere e ricorrendo ad un voto di fiducia che toglie a voi la fiducia! Vi cacceranno via (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo, della Margherita, DL-L'Ulivo e Misto-Comunisti italiani)!

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Duca.

EUGENIO DUCA. Vi cacceranno via (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo, della Margherita, DL-L'Ulivo e Misto-Comunisti italiani - Commenti dei deputati del gruppo di Alleanza nazionale)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, in dissenso dal proprio gruppo, l'onorevole Siniscalchi. Ne ha facoltà.

VINCENZO SINISCALCHI. Signor Presidente, sono molto preoccupato per la sindrome da mancanza di fiducia nella propria maggioranza che affligge questo Governo. Capisco che la maggioranza è stata battuta in quest'aula, prevalentemente da se stessa, oltre cinquanta volte, e comprendo anche che le elezioni hanno dimostrato la crescente mancanza di fiducia dello stesso elettorato della maggioranza verso i propri eletti e verso il proprio Governo, ma su questioni come la giustizia, le pensioni, l'informazione e, come sembra, la par condicio, si pone la questione di fiducia per mettere un bavaglio sostanziale alla libertà dei parlamentari!
Si tratta di uno strappo alla democrazia, e dalla sindrome di mancanza di fiducia si passa, allora, ad un esercizio tipico della vocazione autoritaria: il sonno della ragione! Noi non lo consentiremo (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo, della Margherita, DL-L'Ulivo e Misto-Comunisti italiani)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, in dissenso dal proprio gruppo, l'onorevole Nigra. Ne ha facoltà.

ALBERTO NIGRA. Signor Presidente, intervengo in dissenso dal mio gruppo sulla riforma delle pensioni perché si tratta di una riforma poco seria, inefficace ed inefficiente. Infatti, non vi è nessun effetto redistributivo positivo sulla finanza pubblica nell'immediato; forse, vi sarà a partire dal 2008; tuttavia, è altrettanto vero che, da domani mattina, inizierà la fuga verso la pensione di tutti coloro che potranno farlo.
Non vi è nessuna giustizia sociale, né per quanto concerne la distinzione tra le diverse professioni, né in ordine ai tempi con i quali accedere ad un meritato riposo dal lavoro; inoltre, non vi è equità, né anagrafica, né retributiva. Infine, non vi è nessun atto di coraggio, all'interno di questa riforma, per riequilibrare il sistema previdenziale a favore delle future generazioni; in altri termini, non vi è nessun riequilibrio a favore di coloro che accedono al mondo del lavoro con il sistema della flessibilità.
Ebbene, tutto ciò merita un voto più duro di quello espresso dal mio gruppo (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo e della Margherita, DL-L'Ulivo - Congratulazioni)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, in dissenso dal proprio gruppo, l'onorevole Grignaffini. Ne ha facoltà.

GIOVANNA GRIGNAFFINI. Signor Presidente, la collega Cordoni ha giustamente messo in rilievo la devastazione dei diritti e delle aspettative dei lavoratori e la condanna dei giovani ad una prospettiva senza futuro; tuttavia, credo che non abbia sottolineato abbastanza la devastazione politica e culturale che questa maggioranza provoca rispetto all'idea stessa di fiducia.
Ciò perché credo che la fiducia rappresenti un bene prezioso della nostra


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società, poiché regola non solo i rapporti tra le persone, ma anche le dinamiche di quel sistema relazionale per eccellenza rappresentato dalla politica. Ebbene, fiducia vuol dire affidamento, dialettica, consenso e riconoscimento di autorevolezza; per voi, invece, fiducia è diventata minaccia, ricatto, gioco di potere e richiesta di fedeltà acritica!
Questa è l'idea di fiducia che voi state trasmettendo al nostro paese, ed è questa la ragione per cui state logorando quell'istituto fondamentale e democratico che è il voto di fiducia, attraverso cui si esprime la dialettica tra il Governo e le sue maggioranze ed attraverso cui si esprime la dialettica tra maggioranza ed opposizione!

MASSIMO POLLEDRI. Tempo!

GIOVANNA GRIGNAFFINI. Cos'è per voi questo voto (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo)?

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, in dissenso dal proprio gruppo, l'onorevole Santagata. Ne ha facoltà.

GIULIO SANTAGATA. Signor Presidente, credo che i colleghi che mi hanno preceduto siano stati chiari sulle motivazioni di dissenso ad una forma, che io giudico troppo blanda, di opposizione da parte del mio gruppo a questo provvedimento.
Mi limito a ricordare la questione del legame tra l'aumento di flessibilità e precarietà del mercato del lavoro e la difficoltà che, a seguito di quella che voi, colleghi della maggioranza, chiamate riforma, i nostri giovani incontreranno nell'ottenere un collocamento a riposo con una pensione dignitosa.
Volevo, però, dare un segnale di speranza ai miei colleghi della minoranza, richiamando alcuni dati. È vero che il centrosinistra ha posto molte questioni di fiducia, nei cinque anni in cui ha governato, però dovete constatare che è il trend a dare il senso delle cose. Il Governo Berlusconi ha chiesto la fiducia tre volte nel 2001, tre volte nel 2002, sei volte nel 2003 e nove volte nei sette mesi del 2004. Se la statistica non m'inganna, questo è un chiaro segnale che vi è un trend...

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Santagata.

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