Allegato B
Seduta n. 499 del 27/7/2004


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INTERROGAZIONI PER LE QUALI È PERVENUTA RISPOSTA SCRITTA ALLA PRESIDENZA

BULGARELLI, CENTO e RUSSO SPENA. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
sull'isola della Gorgonia che dal 1869 è stata trasformata in un carcere vivono circa 250 persone di cui 120 circa sono detenuti, il resto operatori e agenti di polizia;
l'isola rappresenta una realtà carceraria eccezionale sia per la bellezza dell'ambiente naturale che per essere una Casa di Reclusione basata sull'autosufficienza dei detenuti e sul loro recupero sociale; i detenuti circolano «liberamente» sull'isola e, durante il giorno, lavorano con mansioni diverse sia nel settore dell'agricoltura che in quello dell'allevamento e della pesca, provvedendo di fatto al proprio sostentamento. Il lavoro è peraltro retribuito;
il 9 gennaio è stato ucciso con una roncola Martino Vincenzo Zoroddu ex latitante nell'isola carcere della Gorgona;
con il rinvenimento del cadavere di Franco Lo Presti sessantaquattrenne detenuto nel carcere della Gorgonia che, come sembrano confermare tutti gli elementi indiziari, (profonde ferite alla testa) in meno di due mesi nell'isola carcere è stato teatro di ben due omicidi;
gli inquirenti affermano di aver già individuato il responsabile del primo omicidio ed hanno escluso che i due episodi siano collegati;
in un carcere siffatto la prevenzione appare la miglior forma di sicurezza evitando incompatibilità di sorta -:
quali siano le misure prese a tutela della sicurezza dei detenuti dell'isola e quali criteri di prevenzione vengano adottati per scegliere i detenuti ospiti del carcere.
(4-09224)

Risposta. - Si rappresenta che i detenuti deceduti nella casa di reclusione di Gorgona in data 9 gennaio 2004 e 1o marzo 2004 sono, rispettivamente, Martino Vincenzo Zoroddu e Francesco Lo Presti.
Il primo era ristretto presso l'istituto dal 17 giugno 2003, a seguito di condanna definitiva per il reato di omicidio e sequestro di persona, con fine pena previsto per il 31 luglio 2013.
Il secondo, invece, era detenuto dal 30 settembre 2003, a seguito di condanna per i reati di omicidio, porto e detenzione abusiva di arma da sparo, con fine pena previsto per l'11 gennaio 2013.
Per quanto concerne gli accertamenti ispettivi disposti si ritiene opportuno, in via preliminare, osservare che, alla luce della gravità dei fatti e della complessità delle vicende, il competente ufficio del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria ha proceduto direttamente all'espletamento della indagini, su delega conferita dall'autorità giudiziaria, demandando al provveditore regionale di Firenze l'esecuzione delle necessarie attività amministrative.
Al riguardo, si puntualizza che le due attività - investigativa ed amministrativa - sono state concordate in ossequio alle necessarie esigenze di coordinamento.
Quanto agli esiti delle indagini - per le quali vi è tuttora il segreto istruttorio - il competente ufficio ha già relazionato all'autorità


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giudiziaria riservandosi di trasmettere gli esiti finali delle verifiche condotte.
A seguito degli accertamenti amministrativi è stata predisposta una relazione del provveditore alla quale ha fatto seguito una recente riunione nel contesto della quale, nel concordare sulla validità e sulla continuità del «progetto Gorgona», sono stati proposti diversi interventi finalizzati a migliorare lo stesso, sia sotto il profilo della sicurezza, che sotto quello trattamentale.
Il Ministro della giustizia: Roberto Castelli.

BUONTEMPO. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
il maresciallo Aiut. S.UPS CC. in congedo Pasquale Di Spirito ha in corso una pratica di pensione privilegiata con istanza presentata il 1 dicembre 1999 e trasmessa dal Comando Divisione Unità Mobili Speciale Carabinieri «Palidoro» di Roma - ufficio matricola in data 2 febbraio 2000 con lettera n. 0235-2/SAN-2 alla direzione generale per il personale militare e che a tutt'oggi non si è avuto esito alcuno -:
quali iniziative s'intendano assumere per ovviare ai clamorosi ritardi che si verificano puntualmente in ordine alle istanze di «equo indennizzo», onde evitare disagi per gli aventi diritto, nonché legittime azioni di rivalsa che preludono soltanto aggravi sia economici che burocratici.
(4-07955)

Risposta. - Si rappresenta che la competente direzione generale, in data 23 novembre 2001, ha chiesto il prescritto parere sulla dipendenza da causa di servizio delle patologie accusate dall'ex Sottufficiale in questione al comitato di verifica per le cause di servizio (organo dipendente dal ministero dell'economia e delle finanze), ai sensi dell'articolo 12 del decreto del Presidente della Repubblica 29 ottobre 2001, n. 461.
Conseguentemente, la predetta direzione generale, non appena in possesso del citato parere, darà seguito alla pratica di pensione privilegiata e di equo indennizzo, a favore dell'istante.
Per quanto concerne la tempistica di trattazione delle istanze di equo indennizzo, si osserva che la complessità dell'iter burocratico e il coinvolgimento di più organismi dipendenti da diversi dicasteri causano il protrarsi nel tempo dell'articolata istruttoria.
Tuttavia, a conferma dell'attenzione che la difesa pone sulle problematiche del personale, tali procedure, recentemente oggetto di revisione normativa, saranno più speditive e determineranno una contrazione dei termini temporali in questione entro margini più contenuti.
Il Ministro della difesa: Antonio Martino.

CAMO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
la trasmissione televisiva «Striscia la notizia» in data 4 febbraio 2002 ha reso di pubblico dominio una consuetudine che riguarda un'alta percentuale di cittadini italiani. Si tratta della massiccia partecipazione al gioco dei cosiddetti videopoker: macchinette automatiche presenti capillarmente nei locali pubblici (bar, ristoranti, pizzerie);
come pubblicato sul quotidiano Metro di venerdì 5 luglio 2002, a pag. 6, si è verificato un ennesimo caso di violenza legato alla diffusione di cosiddetti videopoker perché un operaio di 49 anni, in preda alla disperazione, pretendeva la restituzione dei 165 euro spesi al gioco in pochi minuti;
la gestione dei cosiddetti videopoker è regolata dalla legge 6 ottobre 1995, n. 425, recante modifiche all'articolo 110 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, concernente le caratteristiche degli apparecchi e congegni automatici, semiautomatici


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da trattenimento e da gioco di abilità e degli apparecchi adibiti alla piccola distribuzione;
in base alla legge menzionata, le eventuali vincite non devono essere rimborsate in moneta, ma esclusivamente in bonus per ulteriori partite;
tuttavia, in deroga al disposto normativo, come ha evidenziato il servizio televisivo, le vincite, nella maggioranza dei casi, vengono ugualmente pagate sottobanco; e non si potrebbe spiegare altrimenti il successo economico legato alla gestione dei videopoker che determina guadagni di centinaia di miliardi annui di vecchie lire, senza tassazione, sia per il gestore che per il proprietario;
infatti la circostanza che i suddetti videogiochi possono essere installati in ogni bar o locale pubblico determina una diffusione capillare del gioco d'azzardo sotto il velo ipocrita e facilmente «smascherabile» del gioco a premi. La questione ha quindi diretti effetti pubblicistici in quanto l'illecita gestione di tali giochi non rappresenta l'evento patologico di un sistema regolare ma riguarda, nella totalità della gestione illegale, una situazione che esige un intervento o repressivo o di regolamentazione legislativa idoneo ad evitare i rischi della proliferazione illegale del gioco d'azzardo;
si tratta di una continuata violazione di legge consentita, vista la notorietà dei fatti, in tutta Italia;
secondo calcoli approssimativi il giro d'affari legato ai videopoker per installatori e gestori ammonta a migliaia e forse a centinaia di miliardi di vecchie lire/anno, calcolando che la cifra minima di accesso al gioco consiste in 5 euro;
su tale giro d'affari lo Stato italiano non percepisce alcun introito in quanto:
a) non è previsto un sistema di controllo numerico delle giocate, ognuna delle quali, come si è detto, costa 5 euro;
b) manca una previsione di legge che sottoponga a tassazione percentuale i proventi derivanti dall'esercizio di tale attività, come previsto per tutti gli altri tipi di giochi -:
come intendano procedere il Governo ed i Ministri competenti per affrontare questa grave situazione, pericolosissima sotto il punto di vista sociale perché distrugge letteralmente l'economia di tante famiglie italiane, considerando altresì che il deficit economico italiano non consente di trascurare alcun elemento capace di contribuire, anche in parte, al suo risanamento, essendo tali attività eccezionalmente sottratte all'imposizione fiscale diversamente da ogni altro tipo di attività legata al gioco.
(4-03912)

Risposta. - Rispondendo all'interrogazione parlamentare in argomento, si comunica che l'articolo 22 della legge 27 dicembre 2002, n. 289 (legge finanziaria 2003) ha dettato dal 1o gennaio 2003 una organica normativa degli apparecchi e dei congegni da divertimento e intrattenimento, sia sotto il profilo gestionale che tributario, finalizzata ad una più efficiente ed efficace azione di prevenzione e contrasto dell'uso illegale di tali apparecchi, nonché per favorire il recupero del fenomeno dell'evasione fiscale.
Le novità di maggiore rilievo di tale disposizione sono costituite dalla previsione di un articolato regime autorizzativo da parte dell'amministrazione finanziaria, che riguarderà tutte le fasi della esistenza di questi apparecchi (dalla produzione alle successive cessioni), e di un esame tecnico della presenza sugli apparecchi di dispositivi di sicurezza che garantiscano l'immodificabilità delle caratteristiche tecniche e delle modalità di funzionamento e di distribuzione dei premi.
Sono state, altresì, previste la costituzione di una banca dati per il censimento ed il monitoraggio del corretto utilizzo degli apparecchi ed il loro collegamento in rete per la tassazione analitica dei relativi incassi, la determinazione provvisoria di imponibili forfettari medi per l'applicazione delle imposte dovute fino ad attivazione della tassazione in base ai proventi effettivamente conseguiti, nonché la definizione


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agevolata delle imposte anteriori al 2003 in caso di assolvimento dei tributi relativi all'anno di riferimento.
In attuazione della nuova disciplina, per gli aspetti di propria competenza, il dipartimento della pubblica sicurezza del ministero dell'interno ha emanato alcune direttive, fra cui vanno ricordate la circolare del 3 marzo 2003, concernente «Nuove misure di contrasto dei videogiochi illegali introdotte dalla legge finanziaria 27 dicembre 2002, n. 289», e quella successiva del 5 dicembre 2003, concernente specificamente l'uso di giochi con contenuto osceno o violento.
Allo scopo di rafforzare l'azione di prevenzione e repressione del gioco d'azzardo, svolta dal personale delle questure, già nel marzo 2002 è stata istituita, in seno alla polizia di Stato, la «Polizia dei Giochi e delle Scommesse», con il compito di contrastare i tentativi di infiltrazione della criminalità organizzata e comune in questo settore.
A tal fine sono stati costituiti appositi Nuclei interprovinciali nell'ambito delle sezioni criminalità organizzata delle 26 squadre mobili distrettuali della polizia di Stato, composti da operatori specificamente preparati; le funzioni di supporto informativo e di coordinamento generale delle attività investigative sono assicurate dal servizio centrale operativo del dipartimento della pubblica sicurezza.
I compiti di questa nuova struttura, di natura soprattutto informativa ed investigativa, sono estesi ai reati commessi in tale settore dai concessionari, dai dipendenti, dai giocatori o da terzi, nonché ai reati in danno dei clienti e dei concessionari, come estorsioni, minacce, attentati dinamitardi e rapine.
Per altro verso, sul fronte della repressione dell'impiego e dell'installazione di apparecchi da gioco vietati, tutte le forze di polizia nonché la polizia municipale concorrono al controllo degli esercizi e dei videogiochi, ivi installati, sulla scorta delle citate direttive emanate.
Dal marzo 2002 ad oggi, anche grazie all'attuazione di specifici piani di intervento svolti su tutto il territorio nazionale, sono state sequestrate 7.722 apparecchiature per il
videopoker, denunciate 2.640 persone ed arrestate 64.
Con riguardo al contrasto del gioco d'azzardo e dell'uso illegale di
videopoker e apparecchiature simili, già reso più incisivo dalla citata legge 27 dicembre 2002, n. 289, sono stati introdotti ulteriori adeguamenti con il decreto-legge n. 269 del 2003, convertito, con modifiche, in legge n. 326 dello stesso anno, concernente, tra l'altro, specifiche misure per depotenziare la «pericolosità» ludica di questi giochi.
Innanzitutto, è stato stabilito che a partire dal 1o maggio 2004 i congegni da divertimento della categoria cui appartengono i
videopoker, prevista dall'articolo 110, comma 7, lettera b) del Testo Unico delle leggi di pubblica sicurezza, siano definitivamente fuori dal mercato per essere demoliti (entro il 30 maggio), salvo siano stati convertiti nelle apparecchiature lecite di cui allo stesso comma 7, lettera a) (giochi elettromeccanici a basso costo con vincite di piccola oggettistica) o lettera b) (giochi di abilità finalizzati all'intrattenimento, privi di qualsiasi premio di vincita).
Al fine di incanalare la propensione al videogioco verso tipologie meno insidiose e meglio controllabili, è stata, inoltre, ammessa una nuova tipologia di videogioco che consente moderate vincite in denaro, e per un valore che, in ogni caso, non può superare i 50 euro per partita. Essa è strettamente riservata agli adulti, ed è realizzata con modalità certificate dall'amministrazione finanziaria, che ne assicura il controllo elettronico in linea.
Sono assolutamente esclusi sia i meccanismi idonei a variare le modalità di gioco, sia gli «accettatori di banconote», che hanno costituito, nel recente passato, i maggiori veicoli di trasformazione dei giochi leciti in giochi d'azzardo.
Tutti gli apparecchi cui si è fatto cenno, inoltre, non possono riprodurre il gioco del
poker, né le sue regole fondamentali e possono essere installati soltanto in esercizi pubblici, circoli privati o altri locali autorizzati sulla base di una pianificazione numerica predeterminata. Tale programmazione tiene conto del tipo di gioco, del tipo


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di locale o esercizio in cui può essere autorizzata l'installazione, delle sue dimensioni e dislocazione e degli altri indici di sicurezza e prescrizioni già definiti con decreto interdirettoriale del 27 ottobre 2003.
Si aggiunge, infine, che ulteriori rigorose prescrizioni sono state diramate di recente al fine di accentuare controlli sia per verificare l'effettiva dismissione degli apparecchi da gioco del tipo
video-poker non più consentiti, sia per monitorare i nuovi giochi, segnalando espressamente i possibili tentativi di elusione delle norme più restrittive oggi in vigore.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Alfredo Mantovano.

CENTO. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
l'Associazione Nazionale Praticanti e Avvocati (ANPA), la più grande realtà associativa e sindacale degli aspiranti alla professione forense, ha indetto per il 10 maggio 2003 una manifestazione di protesta innanzi a piazza Montecitorio a Roma, contro la imminente riforma dell'esame di avvocato, nei termini illustrati dalla stampa ed emersi dal documento conclusivo dell'Avvocatura italiana riunitasi ad Arezzo il 3 maggio 2003;
tale manifestazione è stata regolarmente autorizzata dalla Questura di Roma;
la Sezione ANPA di Roma ha provveduto ad inoltrare formale richiesta per l'affissione di manifesti che pubblicizzano tale manifestazione a vari uffici giudiziari della capitale, fra cui anche il Tribunale Ordinario di Roma;
l'Ufficio di Presidenza del Tribunale Ordinario di Roma, in data 28 aprile 2003, ha negato l'autorizzazione all'affissione dei suddetti manifesti nelle bacheche a ciò predisposte presso il Tribunale penale (Edificio A, B, C), il Tribunale Civile di Viale Giulio Cesare e il Tribunale Civile di Via Lepanto -:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti e quali siano le sue valutazioni sui fatti sopra esposti;
se non intenda attivarsi per chiarire quali siano stati i motivi che hanno indotto l'Ufficio di Presidenza del Tribunale Ordinario di Roma a negare il diritto di affissione, nelle apposite bacheche destinate ad ospitare i comunicati delle associazioni forensi, dei volantini relativi alla manifestazione di protesta del 10 maggio 2003 indetta dall'Associazione Nazionale Praticanti e Avvocati.
(4-06316)

Risposta. - Con riferimento all'interrogazione in argomento relativa alla manifestazione di protesta, legalmente autorizzata, indetta dall'Associazione Nazionale Praticanti e Avvocati (ANPA) avverso la riforma dell'esame di avvocato, e in particolare all'autorizzazione negata da parte dell'ufficio di presidenza del tribunale di Roma alla predetta Associazione di poter affiggere dei manifesti nelle apposite bacheche, si comunica quanto segue.
Al riguardo il presidente del tribunale di Roma ha riferito che per evitare l'affissione di qualunque manifesto, invito, comunicazione o iniziativa sui muri dei vari edifici del tribunale - com'era prassi incontrollata in precedenza - e per regolarizzare le modalità di affissione, d'intesa con la direzione del demanio e con la competente direzione del ministero della giustizia, sono state fissate alcune regole che valgono per quanti operano negli uffici giudiziari (magistrati, avvocati, funzionari, loro rappresentanze ed altre organizzazioni connesse alla giurisdizione).
Prima di tutto sono state predisposte apposite bacheche, alcune «dedicate» (in particolare alle rappresentanze sindacali e al consiglio dell'ordine degli avvocati) ed altre libere, disponendosi che le affissioni debbono avvenire esclusivamente in tali bacheche distribuite in notevole numero in ciascuno dei piani di ogni edificio.
Quanto alle modalità, si è stabilito che:
a) possono essere affissi manifesti o documenti relativi a comunicazioni ufficiali degli organi di governo della magistratura


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(ministero, Consiglio superiore della magistratura, Consiglio giudiziario, Presidenza della Corte e del Tribunale), degli organi di governo dell'avvocatura (Consiglio nazionale forense, consiglio dell'ordine degli avvocati di Roma), di organi associativi e di rappresentanze sindacali concernenti disposizioni sul lavoro, la sicurezza e quant'altro riguardi le modalità di lavoro;
b) possono essere affissi manifesti o comunicazioni relativi ad occasioni elettorali proprie delle professioni interessate, a convegni, a corsi di studio e ad iniziative culturali proprie del contesto giudiziario o paragiudiziario.

Le affissioni di cui al punto a) non hanno bisogno di apposita autorizzazione se collocate nelle bacheche «dedicate»; in ogni altro caso occorre la preventiva autorizzazione dell'ufficio di presidenza, e ciò sia per il controllo formale di rispondenza alle ipotesi previste sia per dosare il numero di affissioni, le dimensioni e la durata per evitare squilibri e garantire una virtuale pariteticità.
Non possono essere autorizzate nelle bacheche libere le affissioni concernenti categorie o soggetti diversi da quelli indicati, ovvero iniziative o corsi di studio per i quali sia previsto un pagamento, nonché manifesti non riguardanti convegni ma recanti esclusivamente proteste, critiche o censure ad iniziative di qualunque tipo, al fine di evitare che le mura degli edifici giudiziari ospitino semplici polemiche o «grida», non inserite nel contesto di un convegno o di un'occasione di studio.
Il manifesto dell'ANPA non rientrava in alcuna delle ipotesi innanzi descritte, perché recava soltanto una «vibrata protesta», per di più contro una iniziativa legislativa, con l'indicazione di un punto di riunione, cosa ben diversa dal convegno o dalla riunione di studio (e di dibattito).
È stato inoltre rilevato che gli interessati potevano affiggere i manifesti senza autorizzazione nelle bacheche «dedicate», con il consenso del consiglio dell'ordine.
Alla luce di quanto precede non può che evidenziarsi la ragionevolezza del provvedimento e delle motivazioni che hanno indotto il presidente del tribunale di Roma a negare la richiesta autorizzazione.
Il Ministro della giustizia: Roberto Castelli.

CENTO. - Al Ministro della giustizia, al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
Andrea Cafiero, 40 anni, romano, istruttore di sub in apnea nelle acque del Messico è detenuto da un anno, in un carcere di massima sicurezza, negli Stati Uniti;
Cafiero è stato arrestato per aver dato in escandescenze su un volo Cancun-Roma della Air Euope il 5 giugno 2002, tanto che il comandante è stato costretto ad un atterraggio forzato all'aeroporto di Boston;
Cafiero è stato trovato con indosso 180 grammi di cocaina, gli Usa però l'hanno prosciolto dall'accusa di importazione di droga e gli hanno proposto di riconoscersi colpevole del reato di interferenza di volo, reato per il quale peraltro loro stessi non siano in alcun modo competenti, in quanto l'aereo batteva bandiera italiana;
Cafiero, nonostante una sentenza di assoluzione, viene trattenuto indebitamente in carcere in un paese straniero, peraltro amico -:
quali iniziative intendano intraprendere, ognuno per la propria competenza, affinché venga concesso a Cafiero il diritto di fare ritorno nel proprio Paese nel rispetto del diritto internazionale.
(4-06963)

Risposta. - Si comunica che il consolato generale a Boston ha informato che il connazionale Andrea Cafiero è stato espulso dagli Stati Uniti ed è stato imbarcato su un volo per Milano lo scorso 18 dicembre 2003.
Va precisato che il carcere dove il signor Cafiero è stato detenuto non è un istituto di massima sicurezza, bensì una
State Facility


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con condizioni di detenzione meno dure delle maximun security prisons.
Non risulta inoltre che l'interessato abbia avanzato lamentele relativamente alle condizioni di detenzione.
Il Ministro della giustizia: Roberto Castelli.

CENTO. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il giorno 10 febbraio 2004 le forze dell'ordine hanno eseguito una serie di controlli, ovvero un vero e proprio blitz antidegrado, nell'area dell'ex mercato ortofrutticolo di Bologna che hanno portato all'erronea apertura della porta dei locali dell'Associazione «Ex M24»;
i locali dell'Associazione erano regolarmente concessi dal comune di Bologna e quindi nulla giustifica, a parere degli interroganti, i consistenti danni arrecati alla struttura e soprattutto alle attrezzature per la comunicazione;
a parere degli interroganti la vicenda rientra in un clima di intollerabile escalation di tensione nei confronti di realtà sociali più radicali presenti a Bologna, soprattutto in questo momento in cui si sta aprendo nella città una impegnativa campagna elettorale -:
quali iniziative intenda intraprendere per aprire una immediata indagine tesa a individuare ed accertare le responsabilità di natura disciplinare per un'azione violenta e totalmente ingiustificata quale quella verificatasi nei confronti dell'Associazione «Ex M24» di Bologna.
(4-08932)

Risposta. - Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in argomento, si comunica che la mattina del 10 febbraio 2004, a Bologna, le forze di polizia hanno eseguito una serie di controlli all'interno di una vasta area comunale dismessa, precedentemente adibita a mercato ortofrutticolo, divenuta posto di ritrovo e di insediamento per emarginati, tossicodipendenti, cittadini extracomunitari in condizione di clandestinità e nomadi di varie etnie.
L'intervento era stato richiesto, con un esposto, da una settantina di cittadini residenti nella zona i quali, oltre a lamentare il crescente stato di degrado dell'area, segnalavano un significativo aumento di furti in appartamento e rappresentavano più in generale, il forte stato di disagio cui erano costretti, sia a causa dei frequenti rumori molesti provocati, specie in orario notturno, dagli occupanti dell'ex mercato, sia per le azioni di violenza cui venivano sottoposti residenti e passanti.
Gli operatori di polizia hanno fatto ingresso, attraverso un cancello chiuso da un lucchetto che ha ceduto alla minima pressione esercitata, in un primo stabile in evidente stato di abbandono, al cui interno erano presenti due cittadini italiani intenti a dormire ed un cane di grossa taglia.
Attraverso un cancello costituito da tavole di legno dipinte, gli agenti hanno quindi raggiunto il portico di un secondo stabile, attiguo al primo, dove erano ammassati alla rinfusa ed in evidente stato di deterioramento, vecchi televisori, tastiere e monitor di computer in disuso, biciclette e sedie.
Forzando quattro delle diverse porte che si affacciano sul porticato, il personale è quindi entrato nei locali e, in particolare, in una stanza soppalcata nella quale sono stati rinvenuti, tra le altre cose, dispositivi informatici non collegati ad alcuna presa di corrente.
Senza ulteriori forzature, gli agenti sono successivamente passati, attraverso il soppalco, in un'altra stanza dove sono state rinvenute videocassette, materiale informatico e documentale. In un locale adiacente, inoltre, sono stati rinvenuti libri e riviste.
A questo punto, gli operatori si sono accorti di avere fatto accesso in una struttura verosimilmente adibita a centro sociale e, pertanto, si sono subito allontanati dallo stabile in questione.
Dell'episodio è stata immediatamente informata, per le vie brevi, l'autorità giudiziaria.


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Il prefetto ha riferito che dalle relazioni di servizio si evince che sono state danneggiate soltanto le porte di accesso ai locali controllati.
Il questore di Bologna ha comunicato, inoltre, che il 12 febbraio 2004 il gabinetto di polizia scientifica ha effettuato, d'intesa con gli occupanti dello stabile, un sopralluogo e rilievi fotografici sullo stato dei luoghi; gli accertamenti hanno consentito di documentare la forzatura del cancello esterno e di quattro porte. Stante il degrado della struttura, è verosimile che il materiale audio-video ed informatico versasse già da tempo in condizioni di deterioramento.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Alfredo Mantovano.

CENTO. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
risulta all'interrogante che da ormai molti mesi la direzione della Casa di Reclusione di Rebibbia di Roma, abbia intrapreso una politica di sistematico peggioramento delle condizioni di reclusione dei detenuti ristretti nella sezione semi-libertà articolo 21;
nell'ultimo mese, tramite una circolare interna, ai detenuti semiliberi e in articolo 21 viene vietata la possibilità di introdurre nell'istituto, al rientro serale, oggetti di qualsiasi tipo, non solo generi alimentari e di profumeria, ma anche giornali, riviste, libri e qualsivoglia materiale cartaceo, addirittura non sono ammessi i fogli delle istanze;
altro problema sorto da pochi giorni è la riconsegna da parte del carcere del «fondo disponibile» (il proprio stipendio meno il fondo vincolato) che è stata limitata poiché viene riconsegnato solo parzialmente, creando grossi problemi a chi con quei, in genere pochi, soldi deve mantenere se stesso e la propria famiglia;
altra circolare imporrebbe perquisizioni minuziose al rientro, comprendendo il completo spogliarsi, e controlli antidroga a campione (test sulle urine) obbligatori, e sarebbe anche in discussione la restrizione dell'orario del rientro in carcere -:
se sia a conoscenza dei fatti e se questi corrispondano al vero;
quali siano le ragioni che hanno spinto la direzione del suddetto carcere ad adottare tali provvedimenti che limitano i diritti acquisiti dai detenuti in semi libertà nonché il loro diritto alla privacy creando di conseguenza un clima di grande tensione e di non facile gestione che potrebbe degenerare.
(4-09095)

Risposta. - Nel corso del tempo la Direzione della Casa di Reclusione di Roma Rebibbia ha dovuto suo malgrado registrare un progressivo preoccupante aumento di esiti negativi riguardanti il percorso riabilitativo dei detenuti. Il verificarsi di allarmanti accadimenti - quali commissioni di reati, evasioni, uso di sostanze stupefacenti - si connota in modo maggiormente inquietante quando, come nel caso di specie, tali eventi riguardano detenuti che fruiscono di benefici premiali o, addirittura, sono ammessi a misure alternative alla detenzione.
Premesso ciò si può, pertanto, affermare che i controlli che sono stati disposti negli ultimi tempi si sono resi necessari per la prevenzione e la repressione di reati a salvaguardia del mantenimento dell'ordine e della disciplina all' interno dell'istituto.
Peraltro, le misure adottate per la sicurezza interna sono state condivise dalla competente magistratura di sorveglianza a garanzia di un più adeguato ed efficace programma di trattamento nei confronti dei detenuti interessati.
Per quanto concerne la riconsegna del «fondo disponibile», si evidenzia che il servizio riguardante le modalità di accreditamento e riscossione delle retribuzioni dei semiliberi e dei lavoranti all'esterno è stato disciplinato alla stregua delle disposizioni normative regolanti la materia
de qua (articoli 2 e 24 Ordinamento Penitenziario; articolo 48, commi 10 e 12, articolo 54, commi 1 e 3, articolo 56 regolamento di esecuzione; articoli 145 e 188 codice penale, nell'esercizio del potere/dovere della Direzione


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della Casa di Reclusione di Roma Rebibbia (articolo 21, commi 3 e 51 ordinamento penitenziario; articolo 48, commi 16 e 101, commi 3 e 4, regolamento di esecuzione) al fine di garantire ai detenuti che l'espletamento dell'attività lavorativa «si svolga nel pieno rispetto dei diritti».
Si evidenzia, difatti, che in passato i datori di lavoro, nonché i detenuti ammessi a svolgere attività autonoma, non ottemperavano alla normativa sopra citata (le cui direttive sono state confermate dal regolamento di esecuzione del 2000 che, in alcuni casi, ha colmato preesistenti lacune - vedi l'introduzione del terzo comma dell'articolo 54), rendendo impossibile la costituzione del peculio, l'accantonamento del fondo vincolato, nonché il prelievo automatico delle spese di mantenimento.
A tale proposito si evidenzia che solo alcuni detenuti provvedevano autonomamente al pagamento di tali spese (a mezzo vaglia), mentre la maggior parte non corrispondendo alcunché avevano maturato debiti rilevanti nei confronti dello Stato.
Si deve, peraltro, sottolineare che la Direzione dell'istituto è riuscita ad ottenere il rispetto di tale normativa da parte della generalità dei detenuti grazie al decisivo contributo della magistratura di sorveglianza che, condividendo l'istanza dell'amministrazione, ha consentito il raggiungimento di tale obiettivo. Difatti, analogamente a quanto avviene in ogni caso di grave violazione alle prescrizioni normative, la concessione dei benefici a carattere premiale è stata subordinata al puntuale adempimento degli obblighi.
Si ricorda, comunque, che spesso i datori di lavoro segnalano difficoltà contingenti che temporaneamente impediscono l'accredito della remunerazione nei tempi stabiliti (in tali casi né la direzione né la magistratura di sorveglianza hanno mai adottato provvedimenti sanzionatori).
Relativamente alla riscossione delle somme di denaro da parte dei semiliberi, si fa presente che la direzione ne ha sempre agevolato la pronta consegna, nella consapevolezza dell'estrema importanza che tale aspetto riveste per soggetti inseriti nel contesto esterno. In particolare non si procede alla dazione di somme predeterminate (prassi operativa comunemente seguita dalle direzioni che gestiscono semiliberi, che generalmente inseriscono nei programmi trattamentali una prescrizione limitativa del denaro da detenere giornalmente), ma si provvede, interpretando l'articolo 57, comma 11, regolamento di esecuzione nel senso più vantaggioso per i detenuti, a consegnare quanto da essi richiesto in un'unica soluzione. Tale sistema è comunque il frutto della suddetta lettura «estensiva» della norma citata e l'eventualità che tale prassi abbia a subire delle eccezioni, dovute a ragioni contingenti che possono verificarsi in qualsiasi gestione di servizi, non può essere considerata quale lesione di diritti da parte dell'amministrazione interrogata.
Il Ministro della giustizia: Roberto Castelli.

CENTO. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
da tempo è in atto un preoccupante tentativo di criminalizzare le attività del Laboratorio Occupato Acrobax di Roma (ex Cinodromo) anche attraverso articoli pubblicati su alcuni quotidiani;
alcuni suoi aderenti sono stati oggetto di diffide e denunce da parte delle competenti autorità di polizia;
tra questi, secondo l'interrogante, particolarmente lesivo dei diritti civili, appare il verbale di avviso orale, ai sensi degli articoli 1 e 4 della legge 1423/56 così come modificati dagli articoli 2 e 5 della legge 327/88, ad Andreucci Dario per conto del Questore di Roma contenente peraltro in premessa fatti, a quanto dichiara il destinatario della diffida, assolutamente non corrispondenti al vero;
tale modalità di diffida appare, secondo l'interrogante, immotivata e comunque sproporzionata ai fatti -:
quali iniziative intenda intraprendere per verificate la legittimità degli atti di


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diffida orale notificati ai militanti del centro sociale oggetto.
(4-09859)

Risposta. - Si comunica che gli aderenti al «Laboratorio autogestito Acrobax Project», che occupano abusivamente le strutture dell'ex cinodromo in Via della Vasca Navale di Roma, si sono resi protagonisti di numerose iniziative di protesta, alcune delle quali sfociate in atti di teppismo e violenza nei confronti di strutture pubbliche e private.
In particolare, il 4 ottobre 2003, durante la conferenza intergovernativa svoltasi a Roma, alcuni appartenenti al centro sociale hanno danneggiato l'agenzia di lavoro interinale dell'Adecco, nel quartiere San Paolo; il successivo 16 dicembre hanno indetto una manifestazione non preavvisata presso la stazione ferroviaria di Roma Tiburtina, per protestare contro il trasporto pubblico a pagamento poi sfociata in scontri con le Forze dell'Ordine.
Uno dei maggiori esponenti del «Laboratorio», Dario Andreucci, è stato recentemente sottoposto all'applicazione dell'avviso orale, ai sensi della legge n. 1423/1956 (recante misure di prevenzione nei confronti delle persone pericolose per la sicurezza pubblica), a seguito delle denunce a suo carico, avvenute negli ultimi due anni, per danneggiamento, deturpamento o imbrattamento di cose altrui, grida e manifestazioni sediziose, invasione di terreni ed edifici, violenza privata, resistenza a Pubblico Ufficiale, lesioni personali volontarie aggravate e violazione delle disposizioni relative alle riunioni in luogo pubblico.
L'autorità di pubblica sicurezza ha, pertanto, applicato la vigente normativa in materia; è rimessa, peraltro, alle autonome determinazioni della magistratura ogni valutazione circa la legittimità o meno del provvedimento adottato.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Alfredo Mantovano.

COLASIO. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
nel corso della riunione speciale della Commissione nazionale per la promozione della cultura italiana all'estero e durante l'ultima Conferenza dei direttori degli istituti italiani di cultura, il Ministro interpellato ha esposto l'idea di un progetto che avrebbe visto la costituzione di una fondazione destinata alla promozione della cultura e del made in Italy, dello stile e, più in generale, dell'immagine dell'Italia nel mondo;
tale organismo senza scopo di lucro a quanto si apprende sarebbe costituito, secondo lo schema giuridico della fondazione di partecipazione, nell'ambito della disciplina generale in materia di fondazioni prevista dal Codice Civile, da soggetti pubblici e privati e fornirebbe lo strumento tecnico-operativo per attuare gli indirizzi strategici del Governo in materia di promozione culturale ed economica nell'ambito della rete diplomatico-consolare e degli Istituti italiani di Cultura;
soci fondatori di parte pubblica sarebbero i Ministeri degli affari esteri, che avrebbe anche la vigilanza sull'attività dei soci della Fondazione, dei beni e attività culturali, delle attività produttive, mentre da parte privata l'Associazione di Amicizia Italia-Giappone oltre a rappresentanti del sistema delle grandi aziende e PMI, e di quello delle fondazioni bancarie;
nel corso della presentazione del Piano di Comunicazione del Ministero degli affari esteri per il 2004 - MAECOM2004, il Ministro interrogato ha espressamente fatto riferimento alla costituenda Fondazione Marcopolo destinata a divenire uno dei più potenti strumenti di promozione della nostra cultura nel mondo al servizio delle imprese italiane;
nell'ambito della legge n. 360 del 24 dicembre 2003, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 302 del 31 dicembre 2003, recante «Disposizioni relative alla partecipazione italiana all'Esposizione universale di Aichi del 2005 e alla candidatura della città di Trieste per l'Esposizione riconosciuta 2008», il Governo ha inserito all'articolo 12 una autorizzazione di spesa


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complessiva di euro 1.000.000 per l'anno 2004 per contribuire alla costituzione da parte del Ministero degli affari esteri, nell'ambito delle proprie competenze di fondazioni che hanno per scopo la promozione dell'immagine dell'Italia nel Mondo, anche in deroga all'articolo 26, comma 1, primo periodo, della legge 16 gennaio 2003, n. 3;
la promozione della cultura italiana all'estero tramite la nostra rete di Istituti di cultura e quella diplomatico-consolare istituzionalmente è da sempre, insieme alla cooperazione internazionale, un punto qualificante della politica estera del nostro Paese, nonché fattore di sviluppo e momento di dialogo e di arricchimento fra i popoli -:
se non vi sia una totale sovrapposizione e duplicazione di finalità e attività tra l'istituenda Fondazione Marcopolo da un lato, e gli Istituti italiani di cultura e l'istituto del Commercio estero dall'altro;
quale sia in tale contesto la funzione della rete diplomatico-consolare e soprattutto degli istituti di Cultura, atteso che la loro cronica mancanza di grandi mezzi finanziari, che impedisce di fatto una adeguata dotazione di risorse umane indispensabile per trasformarli in centri di strategia, li sottoporrebbe al condizionamento economico del nuovo organismo che li priverebbe della necessaria autonomia decisionale noi campo della promozione culturale all'estero;
se la spesa prevista all'articolo 12 della legge 360/03 del 24 dicembre 2003 sia destinata in tutto o in parte a coprire la dotazione patrimoniale della Fondazione Marcopolo;
quale sia il reale ruolo del Ministero degli affari esteri nell'ambito della Fondazione Marcopolo, atteso che in tale contesto potrebbe perdere la sua istituzionale e naturale centralità nell'attività di promozione culturale e di sostegno dell'impresa all'estero, e se non vi sia commistione e condizionamento del Ministero degli affari esteri essendo allo stesso tempo vigilante della Fondazione e, quale socio, vigilato.
(4-08923)

Risposta. - Le finalità ed attività del progetto di «Fondazione Marcopolo» e quelle della rete degli Istituti italiani di cultura sono caratterizzate non da una sovrapposizione, totale o parziale, bensì da una proficua complementarità. Mentre la funzione istituzionale della rete culturale del ministero degli affari esteri si estende ad ogni aspetto della promozione culturale lato sensu (promozione della produzione e del patrimonio artistico, musicale, teatrale, cinematografico, dello stesso «modo di vivere italiano», così come della lingua, della letteratura, dell'editoria, della produzione scientifica, dei rapporti interuniversitari e quant'altro, compresa la primaria funzione di prestazione di multiformi ed articolati servizi), la Fondazione è destinata esclusivamente a collaborare alla definizione e realizzazione di programmi puntuali ma di respiro e visibilità particolarmente ampia, in contesti e Paesi specifici, o in precisi comparti settoriali, a cui la sola azione ministeriale, diretta o per tramite degli Istituti, non consentirebbe di fare fronte con le risorse a disposizione.
Il ruolo del ministero degli affari esteri, così come delle reti da esso dipendenti (rappresentanze diplomatico-consolari ed istituti di cultura) è e resta centrale, in considerazione delle funzioni che la vigente normativa assegna ad esso e alle ambasciate e consolati all'estero anche in materia di politica culturale, quale componente irrinunciabile e di valenza del tutto particolare della politica estera dell'Italia. Finalità ed obbiettivi dell'azione culturale, a cui le programmazioni annuali degli istituti sono tenute ad ispirarsi, vengono infatti definiti al centro, di concerto con le ambasciate, alle quali incombe l'obbligo di vigilanza e di garanzia del loro effettivo perseguimento.
Il progetto di «Fondazione Marcopolo» vuole invece dare veste strutturata ad un approccio operativo già largamente utilizzato («Fondazione Italia in Giappone 2001» creata a fronte di tali esigenze. Nell'anno 2003 è stato il caso delle manifestazioni «Europalia» e «L'Italia per San


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Pietroburgo»), in cui più amministrazioni, enti regionali e territoriali, gruppi imprenditoriali e finanziari hanno affiancato il Ministero degli affari esteri per rendere realizzabile una serie di progetti di larga portata da parte dell'intero sistema Italia in un'efficace sinergia pubblico-privato.
In considerazione di quanto sopra, e del ruolo sinergico assegnato alla costituenda Fondazione, sia ministero degli affari esteri che la Fondazione «Italia in Giappone» - parti originanti la Fondazione stessa - intendono, nella fase di primo stabilimento, contribuire al suo assetto organizzativo.
L'istituzione della Fondazione, permetterà di catalizzare, in un'innovativa e sinergica azione pubblico-privato, risorse provenienti dal settore privato, altrimenti di difficile reperimento, a favore della promozione della nostra cultura all'estero in un'ottica di «diplomazia culturale» che è anche strumentale alla dinamica delle imprese italiane nel mondo. La costituenda Fondazione - quale ad oggi configurata - risulterà fortemente complementare e raccordata alle iniziative poste in essere - sul versante strettamente culturale - dagli istituti italiani di cultura, nonché - sul versante strettamente commerciale - dall'istituto del commercio estero.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Roberto Antonione.

COSSA. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
nella notte tra il 23 e il 24 agosto 2003, ad Assemini (Ca) è stato depositato da ignoti un rudimentale ordigno esplosivo, fortunatamente rimasto inesploso, presso la sede del locale circolo di Alleanza Nazionale;
a tale ordigno era allegato un lungo manoscritto di rivendicazione di cui gli investigatori non hanno ancora ritenuto di rendere noto il contenuto ma che parrebbe contenere dichiarazioni di tipo politico;
nelle ultime settimane, ad Assemini, si sono registrati anche altri episodi che suscitano preoccupazione, in particolare una rissa con sparatoria dalle modalità del tutto analoghe a quelle della recentissima tragedia di Rozzano ed una rapina in una armeria con la sottrazione di numerose armi da fuoco;
nel Cagliaritano si stanno moltiplicando gli episodi intimidatori tra i quali ha destato scalpore anche quello verificatosi a Sestu (Ca) ai danni del direttore di un periodico locale;
vi è il fondato sospetto che molti episodi di intimidazione non vengono denunciati o pubblicizzati per paura di ulteriori ritorsioni;
il fenomeno rischia di estendersi ulteriormente, moltiplicando le situazioni di tensione sociale -:
quali misure intenda adottare per stroncare sul nascere queste pericolose manifestazioni criminali, che stanno turbando gravemente la serenità dei cittadini e degli amministratori dei centri interessati;
se non ritenga opportuno promuovere idonee iniziative finalizzate al potenziamento dell'organico delle locali stazioni dei carabinieri e della polizia di Stato, allo scopo di consentirne un'azione più incisiva sul territorio.
(4-07276)

Risposta. - Si comunica che in relazione all'attentato perpetrato nella notte tra il 23 e il 24 agosto 2003, ad Assemini (Cagliari), ai danni della sede di Alleanza Nazionale, riconducibile alle attività del gruppo «Anonima Sardi Anarchici Insurrezionalisti», il 3 febbraio 2004 è stato fermato un anarchico insurrezionalista residente in quel comune; il relativo provvedimento di carcerazione è stato emesso dalla procura distrettuale antiterrorismo di Cagliari per il reato di associazione sovversiva.
Quanto alla rissa con sparatoria verificatasi in Assemini il 18 agosto 2003, il Prefetto ha riferito che l'episodio appare riconducibile a futili motivi tra le famiglie coinvolte.


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Sono tuttora in corso le indagini relative alla rapina perpetrata, sempre ad Assemini, il 20 agosto 2003, da quattro uomini, di cui tre travisati, ai danni dell'armeria «Armi Sport 2000» ed all'episodio, veriticatosi a Sestu (Cagliari) il 10 luglio 2003, allorché ignoti appiccavano il fuoco a due autovetture e ad un ciclomotore di due giornalisti di un mensile d'informazione del luogo. Per quest'ultimo atto criminoso, gli inquirenti non escludono che il movente dell'episodio sia da ricercare nell'ambito della vita privata delle vittime.
Il prefetto di Cagliari ha riferito che nella provincia non si registra una recrudescenza di fenomenologie dimostrative violente fatta salva una inevitabile soglia fisiologica dovuta alle peculiarità talvolta rilevabili soprattutto nei centri minori.
Per tali motivi, la menzionata autorità ritiene, allo stato, adeguate le risorse impiegate nei dispositivi di vigilanza e controllo del territorio ed efficace l'azione di coordinamento svolta.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Alfredo Mantovano.

COSTA. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
il decreto del Presidente della Repubblica n. 230 del 30 Giugno 2000 amplia le funzioni della Cassa delle Ammende, ovvero quell'organo finalizzato al finanziamento di progetti per il reinserimento lavorativo e sociale dei detenuti ed al sostegno delle loro famiglie;
attualmente la Cassa delle Ammende dispone di un ingente patrimonio, stimato in 80 milioni di euro, che ogni anno viene incrementato;
da notizie giornalistiche risulta che dal 2000 ad oggi non è stato speso nulla dei fondi a disposizione, a causa della mancata approvazione del regolamento interno per la disciplina delle modalità di presentazione dei progetti e per le relative attività istruttorie;
solo recentemente (18 febbraio 2004) tale regolamento è stato approvato dal consiglio di Amministrazione della Cassa delle Ammende -:
con quali tempi il Ministro prevede di avviare la fase di esame istruttorio dei progetti già da tempo depositati;
se il Ministro non ritenga che debbano essere individuati e sanzionati in qualche modo gli eventuali responsabili del ritardo, secondo l'interrogante colpevole, con cui è stato deliberato il sopra citato regolamento interno.
(4-09447)

Risposta. - Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in discorso si ritiene opportuno far preliminarmente presente che con decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 2000, n. 230, (articoli 121 e seguenti) sono state apportate rilevanti modifiche all'intero impianto normativo della Cassa Ammende.
Peraltro, ne sono state ampliate le competenze e sono state attribuite alla stessa nuove finalità tra le quali quelle precisate dall'articolo 129.
Espletate, pertanto, tutte le attività amministrative ed organizzative riguardanti il nuovo assetto della Cassa Ammende, il neo consiglio di amministrazione, riunitosi per la prima volta il 23 gennaio 2001, prese atto che la novella
de qua (segnatamente al disposto dell'articolo 129 citato) consentiva interventi ad ampio raggio che potevano investire sia la condizione della detenzione che quella della esecuzione penale esterna.
Per tale motivo il consiglio ritenne che dovessero preliminarmente essere individuati i criteri da seguire per il finanziamento dei progetti.
Al contempo si prese atto che l'ampliamento delle funzioni stabilito dalla nuova normativa, nonché le disposizioni emanate in materia di contabilità pubblica nel corso degli ultimi anni) imponessero una «rivisitazione» del bilancio della Cassa, non più rispondente a supportare il finanziamento delle nuove attività.
Per tali motivi, previo concerto con il ministero dell'economia e delle finanze, si è provveduto a realizzare un nuovo bilancio


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e tale attività ha richiesto, inevitabilmente, un congruo lasso di tempo.
Successivamente, il consiglio di amministrazione ha preso atto della necessità di redigere un regolamento interno che disciplinasse l'erogazione dei fondi, posto che il quadro normativo di riferimento presentava, sul punto, vistose lacune.
In data 18 febbraio 2004 tale regolamento amministrativo-contabile è stato approvato dal Consiglio di Amministrazione; nello stesso tempo sono stati deliberati favorevolmente due progetti denominati «Và dove ti porta il cuore» e «La rete che cura» presentati dalla direzione generale dei detenuti e del Trattamento del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria.
Trattasi di due progetti riguardanti la sperimentazione della telemedicina nelle carceri e l'attività di sostegno ed integrazione in favore di pazienti affetti da patologie psichiatriche o da gravi disturbi della personalità che all'interno delle carceri causano spesso episodi di autolesionismo o violenza.
Nel corso dell'ultima seduta del consiglio è stata inoltre avviata la disamina di altri progetti già presentati.
Il Ministro della giustizia: Roberto Castelli.

TITTI DE SIMONE. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il 10 febbraio 2004, di prima mattina, agenti e funzionari della Polizia di Stato, dei Carabinieri e della Polizia Municipale, alcuni in tenuta antisommossa, hanno fatto irruzione nell'area e nei locali del Centro XM24, in Via Fioravanti, 24 nell'ambito di una operazione congiunta delle tre forze di polizia contro la presenza di spacciatori nell'area dell'ex Mercato Ortofrutticolo, ed entrando hanno divelto porte, sfasciato computer, fotocopiatrice due amplificatori ed altro materiale;
a detta dei presenti, ad operazione di perquisizione completata e dopo un giro di telefonate le forze dell'ordine si sono fermate asserendo che c'era stato un errore di numero civico e che il luogo dell'incursione non doveva essere quello;
alcuni funzionari in borghese presenti, a diretta domanda da parte di un consigliere comunale di Rifondazione comunista hanno confermato che, per quanto riguardava l'operazione, si era trattato di uno spiacevole errore;
in particolare sostenevano di aver avuto il mandato dalla questura di sgomberare l'intera area dell'ex mercato ortofrutticolo e di non essere a conoscenza della presenza del centro XM24 in quell'area;
eppure tutta l'operazione dovrebbe essere stata preparata da un ordine di servizio che ne delimitava gli interventi e gli obiettivi;
appare all'interrogante incredibile e assurdo che operatori delle forze dell'ordine non siano a conoscenza, nell'ambito di un'operazione così delicata, della presenza, nell'area dell'ex Mercato ortofrutticolo, del Centro XM24, certificata da oltre due anni, da delibere dell'Amministrazione Comunale, da contatti frequenti con funzionari del Comune di Bologna per opere di ristrutturazione e questioni di gestione, con funzionari della Polizia Municipale di Quartiere Navile per denunce su situazioni di spaccio che si sarebbero verificate frequentemente nelle aree prospicienti (soprattutto nel deposito di auto da rottamare dei CC) e da rapporti della Digos sulle attività politiche, culturali e sociali del Centro in questione;
la parte dell'ex mercato ortofrutticolo in cui hanno fatto incursione le forze dell'ordine è data in concessione dal comune all'associazione «Contropiani» e ad altre associazioni del quartiere ed è difficile credere che non sia stata notata la differenza tra una struttura con cancelli, porte, laboratori attrezzati e le zone dismesse, fatiscenti ed adibite allo spaccio;
la brillante operazione sopra descritta ha colpito solo e unicamente le strutture di XM24, mentre, appena tre ore dopo, gli spacciatori continuavano indisturbati


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le loro quotidiane attività sotto le tettoie del deposito di auto da rottamare dei CC;
la lista dei danni arrecati dall'«errore» è lunga e precisamente:
n. 12 porte vetrate in alluminio;
n. 12 vetri delle porte;
n. 12 serrature delle porte;
n. 1 porta in legno;
n. 2.000 manifesti cinematografici (materiale per una mostra da allestire);
n. 3 casse musicali;
n. 3 monitor da pc;
n. 3 joystic da pc;
n. 1 stampante da pc;
n. 1 Fotocopiatrice;
n. 1 stereo compatto;
n. 1 ventilatore;
n. 3 sculture in argilla (a cui è stato staccato il naso) valore inestimabile;
n. 1 saldatore professionale;
n. 1 armadio da ufficio;
Danneggiamento di vario materiale audio-video (cd, vhs, mini, dv) di valore inestimabile;
Cavi, interruttori, luci (neon e plafoniere) e parte dell'impianto elettrico;
Mano d'opera dei lavori di risanamento danni -:
quali iniziative intenda adottare per verificare come sia potuto accadere un tale increscioso errore per cui quattro camionette di carabinieri e polizia in tenuta anti-sommossa, accompagnate da numerose macchine di agenti in borghese e dei vigili urbani possano aver sbagliato numero civico, come da loro sostenuto;
quali iniziative intende assumere affinché siano risarciti i danni agli interessati e siano in proposito enunciati tempi certi e rapidi.
(4-08930)

Risposta. - Si comunica che la mattina del 10 febbraio 2004, a Bologna, le Forze di polizia hanno eseguito una serie di controlli all'interno di una vasta area comunale dismessa, precedentemente adibita a mercato ortofrutticolo, divenuta posto di ritrovo e di insediamento per emarginati, tossicodipendenti, cittadini extracomunitari in condizione di clandestinità e nomadi di varie etnie.
L'intervento era stato richiesto, con un esposto, da una settantina di cittadini residenti nella zona i quali, oltre a lamentare il crescente stato di degrado dell'area, segnalavano un significativo aumento di furti in appartamento e rappresentavano più in generale, il forte stato di disagio cui erano costretti, sia a causa dei frequenti rumori molesti provocati, specie in orario notturno, dagli occupanti dell'
ex mercato, sia per le azioni di violenza cui venivano sottoposti residenti e passanti.
Gli operatori di polizia hanno fatto ingresso, attraverso un cancello chiuso da un lucchetto che ha ceduto alla minima pressione esercitata, in un primo stabile in evidente stato di abbandono, al cui interno erano presenti due cittadini italiani intenti a dormire ed un cane di grossa taglia.
Attraverso un cancello costituito da tavole di legno dipinte, gli agenti hanno quindi raggiunto il portico di un secondo stabile, attiguo al primo, dove erano ammassati, alla rinfusa ed in evidente stato di deterioramento, vecchi televisori, tastiere e monitor di computer in disuso, biciclette e sedie.
Forzando quattro delle diverse porte che si affacciano sul porticato, il personale è quindi entrato nei locali e, in particolare, in una stanza soppalcata nella quale sono stati rinvenuti, tra le altre cose, dispositivi informatici non collegati ad alcuna presa di corrente.
Senza ulteriori forzature, gli agenti sono successivamente passati, attraverso il soppalco, in un'altra stanza dove sono state rinvenute videocassette, materiale informatico e documentale. In un locale adiacente, inoltre, sono stati rinvenuti libri e riviste.
A questo punto, gli operatori si sono accorti di avere fatto accesso in una struttura


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verosimilmente adibita a centro sociale e, pertanto, si sono subito allontanati dallo stabile in questione.
Dell'episodio è stata immediatamente informata, per le vie brevi, l'autorità giudiziaria.
Il prefetto ha riferito che dalle relazioni di servizio si evince che sono state danneggiate soltanto le porte di accesso ai locali controllati.
Il questore di Bologna ha comunicato, inoltre, che il 12 febbraio 2004 il gabinetto di polizia scientifica ha effettuato, d'intesa con gli occupanti dello stabile, un sopralluogo e rilievi fotografici sullo stato dei luoghi; gli accertamenti hanno consentito di documentare la forzatura del cancello esterno e di quattro porte. Stante il degrado della struttura, è verosimile che il materiale audio-video ed informatico versasse già da tempo in condizioni di deterioramento.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Alfredo Mantovano.

DELMASTRO DELLE VEDOVE. - Al Ministro della difesa, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
l'ex Capo di Stato Maggiore della difesa, generale Mario Arpino, ha recentemente affermato che le forze speciali italiane sono «molto preparate, ma non a fronteggiare attacchi terroristici di massa come quello di Mosca» (cfr. Il Tempo di martedì 29 ottobre 2002 alla pagina 4), che «da noi il processo decisionale è più lungo; probabilmente sarebbe stato coinvolto il Parlamento» (cfr. giornale citato);
ancora, il generale Mario Arpino ha ulteriormente dichiarato: «Le unità speciali italiane sanno agire efficacemente in ogni intervento che richiede l'impiego di piccole aliquote; quando si tratta di liberare un ostaggio in un appartamento, ad esempio, oppure nel sequestro di un aereo a terra. Sono preparate, ma non ad un'azione di massa come quella che è avvenuta a Mosca» (cfr. giornale citato) -:
se, in ragione dell'autorevolezza del generale Mario Arpino, ritengano effettivamente fondate e sussistenti le lacune delle forze speciali italiane, e, in caso affermativo, quali iniziative urgenti si intendano assumere per porvi riparo;
se le mutazioni delle tecniche terroristiche non esigano un ripensamento della struttura dei centri decisionali per l'ipotesi di contenimento delle imprese terroristiche così come si stanno manifestando dall'11 settembre 2001 in poi.
(4-04300)

Risposta. - Per l'esecuzione di interventi risolutivi l'arma dei carabinieri dispone del Gruppo d'Intervento Speciale (G.I.S.), individuato dal ministero dell'interno quale Unità Nazionale d'Intervento Speciale (U.N.I.S.).
Il citato reparto è idoneo a fronteggiare emergenze di consistente portata potendo contare, anche, sul personale del Reggimento Carabinieri Paracadutisti «TUSCANIA».
Con riferimento alle forze speciali della polizia di Stato, il Nucleo Operativo Centrale di Sicurezza (N.O.C.S.) svolge compiti operativi antiterrorismo, utilizzando personale specificatamente addestrato per operazioni ad alto rischio.
Esso interviene come unità d'assalto quando si rende necessario un intervento risolutivo di particolare difficoltà, da condurre nelle condizioni di maggior sicurezza possibile.
I moduli di intervento e le tecnologie impiegate vengono costantemente adeguati in risposta alle nuove minacce che si profilano, compresa l'eventualità di attacchi terroristici coinvolgenti una pluralità di obiettivi.
Inoltre, l'organizzazione adottata permette di intervenire su tutto il territorio nazionale in ristretti limiti di tempo ed è in grado di fronteggiare qualunque tipo di situazione.
Per quanto concerne l'aspetto «decisionale», le norme legislative e procedurali in vigore individuano gli organi decisionali di vertice nel Consiglio dei ministri e nel comitato politico-strategico - quest'ultimo un consesso più ristretto in cui siedono i Ministri degli affari esteri, dell'interno e della difesa sotto la presidenza del Capo del


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Governo - e prevedono, inoltre, un organismo di coordinamento nazionale - il nucleo politico militare - diretta promanazione degli organi decisionali, in cui vengono effettuate tutte le scelte necessarie all'attuazione delle direttive governative.
Tale nucleo noto come «Unità di Crisi» è un organismo a «geometria variabile» in base alla situazione ed al tipo di crisi, in cui siedono rappresentanti di alto rango, esperti nel settore della gestione delle crisi, dei ministeri ed enti interessati alle decisioni da assumere.
Le norme procedurali sono costantemente verificate ed adattate con il mutare degli scenari geo-strategici e delle minacce. Così come avvenuto dopo i fatti dell'11 settembre 2001, proprio per accrescere le capacità di prevenzione e reazione.
Il Ministro della difesa: Antonio Martino.

DELMASTRO DELLE VEDOVE. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il quotidiano Libero di sabato 19 aprile 2003, alle pagine 1 e 3, ha dato enorme e giustificato risalto alla incredibile vicenda del cittadino cubano Oriel De Armas Pereza, ventinovenne attivista dei diritti umani, che, fuggito dall'isola di Cuba con la famiglia, è giunto a Vicenza un anno fa;
il giovane perseguitato ha ottenuto permessi temporanei di soggiorno, ma senza riuscire ad ottenere lo status che consente la concessione dell'asilo politico;
la prima domanda è stata presentata in data 8 settembre 2001 alla questura di Vicenza ottenendo un permesso temporaneo di soggiorno, rinnovato sino al 6 aprile 2002;
in data 10 aprile 2002 viene notificata da Oriel De Armas Pereza l'ingiunzione di lasciare l'Italia;
il 4 luglio 2002 il giovane disperato, tenta di accedere alla base militare di Ederle, in provincia di Vicenza, per chiedere asilo politico al consolato degli Stati Uniti d'America, ma senza successo, come senza successo è la richiesta di intervento del Capo dello Stato da parte del Movimento per i diritti civili;
il 9 gennaio 2003 il giovane è ascoltato, per meno di venti minuti, dalla Commissione Centrale per il riconoscimento dei rifugiati, che, in data 31 gennaio 2003, riconosce che il richiedente è un dissidente politico e che, se rimpatriato, «potrebbe incorrere nella repressione», ma respinge la domanda per ragioni giuridico-formali;
Oriel De Armas Pereza continua la sua battaglia, dopo una parziale vittoria innanzi al TAR, e nel prossimo mese di giugno dovrà essere ancora sentito dalla Commissione Centrale, ma su di lui incombe l'espulsione;
in queste settimane, fra l'altro, Fidel Castro ha ripreso a fucilare e ad incarcerare i suoi oppositori, secondo le più fulgide tradizioni del comunismo assassino e liberticida -:
se non ritenga di doversi assumere la responsabilità di un urgente intervento al fine di concedere asilo politico al giovane cubano Oriel De Armas Pereza, anche in ragione della recentissima recrudescenza omicida e liberticida di Fidel Castro.
(4-06162)

Risposta. - Si comunica che, a seguito di un riesame delle relative istanze, il cittadino cubano signor Oriel De Armas Peraza e la sua convivente signora Portàl Sanches Raise hanno conseguito, in data 27 gennaio 2004, il riconoscimento dello status di rifugiato da parte della competente commissione centrale.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Alfredo Mantovano.

FOTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
con ricorso del 19 giugno 2002 rivolto alla Sezione per i minorenni della Corte di


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Appello di Bologna, i signori Virginio Bassi e Giliola Sartori proponevano reclamo avverso il decreto 28 marzo 2002 con il quale il Tribunale per i minorenni dell'Emilia Romagna di Bologna aveva respinto la domanda degli stessi di dichiarazione di idoneità all'adozione di un minore straniero;
l'udienza di discussione della causa, che recava il numero di ruolo generale 30/2002 vol. min., veniva fissata per il giorno 14 novembre 2002 alle ore 9,00, giudice relatore il dottor Giuseppe Blois e presidente della sezione, dottor Leonardo De Robertis;
il giorno stabilito per l'udienza il legale dei signori Bassi e Sartori unitamente ai suoi clienti arrivava in Corte di appello davanti alla porta ove si teneva la camera di consiglio alle ore 9,15 (nove e quindici), dopo non poche peripezie determinate dalla nebbia e dal provvedimento di blocco del traffico a targhe alterne (in ragione del quale il legale, non residente a Bologna, si era visto costretto a cercare un parcheggio di fortuna in una zona non vietata alla circolazione per le auto con targa dispari);
la circostanza veniva rappresentata, unitamente alle scuse per l'involontario ritardo, al cancelliere, che si era affacciato per chiamare un altro procedimento;
allo stesso cancelliere veniva chiesto, quindi, di chiedere al presidente di riaprire il verbale, posto che la causa era già stata chiamata e il verbale era stato chiuso;
trascorsi oltre trenta minuti dalla richiesta formulata al cancelliere, questi informava gli interessati che il Presidente aveva deciso di non riaprire il verbale e che aveva pronunciato provvedimento di non luogo a procedere, determinando così l'archiviazione del reclamo, senza possibilità di poterlo nuovamente ripresentare essendo nel frattempo decorsi i termini;
la legge prevede che solo trascorsa un'ora da quella fissata per l'udienza si possa adottare un provvedimento quale quello sopra menzionato;
pare all'interrogante che l'accaduto sia inaccettabile prima che da un punto di vista giuridico (articolo 59 delle disposizioni attuative del codice di procedura penale), dal punto di vista del buon senso, ciò a maggiore ragione in una causa nella quale si tratta della vita delle persone che dovrebbe, solo per tale ragione, indurre attenzione, rispetto e prudenza;
ad avviso dell'interrogante, il comportamento tenuto dal presidente della sezione per i minorenni della Corte di appello di Bologna, nel caso che qui interessa, risulta grave e censurabile sotto più profili -:
quali iniziative e provvedimenti intenda assumere il Ministro interrogato, nell'ambito dei suoi poteri ispettivi, in ordine alla questione sopra rappresentata;
se si intenda attentamente valutare, anche dal punto di vista disciplinare, il comportamento del presidente della sezione per i minorenni della Corte di appello di Bologna;
se risulti che il Consiglio Superiore della Magistratura sia stato investito del caso oggetto del presente atto di sindacato ispettivo.
(4-05115)

Risposta. - Con l'atto parlamentare in argomento, l'interrogante lamenta il fatto che nell'ambito di un procedimento - di reclamo presso la sezione minorenni della Corte di appello di Bologna avverso il decreto del competente tribunale dei minori di diniego della domanda di adozione di un minore - sia stato comunicato al difensore degli opponenti, giunto in udienza quando il suddetto procedimento era già stato chiamato, il provvedimento di non luogo a procedere, nessuno essendo comparso per i ricorrenti.
Al riguardo è stato riferito che procedimenti camerali - pendenti sia dinanzi alla sezione per i minorenni che dinanzi alla sezione ordinaria vengono di norma chiamati e trattati, nell'udienza all'uopo fissata,


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secondo l'ordine di ruolo, a meno che non venga segnalata tempestivamente la necessità di procrastinare per qualsiasi ragione la trattazione di uno specifico procedimento: nel qual caso, per prassi consolidata, lo stesso procedimento viene portato in coda al ruolo d'udienza.
Nella fattispecie è stato escluso che in qualsiasi modo sia stata tempestivamente evidenziata la necessità o l'opportunità di soprassedere temporaneamente alla trattazione del procedimento radicato dai ricorrenti. Del resto, emerge dal ruolo d'udienza del 14 novembre 2002 e dalle relative verbalizzazioni che il procedimento
de quo (n. 30/2002 vol. min.) occupava il secondo posto d'ordine e venne chiamato e trattato, dandosi atto che nessuno per i ricorrenti era comparso, dopo la trattazione di quello al primo posto d'ordine.
In merito, infine, al formulato richiamo all'articolo 59 disposizione attuativa codice di procedura civile, si rappresenta che trattasi di disposizione intesa a disciplinare, nell'ambito del solo processo civile ordinario contenzioso dinanzi al giudice di pace (in precedenza dinanzi al pretore), l'istituto della contumacia e che siffatto istituto è incompatibile con i procedimenti da trattarsi con rito camerale in sede di volontaria giurisdizione.
Alla luce di quanto precede, si rappresenta che non appaiono emergere, nel caso di specie, i presupposti per l'attivazione delle iniziative richieste.
Il Ministro della giustizia: Roberto Castelli.

FRAGALÀ. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
con riferimento al procedimento penale, attualmente pendente in fase di indagini preliminari presso la procura della Repubblica di Napoli, per i fatti del 17 marzo 2001, ed in particolare per le presunte violenze di rappresentanti delle forze dell'ordine nei confronti di dimostranti anti-globalizzazione, nell'ambito del quale sono stati emessi dal giudice per le indagini preliminari, dottoressa Isabella Iaselli, otto provvedimenti di arresti domiciliari (peraltro poi annullati dal tribunale del riesame);
la dottoressa Iaselli, come è notorio negli ambienti del tribunale di Napoli, è convivente more uxorio, con tale Umberto Marone, noto esponente attivista del movimento no-global, come tale in rapporti di militanza con soggetti coinvolti negli scontri e nelle conseguenti indagini penali, tra cui Daniele Sepe col quale Marone pratica anche attività orchestrali: Marone e Sepe si sono più volte esibiti quali orchestrali di un complesso musicale in occasione dei raduni del movimento no-global;
inoltre, sempre il Sepe, compare come relatore al convegno su «Globalizzazione e repressione» per il quale era prevista la partecipazione pubblicizzata dei pubblici ministeri di Napoli, Mancuso e Del Gaudio, nonché il Sepe figura essere tra i firmatari delle denunce ai danni degli appartenenti delle forze di polizia, accusate delle presunte violenze e fatte oggetto del successivo provvedimento cautelare assunto dalla dottoressa Iaselli -:
se non ritenga che la sussistenza di tale notoria circostanza comporti una grave scorrettezza da parte del giudice per le indagini preliminari e dunque la necessità di dare corso all'annunciata azione disciplinare nei confronti di tale magistrato, che, se del caso, avrebbe dovuto comunque astenersi, ex articolo 36 del codice di procedura penale (anche solo con riferimento alle «gravi ragioni di convenienza», in considerazione della evidente delicatezza di tale procedimento e di tale decisione), al fine di fugare ogni dubbio sulla sua serenità ed asetticità nella valutazione dei fatti e delle condotte oggetto del processo e nella emissione di provvedimenti restrittivi della libertà personale, per di più nei confronti di pubblici ufficiali appartenenti alle forze dell'ordine, di cui Daniele Sepe figura tra gli accusatori.
(4-05116)

Risposta. - Si comunica che in data 15 gennaio 2003 è stata disposta un'inchiesta


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amministrativa volta ad accertare la fondatezza di quanto riportato nell'atto di sindacato ispettivo relativamente a profili della condotta privata della dottoressa Isabella Iaselli, magistrato con funzioni di giudice per le indagini preliminari presso il tribunale di Napoli, che nella primavera del 2001 aveva emesso ordinanza di custodia cautelare nei confronti di otto agenti della polizia di Stato, accusati di abusi e coercizioni verso manifestanti «No Global», convenuti a Napoli in occasione del vertice G8 svoltosi il 17 marzo 2001.
In particolare, è stato chiesto all'organo ispettivo di accertare se la dott.ssa Iaselli risultasse legata da rapporto coniugale o di convivenza con tale Umberto Marone - nel testo dell'interrogazione definito «esponente attivista» del movimento No Global - e se, in caso positivo, detta situazione fosse notoria in ambito locale, così da poter ingenerare sospetti sulla valutazione operata dal magistrato nella vicenda giudiziaria in questione.
Dalle risultanze dell'espletata inchiesta è emerso che la dottoressa Isabella Iaselli ed il signor Umberto Marone sono coniugati e che nessun elemento riguardo all'appartenenza o contiguità di quest'ultimo al movimento No Global esiste agli atti degli uffici di polizia giudiziaria interpellati dall'Ispettorato.
Dette categoriche e concordanti risposte confermano in toto le affermazioni contenute nelle relazioni della dottoressa Iaselli datate 22 gennaio e 15 aprile 2003, perfettamente collimanti con le risultanze dell'inchiesta.
La dottoressa Iaselli ha in particolare precisato di non avere né lei, né suo marito alcun tipo di rapporto con Daniele Sepe; ha inoltre sottolineato che il dottor Marone non si è mai esibito in nessuna circostanza con Daniele Sepe e che è infondata la notizia che insieme avrebbero suonato in un complesso musicale in occasione di raduni No Global.
Alla luce di quanto è emerso, si esclude che vi sia margine per promuovere qualsivoglia iniziativa al riguardo.
Il Ministro della giustizia: Roberto Castelli.

FRAGALÀ. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
negli anni novanta Landi Antonino e la di lui figlia Agnese rappresentavano una delle più certe realtà imprenditoriali nell'asfittico clima siciliano: il gruppo Landi spa e la società cooperativa Lex, operanti nello smaltimento dei rifiuti sia in ambito nazionale che internazionale, realtà economiche che risultavano sicuro porto occupazionale;
tale realtà imprenditoriale ed economica fu posta nel nulla a seguito di un'indagine scaturita a quanto risulta all'interrogante da uno scritto anonimo pervenuto nel maggio del 1998 presso la questura di Catania, squadra mobile sezione antiracket ove si assumeva che erano stati posti in essere degli illeciti, attraverso la falsa attestazione dell'avvenuto versamento dei contributi previdenziali;
l'asserita truffa sarebbe perpetrata attraverso la falsificazione dei timbri apposti sui modelli DM 10 dalle filiali di Roma e Marsala del Credito Italiano;
fu inscritta notizia di reato nell'ambito del procedimento rubricato al n. 8620/98 RGNR Procura di Catania e, in data 16 maggio 1998, l'allora sostituito procuratore, dottor Vincenzo Serpotta, richiese al giudice per le indagini preliminari, dottoressa Recupido, l'emissione di un'ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti della signorina Landi Agnese, nella sua qualità di presidente della cooperativa LEX, del vicepresidente Cacciatore Diego e del consigliere Testa Giovanni;
l'ordinanza custodiale, eseguita in data 27 maggio 1998, fu accompagnata, specie per la Landi Agnese, da grande eco sulla stampa, giungendosi a parlare dell'arresto di una pericolosa latitante e del rinvenimento di sostanze stupefacenti;
ad oggi il procedimento, dopo ben quattro anni, verte ancora nella fase delle indagini preliminari-:


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se, considerata l'irragionevole durata delle indagini preliminari rispetto a quanto previsto dall'ordinamento, non intenda promuovere un'azione disciplinare nei confronti del magistrato titolare dell'indagine.
(4-05319)

Risposta. - Il procuratore generale presso la Corte di appello di Catania ha comunicato che il procedimento penale n. 8620/98 R.G.N.R. instaurato nei confronti di Landi Agnese ed altri indagati, avente ad oggetto false attestazioni di versamenti previdenziali, è stato iscritto presso l'ex procura circondariale di Catania nel maggio del 1998.
In data 29 ottobre 2002 sono state concluse le indagini preliminari e sono stati notificati gli avvisi, ai sensi dell'articolo 415-
bis codice di procedura penale, agli indagati.
Il predetto procuratore, in merito ai lamentati ritardi nell'adozione di provvedimenti conclusivi del procedimento in esame, ha rappresentato, innanzi tutto, l'eccessivo carico di lavoro che ha gravato sull'ufficio dell'allora pubblico ministero, titolare delle indagini, avendo lo stesso magistrato svolto il duplice, contemporaneo, esercizio delle funzioni di procuratore aggiunto della unificata procura della Repubblica di Catania e di sostituto procuratore.
Per tale motivo, il citato procedimento penale veniva assegnato ad un altro magistrato che veniva, successivamente, trasferito ad altra sede.
Al magistrato subentrante venivano assegnati 600 procedimenti penali, di cui 421 del giudice trasferito e tra questi ultimi il procedimento penale a carico di Landi Agnese, oggetto dell'interrogazione. Detto magistrato concludeva l'attività di indagine, come sopra indicato, in data 29 ottobre 2002.
Ciò posto, si ritiene che le ragioni che hanno determinato il protrarsi delle indagini preliminari non siano suscettibili di assumere rilievo in sede amministrativa e, quindi, non consentono di intraprendere le iniziative invocate dall'interrogante.
Il Ministro della giustizia: Roberto Castelli.

GIACHETTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
nell'isola-carcere di Gorgona presso Livorno è stato ritrovato il 1 marzo 2004, il cadavere di un detenuto siciliano che presentava diverse ferite alla testa;
si tratterebbe del secondo caso nel giro di due mesi, dal momento che il 9 gennaio scorso, nello stesso carcere, era stato ucciso un altro detenuto -:
quali siano i criteri di funzionamento delle misure di sicurezza e sorveglianza all'interno dell'istituto penitenziario;
se si ritengano adeguati i suddetti sistemi alla luce di quanto avvenuto e quali misure si intendano adottare per evitare il ripetersi di simili tragici accadimenti;
qualora non fosse stata avviata alcuna procedura volta a fare chiarezza sulla vicenda e sui suoi responsabili, se non ritenga opportuno aprire un'inchiesta amministrativa sugli episodi in oggetto.
(4-09178)

Risposta. - Si rappresenta che i detenuti deceduti nella casa di reclusione di Gorgona in data 9 gennaio 2004 e il 1o marzo 2004 sono, rispettivamente, Martino Vincenzo Zoroddu e Francesco Lo Presti.
Il primo era ristretto presso l'istituto dal 17 giugno 2003, a seguito di condanna definitiva per il reato di omicidio e sequestro di persona, con fine pena previsto per il 31 luglio 2013.
Il secondo, invece, era detenuto dal 30 settembre 2003, a seguito di condanna per i reati di omicidio, porto e detenzione abusiva di arma da sparo, con fine pena previsto per l'11 gennaio 2013.
Per quanto concerne gli accertamenti ispettivi disposti si ritiene opportuno, in via preliminare, osservare che, alla luce della gravità dei fatti e della complessità delle vicende, il competente ufficio del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria ha proceduto direttamente all'espletamento della indagini, su delega conferita dall'autorità giudiziaria, demandando al provveditore


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regionale di Firenze l'esecuzione delle necessarie attività amministrative.
Al riguardo, si puntualizza che le due attività - investigativa ed amministrativa - sono state concordate in ossequio alle necessarie esigenze di coordinamento.
Quanto agli esiti delle indagini - per le quali vi è tuttora il segreto istruttorio - il competente ufficio ha già relazionato all'autorità giudiziaria riservandosi di trasmettere gli esiti finali delle verifiche condotte.
A seguito degli accertamenti amministrativi è stata predisposta una relazione del provveditore alla quale ha fatto seguito una recente riunione nel contesto della quale, nel concordare sulla validità e sulla continuità del «progetto Gorgona», sono stati proposti diversi interventi finalizzati a migliorare lo stesso, sia sotto il profilo della sicurezza, che sotto quello trattamentale.
Per quanto riguarda il decesso di Francesco Lo Presti, evidenziato nell'atto di sindacato ispettivo, la procura della Repubblica di Livorno ha comunicato che è stato iscritto il procedimento penale n. 1294/04 R.G.N.R., tuttora, in fase di indagini preliminari.
Il Ministro della giustizia: Roberto Castelli.

GIACHETTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
risulterebbe all'interrogante che da molti mesi la direzione della Casa di Reclusione di Rebibbia di Roma avrebbe intrapreso un sistematico peggioramento delle condizioni di reclusione dei detenuti ristretti nella sezione semi-libertà e articolo 21;
una circolare imporrebbe perquisizioni minuziose al rientro in carcere di tali detenuti, fino ad arrivare al completo denudamento;
verrebbero eseguiti controlli antidroga a campione (test sulle urine) obbligatori;
sarebbero stati anticipati gli orari di rientro serale, con notevoli limitazioni della possibilità di mantenere per i semiliberi rapporti affettivi con i propri congiunti, in particolare figli in tenera età;
sarebbero state introdotte per tutti i detenuti fasce di «reperibilità» durante la giornata, con notevoli disagi dal punto di vista lavorativo e del mantenimento dei rapporti affettivi e sociali, e ciò anche nei casi in cui tali obblighi, come spesso accadeva in virtù della «gradualità» nell'applicazione delle misure alternative alla detenzione, erano stati da tempo cancellati dalla Magistratura di Sorveglianza, in assenza di note disciplinari e come parte integrante del processo di reinserimento del semilibero nella società;
un'ulteriore circolare avrebbe subordinato lo svincolo di quella parte dello stipendio dei detenuti che per regolamento è bloccato dalla Direzione (1/5) solo previa presentazione di fotocopie di bollette di utenze, scontrini fiscali e altre circostanziate «certificazioni» di spesa, mentre prima era possibile ottenere tali soldi facendo riferimento a delle generiche di spese di mantenimento all'esterno -:
se sia a conoscenza dei suddetti fatti e se questi corrispondano al vero;
quali siano le ragioni che hanno spinto la direzione del suddetto carcere ad adottare tale politica di drastica limitazione dei diritti acquisiti dai detenuti in semi libertà e articolo 21, con negative conseguenze nel processo di reinserimento degli stessi nel tessuto sociale e lavorativo, come previsto costituzionalmente per l'applicazione di misure alternative al carcere.
(4-09695)

Risposta. - Con riferimento all'interrogazione in esame, si rappresenta quanto segue.
Nel corso del tempo la Direzione della Casa di Reclusione di Roma Rebibbia ha dovuto suo malgrado registrare un progressivo preoccupante aumento di esiti negativi riguardanti il percorso riabilitativo dei detenuti. Il verificarsi di allarmanti accadimenti -


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quali commissioni di reati, evasioni, uso di sostanze stupefacenti - si connota in modo maggiormente inquietante quando, come nel caso di specie, tali eventi riguardano detenuti che fruiscono di benefici premiali o, addirittura, sono ammessi a misure alternative alla detenzione.
Premesso ciò si può, pertanto, affermare che i controlli che sono stati disposti negli ultimi tempi si sono resi necessari per la prevenzione e la repressione di reati a salvaguardia del mantenimento dell'ordine e della disciplina all'interno dell'istituto.
Peraltro, le misure adottate per la sicurezza interna sono state condivise dalla competente magistratura di sorveglianza a garanzia di un più adeguato ed efficace programma di trattamento nei confronti dei detenuti interessati.
Per quanto concerne la riconsegna del «fondo disponibile», si evidenzia che il servizio riguardante le modalità di accreditamento e riscossione delle retribuzioni dei semiliberi e dei lavoranti all'esterno è stato disciplinato alla stregua delle disposizioni normative regolanti la materia
de qua (articoli 2 e 24 Ordinamento penitenziario; articolo 48, co. 10 e 12, articolo 54, co. 1 e 3, articolo 56 Regolamento di Esecuzione; articoli 145 e 188 C.P.), nell'esercizio del potere/dovere della direzione della Casa di Reclusione di Roma Rebibbia (articolo 21, co. 3 e 51 ordinamento Penitenziario; articolo 48, co. 16 e 101, co. 3 e 4, Regolamento di esecuzione) al fine di garantire ai detenuti che l'espletamento dell'attività lavorativa «si svolga nel pieno rispetto dei diritti».
Si evidenzia, difatti, che in passato i datori di lavoro, nonché i detenuti ammessi a svolgere attività autonoma, non ottemperavano alla normativa sopra citata (le cui direttive sono state Confermate dal Regolamento di esecuzione del 2000 che, in alcuni casi, ha colmato preesistenti lacune - vedi l'introduzione del co. 3o dell'articolo 54), rendendo impossibile la costituzione del peculio, l'accantonamento del fondo vincolato, nonché il prelievo automatico delle spese di mantenimento.
A tale proposito si evidenzia che solo alcuni detenuti provvedevano autonomamente al pagamento di tali spese (a mezzo vaglia), mentre la maggior parte non corrispondendo alcunché avevano maturato debiti rilevanti nei confronti dello Stato.
Si deve, peraltro, sottolineare che la direzione dell'istituto è riuscita ad ottenere il rispetto di tale normativa da parte della generalità dei detenuti grazie al decisivo contributo della magistratura di sorveglianza che, condividendo l'istanza dell'amministrazione, ha consentito il raggiungimento di tale obiettivo. Difatti, analogamente a quanto avviene in ogni caso di grave violazione alle prescrizioni normative, la concessione dei benefici a carattere premiale è stata subordinata al puntuale adempimento degli obblighi.
Si ricorda, comunque, che spesso i datori di lavoro segnalano difficoltà contingenti che temporaneamente impediscono l'accredito della remunerazione nei tempi stabiliti (in tali casi né la direzione né la magistratura di sorveglianza hanno mai adottato provvedimenti sanzionatori).
Relativamente alla riscossione delle somme di denaro da parte dei semiliberi, si fa presente che la direzione ne ha sempre agevolato la pronta consegna, nella consapevolezza dell'estrema importanza che tale aspetto riveste per soggetti inseriti nel contesto esterno. In particolare non si procede alla dazione di somme predeterminate (prassi operativa comunemente seguita dalle direzioni che gestiscono semiliberi, che generalmente inseriscono nei programmi trattamentali una prescrizione limitativa del denaro da detenere giornalmente), ma si provvede, interpretando l'articolo 57, co. 11, Regolamento di esecuzione nel senso più vantaggioso per i detenuti, a consegnare quanto da essi richiesto in un'unica soluzione. Tale sistema è comunque il frutto della suddetta lettura «estensiva» della norma citata e l'eventualità che tale prassi abbia a subire delle eccezioni, dovute a ragioni contingenti che possono verificarsi in qualsiasi gestione di servizi, non può essere considerata quale lesione di diritti da parte di questa amministrazione.
Il Ministro della giustizia: Roberto Castelli.


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MAGNOLFI, LABATE, PANATTONI e FOLENA. - Al Ministro per l'innovazione e le tecnologie. - Per sapere - premesso che:
lo sviluppo della democrazia digitale richiede, come indispensabile corollario, che l'accessibilità ai contenuti e ai servizi su Internet si affermi come un diritto universale per tutti i cittadini;
la legge per favorire l'accesso dei soggetti disabili agli strumenti informatici (legge n. 4 del 2004) è stata approvata il 9 gennaio 2004 e pubblicata in Gazzetta Ufficiale il 17 gennaio 2004;
tale provvedimento, denominato «legge Stanca» in una recente pubblicazione della Presidenza del Consiglio dei Ministri, è il frutto dell'iniziativa parlamentare e del contributo costruttivo di molti gruppi politici, anche dell'opposizione;
all'articolo 10 il testo afferma che «entro 90 giorni» dalla data di entrata in vigore della legge deve essere emanato il regolamento per dettare i criteri e i principi operativi ed organizzativi per l'accessibilità;
all'articolo 11 il testo afferma che «entro 120 giorni» dalla data di entrata in vigore della legge deve essere approvato un decreto ministeriale contenente le linee guida per i requisiti tecnici, di diversi livelli di accessibilità e le metodologie tecniche per i controlli sui siti;
tali scadenze temporali sono state superate senza che si abbia notizia né del regolamento né del decreto, senza i quali l'approvazione della legge n. 4 del 2004 risulta una affermazione di principi priva di attuazione -:
quali siano i motivi per i quali il Governo non abbia rispettato i termini previsti nella legge;
entro quali termini il Governo intenda emanare gli atti previsti per applicare al più presto i principi in essa contenuti rispondendo concretamente alle aspettive di migliaia di persone disabili nel nostro Paese.
(4-10098)

Risposta. - Con riferimento all'interrogazione in esame si rappresenta quanto segue.
Per quanto concerne il lamentato ritardo nell'adozione del regolamento di attuazione previsto all'articolo 10 della legge n. 4 del 2004, si comunica che quest'ultimo è stato approvato in via preliminare dal Consiglio dei ministri nel corso della seduta del 9 luglio 2004. Al riguardo si osserva che l'inosservanza del termine di 90 giorni indicato nella legge, termine peraltro di natura meramente ordinatoria e non perentoria, è da attribuirsi alla complessità della materia, nonché al procedimento di emanazione, il cui
iter, «aggravato» per espressa volontà del Parlamento, prevede la previa consultazione delle associazioni delle persone disabili maggiormente rappresentative, nonché di quelle di sviluppatori competenti in materia di accessibilità e di produttori di hardware e software.
L'amministrazione ha tuttavia espletato l'attività istruttoria del provvedimento in questione entro il termine previsto ed ha provveduto ad inviare già dai primi di aprile il relativo testo al Dipartimento per gli affari giuridici e legislativi della Presidenza del Consiglio dei ministri ai fini della sua iscrizione nell'ordine del giorno della riunione preparatoria del Consiglio dei ministri.
Ma proprio la grande valenza innovativa del provvedimento, quale concreto strumento di attuazione della legislazione che favorisce l'accesso dei disabili alle nuove tecnologie informatiche e abbatte il
digital divide, ha determinato la necessità per tutte le amministrazioni coinvolte di procedere ad un esame più approfondito ed articolato del testo. Le numerose osservazioni formulate al riguardo, testimonianza dell'interesse e dell'attenzione suscitati dalla materia trattata, hanno quindi determinato un imprevisto allungamento dei tempi di predisposizione del testo definitivo da sottoporre all'esame del Consiglio dei ministri.


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Risulta comunque di tutta evidenza che il termine di 90 giorni, peraltro inserito nel testo a seguito dell'approvazione da parte dell'Assemblea della Camera dei deputati di un apposito emendamento proposto dalla Commissione di merito, appare non congruo e del tutto incompatibile con i successivi tempi tecnici del procedimento, considerato che l'articolata procedura prevista per la concreta operatività del regolamento in questione richiederà un ulteriore periodo di almeno 120 giorni dalla data della deliberazione preliminare del Consiglio dei ministri. Infatti, il provvedimento, contenendo regole tecniche per la definizione dei criteri e principi operativi e organizzativi generali dell'accessibilità, dopo la prima approvazione del Consiglio dei ministri, deve essere notificato alla Commissione europea, ai sensi della legge 21 giugno 1986, n. 317, e sul medesimo devono essere acquisiti l'avviso del Consiglio di Stato, l'intesa della Conferenza Unificata e, da ultimo, i pareri delle competenti Commissioni parlamentari.
Analoghe considerazioni valgono per il decreto ministeriale di cui all'articolo 11 della legge n. 4 del 2004 con il quale il Ministro per l'innovazione e le tecnologie, consultate le associazioni delle persone disabili maggiormente rappresentative, stabilisce, nel rispetto dei criteri e dei principi indicati dal regolamento di cui all'articolo 10 le linee guida recanti i requisiti tecnici e i diversi livelli per l'accessibilità, le metodologie tecniche per la verifica dell'accessibilità dei siti INTERNET, nonché i programmi di valutazione assistita utilizzabili a tale fine. In ogni caso si evidenzia che anche quest'ultimo provvedimento è in avanzata fase di predisposizione.
Il Ministro per l'innovazione e le tecnologie: Lucio Stanca.

MASCIA e DEIANA. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
la nave francese L 90501 Sabre il giorno 9 marzo 2004 ha chiesto ad alcuni motopesca che si trovavano nel tratto di costa ligure tra Moneglia e Roncaglia, di non calare le reti in quel tratto di mare per la presenza sul fondo di un sommergibile nucleare;
dalle ricostruzioni fatte da organi di stampa si ritiene che la Sabre fosse impegnata a dare assistenza a un sommergibile nucleare classe Rubis;
sembra che si debba escludere qualsiasi incomprensione sul piano linguistico tra l'equipaggio della Sabre e quello delle motopesca in quanto a bordo di quest'ultime vi erano marinai francofoni;
fonti militari confermano che durante l'esercitazione del 9 marzo 2004 un siluro sperimentale italo-francese è stato lanciato da una nave piattaforma e che per un problema tecnico si è «perso»;
si legge sull'edizione spezzina de La Nazione: «Il fatto è avvenuto ieri all'alba e forse è collegato ad un'esercitazione multinazionale che si sta svolgendo a sud del golfo spezzino. Una manovra in cui alcune navi, tra cui anche dei mezzi francesi, stanno provando nuovi siluri. Di certo c'è che uno di questi siluri, nelle esercitazioni capita, è rimasto sul fondo. Lo stavano testando, avrebbe dovuto risalire, invece si è "smarrito". Oggi è previsto l'arrivo di una nave recupero anch'essa francese (non militare ma di una ditta legata a doppio filo con la Marine Nazionale) per tentare di ripescarlo» ... «Nello stesso tempo poche miglia a nord-ovest dell'area dove si sta svolgendo il test e dove si è persa l'arma, una nave appoggio-sbarco (la Sabre unica nave francese in zona e buona per fare un semplice presidio in superficie a un battello fermo sul fondo) stava uscendo dai cantieri Ansaldo di Genova dopo i lavori. Doveva tornare alla base di Tolone provando i motori ma invece di fare rotta verso la Francia si è diretta dalla parte opposta verso est, verso il golfo di Tigullio»;
i sottomarini classe Rubis a propulsione nucleare sono molto silenziosi e in grado di navigare in immersione per tempi lunghissimi; i loro compiti sono: la protezione dei sommergibili lanciamissili e dei


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convogli, il combattimento sottomarino, la sorveglianza lungo costa o in zone di operazione, l'intervento in ambienti marini ostili per la posa di mine o per azioni legate alle forze speciali -:
se è a conoscenza del fatto;
quale sia la relazione tra l'esercitazione multinazionale che si stava svolgendo a sud del golfo spezzino, e la presenza di un sommergibile e di una nave francesi nel tratto di mare a poche miglia a nord-ovest dell'area interessata dalla esercitazione ufficiale;
se risulta vero che le autorità italiane, la Guardia costiera e la Marina, non fossero informate della presenza del sommergibile e della nave Sabre nel tratto di mare tra La Spezia e Genova;
se siano frequenti esercitazioni navali lungo le coste liguri e quali iniziative intenda adottare per garantire la sicurezza dei natanti civili e dell'ambiente dal pericolo di contaminazioni nucleari;
se non ritenga, anche alla luce delle esperienze concrete, mettere in discussione la stessa legittimità delle esercitazioni multinazionali.
(4-09449)

Risposta. - In merito alle notizie stampa sullo smarrimento di un siluro nel corso di una esercitazione multinazionale a Sud del golfo di La Spezia, si rappresenta che il siluro in questione, appartenente al tipo MU9O, in versione da esercitazione - cioè privo di esplosivo - è affondato il giorno 3 marzo 2004 nelle acque antistanti La Spezia, al termine di un lancio sperimentale eseguito da un elicottero SH3D della Marina Militare italiana.
Nel periodo antecedente la data del 10 marzo, nelle acque del Mar Ligure, non si è registrata la presenza di sottomarini francesi o appartenenti alla NATO.
L'ultima sosta effettuata da un sottomarino francese nel porto di La Spezia è quella del Smg. PERLE, nel periodo 7-11 novembre 2003.
È opportuno, peraltro, precisare che per evitare interferenze fra sommergibili in immersione, ogni trasferimento di tali unità è sempre noto a tutti i paesi appartenenti alla NATO, inclusa l'Italia.
L'Unità appoggio della Marina Militare francese
Le Sabre non è stata impegnata per dare assistenza ad un sommergibile nucleare francese, ma ha sostato nel porto di Genova per effettuare lavori di manutenzione/riparazione presso il Cantiere Navale Mariotti dal 7 gennaio al 9 marzo 2004.
In particolare, la suddetta unità, classificata mezzo da sbarco, è uscita dal citato porto il giorno 8 marzo alle ore 09.18 per effettuare «prove in mare al termine dei lavori».
È rientrata in porto alle ore 19.55 dello stesso giorno ed è partita definitivamente il successivo 9 marzo alle ore 13.20 per Tolone.
L'attività di lancio del siluro MU90 è stata eseguita a cura e sotto la responsabilità tecnica del consorzio EUROTORP - per il tramite della consorziata ditta italiana WASS - costruttore del siluro che, nell'ambito delle attività industriali finalizzate alla messa a punto del siluro - sistema d'arma in corso di acquisizione da parte della Marina Militare - ha richiesto di poter effettuare le procedure sperimentali a mare con il parziale supporto dell'Amministrazione della Difesa.
In tale contesto, la Marina Militare italiana, qualora richiesto, può fornire il proprio supporto di mezzi e materiali, assicurando l'emanazione delle previste comunicazioni e garantendo l'adeguata cornice di sicurezza al lancio (bando di interdizione, avviso ai naviganti e sgombero del poligono).
Gli adempimenti finalizzati all'attività di recupero del siluro in esame, in caso di affondamento, fanno integralmente capo al citato consorzio industriale.
Il siluro in versione da esercitazione è del tipo inerte, cioè privo di testa di guerra, provvisto di un trasmettitore acustico, che ne agevola la localizzazione a fine corsa, in grado di funzionare per circa quindici giorni.


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Il lancio è stato eseguito nel pomeriggio del giorno 3 marzo 2004, nelle acque del circondario marittime di La Spezia, interdette dal 27 febbraio dalla Capitaneria di Porto con apposita ordinanza, valida fino a tutto il 12 marzo 2004.
Il siluro ha eseguito la sua normale corsa ed è stato costantemente tracciato dal poligono acustico. A causa di un malfunzionamento del dispositivo di riemersione, le cui cause sono ancora in via di accertamento da parte della ditta costruttrice, esso non si è riportato in superficie, adagiandosi sui fondali a circa 120 metri di profondità, in una posizione localizzata mediante triangolazione acustica del trasmettitore effettuata dai mezzi navali di supporto della ditta e della Marina Militare italiana, partecipanti all'attività. La stessa localizzazione veniva confermata, nella mattinata successiva, dal cacciamine Alghero.
La ditta WASS, dopo aver operato un infruttuoso tentativo di recupero nei giorni 4, 5 ed 8 marzo 2004, tramite un peschereccio dotato di rete a strascico, ha recuperato il siluro il giorno 12 marzo 2004, con l'intervento della nave governativa francese
Provence intervenuta sul luogo delle operazioni l'11 dello stesso mese.
Il siluro è stato rinvenuto integro e si trova, in atto, presso la sede della WASS per essere sottoposto alle indagini tecniche del caso.
Non è stata presa in considerazione l'ipotesi del recupero con unità appoggio della Marina Militare italiana in quanto tale unità era impegnata in altre attività.
Il Ministro della difesa: Antonio Martino.

MASCIA. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
durante il corteo che si è svolto in occasione dello sciopero generale del 26 marzo a Torino, in piazza Arbarello si sono verificati scontri tra forze dell'ordine e una parte dei manifestanti;
le forze dell'ordine hanno impedito ai gruppi di studenti e di «disobbedienti» di infilarsi nel corteo dei sindacati che proveniva da Porta Susa, respingendoli a manganellate;
da un comunicato stampa diffuso dal Collettivo Universitario Rebeldìa e dal CS Gabrio Disobbedienti Torino si apprende che: «Arrivati in Piazza Arbarello, da dove il nostro spezzone avrebbe dovuto immettersi nel corteo, un ingente cordone di polizia in assetto antisommossa, sostenendo di eseguire le direttive della CGIL, si è frapposto fra noi e la manifestazione sindacale, impedendo qualsiasi comunicazione con chi stava già sfilando e negandoci di fatto il diritto di manifestare, nonostante i Cobas si fossero resi disponibili ad accoglierci davanti a loro» -:
se non ritenga ingiustificata la reazione delle forze dell'ordine e chi siano i responsabili delle cariche.
(4-09659)

Risposta. - Si comunica che il 26 marzo 2004, nell'ambito delle iniziative indette dalle organizzazioni sindacali CGIL, CISL e UIL contro la riforma previdenziale e le politiche del Governo, si è svolta a Torino una manifestazione con corteo da Porta Susa fino a piazza Castello, alla quale hanno partecipato circa 20.000 persone.
In concomitanza, gli aderenti ai centri sociali, i precari della scuola ed il movimento studentesco si sono concentrati in piazza Arbarello per confluire nel corteo in transito lungo via Cernaia. Secondo quanto stabilito con le organizzazioni sindacali, detto ingresso sarebbe dovuto avvenire subito dopo lo spezzone del corteo formato dai rappresentanti dei partiti di centro sinistra. Gli aderenti ai centri sociali hanno contestato tale collocazione, protestando vivacemente e, successivamente, tentando reiteratamente di forzare il cordone delle forze dell'ordine, con lancio di petardi ed oggetti contundenti, provocando lesioni a tre operatori della polizia di Stato.
Per tali fatti, tre aderenti alla sinistra antagonista sono stati denunciati all'autorità giudiziaria.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Alfredo Mantovano.


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MAZZONI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
si ripropone, in vista della scadenza fissata per il 30 dicembre 2003, la problematica del contratto dei 1.850 lavoratori del Ministero della giustizia, operanti in 26 Corti di appello, assunti dal 1996, inizialmente con progetti di lavori socialmente utili;
la legge n. 242 del 18 agosto 2000 ha previsto per la categoria su citata contratti a tempo determinato per 18 mesi con periodici rinnovi annuali;
la legge finanziaria per l'anno 2002 (articolo 19, comma 1, legge 28 dicembre del 2002, n. 448), ha provveduto a prorogare il contratto a tempo determinato fino alla data citata;
il personale così assunto, ha innegabilmente assicurato un migliore funzionamento della macchina giudiziaria, così come peraltro è stato più volte indicato, dai Presidenti delle Corti di appello e dai procuratori generali, nelle loro note di valutazione trasmesse al ministero stesso;
questi lavoratori, dopo ben sette anni, hanno maturato esperienza, competenze e professionalità difficilmente rimpiazzabili -:
se il Ministro intenda adottare iniziative per tutelare i livelli occupazionali ed ovviare agli inevitabili disagi per gli uffici giudiziari connessi all'eventuale mancato rinnovo del contratto;
quale sia lo stato di avanzamento del programma di 500 assunzioni autorizzate al ministero della giustizia con decreto del Presidente della Repubblica 13 dicembre 2003, in deroga al blocco assunzioni vigente per la pubblica amministrazione.
(4-07019)

Risposta. - Con riferimento all'interrogazione in esame, si fa presente che per il personale a tempo determinato, assunto ai sensi dell'articolo 1, comma 2, lettera a) della legge 18 agosto 2000, n. 242, già prorogato ai sensi dell'articolo 34, della legge n. 289/2002 (legge finanziaria 2003), in servizio presso l'amministrazione centrale e gli uffici giudiziari, attualmente composto da 1612 unità a seguito di rinunce o cessazioni, è stata disposta ed effettuata, ai sensi dell'articolo 3, comma 62 della legge 24 dicembre 2003, n. 350 (legge finanziaria 2004) la proroga al 31 dicembre 2004.
Per quanto attiene lo stato di avanzamento del programma di assunzioni di 500 unità in deroga al blocco delle assunzioni previsto dalla Legge Finanziaria 2003, si fa presente che è stata disposta ed effettuata l'assunzione di 320 unità inserite nella graduatoria relativa al concorso per 320 ausiliari A1 e 50 unità inserite nella graduatoria relativa al concorso per 50 operatori giudiziari B1, entrambi riservati ai messi di conciliazione non dipendenti comunali, indetti con PDG 5 ottobre 2000.
A seguito di chiarimenti da parte della Presidenza del Consiglio dei ministri-Dipartimento della Funzione Pubblica e del ministero dell'economia e delle finanze, con P.D.G. 25 settembre 2003 si è provveduto ad assumere ulteriori 15 unità di ausiliari A1 e 4 unità di operatori giudiziari B1, inserite nelle graduatorie dei concorsi riservati ai messi di conciliazione non dipendenti comunali, seguendo l'ordine della graduatoria generale di merito, in sostituzione di altrettanti rinunciatari che avevano sottoscritto il contratto entro il 31 dicembre 2002.
Per le rimanenti 130 unità, allo stato, sono in corso di espletamento 2 concorsi. Il primo, a 31 posti di esperto informatico C1, indetto con P.D.G. 30 giugno 2003, per il quale la Commissione sta provvedendo alla correzione degli elaborati dei 127 candidati che, avendo superato la preselezione, sono stati ammessi a sostenere le prove scritte il 10 e 11 febbraio 2004, mentre per il secondo, a 25 posti, elevati a 33 con P.D.G. 14 ottobre 2003, di statistico C1, indetto con P.D.G. 30 giugno 2003, nei giorni 14 e 15 gennaio 2004 sono state espletate le prove scritte; anche per questo la Commissione sta procedendo alla valutazione degli elaborati dei 294 partecipanti.
Inoltre, per le rimanenti 74 unità autorizzate, con la qualifica di cancelliere,


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posizione economica C1, si è provveduto al trasferimento presso questa amministrazione, ai sensi dell'articolo 30 del decreto legislativo n. 165/2001, di personale proveniente da altre amministrazioni.
Il Ministro della giustizia: Roberto Castelli.

MENIA e GIORGIO CONTE. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
sabato 8 maggio, a Capodistria, nella Repubblica di Slovenia, da una settimana entrata nell'Unione europea, quattro ragazzi, due dei quali minorenni, aderenti ad Azione Giovani (movimento giovanile di Alleanza Nazionale) sono stati fermati e trattenuti per circa quattro ore dalla Polizia slovena per aver affisso uno striscione su un cavalcavia;
è opportuno precisare che lo striscione non riportava frasi ingiuriose né insulti o offese bensì la scritta: «L'Europa ha un prezzo, rispetto per gli italiani», il tutto con riferimento alla questione dei beni rapinati agli italiani esuli dall'Istria dal passato regime comunista ma che l'attuale Slovenia non vuol restituire;
stando a quanto si apprende dalla stampa e a quanto direttamente riferito all'interrogante da parte di un dirigente della Polizia slovena, i quattro ragazzi italiani saranno processati per tre diversi capi di imputazione ed in particolare «offesa al sentimento patriottico, offesa alla pubblica morale e violazione del codice stradale» -:
quali valutazioni faccia il Ministro di tale incresciosa vicenda che appare all'interrogante una palese limitazione della libertà di pensiero e di espressione;
se il comportamento delle Autorità slovene possa considerarsi in linea con gli standard europei in tema di democrazia e libertà di espressione del pensiero;
se e quali passi il nostro Ministero abbia compiuto o abbia intenzione di compiere nei confronti delle Autorità slovene in ordine alla segnalata vicenda.
(4-10018)

Risposta. - In relazione all'episodio verificatosi l'8 maggio 2004 scorso a Capodistria, concernente l'esposizione di uno striscione sulla strada principale di Capodistria con la scritta «l'Europa ha un prezzo: Rispetto agli italiani» da parte di alcuni cittadini italiani, è inesatto parlare di «processi» in quanto, nel caso specifico, la polizia slovena ha proceduto ad un fermo per accertamenti, valutando i fatti contestati quali ipotesi di «infrazioni amministrative». Il caso si è risolto, nell'immediato, con il rientro in Italia dei giovani, anche con l'intervento del consolato generale a Capodistria.
L'ambasciata d'Italia a Lubiana, nei contatti con i propri interlocutori locali, ha evidenziato l'opportunità di non drammatizzare simili episodi, che sono fisiologici in società democratiche ed aperte, per evitare di acuire sensibilità retaggio di vicende storiche tragiche e laceranti, specie nella comune appartenenza all'Unione Europea, di cui la Slovenia è pieno membro dal maggio scorso, e nella necessaria condivisione dei principi europei.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Roberto Antonione.

MENIA. - Al Ministro degli affari esteri, al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
nella ricorrenza del 50 Anniversario del ritorno di Trieste dell'Italia, il capoluogo giuliano ospiterà il 16 maggio 2004 l'Adunata degli Alpini;
le centinaia di migliaia di persone che converranno a Trieste saranno ospitate in tutta la Regione ed anche, oltre il confine, nell'Istria oggi divisa tra Slovenia e Croazia;
in proposito è stata diffusa un'incredibile circolare proveniente dal consolato italiano di Fiume (Croazia) e italiano di


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Lubiana (Slovenia), nella quale si precisa che «è assolutamente vietato indossare anche il solo cappotto da alpino» e sono vietati cori e canzoni alpine che «potrebbero offendere il popolo croato e sloveno», aggiungendo che «la polizia slovena e croata è stata sollecitata ad intervenire per reprimere con decisione ogni manifestazione di questo genere» -:
se il Governo consideri l'amicizia con Croazia e Slovenia (peraltro appena entrate nell'Unione europea) sia da intendersi nei contenuti riportati dalla circolare di cui sopra;
se vi sia o meno l'intenzione da parte del Governo, di svolgere gli opportuni passi nei confronti della sopra citata repubbliche, affinché nella pratica e nella realtà gli ideali di integrazione europea ed amicizia tra i popoli siano resi operanti.
(4-10088)

Risposta. - In riferimento alle questioni sollevate dall'interrogante, le rappresentanze diplomatico-consolari italiane in Croazia e in Slovenia hanno comunicato di non avere diramato alcuna circolare in occasione del recente Raduno degli Alpini a Trieste, svoltosi il 16 maggio 2004.
Le predette rappresentanze riferiscono altresì che, nell'occasione, gruppi di Alpini avrebbero visitato Lubiana e Capodistria senza che la loro presenza desse luogo a gesti di fastidio o di animosità da parte della popolazione locale, anche in presenza del caratteristico cappello.
Va inoltre rilevato come attualmente - dei due Paesi menzionati - unicamente la Slovenia sia Membro dell'Unione Europea, a seguito dell'entrata in vigore del Trattato di adesione avvenuta come noto lo scorso primo maggio.
La Croazia ha presentato lo scorso anno la domanda di ammissione all'Unione europea sulla quale si è di recente pronunciata la Commissione proponendo l'apertura dei negoziati di adesione. Si rimane in attesa di una decisione del Consiglio Europeo su tale proposta della Commissione.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Roberto Antonione.

PECORARO SCANIO. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
il personale del Corpo della polizia penitenziaria in servizio presso la casa circondariale di Agrigento quotidianamente, a costo di sacrifici personali garantisce la sicurezza dei cittadini, operando con fatica e con pochi mezzi in un istituto che presenta gravi carenze e che ospita circa 450 reclusi, che lamenta la mancata applicazione da parte dell'amministrazione provveditoriale, dell'Accordo quadro nazionale e denuncia la preoccupante situazione del nucleo traduzioni e piantonamenti, dove il servizio viene svolto senza sufficiente organico e con mezzi assolutamente inadeguati, compromettendo la sicurezza del personale impiegato, la cittadinanza e lo stesso ordine pubblico;
è in corso l'invio di 35 unità poste in mobilità di missione presso istituti penitenziari del nord;
la struttura di Agrigento contribuisce già con l'invio di altro personale di polizia penitenziaria a sopperire le esigenze della regione ed in particolare della struttura di Palermo Pagliarelli;
l'esasperazione del personale sembrerebbe aver raggiunto i limiti di guardia, e, nonostante la direzione del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria non abbia posto rimedio al riguardo, il personale stesso continua a svolgere comunque il regolare servizio per garantire tranquillità ad una città con un preoccupante tasso di criminalità -:
quali urgenti e necessari provvedimenti il Ministro interrogato intenda adottare al fine di venire incontro alle giuste richieste del personale della polizia penitenziaria della casa circondariale «Petrusa» di Agrigento.
(4-08535)

Risposta. - Nella casa circondariale di Agrigento, il personale della polizia penitenziaria in servizio risulta essere di 338 unità a fronte di un organico previsto per l'istituto in questione di 245 unità.


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Le unità di polizia penitenziaria, componenti il Nucleo Traduzioni e Piantonamenti di Agrigento, sono 40, di cui 2 ispettori, 3 sovraintendenti e 35 agenti ed assistenti. La lamentata carenza del Nucleo Traduzioni viene compensata con l'impiego, in media, di 4 unità in servizio nella predetta casa circondariale. Detta carenza appare in linea con analoghe situazioni rilevate in altri Nuclei Traduzioni e Piantonamento sul territorio nazionale.
Per quanto riguarda gli automezzi in dotazione, non si riscontra l'assoluta inadeguatezza circa il numero complessivo, mentre va rilevato che i veicoli hanno in media dieci anni di vita, in particolare, quelli destinati al trasporto dei detenuti.
Si precisa, inoltre, che gli automezzi vengono assegnati direttamente al provveditorato regionale che, sulla base delle esigenze di servizio regionali, può disporre la loro movimentazione.
Per quanto concerne la mobilità del personale di Polizia penitenziaria presso le sedi del Nord, si assicura che la stessa è stata sospesa a seguito della riunione tenutasi in data 5 febbraio 2004 presso il dipartimento dell'amministrazione penitenziaria con le organizzazioni sindacali. All'esito dell'incontro è stato redatto un protocollo d'intesa che prevede un interpello per mobilità, su base volontaria, senza vincoli per le sedi.
Il Ministro della giustizia: Roberto Castelli.

PISTONE. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
a tutt'oggi, risultano essere quattro i suicidi negli istituti di pena romani negli ultimi due mesi e l'ultimo, in ordine cronologico, è avvenuto la notte del 5 luglio scorso, a Regina Coeli, dove un ragazzo di venti anni, che fino a poco tempo si trovava agli arresti domiciliari che poi gli erano stati revocati, si è tolto la vita inalando il gas della bombola del fornelletto in dotazione;
nella stessa maniera, il 24 giugno, si era ucciso un detenuto di Rebibbia: l'uomo, 40 anni, si trovava nell'infermeria del Nuovo Complesso quando ha deciso di uccidersi respirando il gas dopo essersi chiuso la testa in una busta di plastica;
sempre a Rebibbia, lo scorso mese di maggio, a distanza di pochi giorni, due detenuti si sono uccisi impiccandosi con il lenzuolo ridotto a brandelli alle sbarre delle celle: uno, 41 anni, era stato dichiarato per due volte dal Tribunale di Roma incapace di intendere e volere e la sua detenzione era stata giudicata compatibile solo con il regime previsto dall'ospedale psichiatrico giudiziario; l'altro detenuto aveva vent'anni: all'origine del suo gesto lo sconforto nell'avere appreso, quando era convinto di uscire, di dovere scontare ancora un cumulo di pena di 365 giorni;
prosegue nelle carceri di Roma la protesta dei detenuti per sollecitare la ripresa del dibattito sull'indulto;
i drammatici casi dimostrano l'urgenza di intervenire sulle condizioni insostenibili nelle quali versano le strutture penitenziarie, anche strutturando percorsi di sostegno per i detenuti in uscita e realizzando strutture protette per coloro che possono usufruire dei benefici di legge sui permessi premio -:
quali provvedimenti intenda adottare al fine di scongiurare il ripetersi di episodi di questo genere, che grande turbamento provocano nelle coscienze civili e democratiche dei cittadini italiani, e quali atti concreti intenda urgentemente compiere allo scopo di dare sostegno e sollievo ai detenuti, soprattutto in questo periodo estivo, dove il sovraffollamento e il caldo aumentano i rischi di depressione, alimentando fatti tragici come quelli descritti in premessa, in attesa di provvedimenti legislativi capaci di dare risposte certe e definitive ai problemi delle carceri italiane, in primis quello sull'indulto.
(4-06851)

Risposta. - Con riferimento all'interrogazione in esame, si rappresenta che i casi di decesso segnalati riguardano i seguenti detenuti:


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Nicola Cozzolino, nato a Napoli il 6 gennaio 1983, deceduto il 4 luglio 2003 nella casa circondariale di Regina Coeli. Nella relazione pervenuta dalla predetta casa circondariale, si dà atto che il decesso è stato determinato dall'inalazione di gas, posta in essere dal detenuto stesso al solo scopo di procurarsi il c.d. «effetto sballo» (era, infatti, un soggetto tossicodipendente);
Gennaro Di Gennaro, nato l'8 febbraio l965 a Canosa di Puglia, deceduto il 23 giugno 2003, allo stesso modo del detenuto Cozzolino, per inalazione di gas nella casa circondariale di Roma Rebibbia Nuovo Complesso;
Abdelalim Ahouad, nato in Marocco il 24 febbraio 1983, deceduto per suicidio il 30 aprile 2003 nella casa circondariale di Rebibbia. Il funzionario che ha effettuato l'ispezione, nell'immediatezza dei fatti, ha escluso che il detenuto abbia subito maltrattamenti: nessun compagno ha avuto modo di assistere ad episodi di violenza né ha raccolto lamentele del detenuto; è invece emerso che l'ispettore di reparto si era preso particolare cura del ragazzo seguendolo con assiduità e segnalandolo all'attenzione dei sanitari e del direttore di reparto;
Marco De Simoni, nato a Roma l'8 agosto 1962, deceduto per suicidio nella casa di reclusione di Rebibbia il 1o maggio 2003.

Si rappresenta che gli accertamenti ispettivi effettuati hanno permesso di stabilire che la morte dello stesso «si inquadra in un contesto psicopatologico del soggetto che in un momento di particolare turbativa e dissociazione ha deciso di sopprimersi». In occasione di tale decesso, quattro detenuti hanno effettuato una manifestazione di protesta salendo sui tetti ed introducendosi, dopo avere rotto una vetrata, nel magazzino viveri. Dopo un tentativo di incendio, gli agenti di polizia penitenziaria sono stati costretti ad immobilizzarli con la forza. Gli autori della protesta sono stati immediatamente trasferiti in altro istituto.
Tutti i detenuti, compreso quello che si è suicidato, cioè De Simoni Marco, erano sottoposti al regime della minorazione psichica,
ex articolo 65 Ord. Pen. e articolo 111/5 Reg. Es. (decreto del Presidente della Repubblica 230/2000).
Il fenomeno dei suicidi in carcere forma oggetto di un'attenta osservazione da parte dell'amministrazione penitenziaria.
Sin dall'anno 2000, è stata costituita una struttura stabile di rilevamento, denominata UMES (Unità di Monitoraggio Eventi di Suicidio), con il compito di rilevare costantemente i suicidi, verificarne le caratteristiche, risalire per quanto possibile ai fattori di rischio, formulare proposte di intervento. L'UMES ha organizzato un incontro con tutti i provveditori regionali dell'amministrazione penitenziaria nel corso del quale sono stati raccolti suggerimenti operativi idonei al migliore contrasto del tragico fenomeno. Sono stati diffusi i risultati del monitoraggio effettuato ed è stata richiamata l'esigenza che le articolazioni periferiche dipartimentali dedichino il massimo impegno alla prevenzione del suicidio lavorando sui fattori del disagio penitenziario.
Esiste, dunque, un'acuta attenzione dell'Amministrazione rivolta alla tragica realtà del suicidio nelle carceri, estesa più recentemente ai tentativi di suicidio, attenzione che si attua attraverso l'analisi statistica, lo studio dei singoli casi, la sensibilizzazione e la programmazione di un piano di interventi.
Le iniziative richiamate sono state accompagnate da una riduzione del fenomeno, evidenziatasi in particolare nell'anno 2002.
Il numero dei suicidi nell'anno 2002 è stato di 53. Va precisato che il numero ufficiale indicato è inferiore a 53, in quanto in due casi di morte conseguente a inalazione di gas è dubbio se si sia trattato di volontà suicidaria oppure di uso voluttuario seguito da morte. Peraltro, anche ad assumere la determinazione per eccesso, sia il numero assoluto sia la percentuale dei suicidi si è ridotta rispetto all'anno 2001, quando i suicidi erano stati 69.
Il dato del 2002 è tanto più significativo se si tengono presenti alcune circostanze:


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la riduzione, se è particolarmente marcata rispetto al 2001, è evidente anche rispetto all'anno 2000, quando si ebbero 56 casi;
uno degli episodi verificatisi nel 2002 è assolutamente atipico (un detenuto ricoverato in un ospedale si è sparato con una pistola sottratta ad un agente dopo aver tentato la fuga ed essere stato circondato);
cinque eventi sono seguiti all'inalazione di gas e almeno in due di questi è dubbio se si tratti di suicidio.

In definitiva, ciò che si può affermare è che nell'anno 2002 la frequenza dei suicidi all'interno del sistema penitenziario italiano - il quale pure presenta un tasso di suicidio (10 su 10.000 detenuti) molto inferiore rispetto ad altri paesi europei, tra cui la Francia (24), la Danimarca (15), l'Austria (24), il Belgio (19), l'Irlanda (14), l'Inghilterra (14) - si è fortemente attenuata e mantenuta abbastanza costante anche nell'anno 2003.
Infatti, nello scorso anno il numero dei detenuti suicidatisi è stato di 55, su una presenza totale di detenuti di 54.230, al 31 dicembre 2003.
Si può affermare, pertanto, che il fenomeno risulta stabile.
In merito alle doglianze relative all'assistenza sanitaria ai detenuti, si ritiene opportuno rappresentare quale sia stata l'attività di programmazione predisposta in merito dal competente Dipartimento, dal 1999 ad oggi.
L'articolo 11 legge n. 354/75 e l'articolo 17 decreto del Presidente della Repubblica 230/2000 impongono all'Amministrazione penitenziaria di predisporre, in ogni istituto di pena, l'organizzazione di un servizio sanitario «rispondente alle esigenze profilattiche e di cura della popolazione detenuta». Nelle ipotesi in cui siano necessarie cure ed accertamenti diagnostici non eseguibili all'interno degli istituti potrà essere disposto l'invio dei detenuti in strutture sanitarie esterne.
In applicazione di tali norme e tenuto conto delle risorse disponibili, in ogni istituto penitenziario è stato organizzato un servizio sanitario in grado di garantire una adeguata assistenza sanitaria per i detenuti.
Dal 1999 ad oggi, si sono rese necessarie alcune modifiche strutturali del sistema sanitario penitenziario, al fine di organizzare l'assistenza sanitaria per i detenuti utilizzando al meglio le risorse disponibili, anche in coerenza con i principi di efficienza ed economicità e nel rispetto del principio della tutela della salute del detenuto, costituzionalmente garantito, quale diritto inviolabile di ogni individuo.
Nell'anno 1999 l'Amministrazione penitenziaria, perseguendo l'obiettivo della razionale distribuzione delle risorse, con circolare del 15 gennaio 1999, ha provveduto a classificare gli istituti penitenziari in tre livelli a ciascuno dei quali corrisponde uno specifico modello organizzativo di assistenza sanitaria, individuato mediante il criterio del numero di detenuti presenti. Nell'anno 2002 è stato richiesto ai provveditorati regionali dell'amministrazione penitenziaria di formulare un progetto di nuova distribuzione del
budget che fosse il più aderente possibile al bisogno di salute dei detenuti e tenesse conto delle caratteristiche funzionali dei servizi di primo, secondo e terzo livello di assistenza.
Particolari direttive, negli anni 2002 e 2003 sono state emanate in materia di acquisto farmaceutico e in materia di attività specialistica.
Infatti, il dipartimento dell'amministrazione penitenziaria nell'anno 2002, con nota del 15.3.2002, ha richiamato i provveditorati a tenere presenti i principi stabiliti dal decreto legislativo 230/99 relativamente alla gratuità delle prestazioni farmaceutiche e specialistiche per i detenuti e della iscrizione al Servizio sanitario nazionale di tutti i detenuti ed internati, sollecitando a tal proposito le singole direzioni a farsi rilasciare dalle A.S.L. competenti il ricettario regionale.
Con circolare del 6 febbraio 2003 la competente direzione generale ha istituzionalizzato per tutti i provveditorati dell'amministrazione penitenziaria l'utilizzo del prontuario terapeutico regionale dettando, comunque, disposizioni per l'acquisto dei farmaci necessari, per assicurare la tutela della salute della popolazione detenuta non compresi nel prontuario indicato, permettendo


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a tutte le direzioni degli Istituti penitenziari, nelle ipotesi di assoluta urgenza, di procedere direttamente all'acquisto nelle locali farmacie.
Nell'anno 2003 la stessa amministrazione penitenziaria ha emanato ulteriori direttive anche per la medicina specialistica. La circolare del 6 febbraio 2003 ha infatti rielaborato i tre livelli di assistenza sanitaria anche in materia di consulenza specialistica, prevedendo, per gli istituti di primo livello solo due convenzioni per le consulenze specialistiche individuate in base alla prevalenza delle patologie rilevate, alla tipologia dell'utenza, ai mezzi diagnostico strumentali già in possesso dell'istituto e alle difficoltà, per le suddette branche di convenzioni con strutture sanitarie pubbliche; per gli istituti di secondo livello, le convenzioni per sei branche specialistiche individuate in base agli stessi criteri stabiliti per gli istituti di primo livello e per gli istituti di terzo livello, sede di centro clinico, il mantenimento di tutte le branche specialistiche già attivate.
Per le branche specialistiche in infettivologia e in psichiatria è stato invece previsto il rinnovo per tutti gli istituti penitenziari indipendentemente dal livello.
Alla luce di quanto esposto, si ritiene che il diritto alla salute dei detenuti sia adeguatamente tutelato, secondo i principi dettati dalle Costituzione (articoli 2 e 32). Si sottolinea inoltre che l'amministrazione penitenziaria ha avviato un processo di integrazione tra il Servizio sanitario penitenziario e il Servizio sanitario nazionale, che sicuramente accrescerà i livelli di assistenza già assicurati.
Per quel che riguarda gli istituti penitenziari di Roma Rebibbia Nuovo complesso e casa di reclusione gli stessi hanno un'organizzazione sanitaria che garantisce
standards sanitari generalmente adeguati. Nel servizio sanitario di questi Istituti opera infatti personale sanitario in grado di soddisfare il diritto alla salute dei detenuti.
Precisamente in tali istituti opera il seguente personale:
Rebibbia Nuovo Complesso:
otto medici convenzionati per il servizio di assistenza sanitaria integrativa che con turnazione oraria assicurano un servizio di continuità assistenziale per tutto l'arco della giornata (il monte ore giornaliere autorizzato è infatti di 27 ore);
sette medici incaricati che esplicano tutte le funzioni e compiti indicati dalla legge n. 740/70;
quindici convenzioni con specialisti che, previa richiesta del medico incaricato, visitano quei detenuti che ne necessitano;
quarantasette infermieri convenzionati e quattro infermieri di ruolo, coadiuvati da nove ausiliari socio sanitari (monte ore disponibile giornalmente per il servizio infermieristico è di ore 228);
Rebibbia casa di reclusione:
sette medici convenzionati per il servizio di assistenza sanitaria integrativa che con turnazione oraria assicurano un servizio di continuità assistenziale per tutto l'arco della giornata (il monte ore giornaliero autorizzato è di 24 ore);
tre medici incaricati che esplicano tutte le funzioni e compiti indicati dalla legge n. 740/70;
nove convenzioni con specialisti che, previa richiesta del medico incaricato, visitano quei detenuti che ne necessitano;
otto infermieri convenzionati e un infermiere di ruolo (monte ore disponibile giornalmente per il servizio infermieristico è di 78 ore, di cui 40 destinate all'assistenza dei detenuti minorati psichici).

Un discorso a parte deve essere invece fatto per il disagio mentale all'interno degli Istituti penitenziari.
Con circolare del 30 giugno 1999, l'amministrazione penitenziaria, prendendo atto del fenomeno del disagio psichico all'interno degli istituti penitenziari, ha, infatti, provveduto a rimodulare il rapporto libero professionale degli specialisti in psichiatria, prevedendo per gli stessi una retribuzione oraria in modo da svincolarli da un'attività


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di mera consulenza, come avviene per le altre branche specialistiche.
Stabilendo infatti una tariffa oraria e non a visita, lo psichiatra, diversamente dagli altri specialisti, non è subordinato, per l'effettuazione delle visite alla richiesta del medico incaricato, ma decide nell'ambito della propria autonomia divenendo, in tal modo, parte integrante non solo dell'area sanitaria, ma di tutta l'istituzione penitenziaria, viste le inevitabili connessioni con l'area della sicurezza e con quella trattamentale.
Una volta attivato il servizio, lo specialista in psichiatria, assicurando una presenza oraria, non solo è in grado di instaurare e di gestire un vero e proprio rapporto terapeutico con il paziente, ma viene posto nella condizione di monitorare costantemente la condizione di disagio psichico dei detenuti e di apportare un notevole contributo agli altri operatori, che prestano la propria attività all'interno degli istituti penitenziari.
Il Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, consapevole dell'importanza del ruolo che assume il servizio psichiatrico, così come è stato disposto dalla citata circolare del 1999, ha conservato per tutti gli istituti penitenziari, l'attivazione della branca specialistica in psichiatria, prevista anche dall'ordinamento penitenziario.
La Casa Circondariale di Rebibbia, Nuovo Complesso ha un servizio psichiatrico attivo per dodici ore al giorno compresi i giorni festivi e sono sette gli specialisti in psichiatria che, con turnazioni orarie, assicurano la continua presenza dello psichiatra in Istituto.
Gli specialisti in psichiatria nella predetta casa circondariale svolgono un'attività professionale connessa con quella del servizio psicologico e con quella trattamentale; gli stessi, infatti, unitamente agli psicologi partecipano alle riunioni del gruppo di osservazione e trattamento.
La casa di reclusione di Rebibbia utilizza per sessanta ore mensili gli specialisti del polo psichiatrico di Rebibbia Nuovo Complesso, mentre per il reparto destinato ai minorati psichici ha convenzionato appositamente uno specialista, in modo che per i soggetti ristretti in questo reparto venga assicurata una continuità terapeutica con un unico specialista. Lo scopo è infatti quello di ottenere, per tali detenuti, il recupero delle competenze e autonomie anche con l'uso di bassissimi dosaggi psicofarmacologici.
Fondamentale risulta a tal proposito la collaborazione con organismi territoriali esterni che, mediante protocolli d'intesa, possono mettere a disposizione il proprio personale. Con la direzione della Casa di reclusione di Roma Rebibbia già da tempo collabora, attraverso appositi progetti, il Dipartimento di salute mentale dell'Asl RM/B, al fine di attuare in ambito detentivo un intervento di tipo comunitario anche attraverso la formazione, a cura della Asl, del personale che opera nel reparto.
Il problema della tutela della salute mentale della popolazione detenuta è stato sempre preso in particolare considerazione e numerose sono state le disposizioni ministeriali emanate, al fine di limitare il numero dei suicidi e degli atti di autolesionismo.
Già nel 1987 con apposita circolare è stato istituito il servizio psicologico nuovi giunti. All'interno di questo servizio lo psicologo riveste un ruolo di estrema importanza in quanto, dovendo valutare i rischi di autolesionismo e di suicidio del detenuto, è in grado di segnalare, ad altre figure professionali, situazioni critiche permettendo così l'adozione di misure precauzionali quali la grande sorveglianza e la sorveglianza a vista, atte a scongiurare la messa in atto di gesti autolesivi. Attraverso l'organizzazione del servizio psicologico e del servizio psichiatrico l'amministrazione penitenziaria ha cercato di limitare il compimento di gesti autolesivi e i suicidi dei detenuti anche con l'opera di personale qualificato per «monitorare» situazioni di disagio mentale.
Per quanto riguarda i provvedimenti di clemenza si rappresenta che con la legge n. 207 del 1o agosto 2003 il Parlamento ha definitivamente approvato il cosiddetto «indultino».
Con tale provvedimento al condannato, che ha già scontato almeno la metà della


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pena detentiva, la stessa potrà essere sospesa per la parte residua nel limite di due anni.
Il beneficio può essere concesso una sola volta e va escluso in presenza di alcuni gravi reati quali, ad esempio, quelli di mafia, traffico di stupefacenti, violenza sessuale, sequestro, estorsione aggravata o qualora il condannato sia stato dichiarato delinquente abituale, professionale o per tendenza o qualora ricorrano altre ipotesi specificamente indicate nella legge stessa.
Ciò premesso, in ordine agli effetti prodotti dalla legge in argomento, si comunica che all'atto dell'entrata in vigore della stessa i detenuti erano 56.751 e che, alla data del 29 febbraio 2004, i soggetti che ne hanno beneficiato sono 4.592.
Per quanto riguarda la situazione di affollamento si rappresenta che, alla data del 9 aprile 2004, i detenuti presenti negli istituti penitenziari erano 55.837, a fronte di una capienza complessiva regolamentare di 42.115 e una capienza dichiarata di tollerabilità pari a 61.166.
Dal confronto dei dati relativi all'anno 2003, con quelli relativi all'anno precedente, emerge che le presenze medie dei detenuti risultano in diminuzione.
Più in generale, il problema dell'affollamento è al centro di una continua ed intensa attività di monitoraggio da parte della direzione generale competente, impegnata nell'opera di contenimento dei potenziali effetti distorsivi che un tale fenomeno può sortire.
A tal fine, vengono progressivamente attuati dei trasferimenti di detenuti, per evitare situazioni di affollamento, tenendo conto delle esigenze processuali e personali (di studio, di lavoro, sanitarie, familiari, etc.) e, comunque, sempre entro i limiti massimi di presenze convenuti e ritenuti non oltrepassabili dal Comitato Europeo, per la prevenzione delle torture e dei trattamenti inumani presso il Consiglio d'Europa.
Per quanto concerne, infine, le iniziative tese a migliorare le condizioni di vita dei detenuti all'interno degli istituti penitenziari, si rappresenta che, per il rinnovamento e potenziamento del patrimonio edilizio, sono state individuate le nuove strutture da realizzare, destinate alla dismissione di vecchi istituti ormai strutturalmente inidonei alla funzione propria, differenziandole per caratteristiche strutturali, anche in relazione alla tipologia di detenuti cui saranno destinati.
Il programma ordinario di edilizia penitenziaria, allo stato attuale, prevede la costruzione di 24 istituti: per 9 di essi è stato stanziato il finanziamento, con fondi di bilancio del ministero delle infrastrutture e dei trasporti, il quale provvederà alla realizzazione delle opere; per i 2 istituti di Trento e di Bolzano è prevista la costruzione con il finanziamento delle rispettive province autonome; per ulteriori istituti si ricorrerà allo strumento della locazione finanziaria, con fondi di bilancio di questa amministrazione, stanziati con la legge 14.11.2002 n. 259; mentre i restanti 11 istituti programmati, privi di finanziamento, saranno realizzati anche con il concorso allo strumento della permuta, introdotto dalla legge finanziaria 2001.
Oltre alla realizzazione di nuove strutture, l'attività di rinnovamento e potenziamento comprende, laddove realizzabili, interventi di ampliamento di istituti già esistenti, con l'obiettivo di attenuare le condizioni di affollamento, assicurando nel contempo - anche grazie all'incremento della ricettività delle strutture - condizioni ambientali dignitose e vivibili.
Infine, per il risanamento delle strutture esistenti ed il miglioramento delle condizioni di vita al loro interno, si sta, inoltre, operando, compatibilmente con le disponibilità dei fondi, a dare attuazione alle vigenti prescrizioni normative relative all'adeguamento delle strutture al nuovo Regolamento penitenziario (decreto del Presidente della Repubblica 230/2000) e alle norme in materia di sicurezza sui luoghi di lavoro (legge 626/94), al potenziamento degli spazi destinati al trattamento intramurale dei detenuti con particolare riguardo alle attività lavorative e ai rapporti familiari (ad esempio, con spazi verdi attrezzati all'aperto) nonché alla predisposizione di idonee sezioni da destinare a circuiti detentivi differenziati.
Il Ministro della giustizia: Roberto Castelli.


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RAISI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
da diverso tempo il tribunale di Bologna soffre di una cronica mancanza di personale rendendo impossibile ai cancellieri di svolgere correttamente ed in maniera appropriata le richieste dei vari sportelli;
da oramai diverso tempo il ministero della giustizia è a conoscenza della situazione precaria in cui versa l'attività all'interno delle cancellerie del tribunale;
si pensi che all'ufficio copie atti giudiziari il personale è composto da un unico cancelliere, rendendo pressoché impossibile lo smaltimento delle richieste, nonostante l'assiduo impegno dello stesso cancelliere; che le sezioni sono tutte sotto-organico, a cui si deve aggiungere l'oramai cronica mancanza dei giudici togati;
nonostante gli impegni del ministero, il tribunale di Bologna continua a risentire di vari problemi strutturali ed organizzativi, in quanto non è mai stata ampliata la pianta organica dei magistrati e del personale ausiliario, ma che anzi la stessa è in parte diminuita;
tale mancanza di intervento ha prodotto notevoli disagi a tutti gli operatori del settore, in quanto - a causa del ridotto numero di personale - oltre a lunghi tempi d'attesa, un rischio di limitazione delle garanzie processuali, quali ritardi, nonché riduzioni di fatto dei termini dipresentazione e scadenza degli atti processuali -:
se sia a conoscenza della situazione in cui versa il tribunale di Bologna e quali provvedimenti vorrà assumere per risolvere tale questione, sia assumendo nuovo personale sia reperendo nuovi dipendenti da altre strutture e/o ministeri.
(4-03337)

Risposta. - Si rappresenta che la dotazione organica del personale amministrativo del tribunale di Bologna è stata ampliata per complessivi 107 posti in occasione della riforma del giudice unico (decreto ministeriale 1o giugno 1999).
Nello specifico, la pianta organica è stata modificata come da prospetto che segue.
Direttore di cancelleria: livello IX; + 4; da 6 a 10; Funzionario di cancelleria: livello VIII; + 10; da 9 a 19; Collaboratore di cancelleria: livello VII; + 26; da 36 a 62; Assistente giudiziario: livello VI; + 9; da 15 a 24; Operatore amministrativo: livello V; + 30; da 50 a 80; Stenodattilografo: livello V; + 2; da 3 a 5: Addetto registrazione dati: livello V; + 1; da 5 a 6; Addetto PC: livello V; + 2; da 0 a 2; Operatore sala macchina: livello V; + 2; da 0 a 2; Dattilografo: livello IV; + 10; da 7 a 17; Conducente automezzi speciali: livello IV; + 3; da 9 a 12; Addetto servizi ausiliari e di anticamera: livello III; + 8; da 10 a 18.
Con i successivi decreti ministeriali 30 dicembre 2000 e 6 aprile 2001 l'organico del tribunale di Bologna è stato complessivamente potenziato in ragione di 42 posti e ridotto di 41 posti. Le riduzioni hanno riguardato i soli profili di operatore giudiziario B2 e B1 ed ausiliario B1 e A1. Gli ampliamenti sono stati operati nelle aree C e B.
La situazione sopra descritta è illustrata in dettaglio dalle seguenti tabelle:
decreto ministeriale 30 dicembre 2000: C2: Cancelliere: + 13: da 19 a 32; B3: Cancelliere: + 15: da 24 a 39; B3: Operatore giudiziario: + 1: da 0 a 1; B2: Ausiliario: + 1: da 0 a 1; B2: Operatore giudiziario: - 24: da 95 a 71; B1: Operatore giudiziario: - 9: da 17 a 8; totale: - 3.
decreto ministeriale 6 aprile 2001: C1: Contabile: + 1: da 0 a 1; B3: Operatore giudiziario: + 8: da 1 a 9; B2: Operatore giudiziario: - 1; da 71 a 70; B1: Operatore giudiziario: + 2: da 8 a 9; B1: Ausiliario (Autista): - 3: da 12 a 9; B1: Ausiliario: + 1: da 1 a 2; A1: Ausiliario: - 4: da 18 a 14; totale: + 4.

Attualmente la situazione del personale amministrativo del tribunale di Bologna è la seguente: a fronte di una dotazione organica che prevede complessivamente 259 unità, sono presenti 226 unità (di cui un operatore giudiziario in part time), con una


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percentuale di scopertura dell'Ufficio pari al 12,75 per cento a fronte di quella distrettuale del 12,85 per cento e quella nazionale dell'11,62 per cento.
Prestano servizio, non conteggiate nell'organico, 5 unità di personale già impegnate nei progetti regionali di lavori socialmente utili, ai sensi della legge n. 448/2001.
Pertanto le presenze effettive sono 231 su 259, riducendo di fatto la percentuale di scopertura al 10,82 per cento.
Per la copertura delle vacanze del personale amministrativo sono state bandite dall'amministrazione le relative procedure di riqualificazione, riservate al personale dipendente.
Per esigenze urgenti di funzionalità dell'ufficio, il presidente del tribunale di Bologna potrà chiedere l'applicazione di personale al presidente della locale Corte di Appello.
Il Ministro della giustizia: Roberto Castelli.

RICCIO. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
il Direttore Generale DAP (ufficio del personale) ha emanato nei giorni scorsi un provvedimento di autorità, tendente ad inviare in missione 235 unità di polizia penitenziaria dalle sedi del centro-sud a quelle del nord Italia;
in conseguenza il provveditorato regionale dell'Abruzzo e del Molise ha disposto l'utilizzo di 5 unità dalla casa di reclusione di Campobasso, di 3 unità dalla casa di reclusione di Larino e di 3 unità dalla casa circondariale di Isernia;
il provvedimento è stato assunto unilateralmente, non essendo stato concordato con le organizzazioni sindacali della categoria e quindi in violazione degli accordi sindacali della mobilità;
ciò ha provocato la ferma presa di posizione delle organizzazioni sindacali SAPPe, OSAPP, CISL, UIL, SINAPPE, SIALPE e SIAPPE, che rappresentano la intera categoria della polizia penitenziaria della regione Molise;
in data 12 gennaio 2004 la contrattazione si è conclusa con un nulla di fatto e le organizzazioni sindacali tutte hanno diffidato la amministrazione dal dare l'attuazione alla mobilità d'ufficio; il provveditore da parte sua ha confermato la necessità di ottemperare alla disposizione suddetta; è stato proclamato lo stato di agitazione delle organizzazioni sindacali per i giorni 14-15-16-17 gennaio 2004, consistente nella astensione dalla consumazione dei pasti della mensa di servizio, con riserva di più dure forme di lotta -:
i motivi che hanno determinato un provvedimento, ad avviso dell'interrogante, sicuramente illegittimo, inconferente e contrastante con le esigenze di servizio del personale della polizia penitenziaria del Molise e se non sia il caso che ne venga disposta la immediata revoca.
(4-08586)

Risposta. - Come è noto, l'attuale organico delle strutture penitenziarie è stato fissato con decreto ministeriale 8 febbraio 2001.
La consistenza organica del personale in servizio presso ciascun istituto penitenziario non è stata adeguata alle previsioni del menzionato decreto, per cui la distribuzione dei contingenti di polizia penitenziaria nelle varie regioni è risultata disomogenea.
Al fine di attenuare detto fenomeno, il Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria ha intrapreso varie iniziative, tra le quali la mobilità d'ufficio di 300 unità di personale di polizia penitenziaria da sedi con esubero di personale, ubicate nel sud del Paese, a sedi con particolari carenze, ubicate al nord.
Le attività connesse alla predetta mobilità sono state oggetto di regolare informazione preventiva ed esame congiunto con le Organizzazioni sindacali a livello centrale; al riguardo, le predette organizzazioni hanno manifestato una ferma opposizione ai trasferimenti d'ufficio ed hanno espresso il loro consenso solo relativamente a quelli su base volontaria. Tenendo conto delle indicazioni di parte sindacale, l'amministrazione


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Penitenziaria ha suddiviso il procedimento di mobilità d'ufficio cui trattasi in due fasi, la prima basata sulla eventuale disponibilità espressa dagli interessati e l'altra sulla individuazione dei dipendenti da trasferire secondo criteri obiettivi e trasparenti, la cui concreta esecuzione è stata demandata ai provveditori Regionali competenti (Abruzzo e Molise, Basilicata, Calabria, Campania, Puglia, Sicilia).
In esito alla prima fase, sono state trasferite 65 unità, mentre per le residue 235 unità da trasferire si è provveduto a disporre, provvisoriamente, con provvedimento del 18 dicembre 2003, servizio di missione con possibilità di rotazione mensile dei destinatari. Tale ultima scelta è apparsa opportuna in relazione ai lavori per la legge finanziaria per l'anno 2004, la quale, così come approvata, ha previsto la possibilità per l'amministrazione penitenziaria di assumere un congruo numero di agenti (articolo 3, comma 158).
Ciò premesso, deve tenersi conto che la mobilità di cui trattasi è stata disposta nel pieno rispetto del sistema di relazioni sindacali vigente (articolo 23 e ss. decreto del Presidente della Repubblica 18 giugno 2002 n. 164), che non prevede una contrattazione tra le parti, bensì un esame congiunto. Più specificamente, l'esame congiunto fra amministrazìone centrale e parte sindacale si è protratto per un considerevole periodo di tempo (dal 27 maggio al 16 ottobre 2003, data dell'ultimo incontro), al termine del quale la competente direzione generale del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria ha emesso i provvedimenti di propria competenza, nel rispetto delle disposizioni di legge e delle regole di buona amministrazione; si precisa, al riguardo, che i provvedimenti di missione hanno una durata limitata nel tempo, con rotazione mensile, per cui i disagi del personale sono stati ridotti al minimo indispensabile, a fronte delle gravi esigenze sul piano della sicurezza che li hanno determinati.
Tuttavia, al fine di mantenere delle serene relazioni sindacali, il dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, in data 5 febbraio 2004, ha avuto un incontro con le organizzazioni sindacali in esito al quale è stato redatto un protocollo d'intesa, che prevede sostanzialmente:
a) l'individuazione delle unità da inviare in servizio di missione in base solo al principio di volontarietà, con sospensione del piano di mobilità antecedentemente redatto;
b) il riconoscimento al personale in servizio di missione della facoltà di consumare un pasto al giorno presso esercizi pubblici;
c) l'emissione dei provvedimenti amministrativi esecutivi dello stesso protocollo d'intesa.

In seguito all'incontro le forme di protesta sono cessate.
Per quanto concerne, infine, le iniziative già assunte per il reclutamento dall'esterno di ulteriori unità di polizia penitenziaria ed il conseguente rafforzamento dei relativi organici, si rappresenta quanto segue:
Agenti ausiliari di leva: nel corso dell'anno 2003 sono state complessivamente reclutate per il periodo di ferma obbligatoria 537 unità. Ulteriori contingenti saranno reclutati per l'anno 2004 il primo dei quali, pari a 160 unità, sarà a breve avviato al previsto corso di formazione;
Allievi agenti femminili: si sono concluse le procedure finalizzate all'accertamento dei requisiti psico-fisici ed attitudinali relativi al concorso a n. 284 posti di allievo agente di polizia penitenziaria femminile e sono stati avviate al previsto corso di formazione le candidate, collocatesi in posizione utile nella relativa graduatoria di merito;
Allievi vice ispettori: nello scorso mese di febbraio si sono svolte le prove scritte relative al concorso a n. 271 posti di allievo vice ispettore del ruolo degli ispettori del corpo di polizia penitenziaria;
Allievi vice commissari: nello scorso mese di marzo sono iniziate le prove d'esame relative al concorso a n. 298 posti di vice commissario in prova del ruolo dei commissari della polizia penitenziaria.


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Per quanto riguarda l'assunzione dei volontari in ferma breve nelle forze armate, ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 2/9/97 n. 332 «Regolamento per l'immissione dei volontari delle forze armate nelle amministrazioni previste dall'articolo 3, comma 65, della legge 24/12/93 n. 537», il ministero della difesa, con apposito bando pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 16 maggio 2003 n. 38, ha predisposto il decreto di arruolamento per l'anno 2004 di personale volontario in ferma breve. Il numero di posti disponibili per l'amministrazione penitenziaria ammonta a 208 unità di personale maschile e 20 unità di personale femminile. Le procedure per l'accertamento dei requisiti psico-fisici ed attitudinali degli aspiranti, che risulteranno idonei a seguito della prova di selezione culturale, si terranno presumibilmente nel periodo settembre/ottobre 2004.
Il Ministro della giustizia: Roberto Castelli.

RUSSO SPENA. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
la procura di Cosenza ha spiccato dei mandati di cattura nei confronti di esponenti della «Rete Sud Ribelle», successivamente arrestati e tradotti in carceri di massima sicurezza;
dalla stampa si apprende che un ruolo attivo delle indagini è stato svolto dai ROS dei Carabinieri, che avrebbe sottoposto il dossier sugli indagati anche ad altre procure di varie città prima di approdare a quella di Cosenza;
il capo della Procura cosentina, Serafini, ha affermato che il ministero dell'interno era stato informato, replicando, quest'ultimo, dalle pagine del Corriere della Sera che tra «l'essere informati e l'appoggiare ce ne corre»;
nell'ordinanza della procura di Cosenza si afferma che alle indagini avrebbero partecipato la DIGOS di Cosenza e il nucleo dei ROS di Catanzaro;
le indagini risultano essere scaturite - secondo la citata ordinanza - dal ritrovamento di un volantino dei NIPR in una fabbrica di Rende, su cui ha operato fattivamente da Roma l'UCIGOS;
secondo il settimanale Carta, l'UCIGOS di Roma avrebbe avuto un ruolo rilevante tanto che alla squadra mobile capitolina qualcuno sapeva che «stava per succedere un casino a Cosenza» già dieci giorni prima degli arresti, mentre «nel comando provinciale dei carabinieri e probabilmente delle Questure sono comparsi gli agenti dei servizi segreti»;
sempre secondo Carta, il GOS, un reparto speciale dipendente della Criminalpol con sede operativa in provincia di Reggio Calabria, che opera su richiesta delle questure ma per decisione centrale di Roma, avrebbe realizzato gli arresti «più pericolosi» -:
chi abbia condotto realmente le indagini;
se risponda al vero la presenza dei servizi segreti a Cosenza, con quale ruolo e chi ne avrebbe deciso il coinvolgimento e da quando;
se risponda al vero che si sono svolte nella procura di Cosenza riunioni tra varie strutture della polizia di Stato e dell'Arma dei Carabinieri, ivi compresi reparti speciali, quali i citati GOS, e se il loro impiego sia stato effettivamente sollecitato da Cosenza e da chi.
(4-04722)

Risposta. - Con riferimento ai quesiti posti con l'interrogazione in argomento, concernente la vicenda relativa ai mandati di cattura emessi dalla Procura della Repubblica di Cosenza nei confronti di esponenti della «Rete Sud Ribelle», successivamente arrestati e tradotti in carceri di massima sicurezza, nell'ambito del procedimento penale a carico dei no global, si comunica quanto segue.
In proposito appaiono del tutto puntuali ed esaustivi gli elementi di risposta forniti dal Procuratore della Repubblica di Cosenza dai quali emerge che le indagini


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relative al procedimento de quo sono state svolte dalla D.I.G.O.S. presso la Questura di Cosenza, dai Carabinieri di Rende e dal R.O.S. di Catanzaro e Cosenza. Non risulta che alle stesse abbiano preso parte i Servizi Segreti, mentre hanno avuto luogo presso la Procura della Repubblica di Cosenza, secondo peraltro una prassi consolidata, riunioni investigative ed organizzative tra il sostituto titolare delle indagini ed elementi della D.I.G.O.S. e dei carabinieri destinatari delle deleghe per le indagini: riunioni ed indagini cui, comunque, non hanno mai preso parte elementi del GOS, con il quale il procuratore di Cosenza riferisce di non aver mai avuto alcun contatto.
Nessun contatto diretto ha avuto inoltre la citata procura con l'UCIGOS di Roma in merito alla vicenda in parola, né risulta che nell'ordinanza emessa dal GIP si parli di un ruolo importante avuto da parte dell'UCIGOS.
Il Ministro della giustizia: Roberto Castelli.

RUSSO SPENA. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
la casa circondariale di Ancona ospita, alla data odierna, 301 detenuti, rispetto ad una capienza regolamentare di 185;
dal 2002 la sezione conosciuta come «filtro» ha mutato destinazione ed ora si è trasformata in sezione «protetti»;
la sezione «filtro» era stata, inizialmente, istituita con lo scopo di monitorare per un brevissimo periodo la situazione dei nuovi venuti ed in caso di particolari esigenze psico-fisiche, destinarli a trattamenti diversi dalle normali sezioni;
di conseguenza tale reparto poteva ospitare fino ad un massimo di otto detenuti per un breve periodo, ed ha strutture per l'aria e la socializzazione ridotte;
risulta all'interrogante che nella sua nuova destinazione, il reparto ospiterebbe, attualmente, 14 detenuti, accorpati nelle celle per similarità di reati;
risulta inoltre all'interrogante che:
a) la disponibilità di aria si ridurrebbe così a 40 minuti a testa, perché il camminamento stesso verrebbe usufruito in modo da tenere separate le varie tipologie di reato;
b) non sarebbero consentite ai detenuti attività di socializzazione, di lavoro, di formazione;
c) la permanenza dei detenuti nella sezione «protetti» non avrebbe affatto durata transitoria, ma si configurerebbe come collocazione definitiva, o quantomeno di lungo periodo;
d) le regole comportamentali in detto reparto sarebbero osservate solo in parte, poiché la separazione dei detenuti a seconda del reato sarebbe messa in pratica solo per quanto riguarda l'aria, mentre si sarebbero verificate alcune coabitazioni «improprie»;
le lecite richieste da parte dei detenuti del rispetto di quanto stabilito dalla direzione circondariale stessa non hanno trovato finora risposta;
da una lettera inviata dal signor Candita Roberto, detenuto nella Casa Circondariale di Ancona, in data 24 luglio 2003 al reggente della procura della Repubblica di Ancona si evince che lo stesso avrebbe inoltrato denuncia penale contro la Direzione della Casa Circondariale per maltrattamenti psicofisici, nonché per abuso di potere;
dalla medesima missiva risulta inoltre che:
a) la denuncia penale non avrebbe sortito alcun effetto, malgrado gli illeciti penali denunciati dal signor Candita (con cinque cartelle dattiloscritte), ad opera della direzione di questo carcere, e nonostante l'articolo 112 della Costituzione obblighi il pubblico ministero ad esercitare l'azione penale;
b) copia delle cinque cartelle dattiloscritte allegate alla denuncia sarebbe stata consegnata brevi manu al magistrato


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di sorveglianza, dottoressa Giaquinto, nell'udienza avuta con la stessa in data 15 luglio 2003. In quella udienza lo stesso Magistrato avrebbe riconosciuto le «contraddizioni» in cui vivono i detenuti ospitati nella sezione cosiddetta «zona filtro» del carcere di Ancona ed è bene ricordare che si tratta di detenuti «comuni» e non soggetti a particolari regimi tipo 41-bis, né vi sono soggetti sottoposti all'articolo 33, né ai commi 4 e 5 dell'articolo 39;
c) in seguito alla denuncia sarebbero stati inaspriti gli abusi della direzione nei confronti del Candita, che sarebbe stato «condannato» all'isolamento diurno senza una ragione specifica o un motivo plausibile che possa giustificare tale isolamento;
d) dal 13 agosto, il Candita attuerebbe la protesta pacifica e civile dello sciopero della fame (ha perduto oltre 10 Kg. di peso). Inoltre, ad oggi né la direttrice, né il comandante della polizia penitenziaria e né il magistrato di sorveglianza si siano interessati per capire le ragioni di tale protesta;
in questa situazione, il Candita rischia di sprofondare in una grave depressione che potrebbe portarlo a «gesti insani» -:
se sia a conoscenza dell'esistenza della sezione cosiddetta «zona filtro» del carcere di Ancona, se risponda al vero che vi sia un trattamento inumano e degradante inflitto ai detenuti ospiti di detta sezione e che siano stati soppressi i diritti più elementari garantiti dalla Costituzione, dagli ordinamenti giuridici e dalle Convenzioni internazionali e, in caso affermativo, se non ritenga necessario dover avviare un'inchiesta sul perché di tale comportamento da parte delle autorità competenti e di dover assumere iniziative per rimuovere tale situazione lesiva dei diritti fondamentali dei detenuti nella sezione «protetti» del carcere di Montacuto (Ancona).
(4-07827)

Risposta. - Si rappresenta, preliminarmente, che dalle rilevazioni statistiche più recenti (aggiornate alla data del 9 marzo 2004) a disposizione della competente direzione generale, si evince che i detenuti complessivamente presenti nella casa circondariale di Ancona ammontano a 298 unità, a fronte di una capienza regolamentare di 174 e a una capienza dichiarata di tollerabilità pari a 319.
La generalizzata carenza di posti disponibili è un fenomeno comune a diversi altri istituti penitenziari a fronte del quale è necessario attuare periodici sfollamenti tenendo, peraltro, conto delle esigenze processuali e personali (di studio, lavoro, sanitarie, familiari, eccetera) dei detenuti e, comunque, nel rispetto dei limiti massimi di presenze convenuti e ritenuti inderogabili dal Comitato Europeo «per la prevenzione delle torture e dei trattamenti inumani» presso il Consiglio d'Europa.
Nello stesso istituto di Ancona è presente una sezione per soggetti c.d. «Protetti» che è stata istituita in luogo di quella che in precedenza era la sezione filtro o transito. In tale sezione sono attualmente detenuti soggetti con particolari problematiche gestionali, quali ad esempio: ex collaboratori, detenuti invisi alla restante popolazione detenuta anche per il titolo di reato e soggetti che, per disturbi della personalità, non riescono a stare in reparto.
La sezione presenta una capienza regolamentare di 8 posti, una capienza tollerabile di 14 e, alla data del 9 marzo 2004, una presenza effettiva di 11 detenuti.
Al riguardo, si rappresenta che non sempre tale reparto viene pienamente utilizzato in quanto la tipologia dei soggetti ivi ristretti richiede in molti casi la loro sistemazione in cella singola. Si tratta infatti di un reparto in cui prevale la logica precauzionale e di tutela della persona ristretta.
Per maggiore tutela dei soggetti reclusi, il reparto protetti è inoltre una sezione in cui è previsto un trattamento limitativo dei momenti di aggregazione. Per tale ragione i detenuti attualmente fruiscono dell'ora d'aria a turno dalle ore 8,00 alle ore 16,00 per non meno di un'ora a testa.
Non esistono spazi per consentire ai ristretti di effettuare attività volte alla socializzazione e alla formazione dei medesimi


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detenuti. Al riguardo, si segnala che per garantire migliori condizioni detentive, ove necessario, sono stati attuati trasferimenti in altre sezioni idonee.
Si rappresenta, infine, che la situazione del carcere di Ancona è all'attenzione della competente direzione generale impegnata in attività di monitoraggio degli spazi detentivi di tutto il territorio nazionale e nell'opera di contenimento dei potenziali effetti distorsivi che un fenomeno quale quello del sovraffollamento può sortire.
Per quanto riguarda la denuncia presentata dal detenuto Roberto Candita (condannato per concorso in omicidio, tentato omicidio, violazione della legge sulle armi, lesioni personali, furto aggravato, rapina, ricettazione e violazione della legge sugli stupefacenti, con fine pena attualmente fissato per il 18 settembre 2023) si rappresenta che la direzione dell'istituto di Ancona ha già inoltrato le sue considerazioni alla procura della Repubblica competente.
La procura della Repubblica di Ancona ha comunicato che la nota del detenuto Candita è pervenuta in data 28 luglio 2003 e sono state richieste informazioni sia al presidente del tribunale di sorveglianza, sia alla direzione dell'istituto penitenziario.
Allo stato, sono in corso indagini e non sono state effettuate iscrizioni nel registro generale notizie di reato a carico di noti.
Lo stesso detenuto, proveniente dalla casa di reclusione di Spoleto, è stato assegnato alla sezione protetti di Ancona in quanto al momento dell'ingresso in istituto ha dichiarato di avere collaborato con la direzione di Milano e di temere per la propria incolumità personale.
Non risulta agli atti che il Candita sia mai stato sottoposto ad isolamento fuori dai casi previsti dalla legge.
Agli atti della competente direzione generale risulta infine che il citato detenuto ha attuato la protesta dello sciopero della fame, non ritirando il vitto dell'amministrazione, dal 13 agosto 2003 all'8 ottobre 2003, in quanto pretendeva di effettuare l'ora d'aria e la cosiddetta socialità in compagnia degli altri ristretti della sezione.
Il Ministro della giustizia: Roberto Castelli.

RUZZANTE. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
nella notte tra il 21 gennaio e il 22 gennaio 2004 presso via Belzoni a Padova vi è stata una sparatoria che ha causato il ferimento alle gambe di un giovane ragazzo magrebino;
dalle prime ricostruzioni, fatte in base alle dichiarazioni degli abitanti della zona, pare si sia trattato di una lite seguita da cinque colpi di pistola e dal repentino allontanarsi di un auto;
la zona in cui è avvenuto il fatto è densamente abitata e la sparatoria è avvenuta davanti ad un collegio universitario e nei pressi di una pizzeria molto frequentata;
Padova non è nuova a fenomeni di questo tipo, come dimostrano i dati relativi alla criminalità forniti dallo stesso Ministro dell'interno -:
se sia a conoscenza di quanto avvenuto a Padova in via Belzoni nella notte tra il 21 e il 22 gennaio 2004 e se, vista l'emergenza criminalità a Padova, non intenda al più presto mettere in campo tutte le azioni necessarie (in particolare un rinforzo degli organici delle forze dell'ordine) per far fronte a questa grave situazione.
(4-08646)

Risposta. - Si comunica che sono tuttora in corso le indagini sul ferimento del cittadino marocchino raggiunto da alcuni colpi di arma da fuoco la sera del 21 gennaio 2004 all'interno di una pizzeria di Padova.
Dagli accertamenti fin qui svolti è emerso che l'episodio è scaturito da un diverbio tra il ferito ed alcune persone, probabilmente nomadi.
Tuttavia, le perquisizioni effettuate nei campi nomadi della zona hanno dato esito negativo.
Per quanto concerne la situazione della sicurezza pubblica nella provincia in questione, nell'ultimo triennio si è registrata una tendenza all'incremento degli indici della delittuosità: nel 2001 sono stati censiti


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complessivamente 31.753 reati (oltre 3 mila in più del 2000), nel 2002 ne sono stati censiti 34.971, nel 2003 i reati registrati sono stati 40.231, mentre nei primi tre mesi del 2004 ne sono stati segnalati 10.502 a fronte dei 9.198 dello stesso periodo dell'anno precedente.
Hanno inciso su tali incrementi soprattutto i furti, che costituiscono oltre il 60 per cento del totale generale, ed i reati così detti «a basso impatto sociale» (ricettazioni, frodi, contrabbando ed altri reati non tipici della criminalità diffusa), che costituiscono quasi il 30 per cento mentre va registrata, sia relativamente al 2003 che ai primi mesi del 2004, la forte crescita delle truffe, rispettivamente aumentate del 142 per cento e del 157 per cento fino a rappresentare ormai circa il 4 per cento dello stesso totale; va, inoltre, segnalato il forte aumento del numero dei reati accertati in materia di stupefacenti (+ 11,8 per cento nel 2003, + 149,11 per cento nei primi tre mesi del 2004), dovuto, però, alla efficace attività di contrasto delle forze di polizia.
Nei primi tre mesi del 2004 sono stati registrati, invece, sensibili cali negli scippi (57, erano stati 71 nello stesso periodo del 2003, anno nel quale si era già verificata una netta contrazione del fenomeno rispetto all'anno precedente), delle rapine (104, erano state 129) e nelle estorsioni (4, erano state 12).
L'aumento del numero complessivo dei reati nella provincia si accompagna, comunque, ad un incremento dell'azione di contrasto delle forze dell'ordine, testimoniato dal numero delle persone denunciate ed arrestate.
Le persone denunciate sono state 8.303 nel 2002, 8.924 nel 2003 e 2.509 nel primo trimestre 2004 (erano state 1.982 nello stesso periodo dell'anno precedente); quelle arrestate sono state 1.437 nel 2002, 1.803 nel 2003 e 491 nel primo trimestre 2004 (erano state 445 nello stesso periodo dell'anno precedente).
Quanto agli organici delle forze di polizia, lo scorso mese di febbraio 2004 è stata disposta l'assegnazione agli uffici e reparti della Polizia di Stato della provincia, in potenziamento, di 15 dipendenti appartenenti al ruolo degli assistenti ed agenti, di cui 9 alla Questura; ulteriori potenziamenti nel ruolo dei commissari saranno valutati in occasione delle prossime immissioni in servizio, previste per il mese di ottobre, compatibilmente con le analoghe esigenze di altre realtà territoriali in ambito nazionale.
Si fa comunque presente che, secondo una rilevazione del 1o marzo 2004, la polizia di Stato dispone, nella provincia, di 1.330 dipendenti appartenenti ai ruoli ordinari, con una eccedenza di 254 unità rispetto alle dotazioni organiche, che ne prevedono 1.076.
L'Arma dei Carabinieri dispone, nella provincia, di 859 militari, organizzati in 5 Compagnie e 48 Stazioni.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Alfredo Mantovano.

SANDI, BRESSA e FISTAROL. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
si ha notizia che dal 1 aprile 2002 il personale di sorveglianza del carcere di Belluno e stato privato della mensa obbligatoria di servizio;
ciò in virtù del fatto che, venuto a termine il contratto d'appalto, non è stato ancora stipulato il nuovo (né sembra vicina la stipula);
in alternativa alla mancata distribuzione obbligatoria dei pasti l'amministrazione avrebbe il dovere di fornire un buono pari a lire 9.000, ma a tutt'oggi nessun buono è stato distribuito;
la popolazione attualmente detenuta in predetto carcere supera le 100 unità, ben oltre le possibilità logistiche; i detenuti stanno ammassati in camere che dovrebbero ospitare due persone ed invece in qualche caso si arriva alle 6 unità;
gli uffici navigano in difficoltà operative per mancanza di personale, il personale di ruolo, addetto alla sorveglianza e alla gestione della struttura, è spesso assente per malattie di lunga decorrenza,


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molte persone sono distaccate presso altri presidi, altre assenti per motivi di aggiornamento;
tutte queste condizioni determinano una situazione che colloca la sorveglianza dell'istituito sotto i parametri standard che il Ministero prevede per determinare la soglia minima di sicurezza ed inoltre caricano il personale stesso di un senso di disagio, lo espongono a possibili pericoli «dall'evasione all'aggressione» oltreché gravare su turni e carichi di lavoro (4.000 giorni di congedo da consumare solo in riferimento all'anno 2001) -:
se il Governo sia a conoscenza della difficile situazione del carcere di Belluno;
quali iniziative intenda assumere affinché venga garantita la sicurezza e la dignità di chi lavora, nonché dei detenuti.
(4-03045)

Risposta. - In considerazione della peculiarità del servizio relativo alle MOS (mense obbligatorie di servizio), la competente direzione generale del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, nel corso del 1999, ha disposto, per il periodo 2000-2001, che le gare fossero espletate a livello regionale al fine di assicurare in tutti gli istituti, anche in quelli più piccoli, dove il limitato numero di personale non avrebbe garantito la partecipazione di alcuna ditta, la fruizione del suddetto servizio.
In sede di rinnovo dei contratti ai sensi dell'articolo 27, comma 6 della legge 23 dicembre 1999, n. 488, è stato chiesto alle ditte contraenti un ribasso non inferiore al 3 per cento sul prezzo di aggiudicazione; ma la maggior parte di queste non ha ritenuto conveniente riscontrare positivamente tale richiesta in considerazione dell'esiguità della diaria contrattuale.
Sono state, pertanto, esperite diverse gare, prima a carattere regionale ed, in seguito, anche in sede locale che non hanno, però, avuto esito positivo.
Peraltro, per facilitare l'affidamento del servizio, si è disposto, come nel caso del Triveneto, di elevare la diaria da porre a base della gara sino a giungere al tetto massimo di euro 4,65, pari al corrispondente importo del buono pasto.
Nel frattempo, per garantire la fruizione del pasto a tutto il personale in servizio presso quegli istituti ove, malgrado i reiterati tentativi, non si era riusciti ad appaltare la MOS, la competente direzione generale ha autorizzato la corresponsione di buoni pasto.
Ciò è avvenuto presso la casa circondariale di Belluno, per il periodo dal 1o aprile 2002 al 30 settembre 2002, in quanto il servizio MOS è stato ripristinato dal 1o ottobre 2002.
In data 17 luglio 2002 il citato dipartimento dell'amministrazione penitenziaria ha evaso la richiesta di fornitura di n. 4.303 buoni pasto pervenuta dalla Direzione della casa circondariale di Belluno.
Gli ordinativi successivi sono stati sospesi a causa della indisponibilità finanziaria sul cap. 1624, di cui si è data notizia a tutti i provveditorati regionali con circolare del 22 ottobre 2002.
Pertanto, gli ulteriori ordinativi di fornitura dei buoni pasto sono stati procrastinati al successivo esercizio finanziario.
Per l'anno 2003 al provveditorato regionale di Padova, per le necessità della relativa circoscrizione, è stata assegnata la somma di euro 46.267,76 per l'acquisto di n. 11.396 buoni pasto; per l'anno 2004 è stata invece assegnata la somma di euro 69.410,00 per l'acquisto di n. 17.094 buoni pasto.
Si precisa inoltre che il provveditorato regionale di Padova non ha richiesto, oltre al
budget assegnato, ulteriori fondi.
Si ritiene opportuno evidenziare che, ai fini di una migliore organizzazione del servizio MOS, il citato dipartimento ha appositamente costituito un gruppo di lavoro che ha predisposto nuovi capitolati d'oneri per le gare, simili a quelli adottati dalla polizia di Stato, con la previsione di contratti con menù completi, integrati dalle grammature di ogni alimento componente il pasto, al fine di rendere più appetibile il cibo; è stata inoltre innalzata la diaria da porre a base di gara a euro 4,65 comprensiva di IVA, pari all'importo del buono


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pasto; è stata posta una maggiore attenzione sia all'igiene della produzione, sia alla distribuzione dei pasti, sia alle operazioni di pulizia e riassetto dei locali.
Per quanto concerne, infine, il personale in servizio presso l'istituto di Belluno, si rappresenta che su una previsione organica di 122 unità sono presenti 112 appartenenti alla polizia penitenziaria, mentre sono presenti 11 unità delle 19 previste del comparto ministeri.
In merito alle iniziative assunte per il reclutamento del personale si fa presente che, per quanto riguarda il comparto sicurezza, nella
Gazzetta Ufficiale «Concorsi ed Esami» del 18 marzo 2003 sono stati banditi i seguenti concorsi pubblici:
n. 298 unità di vice commissario/commissario del ruolo direttivo ordinario del Corpo di Polizia penitenziaria, per i quali è assicurata la relativa copertura finanziaria dall'articolo 19 del decreto legislativo n. 146/2000. Nei giorni 1o e 2 marzo 2004 si è tenuta, presso la direzione della scuola di formazione e aggiornamento del corpo di polizia e del personale dell'amministrazione penitenziaria di Roma - via di Brava, la prevista prova preliminare a seguito della quale sono stati giudicati idonei 590 candidati. Non sono state ancora programmate le successive fasi concorsuali (prove scritte, prova orale e accertamenti psico-fisici e attitudinali);
n. 271 unità (260 uomini e 11 donne) di allievo vice ispettore del corpo di polizia penitenziaria. Nel periodo 11-24 febbraio 2004 si è tenuta, presso la direzione della scuola di formazione e aggiornamento del corpo di polizia e del personale dell'amministrazione penitenziaria di Roma - via di Brava, la prevista prova preliminare. Nel periodo maggio/luglio 2004, presumibilmente, i candidati risultati idonei (n. 270) verranno convocati per essere sottoposti agli accertamenti psico-fisici ed attitudinali e, successivamente, saranno effettuate le prove scritte ed orali.
Sono state inoltre espletate le prove concorsuali relative alla assunzione di 284 unità di personale femminile del ruolo degli agenti ed assistenti del corpo di polizia penitenziaria, avviate in data 29 dicembre 2003 alla frequenza del previsto corso di formazione della durata di dodici mesi. Si sono altresì concluse le prove selettive relative all'accesso, mediante concorso pubblico per titoli, al gruppo sportivo «Fiamme Azzurre» per un totale di n. 23 posti: con P.D.G. del 24 marzo 2004 le candidate sono state nominate agenti del corpo di polizia penitenziaria.
Si segnala altresì che l'amministrazione penitenziaria, ai sensi dell'articolo 50, comma 12 della legge n. 388/2000, ha provveduto negli anni 2002 e 2003 all'assunzione di rispettive n. 569 e n. 537 unità di agenti ausiliari di leva.
In relazione al personale appartenente al comparto ministeri, si comunica che in attuazione dell'articolo 34, commi 5 e 6, della legge n. 289/2002 ed in deroga al blocco delle assunzioni per l'anno 2003, con decreto del Presidente della Repubblica 31 luglio 2003 il dipartimento dell'amministrazione penitenziaria entro il 31 dicembre 2003 ha assunto, pur entro il limite di
budget di spesa assegnato, complessivamente 23 unità di personale risultato vincitore ed idoneo in precedenti concorsi.
Inoltre nella
Gazzetta Ufficiale n. 30 del 16 aprile 2004 sono stati pubblicati i bandi di concorso per complessive 751 unità destinate a varie professionalità dell'Area C, posizione economica C1 e C2, e B2 (Infermiere professionale).
Sono state infine avviate le procedure di riqualificazione interne del personale, di cui all'articolo 15 CCNL, per complessivi 1101 posti di vari profili professionali.
Il Ministro della giustizia: Roberto Castelli.

TAGLIALATELA. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere premesso che:
il Collegio Provinciale di Napoli dei Periti Industriali è attualmente sottoposto a gestione commissariale;
l'attuale Commissario è stato nominato dal Ministero della Giustizia, con decreto ministeriale del 17 dicembre 2003,


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a seguito delle dimissioni della maggioranza dei Consiglieri;
le dimissioni della maggioranza dei Consiglieri si erano formalizzate dopo l'infruttuoso tentativo di eleggere un nuovo Presidente;
l'elezione del nuovo Presidente si era resa necessaria in seguito alle dimissioni del Presidente uscente, signor Stefano Esposito;
tali dimissioni sono arrivate in seguito all'arresto del signor Stefano Esposito, coinvolto in una inchiesta giudiziaria;
l'attuale Commissario, nominato dal Ministero, ricopre attualmente la carica di Vicepresidente Nazionale del Collegio dei Periti Industriali;
il Commissario Straordinario ha indetto per il prossimo 18 febbraio in prima convocazione e per il prossimo 21 febbraio in seconda convocazione l'assemblea per l'elezione delle cariche sociali;
il Collegio Provinciale di Napoli secondo quanto risulta all'interrogante non ha mai approvato i bilanci finanziari relativi agli anni 2001-2002-2003 -:
se il Commissario Straordinario abbia provveduto all'approvazione dei suddetti bilanci finanziari;
se abbia riscontrato eventuali irregolarità nella gestione del Collegio e, in caso affermativo, se non ritenga opportuno comunicare queste irregolarità;
quali iniziative intenda assumere nel caso in cui siano state riscontrate le irregolarità denunciate.
(4-08856)

Risposta. - Con decreto datato 17 dicembre 2003 l'amministrazione della giustizia ha disposto lo scioglimento del consiglio del collegio provinciale dei periti industriali di Napoli ed ha nominato il commissario straordinario che ha svolto e portato a termine il proprio ruolo in piena aderenza al mandato ricevuto. Infatti, il nuovo collegio si è insediato il 9 marzo 2004.
Il commissario straordinario non ha provveduto all'approvazione dei bilanci finanziari del citato collegio, non rientrando tale attività tra quelle a lui attribuite dall'articolo 8 del decreto legislativo n. 382/1944, e, ai sensi di questa norma, dal decreto di nomina dell'amministrazione.
Va precisato che tale decreto conferisce al commissario straordinario l'incarico di provvedere alla convocazione dell'assemblea per l'elezione del consiglio, all'ordinaria amministrazione e al disbrigo delle pratiche urgenti.
Il Ministro della giustizia: Roberto Castelli.