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PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto sul complesso del provvedimento.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Di Gioia. Ne ha facoltà.
LELLO DI GIOIA. Rinuncio ad intervenire, signor Presidente.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Sgobio. Ne ha facoltà.
COSIMO GIUSEPPE SGOBIO. Signor Presidente, esprimeremo voto contrario sul presente decreto-legge per le ragioni già esposte in sede di dichiarazione di voto sulla fiducia. Intendo solo evidenziare che questo provvedimento si aggiunge ai tanti altri, adottati da questo Governo, che colpiscono le fasce più deboli della nostra società e che non hanno a cuore gli interessi e il benessere del paese.
Si tratta di un provvedimento che solo parzialmente riuscirà a coprire il buco di bilancio e che si presenta come prodromo di quella che sarà la finanziaria del 2005, che prevede ulteriori e gravi sacrifici per gli italiani. Dunque, un provvedimento che invece di diminuire le tasse, le aggrava, con conseguenze negative sulle fasce più deboli della popolazione (Applausi dei deputati dei gruppi Misto-Comunisti italiani e Democratici di sinistra-L'Ulivo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Villetti. Ne ha facoltà.
ROBERTO VILLETTI. Signor Presidente, per i gruppi dei Democratici di sinistra, della Margherita e per la componente dei Socialisti democratici italiani, a nome dei quali svolgo questa dichiarazione di voto, il giudizio sui contenuti della manovra è netto.
Con il voto di fiducia si rivelano la fragilità, le divisioni e le contraddizioni che percorrono l'attuale coalizione di maggioranza. Non si tratta solo di contrasti di potere, che potrebbero essere ricomposti in un nuovo equilibrio - o, meglio, con un nuovo Governo con la stessa base parlamentare -, ma del risultato del fallimento dell'azione e, talvolta, dell'inazione del Governo.
È soprattutto il quadro economico a provocare l'instabilità. Dopo aver per tanto tempo sostenuto che non era necessaria una correzione dell'andamento dei conti pubblici, l'incombere di un severo avvertimento da parte della Commissione europea per lo sfondamento del vincolo dell'indebitamento netto delle pubbliche amministrazioni ha riportato tutti a guardare in faccia l'amara realtà.
Forse si era confidato sulla possibilità che anche l'Italia, come la Francia e la Germania, potesse sforare l'ormai famoso e terribile 3 per cento.
Non si era tenuto conto sufficientemente che il nostro paese è fuori linea già rispetto ad uno dei parametri del trattato di Maastricht, quello relativo all'incidenza dello stock del debito pubblico nei confronti del PIL. Questo stato di cose dimostra che in tre anni il Governo ha seriamente compromesso l'azione di risanamento, portata avanti fin dal primo Governo Amato nel 1992 e continuata dai successivi governi di centrosinistra. L'entrata dell'Italia nell'euro, importante obiettivo raggiunto da Prodi, da Ciampi e da Visco, segnò il successo di quest'opera assolutamente indispensabile. Tale percorso virtuoso è stato interrotto dal Governo Berlusconi, senza al contempo riuscire a dare un impulso alla crescita.
Il Presidente Berlusconi aveva affrontato la campagna elettorale del 2001, dando l'impressione ai cittadini che con la vittoria del centrodestra sarebbe finita la stagione dei tagli e delle tasse e si sarebbe altresì aperta una nuova fase, nella quale ci sarebbe stato un vero e proprio miracolo economico. Si trattava - e i fatti si incaricheranno di dimostrarlo - di promesse avventate e drogate, che non tenevano affatto conto né dell'andamento della congiuntura internazionale, né dell'esistenza di un pesante stock del debito pubblico.
Dopo la vittoria del 2001, il Governo entra immediatamente in affanno, rispetto all'immensa mole delle promesse fatte in campagna elettorale. L'aumento delle pensioni minime per tutti viene immediatamente ridimensionato, il programma di drastici e massicci sgravi fiscali si rivela in larga parte impraticabile.
Il Governo è costretto, di volta in volta, a ridurre le sue troppo ottimistiche previsioni sulla crescita e, di conseguenza, a disattendere le promesse improvvidamente fatte. Si vara, tuttavia, uno sgravio fiscale per i redditi più bassi, senza avere le risorse necessarie allo scopo. Non si tiene conto che per le fasce più sfavorite della società conta maggiormente l'erogazione dei servizi sociali essenziali, rispetto ad effimeri sgravi fiscali.
Non si riesce a controllare, riqualificare e ridurre la spesa corrente. Di fronte all'aumento dei prezzi, che riduce il potere di acquisto di stipendi e salari, il Governo non trova di meglio che promuovere una campagna per addebitarne la responsabilità all'introduzione dell'euro, alimentando nel nostro paese un euroscetticismo che non vi era mai stato e che mai era stato favorito dalle classi dirigenti della nostra Repubblica.
Non si affronta il problema del carovita, attraverso una monetarizzazione dei prezzi, un'ulteriore spinta alla liberalizzazione della nostra rete distributiva e ad un accorto e puntuale controllo fiscale. Si abbandona, come se fosse un ferrovecchio, la politica di concertazione tra Governo, imprese e sindacati nonché qualsiasi politica dei redditi, con la conseguenza di dare un formidabile contributo all'acuirsi dei conflitti sociali.
Questo capolavoro è stato completato, tappando i buchi che via via si creavano nei conti pubblici con misure una tantum; non mi riferisco solo alle cartolarizzazioni, ma soprattutto ai condoni, realizzati a cascata. Invece sappiamo bene che i condoni, come quelli fiscali, portano ad una diminuzione della credibilità della pubblica amministrazione, mentre quelli edilizi mettono a serio rischio la tutela del nostro territorio.
ROBERTO VILLETTI. I nodi sono venuti tutti al pettine. Sotto l'imperiosa richiesta del Vicepresidente del Consiglio Fini si è ricorso al sacrificio di un capro espiatorio, arrivando a provocare la destituzione del ministro Tremonti e, a conclusione della vicenda, a promuovere al suo posto il suo direttore generale.
Infine, è stata varata una manovra, oggetto dell'odierno voto di fiducia da parte della Camera, che è figlia di una politica che potrebbe essere definita degli occhi chiusi: non si è voluto vedere, e non si vuole vedere tuttora, la realtà che ci sta
di fronte. In questa manovra, non c'è alcun elemento di resipiscenza. Si tagliano gli incentivi alle imprese, soprattutto al sud, con la conseguenza di ridurre l'impulso che sarebbe necessario alla crescita. Si tagliano i trasferimenti agli enti locali e alle regioni, con la conseguenza che saranno questi a doversi addossare l'ingrato compito di aumentare le tasse.
Sullo sfondo dell'azione del Governo, resta la promessa di una massiccia e drastica riduzione delle tasse, che è diventata oggi, dato lo stato dei conti pubblici, più che una speranza, un incubo. Per il momento, tuttavia, con la manovra in esame non si riducono, ma si aumentano le tasse. Non è la prima volta che questo Governo aumenta le tasse. Con tale modo di fare né si risana, né si dà una spinta allo sviluppo.
Onorevoli colleghi, chiediamo un'operazione verità sui conti pubblici: lo hanno chiesto ripetutamente Fassino, Rutelli e Boselli, senza essere mai ascoltati. Attendiamo con preoccupazione il DPEF, che già altre volte è stato di scarsa o nulla credibilità e che verrà presentato, se verrà presentato, con notevole ritardo.
Se la situazione continuerà a scivolare su questa china, le destre lasceranno un'eredità le cui pesantissime conseguenze si risentiranno per lungo tempo. Da parte dell'opposizione, non può esservi alcun malcelato compiacimento: nessuno può augurarsi che il paese vada alla deriva, per trarne vantaggi elettorali.
Avete promesso un grande cambiamento, non siete stati neppure capaci di assicurare una vera conservazione. In queste condizioni, prima ci sarà un cambio politico attraverso le elezioni e meglio sarà per tutti. I deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra, della Margherita e dello SDI negheranno con il proprio voto contrario qualsiasi tipo di consenso a questa manovra, nella convinzione che l'Ulivo e il centrosinistra rappresentano la speranza per un avvenire migliore: saremo noi nel paese ad alimentare questa speranza tra i cittadini (Applausi dei deputati dei gruppi Misto-socialisti democratici italiani, Democratici di sinistra-L'Ulivo e Margherita, DL-L'Ulivo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Alfonso Gianni. Ne ha facoltà.
ALFONSO GIANNI. Signor Presidente, confermiamo il nostro voto contrario sul disegno di legge di conversione in esame, già sostanzialmente preannunciato nel corso del dibattito. Le motivazioni di tale voto non sono cambiate: non le ha cambiate certamente l'emendamento presentato dal Governo sul quale è stata posta la questione di fiducia; non le ha cambiate il dibattito interno alla maggioranza, che indica più che mai come, più che alla frutta, siamo all'ammazzacaffè! Siamo al raschiamento del fondo del barile, per trovare disperatamente risorse che facciano cassa.
La novità è costituita da un'ulteriore riduzione di 476 milioni di euro del fondo per la disoccupazione. Ciò rappresenta un ulteriore smacco da parte del Governo nei confronti della politica di dialogo sociale: si può dire che con questa manovrina il patto per l'Italia, firmato solamente da CISL, UIL e da numerose altre sigle sindacali tranne la più importante (la CGIL) e che era già morto e sepolto, viene addirittura polverizzato.
Non vi è quindi traccia di alcun interesse sociale nella politica di questo Governo e le misure di questa manovrina si qualificano per quello che sono, nella «filosofia» - naturalmente tra virgolette, si fa per dire, è un termine improprio, un termine esagerato - economica del Governo. Si ritorna alle logiche della proroga del condono, le quali - torno a ripeterlo -, anche in virtù della sentenza della Corte costituzionale e della riproposta competenza regionale su questo tema, rappresentano un'entrata del tutto incerta per lo Stato, per cui non so se fare una previsione, ma posso fare una scommessa. Naturalmente, non avendo molta disponibilità di liquido, non intendo puntare molto su questa posta, ma ho l'impressione
che, essendo i risultati di questa manovrina tesi esclusivamente a far rientrare il nostro paese, secondo quanto promesso dal ministro ad interim ad Ecofin, entro il limite del 3 per cento, e situando la previsione attorno al 2,9 - quindi un termine molto prossimo a quel 3 per cento -, se uno dei contenuti di questa manovra dovesse andare sbagliato o al di sotto della previsione dell'entrata, saremmo di nuovo punto e daccapo.
Saremmo cioè, oltre che al danno, alla beffa. Il danno, perché un Governo nato per ridurre le tasse non soltanto non riduce le tasse ma non riduce neanche i tassi e incrementa entrambi; la beffa, perché un Governo che spavaldamente sembrava fare dichiarazioni con l'allora ministro Tremonti di una elasticizzazione del patto di stabilità di Amsterdam e di Dublino, sulla scia - perché nulla questo Governo ha inventato, non avrebbe la levatura intellettuale per poterlo fare - di Francia e Germania, ci trova invece a «rappezzare» una manovra di basso livello per poter rientrare disperatamente - ma appunto non è detto che ce la faccia - nel margine di quel 3 per cento.
Siamo di fronte ad un passaggio segnato anche dalla modificazione della figura del ministro, del superministro per l'economia, siamo cioè passati dalla finanza creativa alla finanza puramente distruttiva. Questo è l'obiettivo del Governo e se a questa manovra dovesse aggiungersi la riduzione dell'aliquota della tassazione per i ceti più abbienti al 33 per cento e quindi la cancellazione del principio costituzionale della progressività dell'imposta, saremmo di fronte ad una logica che porterebbe allo sfascio delle casse dello Stato. Ora, questo sfascio è funzionale ad una maggioranza che ormai sa ed ha introiettato, sulla base delle recenti scadenze elettorali, la sindrome della sconfitta, per cui pensa di fare il peggio per consegnare a chi viene dopo un vero grande buco, non quello «tremontianamente» dichiarato in diretta dal TG1 tre anni fa, ma quello effettivo, che deriva da un aumento dell'evasione fiscale, da una diminuzione delle imposte per i ceti più abbienti, da una disattenzione sostanziale alle finanze dello Stato, dal fatto che l'avanzo primario che negli ultimi anni bene o male era stato messo «in cascina» - come ci dice con un linguaggio tipicamente lombardo l'onorevole Giorgetti - è stato «smangiato» dai topolini del Governo.
Questo è il punto vero della situazione a cui non si può sfuggire. I dati sono impietosi, parlano estremamente chiaro e non sono contestabili, anche perché esistono agenzie e fonti internazionali di rilevazione che li indicano al pubblico internazionale ludibrio.
Questa è la condizione per cui non solo assistiamo ad un declino industriale del nostro paese, che resta per noi la questione principale, ma anche ad un dissesto contabile. In sostanza, le destre, che avevano predicato la logica di bilancio, come facente aggio sulla logica dello sviluppo della sostanza e della materia economica, quindi dello sviluppo industriale, economico, civile e sociale, sbagliano ed hanno fallito anche sul loro stesso terreno.
È un fallimento storico, onorevole Presidente! Io non sto qui a guardare i litigi di Governo: la Lega che litiga con Alleanza nazionale, gli altri con Forza Italia e tutti contemporaneamente tra di loro. Questi sono fenomeni reali, ma «epifenomeni» di un avvenimento più profondo, più «substanziale», e cioè lo scollamento tra un blocco politico e quello sociale, il disperdersi nel fumo delle «magnifiche sorti e progressive», - come disse il ministro dell'istruzione dell'Ottocento, già villaneggiato e ironizzato da Giacomo Leopardi nella «Ginestra», Lorenzo Mamiani (il quale non sarebbe noto se non per questa frase e per il liceo romano che gli è intitolato) - della globalizzazione, «magnifiche sorti e progressive» che sono un mucchio miserabile di cenere.
La ragione, quindi, della nostra opposizione a questa manovrina va al di là del carattere modesto del provvedimento. Abbiamo ragione di ritenere - come già dicevo l'altro giorno - che purtroppo questa manovrina costituisca già l'asse portante
del prossimo Documento di programmazione economico-finanziaria: dunque di male in peggio.
Soprattutto, come è stato rilevato dai maggiori osservatori economici a livello internazionale e nazionale, questa manovrina da sola risolve poco, per cui dovremo aspettarci con la legge finanziaria del prossimo autunno una stangata dell'ordine di 30 e 40 mila milioni di euro, qualcosa che dal punto di vista della parificazione monetaria assomiglia molto a quella drammatica correzione degli inizi degli anni Novanta. Si torna quindi daccapo: è evidente, allora, che occorre una svolta nella politica economica e sociale.
Signor presidente, i soldi ci sono! Le dico solamente un dato: i salari degli operai e le retribuzioni degli impiegati e dei quadri intermedi sono diminuiti dal punto di vista del potere di acquisto reale negli ultimi anni. Contemporaneamente, le imprese finanziarie afferenti alla persona del Presidente del Consiglio - e concludo -, cioè il gruppo Mediaset, hanno incrementato il volume dei loro affari e guadagni del 17 per cento in un anno. Questo le dà il dato, e tutta la distanza esistente tra una élite estremamente ristretta, che si arricchisce, e la stragrande maggioranza del paese che si impoverisce.
Su questo noi condurremo la nostra battaglia per rovesciare il Governo delle destre (Applausi dei deputati dei gruppi di Rifondazione comunista, dei Democratici di sinistra-L'Ulivo e Misto-Verdi-L'Ulivo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Peretti. Ne ha facoltà.
ETTORE PERETTI. Signor Presidente, intervengo solo per dichiarare il voto favorevole dell'Unione dei democratici cristiani e dei democratici di centro e per rifarmi alle considerazioni svolte dal collega Liotta in sede di dichiarazione di voto sulla fiducia al Governo.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Canelli. Ne ha facoltà.
VINCENZO CANELLI. Signor Presidente, intervengo per esprimere il voto favorevole del gruppo di Alleanza nazionale e, sollecitato da molti amici, seppur con rancore, le chiedo l'autorizzazione alla pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale del mio intervento (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza nazionale).
PRESIDENTE. La Presidenza lo consente, sulla base dei consueti criteri.
LUANA ZANELLA. Signor Presidente, questa manovra è la dimostrazione lampante del fallimento della vostra politica economica, come si insinua, d'altronde, anche tra i banchi della maggioranza.
Sono tre anni che ci propinate previsioni e stime sull'andamento dei conti pubblici: ogni volta, esse risultano sbagliate, puntualmente smentite dai fatti! Solo poco più di un mese fa, Tremonti ci rassicurava sulla non necessità di una manovra correttiva: «Non c'è alcun rischio per la tenuta dei conti pubblici», egli dichiarava.
Invece, già l'ultima Relazione trimestrale di cassa indicava una crescita del 4,2 per cento della spesa corrente al netto degli interessi: un aumento tale da determinare un incremento del fabbisogno di oltre 16 mila milioni di euro rispetto al 2003! Si evidenziava, altresì, una contrazione delle entrate tributarie dell'1,9 per cento.
A ciò va aggiunto un netto peggioramento del saldo primario, che è risultato negativo nel primo trimestre dell'anno, con un'incidenza sul PIL dell'1,4 per cento. Secondo il Governo, a fine anno, il saldo primario dovrebbe tornare positivo: all'1,9 del PIL, che è comunque il valore più basso degli ultimi anni, lontanissimo da quel 5 per cento che era stato chiesto all'Italia dall'Unione europea come garanzia di discesa del rapporto tra debito e PIL.
Il fabbisogno, l'indicatore che va ad incidere direttamente su un debito pubblico che resta il primo dell'Unione europea, viaggia, come conferma l'ISTAT, attorno al 6 per cento del prodotto interno lordo. In aprile, la Banca d'Italia ha rilevato - e rivelato - un nuovo record del debito pubblico italiano: ben 1.450 miliardi di euro!
Questo è, in sintesi, il desolante quadro lasciatoci in eredità dal «superministro» Tremonti!
Signor Presidente, signori rappresentanti del Governo, colleghi, delle due l'una: o questo paese è in mano a degli incompetenti che, fino all'ultimo, non si sono resi conto del fatto che, in questi ultimi due anni, i conti pubblici e l'economia del paese cominciavano ad andare a rotoli oppure siamo di fronte a dei pataccari i quali hanno continuato a negare fino all'ultimo (Commenti di deputati di Forza Italia) ...
PRESIDENTE. Onorevole Zanella, la pregherei di adoperare ...
LUANA ZANELLA. ... non solo che i conti pubblici ...
PRESIDENTE. Onorevole Zanella, la pregherei di utilizzare un linguaggio più consono alla sede parlamentare!
LUANA ZANELLA. Mi scusi, signor Presidente, vuol dire che aggiungo le virgolette!
Dicevo che hanno continuato a negare fino all'ultimo non solo che i conti pubblici erano fuori controllo, ma anche che sarebbe occorsa una manovra correttiva. Ormai, avete portato il paese al declino!
In autunno, ci aspetterà una nuova manovra finanziaria che rischierà di essere pesantissima: si parla di 30 miliardi di euro, colleghi, per cercare di non superare la famosa soglia relativa al rapporto tra debito e prodotto interno lordo, soglia che, secondo alcune fonti, potrebbe tendere, l'anno prossimo, addirittura al 5 per cento!
Avevate promesso che le una tantum, i condoni e le sanatorie avrebbero lasciato il posto ad interventi strutturali; l'avete scritto, nero su bianco, anche nel DPEF dello scorso anno. Ci avevate assicurato che tutte le una tantum sarebbero state ridotte progressivamente, fino a scomparire entro due anni, sostituite soltanto da misure strutturali. Anche stavolta, invece, solo il 12 per cento dell'intera manovra si fonda su misure che possono essere considerate strutturali e che avranno effetto soltanto nel prossimo triennio!
Una manovra correttiva unicamente intenta a far cassa, senza alcuna prospettiva né ambizione di sostenere e rilanciare un paese da voi ricacciato sull'orlo di una crisi economica, finanziaria, sociale e una dinamica dei conti pubblici ormai fuori controllo, come non se ne vedeva da anni!
Mi chiedo per quale motivo, invece di tagliare risorse per le assunzioni effettuate nel Mezzogiorno, non avete ripristinato la tassa di successione sui grandi patrimoni (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Verdi-L'Ulivo)! Invece, avete tassato le compravendite delle seconde case che sappiamo essere il bene rifugio dei ceti medi cui avete promesso di tagliare le tasse come diceva giustamente chi mi ha preceduto (Commenti dei deputati del gruppo di Alleanza nazionale)! Avete alzato i tassi reali! La realtà è che tra le tante voci di bilancio da tagliare avete deciso di colpire, oltre ai ceti medi, ancora una volta, la parte più debole del paese, il Mezzogiorno, i disoccupati, i lavoratori, con un taglio di 479 milioni di euro al welfare (Dai banchi dei deputati del gruppo di Alleanza nazionale si grida: Basta!) Tagli agli ammortizzatori sociali, ai servizi forniti ai cittadini e agli enti locali, anche attraverso il taglio alle spese dei cosiddetti consumi intermedi!
PRESIDENTE. Onorevoli colleghi...
LUANA ZANELLA. Infine, l'ennesimo articolo sul condono edilizio con le relative proroghe dei termini. Su questo voglio ricordare che, sulla base di uno studio condotto dal Cresme e da Legambiente e
ricordato più volte in aula, l'ultimo condono edilizio ha causato l'aumento del 41 per cento delle costruzioni illegali nel 2003. In pratica, in soli 12 mesi, sono stati costruiti 40 mila edifici fuorilegge tra case, capannoni, fabbricati produttivi. Praticamente, l'equivalente di una città più grande di Agrigento o di Catanzaro. Per bilanciare poi gli enormi danni urbanistici ed ambientali, ci saremmo aspettati almeno il vantaggio derivante da maggiori entrate, come 3,7 miliardi di euro che avete calcolato di poter incassare e non incasserete mai! E lo sapete!
Tutto questo, mentre la Corte dei conti ha evidenziato, pochi giorni fa, il forte rischio che sanatorie e condoni del 2003, ripetutamente prorogati ed estesi, possano innescare un circolo vizioso di aspettative e di ulteriori condoni che potrebbero addirittura portare ad una contrazione del flusso delle entrate ordinarie.
Insomma, una manovra vergognosa, irricevibile per il suo cinismo di fondo che scarica tutto l'onere del risanamento o del finto risanamento dei conti pubblici sui cittadini lavoratori e sulla parte più debole del nostro paese (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Verdi-L'Ulivo e della Margherita, DL-L'Ulivo)!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Verro. Ne ha facoltà.
ANTONIO GIUSEPPE MARIA VERRO. Signor Presidente, nell'annunciare il voto favorevole del gruppo di Forza Italia, chiedo alla Presidenza di autorizzare la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo della mia dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. La Presidenza lo consente, sulla base dei consueti criteri.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Sergio Rossi. Ne ha facoltà.
SERGIO ROSSI. Signor Presidente, annuncio il voto favorevole del gruppo della Lega Nord Federazione Padana con tutte le osservazioni critiche che sono già state esposte dal collega Pagliarini in sede di dichiarazioni di voto sulla fiducia.
Siamo contrari al partito della spesa, siamo favorevoli alla riduzione delle imposte e da domani vorremmo vedere una svolta decisiva nel metodo e nei contenuti in questa materia in linea con il programma elettorale della Casa delle libertà promesso agli elettori nel lontano 2001.
Chiedo alla Presidenza di autorizzare la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale del mio intervento (Applausi dei deputati dei gruppi della Lega Nord Federazione Padana e di Alleanza nazionale).
PRESIDENTE. La Presidenza lo consente, sulla base dei consueti criteri.
Sono così esaurite le dichiarazioni di voto sul complesso del provvedimento.
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