Risposta. - Al riguardo si ritiene opportuno rammentare che la legge 14 aprile 1975, n. 103 ha sottratto la materia dei controlli sulla programmazione della RAI alla sfera di competenza dell'attività governativa per assegnarla a quella della Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi la quale determina gli indirizzi dei vari programmi, vigilando sul loro contenuto, ed adotta le deliberazioni ritenute necessarie ai fini dell'osservanza degli indirizzi medesimi.
per la stessa RAI di effettuare trasmissioni radiofoniche speciali.
dei servizi RAI all'estero comporteranno un generale miglioramento dal punto di vista della qualità di irradiazione e, pertanto, si ritiene che porteranno ad una diffusa maggiore soddisfazione delle aspettative degli utenti.
Risposta. - Il diritto costituzionale della libertà di manifestazione del pensiero, di cui una delle modalità di espressione è la riunione o l'assemblea, rientra in senso lato nella sfera di tutela dell'articolo 1 della legge n. 300 del 1970.
rispetto delle prescrizioni contrattuali e normative vigenti in materia; non risultano emanate specifiche disposizioni nel senso indicato dall'interrogante, che «negherebbero l'autorizzazione a tenere assemblee nei luoghi di lavoro» o «vieterebbero l'esposizione dei colori della bandiera della Pace nelle bacheche sindacali».
con la quale si poneva la questione del trasferimento del Commissariato di Polizia situato a Marghera-Venezia, in Via Cosenz, ad altra sede a causa dello sfratto esecutivo che pendeva per morosità;
Risposta. - Rispondendo all'interrogazione in esame, si comunica, preliminarmente, che la notizia della chiusura del commissariato di pubblica sicurezza di Marghera (Venezia) è priva di qualsiasi fondamento, essendo prevista entro giugno prossimo una sua ridislocazione nella vicina sede di via Nicolodi, a circa un chilometro da quella attuale, in via Cosenz.
fa riferimento, che ascende, sino alla data del 31 dicembre 2003, ad 82.633,10 euro.
delle stesse con conseguenze imprevedibili per l'approvvigionamento idrico delle popolazioni della zona, con gravi ripercussioni sulla pubblica utilità della preziosa risorsa;
Risposta. - Con provvedimento di concessione del 30 giugno 1997, la Distilleria Bertolino S.p.A è stata ammessa, in via provvisoria, ai benefici della legge n. 488 del 1992 consistenti in un contributo pari a 62.212.500.000 vecchie lire, commisurato ad investimenti ammontanti a 82.179.500.000 vecchie lire.
dell'ordinanza del TAR. In data 19 febbraio 2004 il Sindaco del comune di Mazara del Vallo ha comunicato al Ministero che le asserite inadempienze del comune - che a detta dell'impresa hanno causato ritardi nelle procedure attivate, variante e/o lottizzazioni - sono risultate infondate come da esito dell'Ordinanza del 26 novembre 2001 del Consiglio di Giustizia Amministrativa che ha riformato la sopracitata Ordinanza del TAR Sicilia.
Risposta. - Rispondendo all'interrogazione in esame, si comunica che l'autore del grave fatto di sangue cui fa riferimento è stato identificato e arrestato dopo pochissimi
giorni, il 25 agosto 2003, dai militari del comando provinciale dell'Arma dei carabinieri.
Risposta. - Rispondendo all'interrogazione in esame, si comunica, preliminarmente, che la notizia della chiusura del commissariato di pubblica sicurezza di Marghera (Venezia) è priva di qualsiasi fondamento, essendo prevista entro giugno prossimo una sua ridislocazione nella vicina sede di via Nicolodi, a circa un chilometro da quella attuale, in via Cosenz.
l'edificio di via Nicolodi, già adibito a sede distaccata di alcuni uffici della questura.
Risposta. - Al riguardo si ritiene opportuno rammentare che, a seguito della trasformazione dell'ente Poste Italiane in società per azioni, la gestione aziendale rientra nella competenza degli organi statutari della società.
Risposta. - Rispondendo all'interrogazione in esame, si comunica che, nella serata del 2 marzo 2004, nei pressi della sede RAI di Via Teulada in Roma, un gruppo di giovani appartenenti all'Unione degli studenti ha inscenato una manifestazione di protesta nei confronti del Ministro dell'istruzione, attesa come ospite della trasmissione televisiva Ballarò in programma quella sera.
Risposta. - Al riguardo si ritiene opportuno precisare che, a seguito della trasformazione dell'ente Poste Italiane in società per azioni, la gestione aziendale rientra nella competenza degli organi statutari della società.
Risposta. - Rispondendo all'interrogazione in argomento, si comunica che nel mese di agosto 2003, a Campi Bisenzio (Firenze), ignoti hanno imbrattato alcuni manifesti propagandistici di «Azione Giovani» affissi nel centro cittadino; l'episodio è stato denunciato alla compagnia carabinieri di Signa che sta svolgendo le relative indagini.
Risposta. - Rispondendo all'interrogazione in esame, si comunica che, nella notte compresa tra il 21 e il 22 febbraio 2003, furono vergate sui muri prospicienti l'abitazione del professor Luciano Canfora, ordinario di filologia greca e latina presso l'università degli studi di Bari, scritte offensive nei suoi confronti, seguite dal disegno di due croci celtiche.
Risposta. - Con l'atto parlamentare in esame, l'onorevole interrogante evidenzia uno dei casi di contenzioso che hanno coinvolto la nostra Cooperazione allo Sviluppo, sin dal 1987, e che sono stati risolti in questo ultimo quinquennio (1998-2003) a seguito di lodi arbitrali, sentenze dei tribunali ordinari, o in via transattiva.
avvenuta all'epoca in mancanza di procedure concorsuali certe e trasparenti; la non agevole definizione poi dei primi impegni contrattuali, che conseguentemente non ha previsto tutte le possibili ipotesi in seguito verificatesi; l'impostazione sperimentale dei progetti in una fase iniziale e nuova della nostra cooperazione allo sviluppo; il verificarsi in loco di fattori non previsti (calamità naturali, crisi militari o politiche, instabilità giuridica ed amministrativa, incapacità gestionale dei beneficiari) che hanno ritardato o reso irrealizzabili varie iniziative intraprese. Va infatti evidenziato che svariati casi citati si riferiscono al periodo in cui iniziative di cooperazione vennero avviate nell'ambito del Fondo Aiuti Italiani (FAI), con un approccio poi profondamente ripensato sia in termini di finalità che di procedure operative e di controllo.
ciascuna iniziativa, mancando tutte le valutazioni tecniche e gestionali effettuate da altri Organi dello Stato quali l'Avvocatura generale o la Corte dei conti; né si tiene conto dei risultati dell'eventuale esame giurisdizionale effettuato da parte della Procura regionale competente della Corte dei conti.
MOZAMBICO/CMC: «Ammodernamento ed ampliamento dell'acquedotto della città di Pemba»: Contratto del 3 novembre 1986 - «Programma di sviluppo integrato»: contratto del 17 luglio 1991.
Il 3 novembre 1986 la DGCS e la Cooperativa muratori e cementisti di Ravenna (C.M.C.) sottoscrissero un contratto, per un importo di lire 17.840.420.000, cui fece seguito un atto aggiuntivo, per un importo di lire 2.615.000.000, con il quale fu affidato il compito di realizzare i lavori di ammodernamento ed ampliamento dell'acquedotto della città di Pemba, in Mozambico. Le stesse parti il 17 luglio 1991 sottoscrissero altro contratto, per un corrispettivo globale massimo di lire 99.252.590.000, per la realizzazione del programma di sviluppo integrato nella provincia di Maputo, sempre in Mozambico. Nel complesso, pertanto, la CMC con detti contratti si era impegnata a realizzare in Mozambico lavori ed attività per oltre 119 miliardi di lire. Successivamente al termine delle attività nel 1997 la CMC proponeva ricorso per decreto ingiuntivo avverso il MAE-DGCS per ottenere il pagamento degli interessi maturati per ritardato pagamento per complessive lire 474.948.165 (D.l. del 5 maggio 1997 - r.g. n. 29741/97); inoltre proponeva, in riferimento al contratto del 1991, ulteriore azione innanzi al Tribunale Civile di Roma in data 1o agosto 1997 con la quale richiedeva la condanna del MAE-DGCS al pagamento di complessive lire 12.627.441.616, a titolo di ristoro dei maggiori oneri sostenuti ed espressi nelle riserve n. 1 e n. 10 iscritte nel registro di contabilità, rispettivamente, in data 25 giugno 1992 e 27 febbraio 1996; proponeva, infine, ulteriore azione innanzi al Tribunale di Roma nel 1998 per pretese risarcitorie per oltre un miliardo. Ulteriore decreto ingiuntivo veniva concesso dal giudice in data 18 settembre 1999 (r.g. n.76537/99). Complessivamente, quindi, la pretesa di CMC, portata in quattro differenti atti giudiziari, era pari a circa 14 miliardi di lire. A seguito di idonea informativa i contenziosi in essere con CMC sono stati interamente e complessivamente transatti a mezzo di un unico atto con un esborso da parte dell'Amministrazione di lire 6.837.000.000 (circa il 45 per cento della somma pretesa). Nello specifico, a seguito di comparato esame, è emerso che l'importo portato dal decreto ingiuntivo in realtà è stato ridotto a lire 163.000.000 circa, e rappresenta il risultato dell applicazione di un esatto criterio di
calcolo seguito dall'amministrazione. Per quanto invece concerne le domande degli altri giudizi, le stesse sono rappresentate dalle riserve n. 1 e n. 10; la riserva n. 1 per ritardato pagamento, e, quindi, la relativa domanda, è stata di fatto abbandonata mentre per quanto riguarda la riserva n. 10 la stessa trovava origine nel forzato prolungamento dei tempi di esecuzione del contratto determinato dall'intervenuta sospensione dei lavori. Infatti, la sospensione è stata operata su espressa richiesta del beneficiario mozambicano che, a seguito di mutate condizioni politiche e sociali conseguenti all'accordo di pace ratificato il 7 ottobre 1993 si è trovato a gestire situazioni diverse legate alle nuove necessità della popolazione reduce dalla cessata guerriglia sulla scorta di tali mutate condizioni politiche si è reso necessario sospendere i lavori e rielaborare il piano operativo con conseguenti oneri che derivavano all'impresa presente in loco.
Risposta. - Con l'atto parlamentare in oggetto l'ente interrogante evidenzia uno dei casi di contenzioso che hanno coinvolto la nostra Cooperazione allo Sviluppo, sin dal 1987, e che sono stati risolti in questo ultimo quinquennio (1998-2003) a seguito di lodi arbitrali, sentenze dei tribunali ordinari, o in via transattiva.
ARGENTINA/ITALCONSULT: «Progetto di sviluppo agricolo-zootecnico agroindustriale dell'area di La Quena Morillo nella provincia di Salta in Argentina». Contratto MAE/Italconsult S.P.A. del 12 aprile 1988.
L'iniziativa fu approvata dal MAE per l'importo di lire 6.068.251.000, divisa in due fasi per lire 1.960.024.000 e lire 4.108.227.000, rispettivamente di 13 e 32 mesi. Ciascuna delle fasi era poi ulteriormente articolata per importi e prestazioni. La società esecutrice con atto del 2 luglio 2000 ha proposto domanda di arbitrato formulando quesiti inerenti:
Relativamente al primo punto la richiesta di danno è stata pari, alla data del 30 giugno 2001 a lire 598.658.408 di cui lire 299.023.185 per interessi di ritardato pagamento e lire 299.635.223 per residuo capitale.
Risposta. - Con l'atto parlamentare in esame l'interrogante evidenzia uno dei casi di contenzioso che hanno coinvolto la nostra Cooperazione allo Sviluppo, sin dal 1987, e che sono stati risolti in questo ultimo quinquennio (1998-2003) a seguito di lodi arbitrali, sentenze dei tribunali ordinari, o in via transattiva.
questi ultimi quindici anni - si riduce ad una misura largamente inferiore al due per cento di tutti gli investimenti effettuati per la realizzazione di programmi o progetti. Questo ammontare appare quindi nettamente inferiore alla «soglia di contenzioso fisiologico» del 10 per cento, prevista dal legislatore per un appalto di lavori (si veda la legge-quadro in materia di lavori pubblici: legge n. 109/94, articolo 31-bis estesa per «analogia iuris» alla generalità degli appalti).
NICARAGUA/ITALCONSULT
Oggetto di questo punto è una transazione stipulata tra la D.G.C.S. e la ITALCONSULT volta a definire una serie di controversie insorte nell'esecuzione dei quattro sotto meglio specificati contratti.
NICARAGUA - Programma per «Approvvigionamento idrico della città di Bluefields».
L'intervento, incluso in una serie di progetti di emergenza identificati dal Governo italiano su richiesta del Governo nicaraguense per fronteggiare la grave situazione creatasi nella Regione orientale del Nicaragua a seguito del passaggio nel novembre 1988 del ciclone Joan, era stato previsto per dotare la città di Bluefields di un affidabile ed efficiente sistema idrico, prevedendo a tal fine uno stanziamento di 2,1 miliardi di lire per i servizi di ingegneria e di 14 miliardi di lire per la realizzazione di opere.
opere (come in un primo momento era stato ipotizzato, considerata la consolidata esperienza in loco di tale ditta), obbligò la D.G.C.S., al fine di individuare l'idoneo soggetto per l'esecuzione di quanto deliberato, all'avvio di una procedura concorsuale ristretta tra le ditte italiane presenti nella regione ed in grado di mobilitarsi velocemente. Si richiese, pertanto, al progettista Italconsult, che era tenuto contrattualmente a completare la progettazione esecutiva in corso d'opera, di provvedere a tale adempimento senza attendere l'avvio del contratto di costruzione e di predisporre, apportando le necessarie correzioni, i necessari documenti di appalto. Documenti regolarmente predisposti e debitamente consegnati alla D.G.C.S., a completamento della progettazione esecutiva.
ANGOLA - Programma per la Assistenza tecnica, formazione dei quadri in agricoltura - Complesso scolastico agrario di Tchivinguiro-Lubango.
Il citato programma (risalente all'epoca precedente la legge n. 49 del 1987) prevedeva l'invio in Angola di un certo numero di tecnici agricoli con il compito di sviluppare una serie di attività riguardanti la formazione professionale nel settore agricolo e di elaborare un programma di sviluppo dell'agricoltura nella città di Humpata. Secondo gli accordi con le Autorità angolane l'impegno della D.G.C.S., consisteva nell'invio di tre professori, per un periodo di tre anni, come residenti nell'area di Tchivinguiro per l'espletamento di attività didattiche, teoriche e pratiche, finalizzate alla formazione di tecnici intermedi (periti agrari) in grado di sviluppare e migliorare le tecnologie esistenti nella zona.
è quella indicata dall'interrogante, di gran lunga inferiore all'originaria pretesa della controparte.
ANGOLA - Ampliamento del Programma di assistenza tecnica, formazione dei quadri in agricoltura - Complesso scolastico agrario di Tchivinguiro-Lubango.
Nel maggio del 1987 il Governo angolano chiedeva l'ampliamento delle attività previste nella precedente Convenzione del 1985 con l'estensione delle attività già in essa previste. Il Comitato direzionale deliberava l'ampliamento del precedente programma ed il contestuale stanziamento di lire 1.648.660.000. Si dava luogo, il 14 marzo 1989, alla stipula con la sopracitata Società di un contratto avente ad oggetto l'ampliamento del primo programma relativamente al medesimo complesso scolastico. Il contratto concerneva l'integrazione dell'originario intervento con l'esecuzione di ulteriore assistenza tecnica e formazione professionale e con la fornitura di attrezzature e materiale didattico. Al termine del contratto la Società aveva regolarmente eseguito le prestazioni e reso le previste forniture per un importo di lire 1.494.737.767.
ANGOLA - Programma di Sviluppo Agricolo della Cintura Verde di Luanda.
Nel dicembre 1983 i rappresentati del Governo della Repubblica popolare di Angola chiesero il finanziamento da parte italiana del programma di sviluppo agricolo della cintura verde di Luanda. Lo stesso Governo Angolano chiese espressamente che la realizzazione del Programma venisse affidata alla Italconsult S.p.A., pre-definendo gli impegni rispettivi delle parti per la realizzazione del programma.
per un ammontare di lire 2.654.569.005, liquidava alla stessa un importo onnicomprensivo di lire 1.296.097.064, con indubbio vantaggio per l'Erario. La Procura regionale della Corte dei conti, svolte indagini sui programmi realizzati in Angola (tre dei quattro definiti dalla transazione, escluso cioè il caso Nicaragua) affidati alla Italconsult, ha ritenuto di dover archiviare la pratica il 28 febbraio 2002.
Risposta. - Con l'atto parlamentare in esame l'interrogante evidenzia uno dei casi di contenzioso che hanno coinvolto la nostra Cooperazione allo Sviluppo, sin dal 1987, e che sono stati risolti in questo ultimo quinquennio (1998-2003) a seguito di lodi arbitrali, sentenze dei tribunali ordinari, o in via transattiva.
MOZAMBICO/CMC: «Ammodernamento ed ampliamento dell'acquedotto della città di Pemba»: Contratto del 3 novembre 1986 - «Programma di sviluppo integrato»: contratto del 17 luglio 1991.
Il 3 novembre 1986 la DGCS e la Cooperativa muratori e cementisti di Ravenna (C.M.C.) sottoscrissero un contratto, per un importo di lire 17.840.420.000, cui fece seguito un atto aggiuntivo, per un importo di lire 2.615.000.000, con il quale fu affidato il compito di realizzare i lavori di ammodernamento ed ampliamento dell'acquedotto della città di Pemba, in Mozambico. Le stesse parti il 17 luglio 1991 sottoscrissero altro contratto, per un corrispettivo globale massimo di lire 99.252.590.000, per la realizzazione del programma di sviluppo integrato nella provincia di Maputo, sempre in Mozambico. Nel complesso, pertanto, la CMC con detti contratti si era impegnata a realizzare in Mozambico lavori ed attività per oltre 119 miliardi di lire. Successivamente al termine delle attività nel 1997 la CMC proponeva ricorso per decreto ingiuntivo avverso il MAE-DGCS per ottenere il pagamento degli interessi maturati per ritardato pagamento per complessive lire 474.948.165 (decreto-legge del 5 maggio 1997 - r.g. n. 29741/97); inoltre proponeva, in riferimento al contratto del 1991, ulteriore azione innanzi al Tribunale civile di Roma in data 1o agosto 1997 con la quale richiedeva la condanna del MAE-DGCS al pagamento di complessive lire 12.627.441.616, a titolo di ristoro dei maggiori oneri sostenuti ed espressi nelle riserve n. 1 e n. 10 iscritte nel registro di contabilità, rispettivamente, in data 25 giugno 1992 e 27 febbraio 1996; proponeva, infine, ulteriore azione innanzi al tribunale di Roma nel 1998 per pretese risarcitorie per oltre un miliardo. Ulteriore decreto ingiuntivo veniva concesso dal Giudice in data 18 settembre 1999 (r.g. n. 76537/99). Complessivamente, quindi, la pretesa di CMC, portata in quattro differenti atti giudiziari, era pari a circa 14 miliardi di lire. A seguito di idonea informativa i contenziosi in essere, con C.M.C. sono stati interamente e complessivamente transatti a mezzo di un unico atto, con un esborso da parte dell'amministrazione di lire 6.837.000.000 (circa il 45 per cento della somma pretesa). Nello specifico, a seguito di comparato esame, è emerso che l'importo portato dal decreto ingiuntivo in realtà è stato ridotto a lire 163.000.000 circa, e rappresenta il risultato dell'applicazione di un esatto criterio di calcolo seguito dall'amministrazione. Per quanto invece concerne le domande degli altri giudizi, le stesse sono rappresentate dalle riserve: n. 1 e n. 10; la riserva n. 1 per ritardato pagamento, e, quindi, la relativa domanda, è stata di fatto abbandonata mentre per quanto riguarda la riserva n. 10 la stessa trovava origine nel forzato, prolungamento dei tempi di esecuzione del contratto determinato dall'intervenuta sospensione dei lavori. Infatti, la sospensione è stata operata su espressa richiesta del beneficiario mozambicano che, a seguito di mutate condizioni politiche e sociali conseguenti all'accordo di pace ratificato il 7 ottobre 1993, si è trovato a gestire situazioni diverse legate alle nuove necessità della popolazione reduce dalla cessata guerriglia. Sulla scorta di tali mutate condizioni politiche si è reso necessario sospendere i lavori e rielaborare il piano operativo con conseguenti oneri che derivavano all'impresa presente in loco.
dell'11 aprile 2001 (sentenza tribunale civile Roma n. 7074/02, depositata il 20 febbraio 2002).
Risposta. - Con l'atto parlamentare in esame l'interrogante evidenzia uno dei casi di contenzioso che hanno coinvolto la nostra Cooperazione allo Sviluppo, sin dal 1987, e che sono stati risolti in questo ultimo quinquennio (1998-2003) a seguito di lodi arbitrali, sentenze dei tribunali ordinari, o in via transattiva.
sotto questo profilo, consentendo una maggiore speditezza dei controlli.
TUNISIA/GE.CO.SYSTEM S.p.A. - «Realizzazione di due centri di assistenza per veicoli nelle città di Tunisi e Sfax» - Contratti del 16 febbraio 1988 e del 24 gennaio 1991 (rep. n. 543).
Con il contratto suddetto si prevedeva la realizzazione delle strutture meccaniche (capannoni ed attrezzature delle officine) a carico del M.A.E., residuando gli oneri della realizzazione delle opere civili e dell'urbanizzazione primaria (rete idrica, elettrica e stradale) a carico del Governo tunisino. A seguito dell'inerzia delle Autorità tunisine, il M.A.E., al fine di evitare il fallimento dell'iniziativa, ha affidato alla stessa Gecosystem - previa stipula di un ulteriore contratto - l'esecuzione delle componenti «opere civili ed oneri accessori» relative al progetto.
Risposta. - Con l'atto parlamentare in esame l'interrogante evidenzia uno dei casi di contenzioso che hanno coinvolto la nostra Cooperazione allo sviluppo, sin dal 1987, e che sono stati risolti in questo ultimo quinquennio (1998-2003) a seguito di lodi arbitrali, sentenze dei tribunali ordinari, o in via transattiva.
capacità gestionale dei beneficiari) che hanno ritardato o reso irrealizzabili varie iniziative intraprese. Va infatti evidenziato che svariati casi citati si riferiscono al periodo in cui iniziative di cooperazione vennero avviate nell'ambito del Fondo Aiuti Italiani (FAI), con un approccio poi profondamente ripensato sia in termini di finalità che di procedure operative e di controllo.
l'accordo transattivo (rispetto ai lodi arbitrali o alle sentenze del tribunale) hanno già reso l'azione italiana in questo campo più sollecita ed efficace, senza peraltro impedire che ulteriori provvedimenti amministrativi o gestionali possano ancora migliorare la nostra azione. È a tal fine, infatti, che tende un complesso e articolato processo di revisione delle procedure amministrative seguite dalla direzione generale per la Cooperazione allo Sviluppo e dalle nostre ambasciate nel realizzare i progetti o i programmi previsti: questo obiettivo viene perseguito attraverso una drastica semplificazione di tutte le procedure e la verifica della loro completa conformità alla normativa vigente (in continua evoluzione) che favoriscano una gestione moderna ed efficace delle iniziative di cooperazione intraprese dall'Italia.
SANTO DOMINGO/ATI METROPOLITANA MILANESE S.P.A. ed ELC S.P.A.: «Risanamento dei quartieri emarginati».
La vicenda, sicuramente molto complessa, attiene alla realizzazione di un progetto pilota per il risanamento dei quartieri emarginati di Santo Domingo che avrebbe dovuto eseguirsi a seguito di contratto stipulato il 12 gennaio 1989, con inizio del programma al 30 novembre 1990 e con conclusione entro il 30 novembre 1993 per un totale di lire 9.900.000.000.
nota del 6 novembre 2001 l'AGS prendendo atto dei contenuti del rapporto informativo redatto dal MAE riteneva che «le cifre concordate in relazione ai vari titoli delle pretese dell'ATI appaiono accettabili» e pertanto esprimeva parere favorevole alla transazione. Una volta ottenuto il parere favorevole dell'AGS, si procedeva alla tempestiva redazione dell'atto di transazione nonché alla sua approvazione, con la successiva emissione di decreto di liquidazione delle somme convenute.
Risposta. - Con l'atto parlamentare in argomento l'interrogante evidenzia uno dei casi di contenzioso che hanno coinvolto la nostra Cooperazione allo sviluppo, sin dal 1987, e che sono stati risolti in questo ultimo quinquennio (1998-2003) a seguito di lodi arbitrali, sentenze dei tribunali ordinari, o in via transattiva.
del controllo contabile e nell'esame di conformità alla legge. Prima dell'approvazione del decreto del Presidente della Repubblica 20 febbraio 1998, la direzione generale per la Cooperazione allo sviluppo del MAE era infatti strettamente vincolata al visto di ragioneria quale necessaria condizione di efficacia dei suoi provvedimenti: questo ha indubbiamente implicato per tali provvedimenti procedure purtroppo non celeri - con ripetuti rilievi e repliche - che hanno causato inevitabilmente l'accrescersi degli interessi per ritardato pagamento in caso di contenziosi. Dopo l'approvazione del citato decreto del Presidente della Repubblica e la soppressione del «visto», quale condizione sospensiva dell'efficacia del provvedimento, la situazione è nettamente migliorata, almeno sotto questo profilo, consentendo una maggiore speditezza dei controlli.
i programmi previsti: questo obiettivo viene perseguito attraverso una drastica semplificazione di tutte le procedure e la verifica della loro completa conformità alla normativa vigente (in continua evoluzione) che favoriscano una gestione moderna ed efficace delle iniziative di cooperazione intraprese dall'Italia.
GIORDANIA-GUINEA CONAKRY-GUATEMALA - transazione MAE/COTECNO.
Giordania «Programma per la realizzazione di un Centro di formazione professionale nel settore dell'artigianato nella città di Salt».
Per la realizzazione in Giordania di un «Centro di formazione professionale nel settore dell'artigianato nella città di Salt», la DGCS il 17 dicembre 1986 stipulò con la Cotecno un contratto in base al quale avrebbe corrisposto, a seguito della esecuzione della predetta iniziativa, l'ammontare di lire 2.755.000.000. Il contratto, approvato con decreto ministeriale 1987/128/322 del 16 febbraio 1987, prevedeva una durata delle attività pari a 41 mesi, fissandone il termine al 23 agosto 1990. Il 13 giugno 1989, riscontrata la necessità di adeguare l'articolazione delle attività originariamente previste in funzione delle nuove situazioni di fatto verificatesi durante lo svolgimento del programma, venne stipulato un Atto aggiuntivo, approvato con decreto ministeriale 1990/128/1649/0 dell'11 giugno 1990, che, nell'integrare l'importo iniziale di lire 122.856.000 più IVA, prorogava la scadenza del citato contratto al 23 febbraio 1991.
Guinea Conakry «Programma per la realizzazione di un Centro di formazione professionale di Kindia».
L'affidamento a Cotecno dell'iniziativa in esame risale al 1983, quando il ministero dell'insegnamento e della Formazione professionale
della Repubblica di Guinea chiese al Governo italiano di proseguire il programma di assistenza tecnica, già in corso da alcuni anni con finanziamento italiano, a favore dell'istituto Politecnico Secondario (poi divenuto il più ampio Centro di formazione professionale) di Kindia esprimendo gradimento per la Società Cotecno quale idonea allo svolgimento del progetto. L'iter procedurale dell'iniziativa ha origine, dunque, nel periodo di vigenza della legge n. 38 del 1979, precedente all'attuale legge n. 49 del 1987 sulla Cooperazione allo sviluppo.
del contratto, previa presentazione di Rapporto finale sulle attività svolte. L'impianto contrattuale prevedeva, altresì, la presentazione di cauzione (articolo 14) per lire 78.101.000 (polizza della Assicuratrice Edile n. 1726/4378 del 15 ottobre 1987), da svincolare a fine delle attività, dopo il pagamento del saldo previsto. Il contratto entrò in vigore alla data del 19 novembre 1987, giorno successivo alla ricezione da parte della Cotecno della apposita comunicazione DGCS. I ventiquattro mesi di durata fissavano la data di conclusione delle attività contrattuali al 18 novembre 1989.
La Cotecno Srl aveva già ricevuto, negli anni dal 1981 al 1985, «contributi» da parte dell'allora operante Dipartimento per la Cooperazione allo Sviluppo, ai sensi della legge 9 febbraio 1979, n. 38 (articolo 14, lett. i), che all'epoca disciplinava la materia, per la creazione di un Centro pilota di prevenzione, cura e riabilitazione dei disturbi
dell'udito e del linguaggio, da realizzarsi in Amman (Giordania) presso il «Queen Alia Hearing and Speech Centre».
1986 e registrato il 28 febbraio 1987, entrò in vigore il 24 marzo 1987. La durata originaria del programma era di trentasei (36) mesi a decorrere dalla predetta entrata in vigore, con scadenza, quindi, al 23 marzo 1990. Di fatto, l'iniziativa si concluse solo il 31 luglio 1991, in virtù di più proroghe richieste dalla Cotecno e concesse dal MAE. Infatti, durante lo svolgimento del programma si sono verificati eventi (soprattutto conseguenti alla situazione interna giordana e a quella mediorientale, più in generale) e si sono determinati stati di fatto che hanno indotto la Società a richiedere una variante al contratto a suo tempo stipulato ed una prima proroga della scadenza contrattuale, per consentire l'attuazione delle prestazioni oggetto della medesima. La variante, non comportante oneri aggiuntivi, ha ridotto le forniture e incrementato il servizio di raccolta dati e i seminari in Italia, ha inoltre ridotto le missioni e accorpato in un unico capitolo il Fondo di gestione in Giordania. Il Direttore Generale dell'epoca - con nota del 26 gennaio 1990 - formalizzava detta variante, ma non approvava la proroga richiesta contestualmente da Cotecno. Ciò ha portato - stante la situazione obiettiva d'impossibilità di operare, intervenuta nel frattempo - ad una sospensione di fatto delle attività fino al 24 ottobre 1990.
di decreti approvativi delle proroghe. A questo, l'amministrazione ha risposto annullando il predetto decreto ministeriale.
Guatemala «Programma per la Cooperazione nel settore elettrico a favore dell'INTECAP, unità pilota in elettronica industriale».
Il programma è nato da una richiesta d'intervento, avanzata dal Governo Guatemalteco, con nota del 23 ottobre 1986. Richiesta finalizzata all'estensione della durata relativa al già avviato programma di cooperazione italo-guatemalteco. Il Comitato direzionale della DGCS, con delibera n. 84 del 25 febbraio 1988, approvava l'iniziativa accordando così la richiesta estensione. Veniva autorizzata, pertanto, la realizzazione di una seconda fase del programma di cooperazione italo-guatemalteco.
una proroga non onerosa di otto mesi della durata del contratto in questione. La D.G.C.S. con decreto 1994/128/311/3 del 3 febbraio 1994 concedeva la proroga, che fissava il termine ultimo delle attività al 30 novembre 1993.
Risposta. - Con l'atto parlamentare in esame l'interrogante evidenzia uno dei casi di contenzioso che hanno coinvolto la nostra Cooperazione allo Sviluppo, sin dal 1987, e che sono stati risolti in questo ultimo quinquennio (1998-2003) a seguito di lodi arbitrali, sentenze dei tribunali ordinari, o in via transattiva.
fisiologico» del 10 per cento, prevista dal legislatore per un appalto di lavori (si veda la legge-quadro in materia di lavori pubblici: legge n. 109 del 1994, articolo 31-bis estesa per «analogia iuris» alla generalità degli appalti).
SOMALIA/COTECNO: Srl «Studi Somali».
In occasione delle riunioni della Commissione mista universitaria italo-somala, tenutesi a Mogadiscio nell'agosto 1985 e nel dicembre 1986, nonché della riunione della giunta esecutiva della Università nazionale Somala (U.N.S.) dell'aprile 1987, venne considerata prioritaria la realizzazione del programma «Studi Somali», relativo alla Facoltà di Lingue della stessa università. Con nota del 27 dicembre 1986, il rettore della UNS chiese al Governo italiano che la realizzazione dello stesso progetto venisse affidata alla Società Cotecno (che già aveva eseguito con successo, all'epoca del F.A.I., un precedente intervento affine in Somalia), la quale si dichiarò disponibile a fornire i servizi di, cui constava l'iniziativa, presentando apposita proposta tecnico-economica. Il Comitato direzionale della DGCS con delibera n. 66 del 8 settembre 1987, approvò l'iniziativa, autorizzandone l'affidamento a trattativa privata, come consentito dalla normativa dell'epoca. Si perveniva alla stipula del conseguente contratto con Cotecno il 30 maggio 1988, per l'importo di lire 1.848.147.000 + IVA. Le prestazioni contrattuali consistevano: nella produzione di lavori di descrizione (sulla lingua e sulla cultura somala); nell'addestramento di esperti somali nel campo della ricerca linguistica; nella valutazione dello sviluppo delle capacità cognitive e logiche degli studenti delle scuole superiori; nella formulazione di obiettivi educativi, di ipotesi didattiche e di metodologie per l'istruzione preuniversitaria; nell'elaborazione di criteri per la stesura di un dizionario scolastico; nella messa a punto del lessico di base per un grande dizionario somalo monolingue; nell'elaborazione di una grammatica scolastica per la lingua somala. Le prestazioni comprendevano altresì: forniture di attrezzature,
materiali e mezzi di trasporto, strumentali allo svolgimento del programma; servizi in Italia (organizzazione, elaborazione dati, missioni di personale somalo); servizi in Somalia (missioni di controllo, missioni di esperti linguisti, interviste, organizzazione logistica in loco).
il secondo, il quinto e il sesto; totalmente il quarto, relativo alla revisione prezzi) ad eccezione del terzo (oneri per la sede in Italia ed in Somalia), che è stato respinto. Le somme liquidate per sorte capitale (lire 882.141.900) e per interessi e spese legali (lire 479.962.600) corrispondono a quelle riportate nell'interrogazione parlamentare.
Risposta. - Con l'atto parlamentare in esame l'interrogante evidenzia uno dei casi di contenzioso che hanno coinvolto la nostra Cooperazione allo Sviluppo, sin dal 1987, e che sono stati risolti in questo ultimo quinquennio (1998-2003) a seguito di lodi arbitrali, sentenze dei tribunali ordinari, o in via transattiva.
SUDAN/EMIT S.P.A.: «Realizzazione di n. 70 pozzi d'acqua attrezzati»
L'affidamento dell'appalto in oggetto a trattativa diretta alla EMIT SPA (Ercole marelli impianti tecnologici SPA), designata dal Governo sudanese come ente esecutore, avvenne con contratto stipulato nel marzo '89, efficace dal novembre '89, per un importo complessivo di Lit. 6 mld. ca.
Risposta. - Con l'atto parlamentare in esame l'interrogante evidenzia uno dei casi di contenzioso che hanno coinvolto la nostra Cooperazione allo Sviluppo, sin dal 1987, e che sono stati risolti in questo ultimo quinquennio (1998-2003) a seguito di lodi arbitrali, sentenze dei tribunali ordinari, o in via transattiva.
parte di altri Organi dello Stato coinvolti nella trattazione del contenzioso o nell'esercizio del controllo contabile e nell'esame di conformità alla legge. Prima dell'approvazione del decreto del Presidente della Repubblica 20 febbraio 1998, la direzione generale per la Cooperazione allo sviluppo del MAE era infatti strettamente vincolata al visto di ragioneria quale necessaria condizione di efficacia dei suoi provvedimenti: questo ha indubbiamente implicato per tali provvedimenti procedure purtroppo non celeri - con ripetuti rilievi e repliche - che hanno causato inevitabilmente l'accrescersi degli interessi per ritardato pagamento in caso di contenziosi. Dopo l'approvazione del citato decreto del Presidente della Repubblica e la soppressione del «visto», quale, condizione sospensiva dell'efficacia del provvedimento, la situazione è nettamente migliorata, almeno sotto questo profilo, consentendo una maggiore speditezza dei controlli.
nostre ambasciate nel realizzare i progetti o i programmi previsti: questo obiettivo viene perseguito attraverso una drastica semplificazione di tutte le procedure e la verifica della loro completa conformità alla normativa vigente (in continua evoluzione) che favoriscano una gestione moderna ed efficace delle iniziative di cooperazione intraprese dall'Italia.
ECUADOR/CASTORO S.P.A.: «intervento sul bacino fluviale del Guayas in Ecuador». Nuovo Castoro S.p.A./MAE.
Il Ministero Affari esteri affidava alla società il Nuovo Castoro (I.N.C.) S.p.a. l'esecuzione di prestazioni varie finalizzate alla realizzazione del programma emarginato in oggetto. A sua volta il Governo ecuadoregno designava il Cedege quale ente governativo delegato alla realizzazione dell'intervento, cui erano affidate prestazioni strumentali a quelle di I.N.C.
vedersi riconoscere il diritto di cui all'articolo 2031 del codice civile, ovverosia l'ulteriore compenso dovuto a titolo di negotiorum gestor.
Risposta. - Con l'atto parlamentare in esame l'interrogante evidenzia uno dei casi di contenzioso che hanno coinvolto la nostra Cooperazione allo Sviluppo, sin dal 1987, e che sono stati risolti in questo ultimo quinquennio (1998-2003) a seguito di lodi arbitrali, sentenze dei tribunali ordinari, o in via transattiva.
conformità alla legge. Prima dell'approvazione del decreto del Presidente della Repubblica 20 febbraio 1998, la direzione generale per la Cooperazione allo sviluppo del MAE era infatti strettamente vincolata al visto di ragioneria quale necessaria condizione di efficacia dei suoi provvedimenti: questo ha indubbiamente implicato per tali provvedimenti procedure purtroppo non celeri - con ripetuti rilievi e repliche - che hanno causato inevitabilmente l'accrescersi degli interessi per ritardato pagamento in caso di contenziosi. Dopo l'approvazione del citato decreto del Presidente della Repubblica e la soppressione del «visto», quale, condizione sospensiva dell'efficacia del provvedimento, la situazione è nettamente migliorata, almeno sotto questo profilo, consentendo una maggiore speditezza dei controlli.
i programmi previsti: questo obiettivo viene perseguito attraverso una drastica semplificazione di tutte le procedure e la verifica della loro completa conformità alla normativa vigente (in continua evoluzione) che favoriscano una gestione moderna ed efficace delle iniziative di cooperazione intraprese dall'Italia.
NIGER/NUOVO CASTORO - GUADO-INC. - «Costruzione di 10 pozzi profondi nel Damergou». Contratto del 24/09/1986.
Il contratto in argomento è riconducibile al Fondo Aiuti Italiani (F.A.I.) istituito con la legge 8.3.1985 n. 73 e, quindi, risale ad un'epoca anteriore all'istituzione dell'attuale D.G.C.S. avvenuta con la legge 49/87.
il versamento di una così ingente somma di denaro;
Risposta. - Con l'atto parlamentare in esame l'interrogante evidenzia uno dei casi di contenzioso che hanno coinvolto la nostra Cooperazione allo Sviluppo, sin dal 1987, e che sono stati risolti in questo ultimo quinquennio (1998-2003) a seguito di lodi arbitrali, sentenze dei tribunali ordinari, o in via transattiva.
di circa trecento miliardi di lire - se considerata nel quadro delle attività globali della Cooperazione allo sviluppo svolte in questi ultimi quindici anni - si riduce ad una misura largamente inferiore al due per cento di tutti gli investimenti effettuati per la realizzazione di programmi o progetti. Questo ammontare appare quindi nettamente inferiore alla «soglia di contenzioso fisiologico» del 10 per cento, prevista dal legislatore per un appalto di lavori (si veda la legge-quadro in materia di lavori pubblici: legge n. 109/94, articolo 31-bis estesa per «analogia iuris» alla generalità degli appalti).
GIORDANIA/COTECNO: «Centro di formazione professionale nel settore dell'artigianato nella città di Salt - prosecuzione».
Il contratto in questione costituisce la prosecuzione del contratto stipulato il 17 dicembre 1986 (nonché del relativo atto aggiuntivo del 13 giugno 1989) stipulato con la Cotecno ai tempi del Dipartimento per la Cooperazione allo Sviluppo, ossia prima dell'entrata in vigore della logge 49/87 che ha istituito l'attuale direzione generale, il cui contenzioso è stato poi definito mediante un atto di transazione. Il contratto in esame porta la data del 6 giugno 1991, e viene incontro alla esigenza, manifestata dalle Autorità giordane, di estendere il progetto iniziale che si è sostanzialmente ridotto alla prosecuzione dell'assistenza italiana al Centro di formazione professionale (già creato sotto la vigenza del contratto iniziale) per ulteriori 12 mesi, per un corrispettivo di Lit. 1.137.350.000, più Lit. 23.370.000 per l'IVA sui corsi in Italia, (per complessive Lit. 1.160.720.000). Per completezza deve dirsi che, a costituire oggetto del contratto in parola, vi è sia il completamento della formazione pedagogica e tecnica, in Italia e in loco, degli istruttori giordani del Centro di Salt, sia la fornitura CIF di attrezzature alla struttura, ad integrazione di quelle già fornite nella precedente fase d'intervento, forniture ammontanti a Lit. 204.350.000. Agli articoli 6 e 9 del contratto, sono specificate rispettivamente le prestazioni a carico della Cotecno
ed i relativi corrispettivi che la DGCS si è impegnata a pagare in controprestazione. L'impianto del contratto prevede inoltre: articolo 11) la corresponsione di un'anticipazione alla Esecutrice pari al 10 per cento dell'importo complessivo, anticipo recuperato dalla DGCS con trattenute del 10 per cento dell'importo di ciascun pagamento in conto; articolo 9) la presentazione, a ciascuno stato di avanzamento, di una relazione sulle attività didattiche, nonché delle dichiarazioni (sottoscritte dagli esperti e vistate dal capo-progetto) comprovanti la presenza degli esperti in loco; la presentazione, da parte di Cotecno, di un Rapporto finale sulle attività svolte, il meccanismo della ritenuta di garanzia del 5 per cento su ogni pagamento in conto, svincolabile a conclusione del contratto; il pagamento a Cotecno delle somme di contratto dietro presentazione di fatture dalla stessa emesse (corredate dalla documentazione attestante spese, viaggi, polizze); articolo 10) il meccanismo della revisione prezzi, da applicarsi secondo l'articolo 33, commi 2 e 3, della Legge 28 febbraio 1986, n. 41; articolo 7) la possibilità della DGCS di ordinare varianti, onerose e non; articolo 12) la possibilità della DGCS di effettuare controlli e verifiche sulle forniture, sulle attività svolte e sui risultati conseguiti; articolo 4) i termini di esecuzione come precisati in detta clausola, per le varie attività; articolo 5) la previsione della facoltà del committente di applicare penalità per i ritardi di esecuzione, secondo la disciplina specificata in tale articolo; articolo 17) la presentazione di adeguata cauzione da parte di Cotecno (Lit. 56.867.500), a garanzia della correlata esecuzione degli obblighi contrattuali, con corrispondente diritto della DGCS di applicare una penale per ritardo, con le modalità ivi esposte.
gli sforzi volti a ricondurre a norma di contratto e in tempi utili lo svolgimento del programma, sono stati rinvenuti alcuni atti del periodo 1995/98 immediatamente precedenti la rottura di ogni trattativa.
Risposta. - Con l'atto parlamentare in esame l'interrogante evidenzia uno dei casi di contenzioso che hanno coinvolto la nostra Cooperazione allo Sviluppo, sin dal 1987, e che sono stati risolti in questo ultimo quinquennio (1998-2003) a seguito di lodi arbitrali, sentenze dei tribunali ordinari, o in via transattiva.
del controllo contabile e nell'esame di conformità alla legge. Prima dell'approvazione del decreto del Presidente della Repubblica 20 febbraio 1998, la direzione generale per la Cooperazione allo sviluppo del MAE era infatti strettamente vincolata al visto di ragioneria quale necessaria condizione di efficacia dei suoi provvedimenti: questo ha indubbiamente implicato per tali provvedimenti procedure purtroppo non celeri - con ripetuti rilievi e repliche - che hanno causato inevitabilmente l'accrescersi degli interessi per ritardato pagamento in caso di contenziosi. Dopo l'approvazione del citato decreto del Presidente della Repubblica e la soppressione del «visto», quale, condizione sospensiva dell'efficacia del provvedimento, la situazione è nettamente migliorata, almeno sotto questo profilo, consentendo una maggiore speditezza dei controlli.
i programmi previsti: questo obiettivo viene perseguito attraverso una drastica semplificazione di tutte le procedure e la verifica della loro completa conformità alla normativa vigente (in continua evoluzione) che favoriscano una gestione moderna ed efficace delle iniziative di cooperazione intraprese dall'Italia.
SOMALIA/COTECNO S.r.l. - «Cooperazione con il SIDAM».
L'affidamento a Cotecno dell'iniziativa in esame risale addirittura al marzo 1986 quando, in occasione della IV Riunione della Commissione Mista italo-somala, le Autorità somale presentarono richiesta di prosecuzione dell'assistenza tecnica affidata al SIDAM, «Somali Institute of Development Administration and Management», attività già in essere sin dal 1980 (in virtù di un Protocollo firmato dall'Ambasciata d'Italia a Mogadiscio e il ministero somalo del lavoro e affari sociali), ottenendo il parere favorevole della Commissione Mista ed espressero gradimento verso la società italiana Cotecno per l'affidamento della prosecuzione del programma. La Cotecno aveva già svolto negli anni precedenti attività di Cooperazione con il citato Sidam, per la cui prestazione aveva beneficiato di appositi contributi concessi dall'allora operante Dipartimento per la Cooperazione allo Sviluppo, ex articolo 14, lettera i) dell'abrogata legge n. 38/79. La Società si dichiarò «disponibile» a fornire i servizi relativi alla suddetta prosecuzione dell'iniziativa di Cooperazione con il Sidam, presentando all'uopo, in data 5 settembre 1986, una proposta tecnico-economica all'ex dipartimento per la Cooperazione allo Sviluppo. Il successivo iter amministrativo del programma risentì dell'evoluzione normativa della disciplina sulla Cooperazione allo Sviluppo, segnata dal passaggio dalla legge n. 38/79 alla odierna legge n. 49/87, nonché dal Dipartimento all'attuale direzione generale. Infatti, l'iniziativa fu tra quelle che, in conformità al 1o comma dell'articolo 38 della legge 49/87, venne per cosi dire sanata dal Comitato direzionale della DGCS (con delibera C.D. n. 6 del 30 marzo 1997), in quanto già in fase procedurale avanzata al momento dell'istituzione della nuova direzione generale, e fu assoggettata alla sola approvazione del direttore generale, avvenuta con la delibera n. 17 del 13 agosto 1987. Si giunse così, previa valutazione di congruità dell'U.T.E. e mediante trattativa privata con la Cotecno al contratto stipulato il 12 gennaio 1988 oggetto della successiva vertenza.
proprio personale in loco, compresa la copertura assicurativa per infortuni e assistenza sanitaria (articolo 6). Il corrispettivo a carico della DGCS era pari a Lit. 1.115.500.000, oltre all'IVA. La ripartizione temporale del predetto importo era regolata dall'articolo 8 del contratto, rispecchiando sostanzialmente la suddivisione delle prestazioni in «forniture», «servizi in Italia», «servizi in Somalia» e «spese di manutenzione». Il meccanismo della corresponsione delle varie tranches era incentrato, per i beni, sulla presentazione di fatture, corredate dalle rispettive dichiarazioni di avvenuta consegna, vistate dall'Ambasciata d'Italia; per i servizi, sulla presentazione delle fatture e dei relativi stati di avanzamento approvati dalla DGCS nonché delle polizze assicurative, per rate trimestrali posticipate; per le spese di manutenzione, su presentazione con cadenza trimestrale delle fatture e dei documenti giustificativi di spesa, vistati dall'Ambasciata d'Italia. Era prevista un'anticipazione di Lit. 223.100.000, pari al 20 per cento del corrispettivo globale, previa garanzia fidejussoria per l'importo stesso e con le modalità di cui all'articolo 9 del contratto. Era prescritto, altresì, che la liquidazione del 5 per cento del corrispettivo globale venisse effettuata a conclusione del programma, su presentazione di fattura e di un Rapporto finale sulle attività svolte (Articolo 8 lettera e). L'impianto contrattuale si completava (Articolo 14) con la previsione di adeguata cauzione, a garanzia della corretta esecuzione degli obblighi sottoscritti, nonché con le clausole tipiche dei contratti DGCS: controlli del committente, efficacia differita per le parti, arbitrato, risoluzione unilaterale per grave inadempimento, rapporti informativi della esecutrice ad ogni stato di avanzamento. Il contratto, corredato dei suoi allegati, fu approvato con decreto ministeriale n. 128/811/0 del 25 febbraio 1988, vistato il 23 marzo 1988 ed è entrato in vigore in data 30 marzo 1988. La scadenza contrattuale, considerata la durata di 26 mesi del programma, era fissata al 30 maggio 1990.
somme contrattuali, oltre spese e oneri aggiuntivi per la maggiore durata del contratto, i costi aggiuntivi per il personale, (quantità maggiore di mesi/uomo rispetto alla previsione contrattuale), il pagamento difforme dal previsto delle ferie maturate dal personale (più interessi e rivalutazione monetaria), i costi aggiuntivi inerenti le sedi del programma in Italia e in Somalia (più interessi), la revisione prezzi e lo sblocco delle fidejussioni. Tutto quanto precede, con l'aggiunta delle spese di funzionamento e delle competenze del Collegio arbitrale, delle spese, diritti e onorari del difensore, oltre al 10 per cento per spese generali. Con lodo emesso l'11 settembre 2002 la DGCS liquidava alla Società Cotecno l'importo complessivo di euro 494.963,06.
Risposta. - Con l'atto parlamentare in esame l'interrogante evidenzia uno dei casi di contenzioso che hanno coinvolto la nostra Cooperazione allo Sviluppo, sin dal 1987, e che sono stati risolti in questo ultimo quinquennio (1998-2003) a seguito di lodi arbitrali, sentenze dei tribunali ordinari, o in via transattiva.
e la soppressione del «visto», quale, condizione sospensiva dell'efficacia del provvedimento, la situazione è nettamente migliorata, almeno sotto questo profilo, consentendo una maggiore speditezza dei controlli.
hanno causato quelle disfunzioni in passato più volte riscontrate.
SUDAN SOMALIA ETIOPIA/A.T.I. tra SALINI e COGEMA
L'interrogazione fa riferimento ad una transazione datata 11 maggio 1998 intervenuta tra il ministero degli affari esteri - direzione generale per la cooperazione allo sviluppo - da un lato e dall'altro la Salini costruttori S.p.A. e la CO.GE.MA. S.p.A., riunite in A.T.I.
Risposta. - Con l'atto parlamentare in esame l'interrogante evidenzia uno dei casi di contenzioso che hanno coinvolto la nostra Cooperazione allo Sviluppo, sin dal 1987, e che sono stati risolti in questo ultimo quinquennio (1998-2003) a seguito di lodi arbitrali, sentenze dei tribunali ordinari, o in via transattiva.
dall'inizio dell'attività della Cooperazione allo sviluppo in Italia. La maggior parte di questi 657 casi di contenzioso è stata chiusa (435 al 31 marzo 2003) ed ulteriori casi vengono risolti ogni mese mediante il ricorso a pratiche transattive che - qualora si giudichino oggettivamente fondate le ragioni della parte avversa - sono un mezzo di composizione delle controversie certamente molto meno oneroso per l'erario del pagamento, dopo svariati anni, di quanto stabilito da lodi arbitrati o sentenze sfavorevoli.
SOMALIA/AQUATER: Progetto ex FAI «Pozzi e bacini di contenimento, nella Somalia del nord».
Impresa Aquater, importo originario Lit. 21.890.800.000, importo suppletivo di perizia Lit. 1.140.000.000. Il progetto originario, finanziato con fondi ex lege 73/85, prevedeva la costruzione di una serie di pozzi, con relativi serbatoi d'accumulo e condotte di avvicinamento alle utenze idriche, rappresentate da villaggi in aree desertiche, distanti anche centinaia di chilometri l'uno dall'atro. I lavori sono stati «consegnati» in data 17 novembre 1986 e sono terminati in data 28 febbraio 1990. Le opere realizzate avvalendosi del finanziamento originario possono così sintetizzarsi:
preesistenti attrezzati: n. 7); d) Pozzi risultati sterili e pertanto non attrezzati: n. 8; e) Serbatoi d'accumulo per ciascuno dei punti di approvvigionamento realizzati; d) Condotte di avvicinamento alle utenze per circa 100 km.
Lo stanziamento suppletivo si rese necessario, quasi integralmente, per l'impreparazione tecnica dell'Ente Somalo che avrebbe dovuto prendere in consegna gli impianti man mano che venivano realizzati. In attesa che il Governo somalo si attrezzasse, per non vanificare le aspettative delle popolazioni interessate, fu dato ordine all'impresa di mantenere attivi i punti di approvvigionamento realizzati, curandone l'esercizio e la manutenzione fino alla data del 28 febbraio 1990 concordata con le autorità somale.
Risposta. - Con l'atto parlamentare in esame l'interrogante evidenzia uno dei casi di contenzioso che hanno coinvolto la nostra Cooperazione allo Sviluppo, sin dal 1987, e che sono stati risolti in questo ultimo quinquennio (1998-2003) a seguito di lodi arbitrali, sentenze dei tribunali ordinari, o in via transattiva.
mettendo in luce i molteplici fattori e circostanze che ne hanno caratterizzato le vicende. Il caso in questione si colloca nei più importanti tra i 657 «repertoriati» dall'inizio dell'attività della Cooperazione allo sviluppo in Italia. La maggior parte di questi 657 casi di contenzioso è stata chiusa (435 al 31 marzo 2003) ed ulteriori casi vengono risolti ogni mese mediante il ricorso a pratiche transattive che - qualora si giudichino oggettivamente fondate le ragioni della parte avversa - sono un mezzo di composizione delle controversie certamente molto meno oneroso per l'erario del pagamento, dopo svariati anni, di quanto stabilito da lodi arbitrati o sentenze sfavorevoli.
GIORDANIA/COTECNO: «Preparazione di quadri tecnici esperti nel campo della generazione, trasmissione e distribuzione dell'energia elettrica».
Nell'ambito delle finalità previste dalla legge n. 49/87, il ministero del piano del Regno Hascemita di Giordania inviava al Governo Italiano la richiesta di cooperazione in data 4-5-85, avente ad oggetto l'istituzione di un'unità pilota nel settore elettrico per la formazione di tecnici impiantistici in alta e media tensione presso l'istituto Politecnico di Amman. Lo stesso ministero del Piano indicava come esecutore
del programma la società Cotecno, che si dichiarava disponibile a fornire i richiesti servizi, presentando la proposta del 9-11-87 per l'ammontare di Lire 3.250.000.000, al netto di I.V.A. L'iniziativa veniva approvata dal Comitato direzionale per la cooperazione allo sviluppo, con delibera del 28 luglio 1988, n. 220, che ne autorizzava l'attuazione mediante la stipula di un contratto con la Società Cotecno della durata di 42 mesi al corrispondente importo. Quest'ultimo veniva poi ridotto a Lire 2.509.700.000 anche sulla base di un parere di congruità del competente Ufficio tecnico. Un ulteriore importo di Lire 118.200.000 veniva tenuto a disposizione per compensare l'incremento dei prezzi nei due anni successivi al primo. Su richiesta della Cotecno, il suddetto corrispettivo contrattuale veniva aggiornato a Lire 2.653.570.000, al mese di maggio 1989 sulla base degli indici ISTAT. In data 23-6-89 veniva pertanto stipulato tra il M.A.E.-D.G.C.S. e la Società Cotecno un contratto, da realizzarsi nell'arco di 42 mesi, con oggetto lo sviluppo presso le istituzioni educative di livello superiore - nella specie l'Istituto Politecnico di Amman - della preparazione di quadri tecnici esperti nel campo della generazione, trasmissione e distribuzione dell'energia elettrica. Il contratto, approvato dal ministero degli affari esteri il 28 giugno 1990 con decreto divenuto efficace ed esecutivo il 21 novembre 1990, prevedeva:
Come innanzi si è visto, la D.G.C.S. si obbligava a corrispondere alla Cotecno l'importo complessivo di Lire 2.653.570.000, oltre I.V.A., così ripartiti: Lire 1.080.960.000 per fornitura Amman; Lire 1.000.700.000 per prestazioni in Giordania; Lire 140.000.000 per elaborazione preliminare e definitiva dei programmi di formazione; Lire 1.190.000.000 per l'elaborazione di sussidi didattici, Lire 182.160.000 per la realizzazione dei corsi di formazione in Italia degli esperti giordani; Lire 59.750.000 come fondo spese da effettuare per la gestione in Giordania. Oltre al pagamento dei corrispettivi l'Amministrazione si obbligava ad ottenere la collaborazione della Giordania per la realizzazione del programma. I prezzi delle prestazioni concordate, erano, secondo l'articolo 9 del contratto, suscettibili di revisione a decorrere dal secondo anno successivo alla stipula del contratto con riferimento agli indici mensili ISTAT sul costo della vita, in data 25-5-90 e nelle more del perfezionamento dell'iter di approvazione, il M.A.E. modificava parzialmente il contenuto del contratto, limitando l'erogazione delle somme destinate all'assolvimento degli impegni contrattuali ed articolando le spese su quattro esercizi annuali dal 1990 al 1993. In considerazione degli eventi bellici intervenuti nel corso dell'esecuzione del contratto, l'University College della Giordania chiedeva una riarticolazione del programma. La Cotecno presentava al ministero la proposta di variante onerosa del 16 marzo 1992 che prevedeva un aumento dell'importo contrattuale pari a Lire 256.642.000, sulla quale l'Ufficio tecnico della D.G.C.S. esprimeva il parere di congruità in data 31-7-92, riducendo l'incremento all'importo di Lire 232.617.000. Per il perfezionamento dell'approvazione della variante, l'amministrazione richiedeva, in data 8-7-93, che la Cotecno sottoscrivesse un apposito atto di sottomissione. Il M.A.E. invitava nel prosieguo la Cotecno a predisporre una proposta di variante non onerosa, che comportava una redistribuzione dei corrispettivi in contratto, senza modificarne l'ammontare complessivo.
e di interessi moratori; in relazione al terzo punto: Lire 293.065.450, oltre interessi e rivalutazione sino alla data del pagamento; in relazione al punto quarto: Lire 1.425.912.799, oltre rivalutazione ed interessi sino alla data del pagamento; in relazione al quinto punto: Lire 79.185.556, oltre interessi sino alla data del soddisfo; in relazione al sesto punto: Lire 12.372.397, oltre interessi sino alla data del saldo; in relazione al settimo punto: Lire 119.146.544, oltre interessi fino alla data del saldo.
Circa il secondo quesito, l'Avvocatura riteneva infondata la pretesa al corrispettivo dei mesi-uomo in eccedenza ed in difformità rispetto al contratto. Era, inoltre, senza fondamento la pretesa degli oneri aggiuntivi sopportati a causa della maggiore durata del contratto ed inerenti il funzionamento della sede del programma in Italia, atteso che il contratto non prevedeva che la Società istituisse una sede del programma in Italia. La variante apportata al contratto aveva, poi, notevolmente ridotto le proporzioni delle attività da svolgere in Italia (attività di formazione di docenti giordani), limitandole alla partecipazione di tre docenti in luogo dei sei stabiliti e, pertanto, a circa lire 98.000.000 in luogo delle iniziali lire previste in 182.000.000. Le attività erano comunque cessate alla scadenza fissata dalla variante. Sul punto pertanto l'A.G.S. concludeva che la remunerazione che poteva essere ottenuta dall'appaltatore a fronte degli oneri sostenuti non poteva essere che quella pattuita fino a tale data nell'ambito della stessa variante. Circa il terzo quesito, per l'Avvocatura risultava infondata la pretesa al pagamento del periodo di ferie per il personale esperto inviato in Giordania, atteso che nel fabbisogno contrattuale di 56 mesi-uomo di personale per missioni lunghe, erano già ricompresi i periodi di ferie: quindi il corrispondente compenso pattuito era stato già calcolato con le ferie compreso il prezzo. Circa il quarto quesito, secondo l'Avvocatura, era destituita di fondamento la pretesa della revisione prezzi sui corrispettivi per un importo di Lire 518.231.163 avanzata con lettera del 16 aprile 1996, a maggior ragione quella ben diversa sollevata in sede di arbitrato per lire 1.503.752.932. Infatti, non è possibile riconoscere la revisione prezzi per il periodo di prolungamento della durata contrattuale pattuito tramite variante (che differiva dal 20 maggio 1994 al 20 novembre 1995 la scadenza del contratto) a fronte di appena quattro mesi e mezzo di forzata inattività per la crisi del Golfo Persico e precisamente dal 15 gennaio 1991 al 31 maggio 1991. Sarebbe altrimenti del tutto travisata la natura della variante in questione come «variante gratuita» che non avrebbe, dovuto comportare alcun onere aggiuntivo ai sensi dell'articolo 2 della legge 17 dicembre 1994, n. 121. Ciò stante anche la vigenza della normativa sopravvenuta, che ha soppresso l'istituto revisionale, non potendosi in ogni caso fare riferimento ai prezzi determinati in base a quelli correnti sul mercato all'epoca del nuovo accordo e non già in base agli elementi economici desunti dal vecchio contratto. È comunque inammissibile il cumulo fra interessi e rivalutazione monetaria, stante la natura «di valuta» del credito da revisione prezzi, che non è suscettibile di rivalutazione automatica. In relazione al quinto quesito, andava disattesa la richiesta di equo compenso per gli oneri di modifica progettuale connessi alle varianti nonché per la diversa allocazione delle risorse. Il sesto quesito non rilevava perché lo sblocco delle fidejussioni era avvenuto negli anni 1995 e 1996 e quindi nell'imminenza della chiusura delle operazioni contrattuali, senza che fosse stato fissato a monte un termine perentorio. La settima pretesa della Società era estranea al contenuto della domanda di arbitrato, in quanto formulata soltanto in occasione della precisazione dei quesiti in data 21 dicembre 1999, e pertanto non rilevante sul piano processuale. Il Collegio arbitrale, sottoscriveva il lodo il 6 aprile 2000.
il successivo 29 maggio 2000, veniva intimato precetto al M.A.E., mediante atto notificato in data 3 luglio 2000. Nel precetto veniva ingiunto all'Amministrazione di pagare la somma di lire 1.292.297.200, di cui lire 508.289.830 per sorte capitale e lire 790.007.390 per interessi, diritti, tasse di registro, spese legali, compenso degli arbitri, ecc., somme erogate all'avente diritto con decreto del 7 agosto 2000 n. 2000/340/003569/6 per lire 790.007.390 (interessi, diritti, ecc.) e con decreto n. 2000/333/003574/4 di pari data per l'importo di lire 488.059.210 (a titolo di sorte capitale), che sarebbe stato completato con successivo provvedimento per lire 14.230.620, non appena detta somma sarebbe stata reiscritta in bilancio, essendo andata perente, sì da garantire il pagamento completo dell'importo di precetto di lire 502.289.830.
Risposta. - Con l'atto parlamentare in esame l'interrogante evidenzia uno dei casi di contenzioso che hanno coinvolto la nostra Cooperazione allo Sviluppo, sin dal 1987, e che sono stati risolti in questo ultimo quinquennio (1998-2003) a seguito di lodi arbitrali, sentenze dei tribunali ordinari, o in via transattiva.
questo ha indubbiamente implicato per tali provvedimenti procedure purtroppo non celeri - con ripetuti rilievi e repliche - che hanno causato inevitabilmente l'accrescersi degli interessi per ritardato pagamento in caso di contenziosi. Dopo l'approvazione del citato decreto del Presidente della Repubblica e la soppressione del «visto», quale, condizione sospensiva dell'efficacia del provvedimento, la situazione è nettamente migliorata, almeno sotto questo profilo, consentendo una maggiore speditezza dei controlli.
CAMERUN/IMPRESTIRLING (oggi Impregilo-Imprepar): «Realizzazione della strada Dschang - Bamougoun in Camerun».
La Imprestirling S.p.a. ed il MAE stipularono un contratto ai sensi della legge 49/87 in data 30 ottobre 1987, avente ad oggetto l'appalto per la realizzazione della strada così come descritta in oggetto nello Stato del Camerun, a fronte di un corrispettivo di 23.314.651 Ecu. In data 15.12.1988, perfezionati gli adempimenti amministrativi, interveniva l'ordine del Committente di dare inizio ai lavori. Ne conseguiva che l'appaltatrice dava inizio ai lavori, nel corso del mese di gennaio, dell'anno 1989, anche in considerazione del termine contrattuale di 24 mesi per l'esecuzione e l'ultimazione della prima fase del programma, decorrente dall'ordine di inizio lavori, che comportava, in caso di ritardo nella consegna, l'applicazione di penali.
del debito relativamente alle prestazioni dedotte nel contratto del 1o luglio 1991, (approvato con decreto ministeriale 1991/128/002607/0), non divenuto esecutivo per mancata apposizione del «visto» di Ragioneria, per le ragioni più oltre indicate.
a titolo di interessi per ritardato pagamento, e per le spese dell'esecuzione. In maniera, poi, assolutamente diligente l'amministrazione proponeva immediatamente appello avverso il lodo, all'esito del quale veniva riconosciuta vincitrice.
Risposta. - Con l'atto parlamentare in esame l'interrogante evidenzia uno dei casi di contenzioso che hanno coinvolto la nostra Cooperazione allo Sviluppo, sin dal 1987, e che sono stati risolti in questo ultimo quinquennio (1998-2003) a seguito di lodi arbitrali, sentenze dei tribunali ordinari, o in via transattiva.
citato decreto del Presidente della Repubblica e la soppressione del «visto», quale, condizione sospensiva dell'efficacia del provvedimento, la situazione è nettamente migliorata, almeno sotto questo profilo, consentendo una maggiore speditezza dei controlli.
hanno causato quelle disfunzioni in passato più volte riscontrate.
EGITTO/CMT: «Potenziamento del Medical Research Institute dell'Università di Alessandria d'Egitto». Rep n. 609.
In data 17 maggio 1991, il MAE affida al consorzio C.M.T., costituito da: II Università di Roma «Tor Vergata», Consorzio «Mario Negri Sud» ed ITAL.CO.SER l'esecuzione del progetto summenzionato.
Si provvide, dunque, alla nomina della direzione Lavori, per il succitato programma, e la scelta del relativo professionista cui affidare tale incarico, ricadde sull'architetto Leoni previo esame dei curricula da parte del gruppo di lavoro all'uopo appositamente costituito dalla DGCS.
una sua corrispondente espressa volontà di accettare, pur non essendo stato perfezionato il conseguente disciplinare.
Risposta. - Con l'atto parlamentare in esame l'interrogante evidenzia uno dei casi di contenzioso che hanno coinvolto la nostra Cooperazione allo Sviluppo, sin dal 1987, e che sono stati risolti in questo ultimo quinquennio (1998-2003) a seguito di lodi arbitrali, sentenze dei tribunali ordinari, o in via transattiva.
parte di altri Organi dello Stato coinvolti nella trattazione del contenzioso o nell'esercizio del controllo contabile e nell'esame di conformità alla legge. Prima dell'approvazione del decreto del Presidente della Repubblica 20 febbraio 1998, la direzione generale per la Cooperazione allo sviluppo del MAE era infatti strettamente vincolata al visto di ragioneria quale necessaria condizione di efficacia dei suoi provvedimenti: questo ha indubbiamente implicato per tali provvedimenti procedure purtroppo non celeri - con ripetuti rilievi e repliche - che hanno causato inevitabilmente l'accrescersi degli interessi per ritardato pagamento in caso di contenziosi. Dopo l'approvazione del citato decreto del Presidente della Repubblica e la soppressione del «visto», quale, condizione sospensiva dell'efficacia del provvedimento, la situazione è nettamente migliorata, almeno sotto questo profilo, consentendo una maggiore speditezza dei controlli.
nostre ambasciate nel realizzare i progetti o i programmi previsti: questo obiettivo viene perseguito attraverso una drastica semplificazione di tutte le procedure e la verifica della loro completa conformità alla normativa vigente (in continua evoluzione) che favoriscano una gestione moderna ed efficace delle iniziative di cooperazione intraprese dall'Italia.
SOMALIA/ATI fra GIZA (mandataria), DELMA, Agricola d'Italia: riabilitazione dell'Azienda Agricola di Johar, contenzioso con l'impresa costruttrice.
Oggetto del contratto è un finanziamento ex lege 73/85 (istitutiva del FAI). Il contratto per la riabilitazione dell'azienda in oggetto è stato stipulato in data 7 agosto 1986 per l'importo di Lit. 38.000.000.000. L'importanza per l'economia Somala della funzionalità dell'azienda, nella quale trovavano lavoro oltre 1700 addetti fissi più oltre 1800 stagionali, era stata evidenziata da numerose missioni in loco di esperti altamente qualificati (negli anni 85-86). La coltura largamente prevalente dell'azienda era quella della canna da zucchero, per cui la sopravvivenza economica dell'azienda stessa era strettamente legata a quella della funzionalità dell'annesso zuccherificio, anch'esso bisognoso di notevoli interventi. Al fine di rendere produttiva l'azienda fin dalla campagna agricola dell'autunno 86, fu dato, quindi, incarico alla Techint S.p.A. di effettuare interventi di riabilitazione dello zuccherificio per l'importo di 7.2 miliardi. Tale obiettivo è stato effettivamente raggiunto ed ha consentito lo svolgimento di due campagne di produzione di zucchero da canna negli anni 86 ed 87. In accordo con le finalità della legge in oggetto (che disponeva, tra l'altro, interventi d'urgenza al fine di un immediato impatto sulle possibilità di sopravvivenza delle popolazioni interessate), i finanziamenti per l'azienda agricola e per lo zuccherificio erano stati decisi sulla base di valutazioni di massima, cui avrebbero seguito, a lavori già avviati, le progettazioni esecutive. Tali progettazioni sono state acquisite nell'autunno dell'anno 1987 per l'azienda agricola e nella primavera dello stesso anno per lo zuccherificio. Da tali studi risultava l'insufficienza delle somme già allocate, essendo necessari finanziamenti suppletivi per lit. 15 miliardi per l'azienda agricola e per quasi altrettanto (di cui 7.2 già realizzati con gli interventi sopra accennati) per lo zuccherificio. Era in corso l'esame istruttorio dei relativi progetti quando è avvenuto un gravissimo incidente nello zuccherificio, talmente atipico da far ritenere probabile una natura dolosa dello stesso: l'esplosione di una turbina. I danni provocati da tale esplosione erano rilevantissimi, al punto da porre in discussione l'intero intervento su Johar. A seguito di missione in loco del giugno 90, fu quindi deciso l'abbandono del progetto. L'impresa, intanto, nell'autunno dell'anno 1989 aveva terminato i lavori già commissionati, ed era rimasta in attesa delle decisioni dell'amministrazione che, come sopra accennato, sono poi sopraggiunte nel senso della non prosecuzione dell'iniziativa.
Tale contenzioso, a seguito di un'intensa attività di mediazione da parte di tutti gli
uffici della D.G.C.S., si è risolto in modo transattivo (certamente in misura meno onerosa per l'Erario rispetto a qualsiasi decisione giudiziale) con il riconoscimento delle seguenti somme: Lit. 1.345.480.300 alla Giza; Lit. 6.236.867.800 alla Delma; Lit. 1.422.112.900 alla Agricola D'Italia. Il tutto per un importo complessivo di Lit. 9.004.461.000, di cui circa la metà a titolo di riconoscimento di lavori effettivamente realizzati (quindi, a stretto rigore, non ascrivibili a voci contenziose) e la parte residua per danni da sospensione, ritardi nell'avvio del programma, eccetera.
Risposta. - Con l'atto parlamentare in esame l'interrogante evidenzia uno dei casi di contenzioso che hanno coinvolto la nostra Cooperazione allo Sviluppo, sin dal 1987, e che sono stati risolti in questo ultimo quinquennio (1998-2003) a seguito di lodi arbitrali, sentenze dei tribunali ordinari, o in via transattiva.
MALI-C.M. CONSULTING S.p.A. - «Costruzione di acquedotti rurali-III fase». Contratto del 1/10/1991.
L'importo del contratto era di Lire 6.862.000.000. L'iniziativa oggetto del contratto fa seguito ad altre due precedenti fasi realizzate dalla stessa società e ne costituisce la III ed ultima fase. Nelle more della stipula e dell'affidamento di detta IIIa fase, la società CM ha provveduto ad effettuare attività di custodia e di manutenzione degli impianti di base realizzati nell'ambito delle due fasi precedenti, anticipando le relative spese per un importo di circa 311 milioni di lire. In tal modo è stato evitato che venissero danneggiati gli impianti del campo base, consentendo di evitare gli oneri di ripristino e di avviare sollecitamente gli interventi di IIIa fase.
ed, eventualmente, prendere i provvedimenti necessari nei confronti degli stessi.
Risposta. - Con l'atto parlamentare in esame l'interrogante evidenzia uno dei casi di contenzioso che hanno coinvolto la nostra Cooperazione allo Sviluppo, sin dal 1987, e che sono stati risolti in questo ultimo quinquennio (1998-2003) a seguito di lodi arbitrali, sentenze dei tribunali ordinari, o in via transattiva.
cento di tutti gli investimenti effettuati per la realizzazione di programmi o progetti. Questo ammontare appare quindi nettamente inferiore alla «soglia di contenzioso fisiologico» del 10 per cento, prevista dal legislatore per un appalto di lavori (si veda la legge-quadro in materia di lavori pubblici: legge n. 109/94, articolo 31-bis estesa per «analogia iuris» alla generalità degli appalti).
SIERRA LEONE/FORTUNATO FEDERICI S.P.A. (EX FEDERSAGRI): «Progetto integrato Rombe». Contratto del 31/07/1986.
Il contratto in argomento è riconducibile al Fondo Aiuti Italiani (F.A.l.) istituito con la legge 8 marzo 1985 n. 73 e, quindi, prima dell'istituzione dell'attuale D.G.C.S. avvenuta con la legge n. 49 del 1987.
necessari nei confronti degli stessi.
Risposta. - Con l'atto parlamentare in argomento l'interrogante evidenzia uno dei casi di contenzioso che hanno coinvolto la nostra Cooperazione allo sviluppo, sin dal 1987, e che sono stati risolti in questo ultimo quinquennio (1998-2003) a seguito di lodi arbitrali, sentenze dei tribunali ordinari, o in via transattiva.
Questo ammontare appare quindi nettamente inferiore alla «soglia di contenzioso fisiologico» del dieci per cento, prevista dal legislatore per un appalto di lavori (si veda la legge-quadro in materia di lavori pubblici: legge n. 109 del 1994, articolo 31-bis estesa per «analogia iuris» alla generalità degli appalti).
El Salvador/COGEFAR: «Realizzazione di opere di urbanizzazione (1o lotto) in Apopa».
In conseguenza degli eventi sismici che avevano colpito lo Stato di El Salvador il 10-10-1986, il ministero degli affari esteri italiano, sulla scorta di indagini in loco e previa consultazione con le Autorità salvadoregne, elaborava un ampio programma di ricostruzione che prevedeva, tra l'altro, anche il risanamento di aree della capitale S. Salvador. Pertanto il Comitato direzionale, con deliberazione n. 126 del 2 dicembre 1987, riconosceva l'esistenza dei presupposti di straordinarietà, ai sensi dell'articolo 9 - comma 4 lettera d - della legge 26 febbraio 1987 n. 49, per la realizzazione del primo lotto delle opere civili e delle abitazioni per la riubicazione dei senza tetto ad Apopa, con un impegno finanziario entro il limite massimo di 19 milioni di Dollari U.S.A. (corrispondenti a lire 24.700.000.000) nell'ambito della parte a dono, autorizzando la trattativa privata con la COGEFAR Costruzioni Generali S.p.a. In data 28 dicembre 1987 veniva firmato il contratto tra la D.G.C.S. ed il Consorzio «Salvador E» per l'affidamento delle attività di studio, progettazione e direzione lavori relativi all'intero programma (sia per la parte a dono che per quella a credito d'aiuto). La direzione generale in data 18 maggio 1988 stipulava, previa autorizzazione concessa al Direttore Generale dal Ministro degli affari esteri con atto deliberativo n. 6/XV/88 del 18 marzo 1988, apposito contratto con la Società Cogefar avente ad oggetto la realizzazione dell'iniziativa di cooperazione in El Salvador denominata «Programma di riubicazione dei senza tetto in Apopa, primo lotto», per un valore complessivo massimo pari a lire 24.700.000.000 (ventiquattromiliardi
settecentomilioni). Successivamente, si rendeva necessaria l'approvazione di una perizia di variante e suppletiva da parte della direzione, recepita nell'Atto di sottomissione sottoscritto dalla Società - nella sua nuova denominazione «Cogefar-Impresit» - in data 23 maggio 1991, che comportava una variazione, in aggiunta al prezzo contrattuale di lire 989.461.000, contenuta nel quinto d'obbligo di cui all'articolo 14 del decreto del Presidente della Repubblica 16 luglio 1992 n. 1063. Con decreto del 13 febbraio 1992, infatti, il direttore generale approvava l'atto di sottomissione per l'esecuzione della perizia di variante e suppletiva, relativa alle opere e ai lavori di cui al contratto succitato. L'ultimazione dei lavori avveniva in data 31 dicembre 1991, come da verbale della direzione lavori emesso in data 5 febbraio 1992; lo stato finale dei lavori veniva accertato in data 25 febbraio 1992. Il collaudo delle opere veniva concluso con esito favorevole in data 28 febbraio 1992. A questo punto, l'Impresa richiamava le riserve precedentemente iscritte nel registro di contabilità, e riportava le stesse nello stato finale per un ammontare di lire 10.059.478.031, comprensivo degli interessi calcolati al 31 dicembre 1991. Con decreto 8 settembre 1992 n. 1992/128/03473/6, registrato dalla ragioneria il 14 dicembre 1992 n. 359, veniva approvato il certificato di collaudo. L'importo finale del contratto; come si evinceva dal certificato di collaudo rilasciato dalla commissione collaudatrice, risultava essere di lire 26.025.201.583, spesi per la costruzione di unità abitative, edifici sociali e relative infrastrutture, nonché per la realizzazione di una nuova urbanizzazione in Apopa a trenta chilometri dalla capitale, S. Salvador. Con le riserve iscritte nel registro di contabilità, confermate nello stato finale e con le note indirizzate a questa Direzione, l'Impresa avanzava la richiesta per oneri aggiuntivi di cui alle succitate riserve, la revisione prezzi e le spese sostenute per la vigilanza del complesso abitativo, per un importo di circa 14,5 miliardi.
causare quindi con molta probabilità la «militarizzazione» del programma con le evidenti negative conseguenze anche di carattere diplomatico. Bisogna poi considerare che l'impresa, trovandosi in territorio straniero, non aveva potuto smobilitare rapidamente la propria organizzazione di cantiere, per non doversi poi trovare ad affrontare, al cessare delle ragioni che avevano causato la sospensione, notevoli costi di rimobilitazione. L'amministrazione era intervenuta presso l'impresa e la direzione dei lavori, perché prendessero tutte le cautele necessarie a garantire la sicurezza del personale italiano in Salvador e l'incolumità dei lavoratori del luogo e quindi raggiungessero un accordo, impegnandosi a riconoscere gli oneri conseguenti alla stipula di nuovi contratti di lavoro. Pertanto la direzione dei lavori si dichiarava favorevole all'accoglimento della riserva, salvo l'ammontare degli oneri richiesti, mentre la Commissione di collaudo riteneva ammissibili gli oneri stessi, ma subordinava il loro riconoscimento alla decisione dell'amministrazione. L'Unità tecnica centrale della D.G.C.S. riteneva invece di poter esprimere un parere favorevole all'accoglimento della riserva n. 7 per un importo di lire 852.552.905. Infine si presentava rilevante la riserva n. 12 relativa al rimborso dei costi di vigilanza del cantiere per il semestre immediatamente successivo all'ultimazione dei lavori, riserva che non poteva essere accolta in quanto una specifica norma del capitolato speciale prescriveva che la custodia delle opere rientrava nella responsabilità dell'impresa fino all'emissione del certificato di collaudo finale. In sintesi, l'Impresa richiedeva per riserve ed interessi finanziari lire 10.102.693.414, la direzione lavori ne limitava l'importo a lire 3.804.108.772 e la commissione di collaudo ne riduceva ulteriormente l'importo a lire 3.313.968.387. L'impresa poi richiedeva, con note separate, la corresponsione degli interessi sulla revisione prezzi per lire 106.040.717 ed il riconoscimento degli oneri di vigilanza per lire 227.210.201. Sulla base di questi dati, l'unità tecnica centrale della D.G.C.S., tenuto anche conto degli avvisi della commissione di collaudo e della direzione lavori, esprimeva il seguente parere: l'impresa aveva diritto per le riserve, in relazione alle richieste per oneri extracontrattuali, ad un importo di lire 3.313.968.387 rispetto ad una richiesta di 10.102.693.414, per la vigilanza del complesso abitativo ad un importo di lire 227.210.201 rispetto ad identica richiesta, per revisione dei prezzi ad un importo zero su una richiesta di lire 4.105.570.351. Il totale quindi richiesto dall'impresa era di lire 14.435.473.966, mentre l'U.T.C. riconosceva un importo di lire 3.541.178.588.
di ragioneria ai fini della registrazione dell'impegno di spesa e per il successivo corso ai sensi dell'articolo 15 della legge n. 49 del 1987. L'ufficio di riscontro registrava l'impegno della spesa in data 4 dicembre 1996 e trasmetteva il decreto, ai fini del controllo successivo di legittimità, al competente ufficio della Corte dei conti. Infatti l'articolo 15 comma 3- della citata legge n. 49 del 1987 prescriveva un controllo generalizzato di legittimità in via successiva sugli atti della direzione. Pertanto anche dopo l'entrata in vigore della legge 14 gennaio 1994 n. 20, si riteneva che fosse ancora completamente vigente la legge 49 perché legge speciale. Orbene poiché la legge n. 20 del 1994 sopraggiunta non poteva, giusta la dottrina e la giurisprudenza allora prevalente, derogare o abrogare, anche in parte, la normativa di Cooperazione precedente di carattere speciale, si era dell'avviso di seguire la normativa propria della Cooperazione, che assicurava in ogni caso maggiore celerità ai provvedimenti, tant'è che, con l'intervenuta registrazione dell'impegno della spesa, l'atto di liquidazione diveniva efficace ed esecutivo, con decorrenza allora dalla data di registrazione da parte dell'ufficio di ragioneria. Ma proprio nel triennio successivo all'entrata in vigore della legge 14 gennaio 1994, n. 20, si andava affermando e consolidando un orientamento giurisprudenziale della Corte dei conti, che riteneva la nuova legge generale sui controlli prevalente sulle relative norme previste nella legge speciale n. 49 del 1987 ed in particolare sul comma 3 dell'articolo 15 che prescriveva il controllo di legittimità in via successiva sugli atti della direzione, infatti, nella giurisprudenza contabile diveniva determinante il principio che la legge speciale derogasse alla normativa di carattere generale previgente, ma non certo alle leggi di «riforma generale» emanate successivamente, eventualmente derogabili con ulteriore legge speciale. Con il foglio dei rilievi n. 1 del 3 gennaio 1997, l'ufficio di controllo restituiva il provvedimento sostenendo che si configurava nella sostanza come approvazione di una vera e propria transazione, che avrebbe richiesto quindi la stipulazione di un atto a sé da assoggettare alle previste formalità, quali anche l'acquisizione del parere del Consiglio di Stato e dell'Avvocatura Generale dello Stato. In ordine poi all'intervenuta trasmissione del provvedimento ai sensi dell'articolo 15 della legge n. 49 del 1987 concernente il controllo successivo di legittimità sugli atti, l'ufficio di controllo osservava, affermando il nuovo orientamento giurisprudenziale, che il sostanziale atto amministrativo sotteso a quello formale appariva riconducibile alla lett. G dell'articolo 3, punto 3, della legge n. 20 del 1994 e come tale soggetto al controllo preventivo di legittimità. Nella replica, in data 4 aprile 1997 la D.G.C.S. denegava la configurabilità del provvedimento quale transazione, poiché si trattava di una semplice definizione in via amministrativa delle riserve apposte dall'appaltatore sul registro di contabilità, nel corso dello svolgimento dei lavori, con accoglimento parziale delle riserve stesse mediante un atto unilaterale dell'amministrazione, cui era seguita un'acquisizione espressa dell'appaltatore. Quindi la risoluzione delle riserve rientrava in un ambito espressamente previsto dalla normativa speciale, costituita dal regio decreto n. 350 del 1895. Il consigliere delegato al controllo provvedeva a trasmettere il provvedimento al Presidente della Corte dei conti per il deferimento alla sezione del controllo della pronuncia sul visto e sulla conseguente registrazione del provvedimento stesso. La Corte dei conti in sezione del controllo - collegio I - nell'adunanza del 29 maggio 1997, dopo aver accertato che l'amministrazione, ai sensi dell'articolo 42 del Capitolo generale d'appalto dei lavori pubblici e dell'articolo 109 del Regolamento approvato con regio decreto 25 maggio 1895 n. 350, aveva deliberato sulle domande dell'appaltatore e quindi aveva risolto e definito in via unilaterale il contenzioso insorto a seguito di pretese aggiuntive dell'appaltatore, sulla base di una istruttoria tecnico-amministrativa perfettamente idonea a giustificare i criteri di quantificazione degli oneri addizionali riconosciuti, riteneva tale comportamento corretto, atteso che l'atto unilaterale dell'amministrazione sfociava poi in una mera autorizzazione di spesa che, come tale, non era soggetta al controllo preventivo della Corte.
Risposta. - Con l'atto parlamentare in esame l'interrogante evidenzia uno dei casi
di contenzioso che hanno coinvolto la nostra Cooperazione allo Sviluppo, sin dal 1987, e che sono stati risolti in questo ultimo quinquennio (1998-2003) a seguito di lodi arbitrali, sentenze dei tribunali ordinari, o in via transattiva.
la legge-quadro in materia di lavori pubblici: legge n. 109 del 1994, articolo 31-bis estesa per «analogia iuris» alla generalità degli appalti).
MAURITANIA/Consorzio INTERCONSUTING-TECHNIPLAN - «Valorizzazione delle risorse idriche, sistemazione piste rurali ed interventi agro-pastorali». Contratto del 27 febbraio 1987.
Il contratto in argomento è riconducibile al Fondo Aiuti Italiani (F.A.I.) istituito con la legge 8 marzo 1985 n. 73 e, quindi, prima dell'istituzione dell'attuale D.G.C.S. avvenuta con la legge n. 49 del 1987. Considerata la totale assenza di studi conoscitivi e di progetti esecutivi in base ai quali poter impostare una gara di appalto, il FAI decise di affidare ad una Società di servizi l'elaborazione degli studi, delle progettazioni, dei programmi di lavoro e del piano finanziario di intervento in funzione del quale attivare un apposito Fondo di gestione per la realizzazione delle opere sotto la responsabilità della Società stessa. Il M.A.E. si era riservato di provvedere alla fornitura di tutte le macchine e dei mezzi di lavoro, dei relativi pezzi di ricambio e delle attrezzature delle officine di manutenzione.
In data 18 luglio 1990 è venuta a cessare la Convenzione di alta vigilanza tra il MAE ed il Consorzio di imprese e quindi i compiti di gestione del contratto sono stati assunti direttamente dal MAE-D.G.C.S.
Risposta. - Con l'atto parlamentare in esame l'interrogante evidenzia uno dei casi di contenzioso che hanno coinvolto la nostra Cooperazione allo Sviluppo, sin dal
1987, e che sono stati risolti in questo ultimo quinquennio (1998-2003) a seguito di lodi arbitrali, sentenze dei tribunali ordinari, o in via transattiva.
legge n. 109 del 1994, articolo 31-bis estesa per «analogia iuris» alla generalità degli appalti).
KENIA/GILCO G&G-Gilco, poi SINCAT: «Impianto pilota dell'energia solare nella Kerio Valley».
Il contratto relativo al programma di cooperazione tecnica con il Kenya (importo di lire 2,5 mld. ca.) fu stipulato nel dicembre '87 con il Consorzio G&G-Gilco s.r.l., avviato nell'88 e sospeso nel luglio '89 dalla DGCS, per la riscontrata impossibilità da parte dell'ente locale (KVDA) di far fronte agli impegni assunti per la realizzazione del programma. La sospensione per circa due anni del Programma, che di fatto non veniva ripreso per importanti impedimenti di fondo (locali ed ambientali) fece insorgere un contenzioso con il Consorzio, che teneva a portare avanti e a concludere il contratto e, quindi, a vedersi liquidare ulteriori somme rispetto a quelle originariamente pattuite, anziché volerne chiedere lo scioglimento senza indennità (facoltà prevista dal capitolato generale d'appalto per le opere pubbliche). Non riuscì il tentativo esperito dalla DGCS di composizione amministrativa delle istanze del consorzio e la SINCAT (subentrata per incorporazione, alla GILCO/atto di fusione peraltro fortemente contestato dalla DGCS circa la sua validità) volle adire il procedimento arbitrale, per vedersi riconoscere importi per sorte (preponderante la richiesta di rimborso del costo di mantenimento societario-operativo, durante la sospensione delle attività), interessi e rivalutazione monetaria.
nonché per spese di giudizio e compensi arbitrali di spettanza della DGCS.
Risposta. - Con l'atto parlamentare in esame l'interrogante evidenzia uno dei casi di contenzioso che hanno coinvolto la nostra Cooperazione allo Sviluppo, sin dal 1987, e che sono stati risolti in questo ultimo quinquennio (1998-2003) a seguito di lodi arbitrali, sentenze dei tribunali ordinari, o in via transattiva.
da un punto di vista storico-giuridico, mettendo in luce i molteplici fattori e circostanze che ne hanno caratterizzato le vicende. Il caso in questione si colloca nei più importanti tra i 657 «repertoriati» dall'inizio dell'attività della Cooperazione allo sviluppo in Italia. La maggior parte di questi 657 casi di contenzioso è stata chiusa (435 al 31 marzo 2003) ed ulteriori casi vengono risolti ogni mese mediante il ricorso a pratiche transattive che - qualora si giudichino oggettivamente fondate le ragioni della parte avversa - sono un mezzo di composizione delle controversie certamente molto meno oneroso per l'erario del pagamento, dopo svariati anni, di quanto stabilito da lodi arbitrati o sentenze sfavorevoli.
ANGOLA/GILCO: «Lavori di costruzione dell'Acquedotto di Porto Amboim. Contratto del 3 aprile 1990». CT n. 15,1.
Il contratto in argomento è riconducibile al Fondo Aiuti Italiani (F.A.I.) istituito con la legge 8 marzo 1985 n. 73 e, quindi, prima dell'istituzione dell'attuale D.G.C.S. avvenuta con la legge n. 49 del 1987.
al n. 1649 ed è entrato in vigore il 29 giugno 1990. Essendo il tempo di esecuzione del programma previsto in 24 mesi, l'ultimazione era prevista al 28 giugno 1992, termine successivamente prorogato al 31 dicembre 1992.
Risposta. - Con l'atto parlamentare in esame l'interrogante evidenzia uno dei casi di contenzioso che hanno coinvolto la nostra Cooperazione allo Sviluppo, sin dal 1987, e che sono stati risolti in questo ultimo quinquennio (1998-2003) a seguito di lodi arbitrali, sentenze dei tribunali ordinari, o in via transattiva.
Italiani (FAI), con un approccio poi profondamente ripensato sia in termini di finalità che di procedure operative e di controllo.
o gestionali possano ancora migliorare la nostra azione. È a tal fine, infatti, che tende un complesso e articolato processo di revisione delle procedure amministrative seguite dalla direzione generale per la Cooperazione allo sviluppo e dalle nostre ambasciate nel realizzare i progetti o i programmi previsti: questo obiettivo viene perseguito attraverso una drastica semplificazione di tutte le procedure e la verifica della loro completa conformità alla normativa vigente (in continua evoluzione) che favoriscano una gestione moderna ed efficace delle iniziative di cooperazione intraprese dall'Italia.
MAROCCO - LOTTI & ASSOCIATI S.p.A. - «Realizzazione di laghi collinari e perimetri irrigui nella provincia di Tangeri - II fase» - Contratto del 29 luglio 1991.
Il Governo del Marocco ha chiesto il finanziamento a dono di una seconda fase del programma in argomento designando quale organismo esecutore la Società di Ingegneria Lotti & Associati. Con delibera del comitato direzionale n. 6 del 19 febbraio 1991 è stato concesso un finanziamento di lire 3.186.862.000 per la realizzazione di 630 Ha irrigui, per la fornitura dei materiali necessari alla realizzazione delle opere civili e dei pezzi di ricambio per il macchinario, nonché per l'assistenza tecnica alle cooperative di agricoltori locali.
Risposta. - Con l'atto parlamentare in esame l'interrogante evidenzia uno dei casi di contenzioso che hanno coinvolto la nostra Cooperazione allo Sviluppo, sin dal 1987, e che sono stati risolti in questo ultimo quinquennio (1998-2003) a seguito di lodi arbitrali, sentenze dei tribunali ordinari, o in via transattiva.
fisiologico» del 10 per cento, prevista dal legislatore per un appalto di lavori (si veda la legge-quadro in materia di lavori pubblici: legge n. 109/94, articolo 31-bis estesa per «analogia iuris» alla generalità degli appalti).
EQUADOR/C.LOTTI & Ass.ti SPA: «Progetto irriguo Chambo Guano». Contratto del 3-3-1989.
Il contratto concluso per la realizzazione del programma fu stipulato con la Lotti SPA nel marzo 1989. Il progetto, dell'importo complessivo di Lit. 14,150 mld. ca., ha richiesto delle varianti tecniche e subito dei ritardi notevoli nella realizzazione. Inoltre in vista della conclusione dei lavori, circostanze impreviste si verificarono nella esecuzione delle opere relativa ad una condotta finanziata dalla CEE, la cui direzione lavori rientrava nell'ambito dell'iniziativa in oggetto.
Risposta. - Con l'atto parlamentare in esame l'interrogante evidenzia uno dei casi di contenzioso che hanno coinvolto la nostra Cooperazione allo Sviluppo, sin dal 1987, e che sono stati risolti in questo ultimo quinquennio (1998-2003) a seguito di lodi arbitrali, sentenze dei tribunali ordinari, o in via transattiva.
allo sviluppo in Italia. La maggior parte di questi 657 casi di contenzioso è stata chiusa (435 al 31 marzo 2003) ed ulteriori casi vengono risolti ogni mese mediante il ricorso a pratiche transattive che - qualora si giudichino oggettivamente fondate le ragioni della parte avversa - sono un mezzo di composizione delle controversie certamente molto meno oneroso per l'erario del pagamento, dopo svariati anni, di quanto stabilito da lodi arbitrali o sentenze sfavorevoli.
SOMALIA/AQUATER: Progetto ex FAI «Pozzi e bacini di contenimento, nella Somalia del nord».
Impresa Aquater, importo originario Lit. 21.890.800.000, importo suppletivo di perizia Lit. 1.140.000.000. Il progetto originario, finanziato con fondi ex lege 73/85, prevedeva la costruzione di una serie di pozzi, con relativi serbatoi d'accumulo e condotte di avvicinamento alle utenze idriche, rappresentate da villaggi in aree desertiche, distanti anche centinaia di chilometri l'uno dall'altro. I lavori sono stati «consegnati» in data 17 novembre 1986 e sono terminati in data 28 febbraio 1990. Le opere realizzate avvalendosi del finanziamento originario possono così sintetizzarsi:
preesistenti attrezzati: N. 7; d) Pozzi risultati sterili e pertanto non attrezzati: N. 8; e) Serbatoi d'accumulo per ciascuno dei punti di approvvigionamento realizzati; f) Condotte di avvicinamento alle utenze per circa 100 km.
Lo stanziamento suppletivo si rese necessario, quasi integralmente, per l'impreparazione tecnica dell'ente somalo che avrebbe dovuto prendere in consegna gli impianti man mano che venivano realizzati. In attesa che il Governo Somalo si attrezzasse, per non vanificare le aspettative delle popolazioni interessate, fu dato ordine all'impresa di mantenere attivi i punti di approvvigionamento realizzati, curandone l'esercizio e la manutenzione fino alla data del 28 febbraio 1990, concordata con le autorità somale.
Risposta. - Rispondendo all'interrogazione in esame, si comunica che, nella serata del 2 marzo 2004, nei pressi della sede Rai di via Teulada in Roma, un gruppo di giovani appartenenti all'Unione degli studenti ha inscenato una manifestazione di protesta nei confronti del Ministro dell'istruzione, attesa come ospite della trasmissione televisiva «Ballarò» in programma quella sera.
il pensiero ed il dissenso politico, purché nel rispetto della legalità.
Risposta. - Al riguardo si ritiene opportuno rammentare che, a seguito della trasformazione dell'ente Poste Italiane in società per azioni, la gestione aziendale rientra nella competenza degli organi statutari della società.
avviare il graduale azzeramento delle lavorazioni.
Risposta. - Rispondendo all'interrogazione in esame, si comunica che nel corso dell'ultimo triennio, in attuazione della normativa di settore, è stata rideterminata la struttura organizzativa delle articolazioni centrali e periferiche dell'amministrazione della pubblica sicurezza, individuandone gli uffici, senza, tuttavia, poter ampliare l'organico dei dirigenti della Polizia di Stato, fissato per legge.
uffici della polizia stradale da essa dipendenti sarà oggetto di alcuna riduzione.
Risposta. - Rispondendo all'interrogazione in esame, si comunica che nel corso del 2001 la questura di Roma aveva segnalato al dipartimento della pubblica sicurezza del ministero dell'interno le situazioni di alcuni dipendenti che, per patologie varie, avevano maturato un considerevole numero di giorni di assenza, anche in più periodi di breve durata, al fine di accertare la sussistenza dei requisiti di idoneità al servizio.
nello sulle gambe. Dopo i due sgomberi i nove studenti medi maggiorenni hanno raggiunto in caserma gli undici di Rebeldìa: per tutti loro identificazioni con tanto di impronte digitali e foto segnaletiche, nonché denuncia per occupazione. In totale 42 sono le persone denunciate. I provvedimenti emessi sono stati, invece, ben 51: 35 per occupazione di edificio (articolo 633 del codice penale) e 16 denunce per resistenza a pubblico ufficiale;
Risposta. - Rispondendo all'interrogazione in esame, si precisa, preliminarmente, che, in linea generale, nel caso dell'occupazione di un immobile, le forze di polizia procedono allo sgombero - nella flagranza di reato se informate ovvero in esecuzione
di provvedimenti dell'Autorità giudiziaria - per impedire la prosecuzione dell'attività illecita e per evitare che questa possa essere portata ad ulteriori conseguenze.
Risposta. - Rispondendo all'interrogazione in esame, si comunica che, secondo quanto riferito dal questore di Brindisi, nel triennio 2000/2003 sono stati trasferiti dal Commissariato di pubblica sicurezza di Mesagne ad altri uffici della polizia di Stato nella stessa provincia brindisina, o in quelle di Lecce e di Bari, complessivamente 15 dipendenti, di cui 14 a domanda degli interessati.
Risposta. - Al riguardo, si fa presente che il competente organo territoriale del Ministero del lavoro e delle politiche sociali ha provveduto a contattare l'associazione sindacale Uil sic e l'associazione datoriale Assolombarda che hanno riferito di non essere a conoscenza della eventualità del trasferimento del centro di produzione Sky di Roma a Milano.
in cui per detta realizzazione sia stata già rilasciata, in data precedente l'incendio e sulla base degli strumenti urbanistici vigenti a tale data, la relativa autorizzazione o concessione»;
Risposta. - La complessa vicenda, che riguarda la possibilità di costruire legittimamente un complesso turistico-alberghiero in località Vallesanta del comune di Levanto, nella provincia di La Spezia, dove, nel mese di luglio del 1999, si è verificato un incendio che ha distrutto 340 ettari di bosco, ha come riferimento normativo la legge n. 353 del 21 novembre 2000 - legge quadro sugli incendi.
costruzione alberghiera con il solo presupposto della presenza di strumenti urbanistici conformi anteriori all'incendio, non richiedendo che anche la concessione debba risultare rilasciata in data precedente.
la RAI Radiotelevisione Italiana, attraverso il centro trasmittente a Onde Corte di Prato Smeraldo, trasmette programmazione radiofonica per i nostri connazionali all'estero, percependo per questo una congrua cifra della Presidenza del Consiglio dei ministri;
i Paesi più evoluti tecnicamente tendono a rafforzare questo tipo di trasmissioni, ritenute strategiche in momenti di crisi internazionale;
il sindacato UGL informazione, con una dichiarazione pubblica, denuncia un tentativo messo in atto da parte della società RAI WAY, e più esattamente da parte delta società concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo RAI, di soppressione dell'attività di trasmissione in onde corte unico in Italia -:
quali siano le motivazioni che hanno portato ad una decisione così drastica;
per quale motivo non sia stata presa in considerazione la possibilità di una eventuale delocalizzazione degli impianti così come previsti per le trasmissioni in onde medie tali da permettere la prosecuzione del servizio, riguardo alla possibilità di consentire il voto agli immigrati residenti in Italia:
se sia opportuna la decisione di privare i nostri connazionali all'estero di una voce della propria Patria;
quali iniziative normative verranno attuate per salvaguardare la libertà di informazione e la tutela del servizio pubblico radiotelevisivo in tutte le sue forme patrimonio di tutti i cittadini residenti in Italia e oltre i confini nazionali.
(4-07885)
Ciò premesso si significa che, com'è noto, l'articolo 25, comma 13, della legge 3 maggio 2004, n. 112, al fine di consentire la riconversione delle tecnologie, autorizza la società concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo a ridefinire la convenzione con la Presidenza del Consiglio dei Ministri per la diffusione dei programmi all'estero, anche con riferimento alla diffusione in onde medie e corte; il medesimo articolo ha eliminato l'obbligo per la RAI di effettuare trasmissioni radiofoniche ad onde corte per l'estero di cui all'articolo 19 della legge 14 aprile 1975, n. 103, pur mantenendo l'obbligo
I suddetti servizi radiofonici in onde corte, stando a quanto riferito dalla società RAI, risentivano dell'utilizzo di una tecnica trasmissiva vecchia di quasi cento anni: i problemi più evidenti dell'ascolto in onde corte, infatti, erano legati anzitutto ad aspetti qualitativi, dovuti non solo alla già intrinsecamente scarsa dinamica sonora di un segnale monofonico in modulazione di ampiezza, ma anche alla presenza di attenuazioni e disturbi dovuti alla propagazione ionosferica ed alle interferenze.
D'altra parte i radioascoltatori sono ormai quasi universalmente abituati a livelli qualitativi di ascolto elevati, pari almeno a quelli del servizio di diffusione FM (modulazione di frequenza), per cui la scarsa qualità dell'onda corta, accettabile nel passato, appariva oggi del tutto improponibile ed, in effetti, l'ascolto delle trasmissioni in onda corta, anche per la limitata commercializzazione dei ricevitori, sembra ormai riservata prevalentemente alla nicchia dei radioamatori.
Sono, infatti, ampiamente consolidate altre modalità per effettuare servizi radiofonici verso l'estero, prime fra tutte l'uso di Internet e dei satelliti, eventualmente integrate, ove necessario, dalla ridistribuzione locale del programma, effettuata in modulazione di frequenza, onda media o via cavo tenendo conto delle abitudini di ascolto della zona di destinazione.
Tali modalità consentono l'innalzamento del livello qualitativo dell'ascolto e la continuità della ricezione del segnale (la propagazione ad onde corte dipende, invece, da fattori ampiamente aleatori quali, ad esempio, l'attività solare), ma anche una maggior elasticità ad adattarsi a nuove necessità.
È utile rammentare, in proposito, che il contratto di servizio stipulato tra il Ministero delle comunicazioni e la Concessionaria RAI per il triennio 2003-2005, approvato con decreto del Presidente della Repubblica del 14 febbraio 2003, ha indicato la qualità dell'offerta radiotelevisiva quale fine strategico della missione di servizio pubblico.
Con il sistema ad onde corte, inoltre, l'eventuale cambiamento dell'area di destinazione di un programma, anche qualora tecnicamente possibile, avrebbe richiesto un notevole lavoro di riadattamento delle antenne esistenti nel centro trasmittente di Prato Smeraldo, mentre l'eventuale variazione degli orari o del numero delle trasmissioni avrebbe comportato la necessità di un processo di coordinamento internazionale delle relative frequenze di trasmissione dall'esito non necessariamente favorevole.
Svincolato dai limiti della tecnologia delle onde corte, invece, il servizio per l'estero potrà vedere ridefinito il suo bouquet complessivo con modalità che, garantendo l'attuale ricchezza e varietà dell'offerta, assicureranno una maggior aderenza all'evoluzione degli scenari geo-politici, permettendo, ad esempio, di privilegiare lo sviluppo di nuovi notiziari in lingue di maggior interesse e di audience potenziali più estese.
Del resto, anche nella gran parte dei Paesi tecnologicamente più avanzati si assiste ad una progressiva riduzione del numero delle trasmissioni ad onde corte ed i
più importanti broadcaster europei hanno iniziato negli ultimi anni a diversificare i mezzi di diffusione internazionale sia televisiva, sia radiofonica, per cui quasi tutti, compresa la RAI, dispongono di canali satellitari per la diffusione diretta o di distributori locali via cavo.
Le risorse necessarie per finanziare questi nuovi mezzi di trasmissione sono in parte ricavate dalla riduzione degli investimenti nelle trasmissioni ad onde corte.
Non va, inoltre, sottaciuto l'impatto degli impianti per le trasmissioni ad onda corta tradizionali, sull'inquinamento elettromagnetico; tali impianti, infatti, per la loro dimensione e per la necessità d'impiegare in emissione livelli di potenza molto elevati incidevano notevolmente sui limiti soglia fissati dalla normativa in materia e spesso risultavano armonizzabili con tali limiti solo a spese della qualità del servizio erogato.
In conclusione può dirsi che la trasformazione dei sistemi trasmissivi per la diffusione
Il Ministro delle comunicazioni: Maurizio Gasparri.
secondo quanto riportato dalle agenzie di stampa, la direzione del Ministero della difesa avrebbe impedito in più occasioni di svolgere assemblee dei lavoratori convocate sul tema della pace e avrebbe imposto la rimozione di bandiere della pace dalle bacheche sindacali della CGIL;
secondo quanto denunciato dal segretario nazionale della Funzione Pubblica CGIL si sarebbero verificati almeno due episodi di particolare gravità: il primo nella città di Pavia, dove sarebbe stata negata l'autorizzazione a svolgere un'assemblea con il personale del Genio Militare, e il secondo in località Noceto di Parma, dove il comandante di un grande stabilimento militare avrebbe imposto la rimozione del vessillo arcobaleno dalla bacheca della Fp CGIL, minacciando sanzioni e contestando la violazione di imprecisate «disposizioni governative»;
la facoltà dei lavoratori di riunirsi in assemblee sindacali è diritto costituzionalmente garantito e l'esposizione di simboli richiamanti il valore universale della pace non pare ledere alcuna normativa; in ogni caso è pertinenza delle opportune sedi giurisdizionali valutare se l'esposizione del vessillo violi interessi soggettivi o generali e dunque l'iniziativa assunta dal comandante dello stabilimento di Noceto di Parma appare esulare dalle sue competenze -:
se non ritenga opportuno censurare l'operato del comandante dello stabilimento di Noceto di Parma o, qualora ritenga legittima la sua iniziativa, chiarire quali siano le disposizioni o la normativa che autorizzerebbero quest'ultimo a disporre la rimozione della bandiera della pace dalla bacheca sindacale;
se non ritenga che il divieto di riunirsi in assemblea imposto ai lavoratori del Genio Militare di Parma si configuri come aperta violazione dei diritti costituzionalmente garantiti in tema di attività sindacali e, in caso affermativo, quali iniziative di propria competenza intenda adottare.
(4-05720)
Tuttavia, il diritto di assemblea nei luoghi di lavoro, disciplinato dall'articolo 20 della citata legge, trova dei limiti circa il suo esercizio, in quanto il suo svolgimento implica la collaborazione del datore di lavoro ed interferisce con i correlativi diritti di quest'ultimo.
In particolare, detto articolo stabilisce specificamente che il diritto di assemblea nei luoghi di lavoro debba essere circoscritto a riunioni aventi ad oggetto materie d'interesse sindacale e del lavoro: tale concetto, con riferimento all'assemblea retribuita, è stato ampiamente interpretato dalla giurisprudenza di merito fino ad includervi, ad esempio, il tema delle riforme sociali e i problemi attinenti alla salute ed all'integrità fisica dei lavoratori.
Per quanto riguarda le riunioni di altra natura, come quelle a scopo politico, secondo autorevole dottrina, pur rientrando nella sfera di tutela di cui all'articolo 1 della medesima legge, esse non beneficerebbero delle previsioni di cui all'articolo 20 e, pertanto, devono ritenersi consentite al di fuori dell'orario di lavoro, purché non turbino il normale svolgimento dell'attività lavorativa.
Nell'ambito del ministero della difesa il diritto a svolgere assemblee e di affiggere comunicati vengono garantiti, nel pieno
L'unico limite oggettivo rinvenibile nell'esercizio di tali diritti consiste nella necessaria inerenza sia degli argomenti da trattare, sia delle comunicazioni, a materie di «interesse sindacale e del lavoro».
Tale ultima espressione ha un contenuto elastico, variabile e non univoco, che può aver indotto i responsabili delle strutture di adottare anche applicazioni della disciplina con alcune limitazioni.
Al riguardo, la difesa ha svolto una scrupolosa indagine conoscitiva tra gli Enti/Comandi per verificare eventuali divieti impartiti all'interno di installazioni militari circa l'effettuazione di assemblee dei lavoratori civili sul tema della pace e la rimozione di bandiere della pace dalle bacheche sindacali.
Da tale verifica è emerso che in entrambi gli episodi segnalati dall'interrogante sia stata adottata un'interpretazione puntuale della norma, senza alcuna limitazione all'esercizio delle libertà costituzionali e dei diritti sindacali.
Il Ministro della difesa: Antonio Martino.
sembra imminente il trasferimento del commissariato di polizia situato a Marghera-Venezia, in via Cosenz, nella sede della questura sita in via Nicolodi, per poi essere successivamente assorbito dalla sede centrale, con grave disagio dei cittadini che si troveranno privati di un punto di riferimento fondamentale per la loro sicurezza, il quale, tra l'altro, opera da decenni in perfetta sintonia con il territorio;
tale decisione sembra motivata esclusivamente dallo sfratto esecutivo che pende per morosità;
l'insufficienza di fondi a disposizione della questura di Venezia e la necessità di contenere le spese, costringe a scelte quantomeno inadeguate per la sicurezza del territorio, come questa soppressione, di fatto, di un commissariato collocato in una posizione strategica e sentito come indispensabile dalla popolazione e dalle categorie economiche;
le forze sociali ed istituzionali, i sindacati di polizia e la cittadinanza intera hanno espresso la loro contrarietà a questa riduzione di servizio e chiedono con forza, in primis al questore, di ripensare a questa soluzione, che infliggerebbe un duro colpo al controllo del territorio, e poi al Governo, perché metta in condizione la questura di operare al meglio ed in tranquillità per la sicurezza dei cittadini residenti in questa zona -:
se il Ministro non ritenga che la chiusura o il ridimensionamento di un Commissariato così importante a causa dell'impossibilità di pagare l'affitto della sede, siano in contrasto con le proprie affermazioni di voler investire nella sicurezza dei cittadini;
se non ritenga, quindi, di intervenire tempestivamente mettendo a disposizione i fondi necessari per sanare la morosità e consentire la permanenza del commissariato di Marghera, concordando con il questore le modalità per evitare un grave impoverimento del servizio della Polizia di Stato in un territorio così delicato.
(4-08449)
in data 13 gennaio 2004, con il 4-08449, veniva depositata un'interrogazione indirizzata al Ministro dell'interno, a firma del sottoscritto e di altri cinque deputati eletti nella circoscrizione veneziana,
contro il trasferimento di questo Commissariato si sono mosse le istituzioni e la società civile, mediante iniziative e raccolta di firme tra la cittadinanza;
la Regione Veneto, tramite l'Assessore alle Politiche della Sicurezza Raffaele Zanon, ha espresso la propria disponibilità ad intervenire per trovare, unitamente alle altre forze istituzionali, una soluzione che impedisca lo spostamento del Commissariato;
è di questi giorni un atto di indirizzo della Giunta comunale di Venezia, che prospetta alcune possibili soluzioni per scongiurare la chiusura di questo importante presidio di pubblica sicurezza, e cioè, innanzi tutto, una verifica immediata sulla possibilità di acquistare l'immobile che attualmente ospita il Commissariato; nel caso l'acquisto non fosse possibile, il comune si impegna a rinnovare il contratto di locazione, pagando l'affitto, almeno fino a quando non sarà reperito un altro immobile nella zona, che si possa acquistare e che sia in grado di ospitare la struttura;
nonostante l'impegno di queste importanti istituzioni rimangono ancora in sospeso i 9 anni di affitto pregresso, causa dell'attuale situazione di sfratto, per un ammontare complessivo di 81.000,00 euro, che il ministero dell'interno dovrebbe accollarsi, per vedere finalmente risolta la situazione -:
se non ritenga il Ministro, alla luce dei nuovi fatti e della disponibilità anche oggettiva dimostrata dagli Enti più direttamente interessati dal grave problema che si creerebbe con la chiusura del Commissariato di Marghera, di bloccare immediatamente il trasferimento di cui in premessa, già in itinere, di questo importante presidio per la sicurezza dei cittadini;
se non ritenga, inoltre, di adottare iniziative atte ad intervenire tempestivamente mettendo a disposizione i fondi necessari per sanare il debito pregresso e, a creare un tavolo di discussione che veda riunite tutte le forze più importanti del territorio sul fronte della sicurezza (come ad esempio il Prefetto, il Questore, gli Enti locali e la Regione del Veneto), per trovare una soluzione concreta che renda stabile e duratura la permanenza a Marghera di questa fondamentale struttura.
(4-08904)
Il prefetto di Venezia ha riferito che lo spostamento in questione rientra in un più ampio riassetto logistico degli Uffici dipendenti dalla questura, finalizzato alla duplice esigenza, da un lato, di recuperare personale dalle attività di presidio alle attività operative e, dall'altro, di contenere le spese per locazione di immobili a causa delle note difficoltà di bilancio nel settore dell'accasermamento delle forze di polizia.
Al riguardo, il prefetto ha riferito che sono state avviate intese con l'amministrazione provinciale, con l'Agenzia del demanio ed il comune di Venezia, al fine di acquisire al patrimonio dello Stato, mediante permute tra immobili di rispettiva proprietà, l'edificio di via Nicolodi, già adibito a sede distaccata di alcuni uffici della questura.
Si soggiunge che per lo stabile di via Cosenz, attualmente occupato senza titolo contrattuale, i proprietari hanno avviato la procedura esecutiva per ottenerne il rilascio.
L'Ufficio territoriale del Governo ha interessato l'Avvocatura distrettuale dello Stato al fine di ottenere una proroga del termine di consegna, assicurando, nel contempo, ogni utile adempimento necessario per il riconoscimento del debito cui l'interrogante
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Alfredo Mantovano.
la ditta Bertolino, ha chiesto l'autorizzazione all'Assessorato Territorio Ambiente della Regione Siciliana, per l'allocazione in c. da Torre Inchiapparo del comune di Mazara del Vallo di un impianto industriale destinato alla produzione di biomassa per l'energia e di bioetanolo;
la ditta ha richiesto l'autorizzazione, ritenendo che in Sicilia possa trovare applicazione automatica la particolare condizione di legge contenuta nell'articolo 7 della legge regionale 65/81 combinato in via presuntiva con il disposto del comma 6, dell'articolo 69 della legge regionale 32/2000, che consente per esigenze di rilevante interesse pubblico, di realizzare opere di interesse statale o regionale in difformità agli strumenti urbanistici;
tale articolo prevede la condizione del duplice parere del Consiglio regionale urbanistica e dei comuni interessati all'iniziativa fatto salvo il disposto normativo dell'articolo 7 della legge 65/81 circa la discrezionalità dell'assessore al Territorio al rilascio dell'autorizzazione amministrativa;
la costruzione dello stabilimento occuperà una superficie di Ha 145 e ricadrà in un'area prescelta ed individuata dalla U.E. come Sito di Importanza Comunitaria (S.I.C.) (Decreto dell'Ambiente 3 aprile 2000);
altre più rilevanti iniziative economiche private (vedi parco tematico di Regalbuto), sia sotto il profilo dell'entità del finanziamento, sia dei capitali investiti (1.600 miliardi, vecchie lire), in atto sono bloccate al C.R.U. per la ragione che l'ubicazione dell'investimento ricade in area SIC;
tale sito si è inserito nel Piano regolatore generale di Mazara del Vallo esitato favorevolmente dal Consiglio regionale dell'urbanistica, nel quale è contenuta la volontà di salvaguardare l'attuale contesto ambientale;
i consigli comunali di Marsala, Mazara del Vallo Campobello, Petrosino e le popolazioni relative anche raccolte in comitati, in ordine alla realizzazione di tali e/o similari insediamenti si sono pronunciati negativamente;
Mazara del Vallo, Marsala e Petrosino, sono città che si sono poste degli obiettivi di tipo turistico e che tutta la Provincia di Trapani è vocazione turistica (Capo Feto, lo Stagnone, Monte Bonifato. Segesta, Erice, S. Vito Lo Capo, Selinunte, Castellammare del Golfo, Cave di Cusa e Tre Fontane) questi ultimi considerati esempi mirabili di siti ad interesse turistico;
di fatto, l'impianto in questione, non è destinato a produrre alcuna energia da fonte rinnovabile ma, a contrariis, a produrre industrialmente additivi per gli idrocarburi (alcool) mediante trasformazione di prodotti per l'agricoltura, da esportare prevalentemente nei paesi dell'Est generando, così facendo, la condizione giuridica per la quale non può trovare applicazione la procedura speciale di cui al precitato articolo 7 della legge regionale 65/81;
lo stesso Assessorato territorio ed ambiente, con proprio provvedimento di valutazione di incidenza del progetto del 13 giugno 2003, in ordine alla destinazione agricola del terreno de quo, ne ha statuito la particolare pericolosità per i terreni circostanti a seguito dell'impianto della graminacea Sorgum bicolor, specialmente per il versante sud del Sic;
l'impianto comporterebbe uno sfruttamento insostenibile delle falde acquifere, con un emungimento di una quantità d'acqua compresa tra 1500 e 3000 mc. al giorno, che provocherebbe un depauperamento
in conseguenza delle scarse precipitazioni avvenute negli ultimi anni, si è verificato un abbassamento delle falde acquifere e, di conseguenza, un'ulteriore riduzione non potrebbe non mettere in serio pericolo d'inquinamento le stesse, a seguito di un inevitabile aumento di salinità;
è obiettivo politico di priorità assoluta per il Consesso Provinciale, preservare in maniera inequivoca da ogni pericolo d'inquinamento le falde acquifere del nostro territorio, in un momento storico particolare in cui si è acquisita la piena consapevolezza dell'avanzamento inesorabile del fenomeno della desertificazione, rispetto al quale, la stessa Regione Siciliana sembra orientata al finanziamento di ulteriori impianti dissalatori;
il consiglio provinciale di Palermo, in un apposito studio commissionato al proprio ufficio ambiente e territorio, circa la salubrità dell'area circostante la Distilleria di Partinico, ha riscontrato che la presenza di quest'ultima contribuisce fortemente all'innalzamento delle percentuali di polveri nocive presenti nella zona;
il consiglio provinciale di Trapani, nella sua qualità di massimo consesso politico avente competenza in materia di pianificazione territoriale provinciale, esaminata la questione nella seduta straordinaria del 26 settembre u.s., ha espresso parere contrario sul progetto dell'eventuale allocazione nel comune di Mazara del Vallo, come nel resto della provincia, dell'impianto di produzione di biomassa per l'energia e di bioetanolo dell'azienda «Distilleria Bertolino S.p.A.» -:
se risponda al vero che la ditta Bertolino di Partinico abbia ottenuto dallo Stato un decreto di finanziamento di circa 50 milioni di euro per la realizzazione, ai sensi della legge n. 488 del 1992, della distilleria e che tale decreto sia stato firmato in assenza di un luogo ove realizzare l'impianto, giungendo alla incredibile situazione nella quale un impianto sarebbe finanziato anche se non si conosce il luogo ove sarà localizzato, il che appare all'interrogante paradossale, tenuto conto dello stato di tensione esistente in Mazara del Vallo e dell'assoluta volontà del comune e della popolazione di impedire la realizzazione dell'impianto.
(4-08046)
L'iniziativa agevolata riguarda la realizzazione in Mazara del Vallo (Trapani) di un impianto da adibire alla produzione di acquavite ed alcool da prodotti vinosi. La realizzazione di tale nuovo impianto è contestuale alla cessazione di analoga attività svolta dall'impresa in un altro stabilimento ubicato in Partinico (Palermo), la cui attività aveva negli anni dato luogo a problemi di tutela ambientale.
All'atto della concessione del contributo risultava pertanto individuata la localizzazione dell'iniziativa in un'area di 145 ettari del comune di Mazara del Vallo.
Le successive vicissitudini, che hanno visto l'intervento delle Amministrazioni locali volte ad impedire la realizzazione dell'iniziativa, hanno indotto l'impresa ad ipotizzare anche la delocalizzazione dell'iniziativa nel comune di Campobello di Mazara (Trapani), non senza che l'impresa stessa promuovesse azioni legali nei confronti di dette Amministrazioni. A tal riguardo il TAR Sicilia, con Ordinanza n. 1083 del 5 luglio 2001, in accoglimento delle richieste dell'impresa, ha disposto la sospensione dell'efficacia delle Deliberazioni del Consiglio comunale di Mazara del Vallo che impedivano la realizzazione.
In data 5 ottobre 2001, il Ministero delle attività produttive ha chiesto al Sindaco del comune di Mazara del Vallo di comunicare quali iniziative avesse intrapreso a seguito
Il Sindaco ha, altresì, comunicato che da parte della ditta non sono mai pervenute richieste di rilascio di concessione edilizia.
A seguito della comunicazione del Sindaco, il competente Ufficio del MAP, in data 25 febbraio 2004, ha avviato la procedura per la revoca delle agevolazioni.
Si fa presente, infine, che, in conformità alle condizioni, modalità e termini di cui alla legge n. 241 del 1990 e successive disposizioni, il legale rappresentante della ditta in questione in data 10 marzo 2004 ha avuto accesso agli atti del procedimento.
Il Sottosegretario di Stato per le attività produttive: Giuseppe Galati.
nella notte fra il 21 ed il 22 agosto 2003 a Rozzano (MI) si è consumata una strage nella quale hanno perduto la vita quattro persone, tra le quali una bimba di due anni e mezzo;
la vicenda di sangue ha costituito un momento di riflessione complessiva sulle condizioni in cui versa l'ordine pubblico in Rozzano;
si è così appreso che il Sindaco di Rozzano da tempo segnala alle autorità competenti le gravi carenze e la situazione di obiettivo pericolo;
il Sindaco ha ricordato alle agenzie di stampa che «a Rozzano ci sono 14 carabinieri che devono fare di tutto e di più, compresi i servizi allo stadio e quant'altro. Il paese viene dimenticato.» (cfr. agenzia AGI del 24 agosto 2003);
il Sindaco sostiene, come detto, di avere più volte segnalato tale situazione alle autorità competenti e di avere invitato i parlamentari a preoccuparsi della sicurezza tentando di ottenere il raddoppio del numero di Carabinieri di stanza a Rozzano;
il Sindaco ha concluso il proprio comprensibile sfogo dichiarando: «Io mi sento ferita, così come si sente ferita una città, i cittadini onesti che pagano le tasse e che aspettano risposte che non arrivano;
la strage di agosto, a Rozzano, costituisce dunque la spia di una situazione di forte disagio ove anche la consapevolezza collettiva di una condizione di ordine pubblico assolutamente insufficiente può avere influito, come concausa, nella determinazione di chi ha posto in essere il gravissimo fatto di sangue -:
se ritenga fondate le doglianze espresse con grande rispetto ma anche con grande determinazione dal Sindaco del Comune di Rozzano (MI);
se risulti rispondente a verità che da tempo, ormai, il Sindaco di Rozzano aveva (inutilmente) segnalato alle autorità competenti l'assoluta insufficienza del numero di Carabinieri di stanza nel Comune;
in caso affermativo, se e quali iniziative siano state assunte per assicurare al Comune di Rozzano una dotazione sufficiente di Forze di Polizia e comunque per rafforzare la sicurezza sul territorio;
se non ritenga, anche alla luce della gravissima strage verificatasi il 21 agosto 2003, ed alla luce delle sacrosante considerazioni espresse dal Sindaco, di dover provvedere con assoluta priorità ed urgenza ad implementare il numero dei Carabinieri di stanza a Rozzano.
(4-07266)
La situazione della sicurezza pubblica nel territorio di Rozzano e dei comuni dell'hinterland milanese è da tempo alla costante attenzione delle Autorità provinciali di pubblica sicurezza, che, anche a seguito di vari incontri con i sindaci interessati, hanno proceduto al ripianamento degli organici delle forze di polizia e ad una più efficace rimodulazione dei servizi di controllo del territorio.
Nello scorso mese di settembre, inoltre, si è tenuto in prefettura un apposito incontro con il sindaco di Rozzano e gli assessori alla sicurezza e alle politiche per la casa della regione Lombardia, l'assessore alla sicurezza della provincia, il vice sindaco di Milano e il presidente dell'Aler (Azienda lombarda edilizia residenziale); è stato così dato avvio ad una serie di iniziative volte, oltre che a rafforzare il controllo del territorio, a contrastare il fenomeno delle occupazioni abusive, risanare i quartieri periferici maggiormente degradati e garantire una maggiore vivibilità.
Si riferisce, infine, che il Comando generale dell'Arma dei carabinieri ha determinato l'elevazione a Tenenza, a decorrere dal 25 settembre 2003, della stazione carabinieri di Rozzano, con una dotazione organica di trenta unità, a fronte del precedente organico di quattordici militari.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Alfredo Mantovano.
dal 1940 i cittadini di Marghera (Venezia) usufruiscono dei servizi del Commissariato di via Cosenz. In questo arco di tempo il Commissariato ha così assunto l'importante ruolo di punto di riferimento non solo per la gente di Marghera, ma anche per le attività economiche e produttive del comune;
da nove anni lo Stato non paga l'affitto dello stabile. Gli arretrati che devono essere versati al suo proprietario ammontano a 82.000,00 euro. Se non si provvede a sanare la morosità, la Polizia dovrà ovviamente abbandonare lo stabile, altrimenti arriveranno altri rappresentanti delle forze dell'ordine con il compito di farlo sgomberare. Ossia, si arriverà alla situazione paradossale per cui lo Stato sgombera lo Stato;
con la chiusura del commissariato i cittadini di Marghera perderanno un punto di riferimento importante nella tutela della sicurezza e della legalità. Qualora il commissariato venisse poi accorpato all'ufficio stranieri della Questura si creerebbe una situazione di forte disagio per i cittadini di Marghera, che vedrebbero l'insorgere di lunghi tempi di attesa per il disbrigo delle pratiche -:
se sia a conoscenza di quali siano le cause della suddetta morosità;
quali iniziative intenda adottare al fine di porre rimedio alla situazione descritta in premessa.
(4-08552)
Il prefetto di Venezia ha riferito che lo spostamento in questione rientra in un più ampio riassetto logistico degli uffici dipendenti dalla questura, finalizzato alla duplice esigenza, da un lato, di recuperare personale dalle attività di presidio alle attività operative e, dall'altro, di contenere le spese per locazione di immobili a causa delle note difficoltà di bilancio nel settore dell'accasermamento delle forze di polizia.
Al riguardo, il prefetto ha riferito che sono state avviate intese con l'amministrazione provinciale, con l'Agenzia del demanio ed il comune di Venezia, al fine di acquisire al patrimonio dello Stato, mediante permute tra immobili di rispettiva proprietà,
Si soggiunge che per lo stabile di via Cosenz, attualmente occupato senza titolo contrattuale, i proprietari hanno avviato la procedura esecutiva per ottenerne il rilascio.
L'ufficio territoriale del Governo ha interessato l'Avvocatura distrettuale dello Stato al fine di ottenere una proroga del termine di consegna, assicurando, nel contempo, ogni utile adempimento necessario per il riconoscimento del debito cui l'interrogante fa riferimento, che ascende, sino alla data del 31 dicembre 2003, ad 82.633,10 euro.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Alfredo Mantovano.
il perdurante stato di blocco del regolare recapito della corrispondenza nella provincia di Bergamo da parte di Poste Italiane Spa, ha provocato la giacenza di oltre 80.000 chilogrammi di posta negli Uffici postali di tutta la provincia;
quali siano i motivi di tale disservizio e quali iniziative il Ministro intenda assumere per risolvere questa gravissima situazione.
(4-08584)
Il Ministero delle comunicazioni - quale Autorità nazionale di regolamentazione del settore postale - ha tra i propri compiti quello di verificare il corretto espletamento del servizio universale erogato da Poste Italiane.
Tale attività è volta ad accertare che la qualità del servizio svolto su tutto il territorio nazionale risponda ai parametri fissati dalla normativa comunitaria e nazionale, recepiti nel contratto di programma, e a adottare idonei strumenti sanzionatori nel caso in cui si dovesse verificare il mancato rispetto degli standard qualitativi fissati.
Ciò premesso, si fa presente che Poste Italiane S.p.A., interessata in merito ai lamentati disguidi nello svolgimento del servizio di recapito della corrispondenza nella provincia di Bergamo, ha comunicato quanto segue.
Le criticità evidenziate, derivate da problemi di carattere organizzativo, che negli ultimi tempi si sono registrate nel territorio bergamasco, possono ormai considerarsi in buona parte superate o in via di risoluzione.
Le misure correttive adottate, secondo quanto precisato dalla stessa società, consistenti prevalentemente in un incremento delle assunzioni di personale con contratto a tempo determinato o di lavoro temporaneo, sono state, tra l'altro, ampiamente condivise e palesemente apprezzate anche dai rappresentanti delle amministrazioni locali.
Il Ministro delle comunicazioni: Maurizio Gasparri.
si apprende dalle agenzie di stampa del 2 marzo 2004 che un gruppo di circa 20 giovani appartenenti all'unione degli Studenti avrebbe atteso davanti alla sede Rai di via Teulada, dove era stata invitata per una trasmissione televisiva, il ministro Moratti, ed avrebbero poi lanciato piatti pieni di schiuma da barba contro l'auto del ministro stesso;
immediatamente, come riportano i quotidiani di oggi 3 marzo, la polizia sarebbe intervenuta, circondando la sede Rai, e procedendo al rapido trasferimento dei giovani nel commissariato di zona -:
quali siano le direttive in vigore presso la questura di Roma, dato che in occasione di altre manifestazioni non autorizzate, teatro di episodi ben più gravi, non sembrerebbero essere state applicate le stesse misure da parte delle forze dell'ordine.
(4-09214)
Nella circostanza i giovani hanno scandito slogan contro la cosiddetta «Riforma Moratti», cercando di colpire l'autovettura del Ministro con piatti di plastica contenenti schiuma da barba, senza riuscire nell'intento.
Le forze dell'ordine hanno quindi fermato e accompagnato al Commissariato di pubblica sicurezza «Prati» ventisette ragazzi, sei dei quali minori, i quali, dopo l'identificazione, sono stati subito rilasciati.
Anche nella circostanza specifica gli operatori si sono attenuti alle direttive ministeriali in materia di ordine pubblico, finalizzate a garantire concretamente l'esercizio del diritto costituzionale di manifestare il pensiero ed il dissenso politico, purché nel rispetto della legalità.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Alfredo Mantovano.
a causa della mancanza di personale da ormai due anni circa, i postini di Montecompatri (Roma), sono in agitazione sindacale in quanto dei sette portalettere previsti in organico, attualmente ne sono in servizio soltanto cinque;
fino al dicembre scorso, Poste italiane spa aveva risolto provvisoriamente il problema, ricorrendo all'assunzione di lavoratori interinali, che permettevano il regolare svolgimento del servizio, ricoprendo anche i vuoti lasciati dal personale in ferie o in malattia;
attualmente la situazione è peggiorata poiché con lo scadere del contratto dell'ultimo lavoratore a tempo determinato a cui non è seguita una nuova assunzione, i portalettere hanno dovuto sobbarcarsi oltre alla propria zona di competenza, anche la copertura delle zone rimaste scoperte tra cui il centro del paese;
nonostante la volontà di garantire comunque ai cittadini, la regolare distribuzione della corrispondenza, i portalettere, di fronte all'immobilismo delle Poste italiane spa, che non ha tuttora provveduto ad inviare nuova forza lavoro i postini hanno indetto una agitazione sindacale fino al 21 febbraio 2004 distribuendo la posta solo nelle zone di propria competenza -:
quali iniziative intenda adottare per risolvere tale precaria situazione sia per i portalettere di Montecompatri sia per gli abitanti del paese che si trovano nelle condizioni di rimanere senza la distribuzione posta per un paio di giorni alla settimana;
se non si ritenga di dover coprire integralmente e potenziare l'organico di portalettere nel comune predetto per risolvere tale annoso problema ed eliminare il disservizio per gli abitanti di Montecompatri.
(4-09039)
Il Ministero delle comunicazioni - quale Autorità nazionale di regolamentazione del settore postale - ha tra i propri compiti quello di verificare il corretto espletamento del servizio universale erogato da Poste Italiane.
Tale attività è volta ad accertare che la qualità del servizio svolto su tutto il territorio nazionale risponda ai parametri fissati dalla normativa comunitaria e nazionale, recepiti nel contratto di programma, e a adottare idonei strumenti sanzionatori nel caso in cui si dovesse verificare il mancato rispetto degli standard qualitativi fissati.
Ciò premesso, allo scopo di poter disporre di elementi di valutazione in merito a quanto rappresentato dall'interrogante, si è provveduto ad interessare la società Poste Italiane la quale, in merito alle lamentate disfunzioni nello svolgimento del servizio di recapito a Montecompatri, in provincia di Roma, ha comunicato che, nei primi mesi del 2004, si sono verificati alcuni disguidi a causa delle ripetute astensioni dalle prestazioni straordinarie e/o aggiuntive attuate dagli addetti al recapito in diverse zone della regione.
Al termine delle agitazioni - secondo quanto riferito dalla società stessa - l'azienda ha predisposto appositi piani di smaltimento delle giacenze per normalizzare rapidamente la situazione cercando nel contempo di evitare, per quanto possibile, ripercussioni sulla qualità del servizio reso alla clientela.
A completamento d'informazione la medesima società ha reso noto che, al momento, le zone di recapito risultano servite regolarmente e non si registrano significanti criticità.
Si rende, infine, noto che i rilevamenti inerenti alla verifica della qualità del servizio postale, svolta ai sensi dell'articolo 12 del decreto legislativo n. 261 del 1999, relativa al periodo indicato nell'atto di sindacato ispettivo in esame, confluiranno nel dato globale del 1o semestre del 2004 e, nel caso in cui si dovesse verificare il mancato rispetto degli standard qualitativi fissati, saranno adottati idonei strumenti sanzionatori.
Il Ministro delle comunicazioni: Maurizio Gasparri.
da tempo i consiglieri comunali di alleanza nazionale di Campi Bisenzio (Firenze) sono oggetto di intimidazioni che li hanno raggiunti financo all'interno della sede del consiglio comunale;
nella giornata di sabato 24 gennaio alcuni giovani di alleanza nazionale sono stati aggrediti mentre nel centro della città stavano allestendo un banchino propagandistico -:
quali iniziative urgenti si intendano assumere per assicurare compiuta agibilità politica ai consiglieri comunali ed ai militanti di alleanza nazionale.
(4-08753)
Gli ulteriori fatti delittuosi cui l'interrogante fa riferimento nell'atto di sindacato ispettivo parlamentare (il rinvenimento, durante lo scorso periodo natalizio, nelle cassette postali dei consiglieri comunali di Alleanza Nazionale di volantini recanti scritte intimidatorie e il rovesciamento, il 24 gennaio 2004, di un banchetto allestito da aderenti ad «Azione Giovani») non risultano siano stati denunciati agli uffici della Polizia di Stato o dell'Arma dei carabinieri.
Sul piano generale, si rileva che benché il fenomeno degli atti di intolleranza politica coinvolga tutte le forze politiche, le sedi e i militanti dei partiti che compongono la coalizione di Governo risultano essere i bersagli più frequenti.
Pur nella oggettiva impossibilità di prevenire tutti gli atti del genere per l'elevato e l'indefinito numero di possibili obiettivi in ogni parte del Paese, sono stati intensificati su tutto il territorio nazionale sia gli strumenti investigativi e informativi, sia i servizi di controllo del territorio.
Al riguardo, il dipartimento della Pubblica sicurezza del ministero dell'interno ha provveduto più volte, negli ultimi mesi, a sollecitare in tal senso le Autorità provinciali di pubblica sicurezza, diramando apposite direttive per elevare ai massimi livelli l'attenzione sul fenomeno nel suo complesso.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Alfredo Mantovano.
se sia a conoscenza che, nella notte tra il 21 e il 22 febbraio 2003, a Bari, in Via Murat 104, l'abitazione del professor Luciano Canfora, ordinario di Filologia greca e latina, nell'Università di Bari, storico di chiara fama, eminente studioso dell'antichità, è stata imbrattata di scritte del seguente tenore: «Canfora boia, brucerai come Stalin»;
quali provvedimenti a tutela dell'incolumità del professor Luciano Canfora abbiano preso le autorità di pubblica sicurezza dopo un fatto così grave, che pone in essere - obbiettivamente - una esplicita e dichiarata minaccia per la vita di una personalità della cultura italiana, nota e stimata dagli studiosi di tutta Europa.
(4-05567)
L'episodio fu approfondito nella seduta del Comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica, tenutasi il successivo 26 febbraio, che confermò la misura della vigilanza dinamica nei pressi dell'abitazione della vittima.
La posizione dell'accademico è stata esaminata, su richiesta dell'ufficio centrale interforze per la sicurezza personale, anche in sede di riunione tecnica di coordinamento delle Forze di polizia, ma non sono emersi elementi idonei a far ritenere l'episodio come sintomatico di un progetto criminale o di un pericolo concreto ed attuale nei confronti del professor Canfora, tali da imporre un più elevato livello di protezione rispetto alla predetta misura.
Si soggiunge che in data 14 aprile scorso carabinieri del reparto operativo speciale di Bari hanno dato esecuzione a 15 ordinanze di custodia cautelare in carcere nei confronti di esponenti locali del movimento politico di estrema destra «Forza Nuova», ritenuti responsabili di associazione per delinquere allo scopo di commettere una serie indeterminata di delitti ai danni di esponenti di organismi politici e sociali di «sinistra» o, comunque, di area opposta a quella di «estrema destra».
Tra i capi di imputazione contestati vi è anche quello relativo alle scritte offensive di cui in premessa.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Alfredo Mantovano.
la società cooperativa Cmc, nel 1991, stipulò con il ministero degli affari esteri un contratto per la realizzazione del «Programma di sviluppo rurale integrato in Mozambico». Nel 1997, la Cmc presentò un ricorso per decreto ingiuntivo per il pagamento di alcune fatture e delle somme accessorie. A distanza di un anno, ci fu un secondo ricorso con il quale si richiedeva il pagamento dei pertinenti interessi, spese, onorari. In totale si è pagata la somma di lire 386.546.900 -:
se intenda accertare i motivi per i quali siano stati ratificati i ricorsi;
se intenda verificare chi siano i responsabili del fallimento di tale operazione ed, eventualmente, prendere i provvedimenti necessari nei confronti degli stessi.
(4-08228)
Sulle cause che hanno ingenerato molte delle controversie sopracitate dovrebbero essere tenuti nella debita considerazione alcuni fattori di oggettiva difficoltà: anzitutto la non facile scelta dei contraenti,
In linea generale va poi ricordata l'esigenza di avere un riscontro operativo da parte di altri Organi dello Stato coinvolti nella trattazione del contenzioso o nell'esercizio del controllo coptabile e nell'esame di conformità alla legge. Prima dell'approvazione del decreto del Presidente della Repubblica 20 febbraio 1998, la direzione generale per la Cooperazione allo Sviluppo del MAE era infatti strettamente vincolata al visto di ragioneria quale necessaria condizione di efficacia dei suoi provvedimenti: questo ha indubbiamente implicato per tali provvedimenti procedure purtroppo non celeri - con ripetuti rilievi e repliche - che hanno causato inevitabilmente l'accrescersi degli interessi per ritardato pagamento in caso di contenziosi. Dopo l'approvazione del citato decreto del Presidente della Repubblica e la soppressione del «visto», quale condizione sospensiva dell'efficacia del provvedimento, la situazione è nettamente migliorata, almeno sotto questo profilo, consentendo una maggiore speditezza dei controlli.
Il superamento di una difficile situazione pregressa è stato in questi ultimi anni un obiettivo prioritario per il ministero degli esteri: la valutazione complessiva di questi ed altri analoghi casi - senza voler escludere specifiche manchevolezze o carenze - deve tuttavia considerare le innegabili difficoltà e vischiosità che in questo settore sono state riscontrate anche nell'esperienza - sovente ben più collaudata della nostra - di organismi multilaterali o di altri donatori internazionali.
Al fine di meglio contestualizzare le problematiche affrontate dall'onorevole interrogante, sembra tuttavia utile inquadrarle e valutarle da un punto di vista storico-giuridico mettendo in luce i molteplici fattori e circostanze che ne hanno caratterizzato le vicende. Il caso in questione si colloca nei più importanti tra i 657 «repertoriati» dall'inizio dell'attività della Cooperazione allo Sviluppo in Italia. La maggior parte di questi 657 casi di contenzioso è stata chiusa (435 al 31 marzo 2003) ed ulteriori casi vengono risolti ogni mese mediante il ricorso a pratiche transattive che - qualora si giudichino oggettivamente fondate le ragioni della parte avversa - sono un mezzo di composizione delle controversie certamente molto meno oneroso per l'erario del pagamento, dopo svariati anni, di quanto stabilito da lodi arbitrali o sentenze sfavorevoli.
A questo riguardo va anzitutto sottolineato che la soccombenza del ministero degli esteri per un ammontare complessivo di circa trecento miliardi di lire - se considerata nel quadro delle attività globali della Cooperazione allo Sviluppo svolte in questi ultimi quindici anni - si riduce ad una misura largamente inferiore al due per cento di tutti gli investimenti effettuati per la realizzazione di programmi o progetti. Questo ammontare appare quindi nettamente inferiore alla «soglia di contenzioso fisiologico» del 10 per cento, prevista dal legislatore per un appalto di lavori (si veda la legge-quadro in materia di lavori pubblici: (legge n. 109 del 1994, articolo 31-bis estesa per analogia iuris alla generalità degli appalti).
Va inoltre rimarcato che ogni caso è meglio inquadrabile con una trattazione completa, anche sotto il profilo della valutazione tecnica, amministrativa e contabile, effettuata a tutti i competenti livelli, i dati citati nell'atto in esame si riferiscono infatti quasi esclusivamente alla fase del controllo contabile e di conformità alla legge di
La corretta applicazione delle procedure concorsuali, la semplificazione delle procedure amministrative, la netta preferenza per l'accordo transattivo (rispetto, ai lodi arbitrali o alle sentenze del tribunale) hanno già reso l'azione italiana in questo campo più sollecita ed efficace, senza peraltro impedire che ulteriori provvedimenti amministrativi o gestionali possano ancora migliorare la nostra azione. È a tal fine, infatti, che tende un complesso e articolato processo di revisione delle procedure amministrative seguito dalla direzione generale per la Cooperazione allo Sviluppo e dalle nostre ambasciate nel realizzare i progetti o i programmi previsti: questo obiettivo viene perseguito attraverso una drastica semplificazione di tutte le procedure e la verifica della loro completa conformità alla normativa vigente (in continua evoluzione) che favoriscano una gestione moderna ed efficace delle iniziative di cooperazione intraprese dall'Italia.
Parallelamente alla revisione delle procedure, è in corso, in attuazione della delega legislativa conferita con l'articolo 3, comma 43, della legge finanziaria per il 2003, la predisposizione di provvedimenti che correggano le inadeguatezze normative che hanno causato quelle disfunzioni in passato più volte riscontrate.
Più specificatamente, si forniscono di seguito gli elementi di risposta relativi al caso a cui si fa riferimento nell'interrogazione in esame.
Veniva quindi intavolata una trattativa con CMC che sfociava in un unico atto di transazione stragiudiziale a definizione dell'intero contenzioso giudiziale pendente nel quale - tra l'altro - veniva abbandonata la riserva di cui al n. 1 ridotto l'importo del decreto ingiuntivo a circa 160 milioni e ridotto l'importo cospicuo di circa 12 miliardi di cui alla domanda tribunalizia a circa la meta con un esborso di circa 6.800.000.000.
All'atto transattivo si è giunti ricevendo il preventivo parere consultivo dell'Avvocatura generale dello Stato che ha esaminato le relazioni esplicative ed ha ritenuto conveniente procedere alla transazione. Successivamente, il tribunale civile di Roma, in esito ai giudizi radicati dalla CMC non ha potuto far altro che dichiarare l'estinzione della causa «per cessata materia del contendere», tenuto conto della transazione dell'11 aprile 2001 (sentenza tribunale civile Roma n.7074/02, depositata il 20 febbraio 2002).
Deve infine evidenziarsi che la Corte dei conti con provvedimento del 28 settembre 2001 apponeva il proprio visto di legittimità sul decreto ministeriale 2001/340/002662/3 con il quale è stata approvata la transazione per l'importo complessivo di lire 6.837.000.000, con tale apposizione di fatto la Corte dei conti, direzione controllo ministeri istituzionali, sanciva l'insussistenza di qualsiasi ipotesi di danno erariale e, quindi, la conseguente insussistenza di responsabilità rilevanti a carico della gestione operata dal MAE-DGCS. In aggiunta, si specifica che la procura della Corte dei conti, svolte le indagini sul caso ha archiviato la pratica in data 13 novembre 2002 non ravvisando responsabilità perseguibili.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Alfredo Luigi Mantica.
nel 1988 il ministero degli affari esteri stipulò un accordo con la società Italconsult spa per la realizzazione di un programma in Argentina. Tredici anni dopo la Italconsult dovette ricorrere al lodo arbitrale per ottenere il pagamento di una parte del dovuto: gli arbitri condannarono il ministero degli affari esteri a versare 138 milioni di lire per capitale e più di 581 milioni per ritardato pagamento, spese processuali, legali eccetera. Successivamente sono stati versati altri 55 milioni -:
se intenda accertare le ragioni del ritardato pagamento che hanno comportato il versamento di una così ingente somma di denaro;
se intenda verificare chi siano i responsabili del fallimento di tale operazione ed, eventualmente, prendere i provvedimenti necessari nei confronti degli stessi.
(4-08229)
Sulle cause che hanno ingenerato molte delle controversie sopracitate dovrebbero essere tenuti nella debita considerazione alcuni fattori di oggettiva difficoltà: anzitutto la non facile scelta dei contraenti, avvenuta all'epoca in mancanza di procedure concorsuali certe e trasparenti; la non agevole definizione poi dei primi impegni contrattuali, che conseguentemente non ha previsto tutte le possibili ipotesi in seguito verificatesi; l'impostazione sperimentale dei progetti in una fase iniziale e nuova della nostra cooperazione allo sviluppo; il verificarsi in loco di fattori non previsti (calamità naturali, crisi militari o politiche, instabilità giuridica ed amministrativa, incapacità gestionale dei beneficiari) che hanno ritardato o reso irrealizzabili varie iniziative intraprese. Va infatti evidenziato che svariati casi citati si riferiscono al periodo in cui iniziative di cooperazione vennero avviate nell'ambito del Fondo Aiuti Italiani (FAI), con un approccio poi profondamente ripensato sia in termini di finalità che di procedure operative e di controllo.
In linea generale va poi ricordata l'esigenza di avere un riscontro operativo da parte di altri Organi dello Stato coinvolti nella trattazione del contenzioso o nell'esercizio del controllo contabile e nell'esame di conformità alla legge. Prima dell'approvazione del decreto del Presidente della Repubblica 20 febbraio 1998, la direzione generale per la Cooperazione allo Sviluppo del MAE era infatti strettamente vincolata al visto di ragioneria quale necessaria condizione di efficacia dei suoi provvedimenti: questo ha indubbiamente implicato per tali provvedimenti procedure purtroppo non celeri - con ripetuti rilievi e repliche - che hanno causato inevitabilmente l'accrescersi degli interessi per ritardato pagamento in caso di contenziosi. Dopo l'approvazione del citato decreto del Presidente della Repubblica e la soppressione del «visto», quale condizione sospensiva dell'efficacia del provvedimento, la situazione è nettamente migliorata, almeno sotto questo profilo, consentendo una maggiore speditezza dei controlli.
Il superamento di una difficile situazione pregressa e stato in questi ultimi anni un obiettivo prioritario per il ministero degli esteri: la valutazione complessiva di questi ed altri analoghi casi - senza voler escludere specifiche manchevolezze o carenze - deve tuttavia considerare le innegabili difficoltà e vischiosità che in questo settore sono state riscontrate anche nell'esperienza - sovente ben più collaudata della nostra - di organismi multilaterali o di altri donatori internazionali.
Al fine di meglio contestualizzare le problematiche affrontate dall'interrogante, sembra tuttavia utile inquadrarle e valutarle da un punto di vista storico-giuridico, mettendo in luce i molteplici fattori e circostanze che ne hanno caratterizzato le vicende. Il caso in questione si colloca nei più importanti tra i 657 «repertoriati» dall'inizio dell'attività della Cooperazione allo Sviluppo in Italia. La maggior parte di questi 657 casi di contenzioso è stata chiusa (435 al 31 marzo 2003) ed ulteriori casi vengono risolti ogni mese mediante il ricorso a pratiche transattive che - qualora si giudichino oggettivamente fondate le ragioni della parte avversa - sono un mezzo di composizione delle controversie certamente molto meno oneroso per l'erario del pagamento, dopo svariati anni, di quanto stabilito da lodi arbitrali o sentenze sfavorevoli.
A questo riguardo va anzitutto sottolineato che la soccombenza del ministero degli esteri per un ammontare complessivo di circa trecento miliardi di lire - se considerata nel quadro delle attività globali della Cooperazione allo Sviluppo svolte in questi ultimi quindici anni - si riduce ad una misura largamente inferiore al due per cento di tutti gli investimenti effettuati per la realizzazione di programmi o progetti. Questo ammontare appare quindi nettamente inferiore alla «soglia di contenzioso fisiologico» del 10 per cento, prevista dal legislatore per un appalto di lavori (si veda la legge-quadro in materia di lavori pubblici: legge n. 109 del 1994, articolo 31-bis estesa per analogia iuris alla generalità degli appalti).
Va inoltre rimarcato che ogni caso è meglio inquadrabile con una trattazione completa, anche sotto il profilo della valutazione tecnica, amministrativa e contabile, effettuata a tutti i competenti livelli. I dati citati nell'atto in esame si riferiscono infatti quasi esclusivamente alla fase del controllo contabile e di conformità alla legge di ciascuna iniziativa, mancando tutte le valutazioni tecniche e gestionali effettuate da altri Organi dello Stato quali l'Avvocatura generale o la Corte dei conti; né si tiene conto dei risultati dell'eventuale esame giurisdizionale effettuato da parte della Procura regionale competente della Corte dei conti.
La corretta applicazione delle procedure concorsuali, la semplificazione delle procedure amministrative, la netta preferenza per l'accordo transattivo (rispetto ai lodi arbitrali o alle sentenze del tribunale) hanno già reso l'azione italiana in questo campo più sollecita ed efficace, senza peraltro impedire che ulteriori provvedimenti amministrativi o gestionali possano ancora migliorare la nostra azione. È a tal fine, infatti, che tende un complesso e articolato processo di revisione delle procedure amministrative seguite dalla direzione generale per la Cooperazione allo Sviluppo e dalle nostre Ambasciate nel realizzare i progetti o i programmi previsti: questo obiettivo viene perseguito attraverso una drastica semplificazione di tutte le procedure e la verifica della loro completa conformità alla normativa vigente (in continua evoluzione) che favoriscano una gestione moderna ed efficace delle iniziative di cooperazione intraprese dall'Italia.
Parallelamente alla revisione delle procedure, è in corso, in attuazione della delega legislativa conferita con l'articolo 3, comma 43 della legge finanziaria per il 2003, la predisposizione di provvedimenti che correggano le inadeguatezze normative che hanno causato quelle disfunzioni in passato più volte riscontrate.
Più specificatamente, si forniscono di seguito gli elementi di risposta relativi al caso a cui si fa riferimento nell'interrogazione in esame.
presunti ritardati pagamenti delle fatture;
presunti costi aggiuntivi causa la ritardata emissione del certificato di collaudo;
il riconoscimento di costi imprevisti ed eccedenti e della revisione prezzi.
In merito al danno causato dal ritardato collaudo, considerando il 31 luglio 1994 con termine finale del contratto, e tenuto conto che il collaudo fu effettuato tra il 15 e il 23 novembre 1996 ed approvato dalla D.G.C.S. il 3 marzo 1997, il danno è stato valutato dalla Società in lire 283.306.451, di cui lire 171.592.230 per capitale e lire 111.714.131 per interessi.
Sul terzo punto si è chiesto il riconoscimento di costi inerenti le spedizioni, ripartite nel tempo a svantaggio della società, di lire 74.945.562, di cui 39.945.704 per costo di spedizioni non pagate e lire 34.999.857 per interessi.
In conclusione la somma richiesta con i primi tre, quesiti è stata pari a lire 959.910.420.
Rispetto alle richieste formulate, l'Avvocatura generale dello Stato ha ritenuto che alcune delle pretese dell'impresa appariva assistita dal benché minimo fondamento fattuale giuridico precisandone le motivazioni.
Nel merito della decisione arbitrale, quanto al ritardato pagamento delle fatture, il Collegio ha ritenuto che, in rapporto a quanto stabilito da apposita clausola contrattuale, la presentazione della fattura ha l'effetto di rendere il credito liquido ed esigibile e costituisce il momento di riferimento per valutare il ritardo del debitore nel soddisfare il credito medesimo. Il Collegio ha tuttavia riconosciuto un periodo di franchigia di 30 giorni dal ricevimento della fattura quale tempo necessario per l'effettuazione del pagamento.
Il Collegio ha invece ritenuta valida l'eccezione sollevata dalla difesa erariale circa il conteggio effettuato dall'impresa con riferimento alla fattura concernente il pagamento del saldo residuo del 5 per cento, conteggio che doveva necessariamente essere effettuato in epoca successiva ai controlli da parte dell'amministrazione.
Ulteriore questione affrontata dal Collegio è stata quella di accertare se, nel caso specifico potesse considerarsi operante la regola della mora ex re. In tal senso ha ritenuto che, nella fattispecie, non c'era bisogno per la produzione degli interessi della formale costituzione in mora.
In conclusione, il Collegio ha riconosciuto interessi ex articoli 1224 e 1194 c.c. per ritardato pagamento dei corrispettivi inerenti ad una serie di fatture attinenti l'anticipo contrattuale, lo svincolo della ritenuta a garanzia, le prestazioni professionali, le forniture e i relativi costi di spedizione.
Accogliendo in parte il primo quesito, è stata pertanto riconosciuta per ritardato pagamento delle fatture la somma di lire 334.575.759.
Sul secondo quesito, il Collegio non ha accolto la tesi avanzata dalla difesa erariale secondo la quale la consegna di quanto realizzato alle autorità locali, avvenuta prima del collaudo, abbia esonerato l'impresa da ogni ulteriore obbligo, compreso quello di custodia per cui, essendo il collaudo avvenuto a distanza dal termine finale di contratto, il Collegio ha ritenuto che l'impresa abbia svolto l'attività di guardiania e manutenzione necessaria. In via equitativa, la somma riconosciuta è stata di lire 141.653.226 rispetto a quella richiesta di lire 283.306.451. Infine non è stato accolto il terzo quesito inerente le presunte maggiori spese sostenute per la spedizione.
In sostanza, rispetto ad una richiesta complessiva di lire 959.910.420, il collegio ha riconosciuto solo lire 476.228.985, con una differenza di ben lire 483.681.435.
Per ultimo, il collegio ha dichiarato il MAE tenuto al pagamento dei quattro quinti delle spese processuali liquidate in complessive lire 54.609.500.
Dagli elementi suesposti, emerge che il contenzioso insorto tra il MAE e l'impresa esecutrice trae origine da una interpretazione non univoca della normativa posta a fondamento del contratto, tanto che le richieste di danno formulate sono di gran lunga superiori alle somme effettivamente liquidate dal collegio arbitrale. Si è dovuto far ricorso alla procedura arbitrale, vista l'impossibilità di pervenire ad un accordo transattivo sulla base di una valutazione qualitativa.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Alfredo Luigi Mantica.
il ministero degli affari esteri, per controversie in atto con la Italconsult Spa paga lire 1.296.097.060 di cui 1.145.027.060 lire per interessi e 151.070.000 per capitale. Gli interessi pagati si riferiscono a progetti sviluppati in Nicaragua e in Angola -:
se intenda accertare le ragioni del sorgere delle controversie che hanno comportato il maturare di tutti quegli interessi e il pagamento di una così ingente somma di denaro;
se intenda verificare chi siano i responsabili del fallimento di tale operazione ed, eventualmente, prendere i provvedimenti necessari nei confronti degli stessi.
(4-08230)
Sulle cause che hanno ingenerato molte delle controversie sopracitate dovrebbero essere tenuti nella debita considerazione alcuni fattori di oggettiva difficoltà: anzitutto la non facile scelta dei contraenti, avvenuta all'epoca in mancanza di procedure concorsuali certe e trasparenti; la non agevole definizione poi dei primi impegni contrattuali, che conseguentemente non ha previsto tutte le possibili ipotesi in seguito verificatesi; l'impostazione sperimentale dei progetti in una fase iniziale e nuova della nostra cooperazione allo sviluppo; il verificarsi in loco di fattori non previsti (calamità naturali, crisi militari o politiche, instabilità giuridica ed amministrativa, incapacità gestionale dei beneficiari) che hanno ritardato o reso irrealizzabili varie iniziative intraprese. Va infatti evidenziato che svariati casi citati si riferiscono al periodo in cui iniziative di cooperazione vennero avviate nell'ambito del Fondo Aiuti Italiani (FAI), con un approccio poi profondamente ripensato sia in termini di finalità che di procedure operative e di controllo.
In linea generale va poi ricordata l'esigenza di avere un riscontro operativo da parte di altri Organi dello Stato coinvolti nella trattazione del contenzioso o nell'esercizio del controllo contabile e nell'esame di conformità alla legge. Prima dell'approvazione del decreto del Presidente della Repubblica 20 febbraio 1998, la direzione generale per la Cooperazione allo sviluppo del MAE era infatti strettamente vincolata al visto di ragioneria quale necessaria condizione di efficacia dei suoi provvedimenti: questo ha indubbiamente implicato per tali provvedimenti procedure purtroppo non celeri - con ripetuti rilievi e repliche - che hanno causato inevitabilmente l'accrescersi degli interessi per ritardato pagamento in caso di contenziosi. Dopo l'approvazione del citato decreto del Presidente della Repubblica e la soppressione del «visto», quale condizione sospensiva dell'efficacia del provvedimento, la situazione è nettamente migliorata, almeno sotto questo profilo, consentendo una maggiore speditezza dei controlli.
Il superamento di una difficile situazione pregressa è stato in questi ultimi anni un obiettivo prioritario per il ministero degli esteri: la valutazione complessiva di questi ed altri analoghi casi - senza voler escludere specifiche manchevolezze o carenze - deve tuttavia considerare le innegabili difficoltà e vischiosità che in questo settore sono state riscontrate anche nell'esperienza - sovente ben più collaudata della nostra - di organismi multilaterali o di altri donatori internazionali.
Al fine di meglio contestualizzare le problematiche affrontate dall'interrogante, sembra tuttavia utile inquadrarle e valutarle da un punto di vista storico-giuridico, mettendo in luce i molteplici fattori e circostanze che ne hanno caratterizzato le vicende. Il caso in questione si colloca nei più importanti tra i 657 «repertoriati» dall'inizio dell'attività della Cooperazione allo sviluppo in Italia. La maggior parte di questi 657 casi di contenzioso è stata chiusa (435 al 31 marzo 2003) ed ulteriori casi vengono risolti ogni mese mediante il ricorso a pratiche transattive che - qualora si giudichino oggettivamente fondate le ragioni della parte avversa - sono un mezzo di composizione delle controversie certamente molto meno oneroso per l'erario del pagamento, dopo svariati anni, di quanto stabilito da lodi arbitrali o sentenze sfavorevoli.
A questo riguardo va anzitutto sottolineato che la soccombenza del ministero degli esteri per un ammontare complessivo di circa trecento miliardi di lire - se considerata nel quadro delle attività globali della Cooperazione allo sviluppo svolte in
Va inoltre rimarcato che ogni caso è meglio inquadrabile con una trattazione completa, anche sotto il profilo della valutazione tecnica, amministrativa e contabile, effettuata a tutti i competenti livelli. I dati citati nell'atto in esame si riferiscono infatti quasi esclusivamente alla fase del controllo contabile e di conformità alla legge di ciascuna iniziativa, mancando tutte le valutazioni tecniche e gestionali effettuate da altri Organi dello Stato quali l'Avvocatura generale o la Corte dei conti; né si tiene conto dei risultati dell'eventuale esame giurisdizionale effettuato da parte della Procura regionale competente della Corte dei conti.
La corretta applicazione delle procedure concorsuali, la semplificazione delle procedure amministrative, la netta preferenza per l'accordo transattivo (rispetto ai lodi arbitrali o alle sentenze del tribunale) hanno già reso l'azione italiana in questo campo più sollecita ed efficace, senza peraltro impedire che ulteriori provvedimenti amministrativi o gestionali possano ancora migliorare la nostra azione. È a tal fine, infatti, che tende un complesso e articolato processo di revisione delle procedure amministrative seguite dalla direzione generale per la Cooperazione allo sviluppo e dalle nostre ambasciate nel realizzare i progetti o i programmi previsti: questo obiettivo viene perseguito attraverso una drastica semplificazione di tutte le procedure e la verifica della loro completa conformità alla normativa vigente (in continua evoluzione) che favoriscano una gestione moderna ed efficace delle iniziative di cooperazione intraprese dall'Italia.
Parallelamente alla revisione delle procedure, è in corso, in attuazione della delega legislativa conferita con l'articolo 3, comma 43 della legge finanziaria per il 2003, la predisposizione di provvedimenti che correggano le inadeguatezze normative che hanno causato quelle disfunzioni in passato più volte riscontrate.
Più specificatamente, si forniscono di seguito gli elementi di risposta relativi al caso a cui si fa riferimento nell'interrogazione in esame.
La D.G.C.S. affidava alla Italconsult S.p.A. lo studio per la revisione del progetto di massima, l'esecuzione di indagini-studi integrativi e la progettazione esecutiva delle opere. In data 1o ottobre 1991 veniva stipulato con la citata Società un contratto concernente la componente Servizi e direzione lavori per un importo complessivo di lire 2.103.240.000. Contestualmente, la sopraggiunta normativa in materia di appalto di opere (legge n. 412/1991) non consentendo l'assegnazione a trattativa privata alla Società Astaldi della realizzazione delle citate
Purtroppo il tempo trascorso per l'espletamento della procedura concorsuale, le mutate priorità del Governo italiano nelle attività di cooperazione con il Nicaragua e le forti riduzioni di bilancio subìte dalla Direzione Generale hanno fatto ritenere non più realizzabile l'opera prevista e ciò ha condotto, di conseguenza, alla determinazione di interrompere l'esecuzione del contratto con la Società Italconsult, senza che la stessa avesse potuto materialmente eseguire la direzione Lavori (a causa della richiamata mancata realizzazione delle opere). Al momento dell'interruzione del contratto, la società aveva regolarmente eseguito prestazioni di progettazione per un importo di lire 1.479.810.940, mentre rimanevano non espletate tutte le prestazioni inerenti alla direzione Lavori per un importo di lire 604.280.000.
La società, il 27 luglio 2000, notificava alla direzione generale domanda di arbitrato volta ad ottenere gli interessi maturati a causa del ritardo registratosi nel pagamento delle prestazioni, effettuate, la revisione prezzi sui corrispettivi dovuti nonché il riconoscimento dei maggiori oneri sostenuti per i citati ritardi.
La D.G.C.S. riusciva ad evitare il conclamarsi del contenzioso, stipulando la sopra menzionata transazione a chiusura delle quattro vertenze. La somma transatta è quella indicata dall'interrogante, di gran lunga inferiore all'originaria domanda arbitrale.
La sezione speciale del Comitato consultivo per la cooperazione allo sviluppo, organismo direttivo all'epoca in essere, espresse parere favorevole al finanziamento del programma incaricando della realizzazione la Italconsult S.p.A. per l'importo di lire 2.123.444.000. In data 26 agosto 1985 veniva, pertanto, stipulata con la citata Società una convenzione per la prestazione di servizi di assistenza tecnica e di formazione professionale e per la fornitura di attrezzature e di materiale didattico. Al termine del contratto la società aveva regolarmente eseguito le prestazioni, comprese le previste forniture per un importo di lire 2.123.256.612. La Società, nel 1994 e, successivamente, nel 1999 evidenziava all'Amministrazione ritardi nei pagamenti delle prestazioni (anche delle forniture) effettuate in adempimento alla Convenzione sottoscritta.
La D.G.C.S. riusciva ad evitare il conclamarsi del contenzioso, stipulando la sopra menzionata transazione a chiusura delle quattro vertenze. La somma transatta
La Italconsult, il 27 luglio 2000, notificava alla direzione generale, ai sensi dell'articolo 12 del contratto, domanda di arbitrato volta ad ottenere gli interessi maturati a causa del ritardo verificatosi nel pagamento delle prestazioni rese, la revisione prezzi sui corrispettivi, dovuti nonché il riconoscimento dei maggiori oneri sostenuti in conseguenza dei citati ritardi. La D.G.C.S. riusciva ad evitare il conclamarsi del contenzioso, stipulando la sopra menzionata transazione a chiusura delle quattro vertenze. La somma transatta è quella indicata dall'interrogante, di gran lunga inferiore all'originaria domanda arbitrale.
L'obiettivo del programma era quello di incrementare le produzioni ortofrutticole attraverso l'estensione di aree irrigabili nelle vicinanze della città di Luanda, anche al fine di migliorare il livello occupazionale degli addetti al settore agricolo. La D.G.C.S. affidava così alla Italconsult la realizzazione del programma in questione per l'importo di lire 2.870.000.000. In data 28 luglio 1987 veniva, infatti, stipulato con la predetta società un contratto concernente la prestazione di servizi tecnico-scientifici da effettuare in collaborazione con «l'Unità tecnica per la realizzazione del programma di sviluppo e priorità, studi di fattibilità, progettazione esecutiva degli interventi e coordinamento delle attività» (organismo del Paese beneficiario), nonché la fornitura di attrezzature e di mezzi necessari e strumentali allo svolgimento del programma. Alla chiusura del contratto la Società aveva regolarmente eseguito le prestazioni di servizio e le forniture previste nel Contratto, per l'importo di lire 2.870.000.000. La Società, nel 1994 e, successivamente, nel 1999 evidenziava ritardi nei pagamenti delle prestazioni e delle stesse forniture effettuate in adempimento al Contratto in questione. La D.G.C.S. riusciva ad evitare il conclamarsi del contenzioso, stipulando la sopra menzionata transazione a chiusura delle quattro vertenze. La somma transatta è quella indicata dall'interrogante, di gran lunga inferiore all'originaria pretesa della controparte.
Alla luce delle sopracitate richieste avanzate dalla Società, ed in considerazione di precedenti negative sentenze lodali, insistenti su casi analoghi, la D.G.C.S., d'intesa con l'Avvocatura generale dello Stato, ha ritenuto di poter definire anche questo come, i predetti tre contenziosi, stragiudizialmente, mediante la stipula di un atto di transazione che, a fronte di richieste avanzate dalla Società
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Alfredo Luigi Mantica.
La Cmc stipulò, nel 1991, un contratto con il ministero degli affari esteri per un programma di sviluppo rurale integrato in Mozambico. A causa di ritardati pagamenti di forniture e servizi, l'amministrazione, a seguito di richiesta della Cooperativa, in data 5 marzo 1999, fu costretta a corrispondere la somma di lire 870.513.240 alla Cmc per interessi di legge -:
se intenda accertare le cause del ritardato pagamento che hanno avuto come conseguenza il versamento di una così ingente somma di denaro;
se intenda verificare chi siano i responsabili del fallimento di tale operazione ed, eventualmente, prendere i provvedimenti necessari nei confronti degli stessi.
(4-08231)
Sulle cause che hanno ingenerato molte delle controversie sopracitate dovrebbero essere tenuti nella debita considerazione alcuni fattori di oggettiva difficoltà: anzitutto la non facile scelta dei contraenti, avvenuta all'epoca in mancanza di procedure concorsuali certe e trasparenti; la non agevole definizione poi dei primi impegni contrattuali, che conseguentemente non ha previsto tutte le possibili ipotesi in seguito verificatesi; l'impostazione sperimentale dei progetti in una fase iniziale e nuova della nostra cooperazione allo sviluppo; il verificarsi in loco di fattori non previsti (calamità naturali, crisi militari o politiche, instabilità giuridica ed amministrativa, incapacità gestionale dei beneficiari) che hanno ritardato o reso irrealizzabili varie iniziative intraprese. Va infatti evidenziato che svariati casi citati si riferiscono al periodo in cui iniziative di cooperazione vennero avviate nell'ambito del Fondo Aiuti Italiani (FAI), con un approccio poi profondamente ripensato sia in termini di finalità che di procedure operative e di controllo.
In linea generale va poi ricordata l'esigenza di avere un riscontro operativo da parte di altri Organi dello Stato coinvolti nella trattazione del contenzioso o nell'esercizio del controllo contabile e nell'esame di conformità alla legge. Prima dell'approvazione del decreto del Presidente della Repubblica 20 febbraio 1998, la direzione generale per la Cooperazione allo Sviluppo del MAE era infatti strettamente vincolata al visto di ragioneria quale necessaria condizione di efficacia dei suoi provvedimenti: questo ha indubbiamente implicato per tali provvedimenti procedure purtroppo non celeri - con ripetuti rilievi e repliche - che hanno causato inevitabilmente l'accrescersi degli interessi per ritardato pagamento in caso di contenziosi. Dopo l'approvazione del citato decreto del Presidente della Repubblica e la soppressione del «visto», quale condizione sospensiva dell'efficacia del provvedimento, la situazione è nettamente migliorata, almeno sotto questo profilo, consentendo una maggiore speditezza dei controlli.
Il superamento di una difficile situazione pregressa è stato in questi ultimi anni un obiettivo prioritario per il ministero degli esteri: la valutazione complessiva di questi ed altri analoghi casi - senza voler escludere specifiche manchevolezze o carenze - deve tuttavia considerare le innegabili difficoltà e vischiosità che in questo settore sono state riscontrate anche nell'esperienza - sovente ben più collaudata della nostra - di organismi multilaterali o di altri donatori internazionali.
Al fine di meglio contestualizzare le problematiche affrontate dall'interrogante, sembra tuttavia utile inquadrarle e valutarle da un punto di vista storico-giuridico, mettendo in luce i molteplici fattori e circostanze che ne hanno caratterizzato le vicende. Il caso in questione si colloca nei più importanti tra i 657 «repertoriati» dall'inizio dell'attività della Cooperazione allo Sviluppo in Italia. La maggior parte di questi 657 casi di contenzioso è stata chiusa (435 al 31 marzo 2003) ed ulteriori casi vengono risolti ogni mese mediante il ricorso a pratiche transattive che - qualora si giudichino oggettivamente fondate le ragioni della parte avversa - sono un mezzo di composizione delle controversie certamente molto meno oneroso per l'erario del pagamento, dopo svariati anni, di quanto stabilito da lodi arbitrali o sentenze sfavorevoli.
A questo riguardo va anzitutto sottolineato che la soccombenza del ministero degli esteri per un ammontare complessivo di circa trecento miliardi di lire - se considerata nel quadro delle attività globali della Cooperazione allo Sviluppo svolte in questi ultimi quindici anni - si riduce ad una misura largamente inferiore al due per cento di tutti gli investimenti effettuati per la realizzazione di programmi o progetti. Questo ammontare appare quindi nettamente inferiore alla «soglia di contenzioso fisiologico» del 10 per cento, prevista dal legislatore per un appalto di lavori (si veda la legge-quadro in materia di lavori pubblici: legge n. 109 del 1994, articolo 31-bis estesa per «analogia iuris» alla generalità degli appalti).
Va inoltre rimarcato che ogni caso è meglio inquadrabile con una trattazione completa, anche sotto il profilo della valutazione tecnica, amministrativa e contabile, effettuata a tutti i competenti livelli. I dati citati nell'atto in esame si riferiscono infatti quasi esclusivamente alla fase del controllo contabile e di conformità alla legge di ciascuna iniziativa, mancando tutte le valutazioni tecniche e gestionali effettuate da altri Organi dello Stato quali l'Avvocatura generale o la Corte dei conti; né si tiene, conto dei risultati dell'eventuale esame giurisdizionale effettuato da parte della Procura regionale competente della Corte dei conti.
La corretta applicazione delle procedure concorsuali, la semplificazione delle procedure amministrative, la netta preferenza per l'accordo transattivo (rispetto ai lodi arbitrali o alle sentenze del tribunale) hanno già reso l'azione italiana in questo campo più sollecita ed efficace, senza peraltro impedire che ulteriori provvedimenti amministrativi o gestionali possano ancora migliorare la nostra azione. È a tal fine, infatti, che tende un complesso e articolato processo di revisione delle procedure amministrative seguite dalla direzione generale per la Cooperazione allo Sviluppo e dalle nostre ambasciate nel realizzare i progetti o i programmi previsti: questo obiettivo viene perseguito attraverso una drastica semplificazione di tutte le procedure e la verifica della loro completa conformità alla normativa vigente (in continua evoluzione) che favoriscano una gestione moderna ed efficace delle iniziative di cooperazione intraprese dall'Italia.
Parallelamente alla revisione delle procedure, è in corso, in attuazione della delega legislativa conferita con l'articolo 3, comma 43 della legge finanziaria per il 2003, la predisposizione di provvedimenti che correggano le inadeguatezze normative che hanno causato quelle disfunzioni in passato più volte riscontrate.
Più specificatamente, si forniscono di seguito gli elementi di risposta relativi al caso a cui si fa riferimento nell'interrogazione in esame.
Veniva, quindi, intavolata una trattativa con C.M.C. che sfociava in un'unico atto di transazione stragiudiziale a definizione dell'intero contenzioso giudiziale pendente, nel quale - tra l'altro - veniva abbandonata la riserva di cui al n. 1, ridotto l'importo del decreto ingiuntivo a circa 160 milioni e ridotto l'importo cospicuo di circa 12 miliardi di cui alla domanda tribunalizia, a circa la metà con un esborso di circa 6.800.000.000.
All'atto transattivo si è giunti ricevendo il preventivo parere consultivo dell'Avvocatura generale dello Stato che ha esaminato le relazioni esplicative ed ha ritenuto conveniente procedere alla transazione. Successivamente, il Tribunale civile di Roma, in esito ai giudizi radicati dalla C.M.C. non ha potuto far altro che dichiarare l'estinzione della causa «per vessata materia del contendere», tenuto conto della transazione
Deve infine evidenziarsi che la Corte dei conti con provvedimento del 28 settembre 2001 apponeva il proprio visto di legittimità sul decreto ministeriale 2001/340/002662/3 con il quale è stata approvata la transazione per l'importo complessivo di lire 6.837.000.000, con tale apposizione di fatto la Corte dei conti, sezione controllo ministeri istituzionali, sanciva l'insussistenza di qualsiasi ipotesi di danno erariale e, quindi, la conseguente insussistenza di responsabilità rilevanti a carico della gestione operata dal MAE-DGCS. In aggiunta, si specifica che la Procura della Corte dei conti, svolte le indagini sul caso, ha archiviato la pratica in data 13 novembre 2002, non ravvisando responsabilità perseguibili.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Alfredo Luigi Mantica.
nel 1988 e nel 1991 il ministero degli affari esteri affidò alla società Geco System la realizzazione di due centri di assistenza per veicoli a Tunisi e Sfax. Sorse una vertenza fra le parti. Gli arbitri condannarono il ministero degli affari esteri a pagare per interessi, spese legali e collegio arbitrale la somma di 1 miliardo -:
se intenda accertare i motivi dell'insorgere della controversia che hanno comportato il versamento di una così ingente somma di denaro;
se intenda verificare chi siano i responsabili del fallimento di tale operazione ed, eventualmente, prendere i provvedimenti necessari nei confronti degli stessi.
(4-08232)
Sulle cause che hanno ingenerato molte delle controversie sopracitate dovrebbero essere tenuti nella debita considerazione alcuni fattori di oggettiva difficoltà: anzitutto la non facile scelta dei contraenti, avvenuta all'epoca in mancanza di procedure concorsuali certe e trasparenti; la non agevole definizione poi dei primi impegni contrattuali, che conseguentemente non ha previsto tutte le possibili ipotesi in seguito verificatesi; l'impostazione sperimentale dei progetti in una fase iniziale e nuova della nostra cooperazione allo sviluppo; il verificarsi in loco di fattori non previsti (calamità naturali, crisi militari o politiche, instabilità giuridica ed amministrativa, incapacità gestionale dei beneficiari) che hanno ritardato o reso irrealizzabili varie iniziative intraprese. Va infatti evidenziato che svariati casi citati si riferiscono al periodo in cui iniziative di cooperazione vennero avviate nell'ambito del Fondo Aiuti Italiani (FAI), con un approccio poi profondamente ripensato sia in termini di finalità che di procedure operative e di controllo.
In linea generale va poi ricordata l'esigenza di avere un riscontro operativo da parte di altri Organi dello Stato coinvolti nella trattazione del contenzioso o nell'esercizio del controllo contabile e nell'esame di conformità alla legge. Prima dell'approvazione del decreto del Presidente della Repubblica 20 febbraio 1998, la direzione generale per la Cooperazione allo Sviluppo del MAE era infatti strettamente vincolata al visto di ragioneria quale necessaria condizione di efficacia dei suoi provvedimenti: questo ha indubbiamente implicato per tali provvedimenti procedure purtroppo non celeri - con ripetuti rilievi e repliche - che hanno causato inevitabilmente l'accrescersi degli interessi per ritardato pagamento in caso di contenziosi. Dopo l'approvazione del citato decreto del Presidente della Repubblica e la soppressione del «visto», quale condizione sospensiva dell'efficacia del provvedimento, la situazione è nettamente migliorata, almeno
Il superamento di una difficile situazione pregressa è stato in questi ultimi anni un obiettivo prioritario per il ministero degli esteri: la valutazione complessiva di questi ed altri analoghi casi - senza voler escludere specifiche manchevolezze o carenze - deve tuttavia considerare le innegabili difficoltà e vischiosità che in questo settore sono state riscontrate anche nell'esperienza - sovente ben più collaudata della nostra - di organismi multilaterali o di altri donatori internazionali.
Al fine di meglio contestualizzare le problematiche affrontate dall'interrogante, sembra tuttavia utile inquadrarle e valutarle da un punto di vista storico-giuridico, mettendo in luce i molteplici fattori e circostanze che ne hanno caratterizzato le vicende. Il caso in questione si colloca nei più importanti tra i 657 «repertoriati» dall'inizio dell'attività della Cooperazione allo Sviluppo in Italia. La maggior parte di questi 657 casi di contenzioso è stata chiusa (435 al 31 marzo 2003) ed ulteriori casi vengono risolti ogni mese mediante il ricorso a pratiche transattive che - qualora si giudichino oggettivamente fondate le ragioni della parte avversa - sono un mezzo di composizione delle controversie certamente molto meno oneroso per l'erario del pagamento, dopo svariati anni, di quanto stabilito da lodi arbitrali o sentenze sfavorevoli.
A questo riguardo va anzitutto sottolineato che la soccombenza del ministero degli esteri per un ammontare complessivo di circa trecento miliardi di lire - se considerata nel quadro delle attività globali della Cooperazione allo Sviluppo svolte in questi ultimi quindici anni - si riduce ad una misura largamente inferiore al due per cento di tutti gli investimenti effettuati per la realizzazione di programmi o progetti. Questo ammontare appare quindi nettamente inferiore alla «soglia di contenzioso fisiologico» del 10 per cento, prevista dal legislatore per un appalto di lavori (si veda la legge-quadro in materia di lavori pubblici: legge n. 109 del 1994, articolo 31-bis estesa per «analogia iuris» alla generalità degli appalti).
Va inoltre rimarcato che ogni caso è meglio inquadrabile con una trattazione completa, anche sotto il profilo della valutazione tecnica, amministrativa e contabile, effettuata a tutti i competenti livelli. I dati citati nell'atto in esame si riferiscono infatti quasi esclusivamente alla fase del controllo contabile e di conformità alla legge di ciascuna iniziativa, mancando tutte le valutazioni tecniche e gestionali effettuate da altri Organi dello Stato quali l'Avvocatura generale o la Corte dei conti; né si tiene conto dei risultati dell'eventuale esame giurisdizionale effettuato da parte della Procura regionale competente della Corte dei conti.
La corretta applicazione delle procedure concorsuali, la semplificazione delle procedure amministrative, la netta preferenza per l'accordo transattivo (rispetto ai lodi arbitrali o alle sentenze del tribunale) hanno già reso l'azione italiana in questo campo più sollecita ed efficace, senza peraltro impedire che ulteriori provvedimenti amministrativi o gestionali possano ancora migliorare la nostra azione. È a tal fine, infatti, che tende un complesso e articolato processo di revisione delle procedure amministrative seguite dalla direzione generale per la Cooperazione allo Sviluppo e dalle nostre ambasciate nel realizzare i progetti o i programmi previsti: questo obiettivo viene perseguito attraverso una drastica semplificazione di tutte le procedure e la verifica della loro completa conformità alla normativa vigente (in continua evoluzione) che favoriscano una gestione moderna ed efficace delle iniziative di cooperazione intraprese dall'Italia.
Parallelamente alla revisione delle procedure, è in corso, in attuazione della delega legislativa conferita con l'articolo 3, comma 43 della legge finanziaria per il 2003, la predisposizione di provvedimenti che correggano le inadeguatezze normative che hanno causato quelle disfunzioni in passato più volte riscontrate.
Più specificatamente, si forniscono di seguito gli elementi di risposta relativi al caso a cui si fa riferimento nell'interrogazione in esame.
L'inadempienza di parte tunisina ha comportato una serie di turbative nel regolare svolgimento dell'attività amministrativa connessa alla gestione dei lavori, con conseguente formazione di ritardi nella liquidazione di alcune fatture relative ai lavori eseguiti. Nonostante la natura del contendere fra i contraenti fosse limitata ai soli ritardi nei pagamenti dei corrispettivi, l'atteggiamento della società fu inequivocabilmente contenzioso: a nulla valsero gli esperiti tentativi di composizione amichevole.
Le richieste della Gecosystem hanno formato oggetto di un lodo arbitrale datato 22 novembre 001, con il quale il MAE è stato condannato a pagare la complessiva somma di euro 496.483,31 comprensiva di interessi e di quota parte delle spese di giudizio e legali. Il lodo non è stato appellato dalla DGCS in quanto l'Avvocatura dello Stato ha ritenuto che un eventuale gravame avrebbe comportato sicuramente la soccombenza del MAE e l'erogazione di un maggiore importo. Pertanto, con decreto ministeriale del 14 dicembre 2002 il M.A.E. ha provveduto alla liquidazione della somma suddetta decisa dal lodo.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Alfredo Luigi Mantica.
nel 1989 il ministero degli affari esteri affidò all'ATI, società Metropolitana Milanese, un progetto di risanamento dei quartieri emarginati di Santo Domingo. Al termine dei lavori, l'ATI reclamò, più volte, il pagamento degli extra e degli interessi. Il ministero, alla fine, dovette versare oltre al pattuito (10 miliardi), 1 miliardo e 660 milioni -:
se intenda accertare le ragioni del ritardato pagamento che hanno comportato il maturare di interessi e il pagamento di una così ingente somma di denaro;
se intenda verificare chi siano i responsabili del fallimento di tale operazione ed, eventualmente, prendere i provvedimenti necessari nei confronti degli stessi.
(4-08233)
Sulle cause che hanno ingenerato molte delle controversie sopracitate dovrebbero essere tenuti nella debita considerazione alcuni fattori di oggettiva difficoltà: anzitutto la non facile scelta dei contraenti, avvenuta all'epoca in mancanza di procedure concorsuali certe e trasparenti; la non agevole definizione poi dei primi impegni contrattuali, che conseguentemente non ha previsto tutte le possibili ipotesi in seguito verificatesi; l'impostazione sperimentale dei progetti in una fase iniziale e nuova della nostra cooperazione allo sviluppo; il verificarsi in loco di fattori non previsti (calamità naturali, crisi militari o politiche, instabilità giuridica ed amministrativa, in
In linea generale va poi ricordata l'esigenza di avere un riscontro operativo da parte di altri Organi dello Stato coinvolti nella trattazione del contenzioso o nell'esercizio del controllo contabile e nell'esame di conformità alla legge. Prima dell'approvazione del decreto del Presidente della Repubblica 20 febbraio 1998, la Direzione generale per la Cooperazione allo Sviluppo del MAE era infatti strettamente vincolata al visto di ragioneria quale necessaria condizione di efficacia dei suoi provvedimenti: questo ha indubbiamente implicato per tali provvedimenti procedure purtroppo non celeri - con ripetuti rilievi e repliche - che hanno causato inevitabilmente l'accrescersi degli interessi per ritardato pagamento in caso di contenziosi. Dopo l'approvazione del citato decreto del Presidente della Repubblica e la soppressione del «visto», quale condizione sospensiva dell'efficacia del provvedimento, la situazione è nettamente migliorata, almeno sotto questo profilo, consentendo una maggiore speditezza dei controlli.
Il superamento di una difficile situazione pregressa è stato in questi ultimi anni un obiettivo prioritario per il ministero degli esteri: la valutazione complessiva di questi ed altri analoghi casi - senza voler escludere specifiche manchevolezze o carenze - deve tuttavia considerare le innegabili difficoltà e vischiosità che in questo settore sono state riscontrate anche nell'esperienza - sovente ben più collaudata della nostra - di organismi multilaterali o di altri donatori internazionali.
Al fine di meglio contestualizzare le problematiche affrontate dall'interrogante, sembra tuttavia utile inquadrarle e valutarle da un punto di vista storico-giuridico, mettendo in luce i molteplici fattori e circostanze che ne hanno caratterizzato le vicende. Il caso in questione si colloca nei più importanti tra i 657 «repertoriati» dall'inizio dell'attività della Cooperazione allo Sviluppo in Italia. La maggior parte di questi 657 casi di contenzioso è stata chiusa (435 al 31 marzo 2003) ed ulteriori casi vengono risolti ogni mese mediante il ricorso a pratiche transattive che - qualora si giudichino oggettivamente fondate le ragioni della parte avversa - sono un mezzo di composizione delle controversie certamente molto meno oneroso per l'erario del pagamento, dopo svariati anni, di quanto stabilito da lodi arbitrali o sentenze sfavorevoli.
A questo riguardo va anzitutto sottolineato che la soccombenza del ministero degli esteri per un ammontare complessivo di circa trecento miliardi di lire - se considerata nel quadro delle attività globali della Cooperazione allo Sviluppo svolte in questi ultimi quindici anni - si riduce ad una misura largamente inferiore al due per cento di tutti gli investimenti effettuati per la realizzazione di programmi o progetti. Questo ammontare appare quindi nettamente inferiore alla «soglia di contenzioso fisiologico» del 10 per cento, prevista dal legislatore per un appalto di lavori (si veda la legge-quadro in materia di lavori pubblici: legge n. 109 del 1994, articolo 31-bis estesa per «analogia iuris» alla generalità degli appalti).
Va inoltre rimarcato che ogni caso è meglio inquadrabile con una trattazione completa, anche sotto il profilo della valutazione tecnica, amministrativa e contabile, effettuata a tutti i competenti livelli. I dati citati nell'atto in esame si riferiscono infatti quasi esclusivamente alla fase del controllo contabile e di conformità alla legge di ciascuna iniziativa, mancando tutte le valutazioni tecniche e gestionali effettuate da altri Organi dello Stato quali l'Avvocatura generale o la Corte dei conti; né si tiene, conto dei risultati dell'eventuale esame giurisdizionale effettuato da parte della Procura regionale competente della Corte dei conti.
La corretta applicazione delle procedure concorsuali, la semplificazione delle procedure amministrative, la netta preferenza per
Parallelamente alla rvisione delle procedure, è in corso, in attuazione della delega legislativa conferita con l'articolo 3, comma 43 della legge finanziaria per il 2003, la predisposizione di provvedimenti che correggano le inadeguatezze normative che hanno causato quelle disfunzioni in passato più volte riscontrate.
Più specificatamente, si forniscono di seguito gli elementi di risposta relativi al caso a cui si fa riferimento nell'interrogazione.
Nel corso del progetto, parzialmente eseguito dalla ATI tra Metropolitana Milanese ed ELC SPA, si sono verificati numerosi problemi, ingenerati dal modificato interesse delle Autorità Governative dominicane in corso d'opera, oltre che da una serie di disservizi e difficoltà logistiche ed operative incontrati sul posto.
In ogni caso l'ATI realizzò una parte delle attività previste per un valore di circa 4 miliardi di lire. In data 2 luglio 1993 le Autorità Dominicane formalizzano alcune richieste di varianti progettuali stante il loro modificato interesse rispetto all'originario progetto; l'ATI in data 15 novembre 1993 chiede una proroga ed una serie di varianti recepenti le istanze del Beneficiario che però non vengono concesse in difetto di una dettagliata prospettazione delle attività progettuali da intraprendere. Ne segue uno scambio epistolare, con i lavori di fatto sospesi in quanto il contratto era terminato in data 30 novembre 1993. Nel 1994 viene costituito un gruppo di lavoro che, all'esito di approfondite indagini, ritiene che non vi fossero gli estremi per procedere ad una risoluzione per inadempimento dell'ATI. All'inizio del 1995 viene così nominata una Commissione di collaudo al fine di verificare le attività effettivamente svolte ed eventuali responsabilità delle parti. Tale Commissione riteneva di attenersi esclusivamente alle prescrizioni contrattuali, in quanto unica fonte da cui legittimamente trarre il proprio convincimento. La Commissione di collaudo concludeva procedendo ad un'analitica disamina dei diversi aspetti del contratto, per poi giungere alla formulazione di specifiche conclusioni, le quali venivano esaminate successivamente dalla Commissione del contenzioso medio tempore nominata ex lege n. 121 del 1994. A questo punto in data 19 dicembre 2000 venivano, in occasione di un apposito incontro tra i contraenti, prospettate le singole posizioni: l'ATI richiedeva un saldo di lire 2.572.000.000 mentre il MAE intendeva riconoscere solamente lire 1.669.000.000 con una differenza del 35 per cento.
In tale importo venivano altresì considerate penali a carico dell'ATI per lire 237.000.000. A questo punto veniva richiesto più volte nel corso dell'anno 2001 parere all'Avvocatura Generale dello Stato circa la congruità e la convenienza di una transazione avente ad oggetto l'importo calcolato dalla Commissione di collaudo. Con
Si ritiene quindi, in conclusione, che oggettivamente nessuna responsabilità può essere ascritta al MAE DGCS, che ha operato con diligenza e tempestività, non autorizzando varianti in corso d'opera ritenute non attinenti con il programma originario ed evitando così l'utilizzo di denaro pubblico per uno scopo diverso da quello oggetto di preventiva approvazione, dimostrando così di attendere pienamente al proprio precipuo compito di vigilanza.
Inoltre il tempo trascorso è da imputarsi esclusivamente alle mutate indicazioni del beneficiario dominicano ed alle difficoltà logistiche ed operative incontrate sul posto, oltre alla natura meramente sperimentale del progetto. In ogni caso il MAE ha concluso una transazione ritenuta conveniente dall'AGS organo preliminarmente e necessariamente consultivo in pendenza di contenzioso.
La procura della Corte dei conti, svolte le indagini sullo svolgimento del programma, ha archiviato la pratica in data 13 novembre 2002 non ravvisando responsabilità perseguibili.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Alfredo Luigi Mantica.
tra il 1986 e il 1989 il ministero degli affari esteri pattuì con la Cotecno srl la realizzazione di alcuni centri professionali in Giordania, in Guatemala e in Guinea. A seguito di una lite sorta per il pagamento perché la Cotecno reclamava più soldi, la questione si risolse con lo sborso di poco più di 2 miliardi e mezzo per residuo capitale ed interessi -:
se intenda accertare i motivi del sorgere della lite che hanno comportato il versamento di una così ingente somma di denaro;
se intenda verificare chi siano i responsabili del fallimento di tale operazione ed, eventualmente, prendere i provvedimenti necessari nei confronti degli stessi.
(4-08234)
Sulle cause che hanno ingenerato molte delle controversie sopracitate dovrebbero essere tenuti nella debita considerazione alcuni fattori di oggettiva difficoltà: anzitutto la non facile scelta dei contraenti, avvenuta all'epoca in mancanza di procedure concorsuali certe e trasparenti; la non agevole definizione poi dei primi impegni contrattuali, che conseguentemente non ha previsto tutte le possibili ipotesi in seguito verificatesi; l'impostazione sperimentale dei progetti in una fase iniziale e nuova della nostra cooperazione allo sviluppo; il verificarsi in loco di fattori non previsti (calamità naturali, crisi militari o politiche, instabilità giuridica ed amministrativa, incapacità gestionale dei beneficiari) che hanno ritardato o reso irrealizzabili varie iniziative intraprese. Va infatti evidenziato che svariati casi citati si riferiscono al periodo in cui iniziative di cooperazione vennero avviate nell'ambito del Fondo Aiuti Italiani (FAI), con un approccio poi profondamente ripensato sia in termini di finalità che di procedure operative e di controllo.
In linea generale va poi ricordata l'esigenza di avere un riscontro operativo da parte di altri Organi dello Stato coinvolti nella trattazione del contenzioso o nell'esercizio
Il superamento di una difficile situazione pregressa è stato in questi ultimi anni un obiettivo prioritario per il ministero degli esteri: la valutazione complessiva di questi ed altri analoghi casi - senza voler escludere specifiche manchevolezze o carenze - deve tuttavia considerare le innegabili difficoltà e vischiosità che in questo settore sono state riscontrate anche nell'esperienza - sovente ben più collaudata della nostra - di organismi multilaterali o di altri donatori internazionali.
Al fine di meglio contestualizzare le problematiche affrontate dall'interrogante, sembra tuttavia utile inquadrarle e valutarle da un punto di vista storico-giuridico, mettendo in luce i molteplici fattori e circostanze che ne hanno caratterizzato le vicende. Il caso in questione si colloca nei più importanti tra 657 «repertoriati» dall'inizio dell'attività della Cooperazione allo Sviluppo in Italia. La maggior parte di questi 657 casi di contenzioso è stata chiusa (435 al 31 marzo 2003) ed ulteriori casi vengono risolti ogni mese mediante il ricorso a pratiche transattive che - qualora si giudichino oggettivamente fondate le ragioni della parte avversa - sono un mezzo di composizione delle controversie certamente molto meno oneroso per l'erario del pagamento, dopo svariati anni, di quanto stabilito da lodi arbitrali o sentenze sfavorevoli.
A questo riguardo va anzitutto sottolineato che la soccombenza del ministero degli esteri per un ammontare complessivo di circa trecento miliardi di lire - se considerata nel quadro delle attività globali della Cooperazione allo Sviluppo svolte in questi ultimi quindici anni - si riduce ad una misura largamente inferiore al due per cento di tutti gli investimenti effettuati per la realizzazione di programmi o progetti. Questo ammontare appare quindi nettamente inferiore alla «soglia di contenzioso fisiologico» del 10 per cento, prevista dal legislatore per un appalto di lavori (si veda la legge-quadro in materia di lavori pubblici: legge n. 109 del 1994, articolo 31-bis estesa per «analogia iuris» alla generalità degli appalti).
Va inoltre rimarcato che ogni caso è meglio inquadrabile con una trattazione completa, anche sotto il profilo della valutazione tecnica, amministrativa e contabile, effettuata a tutti i competenti livelli. I dati citati nell'atto in esame si riferiscono infatti quasi esclusivamente alla fase del controllo contabile e di conformità alla legge di ciascuna iniziativa, mancando tutte le valutazioni tecniche e gestionali effettuate da altri Organi dello Stato quali l'Avvocatura generale o la Corte dei conti; né si tiene conto dei risultati dell'eventuale esame giurisdizionale effettuato da parte della Procura regionale competente della Corte dei conti.
La corretta applicazione delle procedure concorsuali, la semplificazione delle procedure amministrative, la netta preferenza per l'accordo transattivo (rispetto, ai lodi arbitrali o alle sentenze del tribunale) hanno già reso l'azione italiana in questo campo più sollecita ed efficace, senza peraltro impedire che ulteriori provvedimenti amministrativi o gestionali possano ancora migliorare la nostra azione. È a tal fine, infatti, che tende un complesso e articolato processo di revisione delle procedure amministrative seguite dalla direzione generale per la Cooperazione allo Sviluppo e dalle nostre ambasciate nel realizzare i progetti o
Parallelamente alla revisione delle procedure, è in corso, in attuazione della delega legislativa conferita con l'articolo 3, comma 43 della legge finanziaria per il 2003 la predisposizione di provvedimenti che correggano le inadeguatezze normative che hanno causato quelle disfunzioni in passato più volte riscontrate.
Più specificatamente, si forniscono di seguito gli elementi di risposta relativi al caso a cui si fa riferimento nell'interrogazione in esame.
Nonostante la concessione alla Società esecutrice della citata proroga di sei mesi della durata contrattuale e nonostante un generale esito positivo dell'iniziativa, constatato da una missione tecnica della DGCS, purtroppo, la ritardata consegna dei locali da parte giordana, rallentando l'inizio delle attività didattiche del Centro, non permise di avviare i corsi previsti per il primo anno d'intervento. Evento, questo che si riverberò su tutto lo svolgimento successivo delle attività, ivi compresa la prosecuzione ulteriore del programma per dodici mesi di cui al nuovo contratto con Cotecno del 6 giugno 1991, con scadenza al 31 dicembre 1992.
La regolarità della realizzazione non si riscontrerà neanche sotto la vigenza del nuovo contratto, anch'esso costellato di proroghe e ritardi nelle prestazioni di controparte ed oggetto di successiva procedura arbitrale.
Relativamente al presente caso, i legali della Cotecno, con domanda del 27 luglio 2000, hanno intentato procedura arbitrale nei confronti di questa DGCS per vedersi riconosciuti: interessi di ritardato pagamento sulle somme contrattuali, costi aggiuntivi per personale (mesi/uomo effettuati in più e non retribuiti), oneri derivanti dal pagamento difforme dal previsto delle ferie maturate dal personale espatriato (più interessi e rivalutazione monetaria), costi aggiuntivi inerenti le sedi del programma in Italia e in Giordania (più interessi), revisione prezzi, ritardato sblocco delle fideiussioni, equo compenso per maggiori oneri progettuali e per nuovi elaborati, a seguito delle varianti al contratto.
La Procura regionale della Corte dei conti, svolte indagini sul caso, ha archiviato la pratica in data 13 novembre 2002 non ravvisando responsabilità perseguibili.
L'allora operante Dipartimento per la cooperazione allo sviluppo, ai sensi della legge n. 38 del 1979 che lo aveva istituito, concesse alla S.r.l. Cotecno due «contributi» finalizzati alla realizzazione dell'iniziativa, ammontanti rispettivamente a lire 287.000.000 ed a lire 58.000.000.
Successivamente, sempre per venire incontro alle esigenze del Paese beneficiario, venne concepita una Seconda Fase del programma con un ulteriore ampliamento del Centro; la Cotecno «si dichiarò disponibile» ad eseguire anche detta Fase, presentando a tal fine, il 27 novembre 1986, una proposta tecnico-economica all'organo deliberante del Dipartimento per la Cooperazione allo Sviluppo (Sezione Speciale del Comitato Consultivo), il quale approvò il finanziamento dell'iniziativa dando via libera alla stipula di apposito contratto con la predetta Società, nella sua riunione dell'8 gennaio 1987. Come può rilevarsi, il sistema legale d'individuazione del contraente (a trattativa privata) differiva all'epoca da quello attuale, fondato invece sulla regola generale di espletamento di procedure concorsuali per gli affidamenti.
Una disposizione transitoria (l'articolo 38, 1o comma) della nuova Legge sulla Cooperazione, la n. 49 del 1987 istitutiva dell'attuale DGCS, «sanò» - previa approvazione del direttore generale - tutte le iniziative (compresa quella in questione) che alla data del 28 febbraio 1987 risultavano in corso di attuazione in base alla precedente normativa (ossia perfezionate more antiquo, ma non ancora decretate).
Così il direttore generale per la Cooperazione allo Sviluppo approvò l'iniziativa in trattazione, nonché la stipula di apposito contratto il 17 ottobre 1987 con la Cotecno S.r.l., per lire 1.590.000.000.
Il contratto aveva come obiettivo la realizzazione, nell'arco di 24 mesi, di una consulenza tecnica ed organizzativa per la ristrutturazione in Kindia del Centro di formazione professionale nei settori della falegnameria, idraulica, edilizia e tecnologie meccaniche; dunque: sia un riorientamento dei corsi e dei programmi, sia una integrazione delle attività già realizzate dalla Cooperazione italiana con altre, interessanti nuovi e diversi settori
Le prestazioni che la Cotecno si era impegnata a fornire consistevano essenzialmente in: a) fornitura di attrezzature (acquisto ed invio CIF a Kindia, previa verifica tecnica presso le ditte fornitrici; successivo trasferimento di proprietà alle Autorità locali, previa verifica di consistenza da parte delle medesime); b) servizi in Italia (programmazione attività didattiche; elaborazioni di sussidi e materiali di supporto; corso per formatori guineani coordinamento, gestione e assistenza del programma); c) servizi in Guinea (missioni tecniche di controllo; formazione del personale guineano; supervisione del programma; piccola manutenzione delle attrezzature e delle opere civili del Centro). L'articolo 4 del contratto nello specificare i termini di esecuzione delle predette prestazioni a carico della Società rimandava all'articolo 5 l'applicazione di eventuali penali, qualora detti termini non fossero stati rispettati. A carico della Cotecno erano gli oneri derivanti dall'assunzione, dall'invio e dalla permanenza del proprio personale in Guinea, compresa la relativa copertura assicurativa (articolo 6). A fronte delle prestazioni della Esecutrice, la DGCS doveva corrispondere quale controprestazione la somma di lire 1.562.020.000 più IVA, ove dovuta, per un totale di lire 1.590.000.000. Detto corrispettivo era ripartito in varie tranches, pagabili su presentazione di fattura, compresa l'anticipazione del 20 per cento (garantita da fideiussione) di cui all'articolo 9 oltre il 5 per cento a conclusione
Tuttavia, il 23 giugno 1988, nel corso della esecuzione del programma, Cotecno presentò alla direzione generale una richiesta di variante, derivante dalla necessità di adeguare l'articolazione delle attività previste in funzione della effettiva data di efficacia del contratto, nonché delle nuove situazioni di fatto incontrate durante lo svolgimento del lavoro. La variante, inoltre, recepiva la necessità evidenziata dalle Autorità guineane di estendere l'intervento, abbracciando altri settori della formazione professionale, e fissava un nuovo termine finale del contratto, per tenere conto sia dei ritardi registratisi nell'inizio effettivo delle attività, sia delle previsioni di ulteriori slittamenti dovuti ai corsi da tenere in Italia e ai lavori (opere civili, dal 1990 al 1992) di ristrutturazione del Centro, nel frattempo appaltati dalla DGCS alla Astaldi S.p.A. La variante richiesta era di carattere oneroso, per l'importo di lire 311.243.000, essenzialmente ascrivibile ai costi aggiuntivi connessi alla prolungata presenza di Esperti italiani in loco. L'importo complessivo del contratto veniva così portato a lire 1.901.243.000.
Pertanto, vista la «Perizia di variante e suppletiva» redatta dal competente Ufficio della DGCS, si è pervenuti alla formalizzazione di un Atto aggiuntivo al contratto in esame che, stipulato fra le parti il 13 giugno 1989, veniva approvato il 14 giugno 1990.
Un rapporto di missione di due esperti della DGCS risalente al luglio 1995, seguito da una nota informativa degli stessi del 12 giugno 1996, esprimeva parere favorevole allo svincolo delle fidejussioni, stante la regolarità dei pagamenti, a testimonianza del regolare svolgimento delle attività progettuali. Il Rapporto citato, constatava un generale buon esito dell'iniziativa e, in particolare, evidenziava l'acquisto da parte di Cotecno di una vettura dotata di pezzi di ricambio, acquisto non previsto in contratto, dunque, non autorizzato, di cui però la Esecutrice non ha vantato alcuna pretesa nei successivi sviluppi contenziosi.
La Cotecno, pur avendo richiesto all'amministrazione il pagamento di interessi per ritardati pagamenti, non ha ottenuto alcuna liquidazione in tal senso. Il Rapporto finale, delle attività, debitamente vistato dalle autorità locali e dall'Ambasciata d'Italia in Conakry, fu elaborato dalla Cotecno il 30 novembre 1993.
Anche per questo caso i legali della Cotecno Srl, con domanda del 27 luglio 2000, hanno intentato procedura arbitrale nei confronti di questa DGCS per vedersi riconosciuti gli interessi di ritardato pagamento sulle somme contrattuali nonché spese e oneri aggiuntivi per la maggiore durata del contratto, i costi aggiuntivi per il personale (quantità maggiore di mesi/uomo rispetto alla previsione contrattuale), gli oneri derivanti dal pagamento difforme dal previsto delle ferie maturate dal personale (più interessi e rivalutazione monetaria), i costi aggiuntivi inerenti le sedi del programma in Italia e in Guinea (più interessi), la revisione prezzi, lo sblocco delle fideiussioni, l'equo compenso per maggiori oneri progettuali e per nuovi elaborati, a seguito delle varianti al contratto.
Nel 1985, il ministero dello sviluppo sociale del Regno Hascemita di Giordania richiese al Governo italiano, per il tramite dell'Ambasciata d'Italia ad Amman, di rinnovare ed estendere le attività di Cooperazione tecnica in corso presso il suddetto Centro pilota, con affidamento alla stessa Cotecno.
Detta società espresse la propria disponibilità alla prosecuzione ed estensione dell'iniziativa, presentando una proposta tecnico-economica al Dipartimento in data 9 gennaio 1986. Previo parere favorevole, in data 3 giugno 1986, del Comitato Consultivo per la Cooperazione allo Sviluppo, il comitato interministeriale per la politica economica estera (CIPES) approvò la stipula in forma diretta e a trattativa privata di apposito contratto con la Cotecno avente ad oggetto le attività inerenti al suddetto programma. L'individuazione del contraente senza procedure concorsuali era all'epoca espressamente consentita ai sensi dell'articolo 13, punto 5 della richiamata legge n. 38 del 1979.
Si giunse così alla stipula del contratto in data 11 novembre 1986, per l'importo di lire 2.435.000.000 a valere sull'allora vigente «Fondo Speciale per la Cooperazione allo Sviluppo». L'obiettivo dell'iniziativa era quello di contribuire al miglioramento dell'assistenza sanitaria alla popolazione giordana, attraverso l'incremento qualitativo del servizio di prevenzione, cura e riabilitazione dei disturbi dell'udito e del linguaggio e, in particolare, con l'obiettivo specifico di migliorare la qualità del servizio offerto dal Centro pilota, di potenziarlo ed integrarlo nel sistema socio-sanitario giordano. Il contratto prevedeva (articolo 2) prestazioni a carico della Cotecno consistenti in: a) fornitura di attrezzature, nuove di fabbrica e corredate dalle prescritte garanzie d'uso, in Giordania e in Italia (presso gli uffici della stessa società); b) servizi in Italia (programmazione e organizzazione di seminari, produzione di materiale informativo, raccolta dati e assistenza tecnica); c) servizi in Giordania (missioni e formazione del personale in loco, coordinamento del programma). I tempi di espletamento delle descritte prestazioni sono fissati all'articolo 3. All'articolo 4 era riconosciuta la possibilità in capo al Ministero di applicare penalità per ritardi nell'adempimento delle suddette prestazioni da parte della Esecutrice, con rivalsa sulla cauzione di cui al successivo articolo 13, di consistenza pari ad un ventesimo dell'importo contrattuale (lire 121.750.000). Tale cauzione, stando al testo della clausola da ultimo citata, risultava svincolabile soltanto dopo l'approvazione da parte dell'Amministrazione del rendiconto finale di cui all'articolo 9. Detta ultima clausola prescriveva che il programma si concludesse con la presentazione da parte di Cotecno, di una Relazione finale delle attività accompagnata da un rendiconto finale dei costi sostenuti. L'articolo 5 precisava gli oneri e gli obblighi a carico della Cotecno, consistenti essenzialmente in adempimenti connessi all'invio e alla permanenza del proprio personale in Giordania, nonché alla selezione di personale giordano per la partecipazione ai seminari in Italia. Corrispettivamente, il successivo articolo 6 stabiliva le attività e le obbligazioni dell'amministrazione, relative ad ogni operazione che potesse consentire la buona esecuzione del programma oltre ovviamente, alla corresponsione dell'importo del contratto. Questo, si ribadisce, era di lire 2.435.000.000 inclusa l'IVA (articolo 7) ripartito come segue: a) lire 616.740.000 per la fornitura di attrezzature, per lo più da inviare in Giordania e solo in parte da installare in Italia (lire 38.940.000); b) lire 862.260.000 per i servizi resi dalla Cotecno) in Italia; c) lire 803.000.000 per i servizi resi dalla stessa in Giordania; d) lire 153.000.000 per un Fondo di gestione in Giordania. Detto corrispettivo doveva essere versato, previa anticipazione del 20 per cento dello stesso (vedi articolo 8), a successivi stati di avanzamento, dietro presentazione delle richieste di pagamento (complete di fatture) da parte della Esecutrice e con le modalità indicate all'articolo 7.
Il contratto approvato con decreto ministeriale n. 128/3427/3 del 29 dicembre
Successivamente Cotecno ha prodotto istanza, datata 8 ottobre 1990, di proroga di cinque mesi delle attività, fino a 23 marzo 1991, sempre senza oneri aggiuntivi. Previa valutazione tecnica favorevole del 18 dicembre 1990, questa proroga è stata concessa con comunicazione del Direttore Generale n. 9401 del 20 dicembre 1990, e si è considerata la citata sospensione di fatto quale vera e propria proroga: ciò ha salvato la continuità contrattuale e la decorrenza della durata ulteriore del programma per altri cinque mesi. Di nuovo, l'1 marzo 1991, l'Esecutrice torna a richiedere con nota n. 16192 una seconda proroga non onerosa (in realtà la terza, se si considera anche la sospensione di fatto) fino al 31 dicembre 1991: le verrà accordato un termine finale solo fino al 31 luglio 1991, a seguito di positiva valutazione tecnica in tal senso, con comunicazione del direttore generale del 30 maggio 1991. La data del 31 luglio 1991 segna effettivamente la conclusione dell'iniziativa.
Quanto alla variante (inclusa la sospensione di fatto) e alle proroghe sopra citate, c'è da notare che esse sono consistite in semplici scambi di note con la Società e non sono state recepite in formali «Atti aggiuntivi» al contratto base, né soprattutto risultano approvate mediante decreto. Inoltre, sia nel caso della prima che in quello della seconda proroga, si deve rilevare che esse sono state concesse a termine finale del contratto già scaduto. In sostanza, mentre le richieste di proroga della Società risultano presentate in data utile, cioè a contratto in vigore, al contrario le dichiarazioni di approvazione da parte D.G.C.S. sono state rese «ora per allora», forse in conseguenza dei tempi di rilascio della valutazione tecnica.
Ancora più complessa è la valutazione giuridica del periodo di sospensione di fatto dal 24 marzo 1990 al 24 ottobre 1990: non si tratta di proroga formalmente concessa dalla DGCS, tuttavia la stessa UTC a posteriori ne sostiene la legittimità, sulla base di sopravvenuta impossibilità per cause di forza maggiore; le altre due proroghe formalizzate tengono conto, nel computare gli spostamenti in avanti del termine finale, di tale sospensione come se si trattasse effettivamente di una prima proroga.
Ragione per cui, quando in data 29 settembre 1994 la Cotecno, con nota prot. 23355 ha richiesto il pagamento di lire 21.908.700 a titolo di corrispettivo per la conclusione delle attività, al netto del recupero dell'anticipazione e della ritenuta di garanzia, e di saldo delle spese di gestione in Giordania, la DGCS, che per parte sua aveva approvato la «relazione tecnica conclusiva» del programma, ed il conseguente pagamento dei corrispettivi contrattuali ancora dovuti (nota n. 5645 del 26 giugno 1995) si è vista bloccare il relativo decreto di impegno della predetta somma (decreto ministeriale n. 1996/128/3553/6 del 18 settembre 1996) da un pilievo dell'ufficio di ragioneria (il n. 129/4886/471 del 23 ottobre 1996), che eccepiva proprio la mancanza
Successivamente al citato pilievo e prima della relativa risposta DGCS, la Unità tecnica centrale ha prodotto un appunto in data 7 agosto 1997 (n. 225/UTC/AT3/San16017), in cui ha fornito spiegazione del parere favorevole espresso in merito alla concessione della variante (compresa la connessa sospensione di fatto delle attività, che ha funzionato come una prima proroga non formalizzata) e delle due proroghe successivamente formalizzate, operazioni tutte necessitate dalla situazione di instabilità, prima, e di guerra, poi, determinatasi nell'area mediorientale.
Purtroppo, anche il successivo tentativo teso a risolvere la questione della corresponsione della somma a saldo del contratto mediante riconoscimento di debito, non è andato a buon fine e, pertanto, questo aspetto dei rapporti contrattuali con la Cotecno rimasto privo di definizione, con la conseguenza che non si sono potute svincolare le fidejussioni ancora in essere.
In merito allo svolgimento vero e proprio della iniziativa, fanno stato il Rapporto di missione effettuata da un Esperto dell'UTC e la Relazione finale al programma, presentata dalla Cotecno ai sensi del punto m) dell'articolo 7 del contratto, approvata dalle competenti Autorità Giordane e vistata dall'Ambasciata d'Italia in Amman. In tale documento figurano, tra l'altro, i quadri riepilogativi dei corrispettivi e delle fatture emesse dalla Società. Il predetto rapporto, è stato redatto dalla esecutrice nel giugno 1994 e successivamente presentato alla DGCS in allegato alla nota n. 23355 del 29 settembre 1994: tre anni dopo la fine delle attività!
Anche per questo caso i legali della Cotecno Srl, con domanda del 27 luglio 2000, hanno intentato procedura arbitrate nei confronti della DGCS per vedersi riconosciuti gli interessi di ritardato pagamento sulle somme di contratto, i costi aggiuntivi sostenuti per il personale (quantità maggiore di mesi/uomo rispetto alla previsione contrattuale, dunque, mesi/uomo non retribuiti), gli importi relativi al difforme pagamento delle ferie maturate dal personale (più interessi e rivalutazione monetaria), i costi aggiuntivi inerenti le sedi del programma in Giordania (più interessi), la revisione prezzi, lo sblocco delle fidejussioni ed, infine, l'equo compenso per maggiori oneri progettuali e per nuovi elaborati, a seguito delle varianti al contratto.
In data 24 ottobre 1990 veniva stipulato con la Cotecno Srl, un contratto della durata di 20 mesi che prevedeva da parte della Società la fornitura di attrezzature didattiche, prestazioni in loco, la raccolta ed elaborazione di dati, sulla base di quanto specificato nell'annesso tecnico e gli allegati al contratto. Il contratto fu approvato con decreto ministeriale 1991/128/1224/3 del 10 maggio 1991.
La Società, ai sensi di quanto previsto nel contratto ed al fine di importare dall'Italia attrezzature di ricambio non reperibili in loco, richiedeva alla D.G.C.S la sostituzione di alcune attrezzature previste nel contratto. A seguito di favorevole parere, espresso dalla competente UTC della D.G.C.S. venne formalizzata la richiesta variante, approvata successivamente con decreto n. 1994/128/2944/4 del 5 luglio 1994. Inoltre, con nota n. 18951 del 12 novembre 1992, la società, al fine di ottimizzare l'utilizzo del coordinatore del programma, richiedeva all'amministrazione
Le attività si sono svolte regolarmente e sono terminate il 30 novembre 1993 come risulta sia dalla relazione finale del 26 giugno 1995 redatta dall'Unità tecnica centrale della D.G.C.S., sia dal rapporto finale di attività presentato dalla società il 16 gennaio 1995.
La Cotecno sin dall'agosto 1995 ha richiesto senza successo all'amministrazione il riconoscimento di interessi e revisione prezzi.
Anche per questo caso i legali della Cotecno Srl, con domanda del 27 luglio 2000, hanno intentato procedura arbitrale nei confronti di questa DGCS per vedersi riconosciuti il pagamento di interessi a causa di lamentati ritardi con cui la DGCS avrebbe effettuato i pagamenti; il pagamento di costi aggiuntivi, per maggiori impiego di mesi/uomo, sostenuti dalla Società e solo in parte pagati dalla DGCS (e in modo difforme dalla previsione contrattuale, secondo quanto lamentato dalla controparte); il pagamento di ulteriori somme relative al periodo di ferie maturate dal personale esperto della Cotecno, liquidate dalla DGCS, secondo l'impresa, in maniera difforme da quanto dovuto; il rimborso delle spese e degli oneri aggiuntivi sostenuti per il mantenimento delle sedi in Italia e in Guatemala, per necessità di sicurezza, e a causa della maggiore durata del contratto; il pagamento di danni per la mancata corresponsione del corrispettivo revisionale; il riconoscimento di maggiori oneri sostenuti a causa del mancato svincolo delle fideiussioni prestate dalla Cotecno ed, infine, i maggiori oneri sostenuti a seguito di quanto disposto dalla DGCS circa le varianti al contratto, che hanno comportato - secondo la Società - la necessità di redigere nuovi elaborati.
La Procura regionale della Corte dei conti, svolte indagini sul caso, ha archiviato la pratica in data 13 novembre 2002 non ravvisando responsabilità perseguibili.
Per le succitate iniziative, la società chiedeva il riconoscimento di una somma complessiva di 5.613.572.415 di lire.
L'avvio quasi contestuale di due procedure arbitrali con la Cotecno, inerenti ai casi sopraccitati ha influito sulle determinazioni dell'amministrazione, che è pervenuta alla definizione dei quantum da riconoscersi sulla base degli elementi rinvenibili negli atti a disposizione e dell'abbondante e consolidata giurisprudenza esistente su casi analoghi.
Dopo lunghe trattative si è raggiunto un punto di incontro con la controparte, pervenendo ad una soluzione transattiva complessiva delle vertenze de quibus che ha visto riconoscere alla Cotecno la somma onnicomprensiva di lire 2.685.812.939 (transazione dei 7 novembre 2002).
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Alfredo Luigi Mantica.
nel 1988 la società Cotecno e il ministero degli affari esteri conclusero un accordo per la realizzazione del programma «Studi Somali». Nel 1999 è insorta una controversia tra i due per ritardati pagamenti e per l'insorgere di costi aggiuntivi non previsti dal contratto. Nel 2001 il lodo arbitrale ha condannato la Farnesina a versare la somma di lire 479.962.600 a favore della Cotecno relativamente a interessi, spese legali, Iva ed in più al pagamento di lire 882.141.900 relativo agli importi dovuti stabiliti dal contratto -:
se intendano accertare i motivi scatenanti la controversia che hanno comportato il pagamento di una così ingente somma di denaro;
se intenda verificare chi siano i responsabili del fallimento di tale operazione ed, eventualmente, prendere i provvedimenti necessari nei confronti degli stessi.
(4-08235)
Sulle cause che hanno ingenerato molte delle controversie sopracitate dovrebbero essere tenuti nella debita considerazione alcuni fattori di oggettiva difficoltà: anzitutto la non facile scelta dei contraenti, avvenuta all'epoca in mancanza di procedure concorsuali certe e trasparenti; la non agevole definizione poi dei primi impegni contrattuali, che conseguentemente non ha previsto tutte le possibili ipotesi in seguito verificatesi; l'impostazione sperimentale dei progetti in una fase iniziale e nuova della nostra cooperazione allo sviluppo; il verificarsi in loco di fattori non previsti (calamità naturali, crisi militari o politiche, instabilità giuridica ed amministrativa, incapacità gestionale dei beneficiari) che hanno ritardato o reso irrealizzabili varie iniziative intraprese. Va infatti evidenziato che svariati casi citati si riferiscono al periodo in cui iniziative di cooperazione vennero avviate nell'ambito del Fondo Aiuti Italiani (FAI), con un approccio poi profondamente ripensato sia in termini di finalità che di procedure operative e di controllo.
In linea generale va poi ricordata l'esigenza di avere un riscontro operativo da parte di altri Organi dello Stato coinvolti nella trattazione del contenzioso o nell'esercizio del controllo contabile e nell'esame di conformità alla legge. Prima dell'approvazione del decreto del Presidente della Repubblica 20 febbraio 1998, la direzione generale per la Cooperazione allo sviluppo del MAE era infatti strettamente vincolata al visto di ragioneria quale necessaria condizione di efficacia dei suoi provvedimenti: questo ha indubbiamente implicato per tali provvedimenti procedure purtroppo non celeri - con ripetuti rilievi e repliche - che hanno causato inevitabilmente l'accrescersi degli interessi per ritardato pagamento in caso di contenziosi. Dopo l'approvazione del citato decreto del Presidente della Repubblica e la soppressione del «visto», quale, condizione sospensiva dell'efficacia del provvedimento, la situazione è nettamente migliorata, almeno sotto questo profilo, consentendo una maggiore speditezza dei controlli.
Il superamento di una difficile situazione pregressa è stato in questi ultimi anni un obiettivo prioritario per il ministero degli esteri: la valutazione complessiva di questi ed altri analoghi casi - senza voler escludere specifiche manchevolezze o carenze - deve tuttavia considerare le innegabili difficoltà e vischiosità che in questo settore sono state riscontrate anche nell'esperienza - sovente ben più collaudata della nostra - di organismi multilaterali o di altri donatori internazionali.
Al fine di meglio contestualizzare le problematiche affrontate dall'interrogante, sembra tuttavia utile inquadrarle e valutarle da un punto di vista storico-giuridico, mettendo in luce i molteplici fattori e circostanze che ne hanno caratterizzato le vicende. Il caso in questione si colloca nei più importanti tra i 657 «repertoriati» dall'inizio dell'attività della Cooperazione allo sviluppo in Italia. La maggior parte di questi 657 casi di contenzioso è stata chiusa (435 al 31 marzo 2003) ed ulteriori casi vengono risolti ogni mese mediante il ricorso a pratiche transattive che - qualora si giudichino oggettivamente fondate le ragioni della parte avversa - sono un mezzo di composizione delle controversie certamente molto meno oneroso per l'erario del pagamento, dopo svariati anni, di quanto stabilito da lodi arbitrali o sentenze sfavorevoli.
A questo riguardo va anzitutto sottolineato che la soccombenza del ministero degli esteri per un ammontare complessivo di circa trecento miliardi di lire - se considerata nel quadro delle attività globali della Cooperazione allo sviluppo svolte in questi ultimi quindici anni - si riduce ad una misura largamente inferiore al due per cento di tutti gli investimenti effettuati per la realizzazione di programmi o progetti. Questo ammontare appare quindi nettamente inferiore alla «soglia di contenzioso
Va inoltre rimarcato che ogni caso è meglio inquadrabile con una trattazione completa, anche sotto il profilo della valutazione tecnica, amministrativa e contabile, effettuata a tutti i competenti livelli. I dati citati nell'atto in esame si riferiscono infatti quasi esclusivamente alla fase del controllo contabile e di conformità alla legge di ciascuna iniziativa, mancando tutte le valutazioni tecniche e gestionali effettuate da altri Organi dello Stato quali l'Avvocatura generale o la Corte dei conti; né si tiene conto dei risultati dell'eventuale esame giurisdizionale effettuato da parte della Procura regionale competente della Corte dei conti.
La corretta applicazione delle procedure concorsuali, la semplificazione delle procedure amministrative, la netta preferenza per l'accordo transattivo (rispetto ai lodi arbitrali o alle sentenze del tribunale) hanno già reso l'azione italiana in questo campo più sollecita ed efficace, senza peraltro impedire che ulteriori provvedimenti amministrativi o gestionali possano ancora migliorare la nostra azione. È a tal fine, infatti, che tende un complesso e articolato processo di revisione delle procedure amministrative seguite dalla direzione generale per la Cooperazione allo sviluppo e dalle nostre ambasciate nel realizzare i progetti o i programmi previsti: questo obiettivo viene perseguito attraverso una drastica semplificazione di tutte le procedure e la verifica della loro completa conformità alla normativa vigente (in continua evoluzione) che favoriscano una gestione moderna ed efficace delle iniziative di cooperazione intraprese dall'Italia.
Parallelamente alla revisione delle procedure, è in corso, in attuazione della delega legislativa conferita con l'articolo 3, comma 43 della legge finanziaria per il 2003, la predisposizione di provvedimenti che correggano le inadeguatezze normative che hanno causato quelle disfunzioni in passato più volte riscontrate.
Più specificatamente, si forniscono di seguito gli elementi di risposta relativi al caso a cui si fa riferimento nell'interrogazione in esame.
Il contratto entrava in vigore il 27 agosto 1988, a seguito della comunicazione del MAE alla Cotecno relativa all'avvenuto perfezionamento del decreto ministeriale di approvazione del contratto (datato 4 agosto 1988). La durata era fissata in 34 mesi, ossia fino al 27 giugno 1991. Nel corso dell'esecuzione del contratto, in data 15 dicembre 1989, il Comitato tecnico linguistico della UNS, in considerazione della situazione d'instabilità dovuta agli enti politici e militari che andavano profilandosi in Somalia, chiedeva alla Cotecno una riarticolazione del programma. La Società con nota del 28 febbraio 1990, stante la richiesta della UNS e l'evidente necessita di adeguare l'articolazione dell'iniziativa alla mutata situazione logistica, politica e militare della Somalia, inviava al MAE proposta di variante e connessa relazione tecnico-economica. Detta variante veniva approvata il 15 novembre 1990 per varie ragioni interne alla direzione generale, tuttavia, non si rivelava possibile una sollecita stipula del relativo Atto aggiuntivo. Considerato il tempo resosi necessario per perfezionare detta modifica, la Cotecno chiedeva (il 1o marzo 1991) il differimento del termine di durata contrattuale di un anno, cioè con scadenza al 26 giugno 1992. In esito a detta istanza la DGCS comunicava il 24 giugno 1991 l'approvazione parziale (sei mesi) dello slittamento del termine finale, cioè soltanto fino al 26 dicembre 1991. Perdurando la mancata stipula dell'atto aggiuntivo la Cotecno chiedeva, il 16 dicembre 1991 una seconda proroga di dodici mesi della durata del contratto con slittamento del termine finale al 26 dicembre 1992; detto differimento non risulta essere stato mai concesso. In data 20 marzo 1992 veniva stipulato l'atto aggiuntivo relativo alla riarticolazione del programma ed, il successivo 23 novembre 1992, il MAE comunicava l'avvenuto perfezionamento del decreto di approvazione e che la suddetta variante era operativa dall'8 settembre 1992, puntualizzando che le attività contrattuali si sarebbero dovute concludere entro l'8 marzo 1993.
Nonostante il travagliato iter amministrativo relativo alle varie fasi dell'esecuzione del contratto, la esecutrice raggiunse effettivamente gli obiettivi dell'iniziativa, adempiendo a tutte le obbligazioni a proprio carico. Al termine del programma, nonostante i tentativi di composizione bonaria esperiti dagli uffici della DGCS, il legale della Cotecno propose senza esitazione domanda di arbitrato per vedersi riconoscere: 1) gli interessi di ritardato pagamento sui corrispettivi contrattuali; 2) il corrispettivo dei mesi - uomo spesi in eccedenza; 3) il rimborso degli oneri aggiuntivi sostenuti per la sede dell'iniziativa in Italia e per quella in Somalia, a causa della maggiore durata complessiva del contratto; 4) la revisione prezzi sui corrispettivi dovuti dal MAE a fronte delle prestazioni eseguite dalla Cotecno; 5) l'equo compenso per le modifiche apportate in corso d'opera e per la diversa locazione delle risorse disponibili; 6) i maggiori oneri sostenuti a causa del mancato sblocco delle fidejussioni prestate dalla Società a garanzia della somma riscossa a titolo di anticipazione. Il tutto gravato di interessi.
Il Collegio arbitrale, con lodo del 17 gennaio 2001, ha deciso con accoglimento parziale del primo quesito sui ritardati pagamenti delle somme di contratto, nel senso che la Cotecno, fino alla domanda di arbitrato, non avrebbe mai contestato l'intempestività dei pagamenti, né la previa imputazione degli stessi agli interessi (fatti concludenti che integrano il consenso del creditore all'imputazione dei pagamenti ad opera del debitore); ancora sul primo quesito è stata dedotta l'inapplicabilità dell'articolo 194 del codice civile, quanto al pagamento «a vista», attesa la prevalenza dell'articolo 409 del regio decreto 23 maggio 1924, n. 827 (previa istruttoria tecnica) che la P.A. è tenuta ad applicare. È stata respinta, infine, la pretesa rivalutazione monetaria. Gli altri quesiti sono stati accolti (parzialmente e con valenza equitativa
L'Avvocatura generale dello Stato, con nota del 7 giugno 2001, ha escluso la proponibilità dell'appello avverso la decisione arbitrale, la quale è così passata in giudicato. La Corte dei conti, svolte indagini sul caso, ha proceduto all'archiviazione, non ravvisando responsabilità perseguibili.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Alfredo Luigi Mantica.
nel 1989 il Mae pattuì con la società Emit Spa un programma per la realizzazione di 70 punti d'acqua attrezzati in Sudan. Nel 1999 sorsero delle liti fra le due parti, poiché la Emit Spa lamentò di non essere stata pagata a sufficienza: si ricorse agli arbitri che condannarono il ministero per gli affari esteri il quale ricorse in appello. La Corte d'Appello di Roma confermò la condanna e caricò il ministero delle spese legali per una somma pari a 13 milioni e 800.000 -:
se intenda accertare le ragioni del sorgere delle liti che hanno comportato il versamento di una somma di denaro;
se intenda verificare chi siano i responsabili del fallimento di tale operazione ed, eventualmente, prendere i provvedimenti necessari nei confronti degli stessi.
(4-08236)
Sulle cause che hanno ingenerato molte delle controversie sopracitate dovrebbero essere tenuti nella debita considerazione alcuni fattori di oggettiva difficoltà: anzitutto la non facile scelta dei contraenti, avvenuta all'epoca in mancanza di procedure concorsuali certe e trasparenti; la non agevole definizione poi dei primi impegni contrattuali, che conseguentemente non ha previsto tutte le possibili ipotesi in seguito verificatesi; l'impostazione sperimentale dei progetti in una fase iniziale e nuova della nostra cooperazione allo sviluppo; il verificarsi in loco di fattori non previsti (calamità naturali, crisi militari o politiche, instabilità giuridica ed amministrativa, incapacità gestionale dei beneficiari) che hanno ritardato o reso irrealizzabili varie iniziative intraprese. Va infatti evidenziato che svariati casi citati si riferiscono al periodo in cui iniziative di cooperazione vennero avviate nell'ambito del Fondo Aiuti Italiani (FAI), con un approccio poi profondamente ripensato sia in termini di finalità che di procedure operative e di controllo.
In linea generale va poi ricordata l'esigenza di avere un riscontro operativo da parte di altri Organi dello Stato coinvolti nella trattazione del contenzioso o nell'esercizio del controllo contabile e nell'esame di conformità alla legge. Prima dell'approvazione del decreto del Presidente della Repubblica 20 febbraio 1998, la direzione generale per la Cooperazione allo sviluppo del MAE era infatti strettamente vincolata al visto di ragioneria quale necessaria condizione di efficacia dei suoi provvedimenti: questo ha indubbiamente implicato per tali provvedimenti procedure purtroppo non celeri - con ripetuti rilievi e repliche - che hanno causato inevitabilmente l'accrescersi degli interessi per ritardato pagamento in caso di contenziosi. Dopo l'approvazione del citato decreto del Presidente della Repubblica e la soppressione del «visto», quale, condizione sospensiva dell'efficacia del provvedimento, la situazione è nettamente migliorata, almeno sotto questo profilo, consentendo una maggiore speditezza dei controlli.
Il superamento di una difficile situazione pregressa è stato in questi ultimi anni un obiettivo prioritario per il ministero degli esteri: la valutazione complessiva di questi ed altri analoghi casi - senza voler escludere specifiche manchevolezze o carenze - deve tuttavia considerare le innegabili difficoltà e vischiosità che in questo settore sono state riscontrate anche nell'esperienza - sovente ben più collaudata della nostra - di organismi multilaterali o di altri donatori internazionali.
Al fine di meglio contestualizzare le problematiche affrontate dall'interrogante, sembra tuttavia utile inquadrarle e valutarle da un punto di vista storico-giuridico, mettendo in luce i molteplici fattori e circostanze che ne hanno caratterizzato le vicende. Il caso in questione si colloca nei più importanti tra i 657 «repertoriati» dall'inizio dell'attività della Cooperazione allo sviluppo in Italia. La maggior parte di questi 657 casi di contenzioso è stata chiusa (435 al 31 marzo 2003) ed ulteriori casi vengono risolti ogni mese mediante il ricorso a pratiche transattive che - qualora si giudichino oggettivamente fondate le ragioni della parte avversa - sono un mezzo di composizione delle controversie certamente molto meno oneroso per l'erario del pagamento, dopo svariati anni, di quanto stabilito da lodi arbitrati o sentenze sfavorevoli.
A questo riguardo va anzitutto sottolineato che la soccombenza del ministero degli esteri per un ammontare complessivo di circa trecento miliardi di lire - se considerata nel quadro delle attività globali della Cooperazione allo sviluppo svolte in questi ultimi quindici anni - si riduce ad una misura largamente inferiore al due per cento di tutti gli investimenti effettuati per la realizzazione di programmi o progetti. Questo ammontare appare quindi nettamente inferiore alla «soglia di contenzioso fisiologico» del 10 per cento, prevista dal legislatore per un appalto di lavori (si veda la legge-quadro in materia di lavori pubblici: legge n. 109/94, articolo 31-bis estesa per «analogia iuris» alla generalità degli appalti).
Va inoltre rimarcato che ogni caso è meglio inquadrabile con una trattazione completa, anche sotto il profilo della valutazione tecnica, amministrativa e contabile, effettuata a tutti i competenti livelli. I dati citati nell'atto in esame si riferiscono infatti quasi esclusivamente alla fase del controllo contabile e di conformità alla legge di ciascuna iniziativa, mancando tutte le valutazioni tecniche e gestionali effettuate da altri Organi dello Stato quali l'Avvocatura generale o la Corte dei conti; né si tiene conto dei risultati dell'eventuale esame giurisdizionale effettuato da parte della Procura regionale competente della Corte dei conti.
La corretta applicazione delle procedure concorsuali, la semplificazione delle procedure amministrative, la netta preferenza per l'accordo transattivo (rispetto ai lodi arbitrali o alle sentenze del tribunale) hanno già reso l'azione italiana in questo campo più sollecita ed efficace, senza peraltro impedire che ulteriori provvedimenti amministrativi o gestionali possano ancora migliorare la nostra azione. È a tal fine, infatti, che tende un complesso e articolato processo di revisione delle procedure amministrative seguite dalla direzione generale per la Cooperazione allo sviluppo e dalle nostre ambasciate nel realizzare i progetti o i programmi previsti: questo obiettivo viene perseguito attraverso una drastica semplificazione di tutte le procedure e la verifica della loro completa conformità alla normativa vigente (in continua evoluzione) che favoriscano una gestione moderna ed efficace delle iniziative di cooperazione intraprese dall'Italia.
Parallelamente alla revisione delle procedure, è in corso, in attuazione della delega legislativa conferita con l'articolo 3, comma 43 della legge finanziaria per il 2003, la predisposizione di provvedimenti che correggano le inadeguatezze normative che hanno causato quelle disfunzioni in passato più volte riscontrate.
Più specificatamente, si forniscono di seguito gli elementi di risposta relativi al caso a cui si fa riferimento nell'interrogazione in esame.
Al certificato di collaudo finale la EMIT appose quattro riserve (tra cui fu eminente la richiesta di interessi per ritardato pagamento sui lavori svolti e di revisione prezzi), che l'Amministrazione tentò di soddisfare in via amministrativa, ma su cui l'impresa non esitò a ricorrere alla procedura arbitrale, formulando, in questa sede, ben sette quesiti.
La decisione lodale del giugno 2000, pur a parziale accoglimento di alcuni quesiti, dichiarava dovuta alla EMIT, per il solo ritardo nel pagamento delle fatture prodotte, la somma di Lit 340 mln. ca. L'Amministrazione vi si oppose, proponendo appello con richiesta di annullamento del lodo. L'impugnazione fu respinta (per la preliminare motivazione in rito che tali arbitrati vanno considerati e disciplinati come «arbitrati internazionali», dunque, non appellabili per nullità), con conseguente conferma della decisione arbitrale e condanna del MAE alla rifusione delle spese di lite del giudizio di secondo grado per la somma complessiva di Euro 7.000 ca.
L'Avvocatura generale dello Stato, «sulla scorta della giurisprudenza intervenuta», con nota del maggio 2003, ha ritenuto opportuno non proporre ricorso in Cassazione.
La Procura regionale della Corte dei conti svolte indagini sul caso ha archiviato la pratica in data 13-11-2002 non ravvisando alcuna responsabilità perseguibile.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Alfredo Luigi Mantica.
nel 1988 il ministero degli affari esteri affido alla Castoro Spa un programma fluviale in Equador. A seguito dell'insorgere delle controversie il ministero è stato condannato a pagare la somma di 185 milioni, di cui più di 70 per interessi maturati -:
se intenda accertare le ragioni scatenanti la controversia che hanno comportato il versamento di una così ingente somma di denaro;
se intenda verificare chi siano i responsabili del fallimento di tale operazione ed, eventualmente, prendere i provvedimenti necessari nei confronti degli stessi.
(4-08237)
Sulle cause che hanno ingenerato molte delle controversie sopracitate dovrebbero essere tenuti nella debita considerazione alcuni fattori di oggettiva difficoltà: anzitutto la non facile scelta dei contraenti, avvenuta all'epoca in mancanza di procedure concorsuali certe e trasparenti; la non agevole definizione poi dei primi impegni contrattuali, che conseguentemente non ha previsto tutte le possibili ipotesi in seguito verificatesi; l'impostazione sperimentale dei progetti in una fase iniziale e nuova della nostra cooperazione allo sviluppo; il verificarsi in loco di fattori non previsti (calamità naturali, crisi militari o politiche, instabilità giuridica ed amministrativa, incapacità gestionale dei beneficiari) che hanno ritardato o reso irrealizzabili varie iniziative intraprese. Va infatti evidenziato che svariati casi citati si riferiscono al periodo in cui iniziative di cooperazione vennero avviate nell'ambito del Fondo Aiuti Italiani (FAI), con un approccio poi profondamente ripensato sia in termini di finalità che di procedure operative e di controllo.
In linea generale va poi ricordata l'esigenza di avere un riscontro operativo da
Il superamento di una difficile situazione pregressa è stato in questi ultimi anni un obiettivo prioritario per il ministero degli esteri: la valutazione complessiva di questi ed altri analoghi casi - senza voler escludere specifiche manchevolezze o carenze - deve tuttavia considerare le innegabili difficoltà e vischiosità che in questo settore sono state riscontrate anche nell'esperienza - sovente ben più collaudata della nostra - di organismi multilaterali o di altri donatori internazionali.
Al fine di meglio contestualizzare le problematiche affrontate dall'interrogante, sembra tuttavia utile inquadrarle e valutarle da un punto di vista storico-giuridico, mettendo in luce i molteplici fattori e circostanze che ne hanno caratterizzato le vicende. Il caso in questione si colloca nei più importanti tra i 657 «repertoriati» dall'inizio dell'attività della Cooperazione allo sviluppo in Italia. La maggior parte di questi 657 casi di contenzioso è stata chiusa (435 al 31 marzo 2003) ed ulteriori casi vengono risolti ogni mese mediante il ricorso a pratiche transattive che - qualora si giudichino oggettivamente fondate le ragioni della parte avversa - sono un mezzo di composizione delle controversie certamente molto meno oneroso per l'erario del pagamento, dopo svariati anni, di quanto stabilito da lodi arbitrati o sentenze sfavorevoli.
A questo riguardo va anzitutto sottolineato che la soccombenza del ministero degli esteri per un ammontare complessivo di circa trecento miliardi di lire - se considerata nel quadro delle attività globali della Cooperazione allo sviluppo svolte in questi ultimi quindici anni - si riduce ad una misura largamente inferiore al due per cento di tutti gli investimenti effettuati per la realizzazione di programmi o progetti. Questo ammontare appare quindi nettamente inferiore alla «soglia di contenzioso fisiologico» del 10 per cento, prevista dal legislatore per un appalto di lavori (si veda la legge-quadro in materia di lavori pubblici: legge n. 109/94, articolo 31-bis estesa per «analogia iuris» alla generalità degli appalti).
Va inoltre rimarcato che ogni caso è meglio inquadrabile con una trattazione completa, anche sotto il profilo della valutazione tecnica, amministrativa e contabile, effettuata a tutti i competenti livelli. I dati citati nell'atto in esame si riferiscono infatti quasi esclusivamente alla fase del controllo contabile e di conformità alla legge di ciascuna iniziativa, mancando tutte le valutazioni tecniche e gestionali effettuate da altri Organi dello Stato quali l'Avvocatura generale o la Corte dei conti; né si tiene conto dei risultati dell'eventuale esame giurisdizionale effettuato da parte della Procura regionale competente della Corte dei conti.
La corretta applicazione delle procedure concorsuali, la semplificazione delle procedure amministrative, la netta preferenza per l'accordo transattivo (rispetto ai lodi arbitrali o alle sentenze del tribunale) hanno già reso l'azione italiana in questo campo più sollecita ed efficace, senza peraltro impedire che ulteriori provvedimenti amministrativi o gestionali possano ancora migliorare la nostra azione. È a tal fine, infatti, che tende un complesso e articolato processo di revisione delle procedure amministrative seguite dalla direzione generale per la Cooperazione allo sviluppo e dalle
Parallelamente alla revisione delle procedure, è in corso, in attuazione della delega legislativa conferita con l'articolo 3, comma 43 della legge finanziaria per il 2003, la predisposizione di provvedimenti che correggano le inadeguatezze normative che hanno causato quelle disfunzioni in passato più volte riscontrate.
Più specificatamente, si forniscono di seguito gli elementi di risposta relativi al caso a cui si fa riferimento nell'interrogazione in esame.
Le opere da realizzare avevano lo scopo di scongiurare le inondazioni, di aumentare la superficie coltivata e di migliorare la qualità della produzione agricola.
La Nuovo Castoro più esattamente si occupava, della progettazione esecutiva, della fornitura di macchine per la movimentazione della terra, della manutenzione di dette macchine per la realizzazione delle opere prioritarie, delle apparecchiature idrauliche per la regolazione degli afflussi e dei deflussi delle acque, oltrechè dell'attrezzatura e dei macchinari d'officina.
A ciò si aggiungeva un servizio di assistenza tecnica alla Cedege nella fase di esecuzione delle opere, mediante una èquipe di esperti che assicurava la corretta utilizzazione delle macchine, la loro efficienza, il rispetto delle prescrizioni tecniche di esecuzione, la definizione ed il controllo dei programmi operativi.
L'origine del contenzioso non configura una particolare responsabilità in capo all'Amministrazione, ma è da attribuirsi al particolare momento storico-sociale di quegli anni, dove in Ecuador si manifestavano forti tensioni sociali e gravi difficoltà finanziarie, che rendevano difficile a Cedege di assolvere rapidamente e compiutamente ai suoi compiti di co-protagonista del progetto.
In questo quadro, il 21.09.1993, la società INC Spa informava la direzione generale alla Cooperazione allo sviluppo che le risorse finanziarie per la realizzazione dei progetto sarebbero terminate anzitempo, in mancanza di integrazioni di finanziamento da parte del Governo italiano, con il mese di dicembre 1993. Contestualmente I.N.C. chiedeva istruzioni per la consegna al beneficiario dei beni che aveva in manutenzione, custodia e guardianìa, comunicando che in caso contrario si sarebbe vista obbligata a mantenere in Ecuador il personale necessario a detti adempimenti, e che pertanto avrebbe richiesto il rimborso delle relative spese.
Successivamente in data 10 dicembre 1993 l'Ambasciata d'Italia in loco veniva informata dell'avvenuta sospensione del progetto per precoce esaurimento dei fondi.
Il ministero provvedeva solo dopo l'avvenuta, sospensione del progetto (nel 1995) ad impartire alla Nuovo Castoro le istruzioni necessarie in ordine alla consegna dei beni al beneficiario.
Successivamente la Società, non avendo ricevuto dal MAE pagamenti per le prestazioni rese nel periodo intercorrente tra dicembre 1993 e la data della consegna, avvalendosi della clausola compromissoria pattuita, chiedeva in sede arbitrale il riconoscimento delle prestazioni di manutenzione, guardianìa e custodia dei beni.
Il Collegio arbitrale, però, riconosceva solo in parte le pretese societarie, e proprio per questo motivo la Nuovo Castoro decideva di adire la giustizia ordinaria per
Con sentenza del 02.05.2001 il Tribunale civile di Roma II Sezione, condannava il MAE a corrispondere alla Nuovo Castoro S.p.a. le somme citate nella interrogazione Parlamentare, ma è pur vero che fu una condanna parziale, in quanto molte delle richieste attoree, siccome infondate, non furono accolte.
La realtà dei fatti è dunque che il MAE corrispose - oltre agli importi di contratto -, giusta dispositivo della summenzionata sentenza, una somma ulteriore per gli interessi nel frattempo maturati a causa dei contingenti e particolari motivi suesposti, non completamente addebitabili all'operato dell'amministrazione, tenuto conto che la sorte capitale di \P.185.085.000, era comunque contrattualmente dovuta (per spese di custodia). È evidente tuttavia che l'amministrazione non poteva permettere in nessun caso che i beni strumentali al progetto, rimanessero incustoditi, e dunque esposti all'inevitabile deterioramento, vanificando in tal modo il conseguimento delle finalità del programma.
La procura regionale della Corte dei conti svolte indagini sul caso ha archiviato la pratica in data 13 novembre 2002 non ravvisando responsabilità perseguibili.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Alfredo Luigi Mantica.
nel 1986 il ministero degli affari esteri stipulò con le società Nuovo Castoro e Rti Guado un contratto per costruire 10 pozzi nel Niger. Il Mae pagò quanto previsto: nonostante ciò, fu condannato a pagare 1.884.000.000 di lire, comprensive di interessi. Paga e appella, ma la Corte dei Conti dichiara l'inesistenza della notifica dell'appello: così il ministero degli affari esteri si ritrovò a pagare altri 30 milioni per spese di lite -:
se intenda accertare i motivi della condanna che hanno comportato il versamento di una così ingente somma di denaro e la dichiarazione dell'inesistenza della notifica dell'appello da parte della Corte dei Conti;
se intenda verificare chi siano i responsabili del fallimento di tale operazione ed, eventualmente, prendere i provvedimenti necessari nei confronti degli stessi.
(4-08238)
Sulle cause che hanno ingenerato molte delle controversie sopracitate dovrebbero essere tenuti nella debita considerazione alcuni fattori di oggettiva difficoltà: anzitutto la non facile scelta dei contraenti, avvenuta all'epoca in mancanza di procedure concorsuali certe e trasparenti; la non agevole definizione poi dei primi impegni contrattuali, che conseguentemente non ha previsto tutte le possibili ipotesi in seguito verificatesi; l'impostazione sperimentale dei progetti in una fase iniziale e nuova della nostra cooperazione allo sviluppo; il verificarsi in loco di fattori non previsti (calamità naturali, crisi militari o politiche, instabilità giuridica ed amministrativa, incapacità gestionale dei beneficiari) che hanno ritardato o reso irrealizzabili varie iniziative intraprese. Va infatti evidenziato che svariati casi citati si riferiscono al periodo in cui iniziative di cooperazione vennero avviate nell'ambito del Fondo Aiuti Italiani (FAI), con un approccio poi profondamente ripensato sia in termini di finalità che di procedure operative e di controllo.
In linea generale va poi ricordata l'esigenza di avere un riscontro operativo da parte di altri Organi dello Stato coinvolti nella trattazione del contenzioso o nell'esercizio del controllo contabile e nell'esame di
Il superamento di una difficile situazione pregressa è stato in questi ultimi anni un obiettivo prioritario per il ministero degli esteri: la valutazione complessiva di questi ed altri analoghi casi - senza voler escludere specifiche manchevolezze o carenze - deve tuttavia considerare le innegabili difficoltà e vischiosità che in questo settore sono state riscontrate anche nell'esperienza - sovente ben più collaudata della nostra - di organismi multilaterali o di altri donatori internazionali.
Al fine di meglio contestualizzare le problematiche affrontate dall'interrogante, sembra tuttavia utile inquadrarle e valutarle da un punto di vista storico-giuridico, mettendo in luce i molteplici fattori e circostanze che ne hanno caratterizzato le vicende. Il caso in questione si colloca nei più importanti tra i 657 «repertoriati» dall'inizio dell'attività della Cooperazione allo sviluppo in Italia. La maggior parte di questi 657 casi di contenzioso è stata chiusa (435 al 31 marzo 2003) ed ulteriori casi vengono risolti ogni mese mediante il ricorso a pratiche transattive che - qualora si giudichino oggettivamente fondate le ragioni della parte avversa - sono un mezzo di composizione delle controversie certamente molto meno oneroso per l'erario del pagamento, dopo svariati anni, di quanto stabilito da lodi arbitrati o sentenze sfavorevoli.
A questo riguardo va anzitutto sottolineato che la soccombenza del ministero degli esteri per un ammontare complessivo di circa trecento miliardi di lire - se considerata nel quadro delle attività globali della Cooperazione allo sviluppo svolte in questi ultimi quindici anni - si riduce ad una misura largamente inferiore al due per cento di tutti gli investimenti effettuati per la realizzazione di programmi o progetti. Questo ammontare appare quindi nettamente inferiore alla «soglia di contenzioso fisiologico» del 10 per cento, prevista dal legislatore per un appalto di lavori (si veda la legge-quadro in materia di lavori pubblici: legge n. 109/94, articolo 31-bis estesa per «analogia iuris» alla generalità degli appalti).
Va inoltre rimarcato che ogni caso è meglio inquadrabile con una trattazione completa, anche sotto il profilo della valutazione tecnica, amministrativa e contabile, effettuata a tutti i competenti livelli. I dati citati nell'atto in esame si riferiscono infatti quasi esclusivamente alla fase del controllo contabile e di conformità alla legge di ciascuna iniziativa, mancando tutte le valutazioni tecniche e gestionali effettuate da altri Organi dello Stato quali l'Avvocatura generale o la Corte dei conti; né si tiene conto dei risultati dell'eventuale esame giurisdizionale effettuato da parte della Procura regionale competente della Corte dei conti.
La corretta applicazione delle procedure concorsuali, la semplificazione delle procedure amministrative, la netta preferenza per l'accordo transattivo (rispetto ai lodi arbitrali o alle sentenze del tribunale) hanno già reso l'azione italiana in questo campo più sollecita ed efficace, senza peraltro impedire che ulteriori provvedimenti amministrativi o gestionali possano ancora migliorare la nostra azione. È a tal fine, infatti, che tende un complesso e articolato processo di revisione delle procedure amministrative seguite dalla direzione generale per la Cooperazione allo sviluppo e dalle nostre ambasciate nel realizzare i progetti o
Parallelamente alla revisione delle procedure, è in corso, in attuazione della delega legislativa conferita con l'articolo 3, comma 43 della legge finanziaria per il 2003, la predisposizione di provvedimenti che correggano le inadeguatezze normative che hanno causato quelle disfunzioni in passato più volte riscontrate.
Più specificatamente, si forniscono di seguito gli elementi di risposta relativi al caso a cui si fa riferimento nell'interrogazione in esame.
Con il contratto suddetto e con un successivo atto aggiuntivo sono stati affidati alla Società «Il Nuovo Castoro» lavori per un importo di lire 7.023.853.690.
Con certificato di collaudo in data 13.03.1989 i lavori sono stati collaudati con esito favorevole. In tale sede l'impresa ha tuttavia esplicitato una serie di riserve per il riconoscimento di maggiori oneri che essa avrebbe sopportato, in sede di esecuzione dei lavori, derivanti in parte da ritardati pagamenti delle prestazioni eseguite, in parte, ma soprattutto, dalla prolungata manutenzione degli impianti, dovuta alla ritardata presa in consegna dei pozzi da parte del Paese beneficiario e, infine, dalla svalutazione monetaria delle somme conseguite con ritardo. Il tutto per complessive lire 1,732 miliardi circa alla data del 30 giugno 1991.
In merito alle suddette richieste, la Struttura operativa ex-FAI del MAE ha svolto una sua propria istruttoria pervenendo ad una conclusione di parziale fondatezza di esse, con particolare riferimento alla gestione della funzionalità e alla manutenzione dei pozzi che, in sostanza, si è configurata come una imprevista forma di cooperazione aggiuntiva a favore del Paese beneficiario. La valutazione finale della struttura ex F.A.I. è stata di Lire 1.048.607.000, da porre a base di un eventuale accordo transattivo che escludesse il riconoscimento degli interessi.
Nelle more delle procedure necessarie per addivenire ad una soluzione transattiva della vertenza, la Società ha proposto giudizio arbitrale che si è concluso nel 1995 con la condanna del MAE al pagamento di lire 980 milioni oltre interessi e spese di giudizio. Complessivamente lire 1.880 milioni.
L'Avvocatura ha impugnato il lodo presso la competente Corte d'appello che ha respinto l'impugnazione.
La Procura regionale della Corte dei conti, svolte indagini sul caso, ha archiviato la pratica in data 13-11-02, non ravvisando responsabilità perseguibili.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Alfredo Luigi Mantica.
la Cotecno fu incaricata del programma per la formazione professionale in Giordania e precisamente dell'artigianato a Salt. Il contratto fra ministero degli affari esteri e Cotecno risale al 1991. A distanza di 10 anni nasce l'ennesima controversia fra le parti: e così il 27 marzo 2003 viene notificato al ministero atto di precetto residuo importo capitale, 332 milioni di lire più 2 miliardi e 67 milioni per interessi, spese legali e spese per gli arbitrii. Ad aprile 2003, il ministero ha stanziato le relative somme -;
se intenda accertare le ragioni del sorgere della controversia che hanno comportato
se intenda verificare chi siano i responsabili del fallimento di tale operazione ed, eventualmente, prendere i provvedimenti necessari nei confronti degli stessi.
(4-08239)
Sulle cause che hanno ingenerato molte delle controversie sopracitate dovrebbero essere tenuti nella debita considerazione alcuni fattori di oggettiva difficoltà: anzitutto la non facile scelta dei contraenti, avvenuta all'epoca in mancanza di procedure concorsuali certe e trasparenti; la non agevole definizione poi dei primi impegni contrattuali, che conseguentemente non ha previsto tutte le possibili ipotesi in seguito verificatesi; l'impostazione sperimentale dei progetti in una fase iniziale e nuova della nostra cooperazione allo sviluppo; il verificarsi in loco di fattori non previsti (calamità naturali, crisi militari o politiche, instabilità giuridica ed amministrativa, incapacità gestionale dei beneficiari) che hanno ritardato o reso irrealizzabili varie iniziative intraprese. Va infatti evidenziato che svariati casi citati si riferiscono al periodo in cui iniziative di cooperazione vennero avviate nell'ambito del Fondo Aiuti Italiani (FAI), con un approccio poi profondamente ripensato sia in termini di finalità che di procedure operative e di controllo.
In linea generale va poi ricordata l'esigenza di avere un riscontro operativo da parte di altri Organi dello Stato coinvolti nella trattazione del contenzioso o nell'esercizio del controllo contabile e nell'esame di conformità alla legge. Prima dell'approvazione del decreto del Presidente della Repubblica 20 febbraio 1998, la direzione generale per la Cooperazione allo sviluppo del MAE era infatti strettamente vincolata al visto di ragioneria quale necessaria condizione di efficacia dei suoi provvedimenti: questo ha indubbiamente implicato per tali provvedimenti procedure purtroppo non celeri - con ripetuti rilievi e repliche - che hanno causato inevitabilmente l'accrescersi degli interessi per ritardato pagamento in caso di contenziosi. Dopo l'approvazione del citato decreto del Presidente della Repubblica e la soppressione del «visto», quale, condizione sospensiva dell'efficacia del provvedimento, la situazione è nettamente migliorata, almeno sotto questo profilo, consentendo una maggiore speditezza dei controlli.
Il superamento di una difficile situazione pregressa è stato in questi ultimi anni un obiettivo prioritario per il ministero degli esteri: la valutazione complessiva di questi ed altri analoghi casi - senza voler escludere specifiche manchevolezze o carenze - deve tuttavia considerare le innegabili difficoltà e vischiosità che in questo settore sono state riscontrate anche nell'esperienza - sovente ben più collaudata della nostra - di organismi multilaterali o di altri donatori internazionali.
Al fine di meglio contestualizzare le problematiche affrontate dall'interrogante, sembra tuttavia utile inquadrarle e valutarle da un punto di vista storico-giuridico, mettendo in luce i molteplici fattori e circostanze che ne hanno caratterizzato le vicende. Il caso in questione si colloca nei più importanti tra i 657 «repertoriati» dall'inizio dell'attività della Cooperazione allo sviluppo in Italia. La maggior parte di questi 657 casi di contenzioso è stata chiusa (435 al 31 marzo 2003) ed ulteriori casi vengono risolti ogni mese mediante il ricorso a pratiche transattive che - qualora si giudichino oggettivamente fondate le ragioni della parte avversa - sono un mezzo di composizione delle controversie certamente molto meno oneroso per l'erario del pagamento, dopo svariati anni, di quanto stabilito da lodi arbitrati o sentenze sfavorevoli.
A questo riguardo va anzitutto sottolineato che la soccombenza del ministero degli esteri per un ammontare complessivo
Va inoltre rimarcato che ogni caso è meglio inquadrabile con una trattazione completa, anche sotto il profilo della valutazione tecnica, amministrativa e contabile, effettuata a tutti i competenti livelli. I dati citati nell'atto in esame si riferiscono infatti quasi esclusivamente alla fase del controllo contabile e di conformità alla legge di ciascuna iniziativa, mancando tutte le valutazioni tecniche e gestionali effettuate da altri Organi dello Stato quali l'Avvocatura generale o la Corte dei conti; né si tiene conto dei risultati dell'eventuale esame giurisdizionale effettuato da parte della Procura regionale competente della Corte dei conti.
La corretta applicazione delle procedure concorsuali, la semplificazione delle procedure amministrative, la netta preferenza per l'accordo transattivo (rispetto ai lodi arbitrali o alle sentenze del tribunale) hanno già reso l'azione italiana in questo campo più sollecita ed efficace, senza peraltro impedire che ulteriori provvedimenti amministrativi o gestionali possano ancora migliorare la nostra azione. È a tal fine, infatti, che tende un complesso e articolato processo di revisione delle procedure amministrative seguite dalla direzione generale per la Cooperazione allo sviluppo e dalle nostre ambasciate nel realizzare i progetti o i programmi previsti: questo obiettivo viene perseguito attraverso una drastica semplificazione di tutte le procedure e la verifica della loro completa conformità alla normativa vigente (in continua evoluzione) che favoriscano una gestione moderna ed efficace delle iniziative di cooperazione intraprese dall'Italia.
Parallelamente alla revisione delle procedure, è in corso, in attuazione della delega legislativa conferita con l'articolo 3, comma 43 della legge finanziaria per il 2003, la predisposizione di provvedimenti che correggano le inadeguatezze normative che hanno causato quelle disfunzioni in passato più volte riscontrate.
Più specificatamente, si forniscono di seguito gli elementi di risposta relativi al caso a cui si fa riferimento nell'interrogazione in esame.
Stando al testo stipulato e alla comunicazione alla Società di entrata in vigore del contratto, questo avrebbe dovuto avere decorrenza dal 1o novembre 1991 e scadenza naturale al 31 dicembre 1992 (12 mesi più 2 per attività preliminari), data in cui, cessata l'assistenza italiana, il Centro avrebbe dovuto conseguire la completa autonomia didattica e gestionale. L'esecuzione del programma non è andata secondo le previsioni contrattuali, registrandosi una proroga non onerosa concessa dalla DGCS e ulteriori ritardi nelle prestazioni a carico della Cotecno specie per quanto riguarda le forniture, al punto che la Direzione Generale si risolse a proseguire le attività in gestione diretta. Dall'esame analitico della documentazione relativa all'iniziativa, si evidenzia una situazione complessiva, all'origine della controversia in trattazione, che è caratterizzata: da un lato, dalla presenza di ritardi nei pagamenti delle somme di contratto; dall'altro, dalla incontestabile presenza di ritardi e carenze da parte della Esecutrice nell'adempiere agli obblighi cui era tenuta, tanto da indurre la DGCS a preferire, per concludere l'iniziativa, la gestione diretta ad una seconda proroga richiesta da Cotecno e ad ipotizzare la scelta di altro contraente, per una futura estensione del programma invocata dalle autorità locali. È altresì vero che, la situazione di latente tensione che si registrava fra le parti del contratto, che già prefigurava l'insorgere dell'attuale contenzioso, è stata gestita in un clima di difficoltà amministrativa da parte ministeriale, per i motivi che si rinvengono negli atti e più precisamente: per i cambiamenti di gestione dell'attività di Cooperazione dal Dipartimento alla direzione generale, con tutte le relative conseguenze operative, fra cui l'alternarsi e l'intersecarsi della responsabilità di vari uffici della direzione generale, in connessione alla predetta riorganizzazione. La situazione dei rapporti con la Cotecno si è poi cristallizzata a tal punto che, tutti i tentativi esperiti dall'amministrazione per comporre bonariamente la vertenza, sono falliti e si è così pervenuti alla controversia arbitrale. La stessa domanda di controparte contiene dei quesiti che possono apparire strumentali a sostenere la «inderogabile necessità» del ricorso alla soluzione arbitrale, inasprendo ed ampliando oltre misura una vertenza che poteva essere composta su un piano puramente amministrativo o, al massimo, transattivo, se solo la Società avesse mantenuto un atteggiamento più obiettivo. A testimonianza della degenerazione del rapporto con Cotecno, nonostante
La società Cotecno, il 27 luglio 2000, notificava alla direzione generale la domanda di arbitrato volta ad ottenere gli interessi di ritardato pagamento sulle somme contrattuali, i costi aggiuntivi per il personale (quantità maggiore di mesi/uomo rispetto alla previsione contrattuale e mesi/uomo effettuati e non retribuiti secondo pattuizione, più interessi), il pagamento difforme dal previsto delle ferie maturate dal personale espatriato (più interessi e rivalutazione monetaria), i costi aggiuntivi inerenti le sedi del programma in Italia e in Giordania (più interessi), la revisione prezzi, lo sblocco delle fideiussioni e l'equo compenso per maggiori oneri progettuali e per nuovi elaborati, a seguito delle varianti al contratto. Tutto quanto precede, con l'aggiunta delle spese di funzionamento e delle competenze del collegio arbitrale, delle spese, diritti e onorari del difensore, oltre al 10 per cento per spese generali.
Con lodo emesso l'11 settembre 2002 la DGCS liquidava alla società l'importo complessivo di euro 1.217.318,75.
La Procura Regionale della Corte dei conti svolte indagini sul caso ha archiviato la pratica in data 13 novembre 2002 non ravvisando responsabilità perseguibili.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Alfredo Luigi Mantica.
nel 1988, il Ministero degli affari esteri e la società Cotecno stipularono un accordo per la realizzazione di un programma di Studi sociali. Quel programma costò, oltre al pattuito, ben 1.362.000.000 di lire di cui 882 milioni per somma capitale e 479 milioni per interessi e spese. Sempre in quell'anno si concluse un altro contratto di assistenza al Sidam (Somalia). Anche in questo caso sorsero contestazioni per cui la Cotecno ricorse agli arbitri che condannarono il ministero a pagare altri 762 milioni di lire -:
se intenda accertare le ragioni del ritardo nei pagamenti che hanno comportato il versamento di una così ingente somma di denaro;
se intenda verificare chi siano i responsabili del fallimento di tale operazione ed, eventualmente, prendere i provvedimenti necessari nei confronti degli stessi.
(4-08240)
Sulle cause che hanno ingenerato molte delle controversie sopracitate dovrebbero essere tenuti nella debita considerazione alcuni fattori di oggettiva difficoltà: anzitutto la non facile scelta dei contraenti, avvenuta all'epoca in mancanza di procedure concorsuali certe e trasparenti; la non agevole definizione poi dei primi impegni contrattuali, che conseguentemente non ha previsto tutte le possibili ipotesi in seguito verificatesi; l'impostazione sperimentale dei progetti in una fase iniziale e nuova della nostra cooperazione allo sviluppo; il verificarsi in loco di fattori non previsti (calamità naturali, crisi militari o politiche, instabilità giuridica ed amministrativa, incapacità gestionale dei beneficiari) che hanno ritardato o reso irrealizzabili varie iniziative intraprese. Va infatti evidenziato che svariati casi citati si riferiscono al periodo in cui iniziative di cooperazione vennero avviate nell'ambito del Fondo Aiuti Italiani (FAI), con un approccio poi profondamente ripensato sia in termini di finalità che di procedure operative e di controllo.
In linea generale va poi ricordata l'esigenza di avere un riscontro operativo da parte di altri Organi dello Stato coinvolti nella trattazione del contenzioso o nell'esercizio
Il superamento di una difficile situazione pregressa è stato in questi ultimi anni un obiettivo prioritario per il ministero degli esteri: la valutazione complessiva di questi ed altri analoghi casi - senza voler escludere specifiche manchevolezze o carenze - deve tuttavia considerare le innegabili difficoltà e vischiosità che in questo settore sono state riscontrate anche nell'esperienza - sovente ben più collaudata della nostra - di organismi multilaterali o di altri donatori internazionali.
Al fine di meglio contestualizzare le problematiche affrontate dall'interrogante, sembra tuttavia utile inquadrarle e valutarle da un punto di vista storico-giuridico, mettendo in luce i molteplici fattori e circostanze che ne hanno caratterizzato le vicende. Il caso in questione si colloca nei più importanti tra i 657 «repertoriati» dall'inizio dell'attività della Cooperazione allo sviluppo in Italia. La maggior parte di questi 657 casi di contenzioso è stata chiusa (435 al 31 marzo 2003) ed ulteriori casi vengono risolti ogni mese mediante il ricorso a pratiche transattive che - qualora si giudichino oggettivamente fondate le ragioni della parte avversa - sono un mezzo di composizione delle controversie certamente molto meno oneroso per l'erario del pagamento, dopo svariati anni, di quanto stabilito da lodi arbitrati o sentenze sfavorevoli.
A questo riguardo va anzitutto sottolineato che la soccombenza del ministero degli esteri per un ammontare complessivo di circa trecento miliardi di lire - se considerata nel quadro delle attività globali della Cooperazione allo sviluppo svolte in questi ultimi quindici anni - si riduce ad una misura largamente inferiore al due per cento di tutti gli investimenti effettuati per la realizzazione di programmi o progetti. Questo ammontare appare quindi nettamente inferiore alla «soglia di contenzioso fisiologico» del 10 per cento, prevista dal legislatore per un appalto di lavori (si veda la legge-quadro in materia di lavori pubblici: legge n. 109/94, articolo 31-bis estesa per «analogia iuris» alla generalità degli appalti).
Va inoltre rimarcato che ogni caso è meglio inquadrabile con una trattazione completa, anche sotto il profilo della valutazione tecnica, amministrativa e contabile, effettuata a tutti i competenti livelli. I dati citati nell'atto in esame si riferiscono infatti quasi esclusivamente alla fase del controllo contabile e di conformità alla legge di ciascuna iniziativa, mancando tutte le valutazioni tecniche e gestionali effettuate da altri Organi dello Stato quali l'Avvocatura generale o la Corte dei conti; né si tiene conto dei risultati dell'eventuale esame giurisdizionale effettuato da parte della Procura regionale competente della Corte dei conti.
La corretta applicazione delle procedure concorsuali, la semplificazione delle procedure amministrative, la netta preferenza per l'accordo transattivo (rispetto ai lodi arbitrali o alle sentenze del tribunale) hanno già reso l'azione italiana in questo campo più sollecita ed efficace, senza peraltro impedire che ulteriori provvedimenti amministrativi o gestionali possano ancora migliorare la nostra azione. È a tal fine, infatti, che tende un complesso e articolato processo di revisione delle procedure amministrative seguite dalla direzione generale per la Cooperazione allo sviluppo e dalle nostre ambasciate nel realizzare i progetti o
Parallelamente alla revisione delle procedure, è in corso, in attuazione della delega legislativa conferita con l'articolo 3, comma 43 della legge finanziaria per il 2003, la predisposizione di provvedimenti che correggano le inadeguatezze normative che hanno causato quelle disfunzioni in passato più volte riscontrate.
Più specificatamente, si forniscono di seguito gli elementi di risposta relativi al caso a cui si fa riferimento nell'interrogazione in esame.
Il contratto aveva come oggetto (articolo 1) la realizzazione nell'arco di ventisei (26) mesi di un programma di potenziamento ed organizzazione funzionale della formazione professionale nel settore della P.A. e del management industriale, mediante la preparazione di quadri tecnici per enti, uffici ed aziende statali somale. Le prestazioni della Cotecno (Articolo 2) consistevano in: a) fornitura di attrezzature e sussidi didattici (acquisto ed invio CIF a Mogadiscio, con garanzie d'uso fornite dalle ditte produttrici), previa verifica tecnica degli stessi presso le ditte fornitrici, da trasferire in proprietà dalla Società alle autorità somale; b) servizi in Italia di organizzazione e progettazione dell'intervento e di coordinamento e gestione operativa del programma; c) servizi in Somalia di controllo tecnico, formazione del personale somalo, coordinamento e supervisione del programma, piccola manutenzione delle attrezzature. I termini di esecuzione delle prestazioni predette erano precisati all'articolo 4 del testo stipulato e l'articolo 5 precisava la penalità applicabili alla esecutrice in caso di difformità e ritardi nell'adempimento degli obblighi contrattuali. Ulteriori obbligazioni della Cotecno derivavano dalla gestione del
Dagli atti si rileva che lo svolgimento delle attività ha avuto un andamento iniziale sostanzialmente regolare, a prescindere dalle proroghe concesse e dalla controversa sussistenza di prestazioni effettuate in eccedenza e/o di controprestazioni rese in difformità dal dettato contrattuale (come poi sostenuto da controparte nei quesiti arbitrali). Tuttavia, alla fine del programma, stante la situazione di fatto venutasi a creare in Somalia, la Cotecno non ha potuto presentare la «Relazione finale» nei tempi e con le formalità previste all'articolo 8, punto e) del contratto. Infatti gli avvenimenti politico-militari interni in Somalia, hanno condotto all'interruzione brusca delle attività di progetto in prossimità della conclusione dell'intervento (dicembre 1990) e hanno impedito alla Società la presentazione del rapporto vistato dalle competenti autorità locali e dall'Ambasciata d'Italia a Mogadiscio. In particolare, i responsabili della Cotecno evidenziarono che non vi furono indicazioni precise da parte dell'Ambasciata su come rendere efficace e tempestiva ai fini contrattuali la presentazione della relazione, e che soltanto verbalmente si disse loro di sospendere le attività sine die. Purtroppo non si è mai potuto stabilire se gli avvenimenti somali che hanno condotto alla sospensione sine die delle attività debbano essere o meno identificati come «forza maggiore».
La relazione finale è stata presentata da Cotecno alla DGCS molto tempo dopo, in data 24 dicembre 1996, con la nota prot. 35030. Con quest'ultima nota la esecutrice chiedeva, tra l'altro, il pagamento della somma di Lit. 2.873.725 (fattura n. 76/96) pari al 5 per cento dei corrispettivi per i servizi resi, relativi al 10o e 11o stato di avanzamento, nonché lo svincolo delle fidejussioni e dava credito dell'anticipazione non recuperata pari a Lit. 7.323.900 (nota credito n. 6/96).
Si evidenzia che la scadenza dei tempi contrattuali, fissata inizialmente al 30 maggio 1990, ha subito due successive proroghe di cinque e di quattro mesi - non onerose - che la hanno prolungata al 28 febbraio 1991.
La società Cotecno, il 27 luglio 2000, notificava alla direzione generale la domanda di arbitrato volta ad ottenere gli interessi di ritardato pagamento sulle
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Alfredo Luigi Mantica.
le società Salini e Cogema stipularono con il ministero degli affari esteri diversi contratti per la realizzazione di vari progetti in Somalia, Etiopia e Sudan. In seguito alle numerose controversie, anche stragiudiziali, insorte, il ministero dovette pagare 10.886.892.000 di lire per capitale e interessi, rispetto alla somma di lire 32.231.355.947. Il ministero aveva sempre contestato gran parte della richiesta e l'avvocatura di Stato propose di giungere ad una transazione globale di tutte le controversie -:
se intenda accertare i motivi del sorgere delle controversie che hanno comportato il pagamento di una così ingente somma di denaro;
se intenda verificare chi siano i responsabili del fallimento di tale operazione ed, eventualmente, prendere i provvedimenti necessari nei confronti degli stessi.
(4-08242)
Sulle cause che hanno ingenerato molte delle controversie sopracitate dovrebbero essere tenuti nella debita considerazione alcuni fattori di oggettiva difficoltà: anzitutto la non facile scelta dei contraenti, avvenuta all'epoca in mancanza di procedure concorsuali certe e trasparenti; la non agevole definizione poi dei primi impegni contrattuali, che conseguentemente non ha previsto tutte le possibili ipotesi in seguito verificatesi; l'impostazione sperimentale dei progetti in una fase iniziale e nuova della nostra cooperazione allo sviluppo; il verificarsi in loco di fattori non previsti (calamità naturali, crisi militari o politiche, instabilità giuridica ed amministrativa, incapacità gestionale dei beneficiari) che hanno ritardato o reso irrealizzabili varie iniziative intraprese. Va infatti evidenziato che svariati casi citati si riferiscono al periodo in cui iniziative di cooperazione vennero avviate nell'ambito del Fondo Aiuti Italiani (FAI), con un approccio poi profondamente ripensato sia in termini di finalità che di procedure operative e di controllo.
In linea generale va poi ricordata l'esigenza di avere un riscontro operativo da parte di altri Organi dello Stato coinvolti nella trattazione del contenzioso o nell'esercizio del controllo contabile e nell'esame di conformità alla legge. Prima dell'approvazione del decreto del Presidente della Repubblica 20 febbraio 1998, la direzione generale per la Cooperazione allo sviluppo del MAE era infatti strettamente vincolata al visto di ragioneria quale necessaria condizione di efficacia dei suoi provvedimenti: questo ha indubbiamente implicato per tali provvedimenti procedure purtroppo non celeri - con ripetuti rilievi e repliche - che hanno causato inevitabilmente l'accrescersi degli interessi per ritardato pagamento in caso di contenziosi. Dopo l'approvazione del citato decreto del Presidente della Repubblica
Il superamento di una difficile situazione pregressa è stato in questi ultimi anni un obiettivo prioritario per il ministero degli esteri: la valutazione complessiva di questi ed altri analoghi casi - senza voler escludere specifiche manchevolezze o carenze - deve tuttavia considerare le innegabili difficoltà e vischiosità che in questo settore sono state riscontrate anche nell'esperienza - sovente ben più collaudata della nostra - di organismi multilaterali o di altri donatori internazionali.
Al fine di meglio contestualizzare le problematiche affrontate dall'interrogante, sembra tuttavia utile inquadrarle e valutarle da un punto di vista storico-giuridico, mettendo in luce i molteplici fattori e circostanze che ne hanno caratterizzato le vicende. Il caso in questione si colloca nei più importanti tra i 657 «repertoriati» dall'inizio dell'attività della Cooperazione allo sviluppo in Italia. La maggior parte di questi 657 casi di contenzioso è stata chiusa (435 al 31 marzo 2003) ed ulteriori casi vengono risolti ogni mese mediante il ricorso a pratiche transattive che - qualora si giudichino oggettivamente fondate le ragioni della parte avversa - sono un mezzo di composizione delle controversie certamente molto meno oneroso per l'erario del pagamento, dopo svariati anni, di quanto stabilito da lodi arbitrati o sentenze sfavorevoli.
A questo riguardo va anzitutto sottolineato che la soccombenza del ministero degli esteri per un ammontare complessivo di circa trecento miliardi di lire - se considerata nel quadro delle attività globali della Cooperazione allo sviluppo svolte in questi ultimi quindici anni - si riduce ad una misura largamente inferiore al due per cento di tutti gli investimenti effettuati per la realizzazione di programmi o progetti. Questo ammontare appare quindi nettamente inferiore alla «soglia di contenzioso fisiologico» del 10 per cento, prevista dal legislatore per un appalto di lavori (si veda la legge-quadro in materia di lavori pubblici: legge n. 109/94, articolo 31-bis estesa per «analogia iuris» alla generalità degli appalti).
Va inoltre rimarcato che ogni caso è meglio inquadrabile con una trattazione completa, anche sotto il profilo della valutazione tecnica, amministrativa e contabile, effettuata a tutti i competenti livelli. I dati citati nell'atto in esame si riferiscono infatti quasi esclusivamente alla fase del controllo contabile e di conformità alla legge di ciascuna iniziativa, mancando tutte le valutazioni tecniche e gestionali effettuate da altri Organi dello Stato quali l'Avvocatura generale o la Corte dei conti; né si tiene conto dei risultati dell'eventuale esame giurisdizionale effettuato da parte della Procura regionale competente della Corte dei conti.
La corretta applicazione delle procedure concorsuali, la semplificazione delle procedure amministrative, la netta preferenza per l'accordo transattivo (rispetto ai lodi arbitrali o alle sentenze del tribunale) hanno già reso l'azione italiana in questo campo più sollecita ed efficace, senza peraltro impedire che ulteriori provvedimenti amministrativi o gestionali possano ancora migliorare la nostra azione. È a tal fine, infatti, che tende un complesso e articolato processo di revisione delle procedure amministrative seguite dalla direzione generale per la Cooperazione allo sviluppo e dalle nostre ambasciate nel realizzare i progetti o i programmi previsti: questo obiettivo viene perseguito attraverso una drastica semplificazione di tutte le procedure e la verifica della loro completa conformità alla normativa vigente (in continua evoluzione) che favoriscano una gestione moderna ed efficace delle iniziative di cooperazione intraprese dall'Italia.
Parallelamente alla revisione delle procedure, è in corso, in attuazione della delega legislativa conferita con l'articolo 3, comma 43 della legge finanziaria per il 2003, la predisposizione di provvedimenti che correggano le inadeguatezze normative che
Più specificatamente, si forniscono di seguito gli elementi di risposta relativi al caso a cui si fa riferimento nell'interrogazione in esame.
La transazione ha tratto origine dall'esigenza di chiudere definitivamente il contenzioso insorto nell'attuazione di tre contratti inerenti: 1) il progetto Afgooy-Goluen, in Somalia di cui al contratto in data 1 marzo 1989 per l'importo di lire 24.300.000.000; 2) il progetto Tana Beles in Etiopia di cui al contratto in data 14 gennaio 1986 e successivi atti aggiuntivi per l'importo complessivo pari a circa lire 443.911.671.480; 3) forniture e realizzazione di una infrastruttura di base a favore della struttura Governativa Road Transport Unit (RTU) in Sudan di cui al contratto 7 dicembre 1988, per l'importo di lire 14.000.000.000. I tre contratti prevedevano nel complesso una spesa superiore a 481 miliardi di vecchie lire.
Nella fase di chiusura di tali rapporti contrattuali sono insorte alcune controversie con l'esecutrice. Il danno economico vantato dall'A.T.I. è stato complessivamente quantificato, e attualizzato al 31 dicembre 1997, in Lire 32.231.355.947, danno riconducibile a cause diverse quali residui crediti per lavori, trattenute a garanzia, costi finanziari, perdite su cambi, commissioni su fideiussione, danno per ridotta capacità finanziaria, interessi e rivalutazione monetarie, riconvenzionale su opposizione a decreto ingiuntivo.
L'amministrazione ha sempre contestato, in sede giudiziale e non, la validità e il fondamento di gran parte delle richieste dell'attore. Al riguardo va ricordato che il dispiegarsi di tale nuovo contenzioso ha trovato il suo fondamento nelle difficoltà incontrate dall'amministrazione a causa di una serie di rilievi formulati dall'Ufficio di ragioneria, sui decreti di pagamento delle varie tranches contrattuali.
Le parti si sono più volte incontrate nel tentativo di addivenire ad un bonario componimento di tutto il residuo contenzioso pendente, relativamente ai contratti sopra richiamati.
Della questione è stata interessata l'Avvocatura generale dello Stato che ha espresso valutazioni favorevoli in ordine alla possibilità di pervenire ad una transazione globale delle controversie. A conclusione del lungo lavoro svolto, le parti hanno deciso di comune accordo di transigere l'intero contenzioso vertente in ordine ai tre contratti. Con un atto transattivo datato 11 luglio 1998 è stato riconosciuto: alla Salini costruttori S.p.A. la somma complessiva di lire 8.734.747.575 con riguardo ai progetti in Somalia e in Etiopia; alla CO.GE.MA. S.p.A. ed alla Salini costruttori S.p.A. la somma complessiva di lire 2.152.144.976 per le pendenze del progetto in Sudan. Il totale della transazione stipulata ammonta pertanto a lire 10.886.892.551.
L'intera questione è stata seguita. dall'Avvocatura generale dello Stato che, come risulta dalla nota n. 1591/97 del 15 dicembre 1997, dopo aver esaminato in dettaglio i vari aspetti del contenzioso, al fine di cautelare l'amministrazione dagli ulteriori oneri che sarebbero altrimenti derivati dal proseguimento dei giudizi pendenti, ha proposto di definire transattivamente e globalmente le controversie per gli importi poi liquidati.
Della questione, su richiesta della stessa, sono stati forniti elementi alla Procura Regionale della Corte dei conti per il Lazio che, svolte le dovute indagini, ha archiviato la pratica il 13 novembre 2002 non ravvisando responsabilità perseguibili.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Alfredo Luigi Mantica.
nel 1986, il ministero degli affari esteri e l'Acquater stipularono un contratto in base al quale quest'ultima società avrebbe dovuto sviluppare un programma relativo alla preparazione di pozzi e bacini in Somalia. Nacque una vertenza che ebbe come conseguenza la condanna del ministero degli affari esteri a pagare 5.869.734.037 di vecchie lire per interessi e spese legali, oltre a 1.200.000.000 per residuo capitale -:
se intenda accertare quali siano stati i motivi che hanno causato il sorgere del contenzioso ed hanno portato a pagare una così ingente somma di denaro;
se intenda verificare chi siano i responsabili del fallimento di tale operazione ed, eventualmente, prendere i provvedimenti necessari nei confronti degli stessi.
(4-08243)
Sulle cause che hanno ingenerato molte delle controversie sopracitate dovrebbero essere tenuti nella debita considerazione alcuni fattori di oggettiva difficoltà: anzitutto la non facile scelta dei contraenti, avvenuta all'epoca in mancanza di procedure concorsuali certe e trasparenti; la non agevole definizione poi dei primi impegni contrattuali, che conseguentemente non ha previsto tutte le possibili ipotesi in seguito verificatesi; l'impostazione sperimentale dei progetti in una fase iniziale e nuova della nostra cooperazione allo sviluppo; il verificarsi in loco di fattori non previsti (calamità naturali, crisi militari o politiche, instabilità giuridica ed amministrativa, incapacità gestionale dei beneficiari) che hanno ritardato o reso irrealizzabili varie iniziative intraprese. Va infatti evidenziato che svariati casi citati si riferiscono al periodo in cui iniziative di cooperazione vennero avviate nell'ambito del Fondo Aiuti Italiani (FAI), con un approccio poi profondamente ripensato sia in termini di finalità che di procedure operative e di controllo.
In linea generale va poi ricordata l'esigenza di avere un riscontro operativo da parte di altri Organi dello Stato coinvolti nella trattazione del contenzioso o nell'esercizio del controllo contabile e nell'esame di conformità alla legge. Prima dell'approvazione del decreto del Presidente della Repubblica 20 febbraio 1998, la direzione generale per la Cooperazione allo sviluppo del MAE era infatti strettamente vincolata al visto di ragioneria quale necessaria condizione di efficacia dei suoi provvedimenti: questo ha indubbiamente implicato per tali provvedimenti procedure purtroppo non celeri - con ripetuti rilievi e repliche - che hanno causato inevitabilmente l'accrescersi degli interessi per ritardato pagamento in caso di contenziosi. Dopo l'approvazione del citato decreto del Presidente della Repubblica e la soppressione del «visto», quale, condizione sospensiva dell'efficacia del provvedimento, la situazione è nettamente migliorata, almeno sotto questo profilo, consentendo una maggiore speditezza dei controlli.
Il superamento di una difficile situazione pregressa è stato in questi ultimi anni un obiettivo prioritario per il ministero degli esteri: la valutazione complessiva di questi ed altri analoghi casi - senza voler escludere specifiche manchevolezze o carenze - deve tuttavia considerare le innegabili difficoltà e vischiosità che in questo settore sono state riscontrate anche nell'esperienza - sovente ben più collaudata della nostra - di organismi multilaterali o di altri donatori internazionali.
Al fine di meglio contestualizzare le problematiche affrontate dall'interrogante, sembra tuttavia utile inquadrarle e valutarle da un punto di vista storico-giuridico, mettendo in luce i molteplici fattori e circostanze che ne hanno caratterizzato le vicende. Il caso in questione si colloca nei più importanti tra i 657 «repertoriati»
A questo riguardo va anzitutto sottolineato che la soccombenza del ministero degli esteri per un ammontare complessivo di circa trecento miliardi di lire - se considerata nel quadro delle attività globali della Cooperazione allo sviluppo svolte in questi ultimi quindici anni - si riduce ad una misura largamente inferiore al due per cento di tutti gli investimenti effettuati per la realizzazione di programmi o progetti. Questo ammontare appare quindi nettamente inferiore alla «soglia di contenzioso fisiologico» del 10 per cento, prevista dal legislatore per un appalto di lavori (si veda la legge-quadro in materia di lavori pubblici: legge n. 109/94, articolo 31-bis estesa per «analogia iuris» alla generalità degli appalti).
Va inoltre rimarcato che ogni caso è meglio inquadrabile con una trattazione completa, anche sotto il profilo della valutazione tecnica, amministrativa e contabile, effettuata a tutti i competenti livelli. I dati citati nell'atto in esame si riferiscono infatti quasi esclusivamente alla fase del controllo contabile e di conformità alla legge di ciascuna iniziativa, mancando tutte le valutazioni tecniche e gestionali effettuate da altri Organi dello Stato quali l'Avvocatura generale o la Corte dei conti; né si tiene conto dei risultati dell'eventuale esame giurisdizionale effettuato da parte della Procura regionale competente della Corte dei conti.
La corretta applicazione delle procedure concorsuali, la semplificazione delle procedure amministrative, la netta preferenza per l'accordo transattivo (rispetto ai lodi arbitrali o alle sentenze del tribunale) hanno già reso l'azione italiana in questo campo più sollecita ed efficace, senza peraltro impedire che ulteriori provvedimenti amministrativi o gestionali possano ancora migliorare la nostra azione. È a tal fine, infatti, che tende un complesso e articolato processo di revisione delle procedure amministrative seguite dalla direzione generale per la Cooperazione allo sviluppo e dalle nostre ambasciate nel realizzare i progetti o i programmi previsti: questo obiettivo viene perseguito attraverso una drastica semplificazione di tutte le procedure e la verifica della loro completa conformità alla normativa vigente (in continua evoluzione) che favoriscano una gestione moderna ed efficace delle iniziative di cooperazione intraprese dall'Italia.
Parallelamente alla revisione delle procedure, è in corso, in attuazione della delega legislativa conferita con l'articolo 3, comma 43 della legge finanziaria per il 2003, la predisposizione di provvedimenti che correggano le inadeguatezze normative che hanno causato quelle disfunzioni in passato più volte riscontrate.
Più specificatamente, si forniscono di seguito gli elementi di risposta relativi al caso a cui si fa riferimento nell'interrogazione in esame.
a) Pozzi produttivi realizzati ex novo: n. 23; b) Sorgenti attrezzate: n. 5; c) Pozzi
La Commissione di collaudo ha effettuato due visite di collaudo parziale in corso d'opera: la prima nell'aprile 1988 e la seconda nel maggio 1989, verificando la corretta esecuzione di n. 30 punti di approvvigionamento sui 43 realizzati. La visita di collaudo finale, che avrebbe dovuto accertare la corretta esecuzione anche delle altre opere realizzate, non ha potuto avere luogo a causa del peggiorare delle condizioni di sicurezza in Somalia, determinatesi, soprattutto a partire dall'autunno dei 1990. Per tali residue opere, quindi, è stato possibile acquisire la sola documentazione predisposta dalla direzione dei lavori, quale attestazione di quanto realizzato.
Nonostante, come sopra accennato, i lavori e le prestazioni di contratto, fossero terminate fin dal 28 febbraio 1990, il pagamento della rata di saldo (per circa 2.0 miliardi) è rimasto sospeso fin all'anno 1998, a causa di rilievi sia della Corte dei conti, per quanto riguarda la registrazione del decreto approvativo dello stanziamento suppletivo, sia della ragioneria, che asseriva che la visita finale di collaudo, per disposizione della DGCS, fu emesso in data 23 dicembre 1994 pur in assenza della visita finale di collaudo, ed è stato firmato senza alcuna riserva dall'appaltatore. Infatti, originariamente, l'unica richiesta dell'appaltatore era quella del riconoscimento degli interessi di ritardato pagamento (per i quali non occorre apporre riserva ai documenti contabili) generati, quasi integralmente, dai ritardi sopra accennati per il pagamento della rata di saldo invece, l'impresa, evidentemente insoddisfatta dei suddetti riconoscimenti propose domanda di arbitrato, datata 27 luglio 2000, rivendicando le seguenti somme aggiuntive: compenso per attività di guardianìa delle opere realizzate, dalla data di ultimazione dei lavori (28 febbraio 1990) a quella di sottoscrizione dell'atto di collaudo (23 dicembre 1994); compenso revisionale; onere sostenuto per lo stravolgimento del contratto in conseguenza dell'approvazione della perizia suppletiva. Il lodo arbitrale, emesso in data 13 dicembre 2001, ha condannato il MAE al pagamento delle seguenti somme: lit. 932.005.538 per interessi di ritardato pagamento; lit. 150.000.000, comprensive d'interessi, per lo stravolgimento dell'oggetto del contratto conseguente all'approvazione della perizia, pur liberamente sottoscritta, senza alcuna osservazione dall'appaltatore; lit. 1.099.523.288, comprensive d'interessi, per oneri di guardianìa, mai dimostrati e comunque non richiesti dalla committente, effettuata dall'appaltatore pur nell'infuriare della guerriglia che aveva impedito l'effettuazione della visita finale di collaudo; lit. 1.635.607.329, comprensiva d'interessi, per oneri revisionali non rivendicati né sullo stato finale né sull'atto di collaudo. Come si può rilevare, il lodo arbitrale ha accordato all'impresa delle voci di dubbia debenza, se non altro, per non essere state richieste ritualmente (nella sede propria e a tempo debito). Anche per tali ragioni, l'Avvocatura generale dello Stato ha proposto appello avverso la decisione lodale, ricorso di cui si attende l'esito.
La Procura regionale della Corte dei conti ha indagato sul caso ed ha archiviato la pratica in data 13 novembre 2002, non ravvisando responsabilità perseguibili.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Alfredo Luigi Mantica.
la società Cotecno stipulò un contratto con la direzione generale per la cooperazione e lo sviluppo avente ad oggetto la «Preparazione, presso le istituzioni educative di livello superiore, di quadri tecnici esperti nella generazione, trasmissione e distribuzione dell'energia elettrica presso il Politecnico di Amman in Giordania». A seguito di controversie insorte in merito a tale contratto, fu emesso lodo arbitrale. L'amministrazione dovette versare la somma di lire 1.287.448.000 (di cui lire 502.289.830 per capitale e 790.007.390 per interessi, diritti, tasse e spese legali) a favore della Cotecno -:
se intenda accertare quali siano stati i motivi scatenanti la controversia che hanno causato il pagamento di una così ingente somma di denaro;
se intenda verificare chi siano i responsabili del fallimento di tale operazione ed, eventualmente, prendere i provvedimenti necessari nei confronti degli stessi.
(4-08244)
Sulle cause che hanno ingenerato molte delle controversie sopracitate dovrebbero essere tenuti nella debita considerazione alcuni fattori di oggettiva difficoltà: anzitutto la non facile scelta dei contraenti, avvenuta all'epoca in mancanza di procedure concorsuali certe e trasparenti; la non agevole definizione poi dei primi impegni contrattuali, che conseguentemente non ha previsto tutte le possibili ipotesi in seguito verificatesi; l'impostazione sperimentale dei progetti in una fase iniziale e nuova della nostra cooperazione allo sviluppo; il verificarsi in loco di fattori non previsti (calamità naturali, crisi militari o politiche, instabilità giuridica ed amministrativa, incapacità gestionale dei beneficiari) che hanno ritardato o reso irrealizzabili varie iniziative intraprese. Va infatti evidenziato che svariati casi citati si riferiscono al periodo in cui iniziative di cooperazione vennero avviate nell'ambito del Fondo Aiuti Italiani (FAI), con un approccio poi profondamente ripensato sia in termini di finalità che di procedure operative e di controllo.
In linea generale va poi ricordata l'esigenza di avere un riscontro operativo da parte di altri Organi dello Stato coinvolti nella trattazione del contenzioso o nell'esercizio del controllo contabile e nell'esame di conformità alla legge. Prima dell'approvazione del decreto del Presidente della Repubblica 20 febbraio 1998, la direzione generale per la Cooperazione allo sviluppo del MAE era infatti strettamente vincolata al visto di ragioneria quale necessaria condizione di efficacia dei suoi provvedimenti: questo ha indubbiamente implicato per tali provvedimenti procedure purtroppo non celeri - con ripetuti rilievi e repliche - che hanno causato inevitabilmente l'accrescersi degli interessi per ritardato pagamento in caso di contenziosi. Dopo l'approvazione del citato decreto del Presidente della Repubblica e la soppressione del «visto», quale, condizione sospensiva dell'efficacia del provvedimento, la situazione è nettamente migliorata, almeno sotto questo profilo, consentendo una maggiore speditezza dei controlli.
Il superamento di una difficile situazione pregressa è stato in questi ultimi anni un obiettivo prioritario per il ministero degli esteri: la valutazione complessiva di questi ed altri analoghi casi - senza voler escludere specifiche manchevolezze o carenze - deve tuttavia considerare le innegabili difficoltà e vischiosità che in questo settore sono state riscontrate anche nell'esperienza - sovente ben più collaudata della nostra - di organismi multilaterali o di altri donatori internazionali.
Al fine di meglio contestualizzare le problematiche affrontate dall'interrogante, sembra tuttavia utile inquadrarle e valutarle da un punto di vista storico-giuridico,
A questo riguardo va anzitutto sottolineato che la soccombenza del ministero degli esteri per un ammontare complessivo di circa trecento miliardi di lire - se considerata nel quadro delle attività globali della Cooperazione allo sviluppo svolte in questi ultimi quindici anni - si riduce ad una misura largamente inferiore al due per cento di tutti gli investimenti effettuati per la realizzazione di programmi o progetti. Questo ammontare appare quindi nettamente inferiore alla «soglia di contenzioso fisiologico» del 10 per cento, prevista dal legislatore per un appalto di lavori (si veda la legge-quadro in materia di lavori pubblici: legge n. 109/94, articolo 31-bis estesa per «analogia iuris» alla generalità degli appalti).
Va inoltre rimarcato che ogni caso è meglio inquadrabile con una trattazione completa, anche sotto il profilo della valutazione tecnica, amministrativa e contabile, effettuata a tutti i competenti livelli. I dati citati nell'atto in esame si riferiscono infatti quasi esclusivamente alla fase del controllo contabile e di conformità alla legge di ciascuna iniziativa, mancando tutte le valutazioni tecniche e gestionali effettuate da altri Organi dello Stato quali l'Avvocatura generale o la Corte dei conti; né si tiene conto dei risultati dell'eventuale esame giurisdizionale effettuato da parte della Procura regionale competente della Corte dei conti.
La corretta applicazione delle procedure concorsuali, la semplificazione delle procedure amministrative, la netta preferenza per l'accordo transattivo (rispetto ai lodi arbitrali o alle sentenze del tribunale) hanno già reso l'azione italiana in questo campo più sollecita ed efficace, senza peraltro impedire che ulteriori provvedimenti amministrativi o gestionali possano ancora migliorare la nostra azione. È a tal fine, infatti, che tende un complesso e articolato processo di revisione delle procedure amministrative seguite dalla direzione generale per la Cooperazione allo sviluppo e dalle nostre ambasciate nel realizzare i progetti o i programmi previsti: questo obiettivo viene perseguito attraverso una drastica semplificazione di tutte le procedure e la verifica della loro completa conformità alla normativa vigente (in continua evoluzione) che favoriscano una gestione moderna ed efficace delle iniziative di cooperazione intraprese dall'Italia.
Parallelamente alla revisione delle procedure, è in corso, in attuazione della delega legislativa conferita con l'articolo 3, comma 43 della legge finanziaria per il 2003, la predisposizione di provvedimenti che correggano le inadeguatezze normative che hanno causato quelle disfunzioni in passato più volte riscontrate.
Più specificatamente, si forniscono di seguito gli elementi di risposta relativi al caso a cui si fa riferimento nell'interrogazione in esame.
a) la fornitura c.i.f. Amman di attrezzature didattiche;
b) prestazioni in loco suddivise in missioni brevi ed in missioni lunghe di esperti;
c) elaborazione di programmi di informazione per attività didattiche in loco;
d) elaborazione di sussidi didattici per la formazione in loco;
e) formazione in Italia di esperti giordani;
f) spese di gestione in loco per le quali la Cotecno era delegata all'impiego di una somma per contribuire alla gestione del programma in Giordania.
La variante veniva predisposta ed inviata alla D.G.C.S. il 15 novembre 1993 ed il 24 novembre successivo la società sottoscriveva il relativo atto di sottomissione. Il 13 aprile 1994 la Cotecno sottoscriveva il relativo Atto aggiuntivo al contratto, (denominato atto di sottomissione), che disponeva l'aumento delle forniture di attrezzature integrative di completamento, la conseguente riduzione dei corsi di formazione da realizzare in Italia per esperti giordani e degli impegni in termini di invio del personale in Giordania, nonché l'aumento dei fondi di gestione in loco, in considerazione della maggiore durata del contratto, e lo spostamento del termine di scadenza contrattuale al 20 novembre 1995. Tale atto di sottomissione veniva approvato dalla D.G.C.S. - in data 7 novembre 1994, con decorrenza dal 15 dicembre 1994. La situazione in Giordania, conduceva a posticipare le missioni preliminari di circa quattro mesi, a causa della situazione bellica e postbellica determinatasi nell'area in occasione della crisi del Golfo, nonché del protrarsi dei tempi tecnici di approvazione della variante. Con nota del 3 ottobre 1991, la Cotecno comunicava al ministero di aver sospeso le attività nel periodo compreso tra il 15 gennaio 1991 ed il 31 maggio 1991, chiedendo, contemporaneamente, un congruo slittamento della data conclusiva delle attività in programma. Con successiva comunicazione del 21 marzo 1994, la Cotecno chiedeva al M.A.E. una proroga della durata del contratto per far fronte alla sospensione di quattro mesi e mezzo ed al ritardo con cui la stessa amministrazione aveva provveduto ad approvare la perizia di variante non onerosa. L'intervenuta approvazione della proroga del termine di conclusione delle attività, alla data del 20 novembre 1995, veniva comunicata alla Società con nota del 7 dicembre 1994. Al termine di tutte le attività, la società Cotecno, sosteneva di aver ricevuto pagamenti tardivi da parte della D.G.C.S., di aver sopportato oneri e costi aggiuntivi quali l'impiego di una maggiore quantità di mesi-uomo ed ulteriori spese per mantenere la sede del programma in Italia. Inoltre riteneva, a causa del ritardo della D.G.C.S. nell'approvazione della variante non onerosa, applicabile la revisione dei prezzi prevista dall'articolo 10 del contratto, le cui variazioni avevano stravolto l'originaria impostazione del programma. La D.G.C.S. esperiva invano tentativi di composizione bonaria della vertenza. Per tutta risposta, con domanda di arbitrato e contestuale nomina di arbitro, (notificata al ministero in data 21 maggio 1999) la società chiedeva che le venissero riconosciuti: a) gli interessi maturati a causa del ritardo con il quale il ministero aveva effettuato i pagamenti dovuti; b) il corrispettivo dei mesi-uomo spesi in eccedenza ed in modo difforme da quanto contrattualmente stabilito, nonché il rimborso degli oneri aggiuntivi sostenuti a causa della maggiore durata del contratto; c) il pagamento del periodo di ferie dovuto e non corrisposto per il personale espatriato in Giordania; d) la revisione dei prezzi sui corrispettivi dovuti dal ministero a fronte delle prestazioni eseguite; e) l'equo compenso per le modifiche apportate nel corso dell'esecuzione del contratto per la diversa allocazione delle risorse disponibili; f) i maggiori oneri sostenuti a causa del ritardo con cui la D.G.C.S. aveva provveduto a sbloccare le fideiussioni prestate a garanzia della somma riscossa a titolo di anticipazione; g) i maggiori oneri progettuali ed i costi aggiuntivi sostenuti a causa della modifica unilaterale da parte del ministero degli importi da corrispondere come anticipazione e per ogni anno di attività.
Il Collegio arbitrale si costituiva il 15 settembre 1999 nella sede prescelta presso il M.A.E. in Roma. Nella fase conclusionale la Cotecno chiedeva l'accoglimento delle domande formulate con l'atto introduttivo e precisate nella memoria depositata in sede di giudizio, nonché in particolare che «dichiarato il contratto adempiuto correttamente dalla Cotecno, venisse accertato l'inadempimento del ministero alle proprie obbligazioni e la conseguente condanna al pagamento delle seguenti somme: in relazione al primo punto: Lire 230.804.308, somma comprensiva di interessi moratori e di interessi prodotti dal capitale residuo; in relazione al secondo punto: Lire 1.023.040.291, somma comprensiva di rivalutazione
L'Avvocatura dello Stato, costituitasi in giudizio per l'amministrazione, dopo aver convenuto circa l'entrata in vigore del contratto in data 21 novembre 1990, precisava, peraltro, che il 20 luglio 1991 le Autorità giordane avevano richiesto una modifica delle prestazioni commissionate, in ragione della ristrutturazione del loro sistema d'istruzione superiore, che comportava un innalzamento della formazione a livello universitario. In relazione a ciò, proseguiva l'Avvocatura dello Stato, la Cotecno aveva proposto, il 16 marzo 1992, alla D.G.C.S. una variante onerosa per soddisfare tali mutate esigenze. In osservanza del nuovo quadro normativo sui contratti di cooperazione, introdotto dai decreti-legge del 1o settembre 1993 e del 29 ottobre 1993 (che avevano vietato le varianti onerose) il 15 novembre 1993 la Cotecno presentava una proposta di variante non onerosa, che pur modificando alcune voci contrattuali, lasciava inalterato l'importo originario del contratto. La proposta veniva approvata dai competenti organi della direzione il 10 gennaio 1994 ed in tale sede venivano ridefiniti i prezzi delle attrezzature da fornire. Essendo quindi prossima la scadenza del contratto (20 maggio 1994) senza che fosse stato concluso l'iter di approvazione della variante, la Cotecno chiedeva una proroga del contratto principale fino al 20 novembre 1995, alla quale aderiva l'amministrazione il 10 giugno 1994, con atto formalizzato il sette dicembre successivo. L'atto di sottomissione, relativo alla suddetta variante non onerosa, veniva sottoscritto il 13 aprile 1994 ed il decreto di approvazione della variante stessa diveniva efficace ed esecutivo, al completamento dell'iter procedimentale, il 15 dicembre 1994, giorno pertanto nel quale la variante entrava in vigore. Le attività contrattuali si concludevano nel febbraio 1996 con la presentazione da parte della Cotecno del rapporto di fine attività e senza che in fase di esecuzione fosse stata evidenziata alcuna anomalia nello svolgimento del rapporto.
L'Avvocatura dello Stato, dopo aver ciò premesso, precisava le seguenti eccezioni in diritto circa i singoli quesiti proposti: circa il primo quesito riteneva del tutto destituita di fondamento la richiesta di ottenere gli interessi sin dalla data di compilazione delle fatture, atteso che l'articolo 8 del contratto faceva dipendere l'esigibilità dei crediti pecuniari dalla previa presentazione della relativa fattura, con ciò significando dalla ricezione delle fatture da parte del committente all'indirizzo indicato, unitamente alla documentazione di volta in volta occorrente. Riteneva la difesa erariale del pari destituita di fondamento e contraria al canone della buona fede in assenza di un termine iniziale per il computo degli interessi, la pretesa della Cotecno di applicare il criterio del «quod sine die debetur statim debetur». Infatti la disciplina di contabilità pubblica, richiamata dall'articolo 19 del contratto, implicava che gli interessi non potevano iniziare a decorrere prima dell'emissione dei relativi singoli titoli di pagamento. In subordine, l'Avvocatura sosteneva che la decorrenza andava regolata con la franchigia di cui al decreto ministeriale del 3 marzo 1995 n. 171 (60 giorni), tacitamente recepita dalle parti, perché veniva utilizzata in tutti i contratti inerenti la Cooperazione allo sviluppo. In tal senso peraltro portava a concludere la richiesta alla D.G.C.S. in data 20-5-96 n. 31512 da parte della Cotecno della somma di Lire 34.222.790, a titolo di ritardato pagamento dei corrispettivi contrattuali, ove si utilizzava la franchigia di giorni sessanta. Sul punto, la A.G.S. concludeva sostenendo che in ogni caso gli interessi non erano cumulabili con la rivalutazione monetaria, a meno che non si fosse voluta concretizzare una inammissibile duplicazione della copertura risarcitoria.
Definitivamente pronunziandosi sulle domande, respingeva, a maggioranza, il secondo quesito ed all'unanimità il terzo. Accoglieva a maggioranza e per quanto di ragione i quesiti primo, quarto e settimo ed all'unanimità il quinto ed il sesto, e per l'effetto condannava il M.A.E. al pagamento in favore della Cotecno delle somme in seguito indicate e precisamente per il primo quesito: lire 172.521.043; per il quarto quesito: lire 604.616.520; per il quinto quesito: lire 60.000.000; per il sesto quesito: lire 12.372.397; per il settimo quesito: lire 60.000.000. Su tutte le predette somme, inferiori alle pretese di controparte, dovevano essere corrisposti gli interessi legali dalla data 7 aprile 2000 fino al soddisfo. In conseguenza in esecuzione del lodo, munito di formula esecutiva dal tribunale di Roma in data 4 maggio 2000 e registrato in Roma
Da quanto innanzi esposto, il prolungamento del contratto non poteva essere ascritto a condotta colposa dell'amministrazione, ma al verificarsi di fattori oggettivi esterni al sinallagma negoziale, sia a causa della guerra del Golfo sia per la richiesta inoltrata dall'University College della Giordania di una riarticolazione del programma.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Alfredo Luigi Mantica.
il ministero degli affari esteri stipulò un contratto con la società Impregilo Spa per una iniziativa di cooperazione in Camerun. A seguito di lodo arbitrale concernente questioni controverse inerenti al precedente contratto stipulato, il ministero è stato condannato a pagare la somma di lire 5.678.793.380, di cui lire 2.903.076.380 per interessi, spese legali e altri oneri -:
se intenda accertare le cause scatenanti la controversia che hanno avuto come conseguenza il pagamento di una così ingente somma di denaro;
se intenda verificare chi siano i responsabili del fallimento di tale operazione ed, eventualmente, prendere i provvedimenti necessari nei confronti degli stessi.
(4-08245)
Sulle cause che hanno ingenerato molte delle controversie sopracitate dovrebbero essere tenuti nella debita considerazione alcuni fattori di oggettiva difficoltà: anzitutto la non facile scelta dei contraenti, avvenuta all'epoca in mancanza di procedure concorsuali certe e trasparenti; la non agevole definizione poi dei primi impegni contrattuali, che conseguentemente non ha previsto tutte le possibili ipotesi in seguito verificatesi; l'impostazione sperimentale dei progetti in una fase iniziale e nuova della nostra cooperazione allo sviluppo; il verificarsi in loco di fattori non previsti (calamità naturali, crisi militari o politiche, instabilità giuridica ed amministrativa, incapacità gestionale dei beneficiari) che hanno ritardato o reso irrealizzabili varie iniziative intraprese. Va infatti evidenziato che svariati casi citati si riferiscono al periodo in cui iniziative di cooperazione vennero avviate nell'ambito del Fondo Aiuti Italiani (FAI), con un approccio poi profondamente ripensato sia in termini di finalità che di procedure operative e di controllo.
In linea generale va poi ricordata l'esigenza di avere un riscontro operativo da parte di altri Organi dello Stato coinvolti nella trattazione del contenzioso o nell'esercizio del controllo contabile e nell'esame di conformità alla legge. Prima dell'approvazione del decreto del Presidente della Repubblica 20 febbraio 1998, la direzione generale per la Cooperazione allo sviluppo del MAE era infatti strettamente vincolata al visto di ragioneria quale necessaria condizione di efficacia dei suoi provvedimenti:
Il superamento di una difficile situazione pregressa è stato in questi ultimi anni un obiettivo prioritario per il ministero degli esteri: la valutazione complessiva di questi ed altri analoghi casi - senza voler escludere specifiche manchevolezze o carenze - deve tuttavia considerare le innegabili difficoltà e vischiosità che in questo settore sono state riscontrate anche nell'esperienza - sovente ben più collaudata della nostra - di organismi multilaterali o di altri donatori internazionali.
Al fine di meglio contestualizzare le problematiche affrontate dall'interrogante, sembra tuttavia utile inquadrarle e valutarle da un punto di vista storico-giuridico, mettendo in luce i molteplici fattori e circostanze che ne hanno caratterizzato le vicende. Il caso in questione si colloca nei più importanti tra i 657 «repertoriati» dall'inizio dell'attività della Cooperazione allo sviluppo in Italia. La maggior parte di questi 657 casi di contenzioso è stata chiusa (435 al 31 marzo 2003) ed ulteriori casi vengono risolti ogni mese mediante il ricorso a pratiche transattive che - qualora si giudichino oggettivamente fondate le ragioni della parte avversa - sono un mezzo di composizione delle controversie certamente molto meno oneroso per l'erario del pagamento, dopo svariati anni, di quanto stabilito da lodi arbitrati o sentenze sfavorevoli.
A questo riguardo va anzitutto sottolineato che la soccombenza del ministero degli esteri per un ammontare complessivo di circa trecento miliardi di lire - se considerata nel quadro delle attività globali della Cooperazione allo sviluppo svolte in questi ultimi quindici anni - si riduce ad una misura largamente inferiore al due per cento di tutti gli investimenti effettuati per la realizzazione di programmi o progetti. Questo ammontare appare quindi nettamente inferiore alla «soglia di contenzioso fisiologico» del 10 per cento, prevista dal legislatore per un appalto di lavori (si veda la legge-quadro in materia di lavori pubblici: legge n. 109/94, articolo 31-bis estesa per «analogia iuris» alla generalità degli appalti).
Va inoltre rimarcato che ogni caso è meglio inquadrabile con una trattazione completa, anche sotto il profilo della valutazione tecnica, amministrativa e contabile, effettuata a tutti i competenti livelli. I dati citati nell'atto in esame si riferiscono infatti quasi esclusivamente alla fase del controllo contabile e di conformità alla legge di ciascuna iniziativa, mancando tutte le valutazioni tecniche e gestionali effettuate da altri Organi dello Stato quali l'Avvocatura generale o la Corte dei conti; né si tiene conto dei risultati dell'eventuale esame giurisdizionale effettuato da parte della Procura regionale competente della Corte dei conti.
La corretta applicazione delle procedure concorsuali, la semplificazione delle procedure amministrative, la netta preferenza per l'accordo transattivo (rispetto ai lodi arbitrali o alle sentenze del tribunale) hanno già reso l'azione italiana in questo campo più sollecita ed efficace, senza peraltro impedire che ulteriori provvedimenti amministrativi o gestionali possano ancora migliorare la nostra azione. È a tal fine, infatti, che tende un complesso e articolato processo di revisione delle procedure amministrative seguite dalla direzione generale per la Cooperazione allo sviluppo e dalle nostre ambasciate nel realizzare i progetti o i programmi previsti: questo obiettivo viene perseguito attraverso una drastica semplificazione di tutte le procedure e la verifica della loro completa conformità alla normativa vigente (in continua evoluzione) che favoriscano una gestione moderna ed efficace delle iniziative di cooperazione intraprese dall'Italia.
Parallelamente alla revisione delle procedure, è in corso, in attuazione della delega legislativa conferita con l'articolo 3, comma 43 della legge finanziaria per il 2003, la predisposizione di provvedimenti che correggano le inadeguatezze normative che hanno causato quelle disfunzioni in passato più volte riscontrate.
Più specificatamente, si forniscono di seguito gli elementi di risposta relativi al caso a cui si fa riferimento nell'interrogazione in esame.
In seguito alla necessità di rispettare gli accordi OCSE intervenuti nel frattempo (non, quindi, per unilaterale ed immotivata decisione del ministero), si dovettero modificare alcune condizioni contrattuali ed in particolare la composizione del finanziamento riducendo la parte a «credito» d'aiuto e procedendo, al fine di integrare l'intervento, all'attribuzione di un elemento «a dono» a valere sul Fondo della cooperazione allo sviluppo.
Il dono veniva proposto nella forma di prestazioni di progettazione e ritenuto congruo dalla Unità tecnica centrale della direzione generale della Cooperazione allo sviluppo. L'iniziativa veniva approvata con delibera del Comitato direzionale in data 26 giugno 1990 che autorizzava la trattativa diretta con la S.p.a. Imprestirling (cui subentrò successivamente la Impregilo), Società che le autorità camerunensi avevano già individuato per la realizzazione del progetto. A novazione dell'originario contratto di appalto (in seguito agli intervenuti mutamenti finanziari), si procedette alla stipula dell'atto contrattuale «in funzione ausiliaria e subalterna al contratto principale», entro un massimale di lit. 2.775.717.000.
Dunque, nel luglio del 1991 le parti stipularono il nuovo contratto a trattativa privata, con il quale il ministero si assumeva l'obbligazione di pagare il detto importo come corrispettivo per l'attività di progettazione e manutenzione della strada, che al momento della stipula era in corso di realizzazione, affidandone l'incarico alla stessa S.p.a. Imprestirling sotto la supervisione del Governo del Camerun. Il contratto veniva approvato dal ministero con decreto ministeriale n. 128 del 06.08.1991, sicché la parte privata contraente prestava, a fronte della regolare esecuzione, fideiussione bancaria a titolo di cauzione per la somma di lit. 138.785.850.
Progettazione e lavori venivano eseguiti e consegnati in data 31.01.1992 al competente ministero dello Stato africano, e collaudati; seguiva un periodo di un anno (sino al 31.01.1993) di attività di manutenzione contrattualmente prevista. Una volta terminata l'esecuzione delle obbligazioni assunte con la stipula del contratto del 1o luglio 1991, ed anche dopo la notificazione di apposito atto di diffida, avvenuta in data 24 marzo 1994, la Imprestirling S.p.a. non otteneva il pagamento dell'intero importo del contratto (2.775.717.000), né il ministero provvedeva a svincolare la fideiussione prestata a garanzia dell'esecuzione dei lavori contrattuali, perché il Decreto che disponeva la liquidazione venne fatto oggetto di rilievo dalla Ragioneria.
È pero importante rilevare che la direzione generale, a seguito della diffida ad adempiere notificata dall'Impregilo, avviò la procedura prevista per il riconoscimento
Successivamente la Impregilo S.p.a., nelle more succeduta quale cessionaria del credito ad Imprestirling S.p.a., aveva anch'essa partecipato ai procedimento relativo al riconoscimento del debito, dichiarandosi attuale titolare del correlativo credito. L'attrice rappresentò di avere proposto domanda di arbitrato con dichiarazione di nomina di arbitro, volta ad ottenere la condanna del ministero al pagamento dell'importo contrattuale, oltre agli accessori maturatisi in ragione del ritardo verificatosi, ai sensi dell'articolo 10 del contratto. Infatti la ragioneria non approvò il pagamento del corrispettivo contrattuale disposto dal MAE, in quanto non riconobbe come legittimo creditore la società cessionaria (Impregilo), poiché - a giudizio dell'organo di controllo - l'intervenuta cessione del credito non importava la cessione dell'intero contratto cui il credito stesso ineriva, sicchè il legittimo ed unico creditore sarebbe dovuto rimanere l'originaria società contraente, ovverosia la Imprestirling.
Si fa presente che, in quel periodo, i decreti dell'amministrazione, sottostavano all'apposizione del visto di ragioneria, quale condizione di efficacia. Ragione per cui, il permanere della contrarietà dell'organo di controllo alle motivazioni addotte dalla IDGCS a fondamento dei provvedimenti, impediva che gli stessi divenissero efficaci. L'impresa passò dunque alla fase contenziosa.
Dopo la costituzione del contraddittorio e del Collegio arbitrale, veniva emesso in data 30.04.1888 il lodo, con il quale si dichiarava la competenza degli arbitri, ed inoltre si dava atto che le parti avevano stipulato un contratto a trattativa privata valido ed efficace, e che Impregilo era creditrice del ministero degli affari esteri della somma di Lit. 2.775.717.000 e si condannava il ministero al pagamento della somma e degli interessi maturati e maturandi.
A seguito di precetto della società, l'amministrazione eseguiva il lodo corrispondendo le relative somme per capitale ed interessi a seguito di presentazione di fideiussione bancaria, che ne garantiva la restituzione in caso di accoglimento dell'impugnazione del lodo, che il ministero in seguito proponeva con atto notificato in data 3 giugno 1999, all'uopo convenendo Impregilo S.p.a. dinanzi alla Corte di appello di Roma.
Con sentenza n. 1876/2001, la Corte di appello adita dichiarava la nullità del lodo in sede rescindente ai sensi dell'articolo 829, comma 1 c.p.c., avendo ritenuto, che il Collegio arbitrale difettasse di qualsiasi potere giurisdizionale sulla controversia, dal momento che «la cessione del credito non avrebbe implicato la cessione del contratto cui il credito ineriva. Sicché Impregilo, rimasta estranea al contratto, non avrebbe potuto invocarne la «clausola compromissoria».
Peraltro secondo la Corte di appello, non risultava che l'amministrazione avesse mai espresso la volontà che il rapporto con Impregilo S.p.a fosse deciso dagli arbitri, rinvenendosi la clausola arbitrale nel contratto originario stipulato con Imprestirling.
La controparte, soccombente in secondo grado, si risolse ad adire la suprema Corte, ma la Cassazione, ha confermato con sentenza n. 13893/2003 la declaratoria di nullità già sancita, in sede di appello, del noto lodo arbitrale del 30.04.1998, favorevole alla ditta Impregilo S.p.a. per un totale di lit. 5.678.793.379 (sorte più interessi).
A considerazione, quindi di quanto su esposto e considerato, è del tutto evidente che l'amministrazione ha tenuto per il contenzioso de quo, un comportamento assolutamente corretto ed ineccepibile.
Ed infatti in prima battuta è stata di fatto costretta, l'amministrazione dato il precetto notificatogli da Impregilo, a pagare a quest'ultima le somme liquidate nel lodo, e ciò, evidentemente, per evitare, in caso di inottemperanza, di pagare maggiori somme
Con nota 340/X/38985 del 27.11.2003 l'amministrazione metteva formalmente in mora la «Zurich International Italia S.p.a." presso la quale compagnia assicurativa, la Impregilo aveva acceso, a suo tempo, la relativa polizza fideiussoria proprio a garanzia delle somme pagate dal MAE (alla Impregilo S.p.a.) per l'importo di lit. 5.678.793.379.
Il MAE rimane in attesa dunque di ricevere la somma summenzionata, rivalutata degli interessi di legge. La procura regionale della Corte dei conti, svolte indagini sul caso, ha archiviato la pratica in data 13 novembre 2002, non ravvisandovi responsabilità perseguibili.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Alfredo Luigi Mantica.
la società Cmt, nel 1991, si aggiudicò l'appalto dell'iniziativa di cooperazione «Potenziamento del Medical Research Institute dell'università di Alessandria d'Egitto». A causa del ritardato pagamento del corrispettivo, l'amministrazione si vide costretta, a norma dell'ultimo comma della legge 741 del 10 dicembre 1981, a corrispondere per interessi a Cmt la somma di lire 474.121.240 -:
se intenda accertare le cause del ritardato pagamento che hanno avuto come conseguenza il versamento di una così ingente somma di denaro;
se intenda verificare chi siano i responsabili del fallimento di tale operazione ed, eventualmente, prendere i provvedimenti necessari nei confronti degli stessi.
(4-08246)
Sulle cause che hanno ingenerato molte delle controversie sopracitate dovrebbero essere tenuti nella debita considerazione alcuni fattori di oggettiva difficoltà: anzitutto la non facile scelta dei contraenti, avvenuta all'epoca in mancanza di procedure concorsuali certe e trasparenti; la non agevole definizione poi dei primi impegni contrattuali, che conseguentemente non ha previsto tutte le possibili ipotesi in seguito verificatesi; l'impostazione sperimentale dei progetti in una fase iniziale e nuova della nostra cooperazione allo sviluppo; il verificarsi in loco di fattori non previsti (calamità naturali, crisi militari o politiche, instabilità giuridica ed amministrativa, incapacità gestionale dei beneficiari) che hanno ritardato o reso irrealizzabili varie iniziative intraprese. Va infatti evidenziato che svariati casi citati si riferiscono al periodo in cui iniziative di cooperazione vennero avviate nell'ambito del Fondo Aiuti Italiani (FAI), con un approccio poi profondamente ripensato sia in termini di finalità che di procedure operative e di controllo.
In linea generale va poi ricordata l'esigenza di avere un riscontro operativo da parte di altri Organi dello Stato coinvolti nella trattazione del contenzioso o nell'esercizio del controllo contabile e nell'esame di conformità alla legge. Prima dell'approvazione del decreto del Presidente della Repubblica 20 febbraio 1998, la direzione generale per la Cooperazione allo sviluppo del MAE era infatti strettamente vincolata al visto di ragioneria quale necessaria condizione di efficacia dei suoi provvedimenti: questo ha indubbiamente implicato per tali provvedimenti procedure purtroppo non celeri - con ripetuti rilievi e repliche - che hanno causato inevitabilmente l'accrescersi degli interessi per ritardato pagamento in caso di contenziosi. Dopo l'approvazione del
Il superamento di una difficile situazione pregressa è stato in questi ultimi anni un obiettivo prioritario per il ministero degli esteri: la valutazione complessiva di questi ed altri analoghi casi - senza voler escludere specifiche manchevolezze o carenze - deve tuttavia considerare le innegabili difficoltà e vischiosità che in questo settore sono state riscontrate anche nell'esperienza - sovente ben più collaudata della nostra - di organismi multilaterali o di altri donatori internazionali.
Al fine di meglio contestualizzare le problematiche affrontate dall'interrogante, sembra tuttavia utile inquadrarle e valutarle da un punto di vista storico-giuridico, mettendo in luce i molteplici fattori e circostanze che ne hanno caratterizzato le vicende. Il caso in questione si colloca nei più importanti tra i 657 «repertoriati» dall'inizio dell'attività della Cooperazione allo sviluppo in Italia. La maggior parte di questi 657 casi di contenzioso è stata chiusa (435 al 31 marzo 2003) ed ulteriori casi vengono risolti ogni mese mediante il ricorso a pratiche transattive che - qualora si giudichino oggettivamente fondate le ragioni della parte avversa - sono un mezzo di composizione delle controversie certamente molto meno oneroso per l'erario del pagamento, dopo svariati anni, di quanto stabilito da lodi arbitrati o sentenze sfavorevoli.
A questo riguardo va anzitutto sottolineato che la soccombenza del ministero degli esteri per un ammontare complessivo di circa trecento miliardi di lire - se considerata nel quadro delle attività globali della Cooperazione allo sviluppo svolte in questi ultimi quindici anni - si riduce ad una misura largamente inferiore al due per cento di tutti gli investimenti effettuati per la realizzazione di programmi o progetti. Questo ammontare appare quindi nettamente inferiore alla «soglia di contenzioso fisiologico» del 10 per cento, prevista dal legislatore per un appalto di lavori (si veda la legge-quadro in materia di lavori pubblici: legge n. 109/94, articolo 31-bis estesa per «analogia iuris» alla generalità degli appalti).
Va inoltre rimarcato che ogni caso è meglio inquadrabile con una trattazione completa, anche sotto il profilo della valutazione tecnica, amministrativa e contabile, effettuata a tutti i competenti livelli. I dati citati nell'atto in esame si riferiscono infatti quasi esclusivamente alla fase del controllo contabile e di conformità alla legge di ciascuna iniziativa, mancando tutte le valutazioni tecniche e gestionali effettuate da altri Organi dello Stato quali l'Avvocatura generale o la Corte dei conti; né si tiene conto dei risultati dell'eventuale esame giurisdizionale effettuato da parte della Procura regionale competente della Corte dei conti.
La corretta applicazione delle procedure concorsuali, la semplificazione delle procedure amministrative, la netta preferenza per l'accordo transattivo (rispetto ai lodi arbitrali o alle sentenze del tribunale) hanno già reso l'azione italiana in questo campo più sollecita ed efficace, senza peraltro impedire che ulteriori provvedimenti amministrativi o gestionali possano ancora migliorare la nostra azione. È a tal fine, infatti, che tende un complesso e articolato processo di revisione delle procedure amministrative seguite dalla direzione generale per la Cooperazione allo sviluppo e dalle nostre ambasciate nel realizzare i progetti o i programmi previsti: questo obiettivo viene perseguito attraverso una drastica semplificazione di tutte le procedure e la verifica della loro completa conformità alla normativa vigente (in continua evoluzione) che favoriscano una gestione moderna ed efficace delle iniziative di cooperazione intraprese dall'Italia.
Parallelamente alla revisione delle procedure, è in corso, in attuazione della delega legislativa conferita con l'articolo 3, comma 43 della legge finanziaria per il 2003, la predisposizione di provvedimenti che correggano le inadeguatezze normative che
Più specificatamente, si forniscono di seguito gli elementi di risposta relativi al caso a cui si fa riferimento nell'interrogazione in esame.
Per la realizzazione di tale iniziativa, la cui durata era stimata in anni sei, ed il cui costo finanziato era di lire 25.330.011.000 (IVA compresa) il consorzio era tenuto all'effettuazione delle seguenti operazioni:
progettazione e costruzione di un Centro di Ricerca ad Alessandria d'Egitto;
fornitura di attrezzature (elettromedicali, computers, tipografiche) per l'allestimento del Centro di ricerca;
fornitura di attrezzature scientifiche in Italia;
prestazioni di servizi vari;
Con nota del 19 agosto 1991, il succitato professionista ha accettato l'incarico in questione, assicurando la propri disponibilità immediata all'inizio delle attività; con la successiva nota del 23 novembre 1992 l'architetto Leoni ha preso atto del contenuto delle prestazioni oggetto dell'incarico, meglio specificato a seguito di riunioni presso l'Unità tecnica centrale della DGCS.
Successivamente al succitato scambio di note, non si è addivenuti, in tempi ordinari, alla stipula del previsto disciplinare, a causa di intervenuti disaccordi fra la DGCS ed il professionista, riguardo alcuni punti particolari dell'oggetto dell'incarico, oltreché delle modalità di svolgimento del medesimo e della stessa entità della parcella, pur avendo l'architetto Leoni provveduto a rendere determinate prestazioni iniziali inerenti il compito, su impulso della stessa DGCS, nelle more del perfezionamento dell'incarico.
A questo punto l'architetto Leoni, ritenendo non accettabili le modifiche apportate al programma in rapporto ai riflessi che - a suo convincimento - poteva subire l'incarico di direzione lavori, su cui tra l'altro permanevano i disaccordi citati con la DGCS, comunicò la propria decisione di rinunciare all'incarico medesimo, svolto parzialmente sino alla predetta data, senza che fosse stato conseguito il perfezionamento formale del relativo disciplinare.
Giunti a questo punto, la DGCS ritenne conveniente avocare alla competenza dei propri uffici tecnici la direzione lavori in argomento, cosa pienamente legittima, ma si rese necessario provvedere alla corresponsione a beneficio dell'architetto Leoni degli onorari spettantegli per le prestazioni rese in buona fede sulla base della sola lettera di conferimento.
Si ritenne poi che la via più idonea e corretta per la corresponsione dei suddetti onorari fosse quella della liquidazione in forma ordinaria di una parcella inerente a un incarico conferito ed accettato ufficialmente, seppur non perfezionato in tutte le necessarie fasi del relativo procedimento amministrativo, ed il cui inizio in via di fatto è pienamente giustificabile, dato l'impulso della DGCS e la correttezza e buona fede del professionista nel tentativo di mantenere il rispetto degli originari tempi contrattuali del programma.
Allo stato delle cose non era possibile sotto il profilo giuridico stipulare un formale contratto con riferimento alle prestazioni già rese, e, nel caso di specie, non si ravvisano gli elementi di fatto né i presupposti tipici dell'istituto giuridico del riconoscimento di debito, poiché sussiste un incarico della DGCS al professionista ed
Nel luglio del 1997 si provvide dunque a liquidare al succitato professionista la parcella per i lavori sino a quel momento da lui espletati, corrispondendogli la somma di Lit. 93.436.000, e contestualmente l'Architetto Leoni rilasciò nei confronti del MAE-DGCS quietanza liberatoria, dichiarando che non aveva più nulla a che pretendere nei confronti del MAE.
Nessun contenzioso vero e proprio dunque si è mai ingenerato tra il Leoni ed il MAE.
Per ciò che concerne invece l'oggetto dell'interrogazione parlamentare, ovverosia il pagamento a titolo di interessi (per ritardato pagamento) a CMT della somma di 474.121.240 delle vecchie Lire, si precisa che tra questa amministrazione e l'esecutrice del programma nessun contenzioso si è mai prodotto. Infatti il succitato pagamento, il cui importo esatto è stato tra l'altro di Lit. 468.757.529, corrisposto con mandato di pagamento del 17 giugno 1999 n. 1999/0000028/5, avvenne a seguito di riconoscimento da parte della DGCS, su istanza del consorzio, in via meramente amministrativa.
Il prodursi di tali interessi di ritardato pagamento, nell'ambito del contratto base con CMT, deriva naturalmente dalle descritte vicende relative alla direzione lavori, che ritardarono l'esecuzione dei lavori veri e propri.
La procura della Corte dei conti, svolte indagini sul caso, ha archiviato la pratica in data 13 novembre 2002 non ravvisando responsabilità perseguibili.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Alfredo Luigi Mantica.
nel 1986 le imprese Giza, Delma e l'Agricola d'Italia vennero incaricate dal ministero degli affari esteri per un programma da realizzarsi in Somalia. Il ministero non fece fronte ad una parte dell'impegno e venne citato. Il tribunale di Roma, 6 anni dopo, condannò il Mae a pagare 380 milioni per interessi di mancato pagamento della transazione -:
se intenda accertare i motivi del ritardato pagamento che hanno comportato il versamento di una così ingente somma di denaro;
se intenda verificare chi siano i responsabili del fallimento di tale operazione ed, eventualmente, prendere i provvedimenti necessari nei confronti degli stessi.
(4-08247)
Sulle cause che hanno ingenerato molte delle controversie sopracitate dovrebbero essere tenuti nella debita considerazione alcuni fattori di oggettiva difficoltà: anzitutto la non facile scelta dei contraenti, avvenuta all'epoca in mancanza di procedure concorsuali certe e trasparenti; la non agevole definizione poi dei primi impegni contrattuali, che conseguentemente non ha previsto tutte le possibili ipotesi in seguito verificatesi; l'impostazione sperimentale dei progetti in una fase iniziale e nuova della nostra cooperazione allo sviluppo; il verificarsi in loco di fattori non previsti (calamità naturali, crisi militari o politiche, instabilità giuridica ed amministrativa, incapacità gestionale dei beneficiari) che hanno ritardato o reso irrealizzabili varie iniziative intraprese. Va infatti evidenziato che svariati casi citati si riferiscono al periodo in cui iniziative di cooperazione vennero avviate nell'ambito del Fondo Aiuti Italiani (FAI), con un approccio poi profondamente ripensato sia in termini di finalità che di procedure operative e di controllo.
In linea generale va poi ricordata l'esigenza di avere un riscontro operativo da
Il superamento di una difficile situazione pregressa è stato in questi ultimi anni un obiettivo prioritario per il ministero degli esteri: la valutazione complessiva di questi ed altri analoghi casi - senza voler escludere specifiche manchevolezze o carenze - deve tuttavia considerare le innegabili difficoltà e vischiosità che in questo settore sono state riscontrate anche nell'esperienza - sovente ben più collaudata della nostra - di organismi multilaterali o di altri donatori internazionali.
Al fine di meglio contestualizzare le problematiche affrontate dall'interrogante, sembra tuttavia utile inquadrarle e valutarle da un punto di vista storico-giuridico, mettendo in luce i molteplici fattori e circostanze che ne hanno caratterizzato le vicende. Il caso in questione si colloca nei più importanti tra i 657 «repertoriati» dall'inizio dell'attività della Cooperazione allo sviluppo in Italia. La maggior parte di questi 657 casi di contenzioso è stata chiusa (435 al 31 marzo 2003) ed ulteriori casi vengono risolti ogni mese mediante il ricorso a pratiche transattive che - qualora si giudichino oggettivamente fondate le ragioni della parte avversa - sono un mezzo di composizione delle controversie certamente molto meno oneroso per l'erario del pagamento, dopo svariati anni, di quanto stabilito da lodi arbitrati o sentenze sfavorevoli.
A questo riguardo va anzitutto sottolineato che la soccombenza del ministero degli esteri per un ammontare complessivo di circa trecento miliardi di lire - se considerata nel quadro delle attività globali della Cooperazione allo sviluppo svolte in questi ultimi quindici anni - si riduce ad una misura largamente inferiore al due per cento di tutti gli investimenti effettuati per la realizzazione di programmi o progetti. Questo ammontare appare quindi nettamente inferiore alla «soglia di contenzioso fisiologico» del 10 per cento, prevista dal legislatore per un appalto di lavori (si veda la legge-quadro in materia di lavori pubblici: legge n. 109/94, articolo 31-bis estesa per «analogia iuris» alla generalità degli appalti).
Va inoltre rimarcato che ogni caso è meglio inquadrabile con una trattazione completa, anche sotto il profilo della valutazione tecnica, amministrativa e contabile, effettuata a tutti i competenti livelli. I dati citati nell'atto in esame si riferiscono infatti quasi esclusivamente alla fase del controllo contabile e di conformità alla legge di ciascuna iniziativa, mancando tutte le valutazioni tecniche e gestionali effettuate da altri Organi dello Stato quali l'Avvocatura generale o la Corte dei conti; né si tiene conto dei risultati dell'eventuale esame giurisdizionale effettuato da parte della Procura regionale competente della Corte dei conti.
La corretta applicazione delle procedure concorsuali, la semplificazione delle procedure amministrative, la netta preferenza per l'accordo transattivo (rispetto ai lodi arbitrali o alle sentenze del tribunale) hanno già reso l'azione italiana in questo campo più sollecita ed efficace, senza peraltro impedire che ulteriori provvedimenti amministrativi o gestionali possano ancora migliorare la nostra azione. È a tal fine, infatti, che tende un complesso e articolato processo di revisione delle procedure amministrative seguite dalla direzione generale per la Cooperazione allo sviluppo e dalle
Parallelamente alla revisione delle procedure, è in corso, in attuazione della delega legislativa conferita con l'articolo 3, comma 43 della legge finanziaria per il 2003, la predisposizione di provvedimenti che correggano le inadeguatezze normative che hanno causato quelle disfunzioni in passato più volte riscontrate.
Più specificatamente, si forniscono di seguito gli elementi di risposta relativi al caso a cui si fa riferimento nell'interrogazione in esame.
Il contenzioso, menzionato nell'interrogazione parlamentare, con l'ATI in oggetto è nato, sostanzialmente, dalle seguenti circostanze:
difficoltà dell'amministrazione nel riconoscere i lavori effettivamente realizzati dell'ATI ma con modalità diverse da quelle originariamente previste;
ritardato avvio dei lavori in attesa delle progettazioni esecutive, sospensione dei lavori per circa sette mesi, in attesa delle decisioni dell'amministrazione, dall'autunno dell'anno 1989 a giugno del 1990.
L'atto di transazione, sottoscritto in data 22 gennaio 1993, è stato preventivamente valutato dall'Avvocatura dello Stato (secondo la prassi eseguita in quel periodo) quanto alla legittimità ed alla convenienza. Lo stesso atto, munito di tutti gli allegati , è stato quindi trasmesso anche al Consiglio di Stato in data 24 maggio 1993, che ha però dato l'approvazione di competenza solo in data 28 novembre 1994. Il Consiglio di Stato, infatti, con successive note in date diverse, ha richiesto una numerosa serie di elementi integrativi e, solo in seguito a sollecitazioni del ministero, ha finalmente reso il proprio parere. Tuttavia, per l'effettivo pagamento all'ATI di quanto pattuito nell'atto di transazione del 22 gennaio 1993, si è ancora dovuto attendere un altro anno, a seguito di ripetuti rilievi dell'organo di controllo interno (ufficio di ragioneria c/o la DGCS, il cui visto era, secondo la normativa vigente all'epoca, condizione di efficacia per ogni provvedimento di pagamento), nonché per l'entrata in vigore di nuova normativa in materia di liquidazione alle imprese, entrata in vigore con l'inizio dell'anno 1995. Da qui si originano gli ulteriori interessi pagati alle imprese costituenti l'ATI in esecuzione di un decreto ingiuntivo (notificato il 9 giugno 2000), chiesto dalle stesse all'Autorità giudiziaria, interessi ulteriori che l'interrogante quantifica limitatamente all'Agricola d'Italia in Lit. 380.422.474, ma che in realtà, con aggiornamenti della data del soddisfo e con l'aggiunta delle spese legali ammontano a Lit. 409.427.530. Per completezza si fa rilevare che, in esito alla successiva vertenza intentata dalle tre società presso la magistratura ordinaria, l'amministrazione è stata condannata a pagare le seguenti ulteriori somme: Lit. 409.427.530 all'Agricola D'Italia; Lit.1.760.867.890 alla Delma. Per quanto riguarda la Giza, le somme rivendicate allo stesso titolo e riconosciutele giudizialmente sono entrate a far parte di una più ampia transazione, conclusa vantaggiosamente per l'amministrazione, avente ad oggetto una serie di contratti fra il MAE e la stessa Giza, rimasti in sospeso a seguito del fallimento della medesima.
La procura della Corte dei conti ha indagato sul caso, archiviandolo in data 13 novembre 2002.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Alfredo Luigi Mantica.
la società Cm Consulting stipulò un contratto con il ministero degli affari esteri per la costruzione di acquedotti rurali a Mali. L'amministrazione, con delibera del 22 settembre 1998, ha stanziato la somma di lire 96.987.820 necessaria a coprire gli interessi di legge maturati per ritardati pagamenti alla società Cm Consulting -:
se intenda accertare le cause dei ritardati pagamenti che hanno avuto come conseguenza il pagamento di una così ingente somma di denaro;
se intenda verificare chi siano i responsabili del fallimento di tale operazione ed, eventualmente, prendere i provvedimenti necessari nei confronti degli stessi.
(4-08248)
Sulle cause che hanno ingenerato molte delle controversie sopracitate dovrebbero essere tenuti nella debita considerazione alcuni fattori di oggettiva difficoltà: anzitutto la non facile scelta dei contraenti, avvenuta all'epoca in mancanza di procedure concorsuali certe e trasparenti; la non agevole definizione poi dei primi impegni contrattuali, che conseguentemente non ha previsto tutte le possibili ipotesi in seguito verificatesi; l'impostazione sperimentale dei progetti in una fase iniziale e nuova della nostra cooperazione allo sviluppo; il verificarsi in loco di fattori non previsti (calamità naturali, crisi militari o politiche, instabilità giuridica ed amministrativa, incapacità gestionale dei beneficiari) che hanno ritardato o reso irrealizzabili varie iniziative intraprese. Va infatti evidenziato che svariati casi citati si riferiscono al periodo in cui iniziative di cooperazione vennero avviate nell'ambito del Fondo Aiuti Italiani (FAI), con un approccio poi profondamente ripensato sia in termini di finalità che di procedure operative e di controllo.
In linea generale va poi ricordata l'esigenza di avere un riscontro operativo da parte di altri Organi dello Stato coinvolti nella trattazione del contenzioso o nell'esercizio del controllo contabile e nell'esame di conformità alla legge. Prima dell'approvazione del decreto del Presidente della Repubblica 20 febbraio 1998, la direzione generale per la Cooperazione allo sviluppo del MAE era infatti strettamente vincolata al visto di ragioneria quale necessaria condizione di efficacia dei suoi provvedimenti: questo ha indubbiamente implicato per tali provvedimenti procedure purtroppo non celeri - con ripetuti rilievi e repliche - che hanno causato inevitabilmente l'accrescersi degli interessi per ritardato pagamento in caso di contenziosi. Dopo l'approvazione del citato decreto del Presidente della Repubblica e la soppressione del «visto», quale, condizione sospensiva dell'efficacia del provvedimento, la situazione è nettamente migliorata, almeno sotto questo profilo, consentendo una maggiore speditezza dei controlli.
Il superamento di una difficile situazione pregressa è stato in questi ultimi anni un obiettivo prioritario per il ministero degli esteri: la valutazione complessiva di questi ed altri analoghi casi - senza voler escludere specifiche manchevolezze o carenze - deve tuttavia considerare le innegabili difficoltà e vischiosità che in questo settore sono state riscontrate anche nell'esperienza - sovente ben più collaudata della nostra - di organismi multilaterali o di altri donatori internazionali.
Al fine di meglio contestualizzare le problematiche affrontate dall'interrogante, sembra tuttavia utile inquadrarle e valutarle da un punto di vista storico-giuridico, mettendo in luce i molteplici fattori e circostanze che ne hanno caratterizzato le vicende. Il caso in questione si colloca nei più importanti tra i 657 «repertoriati» dall'inizio dell'attività della Cooperazione allo sviluppo in Italia. La maggior parte di questi 657 casi di contenzioso è stata chiusa (435 al 31 marzo 2003) ed ulteriori casi vengono risolti ogni mese mediante il ricorso a pratiche transattive che - qualora si giudichino oggettivamente fondate le ragioni della parte avversa - sono un mezzo di composizione delle controversie certamente molto meno oneroso per l'erario del pagamento, dopo svariati anni, di quanto stabilito da lodi arbitrati o sentenze sfavorevoli.
A questo riguardo va anzitutto sottolineato che la soccombenza del ministero degli esteri per un ammontare complessivo di circa trecento miliardi di lire - se considerata nel quadro delle attività globali della Cooperazione allo sviluppo svolte in questi ultimi quindici anni - si riduce ad una misura largamente inferiore al due per cento di tutti gli investimenti effettuati per la realizzazione di programmi o progetti. Questo ammontare appare quindi nettamente inferiore alla «soglia di contenzioso fisiologico» del 10 per cento, prevista dal legislatore per un appalto di lavori (si veda la legge-quadro in materia di lavori pubblici: legge n. 109/94, articolo 31-bis estesa per «analogia iuris» alla generalità degli appalti).
Va inoltre rimarcato che ogni caso è meglio inquadrabile con una trattazione completa, anche sotto il profilo della valutazione tecnica, amministrativa e contabile, effettuata a tutti i competenti livelli. I dati citati nell'atto in esame si riferiscono infatti quasi esclusivamente alla fase del controllo contabile e di conformità alla legge di ciascuna iniziativa, mancando tutte le valutazioni tecniche e gestionali effettuate da altri Organi dello Stato quali l'Avvocatura generale o la Corte dei conti; né si tiene conto dei risultati dell'eventuale esame giurisdizionale effettuato da parte della Procura regionale competente della Corte dei conti.
La corretta applicazione delle procedure concorsuali, la semplificazione delle procedure amministrative, la netta preferenza per l'accordo transattivo (rispetto ai lodi arbitrali o alle sentenze del tribunale) hanno già reso l'azione italiana in questo campo più sollecita ed efficace, senza peraltro impedire che ulteriori provvedimenti amministrativi o gestionali possano ancora migliorare la nostra azione. È a tal fine, infatti, che tende un complesso e articolato processo di revisione delle procedure amministrative seguite dalla direzione generale per la Cooperazione allo sviluppo e dalle nostre ambasciate nel realizzare i progetti o i programmi previsti: questo obiettivo viene perseguito attraverso una drastica semplificazione di tutte le procedure e la verifica della loro completa conformità alla normativa vigente (in continua evoluzione) che favoriscano una gestione moderna ed efficace delle iniziative di cooperazione intraprese dall'Italia.
Parallelamente alla revisione delle procedure, è in corso, in attuazione della delega legislativa conferita con l'articolo 3, comma 43 della legge finanziaria per il 2003, la predisposizione di provvedimenti che correggano le inadeguatezze normative che hanno causato quelle disfunzioni in passato più volte riscontrate.
Più specificatamente, si forniscono di seguito gli elementi di risposta relativi al caso a cui si fa riferimento nell'interrogazione in esame.
Per il ritardato rimborso all'impresa dei suddetti imprevisti oneri non autorizzati dal MAE, ma della cui utilità lo stesso ha tratto indubbio beneficio, sono stati corrisposti gli interessi nella misura indicata nell'interrogazione.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Alfredo Luigi Mantica.
l'impresa Fortunato F. Spa e la direzione generale affari esteri stipularono un accordo per la realizzazione di una iniziativa in Sierra Leone. A seguito del lodo arbitrale, emesso il 15 dicembre 1997, per contenzioso sorto fra i due contraenti, l'impresa stessa notificò all'amministrazione atto di precetto per il pagamento di 11.833.566.660 di lire, a copertura dagli oneri relativi al collegio arbitrale, alle spese per interessi ed alle spese legali -:
se intenda accertare quali siano stati i motivi che hanno causato il sorgere del contenzioso ed hanno portato a pagare una così ingente somma di denaro;
se intenda verificare chi siano i responsabili del fallimento di tale operazione
(4-08249)
Sulle cause che hanno ingenerato molte delle controversie sopracitate dovrebbero essere tenuti nella debita considerazione alcuni fattori di oggettiva difficoltà: anzitutto la non facile scelta dei contraenti, avvenuta all'epoca in mancanza di procedure concorsuali certe e trasparenti; la non agevole definizione poi dei primi impegni contrattuali, che conseguentemente non ha previsto tutte le possibili ipotesi in seguito verificatesi; l'impostazione sperimentale dei progetti in una fase iniziale e nuova della nostra cooperazione allo sviluppo; il verificarsi in loco di fattori non previsti (calamità naturali, crisi militari o politiche, instabilità giuridica ed amministrativa, incapacità gestionale dei beneficiari) che hanno ritardato o reso irrealizzabili varie iniziative intraprese. Va infatti evidenziato che svariati casi citati si riferiscono al periodo in cui iniziative di cooperazione vennero avviate nell'ambito del Fondo Aiuti Italiani (FAI), con un approccio poi profondamente ripensato sia in termini di finalità che di procedure operative e di controllo.
In linea generale va poi ricordata l'esigenza di avere un riscontro operativo da parte di altri Organi dello Stato coinvolti nella trattazione del contenzioso o nell'esercizio del controllo contabile e nell'esame di conformità alla legge. Prima dell'approvazione del decreto del Presidente della Repubblica 20 febbraio 1998, la direzione generale per la Cooperazione allo sviluppo del MAE era infatti strettamente vincolata al visto di ragioneria quale necessaria condizione di efficacia dei suoi provvedimenti: questo ha indubbiamente implicato per tali provvedimenti procedure purtroppo non celeri - con ripetuti rilievi e repliche - che hanno causato inevitabilmente l'accrescersi degli interessi per ritardato pagamento in caso di contenziosi. Dopo l'approvazione del citato decreto del Presidente della Repubblica e la soppressione del «visto», quale, condizione sospensiva dell'efficacia del provvedimento, la situazione è nettamente migliorata, almeno sotto questo profilo, consentendo una maggiore speditezza dei controlli.
Il superamento di una difficile situazione pregressa è stato in questi ultimi anni un obiettivo prioritario per il ministero degli esteri: la valutazione complessiva di questi ed altri analoghi casi - senza voler escludere specifiche manchevolezze o carenze - deve tuttavia considerare le innegabili difficoltà e vischiosità che in questo settore sono state riscontrate anche nell'esperienza - sovente ben più collaudata della nostra - di organismi multilaterali o di altri donatori internazionali.
Al fine di meglio contestualizzare le problematiche affrontate dall'interrogante, sembra tuttavia utile inquadrarle e valutarle da un punto di vista storico-giuridico, mettendo in luce i molteplici fattori e circostanze che ne hanno caratterizzato le vicende. Il caso in questione si colloca nei più importanti tra i 657 «repertoriati» dall'inizio dell'attività della Cooperazione allo sviluppo in Italia. La maggior parte di questi 657 casi di contenzioso è stata chiusa (435 al 31 marzo 2003) ed ulteriori casi vengono risolti ogni mese mediante il ricorso a pratiche transattive che - qualora si giudichino oggettivamente fondate le ragioni della parte avversa - sono un mezzo di composizione delle controversie certamente molto meno oneroso per l'erario del pagamento, dopo svariati anni, di quanto stabilito da lodi arbitrati o sentenze sfavorevoli.
A questo riguardo va anzitutto sottolineato che la soccombenza del ministero degli esteri per un ammontare complessivo di circa trecento miliardi di lire - se considerata nel quadro delle attività globali della Cooperazione allo sviluppo svolte in questi ultimi quindici anni - si riduce ad una misura largamente inferiore al due per
Va inoltre rimarcato che ogni caso è meglio inquadrabile con una trattazione completa, anche sotto il profilo della valutazione tecnica, amministrativa e contabile, effettuata a tutti i competenti livelli. I dati citati nell'atto in esame si riferiscono infatti quasi esclusivamente alla fase del controllo contabile e di conformità alla legge di ciascuna iniziativa, mancando tutte le valutazioni tecniche e gestionali effettuate da altri Organi dello Stato quali l'Avvocatura generale o la Corte dei conti; né si tiene conto dei risultati dell'eventuale esame giurisdizionale effettuato da parte della Procura regionale competente della Corte dei conti.
La corretta applicazione delle procedure concorsuali, la semplificazione delle procedure amministrative, la netta preferenza per l'accordo transattivo (rispetto ai lodi arbitrali o alle sentenze del tribunale) hanno già reso l'azione italiana in questo campo più sollecita ed efficace, senza peraltro impedire che ulteriori provvedimenti amministrativi o gestionali possano ancora migliorare la nostra azione. È a tal fine, infatti, che tende un complesso e articolato processo di revisione delle procedure amministrative seguite dalla direzione generale per la Cooperazione allo sviluppo e dalle nostre ambasciate nel realizzare i progetti o i programmi previsti: questo obiettivo viene perseguito attraverso una drastica semplificazione di tutte le procedure e la verifica della loro completa conformità alla normativa vigente (in continua evoluzione) che favoriscano una gestione moderna ed efficace delle iniziative di cooperazione intraprese dall'Italia.
Parallelamente alla revisione delle procedure, è in corso, in attuazione della delega legislativa conferita con l'articolo 3, comma 43 della legge finanziaria per il 2003, la predisposizione di provvedimenti che correggano le inadeguatezze normative che hanno causato quelle disfunzioni in passato più volte riscontrate.
Più specificatamente, si forniscono di seguito gli elementi di risposta relativi al caso a cui si fa riferimento nell'interrogazione in esame.
Il contratto tra il Sottosegretario delegato e l'ATI Federsagri dell'importo di lire 27.000.000.000, è stato stipulato in data 31 luglio 1986 ed è divenuto efficace in data 8 ottobre 1986.
Dopo l'avvenuta approvazione da parte del Sottosegretario delegato di un primo lotto funzionale, in sede esecutiva si evidenziarono tutta una serie di difficoltà geologiche (acidità dei terreni con pH dell'ordine di 4-5) che rendevano problematica la coltivazione dei terreni inclusi nell'iniziativa di sviluppo. Inoltre la situazione (prefigurata dal dettato contrattuale) connessa ad un'attribuzione delle terre a singole famiglie ne avrebbe comportato la loro indisponibilità e, quindi, il conseguente venir meno dell'unica fonte di sostentamento delle famiglie medesime, per il periodo pari agli anni della durata dell'intervento.
A seguito di tale situazione, la D.G.C.S. sospese i lavori in data 16 luglio 1987 e provvide in data 8 giugno 1988 ad invitare l'Alta vigilanza a riformulare il progetto sulla base di nuove linee conclusive ed in base ai risultati di una apposita missione, ottenendo anche l'approvazione di detta variante da parte dell'autorità locale in data 17 ottobre 1988.
Il nuovo progetto riformulato per un importo di 20,5 miliardi di lire è stato presentato in data 19 ottobre 1989 ed approvato dal MAE il 17 gennaio 1990.
Di quanto sopra la D.G.C.S. ha provveduto ad informare il Comitato direzionale nella seduta del 27 luglio 1990.
I lavori hanno avuto corso regolarmente e sono stati ultimati in data 15 luglio 1991.
In conseguenza degli eventi sopra accennati, verificatisi nel corso dei lavori, la Federsagri ha formulato riserve per un importo di lire 12 miliardi 822 milioni oltre lire 1 miliardo 76 milioni per interessi e rivalutazione monetaria.
La struttura ex-FAI del MAE ha esaminato le suddette riserve e le ha ritenute fondate per un importo di lire 7 miliardi 942 milioni con esclusione di interessi e rivalutazione monetaria.
Gli elementi di valutazione suddetti sono stati sottoposti all'esame dell'Avvocatura generale dello Stato che ha espresso l'avviso che fosse opportuno ricercare una soluzione transattiva e che l'importo da riconoscere all'esecutrice dovesse essere contenuto entro un totale di 3,2 miliardi di lire.
Il MAE ha quindi avviato la procedura di risoluzione in via amministrativa delle riserve prevista dal regio-decreto 25 maggio 1895 n. 350, inglobando le medesime in un atto transattivi da proporre alla controparte. L'impresa ha manifestato il suo assenso, condizionato soltanto dalla celerità dei tempi di perfezionamento della transazione.
Il MAE ha richiesto inoltre l'allora prescritto parere del Consiglio di Stato, precisando che per le intervenute (nel frattempo) azioni di guerriglia non era stato possibile eseguire il collaudo dei lavori, pur essendo l'amministrazione in possesso di un «certificato di regolare esecuzione» rilasciato dalla direzione lavori e dell'alta vigilanza.
Conseguito anche il parere favorevole del Consiglio di Stato, il MAE ha stipulato la transazione approvandola con apposito decreto, per un importo omnicomprensivo di lire 3,2 miliardi.
La Corte dei conti ha rigettato il suddetto decreto sostenendo che la mancanza del certificato di collaudo non consentiva la stipula della transazione.
Il provvedimento decadde e, con esso, anche l'ipotesi transattiva. Pertanto, la Federsagri si ritenne libera di riattivare la procedura arbitrale che si è conclusa con la condanna del MAE al pagamento - tra l'altro - di lire 11.833.566.660, a titolo di interessi e spese legali, come da lodo arbitrale del 23 novembre 1997.
La procura della Corte dei conti, svolte indagini sul caso, ha archiviato la pratica in data 13 novembre 2002 non ravvisando responsabilità perseguibili.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Alfredo Luigi Mantica.
la società Cogefar, nel 1988, stipulò un contratto con il ministero degli affari esteri per la realizzazione del I lotto relativo all'urbanizzazione di Apopa in El Salvador. Al completamento delle attività contrattuali, la società chiese notevoli oneri aggiuntivi per revisione prezzi, oneri e vigilanza. Dopo opportuni accertamenti, la direzione genera1e versò la somma di lire 3.773.737.458, che la Cogefar accettò. Sei mesi dopo l'accettazione della proposta, la Cogefar, divenuta Impregilo, incaricò i propri legali di tutelare i suoi interessi e, in data 17 giugno 1997, notificò domanda di arbitrato. La sezione della Corte dei Conti decise di non essere abilitata in merito all'arbitrato in questione e così la direzione si è ritrovata a versare la somma di lire 164.390.200 alla Impregilo per interessi legali a causa del ritardato pagamento della somma riconosciuta e già pagata in precedenza -:
se intenda accertare per quali ragioni la società, al termine dei lavori, chiese il pagamento di tutti quegli oneri;
se intenda verificare in base a quali criteri la Corte dei Conti dichiarò la sua non abilitazione in merito alla questione in oggetto;
se intenda verificare chi siano i responsabili del fallimento di tale operazione ed, eventualmente, prendere i provvedimenti
(4-08250)
Sulle cause che hanno ingenerato molte delle controversie sopracitate dovrebbero essere tenuti nella debita considerazione alcuni fattori di oggettiva difficoltà: anzitutto la non facile scelta dei contraenti, avvenuta all'epoca in mancanza di procedure concorsuali certe e trasparenti; la non agevole definizione poi dei primi impegni contrattuali, che conseguentemente non ha previsto tutte le possibili ipotesi in seguito verificatesi; l'impostazione sperimentale dei progetti in una fase iniziale e nuova della nostra cooperazione allo sviluppo; il verificarsi in loco di fattori non previsti (calamità naturali, crisi militari o politiche, instabilità giuridica ed amministrativa, incapacità gestionale dei beneficiari) che hanno ritardato o reso irrealizzabili varie iniziative intraprese. Va infatti evidenziato che svariati casi citati si riferiscono al periodo in cui iniziative di cooperazione vennero avviate nell'ambito del Fondo Aiuti Italiani (FAI), con un approccio poi profondamente ripensato sia in termini di finalità che di procedure operative e di controllo.
In linea generale va poi ricordata l'esigenza di avere un riscontro operativo da parte di altri Organi dello Stato coinvolti nella trattazione del contenzioso o nell'esercizio del controllo contabile e nell'esame di conformità alla legge. Prima dell'approvazione del decreto del Presidente della Repubblica 20 febbraio 1998, la direzione generale per la Cooperazione allo Sviluppo del MAE era infatti strettamente vincolata al visto di ragioneria quale necessaria condizione di efficacia dei suoi provvedimenti: questo ha indubbiamente implicato per tali provvedimenti procedure purtroppo non celeri - con ripetuti rilievi e repliche - che hanno causato inevitabilmente l'accrescersi degli interessi per ritardato pagamento in caso di contenziosi. Dopo l'approvazione del citato decreto del Presidente della Repubblica e la soppressione del «visto», quale condizione sospensiva dell'efficacia del provvedimento, la situazione è nettamente migliorata, almeno sotto questo profilo, consentendo una maggiore speditezza dei controlli.
Il superamento di una difficile situazione pregressa è stato in questi ultimi anni un obiettivo prioritario per il ministero degli esteri: la valutazione complessiva di questi ed altri analoghi casi - senza voler escludere specifiche manchevolezze o carenze - deve tuttavia considerare le innegabili difficoltà e vischiosità che in questo settore sono state riscontrate anche nell'esperienza - sovente ben più collaudata della nostra - di organismi multilaterali o di altri donatori internazionali.
Al fine di meglio contestualizzare le problematiche affrontate dall'interrogante, sembra tuttavia utile inquadrarle e valutarle da un punto di vista storico-giuridico, mettendo in luce i molteplici fattori e circostanze che ne hanno caratterizzato le vicende. Il caso in questione si colloca nei più importanti tra i 657 «repertoriati» dall'inizio dell'attività della Cooperazione allo Sviluppo in Italia. La maggior parte di questi 657 casi di contenzioso è stata chiusa (435 al 31 marzo 2003) ed ulteriori casi vengono risolti ogni mese mediante il ricorso a pratiche transattive che - qualora si giudichino oggettivamente fondate le ragioni della parte avversa - sono un mezzo di composizione delle controversie certamente molto meno oneroso per l'erario del pagamento, dopo svariati anni, di quanto stabilito da lodi arbitrali o sentenze sfavorevoli.
A questo riguardo va anzitutto sottolineato che la soccombenza del ministero degli esteri per un ammontare complessivo di circa trecento miliardi di lire - se considerata nel quadro delle attività globali della Cooperazione allo sviluppo svolte in questi ultimi quindici anni - si riduce ad una misura largamente inferiore al due per cento di tutti gli investimenti effettuati per la realizzazione di programmi o progetti.
Va inoltre rimarcato che ogni caso è meglio inquadrabile con una trattazione completa, anche sotto il profilo della valutazione tecnica, amministrativa e contabile, effettuata a tutti i competenti livelli. I dati citati nell'atto in esame si riferiscono infatti quasi esclusivamente alla fase del controllo contabile e di conformità alla legge di ciascuna iniziativa, mancando tutte le valutazioni tecniche e gestionali effettuate da altri Organi dello Stato quali l'Avvocatura generale o la Corte dei conti; né si tiene conto dei risultati dell'eventuale esame giurisdizionale effettuato da parte della Procura regionale competente della Corte dei conti.
La corretta applicazione delle procedure concorsuali, la semplificazione delle procedure amministrative, la netta preferenza per l'accordo transattivo (rispetto ai lodi arbitrali o alle sentenze del tribunale) hanno già reso l'azione italiana in questo campo più sollecita ed efficace, senza peraltro impedire che ulteriori provvedimenti amministrativi o gestionali possano ancora migliorare la nostra azione. È a tal fine, infatti, che tende un complesso e articolato processo di revisione delle procedure amministrative seguite dalla direzione generale per la Cooperazione allo Sviluppo e dalle nostre ambasciate nel realizzare i progetti o i programmi previsti: questo obiettivo viene perseguito attraverso una drastica semplificazione di tutte le procedure e la verifica della loro completa conformità alla normativa vigente (in continua evoluzione) che favoriscano una gestione moderna ed efficace delle iniziative di cooperazione intraprese dall'Italia.
Parallelamente alla revisione delle procedure, è in corso, in attuazione della delega legislativa conferita con l'articolo 3, comma 43 della legge finanziaria per il 2003, la predisposizione di provvedimenti che correggano le inadeguatezze normative che hanno causato quelle disfunzioni in passato più volte riscontrate.
Più specificatamente, si forniscono di seguito gli elementi di risposta relativi al caso a cui si fa riferimento nell'interrogazione in esame.
L'Unità tecnica centrale della D.G.C.S., dopo aver acquisito il parere della Commissione di collaudo e della direzione lavori, redigeva una relazione tecnica di valutazione, sostanzialmente in linea con le conclusioni dei collaudatori. Considerata la complessità delle rivendicazioni della Società, la relativa consistenza economica, l'interconnessione fra le riserve e la revisione prezzi, nonché la discrepanza tra il parere della Commissione di collaudo quello della direzione lavori, la D.G.C.S. riteneva di sottoporre la questione al Consiglio superiore dei lavori pubblici, affinché esprimesse il proprio parere per la definizione della questione pendente. L'impresa aveva iscritto nel registro di contabilità e confermato nello Stato finale dodici riserve. Il contenuto di queste ultime veniva riportato sia nella relazione «riservata» del direttore dei lavori, sia nella relazione «riservata» della commissione di collaudo. Tra le riserve risaltavano la n. 5 e la n. 6 che concernevano la richiesta d'indennizzo a causa dei blocchi del cantiere avvenuti per la guerra civile, oltre che per lo sciopero delle manovalanze. Nei casi di cui trattasi, infatti, ricorrevano le speciali circostanze, previste dal capitolato generale, che consentivano la sospensione dei lavori, in quanto in Salvador era allora in atto una violenta guerra civile - era l'epoca dei desaparecidos - e quindi il fermo cantiere era stato determinato e causato da eventi politico-sindacali in paese straniero che sfuggivano al normale controllo di un'impresa di costruzioni.
La Commissione di collaudo aveva concluso con il riconoscimento di un indennizzo di lire 1.091.232.752 per la riserva n. 5 e di lire 1.025.149.901 per la riserva n. 6. Inoltre assumeva importanza anche la riserva n. 7 che riguardava gli oneri derivanti dall'applicazione degli accordi sindacali stipulati in loco il 6 febbraio 1989 per un importo di lire 861.173.189. Tali accordi erano il risultato di un lungo negoziato con le forze sindacali per uscire dalla situazione creatasi con il blocco del cantiere, atteso che, anche su invito delle autorità Italiane, si era cercato di non arrivare con i sindacati, che appoggiavano l'occupazione del cantiere, ad una rottura che avrebbe potuto determinare l'intervento di forze esterne e
Come innanzi si è accennato, per la diversità di contenuto dei pareri tecnici espressi, la questione era stata demandata all'esame della prima Sezione del consiglio superiore dei lavori pubblici che, nell'adunanza del 20 settembre 1994, esprimeva il parere che «le riserve espresse dall'impresa Cogefar-Impresit ..., fossero da respingere in toto, ad eccezione delle riserve n. 5 e n. 6 per la sola aliquota attinente i periodi di sospensione per guerra civile, sempreché regolarmente documentati», avvisato che il calcolo dei corrispettivi attinenti alle sole aliquote di cui innanzi potesse essere demandato al direttore dei lavori. Sulla base dei pareri innanzi acquisiti e della relazione tecnica dell'U.T.C. in data 24 maggio 1996 il comitato direzionale, con atto n. 113 del 25 settembre 1996, deliberava la liquidazione alla Società Cogefar Impresit S.p.a. della somma di lire 3.773.737.458 a soddisfazione ed a tacitazione delle richieste dell'impresa relative agli oneri per riserve, revisione prezzi e vigilanza, pendenze che andavano tutte definite dopo l'ultimazione dei lavori e del relativo collaudo. Il direttore generare comunicava alla società, al termine dell'iter procedimentale di accertamento amministrativo, quanto determinato, con la richiesta, in caso di accettazione della proposta, di rinunciare espressamente ad avanzare qualsiasi ulteriore pretesa. L'Impresa accettava la proposta della direzione con lettera del 14 ottobre 1996. Con decreto del direttore generale n. 3798 del 18 ottobre 1996 veniva liquidata ed autorizzata la spesa di lire 3.773.737.458 per oneri relativi a revisione prezzi, riserve e vigilanza inerenti al contratto di cui trattasi. Tale provvedimento veniva inviato all'ufficio
In pendenza del procedimento di controllo preventivo da parte della Corte dei conti, trascorsi sei mesi dall'accettazione delle proposte dell'amministrazione senza effettivi risultati, la Società aveva comunicato, con lettera pervenuta il 29 aprile 1997, di non ritenersi più impegnata al rispetto del contenuto della lettera di accettazione del 14 ottobre 1996 e pertanto di aver dato mandato ai propri legali di tutelarne gli interessi. Infatti, in data 17 giugno 1997, veniva notificata domanda di arbitrato con una richiesta complessiva di 14,5 miliardi di lire.
Essendo poi venuti meno gli impedimenti amministrativi alla liquidazione della somma di lire 3,7 miliardi, a suo tempo proposta, a seguito della decisione della sezione del controllo - Collegio I - della Corte dei conti (depositata in segreteria il 28 giugno 1997), la società veniva nuovamente contattata dalla D.G.C.S., in data 31 luglio 1997, che le proponeva una rapida liquidazione della somma già proposta in precedenza, chiudendo così sul nascere la vertenza arbitrale. Il successivo 6 agosto 1997, l'imprenditore accettava la somma liquidata e rinunciava all'arbitrato, a condizione che il pagamento fosse avvenuto entro il 30 settembre 1997 e che sull'importo accertato e proposto di 3,7 miliardi, gli fossero riconosciuti gli ulteriori interessi decorrenti dalla data di accettazione (14 ottobre 1996) fino al soddisfo. La somma dovuta per le riserve veniva pagata dalla D.G.C.S. entro il termine prefissato, mentre quella per gli ulteriori interessi veniva sottoposta a procedura di analisi tecnico-giuridica. Al termine dell'istruttoria cadevano le perplessità in ordine al fatto che la direzione generale dovesse pagare gli interessi per responsabilità non proprie, adducendosi che il ritardo non fosse imputabile alla direzione ma eventualmente all'organo di controllo (soprattutto dopo che tali difficoltà fossero state fatte presenti alla società, la quale aveva però mantenuto ferme le proprie richieste), atteso che il «quantum» dovuto dall'amministrazione alla società - una volta da quest'ultima accettato - diveniva, debito di valuta e come tale produttivo di interessi.
Da qui l'intervenuta liquidazione e pagamento di interessi per lire 164.390.207, a fronte di una richiesta iniziale per interessi da parte della società di lire 233.661.397.
Da quanto innanzi, emerge che la diligenza è stata massima, a tal punto da escludere qualsiasi tipo di colpa grave nella gestione dell'iniziativa che - tra l'altro - ha conseguito tutti gli obiettivi nonostante le oggettive difficoltà ambientali. Inoltre, nel valutare gli eventuali danni, va ricordato che essi sarebbero stati largamente superati in via generale dal raggiungimento degli obiettivi del progetto, con i vantaggi prevalenti conseguiti dalla popolazione in via di sviluppo tramite la sua realizzazione. Ecco perché nella vicenda non ricorrono presupposti di responsabilità per eventuale danno all'Erario dello Stato: tant'è vero che la procura della Corte dei conti ha indagato sul caso, archiviando la pratica in data 13 novembre 2002, non ravvisando responsabilità perseguibili.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Alfredo Luigi Mantica.
il ministero degli affari esteri stipulò con la società Interconsulting-Techniplan un accordo per un progetto di valorizzazione delle risorse idriche in Mauritania. L'amministrazione dovette deliberare e corrispondere la somma di lire 308.067.045 a causa di ritardato pagamento di fatture alla stessa -:
se intenda accertare i motivi del ritardato pagamento che hanno comportato il versamento di una così ingente somma di denaro;
se intenda verificare chi siano i responsabili del fallimento di tale operazione ed, eventualmente, prendere i provvedimenti necessari nei confronti degli stessi.
(4-08251)
Sulle cause che hanno ingenerato molte delle controversie sopracitate dovrebbero essere tenuti nella debita considerazione alcuni fattori di oggettiva difficoltà: anzitutto la non facile scelta dei contraenti, avvenuta all'epoca in mancanza di procedure concorsuali certe e trasparenti; la non agevole definizione poi dei primi impegni contrattuali, che conseguentemente non ha previsto tutte le possibili ipotesi in seguito verificatesi; l'impostazione sperimentale dei progetti in una fase iniziale e nuova della nostra cooperazione allo sviluppo; il verificarsi in loco di fattori non previsti (calamità naturali, crisi militari o politiche, instabilità giuridica ed amministrativa, incapacità gestionale dei beneficiari) che hanno ritardato o reso irrealizzabili varie iniziative intraprese. Va infatti evidenziato che svariati casi citati si riferiscono al periodo in cui iniziative di cooperazione vennero avviate nell'ambito del Fondo Aiuti Italiani (FAI), con un approccio poi profondamente ripensato sia in termini di finalità che di procedure operative e di controllo.
In linea generale va poi ricordata l'esigenza di avere un riscontro operativo da parte di altri Organi dello Stato coinvolti nella trattazione del contenzioso o nell'esercizio del controllo contabile e nell'esame di conformità alla legge. Prima dell'approvazione del decreto del Presidente della Repubblica 20 febbraio 1998, la direzione generale per la Cooperazione allo sviluppo del MAE era infatti strettamente vincolata al visto di ragioneria quale necessaria condizione di efficacia dei suoi provvedimenti: questo ha indubbiamente implicato per tali provvedimenti procedure purtroppo non celeri - con ripetuti rilievi e repliche - che hanno causato inevitabilmente l'accrescersi degli interessi per ritardato pagamento in caso di contenziosi. Dopo l'approvazione del citato decreto del Presidente della Repubblica e la soppressione del «visto», quale, condizione sospensiva dell'efficacia del provvedimento, la situazione è nettamente migliorata, almeno sotto questo profilo, consentendo una maggiore speditezza dei controlli.
Il superamento di una difficile situazione pregressa è stato in questi ultimi anni un obiettivo prioritario per il ministero degli esteri: la valutazione complessiva di questi ed altri analoghi casi - senza voler escludere specifiche manchevolezze o carenze - deve tuttavia considerare le innegabili difficoltà e vischiosità che in questo settore sono state riscontrate anche nell'esperienza - sovente ben più collaudata della nostra - di organismi multilaterali o di altri donatori internazionali.
Al fine di meglio contestualizzare le problematiche affrontate dall'interrogante, sembra tuttavia utile inquadrarle e valutarle da un punto di vista storico-giuridico, mettendo in luce i molteplici fattori e circostanze che ne hanno caratterizzato le vicende. Il caso in questione si colloca nei più importanti tra i 657 «repertoriati» dall'inizio dell'attività della Cooperazione allo sviluppo in Italia. La maggior parte di questi 657 casi di contenzioso è stata chiusa (435 al 31 marzo 2003) ed ulteriori casi vengono risolti ogni mese mediante il ricorso a pratiche transattive che - qualora si giudichino oggettivamente fondate le ragioni della parte avversa - sono un mezzo di composizione delle controversie certamente molto meno oneroso per l'erario del pagamento, dopo svariati anni, di quanto stabilito da lodi arbitrali o sentenze sfavorevoli.
A questo riguardo va anzitutto sottolineato che la soccombenza del ministero degli esteri per un ammontare complessivo di circa trecento miliardi di lire - se considerata nel quadro delle attività globali della Cooperazione allo sviluppo svolte in questi ultimi quindici anni - si riduce ad una misura largamente inferiore al due per cento di tutti gli investimenti effettuati per la realizzazione di programmi o progetti. Questo ammontare appare quindi nettamente inferiore alla «soglia di contenzioso fisiologico» del 10 per cento, prevista dal legislatore per un appalto di lavori (si veda
Va inoltre rimarcato che ogni caso è meglio inquadrabile con una trattazione completa, anche sotto il profilo della valutazione tecnica, amministrativa e contabile, effettuata a tutti i competenti livelli. I dati citati nell'atto in esame si riferiscono infatti quasi esclusivamente alla fase del controllo contabile e di conformità alla legge di ciascuna iniziativa, mancando tutte le valutazioni tecniche e gestionali effettuate da altri Organi dello Stato quali l'Avvocatura generale o la Corte dei conti; né si tiene conto dei risultati dell'eventuale esame giurisdizionale effettuato da parte della Procura regionale competente della Corte dei conti.
La corretta applicazione delle procedure concorsuali, la semplificazione delle procedure amministrative, la netta preferenza per l'accordo transattivo (rispetto ai lodi arbitrali o alle sentenze del tribunale) hanno già reso l'azione italiana in questo campo più sollecita ed efficace, senza peraltro impedire che ulteriori provvedimenti amministrativi o gestionali possano ancora migliorare la nostra azione. È a tal fine, infatti, che tende un complesso e articolato processo di revisione delle procedure amministrative seguite dalla direzione generale per la Cooperazione allo sviluppo e dalle nostre ambasciate nel realizzare i progetti o i programmi previsti: questo obiettivo viene perseguito attraverso una drastica semplificazione di tutte le procedure e la verifica della loro completa conformità alla normativa vigente (in continua evoluzione) che favoriscano una gestione moderna ed efficace delle iniziative di cooperazione intraprese dall'Italia.
Parallelamente alla revisione delle procedure, è in corso, in attuazione della delega legislativa conferita con l'articolo 3, comma 43 della legge finanziaria per il 2003, la predisposizione di provvedimenti che correggano le inadeguatezze normative che hanno causato quelle disfunzioni in passato più volte riscontrate.
Più specificatamente, si forniscono di seguito gli elementi di risposta relativi al caso a cui si fa riferimento nell'interrogazione in esame.
Il contratto con il Consorzio di imprese è stato stipulato il 27 febbraio 1987 ma diveniva efficace dal 10 maggio 1987. In esso si prevedeva un importo di lire 16.634.300.000 di cui lire 5.611.300.000 per corrispettivi e lire 11.023.000.000 per il Fondo di gestione.
L'importo dei mezzi d'opera da fornire da parte dell'amministrazione ammontava a lire 7.402.760.000. La vicenda è abbastanza singolare, tenuto conto della nuova normativa (L. 26 febbraio 1987 n. 49) emanata proprio il giorno antecedente la stipula del contratto.
I dubbi sorti in seno all'amministrazione sulla compatibilità del modello negoziale ex-FAI, previsto dal contratto 27 febbraio 1987, con le nuove disposizioni della legge n. 49 del 1987 hanno portato alla decisione di dare esecuzione in due tempi alla delibera del Comitato direzionale, che programmava l'iniziativa:
il primo con l'affidamento al Consorzio di imprese degli studi mediante un atto aggiuntivo in linea con le nuove disposizioni della legge n. 49 del 1987 che venne stipulato in data 9 giugno 1986 e venne reso efficace dal 31 luglio 1990;
il secondo con l'affidamento al Consorzio di imprese dell'attuazione del programma mediante un nuovo strumento contrattuale, anch'esso adeguato alla legge n. 49 del 1987.
I richiamati dubbi sulla compatibilità del contratto alla luce delle nuove disposizioni della legge n. 49 del 1987, hanno causato ritardi nel flusso dei finanziamenti e nella disponibilità dei fondi per l'acquisto dei macchinari, conducendo in definitiva ad uno svolgimento contrattuale del tutto anomalo.
Comunque l'iniziativa si è favorevolmente conclusa con la consegna al Paese beneficiario in data 18 giugno 1992 di opere, attrezzature e parti di ricambio.
Il maggior onere sopportato dal Consorzio di imprese a seguito dell'anomalo svolgimento delle prestazioni è stato valutato con lodo arbitrale (a seguito di domanda dello stesso Consorzio) in data 18 dicembre 1997 in lire 3.539.601.020.
Il lodo suddetto è stato impugnato in data 2 febbraio 1999 dall'Avvocatura, generale dello Stato presso la Corte di appello di Roma per nullità connessa ad un vizio formale dell'Atto di nomina degli arbitri notificato direttamente al MAE invece che all'Avvocatura. La Corte di appello ha respinto l'istanza di sospensione dell'esecutività del lodo arbitrale, pur riservandosi di valutare successivamente le motivazioni dell'impugnazione. Pertanto il MAE ha dovuto liquidare l'importo previsto dal lodo, previo rilascio da parte del Consorzio di un'apposita fideiussione di garanzia. Nelle more della conclusione del giudizio di impugnazione del lodo arbitrale, il legale del Consorzio di imprese ha avanzato per il tramite dell'Avvocatura generale dello Stato una proposta di definizione transattiva del giudizio di appello in corso. In merito l'avvocatura, con nota 31.11.2000, ha espresso il parere che un accordo transattivo fosse conveniente per l'amministrazione.
Il MAE ha sottoposto la questione a valutazioni interne dalle quali è emersa, in sostanza, la convenienza della soluzione transattiva in quanto con essa il MAE avrebbe conseguito un recupero di circa lire 250 milioni. Qualora, invece, la lite fosse proseguita, il MAE si sarebbe trovato esposto ad un quasi certo esborso di lire 461 milioni circa. La procura della Corte dei conti ha indagato sul caso, archiviando la pratica in data 13 novembre 2002 non ravvisando responsabilità perseguibili.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Alfredo Luigi Mantica.
nel 1987 fu finanziata una iniziativa per il Kenia riguardante l'utilizzazione dell'energia solare per la pesca. Si fece un contratto con il consenso GeG-Gilco: la società Silcaf incorporò il consenso. Il Mae fu condannato a pagare una certa somma, che non è stata specificata. Nel frattempo si pagarono subito gli interessi, le spese di giudizio e gli arbitri per un totale di 260 milioni di vecchie lire -:
se intenda accertare le ragioni per le quali il Mae dovette pagare questa somma, tra l'altro mai specificata;
se intenda verificare chi siano i responsabili del fallimento di tale operazione ed, eventualmente, prendere i provvedimenti necessari nei confronti degli stessi.
(4-08252)
Sulle cause che hanno ingenerato molte delle controversie sopracitate dovrebbero essere tenuti nella debita considerazione alcuni fattori di oggettiva difficoltà: anzitutto la non facile scelta dei contraenti, avvenuta all'epoca in mancanza di procedure concorsuali certe e trasparenti; la non agevole definizione poi dei primi impegni contrattuali, che conseguentemente non ha previsto tutte le possibili ipotesi in seguito verificatesi; l'impostazione sperimentale dei progetti in una fase iniziale e nuova della nostra cooperazione allo sviluppo; il verificarsi in loco di fattori non previsti (calamità naturali, crisi militari o politiche, instabilità giuridica ed amministrativa, incapacità gestionale dei beneficiari) che hanno ritardato o reso irrealizzabili varie iniziative intraprese. Va infatti evidenziato che svariati casi citati si riferiscono al periodo in cui iniziative di cooperazione vennero avviate nell'ambito del Fondo Aiuti Italiani (FAI), con un approccio poi profondamente ripensato sia in termini di finalità che di procedure operative e di controllo.
In linea generale va poi ricordata l'esigenza di avere un riscontro operativo da parte di altri Organi dello Stato coinvolti nella trattazione del contenzioso o nell'esercizio del controllo contabile e nell'esame di conformità alla legge. Prima dell'approvazione del decreto del Presidente della Repubblica 20 febbraio 1998, la direzione generale per la Cooperazione allo sviluppo del MAE era infatti strettamente vincolata al visto di ragioneria quale necessaria condizione di efficacia dei suoi provvedimenti: questo ha indubbiamente implicato per tali provvedimenti procedure purtroppo non celeri - con ripetuti rilievi e repliche - che hanno causato inevitabilmente l'accrescersi degli interessi per ritardato pagamento in caso di contenziosi. Dopo l'approvazione del citato decreto del Presidente della Repubblica e la soppressione del «visto», quale, condizione sospensiva dell'efficacia del provvedimento, la situazione è nettamente migliorata, almeno sotto questo profilo, consentendo una maggiore speditezza dei controlli.
Il superamento di una difficile situazione pregressa è stato in questi ultimi anni un obiettivo prioritario per il ministero degli esteri: la valutazione complessiva di questi ed altri analoghi casi - senza voler escludere specifiche manchevolezze o carenze - deve tuttavia considerare le innegabili difficoltà e vischiosità che in questo settore sono state riscontrate anche nell'esperienza - sovente ben più collaudata della nostra - di organismi multilaterali o di altri donatori internazionali.
Al fine di meglio contestualizzare le problematiche affrontate dall'interrogante, sembra tuttavia utile inquadrarle e valutarle da un punto di vista storico-giuridico, mettendo in luce i molteplici fattori e circostanze che ne hanno caratterizzato le vicende. Il caso in questione si colloca nei più importanti tra i 657 «repertoriati» dall'inizio dell'attività della Cooperazione allo sviluppo in Italia. La maggior parte di questi 657 casi di contenzioso è stata chiusa (435 al 31 marzo 2003) ed ulteriori casi vengono risolti ogni mese mediante il ricorso a pratiche transattive che - qualora si giudichino oggettivamente fondate le ragioni della parte avversa - sono un mezzo di composizione delle controversie certamente molto meno oneroso per l'erario del pagamento, dopo svariati anni, di quanto stabilito da lodi arbitrali o sentenze sfavorevoli.
A questo riguardo va anzitutto sottolineato che la soccombenza del ministero degli esteri per un ammontare complessivo di circa trecento miliardi di lire - se considerata nel quadro delle attività globali della Cooperazione allo sviluppo svolte in questi ultimi quindici anni - si riduce ad una misura largamente inferiore al due per cento di tutti gli investimenti effettuati per la realizzazione di programmi o progetti. Questo ammontare appare quindi nettamente inferiore alla «soglia di contenzioso fisiologico» del 10 per cento, prevista dal legislatore per un appalto di lavori (si veda la legge-quadro in materia di lavori pubblici:
Va inoltre rimarcato che ogni caso è meglio inquadrabile con una trattazione completa, anche sotto il profilo della valutazione tecnica, amministrativa e contabile, effettuata a tutti i competenti livelli. I dati citati nell'atto in esame si riferiscono infatti quasi esclusivamente alla fase del controllo contabile e di conformità alla legge di ciascuna iniziativa, mancando tutte le valutazioni tecniche e gestionali effettuate da altri Organi dello Stato quali l'Avvocatura generale o la Corte dei conti; né si tiene conto dei risultati dell'eventuale esame giurisdizionale effettuato da parte della Procura regionale competente della Corte dei conti.
La corretta applicazione delle procedure concorsuali, la semplificazione delle procedure amministrative, la netta preferenza per l'accordo transattivo (rispetto ai lodi arbitrali o alle sentenze del tribunale) hanno già reso l'azione italiana in questo campo più sollecita ed efficace, senza peraltro impedire che ulteriori provvedimenti amministrativi o gestionali possano ancora migliorare la nostra azione. È a tal fine, infatti, che tende un complesso e articolato processo di revisione delle procedure amministrative seguite dalla direzione generale per la Cooperazione allo sviluppo e dalle nostre ambasciate nel realizzare i progetti o i programmi previsti: questo obiettivo viene perseguito attraverso una drastica semplificazione di tutte le procedure e la verifica della loro completa conformità alla normativa vigente (in continua evoluzione) che favoriscano una gestione moderna ed efficace delle iniziative di cooperazione intraprese dall'Italia.
Parallelamente alla revisione delle procedure, è in corso, in attuazione della delega legislativa conferita con l'articolo 3, comma 43 della legge finanziaria per il 2003, la predisposizione di provvedimenti che correggano le inadeguatezze normative che hanno causano quelle disfunzioni in passato più volte riscontrate.
Più specificatamente, si forniscono di seguito gli elementi di risposta relativi al caso a cui si fa riferimento nell'interrogazione in esame.
La decisione arbitrale (gennaio 2003), nonostante la decisa difesa da parte della DGCS delle proprie ragioni, ha accolto, seppure parzialmente, le pretese della SINCAT, quantificate dal suo legale in Euro 480.000 ca., che l'Avvocatura generale dello Stato non ritenne però doversi riconoscere per intero, escludendo alcune voci (tra cui interessi per euro 111 mila ca.). Infine, l'Impresa ha accettato la liquidazione dell'importo complessivo di euro 130.000 Ca., per i dovuti interessi nella misura legale, sulle somme di contratto pagate in ritardo
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Alfredo Luigi Mantica.
nel 1989 la società Gilco, in seguito ad un accordo con il ministero degli affari esteri, si impegnò per la costruzione di un acquedotto a Porto Amboni in Angola. Non ottenendo i pagamenti per gli interessi maturati a causa dei ritardi, la Gilco si rivolse, nel 1999, per la seconda volta agli arbitri. Il Mae si ritrovò a pagare oltre 800 milioni per interessi -:
se intenda accertare le ragioni del ritardo nei pagamenti che hanno comportato il versamento di una così ingente somma di denaro;
se intenda verificare chi siano i responsabili del fallimento di tale operazione ed, eventualmente, prendere i provvedimenti necessari nei confronti degli stessi.
(4-08253)
Sulle cause che hanno ingenerato molte delle controversie sopracitate dovrebbero essere tenuti nella debita considerazione alcuni fattori di oggettiva difficoltà: anzitutto la non facile scelta dei contraenti, avvenuta all'epoca in mancanza di procedure concorsuali certe e trasparenti; la non agevole definizione poi dei primi impegni contrattuali, che conseguentemente non ha previsto tutte le possibili ipotesi in seguito verificatesi; l'impostazione sperimentale dei progetti in una fase iniziale e nuova della nostra cooperazione allo sviluppo; il verificarsi in loco di fattori non previsti (calamità naturali, crisi militari o politiche, instabilità giuridica ed amministrativa, incapacità gestionale dei beneficiari) che hanno ritardato o reso irrealizzabili varie iniziative intraprese. Va infatti evidenziato che svariati casi citati si riferiscono al periodo in cui iniziative di cooperazione vennero avviate nell'ambito del Fondo Aiuti Italiani (FAI), con un approccio poi profondamente ripensato sia in termini di finalità che di procedure operative e di controllo.
In linea generale va poi ricordata l'esigenza di avere un riscontro operativo da parte di altri Organi dello Stato coinvolti nella trattazione del contenzioso o nell'esercizio del controllo contabile e nell'esame di conformità alla legge. Prima dell'approvazione del decreto del Presidente della Repubblica 20 febbraio 1998, la direzione generale per la Cooperazione allo sviluppo del MAE era infatti strettamente vincolata al visto di ragioneria quale necessaria condizione di efficacia dei suoi provvedimenti: questo ha indubbiamente implicato per tali provvedimenti procedure purtroppo non celeri - con ripetuti rilievi e repliche - che hanno causato inevitabilmente l'accrescersi degli interessi per ritardato pagamento in caso di contenziosi. Dopo l'approvazione del citato decreto del Presidente della Repubblica e la soppressione del «visto», quale, condizione sospensiva dell'efficacia del provvedimento, la situazione è nettamente migliorata, almeno sotto questo profilo, consentendo una maggiore speditezza dei controlli.
Il superamento di una difficile situazione pregressa è stato in questi ultimi anni un obiettivo prioritario per il ministero degli esteri: la valutazione complessiva di questi ed altri analoghi casi - senza voler escludere specifiche manchevolezze o carenze - deve tuttavia considerare le innegabili difficoltà e vischiosità che in questo settore sono state riscontrate anche nell'esperienza - sovente ben più collaudata della nostra - di organismi multilaterali o di altri donatori internazionali.
Al fine di meglio contestualizzare le problematiche affrontate dall'interrogante, sembra tuttavia utile inquadrarle e valutarle
A questo riguardo va anzitutto sottolineato che la soccombenza del ministero degli esteri per un ammontare complessivo di circa trecento miliardi di lire - se considerata nel quadro delle attività globali della Cooperazione allo sviluppo svolte in questi ultimi quindici anni - si riduce ad una misura largamente inferiore al due per cento di tutti gli investimenti effettuati per la realizzazione di programmi o progetti. Questo ammontare appare quindi nettamente inferiore alla «soglia di contenzioso fisiologico» del 10 per cento, prevista dal legislatore per un appalto di lavori (si veda la legge-quadro in materia di lavori pubblici: legge n. 109 del 1994, articolo 31-bis estesa per «analogia iuris» alla generalità degli appalti).
Va inoltre rimarcato che ogni caso è meglio inquadrabile con una trattazione completa, anche sotto il profilo della valutazione tecnica, amministrativa e contabile, effettuata a tutti i competenti livelli. I dati citati nell'atto in esame si riferiscono infatti quasi esclusivamente alla fase del controllo contabile e di conformità alla legge di ciascuna iniziativa, mancando tutte le valutazioni tecniche e gestionali effettuate da altri Organi dello Stato quali l'Avvocatura generale o la Corte dei conti; né si tiene conto dei risultati dell'eventuale esame giurisdizionale effettuato da parte della Procura regionale competente della Corte dei conti.
La corretta applicazione delle procedure concorsuali, la semplificazione delle procedure amministrative, la netta preferenza per l'accordo transattivo (rispetto ai lodi arbitrali o alle sentenze del tribunale) hanno già reso l'azione italiana in questo campo più sollecita ed efficace, senza peraltro impedire che ulteriori provvedimenti amministrativi o gestionali possano ancora migliorare la nostra azione. È a tal fine, infatti, che tende un complesso e articolato processo di revisione delle procedure amministrative seguite dalla direzione generale per la Cooperazione allo sviluppo e dalle nostre ambasciate nel realizzare i progetti o i programmi previsti: questo obiettivo viene perseguito attraverso una drastica semplificazione di tutte le procedure e la verifica della loro completa conformità alla normativa vigente (in continua evoluzione) che favoriscano una gestione moderna ed efficace delle iniziative di cooperazione intraprese dall'Italia.
Parallelamente alla revisione delle procedure, è in corso, in attuazione della delega legislativa conferita con l'articolo 3, comma 43 della legge finanziaria per il 2003, la predisposizione di provvedimenti che correggano le inadeguatezze normative che hanno causano quelle disfunzioni in passato più volte riscontrate.
Più specificatamente, si forniscono di seguito gli elementi di risposta relativi al caso a cui si fa riferimento nell'interrogazione in esame.
Il contratto tra il Sottosegretario delegato e l'impresa G.I.L.CO., dell'importo forfettario di lire 8.500.000.000, è stato stipulato in data 3 aprile 1990 approvato con decreto ministeriale n. 128/1298//6 del 3 gennaio 1990, registrato il 22 giugno 1990
A causa della ripresa della guerra civile, i lavori furono sospesi e l'impresa ha mantenuto sul posto n. 3 tecnici italiani sia per la custodia dell'impianto che per consentire, su specifica ed esplicita richiesta delle Autorità locali, l'erogazione dell'acqua alla città di Porto Amboim per il periodo dal 30 ottobre 1992 al 30 giugno 1993 come attestato dal Governo Municipal de Porto Amboim.
Solo al termine della guerra civile, il MAE ha potuto nominare la Commissione di collaudo con decreto ministeriale n. 10974 del 7 dicembre 1995.
La Commissione di collaudo ha eseguito la visita nel maggio 1996 ed ritenuto le opere ben eseguite e conformi al progetto approvato ed al relativo contratto. Tuttavia la Commissione ha ritenuto qualificabili come extracontrattuali le prestazioni eseguite dall'impresa su richiesta delle autorità locali relative all'erogazione dell'acqua potabile. Al riguardo, la Commissione si è limitata a verificarne l'effettiva esecuzione e ad esprimere un parere di congruità, al fine di consentire al MAE di adottare le opportune decisioni in merito. Il solo costo dell'erogazione dell'acqua è stato valutato in circa lire 1.306 milioni, cui va aggiunto il costo della custodia delle opere che il decreto-legge ha valutato in 236 milioni circa. Il tutto al netto degli interessi e della rivalutazione monetaria relativi al periodo 1992-1996.
A seguito dell'intervenuto fallimento della Società Gilco, il MAE ha provveduto a riconoscere in misura notevolmente ridotta, al curatore fallimentare le prestazioni extracontrattuali eseguite dalla società Gilco liquidando gli importi riferiti nell'interrogazione.
La procura della Corte dei conti, svolte indagini sul caso, ha archiviato la pratica in data 13 novembre 2002 non ravvisando responsabilità perseguibili.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Alfredo Luigi Mantica.
la società Ditta Lotti & Associati Spa stipulò un contratto con il ministero degli affari esteri per la realizzazione del progetto «Marocco: realizzazione di laghi collinari». Il ministero, in data 16 settembre 1998, ha deliberato lo stanziamento di lire 89.543.170 in favore della Lotti per interessi di legge -:
se intenda accertare i motivi dei ritardati pagamenti che hanno comportato il versamento di una così ingente somma di denaro;
se intenda verificare chi siano i responsabili del fallimento di tale operazione ed, eventualmente, prendere i provvedimenti necessari nei confronti degli stessi.
(4-08254)
Sulle cause che hanno ingenerato molte delle controversie sopracitate dovrebbero essere tenuti nella debita considerazione alcuni fattori di oggettiva difficoltà: anzitutto la non facile scelta dei contraenti, avvenuta all'epoca in mancanza di procedure concorsuali certe e trasparenti; la non agevole definizione poi dei primi impegni contrattuali, che conseguentemente non ha previsto tutte le possibili ipotesi in seguito verificatesi; l'impostazione sperimentale dei progetti in una fase iniziale e nuova della nostra cooperazione allo sviluppo; il verificarsi in loco di fattori non previsti (calamità naturali, crisi militari o politiche, instabilità giuridica ed amministrativa, incapacità gestionale dei beneficiari) che hanno ritardato o reso irrealizzabili varie iniziative intraprese. Va infatti evidenziato che svariati casi citati si riferiscono al periodo in cui iniziative di cooperazione vennero avviate nell'ambito del Fondo Aiuti
In linea generale va poi ricordata l'esigenza di avere un riscontro operativo da parte di altri Organi dello Stato coinvolti nella trattazione del contenzioso o nell'esercizio del controllo contabile e nell'esame di conformità alla legge. Prima dell'approvazione del decreto del Presidente della Repubblica 20 febbraio 1998, la direzione generale per la Cooperazione allo sviluppo del MAE era infatti strettamente vincolata al visto di ragioneria quale necessaria condizione di efficacia dei suoi provvedimenti: questo ha indubbiamente implicato per tali provvedimenti procedure purtroppo non celeri - con ripetuti rilievi e repliche - che hanno causato inevitabilmente l'accrescersi degli interessi per ritardato pagamento in caso di contenziosi. Dopo l'approvazione del citato decreto del Presidente della Repubblica e la soppressione del «visto», quale, condizione sospensiva dell'efficacia del provvedimento, la situazione è nettamente migliorata, almeno sotto questo profilo, consentendo una maggiore speditezza dei controlli.
Il superamento di una difficile situazione pregressa è stato in questi ultimi anni un obiettivo prioritario per il ministero degli esteri: la valutazione complessiva di questi ed altri analoghi casi - senza voler escludere specifiche manchevolezze o carenze - deve tuttavia considerare le innegabili difficoltà e vischiosità che in questo settore sono state riscontrate anche nell'esperienza - sovente ben più collaudata della nostra - di organismi multilaterali o di altri donatori internazionali.
Al fine di meglio contestualizzare le problematiche affrontate dall'interrogante, sembra tuttavia utile inquadrarle e valutarle da un punto di vista storico-giuridico, mettendo in luce i molteplici fattori e circostanze che ne hanno caratterizzato le vicende. Il caso in questione si colloca nei più importanti tra i 657 «repertoriati» dall'inizio dell'attività della Cooperazione allo sviluppo in Italia. La maggior parte di questi 657 casi di contenzioso è stata chiusa (435 al 31 marzo 2003) ed ulteriori casi vengono risolti ogni mese mediante il ricorso a pratiche transattive che - qualora si giudichino oggettivamente fondate le ragioni della parte avversa - sono un mezzo di composizione delle controversie certamente molto meno oneroso per l'erario del pagamento, dopo svariati anni, di quanto stabilito da lodi arbitrali o sentenze sfavorevoli.
A questo riguardo va anzitutto sottolineato che la soccombenza del ministero degli esteri per un ammontare complessivo di circa trecento miliardi di lire - se considerata nel quadro delle attività globali della Cooperazione allo sviluppo svolte in questi ultimi quindici anni - si riduce ad una misura largamente inferiore al due per cento di tutti gli investimenti effettuati per la realizzazione di programmi o progetti. Questo ammontare appare quindi nettamente inferiore alla «soglia di contenzioso fisiologico» del 10 per cento, prevista dal legislatore per un appalto di lavori (si veda la legge-quadro in materia di lavori pubblici: legge n. 109 del 1994, articolo 31-bis estesa per «analogia iuris» alla generalità degli appalti).
Va inoltre rimarcato che ogni caso è meglio inquadrabile con una trattazione completa, anche sotto il profilo della valutazione tecnica, amministrativa e contabile, effettuata a tutti i competenti livelli. I dati citati nell'atto in esame si riferiscono infatti quasi esclusivamente alla fase del controllo contabile e di conformità alla legge di ciascuna iniziativa, mancando tutte le valutazioni tecniche e gestionali effettuate da altri Organi dello Stato quali l'Avvocatura generale o la Corte dei conti; né si tiene conto dei risultati dell'eventuale esame giurisdizionale effettuato da parte della Procura regionale competente della Corte dei conti.
La corretta applicazione delle procedure concorsuali, la semplificazione delle procedure amministrative, la netta preferenza per l'accordo transattivo (rispetto ai lodi arbitrali o alle sentenze del tribunale) hanno già reso l'azione italiana in questo campo più sollecita ed efficace, senza peraltro impedire che ulteriori provvedimenti amministrativi
Parallelamente alla revisione delle procedure, è in corso, in attuazione della delega legislativa conferita con l'articolo 3, comma 43 della legge finanziaria per il 2003, la predisposizione di provvedimenti che correggano le inadeguatezze normative che hanno causato quelle disfunzioni in passato più volte riscontrate.
Più specificatamente, si forniscono di seguito gli elementi di risposta relativi al caso a cui si fa riferimento nell'interrogazione in esame.
A seguito di una forte ed imprevista siccità verificatasi nel 1991, si è dovuto far fronte ai fabbisogni idropotabili della città di Tangeri utilizzando le acque degli invasi di Sghir e Saboun costituenti la risorsa idrica del sistema irriguo. Inoltre l'autorità locale ha dovuto distrarre parte delle risorse finanziarie destinate al programma per destinarle all'aiuto d'emergenza delle popolazioni rurali che hanno visto distrutti i loro raccolti.
È derivato un rallentamento nell'attuazione del programma che ha comportato sia la necessità di un prolungamento dei tempi di esecuzione ed assistenza e sia alcuni ritardi da parte delle autorità locali nei pagamenti delle prestazioni eseguite dalla società Lotti.
È conseguita una richiesta indirizzata direttamente al MAE (quale erogatore del dono al Marocco) di rimborso di oneri per interessi da parte della società Lotti, che ha comportato un incremento del finanziamento da parte del MAE per l'importo di lire 89.543.170 come indicato nell'interrogazione. La procura regionale della Corte dei conti ha indagato sul caso ed ha archiviato la pratica in data 13 novembre 2002, non ravvisando responsabilità perseguibili.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Alfredo Luigi Mantica.
nel 1989 la società C. Lotti & Associati Spa si aggiudicò la gara per la realizzazione del programma di cooperazione «Ecuador - progetto irriguo Chambo Guano». A distanza di quasi dieci anni, l'amministrazione dovette provvedere al pagamento di lire 225.695.880 per interessi di legge maturati a causa del ritardato pagamento -:
se intenda accertare i motivi dei ritardati pagamenti, che hanno comportato il versamento di una così ingente somma di denaro;
se intenda verificare chi siano i responsabili del fallimento di tale operazione ed, eventualmente, prendere i provvedimenti necessari nei confronti degli stessi.
(4-08255)
Sulle cause che hanno ingenerato molte delle controversie sopracitate dovrebbero essere tenuti nella debita considerazione alcuni fattori di oggettiva difficoltà: anzitutto la non facile scelta dei contraenti, avvenuta all'epoca in mancanza di procedure concorsuali certe e trasparenti; la non agevole definizione poi dei primi impegni contrattuali, che conseguentemente non ha previsto tutte le possibili ipotesi in seguito verificatesi; l'impostazione sperimentale dei progetti in una fase iniziale e nuova della nostra cooperazione allo sviluppo; il verificarsi in loco di fattori non previsti (calamità naturali, crisi militari o politiche, instabilità giuridica ed amministrativa, incapacità gestionale dei beneficiari) che hanno ritardato o reso irrealizzabili varie iniziative intraprese. Va infatti evidenziato che svariati casi citati si riferiscono al periodo in cui iniziative di cooperazione vennero avviate nell'ambito del Fondo Aiuti Italiani (FAI), con un approccio poi profondamente ripensato sia in termini di finalità che di procedure operative e di controllo.
In linea generale va poi ricordata l'esigenza di avere un riscontro operativo da parte di altri Organi dello Stato coinvolti nella trattazione del contenzioso o nell'esercizio del controllo contabile e nell'esame di conformità alla legge. Prima dell'approvazione del decreto del Presidente della Repubblica 20 febbraio 1998, la direzione generale per la Cooperazione allo sviluppo del MAE era infatti strettamente vincolata al visto di ragioneria quale necessaria condizione di efficacia dei suoi provvedimenti: questo ha indubbiamente implicato per tali provvedimenti procedure purtroppo non celeri - con ripetuti rilievi e repliche - che hanno causato inevitabilmente l'accrescersi degli interessi per ritardato pagamento in caso di contenziosi. Dopo l'approvazione del citato decreto del Presidente della Repubblica e la soppressione del «visto», quale condizione sospensiva dell'efficacia del provvedimento, la situazione è nettamente migliorata, almeno sotto questo profilo, consentendo una maggiore speditezza dei controlli.
Il superamento di una difficile situazione pregressa è stato in questi ultimi anni un obiettivo prioritario per il ministero degli esteri: la valutazione complessiva di questi ed altri analoghi casi - senza voler escludere specifiche manchevolezze o carenze - deve tuttavia considerare le innegabili difficoltà e vischiosità che in questo settore sono state riscontrate anche nell'esperienza - sovente ben più collaudata della nostra - di organismi multilaterali o di altri donatori internazionali.
Al fine di meglio contestualizzare le problematiche affrontate dall'interrogante, sembra tuttavia utile inquadrarle e valutarle da un punto di vista storico-giuridico, mettendo in luce i molteplici fattori e circostanze che ne hanno caratterizzato le vicende. Il caso in questione si colloca nei più importanti tra i 657 «repertoriati» dall'inizio dell'attività della Cooperazione allo sviluppo in Italia. La maggior parte di questi 657 casi di contenzioso è stata chiusa (435 al 31 marzo 2003) ed ulteriori casi vengono risolti ogni mese mediante il ricorso a pratiche transattive che - qualora si giudichino oggettivamente fondate le ragioni della parte avversa - sono un mezzo di composizione delle controversie certamente molto meno oneroso per l'erario del pagamento, dopo svariati anni, di quanto stabilito da lodi arbitrali o sentenze sfavorevoli.
A questo riguardo va anzitutto sottolineato che la soccombenza del ministero degli esteri per un ammontare complessivo di circa trecento miliardi di lire - se considerata nel quadro delle attività globali della Cooperazione allo sviluppo svolte in questi ultimi quindici anni - si riduce ad una misura largamente inferiore al due per cento di tutti gli investimenti effettuati per la realizzazione di programmi o progetti. Questo ammontare appare quindi nettamente inferiore alla «soglia di contenzioso
Va inoltre rimarcato che ogni caso è meglio inquadrabile con una trattazione completa, anche sotto il profilo della valutazione tecnica, amministrativa e contabile, effettuata a tutti i competenti livelli. I dati citati nell'atto in esame si riferiscono infatti quasi esclusivamente alla fase del controllo contabile e di conformità alla legge di ciascuna iniziativa, mancando tutte le valutazioni tecniche e gestionali effettuate da altri Organi dello Stato quali l'Avvocatura generale o la Corte dei conti; né si tiene conto dei risultati dell'eventuale esame giurisdizionale effettuato da parte della Procura regionale competente della Corte dei conti.
La corretta applicazione delle procedure concorsuali, la semplificazione delle procedure amministrative, la netta preferenza per l'accordo transattivo (rispetto ai lodi arbitrali o alle sentenze del tribunale) hanno già reso l'azione italiana in questo campo più sollecita ed efficace, senza peraltro impedire che ulteriori provvedimenti amministrativi o gestionali possano ancora migliorare la nostra azione. È a tal fine, infatti, che tende un complesso e articolato processo di revisione delle procedure amministrative seguite dalla direzione generale per la Cooperazione allo sviluppo e dalle nostre ambasciate nel realizzare i progetti o i programmi previsti: questo obiettivo viene perseguito attraverso una drastica semplificazione di tutte le procedure e la verifica della loro completa conformità alla normativa vigente (in continua evoluzione) che favoriscano una gestione moderna ed efficace delle iniziative di cooperazione intraprese dall'Italia.
Parallelamente alla revisione delle procedure, è in corso, in attuazione della delega legislativa conferita con l'articolo 3, comma 43 della legge finanziaria per il 2003, la predisposizione di provvedimenti che correggano le inadeguatezze normative che hanno causato quelle disfunzioni in passato più volte riscontrate.
Più specificatamente, si forniscono di seguito gli elementi di risposta relativi al caso a cui si fa riferimento nell'interrogazione in esame.
Si tenga presente che la messa in funzione dell'impianto irriguo ed il relativo collaudo era possibile solo dopo la consegna della condotta. La DGCS, dovendo districare la situazione e salvaguardare l'immagine della Cooperazione italiana, volle permettere alla società esecutrice di completare e consegnare in modo adeguato i lavori iniziati nel 1989 e che perdurarono fino al '94.
Perdipiù, gli ordinativi relativi ai nulla osta di pagamento per le attività svolte dall'Impresa 3 anni prima, anche in conseguenza delle accennate varianti, furono emessi con altrettanti ritardi, a motivo dei necessari chiarimenti che la ragioneria della DGCS aveva richiesto al riguardo al ministero del tesoro. Di lì il dovuto riconoscimento degli interessi di mora (Lit 225 mln. ca. nel 1998) sulle importanti somme pagate all'azienda. La procura regionale della Corte dei conti ha svolto indagini sul prodursi dei descritti interessi: la D.G.C.S. ha fornito all'organo di controllo tutti i necessari elementi in data 25 novembre 2001. Si è in attesa di conoscere l'esito dell'indagine.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Alfredo Luigi Mantica.
in riferimento al settore dei sistemi idrici integrati, la società Aquater, nel contesto del programma «Somalia - Pozzi e bacini contenimento», ha chiesto ed ottenuto la somma di lire 114.188.550 per interessi maturati a causa del ritardato pagamento di spettanze contrattuali. Con atto n. 377-2002, la direzione della MAE dovrà versare altre cifre miliardarie, sempre per interessi -:
se intenda accertare le cause del ritardato pagamento, che hanno avuto come conseguenza il versamento di una così ingente somma di denaro;
se intenda verificare chi siano i responsabili del fallimento di tale operazione ed, eventualmente, prendere i provvedimenti necessari nei confronti degli stessi.
(4-08256)
Sulle cause che hanno ingenerato molte delle controversie sopracitate dovrebbero essere tenuti nella debita considerazione alcuni fattori di oggettiva difficoltà: anzitutto la non facile scelta dei contraenti, avvenuta all'epoca in mancanza di procedure concorsuali certe e trasparenti; la non agevole definizione poi dei primi impegni contrattuali, che conseguentemente non ha previsto tutte le possibili ipotesi in seguito verificatesi; l'impostazione sperimentale dei progetti in una fase iniziale e nuova della nostra cooperazione allo sviluppo; il verificarsi in loco di fattori non previsti (calamità naturali, crisi militari o politiche, instabilità giuridica ed amministrativa, incapacità gestionale dei beneficiari) che hanno ritardato o reso irrealizzabili varie iniziative intraprese. Va infatti evidenziato che svariati casi citati si riferiscono al periodo in cui iniziative di cooperazione vennero avviate nell'ambito del Fondo Aiuti Italiani (FAI), con un approccio poi profondamente ripensato sia in termini di finalità che di procedure operative e di controllo.
In linea generale va poi ricordata l'esigenza di avere un riscontro operativo da parte di altri Organi dello Stato coinvolti nella trattazione del contenzioso o nell'esercizio del controllo contabile e nell'esame di conformità alla legge. Prima dell'approvazione del decreto del Presidente della Repubblica 20 febbraio 1998, la direzione generale per la Cooperazione allo sviluppo del MAE era infatti strettamente vincolata al visto di ragioneria quale necessaria condizione di efficacia dei suoi provvedimenti: questo ha indubbiamente implicato per tali provvedimenti procedure purtroppo non celeri - con ripetuti rilievi e repliche - che hanno causato inevitabilmente l'accrescersi degli interessi per ritardato pagamento in caso di contenziosi. Dopo l'approvazione del citato decreto del Presidente della Repubblica e la soppressione del «visto», quale condizione sospensiva dell'efficacia del provvedimento, la situazione è nettamente migliorata, almeno sotto questo profilo, consentendo una maggiore speditezza dei controlli.
Il superamento di una difficile situazione pregressa è stato in questi ultimi anni un obiettivo prioritario per il ministero degli esteri: la valutazione complessiva di questi ed altri analoghi casi - senza voler escludere specifiche manchevolezze o carenze - deve tuttavia considerare le innegabili difficoltà e vischiosità che in questo settore sono state riscontrate anche nell'esperienza - sovente ben più collaudata della nostra - di organismi multilaterali o di altri donatori internazionali.
Al fine di meglio contestualizzare le problematiche affrontate dall'interrogante, sembra tuttavia utile inquadrarle e valutarle da un punto di vista storico-giuridico, mettendo in luce i molteplici fattori e circostanze che ne hanno caratterizzato le vicende. Il caso in questione si colloca nei più importanti tra i 657 «repertoriati» dall'inizio dell'attività della Cooperazione
A questo riguardo va anzitutto sottolineato che la soccombenza del ministero degli esteri per un ammontare complessivo di circa trecento miliardi di lire - se considerata nel quadro delle attività globali della Cooperazione allo sviluppo svolte in questi ultimi quindici anni - si riduce ad una misura largamente inferiore al due per cento di tutti gli investimenti effettuati per la realizzazione di programmi o progetti. Questo ammontare appare quindi nettamente inferiore alla «soglia di contenzioso fisiologico» del 10 per cento, prevista dal legislatore per un appalto di lavori (si veda la legge-quadro in materia di lavori pubblici: legge n. 109/94, articolo 31-bis estesa per «analogia iuris» alla generalità degli appalti).
Va inoltre rimarcato che ogni caso è meglio inquadrabile con una trattazione completa, anche sotto il profilo della valutazione tecnica, amministrativa e contabile, effettuata a tutti i competenti livelli. I dati citati nell'atto in esame si riferiscono infatti quasi esclusivamente alla fase del controllo contabile e di conformità alla legge di ciascuna iniziativa, mancando tutte le valutazioni tecniche e gestionali effettuate da altri Organi dello Stato quali l'Avvocatura generale o la Corte dei conti; né si tiene conto dei risultati dell'eventuale esame giurisdizionale effettuato da parte della Procura regionale competente della Corte dei conti.
La corretta applicazione delle procedure concorsuali, la semplificazione delle procedure amministrative, la netta preferenza per l'accordo transattivo (rispetto ai lodi arbitrali o alle sentenze del tribunale) hanno già reso l'azione italiana in questo campo più sollecita ed efficace, senza peraltro impedire che ulteriori provvedimenti amministrativi o gestionali possano ancora migliorare la nostra azione. È a tal fine, infatti, che tende un complesso e articolato processo di revisione delle procedure amministrative seguite dalla direzione generale per la Cooperazione allo sviluppo e dalle nostre ambasciate nel realizzare i progetti o i programmi previsti: questo obiettivo viene perseguito attraverso una drastica semplificazione di tutte le procedure e la verifica della loro completa conformità alla normativa vigente (in continua evoluzione) che favoriscano una gestione moderna ed efficace delle iniziative di cooperazione intraprese dall'Italia.
Parallelamente alla revisione delle procedure, è in corso, in attuazione della delega legislativa conferita con l'articolo 3, comma 43 della legge finanziaria per il 2003, la predisposizione di provvedimenti che correggano le inadeguatezze normative che hanno causato quelle disfunzioni in passato più volte riscontrate.
Più specificatamente, si forniscono di seguito gli elementi di risposta relativi al caso a cui si fa riferimento nell'interrogazione in esame.
a) Pozzi produttivi realizzati ex novo: N. 23; b) Sorgenti attrezzate: N. 5; c) Pozzi
La Commissione di collaudo ha effettuato due visite di collaudo parziale in corso d'opera: la prima nell'aprile 1988 e la seconda nel maggio 1989, verificando la corretta esecuzione di N. 30 punti di approvvigionamento sui 43 realizzati. La visita di collaudo finale, che avrebbe dovuto accertare la corretta esecuzione anche delle altre opere realizzate, non ha potuto avere luogo a causa del peggiorare delle condizioni di sicurezza in Somalia, determinatesi, soprattutto a partire dall'autunno del 1990. Per tali residue opere, quindi, è stato possibile acquisire la sola documentazione predisposta dalla direzione dei lavori, quale attestazione di quanto realizzato.
Nonostante, come sopra accennato, i lavori e le prestazioni di contratto, fossero terminate fin dal 28 febbraio 1990, il pagamento della rata di saldo (per circa 2.0 miliardi) è rimasto sospeso fin all'anno 1998, a causa di rilievi sia della Corte dei conti, per quanto riguarda la registrazione del decreto approvativo dello stanziamento suppletivo, sia della ragioneria, che asseriva che la visita finale di collaudo dovesse comunque esser effettuata. Il certificato di collaudo, per disposizione della DGCS, fu emesso in data 23/12/94 pur in assenza della visita finale di collaudo, ed è stato firmato senza alcuna riserva dall'appaltatore. Infatti, originariamente, l'unica richiesta dell'appaltatore era quella del riconoscimento degli interessi di ritardato pagamento (per i quali non occorre apporre riserva ai documenti contabili) generati, quasi integralmente, dai ritardi sopra accennati per il pagamento della rata di saldo. Invece, l'impresa, evidentemente insoddisfatta dei suddetti riconoscimenti propose domanda di arbitrato, datata 27 luglio 2000, rivendicando le seguenti somme aggiuntive: compenso per attività di guardiania delle opere realizzate, dalla data di ultimazione dei lavori (28 febbraio 1990) a quella di sottoscrizione dell'atto di collaudo (23 dicembre 1994); compenso revisionale; onere sostenuto per lo stravolgimento del contratto in conseguenza dell'approvazione della perizia suppletiva. Il lodo arbitrale, emesso in data 13 dicembre 2001, ha condannato il MAE al pagamento delle seguenti somme: Lit. 932.005.538 per interessi di ritardato pagamento; Lit. 150.000.000, comprensive d'interessi, per lo stravolgimento dell'oggetto del contratto conseguente all'approvazione della perizia, pur liberamente sottoscritta, senza alcuna osservazione dall'appaltatore; Lit. 1.099523.288, comprensive d'interessi, per oneri di guardiania, mai dimostrati e comunque non richiesti dalla committente, effettuata dall'appaltatore pur nell'infuriare della guerriglia che aveva impedito l'effettuazione della visita finale di collaudo; Lit. 1.635.607.329, comprensiva d'interessi, per oneri revisionali non rivendicati né sullo stato finale né sull'atto di collaudo. Come si può rilevare, il lodo arbitrale ha accordato all'impresa delle voci di dubbia debenza, se non altro, per non essere state richieste ritualmente (nella sede propria e a tempo debito). Anche per tali ragioni, l'Avvocatura generale dello Stato ha proposto appello avverso la decisione lodale, ricorso di cui si attende l'esito.
La procura regionale della Corte dei conti ha indagato sul caso ed ha archiviato la pratica in data 13 novembre 2002 non ravvisando responsabilità perseguibili.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Alfredo Luigi Mantica.
il 2 marzo scorso il programma televisivo «Ballarò», trasmesso sul terzo canale Rai, ha mandato in onda una puntata in diretta sul tema della riforma della scuola, con ospite d'onore il Ministro dell'istruzione Letizia Moratti;
gli studenti e le studentesse dell'Unione degli Studenti e dell'Unione Universitaria, nonostante la loro richiesta, avendo appreso sin dal primo pomeriggio che alla suddetta trasmissione non sarebbe stato presente nessuno di loro - controparte naturale di un Ministro dell'istruzione - hanno deciso di presentarsi in Via Teulada sotto gli studi della Rai per chiedere l'accesso negli studi televisivi di una delegazione che sostenesse le loro istanze;
sui marciapiedi di Via Teulada erano presenti circa una trentina di studenti (di cui 5 minorenni) per manifestare il proprio dissenso nei confronti del Ministro, che oramai sistematicamente si sottrae ai confronti, e all'arrivo delle autovetture ministeriali, alcuni di loro hanno lanciato della schiuma da barba verso le auto senza colpirle;
dopo circa venti minuti dall'arrivo del Ministro, mentre gli studenti cercavano ancora di contrattare con la Rai per chiedere di far entrare qualcuno di loro negli studi televisivi, sono arrivate una decina di volanti della polizia, i cui ufficiali, invece di chiedere semplicemente lo sgombero dello spazio occupato, trattandosi di una manifestazione non autorizzata, hanno circondato tutti gli studenti e li hanno caricati sulle volanti, cosa, a parere dell'interrogante, sproporzionata rispetto all'entità dei fatti;
ai suddetti studenti, trasportati al commissariato di zona sono stati sequestrati tutti i loro telefoni cellulari e i documenti;
nel frattempo, avvertita da alcuni ragazzi, l'interrogante è giunta sul posto, chiedendo il rilascio immediato degli studenti;
i funzionari della Digos, presenti sul posto, hanno svolto un'azione positiva tesa a rasserenare e sdrammatizzare l'accaduto ed a rilasciare in tempi rapidi i ragazzi;
a parere dell'interrogante, il lavoro delle forze dell'ordine, la loro professionalità, il loro spirito di abnegazione e le condizioni precarie in cui sono costretti a lavorare sono fuori discussione -:
quali motivazioni hanno spinto le forze dell'ordine a procedere al fermo degli studenti anziché sciogliere, come a parere dell'interrogante era giusto fare, la manifestazione non autorizzata, anche tenuto conto del fatto che i ragazzi occupavano lo spazio di un marciapiede, erano in numero esiguo e non avevano alcun oggetto contundente tra le mani, se non due megafoni, qualche bomboletta di schiuma da barba e alcuni fogli di carta, dove erano appuntate le dieci domande che avrebbero voluto rivolgere al Ministro.
(4-09234)
Nella circostanza i giovani hanno scandito slogan contro la cosiddetta «Riforma Moratti», cercando di colpire l'autovettura del Ministro con piatti di plastica contenenti schiuma da barba, senza riuscire nell'intento.
Le forze dell'ordine hanno quindi fermato e accompagnato al Commissariato di pubblica sicurezza «Prati» ventisette ragazzi, sei dei quali minori, i quali, dopo l'identificazione, sono stati subito rilasciati.
Anche nella circostanza specifica gli operatori si sono attenuti alle direttive ministeriali in materia di ordine pubblico, finalizzate a garantire concretamente l'esercizio del diritto costituzionale di manifestare
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Alfredo Mantovano.
attraverso il servizio postale viaggiano una serie di informazioni sulle persone (l'estratto conto bancario, le bollette della Telecom e dell'Enel, referti medici, risultati di esami clinici, notificazioni di atti amministrativi e giudiziari, atti tributari) e sulle aziende;
si ritiene pertanto che il rispetto dei tempi di consegna sia il requisito fondamentale per la civile regolare conduzione della nostra vita quotidiana, privata e lavorativa;
molti cittadini di Crespellano e della Frazione di Calcara da tempo protestano con i responsabili di zona del Servizio Postale per i continui disagi che si vengono a creare, tra i quali, il notevole ritardo con cui viene recapitata la corrispondenza (in alcuni casi si sfiorano i 30 giorni) i frequenti casi in cui la posta viene consegnata a persone diverse dal destinatario, i ricorrenti casi in cui si assiste ad un continuo avvicendamento del personale addetto (ogni 15-30 giorni), con conseguenti e immaginabili riflessi peggiorativi sui tempi e la qualità del servizio;
la fascia della popolazione anziana, la più indifesa nei confronti di questi disagi e priva di strumenti alternativi per ovviarvi, rappresenta circa il 40 per cento della popolazione totale;
nel comune di Crespellano gli insediamenti industriali sono in continua crescita;
già il consiglio comunale avrebbe approvato un ordine del giorno su questa grave situazione poi inviato alla direzione generale delle Poste -:
se sia a conoscenza della situazione sopra descritta;
quali provvedimenti intenda adottare presso Poste spa per assicurare il corretto funzionamento del servizio nel comune di Crespellano non solo per quanto riguarda l'aspetto del recapito della corrispondenza ma anche per quanto concerne l'erogazione dei vari servizi all'utenza presso gli uffici postali presenti nel territorio comunale.
(4-08685)
Il Ministero delle comunicazioni - quale Autorità nazionale di regolamentazione del settore postale - ha tra i propri compiti quello di verificare il corretto espletamento del servizio universale erogato da Poste Italiane.
Ciò premesso, si fa presente che Poste Italiane S.p.A., interessata in merito ai lamentati disguidi nello svolgimento del servizio di recapito della corrispondenza nel comune di Crespellano (Bologna), ha comunicato che presso l'ufficio postale di tale comune, articolato su sette zone di recapito, a partire dal secondo semestre del 2003, si è effettivamente manifestata qualche temporanea criticità per la concomitante e prolungata assenza per maternità, malattia o gravi motivi personali di alcuni portalettere di ruolo.
Tale carenza, che si è protratta nel tempo, secondo quanto precisato dalla stessa società, ha richiesto la sostituzione dei predetti dipendenti con personale precario, purtroppo poco pratico del servizio e della toponomastica.
La concessionaria ha reso, poi, noto che la situazione si è, ulteriormente, aggravata tra la prima decade di dicembre 2003 ed i primi giorni di gennaio 2004 per le dimissioni anticipate di due lavoratori temporanei.
A completamento d'informazione la società Poste, ha fatto presente che a partire dalla prima settimana del mese di gennaio 2004 sono stati assunti tre operatori a tempo determinato e ciò ha consentito di
La società Poste Italiane ha comunicato, inoltre, che anche nei periodi di maggiore criticità l'ufficio postale di Crespellano ha sempre garantito alla clientela la continuità del recapito degli invii a firma, di quelli prioritari e delle stampe quotidiane.
La società Poste ha precisato infine che non sono stati rilevati particolari disagi in merito «all'erogazione dei vari servizi all'utenza presso gli uffici postali» dove il personale preposto agli sportelli risulta essere commisurato ai dati di traffico locale.
Il Ministro delle comunicazioni: Maurizio Gasparri.
nell'ambito del riordino degli uffici dalla Polizia di Stato, è stato disposto con decreto n. 55 del 2003, il declassamento della Sezione Polstrada di Frosinone, da Dirigenziale a direttiva ed il contestuale mancato rafforzamento del Commissariato di Pubblica sicurezza di Cassino, che ha invece elargito in sede dirigenziale, indebolendo in tal modo la presenza sull'intera Ciociaria dello Stato in un settore delicato quale è quello della pubblica sicurezza;
numerose indagini di polizia avevano attestato già anni addietro una insidiosa presenza su tale territorio, compreso tra le province di Roma e Caserta, della criminalità organizzata, che aveva indotto l'Amministrazione a costituire nel 1998 presso il Commissariato de quo una Sezione distaccata della Squadra Mobile di Frosinone preposta precipuamente al contrasto della camorra;
con il depotenziamento dell'organo di polizia stradale, impegnato nel prevenire le turbative alla circolazione ed a reprimere eventuali comportamenti scorretti da parte degli automobilisti su di un territorio, quello del basso Lazio, attraversato dal tratto autostradale della A/1 che va da Colleferro a Caianello, considerato tra i più impegnativi e temibili del nostro Paese in considerazione dell'alto numero di sinistri automobilistici verificatisi tra il 2002 ed il 2003 e che secondo fonti della Polstrada sarebbero stati 61 decessi, il 72,5 per cento del totale nazionale, e 1365 feriti, il 52,65 per cento del complessivo, il ministro interrogato sembra aver sottovalutate tali problematiche connesse al servizio -:
se non ritenga opportuno adottare iniziative dirette a modificare il suddetto decreto, confermando la sezione Polstrada di Frosinone a sede dirigenziale e valutando nel contempo e concretamente la possibilità di procedure al rafforzamento del Commissariato di Cassino, in coerenza con gli impegni presi dallo stesso Governo in materia di sicurezza e di attività di contrasto alla criminalità.
(4-08719)
La conseguente individuazione degli uffici di livello dirigenziale, corrispondenti alle dotazioni organiche delle relative qualifiche, è stata preceduta da un'analisi approfondita e comparativa di tutti gli uffici e delle realtà territoriali interessate, che ha dovuto tener conto anche della creazione di nuove strutture ed articolazioni della polizia di Stato e, soprattutto, del limite rappresentato dalle predette dotazioni organiche.
In questo contesto, non si è potuto prevedere un posto di funzione dirigenziale per la sezione di polizia stradale di Frosinone, come, del resto, per numerosi altri uffici di analogo rilievo della polizia di Stato.
Il provvedimento, comunque, non comporta alcun declassamento di tale sezione, né effetti sul suo livello di operatività, né, infine, il suo organico o quello degli altri
Quanto al commissariato di pubblica sicurezza di Cassino, si fa presente che alla data del 1o marzo 2004, esso contava un organico di sessanta dipendenti appartenenti ai ruoli ordinari della polizia di Stato, 8 in più delle previsioni tabellari.
Al momento, pur dovendosi riconoscere le accresciute necessità operative di tale commissariato, si deve far presente che non vi sono disponibilità di personale per potenziarlo ulteriormente, tenuto conto che, a livello nazionale, vi sono numerosi uffici e reparti della polizia di Stato che presentano carenze anche rispetto alle previsioni organiche, sicché ogni intervento al riguardo non può che maturare in un contesto di rigorosa valutazione comparativa.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Alfredo Mantovano.
risulta all'interrogante che la collaboratrice tecnica della polizia di Stato Catia Latini, in servizio presso il commissariato di polizia di Stato coordinato di Velletri in Roma, assente dal servizio per comprovate ragioni di salute, dal 29 dicembre 2001, una volta al giorno è oggetto di controlli, di cui non si conosce la natura, presso il suo domicilio, da parte del personale della polizia di Stato; inoltre, in considerazione dei periodi di assenza dal servizio, sempre per le suddette ragioni di salute, la stessa è, altresì, oggetto di verifiche da parte dei sanitari della polizia di Stato, talora accompagnati da carabinieri o da altri poliziotti;
la predetta lavoratrice è stata, dal medico della polizia di Stato, dichiarata idonea al servizio pur in presenza di una diversa certificazione medica rilasciata dal locale pronto soccorso ospedaliero;
l'attività di controllo, palesemente inusuale e, per intensità e frequenza non paragonabile nemmeno a quella esercitata alle persone agli arresti domiciliari, è certamente riconducibile ad una situazione di conflitto maturata da tempo tra l'amministrazione della polizia di Stato e la lavoratrice di polizia, a fronte della quale l'amministrazione sceglie di rispondere con modalità che all'interrogante si rifanno alla peggiore tradizione autoritaria-:
se non ritenga che questa vicenda sia il segno di un'inversione di tendenza rispetto alla legge di riforma in direzione di una concezione autoritaria dei rapporti;
quali siano funzioni e compiti della commissione medica istituita presso la scuola tecnica di polizia;
quanti lavoratori di polizia siano stati coinvolti, per quali motivi, con quali risultati, con quali modalità di convocazione;
quali iniziative verranno assunte affinché non si verifichino più relazioni autoritarie e non corrette tra amministrazione e lavoratori di polizia.
(4-01783)
Tra tali dipendenti figurava anche la collaboratrice tecnica Catia Latini.
La direzione centrale di sanità del dipartimento della pubblica sicurezza, svolti gli opportuni approfondimenti valutativi, ha quindi disposto la visita medica dell'interessata ad opera della Commissione istituita presso il centro clinico di medicina preventiva e medicina legale della Polizia di Stato, la cui potestà di valutazione medico-legale trova fondamento nell'articolo 44 del decreto legislativo n. 334/2000, che rimette ai sanitari della Polizia di Stato, fra l'altro, la verifica, anche collegiale, della persistenza dei requisiti psico-fisici del personale.
La signora Latini, peraltro, non si è mai presentata presso la predetta Commissione; tre visite fiscali nel frattempo effettuate dall'ufficio sanitario provinciale della questura di Roma hanno certificato l'idoneità al servizio della stessa, rilevando che la lamentata patologia - peraltro non riscontrata in occasione delle visite stesse - consisteva più in un sintomo che in una entità patologica quantiticabile sotto il profilo medico-legale.
Il 26 giugno 2002 alla signora Latini è stata inflitta la sanzione disciplinare della destituzione, per la sua condotta in grave contrasto con i doveri assunti con il giuramento prestato, arrecando rilevante pregiudizio all'Amministrazione.
Avverso tale provvedimento è stato proposto ricorso al Tribunale amministrativo regionale del Lazio, con istanza incidentale di sospensione.
Fra i motivi del gravame, l'interessata ha sottolineato la mancata considerazione, nel decreto impugnato, dei principi di proporzionalità e di gradualità delle alternative sanzionatorie, in quanto la vigente normativa prevede l'adozione di altre misure, meno gravi, prima di addivenire all'applicazione della destituzione.
Proprio in considerazione di tale assunto, il T.A.R., il 14 novembre 2002, ha accolto l'istanza cautelare, motivando la decisione con la «ragionevole previsione sull'esito favorevole del ricorso, limitatamente al ... motivo in cui si invocano i principi di proporzionalità e gradualità nell'irrogazione della misura sanzionatoria».
L'Avvocatura generale dello Stato, non ritenendo opportuna la proposizione dell'appello al Consiglio di Stato, ha presentato istanza per una celere definizione del ricorso nel merito. Nelle more, con decreto del Capo della polizia del 23 gennaio 2003, è stata disposta, con riserva, la riammissione in servizio della dipendente: la stessa è stata assegnata al Commissariato di Velletri con aggregazione presso il Casellario giudiziale del tribunale di quella località.
Tale decreto è stato impugnato nella parte in cui è stata disposta la riassunzione in servizio a decorrere dalla notifica del provvedimento.
Non risultano ancora fissate le date per la discussione, nel merito, di ambedue i gravami.
Quanto allo specifico quesito formulato nell'interrogazione, si comunica che i dipendenti della Polizia di Stato sottoposti a visite della Commissione istituita presso il Centro clinico di Medicina preventiva e Medicina Legale sono stati, fino al febbraio 2004, 101.
Le convocazioni sono effettuate dalla Direzione centrale di sanità del dipartimento della Pubblica sicurezza, su richiesta dei dirigenti dai vari uffici e reparti e sono da riferirsi a patologie che avevano comportato consistenti periodi di assenza per inabilità temporanea assoluta, tali da giustificare accertamenti per verificare la sussistenza dei requisiti di idoneità ai servizi di polizia.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Alfredo Mantovano.
il 6 dicembre 2003, a Pisa, gli agenti della questura di Pisa e i reparti della squadra mobile di Firenze hanno eseguito due sgomberi in meno di un'ora, mettendo, così, fine a due esperienze di occupazione;
alle ore 6,15 sono stati sgomberati gli stabilimenti dove era ubicata l'ex fabbrica farmaceutica Guidotti. Gli occupanti del «Laboratorio delle disobbedienze Rebeldìa» hanno opposto resistenza passiva: tutti e undici sono stati portati presso la caserma di polizia, a strattoni e pedate;
alle 7 circa, toccava allo stabile dell'azienda per i servizi all'ambiente (ex-Gea) occupata giovedì dal coordinamento dei Collettivi Medi. La Digos è arrivata con quattro blindati e agenti in tenuta antisommossa, ha rotto la catena del cancello che permette l'accesso all'ex-Gea ed ha portato fuori dallo stabile tutte e venti le persone presenti, mentre i poliziotti battevano, in modo intimidatorio, il manga
il blitz voluto in prima persona dal questore di Pisa, dottor Eugenio Introcaso, e coordinato dal dirigente della Digos, dottor Gianluca Greco, ha palesemente scavalcato le trattative fra gli occupanti dei due immobili e le istituzioni cittadine. Il coordinamento dei Collettivi Medi, infatti, aveva raggiunto un'intesa di massima con gli enti locali che hanno seguito l'intera vicenda con la presenza dell'assessore provinciale Aurelio Pellegrini e dell'assessore comunale, Salvatore Montano, il quale avrebbe, secondo quanto risulta agli interroganti, personalmente consegnato ai ragazzi le chiavi del capannone per l'utilizzo temporaneo. I Disobbedienti di Rebeldìa avevano informato il Rettore dell'occupazione, incontrato il vicepresidente dell'amministrazione provinciale, Silvi, e l'assessore comunale alla cultura, Angiolini. Avevano in corso relazioni e possibilità di concertare una stabilizzazione della propria posizione;
ad avviso degli interroganti, pertanto, questi atti di forza sono stati un'iniziativa voluta esclusivamente della questura di Pisa: non c'è stato nessun mandato dalla procura della Repubblica e, infatti, entrambi i locali non sono stati posti sotto sequestro per questioni di sicurezza;
ad avviso degli interroganti questo atto di intromissione nell'autonomia degli organi di governo dell'ateneo e degli enti locali rappresenta, a parere degli interroganti, un vero e proprio salto di qualità nella gestione dell'ordine pubblico e si inserisce in un quadro di gestione dello stesso che non ha risparmiato, in passato, azioni di forza e di criminalizzazione del dissenso attraverso denunce, multe, atti violenti. In queste ultime settimane, numerosi provvedimenti (decreti penali di condanna, multe, denunce, avvisi) sono stati recapitati a esponenti del movimento pacifista che si sono contraddistinti nelle iniziative del trainstopping e nelle manifestazioni pubbliche contro la guerra preventiva all'Iraq. Numerosi provvedimenti hanno anche colpito i ragazzi e le ragazze di Rebeldìa, nonché due parlamentari della Repubblica e una consigliera comunale, per le occupazioni di luglio dello stabile della ex azienda per lo smaltimento dei rifiuti di via Emanuele Filiberto;
a parere degli interroganti, il tema del governo dell'ordine pubblico in relazione al governo politico della città sembra la vera posta in gioco per ricostruire forme dialettiche di confronto. In questo senso il difficile, ma ambizioso, tentativo messo in atto dall'ateneo, dal comune di Pisa e dall'amministrazione provinciale attraverso la convocazione di un tavolo cittadino sugli spazi sociali coglieva e coglie questa necessità. Tutto il contrario del clima che si sta creando nella città di Pisa -:
quali siano i motivi che hanno portato ai due sgomberi;
se siano decisioni prese altrove, ovvero se la stretta repressiva messa in atto dal Governo sperimenti Pisa quale banco di prova;
se non si ravvisi la volontà, da parte della questura, di scavalcare o, peggio ancora, sovradeterminare le autonome decisioni, ed i percorsi di mediazione propri delle istituzioni pubbliche cittadine, considerato che nel caso degli studenti medi, infatti, ci si è intromessi con la forza e la prevaricazione in una intesa già raggiunta fra l'amministrazione comunale e i ragazzi dei collettivi.
(4-08375)
A occupazione consolidata, invece, in presenza di denuncia da parte della proprietà, la valutazione concernente i tempi e le modalità di sgombero viene effettuata in sede di riunione di coordinamento delle forze di polizia. In tali circostanze sono esaminati nel loro complesso gli elementi informativi concernenti in particolare il numero degli occupanti, l'impatto che l'operazione può presentare quanto all'ordine e alla sicurezza pubblica e il personale necessario per procedere.
Ulteriori interventi vengono, inoltre, effettuati dalle forze di polizia nelle procedure esecutive di sfratto, in caso di richiesta di assistenza. In tali eventualità gli interventi sono definiti localmente sulla base delle effettive esigenze e con l'impiego dei contingenti di personale reputati di volta in volta necessari.
Quanto alle specifiche situazioni evidenziate dall'interrogante, si sottolinea, innanzitutto, che, sin dalla primavera del 2003, alcuni gruppi appartenenti alla cosiddetta area della «Sinistra antagonista» e, in particolare, il gruppo denominato «Rebeldia» hanno attuato nella città di Pisa varie occupazioni di aree di immobili non utilizzati, per lo più di proprietà del locale Ateneo, con lo scopo dichiarato di richiamare l'attenzione delle Istituzioni locali sul problema della mancanza di spazi da destinare all'aggregazione giovanile.
In particolare, il 30 maggio 2003 è stato occupato uno stabile già sede dell'Associazione nazionale universitaria ed attualmente di proprietà dell'università agli studi di Pisa che successivamente, in data 18 luglio, è stato sgomberato dalle forze di polizia a seguito di sequestro preventivo ex articolo 321/c3 bis del Codice procedura penale.
Successivamente l'8 novembre 2003 è stato occupato un altro stabile, denominato «ex Etruria», anch'esso di proprietà dell'Ateneo, liberato in maniera spontanea dagli occupanti, alcuni giorni dopo.
In questo contesto si collocano, pertanto, le vicende segnalate dall'interrogante relative alle occupazioni del 4 dicembre 2003, ad opera dei «Collettivi Medi Studenteschi», degli stabili già sede della «GEA s.p.a.» e all'occupazione, del giorno successivo, degli immobili già sede dello stabilimento farmaceutico «Guidoni» e attualmente di proprietà dell'Università, ad opera degli aderenti al citato gruppo «Rebeldia».
Va precisato, al riguardo che gli interventi di sgombero di tali immobili sono stati eseguiti esclusivamente per porre termine alle situazioni di illegalità segnalate dai proprietari agli organi di polizia, nonché per scongiurare pericoli maggiori per l'incolumità degli stessi occupanti.
Infatti, per quanto attiene alla prima situazione, i rappresentanti della Geofor, società per azioni a capitale misto pubblico-privato che gestisce la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti nella città di Pisa e in gran parte dei comuni della provincia, proprietaria dell'area occupata, segnalavano alle forze di polizia la situazione di illegalità, comunicando che non intendevano consentire agli occupanti di permanere all'interno, innanzitutto per motivi connessi all'inagibilità dei locali, ed anche perché gli immobili erano oggetto di una trattativa di compravendita.
In ordine all'area ex Guidotti, l'università di Pisa, nel comunicare ufficialmente alla questura di Pisa l'inizio dell'occupazione abusiva, rappresentava l'inagibilità dei locali e la conseguente situazione di pericolo esistente per le persone che si erano introdotte negli stabili.
Si evidenzia, inoltre, che, nella serata del 5 dicembre, pervenivano al centralino della citata questura numerose segnalazioni di cittadini residenti in prossimità degli ex stabilimenti Guidotti, esasperati per gli schiamazzi provenienti dall'area occupata.
Sussistendo quindi una situazione di pericolo per gli stessi occupanti, e permanendo le due situazioni di illegalità, con la flagranza del reato di occupazione di edificio, nella mattina del 6 dicembre le forze di polizia effettuavano i necessari interventi di sgombero.
Si assicura, comunque, che nell'attuazione dello sgombero nessuna azione violenta o comunque offensiva è stata compiuta nei confronti degli occupanti: l'operazione è stata interamente filmata dal personale della Polizia di Stato proprio per evitare possibili strumentalizzazioni.
L'unico momento di tensione si è verificato all'esterno dell'area ex Gea a seguito della resistenza opposta da alcuni appartenenti al locale Centro sociale autogestito «Newroz», presenti sul posto, che hanno tentato di impedire che gli occupanti maggiorenni venissero portati in questura per il fotosegnalamento e la compilazione dei relativi atti di polizia giudiziaria.
Per quanto riguarda l'occupazione dell'area ex Guidotti sono state denunciate 18 persone, mentre altre 24 sono state denunciate per l'occupazione dello stabile ex Gea.
Per quanto concerne, infine, i provvedimenti adottati dalla questura di Pisa in occasione delle cosiddette «iniziative di train-stopping» e delle manifestazioni contro la guerra in Iraq citate dall'interrogante, si fa presente che gli stessi sono da configurarsi come atti dovuti in presenza di reati - blocchi stradali e ferroviari - o comunque comportamenti rientranti nella sfera degli illeciti amministrativi.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Alfredo Mantovano.
negli ultimi anni si sono verificati alcuni improvvisi ed inspiegabili trasferimenti di operatori di pubblica sicurezza e della Digos addetti ad attività investigative importanti riguardanti gli uffici di Mesagne e Brindisi;
questi trasferimenti hanno rallentato o vanificato investigazioni concernenti indagini estremamente delicate relativi agli intrecci politico-amministrativo presenti nel territorio di Mesagne, nonché riguardanti la certezza della legalità del territorio;
peraltro vi è stata una campagna denigratoria nei confronti dell'attività di tali uffici -:
quali iniziative di propria competenza intenda adottare per garantire che l'attività dei predetti uffici possa svolgersi con regolarità ed efficienza.
(4-06037)
Risulta eseguito d'ufficio soltanto il trasferimento, al commissariato di Ostuni, di un ispettore superiore che, nella veste di responsabile della squadra di polizia giudiziaria, aveva subito gravi minacce.
Quanto al trasferimento del dottor Lenti dalla direzione del commissariato di Mesagne a quella della Digos della questura di Brindisi, eseguito nel settembre 2001, il prefetto di quella città ha precisato che esso non ha comportato effetti negativi sulle inchieste affidate allo stesso funzionario, che ne ha mantenuto la titolarità; le medesime indagini hanno portato, nel 2003, all'arresto del Capo Area e responsabile dell'ufficio tecnico del comune di Mesagne e alla denuncia di altre 14 persone, tra le quali professionisti ed imprenditori, ritenute responsabili a vario titolo di reati contro la pubblica amministrazione commessi nella realizzazione di opere pubbliche.
Il questore ha inoltre fatto presente che nessuno dei dipendenti della Digos trasferiti negli ultimi anni ad altri uffici della questura aveva incarichi in attività investigative concernenti «intrecci politico-amministrativi».
Con l'occasione, si informa che il commissariato di Mesagne, alla data del 1o marzo 2004, disponeva di 38 dipendenti, contro una previsione organica di 36.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Alfredo Mantovano.
il centro di produzione Sky di Roma rischia di essere trasferito a Milano con conseguenti pericolose ricadute sui lavoratori;
se il suddetto trasferimento dovesse concretizzarsi, oltre 300 lavoratori, un tempo dipendenti Stream, della sede di Roma rischiano di fatto il posto di lavoro: per 130 di loro è, infatti, già stato agitato il fantasma degli esuberi, con conseguente cambiamento di sede, per gli altri 200 il destino lavorativo sarà deciso dopo la fine di giugno;
se non ritengano opportuno attivarsi, ciascuno per gli ambiti di propria competenza, presso i soggetti interessati, a tutela dei diritti e della dignità dei lavoratori interessati, al fine di salvaguardare gli attuali livelli occupazionali, evitando i paventati trasferimenti, anche tenuto conto del fatto che i lavoratori in eventuale uscita dalla sede di Roma hanno famiglie a carico ed un'età compresa tra i 45 ed i 50 anni.
(4-08706)
Il Ministro delle comunicazioni: Maurizio Gasparri.
nel mese di luglio 1999, così come documentarono diverse fonti di informazione, un'ampia area boschiva situata tra i comuni di Levanto (La Spezia), Bonassola (La Spezia) e la località Vallesanta (La Spezia), veniva colpita da un incendio che distrusse oltre 340 ettari di bosco e macchia mediterranea;
a seguito dell'incendio, la succitata area veniva tempestivamente zonizzata dall'Amministrazione comunale di Levanto così come prescritto dalle normative vigenti, al fine di accedere agli specifici finanziamenti del dipartimento della protezione civile della Presidenza del Consiglio, con cui poter cominciare l'opera di bonifica ed il successivo rimboschimento;
la citata area si trova a poche centinaia di metri in linea d'aria dal parco nazionale delle cinque terre, considerato dall'UNESCO «patrimonio dell'umanità»;
la località di Vallesanta rientra nel «Contratto d'area» della provincia di La Spezia legge n. 662 del 1996, articolo 2, comma 203, lettera c), delibera CIPE del 21 marzo 1997, punto 3);
in data 31 luglio 2002, la «Conferenza dei servizi», a cui hanno partecipato i rappresentanti del comune di Levanto, della provincia di La Spezia, della regione Liguria e di altri enti di competenza, ha concesso il nullaosta per il rilascio di concessioni edilizie alla società Multiprogress SpA. per l'edificazione in località Vallesanta di una residenza turistico-alberghiera su un'area di 18.900 metri cubi di superficie;
detto rilascio di titoli e concessioni edilizie appare in netto contrasto con la «legge quadro nazionale» sugli incendi boschivi n. 353 del 21 novembre 2000) la quale all'articolo 10, comma 1, recita: «Le zone boscate ed i pascoli i cui soprassuoli siano stati percorsi dal fuoco non possono avere una destinazione diversa da quella preesistente all'incendio per almeno quindici anni. È comunque consentita la costruzione di opere pubbliche necessarie alla salvaguardia della pubblica incolumità e dell'ambiente. (...) È inoltre vietata per dieci anni, sui predetti soprassuoli, la realizzazione di edifici nonché di strutture e infrastrutture finalizzate ad insediamenti civili ed attività produttive, fatti salvi i casi
la legge costituzionale n. 3/2001 di modifica del Titolo V della Costituzione all'articolo 3 (lettera «s»), che riformula l'articolo 117 della Costituzione sancisce che: Lo Stato ha legislazione esclusiva nelle seguenti materie: (...) tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali». Dentro questa cornice costituzionale, le regioni possono legiferare in materia ambientale solo nel quadro della legge statale; inoltre la Corte Costituzionale (con sentenza n. 10 del 26 luglio 2002) ha prodotto una interpretazione della legge costituzionale in cui si afferma che: «...le Regioni nelle materie ambientali, nelle quali è eventualmente riconosciuta una competenza concorrente con lo Stato, possono adottare una disciplina diversa da quella statale ma solo se più restrittiva»;
un comitato cittadino spontaneo ha presentato al TAR Liguria un ricorso contro il comune di Levanto, la provincia di La Spezia e la società Multiprogress SpA. per la violazione della «legge-quadro in materia di incendi boschivi» legge n. 353 del 2000) la violazione della legge sui contratti d'area legge n. 662 del 1996, la violazione della legge regionale in tema di corsi d'acqua (legge regionale n. 9 del 1993) e, da ultimo, violazione del regolamento recante norme per l'attuazione di talune disposizioni della legge n. 36 del 1994, in materia di risorse idriche (decreto del Presidente della Repubblica n. 238 del 1999);
secondo fonti di informazione, sarebbero iniziati ad opera della Multiprogress SpA i lavori di costruzione della residenza turistico alberghiera in località Vallesanta denominata «Club Hotel Vallesanta» -:
se non si ritenga alla luce di quanto suesposto avviare un'attività di monitoraggio sugli adempimenti previsti dalla legge-quadro in materia di incendi boschivi, ai sensi della legge n. 353 del 2000, articolo 9, comma 1.
(4-04044)
Le disposizioni di detta legge, infatti, ponendosi come obiettivo la conservazione del patrimonio boschivo nazionale, quale bene insostituibile per la qualità della vita, contemplano numerose azioni volte a ridurre al minimo la possibilità di innesco degli incendi e, nel caso in cui questi si verifichino, a contenerne i danni.
In data 31 luglio 2002, la Conferenza dei Servizi, alla quale hanno partecipato i rappresentanti della regione Liguria, della provincia di La Spezia e del comune di Levanto oltre ad altri enti di competenza, ha concesso il nulla osta al rilascio di concessioni edilizie alla Società Multiprogress S.p.A. per l'edificazione di 18.900 metri cubi di cemento in località Vallesanta.
Le due tesi, oggetto di esame in sede amministrativa, giurisdizionale amministrativa e giurisdizionale penale, hanno riguardato prevalenza o meno della legge statale (legge n. 353 del 2000) su quella regionale (legge regionale n. 4 del 1999).
In particolare l'articolo 10 della predetta legge n. 353 del 2000 vieta, per 10 anni, l'edificazione di strutture finalizzate ad insediamenti civili ed attività produttive su soprassuoli percorsi dal fuoco. La costruzione del complesso turistico-alberghiero di Vallesanta non sarebbe consentita in quanto, seppur in presenza di strumenti urbanistici conformi per la destinazione d'uso alberghiera, approvati in data anteriore all'incendio, al momento di quest'ultimo, la concessione non risultava ancora rilasciata.
Diversamente, il comune di Levanto, la provincia di La Spezia e la regione Liguria hanno, invece, ritenuto applicabile e prevalente, sulla legge statale, la norma di cui all'articolo 46 della legge regionale della Liguria n. 4 del 1999, che consentirebbe la
Al riguardo, su ricorso di alcuni proprietari di aree vicine, il Tribunale amministrativo regionale della Liguria, a seguito di una approfondita disamina delle questioni prospettate, con sentenza del 21 febbraio 2003, ha, in sede di merito, annullato la concessione edilizia. La sentenza, pur non risultando ancora scaduti i relativi termini, al momento, non risulta essere stata impugnata.
La decisione del Tribunale amministrativo è stata motivata sulla base di un esame del contenuto della predetta legge-quadro statale n. 353 del 2000 che, come enunciato dall'articolo 1, contiene principi fondamentali dell'ordinamento ai sensi dell'articolo 117 della Costituzione.
In particolare il Giudice amministrativo ha provveduto ad un riscontro della gerarchia delle fonti, per individuare se sia prevalente la legge statale o quella regionale ed ha ritenuto prevalente il divieto previsto dall'articolo 10 della predetta legge statale, considerando illegittimo il rilascio del titolo concessorio in epoca successiva all'incendio e disponendone, quindi, l'annullamento. Inoltre, sotto il profilo penale, tutta la zona interessata, risulta attualmente oggetto di sequestro penale preventivo.
Tale sequestro ha trovato successivamente conferma da parte del GIP del Tribunale di La Spezia e della Corte di cassazione con sentenza n. 558 del 31 marzo 2003, con la conseguenza che i lavori sono stati bloccati.
A seguito delle modifiche introdotte dall'articolo 4, comma 173, della legge 350 del 2004 al testo originario della legge 353 del 2000, il Pubblico Ministero ha disposto, con provvedimento del 20 gennaio 2004, la revoca del sequestro delle aree in località Vallesanta di Levanto, interessate all'iniziativa edilizia.
Per le stesse ragioni è stato disposto lo stralcio degli atti relativi agli otto soggetti indicati per l'ipotesi contravvenzionale, di cui all'articolo 10 della legge n. 353 del 2000 e, quindi, il Pubblico ministero, in data 10 marzo 2004, ha formulato la richiesta di archiviazione al locale GIP.
Infine, nei confronti del funzionario del comune di Levanto che ha rilasciato la concessione edilizia, è stato trasmesso l'avviso di conclusione delle indagini preliminari.
Si fa, inoltre, presente che il Dipartimento della protezione civile, in data 26 aprile 2002 e 28 ottobre 2002, ha chiesto alla regione Liguria di predisporre, con urgenza, il Piano regionale per la programmazione delle attività di previsione e lotta attiva contro gli incendi boschivi, con la perimetrazione delle aree percorse dal fuoco e l'applicazione di divieti e sanzioni.
In seguito a tale richiesta la regione, in data 22 novembre 2002, ha approvato, con delibera della giunta n. 1402, il Piano regionale valido per il periodo 2003-2005. Questo sarà oggetto di revisione triennale, in relazione alle attività gestionali ed alla definizione delle aree e delle classi di rischio ed a revisione annuale, per diverse altre attività come, ad esempio, la descrizione degli interventi realizzati, le rilevazioni statistiche, la definizione delle attività future e la pianificazione delle aree regionali protette.
Il Ministro per i rapporti con il Parlamento: Carlo Giovanardi.