Allegato B
Seduta n. 477 del 15/6/2004


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GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta immediata:

BOATO. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
sia il volume «Le carte di Moro, perché Tobagi» (autori Roberto Arlati e Renzo Magosso), pubblicato alla fine del 2003 - e già oggetto di un'interpellanza, che finora non ha ottenuto risposta - sia recentemente anche il libro scritto da Giorgio Galli - che del volume di Arlati e Magosso ha redatto l'introduzione - intitolato «Piombo Rosso», hanno esposto, approfondito e svelato profondi interrogativi e gravi contraddizioni in ordine all'omicidio del giornalista Walter Tobagi ed alle cause, alle lacune ed alle omissioni che nei mesi precedenti lo hanno reso possibile, nonostante precisi dati informativi in possesso di ufficiali del nucleo antiterrorismo dell'Arma dei carabinieri e, in primo luogo, una nota redatta da un sottufficiale dei carabinieri, in codice denominato «Ciondolo»;
ulteriori testimonianze pubbliche, in questi mesi, da ultimo il 26 maggio 2004, riproposte nella puntata dedicata a Walter Tobagi e al suo omicidio dalla trasmissione televisiva «La storia siamo noi» di Giovanni Minoli per Rai educational, hanno evidenziato gravi responsabilità e omissioni che avrebbero preceduto e, dunque, contribuito a rendere possibile l'omicidio del giornalista Walter Tobagi;
i fatti e le testimonianze cui si fa riferimento, condivisi e confermati da numerose testimonianze pubbliche - ad esempio, nella sala stampa della Camera dei deputati nel dicembre del 2003 per la presentazione del volume di Arlati e Magosso e il 3 giugno 2004 a Milano nella presentazione del libro di Giorgio Galli - hanno evidenziato gravi profili decisionali e operativi in ordine sia all'Arma dei carabinieri, nel suo ruolo di polizia giudiziaria e in attività di antiterrorismo, sia alla procura della Repubblica di Milano, che ha avuto la responsabilità delle indagini;


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in numerose dichiarazioni pubbliche - da ultimo, secondo quanto riportato dalla agenzia Ansa del 3 giugno 2004, in occasione della presentazione del volume di Galli - il dottor Armando Spataro, all'epoca insieme al dottor Pomarici responsabile delle inchieste per la procura della Repubblica di Milano, ha smentito fatti e circostanze prodotte a condivisione della richiesta di apertura di nuove indagini ad accertamento della verità e, in particolare, in base a quanto riportato dalle agenzie di stampa, avrebbe affermato che la morte di Walter Tobagi, come altre, sarebbe «connessa solo e soltanto a quello che rappresentavano per la democrazia in questo Paese»;
il 28 maggio 2004 il presidente della Federazione della stampa nazionale italiana, Franco Siddi, commemorando la figura di Tobagi a ventiquattro anni dal suo omicidio, ha affermato che «i misteri che ancora ci sono intorno alla tragica fine di Walter Tobagi attendono di essere dipanati da una ricomposizione di verità necessaria. La sua famiglia, prima autentica erede di Tobagi e della sua anima di uomo di pace e di tolleranza, ha diritto a questa verità»;
sempre il 28 maggio 2004 a Milano, in occasione della cerimonia di commemorazione di Tobagi presso la sede de Il Corriere della Sera, nel corso della quale è stata posta una targa in ricordo del giornalista ucciso, il direttore del quotidiano, Stefano Folli, ha osservato: «noi pensiamo che si debba approfondire la vicenda in tutti i suoi aspetti e nello stesso momento noi rispettiamo le acquisizioni fatte dalle magistratura, che ha fatto indagini in tutte le direzioni. Ma riteniamo che non si tratti dì una storia che possa considerarsi completamente chiusa» e in quella sede, come costantemente fatto in questi anni e in questi mesi, la famiglia del giornalista assassinato ha riproposto le proprie domande di giustizia e di piena verità;
in un'intervista pubblicata dal settimanale Gente e anticipata dall'Ansa dell'8 giugno 2004, l'ex sottufficiale dell'Arma dei carabinieri in codice denominato «Ciondolo» ha confermato tutti i fatti e le dichiarazioni che, in particolare, sono citati nel volume di Arlati e Magosso -:
quale sia il giudizio del Governo e quali iniziative il Governo intenda assumere in riferimento ai fatti ed alle testimonianze pubbliche sul «caso Tobagi», che hanno fatto riferimento a responsabilità istituzionali e a decisioni devianti ed omissive riguardanti la polizia giudiziaria e le forze di sicurezza.
(3-03473)

Interrogazione a risposta scritta:

VIOLANTE, FINOCCHIARO, BONITO, CARBONI, GRILLINI, KESSLER, LUCIDI, MAGNOLFI, MANCINI, MUSSI, SINISCALCHI, ABBONDANZIERI, CALZOLAIO, DUCA, GALEAZZI, GASPERONI, GIACCO e PAOLA MARIANI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
il Consiglio Superiore della Magistratura con circolare n. 24710 del 2001 relativa alla formazione delle tabelle di organizzazione degli uffici giudiziari per il biennio 2002/2003, ha disposto - in particolare al Capo II, punti 15 e 16 - che la costituzione di ogni sezione del tribunale ordinario, sia civile che penale, richiede l'assegnazione di non meno di cinque magistrati e che solo per gli uffici di più ridotte dimensioni sono possibili sezioni composte da cinque magistrati compreso il presidente, purché giustificate da concrete e motivate esigenze di funzionalità del servizio;
tale disposizione ha determinato un vincolo organizzativo molto forte per molti tribunali italiani tra cui, ad esempio, quello di Macerata a cui sono assegnati in pianta organica, senza nessuna possibilità di modifica, dodici magistrati ugualmente ripartiti tra le due sezioni, civile e penale;
sino al 2002 la sezione civile del medesimo tribunale, pur essendo composta da otto magistrati e quella penale da quattro, non riusciva adeguatamente a smaltire il carico di lavoro, tanto che il tempo occorrente per ottenere la pronuncia di una sentenza


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di primo grado era di circa sei o sette anni - nonostante la costituita sezione stralcio competente per le cause antecedenti al 1995 - e che ogni giudice istruttore risultava oberato per circa 1000/1300 fascicoli ciascuno; tale situazione determinava, in tal modo e già a fine 2002, un triste primato per il tribunale di Macerata per le sopravvenienze di fascicoli in capo a ciascun magistrato;
ad opinione degli interroganti una situazione già grave rischia ora, alla luce della citata circolare e al conseguente spostamento di due giudici del civile alla sezione penale - nonché in forza della previsione per la quale ai magistrati della sezione penale non può essere assegnato alcun carico civile - di provocare una vera e propria paralisi dell'intero settore civile, con l'aggravante che tale provvedimento risulta pressoché inutile per il settore penale, il cui carico di lavoro in questi anni non è mai risultato particolarmente gravoso, ma comporterebbe, al contrario, un carico di lavoro per ciascun Giudice istruttore di 1800/2000 fascicoli ciascuno -:
se sia a conoscenza della più volte denunciata situazione critica del tribunale di Macerata e del rischio di una prossima paralisi del settore civile e in caso affermativo se non ritenga opportuno far pervenire al Consiglio Superiore della Magistratura una proposta di deroga - per tutti quei tribunali che versano in analoghe situazioni del tribunale marchigiano - che preveda, ad esempio, la modifica parziale dei criteri organizzativi per la formazione delle sezioni indicate nella circolare n. 24710, al fine di scongiurare in tempi rapidi il grave rischio di crisi del settore civile.
(4-10239)