Allegato B
Seduta n. 472 del 24/5/2004


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INTERROGAZIONI PER LE QUALI È PERVENUTA RISPOSTA SCRITTA ALLA PRESIDENZA

ANNUNZIATA. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
l'efficacia di un referendum abrogativo è determinata dal raggiungimento del quorum degli elettori votanti pari al 50 per cento più uno;
nel caso in specie, a differenza delle consultazioni politiche o amministrative, risulta evidente come la divulgazione del dato relativo all'affluenza dei votanti, effettuata prima della chiusura dei seggi, possa costituire di fatto un elemento di grave condizionamento dell'esito del risultato finale;
a poche ore dalla chiusura dei seggi, la consapevolezza del mancato raggiungimento del quorum utile, specie se per pochi valori percentuali, potrebbe orientare coloro i quali non hanno ancora votato ad andare o meno alle urne, a seconda dell'esito desiderato;
l'astensione dal voto in linea di principio costituisce una libertà, un diritto ed una legittima prerogativa dell'elettore, tant'è che essa è contemplata tra le ipotesi di atteggiamento rispetto ad un quesito referendario;
quando questa prerogativa è invece condizionata dalla conoscenza preventiva dell'orientamento che si sta determinando, seppur limitato al dato dell'affluenza (elemento però decisivo in una consultazione referendaria), allora risulta irrimediabilmente compromesso il principio della libera espressione del voto;
inoltre, soggetti direttamente interessati al superamento del quorum potrebbero esercitare forzate e strumentali mobilitazioni di elettori che non hanno ancora votato determinando una possibile condizione di ribaltamento del risultato referendario -:
se la circostanza rappresentata sia stata attentamente valutata dal Ministro interrogante e quali considerazioni siano state espresse al riguardo;
se, nell'imminenza della prossima consultazione referendaria, non ritenga inopportuno che sia comunicato il dato sull'affluenza alle urne prima della chiusura dei seggi elettorali e, nel caso in cui lo valuti inopportuno, quali iniziative ritenga di poter adottare al fine di consentire nelle consultazioni referendarie una libera espressione del voto ed una reale manifestazione della volontà popolare.
(4-06537)

Risposta. - In relazione alla segnalata inopportunità di procedere alla comunicazione di dati sull'affluenza alle urne prima della chiusura dei seggi elettorali, per non condizionare in alcun modo la libera volontà degli elettori di recarsi o meno alle urne, si precisa quanto segue.
In occasione delle ultime due consultazioni referendarie del 15 e 16 giugno 2003 tenutesi ai fini dell'abrogazione, rispettivamente, della norma di legge sulla servitù coattiva di elettrodotto e di quella sulla fissazione di limiti numerici ed esenzioni


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per l'applicazione dell'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, come accertato dall'ufficio centrale per il referendum presso la Corte di Cassazione, risulta non aver partecipato la maggioranza degli aventi diritto al voto, contrariamente a quanto prescritto dall'articolo 75, 4o comma della Costituzione a proposito dei requisiti d'efficacia dei referendum abrogativi di leggi, essendo state le percentuali d'affluenza complessiva alle urne solo di poco superiori al 25 per cento per entrambi i referendum.
Premesso quanto sopra, si soggiunge che in occasione di tutte le consultazioni popolari, sia elettorali che referendarie, il Ministero dell'interno, nel corso delle votazioni, ha acquisito e diffuso, in determinati orari, i dati relativi all'affluenza dei cittadini alle urne, corrispondendo con ciò alle aspettative ed istanze degli organi di stampa e d'informazione, delle forze politiche e della stessa collettività.
Atteso che ai sensi della normativa vigente le operazioni di voto per i
referendum si svolgono dalle ore 08 alle ore 22 della domenica e dalle ore 07 alle ore 15 del lunedì successivo, può essere utile rammentare che, in occasione dei due referendum citati in premessa, le notizie sui votanti sono state rilevate con riferimento alle ore 12, 19, 22 della domenica ed infine alle ore 15 del lunedì, cioè alla chiusura delle operazioni stesse. Ne consegue che il dato sull'affluenza acquisito e diffuso alla fine della prima giornata di voto (cioè di domenica), non può comunque avere un significato decisivo sulla partecipazione finale ed effettiva dei cittadini alla consultazione, dovendosi comunque protrarre le operazioni di voto per altre otto ore, dalle ore 07 alle ore 15 del lunedì.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Antonio D'Alì.

AZZOLINI. - Al Ministro della salute, al Ministro delle politiche agricole e forestali. - Per sapere - premesso che:
ormai da anni in Campania vengono denunciati casi di abbandono o diretta uccisione di piccoli maschi di bufalo, che sarebbero non utili agli allevatori del settore in quanto non produttori di latte;
una denuncia pubblica della Fondazione «Mondo Animale» di Castel Volturno (Caserta) evidenzia tale pratica comprovata dai dati dell'anagrafe bufalina che registrerebbe nascite in esclusiva «femmine» (contraria ad ogni legge naturale) e quindi confermerebbe che la maggior parte dei maschi «sparisce» dopo la nascita;
sempre la stessa Fondazione stima in circa 50.000 i bufali maschi che nascono ogni anno in Campania e che, verosimilmente, vengono subito abbandonati o soppressi illegalmente in ossequio alla crudele logica di mercato anche per evitare i costi di abbattimento ed avvio all'incenerimento;
in data 14 marzo 2003 in località Cancello Arnone (Caserta) sono stati rinvenuti, in una fossa comune, 55 bufalini di cui cinque ancora in vita. Ritrovamento che confermerebbe la teoria prima evidenziata e cioè che sono gli allevatori a disfarsi dei piccoli bufali maschi in quanto non remunerativi:
se non ritengano di intervenire con la necessaria urgenza al fine di impedire il protrarsi di questa pratica di abbandono ed uccisione dei bufali maschi.
(4-06047)

Risposta. - Si risponde all'interrogante sulla base degli elementi di competenza di questo Ministero e delle notizie acquisite presso la prefettura-ufficio territoria1e del Governo di Napoli.
L'assessore alla sanità della regione Campania ha precisato che, nell'ambito operativo dei distretti sanitari nn. 1, 2, 3, 4, 5 dell'ASL Caserta 2, non è stato riscontrato alcun ritrovamento di piccoli bufali abbandonati o uccisi, mentre, nell'ambito operativo n. 6 del distretto di Cancello Arnone, in data 13 marzo 2003, furono ritrovate 80 carogne di vitelli bufalini maschi, insieme alle carogne di una bufala adulta e 5 vitelli bufalini maschi, sprovvisti di marchio auricolare.
Questi ultimi, dopo l'apposizione del marchio auricolare, furono dati in custodia


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alla dottoressa Dorothea Fiz, nella sua qualità di rappresentante di una associazione protezionistica di animali, operante nella zona interessata e, pur sottoposti alle cure del caso, successivamente sono morti.
L'assessore ha altresì fatto presente che, in nessun caso, le carni provenienti dai predetti animali abbattuti sono entrate nel circuito alimentare.
L'assessorato in questione ha comunicato che sono stati intensificati gli interventi di verifica e controllo sul benessere animale da parte della ASL competente, al fine di impedire il protrarsi della pratica di abbandono dei bufali maschi da parte degli allevatori; sono allo studio ulteriori iniziative finalizzate alla soluzione definitiva del problema, in collaborazione con le associazioni di categoria.
Per quanto riguarda l'attività svolta da questo Ministero in merito al problema posto nell'interrogazione in esame, va precisato che la regione Campania è stata più volte sollecitata affinché si adoperasse per la risoluzione del gravoso problema dei bufali nati maschi, scartati dall'allevamento e abbandonati morti, si sospetta a volte anche vivi, nel territorio. Le autorità regionali hanno organizzato, nello scorso mese di luglio, una riunione tecnica alla quale hanno partecipato rappresentanti degli assessorati all'agricoltura, all'ambiente, alla sanità, dell'università e degli allevatori, nella quale è stata confermata l'esigenza di ricercare appropriate soluzioni.
Una prima ipotesi è stata illustrata dai rappresentanti regionali che hanno prospettato la possibilità di erogare agli allevatori un contributo per la raccolta e la distribuzione di ogni carcassa di animale morto.
Un'alternativa potrebbe essere quella di una creazione di un mercato che utilizzi le carni di questi giovani animali.
A tal riguardo, si è ipotizzato il loro utilizzo a scopo alimentare umano o per l'alimentazione degli animali da compagnia; quest'ultima possibilità è stata, tuttavia, scartata in quanto si è evidenziato che i mangimifici nazionali trovano più conveniente approvvigionarsi dai paesi terzi.
La possibilità di utilizzare gli annutoli allevati per l'ingrasso è stata accolta favorevolmente e si è ipotizzato l'invio dei bufali maschi da carne sui mercati dell'Italia settentrionale.
Considerando che ogni anno nascono approssimativamente 30.000 bufali maschi, il progetto potrebbe interessare per il primo anno almeno 2000 capi, in modo da saggiare la risposta del mercato al nuovo prodotto, da incrementare eventualmente negli anni successivi.
È stata, infine, scartata la proposta di avviare uno studio per il sessaggio degli animali mirato alla nascita di solo femmine, poiché si potrebbe determinare un fenomeno altrettanto grave, quale l'esigenza di dover abbattere le femmine eccedenti.
Gli assessorati alla sanità, all'agricoltura e all'ambiente della regione Campania si sono impegnati a stilare un progetto comune per giungere alla risoluzione della problematica in oggetto; le autorità regionali, inoltre, hanno espresso la propria disponibilità, anche economica, per potenziare la vigilanza sulle aziende del territorio, compresa la verifica dell'anagrafe, eventualmente ricorrendo a convenzioni con i medici veterinari.
Si sottolinea che questo Ministero continuerà a seguire con estrema attenzione l'evoluzione del fenomeno e specificatamente le risoluzioni adottate dalla regione Campania, al fine di sconfiggere il deprecabile comportamento della soppressione dei bufali maschi nel periodo neonatale, nonché il loro abbandono nelle discariche o in altre località non appropriate.
Il Sottosegretario di Stato per la salute: Cesare Cursi.

BALLAMAN. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
la strada statale 251 della Valcellina-Val di Zoldo attraversa il territorio comunale di Barcis (Pordenone);
all'altezza della confluenza del fiume Cellina con il torrente Varma, il greto del corso d'acqua principale si alza quasi a livello della sede stradale a causa di un


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eccessivo inghiaiamento e delle mancate manutenzioni degli ultimi anni;
in passato la situazione di dissesto idrogeologico ha comportato svariate chiusure al traffico della stessa statale 251 a causa delle continue esondazioni del Cellina e del Varma, tagliando in due la Valcellina e costringendo gli abitanti di Cimolais, Etto e Casso e Claut a percorsi alternativi da centinaia di chilometri;
per scongiurare nuove interdizioni al traffico dell'unico asse viario che collega la valle, una continua e massiccia operazione di bonifica dagli inerti sembra doversi affiancare ad un intervento parallelo di rialzo della sede stradale;
l'ipotesi di un innalzamento della carreggiata della 251 è stata più volte ribadita da alcuni amministratori dell'Alta Valcellina, preoccupati anche per lo stallo venutosi a creare nella bonifica dagli inerti in eccesso dopo alcune polemiche di natura prettamente localistica;
il progetto di elevare di alcuni metri la massicciata sulla quale far transitare i veicoli pare di facile realizzazione, di impercettibile impatto ambientale e, soprattutto, di limitati costi (l'intervento dovrebbe, infatti, riguardare solo qualche centinaio di metri di statale dalla confluenza dei due corsi d'acqua al centro urbano di Arcola);
risulta necessario, secondo l'interrogante, un pronunciamento ufficiale dell'Anas e del competente Ministero prima di una completa regionalizzazione degli assi viari del Friuli Venezia Giulia -:
se sia a conoscenza dei problemi venutisi a creare in più occasioni lungo la statale 251 della Valcellina-Val di Zoldo a causa delle continue esondazioni del fiume Cellina e del torrente Varma e dei conseguenti blocchi della viabilità interna a questa porzione di territorio provinciale; quali giudizi dia della fattibilità di un intervento strutturale che porti all'innalzamento della statale 251 nel punto di maggiore criticità, individuabile con estrema facilità nel tratto compreso tra la confluenza del Varma e l'abitato di Arcola, in Comune di Barcis (Pordenone); e se possa fornire fin da subito una tempistica di massima e i presunti costi di un intervento di questo genere, richiesto a gran voce dalla popolazione locale e da alcuni amministratori dell'Alta Valcellina.
(4-09355)

Risposta. - In ordine alle problematiche relative alla statale n. 251 evidenziate con l'interrogazione parlamentare indicata in oggetto, l'Anas Spa interessata al riguardo, fa presente che il problema generato dalla confluenza dei due torrenti Varma e Cellina, aggravato dal continuo innalzamento delle ghiaie, è noto, tanto è vero che la Protezione civile è intervenuta diverse volte negli ultimi tempi, con sghiaiamenti che però non hanno portato risultati apprezzabili.
L'Anas ritiene che la soluzione ipotizzata dall'interrogante, consistente nell'innalzamento della quota stradale, andrebbe valutata attraverso propedeutiche fasi di progettazione attualmente non previste in strumenti programmatici. Comunque, un intervento di rialzo potrebbe essere concretizzato solamente con la realizzazione di un viadotto con enorme impatto ambientale sui luoghi oltre che con notevoli costi.
La società stradale informa, infine, che la strada in argomento sarà trasferita entro il 31 dicembre 2005 alla regione Friuli-Venezia Giulia.
Il Viceministro delle infrastrutture e dei trasporti: Ugo Martinat.

DORINA BIANCHI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto risulta all'interrogante sembrerebbero escluse immotivatamente dalla campagna di informazione promossa dal Centro Nazionale Trapianti alcune associazioni del Sud Italia, in particolare delle regioni Calabria e Sicilia, nonostante la pluriennale attività esperita da queste ultime con sacrificio e costanza;


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tale esclusione risulterebbe penalizzante proprio perché diretta a regioni storicamente più deboli e che hanno faticosamente iniziato a capire l'importanza della donazione e quindi dei trapianti -:
se tali notizie corrispondano al vero e in caso affermativo quali siano i motivi di tale eventuale esclusione.
(4-05479)

Risposta. - La legge 1o aprile 1999, n. 91, recante disposizioni in materia di prelievo e di trapianti di organi, attribuisce al Ministero della salute il compito di promuovere iniziative di informazione dirette alla sensibilizzazione dei cittadini, prevedendo espressamente la possibilità di avvalersi per tale attività della collaborazione delle associazioni di volontariato.
Per la Campagna 2002, è stato definito un piano di intervento diretto ad aumentare la fiducia dei cittadini verso il sistema trapianti (tema: «la sicurezza») e ad incentivare le dichiarazioni di volontà favorevoli alla donazione di organi (tema: «la consapevolezza»).
È stata prevista una campagna di comunicazione, sviluppata intorno a due messaggi:
«Il sistema trapianti è sicuro», per il tema della sicurezza; «il trapianto salva la vita-Dona la vita», per il tema della consapevolezza.

Come priorità assoluta è stata definita quella di raggiungere il più ampio numero di persone, diversificando il più possibile le iniziative.
Sono state individuate le iniziative di comunicazione da realizzare, con le organizzazioni di volontariato e selezionate le organizzazioni «capofila» cui affidarne l'attuazione: l'Aido, per la campagna stampa e la campagna informativa e di comunicazione
on-line, l'Aned, per l'organizzazione di eventi, e l'Associazione Forum, per la campagna tabellare.
I parametri utilizzati per la selezione sono stati:
rappresentatività a livello nazionale, per la capacità di raggiungere il
target più ampio possibile;
organizzazione in forma di Confederazione, per la capacità di coinvolgere il maggior numero di Associazioni possibile.

Per questa ragione tra le Associazioni capofila è stata individuata la «Confederazione forum nazionale delle associazioni di neuropatici trapiantati d'organo e di volontariato» (forum nazionale), alla quale aderiscono associazioni del settore di tutto il territorio nazionale, con una significativa e rilevante adesione delle Associazioni del sud Italia, comprese le regioni Calabria e Sicilia (come l'Asit di Cosenza, l'Apro di Messina, l'Aset di Cagliari, l'Ante, l'Anerc e l'Atom della Campania).
Anche per il 2004, il criterio selettivo delle associazioni italiane donatori di organi è quello della maggiore rappresentatività nel territorio nazionale.
Pertanto l'Aido, l'Aned, il Forum nazionale, l'Ante e la Federazione Liverpool gestiranno una specifica iniziativa di comunicazione, a nome e per conto di tutte le altre Associazioni di volontariato.
Il Ministro della salute: Girolamo Sirchia.

BIELLI. - Al Ministro dell'interno, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
il 25 ed il 26 maggio 2003 si sono svolte le elezioni per il rinnovo del Consiglio Provinciale di Roma;
come previsto dalle norme vigenti i cittadini che erano ricoverati presso ospedali e cliniche, in tale periodo, potevano esercitare il diritto di voto grazie al sussidio di appositi «seggi volanti», messi a disposizione per i pazienti che ne avevano fatta richiesta;
al Policlinico Umberto I di Roma tale sistema ha messo in evidenza delle lacune in particolare risulta all'interrogante il caso del signor Salvatore Sciacca ricoverato presso la prima clinica medica nel reparto geriatria che non ha potuto esercitare tale diritto, nonostante ne avesse


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fatta regolare richiesta e regolarmente iscritto nelle liste elettorali -:
se risulti al Ministro dell'interno quanto detto in premessa e quali iniziative intenda assumere per verificare se nella suddetta struttura ospedaliera il diritto di voto è stato pienamente esercitato, o se al contrario esistano episodi da accertare;
se non intendano, più in generale, assumere iniziative al fine di garantire un maggior coordinamento tra il personale sanitario ed i membri dei seggi predisposti per il voto, allo scopo di garantire trasparenza e certezza del diritto di voto del paziente-elettore.
(4-06483)

Risposta. - Da notizie acquisite dal competente ufficio territoriale del Governo, risulta che in occasione delle consultazioni elettorali per il rinnovo degli organi elettivi della provincia di Roma, svoltesi il 25 maggio 2003, è stato istituito un seggio speciale di cui all'articolo 9, comma 1, della legge 23 aprile 1976, n. 136 presso il Policlinico Umberto I, con l'incarico di raccogliere il voto degli elettori ivi ricoverati che avevano fatto richiesta in tal senso, essendo impossibilitati a recarsi fuori dell'istituto per esprimere il diritto di voto.
La direzione sanitaria, nella circostanza, ha tempestivamente espletato presso l'ufficio elettorale del comune di Roma le procedure previste dalla legge per la formazione dell'apposito elenco degli operatori degenti ammessi a votare presso il seggio di che trattasi, a seguito delle quali è stata rilasciata al signor Salvatore Sciacca - al quale fa riferimento la S.V. - l'autorizzazione a votare presso il seggio speciale, unitamente alla tessera elettorale necessaria per l'ammissione al voto, ritirate personalmente dall'interessato all'interno del Nosocomio.
In data 25 maggio 2003 il presidente del summenzionato seggio, come previsto dalla normativa, si è recato presso detto ospedale - nella fascia oraria concordata con la direzione unitaria - allo scopo di acquisire il voto degli elettori ricoverati ed espressamente autorizzati. In quell'occasione, il signor Sciacca gli avrebbe però riferito di non essere in possesso della tessera elettorale e di non voler esercitare il diritto al voto, come attestato dallo stesso Presidente nella relazione redatta in proposito.
Il documento di cui sopra veniva successivamente rinvenuto da un'infermiera sul comodino del degente e quindi restituito all'interessato, il quale, tuttavia, si rifiutava di attestarne l'avvenuta riconsegna.
Tutto ciò premesso, come confermato anche dal direttore sanitario del Policlinico Umberto I, si fa presente che l'attività elettorale in argomento risulta essere stata espletata, in ogni sua fase, in maniera corretta e che il signor Sciacca è stato messo in condizione di poter esercitare il proprio diritto al voto.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Antonio D'Alì.

BORRIELLO. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
la Micron Technology Italia negli ultimi mesi ha registrato perdite di fatturato per un ammontare pari a circa 386 milioni di dollari annunciando, il 10 febbraio 2003, una serie di tagli dei posti di lavoro del 10 per cento nello stabilimento di Avezzano (L'Aquila) -:
quali misure intenda adottare perché siano salvaguardati i livelli occupazionali presso lo stabilimento italiano della società suindicata, e affinché siano reimpiegati i lavoratori eventualmente espulsi dal processo produttivo.
(4-08055)

Risposta. - Si comunica quanto riferito dal servizio ispettivo della direzione provinciale del lavoro de l'Aquila.
In data 19 gennaio 2004 è stato sottoscritto alla presenza del Presidente della regione una ipotesi di accordo sulla parte normativa che prevede il mantenimento dell'articolazione dell'orario di lavoro, la costituzione di un comitato strategico (Azienda e organizzazioni sindacali) incaricato di individuare, con l'ausilio degli


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enti locali, tutte le opportunità atte a migliorare le condizioni produttive e l'integrazione con il territorio e la costituzione di una commissione paritetica consultiva (azienda e organizzazioni sindacali) incaricata della definizione della prestazione lavorativa attesa (variazioni orari lavoro, pause, eccetera).
L'ipotesi di accordo sulla parte economica, sottoscritta dalla FIOM CGIL, dalla FIM CISL e UILM UIL e dalla FISMIC CONFSAL prevede la realizzazione di una politica retributiva che assicuri una equa rispondenza tra la prestazione e la retribuzione fondata su modelli economici che prevedono nuovi parametri.
La stessa ipotesi prevede incentivazioni, anche individuali, per i dipendenti che adeguano la propria professionalità alle esigenze e alle sfide di mercato aziendali.
Lo studio e l'analisi dei criteri per l'attuazione dell'ipotesi di accordo relativa alla parte economica è demandata ai due istituti paritetici di cui al citato accordo.
Il Sottosegretario di Stato per il lavoro e per le politiche sociali: Maurizio Sacconi.

CIMA e PANATTONI. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
il comune di Torino ha approvato un progetto che prevede la realizzazione di un parcheggio sotterraneo sotto la secentesca Piazza San Carlo, il più delicato e prezioso salotto barocco del capoluogo piemontese e unanimemente riconosciuta una delle piazze più belle d'Italia;
il progetto preliminare prevede un parcheggio interrato per un piano di circa 11.000 mq per il ricovero di 370 auto ed avrebbe ottenuto il nullaosta delle autorità preposte alla tutela del patrimonio paesaggistico e culturale nonostante la sua ancora sommaria definizione;
l'ambito urbano della piazza è oggetto di vincolo ai sensi della legge n. 1089 del 1939 (attualmente decreto legislativo n. 490 del 1999) in quanto rappresenta un complesso urbano unitario di alto valore ambientale, storico e artistico, contrassegnato dalla presenza di due chiese secentesche, dal monumento ottocentesco conosciuto come «Caval d'brons» in centro piazza e da numerosi palazzi nobiliari, unica memoria dell'impianto urbanistico originario del 1600;
il progetto, per il quale sono state già avviate le trivellazioni, al fine di individuare la presenza di eventuali preesistenze archeologiche, è stato presentato come la condizione per la pedonalizzazione della piazza, nonostante il fatto tale iniziativa fosse stata legata, negli anni scorsi, dapprima alla costruzione del parcheggio sotto via Roma e poi a quella di un nuovo parcheggio in Piazza Valdo Fusi, il cui cantiere è ancora aperto senza che la promessa pedonalizzazione abbia mai avuto luogo;
la realizzazione del parcheggio sotterraneo comporta la manomissione dell'impianto della piazza, della sua morfologia, della sua pavimentazione e della sua stessa fruizione. Fra l'altro in seguito al decreto del Ministro dell'interno 1 febbraio 1986 in materia di norme antincendio per le autorimesse, dovranno essere realizzate griglie di ventilazione di misura non inferiore ad un venticinquesimo della superficie del parcheggio (quindi pari ad oltre 400 mq), un sistema di sfiati per la ventilazione meccanica e torrette per la ventilazione naturale, uscite di sicurezza in numero adeguato e manufatti vari, con il conseguente danno dell'equilibrio architettonico ed ambientale della piazza;
Piazza San Carlo, anche dopo la realizzazione del parcheggio sotterraneo, dovrebbe convivere comunque con una soluzione viabilistica caotica e poco razionale, che prevede un percorso di traffico tangente alla piazza ed una serie di nodi viari decisamente labirintici disegnati per aggirare la Chiesa, con l'effetto di rendere ancor più caotica e congestionata la circolazione automobilistica;


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il progetto si inserisce in una strategia contraddittoria, più volte contestata dai residenti e dalle associazioni di tutela ambientale, che si esprime nella dichiarata volontà di liberare dalle automobili alcune aree storiche, portando contemporaneamente sempre più automobilisti in centro con il miraggio di trovare posto in parcheggi ricavati attraverso un uso improprio degli ambiti di pregio artistico ed architettonico;
anche a seguito delle numerose proteste e degli esposti presentati da cittadini ed associazioni come Italia Nostra, da dichiarazioni alla stampa risulterebbe che il progetto dovrebbe essere parzialmente modificato con l'eliminazione delle rampe di accesso inizialmente previste ai lati delle chiese e di fronte a Palazzo Bricherasio, confermando comunque la volontà di costruire il parcheggio proprio sotto Piazza San Carlo -:
quali iniziative urgenti il Governo intenda intraprendere per bloccare la realizzazione di un progetto, intitolato beffardamente «riqualificazione ambientale di Piazza San Carlo» che si configura come una manomissione irreversibile di una delle più belle piazze italiane e del patrimonio monumentale della città di Torino;
se sia noto l'elementare fatto che il parcheggio è generatore di traffico e se conseguentemente sia compatibile la sua collocazione nel cuore del centro storico che invece necessiterebbe l'allontanamento del traffico motorizzato privato;
sulla base di quali valutazioni la Soprintendenza di Torino abbia potuto dare il nulla osta al progetto in questione, ancora in fase preliminare, che comporta pesanti interventi di modificazione dell'ambiente urbano palesemente incoerenti con il contesto architettonico e con la pretesa finalità di riqualificazione ambientale dell'area;
se siano state valutate le conseguenze delle possibili ulteriori prescrizioni che il parere obbligatorio dei Vigili del Fuoco previsto dal citato decreto ministeriale 1 febbraio 1986 potrebbe comportare per i valori monumentali ed architettonici della Piazza, e se siano state valutate le conseguenze che la realizzazione del progetto potrebbe avere sui resti del bastione cinquecentesco adiacente;
quali iniziative siano state intraprese per garantire la salvaguardia del complesso urbanistico di Piazza San Carlo e del valore aggiunto che tale patrimonio culturale garantisce alla città, per evitare, nel rispetto delle prescrizioni dell'articolo 49 del decreto legislativo n. 490 del 1999, che sia messa in pericolo l'integrità delle cose immobili tutelate, e sia danneggiata la prospettiva o la luce o ne siano alterate le condizioni di ambiente e di decoro;
se non si intenda assicurare la pedonalizzazione della Piazza e la realizzazione di una adeguata fascia di rispetto nella zona circostante senza la realizzazione di pesanti interventi di modificazione strutturale e di ulteriori parcheggi che hanno il solo effetto di attirare maggiore flusso di traffico in centro;
se risponda al vero che il Ministro interrogato si sia espresso in favore del parcheggio di Piazza San Carlo e se ne abbia assicurato la realizzazione e se così fosse quali siano stati gli elementi tecnici a supporto di tali affermazioni;
se il Governo sia informato dell'appello in difesa di Piazza San Carlo dall'intervento di manomissione, sottoscritto da centinaia di personalità del mondo accademico, della cultura, della scienza, della informazione, delle associazioni nonché da numerosi esponenti politici di diversa estrazione.
(4-06271)

Risposta. - Il comune di Torino già da tempo ha progettato tale intervento in piazza San Carlo, nell'ambito di una scelta di assetto urbanistico più ampia e finalizzata a limitare il traffico veicolare nel centro cittadino ed a liberare, al contempo, la superficie della piazza da un parcheggio a raso, ivi attualmente situato, che di fatto


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rende non godibile la piazza stessa e le sue pregevoli quinte architettoniche.
Pertanto, nella prospettiva urbanistica del comune, il parcheggio è un tassello di un piano di riordino a più largo respiro della intera viabilità centrale cittadina, piano destinato - nelle prospettive dell'ente locale - a rendere pedonale anche un tratto di via Roma e a spostare alcune linee tranviarie in modo da rendere pedonali pure gli spazi prospicienti il complesso di Palazzo Carignano e del museo egizio.
Tanto rappresentato, e chiarito che le scelte urbanistiche, in quanto attinenti al governo del territorio, sono di esclusiva pertinenza degli enti locali, questo Ministero non può non sottolineare che l'esteso sistema centrale pedonalizzato, ideato dal comune di Torino, è suscettibile di riverberare benefici effetti anche sul sistema museale centrale, in particolare per la parte per la quale prevede di potenziare l'accessibilità del museo egizio, oggi penalizzata da una linea tranviaria (anch'essa oggetto del futuro spostamento) che sfiora la porta di accesso del Museo.
La competente soprintendenza, nell'esaminare l'ipotesi di intervento previsto dall'amministrazione comunale in piazza San Carlo, lo ha ritenuto assentibile ponendo alcune condizioni in ordine alle soluzioni progettuali da adottare per la sua realizzazione.
Anzitutto, la soprintendenza ha richiesto che al garage sotterraneo si accedesse non attraverso rampe da creare
ex novo, ma utilizzando allo scopo le rampe già esistenti del parcheggio sotterraneo di via Roma.
In tal modo, l'area della Piazza non verrà in alcun modo interessata da manufatti in rilievo di qualunque genere che siano in rapporto con il sottostante parcheggio.
Il comune ha recepito la detta indicazione.
Altra condizione è che piazza San Carlo, del cui originario assetto c'è traccia nei documenti di archivio, venisse risistemata secondo un accurato criterio storico-filologico sia per quello che riguarda la pavimentazione sia per quello che riguarda il dislivello (presente fra marciapiede e piano di calpestio della piazza) che oggi rimarca la parte pedonale (portici) da quella al momento occupata dai veicoli.
In merito, si chiarisce che piazza San Carlo, di origine seicentesca, ha subìto nel tempo molte trasformazioni, sia per quanto riguarda i prospetti degli edifici su di essi prospicienti sia per quanto riguarda la pavimentazione (che ha subìto trasformazioni varie: era infatti attraversata da una linea tranviaria poi eliminata), la quale, comunque, nell'attuale configurazione, risale ai primi decenni del Novecento.
Essa è composta essenzialmente da cubetti di porfido che verranno riproposti riutilizzando, ove possibile, gli stessi materiali di recupero.
Allo stesso modo si procederà per quanto riguarda il sistema illuminante.
Per quel che attiene al dislivello, come già detto ad oggi presente, ma che costituisce un'alterazione dell'assetto più antico, esso verrà eliminato e il ripristino della complanarità fra piazza e marciapiedi, tipica dell'assetto storico, tornerà utile anche per la eliminazione delle barriere architettoniche che attualmente sono presenti tra portici e piazza.
Al riguardo, si anticipa anche che verranno riproposte sul disegno della piazza antiche «ruere» di pietra su cui in passato transitavano i carri.
Infine, l'altra condizione posta dalla soprintendenza riguarda la problematica delle griglie di areazione del garage sotterraneo. In proposito, si comunica che, a seguito di studi approfonditi sulla tipologia delle griglie e dei materiali che le costituiscono, la scelta definitiva si sta orientando verso ghise o altri materiali di fusione, intervallati da elementi lapidei.
In adesione alla richiesta della soprintendenza, il comune di Torino provvederà anche ad ottenere una deroga rispetto agli
standard vigenti in materia di areazione di garage sotterranei, al fine di praticare la ventilazione di detti garage anche con soluzioni di tipo diverso, in armonia con le vigenti normative europee, sulla scorta delle esperienze maturate nel settore da molte città estere.


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Infine, va evidenziato che il comune di Torino, sempre d'intesa con la soprintendenza (che ha collaborato alle scelte estetiche ed ha effettuato l'alta sorveglianza sui lavori), ha recentemente realizzato cospicui interventi di riqualificazione delle piazze e delle vie storiche della città: essi hanno riguardato anche tutti i prospetti dei Palazzi che si affacciano su piazza San Carlo, la quale, una volta liberata dal traffico e dal parcheggio all'aperto, sarà una delle più belle piazze di Torino.
Ovviamente è da rimarcare che lo sviluppo successivo del progetto sarà seguito costantemente dalla competente soprintendenza, di pari passo con l'opera dell'amministrazione comunale.
Il Sottosegretario di Stato per i beni e le attività culturali: Nicola Bono.

COLASIO. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
per l'attuazione di quanto riposto dal decreto legislativo n. 490 del 1999, è istituito nel bilancio del ministero per i beni e le attività culturali, centro di responsabilità direzione generale per i beni architettonici e il paesaggio, il capitolo di bilancio n. 8311;
per tale capitolo, sino al 2001, era garantita all'amministrazione la disponibilità delle risorse secondo i tempi ordinari di approvazione del bilancio dello stato, consentendo all'ufficio di procedere, già dal mese di febbraio, all'erogazione degli importi secondo tempi programmati pari a 1/2 mesi dal ricevimento della documentazione a consuntivo delle opere realizzate;
modifiche normative intervenute in materia di bilancio hanno previsto che per tale fondo ogni amministrazione elabori un piano di rassegnazione delle risorse ai vari centri di spesa autorizzato dallo stesso Ministro dell'economia;
per l'anno 2003, il decreto relativo a tale piano è stato sottoscritto dal ministero dell'economia e delle finanze in data 28 agosto 2003, per cui, esauriti gli adempimenti relativi alla registrazione dell'atto, la disponibilità in termini di competenza e cassa è esatta resa possibile solo a partire dalla metà del mese di settembre;
questo ha comportato una evidente sofferenza del settore e difficoltà notevolissime per i soggetti privati ed enti in attesa del rimborso, determinando, dove i contributi erano stati programmati per stati di avanzamento, anche un rallentamento nell'esecuzione delle opere di restauro;
i danni subiti potrebbero, peraltro, indurre gli interessati a presentare quanto meno richiesta di riconoscimento di interessi, con ulteriori oneri a carico dello Stato -:
se non sia il caso, fatta salva, pertanto, una verifica della possibilità di arrivare ad una assegnazione delle risorse in tempi compatibili con le esigenze del settore, di adottare le opportune iniziative per giungere all'esclusione del capitolo 8311, dal fondo unico di investimento, soluzione giustificata anche dal fatto che l'oggetto del capitolo non è costituito da un investimento posto in essere dalla pubblica amministrazione con proprie risorse, bensì dal rimborso a privati di somme da loro già impiegate per la conservazione del patrimonio culturale.
(4-08291)

Risposta. - In ordine all'interrogazione parlamentare indicata in discorso relativa alla previsione di uscita del capitolo 8311 dal fondo unico d'investimento, la direzione competente ha comunicato che è in corso la formalizzazione dell'atto da sottoporre al ministero dell'economia e delle finanze.
Inoltre, la stessa direzione ha reso noto che, per effetto del decreto del ministero dell'economia e delle finanze del 29 dicembre 2003, riguardante la ripartizione in capitoli delle unità previsionali di base relative al bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2004, nel citato capitolo


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8311 risultano disponibili, con decorrenza dal 1o gennaio 2004, risorse di cassa pari a venti milioni di euro.
Ciò ha consentito alla direzione generale per i beni architettonici ed il paesaggio di proseguire, senza ulteriori ritardi, nel pagamento dei contributi statali ai sensi del decreto legislativo n. 490 del 1999.
Il Sottosegretario di Stato per i beni e le attività culturali: Nicola Bono.

MAURA COSSUTTA. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
la perdita da parte di Aci Italia della posizione di gestore unico per il soccorso stradale, avvenuta nel 1997, ha comportato per la controllata Aci 116 una riduzione di personale di ben 259 unità delle quali una parte coperta con prepensionamenti e le restanti 176 unità riassorbite da Aci Italia tramite selezioni di idoneità;
lo scorso 10 febbraio 2003 la società Aci Global (ex Aci 116) ha comunicato l'avvio di una ulteriore procedura di riduzione di personale interessante 171 lavoratori ai sensi della legge n. 223 del 1991, ex articolo 4 e 24, comportando la conseguente chiusura dei centri diretti per il soccorso stradale e autostradale;
dei 171 lavoratori interessati dalla nuova riduzione di personale, solo 30 - al termine del periodo di mobilità - potranno essere collocati in pensione mentre i restanti 141 verranno a trovarsi senza lavoro e senza reddito;
la soluzione per le 141 unità potrebbe essere quella del loro riassorbimento da parte di Aci Italia visto che nella pianta organica della stessa, approvata dalla Presidenza del Consiglio dei ministri il 6 settembre 1995, risulta una carenza di organico di oltre 500 posti, interessanti varie qualifiche professionali;
l'assorbimento delle 141 unità da parte di Aci Italia non comporterebbe alcun aggravio di spesa per l'erario, vivendo Aci Italia dei proventi delle proprie attività istituzionali ed anzi comporterebbe un notevole risparmio non dovendo ricorrere alla corresponsione dell' indennità di mobilità prevista dalla legge n. 223 del 1991 -:
se ritenga opportuno intervenire presso Aci Italia affinché, facendo seguito alla soluzione già adottata nel 1998, sia riassorbita nell'organico le 141 unità risultanti in esubero al termine del periodo di mobilità.
(4-08400)

Risposta. - La questione sollevata nell'interrogazione trae origine dalla trasformazione societaria avvenuta in Aci Italia nel 1997, con la conseguente creazione di una società nuova, la Aci 116, oggi Aci Global, giuridicamente autonoma rispetto alla prima e con una gestione separata del proprio personale.
L'Aci Global, come è noto, nel febbraio 2003 ha avviato una procedura di mobilità relativa a 171 dipendenti in esubero. Procedura che si è conclusa il 16 maggio 2003, presso questo Ministero, con un accordo sottoscritto dalle parti, che prevede la ricollocazione all'interno dell'azienda di 41 lavoratori, e la messa in mobilità di 130 dipendenti.
La proposta di far confluire il personale in esubero nei ruoli della Aci Italia venne avanzata già in sede di trattazione della vertenza, ma la suddetta società trovò inapplicabile tale ipotesi, essendo necessario per accedere nei propri ruoli, un concorso pubblico.
Peraltro, tenuto conto che il precedente inquadramento, nei ruoli dell'Automobil Club d'Italia, di personale analogo a quello in esame avvenne in virtù dell'articolo 46, della legge finanziaria per il 1999 e, allo stato attuale, si ritiene che per procedere secondo l'ipotesi prospettata nell'atto in esame, necessiti, parimenti, una specifica disposizione di legge.
Il Sottosegretario di Stato per il lavoro e per le politiche sociali: Maurizio Sacconi.


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DELMASTRO DELLE VEDOVE. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
il signor Iannuzzo Pasquale, collaboratore Unep presso il tribunale di Biella dal 18 dicembre 1997 con originaria area funzionale C, in data 17 marzo 2001 presentava istanza - anche in via cautelativa - per i posti disponibili per il distretto di Napoli, nella posizione economica C2;
ilprovvedimento di urgenza del giudice unico del tribunale di Biella - sezione lavoro, in data 16 maggio 2001, confermato dal tribunale di Biella in sede di reclamo ex articolo 669-terdecies del codice di procedura civile, con provvedimento del 12 giugno 2001, depositato il 18 giugno 2001, riconosceva all'esponente la posizione economica C3;
nelle graduatorie provvisorie per l'ammissione al percorso formativo relativo al procedimento di selezione interna F.D.C. 13 dicembre 2001 (boll. uff. n. 24 del 31 dicembre 2001) l'esponente veniva ammesso con riserva nella posizione n. 94 per la qualifica C 2 per il distretto di Napoli;
il signor Iannuzzo Pasquale chiedeva al ministero della giustizia chiarimenti in ordine all'ammissione con riserva ed alla costruzione del punteggio attribuito (31,250 punti);
il ministero della giustizia - direzione generale del personale e della formazione, ufficio III, concorsi ed assunzioni segnalava al signor Iannuzzo Pasquale che l'ammissione era stata prevista in ragione del pronunciato provvedimento di natura cautelare;
ulteriori richieste di chiarimento rimanevano senza riscontro ma, nella graduatoria definitiva, il nominativo del signor Iannuzzo Pasquale non risulta più compreso;
il signor Iannuzzo Pasquale ha ottenuto trasferimento presso il tribunale di Ariano Irpino, temporaneamente sospeso anche in relazione ai carichi di lavoro gravanti sul tribunale civile e penale di Biella;
appare di difficile comprensione la ragione per la quale il nominativo del signor Iannuzzo Pasquale non figura più nella graduatoria definitiva, atteso che il provvedimento che aveva dato luogo all'ammissione con riserva, non risulta, allo stato, né caducato né modificato;
vale altresì la pena di osservare che, in ogni caso, l'attribuzione di una qualifica superiore, peraltro già disposta in via cautelare con provvedimento giudiziale, non potrebbe comunque costituire pregiudizio alla partecipazione al corso in questione;
il signor Iannuzzo Pasquale nell'ambito della causa di merito pendente avanti al tribunale di Biella, sezione lavoro (RGL n. 158/2001) ha richiesto la disapplicazione di due articoli del CCNL di categoria e il giudice dottoressa Claudia Ramella, con propria ordinanza dell'11 dicembre 2001, ha rilevato il carattere pregiudiziale, ex articolo 64 del decreto legislativo n. 165/2001, della questione relativa alla interpretazione autentica del CCNL per il comparto dei ministeri del 16 febbraio 1999, in particolare per appurare se «per gli ufficiali giudiziari per i quali non erano previste qualifiche se non la settima, valga ugualmente l'automatismo, indipendentemente dalle effettive mansioni svolte (direzione e rilevanza esterna) nel senso della riqualificazione nella posizione economica C1 e se così operando il contratto integrativo di amministrazione all'articolo 25 rispetti le proprie attribuzioni»;
il quesito è pertanto pervenuto all'ARAN che, con comunicazione che, ad avviso dell'interrogante, appare a dir poco sconcertante, ha così risposto con nota depositata presso la Cancelleria della Sezione Lavoro del Tribunale Civile di Biella: «... omissis ... considerato che in data 11 febbraio e 14 marzo 2002 si sono svolte presso l'ARAN riunioni allo scopo di pervenire all'interpretazione autentica del citato articolo 16; il giorno 20 marzo 2002


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alle ore 15,00 si è svolta l'ultima riunione finalizzata alla conclusione delle trattative e, dopo ampio dibattito, al termine dei lavori, l'ARAN, stante le differenti valutazioni sulla questione sollevata, registra l'impossibilità di pervenire all'accordo per l'interpretazione autentica di cui in premessa»;
appare francamente sconcertante, come detto, che l'ARAN possa in tal modo risolvere una questione che, al di là del caso di specie e dei problemi sollevati dall'interessato, ha una portata evidentemente di carattere nazionale e che, se non adeguatamente risolto, può creare un contenzioso di proporzioni gigantesche con preoccupanti prospettive per il Ministero della giustizia;
non pare neppure ammissibile che, ancorché in presenza di differenti interpretazioni, la vicenda possa, da parte dell'ARAN, concludersi con una sorta di «denegata interpretazione», che, in tal caso, sarebbe difficile comprendere il senso stesso dell'esistenza dell'agenzia -:
se il Governo ritenga ammissibile un atteggiamento «pilatesco» quale quello manifestato dall'ARAN nel caso di specie;
se vi sia, e, in caso affermativo, quale sia l'organo al quale un magistrato può rivolgersi per ottenere, ex articolo 64 del decreto legislativo n. 165/2001, il supporto di una interpretazione autentica per una corretta e ben motivata decisione di merito;
se, tenuto conto del fatto che appare evidente, palmare e documentale che l'ARAN non è in grado di fornire una interpretazione al CCNL per il comparto dei ministeri del 16 febbraio 1999, e tenuto conto altresì del fatto che dalla interpretazione richiesta discende come conseguenza la partecipazione ai corsi di riqualificazione (che potrebbero divenire ultronei), il Governo non ritenga di dovere sospendere, fino a chiarimento intervenuto ed anche allo scopo di evitare spese enormi e teoricamente inutili, i corsi medesimi;
se non ritenga infine che, in assenza di una urgentissima comunicazione ufficiale della interpretazione autentica richiesta dal giudice del lavoro del Tribunale di Biella, possa profilarsi l'esplosione di un contenzioso che, astrattamente, potrebbe coinvolgere migliaia di aventi diritto.
(4-02694)

Risposta. - Il signor Iannuzzo Pasquale, collaboratore Unep C1 (già assistente Unep - ex aiutante Unep - dal 17 marzo 1983 e dal 30 dicembre 1997 collaboratore Unep - ex ufficiale giudiziario) in servizio presso l'Unep di Biella, in data 17 marzo 2001, presentava domanda di partecipazione alla procedura di riqualificazione riservata al personale dipendente per la copertura di 794 posti disponibili per il distretto di Napoli nella posizione economica C2 della figura professionale dell'ufficiale giudiziario.
Lo stesso Iannuzzo in data 10 aprile 2001 presentava ricorso ex articolo 700 codice procedura civile con il quale chiedeva il riconoscimento della qualifica C3 e la disapplicazione del P.D.G. 5 marzo 2001 procedimento per Ufficiale giudiziario C3-C2.
Con ordinanza in data 16 maggio 2001 il tribunale di Biella, in funzione di giudice del lavoro, ha ordinato all'amministrazione di riconoscere in via cautelare e provvisoria al ricorrente la qualifica C3 nell'area C del comparto di categoria, disapplicando sempre in via provvisoria nei suoi confronti il procedimento di selezione interna pubblicato nel Bollettino ufficiale del ministero della giustizia n. 3 del 15 febbraio 2001, nella parte in cui si richiede il diploma di laurea anche al personale già in forza prima dell'entrata in vigore del CCNL 16 febbraio 1999.
Il tribunale di Biella, in sede collegiale, a seguito di reclamo proposto dall'amministrazione interrogata, volto ad ottenere la revoca del provvedimento ex articolo 700 codice procedura civile, emesso in data 16 maggio 2001, con ordinanza in data 12 giugno 2001, confermava in integralmente il provvedimento cautelare emesso tra le parti il 16 maggio 2001 dal giudice unico del lavoro di Biella.


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In conseguenza dei predetti provvedimenti giurisdizionali l'amministrazione interrogata ha provveduto a disapplicare nei confronti del ricorrente quanto previsto dal bando di selezione del 15 febbraio 2001, relativamente ai requisiti per l'ammissione al percorso formativo (anzianità di 4 anni nella posizione economica C1 o possesso del diploma di laurea in giurisprudenza o in scienze politiche o in economia e commercio ovvero di diplomi di laurea equipollenti per l'accesso alla posizione economica C2) ed ha, di conseguenza, ammesso con riserva, per il distretto di Napoli, il signor Iannuzzo, alla procedura di selezione professionale interna per la copertura di 794 posti disponibili nella posizione economica C2 della figura professionale dell'ufficiale giudiziario in virtù di provvedimento cautelare.
In tale procedura il signor Iannuzzo occupa la posizione «non utile» n. 93 su n. 87 ammessi al percorso formativo.
Non è stato possibile ammettere lo stesso alla contestuale procedura per Ufficiale Giudiziario C3 per mancanza di domanda.
Con sentenza n. 164 del 3 dicembre 2002 il Tribunale di Biella ha dichiarato il diritto del ricorrente all'inquadramento nella posizione C2 dal 1o gennaio 1998 ed al superiore trattamento retributivo a partire dalla stessa data.
In estrema sintesi il giudicante, interpretando l'articolo 20 del CCNL comparto ministeri sottoscritto il 16 febbraio 1999 (relazioni sindacali del sistema classificatorio) ha ritenuto che «...il fatto che il CCNL (citato) sembra prevedere l'inquadramento automatico degli appartenenti all'ex categoria VII nella posizione C1, area funzionale C, non impedisce, di giungere ad un diverso inquadramento. Si sottolinea infatti che solo il contratto integrativo parla di ufficiali giudiziari, là dove il CCNL dispone in generale... l'articolo 23 del contratto integrativo (CCI del ministero della giustizia 1998-2001) nella classificazione specifica degli ufficiali giudiziari individua nella posizione economica C2 lavoratori che, con responsabilità diretta (dizione che differenzia tale inquadramento da quello C1) amministrano tutte le somme riscosse dall'unità organica NEP... lo Iannuzzo ha sia direttamente che in via di sostituzione della dirigente tale amministrazione... del resto lo stesso organico dell'Ufficio NEP prevede due C2. Al ricorrente pertanto a partire dal 1o gennaio 1998 spetta l'inquadramento nell'area funzionale C, posizione economica C2».
L'amministrazione ha tempestivamente chiesto (in data 22 gennaio 2003) all'Avvocatura distrettuale di Torino di proporre impugnazione. Con nota 13 settembre 2003 la citata Avvocatura ha comunicato di aver proposto appello avverso la sentenza citata con atto depositato in data 23 luglio 2003. La discussione del ricorso è fissata all'udienza del 17 maggio 2005 avanti la Corte di appello di Torino.
Per quanto attiene la disciplina vigente in materia di procedura di interpretazione autentica dei Contratti Collettivi Nazionali, si fa presente che l'articolo 64 del decreto legislativo n. 165 del 2001, prevede che quando per la definizione di una controversia individuale di lavoro di cui all'articolo 63, sia necessario risolvere in via pregiudiziale una questione concernente l'efficacia, la validità o l'interpretazione delle clausole di un contratto o accordo collettivo nazionale, sottoscritto dall'ARAN, ai sensi dell'articolo 40 e seguenti, il giudice, con ordinanza, nella quale indica la questione da risolvere, fissa una nuova udienza di discussione e dispone la comunicazione degli atti all'ARAN perché provveda, entro trenta giorni, alla convocazione delle organizzazioni sindacali firmatarie, per verificare la possibilità di un accordo sull'interpretazione autentica del contratto collettivo, ovvero sulla modifica della clausola controversa.
Lo stesso articolo 64 stabilisce che all'accordo sull'interpretazione autentica si applicano le disposizioni di cui all'articolo 49 del decreto legislativo n. 165 del 2001.
L'articolo 49 del decreto legislativo n. 165 del 2001 stabilisce che quando insorgono controversie sull'interpretazione dei contratti collettivi, le parti che li hanno


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sottoscritti si incontrano per definire consensualmente il significato della clausola controversa.
L'eventuale accordo, stipulato con le procedure di cui all'articolo 47 (che disciplina il procedimento di contrattazione collettiva), sostituisce la clausola controversa sin dall'inizio della vigenza del contratto.
Se le parti contrattuali non raggiungono l'accordo sull'interpretazione autentica o sulla modifica della clausola contrattuale, sempre ai sensi dell'articolo 64 citato, il giudice decide con sentenza sulla sola questione concernente l'efficacia, la validità o l'interpretazione della clausola contrattuale, impartendo distinti provvedimenti per l'ulteriore istruzione o per la prosecuzione della causa in corso.
Dal complesso normativo sopra esaminato, risulta, dunque, evidente che, contrariamente a quanto ritenuto dall'interrogante, non può, in nessun caso, essere l'ARAN a fornire interpretazioni autentiche dei CCNL, poiché tale competenza è demandata dalla legge, in via esclusiva, alle stesse parti che hanno sottoscritto il contratto di cui il Giudice richieda, in via pregiudiziale, l'interpretazione.
Infatti, l'interpretazione autentica, ai sensi dell'articolo 64 del decreto legislativo n. 165 del 2001, non è mai un atto unilaterale, ma deve essere raggiunta consensualmente dalle parti negoziali.
In altre parole, il compito demandato all'ARAN non è quello di fornire, unilateralmente, un'interpretazione autentica del contratto, ma è esclusivamente quello di convocare le organizzazioni sindacali firmatarie, per verificare la possibilità di definire un accordo sull'interpretazione autentica del contratto collettivo, ovvero, se necessario, sulla modifica della clausola controversa.
A tale riguardo, può essere utile, infine, evidenziare che è proprio il legislatore che considera non abnorme la possibilità che le parti - cioè le stesse parti firmatarie - non raggiungano un accordo di interpretazione autentica e, pertanto, ne detta una disciplina compiuta. In sostanza prevede espressamente come ipotesi normali due alternative, e le disciplina entrambe, indicando i rispettivi distinti adempimenti e procedure.
Infine, relativamente allo stato attuale delle procedure di riqualificazione del personale degli uffici NEP precedentemente avviata con P.D.G. 5 febbraio 2001 e poi sospese per sopravvenuti provvedimenti giurisdizionali cautelari, con l'accordo del 14 ottobre 2003 raggiunto con le organizzazioni sindacali, al fine di portare a compimento le procedure di riqualificazione del personale, il percorso di riqualificazione del personale Unep è stato diviso in due procedure, con contestuale sospensione allo stato di quella relativa ad ufficiale giudiziario C3.
Tutti gli ufficiali giudiziari C1, già ammessi al percorso formativo per ufficiale giudiziario C3/C2, sono stati automaticamente ammessi al percorso formativo per ufficiale giudiziario C2 e ad essi si aggiungeranno altri candidati fino al numero massimo di 1588.
Il gruppo di lavoro nominato dalla competente Direzione Generale sta provvedendo al controllo della veridicità delle dichiarazioni contenute nelle domande dei candidati aventi titolo a formazione per definire l'esatta composizione della graduatoria di tutti gli ammessi al percorso formativo.
Il Ministro della giustizia: Roberto Castelli.

DELMASTRO DELLE VEDOVE. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
le straordinarie raccolte numismatiche di Palazzo Massimo a Roma costituiscono un patrimonio storico e culturale straordinario, e certamente unico nel suo genere;
risulta all'interrogante che a tutt'oggi non è stato fatto il lavoro di schedatura e neppure gli studiosi possono accedere alle raccolte;
va peraltro ricordato che l'imponente collezione di monete donata da Vittorio Emanuele III allo Stato esigeva, perché


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così volle il donante, che esse fossero valorizzate, studiate ed offerte all'attenzione del pubblico e degli studiosi;
complessivamente le raccolte contengono circa 500.000 monete;
appare inspiegabile che un tale patrimonio venga così negligentemente custodito -:
se vi sia un progetto per la catalogazione delle monete custodite in Palazzo Massimo a Roma;
se vi sia un successivo progetto per consentire di mostrare al pubblico e, in particolare, agli studiosi le raccolte numismatiche, con i dovuti criteri di sicurezza;
quali siano i tempi ragionevolmente prevedibili per riuscire a riportare all'onor del mondo una raccolta assolutamente unica nel suo genere e di straordinario prestigio per il nostro Paese.
(4-07284)

Risposta. - In ordine all'interrogazione parlamentare indicata in discorso, concernente le raccolte numismatiche custodite in Palazzo Massimo a Roma, interpellati gli uffici competenti, si rappresenta quanto segue.
Per quanto riguarda la catalogazione delle monete conservate nel Medagliere, considerato l'enorme numero di pezzi, la soprintendenza competente ha presentato un programma di acquisizione dati e immagini digitali all'Istituto centrale e la documentazione per il relativo finanziamento.
Si rende noto, inoltre, che questa amministrazione ha in progetto la realizzazione di un Museo numismatico nazionale, con sede a Roma, al fine di favorire la fruizione e la valorizzazione del ricchissimo patrimonio di monete e di medaglie, tra cui anche la prestigiosa raccolta di monete donata al popolo italiano da Vittorio Emanuele III di Savoia (costituita da circa 110.000 pezzi medievali e moderni), attualmente in consegna alla soprintendenza archeologica di Roma, per motivi di sicurezza.
In proposito, si rende noto che sono in corso incontri tecnici con i diversi organismi interessati per individuare una sede idonea e prestigiosa, quale potrebbe essere il Palazzo attualmente sede dell'Istituto poligrafico e zecca dello Stato, nel quale poter esporre il vastissimo materiale.
Il Sottosegretario di Stato per i beni e le attività culturali: Nicola Bono.

DELMASTRO DELLE VEDOVE, GIANNI MANCUSO, MEROI, TAGLIALATELA, RICCIUTI, CARRARA, SCALIA e SAIA. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
il quotidiano finanziario Finanza & Mercati di martedì 14 ottobre 2003, alla pagina 7, dà notizia di una «ristrutturazione-choc» che Monte Paschi Siena avrebbe in animo di realizzare;
in concreto, sarebbero stati programmati tagli all'organico del gruppo per non meno di 1.750 unità entro il 2006;
tale ipotesi si concreterebbe nel piano industriale che il Direttore generale di Monte Paschi Siena dottor Emilio Tonini dovrebbe presentare a metà novembre;
la decisione troverebbe una giustificazione nel costo medio unitario del personale del gruppo che attualmente si aggira sui 64.600 euro contro una media dei principali concorrenti di 62.700 euro;
l'obiettivo che Monti Paschi Siena si propone è scendere da 27.580 unità a 25.830 con un risparmio di circa 175 milioni di euro;
il 29 maggio 2003 il consiglio di amministrazione di Monte Paschi Siena aveva approvato un'intesa raggiunta con le organizzazioni sindacali circa gli esuberi, con la previsione del riassorbimento delle uscite di almeno un terzo con assunzioni di giovani e dunque costi contenuti;
l'ipotesi di una riduzione secca di 1.750 unità, decisa senza alcuna consultazione con le organizzazioni dei lavoratori, sta destando comprensibile allarme ed alzando il livello della conflittualità;


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è necessario prevenire, in uno scenario economico già di per sé difficile, una decisione che aprirebbe un fronte di lotta destinato a coinvolgere non soltanto Monte Paschi Siena, ma l'intero mondo del credito -:
se, ovviamente rispettando l'autonomia decisionale dell'impresa, non ritenga di favorire un costruttivo confronto tra Monte Paschi Siena ed organizzazioni dei lavoratori al fine di contenere nella misura massima possibile l'ipotizzata riduzione di personale che, altrimenti, genererebbe un pericoloso aumento della conflittualità sociale.
(4-07702)

Risposta. - In ordine alla situazione del Gruppo Monte dei Paschi di Siena, la competente Direzione Provinciale del lavoro di Siena ha riferito, come di seguito riportato, quanto rappresentato dal dirigente responsabile del servizio rapporti di lavoro e relazioni sindacali del suddetto Gruppo.
La banca in esame ha fatto ricorso, nel 2003, al cosiddetto «Fondo di solidarietà», costituito con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale n. 158 del 28 aprile 2000.
Tale fondo consente, in sostanza, al sistema bancario che sta attraversando un periodo di rilevante rinnovamento e ristrutturazione, di interrompere il rapporto di lavoro con quei dipendenti di elevata anzianità e quindi prossimi al pensionamento, che troverebbero difficoltà ad affrontare nuovi ambiti di attività professionali.
Nello specifico, l'accesso al fondo è consentito ai lavoratori con almeno 52 anni di età e 30 anni di contribuzione, con la fruizione di un assegno (calcolato nella misura del 60 per cento della retribuzione lorda mensile, secondo i criteri indicati nello stesso decreto n. 158), fino alla maturazione del diritto alla pensione e, comunque, fino ad un massimo di 60 mesi, con diritto per i fruitori dell'assegno all'accreditamento di contribuzione figurativa utile ai fini pensionistici.
L'accesso al Fondo avviene in forza di un accordo sindacale, del giugno 2003, che prevede le uscite dal rapporto di lavoro su base volontaria.
In concomitanza con la definizione dell'accordo predetto, il Monte dei Paschi di Siena ha concordato con le organizzazioni sindacali di effettuare un piano di immissioni di neo assunti, attraverso apposite procedure selettive, pari a n. 155 unità, nell'immediato, per far fronte alle attuali esigenze di organico, oltre ad un ulteriore quantitativo di risorse, da inserire gradualmente, pari ad 1/3 rispetto alle uscite connesse all'attivazione del Fondo di solidarietà. Il piano di assunzioni è in via di attuazione.
Il Sottosegretario di Stato per il lavoro e per le politiche sociali: Maurizio Sacconi.

DELMASTRO DELLE VEDOVE. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
è forte la polemica, nella città di Pavia, circa le condizioni in cui viene tenuta la piazza Leonardo da Vinci, considerata uno degli scorci più suggestivi della città;
in particolare, in un desolante quadro di abbandono, desta sconcerto la condizione di indecente trasandatezza in cui «sopravvive» la cripta paleocristiana di Sant'Eusebio, oggi impossibile da visitare e riconoscibile per l'orribile tettoia che la deturpa a partire dagli anni Settanta;
è necessario ripristinare un principio di rispetto per questo bene culturale che, splendido al proprio interno, è circondato, all'esterno, dalle più atroci ed insopportabili volgarità che si coniugano con una condizione di mortificante abbandono -:
se vi sia consapevolezza, da parte della competente soprintendenza, della tristissima condizione in cui è lasciata la cripta paleocristiana di Sant'Eusebio della piazza Leonardo da Vinci della città di Pavia, e, in caso affermativo, quali urgenti iniziative intenda assumere per rimuovere la tettoia che la deturpa e per consentire la completa fruibilità del bene culturale.
(4-08265)


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Risposta. - In ordine all'interrogazione parlamentare indicata in discorso, concernente piazza Leonardo da Vinci a Pavia ed in particolare la cripta paleocristiana dell'ex chiesa di Sant'Eusebio, sentiti gli uffici competenti, si rappresenta quanto segue.
Innanzitutto si rammenta che la chiesa in questione, dopo vari interventi, nel 1923 venne definitivamente demolita, mentre la cripta a cinque navate con volte a crociera decorate fu conservata e sottoposta a tutela con decreto ministeriale 6 ottobre 1978.
Negli anni Settanta sono stati eseguiti diversi interventi di consolidamento e di restauro, nonché è stata realizzata una struttura metallica di copertura, tuttora risultante in buono stato di conservazione, pur necessitando di periodici interventi di manutenzione. Al riguardo, si evidenzia che l'auspicata rimozione della copertura, non solo non gioverebbe alla migliore salvaguardia del bene, ma altresì comporterebbe una completa esposizione delle murature della cripta agli eventi atmosferici, con grave danno alla conservazione delle stesse.
Per quanto riguarda l'asserito stato di degrado dell'area in questione, la soprintendenza territorialmente competente, a seguito di un sopralluogo effettuato, ha reso noto che la cripta non presenta, almeno esteriormente, segnali che possano testimoniare condizioni di incuria e di abbandono, così come anche piazza Leonardo da Vinci, anche se la suddetta piazza è al momento in parte interessata dai lavori di consolidamento e di restauro della Torre del Maino, interventi comunque che sono in fase di ultimazione.
Si segnala, infine, che lo stesso ufficio ha richiesto al comune di Pavia, proprietario della cripta, di relazionare in merito allo stato di conservazione della stessa ed alle modalità previste per consentire l'accesso al pubblico.
Il Sottosegretario di Stato per i beni e le attività culturali: Nicola Bono.

FIORI. - Al Ministro della difesa, al Ministro per la funzione pubblica, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
i vincitori del concorso pubblico per 504 collaboratori amministrativi presso il Ministero della difesa bandito in data 15 dicembre 2000, hanno costituito il comitato «vincitoridifesa» con lo scopo di porre in essere tutte le iniziative lecite, in conformità dell'ordinamento giuridico per garantire la propria assunzione;
le graduatorie sono state approvate in data 27 dicembre 2002 e non sono stati ancora assunti a causa del blocco delle assunzioni;
l'amministrazione della difesa opera in condizioni di carenza del personale, costringendola ad adibire personale privo di qualifica a mansioni superiori, con evidente compromissione del buon andamento e dell'efficacia del dicastero;
per l'anno 2004, l'articolo 3, comma 55, della legge finanziaria per il 2004 stabilisce che, nell'ambito della procedura di autorizzazione alle assunzioni di personale da parte delle amministrazioni pubbliche in deroga al divieto di assumere dipendenti pubblici a tempo indeterminato, stabilito dal comma 53 dello stesso articolo, deve essere valutata prioritariamente «l'immissione in servizio del personale addetto a compiti connessi alla sicurezza pubblica, al rispetto degli impegni internazionali, alla difesa nazionale...»;
il Ministero della difesa e tutti gli uffici che ad esso fanno capo, sia civili che militari, sono per legge, «addetti a compiti connessi alla difesa nazionale»;
l'articolo 34, comma 6, della legge finanziaria per il 2003 stabilisce, in relazione alla medesima procedura di autorizzazione alle assunzioni, ma per l'anno 2003, tra le altre, la valutazione prioritaria dell'immissione in servizio «dei vincitori di concorsi espletati alla data del 31 dicembre 2002»;
l'articolo 3, comma 55, della legge finanziaria per il 2004 stabilisce per l'anno


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2004, tra l'altro, la valutazione prioritaria dell'immissione in servizio «dei vincitori di concorsi espletati alla data del 30 settembre 2003»;
l'articolo 3, comma 54, della legge finanziaria per il 2004 ha previsto la possibilità di concedere deroghe al divieto per le amministrazioni pubbliche di procedere ad assunzioni di personale a tempo indeterminato, su richiesta delle stesse amministrazioni, «per effettive, motivate ed indilazionabili esigenze di servizio»;
la carenza di organico nella quale opera il Ministero della difesa ha assunto proporzioni di emergenza indilazionabile;
il problema concerne in particolar modo le qualifiche medio-alte relative all'area C, per le quali il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 26 giugno 1998 prevede un organico complessivo di 4604 unità e si registra, invece una presenza di sole 2.561 unità;
la rideterminazione dell'organico al 31 dicembre 2003 ha stimato necessaria una dotazione di 1.863 unità nell'area C1;
allo stato attuale per l'area C1, sono presenti solo 260 collaboratori amministrativi e 530 collaboratori contabili, per un totale di 790 unità su 1.863 che sarebbero necessarie;
il malfunzionamento dell'amministrazione difesa, a causa della carenza del personale civile era già stato oggetto di attenzione da parte del legislatore del 1999; l'articolo 1 della legge n. 579 del 1999, infatti, ha delegato il Governo ad emanare una serie di provvedimenti normativi diretti ad attuare un profondo processo di ristrutturazione dell'amministrazione difesa;
la carenza di personale civile assume dimensioni tali da condizionare il funzionamento degli enti del Ministero della difesa, in modo tale che questi non possono avvalersi delle figure professionali più elevate previste dai modelli organizzativi introdotti con il processo di ristrutturazione intrapreso;
per tali motivi il Ministero della difesa fu autorizzato con decreto del Presidente della Repubblica 30 agosto 2000 a bandire un concorso per la copertura di un totale di 504 posti nell'area C, posizione economica C1;
in data 5 marzo 2003 il Sottosegretario di Stato alla difesa, onorevole Filippo Berselli, in risposta ad un'interrogazione parlamentare vertente proprio sull'ammanco di collaboratori amministrativi presso il Ministero, affermò l'auspicio da parte dell'Amministrazione di una loro integrale assunzione nel corso del 2004 -:
quali siano gli intendimenti e le iniziative che i Ministri interessati, per quanto di loro competenza, intendano adottare affinché si proceda al più presto all'assunzione dei vincitori del concorso pubblico per 504 collaboratori amministrativi (area C, posizione economica C1) presso il Ministero della difesa, bandito in data 15 dicembre 2000.
(4-09286)

Risposta. - L'amministrazione della difesa ha posto in essere tutte le azioni possibili per assumere il maggior numero consentito di vincitori dei concorsi già espletati, con ricorso alla deroga al blocco delle assunzioni di personale a tempo indeterminato nella pubblica amministrazione previsto dalla legge finanziaria 2003 (articolo 34).
In tale ambito, ha rappresentato più volte agli organi competenti la necessità di assumere i 699 vincitori dei concorsi inseriti nelle graduatorie già approvate entro il 31 dicembre del 2002.
Purtroppo, nonostante le reiterate richieste del dicastero, il risultato è stato fortemente condizionato dalle limitate risorse finanziarie, 80 milioni di euro stanziati per il 2003, insufficienti a soddisfare il fabbisogno complessivo della pubblica amministrazione.
Pur tuttavia si è ottenuto che, in sede di valutazione di tutte le esigenze di assunzioni


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rappresentate, eccedenti complessivamente le risorse finanziarie disponibili, la difesa fosse autorizzata ad assumere, nel 2003, 160 unità su 1.234 già vincitrici dei concorsi espletati.
La legge finanziaria per l'anno 2004 (n. 350 del 2003) ha confermato il divieto di assunzioni a tempo indeterminato, prevedendo, comunque, la possibilità di deroghe nel limite di un contingente di personale complessivamente corrispondente ad una spesa annua lorda pari, a regime, a 280 milioni di euro, sulla base di alcuni criteri di priorità e precedenza dettati da particolari esigenze funzionali ed organizzative, nonché dalla finalità di favorire l'immissione in servizio di specifiche professionalità e categorie di personale.
In tale contesto, l'amministrazione della difesa:
a) intende anche per il 2004 perseguire l'obiettivo strategico, di procedere alle assunzioni dei vincitori dei concorsi;
b) perseverare nell'attività di sensibilizzazione nei riguardi degli organi decisionali, affinché con il meccanismo della deroga possano essere ripianate, se non completamente, almeno buona parte delle gravi carenze esistenti.

Al riguardo, il competente dipartimento della funzione pubblica ha assicurato che, attese le richieste di assunzioni che avanzeranno le amministrazioni pubbliche e compatibilmente con il fondo previsto dalla predetta legge finanziaria 2004, si procederà ad una scelta attenta dei criteri e delle situazioni prioritarie indicate dalla legge per talune amministrazioni o categorie di personale, secondo un piano di programmazione delle assunzioni da sottoporre all'approvazione del Consiglio dei Ministri, al fine di consentire alle amministrazioni interessate di avviare le assunzioni di personale che riguardano prevalentemente i vincitori di concorsi.
In tale quadro, assume notevole rilevanza sia la previsione di aumento del fondo per le assunzioni di cui alla «finanziaria 2004» rispetto all'anno precedente, sia la recente approvazione della risoluzione n. 8-00078 dell'onorevole Ramponi.
L'atto approvato

impegna il Governo
, compatibilmente con le risorse disponibili e tenuto conto delle richieste di assunzione provenienti dalle altre amministrazioni, a considerare prioritariamente le assunzioni degli 890 vincitori dei concorsi espletati dall'amministrazione della difesa, prevedendo, nel 2004, l'immissione in servizio di buona parte di essi.
Ai sensi delle disposizioni di legge, il dipartimento della funzione pubblica e quello della Ragioneria Generale dello Stato con circolare U.P.P.A. 1571/4 del 25 febbraio 2004, consultabile sul sito internet www.funzionepubblica.it hanno fissato i criteri ed i parametri cui debbono attenersi le pubbliche amministrazioni per richiedere la deroga al blocco.
La competente direzione generale per il personale civile, nell'ambito degli adempimenti previsti dalla circolare, ha provveduto ad inoltrare la richiesta in questione relativamente ai vincitori dei diversi concorsi dell'amministrazione della difesa, fra cui anche quelli dell'Area «C» appartenenti alla posizione economica «C1».
In conclusione, si sta cercando, con il massimo impegno, di attuare ogni possibile azione per risolvere il problema ovvero per completare il programma delle assunzioni nel più breve tempo possibile.
Il Ministro della difesa: Antonio Martino.

FOTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere se nell'ambito dell'imminente revisione degli organi dei Tribunali si intenda tenere conto del necessario potenziamento di quello di Piacenza, anche in ragione del fatto che, a breve, i magistrati in servizio presso detto tribunale saranno soltanto undici, il che costituirà un vero e proprio record negativo.
(4-03778)

Risposta. - Con riferimento all'interrogazione parlamentare indicata in discorso, nella quale si sottolinea la necessità di


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procedere al potenziamento dell'organico del personale di magistratura del tribunale di Piacenza, si rappresenta che l'ufficio in questione ha beneficiato di ampliamenti dell'organico dei magistrati in occasione della riforma del giudice unico (decreto ministeriale 1o giugno 1999). In tale occasione, infatti, sono stati aumentati di 5 unità (passando da 6 a 11) i posti di giudice previsti dalla pianta organica dell'Ufficio.
Allo stato, presso il tribunale di Piacenza dei 13 posti di magistrati previsti in organico (1 posto di presidente di tribunale, 1 posto di presidente di sezione di tribunale e 11 posti di giudice) risultano vacanti il posto di presidente del tribunale, pubblicato con fax del Consiglio Superiore della Magistratura del 24 ottobre 2003, e due posti di giudice non pubblicati.
È inoltre in uscita il dottor Franco Piragine, trasferito alla Corte di appello di Firenze con decreto ministeriale 8 gennaio 2004, pubblicato sul Bollettino ufficiale n. 4 del 2004 del 29 febbraio 2004.
In relazione al personale di magistratura, bisogna inoltre ricordare che la legge 13 febbraio 2001, n. 48 ha disposto l'aumento del relativo ruolo organico per complessive 1.000 unità.
Il contingente verrà ripartito in fasi successive, attuate prima dello svolgimento della prova scritta di ciascuno dei tre concorsi banditi ai sensi dell'articolo 18 della stessa legge.
Il primo intervento di ripartizione, effettuato con decreto ministeriale 23 gennaio 2003, ha previsto l'assegnazione di 234 posti.
Nella individuazione degli uffici presso cui ripartire il primo contingente dei posti recati in aumento, si è ritenuto di dover privilegiare le Corti di appello e la Corte Suprema di Cassazione, in funzione delle esigenze operative delle relative sezioni lavoro. Ciò in considerazione della rilevanza riconosciuta a tale settore dalla stessa legge n. 48 del 2001.
Per quanto riguarda gli uffici giudiziari di primo grado, è stato ritenuto opportuno procrastinare ai successivi provvedimenti la ripartizione delle ulteriori unità recate in aumento dalla legge suindicata, ripartizione la cui realizzazione è condizionata dall'espletamento delle prove scritte degli ulteriori concorsi di cui all'articolo 18 citato. A tal riguardo, si rappresenta che con decreto ministeriale 28 febbraio 2004, pubblicato nella
Gazzetta Ufficiale n. 17 del 2 marzo 2004 - 4a Serie speciale, e con decreto ministeriale 23 marzo 2004 pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 26 marzo 2004 4a Serie Speciale, sono stati indetti due concorsi pubblici, per esami, rispettivamente a 380 posti e 350 posti di uditore giudiziario. Le date di svolgimento della prova preliminare saranno stabilite con successivi decreti ministeriali che saranno pubblicati nella Gazzetta Ufficiale - 4a Serie Speciale, concorsi ed esami - il giorno 2 luglio 2004 e 24 giugno 2005.
Il Ministro della giustizia: Roberto Castelli.

FOTI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
in data 21 dicembre 2001, con nota prot. 2386/2001, Divisione 1/cittadinanza, la Prefettura di Piacenza comunicava alla Signora Kace Flora (nata a Elbasan - Albania, il 10 gennaio 1974, e domiciliata a Piacenza, in via Broni, 21) l'avvio del procedimento ai sensi della Legge 7 agosto 1990, n. 241, in relazione all'istanza di naturalizzazione italiana prodotta dalla stessa Kace, ai sensi della Legge 5 febbraio 1992, n. 91;
la Signora Kace non è più stata notiziata in ordine allo stato del procedimento di naturalizzazione e sono risultate inspiegabilmente inevase le richieste formulate oralmente e per iscritto dall'interrogante all'Ufficio Cittadinanza del Ministero dell'Interno, volte a conoscere lo stato della pratica che, nel caso di specie, è così rubricata: K10C131861 -:
risultando fissato in 730 giorni il termine massimo per la definizione dei procedimenti di acquisto della cittadinanza italiana, quale sia lo stato della predetta pratica, che cosa osti al suo favorevole accoglimento e cosa ne abbia


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impedito l'evasione senza dover attendere la scadenza dei termini temporali prima evocati.
(4-07255)

Risposta. - Il procedimento per il conferimento della cittadinanza italiana alla signora Flora Kace è attualmente sospeso in attesa che venga acquisito l'esito di un procedimento penale istaurato a carico della richiedente.
L'esistenza di una azione penale, secondo la normativa vigente in materia di naturalizzazione dei cittadini stranieri, è elemento ostativo al conferimento della cittadinanza italiana.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Antonio D'Alì.

DANIELE GALLI, CAMPA, RICCIOTTI e SANZA. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
presso l'azienda Puglia Cablaggi di San Vito dei Normanni (Brindisi) taluni lavoratori avrebbero lamentato il mancato rispetto di loro diritti sindacali per il quale due dipendenti si sarebbero rivolti alla autorità giudiziaria giungendo poi ad una transazione con l'azienda stessa;
il signor Brancati Angelo ha lamentato ripetuti episodi di vessazioni ai suoi danni per i quali sarebbe stato promosso un tentativo di conciliazione dalla direzione provinciale del lavoro di Brindisi di codesto Ministero;
non vi è stato alcun intervento sindacale volto a chiarire a realtà lavorativa -:
se codesto ministero non ritenga necessaria una immediata attivazione del servizio ispettivo del ministero al fine di accertare se quanto sopra corrisponda al vero e di assumere, se del caso, le opportune determinazioni per garantire il rispetto dei lavoratori.
(4-07728)

Risposta. - Dagli accertamenti effettuati dalla direzione provinciale del lavoro di Brindisi è emerso quanto segue.
La ditta Puglia Cablaggi srl, con sede in San Vito dei Normanni (Brindisi) occupa attualmente 16 operai e 13 apprendisti.
In azienda non risultano presenti rappresentanti sindacali aziendali.
Dalla documentazione esaminata è stato accertato che la società è in regola con i versamenti dei contributi INPS ed INAIL.
Dalle dichiarazioni rilasciate da numerosi dipendenti è emerso che, all'interno dello stabilimento, il rapporto di lavoro si svolge in un clima di collaborazione e correttezza.
Per quanto concerne il lavoratore, del quale fa cenno l'atto ispettivo, si fa presente che lo stesso ha instaurato con la società in questione due controversie, contestando l'irrogazione di una sanzione disciplinare e un comportamento vessatorio nei suoi confronti da parte dell'amministratore.
Per dette vertenze è stato esperito un tentativo obbligatorio di conciliazione presso la commissione provinciale di conciliazione, che ha avuto, però, esito negativo.
Il signor Brancasi ha dichiarato, poi, che è stato avviato procedimento giudiziario per la risoluzione della controversia.
Le altre controversie, cui si fa cenno nell'interrogazione parlamentare sono state instaurate da due lavoratori che hanno contestato il licenziamento intimato loro dalla società.
Dette controversie sono state definite con verbale di accordo presso la commissione provinciale di conciliazione.
Il Sottosegretario di Stato per il lavoro e per le politiche sociali: Maurizio Sacconi.

ALFONSO GIANNI. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
l'importo del biglietto d'ingresso per la visita ai beni ambientali, architettonici,


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artistici e storici, è notevolmente aumentato, in taluni casi addirittura raddoppiato, come risulta dalla stampigliatura che reca i due prezzi: quello originario di lire quattromila e quello attuale di quattro euro;
tale raddoppio può indurre i cittadini a considerare erroneamente il valore dell'euro pari a lire mille e comunque potrebbe essere un fattore di incremento del processo inflazionistico -:
quali siano le motivazioni addotte per giustificare un tale consistente aumento di prezzo.
(4-09835)

Risposta. - Si premette che l'attuale assetto tariffario è il frutto di una duplice esigenza: da un lato garantire la funzionalità del servizio, anche dopo l'introduzione della moneta unica europea, contemperando il cambio aritmetico dal prezzo in lire a quello in euro con forme di arrotondamento degli importi (sia in eccesso che in difetto) al fine di facilitare il pagamento del biglietto; dall'altro lato attuare, per quegli istituti museali ove è stato realizzato un sensibile miglioramento del servizio offerto all'utenza, una reale revisione tariffaria, nell'esercizio delle potestà conferite dal decreto ministeriale n. 507 del 1997, ed in conformità al parere espresso dal comitato per i biglietti d'ingresso.
Per quanto riguarda la seconda esigenza, si sottolinea che la variazione in aumento dei biglietti d'ingresso ha riguardato un numero esiguo di casi e che, comunque, essa è conseguita a specifiche richieste delle soprintendenze competenti.
Si rende, altresì, noto che la maggior parte delle variazioni in aumento, nel corso degli ultimi due anni, hanno riguardato sedi interessate da bigliettazione cumulativa o integrata e che in genere l'apparente incremento di tali biglietti è, nei fatti, inferiore alla somma aritmetica dei singoli biglietti originariamente utilizzati per l'ingresso distinto nei vari istituti.
Alla luce di tutto quanto fin qui esposto, questa amministrazione non ritiene che i segnalati aumenti possano avere effetti inflattivi sull'economia nazionale.
Il Sottosegretario di Stato per i beni e le attività culturali: Nicola Bono.

ALBERTO GIORGETTI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
nell'ultimo consiglio comunale di Verona del 18 settembre 2003 il Sindaco Paolo Zanotto si è reso protagonista di una vicenda spiacevole;
giunto molto tardi alla seduta perché impegnato in un consiglio di amministrazione, erano infatti circa le una della notte, resosi conto che l'ordine del giorno era avanzato di soli due punti ha iniziato a gesticolare in malo modo verso i consiglieri della minoranza rei, a suo dire, di ostacolare il normale svolgimento del consiglio;
il Sindaco Zanotto, presa la parola in sede di dichiarazione di voto, ha dato mandato al presidente del consiglio comunale di trasmettere il verbale della seduta in corso alla Procura della Repubblica di Verona per interruzione di pubblico servizio da parte dei consiglieri di minoranza;
andando evidentemente oltre, testimone più di un consigliere, ha usato parole e gesti chiaramente sprezzanti nei confronti di chi ha svolto all'interno dei regolamenti vigenti un'attività di legittima opposizione;
i consiglieri attaccati dal sindaco Zanotto, il verbale conferma, si sono avvalsi durante la seduta degli strumenti consentiti da regolamento e statuto del Consiglio Comunale di Verona;
già da tempo sono invece discutibili le procedure utilizzate dallo stesso Sindaco che, forte del suo ruolo, pare non abbia rispettato nelle riunioni i limiti di rappresentanza delle minoranze, considerato che non si ha ricordo di consiglieri imputati di


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interruzione di pubblico servizio nel regolare svolgimento del proprio ruolo;
se non ravvisi nei fatti esposti gravi violazioni di legge e se non intenda conseguentemente esercitare i poteri previsti dal testo unico degli enti locali.
(4-07533)

Risposta. - Il nuovo titolo V della Costituzione, come è noto all'interrogante, ha collocato le autonomie territoriali su un piano di pari dignità istituzionale accanto allo Stato, ampliandone la sfera di autonomia, già elemento fondante della nostra Costituzione.
Eventuali interventi da parte dell'amministrazione statale debbono, perciò, essere limitati alle specifiche previsioni normative, al di là delle quali si tratterebbe di indebita ingerenza.
Per quanto concerne la vicenda sollevata dall'interrogante, va premesso, secondo quanto riferito dalla prefettura di Verona, che la seduta del consiglio comunale di quel capoluogo tenutasi il 19 settembre 2003 è stata effettivamente caratterizzata da una forte contrapposizione politica e che, in particolare, il Presidente del Consiglio comunale, interpellato al riguardo, ha espresso l'avviso che il comportamento tenuto in genere dai gruppi consiliari di minoranza nel corso della seduta medesima si è concretizzato in un ripetuto ricorso a forme di ostruzionismo, comunque sempre attuate nel rispetto delle disposizioni regolamentari che disciplinano i lavori dell'aula.
In proposito è stato precisato che, dopo diverse ore dall'inizio della riunione, si era diffusa tra i partecipanti alla seduta una condizione di generale nervosismo, tale da portare il sindaco a prospettare un ricorso agli organi giurisdizionali per interruzione dì pubblico servizio, intenzione cui, peraltro, non ha mai dato seguito.
La vicenda ha quindi assunto caratteri di accesa contrapposizione politica dando luogo ad intemperanze verbali che tuttavia, anche a seguito di quanto emerso dall'autonoma attività informativa svolta dalla prefettura di Verona, nella loro concreta dinamica non integrano gli estremi per l'adozione di un qualche intervento da parte di organi dello Stato ai sensi del testo unico sull'ordinamento degli enti locali.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Antonio D'Alì.

LUCCHESE. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
come si è appreso da numerose agenzie di stampa e dalla trasmissione televisiva Striscia la notizia, esistono numerosissimi depositi giudiziari (36 mila) ove giacciono attualmente più di un milione e mezzo di auto e altri veicoli requisiti, e il cui costo per l'erario supererebbe i 1.000 miliardi di lire -:
quale soluzione il ministro interrogato intenda adottare per porre fine a tale spesa scandalosa e ingiustificata.
(4-00945)

Risposta. - La questione sollevata nell'interrogazione cui si risponde deve essere valutata alla luce del Testo Unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia (decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002), il quale ha apportato notevoli modifiche alla disciplina previgente in ordine alla restituzione e vendita di beni sequestrati, alle spese nella procedura di vendita dei beni sequestrati e di beni confiscati nel processo penale, nonché in ordine alla liquidazione dei custodi.
Con particolare riferimento a quest'ultimo punto, si segnala che l'imponente aumento delle somme dovute dall'amministrazione pubblica per la conservazione dei beni in sequestro è stato determinato per molti anni dalla mancanza di criteri certi di quantificazione delle indennità dovute, problema aggravatosi ulteriormente in seguito alla sentenza n. 230 del 1989 della Corte Costituzionale, che ha dichiarato illegittimo «l'articolo 5 della legge n. 836 del 1965 nella parte in cui non prevede la liquidazione dell'indennità giornaliera dovuta ai custodi indicati negli articoli 102 e 103 della tariffa penale approvata con regio


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decreto 23 dicembre 1865 n. 270, in lire 300 e successive variazioni, anziché con riferimento alle tariffe vigenti ed agli usi locali».
La disciplina dettata dal testo unico in materia di spese di giustizia riconosce ora al custode, diverso dal proprietario o avente diritto, di beni sottoposti a sequestro penale probatorio e preventivo, e, nei soli casi previsti dal codice di procedura civile, al custode di beni sottoposti a sequestro penale conservativo e a sequestro giudiziale e conservativo, un'indennità per la custodia e la conservazione. Tale indennità è determinata sulla base di tariffe contenute in tabelle (approvate con decreto del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze) e, in via residuale, secondo gli usi locali.
Le tabelle sono redatte con riferimento alle tariffe vigenti, eventualmente concernenti materie analoghe, contemperate con la natura pubblicistica dell'incarico, e prevedono, altresì, le riduzioni percentuali dell'indennità in relazione allo stato di conservazione del bene (articoli 58 e 59 del testo unico n. 115 del 2002).
Sino all'emanazione delle tabelle sopra citate, l'indennità è determinata sulla base delle tariffe esistenti presso la prefettura, ridotte secondo equità, e, in via residuale, secondo gli usi locali.
Per quanto concerne, invece, la restituzione e la vendita dei beni sequestrati, la nuova disciplina prevede che il provvedimento di restituzione - emesso dal magistrato d'ufficio, o su richiesta dell'interessato e, in ogni caso, quando la sentenza è diventata inoppugnabile - debba essere comunicato all'avente diritto e al custode. Se entro trenta giorni dalla rituale comunicazione il proprietario del bene sequestrato non ha provveduto al ritiro, il magistrato dispone, allora, con ordinanza - anch'essa da notificarsi all'avente diritto - la vendita dei beni.
Nell'eventualità in cui i beni non possano essere custoditi senza pericolo di deterioramento o senza rilevante dispendio, il magistrato deve in ogni momento disporre la vendita dei beni.
La vendita dei beni è eseguita a cura dell'ufficio anche a mezzo degli istituti di vendite giudiziarie. Le somme ed i valori in sequestro e le somme ricavate dalla vendita sono depositate presso i concessionari. Decorsi tre mesi dalla rituale comunicazione dell'ordinanza di cui sopra, se nessuno ha provato di avervi diritto, le somme e i valori in sequestro e le somme ricavate dalla vendita sono, su disposizione del magistrato, devoluti alla cassa delle ammende.
Deve sottolinearsi che, ai sensi dell'articolo 86, disposizione attuativa del codice di procedura penale, il giudice può disporre la distruzione delle cose confiscate, anziché la vendita, qualora quest'ultima non appaia opportuna.
Si fa, infine, presente, che, ai sensi degli articoli 4 e 5 del Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia, le spese relative all'indennità di custodia sono anticipate dall'erario, salva la facoltà di recupero a carico dell'imputato, qualora il medesimo sia riconosciuto colpevole.
Dalla normativa citata si può dedurre che, nel caso di furto, il proprietario, al momento del ritiro, non deve anticipare le spese di custodia per potere rientrare in possesso del proprio bene, se non nel caso in cui sia egli stesso l'imputato del reato.
Il Ministro della giustizia: Roberto Castelli.

LUCIDI, CENTO e PISTONE. - Al Ministro delle attività produttive. - Per sapere - premesso che:
la legge 30 luglio 1998 n. 281 per la «Disciplina dei diritti dei consumatori e degli utenti» all'articolo 4 ha istituito il Consiglio nazionale dei consumatori e degli utenti CNCU, il quale è presieduto dal Ministro delle attività produttive o da un suo delegato ed è composto, tra gli altri, dai rappresentanti delle associazioni dei consumatori e degli utenti inserite nell'elenco di cui articolo 5 della stessa legge;
l'Associazione ACU-Onlus, ricorrendo le condizioni di legge esprime un proprio rappresentante in detto Consiglio;


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la Direzione generale per l'Armonizzazione del Mercato e la Tutela dei Consumatori il 21 gennaio 2003 chiedeva all'ACU-Onlus con nota n. 1296322, la designazione del proprio rappresentante nel CNCU in occasione del rinnovo dello stesso per il triennio 2003-2005;
il nominativo designato dal nuovo rappresentante legale dell'Associazione espresso dall'assemblea generale dei soci il 9 novembre 2002, era ignorato a dispetto della documentazione prodotta ed in sua vece, era accolta la designazione, secondo l'interrogante, illegittimamente espressa dal precedente rappresentante legale ormai decaduto;
i poteri legali dell'attuale rappresentanza legale sono stati riconosciuti con Ordinanza del 6 novembre 2003 emessa dal Tribunale di Milano Sez. I Civile n. 61630/03 RG.;
la richiesta di modifica del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 17 marzo 2003 di rinnovo della composizione del Consiglio, non ha avuto seguito, con la conseguenza che tuttora partecipa ai lavori del CNCU a rappresentare l'ACU-Onlus e gli interessi dei consumatori chi non ha i requisiti necessari, con grave pregiudizio per l'Associazione e per la credibilità del Consiglio stesso e delle relative attività -:
quali iniziative intenda adottare perché l'ACU Onlus sia rappresentata nel CNCU da chi ne ha titolo;
quali iniziative il signor Ministro intenda adottare perché siano verificate correttezza, trasparenza ed indipendenza dell'operato degli uffici preposti della Direzione Generale per l'Armonizzazione del Mercato e la Tutela dei Consumatori.
(4-09254)

Risposta. - L'Associazione ACU-Onlus è iscritta nel registro di cui all'articolo 5 della legge n. 281 del 1998 tenuto dall'Ufficio C3 «Politiche nazionali e diritti dei consumatori» della direzione generale per l'armonizzazione del mercato e la tutela dei consumatori sin dall'anno 1999.
In vista dell'emanazione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri per la nomina del C.N.C.U. per il triennio 2003-2006, il predetto ufficio, nel mese di gennaio 2003, chiedeva all'ACU la designazione del proprio rappresentante nel CNCU per detto triennio.
Agli inizi di febbraio 2003, la direzione generale per l'armonizzazione del mercato e la tutela dei consumatori, riceveva dall'ACU due distinte designazioni provenienti, l'una, dalla sede nazionale di Roma, indicante l'architetto Roberto Saracino e l'altra, dalla sede legale che aveva richiesto la conferma dell'iscrizione per l'anno 2003 nell'elenco di cui all'articolo 5 della citata legge n. 281 del 1998, indicante il dottor Giuseppe D'Ippolito quale rappresentante ACU nel CNCU oltre alla comunicazione di trasferimento della sede dell'ACU presso un diverso indirizzo della città di Milano.
Sulla circostanza la Dgamtc richiedeva tempestivamente all'ACU chiarimenti, ricevendo elementi da entrambe le sedi i quali conducevano l'Amministrazione a ritenere valida la designazione effettuata da colui che risultava essere il rappresentante legale dell'associazione in base alle dichiarazioni sostitutive dell'atto di notorietà rese in sede di dimostrazione annuale di mantenimento dei requisiti per l'iscrizione all'elenco di cui all'articolo 5 della legge n. 281 del 1998.
Successivamente, ai primi di dicembre 2003, l'architetto Saracino ha comunicato alla Dgamtc gli sviluppi di un contenzioso in corso all'interno dell'associazione che ha dato origine a due procedimenti promossi dal medesimo architetto Saracino contro Gavinato Gianni, il primo, e contro Gonella Clara e Gavinato Gianni, il secondo, conclusosi con due contrastanti ordinanze sulla base dell'ultima delle quali, datata 6 novembre 2003, l'architetto Saracino asserisce di essere stato riconosciuto legale rappresentante dell'associazione.
Ai fini delle richieste avanzate nell'interrogazione di che trattasi va tuttavia tenuto presente che il predetto giudizio cautelare è del tutto estraneo al Ministero delle attività produttive che non è parte in esso.


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Lo stesso è, quindi, inidoneo a produrre effetti direttamente vincolanti per l'amministrazione.
A ciò si aggiunge che il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 17 marzo 2003, con cui è stato decretato il rinnovo della composizione del Consiglio nazionale consumatori e utenti - CNCU - per il triennio 2003-2006 e sono stati nominati l'avvocato D'Ippolito ed il dottor Cavinato, in qualità, rispettivamente, di membro effettivo e membro supplente dell'associazione ACU-Onlus nel Consiglio, non risulta impugnato davanti al competente giudice amministrativo e pertanto risulta essere valido ed efficace.
La correttezza, trasparenza e indipendenza dell'operato dei preposti Uffici della direzione generale armonizzazione del mercato e tutela dei consumatori del Ministero delle attività produttive non appare in discussione, in quanto, è compito del giudice, non dell'amministrazione, decidere definitivamente la controversia giuridica circa la titolarità della rappresentanza dell'Associazione nei termini prospettati dalle parti.
Il Sottosegretario di Stato per le attività produttive: Giovanni Dell'Elce.

MARAN. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
risulta all'interrogante che la signora Giovanna Maier nel 1982 era dipendente del comune di Udine. Nel 1983 chiese e ottenne la cessione del quinto dello stipendio per acquisto della prima casa, per un totale di lire 14.400.000, comprensiva degli interessi (alla signora andarono lire 10.396.490) da restituire in dieci anni con rate di lire 120.000 mensili. Nello stesso anno la signora chiese e ottenne di essere collocata in pensione avendo maturato l'anzianità necessaria;
l'Ufficio conti del personale del Comune di Udine assicurò la signora che la stessa modalità di restituzione sarebbe stata applicata sulla pensione; così avvenne dall'agosto 1983, data della collocazione a riposo, fino al giugno 1985 quando ricevette il Decreto di pensione;
da quella data scoprì che la rata mensile di restituzione era stata abbassata a lire 70.000 ed era diventata vitalizia;
la signora scrisse al Ministero del Tesoro - Direzione C.P.D.E.L. div. 7 chiedendo di darle la possibilità di continuare a pagare il debito coma da contratto, o in alternativa di abbassarle ulteriormente la quota;
alla signora fu risposto che era stata applicata la legge n. 965 del 26 luglio 1965, di cui non era stata informata dall'Ufficio comunale e abrogata successivamente;
nel 1997, avendo calcolato di aver ormai estinto il debito, la signora scrisse all'INDAP chiedendo di essere liberata dal debito ormai restituito;
l'INDAP rispose che in base alla succitata legge la richiesta non poteva venir accolta;
nel gennaio 2003 la signora ha già versato oltre tre milioni delle vecchie lire in più del dovuto;
ove l'attuale situazione proseguisse la signora Maier che avendo sessantasette anni e una pensione di euro 704,00 mensili verrebbe penalizzata in modo inaccettabile per il resto della sua vita, in nome di una legge iniqua e attualmente non più in vigore -:
se, anche alla luce della situazione di cui si è detto in premessa, non ritenga opportuno chiarire il quadro della normativa vigente in materia.
(4-07556)

Risposta. - In ordine alla situazione della pensionata signora Giovanna Maier, l'istituto Nazionale di previdenza per i dipendenti dell'amministrazione pubblica (INPDAP) ha fatto presente quanto segue.
Nel corso del 1983, la signora Maier ha chiesto ed ottenuto una sovvenzione contro la cessione del quinto dello stipendio. Nel mese di agosto dello stesso anno, la signora


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è stata collocata a riposo dall'amministrazione comunale di Udine, con relativo trattamento di quiescienza di anzianità, a carico dell'INPDAP, sul quale gravava il debito per la sovvenzione in questione.
La signora Maier, all'atto della domanda di pensione, non ha richiesto esplicitamente l'estinzione in «unica soluzione» del debito residuo e, pertanto, la ex direzione generale degli istituti di previdenza-Ministero del tesoro, confluita nel 1994 nell'INPDAP, ha disposto il recupero per cessione del quinto con la modalità della «quota vitalizia passiva», prevista dall'articolo 23, della legge 26 luglio 1965, n. 965, vigente all'atto del collocamento a riposo dell'iscritta.
Tale operato seguiva le specifiche direttive impartite, con la nota di servizio n. 107 del 5 maggio 1982, dalla già citata direzione generale, nelle quali si stabiliva che il recupero del debito residuo per cessione del quinto dello stipendio poteva avvenire sia mediante quota vitalizia passiva (già prevista dal citato articolo 23), sia in una unica soluzione, secondo la volontà manifestata dall'interessata.
Si deve inoltre considerare che l'interessata ha accettato le liquidazioni delle pensioni (decreto di pensione n. 207299 del 15 giugno 1985 e di riliquidazione n. 250744 del 30 aprile 87), nelle quali era indicata, anche, la modalità di recupero del debito residuo della cessione del quinto, prevista nella forma della quota vitalizia passiva.
Per quanto attiene ai chiarimenti sulla normativa vigente in materia, l'INPDAP rappresenta che, a seguito dell'entrata in vigore della legge 23 dicembre 1996, n. 662, nell'ambito dello stesso ente, è stata istituita la gestione Unitaria del Credito e Attività Sociali, presso la quale sono stati iscritti i dipendenti assicurati alle ex Casse Pensioni, già amministrate dalla Direzione Generale degli Istituti di Previdenza del Ministero del tesoro e, che, per l'erogazione dei prestiti concessi dalla medesima gestione, è previsto il trasferimento della rata di ammortamento della cessione del quinto sulla pensione fino alla estinzione del debito residuo.
Per quanto concerne, invece, gli ammortamenti sulle pensioni già in essere alla data di costituzione della Gestione unitaria, relativi a sovvenzioni erogate dalle ex Casse pensioni, continuano a trovare applicazione le modalità di recupero in sede di pensione dell'unica soluzione ovvero della quota vitalizia passiva, ai sensi del citato articolo 23, legge n. 965 del 1965, così come già chiarito, dall'INPDAP, alla signora Maier e alla Federconsumatori di Udine, rispettivamente con le note dell'8 marzo 2001 e del maggio 2002.
Il Ministro del lavoro e delle politiche sociali: Roberto Maroni.

MARRAS. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
a seguito di tre distinte gare d'appalto l'Anas affidava alla associazione temporanea di imprese (Ati) Cooperativa Gran Sasso (capogruppo) e Socostramo (mandante) l'esecuzione dei lotti 3, 4 e 5 dei lavori di adeguamento della sede stradale della statale n. 7 nel tratto tra Grottaglie e Brindisi; i tre lotti risultano contigui e, per alcune lavorazioni, strettamente indipendenti; a tal fine l'Anas liquidava un'anticipazione di 6,31 miliardi di lire, dei quali 6,15 versati alla Socostramo;
successivamente (gennaio 1998) il consorzio Consacro acquistava dalla Cooperativa Gran Sasso un ramo di aziende comprendente anche i lavori in oggetto, ricevendo dalla Socostramo (impresa che non aveva i requisiti necessari per procedere autonomamente) la conferma del mandato di capogruppo e stipulando con l'Anas i relativi tre contratti di appalto;
nel corso dei lavori la Socostramo, sul cui operato venivano riscontrati persistenti inadempimenti confermati da numerosi verbali di contestazione, notificava alla capogruppo la propria unilaterale scelta di cessare qualsiasi attività a partire dal 1 gennaio 2001 e di recedere (maggio 2001) dall'Ati, ponendo il Consapro nella situazione di dover rispondere a tutte le obbligazioni discendenti dai contratti;


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in data 25 maggio 2001 il Consapro notificava alla Socostramo la richiesta di rimettere all'Anas la quota di anticipazioni a suo tempo incassate, mentre l'Anas, esimendosi da provvedimenti amministrativi o diffide nei confronti della Socostramo più volte sollecitati, di fatto accettava lo scioglimento di un Ati composto da due sole aziende nella quale il mandante (la Socostramo) doveva svolgere un ruolo determinante vista l'entità dell'erogazione a suo favore;
nonostante le difficoltà insorte, ivi compreso ilmancato esperimento delle procedure di cui all'articolo 31-bis della legge 11 febbraio 1994 n. 109, relative alla proposizione di un accordo bonario in presenza di variazioni di costi dell'opera superiori al 10 per cento, in data 21 gennaio 2003, il Consapro provvedeva a presentare un programma di lavori che prevedeva un incremento della produzione dei cantieri a fronte dell'impegno dell'Anas di accelerare le procedure di accordo bonario per consentire di disporre delle risorse necessarie al sollecito completamento dei lotti;
l'impegno del Consapro è dimostrato dalla ultimazione del lotto 3 in data 18 giugno 2002, in merito al quale nel relativo verbale si legge che dei 526 giorni di ritardo, solo 8 sono imputabili al Consorzio; ma più in generale, risulta all'interrogante che gli impegni del Consapro sono Stati regolarmente adempiuti, mentre quelli sottoscritti dall'Anas sono stati regolarmente disattesi; addirittura il Consorzio non ha ancora ricevuto in consegna, o ha ricevuto con molto ritardo, alcune aree necessarie ad ultimare il lotto n.4;
le difficoltà insorte hanno posto in grave difficoltà economica il Consapro che si è vista costretta a fermare i lavori e procedere al licenziamento di alcune maestranze, le quali in data 9 settembre 2003 occupavano la sede stradale interessata; il Compartimento di Bari dell'Anas, senza addivenire ad una formale rescissione contrattuale e quindi lasciando ancora una volta indenne l'impresa mandante, nel mese di luglio 2003 ha ritenuto di intraprendere una procedura per l'esecuzione di ufficio di alcuni lavori volti ad eliminare situazioni di pericolosità;
ad esemplificare la complessità dei rapporti tra le parti si segnala che il 14 ottobre 2003 in un incontro tra Consapro e Direzione generale Anas veniva definito un accordo per 5,1 milioni di euro a fronte della chiusura dei lavori entro 60 giorni, mentre a fine dello stesso mese il Compartimento di Bari chiedeva la risoluzione del contratto;
da un lato pertanto ci troviamo con un'azienda, strutturata in forma di unione di cooperative, prossima alla chiusura per collasso finanziario, con le conseguenti gravi ripercussione sui trecento soci che ne fanno parte, quasi tutti originari della Sardegna che, com'è noto, è endemicamente afflitta dalla piaga della disoccupazione; dall'altro con un'opinione pubblica locale allarmata ed irritata per dei lavori di adeguamento la cui durata ha superato il lustro; infine con un'Azienda di Stato che, sembra non mantenere i propri impegni;
sulla vicenda dovrebbe intervenire, secondo l'interrogante anche l'Autorità per la vigilanza sui lavori pubblici -:
se non intenda procedere con i poteri che gli sono propri al fine di dirimere la ormai complessa situazione sopra delineata;
se i ritardi verificatisi nell'ultimazione dei lavori, imputabili ad Anas, abbiano comportato perdita di parte dei finanziamenti comunitari.
(4-08958)

Risposta. - I quesiti posti nell'atto ispettivo cui si risponde, si riferiscono alla vertenza che vede l'Anas Spa da tempo impegnata a fronteggiare le gravi inadempienze del Consorzio Con.Sa.Pro di Cagliari per i lavori di adeguamento della strada statale n. 7 «Appia» tra Brindisi e Taranto.
La società stradale, interessata al riguardo, allo scopo di rendere fruibile l'opera eliminando l'attuale grave situazione di stallo, riferisce di aver sottoscritto, dopo


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una lunga trattativa, una transazione con l'appaltatore la quale prevede lo scioglimento dei due contratti ancora in essere.
L'Anas ha prontamente avviato tutte le procedure per poter concludere con le altre imprese appaltatrici tutti i lavori ed aprire così, entro breve, tutta l'arteria, ammodernata a due carreggiate.
La società stradale fa conoscere, infine, che i ritardi provocati dalle gravi inadempienze del Consorzio Con.Sa.Pro., che hanno portato alla risoluzione contrattuale, non hanno comportato la perdita dei finanziamenti comunitari.
Il Viceministro delle infrastrutture e dei trasporti: Ugo Martinat.

MASCIA. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
Mohamed Raouiane, 29 anni, è un immigrato marocchino in possesso di una carta di soggiorno rilasciata dalla questura di Varese;
il 19 ottobre 2003 gli agenti hanno arrestato Mohamed Raouiane, davanti alla moglie e ai figlioletti, con l'accusa di complicità nella catena di attentati-kamikaze che hanno colpito Casablanca ed egli si trova tuttora in una cella di massima sicurezza nel carcere di Vigevano;
risulta che il suo arresto non sia collegato a indagini condotte dalle autorità italiane ma a un mandato di cattura marocchino;
secondo un articolo pubblicato sulla vicenda di Raouiane dal Corriere della Sera del 4 dicembre 2003, infatti i giudici milanesi della quinta corte d'appello avrebbero dichiarato: «Abbiamo convalidato l'arresto, come dire, sulla parola» perché «in casi come questo c'è solo un simulacro di motivazione: un richiamo al telex che comunica l'esistenza di un ordine di arresto marocchino»;
la Costituzione italiana stabilisce che nessuno può perdere la libertà se non «per atto motivato dell'autorità giudiziaria»;
il difensore di Raouiane, l'avvocato Massimo Natali, che non ha potuto ancora conoscere gli elementi di prova raccolti a Casablanca, ha dichiarato tra l'altro «la Digos di Varese lo aveva controllato e pedinato per mesi, senza trovare nulla: in Italia Raouiane non è indagato. Il telex del 20 ottobre accenna a presunte confessioni di alcuni arrestati a Casablanca, che peraltro sembrano riferirsi solo a un reato associativo: c'è da chiedersi con che metodi e garanzie siano state raccolte queste dichiarazioni nelle carceri marocchine»;
il pubblico ministero milanese, dottor Stefano Dambruoso, nello stesso articolo ha dichiarato che «è il momento di chiedersi se non sia necessario cercare un nuovo equilibrio tra esigenze di sicurezza e diritti di difesa» prefigurando un conflitto tra garanzie dell'imputato e tutela della collettività, che determinerebbe la sospensione di interi segmenti dell'ordinamento giuridico -:
se sia stata avanzata una richiesta di estradizione;
quali siano gli atti trasmessi a sostegno della richiesta di estradizione; e quale sia lo stato della procedura al momento.
(4-08474)

Risposta. - Si comunica che il governo del Regno del Marocco ha richiesto l'estradizione di Rouiane Mohamed sulla base della Convenzione di reciproca assistenza giudiziaria di esecuzione delle sentenze e di estradizione, sottoscritta a Roma fra l'Italia e il Marocco il 12 febbraio 1971.
L'estradizione è richiesta in quanto Rouiane Mohamed è colpito dall'ordine di cattura internazionale n. 399 del 2003 emesso il 3 ottobre 2003 dal procuratore generale presso la Corte d'appello di Rabat, Regno del Marocco, per associazione finalizzata al compimento di atti di terrorismo, raccolta di fondi per l'esecuzione di atti di terrorismo, falsificazione di documenti.
Rouiane Mohamed è detenuto a fini estradizionali dal 18 ottobre 2003, su provvedimento di convalida dell'arresto del presidente della Corte d'appello di Milano,


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datato 20 ottobre 2003, del quale il Ministero interrogato ha chiesto il mantenimento, ai sensi dell'articolo 716, 4o comma, del codice di procedura penale, il 22 ottobre 2003.
Il giudizio di delibazione sulla richiesta di estradizione è in corso presso la Corte d'appello di Milano. Dalla più recente corrispondenza tra il ministero interrogato e la procura generale di Milano, emerge che non è stata ancora emanata dalla Corte territorialmente competente una sentenza irrevocabile sul caso.
Il Ministro della giustizia: Roberto Castelli.

MENIA. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
nel 1998, a seguito delle ripetute richieste da parte del Sindacato Autonomo di Polizia e di molti cittadini, presso l'ingresso della Questura di Gorizia veniva finalmente collocata una lapide in memoria dei deportati ed infoibati dagli yugoslavi di Tito nel maggio del 1945 (si rammentano l'allora Questore Vito Genchi, cinque funzionari di P.S., due tenenti, sei marescialli, sei brigadieri, nove guardie scelte di P.S., cinquantatrè guardie di P.S., due archivisti e due usceri);
l'opera, anche se per questioni di opportunità non condivise dall'interrogante, fa genericamente riferimento alla deportazione (non si capisce da chi sia stata attuata né la fine che abbiano fatto i deportati) ed è stata gratuitamente realizzata dall'Assistente Capo Angelo Simonetti, scultore in servizio presso il Posto di Polizia Aerea e Marittima di Ronchi dei Legionari;
circa un anno fa la Provincia di Gorizia, su sollecitazione del Questore, ha finanziato e realizzato la ristrutturazione dell'ingresso della Questura e del corpo di guardia ivi sito. Pur essendo lodevole il lavoro eseguito, è accaduto però che la lapide sia stata rimossa e collocata sul pavimento nel sottoscala dell'atrio nell'attesa che si compissero i lavori e la stessa ritrovasse una collocazione;
dalla fine dell'estate ad oggi, nonostante ripetute sollecitazioni a far ricollocare la lapide in luogo adeguato, nulla è avvenuto -:
se il Ministro intenda impartire disposizioni a chi di dovere affinché la lapide in questione sia ricollocata con dignità e decoro presso la Questura di Gorizia, in omaggio alla memoria di chi ha sacrificato la propria vita alla Patria.
(4-09245)

Risposta. - Rispondendo all'interrogazione parlamentare presentata, si comunica che la lapide, cui l'interrogante fa riferimento, a causa dei lavori di adeguamento del corpo di guardia e dell'ingresso principale della questura di Gorizia, finanziati dall'amministrazione provinciale proprietaria dell'immobile, è stata rimossa e riposta a terra, a fianco dello scalone di accesso ai piani superiori.
Dopo numerosi solleciti da parte dell'amministrazione provinciale e del questore, la ditta appaltatrice, il 5 marzo scorso, ha risistemato la lapide all'esterno della questura a fianco dell'ingresso principale, in posizione ritenuta più consona e visibile.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Alfredo Mantovano.

MOLINARI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
in data 6 luglio 2001 si è svolto il concorso per esami a 9 posti di ingegnere Direttore Area C2 presso il Ministero dei lavori pubblici indetto con decreto ministeriale del 3 agosto 2000 pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale - IV serie speciale - n. 72 del 15 settembre 2000;
risultano dei vincitori del concorso che ad oggi non sono stati ancora assunti in considerazione del blocco delle assunzioni disposto da questo Governo nella legge n. 448 del 2001;


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il blocco delle assunzioni risulterebbe confermato anche dal disegno di legge concernente la finanziaria 2003;
detta misura è mortificante per chi ha vinto una prova concorsuale affrontando e sostenendo duri sacrifici -:
quali siano i tempi entro i quali il Governo prevede l'assunzione dei vincitori del concorso indicato in premessa.
(4-04357)

Risposta. - In riferimento all'interrogazione indicata in oggetto, si fa presente che, come noto, sulla Gazzetta Ufficiale IV serie speciale, concorsi ed esami n. 72 del 15 settembre 2000 è stato indetto un concorso per esami a complessivi 9 posti di ingegnere direttore per le esigenze degli uffici centrali e periferici del soppresso Ministero dei lavori pubblici.
Con decreto del Presidente della Repubblica 31 luglio 2003, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti è stato autorizzato ad assumere 64 unità per una spesa complessiva nell'anno 2003 pari a 584.517 euro ed una spesa complessiva annua lorda a regime da sostenere nell'anno 2004 per un importo pari a 1.558.713 euro.
Tale provvedimento normativo ha consentito, tra l'altro, l'assunzione, disposta a decorre dall'ultimo bimestre dello scorso anno, di tutti i vincitori del concorso in argomento.
Il Viceministro delle infrastrutture e dei trasporti: Ugo Martinat.

NESI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
il Paese è rimasto profondamente colpito dal gravissimo incidente avvenuto a Genova nel corso dei lavori alla Darsena, che ha provocato 1 morto e 4 feriti;
tale incidente ha messo in evidenza una serie di problemi connessi:
al sistema di costruzione delle opere pubbliche;
alla sicurezza dei lavoratori edili;
alla natura dei contratti di lavoro tra gli stessi lavoratori edili e le imprese;
il sistema di costruzione delle opere pubbliche, risulta ancora e sempre maggiormente formato da una fitta rete di appalti e subappalti, metodo che si è accentuato in questi ultimi anni per la liberalizzazione di questi istituti in seguito al superamento della legge antimafia del 1990, che vincolava il subappalto entro certi limiti;
la sicurezza dei lavoratori edili è resa sempre più precaria, come dimostra la lunga catena di incidenti mortali che danno al nostro Paese il vergognoso primato in Europa di morti sul lavoro;
il rapporto tra i lavoratori e le imprese subappaltatrici è sempre maggiormente connotato dalla esistenza di un numero crescente di lavoratori in nero, fenomeno che ormai costituisce una piaga specifica del nostro Paese -:
quali iniziative il Governo intenda adottare per:
a) per riesaminare l'intera struttura del sistema degli appalti e dei subappalti;
b) per verificare l'applicazione delle norme esistenti sulla prevenzione e la sicurezza del lavoro edile;
c) per affrontare il problema del lavoro nero in edilizia.
(4-08057)

Risposta. - Il problema della sicurezza sul lavoro è sicuramente una delle priorità del Governo e il drammatico incidente di Genova rinnova la già viva attenzione sulla materia.
Il ministero del lavoro e delle politiche sociali, nell'ambito delle sue competenze, ha incrementato l'azione di vigilanza in materia di sicurezza sul lavoro, utilizzando tutte le risorse attualmente disponibili ricorrendo, anche, alla riconversione del personale ispettivo. Nell'ultimo anno, tale incremento


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è valutabile in circa il 10 per cento. Sono state, inoltre, attivate le procedure per l'assunzione di ulteriori 870 ispettori.
Sembra opportuno ricordare che è stato recentemente approvato dal Consiglio dei Ministri in via definitiva, il decreto attuativo di cui all'articolo 8, della legge 14 febbraio 2003, n. 30 (legge Biagi), che prevede il riordino e la razionalizzazione dei servizi ispettivi di tutti gli organi di vigilanza, con attribuzione della direzione e del coordinamento operativo alle direzioni regionali e provinciali del lavoro, che si attiveranno sulla base delle direttive, adottate dalla direzione generale appositamente costituita. Inoltre, la legge di semplificazione 2001 ha previsto all'articolo 3, una delega al Governo per il riassetto delle disposizioni vigenti in materia di sicurezza e tutela della salute dei lavoratori, delega che sarà esercitata tra breve.
Si ricorda, poi, che nella prima e nella seconda settimana del mese di giugno e nella seconda e terza settimana del mese di settembre 2003, è stata attuata la campagna europea nel settore delle costruzioni (decisa nell'ambito del Comitato degli alti responsabili del lavoro CARIL), che si è concretizzata in una serie di iniziative di natura ispettiva e promozionale con il coinvolgimento degli organi di vigilanza a livello territoriale nonché delle parti sociali.
Nei due periodi di riferimento dei mesi di giugno e di settembre, gli ispettori delle Direzioni provinciali del lavoro hanno svolto attività di vigilanza in circa 5.500 cantieri e contestato circa 12.000 violazioni a norme inerenti la sicurezza sul lavoro.
Si segnala, inoltre, che tutti gli assessorati alla sanità hanno aderito alla campagna europea nel settore delle costruzioni (campagna che verrà reiterata nel corso del corrente anno), intensificando in giugno e settembre l'azione di vigilanza del settore edile.
Al fine di promuovere la cultura della sicurezza, sono state attuate iniziative promozionali, e in tale ambito l'INAIL ha realizzato degli spot, finanziati dall'Unione europea e realizzati con la tecnica dei cartoon, poi, trasmessi sulle televisioni nazionali e locali ed anche negli aeroporti italiani, nonché sul sito dell'INAIL.
Sono, inoltre, allo studio ulteriori iniziative promozionali, in via di definizione con il coordinamento tecnico delle regioni, che verranno attuate nel corso del 2004. Sono stati, anche organizzati vari convegni sul territorio con la partecipazione delle associazioni di categoria (datoriali e dei lavoratori), sempre allo scopo di promuovere la cultura delle sicurezza.
Con riguardo al contrasto del lavoro sommerso in edilizia, si deve evidenziare che sul piano normativo tale fenomeno ha avuto particolare attenzione, sia con la recente istituzione dei CLES (legge n. 266 del 2002), finalizzati all'emersione dei lavoratori coinvolti in tale fenomeno, sia con la predetta riforma Biagi, che oltre a quanto già esposto, ha introdotto un nuovo e più efficace sistema di incontro tra domanda ed offerta di lavoro, volto a garantire trasparenza del mercato e ad agevolare l'inserimento professionale dei disoccupati e di quanti sono in cerca di occupazione. Tale riforma, anche mediante l'individuazione di rapporti di lavoro flessibili (lavoro a progetto, lavoro occasionale, ripartito, eccetera) costituirà utile strumento per il contenimento del fenomeno del sommerso.
Da ultimo, occorre ricordare che, il 16 dicembre 2003, a seguito di quanto rilevato nel tavolo nazionale sul lavoro sommerso nel settore delle costruzioni, attivato dall'amministrazione interrogata di concerto con la Presidenza del Consiglio dei ministri, è stato definito «un avviso comune» con le associazioni di categoria, in materia di emersione del lavoro irregolare. In tale «avviso» si è concordato di ripristinare regole certe per il corretto funzionamento del mercato del lavoro, nel rispetto reciproco dei ruoli.
Per quanto concerne il sistema degli appalti e dei subappalti delle opere pubbliche, si fa presente che l'articolo 86, comma 10, del decreto legislativo n. 276 del 2003, ha modificato l'articolo 3, del decreto legislativo n. 494 del 1996, prevedendo a carico del committente o del responsabile dei lavori sia la richiesta alle imprese esecutrici di una dichiarazione dell'organico medio


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annuo, distinto per qualifica, oltre che del contratto collettivo applicato ai lavoratori, come già previsto; sia la richiesta alle imprese esecutrici di un certificato di regolarità contributiva rilasciato dall'INPS, dall'INAIL ovvero dalle Casse Edili, nonché la trasmissione all'amministrazione concedente, a cura del committente o del responsabile dei lavori, della documentazione di cui sopra e del nominativo dell'impresa esecutrice dei lavori.
Il Sottosegretario di Stato per il lavoro e per le politiche sociali: Maurizio Sacconi.

NESPOLI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
dal giugno 1998 presso la prefettura di Crotone, 19 lavoratori sono stati impiegati quali Lsu (lavoratori socialmente utili) per far fronte alle carenze di organico di quella prefettura, in particolare per lo smaltimento dell'arretrato in materia di invalidi civili, percependo un assegno di disoccupazione pari a circa 450,00 euro a fronte di un impegno di 80 ore mensili e, senza la possibilità di integrare tale assegno effettuando altre ore di lavoro;
con il passaggio delle competenze in materia di invalidi civili alle regioni, avvenuto nel 2001, tali lavoratori continuano a collaborare con i dipendenti della prefettura nei vari settori, o meglio aree, dopo la recente riorganizzazione di quello che è l'odierno ufficio territoriale di Governo, per colmare le vacanze di organico ivi esistenti nonostante la dismissione di taluni compiti da parte dell'ente;
la prefettura di Crotone è impegnata alla costituzione dello sportello unico ed alla gestione di uno dei più grossi centri di prima accoglienza per profughi;
anche per tali attività, in particolare, sono utilizzati i citati Lsu;
ciò fa permanere tali cittadini in uno stato di precariato sia per l'esiguità delle risorse economiche (euro 450,00 mensili), largamente insufficienti a condurre una esistenza dignitosa sia per la durata del contratto, prorogato ogni volta di pochi mesi -:
quali iniziative intenda adottare il Governo per dare prospettive di una valida stabilità e certezza per il futuro a questi lavoratori ed alle loro famiglie.
(4-08117)

Risposta. - Il problema, segnalato dall'interrogante, può ritenersi ormai superato. I 19 lavoratori socialmente utili, già impiegati presso la prefettura di Crotone, sono stati assunti, con contratto a tempo indeterminato, presso la stessa prefettura a decorrere dal 1o gennaio 2004.
Superata la prova selettiva di idoneità, agli stessi è stato attribuito il profilo professionale di coadiutore amministrativo contabile, area funzionale B, posizione economica B1.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Antonio D'Alì.

OSTILLIO. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
l'Esercito italiano ha da sempre utilizzato - per ufficiali, sottufficiali e militari di truppa - materassi e guanciali in lana, fibra che garantisce (tra l'altro) massima igienicità, sufficiente protezione dal fuoco ed anche rispetto dell'ambiente, in considerazione del limitato impatto che ha sull'ecosistema;
per far fronte a tale servizio, risultano stoccati circa un milione e trecentomila chilogrammi di ottima lana, che rappresentano un notevole capitale, se utilizzato, ma un grave danno economico, se immobilizzato o - peggio - venduto sottocosto;
risulta che l'ispettorato logistico dell'Esercito abbia proceduto a sperimentazioni e test sui beni di casermaggio e, nonostante i discutibili esiti, alla sostituzione degli esistenti materassi e guanciali, in lana, con analoghi in polistirolo ignifugo, introducendo circa 25.000 pezzi l'anno fabbricati con il nuovo materiale;


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tale nuovo materiale pare abbia creato il problema di una sostituzione di materassi e guanciali alla scadenza di due anni, nonostante la previsione originaria fosse di quattro;
inoltre sarebbe stato verificato:
a) una scarsa igienicità, tenuto conto dell'impossibilità di procedere a lavaggi ed igienizzazione del materasso, oltre che della sopraffodera;
b) un impatto ambientale negativo, conseguente alla necessità di smaltire la fibra artificiale;
c) un danno economico conseguente all'occupazione di grandi spazi, nell'attesa del suddetto smaltimento;
d) un esborso maggiore di oltre due milioni di euro all'anno, derivanti dalla differenza di spesa tra l'acquisto di materassi nuovi in polistirolo ignifugo ed il rifacimento dei materassi in lana, già posseduti dall'Esercito -:
quali siano state le motivazioni che hanno portato ad una decisione che appare poco supportata da approfondite valutazioni e sperimentazioni sui nuovi materiali e da corrette analisi sul rapporto costi-benefici.
(4-02192)

Risposta. - L'Esercito, attesa la professionalizzazione delle Forze Armate, ha posto in essere, da tempo, un impegnativo processo di ammodernamento nel settore dei mezzi e materiali.
In tale ottica si inquadra la graduale sostituzione degli obsoleti materassi di lana, in uso ormai da più di cinquanta anni, con moderni materassi a molle ignifughi la cui tecnologia d'avanguardia migliora in termini significativi la «qualità della vita» dei militari alle armi e che presenta indubbi vantaggi di ordine logistico e finanziario.
L'introduzione dei nuovi manufatti (per i quali l'attività di mantenimento è limitata unicamente alla lisciviatura delle sopraffodere, mentre per i materassi in lana era necessario provvedere annualmente al loro completo rifacimento, previo trasporto e lavorazione presso i centri rifornimenti di Commissariato, con notevole dispendio di energie e risorse finanziarie) ha comportato l'alienazione del materiale di risulta dei vecchi manufatti costituiti da fodere in cotone e da lana, ormai priva di tutti quei caratteri merceologici - causa le ripetute operazioni di rifacimento (allargatura, cardatura e battitura) - che conferiscono al prodotto i requisiti di «comfort» propri di tale materiale.
Per quanto attiene al processo di smaltimento dei sopraccitati materiali di risulta, gli uffici di commissariato dei comandi di regione hanno da tempo iniziato le attività d'alienazione previste che, tuttavia, considerate le scarse quantità del prodotto in gara ritenuto di nessun interesse da parte delle ditte accorrenti e i prezzi di stima della lana troppo alti, hanno trovato modesta occorrenza di acquirenti.
L'Ispettorato Logistico dell'Esercito, tuttavia, conta di dare una decisa accelerazione a questo settore, ripetendo le gare sulla base di valutazioni tecniche più rispondenti sotto il profilo dei prezzi da porre a base e utilizzando gli strumenti di cui al decreto interministeriale 30 novembre 2001 (alienazione, cessione di materiale e mezzi eccedenti le esigenze delle Forze Armate) concepito, appunto, per eliminare l'attuale giacenza di materiali e mezzi esuberanti o dichiarati fuori uso per cause tecniche.
Ciò premesso, si precisa che l'Esercito italiano già dal 1986 aveva iniziato un programma di graduale sostituzione degli imbottiti di lana con materassi e cuscini a molle, programma ripreso nel 1993 e, quindi, definitivamente sviluppato a partire dal 1998 (materassi e cuscini a molle ignifughi) per concludersi nel 2003.
Tale decisione è legata agli indubbi vantaggi di ordine finanziario e logistico riconducibili al maggiore comfort per gli utenti, alle economie derivanti dall'eliminazione delle spese annuali di trasporto e di rifacimento dei materassi e cuscini di lana, alla possibilità di liberare i magazzini dalla lana e dagli imbottiti tenuti per le necessità di rotazione, con recupero di significativi costi di immagazzinamento.
La lana attualmente giacente presso i magazzini non può assolutamente definirsi


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«di ottima qualità», in quanto risale ad acquisti effettuati venticinque-trenta anni fa.
Tale lana, infatti, dopo tanti anni di impiego e dopo essere stata sottoposta a cardature annuali per le necessarie operazioni di rifacimento (circa 20 in totale), ha perso completamente le caratteristiche merceologiche originarie e, di conseguenza, ogni qualsiasi valore economico (il pregio delle fibre di lana risiede nella loro lunghezza e «verginità», qualità che già si perdono dopo la prima rilavorazione).
Infatti, la lana non impiegata ha un valore di circa euro 4,50 al chilo, mentre quella lungamente impiegata e sottoposta a frequenti cardature vale circa euro 0,15 al chilo.
Per quanto concerne i nuovi materiali acquisiti, l'Ispettorato Logistico dell'Esercito non ha effettuato sperimentazioni in quanto tali materiali sono della tipologia già presente sul mercato e di comune impiego.
Occorre, peraltro, sottolineare che i materassi e cuscini a molle approvvigionati sono realizzati in tessuto esterno poliestere ignifugo, strati interni di ovatta in fibra poliestere ignifuga e sistema di molleggio in acciaio zincato.
Non è stato, invece, mai previsto l'impiego di polistirolo ignifugo, materia plastica impiegata per materassi ad alta resistenza o come isolante, che non si presta ad essere filata e di conseguenza non può produrre né fibre per imbottiture, né tantomeno tessuti per esterno.
I materassi e cuscini a molle ignifughi approvvigionati dal 1998 (anno di avvio dei programma di sostituzione totale di tutti i materassi e cuscini imbottiti di lana) sono realizzati in poliestere ignifugo e non hanno, fino ad oggi, creato problemi di sostituzione anticipata.
La loro durata minima orientativa è di 6 anni, per cui a partire presumibilmente dal 2004 si procederà alla sostituzione della prima aliquota (circa 35.000 materassi e cuscini).
In merito, si osserva che:
a) per quanto attiene all'igienicità, si può certamente affermare che il telo coprirete e le due sopraffodere in dotazione ai materassi a molle (lavabili frequentemente), possano garantire adeguatamente l'igienicità del manufatto più che per quelli di lana. In casi particolari, peraltro, anche il materasso a molle può essere sottoposto a lavaggio;
b) tenuto conto dell'impiego generalizzato dei materassi a molle, ogni comune è attrezzato per lo smaltimento di tali tipologie di manufatti, con la piena osservanza della normativa che regola l'impatto ambientale (costo orientativo per lo smaltimento di un materasso a molle euro 0,88);
c) tenuto conto che alle operazioni di smaltimento provvederanno direttamente gli enti che hanno in carico i materassi, non si produrranno le giacenze di materassi a molle presso i magazzini.
Viceversa, se l'Esercito impiegasse materassi e cuscini imbottiti di lana, tenuto conto della necessità del rifacimento una volta all'anno (operazione effettuabile solo presso i magazzini) sarebbero necessari ingenti spazi per lo stoccaggio dei materassi da rifare, dei materassi rifatti e della lana;

d) per una valutazione comparata dei costi occorre far riferimento alla vita media dei materassi a molle ignifughi in fibra poliestere calcolata in 6 anni. Ne consegue che un materasso a molle ignifugo costa, per 6 anni, euro 111 (compreso un eventuale lavaggio completo), mentre un materasso imbottito di lana costa, per i primi 6 anni euro 172 e per i 6 anni successivi euro 81, con la differenza che, dopo ogni 6 anni, nel primo caso si disporrà di materassi nuovi, nel secondo caso di materassi con lana sempre più usurata.
Il Ministro della difesa: Antonio Martino.

PERROTTA. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
risulta che, negli anni 1996-2002, sono state affittate ai dirigenti dell'istituto dell'Ipsema ed ai loro familiari case dall'ente previdenziale stesso -:


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se il Ministro intenda verificare quante sono le case affittate ai dirigenti ed in base a quali criteri sono state assegnate;
se intenda fornire chiarimenti in merito alla situazione di cui sopra, anno per anno a partire dal 1996 al 2002.
(4-08477)

Risposta. - L'Istituto di Previdenza del Settore Marittimo (IPSEMA) ha fatto presente che le assegnazioni degli alloggi avvengono nel rispetto di graduatorie pubbliche, che in quanto tali sono immediatamente verificabili dagli interessati, ossia da coloro che hanno già partecipato agli appositi bandi, preventivamente pubblicizzati per le assegnazioni.
Dal 1999, tali procedure sono state sospese, in concomitanza dell'avvio dei processi di vendita degli immobili, ciò al fine di garantire la massima trasparenza ed evitare delle perdite economiche all'istituto, in relazione alla variazione di prezzo sulle vendite di immobili occupati e non occupati, al momento del loro collocamento sul mercato.
L'Ipsema ha precisato, inoltre, che dal 1o gennaio 1996 al 31 dicembre 2002 nessun dirigente dell'Istituto, o suo familiare, è stato destinatario o ha condotto in locazione case di proprietà dell'Istituto stesso.
Il Ministro del lavoro e delle politiche sociali: Roberto Maroni.

PERROTTA. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
risulta all'interrogante che nel corso degli anni dal 1996 al 2003 in attuazione del cosiddetto principio della mobilità del personale, si sia dato corso ad un numero molto elevato di assunzioni e trasferimenti di personale da parte dell'Ipsema -:
se il Ministro disponga di informazioni al riguardo e se comunque intenda accertare quante assunzioni siano effettivamente state fatte, anno per anno, dal 1996 al 2003, presso l'Ipsema e con quali modalità sia stata data attuazione al principio della mobilità del personale.
(4-08492)

Risposta. - L'Istituto di Previdenza del Settore Marittimo (IPSEMA) ha reso noto il numero dei propri dipendenti, sia in entrata che in uscita, riferito agli anni dal 1996 al 2003.
Nel 1996, sono state assorbite complessivamente n. 4 unità di personale, ai sensi dell'articolo 7, comma 3, della legge n. 70 del 1975 e n. 1 unità, ai sensi del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 13 giugno 1995, mentre sono state deliberate le uscite di n. 4 unità, ai sensi della predetta legge n. 70 del 1975.
Nel 1997, sempre secondo quanto previsto dalla legge n. 70 del 1975, è stata deliberata la mobilità in uscita per n. 3 unità.
Nel 1998, sono state assorbite n. 2 unità di personale, ai sensi del decreto legislativo n. 509 del 1994.
Nell'anno 1999, è stata deliberata l'uscita per n. 2 unità, ai sensi dell'articolo 27, del Contratto Collettivo Nazionale del Comparto Enti Pubblici non Economici (1998/2001) e dell'articolo 33, del decreto legislativo n. 29 del 1993. Sono state assorbite, inoltre, n. 1 unità di personale, ai sensi del decreto legislativo n. 509 del 1994 e n. 2 unità, ai sensi dell'articolo 33, comma 2, del decreto legislativo n. 29 del 1993.
Nell'anno 2000, a seguito della chiusura delle sedi zonali e della conseguente necessità di ricollocare il personale ad esso assegnato, presso altre pubbliche amministrazioni, l'IPSEMA ha provveduto a deliberare la mobilità in uscita per n. 15 unità, ai sensi dell'articolo 27, del CCNL e dell'articolo 33, del decreto legislativo n. 29 del 1993, mentre a sensi del medesimo articolo 33, è stata assorbita n. 1 unità.
Nell'anno 2001, è stata assorbita una unità di personale, ai sensi dell'articolo 30, del decreto legislativo n. 165 del 2001 ed è stata deliberata una mobilità in uscita (CCNL e decreto legislativo n. 29 del 1993).
Nel biennio 2002/2003, sono entrati rispettivamente n. 7 e n. 15 dipendenti, mentre


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sono usciti n. 10 e n. 2 dipendenti, ai sensi dell'articolo 30, del decreto legislativo n. 165 del 2001).
L'Istituto evidenzia che tutti i processi di mobilità sono stati deliberati secondo le normative suindicate, mentre i passaggi in entrata sono connessi ad esigenze di carattere organizzativo e funzionale, che risulta, ancora, sottodimensionato rispetto alla pianta organica.
Da ultimo, l'Istituto specifica che i trasferimenti dei dipendenti presso altre amministrazioni sono stati disposti in accoglimento di specifiche e motivate istanze avanzate dal personale.
Il Ministro del lavoro e delle politiche sociali: Roberto Maroni.

PERROTTA. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
risulta all'interrogante che siano state date in uso le macchine dell'Ipsema a tutti i dirigenti -:
se il Ministro disponga di informazioni al riguardo e se intenda accertare quante sono le macchine date in uso ai dirigenti di tale istituto e quali siano i criteri in base ai quali avvengano le assegnazioni, anche al fine di verificare se vi siano state eventuali anomalie, con particolare riferimento agli anni dal 1996 al 2003.
(4-08493)

Risposta. - L'istituto di Previdenza del Settore Marittimo (IPSEMA) ha comunicato che il parco macchine di proprietà dell'istituto è costituito da n. 3 autovetture, di cui una di proprietà e due in noleggio.
Fino al 31 dicembre 2003 le autovetture disponibili sono state assegnate: una ad uso esclusivo del presidente ed una del direttore generale.
La terza ed ultima autovettura, ad uso non esclusivo, viene utilizzata generalmente per le esigenze del presidente del collegio sindacale, del presidente del consiglio di indirizzo e vigilanza e del consiglio di amministrazione.
Per gli spostamenti di servizio dei dirigenti, l'IPSEMA ha fatto ricorso ai taxi, a mezzi pubblici e, qualora disponibile, alla predetta terza autovettura, destinata ad uso non esclusivo.
Da ultimo, l'Istituto precisa che nessun dirigente o direzione o ufficio dirigenziale ha avuto ad uso esclusivo o di servizio le autovetture dell'ente.
Il Ministro del lavoro e delle politiche sociali: Roberto Maroni.

PERROTTA. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
a quanto risulta all'interrogante alcuni medici dell'Inps eserciterebbero la propria attività professionale anche al di fuori dell'incarico ricoperto presso l'istituto -:
se il Ministro intenda verificare quanti siano i medici che lavorano in esclusiva per l'Inps e se ciò sia conforme alla legge e, in caso contrario quali provvedimenti siano stati adottati in merito;
se intenda offrire chiarimenti in merito alla situazione di cui sopra.
(4-08498)

Risposta. - Si fa presente che il regime di rapporto di lavoro esclusivo è stato introdotto nell'ambito del servizio sanitario nazionale dal decreto legislativo n. 229 del 1999 (cosiddetto decreto Bindi) che, riorganizzando l'ordinamento ed il funzionamento del servizio sanitario nazionale, ha previsto e regolamentato una differente forma di organizzazione del lavoro; in assenza di un esplicito richiamo da parte di norme legislative o contrattuali, tale disciplina del rapporto di lavoro non può trovare applicazione nei confronti dei medici previdenziali e dunque nei confronti dei medici dell'INPS.
Non esistono pertanto medici appartenenti ai ruoli dell'Istituto che operano in regime di esclusività non essendo configurabile


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nell'ordinamento dell'INPS tale modalità di svolgimento del rapporto di lavoro.
Ciò premesso si rende noto che nei confronti del predetto personale trova applicazione la peculiare disciplina introdotta dall'Accordo Attuativo dell'articolo 94 del CCNL 11 ottobre 1996 relativo all'area della dirigenza e specifiche tipologie professionali che, al titolo IV, regolamenta espressamente la libera professione che si sostanzia in mere visite mediche e per il cui esercizio non è richiesta alcuna autorizzazione occorrendo esclusivamente l'esercizio della relativa e preventiva opzione da parte del sanitario. Per converso qualsivoglia funzione espletata dai medici dell'istituto al di fuori dell'incarico ricoperto che travalichi la semplice visita medica e che dunque non costituisce
tout court attività libero professionale si configura quale incarico extra ufficio ed è pertanto assoggettata, così come confermato dalla Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento della Funzione Pubblica - UPPA con parere prot. n. 1895/11 dell'11 dicembre 2003, al regime autorizzatorio di cui all'articolo 53 del decreto legislativo n. 165 del 2001. Si precisa in proposito che detta autorizzazione viene ordinariamente concessa di volta in volta, dopo aver accertato che l'attività extra ufficio viene svolta nel pieno rispetto degli obblighi derivanti dal rapporto d'impiego con l'istituto e che l'impegno richiesto non incida negativamente sull'attività di servizio. Pertanto l'adozione del provvedimento di autorizzazione è subordinata ad un'attenta e preliminare disamina circa la modalità di svolgimento dell'incarico che non deve in ogni caso interferire con l'ordinaria attività istituzionale.
Il Ministro del lavoro e delle politiche sociali: Roberto Maroni.

RAFFALDINI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
lo stato di alcuni ponti sul Po che insistono sul territorio della provincia di Mantova creano ormai grande preoccupazione per la sicurezza dei cittadini;
le condizioni dei ponti di Borgoforte, Viadana e San Benedetto Po, potrebbero aggravarsi ulteriormente in caso di eventi climatici che causassero ondate di piena del fiume Po;
queste infrastrutture collegano molte province (Mantova, Reggio Emilia, Modena, Parma, Piacenza, Ferrara, Rovigo, Cremona) e due regioni (Lombardia ed Emilia-Romagna);
la loro eventuale chiusura taglierebbe in due non solo l'area mantovana ma un'area vastissima sovraprovinciale con gravissimi danni all'economia, alla mobilità delle persone, al diritto allo studio (impossibilità a raggiungere le scuole), al diritto alla salute (difficoltà a raggiungere gli ospedali);
è ben vivo il ricordo delle difficoltà e dei disagi di ogni tipo che le popolazioni hanno vissuto in occasione della chiusura negli scorsi anni del ponte di San Benedetto Po;
dai progetti dell'Anas emerge la necessità di interventi urgenti, radicali e alquanto onerosi -:
quali misure urgenti intenda assumere d'intesa con le regioni Lombardia ed Emilia-Romagna e con le province interessate, per garantire la sicurezza dei ponti sopra citati.
(4-05249)

Risposta. - In merito alle problematiche evidenziate con l'atto ispettivo cui si risponde sono state richieste informazioni all'Anas Spa la quale fa preliminarmente conoscere che, a seguito dell'attuazione del decentramento amministrativo della viabilità, i Ponti sul Po, Viadana, Borgoforte e S. Benedetto del Po rientrano tra le opere trasferite dall'Anas alla provincia di Mantova.
Il Ponte S. Benedetto del Po è stato oggetto di interventi di consolidamento a cura della Società stradale al fine di risolvere problemi di statica prima del suo


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trasferimento all'Amministrazione provinciale, cui sarà trasmessa la relativa documentazione.
Per quanto concerne, invece, i ponti di Viadana e Borgoforte, l'ufficio periferico dell'Anas ha redatto gli studi preliminari ed i successivi progetti esecutivi degli interventi di difesa a seguito degli alluvionali dell'ottobre-novembre 2000. Studi e progetti trasmessi poi alla provincia di Mantova a seguito di consegna.
Per completezza di informazione, l'Anas fa presente di aver predisposto i progetti esecutivi di interventi per n. 13 ponti sul fiume Po, di cui cinque sono rimasti nell'ambito della rete di interesse nazionale.
Per quanto riguarda, invece, gli interventi di competenza provinciale, i relativi progetti sono stati trasmessi agli enti locali destinatari.
Il Viceministro delle infrastrutture e dei trasporti: Ugo Martinat.

REALACCI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
il progetto della «Dorsale appenninica Rieti-Benevento», di cui uno dei tronchi è il tratto Atina-Isernia, risale al 1975, anno in cui il C.I.P.E. con delibera n. 22 del 3 febbraio, approva: «il progetto speciale di interventi organici riguardante la realizzazione della direttrice "Dorsale appenninica" Rieti-Benevento» e prende atto dell'esistenza di un progetto preliminare per il tronco a scorrimento veloce Atina-Isernia;
la legge 21 dicembre 2001, n. 443 la cosidetta «legge obiettivo» ha previsto che il Governo, previa Conferenza unificata (Conferenza Stato-Regioni e Conferenza Stato-Città ed autonomie locali) determinasse l'elenco delle opere infrastrutturali considerate strategiche da inserire nel D.P.E.F. con i finanziamenti necessari e da approvarsi definitivamente con delibera del C.I.P.E.;
la delibera C.I.P.E. del 21 dicembre 2001, n. 121 ha individuato tra gli «Interventi strategici di preminente interesse nazionale» fra i corridoi autostradali e stradali il prolungamento della Dorsale appenninica Sora-Atina-Isernia tratta Atina-Colli del Volturno;
l'opera è stata inizialmente finanziata nella legge finanziaria 2001 (legge 23 dicembre 2000, n. 388) con l'attribuzione alla Provincia di Frosinone della somma di lire 15 miliardi di lire spendibili in 3 anni (2001, 2002, 2003), per la progettazione dell'opera il cui costo previsto sarebbe di 291 milioni di Euro;
in data 8 ottobre 2001 la Provincia di Frosinone ha inoltrato agli uffici competenti della Regione Lazio (Area 4 - Valutazione impatto ambientale e danno ambientale) l'intera documentazione per l'espletamento della procedura di verifica ai sensi dell'articolo 10 del decreto del Presidente della Repubblica 12 aprile 1996 recepito integralmente dall'articolo 46 della legge regionale 7 giugno 1999, n. 6 (norme sulla V.I.A.);
in data 8 settembre 2003 la Soprintendenza per i Beni architettonici, per il paesaggio e per il patrimonio storico artistico del Lazio con atto protocollo n. 8274/B dichiarava l'improcedibilità della richiesta riguardante il parere sulla convocazione di una Conferenza di servizi perché riteneva indispensabile che il progetto fosse integrato dalla documentazione minima richiesta per le valutazioni riguardanti l'impatto del progetto sull'ambiente e il paesaggio;
il progetto di realizzazione del tratto Atina-Isernia, che si trascina per inerzia negli atti di programmazione regionali fino agli anni '90, risale al 1975 e risponde ad esigenze e necessità che si fondano su programmi riguardanti modelli di sviluppo totalmente obsoleti;
nella delibera C.I.P.E. n. 121 del 21 dicembre 2001 cit. fra gli interventi strategici è stato anche inserito l'asse autostradale di collegamento meridionale A1-A14


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(S. Vittore-Termoli), il cui costo previsto sarebbe di 1.549 milioni di euro. Il tracciato collegando i comuni di Vittore ed Isernia insieme alla superstrada Cassino-Isernia già finanziata e alla prevista realizzazione della circonvallazione di Venafro, costituirà la soluzione al problema della realizzazione delle trasversali di prolungamento della Dorsale appenninica verso il Molise e l'Adriatico;
i nuovi modelli di sviluppo territoriale evidenziano per la Val Comino la valorizzazione della loro vocazione ambientale legata in particolare all'agricoltura, al piccolo artigianato, al turismo ambientale e religioso, come si evince dal Piano di azione locale (P.A.L.) del G.A.L. del versante laziale del Parco Nazionale d'Abruzzo approvato con D.G.R. del 30 giugno 1998, n. 2988;
l'opera - 27 chilometri di prolungamento su una sola corsia per senso di marcia, per una larghezza totale dell'impianto stradale di soli 10,5 metri con viadotti e gallerie per 6 chilometri - è di grande impatto ambientale viste le caratteristiche del progetto, le dimensioni di questo, l'utilizzazione delle risorse naturali, la produzione di rifiuti, l'inquinamento e i disturbi ambientali, il rischio di incidenti, l'impatto sul patrimonio naturale e storico tenuto conto della destinazione delle zone che possono essere danneggiate (nella fattispecie particolare il territorio della Val Comino, parte del versante laziale del Parco Nazionale d'Abruzzo);
l'ubicazione del progetto, tenendo conto della sensibilità ambientale delle zone geografiche interessate, produrrà danni viste la qualità e la capacità di rigenerazione delle risorse naturali della zona, la capacità di carico dell'ambiente naturale, con particolare attenzione alle zone montuose e forestali di San Biagio, Saracinisco, Picinisco, paesaggi importanti dal punto di vista storico, culturale, ed archeologico e alle aree demaniali dei fiumi, dei torrenti, e delle acque pubbliche e gli effetti dell'opera sulle limitrofe aree naturali protette;
inoltre il tracciato della «Dorsale appenninica Isernia-Atina» attraverserebbe corsi d'acqua di notevole importanza tra i quali i fiumi Melfa, il Rio Molle e il Rio Stanco e il tracciato di prolungamento della Isernia-Atina toccando le aree limitrofe del Parco Nazionale d'Abruzzo nella parte laziale che, ai sensi del disposto dell'articolo 1, comma 4 che recita: «4. Sono assoggettati alla procedura di valutazione d'impatto ambientale i progetti di cui all'allegato B che ricadono, anche parzialmente, all'interno di aree naturali protette come definite dalla legge 6 dicembre 1991, n. 394» -:
se non ritenga necessario ed urgente sospendere qualunque iniziativa riguardante l'attuazione del progetto per il completamento del tratto Atina-Isernia della «Dorsale appenninica» e, nell'ottica della legge obiettivo mirata all'individuazione: «delle infrastrutture pubbliche e private ed insedianti produttivi strategici e di preminente interesse nazionale da realizzare per la modernizzazione e lo sviluppo del Paese», identificare un altro progetto che sia realmente necessario allo sviluppo del Lazio.
(4-09340)

Risposta. - In riferimento all'interrogazione indicata in discorso, si forniscono i seguenti elementi di risposta premettendo, innanzitutto, che l'esistente viabilità Cassino-Atina-Sora-Frosinone è, attualmente, di competenza regionale e provinciale. In tale contesto si inquadra, pertanto, anche l'eventuale tronco di nuova progettazione Atina-Isernia.
Il progetto della dorsale stradale Atina-Colli del Volturno, pur rientrando tra le opere programmate dalla delibera Cipe del 21 dicembre 2001, n. 121, non risulta inclusa tra le opere prioritarie ma piuttosto tra quelle a carattere regionale segnalate dalla regione Lazio che ne è soggetto aggiudicatore. Ad oggi, la regione Lazio non ha provveduto alla presentazione del relativo progetto.
Nell'ambito delle differenti competenze statali e regionali ed al fine di consentire una più completa trattazione della questione


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oggetto dell'interrogazione cui si risponde, sono stati richiesti elementi conoscitivi alla regione Lazio che ha riferito quanto segue.
La cosiddetta «dorsale Appenninica» Terni-Rieti-Avezzano-Sora-Isernia-Benevento a distanza di trenta anni dal suo avvio programmatico, risulta per gran parte realizzata ad eccezione del tratto tra Terni-Piè di Moggio, del tratto Rieti-Grotti e del tratto Atina-Colli al Volturo.
Tale sistema stradale era stato concepito a suo tempo quale connessione diretta tra tutti i centri panappenninici del centro-sud sia a servizio del traffico veicolare leggero sia quale corridoio per il traffico merci.
Il completamento di questa rete rimane strategico anche oggi per lo sviluppo delle aree interessate.
Per quanto attiene ai tratti incompleti, da notizie assunte dalla regione Lazio si fa presente che per il tratto Terni-Piè di Moggio sta provvedendo l'Anas con un intervento finanziato con la «legge obiettivo» su richiesta della regione Umbria.
L'ultimazione del tratto Rieti-Grotti è invece stato programmato dalla regione Lazio utilizzando risorse derivanti dal trasferimento alle regioni della competenza sulla viabilità.
Per la tratta Atina-Isernia, la regione Lazio ha confermato l'intervento previsto con la «legge obiettivo» proposto dall'ente regionale medesimo quale opera di sicura valenza strategica per il Sorano, la Val di Comino e l'intero Lazio meridionale anche quale opera di interesse interregionale che coinvolge il centro Italia.
Sebbene la regione Molise, nell'ambito degli interventi della «legge obiettivo» abbia indicato quale priorità l'intervento relativo alla tratta Termoli-Isernia-Venafro-San Vittore, questa non sostituisce la Atina-Isernia che anzi potrà servire quale adduttrice di traffico all'asse proposto dalla regione Molise e, quindi, anche quale nuova opportunità per porre in connessione il polo produttivo del Sorano e la Val di Comino con la Valle del Volturno nonché con le grandi direttrici del traffico nazionale.
La regione Lazio riferisce, infine, che gli aspetti di natura ambientale e paesistica saranno ben contemperati con l'esigenza di realizzare l'infrastruttura in questione in ambiti territoriali di pregio.
Il Viceministro delle infrastrutture e dei trasporti: Ugo Martinat.

SGOBIO. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 13 della legge n. 257 del 1992, come modificato dalla legge n. 271 del 1993, prevedeva per i lavoratori esposti all'amianto, per un periodo superiore a dieci anni, che l'intero periodo lavorativo soggetto all'assicurazione obbligatoria, gestito dall'Inail, fosse moltiplicato, ai fini delle prestazioni pensionistiche, per il coefficiente di 1,5;
il signor Vito Triggiani, nato a Bari il 14 ottobre 1952 e ivi residente, è stato occupato presso l'azienda Fibronit spa, stabilimento di Bari, per il periodo dal 1 ottobre 1976 al 31 marzo 1989;
il suddetto arco di tempo è stato interessato per un periodo inferiore a dieci anni di attività lavorativa, mentre il restante periodo, fino al raggiungimento e al superamento dei dieci anni, dal trattamento Cigs, con relativa contribuzione figurativa;
il signor Triggiani, assunto successivamente presso la regione Puglia con transito, ai fini previdenziali, presso l'Inpdap, chiedeva ed otteneva la ricongiunzione per il periodo di lavoro precedentemente svolto;
in sede di determinazione del trattamento pensionistico e, di conseguenza, della verifica dei requisiti richiesti per il riconoscimento dei benefici ex articolo 13 della legge n. 257 del 1992 e successive modificazioni, sono sorte difficoltà interpretative da parte dell'Inpdap della sede di Bari;
l'Inpdap negherebbe in favore del signor Triggiani l'applicazione dei benefici


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della richiamata normativa per carenza del requisito dei dieci anni richiesti;
l'Inpdap, ai fini del periodo utile al conseguimento dei benefici, è dell'avviso che siano da prendere in considerazione tutti i periodi lavorativi coperti da assicurazione obbligatoria contro le malattie professionali derivanti dall'amianto, gestiti dall'Inail;
il Ministero del lavoro e della previdenza sociale ha ritenuto che siano da prendere in considerazione pure i periodi coperti da contribuzione figurativa, oltre che a malattia e maternità, quelli relativi a sospensione lavoro, ovvero cassa integrazione guadagni, come da circolare Inps n. 255/1993 -:
se non ritenga opportuno adoperarsi presso gli organi preposti affinché al signor Triggiani possa essere riconosciuto il beneficio previsto, attestato che il periodo di cassa integrazione guadagni, con il quale è stato coperto e superato il periodo dei dieci anni richiesto dalla normativa, possa essere correttamente considerato utile a tal fine.
(4-06492)

Risposta. - In merito alla vicenda del signor Vito Triggiani, oggetto dell'atto ispettivo in esame, l'Istituto nazionale di previdenza per i dipendenti della pubblica amministrazione (INPDAP) ha rappresentato di aver debitamente recepito le indicazioni espresse dal ministero interrogato, in merito alla utilità dei periodi di contribuzione figurativa relativi alla Cassa integrazione Guadagni, ai fini della rivalutazione previdenziale, prevista dall'articolo 13, della legge n. 257 del 1992, rese note con circolare INPS n. 255 del 1993 e con messaggio Inps n. 303 del 2001.
In particolare, l'Istituto fa presente di aver condotto una verifica presso il proprio ufficio di Bari e di aver accertato l'esistenza di una valutazione difforme, scaturita dalla anomala certificazione prodotta dall'Inail di Bari.
Pertanto, chiarito il senso delle dichiarazioni sottoscritte dalla sede dell'Inail, la sede provinciale Inpdap di Bari ha provveduto, nel mese di luglio 2003, a notificare all'interessato il diritto al riconoscimento dell'intero periodo lavorativo ricongiunto (1o ottobre 1976-31 marzo 1989) per l'attività espletata con esposizione all'amianto.
Il Ministro del lavoro e delle politiche sociali: Roberto Maroni.

SGOBIO. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
il 29 luglio 2003, un operaio di 55 anni è morto in un incidente sul lavoro alla «Teksid» di Carmagnola (ex Fiat passata al fondo Questor) ed immediata e spontanea è scattata la reazione dei compagni di lavoro che sono scesi in sciopero, insieme al sindacato di categoria Fiom-Cgil, per denunciare la nuova proprietà di non aver provveduto ai necessari lavori di manutenzione e ammodernamento degli impianti;
secondo quanto si è appreso sulle modalità della tragedia l'uomo stava provvedendo alla riparazione di un impianto che si era bloccato quando è rimasto schiacciato con la testa sotto un macchinario;
da notizie provenienti dalla suddetta organizzazione sindacale di categoria si apprende che è da mesi che si denuncia l'aumento degli infortuni in questo stabilimento;
la Teksid di Carmagnola conta circa 300 dipendenti ed è specializzata nella produzione di ghisa e alluminio per l'industria automobilistica -:
se non ritenga opportuno attivarsi presso l'Ispesl affinché la sicurezza dei lavoratori all'interno dello stabilimento in oggetto, a tutela dei diritti e della dignità degli stessi, affinché non si ripetano incidenti sul lavoro.
(4-07159)

Risposta. - Dalle informazioni acquisite dalla Direzione Provinciale del Lavoro di Torino è emerso quanto segue.


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L'infortunio mortale occorso all'operaio Marco Vettori della Teksid Aluminum srl, si è verificato alle ore 6,30 nel corso del primo turno di lavoro.
Il personale reperibile del servizio di prevenzione (SPreSAL) dell'ASL 8 è intervenuto alle ore 8,15 sul posto, dove erano già presenti un nucleo dell'Arma dei Carabinieri di Carmagnola, un'ambulanza ed il servizio di elisoccorso che ha solo potuto constatare il decesso del lavoratore.
L'apparecchiatura causa dell'incidente, marcata CE e certificata nel mese di maggio 2002, veniva posta sotto sequestro dai tecnici dello SPreSAL, che provvedevano, contestualmente, a dare una prima sommaria informativa alla Procura di Alba, autorità giudiziaria competente.
A seguito dei primi accertamenti effettuati, è stato appurato che l'incidente si è verificato in quanto il lavoratore si è introdotto in una parte della macchina protetta da barriere fisse, che all'atto del sopralluogo risultavano parzialmente rimosse.
Si fa presente, infine, che sono ancora in corso le indagini dirette a verificare i motivi che hanno indotto il lavoratore ad accedere alla zona protetta senza utilizzare le apposite protezioni amovibli munite di dispositivo di blocco.
Il Sottosegretario di Stato per il lavoro e per le politiche sociali: Maurizio Sacconi.

SGOBIO. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro delle attività produttive. - Per sapere - premesso che:
da notizie provenienti da ambienti sindacali si apprende che la «Pilkington Siv», la multinazionale britannica del vetro-piano, ha reso noto il ricorso alla mobilità di 180 dipendenti sui 2.000 dello stabilimento in funzione presso Sant'Angelo, nell'area industriale di San Salvo, in provincia di Chieti -:
se non ritengano opportuno intervenire urgentemente, ciascuno per gli ambiti di propria competenza, presso i soggetti interessati, a tutela dei diritti e della dignità dei lavoratori coinvolti, affinché siano individuate soluzioni alternative capaci di salvaguardare gli attuali livelli occupazionali, in un'area già purtroppo interessata da altre e gravi crisi occupazionali.
(4-08213)

Risposta. - La società Pilkinlton Italia spa, secondo quanto rappresentato dalla Regione Abruzzo, ha avviato una procedura di mobilità, in data 10 novembre 2003, ai sensi e per gli effetti degli articoli 4 e 24, della legge n. 223 del 1991 e ha dichiarato un esubero di n. 180 lavoratori, dislocati in varie aree dello stabilimento di San Salvo.
La decisione è stata motivata dal perdurare della generale crisi del settore e dalle ulteriori ripercussioni, conseguenti alla situazione della Fiat, importante cliente del sito di San Salvo. Oltre a ciò, l'azienda lamenta uno squilibrio dei costi fissi di struttura sia in termini assoluti che relativi rispetto all'andamento del mercato e una generale e continua richiesta da parte dei clienti, sia di una riduzione dei prezzi, sia di una maggiore flessibilità, nonché di tempestività nelle consegne. A ciò, si aggiunge la necessità di provvedere ad un
turn over professionale.
La procedura di mobilità si è conclusa con un verbale di accordo, sottoscritto dalle organizzazioni sindacali il 18 dicembre 2003, nel quale si definiva di porre in mobilità i 180 lavoratori, a far data dal 31 maggio 2005.
L'unico criterio, per l'individuazione dei lavoratori, risulta quello dell'adesione individuale e volontaria del personale in possesso dei requisiti per accedere, durante o al termine della mobilità, ai trattamenti pensionistici, fatte salve le valutazioni aziendali in merito alla compatibilità dei profili.
In particolare, per quanto attiene all'eventualità di un
turn over professionale, si precisa che nel caso in cui l'azienda intenda procedere alla qualificazione e/o riqualificazione dei lavoratori, potrà concorrere al beneficio degli interventi formativi, previsti nella specifica misura del POR


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(Piano Operativo Regionale) dell'Abruzzo, per il periodo 2000/2006.
Il Sottosegretario di Stato per il lavoro e per le politiche sociali: Maurizio Sacconi.

SGOBIO. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro delle attività produttive. - Per sapere - premesso che:
il 12 gennaio 2004 dovrebbero partire le lettere di licenziamento per 95 dei 528 dipendenti della «Donora-Candy» di Cortenuova (Bergamo);
l'azienda ha confermato l'esigenza di una ristrutturazione dello stabilimento di Cortenuova dove rimarrebbe soprattutto la produzione della gamma alta mentre il resto della produzione verrà trasferita ad una fabbrica aperta nella Repubblica Ceca -:
se non ritengano opportuno intervenire, ciascuno per i propri ambiti di competenza, presso i soggetti interessati, al fine di scongiurare la suddetta decisione, a tutela dei diritti e della dignità dei lavoratori coinvolti, e nell'intento di garantire la continuità produttiva dello stabilimento in oggetto.
(4-08287)

Risposta. - In relazione al problema occupazionale sorto nello stabilimento di Bergamo, della società Donora Elettrodomestici Spa per la parte di competenza, si espongono di seguito gli esiti degli accertamenti ispettivi effettuati dalla competente direzione provinciale.
La suddetta società ha la propria sede legale in Monza, Via Cernuschi-6, e una unità operativa in Cortenuova (Bergamo) con un organico complessivo di 519 dipendenti.
Nell'ultimo triennio lo stabilimento di Bergamo ha subito un significativo rallentamento della produzione e ciò ha indotto la società a considerare un riassetto produttivo, con il conseguente esubero di 95 lavoratori.
Per quanto detto, in data 17 dicembre 2003, presso l'associazione industriali di Monza e Brianza, è stato sottoscritto dalla Donora Elettrodomestici Spa e dalla rappresentanza sanitaria aziendale, un verbale di accordo nel quale si è stabilito che l'esubero di 30 dipendenti sarà riconsiderato alla fine del 2004 (con un incontro gia previsto per settembre 2004 per definire un nuovo accordo), mentre 11 lavoratori ricorreranno al pensionamento di anzianità o di vecchiaia e 17 lavoratori ricorreranno all'esodo volontario. Inoltre, 4 dipendenti utilizzeranno la mobilità ai sensi della legge n. 223 del 1991), 4 lavoratori saranno ricollocati nel gruppo aziendale e, infine, per i rimanenti 29 dipendenti si ricorrerà ai contratti di solidarietà.
Il Sottosegretario di Stato per il lavoro e per le politiche sociali: Maurizio Sacconi.

SGOBIO. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro delle attività produttive. - Per sapere - premesso che:
il 29 gennaio scorso, la «Tyssen Krupp», multinazionale tedesca dell'acciaio, ha preannunciato la chiusura in via definitiva dello stabilimento per la produzione del magnetico dell'Ast di Terni, che occupa circa 900 operai e che vede impegnati altri 400 operai nell'indotto;
la «Tyssen Krupp», nelle comunicazioni ai sindacati, ha fatto comprendere che la chiusura di Terni e di un piccolo stabilimento in India è necessaria per concentrare tutta la produzione in Germania e Francia dove esistono impianti, con costi generali inferiori;
la vertenza della «Tyssen Krupp» assume carattere nazionale per la gravità della situazione venutasi a creare a Terni, città storica nella produzione di acciaio sin da prima degli anni quaranta;
se la multinazionale tedesca, che renderà ufficiali le proprie decisioni il prossimo 9 febbraio, andrà avanti con i programmi di chiusura del sito del magnetico


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i lavoratori resteranno senza posto, con ripercussioni pesantissime per l'economia della città;
la «Acciai speciali Terni» (AST) nacque nel 1884, come industria dell'elettricità e dell'energia, trasformatasi poi in lavorazione dell'acciaio e nel 1994, a conclusione di un progetto di riassetto organizzativo della siderurgia pubblica, venne privatizzata con il controllo del gruppo tedesco «Tyssen Krupp»;
la produzione annua ammonta a un milione duecentomila tonnellate di acciaio, di cui 800 mila inox e le rimanenti divise in acciai speciali al carbonio e magnetici, un lamierino di altissima qualità utilizzato nella fabbricazione dei trasformatori;
i lavoratori, che vivono con comprensibile preoccupazione la situazione, si sono subito mobilitati, allestendo blocchi ai caselli autostradali e inscenando manifestazioni di lotta e di protesta -:
se non ritengano opportuno intervenire, ciascuno per gli ambiti di propria competenza, presso i soggetti interessati, al fine di scongiurare la chiusura dello stabilimento, individuando soluzioni alternative a quelle annunciate dalla multinazionale e utili a garantire gli attuali livelli occupazionali, a tutela dei diritti e della dignità dei lavoratori interessati, in un'area già purtroppo interessata da altre e gravi crisi di lavoro.
(4-08733)

Risposta. - Si rappresenta che, in data 18 febbraio 2004, presso il ministero delle attività produttive, alla presenza del Ministro, con la partecipazione delle organizzazioni sindacali nazionali, territoriali e delle rappresentanze unitarie aziendali, il rappresentante della Thyssenkrupp ha confermato che l'azienda ha provveduto a reintegrare tutto il personale ed è arrivata alla determinazione di proseguire la produzione dell'acciaio magnetico a grano orientato nel sito ternano. Inoltre, l'azienda sta provvedendo alla fusione della Thyssenkrupp Electrical Steel con la Acciai Speciali Terni (A.S.T,), attraverso il trasferimento di rami d'azienda.
La società A.S.T. avvierà l'elaborazione di un nuovo piano industriale, finalizzato al miglioramento della competitività del sito produttivo temano e sono previsti ulteriori e rilevanti investimenti per il consolidamento dell'assetto industriale dell'intero stabilimento e dei relativi livelli occupazionali.
A supporto dell'attuazione del piano industriale, l'azienda, ha chiesto al Governo e alle istituzioni locali, la realizzazione degli interventi ritenuti necessari alla valorizzazione del sito, in particolare, per quanto riguarda il settore dell'energia e delle infrastrutture di collegamento.
L'azienda ritiene di poter definire il nuovo piano industriale in circa tre mesi, con l'avvio della consultazione e il confronto con le organizzazioni sindacali, per la condivisione degli obiettivi industriali.
Attualmente, si fa presente che è ripresa l'attività produttiva.
Il Sottosegretario di Stato per il lavoro e per le politiche sociali: Maurizio Sacconi.

TAGLIALATELA. - Al Ministro della giustizia, al Ministro delle comunicazioni, al Ministro per gli affari regionali. - Per sapere - premesso che:
con ordinanza n. 110 del 13 gennaio 2004 la sesta sezione del Consiglio di Stato ha rigettato l'appello proposto dal CO.RE.COM. della Campania avverso l'ordinanza n. 5309 del 6 novembre 2003 della III sezione del TAR Campania, con cui era stata sospesa la graduatoria approvata dal CO.RE.COM. e pubblicata sul BURC dell'11 agosto 2003 nella parte in cui era stata disposta l'esclusione della SO.PRO.DI.ME.C., editrice di Telelibera 63;
il Consiglio di Stato ha confermato l'illegittimità della esclusione della SO.PRO.DI.ME.C. srl, rilevando che «l'Amministrazione ha escluso la società ricorrente in primo grado senza valutare tutti gli elementi della fattispecie (intervenuta chiusura del fallimento e pubblicazione della sentenza di revoca della dichiarazione di fallimento)»;


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non è stato consentito alla società SO.PRO.DI.ME.C. srl di ottenere l'accesso agli atti per gli anni 2001-2003, come stabilito dalla normativa vigente, relativi alla fase istruttoria e alla redazione delle graduatorie per la concessione dei contributi alle emittenti televisive locali, impedendo di verificare le procedure e le motivazioni seguite dal CO.RE.COM. -:
quali misure si intendano adottare a favore delle emittenti campane che hanno ricevuto da queste decisioni del CO.RE.COM. gravi danni economici per il ritardo dell'erogazione dei contributi previsti dalla legge n. 448 del 1998;
quali iniziative si intendano porre in essere per evitare che la SO.PRO.DI.ME.C. srl sia costretta a licenziare una parte dei propri dipendenti a causa dei fatti succitati, per riparare ai danni provocati nei piani d'investimento della suindicata emittente e per scongiurare eventuali iniziative giudiziarie che risulterebbero estremamente onerose per le casse dello Stato.
(4-08834)

Risposta. - Al riguardo, nel far presente che si risponde per incarico della Presidenza del Consiglio dei Ministri, si comunica che sulla base della nuova delibera approvata dal CO.RE.COM. Campania del 4 febbraio 2004 - con la quale l'emittente Telelibera 63 è stata collocata al 3o posto della graduatoria regionale - la competente direzione generale di questo Ministero ha assegnato alla predetta emittente un contributo di euro 411.624,70 la cui erogazione è in corso di perfezionamento.
Il Ministro delle comunicazioni: Maurizio Gasparri.

VALPIANA. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
i malati di sarcoidosi, malattia cronica e invalidante, oltre a convivere con il male, sono costretti a spendere centinaia di migliaia di lire per scintigrafie, risonanze magnetiche, broncoscopie, visite e quant'altro;
il problema del costo dei farmaci e degli esami tocca indistintamente tutti gli ammalati di tale complessa patologia che costringe al ricorso a accertamenti strumentali e a esami ematoclinici completi per tenerne sotto controllo le implicazioni più devastanti che possono compromettere del tutto la qualità della vita;
i ticket previsti per i necessari controlli periodici e esami routinari, più frequenti e costanti, sono molto onerosi -:
se, analogamente a quanto è stato attuato per altre malattie che, in quanto a decorso e a cronicizzazione possono essere assimilabili, intenda includere fin da subito la sarcoidosi nell'elenco delle malattie croniche e invalidanti i cui portatori sono esentati dal pagamento dei ticket.
(4-04827)

Risposta. - L'articolo 5 del decreto legislativo 29 aprile 1998, n. 124 (Ridefinizione del sistema di partecipazione al costo delle prestazioni sanitarie e del regime delle esenzioni, a norma dell'articolo 59, comma 50, della legge 27 dicembre 1997, n. 449), ha stabilito, tra l'altro, che con regolamento del Ministro della sanità sono individuate «a) le condizioni di malattia croniche o invalidanti», al fine del riconoscimento del diritto all'esenzione dalla partecipazione alla spesa per le prestazioni di assistenza sanitaria ivi indicate.
Il medesimo articolato ha indicato le condizioni di cui tener conto nell'individuare le suddette «condizioni di malattia»: gravità clinica, grado di invalidità, onerosità della quota di partecipazione derivante dal costo del relativo trattamento.
Successivamente il decreto ministeriale 28 maggio 1999, n. 329 (regolamento recante norme di individuazione delle malattie croniche e invalidanti ai sensi dell'articolo 5, comma 1, lettera
a), del decreto legislativo 29 aprile 1998, n. 124), all'allegato 1, nel recare «l'elenco delle condizioni e delle malattie che danno diritto all'esenzione dalla partecipazione di assistenza sanitaria...»,


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non ha ricompreso la patologia citata dall'interrogante.
La «sarcoidosi» si presenta con diverse forme di gravità e il suo inserimento fra le malattie che danno diritto all'esenzione dalla partecipazione alla spesa sanitaria non è al momento compatibile con quanto disposto dall'articolo 5 del citato decreto legislativo.
Circa il 25 per cento dei casi può evolvere verso danni polmonari permanenti per una fibrosi diffusa irreversibile (IV stadio) e, comunque, nella maggior parte dei casi, si accompagna ad una condizione di insufficienza respiratoria.
Le diverse forme cliniche con le quali si presenta tale patologia necessitano, pertanto, secondo il livello di pericolosità per la salute, di fabbisogni differenziati di prestazioni assistenziali e sanitarie, in coerenza con i parametri già citati nel decreto legislativo, per individuare il diritto all'esenzione dal pagamento dei
ticket.
Da qui la necessità di un approfondimento di ulteriori aspetti della sarcoidosi, al fine di sottoporre alla Commissione per la definizione e l'aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza la proposta di inserimento di alcune forme cliniche di questa malattia, fra le patologie che danno diritto all'esenzione dalla partecipazione al costo per le prestazioni di assistenza sanitaria correlate. In tal senso si sta procedendo.
Va ricordato, infine, che i soggetti affetti da patologie o condizioni che danno luogo a insufficienza respiratoria cronica (complicanza spesso correlata al IV, stadio della patologia in oggetto), possono richiedere l'esenzione ai sensi del decreto ministeriale n. 329 del 1999 e successive modifiche, e usufruire gratuitamente delle prestazioni previste al codice 024 del decreto.
Il Ministro della salute: Girolamo Sirchia.