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PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge, già
approvato dal Senato: Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 29 marzo 2004, n. 81, recante interventi urgenti per fronteggiare situazioni di pericolo per la salute pubblica.
Ricordo che nella seduta del 12 maggio scorso sono state respinte le questioni pregiudiziali Battaglia ed altri n. 1 e Castagnetti ed altri n. 2.
PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Avverto che il presidente del gruppo parlamentare dei Democratici di sinistra-L'Ulivo ne ha chiesto l'ampliamento, senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del regolamento.
Avverto, altresì, che la XII Commissione (Affari sociali) si intende autorizzata a riferire oralmente.
Il relatore, onorevole Minoli Rota, ha facoltà di svolgere la relazione.
FABIO STEFANO MINOLI ROTA, Relatore. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il decreto-legge n. 81 del 29 marzo 2004, oggi all'esame dell'Assemblea, recante interventi urgenti per fronteggiare situazioni di pericolo per la salute pubblica, dispone misure in parte già previste, seppure in termini diversi, nel decreto-legge n. 10 del 21 gennaio 2004, decaduto in seguito all'accoglimento di stretta misura, per una esclusiva circostanza accidentale, da parte dell'Assemblea di due questioni pregiudiziali.
Essendo intervenuti fatti nuovi e straordinari, il Governo ha presentato il decreto-legge n. 81 al nostro esame, con riferimento al quale sono state presentate alla Camera pochi giorni fa due questioni pregiudiziali, entrambe respinte dall'Assemblea.
Il decreto in esame, dopo l'approvazione in Senato, è composto da dieci articoli, che evidenziano in primo luogo la necessità di intervenire con urgenza in modo da prevenire e controllare emergenze di salute pubblica, realizzare nel nostro paese una fondazione nazionale di genetica molecolare e dare adeguata copertura finanziaria ai progetti di ricerca di alta innovazione scaturenti da un accordo bilaterale tra l'Italia e gli Stati Uniti, per potenziare la tutela della salute nei settori dell'oncologia, delle malattie rare e del bioterrorismo.
Con le modificazioni introdotte nel testo approvato dal Senato, si sono aggiunte altre tematiche di rilievo, quali il trattamento dei dati personali, il contenimento della spesa sanitaria, la prevenzione dei tumori e la disciplina del rapporto di lavoro dei medici.
Il decreto, all'articolo 1, comma 1, lettera a), prevede la costituzione del Centro nazionale per la prevenzione e il controllo delle malattie infettive e diffusive, in modo da poter fronteggiare adeguatamente le condizioni di emergenza di salute pubblica, determinate da fenomeni quali la SARS, il bioterrorismo e altre situazioni di difficoltà, che si potrebbero presentare nel caso di gravi epidemie.
Per quanto riguarda il bioterrorismo, negli ultimi anni, i servizi segreti dei principali paesi occidentali hanno sottolineato, nei loro rapporti, come il rischio di attentati con sostanze chimiche sia sempre più concreto. Tali sostanze tossiche, più facilmente occultabili rispetto ai tradizionali esplosivi, sono in grado di procurare danni rilevanti sulla popolazione in caso di attentati, ma soprattutto - come è avvenuto negli Stati Uniti dopo l'11 settembre 2001, quando si diffuse la psicosi dell'antrace - riescono ad instaurare un clima di terrore, che impedisce ai cittadini di svolgere le più elementari attività quotidiane, producendo rilevanti danni all'economia mondiale, così come registrato con la contrazione dei flussi turistici dal 2002.
Peraltro, abbiamo ancora vivi i ricordi dei tragici eventi che si sono verificati in Spagna lo scorso 11 marzo, che rendono più pressanti i motivi di urgenza degli interventi previsti dal provvedimento in esame.
La particolare posizione geografica dell'Italia, al centro del Mediterraneo, ed il nostro giusto impegno nella lotta al terrorismo internazionale, al fianco dei partner europei, rendono il nostro paese uno dei possibili bersagli di azioni terroristiche. In caso di bioterrorismo, si rivela pertanto indispensabile la tempestività delle cure prestate ai pazienti colpiti e la qualificazione del personale chiamato a prestare soccorso. Si tratta, infatti, di prestazioni che possono essere garantite solo da un centro creato ad hoc e da personale adeguatamente formato.
Per quanto riguarda l'impegno nel contrastare le emergenze legate alla salute pubblica, vorrei ricordare come, in quest'ultimo periodo, vi siano state gravi infezioni virali, che hanno imposto anche al nostro paese di correre urgentemente ai ripari, realizzando efficaci sistemi di intervento, in modo da poter fronteggiare tempestivamente le situazioni di emergenza.
Di fronte a condizioni ben note, quali le epidemie di polmonite atipica o i rischi legati al bioterrorismo, si rivela assolutamente urgente promuovere la costituzione di un Centro nazionale per la prevenzione e il controllo delle malattie, in modo da poter fronteggiare adeguatamente tali situazioni di emergenza e le altre condizioni di difficoltà che si potrebbero presentare nel caso di grave epidemia.
Alla luce degli ultimi fatti di cronaca, che hanno visto un riacutizzarsi del preoccupante fenomeno rappresentato dal terrorismo internazionale e dal diffondersi di epidemie fino a pochi anni fa praticamente sconosciute presso la comunità scientifica, si comprende quanto sia strategico e necessario puntare sul potenziamento della prevenzione nel campo della salute pubblica. A tale proposito, occorre considerare come l'emergenza internazionale circa la SARS sia tutt'altro che attenuata. È significativo ricordare, al riguardo, che l'8 marzo scorso l'Organizzazione mondiale della sanità ha convocato, a Ginevra, una riunione di esperti sui rischi di una pandemia di influenza. L'eliminazione di milioni di volatili ed altre misure adottate in Asia e negli altri paesi colpiti dell'influenza dei polli, scoppiata lo scorso dicembre in Corea del sud, hanno ridotto, secondo l'OMS, la probabilità di uno scoppio a breve di una epidemia di influenza umana ma, fin quando i virus influenzari aviario ed umano circoleranno nell'ambiente, gli elementi per lo sviluppo di una pandemia umana sussisteranno.
Secondo l'OMS, potremo reagire in modo efficace solo se saremo adeguatamente preparati. A tal fine, è indispensabile il potenziamento della ricerca e della prevenzione, anche attraverso forme di collaborazione tra soggetti istituzionali nazionali e internazionali. Il Centro per la prevenzione, infatti, opererà in collaborazione con le strutture regionali, mediante convenzioni con l'Istituto superiore di sanità, le università, gli istituti di ricerca scientifica, gli Istituti zooprofilattici sperimentali, l'Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza del lavoro e gli organi della sanità militare, che collaboreranno con le attività del Centro nazionale per la prevenzione e il controllo delle malattie.
Anche in ambito internazionale, è stata recentemente formulata una proposta di regolamento per la creazione di un Centro europeo per la prevenzione ed il controllo delle malattie, il quale, nella condizione di agenzia indipendente, coordinerebbe l'attività tra i centri nazionali dei singoli Stati membri dedicati alla sorveglianza epidemiologica.
Per l'attività del Centro nazionale per la prevenzione e il controllo delle malattie è prevista, da parte del Ministero della salute, una spesa totale di 90 milioni di euro per il triennio 2004-2006. Alla cifra da impiegare in tale attività si è giunti considerando gli importi destinati lo scorso anno per affrontare le necessità dovute all'emergenza della SARS e le spese sostenute per fronteggiare le conseguenze inerenti ad eventuali attentati bioterroristici.
Sempre all'articolo 1 del decreto-legge in esame, la lettera b) concerne l'istituzione di un Istituto di riferimento nazionale specifico sulla genetica molecolare e su altre moderne metodiche di rilevazione
e di diagnosi, collegato con l'Istituto superiore di sanità e con altre prestigiose istituzioni scientifiche, nazionali ed internazionali. Tale istituto avrà sede a Milano e sarà denominato Fondazione «Istituto nazionale di genetica molecolare».
Con la recente mappatura del genoma umano, infatti, si sono aperte nuove strade per la ricerca, che potrebbero permettere nei prossimi anni di debellare alcune delle principali patologie che affliggono l'umanità. Il XXI secolo si annuncia come il secolo della genetica, della biologia e della biotecnologia. L'iniziativa internazionale comunemente conosciuta come «progetto genoma» è stata avviata poco meno di dieci anni fa con l'obiettivo di ottenere un inventario completo dei geni umani e con l'intento primario di sviluppare, data la conoscenza ottenibile, nuove strategie terapeutiche per le migliaia di malattie umane a base genetica.
Tali malattie sono di grandissimo impatto sociale e comprendono i tumori, il morbo di Alzheimer, la fibrosi cistica, le malattie neuromuscolari, cardiovascolari, neurologiche, il diabete e le numerosissime malattie metaboliche.
Per arrivare a tali risultati, occorre dotare i ricercatori di opportune risorse e, più in generale, mettere il sistema sanitario nazionale in grado di competere con la sanità e la ricerca dei paesi occidentali più evoluti.
FABIO STEFANO MINOLI ROTA, Relatore. Proprio per queste motivazioni, si intende istituire l'Istituto di genetica molecolare, che opererà nel settore della farmacogenomica e della cura dei tumori, per farlo diventare il naturale corrispondente del National Institute of Health degli Stati Uniti d'America e per rispettare gli accordi tra i due paesi nell'ambito della ricerca cofinanziata, che ha tra gli obiettivi principali l'uso dei cip per il geneprofiling, secondo quanto previsto nell'ambito del memorandum d'intesa tra i due paesi.
Della fondazione, istituita a tale scopo lo scorso 19 dicembre, fanno parte il Ministero della salute, il Ministero degli esteri, l'IRRCS Ospedale maggiore di Milano e la regione Lombardia.
La fondazione non ha scopo di lucro e, tra le sue finalità, promuove la ricerca nell'ambito delle biotecnologie e della genetica molecolare, fino a prevedere lo sviluppo di nuovi farmaci antitumorali e per le malattie rare.
Il finanziamento della fondazione è stato calcolato tenendo presenti i criteri adottati in precedenza per gli istituti analoghi. È stata prevista una spesa di 7.028.000 euro per il 2004, di 6.508.000 euro per il 2005 e di 6.702.000 euro per l'anno 2006. Agli oneri derivanti dalle spese di gestione e ricerca della fondazione si provvede con i fondi destinati agli accantonamenti del Ministero della salute nelle tabelle A e B della finanziaria per il 2004. A tali cifre vanno aggiunti i cospicui finanziamenti privati, assicurati a titolo di donazione da una famiglia milanese, che hanno contribuito, in modo determinante, alla fattibilità del progetto, dando concreta prova di quanta sensibilità è possibile trovare per aiutare la ricerca.
Il controllo dell'attività della fondazione è assicurato dalla presentazione al Ministro della salute della relazione annuale che riguarderà l'attività svolta e da quella di fine triennio 2004-2006, che illustreranno i risultati ottenuti, nel complesso, dalla fondazione e la loro applicabilità per il servizio sanitario nazionale.
La lettera c) dell'articolo 1 stanzia 12.945.000 euro per il 2004, 12.585.000 per il 2005, 12.720.000 per il 2006. Tali risorse sono intese a permettere la continuazione ed il completamento dei programmi di ricerca rientranti nel quadro di un accordo tra Italia e Stati Uniti d'America nel settore della sanità e della scienza medica.
L'articolo 2 provvede alla copertura finanziaria degli stanziamenti di cui al precedente articolo 1, riducendo l'accantonamento relativo al Ministero della salute sia del fondo speciale di parte corrente sia di conto capitale.
Come accennato, il Senato ha introdotto alcune disposizioni con le quali si risponde a pressanti necessità del nostro paese in materia sanitaria. In ottemperanza alla necessità di prevenire l'insorgenza di forme tumorali, il legislatore ha previsto, all'articolo 2-bis, uno stanziamento di 52 milioni di euro nel triennio 2004-2006. Con tali somme si intende riequilibrare la differente situazione tra le regioni, relativamente alla prevenzione secondaria dei tumori, avviare il programma di screening del cancro del colon retto e potenziare gli screening, già in corso, che riguardano i tumori della mammella e del collo dell'utero.
È importante ricordare che sul tema della lotta contro i tumori al seno è stata recentemente approvata, al Senato, una mozione con la quale si impegna il Governo a sviluppare ed attuare strategie efficaci per migliorare la prevenzione, lo screening, la diagnosi, la cura e la posterapia del carcinoma della mammella, per garantire, in tutto il territorio nazionale, la massima qualità al riguardo, sollecitando le regioni dell'obiettivo 1 (ossia del sud d'Italia), date le notevoli differenze in termini di accesso allo screening, alla diagnosi ed al trattamento del carcinoma della mammella, ad utilizzare maggiormente le risorse dei fondi strutturali per finanziare la creazione di infrastrutture nel settore sanitario.
Il Governo, nel suo intervento, ha ricordato in particolare le linee guida per l'implementazione della rete dei servizi oncologici, a scopo di prevenzione e di assistenza, cui hanno fatto seguito i programmi di screening attuati da tutte le regioni con i finanziamenti della legge n. 662 del 1996.
Con la legge finanziaria per il 2001 è stata poi garantita l'erogazione gratuita delle prestazioni di diagnosi precoce dei tumori nelle fasce di età a rischio, anche al di fuori dei programmi di screening direttamente gestiti dalle aziende sanitarie locali.
È prevista, altresì, l'esenzione dai ticket sanitari per il monitoraggio e la cura delle persone affette da patologie neoplastiche. È importante segnalare che, nell'azione di prevenzione secondaria, è previsto il collegamento diretto con i medici di medicina generale, così da stimolare, attraverso queste importanti figure professionali, la cultura della prevenzione.
Con l'articolo 2-ter, introdotto dal Senato, si provvede all'autorizzazione di spesa riguardante il Centro nazionale per i trapianti per maggiorare il fondo, su base triennale, destinato al finanziamento del Centro, per la stipula di contratti con il personale di alta qualificazione, per le assunzioni a tempo determinato e per le spese di funzionamento. La spesa è ripartita in 2 milioni di euro per il 2004, altrettanti per il 2005 e per il 2006.
Per i centri di riferimento interregionali si dispone una nuova autorizzazione di spesa di 2 milioni di euro per il 2004, 4.195 mila euro per il 2005 e 4.240 mila euro per il 2006. Una parte dello stanziamento è destinato alle aziende sanitarie o agli istituti di ricerca ove hanno sede i centri interregionali per contribuire alle spese di funzionamento del centro. Le somme sono ripartite con accordo sancito, su proposta del ministro della salute, in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento Bolzano.
Con il successivo articolo 2-quater, parimenti introdotto dal Senato, si interviene sui livelli delle risorse garantite alle regioni cosiddette inadempienti, vale a dire quelle regioni che non abbiano rispettato gli obblighi e i vincoli stabiliti dalla disciplina di contenimento dei disavanzi. Negli accordi intercorsi tra Governo e regioni sul livello della spesa sanitaria corrente sono previste risorse provenienti dal bilancio dello Stato.
Con l'articolo 2-quinquies, il Senato ha semplificato per i medici di medicina generale e i pediatri di libera scelta, per quanto riguarda la cosiddetta legge sulla privacy, il trattamento dei dati personali che riguardano i pazienti e il loro stato di salute. Più in particolare, i medici di famiglia e i pediatri liberamente scelti sono esentati dalla notificazione dei dati personali al Garante della privacy. A questo
si aggiungono i divieti ai medici e ai pediatri di ricorrere alla cosiddetta ricetta criptata e di raccogliere e presentare le informative e le manifestazioni relative al consenso del trattamento dei dati personali.
L'articolo 2-sexies, introdotto dal Senato, prevede il conferimento dell'incarico di dirigente agli assistenti sociali nelle regioni dove sono state emanate specifiche norme in proposito. L'estensione al personale appartenente alla professione di assistente sociale della possibilità prevista dalla legge n. 251 del 2000 non comporta oneri.
Si segnala, in modo particolare, la modifica al rapporto di lavoro dei medici introdotta dal Senato con l'articolo 2-septies. Tale modifica interviene su quanto previsto dal quarto comma dell'articolo 15-quater del decreto legislativo n. 502 del 1992 e dalle modifiche apportate successivamente dal decreto legislativo n. 229 del 1999, la cosiddetta riforma Bindi, in forza della quale il dirigente sanitario con il cosiddetto rapporto di lavoro esclusivo non può chiedere il passaggio al rapporto di lavoro non esclusivo instaurando, in tal modo, il regime di irreversibilità. Di fatto, la normativa vigente impedisce ai medici di esercitare l'attività di libera professione extra moenia ed ammette, viceversa, unicamente l'attività libero-professionale intramuraria, fatta eccezione per i dirigenti in servizio prima del 31 dicembre 1998.
Ciò premesso, va osservato che il nuovo comma 4 dell'articolo 15-quater restituisce ai medici la possibilità di lavoro non esclusivo, costituendo un indubbio vantaggio per la categoria dei dirigenti medici del sistema sanitario nazionale e per gli stessi utenti. Infatti, come è noto, il sistema libero professionale intra moenia non è mai decollato, oltre ad aver contribuito ad aumentare il deficit economico in materia sanitaria.
Le modifiche del quarto comma dell'articolo 15-quater del decreto legislativo n. 502 del 1992, apportate dal Senato con l'introduzione dell'articolo 2-septies, prevedono, in sostanza, la possibilità di libera scelta da parte dei dirigenti medici: entro il 30 novembre di ciascun anno essi possono esercitare la facoltà di optare per il rapporto di lavoro non esclusivo con effetto dal 1o gennaio dell'anno successivo. Le regioni possono stabilire tempi più brevi per far esercitare ai medici la scelta in parola.
Particolarmente significativa ed importante è la previsione in base alla quale i medici che mantengono l'esclusività del rapporto beneficiano anche del trattamento economico aggiuntivo previsto. La scelta di non esclusività non preclude più la possibilità di dirigere strutture semplici e complesse. È bene evidenziare che, in ogni modo, l'articolo 2-septies non modifica né tantomeno abroga il principio di esclusività del rapporto di lavoro dei medici con il sistema sanitario nazionale e l'accesso alle posizioni di vertice solo per coloro che abbiano un rapporto di lavoro esclusivo.
Resta immutato infine il titolo di preferenza per gli incarichi didattici, di ricerca, per i comandi e i corsi di aggiornamento, per tutti coloro che abbiano un rapporto di lavoro esclusivo. Inoltre, l'articolo prevede che i medici a tempo determinato permangano in tale status sino alla data di rinnovo del relativo contratto di lavoro.
Dal punto di vista finanziario, va inoltre sottolineato che la soppressione della irreversibilità della scelta di esclusività del rapporto dei dirigenti del ruolo sanitario non comporta maggiori oneri per le aziende sanitarie e ospedaliere, né effetti negativi sulle risorse destinate al fondo di esclusività del rapporto.
Infatti, secondo i dati della Ragioneria generale dello Stato relativi agli anni 2000 e 2001, il personale della dirigenza medica e sanitaria ammontava, nel 2001, a 126.698 unità: di questi, il personale a rapporto esclusivo rappresentava complessivamente quasi il 94 per cento di tutto il personale, mentre quello a rapporto non esclusivo ammontava a circa il 6 per cento.
Tenuto poi conto che tutti i nuovi assunti sono, per legge, a rapporto esclusivo e che sono cessati i residuali rapporti
a tempo parziale, occorre evidenziare che in due anni e mezzo è stato collocato a riposo almeno il 3 per cento dei dirigenti medici e sanitari. Pertanto, si può dedurre che il dato reale della percentuale di dirigenti a rapporto esclusivo si attesti, nel 2004, fra il 95 e il 97 per cento del personale, a seconda delle regioni.
Per quanto concerne poi le obiezioni mosse relativamente alla contrazione delle prestazioni in regime di intra moenia, che potrebbe determinare il calo delle entrate delle ASL, si fa presente che nel 2001 i pazienti dimessi per l'attività libero-professionale intramuraria hanno rappresentato solamente lo 0,29 per cento del totale dei dimessi. Come dimostrato dai dati del Ministero della salute, presentati alla Camera nella relazione del febbraio 2003, le entrate per l'attività libero-professionale rappresentano una quota del tutto marginale rispetto agli effettivi costi sostenuti dalle aziende per finanziare l'erogazione delle prestazioni ed il pagamento delle indennità di esclusività.
Per quanto concerne poi gli interrogativi sul reperimento delle risorse contrattuali per le indennità di esclusività, il comitato di settore ha previsto, negli anni di indirizzo dei contratti nazionali collettivi della dirigenza medica, veterinaria e professionale, di operare una verifica sulle risorse disponibili e sulla consistenza economica del finanziamento. Va aggiunto che l'articolo 42 del contratto vigente garantisce il mantenimento delle indennità anche in presenza di un diverso assetto normativo.
Le variazioni che il passaggio dal rapporto esclusivo a quello non esclusivo dovrebbero determinare sull'ammontare complessivo delle risorse da destinare alle indennità sono più teoriche che reali, in quanto le indennità sono determinate dalla contrattazione e rappresentano la risultante matematica delle risorse disponibili. Conseguentemente, il passaggio di una quota del personale al rapporto non esclusivo non dovrebbe comportare variazioni sull'ammontare delle indennità attualmente corrisposte al personale.
Per quanto attiene invece agli aspetti strettamente organizzativi, non sono ipotizzabili rilevanti conseguenze finanziarie di tipo indiretto, in considerazione della limitata rilevanza del fenomeno del ricovero ospedaliero, che rappresenta l'unica attività che ha comportato o può comportare investimenti per le aziende.
Passando poi ad una valutazione globale del decreto legislativo n. 229 del 1999, a più di quattro anni dalla sua applicazione, possiamo notare che molte aspettative sono state in larga parte disattese: l'esclusività, nell'intenzione del legislatore, avrebbe dovuto far cessare l'esercizio della libera professione, mentre tale normativa è stata soltanto parzialmente applicata. Per di più, per il personale che ha optato per la non esclusività, è diventato nei fatti imprescindibile attivarsi per incrementare l'attività libero-professionale per compensare la diminuzione della retribuzione. In questo modo, si è spinto il personale ad impegnarsi con minore intensità nel lavoro dipendente e ad adoperarsi per incrementare la sua attività esterna all'azienda.
Inoltre, il medico che ha scelto il regime intra moenia è difficilmente controllabile nella sua attività clinica e, di conseguenza, per le direzioni ospedaliere è molto difficile distinguere l'attività resa secondo il contratto di lavoro da quella di libera professione intra moenia.
Da tutto ciò ne è uscito perdente sicuramente il cittadino, che non ha fruito di alcun vantaggio derivante da tale riforma; anzi, egli è stato palesemente danneggiato, sia dal punto di vista economico, dal momento che ha dovuto indirettamente sopportare maggiori spese destinate a strutture pubbliche erogatrici di prestazioni private, sia dal punto di vista della cura, con la creazione di un servizio basato su due pesi e due misure: uno per i cittadini più abbienti, con la possibilità di avere un servizio rapido, e l'altro per i meno abbienti, che si sono visti allungare le liste di attesa.
Le disposizioni oggi al nostro esame, sotto il profilo dei principi costituzionali, sono sicuramente più in armonia con il
cosiddetto principio di eguaglianza previsto dalla Costituzione. Sono parimenti rispettose sia del principio costituzionale della tutela della salute come prioritario e fondamentale diritto della persona (proprio di recente richiamato dal Capo dello Stato) sia di quello della libertà di esercizio dell'attività libero-professionale.
La norma attuale limita entrambi i suddetti diritti. Infatti, mentre, per un verso, condiziona l'attività libero-professionale e riduce i medici ad impiegati, dall'altro riduce la possibilità di accesso dei pazienti alla tutela della salute.
Proseguendo l'esame, l'articolo 2-octies modifica una disposizione del decreto legislativo n. 368 del 1999 inerente i contratti di formazione dei medici specializzandi. Pertanto, sia il medico specializzando sia il laureato in medicina e chirurgia che partecipano al corso di formazione specifica in medicina generale potranno esercitare la sostituzione a tempo determinato dei medici di medicina generale convenzionati con il servizio sanitario nazionale e potranno essere iscritti negli elenchi della guardia medica notturna e festiva e della guardia medica turistica.
L'articolo 2-nonies stabilisce convenzioni conformi agli accordi collettivi stipulati con il personale sanitario da un'apposita struttura tecnica interregionale. Tale struttura, introdotta dalla legge finanziaria del 2003, rappresenta l'interlocutore delle organizzazioni sindacali di categoria relativamente alla stipula degli accordi collettivi che regolano i rapporti tra servizio sanitario nazionale e medici di medicina generale e pediatri di libera scelta.
Concludendo, in relazione allo stesso articolo 2-nonies, si evidenzia che, a seguito della riforma del Titolo V della Costituzione e delle nuove linee di programmazione contenute nel piano sanitario nazionale 2003-2005, si è reso necessario l'adeguamento di alcune normative di legge. Tale esigenza trova necessaria attuazione con la modifica introdotta dal Senato che estende le procedure già previste dalla vigente normativa garantendo solo la modalità operativa delle convenzioni che regolano il contratto del personale sanitario nell'intero territorio nazionale. Trattasi di disposizione di principio dalla quale, conseguentemente, non possono scaturire effetti finanziari di sorta.
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il rappresentante del Governo; ministro Mazzella, intende intervenire lei?
LUIGI MAZZELLA, Ministro per la funzione pubblica. A nome del Governo, a ciò espressamente autorizzato dal Consiglio dei ministri, pongo la questione di fiducia...
RENZO INNOCENTI. Ci sono iscritti a parlare, Presidente!
AUGUSTO BATTAGLIA. Presidente...!
CESARE CURSI, Sottosegretario di Stato per la salute. Presidente, mi riservo di intervenire in replica.
PRESIDENTE. Forse vi è stato un fraintendimento. Credevo che intervenisse il Governo, secondo il «rito» proprio di questa fase procedurale.
È iscritto a parlare l'onorevole Battaglia.
AUGUSTO BATTAGLIA. Di tutto posso dubitare, ma non della sua lealtà, Presidente.
PRESIDENTE. La lealtà ha altri banchi di prova, sui quali mi sono cimentato più di una volta!
Ha facoltà di parlare, onorevole Battaglia.
AUGUSTO BATTAGLIA. Signor Presidente, abbiamo già avuto occasione, non più tardi della scorsa settimana, di intervenire sul provvedimento per delinearne i profili di illegittimità costituzionale.
Innanzitutto, il decreto-legge in esame presenta un titolo fuorviante, recando «interventi urgenti per fronteggiare situazioni di pericolo per la salute pubblica». Si ha
quasi l'idea che il Governo sia in seduta permanente e si affanni, con tutti i suoi ministri e sottosegretari, a fronteggiare un rischio per la salute pubblica come un'epidemia che possa compromettere lo stato di salute degli italiani. Ecco, con urgenza e tempestività, che il Governo ci propone misure per fronteggiare tale situazione! Sinceramente, scorrendo le decine di articoli di cui è composto questo decreto-legge non si ha traccia di una qualsiasi misura che abbia a che fare con questioni che attualmente stiano interessando la salute degli italiani! Troviamo soltanto misure ordinarie, che avrebbero potuto prendere corpo attraverso una procedura più corretta, quella della presentazione di un disegno di legge d'iniziativa governativa, per dare consistenza a quei pochi, esigui, stanziamenti che nel corso del dibattito sulla finanziaria si sono voluti destinare alla sanità, peraltro in un quadro di tagli (agli investimenti nell'edilizia sanitaria e alla spesa per la ricerca) e in un quadro di indisponibilità ad affrontare una serie di questioni di carattere finanziario, che le regioni avevano posto con forza. Ne cito una per tutte: nel servizio sanitario nazionale sono entrate ben 600 mila persone, a seguito della sanatoria degli immigrati, che hanno diritto alle stesse prestazioni alle quali hanno diritto tutti i cittadini italiani, ma alle regioni non è stato concesso un euro in più per poter fronteggiare questa situazione.
Inoltre, riproponendoci quasi in forma di fotocopia gli stessi contenuti di un decreto-legge bocciato da quest'Assemblea nel mese di marzo, avete palesemente violato un principio fondamentale sancito non soltanto dalla legge n. 400 del 1988, ma anche dalla sentenza n. 360 del 1996 della Corte costituzionale (al riguardo vi è un richiamo molto chiaro da parte della Commissione affari costituzionali): si tratta infatti di norme e sentenze che vietano al Governo di riproporre contenuti di decreti-legge non convertiti in legge dal Parlamento nei termini previsti dalla Costituzione. Il relatore, nel presentare questo provvedimento, ha detto - se ho capito bene - che sono intervenuti fatti nuovi e straordinari. Probabilmente alla stampa, all'opinione pubblica, alla televisione, a questo Parlamento, questi fatti nuovi e straordinari che sarebbero intervenuti dal mese di marzo ad oggi a compromettere la sicurezza della salute degli italiani in qualche modo sono sfuggiti. Mi chiedo se c'è qualche epidemia o se c'è stato qualche attentato! Il relatore ci dice dunque che vi sono fatti nuovi e straordinari.
Quando una maggioranza è costretta, per giustificare propri comportamenti illegittimi, ad inventare argomenti di sana pianta, vuol dire che si tratta di una maggioranza che dichiara una debolezza e sicuramente una mancanza di lealtà nei confronti del Parlamento, perché la democrazia è fatta di regole e le regole andrebbero rispettate, in primo luogo da parte di chi ha più responsabilità degli altri.
Al di là di questi aspetti più strettamente giuridici, se andiamo a vedere i contenuti del provvedimento in esame, ci rendiamo conto di quello che ormai è accertato. Si tratta, cioè, di misure ordinarie, che avrebbero potuto essere oggetto di un apposito disegno di legge d'iniziativa governativa; in altri casi, si tratta di disposizioni ordinamentali. Quindi, più che opportuno, sarebbe stato necessario e doveroso, da parte del Governo, presentare un proprio disegno di legge e dare la possibilità alla Camera e al Senato di discutere sulle proposte del Governo, portando avanti una discussione approfondita, non condizionata dai tempi stretti, richiesti obbligatoriamente per la conversione in legge del decreto-legge.
Oltretutto, al Governo non basta neanche questo, se sono vere le voci che sono circolate in queste ore (e vedo qui il ministro, pronto a chiedere la fiducia). Si chiede la fiducia prima di iniziare una discussione! Un Governo che chiede la fiducia prima di vedere che «aria tira» è un Governo molto debole, che ha paura della sua ombra e delle imboscate che possono arrivare, su queste disposizioni normative, da alcune parti della maggioranza. Non è infatti nascosto a nessuno che, ad esempio, una parte di Alleanza
nazionale non condivide i contenuti dell'articolo 2-septies. È dunque un Governo che ha paura delle imboscate.
Quindi, si tratta di un Governo debole che non riesce a stabilire con il Parlamento un rapporto corretto di confronto, a difendere le sue posizioni e le sue idee, a mantenere attorno alle sue proposte una maggioranza. Ciò è molto grave, perché quando si governa per colpi di mano si rischia di commettere dei pasticci; a tale riguardo, vorrei rivolgermi al ministro per la funzione pubblica (è molto più esperto di me in materia), il quale potrà rendersi conto del pasticcio che si potrà arrecare alla pubblica amministrazione dall'approvazione dell'articolo 2-septies del provvedimento in esame.
Ci dovete spiegare perché questa fretta e questa precipitazione nell'approvazione di norme che avrebbero potuto essere discusse in un altro clima! Ci dovete fornire spiegazioni, per esempio, sul Centro nazionale per la prevenzione e il controllo delle malattie con analisi dei rischi, prevalentemente quelli legati alle malattie infettive e diffusive e al bioterrorismo. Perché, avete previsto l'istituzione di tale Centro presso il Ministero della salute? Il suddetto ministero, nella nuova visione della pubblica amministrazione, nella visione moderna dello Stato federale, non dovrebbe assolvere a tali funzioni operative che appesantiscono la sua struttura burocratica. È stata approvata la riforma del Titolo V della Costituzione che prevede per la sanità una competenza concorrente tra Stato e regioni e, pertanto, si dovrebbe pensare ad un Ministero della salute snello e non appesantito da funzioni operative.
Allora, se l'idea è quella di concentrare nel ministero funzioni di questa natura, che ci facciamo con l'Istituto superiore di sanità che assolve già a funzioni, previste dalla legge e dal suo statuto costitutivo, di prevenzione, di controllo, di analisi dei rischi e di osservazione dei fenomeni dei diversi stati patologici? Voi cancellate l'ordinamento dello Stato e vi interessa prevedere misure di controllo diretto in un'operazione poco chiara.
Con riferimento a questa vicenda, sono mesi che vi chiediamo una cosa, sulla quale non abbiamo ottenuto parole chiare né dal ministro per la salute né dal suo sottosegretario né da altri. All'interno di questa operazione vi è anche l'istituto a carattere scientifico Spallanzani di Roma. Da qualche tempo, allo Spallanzani di Roma accadono cose incomprensibili: per esempio, si chiude il reparto pediatrico delle malattie infettive e ci chiediamo il motivo (purtroppo determinate malattie colpiscono anche l'infanzia, i minori). Avete deciso di separare fisicamente l'ospedale Spallanzani dal San Camillo e dal Forlanini, decisione incomprensibile perché quel grande plesso ospedaliero, uno dei più importanti non solo dell'area romana, ma anche a livello nazionale, si avvale di strette collaborazioni tra i diversi ospedali. Nascono problemi se un sanitario, un reparto, un tecnico o un malato avessero bisogno di qualcosa, perché gli ospedali oggi non comunicano più e noi ci chiediamo il motivo di tale mancanza di comunicazione.
Il sospetto si fa grave quando riscontriamo che nello Spallanzani si cominciano a costruire alcune difese di carattere militare (ad esempio, le difese anticarro); ma perché questo importante ospedale romano, istituito nel cuore di quartieri popolosi (Portuense, Monteverde), in cui la gente vive tranquillamente, ha bisogno di difese anticarro, di difese di carattere militare? Ci dobbiamo aspettare attacchi terroristici contro lo Spallanzani? Ci dobbiamo aspettare azioni militari? Lo dovete spiegare! L'altro giorno tutto il personale medico dello Spallanzani era in subbuglio proprio per questa ragione. Sono mesi che tutte le istituzioni locali, dal comune di Roma ai municipi interessati territorialmente, vi chiedono spiegazioni e voi da mesi non date alcuna spiegazione, ponendo in essere un'operazione ambigua, pericolosa e che, certamente, non fa bene alla sanità di questa città. Non neghiamo che si possa avvertire l'esigenza di disporre di apparati sanitari, di ambulatori e di laboratori più protetti che altrove.
Tuttavia, non credo sia saggio collocare strutture di questa natura al centro di un quartiere popolare romano, dove le mamme con i loro bambini passeggiano sul marciapiede di fronte all'ospedale, dove transitano gli anziani e dove i cittadini hanno diritto di vivere la loro vita familiare e sociale in piena serenità e senza pensare che in zona vi sono strutture che possono subire attacchi militari, tanto da richiedere notevoli investimenti per la realizzazione di difese anticarro.
Allora, o ci troviamo di fronte ad un'operazione incomprensibile e, quindi, ad uno spreco di denaro pubblico - e ciò sarebbe colpevole -, oppure ci troviamo di fronte ad un'operazione ambigua e non democratica. Infatti, i cittadini romani hanno diritto di sapere cosa si fa all'interno dell'ospedale Spallanzani, che rappresenta una delle strutture storiche della sanità romana.
Attraverso un'operazione centralizzata, dello Stato, non avete il diritto di condizionare i servizi della città al punto da rendere una struttura ospedaliera un centro da difendere militarmente. Questo non ve lo consentiamo!
Dunque, occorre sostenere tutti quei comitati di cittadini e quelle istituzioni locali che, in questi mesi, si stanno battendo contro questa manovra ambigua. Almeno, abbiate il coraggio di spiegare ai cittadini romani cosa intendete fare all'interno dell'ospedale Spallanzani; non potete fare le cose alla «chetichella», non potete non dichiarare i vostri programmi, mettendo la città di Roma di fronte al fatto compiuto.
Anche altre norme contenute in questo decreto-legge sollevano alcuni dubbi; penso, ad esempio, all'Istituto di genetica molecolare.
Se un Governo investe risorse - in questo caso, 7 milioni di euro - per potenziare la ricerca nel campo della genetica molecolare, non può che trovare sostegno anche da parte dell'opposizione. Tuttavia, mi chiedo: ma le ricerche sulla genetica molecolare si fanno solo a Milano? Oppure tali ricerche si fanno anche a Genova e in altre importanti istituzioni universitarie italiane non solo del nord, ma anche del sud? Il fatto è che si continuano a portare risorse al nord, così i cittadini del sud continueranno ad avere servizi più scadenti rispetto al nord e, dovendosi recare al centro-nord per curarsi, pagheranno con le loro risorse i servizi ai milanesi, ai torinesi, ai bolognesi, ai romani, dunque a quelle regioni che, avendo più strutture, attraggono maggiore utenza, drenando risorse dal sud al nord del paese.
Allora, se vi sono risorse da investire nella ricerca nel campo della genetica molecolare, predisponiamo un progetto di ricerca, affidiamo la direzione di tale progetto all'Istituto superiore di sanità, coinvolgiamo il CNR nonché quelle istituzioni sanitarie italiane che hanno avviato - in ambito universitario o all'interno di strutture di cura - attività di ricerca e di cura in tale settore! Altrimenti, questa appare un'operazione clientelare da realizzare a Milano, magari perché in quella città ci sono le elezioni provinciali e occorre dare un segnale ai cittadini di una parte del paese in cui, tra l'altro, la maggioranza si trova in particolare difficoltà, visto che vengono presentati due diversi candidati in competizione fra loro.
All'interno del decreto-legge in esame sono poi contenute misure sostanzialmente generiche, con un limitato stanziamento di risorse per progetti di ricerca da svolgersi in collaborazione con gli Stati Uniti, al fine di riproporre iniziative di prevenzione e screening dei tumori con riferimento alle attività del centro trapianti.
Si tratta di attività ordinarie, il cui finanziamento non può non trovare il sostegno da parte dell'opposizione, ma non si comprende perché il Governo non abbia ritenuto di presentare una proposta chiara, a fronte della quale avremmo potuto dare il nostro contributo per migliorare le norme e per rafforzare l'impegno in questa direzione. Ciò anche al fine di realizzare un equilibrio effettivo: gli squilibri non si superano infatti con iniziative occasionali, ma con la disponibilità ad adottare un piano di investimenti nel Mezzogiorno
e di innovazione tecnologica e organizzativa. Il centrosinistra ha proposto oggi, nel corso di un'iniziativa a Bari, l'utilizzazione, ad esempio, del fondo di 5 mila miliardi bloccato da due anni presso l'INAIL, investendolo, anziché per operazioni clientelari, per il miglioramento del sistema sanitario nel Mezzogiorno.
In tal modo si contribuirebbe a determinare un equilibrio di strutture, personale e risorse dal quale trarrebbe beneficio l'intero sistema sanitario nazionale, e dunque non soltanto quello delle regioni meridionali ma anche quello del centro-nord, che non subirebbe più la pressione degli utenti che per la carenza dei servizi nel proprio territorio si rivolgono a strutture di altre regioni.
L'unico aspetto positivo, che apprezziamo, è costituito dall'accoglimento della nostra proposta per l'inquadramento nella legge n. 251 del 2000 del ruolo degli assistenti sociali. Si tratta di una questione che abbiamo posto da tempo.
In questa «accozzaglia» di norme, nella quale si parla di privacy, di assistenti sociali, di trapianti e di centri di coordinamento da istituire non meglio definiti, richiamo l'attenzione su una «perla». Mi riferisco all'articolo 2-septies: la cosiddetta «riforma Bindi», il decreto legislativo n. 229 del 1999, si può o meno condividere...
GIUSEPPE PALUMBO. Mai condivisa!
AUGUSTO BATTAGLIA. ...ed è nel pieno diritto di un Governo e di una maggioranza, che hanno vinto le elezioni, di modificarla. Tuttavia, se il Governo ha tale intenzione, ha anche il dovere morale e politico di predisporre una nuova normativa, con un impianto serio, di proporla al Parlamento e di battersi in questa sede per la sua approvazione. Non è invece ammissibile affidare una riforma ordinamentale importante a un emendamento «corsaro», presentato al Senato nel corso della discussione su un decreto-legge relativo a tutt'altra materia. Si tratta peraltro di un emendamento redatto in modo tale da determinare un contenzioso dal quale non riusciremo ad uscire per anni.
Il decreto legislativo n. 229 del 1999 contiene una norma fondamentale, relativa all'esclusività di rapporto, in virtù della quale i medici che ricoprono determinate responsabilità nel Servizio sanitario nazionale (vale a dire i primari, i direttori sanitari, i responsabili di dipartimento) non possono lavorare anche per il privato e devono optare per l'esclusività del rapporto. Non si è mai vista un'azienda che consenta a un proprio dirigente di lavorare per la concorrenza! Ebbene, se crediamo nell'aziendalizzazione della sanità e nel sistema che è stato costruito, non possiamo introdurre norme che vanno nella direzione opposta. Ritengo sia eticamente inaccettabile che, ad esempio, il primario di un reparto di ortopedia al mattino lavori presso l'ospedale e, nel pomeriggio, presso la clinica concorrente!
Torniamo indietro di vent'anni, al tempo in cui nella sanità si mescolavano interessi pubblici e privati, che sono legittimi entrambi ma solo se rimangono distinti! Non sono eticamente accettabili se invece si confondono e se, quando ci si rivolge ad una struttura, non si sa se si ha a che fare con il responsabile di quella struttura o con il responsabile della struttura concorrente. Non è accettabile che si torni indietro in questo modo!
Con questa norma - che non avete avuto nemmeno il coraggio di presentare all'interno di un disegno di legge ma che avete affidato ad un emendamento, tra l'altro fuori dal contesto del decreto-legge - voi perseguite un solo obiettivo: inferire un altro colpo al Servizio sanitario nazionale, scardinarlo, indebolire una struttura che invece riteniamo debba mantenere alcune caratteristiche che fanno sì che essa rappresenti la garanzia fondamentale per la tutela dei diritti del cittadino!
Voi, con questa norma, fate anche dell'altro. In primo luogo, violate l'autonomia... Mi dispiace che i leghisti siano spariti, perché avrei voluto avere degli interlocutori...
PRESIDENTE. Non solo loro: l'affollamento dell'aula non è dei più soffocanti...!
AUGUSTO BATTAGLIA. Saranno impegnatissimi da altre parti, e sicuramente sono giustificati, però forse, se fossero stati presenti, ci avrebbero spiegato come si può, da una parte, battersi per la devolution, cioè per la competenza esclusiva delle regioni in materia sanitaria e, nello stesso tempo, pretendere che sia Roma - i nostri leghisti che si battono per l'indipendenza della Padania! - a dire cosa deve fare il direttore generale della ASL di Reggio Calabria, il quale, secondo loro, ogni anno (poiché a novembre si dà la facoltà a tutti i medici del Servizio sanitario nazionale di scegliere se prestare servizio in via esclusiva), da novembre a gennaio, deve organizzare tutta l'azienda sanitaria e magari l'anno dopo, visto che non ci sono più regole e i medici hanno la libertà di cambiare tutto nuovamente, dovrebbe rimescolare tutte le carte. Voi volete distruggere il Servizio sanitario nazionale: non c'è altra spiegazione!
Ci dovete spiegare se siete federalisti o che altro siete, perché tutte le scelte sono legittime, ma non è legittimo imbrogliare gli italiani! Non si può andare a Pontida a parlare di federalismo e poi venire qui e fare i centralisti: imbrogliate la gente e vi imbrogliate tra voi!
Oltre a questo, voi fate anche dell'altro. È in corso una vertenza tra tutte le organizzazioni dei medici italiani e il Governo. Il Governo, nell'ambito di questa vertenza, non ha dato alcuna risposta seria, né per quanto riguarda il contratto, né per quanto concerne la copertura delle spese necessarie per il rinnovo delle convenzioni e dei contratti, né circa il rafforzamento del Servizio sanitario nazionale. Avete già assistito a diverse giornate di sciopero, che hanno visto insieme tutte le organizzazioni dei medici, di qualunque orientamento culturale, filosofico e politico. Allora, se c'è questo disagio, una ragione ci sarà! E voi a questo disagio, a questa richiesta di mettersi intorno ad un tavolo per affrontare insieme i problemi della sanità, come rispondete? Con questo decreto-legge? Davvero pensate che con una mancia, consentendo a qualche primario di aprire uno studio privato al di fuori dell'ospedale, si possa risolvere la vertenza e rispondere alle richieste dei medici italiani, che vi parlano del futuro del Servizio sanitario nazionale, che chiedono ASL più efficienti e maggiori responsabilità nel governo clinico della sanità, che chiedono di non dover subire decisioni di carattere burocratico che limitino la possibilità di curare il malato e di scegliere un percorso terapeutico?
Voi date una risposta del tutto inadeguata che, oltre tutto, è in contrasto con l'orientamento dei medici italiani, il 94 per cento dei quali ha scelto l'esclusività di rapporto perché crede nel proprio lavoro, crede nel Servizio sanitario nazionale e chiede a tutti noi non che lo si indebolisca, ma che lo si rafforzi e si lo potenzi ulteriormente, rendendolo più moderno e meglio rispondente alla domanda di salute del cittadino.
Mi rivolgo al ministro della funzione pubblica, che dovrà poi intervenire: come in tutte le famiglie, c'è sempre qualcuno che si occupa dei pasticci creati dagli altri!
Signor ministro, quando l'indennità di esclusività del rapporto non sarà più legata ad una operazione di fidelizzazione del medico al Servizio sanitario nazionale attraverso la scelta di esclusività, lei crede che il diritto all'indennità di esclusiva spetti solo ai medici? E agli infermieri? E ai terapisti della riabilitazione? E ai tecnici radiologi? E ai portantini? E gli autisti delle ambulanze, quando lavorano in esclusività di rapporto hanno la stessa dignità di lavoratori che hanno i medici oppure no? Dovrete chiarirlo! Se si tratterà di una mera indennità di esclusività, che prescinde dalla grande riforma della sanità italiana realizzata con il decreto legislativo n. 229 del 1999, allora questa indennità dovrete riconoscerla a tutti! E dovrete farlo, perché verranno presentati ricorsi che perderete e che vi costringeranno a pagare!
State ponendo le ASL, le regioni ed il Servizio sanitario italiano in un pasticcio dal quale non si uscirà più! È ciò che avviene quando - come maggioranza - non si ha il coraggio di sostenere con
chiarezza le proprie posizioni e quando si affidano le modifiche di norme fondamentali ad un emendamento preparato in fretta e furia, «tirato» all'ultimo momento da tutte le parti prima di essere presentato, che verrà approvato perché tra un mese si svolgeranno le elezioni.
Tutto ciò è di una gravità estrema. Così facendo, dimostrate la vostra inadeguatezza ed insensibilità rispetto a principi fondamentali quali la responsabilizzazione delle regioni, l'autonomia della trattativa sindacale ed il rispetto del lavoro svolto da molti direttori generali in condizioni di estrema difficoltà, i quali per il rifiuto di trasferire i fondi alle regioni operano quotidianamente in aziende sanitarie ed ospedali che versano in difficoltà finanziarie. Condizioni, queste, che in un'ASL hanno portato al licenziamento di alcuni lavoratori del settore sanitario. Siete giunti ai licenziamenti! Non siamo più di fronte a malfunzionamenti delle macchine o a problemi legati alle liste d'attesa: ormai siamo giunti al licenziamento dei lavoratori della sanità!
Allora, se avete prestato tanta attenzione ad un ristretto numero di primari, forse potevate prestare maggiore attenzione ai medici specializzandi. Quando, all'articolo 2-octies del testo in esame, abbiamo letto un riferimento ai medici specializzanti, abbiamo esclamato: finalmente! Abbiamo pensato che il Governo, dopo tre anni di promesse, di ordini del giorno, di prese di posizione con i colleghi che hanno avanzato delle proposte, avrebbe risolto il problema dei medici specializzandi, di quei trentamila giovani medici italiani che lavorano negli ospedali e nei policlinici, che mantengono aperti i reparti, che seguono i malati spesso più di altri, che dovrebbero essere al posto loro. I medici specializzandi da anni aspettano quel contratto che avete promesso loro in tutti i modi! In questa sede abbiamo votato degli ordini del giorno ma ogni volta che vi abbiamo posto di fronte al dovere di esprimere un voto vi siete tirati indietro! Ciò è accaduto anche ultimamente, signor Presidente. È accaduto anche in occasione della discussione di questo decreto-legge: un giorno si rinvia l'esame perché è cambiato il relatore, in un'altra occasione perché il relatore non è arrivato o perché si è fatto tardi. In realtà, non volete fornire delle risposte!
Abbiamo quindi ripresentato alcuni emendamenti e vi chiediamo di votare a favore di essi. Dovete dichiarare se intendete risolvere il problema dei 30 mila medici del Servizio sanitario nazionale. Dovete chiarire se vi interessano quei 30 mila giovani, che rappresentano il futuro della sanità italiana. Evidentemente non vi interessano perché, di volta in volta, di legge finanziaria in legge finanziaria, rinviate la soluzione di questo problema!
E non vi interessano neanche le condizioni in cui i cittadini si rapportano con il Servizio sanitario nazionale. Per un mammografia, a Milano, si è arrivati a 400 giorni di attesa...
CESARE CURSI, Sottosegretario di Stato per la salute. Anche in Emilia Romagna!
AUGUSTO BATTAGLIA. Ma un cittadino, se deve attendere 400 giorni per un esame e sta male, si rivolge ai privati pagando di tasca propria.
Signor Presidente, lo scorso anno, per le cure mediche, gli italiani hanno speso 24 miliardi di euro cioè 48 mila miliardi di vecchie lire! Un quarto della spesa sanitaria è ormai a carico delle famiglie, e sta crescendo...
PRESIDENTE. La invito a frenare la sua eloquenza, onorevole Battaglia...
AUGUSTO BATTAGLIA. Sta crescendo la spesa delle famiglie per i farmaci. Lo Stato, che precedentemente copriva il 68 per cento di tale spesa, ora ne copre il 60 per cento: l'8 per cento è passato sulle spalle delle famiglie! Spendono di più le famiglie delle regioni governate dal centrodestra, quali Liguria, Piemonte e Lombardia, perché hanno introdotto il ticket e hanno eliminato farmaci importanti. Su ciò non dimostrate un minimo di sensibilità!
Sono queste le emergenze da affrontare, il cui peso cade sulle spalle delle famiglie italiane: ma di esse non v'è traccia in questo provvedimento!
PRESIDENTE. Onorevole Battaglia, la invito a concludere. Sono stato tollerante, ma lei ha, per così dire, la frenata lunga!
AUGUSTO BATTAGLIA. Voi pensate, dando qualche mancia ad alcune ristrette cerchie di sanitari, di poter recuperare una credibilità che avete perduto. Non ci riuscirete, perché i medici italiani, nella grande maggioranza, non chiedono mance, ma diritti e, soprattutto, un Servizio sanitario nazionale più forte, solido e moderno, che voi non riuscite a garantire (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo e della Margherita, DL-L'Ulivo)!
PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Battaglia. Io la ascolto sempre molto volentieri, ma, le ricordo, che il tempo a disposizione per gli interventi nella discussione sulle linee generali è di 30 minuti.
È iscritto a parlare l'onorevole Meduri. Ne ha facoltà.
LUIGI GIUSEPPE MEDURI. Signor Presidente, siamo di fronte un decreto-legge «blitz» (lo abbiamo sottolineato già durante l'esame delle questioni pregiudiziali), che intende affrontare con un colpo di maglio questioni assai delicate, che avrebbero meritato ben altro strumento che un decreto-legge, sul quale, tra l'altro, verrà richiesto un voto di fiducia, già ampiamente annunziato, che strozzerà il dibattito e mortificherà quest'Assemblea e l'intero Parlamento.
In primo luogo, l'articolo 1 del decreto-legge in esame riproduce sostanzialmente gli articoli 1, 2 e 3 del decreto-legge 21 gennaio 2004, n. 10, che l'Assemblea ha di fatto respinto, il 16 marzo 2004, con il voto sulla questione pregiudiziale Burtone ed altri, ritenendolo incostituzionale. Avete ripreso quelle stesse norme e reiterato un decreto-legge già bocciato dal Parlamento. Si tratta della violazione di un principio costituzionale e nutriamo qualche dubbio sul fatto che il Presidente della Repubblica - cui auguro una prontissima guarigione - possa firmarlo.
La Corte costituzionale si è espressa a tale riguardo con molta chiarezza con la nota sentenza n. 360 del 1996, che stabilisce l'illegittimità costituzionale, per violazione dell'articolo 77 della Costituzione, dei decreti-legge iterati o reiterati quando tali decreti, considerati nel loro complesso o in singole disposizioni, abbiano sostanzialmente riprodotto, in assenza di nuovi e sopravvenuti presupposti straordinari di necessità ed urgenza, il contenuto normativo di un decreto-legge che abbia perso efficacia a seguito della mancata conversione.
Il titolo del decreto-legge in esame ci indica che al suo interno vi sono, o meglio vi dovrebbero essere, misure per fronteggiare situazioni di emergenza sanitaria. Si usa l'espressione «pericolo per la salute pubblica»: ma quali sono le misure urgenti in esso contenute? Dalla lettura del decreto-legge si evince che è stato ritenuto un mezzo per introdurre altre misure, che magari possono far recuperare (o tentare di farlo) agli occhi di una certa parte del mondo medico il tempo perso in tre anni. Ma sappiamo che la fretta è cattiva consigliera e, infatti, quello che si sta per introdurre nell'ordinamento sulla reversibilità per i medici è una «norma spot», scritta davvero male e dettata dalla furia iconoclasta della senatrice Casellati, che creerà alla sanità, ai cittadini e agli stessi medici tanti problemi da diventare sostanzialmente inapplicabile. E voi, maggioranza e Governo, siete talmente irresponsabili da chiedere che si voti persino una questione di fiducia! Ma su questo tema tornerò in seguito.
Il decreto-legge in esame tratta argomenti legittimi: i trapianti, l'istituzione di un centro nazionale per la prevenzione e il controllo delle malattie, il finanziamento di un istituto di genetica molecolare, la programmazione di screening, i problemi della privacy. Ma si tratta di materie non omogenee, rispetto alle quali è davvero
difficile riscontrare i requisiti di necessità ed urgenza richiesti per ricorrere alla decretazione d'urgenza.
Il regolamento del Senato ha consentito la presentazione e l'approvazione di emendamenti che non hanno nulla di urgente se non la paura di esorcizzare la certa sconfitta elettorale.
Con l'articolo 2-septies pretendete di modificare una norma ordinamentale. L'articolo va ad incidere su una materia rimessa alla contrattazione. Con tale norma si sottrae alle parti del contratto quella che è probabilmente la materia più qualificante del rinnovo, che i sindacati attendono e chiedono da anni, per il quale sono scesi in sciopero per ben quattro volte e hanno indetto un ulteriore sciopero per il 4 e 5 giugno. Il Governo, anziché incontrare le parti sindacali, interviene pesantemente per regolare una delle materie contrattuali più importanti con un decreto-legge, senza alcuna discussione e senza alcun confronto. Inoltre, il contenuto del suddetto articolo è materia assegnata alla competenza esclusiva delle regioni, ai sensi dell'articolo 117 della Costituzione, come modificato a seguito della riforma del Titolo V. Infatti, innovando profondamente la disciplina dell'esclusività del rapporto e della libera attività professionale dei medici incide sull'organizzazione delle aziende sanitarie locali e degli ospedali e sull'utilizzazione del personale, materia che, ai sensi della citata disciplina costituzionale, rientra appunto nella competenza concorrente tra lo Stato e le regioni per quanto concerne gli aspetti ordinamentali e nella competenza esclusiva delle regioni per quanto concerne gli aspetti organizzativi.
È noto che il ministro della salute ha tentato di riformare questa materia, presentando ben quaranta stesure di un disegno di legge che è stato sempre bloccato nella Conferenza Stato-regioni per rilievi di una certa gravità, tant'è che non è mai stato presentato alle Camere. La Presidenza di questa Camera dichiarò inammissibile un emendamento alla legge finanziaria del 2002 sempre sulla stessa materia, ritenendo che essa non potesse essere oggetto di un emendamento presentato nel corso di un blitz notturno.
Ci chiediamo in che modo tali norme, inserite dal Senato nel corso dell'esame di un disegno di legge di conversione di un decreto-legge relativo ad un altro oggetto, possano essere ritenute compatibili con il nuovo Titolo V della Costituzione. È evidente che, consentendo a un medico del Servizio sanitario nazionale di scegliere ogni anno se optare o meno per l'esclusività del rapporto, si determinerà un assetto profondamente diverso degli oneri finanziari e dei moduli organizzativi della sanità italiana, incidendo sull'autonomia regionale. Ci troviamo, dunque, di fronte ad un decreto-legge palesemente incostituzionale, con riferimento all'articolo 117 della Costituzione.
Ci troviamo inoltre di fronte ad un decreto-legge che non rispetta l'articolo 81 della nostra Carta costituzionale; e questo è stato rilevato non solo dall'opposizione al Senato, ma anche dal sottosegretario Vegas, che ha affermato come il provvedimento sia a copertura incerta, soprattutto perché suscettibile di acuire i termini già onerosi e complessi della vertenza finanziaria tra Stato e regioni. Infatti, l'indennità di esclusività del rapporto, che la disposizione in questione prevede per tutti quei medici che opteranno per questa soluzione, non ha mai trovato le regioni disponibili a farsi carico del relativo onere finanziario, qualora l'esclusività di rapporto, da caratteristica strutturale del sistema sanitario, diventasse una libera scelta dei liberi professionisti.
È evidente quindi che ci si avvia verso un contratto che non ha una copertura finanziaria certa e che acuirà il conflitto tra Stato e regioni; si acuirà inoltre il conflitto tra i lavoratori del Servizio sanitario nazionale, perché è già stata annunziata dai sindacati del comparto sanitario l'intenzione di riaprire il proprio contratto. Pertanto, gli effetti finanziari di questo decreto-legge saranno devastanti e andranno a colpire un sistema già in grande difficoltà sotto molti profili, ma soprattutto sotto l'aspetto finanziario.
Nel confronto con le parti sociali ci siamo già dichiarati disponibili a discutere anche della reversibilità del rapporto e a regolarla. Abbiamo anche presentato degli emendamenti in tal senso, a dispetto di chi considera l'opposizione in grado di dire solo «no». Ma voi ponete la questione di fiducia, perché non vi fidate di voi stessi e tra di voi. Lo vediamo ogni giorno su tutti temi. Siete allo sbando e solo con i voti di fiducia cercate di andare avanti. Lo avete fatto con le pensioni, lo fate su questo decreto-legge. Ma non eravate il Governo del dialogo sociale? Non eravate quelli del confronto con le parti sociali? I medici torneranno a scioperare a giugno e, dopo la manifestazione dei 40 mila medici del 24 aprile scorso, non avete ritenuto opportuno convocare un tavolo.
Il ministro della salute, dopo aver detto che era d'accordo con i medici, si è ritirato nel più clamoroso silenzio. Se il ministro Sirchia esiste, batta un colpo! Dimostri di avere dignità professionale e politica e manifesti il suo dissenso. Non era forse il ministro Sirchia che, di fronte alle dichiarazioni del Presidente Berlusconi sulla reversibilità, aveva affermato che sono ben altri i problemi che interessano oggi la sanità italiana?
Il ministro Sirchia sembra un don Abbondio di manzoniana memoria, un vaso di coccio in mezzo ai vasi di ferro Berlusconi e Tremonti. L'unica salute che cerca di tutelare è la sua, all'interno del Governo, visti i tempi che corrono: infatti, è per Sirchia che ben cento parlamentari della Casa delle libertà hanno scritto una lettera, chiedendone le dimissioni, non poco tempo fa, insoddisfatti del suo operato. Ed il ministro, pur di salvaguardare il suo posto di Governo, oggi concede il suo assenso all'approvazione di una norma che sa non essere corretta nel rapporto sia con i sindacati sia con le regioni.
Noi avevamo manifestato la nostra disponibilità ad approvare comunque una riforma, ma senza ricorrere ai blitz per affrontare questioni così importanti per i professionisti, per i cittadini e per la sanità pubblica del nostro paese. Come fate ad immaginare, infatti, una sanità in cui un dirigente del Servizio sanitario nazionale può esercitare in altra sede, per perseguire magari interessi privati?
Quando si assumono determinate responsabilità, bisogna avere un quadro normativo di riferimento in grado di garantire eticità al sistema, ed è questo il vero cuore della riforma varata dal ministro Bindi con il decreto legislativo n. 229 del 1999. In verità, quando sostenete di voler «debindizzare» la sanità, affermate di voler smantellare un sistema etico di garanzia e di rispetto delle regole, perché al Governo non interessa il servizio sanitario pubblico: l'esecutivo considera la sanità un settore nel quale è possibile «fare business».
Noi lo diremo ai cittadini, e lo sottoporremo al giudizio degli elettori; tuttavia, riscontriamo che ponete le questioni di fiducia sempre su argomenti delicati, come le televisioni, la possibilità di far entrare le assicurazioni private nel sistema previdenziale e, adesso, lo smantellamento del Servizio sanitario nazionale. Non vi siete accorti che la questione di fiducia potete porla solo qui dentro, tra di voi, perché fuori, nel paese, la fiducia nei vostri confronti è finita. Il tempo è scaduto: dopo tre anni, è iniziato il conto alla rovescia per vedervi andar via, ed ogni giorno che passa è un giorno che si avvicina per cambiare il Governo di questo paese (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-L'Ulivo e dei Democratici di sinistra-L'Ulivo)!
PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.
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