![]() |
![]() |
![]() |
La seduta, sospesa alle 10,45, è ripresa alle 11,05.
PRESIDENTE. Colleghi, prima di riprendere l'esame della proposta di legge
n. 1032, debbo informarvi che il Presidente della Camera mi ha comunicato che il Capo dello Stato ha avuto un infortunio, fratturandosi una clavicola. Credo di interpretare i sentimenti di tutti rivolgendo, anche a nome del Presidente della Camera, i migliori auguri di pronto ristabilimento a Carlo Azeglio Ciampi (Vivi, generali applausi).
Bene, questo applauso esprime il sentimento che ognuno di noi porta al Presidente della Repubblica, interprete dell'unità nazionale.
MAURIZIO SACCONI, Sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche sociali. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MAURIZIO SACCONI, Sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche sociali. Signor Presidente, vorrei svolgere alcune brevissime considerazioni, anche per un doveroso rispetto verso l'iniziativa dei parlamentari del gruppo di Rifondazione comunista, l'onorevole Bertinotti e gli altri, in una materia così delicata e tanto controversa nel passato. Vorrei spiegare quindi brevemente le ragioni della contrarietà del Governo, soprattutto nei riguardi dell'unico articolo, oltre che degli articoli aggiuntivi.
Vorrei in primo luogo ricordare come abbiamo largamente considerato questa materia innanzitutto attribuibile all'autonomia del dialogo sociale o, quanto meno, del dialogo tripartito. Non a caso, essa è stata regolata dagli accordi del 1992 e del 1993, cui hanno aderito tutte le organizzazioni dei lavoratori e degli imprenditori maggiormente rappresentative, anche se il processo di superamento della scala mobile data dal ben noto 14 febbraio 1984, ratificato poi dal successivo referendum del 1985. Ebbene, anche recentemente tutte le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative, se mi è consentito, inclusa la CGIL, hanno confermato la validità quanto meno della prima parte degli accordi del 1993, proprio quella che regola la politica dei redditi, ritenendo cioè ancora necessario quel cosiddetto «gioco d'anticipo» che fu per primo consigliato dal professor Tarantelli e che dovrebbe consentire di coniugare la giusta dinamica delle retribuzioni con il controllo dell'inflazione.
È aperta invece una discussione tra le stesse organizzazioni sindacali - ed è proprio di ieri la volontà di dare luogo ad un gruppo di lavoro condiviso tra di esse - sulla seconda parte degli accordi del 1993, ed il Governo in più occasioni si è dichiarato favorevole ad una revisione, cioè alla rivisitazione del modello contrattuale, affinché non accada quanto possiamo ritenere essere accaduto nel corso degli anni Novanta, cioè che un modello fortemente centralizzato di contrattazione ha nei fatti determinato una forte compressione delle retribuzioni lungo larga parte di quel periodo. Ritengo che alcune tensioni a cui oggi assistiamo siano in parte giustificate dall'accumulo di queste progressive compressioni delle dinamiche retributive, soprattutto per coloro che vivono in aree a maggiore costo della vita o che operano in aziende ad alti tassi di produttività, come è lo stesso caso dello stabilimento di Melfi.
Quindi, il Governo considera con favore la possibilità di un nuovo modello contrattuale, il cui baricentro sia costituito dal territorio o dall'azienda, coniugato, allo stesso tempo, ad una più efficiente distribuzione della ricchezza attraverso i salari con una più decisa lotta all'inflazione; vorrei ricordare anche lo strumento radicale previsto nell'ultima legge di bilancio, quello dell'impiego degli strumenti della repressione fiscale in quei settori in cui si determinassero incrementi anomali dei prezzi.
Affidiamo soprattutto al controllo sociale, in sostituzione di un improponibile controllo amministrativo, l'eventualità di una più forte tensione intorno all'andamento anomalo dei prezzi e lo strumento del monitoraggio presso il Ministero delle attività produttive è oggi condiviso da tutte le organizzazioni dei consumatori e dalle parti sociali.
Riteniamo davvero antistorica la possibilità di reintrodurre la scala mobile nel nostro paese, perché in tal modo saremmo l'unico paese industrializzato, e oltretutto l'unico paese europeo, a disporre di uno strumento di questa natura, in assoluta controtendenza rispetto ad una più efficente remunerazione del lavoro: problema che obiettivamente c'è, che va riconosciuto e che, in modi ben diversi, deve essere soddisfatto.
Quanto invece al nuovo indice Istat, colgo l'occasione per dire che i tempi brevi proposti non sono affatto compatibili con l'obiettivo di stimare gli effetti differenziati dell'aumento dei prezzi e la definizione di indicatori riferiti a gruppi di popolazione omogenei per consumi è un'operazione straordinariamente complessa che si può realizzare solo nel contesto anche di Eurostat. A questo proposito, l'Istat ha in corso un programma di ricerca e di sperimentazione su questi indicatori, ma i tempi non possono essere certamente quelli ipotizzati, mentre le conclusioni sono legate, da un lato, alla sperimentazione e, dall'altro, al rapporto con Eurostat, cioè con i partners europei.
Concludo sul fiscal drag: su questo punto il ministro Tremonti ha già ricordato come di fatto il fiscal drag sia stato eliminato dalla legge finanziaria del 2000. Io aggiungo soltanto che nel corso degli anni precedenti il Governo ha dato ben di più di quanto ragionevolmente la restituzione del fiscal drag avrebbe potuto comportare. Basti pensare all'aumento della detrazione di un milione per i figli nel 2002 e al primo modulo di riforma IRPEF nel 2003, costato 5,5 miliardi di euro.
La riforma del sistema fiscale ipotizzato (il secondo modulo) con l'obiettivo di ridurre il numero delle aliquote a due o a tre, nei fatti va a sterilizzare in modo strutturale e non congiunturale, di anno in anno, gli effetti del drenaggio fiscale, con l'asciugamento, anche in corrispondenza alle aliquote, degli scaglioni di reddito, essendo il drenaggio fiscale legato alla esasperata progressività e al numero elevato di scaglioni (Applausi dei deputati del gruppo di Forza Italia).
ELENA EMMA CORDONI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ELENA EMMA CORDONI. Signor Presidente, dopo avere ascoltato il sottosegretario Sacconi, confesso di rimanere sorpresa perché, dopo mesi passati in Commissione a confrontarci attraverso l'audizione di molti soggetti che hanno rappresentato la situazione del potere d'acquisto dei salari e delle pensioni, mi sarei aspettata - come dire? - che anche da parte del Governo e della maggioranza venissero avanzate proposte rispetto ad un problema vero, un problema per il quale in questi mesi abbiamo assistito - ripeto - a rappresentazioni della realtà del nostro paese circa la capacità di salari e pensioni di consentire a milioni di famiglie italiane di arrivare alla fine del mese.
Oggi mi sento riproporre una soluzione che non è una soluzione! Ed io mi sono stupita nel rilevare come, mentre si discute della riforma fiscale (ricordo che ieri Il Sole 24 Ore, con uno slogan molto efficace, ha richiamato il senso della proposta del Presidente del Consiglio al paese: tanti soldi a pochi contribuenti, pochi soldi alla maggior parte dei contribuenti), tale scelta venga giocata proprio su questo slogan, cioè su come è pensata la società italiana.
E allora, invece di sentirmi dire dal sottosegretario: «Bene! Noi non condividiamo la proposta di Rifondazione comunista che (come ha detto) è antiquata e superata», avrei voluto che ci avesse detto cosa pensava di fare, ad esempio, per restituire il denaro per il drenaggio fiscale ai lavoratori dipendenti ed ai pensionati. Credo che tutti voi abbiate incontrato, nei vostri collegi, pensionati i quali, nonostante l'aumento della pensione, percepiscono somme più basse: ciò è dovuto, appunto, al fatto che, dal 2002, avete deciso di non restituire il fiscal drag ai lavoratori dipendenti ed ai pensionati.
Per quanto riguarda la capacità degli indicatori Istat ed Eurostat di rilevare l'inflazione reale, in Commissione abbiamo
verificato con l'Istat che, in effetti, per il tipo di campione utilizzato, si rischia di valorizzare un elemento mediano che non tiene conto delle differenze salariali e che, quindi, non sottolinea l'effetto dell'inflazione sui salari più bassi. Ci è stato anche suggerito - mi rivolgo al sottosegretario Sacconi - di non attendere l'Eurostat, l'Europa o i livelli di decisione internazionali: la Francia, che pure fa parte dell'Unione europea, ha adottato, per le persone sopra i sessantacinque anni di età, indicatori ad hoc che tengono conto dei loro consumi e di un paniere appositamente individuato (evidentemente, a quell'età, i figli sono cresciuti ed i problemi sanitari sono più urgenti). Ragioniamo anche sulla base di queste esperienze avviate da paesi a noi vicini!
Mi dispiace che non sia presente in aula l'onorevole Fiori, il quale ha ripetutamente presentato, nel corso degli anni, proposte di legge sul potere d'acquisto delle pensioni, argomento del quale abbiamo più volte discusso anche durante l'esame dei disegni di legge finanziaria. Come sappiamo, dal 1992 (Commenti di deputati del gruppo della Lega Nord Federazione Padana) ...
Signor Presidente, spero che la discussione sulle manovre fiscali, oltre che a palazzo Chigi o sui giornali o nelle riunioni ristrette, la si possa fare anche in questo Parlamento!
PRESIDENTE. Lei ha perfettamente ragione, onorevole Cordoni.
Prego i colleghi di prestare attenzione.
ELENA EMMA CORDONI. No, signor Presidente, non chiedo attenzione, ma vorrei che fossero evitati i commenti che sto udendo. Pretendere attenzione sarebbe troppo!
PRESIDENTE. Questo è più difficile, onorevole Cordoni, perché la disciplina non fa parte del nostro costume.
ELENA EMMA CORDONI. L'attenzione dipende anche dalla capacità dell'oratore e non soltanto dalla voglia dei colleghi di ascoltare. Tuttavia, vorrei che si capisse che stiamo parlando dello stesso argomento di cui si sta discutendo sulle pagine dei giornali e nei vertici di maggioranza.
Credo che il Parlamento ed anche i colleghi della maggioranza farebbero bene a confrontarsi ed a discutere sulle scelte che questo paese sta compiendo: tali scelte decidono della qualità dello sviluppo e della possibilità, per milioni di famiglie italiane, di reggere a questa difficile fase della vita economica del nostro paese (Applausi dei deputati Zanella e Cima)!
Allora, non si può venire a parlare di revisione contrattuale dopo che, in tre anni, avete rotto ogni dialogo con le parti sociali: anche quelle che erano disponibili alla coesione sociale oggi dicono che quella fase è finita! Lo stesso segretario della CISL, che aveva voluto dare credito a questo Governo, ha affermato che, dopo la posizione della questione di fiducia al Senato sulle pensioni, questa fase si chiude! Oggi, ci dite che il Governo è disponibile a sedersi ad un tavolo. Ma con quale credibilità? Pensate che sia possibile?
Infine, dite di volere valorizzare la contrattazione territoriale. Melfi ci insegna cosa vuol dire: a Melfi c'è un'azienda in cui coesistono la massima produttività e la minore remunerazione per i lavoratori! Questo ci hanno detto le lotte di queste ultime settimane (Commenti del deputato Rizzi)! Come si fa a dire che non c'è bisogno di uno strumento forte come la contrattazione nazionale?
PRESIDENTE. Onorevole Cordoni, la invito a concludere.
ELENA EMMA CORDONI. Credo che non vi sia nessun rispetto per gli italiani e per le loro famiglie.
Mi aspettavo che questo confronto, questo dibattito che l'iniziativa del gruppo di Rifondazione comunista ha posto all'attenzione del Parlamento potesse diventare un'occasione per dimostrare una reale capacità di proposta.
PRESIDENTE. Dovrebbe concludere, onorevole Cordoni.
ELENA EMMA CORDONI. Invece, non vedo altro che timidi tentativi: quelli racchiusi in alcuni ordini del giorno. Trasformateli in emendamenti! Trasformateli in proposte, anziché lasciarli a livello di chiacchiere o di intenzioni (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo)!
EMILIO DELBONO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
EMILIO DELBONO. Signor Presidente, vorrei riprendere criticamente alcune considerazioni del sottosegretario. Innanzitutto, mi pare che quest'inno al dialogo sociale innalzato dall'onorevole Sacconi, in realtà, contraddica tutta la politica del Governo di questi tre anni. Se c'è un dato oggettivo di cui tutti noi, comprese le organizzazioni sindacali, abbiamo preso atto è che la concertazione è stata affossata. Infatti, la concertazione era non soltanto l'affidamento alle organizzazioni sindacali del compito di contrattare, ma anche qualcosa di più significativo, ossia la compartecipazione delle organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro alle politiche economiche e sociali del Governo. Ha ragione la collega precedentemente intervenuta a riconoscere che ormai la grande disillusione ha indotto le organizzazioni sindacali che avevano aperto un fronte di dialogo (penso alla CISL e alla UIL) a dichiarare che questa sorta di dialogo sociale del Governo si è trasformato in un monologo. Sostanzialmente, il Governo decide come muoversi e comunica alle parti sociali le decisioni. Questo è un fatto oggettivo.
Il Governo è responsabile di altri due aspetti molto rilevanti su cui i colleghi dovrebbero riflettere. Tutta la politica dei redditi si basa sulla precisione con cui è indicata l'inflazione programmata. Se l'indicazione dell'inflazione programmata è una, due o tre volte inferiore rispetto a quella che sarà misurata, tutti i rinnovi contrattuali si alterano e la conflittualità sociale aumenta. Tutti sanno che il centrosinistra, in occasione dell'esame delle leggi finanziarie, ha criticato pesantemente il Governo perché prevedeva nei documenti di programmazione economico-finanziaria un'inflazione programmata che tutti noi sapevamo totalmente priva di fondamento (o sotto o di poco superiore all'1 per cento; in realtà, tutti noi presumevamo un'inflazione (e così è stato) doppia o tripla rispetto a quella indicata dal Governo). Quindi, il Governo ha responsabilità gravi. Altro che controllo sociale!
La seconda questione riguarda la totale mancanza di vigilanza e di controllo nella fase in cui abbiamo adottato l'euro; il Governo si è disinteressato dell'andamento dei prezzi causando con la sua negligenza un'infiammata inflazionistica. Questo è un aspetto molto rilevante e una grave responsabilità pesa al riguardo sul Governo.
Da tempo sosteniamo, inoltre, che esiste qualche problema sugli indicatori dell'Istat, non sul fronte del paniere, ossia sul numero dei beni e dei servizi, ma sul peso che alcuni beni e servizi hanno per calcolare l'inflazione. Durante l'indagine conoscitiva che abbiamo svolto in Commissione è emerso con chiarezza che l'Istat prevede un peso per alcuni beni e servizi di gran lunga inferiore a quello reale; richiamo, a questo proposito, l'esempio di beni e servizi quali l'acqua, l'energia elettrica, il gas e la locazione che secondo l'Istat non dovrebbero pesare più dell'8,9 per cento sul bilancio familiare; ciò non corrisponde in alcun modo alla realtà. Se chiedete ad una famiglia quanto spenda per questi beni e servizi, risponderà che spende il doppio, il triplo di quello che indica l'Istat. Tant'è che la maggioranza stessa ha presentato un ordine del giorno che è un indicatore della loro coscienza sporca, poiché attraverso il dispositivo, con il quale si impegna il Governo ad operare per il rafforzamento dell'azione dell'Istituto nazionale di statistica al fine di rendere sempre più precise le rilevazioni da esso effettuate, così da produrre un miglioramento della sensibilità degli indici, si afferma sostanzialmente che l'Istat non è attendibile.
È un problema complesso e collettivo riguardante - lo ricordo ai colleghi leghisti
- una delle accuse sistematiche che la Lega rivolgeva al Governo precedente, ossia che l'Istat non è attendibile, non perché non sia un istituto serio, ma perché ha bisogno di ritarare alcuni parametri che oggi appaiono totalmente privi di fondamento.
Vi è un altro aspetto da approfondire. Noi deputati del gruppo della Margherita siamo favorevoli ad un processo di decentramento della contrattazione (lasciando fermo il contratto collettivo nazionale), ad un percorso verso la contrattazione decentrata ed aziendale. Tuttavia, su un punto non si può non rilevare un dato di debolezza di tutto l'andamento.
I trend retributivi sono di gran lunga inferiori all'indice di produttività per addetto; questi sono dati dell'OCSE che sono molto significativi. Nel decennio 1991-2001 le retribuzioni lorde sono aumentate del 3,3 per cento, a fronte di un aumento della produttività reale per addetto del 18, 7 per cento. Sappiamo - perché l'Eurispes ci ha dato questo dato importante - che la parte variabile della retribuzione ha subito un pesantissimo taglio negli ultimi due o tre anni. Anche questo ha contribuito ad erodere il potere d'acquisto dei salari (e poi non dimentichiamoci mai delle pensioni!). Il Governo ha delle responsabilità. Dire che l'inflazione non è controllabile, non è governabile con la politica economica è gravissimo, perché contraddice dieci anni di politica italiana dei redditi e contraddice la posizione di Tarantelli e di tutti gli altri economisti, per i quali l'inflazione è debellabile, controllabile, governabile. Che Sacconi dica il contrario qui oggi è gravissimo, perché è l'indicatore di una posizione debole del Governo, debolissima!
L'ultima questione riguarda il fiscal drag. Il Governo dice che abbiamo dato di più di quanto abbiamo tolto con il fiscal drag. Innanzitutto, ricordiamoci che, quando il fiscal drag non venne più reintrodotto, eravamo ad un'inflazione bassissima, mentre oggi siamo di fronte ad una fiammata inflazionistica, a partire dal 2001 in poi. Ora è chiarissimo che il taglio del fiscal drag ha rappresentato - si calcola - circa un miliardo e 800 milioni di euro in meno, fino a due miliardi e 500 milioni di euro in meno per le famiglie; ma c'è di più, perché ovviamente, come avremo modo anche di approfondire nel dibattito, occorre tenere conto di un ulteriore elemento: è aumentata la pressione fiscale a causa dei tagli dei trasferimenti agli enti locali e alla politica sociale. Il Governo fa finta di non saperlo! Questo è un elemento di grande debolezza (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-L'Ulivo e dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).
ALFONSO GIANNI, Relatore di minoranza. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ALFONSO GIANNI, Relatore di minoranza. Signor Presidente, vorrei innanzitutto sinceramente ringraziare l'onorevole Sacconi, per aver voluto - almeno lui - dimostrare che questa è una discussione seria, anche se poi nel merito ha opposto una serie di obiezioni. Io non posso però stare silente di fronte alle sue obiezioni, che, per la verità, non sono nuove per due aspetti, pur presentando un elemento di novità per un terzo aspetto. Sbarazziamoci prima delle argomentazioni già note. Naturalmente, onorevole Sacconi, mi riferisco alla parte del suo discorso che riguarda la proposta di legge del mio gruppo; tralascio per ora di fare considerazioni, che pure lei ha svolto, in merito agli emendamenti aggiuntivi dei colleghi, sia per ragioni di tempo, sia perché questo è già stato fatto dai colleghi che poc'anzi mi hanno preceduto. Lei ha sviluppato due argomentazioni già note. La prima è che il nostro meccanismo tenderebbe comunque a ristabilire una vecchia scala mobile. Lei conosce quanto me quale fosse l'impianto del professor Tarantelli: un impianto assai articolato, che non si limitava banalmente alla cancellazione della scala mobile, ma la utilizzava all'interno di una visione della politica dei redditi che si è purtroppo rivelata largamente utopistica; l'unico fatto concreto, invece, era stato il taglio della scala
mobile. Tuttavia, siccome lei ritorna sempre con questa citazione - e lei sa quanto sia dolorosa -, vorrei anche ricordare a lei o ai colleghi più giovani - che, a differenza di lei e del sottoscritto, non sedevano in quest'aula vent'anni fa - che altri autorevoli esponenti del mondo della cultura, della politica e dell'economia la pensavano diversamente dal professor Tarantelli e assai diversamente dall'onorevole Bettino Craxi, che, sulla base di quelle suggestioni, operò il taglio per decreto-legge dei punti della scala mobile. Gli uffici della Camera hanno opportunamente ristampato i discorsi parlamentari di Enrico Berlinguer, anche per quelli che non c'erano, a differenza di lei e di me, che eravamo qui seduti e ce lo ricordiamo molto bene. Berlinguer definì in quest'aula, in un celeberrimo discorso, il provvedimento di Bettino Craxi con il quale si operava il taglio dei punti della scala mobile un atto osceno in luogo pubblico, come risulta da verbale.
Quindi, come vede, le opinioni sono molte, tutte estremamente autorevoli; e se i colleghi, anziché rumoreggiare, avessero la pazienza di conoscere e di apprendere, anche tramite questi modesti dibattiti, un po' di storia parlamentare, non farebbe loro male!
Il meccanismo che proponiamo con il nostro provvedimento, tuttavia, non è la scala mobile, la quale interveniva in anticipo e trimestralmente, ma semplicemente un meccanismo a compensazione annuale, che funziona in maniera esattamente antinflazionistica, poiché se l'inflazione (ovvero, l'incremento dei prezzi) non si sviluppa, e dunque la previsione dell'inflazione programmata è esatta, nulla è dovuto né dallo Stato, né dai datori di lavoro privati.
D'altro canto, sottosegretario Sacconi, poiché glielo abbiamo dimostrato e tutti dimostrano (come testimoniato dai soggetti interessati, dall'Eurispes all'Istat, che abbiamo ascoltato nel corso delle audizioni informali svoltesi in Commissione lavoro), che in questi ultimi anni i salari sono diminuiti, vorrei evidenziare che la ripresa dell'inflazione è dovuta non all'incremento reale o nominale dei salari, ma, evidentemente, dall'incremento delle rendite e dei profitti. Si tratta di teoria esistente nell'ambito del pensiero economico mondiale prima che lei ed io nascessimo e di cui abbiamo una ulteriore esplicazione.
Vorrei formulare una seconda considerazione. Lei, sottosegretario Sacconi, ha sostenuto che il meccanismo proposto da Bertinotti e da altri deputati impedisce il confronto tra le parti sociali. Ciò è falso: possiamo anche avere la nostra opinione, che non mutiamo facilmente, riguardo agli accordi sindacali siglati nel 1992 e nel 1993, ma basta che lei legga il testo dell'articolo unico della proposta di legge in esame per accorgersi che le parti sociali potranno continuare a stipulare le loro intese e programmare l'inflazione: l'unica misura che proponiamo è che, se il calcolo si rivelasse sbagliato, oppure fossero intervenuti altri fattori nel corso dell'anno, vi sia un meccanismo di riequilibrio a favore dei lavoratori!
Caro onorevole Sacconi, lei non può dimenticare che - in base a dati Istat, rielaborati da fonte sindacale - su una retribuzione annua lorda media, di fatto, di 22 mila euro, la perdita del potere di acquisto, pari all'1 per cento, è di 220 euro, la mancata restituzione del fiscal drag è pari a 172 euro, e dunque la perdita totale del potere di acquisto di un lavoratore è di 392 euro!
PRESIDENTE. Onorevole Alfonso Gianni, si avvii a concludere!
ALFONSO GIANNI, Relatore di minoranza. Mi faccia concludere, signor Presidente. Lei non può dimenticare...
PRESIDENTE. Per non demoralizzare l'Assemblea!
ALFONSO GIANNI, Relatore di minoranza. ...che al termine del mese di marzo 2004, vale a dire quando la discussione sulla proposta di legge in esame è entrata nel vivo in Commissione, risultavano in attesa di rinnovo 44 accordi collettivi nazionali di lavoro, i quali rappresentano, in
termini di monte retributivo contrattuale, il 64,7 per cento di quelli osservati, e sono relativi a 7,8 milioni di lavoratori dipendenti!
Cosa dice a questi 7,8 milioni di lavoratori dipendenti: che firmeranno contratti nazionali in perdita? Questo dite ai 7,8 milioni di lavoratori dipendenti? Pensate che loro non se ne accorgano? Pensate che basti una gigantografia in campagna elettorale, con la faccia ridente di Berlusconi, a cancellare questa semplice ed evidente realtà?
PRESIDENTE. L'interrogativo è retorico, onorevole Alfonso Gianni: si fermi pure qui!
ALFONSO GIANNI, Relatore di minoranza. Allora, non voglio introdurre il comunismo con l'articolo unico di una proposta di legge: se così fosse, caro collega Dario Galli, sarei un fenomeno, ed aggiungerei il mio ignobile profilo ai cinque «famosi» della tradizione marxista-leninista!
D'altro canto, se il vecchio Pindaro fosse ancora vivo (malgrado i millenni che lo distanziano da noi), sarebbe stupito e morirebbe una seconda volta d'invidia perché, rispetto ai suoi voli pindarici...
PRESIDENTE. Non entriamo nel mondo greco, fermiamoci alla realtà italiana!
ALFONSO GIANNI, Relatore di minoranza. ...quello fatto dall'onorevole Dario Galli rappresenterebbe un evento assolutamente straordinario!
PRESIDENTE. Onorevole Alfonso Gianni, io lascio sempre parlare. Lei, però, ha esaurito il tempo a sua disposizione da oltre due minuti e mezzo. Capisco che il tema è affascinante, ma lei deve resistere a queste tentazioni oratorie.
ALFONSO GIANNI, Relatore di minoranza. In merito all'ultimo punto introdotto da Sacconi, scopriamo improvvisamente che il Governo, dopo aver detto che gli operai di Melfi boicottavano l'economia e distruggevano la FIAT e dopo che il ministro dell'interno, onorevole Pisanu, ha sostenuto che vi erano pericolosi estremisti infiltrati nelle file degli operai, adesso si attribuisce anche il merito della conclusione della vicenda, perché si è accorto che gli operai meridionali di Melfi erano tra i più produttivi (Applausi dei deputati dei gruppi di Rifondazione comunista e dei Democratici di sinistra-L'Ulivo)...
PRESIDENTE. Onorevole Alfonso Gianni, sono costretto a toglierle la parola. La ringrazio per il suo pregevole apporto.
Ha chiesto di parlare, per dichiarazione di voto, l'onorevole Lo Presti. Ne ha facoltà.
ANTONINO LO PRESTI. Signor Presidente, non vorrei che da questo dibattito ad una voce sembrasse che l'attuale maggioranza, votando contro il provvedimento, voglia affamare intere famiglie e classi di lavoratori...
FRANCESCO GIORDANO. È quello che succede!
LUIGI OLIVIERI. Le avete già affamate, non c'è bisogno di farlo!
ANTONINO LO PRESTI. Non è così. Voglio dire che, alle soglie del terzo millennio, signor Presidente, non è possibile immaginare di risolvere i problemi del costo del lavoro, dell'adeguamento delle retribuzioni al costo della vita e quelli delle imprese introducendo - o, meglio, reintroducendo surrettiziamente - misure antiquate che il popolo italiano ha già bocciato (voglio, infatti, ricordare al collega Alfonso Gianni che «l'atto osceno» di cui parlava fu, poi, approvato dalla maggioranza degli italiani che, con un referendum, contrastarono il tentativo di recuperare l'antiquato istituto della scala mobile che oggi si vuole reintrodurre).
Immaginare di fare tutto ciò è antistorico, assolutamente inutile e pericoloso. Può rappresentare un arretramento sulla strada della modernizzazione del paese. Noi abbiamo, invece, il dovere di concepire, onorevoli colleghi, misure innovative, realmente moderne, per coniugare, in una reale prospettiva di crescita economica del paese e dell'intera Europa, le esigenze legittime delle imprese con quelle, altrettanto legittime, dei lavoratori (che hanno diritto ad una retribuzione equa e proporzionata al lavoro svolto). Bisogna, cioè, immaginare un nuovo modello di sviluppo. In questo senso, siamo fortemente impegnati.
Si tratta di un nuovo modello di sviluppo fondato sul dialogo sociale e, soprattutto, sulla partecipazione. Un modello che vede realmente coinvolti i lavoratori nelle scelte strategiche delle imprese, attraverso sistemi di partecipazione che la stessa Costituzione prevede.
Unire lavoratori e imprese in quella che noi amiamo chiamare «una comunità di destino» è il vero obiettivo che questa maggioranza e, soprattutto, Alleanza nazionale si propone. In tal senso, come ha ricordato il rappresentante del Governo, siamo impegnati in un processo di riforme che porteremo a compimento. Ecco perché voteremo a favore dell'emendamento soppressivo di questo provvedimento (Applausi dei deputati dei gruppi di Alleanza nazionale e di Forza Italia).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare, per dichiarazione di voto, l'onorevole Emerenzio Barbieri. Ne ha facoltà.
EMERENZIO BARBIERI. Signor Presidente, con la stessa motivazione con la quale il collega Lo Presti è intervenuto, voglio anch'io svolgere, a nome del gruppo dell'Unione dei democratici cristiani e dei democratici di centro, alcune considerazioni, anche per evitare che qualcuno possa pensare che, su questi temi non vi sia un interesse di chi ha avuto, nella militanza della Democrazia cristiana, posizioni riconducibili ad una forte esperienza di carattere sociale.
Devo dire che mi è piaciuta molto la domanda fatta dall'onorevole Mantovani - che non è stata colta dal collega Lo Presti - su come votò Lo Presti al referendum del 1984 sulla scala mobile. Si tratta della stessa motivazione per la quale - non ho dubbi - tanti democristiani che oggi militano nel gruppo della Margherita non ebbero dubbi su dove collocarsi nel 1984 riguardo al referendum sulla scala mobile.
RAMON MANTOVANI. Lo so, ma Lo Presti come votò?
EMERENZIO BARBIERI. Questo è un problema che riguarda la «corrispondenza d'amorosi sensi» tra Mantovani e Lo Presti.
Questa proposta di legge - lo dico, pur avendo apprezzato la passione con la quale il collega Alfonso Gianni è intervenuto - è fondamentalmente e strutturalmente sbagliata; ha ragione il sottosegretario Sacconi. L'onorevole Gianni è troppo intelligente per non rendersi conto che l'artifizio in forza del quale il recupero avverrebbe in seguito è esclusivamente di carattere verbale, perché la struttura stessa della proposta di legge implica, di fatto, la reintroduzione della scala mobile. L'onorevole Gianni non può negare una questione evidentissima.
Non credo, collega Delbono, che si debba tornare alla fase nella quale, qualunque cosa faccia, il Governo sbaglia. Negli interventi degli onorevoli Cordoni e Delbono ho sentito toni che mi facevano tornare in mente i tempi in cui era stato coniato lo slogan «piove, Governo ladro!». Non è possibile che tutte le responsabilità indicate vengano addebitate al Governo Berlusconi. Peraltro, collega Delbono, ciò avviene anche con una palese contraddizione. Infatti, per quanto riguarda i dati del decennio 1991-2001, non mi sembra si possa addebitare al Presidente del Consiglio Berlusconi o al ministro del lavoro Maroni la responsabilità di ciò che è accaduto in quel periodo. Non mi pare che allora vi fosse questo Governo.
Diverso è affermare che ci dobbiamo porre il problema di recuperare una serie
di strumenti: discutiamone, ma non a latere o in subordine ad una proposta di legge che, nella sostanza, reintroduce il meccanismo della scala mobile.
Collega Gianni, non so se tale questione sia stata colta con esattezza. Tuttavia, non v'è ombra di dubbio che il referendum fu fortissimamente osteggiato dall'allora coalizione che governava il paese e che, anche all'interno della CGIL, vi era una posizione molto articolata, nel senso che non tutti spingevano nella direzione del referendum. Sono i meccanismi che questa proposta di legge - se approvata - metterebbe in moto, ad essere perversi! Nessuno può pensare di sottrarsi alla responsabilità che deriva dalla necessità di governare questo tipo di meccanismi. Vorrei che il collega Gianni leggesse (l'avrà fatto certamente) le motivazioni con le quali la Commissione bilancio ha espresso un parere contrario: si tratta di costi che diventano addirittura impossibili da quantificare.
Ecco perché, pur condividendo la necessità di discutere nel merito - e noi siamo disponibili a farlo - meccanismi di recupero di un certo tipo di inflazione per quanto riguarda le classi lavoratrici, non possiamo che dichiararci duramente contrari rispetto all'ipotesi che viene prospettata nel provvedimento (Applausi dei deputati dei gruppi dell'Unione dei democratici cristiani e dei democratici di centro e di Forza Italia).
DARIO GALLI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
DARIO GALLI. Signor Presidente, vorrei concludere le considerazioni che ho svolto in precedenza e, inoltre, rendere qualche precisazione, poiché alcune affermazioni che sono state espresse non possono assolutamente essere condivise.
Per quanto riguarda l'Istat, ricordo che anche il nostro movimento ha criticato pesantemente tale istituto, soprattutto perché le modalità di calcolo non tenevano conto, ad esempio, ragionando in termini nazionali, delle profonde differenze territoriali quanto al costo della vita. Però, quell'Istat, che prima vi andava bene, è esattamente lo stesso istituto di oggi. Quindi, se vi andava bene prima, non si comprende il motivo per cui adesso, di colpo, non vada più bene.
ELENA EMMA CORDONI. È cambiata la situazione!
DARIO GALLI. Per quanto riguarda la questione di Melfi, che impropriamente si continua a sollevare, vorrei ricordare (se si affrontano determinati temi, bisogna anche farlo con la minima cognizione di causa!) che, quando si parla di produttività in campo automobilistico, semplicisticamente si fa riferimento al numero di auto per addetto. Tuttavia, non si dice come è strutturato lo stabilimento. Lo stabilimento di Melfi è costato 10 mila miliardi - ovviamente dei contribuenti del Nord, che poi si sono visti chiudere gli stabilimenti a Torino e a Milano - ed è altamente automatizzato. Ciò significa che esso produce più auto rispetto agli addetti per motivi strutturali e non perché le persone muovono più in fretta le mani o sudano dalla mattina alla sera.
Quindi è proprio lo stabilimento che è strutturalmente diverso; c'è una percentuale di forniture dall'esterno estremamente superiore rispetto agli stabilimenti tradizionali. Oltretutto, senza entrare nel merito della contrattazione sindacale, ricordo per esempio che il «notturno», contro il 60 per cento giustamente del resto del mondo FIAT, è comunque nella misura del 45 per cento, quando la normalità dei contratti in industria è del 30 per cento. Non ci sono pertanto tutte queste situazioni così disagiate (Applausi dei deputati del gruppo della Lega Nord Federazione Padana)!
In ogni caso, lo stabilimento di Melfi, costruito nel 1992 e attivo dal 1994, è andato avanti per dieci anni, sotto i vostri governi, con l'accordo di politici e sindacati; soltanto quando sono arrivate le elezioni che hanno portato al Governo Berlusconi, tutti si sono accorti che lo stabilimento di Melfi non andava più bene!
Pertanto, non continuiamo a ripetere affermazioni che gli italiani conoscono benissimo (Applausi dei deputati del gruppo della Lega Nord Federazione Padana)!
Per quanto riguarda il tema dell'inflazione, non si possono attribuire colpe prendendo come riferimento gli ultimi tre anni di Governo, anche perché non è così! L'inflazione può avere, com'è ovvio, origine da un incremento salariale, ma può dipendere anche da una serie di tanti altri fattori. Concordo sul fatto che in questi anni l'inflazione abbia avuto solo in parte una ragione retributiva, perché sicuramente gli stipendi, non con riferimento agli ultimi tre anni, bensì analizzando la situazione degli ultimi 15 anni, hanno subito un incremento sicuramente ridotto rispetto al costo della vita.
Vi sono tuttavia considerazioni di ordine generale e non, per esempio, le ragioni legate alle rendite e ai profitti - come ricorda il collega Alfonso Gianni, al quale auguro di diventare il sesto della lista, anche se penso che non ci riuscirà - perché i profitti delle aziende sono lì da vedere. Non sono certo anni (ed è sufficiente vedere gli andamenti della Borsa), nei quali le aziende complessivamente navighino nell'oro.
Vi è poi una serie di altri fattori che i governi di centrosinistra hanno contribuito a «mettere» nel paniere inflazionistico: per esempio, è il caso dell'incremento continuo del costo dello Stato, sul quale devo dire che anche i colleghi della Casa delle Libertà non hanno sempre la stessa nostra sensibilità (Applausi dei deputati del gruppo della Lega Nord Federazione Padana)!
Con riferimento al discorso dell'Alitalia, per esempio, vorrei capire qual è stata la soluzione del problema, perché personalmente non vedo cambiamenti tra lo ieri e l'oggi; tuttavia se Alitalia costa mille miliardi all'anno, e questo da 15 anni - quindi la responsabilità ricade anche sui Governi del centrosinistra - è chiaro allora che questi mille miliardi all'anno li paga il signor Brambilla o il signor Pasquale, oltre, un «pochino», anche noi! Questo è dunque inserito comunque nel costo complessivo che, «giratela» come volete, riduce il potere di acquisto reale delle classi più deboli.
Il problema del nostro paese purtroppo è che si lavora di meno ed il reddito complessivo è distribuito su un numero di persone sempre maggiore. Siamo infatti un paese di circa 57 milioni di abitanti nel quale a lavorare sono solo 21 milioni - e la deindustrializzazione è una responsabilità grave della sinistra e del sindacato -, rispetto a questo numero assai esiguo, nessuno ricorda un altro dato ben più grave: di questi ventuno, solo cinque o sei milioni lavorano in industria, dove si crea il valore aggiunto reale!
PIERO RUZZANTE. In Croazia!
DARIO GALLI. Questo scarso valore aggiunto reale è distribuito su una quantità di persone che lavorano in attività terze, che, come è ovvio, «usano» complessivamente questo valore aggiunto, prodotto sempre dagli stessi, soprattutto nelle regioni del Nord d'Italia. Per questo, è ovvio che la ricchezza complessiva reale diminuisca, tant'è che anche i governi illuminati di sinistra non riescono a fare meglio.
Qui nessuno ha ricordato qualcosa di importante per i percettori di redditi medio-bassi: il laburista Veltroni, sindaco di Roma, qualche mese fa ha disposto l'aumento del prezzo dei biglietti del tram e della metropolitana, portandoli da 77 centesimi ad un euro, con un incremento «secco» del 40 per cento.
Al mattino, io prendo il tram, così come la metropolitana; tuttavia, è un mezzo abitualmente adoperato non da noi, bensì dalle persone che guadagnano 700-800 euro al mese, per le quali un aggravio di 23 centesimi rappresenta un 40 per cento «pesante».
Come è possibile che un personaggio illuminato di sinistra, come Veltroni, non sia in grado di tenere sotto controllo (Commenti del deputato Cordoni) la produttività della sua azienda municipalizzata? Vuol dire che contro il mercato non si
può andare, neanche se siete comunisti (Applausi dei deputati dei gruppi della Lega Nord Federazione Padana, Forza Italia e Alleanza nazionale - Congratulazioni)!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Grandi. Ne ha facoltà.
ALFIERO GRANDI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, la diversità di opinioni tra noi è del tutto legittima. Devo dire tuttavia che ritengo un errore molto grave da parte del Governo, segnatamente da parte del sottosegretario di Stato Sacconi, dire cose non vere, come ha fatto nella precedente esposizione. Punto primo: l'accordo del 1993 consacra un principio ineludibile, ovvero il diritto del lavoratore a mantenere il proprio potere d'acquisto.
Il resto sono meccanismi e modalità per raggiungere l'obiettivo. Poiché l'obiettivo non è stato raggiunto, il problema di tutelare il potere d'acquisto dei lavoratori rimane. A tale problema non ci si può sottrarre nel modo e nelle forme con cui il sottosegretario ha ripresentato in questa sede una stucchevole posizione.
In secondo luogo, non è vero che il fiscal drag è stato abolito: è stato «incapsulato» un anno, perché vi era una riduzione fiscale maggiore che comprendeva il drenaggio fiscale. Tuttavia, il drenaggio fiscale c'è, anche perché l'inflazione aumenta ed il problema di restituirlo esiste.
Infine, vi è la questione dell'Istat sul quale, veramente, siamo al ridicolo. Si dà il caso che io abbia qualche competenza in materia: signor sottosegretario Sacconi, si tratta non di elaborare un nuovo metodo di rilevamento, ma semplicemente di realizzare un programma informatico che calcoli diversamente il livello dei consumi per le fasce sociali che si vogliono tutelare. Lei, francamente, rappresenta un Governo che non merita di affrontare temi di tale importanza (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).
PRESIDENTE. Poiché all'articolo 1 sono stati presentati soltanto emendamenti soppressivi, la Presidenza porrà in votazione il mantenimento dell'articolo, ai sensi dell'articolo 87, comma 2, del regolamento.
Ricordo che sugli identici emendamenti soppressivi dell'articolo 1 il parere della Commissione è favorevole.
Poiché si vota il mantenimento dell'articolo, coloro che intendono sopprimere l'articolo devono esprimere un voto contrario, coloro che intendono mantenerlo devono esprimere invece un voto favorevole.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul mantenimento dell'articolo 1, di cui la Commissione ed il Governo propongono la reiezione.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 359
Votanti 210
Astenuti 149
Maggioranza 106
Hanno votato sì 14
Hanno votato no 196).
Passiamo alla votazione dell'articolo aggiuntivo Cordoni 1.01.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Gasperoni. Ne ha facoltà.
PIETRO GASPERONI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signori del Governo, con l'articolo aggiuntivo in esame formuliamo una proposta che riteniamo organica e capace di tutelare il potere di acquisto, sia delle retribuzioni sia delle pensioni, senza ricorrere a forme di indicizzazione automatica per i risvolti di rigidità che queste potrebbero comportare.
Non c'è dubbio, però, che il problema sollevato dalla proposta di legge in esame esista ed è incomprensibile che il Governo, con tale atteggiamento di chiusura, lo neghi in via di fatto. Anche voi sapete bene che l'accordo del 23 luglio 1993 è riuscito
solo in parte a salvaguardare il potere di acquisto delle retribuzioni. Sapete che la dinamica retributiva non ha tenuto il passo con l'inflazione e la ricchezza realizzata attraverso l'aumento della produttività non è stata equamente distribuita. Allo stesso modo, sapete che il differenziale fra l'inflazione programmata e quella reale è forte: è la stessa relazione tecnica del Governo ad indicare in 1.559 milioni di euro per il 2004 ed in oltre 3 mila milioni di euro per il 2005 tale differenziale. Ebbene, queste sono le risorse che mancheranno nelle buste paga dei lavoratori per mantenere inalterato il valore reale dei salari e degli stipendi.
Per quanto riguarda le pensioni, i dati dell'INPS ci dicono che oltre 8 milioni e mezzo di pensionati vivono con un reddito inferiore a 753 euro mensili e più della metà di questi non raggiunge i 516 euro mensili. Da 12 anni il meccanismo di indicizzazione delle pensioni è completamente sganciato dagli incrementi di produttività del paese: ciò ha determinato una progressiva perdita del potere di acquisto di tutte le pensioni valutabile intorno al 20 per cento circa per tale periodo. Lo stesso tema è stato sollevato da tempo dal collega Publio Fiori con diverse proposte di legge, anche se noi non riproponiamo l'aggancio automatico alla dinamica retributiva.
Inoltre, se a ciò aggiungiamo che l'adeguamento annuale delle pensioni, sulla base delle dinamiche inflattive, avviene con una rivalutazione parziale e differenziata per fasce di importo del trattamento pensionistico, l'erosione appare in tutta la sua evidenza. Insomma, contrariamente ai vostri proclami elettorali «sarete tutti più ricchi», la stragrande maggioranza degli italiani sta diventando più povera. Stanno aumentando a dismisura coloro che non arrivano a fine mese, perché i soldi non bastano più.
Ma davvero pensate che si possano rilanciare i consumi attraverso gli spot pubblicitari? Se volete davvero che tornino a crescere i consumi, aprite gli occhi di fronte alla realtà e confrontatevi, senza pregiudizi, sul merito delle nostre proposte. Dite con chiarezza se non ritenete anche voi ormai utile e necessario, anziché parlare di propagandistiche ipotesi di riduzione delle tasse - per favorire, con la riduzione delle aliquote degli scaglioni IRPEF, i redditi più alti (invece che redistribuire la ricchezza a favore di quelli più bassi) -, restituire il fiscal drag che state scippando dalle tasche degli italiani! Si tratta, sottosegretario Sacconi, per il solo 2003, di 2 miliardi e mezzo di euro. Dite con chiarezza se non ritenete di mettere mano, come indichiamo, ad una revisione del paniere Istat, per meglio adeguarlo alla reale composizione dei consumi! A tale riguardo, indichiamo tra l'altro un paniere ad hoc per i pensionati, per gli ultrasessantacinquenni. O ancora, e concludo: perché non voler prevedere interventi di defiscalizzazione parziale a sostegno dei redditi più bassi?
Se davvero aveste a cuore la condizione di vita della maggioranza degli italiani e le prospettive di sviluppo della nostra economia, anziché l'ulteriore arricchimento dei ricchi, votereste insieme a noi questo articolo aggiuntivo. Se così non sarà, saranno gli italiani a darvi rapidamente il benservito, perché l'inganno delle promesse elettorali sarebbe definitivamente smascherato (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo)!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Lettieri. Ne ha facoltà.
MARIO LETTIERI. Sono personalmente grato ai colleghi di Rifondazione comunista per aver posto quest'Assemblea in condizione di parlare ogni tanto di qualche problema reale, che riguarda milioni e milioni di lavoratori e milioni di famiglie italiane che vivono in una condizione di ristrettezze finanziarie e stentano ad arrivare a fine mese. Vi è quindi un problema serio, di tipo salariale, con riferimento al quale questo Parlamento deve cogliere la presente occasione per fare una riflessione seria. Una riflessione che, in verità, nell'intervento del sottosegretario Sacconi, non mi è parso vi fosse. Anzi, il
sottosegretario Sacconi, in maniera davvero incauta, ha fatto anche riferimento alla concertazione, della quale egli è stato uno dei boicottatori, e all'accordo di Melfi, che in realtà è frutto soltanto della tenacia, della pazienza e della serietà dei lavoratori dello stabilimento FIAT Sata di San Nicola di Melfi.
EMERENZIO BARBIERI. E dell'azienda, no?
MARIO LETTIERI. Egli invece ha dichiarato - ho qui un giornale - che quello è stato un duro colpo per il Mezzogiorno, dimenticando purtroppo che nel Mezzogiorno c'è bisogno di lavoro, ma anche di salari e retribuzioni adeguate, perché il costo della vita nel nostro paese, negli ultimi tre anni, è aumentato in maniera esponenziale e purtroppo continua ad aumentare. Basti pensare che i dati ufficiali dell'Istat fanno registrare, per il 2003, un aumento dei prezzi del 2,7 per cento, mentre i salari sarebbero aumentati soltanto del 2,1 per cento.
L'esigenza di adeguare i salari all'inflazione reale mi sembra obiettiva, ma non credo che l'attuale Governo abbia questa sensibilità. Basti considerare che esso, quando si è trattato di adottare provvedimenti in favore di coloro che illegalmente avevano esportato capitali all'estero, ha elargito una regalino, un bel cadeau, facendo pagare loro semplicemente il 2, 5 per cento, così come quando ha eliminato la tassa di successione per i grandi patrimoni.
Ciò la dice lunga sulle questioni sollevate, mentre quando si tratta di salari di famiglie monoreddito e via seguitando, il Governo è assente. Non me ne voglia la sottosegretaria, che ringrazio per la sua presenza, ma, in altre occasioni, e mi riferisco ai provvedimenti prima citati, era presente l'intero schieramento governativo (vi erano tutti i ministri!). Oggi in aula è presente un autorevole sottosegretario, ma tale dato deve fare riflettere sull'attenzione che questo Governo presta ai problemi reali della gente, delle famiglie e dei lavoratori.
In questi giorni, si parla di riforma fiscale, di riduzione delle tasse: deve essere chiaro che il gruppo della Margherita è favorevole in linea di principio alla riduzione delle tasse per i redditi medio-bassi. Vorrei ricordare, considerato che gli esponenti di Governo vantano sempre di aver ridotto il prelievo fiscale per coloro che percepiscono fino a 7 mila euro annui (la cosiddetta no-tax area), che il gruppo della Margherita condusse una battaglia, in sede di approvazione della delega fiscale, perché quel plafond fosse di 10 o 12 mila euro. Quindi, sul tema delle tasse noi ragioniamo in maniera molto seria (abbiamo le carte in regola per dirlo), ma ritengo - e ciò deve essere chiaro - che la riduzione al 33 per cento delle tasse per coloro che hanno un reddito superiore ai 200 milioni di vecchie lire non sia praticabile né giusta.
Se vi deve essere riduzione delle tasse, si propongano misure in tal senso, partendo dai redditi medio-bassi. Questa è la disponibilità che vi diamo, ritenendo che non si possa continuare a fare propaganda per quanto riguarda la questione del costo della vita e della riduzione fiscale (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-L'Ulivo e di Rifondazione comunista).
ALFONSO GIANNI, Relatore di minoranza. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ALFONSO GIANNI, Relatore di minoranza. Signor Presidente, sono rimasto molto deluso dalla votazione precedente, ma le considerazioni che vorrei svolgere derivano non dal mio stato d'animo, ma da alcune questioni di merito.
Intervengo per chiedere la votazione per parti separate dell'articolo aggiuntivo Cordoni 1.01, dal momento che la Presidenza non mi permette di riposizionare il mio subemendamento 0.1.03.1, nel punto nel quale dovrebbe logicamente essere: vorrei, in particolare, che si votasse preliminarmente il punto 1 dell'articolo aggiuntivo Cordoni 1.01, riguardante la questione Istat, fino alla parola: «familiari».
Su questo esprimerò un voto favorevole, in quanto concerne la questione illustrata dall'onorevole Grandi, sulla quale non occorre ulteriore approfondimento.
Il punto 2 del medesimo articolo aggiuntivo non è votabile, salvo l'accoglimento del mio subemendamento. Infatti, per la restituzione del fiscal drag, si propone una franchigia solo in caso di superamento del 2 per cento rispetto al valore medio dell'indice dei prezzi al consumo per famiglie di operai o impiegati, rilevato con riferimento allo stesso periodo dell'anno precedente. Ebbene, nell'attuale condizione, in base ai dati Istat, nelle tasche dei lavoratori non entrerebbe nulla. Tale franchigia mi pare troppo alta: perciò, su tale punto, mi asterrò.
Per quanto concerne i punti 3 e 4 - quest'ultimo relativo alla rimodulazione della questione delle pensioni - esprimerò un voto favorevole.
Con riferimento al punto 5, chiedo agli uffici come abbiano potuto accettare una formulazione di tale natura, che nel linguaggio giuridico italiano, dopo il referendum, non può essere più ammessa. Infatti, non esistono più le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative sul piano nazionale, in quanto il principio della maggiore rappresentatività è stato abolito con un referendum popolare.
Evidentemente, i colleghi del centrosinistra hanno commesso un errore o disponevano di un testo datato; in ogni caso, tale punto non può essere posto in votazione altrimenti il Parlamento si esprimerebbe su una proposta normativa contraddittoria alla legislazione vigente. Quindi, o si procede ad una modifica o il mio voto sarà contrario. Spero, comunque, che possa prevalere il buonsenso e non la rigidità rispetto all'ora in cui sono stati presentati gli emendamenti, perché stiamo parlando del funzionamento delle relazioni sociali di questo paese, dunque di una grande questione democratica.
ELENA EMMA CORDONI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ELENA EMMA CORDONI. Signor Presidente, non so se dal punto di vista della procedura sia possibile - tra l'altro, l'onorevole Alfonso Gianni è anche relatore di minoranza -, ma accettiamo la riformulazione proposta.
PRESIDENTE. Onorevole Cordoni, la modifica proposta potrà essere eventualmente apportata in sede di coordinamento formale del testo.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul punto 1 dell'articolo aggiuntivo Cordoni 1.01, non accettato dalla Commissione né dal Governo e sul quale la V Commissione (Bilancio) ha espresso parere contrario.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 370
Votanti 369
Astenuti 1
Maggioranza 185
Hanno votato sì 167
Hanno votato no 202).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul punto 2 dell'articolo aggiuntivo Cordoni 1.01, non accettato dalla Commissione né dal Governo e sul quale la V Commissione (Bilancio) ha espresso parere contrario.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 363
Votanti 354
Astenuti 9
Maggioranza 178
Hanno votato sì 155
Hanno votato no 199).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sui punti 3 e 4
dell'articolo aggiuntivo Cordoni 1.01, non accettati dalla Commissione né dal Governo e sui quali la V Commissione (Bilancio) ha espresso parere contrario.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 364
Votanti 362
Astenuti 2
Maggioranza 182
Hanno votato sì 161
Hanno votato no 201).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sui punti 5 e 6 dell'articolo aggiuntivo Cordoni 1.01, non accettati dalla Commissione né dal Governo e sui quali la V Commissione (Bilancio) ha espresso parere contrario.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 368
Votanti 360
Astenuti 8
Maggioranza 181
Hanno votato sì 158
Hanno votato no 202).
Passiamo alla votazione dell'articolo aggiuntivo Cordoni 1.02.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Guerzoni. Ne ha facoltà.
ROBERTO GUERZONI. Signor Presidente, con questo articolo aggiuntivo vogliamo verificare se il Governo si renda perlomeno conto che occorre fare qualcosa. Fino ad ora abbiamo avuto risposte completamente negative su quella che ormai è diventata una vera e propria emergenza, ovvero la tutela del potere di acquisto di salari, stipendi e pensioni. Si tratta, infatti, di un problema indiscutibile.
Riteniamo il Governo responsabile per tutto ciò che non è stato fatto nel corso di questi tre anni in cui ha assunto la guida della politica economica e sociale del paese; anzi, per meglio dire, la responsabilità si estende alle iniziative negative intraprese in questi tre anni, che hanno portato alla cancellazione della politica dei redditi. Inoltre, non è stato attuato alcun controllo che permettesse un'efficace lotta all'inflazione, tanto che l'Italia è diventata un caso unico in Europa, perché è l'unico paese in cui alla crisi economica e alle tendenze negative del mercato mondiale, si aggiunge un aumento dei prezzi non riscontrato negli altri paesi europei.
Di fronte a tutto questo, il Governo non ha saputo fare altro che attribuire la colpa all'euro, come se la moneta unica non fosse stata introdotta anche in Francia, in Germania e negli altri Stati europei.
Ebbene, il Governo ha respinto l'ipotesi di reintroduzione del fiscal drag, si è opposto a politiche fiscali di tutela per i redditi più bassi, spendendosi invece per agevolare quelli alti, perché così recita la riforma fiscale approvata dal Parlamento. Un vero e proprio regalo per i redditi superiori ai cento milioni di euro, mentre nulla si è fatto per quelli più bassi.
EMERENZIO BARBIERI. Cento milioni di euro? Ma cosa dici!
ROBERTO GUERZONI. Tutto questo è stato detto e poi realizzato da questo Governo. Il nostro articolo aggiuntivo vuole essere allora la prova del nove e le argomentazioni portate dal sottosegretario Sacconi non reggono di fronte ad una riflessione concreta, da svolgere sulla base del lavoro effettuato in sede di Commissione, durante l'istruttoria svolta ai fini del dibattito in Assemblea. In sostanza, è ormai acclarato in modo unanime, come testimonia la foglia di fico degli ordini del giorno presentati anche dalle forze della maggioranza, che è necessario intervenire sul paniere e, soprattutto, sulla misurazione dell'indice di aumento dei prezzi perché l'effetto dell'inflazione cambia a seconda delle diverse fasce di reddito e delle diverse tipologie di famiglia.
Per chi paga l'affitto o per chi consuma prevalentemente generi di prima necessità, un aumento dei prezzi su questi beni ha un'incidenza diversa rispetto alla media generale dei consumatori italiani. Lo ha affermato lo stesso Istat nel corso delle audizioni, non l'Eurispes, accreditato come istituto non autonomo, in qualche modo vicino all'opposizione. Di fronte a tale problema, avanziamo una richiesta molto precisa: l'introduzione di un indice differenziato per tutelare gli strati sociali più poveri, individuando la tipologia di famiglie con capofamiglia superiore a 65 anni, in grado di far emergere le esigenze dei redditi più bassi e delle situazioni più disagiate.
Tecnicamente il problema è facilmente risolvibile, come ha già rilevato l'onorevole Grandi durante il suo intervento: si tratta di effettuare alcune operazioni piuttosto semplici sulla strumentazione dell'Istat. Il sottosegretario, invece, ha affermato di non condividere l'emendamento, riferendosi alla previsione dei sessanta giorni. Se il problema fosse stato effettivamente questo, il Governo non avrebbe dovuto suggerire la presentazione di un ordine del giorno, bensì condizionare il parere favorevole ad una riformulazione della proposta emendativa in cui il termine temporale venisse innalzato, ad esempio, a centoventi giorni.
In realtà, il parere negativo espresso anche su questo articolo aggiuntivo dimostra che il Governo non intende fare nulla per la tutela dei redditi e per la lotta all'inflazione (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).
PRESIDENTE. Avverto che l'articolo aggiuntivo Cordoni 1.02 è precluso a seguito dell'esito della votazione per parti separate del precedente articolo aggiuntivo Cordoni 1.01.
ALFONSO GIANNI, Relatore di minoranza. Allora così sono tutti preclusi e ce ne andiamo a casa! Gli uffici hanno detto un'altra cosa!
PRESIDENTE. Passiamo alla votazione del subemendamento Alfonso Gianni 0.1.03.1.
ELENA EMMA CORDONI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ELENA EMMA CORDONI. Signor Presidente, l'onorevole Guerzoni è intervenuto sul mio articolo aggiuntivo 1.02, mentre ora lei ci sta dicendo che votiamo il subemendamento Alfonso Gianni 0.1.03.1.
Si tratta di una questione che intendo sottoporre all'Assemblea. Dal momento che siamo di fronte ad una procedura nuova, come ha precedentemente rilevato l'onorevole Alfonso Gianni, abbiamo ascoltato gli uffici, che ci hanno illustrato le due possibili conseguenze delle nostre eventuali decisioni. Ora vi è una terza interpretazione, e ciò non è possibile! Non vorremmo che per motivi procedurali, che cambiamo a seconda del momento, si modifichino anche le possibilità di intervento. Vi sono già stati alcuni equivoci con gli uffici sull'articolo 1 in merito alle informazioni che ci sono state date. Fino a stamane ci è stato detto che si sarebbe proceduto in un determinato modo: non è possibile che durante il dibattito venga introdotta una nuova regola!
Chiedo di comprendere in che modo dobbiamo procedere: è intervenuto l'onorevole Guerzoni, ma sarebbe potuto intervenire l'onorevole Benvenuto sul fiscal drag, che costituisce una questione diversa. Fateci capire!
PRESIDENTE. Onorevole Cordoni, la questione è molto semplice: la votazione per parti separate del precedente articolo aggiuntivo Cordoni 1.01 preclude la votazione dell'articolo aggiuntivo Cordoni 1.02, in quanto riguarda gli stessi identici argomenti che hanno formato oggetto delle precedenti votazioni. Non possiamo votare due volte la stessa cosa. Dunque, l'articolo aggiuntivo Cordoni 1.02 è precluso e pertanto dobbiamo passare al subemendamento Alfonso Gianni 0.1.03.1.
ELENA EMMA CORDONI. Signor Presidente, le chiedo di chiarire se ci accingiamo a passare all'ultima votazione: non abbiamo ancora capito a che punto siamo...
PRESIDENTE. Onorevole Cordoni, non siamo all'ultima votazione!
ELENA EMMA CORDONI. È stata data la parola all'onorevole Guerzoni sul mio articolo aggiuntivo 1.02, senza avvertire che lo stesso era precluso!
PRESIDENTE. Gli uffici mi hanno fatto rilevare che è precluso.
ELENA EMMA CORDONI. Un momento dopo, signor Presidente!
PRESIDENTE. Cosa vuole fare? Vogliamo aprire una vertenza su questo?
ELENA EMMA CORDONI. No, signor Presidente. Dal momento che sul comma 3 non possiamo intervenire, essendo argomento precluso dalla precedente votazione, non avremo la possibilità di esprimere la nostra posizione su tale aspetto. Chiedo pertanto che l'onorevole Benvenuto, che ha chiesto di parlare sul suo articolo aggiuntivo 1.03, possa comunque intervenire.
PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, ritengo opportuna una breve sospensione della seduta al fine di procedere alle necessarie verifiche (Proteste dei deputati del gruppo di Forza Italia).
Prima di sospendere la seduta, saluto gli alunni e gli insegnanti della classe III della scuola media di Sant'Antimo, presenti in tribuna (Applausi).
Sospendo brevemente la seduta.
La seduta, sospesa alle 12,20, è ripresa alle 12,40.
PRESIDENTE. Desidero comunicare all'Assemblea che, a seguito della reiezione, conseguente alla votazione per parti separate, dell'articolo aggiuntivo Cordoni 1.01, devono intendersi precluse tutte le restanti proposte emendative, che riproducono le parti del citato articolo aggiuntivo già singolarmente respinte attraverso la votazione per parti separate (Commenti).
Alla Presidenza francamente dispiace che si tronchi così il dibattito su un argomento tanto importante, però vi è una preclusione formale: essendo stato respinto l'articolo unico del provvedimento e risultando respinti o preclusi gli articoli aggiuntivi, il provvedimento si intende respinto nel suo complesso.
Non si darà pertanto luogo all'esame degli ordini del giorno e alla votazione finale (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia, di Alleanza nazionale e della Lega Nord Federazione Padana).
RENZO INNOCENTI. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
RENZO INNOCENTI. Signor Presidente, francamente non comprendo il motivo di questa gioia da parte della maggioranza...
PRESIDENTE. Condivido la sua osservazione, onorevole Innocenti.
RENZO INNOCENTI. Si tratta di un provvedimento che cerca di garantire ai lavoratori salariati e ai pensionati un reddito dignitoso. Questa maggioranza, che cerca di «sbrigare» con applausi l'impossibilità di discutere e mettere in votazione le proposte dell'opposizione, mi sembra suoni in spregio nei confronti della condizione di milioni di lavoratori dipendenti e dei pensionati del nostro paese (Commenti dei deputati dei gruppi di Forza Italia, di Alleanza nazionale e della Lega Nord Federazione Padana)... Non mi sembra un comportamento brillante!
PRESIDENTE. Colleghi, vi prego, vorrei un po' più di silenzio... Onorevole Elio Vito, la prego di aiutarmi!
RENZO INNOCENTI. In ogni caso, signor Presidente, noi prendiamo atto delle decisioni che lei ha assunto, ma vorremmo che rimanesse agli atti la nostra perplessità circa queste decisioni. Sappiamo che si tratta di decisioni insindacabili e quindi, come tali, le rispettiamo; mi permetta però di fare solo due osservazioni.
La prima è che noi ci siamo trovati di fronte alla richiesta di votazione per parti separate di un articolo aggiuntivo che raggruppava l'interezza delle proposte, oggetto tuttavia anche di ulteriori emendamenti. La reiezione di tale articolo aggiuntivo, secondo l'interpretazione che è stata data dalla Presidenza e che lei ha testè comunicato all'Assemblea, preclude la votazione delle restanti proposte emendative. Tuttavia, vorrei fare osservare che ci sono alcune proposte emendative che mettono insieme gli argomenti in modo diverso rispetto all'ordine seguito nella votazione per parti separate - come, ad esempio, l'articolo aggiuntivo Benvenuto 1.03 - così che il combinato disposto di alcune parti, che sono state votate e respinte dall'Assemblea, creerebbe una situazione diversa da quella che è stata determinata dall'esito delle votazioni precedenti. In questo caso vi dovrebbe essere la possibilità di riammettere alla votazione l'articolo aggiuntivo Benvenuto 1.03, perché è vero che i contenuti, dal punto di vista formale, sono stati votati dall'Assemblea, ma separatamente! Mettendoli insieme, l'effetto delle proposte sarebbe diverso! Vi potrebbe essere qualcuno che è stato contrario alla votazione delle singole parti e che sarebbe d'accordo o, quanto meno, esprimerebbe una valutazione diversa se l'articolo aggiuntivo votato per parti separate fosse aggiunto ad un'altra proposta emendativa; per esempio, da un lato le questioni dei compiti dell'Istat e, dall'altro, la questione della possibilità di annullare l'effetto inflazionistico derivante dal mancato recupero del drenaggio fiscale.
Ovviamente tale questione è interpretabile, come è stato detto, e la decisione è stata comunicata. Tuttavia, mi permetta di dire che tale decisione in questo momento non ci trova consenzienti.
C'è poi un secondo aspetto. Il subemendamento Alfonso Gianni 0.1.03.1, all'articolo aggiuntivo Benvenuto 1.03, è stato da lei dichiarato precluso, sostenendo che, se è precluso l'articolo aggiuntivo, il relativo subemendamento è anch'esso precluso. Però, anche in questo caso, al di là della forma, vi è un problema di volontà, perché, se venisse accolto il subemendamento, vorrebbe dire che la volontà dell'Assemblea è quella di modificare il testo. Allora io le chiedo se fosse possibile almeno porre in votazione il subemendamento Alfonso Gianni 0.1.03.1.
Poi, se l'Assemblea dovesse esprimere un voto contrario su questo subemendamento andrebbe da sé che, rispetto alla decisione assunta dalla Presidenza in merito alla preclusione dell'articolo aggiuntivo Benvenuto 1.03, non si porrebbe in votazione alcunché.
Chiedo pertanto che venga riesaminata la decisione assunta dalla Presidenza e che sia consentita la votazione del subemendamento Alfonso Gianni 0.1.03.1.
PRESIDENTE. Onorevole Innocenti, non posso accogliere la sua richiesta, anche se, le ripeto, mi dispiace dover troncare un dibattito di così importante valenza politica. Il subemendamento è, però, legato indissolubilmente all'articolo aggiuntivo al quale è riferito, e dunque, venendo meno l'articolo aggiuntivo Benvenuto 1.03 in quanto precluso, non può svolgersi alcun dibattito sul subemendamento.
ELENA EMMA CORDONI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ELENA EMMA CORDONI. Signor Presidente, vorrei capire come proseguirà la discussione, perché a causa delle informazioni da lei precedentemente date, non solo non si riuscirà più a svolgere il confronto parlamentare, ma non si riuscirà nemmeno ad esprimere ciascuno le proprie considerazioni. Le chiedo se può essere prevista almeno la possibilità...
PRESIDENTE. Onorevole Cordoni, se lei intende intervenire, lo faccia adesso!
ELENA EMMA CORDONI. Signor Presidente, mi dispiace che la discussione debba concludersi in questo modo, perché sicuramente anche il confronto sugli articoli aggiuntivi successivi avrebbe dimostrato come la maggioranza si stesse apprestando a respingere proposte che non potrebbero essere definite così come ha fatto l'onorevole Sacconi.
Può darsi che oggi, a questo punto, si chiuda il dibattito su questo provvedimento: ma voi sapete che la questione non è chiusa nel paese, perché le ragioni che hanno portato alla presentazione di questa proposta di legge sono tutte vive nella pelle e nell'esperienza quotidiana di milioni di lavoratori e di pensionati.
Ritengo che la maggioranza oggi abbia perso l'occasione di confrontarsi con i problemi che fanno parte della vita quotidiana del paese e che le famiglie italiane avvertono nella vita quotidiana.
Allora, voi, con questo modo di procedere, non solo bocciando la proposta di Rifondazione comunista, ma bocciando anche le altre proposte, come quella dell'adeguamento dell'Istat ai fini della revisione del paniere per i lavoratori anziani ultrasessantacinquenni, oppure la proposta della restituzione del fiscal drag, date la dimostrazione di non voler affrontare le grandi questioni come quella dell'impoverimento delle pensioni italiane, laddove si propone di agganciarle di nuovo, anche con un meccanismo temperato, all'andamento dell'economia italiana. Voi state dicendo a milioni di italiani, a milioni di lavoratori dipendenti, a milioni di pensionati che non vi interessa la loro condizione di vita e la loro capacità di reggere all'andamento del paese. Bocciatele! Le avete bocciate! Ma questa discussione - voi lo sapete - è una discussione vera, che avrebbe meritato ben altra conclusione!
Certo, come dicevo prima, nei vostri uffici politici vi riunite per dire: «diminuiamo le tasse», ma non vi crede più nessuno! Non solo perché non avete mantenuto gli impegni, ma perché il paese sa di non poter sostenere le proposte che voi avanzate (Applausi polemici dei deputati del gruppo della Lega Nord Federazione Padana)!
Non le può sostenere perché la spesa pubblica non è sotto controllo. Non siamo noi a dire queste cose, ma istituti autorevoli.
Questa situazione vi obbligherà, nei prossimi giorni, ad adottare provvedimenti che tagliano le spese; intanto, al Senato, avete già dovuto porre la questione di fiducia sul provvedimento in materia previdenziale perché dall'Europa vi sta arrivando un early warning.
CESARE RIZZI. Basta!
ELENA EMMA CORDONI. Ma la gente ha capito a cosa siamo di fronte (Commenti dei deputati della Lega Nord Federazione Padana). Vi è una diffusa preoccupazione nei cittadini perché non solo non sarete in grado di mantenere gli impegni che avete preso, ma anche perché se, per caso, doveste proseguire su questa strada, rischiereste di esporre il paese ad una situazione di ulteriore difficoltà.
Abbiamo bisogno di affrontare problemi come la competitività ed il rapporto del paese con la globalizzazione dell'economia, la soluzione dei quali non passa attraverso i palliativi che state proponendo. Tra l'altro, tagliate pure alle imprese i finanziamenti di cui necessiterebbero!
Questi erano i contenuti della discussione odierna! Era il momento di dire qualcosa agli italiani che non ce la fanno più a sostenere gli aumenti.
CESARE RIZZI. Basta!
ELENA EMMA CORDONI. Aumenterà ancora la benzina nei prossimi giorni; aumenterà il costo del riscaldamento ...
PRESIDENTE. Onorevole Cordoni, la prego di concludere.
ELENA EMMA CORDONI. Avete tagliato i fondi agli enti locali! Mi rivolgo
alla Lega, che su questo argomento è particolarmente sensibile: ciò significherà che gli enti locali dovranno tagliare i servizi sociali (Commenti dei deputati della Lega Nord Federazione Padana - Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo)! Non sto facendo demagogia da campagna elettorale - sarebbe facile demolire queste nostre posizioni qualora esse non fossero fondate su fatti oggettivi -, ma vi sto parlando della vita quotidiana di milioni di persone!
CESARE RIZZI. Basta!
ELENA EMMA CORDONI. Oggi, con queste urla che sento alle mie spalle e con i vostri interventi, non bocciate soltanto una proposta dell'opposizione, ma scegliete di non confrontarvi con il paese!
PRESIDENTE. Onorevole Cordoni...
ELENA EMMA CORDONI. Avete deciso di non rispondere ai problemi del paese (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo)!
PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Cordoni.
EMILIO DELBONO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
EMILIO DELBONO. Signor Presidente, soltanto affinché rimanga agli atti e non perché abbia la pretesa che i colleghi mi ascoltino, desidero rimarcare che la maggioranza ha compiuto, oggi, un gravissimo errore: di fronte alle grandi questioni della fiammata inflazionistica e della conseguente erosione del potere di acquisto dei salari e delle pensioni, anziché avanzare proposte, ha presentato due identici emendamenti soppressivi ed ha troncato ogni discussione.
La maggioranza avrebbe potuto fare, invece - lo dico al collega Emerenzio Barbieri, il quale richiamava, in precedenza, la saggezza democristiana e gli equilibri di governo -, come ha fatto il centrosinistra. Pur non avendo sposato la proposta di Rifondazione comunista (che non delinea un meccanismo identico alla scala mobile, ma un automatismo che a questa si avvicina molto), a fronte di fatti oggettivi quali la crescita dell'inflazione (molto più elevata di quanto risulti dagli indicatori dell'Istat) ed un potere di acquisto gravemente eroso negli ultimi anni (secondo l'Istat, mediamente del 9 per cento quello degli impiegati e del 5,5 per cento quello degli operai), abbiamo avanzato tre proposte.
Come si risolvono i problemi indicati? Innanzitutto, modificando gli indicatori Istat; in secondo luogo, con la restituzione del fiscal drag; in terzo luogo, con la perequazione automatica delle pensioni in base al provvedimento del 1992; infine, con una solida politica di concertazione, da una parte e dall'altra, della spesa sociale.
Non possiamo assolutamente accettare, invece, che siano tagliati, come faceva rilevare la collega Cordoni, i trasferimenti agli enti locali - 10 per cento in conto capitale e 5 per cento sulla spesa corrente - che si operi un taglio dell'1,5 per cento sul Fondo nazionale per le politiche sociali; che si prevedano, come afferma il sottosegretario Vegas, 5 miliardi di euro in meno per la spesa sanitaria; che si pensi alla riforma pensionistica soltanto in termini di risparmio (0,7 per cento in meno sul PIL).
Questi sono i fatti: davanti ad alcune proposte del centrosinistra e di fronte al grande tema dell'impoverimento degli italiani, la maggioranza di centrodestra e la Lega rispondono, purtroppo, con emendamenti soppressivi.
Noi stigmatizziamo un indirizzo politico che è grave e che, alle elezioni, provocherà - ce lo auguriamo - pesanti ripercussioni sul centrodestra!
CESARE CAMPA, Relatore per la maggioranza. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
CESARE CAMPA, Relatore per la maggioranza. Signor Presidente, non sono intervenuto
precedentemente come relatore, quindi, mi consenta di farlo in questa fase conclusiva. Vorrei ricordare ai colleghi Delbono e Cordoni che forse la demagogia e l'errore stanno dalla loro parte, se è vero, com'è vero, che questa discussione si è sviluppata oggi in maniera pleonastica perché siamo alla vigilia delle elezioni.
Come relatore per la maggioranza, ho espresso in Assemblea il parere contrario della Commissione sulla proposta di legge d'iniziativa dell'onorevole Bertinotti, poiché introduceva nuovamente la scala mobile. Rispetto a ciò, collega Cordoni, non solamente la maggioranza, ma anche il suo gruppo ha sostanzialmente bocciato il provvedimento, ritenendolo sbagliato e fuori tempo, un intervento legislativo che faceva compiere al nostro paese un passo indietro, contro un referendum - come hanno ricordato autorevoli personaggi della maggioranza - che il popolo italiano coscientemente ha respinto.
Perché volere discutere ancora su questo provvedimento se non per fare demagogia alla vigilia delle elezioni, accusando il Governo Berlusconi di fare di ogni erba un fascio e di essere contrario al popolo italiano? In Commissione abbiamo fatto presente che la strada che le proposte emendative volevano intraprendere era sbagliata e che forse era opportuno seguirne un'altra. Ci eravamo dichiarati disponibili ad un confronto, che si è sviluppato nel corso delle audizioni con le categorie interessate; abbiamo ascoltato lungamente, ma qualcuno ha voluto seguire una procedura che si è rivelata completamente sbagliata e che ha portato alla bocciatura delle proposte emendative presentate.
La maggioranza ha presentato ordini del giorno, sottolineando che le questioni poste correttamente in questa sede saranno affrontate in maniera puntuale dal Governo in altri provvedimenti in itinere. Il Governo vuole eliminare l'ambiguità con riferimento all'Istat, vuole realizzare la riforma fiscale, che qualcuno oggi ancora critica ma che è l'unica strada che dà certezza dei diritti dei cittadini, e attuare le riforme nell'ambito delle pensioni. Ringrazio la collega Cordoni, che finalmente ha riconosciuto che il Governo ha aumentato le pensioni (per la prima volta lo abbiamo sentito affermare).
Una forza politica responsabile non può affrontare in maniera demagogica provvedimenti come quello alla nostra attenzione. Dobbiamo essere responsabili. Era una strada sbagliata. Avrebbe portato il nostro paese indietro negli anni e creato inflazione e stagnazione, come ha appena detto il collega Galli. La riprova non sono le mie parole ma il voto che responsabilmente questa Assemblea ha espresso, bocciando la proposta di legge dell'onorevole Bertinotti, un voto decisamente contrario della maggioranza; ma vi sono state anche molte astensioni: una parte del Parlamento non ha avuto il coraggio di essere coerente con se stessa e ha espresso una posizione di astensione.
Dobbiamo riconoscere, invece, che il gruppo di Rifondazione comunista, sbagliando ma in maniera coerente, ha votato a favore di una proposta di legge il cui contenuto il paese ha già respinto e che il Parlamento ancora una volta ha bocciato (Applausi dei deputati del gruppo di Forza Italia).
ALFONSO GIANNI, Relatore di minoranza. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ALFONSO GIANNI, Relatore di minoranza. Signor Presidente, il collega Campa ha praticamente detto che noi siamo compagni che sbagliano. Vorrei insistere su una cosa. Non c'è nulla di demagogico. Quanto abbiamo proposto è una norma precisa, puntuale, quantificabile aritmeticamente; nulla di più lontano dalla demagogia.
Per quanto riguarda il nesso tra la scala mobile e l'istituto che ho proposto ho già chiarito la differenza. Ci vuole un po' di cultura economica (la prego di non ritenerla un'offesa) per capire questa differenza, ma non è difficile. Tutti ci possono arrivare se hanno l'onestà e la serietà intellettuale.
Inoltre è stato qui ricordato da molti colleghi che, dopo ciò che Enrico Berlinguer definì un atto osceno in luogo pubblico, vi fu un referendum che confermò, malgrado tutto, la scelta del Governo.
Questa è cosa assolutamente vera, ma, signor Presidente, nel 1993 si fece un accordo tra parti sociali, il settore dell'artigianato e i rappresentanti sindacali dei lavoratori di tale comparto, nel quale è scritto esattamente quello che è indicato nella mia proposta di legge. Quindi, il referendum sulla vecchia scala mobile non impedì alla tanto declamata concertazione sociale di stabilire lo stesso meccanismo che io qui propongo per tutti, proprio perché quest'ultimo non era uguale alla vecchia scala mobile e proprio perché esso rispondeva a esigenze effettive di quel comparto. Nelle audizioni che abbiamo svolto, le organizzazioni degli artigiani hanno chiesto che quanto previsto non diventasse legge - e si comprende il motivo: così se ne diminuirebbe il peso - , ma non hanno detto che il meccanismo, contenuto peraltro nella mia proposta di legge, fosse sbagliato o avesse generato inflazione o provocato un crollo nei distretti industriali o ancora rallentato la competitività del sistema artigiano all'estero; no! Anzi, hanno detto che esso ha garantito il reciproco rispetto del lavoro e ha protetto il salario dei lavoratori del comparto, evitando probabilmente a loro determinati conflitti sociali, che altrimenti sarebbero stati assolutamente ineliminabili.
Quindi, quando sento dire che la nostra proposta è demagogica, antistorica, che fa tornare indietro, mi permetto di dire che i colleghi che lo affermano non conoscono la storia, non conoscono la semantica, quindi il significato della parola «demagogica», e forse non si rendono conto delle condizioni - ed è questa la cosa più grave - di chi non può considerare semplicemente, come si diceva nel lontano 1984 (e anche lei c'era, Presidente ), una pizza e una Coca (mi riferisco alla Coca Cola, naturalmente...) come una questione tale per cui de minimis non curat praetor. No, per chi ha un salario che non supera il milione di euro al mese o è addirittura inferiore, anche una pizza, una Coca Cola, una birra, che nel frattempo sono lievitate nel costo (non tanto nella composizione organolettica), contano. Tutte queste cose fanno la vita del nostro popolo.
Noi abbiamo cercato di portare dentro quest'aula, finalmente, non astruse questioni paragiuridiche, ma un problema materiale. Ci hanno risposto con un emendamento soppressivo! Mi spiace che Campa non abbia avuto la pazienza di ascoltarmi fino a questo momento, ma vorrei chiedergli - lo chiedo a lei, Presidente - con quale coerenza e coraggio la maggioranza abbia presentato degli ordini del giorno - alcuni dei quali, nelle loro intenzioni, persino condivisibili - e contemporaneamente un emendamento soppressivo, sapendo che, una volta soppresso il testo, sarebbero venuti meno anche gli ordini del giorno. Non le pare ipocrita questo atteggiamento, Presidente? Questo sì! Perché il contesto di questi ordini del giorno non ha formato oggetto di emendamenti sostitutivi del mio testo? In questo caso la maggioranza, che ha i numeri per farlo, avrebbe approvato ciò che ha scritto nell'ordine del giorno, il mio testo sarebbe caduto, però l'iniziativa legislativa sarebbe rimasta in piedi.
Questa è ipocrisia! Coloro che ci accusano di demagogia sono, in realtà, banalmente ipocriti.
PRESIDENTE. Colleghi, a seguito di una consultazione informale con i presidenti di gruppo, sospendo la seduta, che riprenderà alle 16 con lo svolgimento delle interpellanze urgenti all'ordine del giorno.
![]() |
![]() |
![]() |